STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI
La Legge n. 99 del 9 agosto 2013: ecco le principali novità introdotte dalla
conversione del c.d. “Decreto Lavoro” (D.L. 28 giugno 2013, n. 76).
a cura di Stefano Petri
_____________________________
Il 23 agosto 2013 è entrata in vigore la legge di conversione del Decreto Lavoro (legge
n. 99/2013).
Tra le novità più significative si segnalano: agevolazioni contributive per nuove
assunzioni, alcune modifiche alla normativa relativa ai contratti di apprendistato, a
tempo determinato e a progetto, modifiche alla procedura conciliativa in caso di
licenziamento, nonché alla disciplina dei lavoratori associati in partecipazione.
La Legge in oggetto, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 196 del 22 agosto 2013, ha
convertito con non poche variazioni e integrazioni il D.L. 28 giugno 2013, n. 76 (c.d.
Decreto Lavoro), il quale recepiva i primi interventi urgenti promossi dal Governo Letta
per la promozione dell’occupazione.
Alla luce della situazione come sopra delineata, nella presente newsletter ci
soffermeremo sulle disposizioni riguardanti le più significative novità in ambito
giuslavoristico, approvate in via definitiva e pubblicate nella summenzionata Gazzetta
Ufficiale.
1. Incentivi per l’assunzione di giovani lavoratori.
Gli incentivi per i datori di lavoro che procedono a nuove assunzioni a tempo
indeterminato di lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni hanno trovato conferma
in sede di conversione in legge del D.L. 28 giugno 2013, n. 76. La misura
dell’incentivo è pari ad un terzo della retribuzione imponibile fino ad un massimo di
650 euro per ciascun lavoratore, ed è corrisposto al datore di lavoro unicamente
mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili del periodo di riferimento (a tal
fine le Regioni possono provvedere ad attivare ulteriori finanziamenti per l’incentivo in
esame).
Per poter disporre delle agevolazioni in esame le assunzioni devono comportare un
incremento occupazionale netto, calcolato sulla base della differenza tra il numero dei
lavoratori rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei
dodici mesi precedenti all’assunzione.
L’incremento della base occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni
verificatesi in società controllate o collegate o, comunque, facenti capo (anche per
interposta persona), allo stesso soggetto.
L’agevolazione è corrisposta per un periodo massimo di 18 mesi e spetta per una durata
ridotta (12 mesi) anche nel caso di conversione dell’assunzione a tempo indeterminato,
sempre che ricorrano le condizioni richieste. Infatti, oltre al requisito base dell’età (1829 anni), è necessario che il giovane lavoratore sia privo di occupazione da almeno sei
mesi o per lo meno sia sprovvisto di un diploma di scuola media
superiore/professionale.
Si riassume infine l’iter procedurale per l’ammissione all’incentivo, secondo l’ordine
cronologico di presentazione delle domande: l’Inps deve comunicare al datore di lavoro,
entro tre giorni dalla richiesta, la sussistenza dell’effettiva disponibilità delle risorse e
Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected]
1
STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI
riservare in favore del richiedente le somme corrispondenti; nei successivi sette giorni
lavorativi il richiedente deve provvedere, a pena di decadenza dal beneficio, ad
assumere il lavoratore e comunicare all’Istituto, entro ulteriori sette giorni, sempre a
pena di decadenza, l’avvenuta stipula del contratto. Da tali benefici vengono escluse
espressamente le assunzioni con contratto di lavoro domestico.
2. Apprendistato.
Prima di analizzare come la L. 99/2013 abbia modificato la disciplina del contratto di
apprendistato, è necessario effettuare una breve premessa sul tema. La tipologia
contrattuale in esame indica una un rapporto di lavoro finalizzato alla formazione
professionale ed all'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani. Attualmente il
contratto di apprendistato è il più importante contratto di lavoro con funzione formativa
ed è disciplinato dal D.lgs. n. 167 del 2011, che ne individua tre distinte forme:
a) apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e
formazione;
b) apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione
attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnicoprofessionale;
c) apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta
formazione.
In ogni caso di stipula di contratto di apprendistato, l’art. 2, comma 1, lettera a) del D.
Lgs. 167/2011, prevedeva, ai fini della validità del contratto stesso, una serie di
requisiti, quali “forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano
formativo individuale da definire, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla
contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta giorni dalla stipulazione
del contratto”.
La nuova disciplina dettata dalla conversione in legge del Decreto Lavoro prevede una
importante deroga alla disciplina sopra riportata. Infatti, il piano formativo individuale
del citato art. 2 D. Lgs. 167/2011 (ovvero il documento che definisce il percorso
formativo dell'apprendista reso esplicito per tutta la durata del contratto di
apprendistato), sarà obbligatorio esclusivamente in relazione alla formazione per
l’acquisizione di competenze tecnico-professionali e specialistiche.
In tali casi, la L. 99/2013 prevede che: “la registrazione della formazione e della
qualifica professionale a fini contrattuali è effettuata in un documento avente i
contenuti minimi del modello di libretto formativo del cittadino1; in caso di imprese
multi localizzate, la formazione avviene nel rispetto della disciplina della regione ove
l’impresa ha la propria sede legale”.
3. Lavoro a tempo determinato.
La conversione in legge del c.d. “Decreto Lavoro” (76/2013) ha comportato alcune
rilevanti modifiche alla disciplina dettata dal D. Lgs. 368/2001 in tema di contratto di
lavoro a tempo determinato.
Ecco le due le novità più significative:
1
Il libretto formativo del cittadino è un documento personale predisposto in formato elettronico e
cartaceo sul quale vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la
formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua del cittadino
lavoratore.
Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected]
2
STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI
a)
l’abrogazione dell’art. 4, comma 2-bis del D. Lgs. 368/2001, il quale prevedeva il
divieto di proroga del contratto a tempo determinato acausale2 (“Il contratto a
tempo determinato di cui all'articolo 1, comma 1-bis, non può essere oggetto di
proroga”); allo stesso tempo infatti, è stato modificato anche l’art. 1, comma 1-bis
del medesimo Decreto, il quale dispone espressamente che il primo contratto a
tempo determinato acausale può essere stipulato per una durata non superiore a
dodici mesi comprensiva di eventuale proroga.
Ciò significa che d’ora in avanti possono stipularsi, sempre nel rispetto del
termine di dodici mesi complessivi, anche più contratti “acausali”.
b)
la riduzione dell’intervallo minimo di interruzione tra contratti a termine in
successione (c.d. periodo di “vacanza contrattuale”), riportata ai termini originari,
ovvero 10 giorni dalla scadenza di un contratto fino a 6 mesi, e 20 giorni dalla
scadenza di un contratto di durata più elevata (ricordiamo che la Riforma Fornero
prevedeva invece 60 giorni di interruzione per i contratti a tempo determinato di
durata inferiore a 6 mesi, e 90 giorni per i contratti di durata superiore ai 6 mesi).
In sostanza, se con lo stesso lavoratore vengono stipulati in successione tra loro
dei contratti a tempo determinato, prima di stipulare un nuovo contratto a termine
bisognerà aspettare 10 o 20 giorni dallo spirare dell’ultimo contratto, in
dipendenza della durata dello stesso (inferiore o superiore a 6 mesi). In buona
sostanza, sono stati ripristinati gli intervalli più brevi già previsti prima della
riforma Fornero.
4. Distacco di personale.
Rappresenta una novità della legge di conversione l’inserimento di un nuovo comma
all’art. 30 D.Lgs. n. 276/2003 (che testualmente dispone: “L'ipotesi del distacco si
configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone
temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione
di una determinata attività lavorativa”), per chiarire che, in caso di distacco di
personale tra aziende che hanno sottoscritto un contratto di rete di impresa3 (art. 3, D.L.
n. 5/2009 conv. L. n. 33/2009), l’interesse della parte distaccante, richiesto dal primo
comma dello stesso art. 30 per la configurabilità dell’istituto, sorge automaticamente in
forza dell’operare della rete di imprese.
5. Lavoro intermittente.
Come è noto, il contratto di lavoro intermittente è un rapporto di lavoro che si può
attivare qualora si presenti la necessità di utilizzare un lavoratore per prestazioni a
carattere discontinuo (ad esempio, addetti ai centralini, guardiani, receptionist, camerieri
ecc.). In questo caso il datore di lavoro può usufruire della prestazione del lavoratore,
“chiamandolo”, appunto, all’occorrenza.
Ciò premesso, in sede di conversione in legge, sono state confermate le disposizioni del
testo originario del decreto Lavoro relative:
2
Per contratto “acausale” si intende il rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che viene
stipulato tra datore di lavoro e lavoratore, senza necessariamente specificare le ragioni di carattere
“tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo” che giustificano l’adozione di tale tipologia contrattuale.
3
Il c.d. “contratto di rete” è quel tipo di contratto con il quale due o più imprese si obbligano ad esercitare
in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la
reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato.
Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected]
3
STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI
-
al limite al ricorso al lavoro intermittente con il medesimo datore di lavoro,
stabilito in 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari;
- al termine iniziale per il calcolo (le prestazioni effettuate dopo l’entrata in vigore
del D.L.);
- alla sanzione per superamento del predetto limite (trasformazione in rapporto di
lavoro a tempo pieno e indeterminato);
Una novità di rilievo, introdotta in sede di conversione del D.L. n. 76, è invece costituita
dall’esclusione dei settori turismo, pubblici esercizi e spettacolo dal campo di
operatività del nuovo limite di durata.
E’ stata soppressa invece dal Senato la disposizione del testo originario del decreto
Lavoro che escludeva l’applicabilità della sanzione amministrativa (da 400 a 2.400
euro) per mancata comunicazione di inizio della prestazione lavorativa “intermittente”
alla Direzione territoriale del lavoro di cui all’art. 35-bis D. Lgs. 276/20034, in quelle
fattispecie in cui la volontà di non occultare la prestazione intermittente emergesse
dagli adempimenti contributivi precedentemente assolti.
Pertanto, anche a seguito della pubblicazione della Legge 99/2013, permane l’obbligo
da parte del datore di lavoro di comunicare alla D.T.L. l’inizio della prestazione
lavorativa “intermittente”, pena la sanzione amministrativa da 400 a 2.400 Euro,
indipendentemente dal fatto che l’imprenditore abbia correttamente adempiuto agli
obblighi contributivi gravanti in capo ad esso.
6. Lavoro a progetto.
Trovano conferma le norme originarie del decreto che sono intervenute sui requisiti (art.
61, D.Lgs. n. 276/2003) e sulla forma (art. 62, D.Lgs. cit.) del contratto di lavoro a
progetto: con la prima modifica vengono esclusi dalla nozione i rapporti di
collaborazione che prevedano l’affidamento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi
(e non disgiuntamente “esecutivi o ripetitivi” come nel testo precedentemente introdotto
con la Riforma Fornero); con la seconda diventano essenziali per la validità del
contratto i contenuti richiesti dall’art. 62 D. Lgs. 276/2003, ovvero:
a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;
b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuata nel suo
contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;
c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di
pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione,
anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali
da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa;
e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto.
Infatti, prima del Decreto Lavoro, l’art. 62 D. Lgs. 276/2003 prevedeva tali contenuti
solamente “ai fini della prova”. Ebbene la frase originaria “Il contratto di lavoro a
4
Che testualmente dispone: “Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di
prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata
con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms,
fax o posta elettronica. .. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la
sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata
omessa la comunicazione”.
Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected]
4
STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI
progetto è stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti
elementi:..” è stata modificata sopprimendo l’assunto “ai fini della prova”. Da ciò ne
consegue che la forma scritta e la presenza dei requisiti indicati dalla legge sono
divenuti elementi sostanziali ai fini della validità del contratto in questione.
Infine, la novità rilevante introdotta in sede di conversione riguarda la possibilità di
proroga automatica dei contratti a progetto che hanno per oggetto un’attività di ricerca
scientifica, quando questa venga ampliata per temi connessi o prorogata nel tempo.
7. Lavoro accessorio.
Anche il lavoro accessorio è stato oggetto di una importante innovazione introdotta dal
Decreto Lavoro e confermata in sede di conversione del decreto in legge. Detta
tipologia contrattuale costituisce una categoria speciale all'interno delle collaborazioni
occasionali. Si ricorre solitamente a questo tipo di rapporto per soddisfare esigenze
professionali e produttive del datore di lavoro che hanno nella generalità dei casi il
carattere della “saltuarietà”.
Il lampante vantaggio di questo tipo di rapporto riguarda il fatto che il committente può
utilizzare il lavoro dei collaboratori in modo estremamente flessibile, senza necessità di
particolari formalità, ma comunque nel pieno rispetto della legge. Ad esempio il
collaboratore può lavorare ed essere retribuito con un compenso esente da imposizioni
fiscali e con una piena copertura INAIL per eventuali infortuni sul lavoro.
Brevemente, per chiarire gli aspetti fondamentali di questo rapporto di lavoro, si
specifica che il pagamento delle prestazioni di natura “accessoria” avviene attraverso il
meccanismo dei c.d. “buoni”, il cui valore nominale è pari a 10 Euro (è, inoltre,
disponibile un buono “multiplo”, del valore di 50 Euro equivalente a cinque buoni non
separabili).
Il valore nominale del buono è comprensivo della contribuzione (pari al 13%) a favore
della gestione separata INPS, che viene accreditata sulla posizione individuale
contributiva del prestatore, di quella in favore dell'INAIL per l'assicurazione antiinfortuni (7%) e di un compenso al concessionario (Inps), per la gestione del servizio,
pari al 5%.
Il vantaggio diretto per il prestatore di lavoro accessorio deriva dal fatto che egli può
integrare le sue entrate attraverso queste prestazioni occasionali, il cui compenso è
esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato.
Ciò premesso, venendo all’innovazione introdotta dal Decreto Lavoro, resta confermata
nella conversione in legge l’eliminazione del riferimento alla natura “meramente
occasionale” delle prestazioni di lavoro accessorio, già contenuta nell’art. 70, c. 1,
D.Lgs. n. 276 (“Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di
natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o
comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne,
nell'ambito..”).
Viene dunque accolta così dal legislatore la linea interpretativa seguita già da tempo dal
Ministero del lavoro, secondo la quale la condizione determinante per poter qualificare
il rapporto come accessorio (e pertanto usufruirne lecitamente) è esclusivamente il
rispetto del requisito di carattere economico (ovvero il limite complessivo di 5.000
euro/annuo, ridotto a 2.000 euro per le attività svolte a favore di imprenditori o
professionisti).
Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected]
5
STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI
8. Procedura di conciliazione in caso di licenziamento.
Una delle principali novità introdotte dalla Riforma Fornero è stata quella di prevedere
una particolare procedura conciliativa innanzi alla Direzione territoriale del lavoro in
tutti i quei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo per motivi tecnici od
economici (purché l’azienda occupi più di quindici dipendenti), pena l’inefficacia dello
stesso.
In questi casi il licenziamento disposto dal datore di lavoro deve essere preceduto da
una comunicazione del datore stesso alla D.T.L. competente (ovvero l'articolazione
periferica, generalmente con competenza in ambito provinciale, del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali) e trasmessa, per conoscenza, al lavoratore. In detta
comunicazione l’impresa dovrà indicare l’intenzione di procedere al licenziamento e la
relativa motivazione; la D.T.L. convocherà le parti entro 7 giorni dalla ricezione della
richiesta per tentare il raggiungimento di un accordo. Nel caso in cui l’esperimento del
tentativo di conciliazione dovesse sortire esito negativo, il datore di lavoro sarebbe poi
libero di procedere al licenziamento.
Ciò premesso, la conversione in legge del Decreto Lavoro ha confermato la limitazione
del campo di applicazione della procedura prevista dalla Riforma Fornero, dalla quale
vengono esclusi:
a) i licenziamenti per superamento del periodo di comporto nelle fattispecie
tutelate dall’art. 2110 cod. civ5.;
b) i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto con successive
assunzioni presso le aziende subentranti;
c) le interruzioni del rapporto a tempo indeterminato nel settore edile, per
completamento delle attività e chiusura del cantiere.
In questi tre casi dunque il datore di lavoro sarà libero di intimare il licenziamento per
motivi tecnici od economici al dipendente senza l’obbligo di attivare la prevista dalla
Riforma Fornero.
9. Associazione in partecipazione.
L’associazione in partecipazione è il negozio giuridico con il quale una parte
(l'associante) attribuisce ad un'altra (l'associato) il diritto ad una partecipazione agli utili
della propria impresa o, in base alla volontà delle parti contraenti, di uno o più affari
determinati, dietro il corrispettivo di un apporto da parte dell'associato. Tale apporto
può essere di natura patrimoniale ma potrà anche consistere nell'apporto di lavoro, o
nell'apporto misto di capitale e lavoro.
La Riforma Fornero, ha limitato fortemente l’apporto di lavoro nelle associazioni in
partecipazione, stabilendo un limite al numero degli associati di lavoro, o di capitale e
lavoro, pari a tre associati impiegati nella medesima attività lavorativa.
Si tratta di una restrizione importante che mira a combattere l’uso elusivo di tale istituto,
il quale ha frequentemente nascosto delle vere e proprie attività di lavoro dipendente
rese dagli associati. Pertanto, dal 18 giugno 2012, superare tale limite di tre associati in
partecipazione, comporta la trasformazione di detti rapporti in contratti di lavoro
subordinato a tempo indeterminato.
5
Ovvero infortunio, malattia, gravidanza e puerperio.
Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected]
6
STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI
Con la legge di conversione del Decreto Legge n. 76 del 2013 sono state apportate
alcune modifiche alle limitazioni numeriche, le quali non si applicano:
a) alle imprese a scopo mutualistico per gli associati individuati attraverso
l’elezione dall’assemblea ed i cui contratti siano stati certificati6;
b) ai rapporti fra produttori ed artisti, interpreti, esecutori, volto alla realizzazione
di registrazioni sonore, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento.
Questo è quanto previsto dall’art. 7, comma 5 del Decreto Lavoro, così come modificato
dalla Legge di conversione n. 99/2013.
10. Agevolazioni per assunzione di lavoratori disoccupati.
Trova conferma in sede di conversione in legge l’art. 7, comma 5 del Decreto Lavoro, il
quale attribuisce al datore di lavoro che, senza esservi tenuto, assume a tempo pieno e
indeterminato lavoratori che fruiscono dell’Aspi7 è concesso, per ogni mensilità di
retribuzione erogata, un contributo mensile pari al 50% dell’indennità mensile residua
che sarebbe stata corrisposta al lavoratore.
Innanzitutto è opportuno ricordare che l’ammortizzatore sociale in questione (ASpI) è
uno strumento che entra in azione, in estrema sintesi, ogni qualvolta un lavoratore abbia
perso involontariamente la propria occupazione. Non si applica quindi alle ipotesi di
licenziamento per giusta causa, giustificato motivo soggettivo, dimissioni e
scioglimento consensuale del rapporto con il datore di lavoro.
Per comprendere quale potrebbe essere effettivamente l’incentivo spettante al datore di
lavoro che assume un lavoratore percettore di ASpI è necessario conoscere come viene
calcolata l’indennità prevista dall’ammortizzatore sociale in esame. L'ASpI prevede
infatti il pagamento in favore del lavoratore di un’indennità mensile di disoccupazione
(per una durata massima prevista per l’anno 2013 di 8 o 12 mesi in dipendenza del fatto
che il lavoratore abbia rispettivamente meno o più di 50 anni d’età) pari al 75% dello
stipendio percepito da quest’ultimo.
Ebbene, è su tale 75% che andrà calcolato il contributo mensile previsto dalla L.
99/2013 ( e che spetterà, appunto, al datore di lavoro il quale assuma un lavoratore che
fruisce dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego). Come già osservato, tale contributo è
pari al 50% dell’ammontare dell’indennità erogata dall’ASpI.
L’agevolazione non compete con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati,
nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o diverso settore di attività che,
al momento del licenziamento, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti
con quelli dell’impresa che assume ovvero risultava con quest’ultima in rapporto di
collegamento o controllo.
11. Convalida delle dimissioni.
La Riforma Fornero (L. 92/2012), al fine di contrastare il fenomeno delle c.d.
“dimissioni in bianco”, ha introdotto un procedimento “ad hoc” di convalida delle
6
In merito ai “contratti certificati”, è necessario precisare che la certificazione è una speciale procedura
finalizzata ad attestare che il contratto che si vuole sottoscrivere abbia i requisiti di forma e contenuto
richiesti dalla legge. È una procedura a carattere volontario che può essere eseguita solo su richiesta di
entrambe le parti (futuro lavoratore e datore di lavoro) e ha lo scopo di ridurre il contenzioso in materia di
qualificazione di contratti di lavoro.
7
Acronimo di Assicurazione Sociale per l’impiego, ammortizzatore sociale introdotto dalla “Riforma
Fornero” ed entrato in vigore dal 1° gennaio 2013.
Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected]
7
STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI
stesse. Esso sostanzialmente prevede che in caso di risoluzione consensuale del
rapporto di lavoro le dimissioni devono essere convalidate presso la Direzione
territoriale del lavoro o il Centro per l'impiego competenti per territorio (o presso
altre sedi individuate dai contratti collettivi nazionali di lavoro), presentando un
apposito modulo (che il dimissionario deve sottoscrivere).
In alternativa, il lavoratore può sottoscrivere una apposita dichiarazione in calce alla
ricevuta di trasmissione della comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di
lavoro, inviata dall'azienda al centro per l’impiego. In mancanza dell’esperimento di
una delle due procedure le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto.
Nel quadro sopra delineato, l’innovazione prevista dal Decreto Lavoro (confermata in
sede di conversione in legge), estende l’applicazione della procedura di convalida delle
dimissioni, in quanto compatibile, ai lavoratori impegnati con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e con contratti di associazione
in partecipazione con apporto di lavoro.
Ciò, praticamente, comporta che se il rapporto è anticipatamente risolto da parte del
collaboratore prima del naturale spirare del termine (posto che entrambe le tipologie
contrattuali sono per natura e per le legge a tempo determinato o “determinabile”), o per
decisione consensuale di entrambe le parti, il recesso va convalidato: diversamente esso
è inefficace.
Corso Matteotti 8/10 , 20121 Milano - Tel: +39.02.76017006 - Fax: +39.02.76004661 - p.iva 05109700962 - [email protected]
8
Scarica

STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI