19 Giugno 2009
INSEGNARE A PARTIRE
DALLE COSE.
SENTIERI DI
SCUOLA-MUSEO NEL BOSCO
DELLE COSE
Dottoressa Franca Zuccoli
Lumaca mostruosa del mare Sarmatico,
1608
i bambini
I sassi colorati mi attirano
perché mi fanno sentire felice.
Luca B., 11 anni
Che cosa c’è nelle tasche dei bambini?
Frugare tra i ricordi d’infanzia
attenzione rapita da un piccolo oggetto che si
trovava a terra:
• un sasso strano,
• un tappo colorato,
• una figurina stropicciata,
• una monetina luccicante scivolata dalle
tasche di qualche passante, …
• Di nascosto l’oggetto scelto, che
aveva calamitato la nostra attenzione,
veniva rapito da terra, selezionato e si
andava ad aggiungere agli altri, che
erano già depositati nelle nostre
tasche. La scelta con cui si sottraeva
l’oggetto al mondo rispondeva già a
criteri specifici, anche se totalmente
inconsapevoli e non dichiarati.
Ad attirare
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•
•
la stravaganza,
la stranezza,
la particolarità
l’unicità,
l’essere simile a qualcosa che già si possedeva, andandosi
così ad unire ad altro in un criterio di serialità.
• Ma poteva anche essere una cosa che colpiva
semplicemente i sensi: la buccia così lucida della
“castagna matta”, che guardandola si sapeva già come la
mano avrebbe indugiato nel trattenerla, un sasso dal colore
sgargiante e inusuale, o un primo criterio di bellezza,
intesa nel senso di potenza di un richiamo.
La magia del trovare
• Si trattava della magia del trovare e dello
scoprire, con gli occhi si selezionava all’interno
di un contesto così grande proprio un minuscolo
oggetto specifico, ce ne si impadroniva e lo si
spostava in un altro contesto, prima più piccolo,
la tasca, e poi lo si riposizionava all’interno di un
nuovo spazio: la camera, una scatola, …
inserendolo in un nuovo insieme di significati.
I Greci dicevano che la
meraviglia
è l’inizio del sapere e allorché
cessiamo di meravigliarci
corriamo
il rischio di cessare di sapere.
Ernst H. Gombrich
Gallus Indicus auritus tridactylus, Gallo indico con orecchie
e tre dita, 1642
“Le cose hanno una vita propria,”
proclamava lo zingaro con aspro
accento,
“si tratta soltanto di risvegliargli
l’anima”
Gabriel Garcia Màrquez
Donald W. Winnicott Gioco e realtà, (titolo
originale Playing and Reality, London, Tavistock, 1971), trad. it a cura
di Adamo G. e Gaddini R., Roma, Armando, 1974
• E sulla base del gioco viene costruita
l’intera esistenza dell’uomo come
esperienza. Noi non siamo più introvertiti o
estrovertiti. Noi facciamo esperienza della
vita nell’area dei fenomeni transizionali,
nell’eccitante sconfinamento della
soggettività e della osservazione oggettiva,
in un territorio che è intermedio tra la
realtà interiore dell’individuo e la realtà
condivisa del mondo, che è esterna agli
individui.
Storie per bambini
Pippi Calzelunghe
Lindgren A., Pippi Calzelunghe (titolo originale Boken om Pippi
Långstrump, Stoccolma, edizioni Rabén&Sjögren) trad. it. a cura di
Palme A. e Ziliotto
Milano, Adriano Salani editore, 1998
“Pippi cerca-cose”
Dice Pippi “Il mondo è pieno
zeppo di cose, e ci vuole pure
qualcuno che si occupi di
sapere che razza di cose siano.
Questo è il compito dei cercacose.”
“Ma
che tipo di cose?” insistette
Annika.
“Che ne so, qualsiasi tipo di cose”
rispose Pippi: “pepite d’oro, piume di
struzzo, topi morti, caramelle con lo
scoppio, minuscole viti, e così via.”
”Stiamo a vedere” disse Pippi,”
qualcosa si trova sempre, soltanto
spicciamoci, se non vogliamo che altri
cerca-cose ci portino via tutte le
pepite d’oro sparse nella zona.”
Storie e favole di bambini
Pollicino
Storie e favole di bambini
Pollicino
Perrault C., Pollicino, (titolo originale Le petit Poucet, fiaba contenuta
all’interno della raccolta Contes de ma mère l’Oye, 1697) trad. it. a cura
di Parazzoli P., Milano, RCS, 2005, p.8.
• Pollicino, che era rimasto l’ultimo
della fila, ogni tanto prendeva un
sassolino dalla tasca e lo faceva
cadere dietro di sé.
• La mano del bambino che esplora il
mondo, coglie furtiva un oggetto, lo
rapisce e lo posiziona in una tasca, in
seguito lo estrae e lo riguarda in uno
spazio nuovo, può depositarlo in
questo altro luogo, per un po’ come in
un transito, oppure buttarlo,
riprenderlo, o, infine, conservarlo.
• Quante volte da piccoli questo
rapporto con una minuscola cosa
trovata ci incuriosiva e ci
rassicurava, ma che cos’è questo
oggetto, questa realtà che il
bambino preleva dal mondo?
Ma che si intende con “cosa”?
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Oggetti
Cose
Cianfrusaglie
Bottoni
Sassi
Castagne
Cose
Cosa dal latino causa, intesa come
affare, termine che è stato poi
privilegiato nell’uso rispetto al più
degno e autorevole res.
Causa rimanda a un atto relazionale, a
una presa di posizione, di possesso e
di confronto con altri, termine di
scambio pratico, gestione di qualche
fatto economico che implica atti
concreti.
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Cosa dal latino caū sam “causa , questione” quindi “affare” e questo
significato si affianca a rēs “cosa, affare” e lo sostituisce nella lingua parlata;
voce di tradizione popolare con monottongazione di au, rispetto a causa
nella forma caosa sec. XII; Sabatini, Coletti, Il nuovo dizionario italiano,
Firenze, Giunti, 1997.
Cosa, parte, aspetto della realtà, materiale o ideale, concreta o astratta e sim.,
dal latino caūsa(m) ‘causa’, che, attraverso il senso di ‘affare’ sostituisce rēs;
Manlio Cortellazzo, Paolo Zolli, Dizionario etimologico della lingua
italiana,Bologna, Zanichelli, 1979.
Cosa dal latino causa, che attraverso il senso di ‘affare’ prende il valore di
res ‘cosa’; Giacomo Devoto Gian Carlo Oli, Dizionario della lingua italiana,
Firenze, Le Monnier, 2004.
Causa (spesso anche caussa), ae, f., causa, motivo, cagione, ragione, cosa,
faccenda, affare, interesse, utilità, vantaggio, relazione. Cic. e a.; super tali
causa missi erant, erano stai mandati per una tale faccenda, Nep.; in causa
esse, riguardare la cosa; D’Arbela E., Annaratone A., Cammelli L.,
Vocabolario latino-italiano, italiano-latino, Milano, Signorelli, 1966.
Causa (caussa), ae, f., causa, ragione, motivo, tardo cosa omnium causarum
difficillimum,la più difficile di tutte le cose, Eust. Bas. 9.6; Conte G. B.,
Pianezzola E., Ranucci G., Il dizionario della lingua latina, Firenze, Le
Monnier, 2000.
La Cecla F., Non è cosa. Vita affettiva degli oggetti,
Milano, Editrice A. coop. Sezione Elèuthera, 1998,
• Come se le cose per loro natura avessero
la qualità di stabilire relazioni tra gli
esseri umani, di rendere concrete queste
relazioni. Le “cause”, gli “affari”,
consentono di non restare distanti,
permettono di avere una presa, di tenere la
relazione con gli altri.
Varie azioni
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Scoprire
Selezionare
Prelevare
Decontestualizzare
Riporre
Collezionare
• Che cosa sono le tasche rigonfie dei
bambini?
• Spazi in cui nulla sembra fuori luogo
e ogni cosa trova una propria
collocazione. Brandelli di mondo
scelti, posseduti per conoscerlo
meglio e imparare ad orientarsi.
• Dopo la ricreazione, ad esempio, il
sottobanco diveniva, durante la
spiegazione della maestra, il luogo in cui
erano depositati gli oggetti raccolti in
cortile, ordinati o accatastati, nel transito di
un’ulteriore scelta tra ciò che si sarebbe
trattenuto e portato a casa e quello che si
sarebbe inevitabilmente abbandonato.
Vanna Iori
• E infine dentro la stanza un angolo. [...]
Dentro la stanza l’armadio e il cassetto
sono gli spazi di una ulteriore estrema
protezione, sono gli spazi del “riporre” e
“custodire”, sono la tutela di ciò che farà
parte della vita del bambino o ragazzo.[1]
• [1] Iori V., Lo spazio vissuto. Luoghi educativi e soggettività, Firenze,
La Nuova Italia, 1996, p. 183. Citazione tratta dal paragrafo L’angolo
segreto.
• In realtà gli oggetti che si possiedono
detengono, oltre al proprio significato
materiale di utilizzo, un valore di ricordo,
trasmettitore di una memoria personale e
collettiva. Nella loro consistenza fisica si
sviluppa un processo di identificazione
personale e di gruppo. Ciò avviene
essendo l’oggetto un condensatore di
relazioni [...]. L’oggetto diviene metafora
del vivere.
• Franco La Cecla
Bartoli
• È noto che il concetto di tempo nel corso
dell’infanzia è approssimativo. Il bambino non
ha molto passato alle spalle. I suoi Lari e Penati,
ancora viventi, sono i genitori e i nonni. I suoi
musei sono le tasche degli abiti, i cassetti e le
vetrinette dei mobili della sua stanza [...].]
•
[2] Bartoli G., “Un approccio psicologico alla didattica
museale”contributo contenuto in Nardi E. (a cura di)., Imparare al
museo. Percorsi di didattica museale, Napoli, Tecnodid, 1996, p. 36.
Giovanna Bartoli insegna Psicologia presso l’Università di Roma Tre.
Friedrich Fröebel
Eppure il bambino viene a noi con questo intimo
desiderio
di metterci in grembo la cosa che ha trovato e
che serra nella manina; quasi che, così riscaldato,
l’oggetto gli dia la nozione di se stesso.
[
F., L’educazione dell’uomo (titolo originaleDie Menschenerzeiehung),
(a cura di Flores D’Arcais), trad. it a cura di Brivio M. e Böhm W., Firenze,
La Nuova Italia, 1993, p. 55.
1] Fröebel
• Il bambino ha caro tutto ciò che entra
nella piccola cerchia del suo mondo e che,
per quanto poco, allarghi per lui questo
mondo. La minima cosa è per lui una
nuova scoperta.[1]
•
[1] Fröebel F., op. cit., p. 55.
Agazzi
• Le tasche dei bambini rigurgitano talvolta di cose non
tutte belle, non sempre nitide, anzi di frequente brutte,
sudice e pericolose. Scatolette, chiodi, bottoni, pezzi di
gomma, nastri, cordelle, tappi, frutta si mescolano alle
marmorine rubando posto al moccichino.
• Una volta quando il maestro sorprendeva un ragazzo a
giocare colle sue cianfrusaglie mentre egli stava
insegnando l’alfabeto, era autorizzato, dopo averle
buttate dalla finestra, o sul tetto delle case vicine, a
castigarlo.[1]
•
[1] Agazzi R., Guida per le educatrici dell’infanzia,
Brescia, La Scuola Editrice, 1950, pp. 354
Agazzi
• Il materiale Agazzi è una raccolta
abbondantissima di scatolette, bottoni, semi,
noccioli, tubetti, fili, fettucce, figurine, boccette,
tappi di sughero, campionarii di tessuti,
campionarii di carte, di trecce, e poi ancora,
all’infinito: di palline, vasetti, sacchetti di stoffa
o di carta, cartoline, pezzetti di cuoio, pezzi di
legno, di cera, di creta, di ferro, d’ogni specie di
altre sostanze..[1]
•
[1] Lombardo Radice G., Il metodo Agazzi, Firenze, La Nuova Italia
Editrice, 1952, pp. 51-52.
• Tutto ciò che non serve a nessuno, serve
alla Agazzi. Pare che il suo ideale di
“museo” sia stato suggerito dallo
inverosimile miscuglio di cose
“interessanti” che si trova nelle tasche dei
bambini del popolo, collezionisti di
cianfrusaglie d’ogni specie: conchiglie,
legnuzzi, sassetti, coccole, gusci di noce ed
altri simili tesori.[1]
Montessori
• [...] il bambino richiede una esatta guida
scientifica, come quella resa possibile dalla
nostra dotazione strumentale e dai nostri esercizi
egli può essere paragonato a un erede inconscio
dei grandi tesori che possiede, ansioso di
apprezzarli attraverso la conoscenza di un
esperto di professione, e di catalogarli e
classificarli, in modo d’averli a sua piena e
immediata disposizione.[1]
•
[1] Montessori M., La scoperta del bambino, Milano, Garzanti,
1970, p. 109.
• Il materiale sensoriale è costituito da un
sistema di oggetti, che sono raggruppati
secondo una determinata qualità fisica dei
corpi- come colore, forma, dimensione,
suono, stato di ruvidità, peso, temperatura,
ecc.[2]
• Le cose, gli strumenti, i doni, le
cianfrusaglie sono dunque elementi vitali
in questo lavorare del bambino si tratta di
una concretezza che ridona valore
cognitivo e didattico anche agli stessi
oggetti costruiti appositamente o ricercarti
e trovati nella realtà quotidiana.
Raimonda Riccini a cura di, Imparare dalle cose. La cultura
materiale nei musei, Bologna, CLUEB, 2003
• Già in questa impostazione, e specialmente nelle
applicazioni che ne fa Maria Montessori, risulta
però chiaro che non è sufficiente mettere il
bambino in contatto con le cose per attingere alla
conoscenza, ma che si deve attivare un circuito di
esperienze che, in modo sequenziale e
coordinato, raggiungano l’obiettivo previsto. Per
imparare dalle cose è necessario dunque esperire
facendo.
Gli oggetti:
presi spontaneamente dai bambini,
portati dagli insegnanti,
progettati da pedagogisti e insegnanti,
sono
materiale vivo con cui lavorare
• In molti percorsi progettati da insegnanti
nelle scuole dell’infanzia e nella scuola
primaria, l’avvio di un progetto nasce
sempre più spesso da una prima fase
chiamata da alcuni pedagogisti fase del
fare spontaneo.
• Pujol e Roca ci parlano di un momento in
cui i bambini guardano, toccano, osservano,
ipotizzano,… si tratta di un tempo prezioso
in cui l’adulto può e deve prendere nota
anche delle preconcezioni e preconoscenze
che emergono.
• A partire dagli oggetti le domande che
possono sorgere spontanee saranno:
• Che cosa è?
• A cosa serviva?
• Ma come si fa?
• Ma anche semplicemente curiosità e
meraviglia
Merzbau, Kurt Schwitters
Perché l’oggetto ci narra la sua storia,
ci incuriosisce,
si mostra
e ci interroga a sua volta
• Una carrellata di fotografie da
• Elliott Erwitt
• Museum Watching
• Phaidon
• 1999
I BAMBINI E I MUSEI
Bruno Bettelheim
• È a questo che servono i musei ad
incantare soprattutto i bambini, a dare loro
la possibilità di provare meraviglia,
un’esperienza di cui hanno un disperato
bisogno, oggi che la vita quotidiana è stata
spogliata di tutti i miracoli che epoche più
religiose sapevano invece cogliere
dovunque e in ogni cosa.
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