In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa all'ufficio di Varese - Via S. Luigi Gonzaga, 8 -21013 GALLARATE (VA)
Spedizione: Poste Italiane SpA in abb. post. 45% art.2, comme 20/b, legge 662/96 - Autorizzazione Filiale P.T. VARESE
Giugno 2014 - n° 78
Pubblicazione Trimestrale
Gesuiti missionari italiani
Giugno 2014 - n° 78
Pubblicazione Trimestrale
Spedizione: Poste Italiane SpA - in abb. post. 45% art.2, comma 20/b, legge 662/96
Autorizzazione Filiale P.T. - VARESE
PROPRIETARIO
Casa di Procura dei Seminari delle Missioni Estere
della Provincia Veneta della Compagnia di Gesù
via Donatello, 24 - 35123 Padova
in persona di P. Alessandro Mattaini S.I. - Con Approv. Eccles.
TIRATURA DI QUESTO NUMERO
10.500 copie
Entrato in tipografia il 21 - 05 - 2014
DIRETTORE RESPONSABILE
P. Giuseppe Bellucci S.I.
Via Borgo S. Spirito, 4 - Tel. 06/689771288 - 00193 Roma
REDAZIONE
P. Davide Magni S.I.
Grazia Salice
STAMPA
Arti Grafiche Baratelli s.n.c. - via Ca’ Bianca, 32 - Busto Arsizio - VA
Autoriz. del Tribunale Civile e Penale di Milano - n. 558 del 23/12/’93
Autoriz. Dir. Prov. VARESE del 6/10/1983
2
in copertina
Mongo - l’acqua fa germogliare una terra deserta e arida
Editoriale
Preghiera e Missione
di P. Nicola Gay S.I. e P. Renato Colizzi S.I.
Un'altra parabola disse loro:
«Il regno dei cieli si può paragonare al lievito,
che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina
perché tutta si fermenti» (Mt 13,33)
ari lettori di GMI,
in questo editoriale vogliamo parlarvi della preghiera nella missione.
E’ un argomento che può facilmente passare in secondo piano, tanti, infatti,
sono i nostri progetti in diversi paesi, tante le case, le scuole, gli ospedali, la formazione che sosteniamo, che potremmo avere l’impressione che tutto il valore
delle nostre azioni passi per quello che noi facciamo o costruiamo. Ebbene, questa impressione non solo è decisamente falsa, ma anche pericolosa: la convinzione che l’azione esterna sia il metro di paragone unico e totale del nostro essere
missionari è una grave minaccia per la nostra spinta al servizio del Regno. Una
volta superata questa convinzione, o almeno una volta che abbiamo cominciato
a metterla in discussione, il nostro cuore diventa aperto alla preghiera.
Ma che cos’è la preghiera: la preghiera è l’assenso ad un desiderio del cuore; non
certo ad un desiderio qualsiasi, ma ad un desiderio infuso in noi dallo Spirito e nutrito dalle parole del Vangelo. Questo desiderio poi, se noi lo vogliamo, prende
spazio nella nostra interiorità e ci conduce ad una vita di preghiera. A sua volta,
la preghiera rinforza misteriosamente, ma efficacemente la missione che poi si
concretizzerà in questa o quell’opera missionaria. L’opera è, però, solo il punto di
arrivo, non è la fonte della missione, la fonte vera, quella che non si estingue, è nascosta nella nostra intimità. Per questo i grandi missionari sono stai tutti contemplativi, si muovevano al passo della loro preghiera senza anticipare lo Spirito. Se
invece noi diamo la priorità assoluta all’azione, il rischio è di insabbiare la fonte
della nostra missionarietà e cadere in un attivismo che non è più capace di trasmettere il Vangelo.
Ecco perché la Chiesa ha scelto come patroni delle missioni tanto un Francesco Saverio quanto una Teresa di Lisieux; un gesuita che ha attraversato i mari
e una monaca di clausura che non si è mai mossa dal suo convento.
Il desiderio missionario è il vero fuoco della missione, ben al di là di quello che noi
hic et nunc possiamo realizzare. A volte, durante incontri di animazione missionaria in giro per l’Italia diverse persone chiedono con una certa amarezza: cosa
posso fare io per la missione, con la mia età avanzata, con la mia salute malferma,
con tutti i miei impegni di lavoro? La risposta sta nel superare questa amarezza
per cominciare ad impegnarsi a provare gratitudine per il semplice fatto di sentire
dentro di me un desiderio missionario, e gustare e nutrire questo desiderio nella
preghiera. Il Signore ci guiderà al resto, se è sua volontà; se viviamo in questa fiducia un giorno, inaspettatamente, si apriranno opportunità ora inimmaginabili.
La missione della Chiesa cresce per fermentazione di questo desiderio nel cuore
delle persone semplici, desiderio che anima l’azione missionaria in maniera nascosta e lenta, ma senza retromarce. Il dinamismo avviato da una preghiera fedele e
perseverante non potrà essere fermato da nessuna avversità che anzi, per una
logica paradossale, ne rinforzerà la spinta e la tenacia. Perciò concludiamo questo editoriale augurando a tutti voi lettori di vivere le vostre giornate accompagnati da una preghiera semplice e fiduciosa.
C
3
Indice
4
EDITORIALE
Preghiera e missione - di P. Nicola Gay S.I. e P. Renato Colizzi S.I.
3
NOTIZIE MAGIS
Assemblea Fondazione MAGIS - giugno 2014
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PROGETTI MAGIS
Progetto Emergenza Siria
Siria, terra di martirio - di P. Pio Adami S.I. - Italia
Storie di straordinaria speranza - di Sabrina Atturo - Sri Lanka
Education For All
Campo MAGIS in Benin - di Alberto Patella - Italia
Educazione alla Pace nella Repubblica Centrafricana
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12
14
17
18
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TESTIMONIANZE
La lunga lunga strada verso la pace - di Grazia Salice - Repubblica Centrafricana
Da un osservatorio privilegiato nel cuore dell’Africa - di P. Corrado Corti S.I. - Ciad
Missione a Bekamba - di Paolo Micconi - Ciad
L’unione fa la forza - di P. Franco Martellozzo S.I. - Ciad
L’importanza delle donne in un Paese in via di sviluppo - di Fr. Pietro Ruscon S.I. - Ciad
Finalmente! ... una verifica fiscale - di P. Umberto Libralato S.I. - Burkina Faso
Arte solidale per il Burkina Faso - di Benedetta Farina -Italia
Solidarietà e formazione in Togo - di Benedetta Farina - Italia
Giocando, educo... al bene comune - di Benedetta Farina - Italia
Quanta strada... per ritrovarsi - di Carla Grossoni - Congo
Fratel Castiglione alla corte degli imperatori - di P. Emilio Zanetti S.I. - Taiwan
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27
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35
37
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41
44
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48
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RICORDANDO
Testimoni del Vangelo - di P. Gigi Muraro S.I. - Brasile
P. Antonino Cataldo S.I. difensore degli indifesi - di Grazia Salice - Madagascar
P. Pietro Peretti S.I. un teologo nel Paese del Sol Levante- di Grazia Salice - Giappone
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61
62
INSERZIONI
Il tuo 5 x 1000
La tua festa continua ... nella solidarietà
Il tuo lascito al MAGIS
Celebrazioni S. Messe per i defunti
Filatelia
Questionario per i lettori
7
16
19
38
50
55
LE SEDI DEL MAGIS - Elenco e Indirizzi
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VITA MAGIS - NOTIZIE
ASSEMBLEA FONDAZIONE MAGIS
giugno 2014
VERSO UN ORIZZONTE
MISSIONARIO COMUNE
SABATO 21 GIUGNO 2014
DOMENICA 22 GIUGNO 2014
5
VERSO UN ORIZZONTE
MISSIONARIO COMUNE
SABATO 21 GIUGNO 2014
12.30 Arrivi e sistemazioni
13.00 Pranzo
15.30 Missio ad gentes: i segni dei tempi in un mondo che cambia
con Padre Giulio Albanese, missionario comboniano e giornalista
16.30 2014: anniversario della Ricostituzione della Compagnia di Gesù
con Padre Miguel Coll, gesuita docente di Storia Ecclesiastica
alla PUG
18.00 Laboratori
1) Cooperazione internazionale
guidato da Padre Guglielmo Pireddu, Operazione Africa
2) Conflitti e migrazioni
guidato da Berardino Guarino, Centro Astalli
3) Volontariato e cittadinanza
guidato da Nicoletta Retico, Volontari Terzo Mondo
20.00 Cena
21.00 Veglia missionaria
DOMENICA 22 GIUGNO 2014
9.00 Relazione di Padre Nicola Gay, Presidente MAGIS
9.45 MAGIS: impegno attuale e prospettive
10.45 Elezione di due componenti del nuovo Consiglio
Amministrazione del MAGIS
12.00 Santa Messa celebrata da Padre Carlo Casalone,
Provinciale della Compagnia di Gesù
13.00 Pranzo
L'assemblea si svolgerà a Roma
presso la Casa di Esercizi spirituali dei Ss. Giovanni e Paolo
- Padri Passionisti, Piazza Ss. Giovanni e Paolo, 13
6
per INFORMAZIONI e ISCRIZIONI
Tel. 06/69700327
E-mail: [email protected]
• FACILE
Nel tuo modello per la dichiarazione dei redditi (CUD, 730 o
UNICO) scegli l’area dedicata al “Sostegno del volontariato
e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale”.
Inserisci la tua firma e il nostro codice fiscale 97072360155
• A COSTO ZERO
Non spendi un euro in più! Indicando il codice fiscale del
MAGIS sarà versato dallo Stato al MAGIS il 5 per mille della
tua Irpef, senza che venga modificato l’importo totale.
• 5X1000 E 8X1000 SONO DUE COSE DIVERSE
Donare il 5X1000 è un’azione distinta e non alternativa al
8X1000.
• UTILE
Il tuo 5 per mille servirà per finanziare i progetti dei
gesuiti missionari
7
Progetti
Emergenza
Siria
I NUMERI DELL’EMERGENZA
• 9,3 milioni di persone in Siria sono bisognose di assistenza umanitaria
• 7 milioni di persone sfollate di cui 2 milioni sono i rifugiati all’estero
(per tre quarti donne e bambini)
• Un migliaio di scuole sono utilizzate per alloggiare gli sfollati, le altre
hanno subito danni gravi
• Un terzo degli ospedali è stato distrutto
• La moneta che ha perso l'80 per cento del suo valore
• L a fornitura di acqua è diminuita del 50 per cento
• Bambini, donne e uomini continuano ad essere intrappolati, affamati
e stanno perdendo speranza e fiducia nella comunità internazionale
• I vari tentativi politici di dialogo e pacificazione risultano ad oggi
fallimentari.
8
Fonte: Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati
IL NOSTRO ATTUALE IMPEGNO
Centro Psicosociale ad Antiochia in Turchia
“Dal sogno alla realtà”
Nella zona di Hatay/Antiochia, a Sud della Turchia, sono circa 50.000 i siriani rifugiati che vivono in condizioni difficili. È là che il MAGIS sta sostenendo la realizzazione e le attività di un Centro Psicosociale ed Educativo
con l’obiettivo di istituire e formare un team di operatori in grado di attivare
un intervento integrato.
La strategia è agire direttamente con i bambini rifugiati insieme alle loro famiglie, attraverso attività psico - educative, ricreative, artistiche e sociali, finalizzate alla riabilitazione e alla riduzione delle crisi, allo sfogo della
tensione e dell’ansia accumulata dalla situazione di conflitto, promuovendo
così il reinserimento di bambini e giovani nella società turc a.
Le attività formative non formali realizzate e proposte ai bambini cercano
anche di colmare la lacuna scolastica dovuta al divieto che i bambini siriani subiscono nell’accesso alla scuola turca.
OBIETTIVI
• Istituzione e formazione del team
Il team è stato istituito con successo e come responsabile è stato incaricato un diplomato all’università per counselling psicosociale. Tutto il team
è stato fornito di formazione specifica sulle attività da svolgere nel centro.
• Realizzazione e attività del
Centro Psicosociale
L’identificazione della locazione del centro è come appariva il Centro prima
stato un punto chiave del progetto. Sono state degli interventi di ristrutturazione
visitate e consultate le famiglie rifugiate, per
scegliere il luogo di più facile accesso per
loro. Grazie al processo di consultazione è
stato individuato un luogo sufficientemente
vicino alle case dei bambini.
Dopo lunga e laboriosa ristrutturazione
dei locali, il centro ha aperto ufficialmente a
gennaio 2014. L’apertura è stata celebrata
con una settimana di attività volte a facilitare
la registrazione dei partecipanti e ad introdurre i bambini e le loro famiglie al Centro.
I genitori erano stati invitati alla merenda,
per dare loro la parola e discutere sul programma e finalità del Centro, mentre i bambini cantavano, giocavano e facevano
conoscenza gli uni degli altri, guidati dagli
9
un interno del Centro prima della ristrutturazione
animatori del team. Le attività del centro sono state lanciate la settimana
successiva con leggere modifiche ad integrazione delle osservazioni fatte
durante la prima fase di avvio.
Ad oggi, il Centro funziona con due sessioni parallele dalle 10 alle 14.30,
ogni giorno, da lunedì a giovedì. Una sessione per bambini dai 7 ai 9 anni,
l’altra per bambini dai 10 ai 13. Ogni gruppo fa prima 45 minuti di sp ort,
poco più di un’ora di attività di studio, centrate su matematica e lettere.
una delle sale, lunimosa e accogliente, com’è oggi
10
Molti di questi bambini son da
tre anni fuori dal sistema scolastico ed hanno così perso l’abitudine al ritmo dell’attività in
classe. Infine, vengono svolte 2
ore di attività artistiche come
veicolo per esprimere se stessi e
per sviluppare le loro abilità di
comunicare le emozioni e situazioni di vita. Ogni giorno è presentata una disciplina differente
per stimolare la creatività dei
bambini. Di saba to il Centro è
frequentato da ragazzi tra i 13 e
17 anni che, durante la settidopo la ristrutturazione
mana, rimangono a casa ad aiutare i parenti. A loro sono
proposte attività e laboratori per rinforzare la fiducia, condividere e discutere sulle loro esperienze. Tra le proposte: lezioni di inglese, corsi sulla letteratura araba, sessioni di attività fisica e artistica.
In Siria
l’emergenza non è finita
Il Centro, anche grazie al tuo contributo, è ora attivo ma ha bisogno di tutto
il nostro sostegno per continuare le attività.
Sostieni
l’EMERGENZA SIRIA,
aiutaci a diffondere l’appello!
•
c/c postale 909010 intestato a MAGIS Movimento e Azione Gesuiti
Italiani per lo Sviluppo, Via degli Astalli, 16 - 00186 Roma
•
c/c bancario presso Intesa Sanpaolo, Via della Stamperia, 64
- 00187 Roma
IBAN: IT 07 Y 03069 03200 100000509259
intestato a
MAGIS Movimento e Azione Gesuiti Italiani per lo Sviluppo,
Via degli Astalli, 16 – 00186 Roma
CAUSALE: EMERGENZA SIRIA
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Siria terra di martirio
di P. Pio Adami S.I.
L
12
a data di lunedì 7 aprile 2014 resterà nella mia memoria fin tanto che il
Signore mi darà di poter ricordare qualcosa. Il mattino di quel giorno è
stato freddamente assassinato P. Frans van der Lugt, compagno di 4
anni di Teologia a Lyon Fourvière in Francia e compagno di Ordinazione.
Data ben triste, simile a quel giorno del settembre 1987, quando un altro
compagno di Teologia P. André Masse, venuto in aiuto all'Università SaintJoseph, fu assassinato nel Sud del Libano. Non occorre che io qui rievochi
il passato di P. Frans in Siria, dove era arrivato nel 1966 né il suo impegno
a Homs, dove la sua vita ha avuto così brutalmente termine. Tutti ne hanno
immediatamente parlato quel 7 aprile. La notizia si è diffusa subito nel
mondo intero e ha suscitato forte emozione e vive reazioni. Quali ragioni
trovare per un tale atto, se non l'assurdità che appare nelle azioni umane?
Era rimasto nella residenza dei Gesuiti di quella città, anche quando la situazione s'era fatta più difficile, tra l'altro per la difficoltà di trovare di che
mangiare. Era intervenuto poche settimane prima con un video per segnalare che i morti per fame in quel quartiere circondato erano ormai otto. Della
sua presenza aveva detto: “Non vedo mussulmani o cristiani. Vedo innanzitutto esseri umani. Qui sono il solo prete e il solo straniero, ma
non mi sento straniero. Sono il superiore della residenza. Come potrei
abbandonarla e partire? È impossibile”.
Per parte mia, voglio ricordare P. Frans come l'ho conosciuto, quando ci
siamo ritrovati entrambi nel settembre del 1968 allo scolasticato di Lyon
Fourvière, per iniziare insieme i 4 anni di teologia. Faceva parte di quei confratelli olandesi che erano stati inviati nei Paesi del Vicino Oriente a sostegno delle iniziative che la Compagnia di Gesù svolgeva colà. Tra quegli
olandesi c’era anche P. Peter-Hans Kolvenbach che è stato Superiore Generale della Compagnia di Gesù.
Alto di statura, intelligente, P. Frans aveva trovato presto un suo posto nello
Scolasticato, con amici che riuniva attorno a sé, facendosi stimare dai professori. Tra noi 3 anni di differenza di età: era entrato un anno prima di me
in Noviziato. I suoi interessi, la sua origine e destinazione erano assai diverse dalle mie - io fui destinato al Ciad - per cui non l'ebbi tra i confratelli
più vicini, il che poco importa. All'ordinazione siamo arrivati in 25 quell'anno:
io sono stato tra i 19 ordinati nella bella cattedrale gotica di Lyon Saint-Jean,
il 3 luglio 1971. P. Frans è stato ordinato sacerdote il 29 maggio 1971,
credo, in Olanda. Nel quarto anno di Teologia P. Frans ha iniziato un studio
particolare sull'immagine del prete sposato e del prete celibe nella comunità
maronita libano-siriaca. Lavoro che è diventato una tesi per ottenere nel
1976 il dottorato 3ème cycle di Psicologia dell'università di Lyon II (si può
trovare questa tesi in formato PDF in internet). Finita la Teologia nel 1972,
non abbiamo più avuto l'occasione di vivere insieme altri periodi della nostra vita. Ho potuto rivederlo di persona solo per poche ore a Lyon, rue Sala,
dove ci siamo trovati entrambi per caso di passaggio. Nel 40° della nostra
Ordinazione sacerdotale ci siamo scambiati gli auguri con sms tra quanti ci
siamo potuti ancora ritrovare, sparsi nel mondo. P. Frans è il primo defunto
della nostra promozione, testimone, martire di fede e di fratellanza.
S
ono ormai 10 mesi,
da fine luglio 2013,
e finora è stato osservato il silenzio, che P.
Paolo Dall'Oglio S.I. è
scomparso mentre si trovava nel Nord della Siria
e non si sa dove sia.
Dopo che per trent'anni e
fino alla sua espulsione
dal monastero di Deir
Mar Musa, il 12 giugno
2012, poi trasferito a Sulaymanya, nel Kurdistan
iracheno, nella nuova
fondazione monastica di Deir Maryam el Adhraha, ha vissuto e lavorato
nel suo Paese d'adozione in nome del dialogo islamo-cristiano. P. Dall'Oglio
non è il solo in questa condizione: altri religiosi cristiani sono stati rapiti in
Siria: tra di loro, due vescovi di Aleppo, il siro-ortodosso Mar Gregorios
Ibrahim e il greco-ortodosso Paul Yazigi, rapiti anch’essi da un anno. Da
mesi sono in corso contatti a vari livelli in Siria e all'estero per la loro liberazione. Fonti che chiedono di rimanere anonime e che non possono essere
verificate, precisano recenti “notizie confortanti sullo stato in vita di P. Dall'Oglio" ma che "su questo non vi era e non vi può essere alcuna certezza
assoluta, vista la difficoltà di penetrare la struttura che lo tiene prigioniero".
Ci uniamo anche noi all’appello - lanciato dal prof. Riccardi su AVVENIRE il
15 maggio scorso - di quanti chiedono un impegno più deciso e intelligente
alla comunità internazionale, ai Paesi influenti nella situazione siriana e alle
forze in campo. Soprattutto i rapitori riflettano sulla loro responsabilità e si
liberino dalla spirale di odio di cui sono prigionieri"."
13
Sri Lanka
Storie di straordinaria speranza
di Sabrina Atturo
C
handra, 40 anni, membro dell’Associazione Heroic Mothers (sostenuta dal MAGIS) del villaggio di Malhawa, ha perso il marito 6 anni fa
in seguito ad un incidente stradale. Fino a quel tragico momento, il
marito lavorava come operario edile, provvedendo al pieno sostentamento
della famiglia e all’istruzione dei figli. In seguito all’incidente, Chandra si è
trovata sola con due figlie minorenni, esclus a dal contesto sociale, senza
diritti e dignità. Con tanta forza d’animo ha cominciato un piccolo lavoretto
come operaia presso una fattoria, per due giorni a settimana, guadagnando
in media 5.000 Rs/mese. Nel giro di pochi mesi, altri lutti hanno colpito la
sua famiglia, ritrovandosi in poco tempo senza sorella e padre. Sola e con
grandi difficoltà economiche, il progetto del MAGIS le ha garantito un contributo economico con cui ha potuto pagare alcuni operai, ripulire circa
5.000 mq di terra del suocero ed avviare così una piccola piantagione di
tè e cannella che ora le rendono circa 30.000 Rs/mese. Ad oggi, è riuscita
a garantire alle figlie un’adeguata formazione scolastica e ad aiutare altre
donne, offrendo loro piccoli lavori presso la sua piantagione.
14
Anula, 32 anni, dopo la morte del marito, ha dovuto lasciare i propri figli ai
nonni, recarsi all’estero (in Medio Oriente) nella speranza di trovare un lavoro adeguato a poter contribuire ai bisogni della famiglia. I nonni, attraverso il prestito garantitogli dall’Associazione Heroic Mothers e grazie ai
soldi inviati dalla madre dall’estero, hanno potuto comprare una mucca e
due vitelli per la produzione di latte e yogurt utile al fabbisogno della famiglia e ad una piccola vendita a domicilio. La nonna, mamma della vedova, sostiene che prima del progetto le loro entrate erano inferiori a 3.000
Rs al mese ora, con la vendita del latte e derivati riescono a guadagnare più
di 6.000 Rs al mese.
Tutto questo è possibile, grazie all’Associazione Heroic Mother, sostenuta economicamente dal MAGIS che, presente in diversi villaggi dello Sri
Lanka, garantisce prestiti e microcredito al tasso di interesse dell’1%
alle vedove che ne fanno richiesta. Chandra è così riuscita a ripulire il terreno per impiantare una piantagione di the, Monika e Kamala sono riuscite a sostenere la formazione scolastica dei propri figli, Chamila è riuscita
a comprare uno stock di stoffa a Colombo e rivenderla al dettaglio presso
il proprio villaggio.
L’Associazione, oltre all’aspetto economico più evidente, aiuta le donne a
ritrovare fiducia e stima, ad acquisire consapevolezza dei problemi, a lottare contro l’esclusione sociale e veder valorizzare il loro ruolo all’interno
della comunità.
Dona speranza ad altre donne vedove
dello Sri Lanka
Contatti per il Sostegno a Distanza
Tel. 091 332213
Email [email protected]
15
la tua festa continua… nella solidarietà
Ti stai per sposare?
Pensa che il giorno più bello della tua vita può essere
una data importante
anche per chi nel mondo combatte
ogni giorno per vivere.
Scegli di sostenere i progetti in Africa,
quando festeggi il tuo matrimonio
e tanti altri eventi speciali:
comunioni, cresime, lauree, battesimi, compleanni...
Puoi scegliere:
• Bomboniera con confetti
• Pergamena
• Donazioni libere per specifici progetti
Per maggiori informazioni contattare: Benedetta Farina
Tel: 091 332213 - E-mail: [email protected]
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57 milioni di bambini non hanno
accesso all’istruzione, mentre
circa un terzo di quelli che frequentano la scuola non ottengono
risultati adeguati di apprendimento. Nei paesi in via di sviluppo
sono i bambini disabili quelli maggiormente esclusi da un’educazione di qualità. La mancanza di
attenzione alla qualità dell'istruzione e di una scuola che arrivi ai
più marginalizzati ha contribuito a
una crisi dell'apprendimento che
richiede urgente attenzione.
In tutto il mondo, 250 milioni di bambini - molti dei quali provenienti da
ambienti svantaggiati - non stanno imparando l'alfabeto, e neanche le
nozioni di calcolo. In Africa circa la metà degli studenti che terminano la
scuola primaria non hanno neanche imparato a leggere e scrivere.
È l’educazione inclusiva il tema della Global Action Week che il MAGIS,
membro della Coalizione Italiana della Campagna Globale per l’Educazione, ha promosso anche quest’anno dal 4 al 10 maggio. Centinaia di studenti e studentesse in tutta Italia si sono uniti alla grande mobilitazione
globale riflettendo e realizzando delle attività sul tema della campagna.
La povertà, il genere, la zona di residenza, l'etnia, le disabilità e altri fattori
si traducono in minori opportunità di ricevere un supporto adeguato per migliorare il grado di istruzione e diventano fattori di esclusione. Occorre
un’educazione inclusiva per promuovere il riconoscimento del bisogno di lavorare verso una scuola adatta a tutti che celebri le diversità, supporti l’apprendimento e risponda ai bisogni individuali. Il messaggio di quest’anno:
“Equal Right Equal Opportunity”, si concentra sulla relazione tra disabilità ed educazione, mettendo in luce le sfide che i bambini con disabilità
devono superare per rivendicare il diritto all’istruzione. Essere disabili,
in alcuni paesi, raddoppia la probabilità di non accedere al sistema educativo rispetto agli altri bambini. Mentre per coloro che riescono ad accedervi,
la qualità dell’istruzione offerta, spesso in scuole separate, può aggravare
ulteriormente i fenomeni di esclusione confermando i già esistenti pregiudizi sociali sulla disabilità. Strutture educative non adatte alle necessità dei
bambini con disabilità, investimenti troppo alti, formazione specifica degli
insegnanti, cultura e comportamento sociale rappresentano potenti strumenti di marginalizzazione dei bambini disabili dei paesi in via di sviluppo,
sia dentro che fuori dall’ambito educativo.
Per garantire la qualità dell’apprendimento ed una maggiore equità è necessario concentrare gli sforzi verso i gruppi più poveri ed emarginati e, per in
questo verso, il processo di definizione della nuova agenda di sviluppo
post-2015 dovrà essere in grado di offrire un’opportunità fondamentale per
far fronte alle sfide esistenti e promuovere un orientamento dei sistemi di
istruzione verso un modello di inclusione.
Coalizione Italiana della Campagna Globale per l’Educazione (CGE-IT)
www.cge-italia.org/equalrightequalopportunity
17
Italia
Campo MAGIS in Benin
di Alberto Patella
V
18
enerdì 9 Maggio i partecipanti al progetto estivo del MAGIS in Benin
si sono incontrati per la prima volta negli edifici adiacenti la chiesa di
San Saba. Con provenienze diverse, accenti diversi, e diverse aspettative, hanno presto imparato a conoscersi. Il gruppo, dodici in tutto, verrà
guidato da padre Renato Colizzi.
Ciò che ha colpito fin da subito è stato l’approccio al tema del viaggio, sul
si gnificato dell’essere missionari. Più che un semplice elenco di precauzioni e informazioni da tener presente in Benin, i tre giorni di precampo a
Roma sono stati un’occasione di ricerca personale e confronto sulle spinte
interiori che hanno portato ciascuno ad intraprendere una tale percorso.
“Preparatevi al non preparabile” è stato il motto ricorrente.
Le giornate sono per lo più trascorse tra momenti di spiritualità, condivisione (anche in gruppi di studio) e l’ascolto testimoniale di altri missionari.
Quello che ha colpito maggiormente è stata l’eterogeneità delle esperienze
emerse, sintomo di una grande sensibilità al tema della scoperta inter-culturale, e la disponibilità all’ascolto reciproco, oltre che una sana dose di allegria: un buon punto di partenza per chi dovrà passare ventiquattro giorni
a stretto contatto. Il secondo giorno, ai dodici partecipanti si sono aggiunti
altre persone, anche semplicemente interessate alla tematica della missione.
I principali nuclei argomentativi emersi hanno riguardato lo schiavismo, il
colonialismo, e le conseguenze in Africa che ne seguirono, in particolare nel
Benin. Calzante è stata la lettura dell’intervento all’università “La Sapienza”
che fece Joseph Ki-Zerbo nel 2002. Un discorso ricco di spunti filosofici
e antropologici, che ha ripercorso con umanità secoli di storia africana.
Parallelamente, una chiave più spirituale, favorita dalla lettura della babele
biblica e del viaggio di Abramo, ha rivelato la dimensione trascendente della
“missione”, necessaria affinché ogni esperienza possa risuonare con genuinità nella vita di un intento missionario e, quindi, come sia importante un silenzio interiore costante, accompagnato da momenti di condivisione, per
rendere dodici persone appena conosciute, una comunità aperta al nuovo.
Appunto “l’altro” è stato un concetto ricorrente nelle esposizioni dei vari
gruppi di studio: la difficoltà di saper conciliare le proprie strutture sociali con quelle di altri, il delicato equilibrio tra la propria storia personale e la differente realtà a cui ci si accosterà.
Infine qualche parola è stata spesa su aspetti più concreti, in particolare
sul CREC (Centre de Récherche et Creativitè), nella periferia di Cotonou.
Si è parlato delle attività che attendono i partecipanti, formando dei gruppi
tra corsi di informatica e moda, oltre che attività con bambini disabili ed
ospizi. Sarà il CREC ad ospitare i partecipanti in appositi edifici, con la possibilità, per chi vuole, di essere accolti in famiglie locali.
19
Etiopia
Educazione alla pace
in Centrafrica
I
l progetto di EDUCAZIONE ALLA PACE nasce dalla collaborazione con il
Centro Cattolico Universitario (CCU) di Banguì, centro dei PP. Gesuiti,
che si occupa della formazione dei giovani universitari, contribuendo al
loro sviluppo umano integrale.
Il progetto prevede il coinvolgimento diretto di circa 660 giovani universitari nella formazione e sensibilizzazione alla Pace fra i loro coetanei, nelle
lor o famiglie e nel Paese.
Durante l’attuazione del progetto, diversi sono gli spazi e i momenti di riflessione, promossi attraverso conferenze, dibattiti e confronti pubblici sulla
Pace, sui conflitti e sui principi della non violenza. Alla formazione diretta
si unisce il lavoro di pubblicazione dei testi informativi sui Diritti dell’Uomo
e sulla Non Violenza e la diffusione degli articoli e dei relat ivi messaggi attraverso un canale radio per raggiungere un pubblico più ampio di utenti.
20
Il MAGIS, attraverso il progetto di Educazione alla Pace, si propone così di
contribuire al difficile e complesso processo di pace nella Repubblica Centrafricana tormentata da lunghi scontri e violenza. In questa difficile realtà
il MAGIS si pone accanto alla comunità dei gesuiti di Banguì e a Padre Dorino Livraghi, condividendo l’impegno e la missione del Centro Cattolico
Universitario che vede nella formazione dei giovani al dialogo e alla ricon-
studenti e formatori partecipanti alla conferenza PACE
alle loro spalle il CCU dei Padri Gesuiti a Bangui
ciliazione la vera chiave per un futuro migliore, perché la pace, quella vera
e duratura, non si costruisce soltanto con la fine della violenza, ma con la
diffusione della cultura del rispetto, della fiducia e della fraternità.
Sostieni le diverse attività
nella Repubblica Centroafricana
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– 00187 Roma - IBAN: IT 07 Y 03069 03200 100000509259
intestato a MAGIS Movimento e Azione Gesuiti Italiani per lo Sviluppo,
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ON LINE su www.magisitalia.org
cau sale “Rep. Centroafricana”
21
Testimonianze
Repubblica Centrafricana
La lunga, lunga la strada verso la pace
di Grazia Salice
Q
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uello del Centrafrica è un popolo in fuga che non sa più dove dirigere
i propri passi alla ricerca della pace. Ma la pace, dono di Dio, può essere ristabilita dalle forze internazionali? Possono i 12.000 uomini
promessi dall’ONU diventare strumenti di pace? Che cosa sta avvenendo
nella Repubblica Centrafricana? Una catastrofe ignorata? Un silenzio complice di chi non ne vuole sentire parlare per non turbare la propria coscienza
o, peggio, per interessi economici nell’accaparramento delle risorse? Sono
domande inquietanti, ma là si sta profilando un genocidio, come ha paventato il Commissario Europeo agli Affari Umanitari, Kristalina Georgieva, in
visita a Bangui per incontrare la Presidente ad interim Catherine SambaPanza. “Il rischio che il Centrafrica diventi un nuovo Ruanda è reale ed ha
lanciato l’allarme sulla possibilità che gli scontri in corso sfocino in un genocidio”. È inutile fare tanti giri di parole: questa la realtà. E allora, parliamo
di questa tragedia ignorata dai grandi mezzi di comunicazione, perché non
passi sotto silenzio proprio da parte di chi ha lo sguardo e soprattutto il
cuore rivolto ai missionari che portano con i fratelli la croce, perché noi,
forse leggendo ed essendo informati su quanto accade, non ci lasciamo
contagiare dal rifiuto nei confronti di coloro che sono alla disperata ricerca
della pace. Mi piace in proposito ricordare, con le parole di Papa Benedetto XV, che non c’è pace senza giustizia e che non c’è giustizia senza
carità (Pio XI).
Le milizie Seleka e Antibalaka continuano a dar vita a vere e proprie vendette di sangue per antichi e recenti torti subiti, anzi la Seleka sta rinforzando i suoi ranghi, nonostante l’intervento dei soldati delle forze
internazionali e dei responsabili cattolici, protestanti e musulmani che cercano – ancora con scarsi risultati - di far collaborare popolazione e autorità per la cattura dei colpevoli di questi c rimini atroci.
Così ci ha scritto Padre Dorino Livraghi SI dalla residenza dei gesuiti di
Bangui: “Temo che le informazioni che hai su quanto avviene qui siano vere.
Senza poter dire di conoscere le cose meglio di voi, perché le radio danno
informazioni da prendere con le pinze e le voci che corrono nei quartieri
non sono per nulla affidabili, tuttavia ciò che è sicuro sono le raffiche di
mitra che spesso, giorno e notte, risuonano nei quartieri, anche molto vicino
a noi. Due volte, di primo mattino, abbiamo visto arrivare una folla dalla
città, che ha deposto dei cadaveri di persone uccise nei quartieri davanti alla
"Primature", la residenza del Primo Ministro che è dall'altra parte della
strada. Una forma di protesta, forse, o un invito alle autorità perché si diano
da fare un po’ di più! In questi giorni le notizie tragiche ci giungono da più
lontano, da Kaga Bandoro, da Batangafo ... decine di morti ... bande armate che fanno irruzione e uccidono senza discriminazione donne, bambini, anziani. E' impressionante toccare con mano quanto in basso l'uomo
può precipitare, quando si lascia impregnare dall'odio, dallo spirito di vendetta o dal disprezzo (religioso) dell'altro. Mai si sarebbe pensato che cose
simili potessero accadere. Ma da sempre accadono e la storia non sembra
insegnare gran che. Che la Pasqua del Signore ci apra un po’ gli occhi e ci
dia di entrare nel senso profondo della preghiera che Gesù ci ha insegnato:
'Padre Nostro ...'. Tutti, anche quelli che sono di un'altra razza, che praticano un'altra religione, che ci fanno del male, sono fratelli e sorelle nostri,
tutti son o da amare e da servire. Ma ci vuole una grossa spinta dello Spirito Santo, per entrare i queste prospettive, soprattutto quando la tua casa
è stata sfasciata da coloro che ti stanno di fronte, che delle persone care
sono state massacrate...”
Una testimonianza che dà voce al conflitto taciuto
Mons. Franco Coppola, la cui nomina a nunzio apostolico nella Repubblica Centrafricana è del 31 gennaio scors o, ha detto: “… non c’è giorno
che non venga comunicato il triste bilancio di morti e feriti. La violenza non
risparmia sacerdoti e religiosi che operano in quell’area e che hanno scelto
di restare accanto al popolo”. È lo stesso mons. Coppola a confermare del
sequestro durato quasi 24 ore durante la Settimana Santa, del vescovo di
Bossangoa, mons. Desiré Nestor Nongo Aziagbia, e dell’uccisione di
un sacerdote della stessa diocesi il Giovedì Santo, l’abbé Christ Formane
Wilibona, da parte di uomini armati, vicini alla Seleka.
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Tre uomini in cammino…
Fatto il giro prima del Centrafrica e aver poi toccato New York e Parigi,
mons. Diedonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, il reverendo Niclas Guerekoyame Gbangou, capo delle Chiese protestanti del Centrafrica e il presidente della Conferenza islamica centrafricana, l’imam Omar
Kobine Layama, i “tre santi del Centrafrica” - come li ha definiti il quotidiano francese Le Monde - sono giunti a Roma per incontrare il Pontefice, pellegrini e testimoni di che cosa sta accadendo nel loro Paese dove
– affermano - non si sta combattendo una guerra di religione, ma un conflitto per il controllo del potere. “Noi siamo qui, insieme, - ha ribadito
l’imam Omar Kobine Layama - per dimostrare che la responsabilità di
questa guerra non è da attribuire alle divisioni religiose, ma a milizie
quali Lra (Esercito di Resistenza del Signore di Joseph Kony), la Seleka e
gli Antibalaka.” "Abbiamo soltanto parlato a nome del popolo centrafricano
che non ha voce. Più che a noi tre, il riconoscimento deve andare ai nostri
fratelli e sorelle che sopravvivono in una situazione drammatica. C'è poco
da essere orgogliosi, vista la crisi - ha dichiarato mons. Diedonné Nzapalainga, presidente della Conferenza Episcopale Centrafricana, di ritorno a
Bangui - denunciando che i soldati dei vari contingenti africani della
Misca (Missione Internazionale di Sostegno al Centrafrica) sembrano proteggere più i confini dei loro Paesi, che l’ordine pubblico nel Paese.
È evidente, i soldati del Ciad sono a Nord, quelli del Camerun sono a Ovest,
lungo il confine con il loro Stato, così come quelli del Congo Brazaville e
della Repubblica Democratica del Congo”. E proprio il presidente del Ciad,
Idriss Deby, ha chiuso la frontiera con il Centrafrica, promettendo di aumentare in modo consistente il contingente militare per proteggere la popolazione nella zona ed evitare infiltrazioni di combattenti.
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L’Arcivescovo di Bangui segnala anche il rischio di traffici illeciti: “La
prossimità di queste truppe con i loro Paesi, può incoraggiare il commercio illegale di risorse minerarie al di fuori delle nostre frontiere”. I diamanti
continuano a raggiungere i mercati internazionali attraverso i paesi vicini.
E come altre risorse minerarie alimentano il conflitto e fanno sì che sia
versato sangue innocente.
L’8 aprile a Bangui ci sono stati incontri di preghiera e riunioni per tutte le
comunità religiose: nella cattedrale cattolica, nella grande moschea e nelle
chiese protestanti. Si stanno anche promuovendo le “scuole di pace”, dove
far studiare bambini di religioni diverse, e centri sanitari misti aperti a tutti,
senza distinzione di religione o di etnia. Il nostro è un Paese – ha aggiunto
il pastore Niclas Guerekoyame Gbangou – in cui cristiani e musulmani
convivono in pace, da secoli.
E gli aiuti non arrivano a chi ha bisogno
“Gli aiuti donati alla Repubblica Centrafricana meriterebbero il premio del
denaro che non arriva dove dovrebbe arrivare - ha dichiarato in un’intervista, ripresa dall'agenzia Fides, un missionario carmelitano che da anni
opera nel Nord centrafricano, su come vengono impiegati i fondi donati
dalla comunità internazionale al martoriato Paese africano. - La società civile non ha mai avuto un vero controllo degli aiuti e di conseguenza non ha
mai visto il colore di questi soldi”. La maggior parte dei fondi stanziati per
aiutare la popolazione stremata dalla guerra civile finisce così “nelle tasche
di persone che non ne hanno assolutamente diritto”. Nel Paese sono presenti militari francesi dell’operazione Sangaris e quelli africani della missione Misca, ma i centrafricani sospettano che queste truppe, più che
difendere le popolazioni locali, siano incaricate soprattutto di proteggere gli
interessi economici dei rispettivi Paesi di appartenenza.
Mentre nel palazzo di vetro si discute, in Centrafrica si muore
L’obiettivo dei ribelli è quello di rovesciare l’attuale governo e imporre un regime di impronta islamica. Sono jihadisti, probabilmente pagati da qualcuno dall’esterno - ha detto il Vescovo di Bangassou Mons. Juan José
Aguirre Muños – e la situazione è molto simile a quella del Mali, ma il Centrafrica non sembra allarmare il mondo allo stesso modo. Mentre il governo
e le forze internazionali autorizzate dall’Onu si rilanciano la palla tra loro, il
popolo continua a morire ogni giorno sotto i colpi dei boia. Così i vescovi,
in un messaggio della Conferenza episcopale, che chiedono interventi
urgenti in materia di sicurezza, protezione dei cittadini, aiuti agli sfollati e
difesa delle risorse naturali. “Gli assassinii e gli abusi sono compiuti nella
totale impunità, aggiungendo che la Repubblica Centrafricana è divenuta una grande prigione a cielo aperto dove la libertà di movimento è
negata, proprio come la libertà di parola”.
Nel disinteresse della comunità internazionale, la crisi dimenticata ha già
provocato la morte di più di duemila persone, continuano ad aggravarsi
le condizioni di vita di circa 838.000 sfollati interni, mentre i centrafricani
fuggiti oltreconfine sono ormai più di 245.000. Oltre 130.000 persone sono
fuggite in Camerun, 76.000 in Ciad. In tanti muoiono di fame durante la
fuga. Un quarto di loro sono bambini con meno di 4 anni.
L’Onu ha chiesto di inviare fino a diecimila caschi blu, promettendone
12.000 entro settembre. Dal colpo di stato compiuto nel marzo 2013 dai
miliziani islamici, tutta la Repubblica Centrafricana è teatro di violenze che
hanno anche costretto alla fuga dalla capitale Bangui più di 13.000 musulmani, terrorizzati dalle rappresaglie degli anti Balaka e trasferiti sotto
scorta internazionale nel Nord. Nella Repubblica Centrafricana, divisa tra
milizie islamiche e cristiane, è l’ora delle rappresaglie.
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una giovane donna musulamna
durante l’evacquazione da Bangui
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La forza della fraternità contro la violenza
Che cosa stanno facendo i cristiani, per impedire questa fuga in massa dei
musulmani, per contrastare la spaccatura del Paese: a Nord i musulmani,
a Sud i cristiani? «Abbiamo aperto – ha risposto mons. Diedonné Nzapalainga - le nostre chiese, a Berberati, a Carnot, a Baoro, a Bangui, un po’
in tutto il Paese, li abbiamo ospitati nelle nostre case per garant ire la loro
sicurezza. A Boalì ho assistito a scene davvero toccanti: i cristiani portavano acqua e cibo ai musulmani sfollati e in fuga dalle persecuzioni. E loro
ringraziavano. Io li ho invitati a restare insieme a noi, nello spirito di convivenza pacifica che ha sempre caratterizzato il nostro Paese. Quando è passato il camion però molti se ne sono andati lo stesso, avevano troppa
paura. Perché la nostra gente resti qui e chi sta fuggendo ritorni, dobbiamo
creare le condizioni, dirci la verità, raccontarci cos’è successo e chi si è
reso colpevole di questi crimini. Solo così potremo guarire le ferite delle
vittime. Se no vivremo per sempre nell’odio. Come tenta di fare Be-Oko, la
radio che da Bambari parla a cristiani e musulmani, lanciando messaggi
di riappacificazione, tolleranza e convivenza pacifica. Originariamente cattolica, la radio è diventata multiconfessionale per volontà del vescovo,
mons. Eduard Mathos che ha chiesto a turno ai leader delle diverse confessioni religiose di prendere il microfono per evitare che le violenze in corso
in altre parti del Paese si diffondano anche nella zona. Ma i ribelli Seleka
hanno portato via tutto! Insieme, le tre comunità, cattolica, musulmana e
protestante, mettono a disposizione il carburante per i generatori che forniscono energia alla radio, unica emittente della città e del circondario, che
trasmette solo due ore al giorno.
Ciad
Da un osservatorio
privilegiato nel
cuore dell’Africa
di P. Corrado Corti S.I.
Q
uello che sta accadendo in vari paesi
africani sono avvenimenti importanti
e piuttosto tragici: è la guerra! Devastazione di vite umane, gruppi o popolazioni
intere che fuggono da città e villaggi, gente
in preda al panico, gente che lascia quei pochi averi di miseria e si ritrova
lontana da casa, spogliata di tutto, senza saper che cosa fare e come ricominciare a vivere. È il caso tipico della Repubblica Centro Africana da
dove arrivano i profughi fino a noi, qui in Ciad. È il caso del Sud Sudan
dove questo si è già verificato con fasi alterne di maggior o minore gravità.
C’è poi il caso di quanto capita nello stato gigante della Nigeria: 160 milioni
di abitanti! Là la realtà è completamente differente, ma quanto continua a
ripetersi in casi isolati e delimitati è altrettanto - se non più - inquietante e
inaccettabile. Il gruppo terrorista Boko Haram compie delle azioni di una efferatezza impensabile. Di tutto questo voi in Italia potete avere delle notizie
aggiornate e precise (date, luoghi e cifre di morti) grazie a giornali come
l’Osservatore Romano o l’Avvenire che trovano normale e giusto parlarne,
anche tutti i giorni, dare notizie dettagliate che altri giornali giudicano ormai
troppo frequenti e dunque inutili da riferire. Per far conoscere, per provocare
almeno un appello alle istanze interazionali, le sole capaci di mobilitare i
governi e le forze necessarie per risolvere i problemi di tali abomini, almeno
per le conseguenze immediate, ci voleva il rapimento di 278 ragazze, minacciate di essere vendute come schiave: un crimine contro l'umanità.
Papa Francesco ha invitato i cristiani a lottare contro l’indifferenza alla sofferenza di quanti sono lontani.
Ondate successive di profughi centrafricani si sono riversate in Ciad
per fuggire la morte o situazioni di tensioni pazzesche. Una parte di
loro sono stati accolti, e in parte soccorsi, in alcune città del Sud del Ciad:
Doba, Mundu, Sarh. La maggior parte sono arrivati fino alla capitale, N’djamena a 800/900 Km dalla frontiera, trasportati su dei camion, inviati dalle
autorità. Alcuni si domandano come mai queste azioni di soccorso. Nelle
città del Sud la presenza di questi rifugiati ha creato inquietudine e un po’
di malessere. Ma bisognava farlo ed è bene che sia così. La gente che si
vede obbligata ad accoglierli è un po’ inquieta per un clima di poca sicurezza che si sta in parte degradando. Nelle ultime settimane i casi di furti a
mano armata sono aumentati: tre delle parrocchie di Sarh hanno subito dei
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furti a mano armata, fortunatamente non gravi. Non
manca chi sta approfittando della situazione.
Negli ultimi giorni di gennaio alcuni scritti di P. Dorino Livraghi esprimevano
bene come, in questi momenti di disordine, la gente
semplice ma ignorante
possa lasciarsi strumentalizzare e compiere atti di apparente
difesa
contro
aggressioni reali, provocate, che avranno poi conseguenze molto gravi nel
futuro per chi le ha compiute, mettendolo in posizione di debolezza. Gli
interventi delle Organizzazioni interazionali (ONU,
ALTO COMMISSARIATO
PER I RIFUGIATI, UE, nonché l’Esercito Francese)
sono i benvenuti per il momento, ma le vere soluzioni
sono ancora difficili e lontane nel tempo.
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Una nuova missione a Sarh
A questo punto aggiungo qualche mia notizia. Salutati i Gesuiti di Gallarate, dove ho potuto passare dei mesi di convalescenza gradevoli e di cui
serbo grande riconoscenza, sono rientrato in Ciad con l’incarico di Padre
Spirituale del Collegio Charles Luwanga di Sarh e ministeri diversi.
Quest’anno siamo in dodici gesuiti qui a Sarh, di cui otto giovani scolastici
con un’età media di 25 anni, due Padri di 48 e 56 anni e il sottoscritto con
un’età piuttosto avanzata, unico bianco del la comunità che si riunisce ogni
giorno a tavola, due volte, e in chiesa al mattino per la messa quotidiana dei
giorni feriali. Mi hanno accolto tutti con tanta buona volontà; la stessa di cui
mi sono armato io e che chiedo al Signore di non lasciarmi mancare ogni
giorno. Non solo sono cosciente dei miei limiti, ma mi domando se sarò in
grado di accettarli serenamente e con fiducia. Mi aiuta la lettura e meditazione dei passaggi, numerosi e luminosi, degli scritti di San Paolo che
vanno tutti e in modo incalzante nello stesso senso: che cosa vuoi essere?
Che cosa vuoi fare? Apostolo di Gesù Cristo? Ebbene sappi che quando
fai l’esperienza della tua fragilità e debolezza umana, è allora che sei forte.
Ho potuto già constatare la giustezza di questa maniera di vedere. Dunque avanti con coraggio e senza false mosse ... Chi conduce è un Altro!
Il lavoro da fare è importante e vasto. I ragazzi e le ragazze del Collegio
Liceo sono 1070! Le classi vanno dalla Sesta (prima media) alla Terminale
Sarh
il Liceo Collegio
Charles Lwanga
(classe della maturità). Quando alle 12 e 30 vedi i giovani uscire dalle aule
e disperdersi nelle varie direzioni della città, ti rendi conto che lo spettacolo
è imponente: sono tutti in uniforme; un terzo di loro dispone di una bicicletta per gli spostamenti. Hanno l’aria un po’ spensierata, sorridente e
scherzano volentieri; sembrano aver fiducia nella vita. Mi sento portato a
stare in mezzo a loro, incoraggiando, incanalando, sostenendo. Ho potuto
già partecipare a due ritiri, dal sabato sera alla domenica mattina, di gruppi
di 75/80 giovani che nel tempo di quaresima sono continuati ogni settimana. Ho preso contatto con un gruppo di giovani volontari dal nome di
“Tar-i-ra” (Significato del nome: l’amore vero dov'è?) che mi ha confortato
e lasciato sperare.
Là dove mi porta il cuore
Ho potuto anche andare a passare tre giorni nella parrocchia di Bekamba
dove ho vissuto gli ultimi 18 anni del mio soggiorno in Ciad. Ed anche due
giorni nel Centro di formazione di Famiglie di catechisti dove un gruppo di
10 famiglie, comprendenti moglie e bambini, stanno seguendo un corso di
formazione agricola e catechetica della durata di due anni.
Il progetto delle Scuole Comunitarie
A Bekamba ho trovato gli attori e animatori delle Scuole Comunitarie; una
ventina di scuole create e prese in carica dai genitori degli allievi, più di
6.500 scolari e un centinaio di maestri nonché due animatori e il Coordinatore dell’insieme. Tutto va avanti e c’è tanto lavoro ben fatto in un mare
29
una classe di una scuola comunitaria
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di bisogni umani ai quali si cerca di rispondere. Che dire? L’impressione
più forte è che questo mondo dell’istruzione, dalle scuole elementari ai collegi e Licei fino all’aiuto fornito ad alcuni che continuano gli studi universitari, costituisce un settore di attività di sviluppo umano personale e
sociale che resta, in questo momento, il più favorevole per rispondere a
una delle loro attese più forti: arrivare ad avere una parte attiva nella vita del
paese. Aggiungo che la scuola francese, quando è fatta bene, domanda a
tutti i livelli un lavoro serio, costante. Là dove insegnanti, allievi e direttori
si impegnano in questa logica, i frutti non mancano mai. L’importante è non
lasciarsi intrappolare e poi travolgere in un meccanismo senza anima e accontentarsi di raggiungere dei diplomi che vogliono dire ben poco se non
una diffusa corruzione. La società ciadiana cambia velocemente. Si potrebbe farne una descrizione, constatando il ruolo che giocano le tre lingue:
Lingue Locali (numerosissime ma che vanno scomparendo salvo alcune
che assumono ruoli importanti); il Francese e l’Arabo, parlate dalla maggior parte dei cittadini e rispondenti a delle esigenze specifiche. Ma sarebbe troppo lungo e forse impervio mettermi a descrivere questa
situazione. Ci tengo invece a fare il punto della situazione del progetto riguardante le Scuole Comunitarie di Bekamba-Peni-Bangul, perché è
un’operazione che per me e per molti continua ad avere importanza. Questo progetto sta arrivando alla fine dei due anni in cui l’Unione Europea ha
fatto con ACRA un accordo e finanziato il progetto che terminerà il 30
agosto di quest’anno 2014. Per i prossimi due anni (fino all’agosto 2016),
in accordo con l’associazione ACRA CCS di Milano abbiamo elaborato un
progetto, presentato alla CEI per una parte importante del finanziamento.
La CEI ci ha domandato di allegare al progetto tre lettere di approvazione,
rispettivamente del Presidente della Conferenza Episcopale del Ciad, Mgr.
Jean Claude Bouchard, canadese, del vescovo locale, Mgr Edmond Djitangar, e del Provinciale della Compagnia di Gesù, visto che il promotore è un Gesuita. Sembra che la lettera del Nostro Provinciale sia piaciuta
alla Commissione CEI.
Ciad
Missione a Bekamba
di Paolo Micconi
D
odici ore di viaggio da N’djamena a Bekamba, 800 Km in un pullmino
da 18 posti, ma con 28 persone a bordo, sarebbe tutto da raccontare:
il carico dei bagagli, la varietà dei passeggeri con i loro abbigliamenti
e le loro chiacchere urlate da un capo all’altro, le soste con i venditori ambulanti, le soste per le preghiere (i mussulmani non si vergognano mai,
come invece noi, di pregare), e ... qualche piccola manutenzione.
È martedì e arriviamo a Peni in pieno mercato; mi scaricano sul bordo della
strada con i miei numerosi bagagli, immediatamente circondato da una
folla di ragazzi. A pochi metri ci sono ancora le bancarelle e le ceste con
frutta, verdura, carne, frittelle e quant’altro è trovabile nei mercati africani;
molti mi riconoscono e iniziano i saluti e le domande. Per fortuna arriva il
“g enerale”, uno dei tanti personaggi strani, ma buoni, in tenuta militare che
impone un po’ d’ordine e soprattutto cerca di proteggermi dai possibili ladruncoli. Fortunatamente, quando ormai la situazione cominciava a farsi
difficile, arriva il pick-up che mi deve portare a Bekamba; altri saluti, altre
strette di mano con gli amici che sono venuti a cercarmi e in pochi minuti,
caricati i bagagli, siamo in strada verso il villaggio. Tredici Km di savana mi
aiutano a entrare rapidamente nell’ambiente dove vivrò per le prossime settimane: strade, o meglio sentieri, inondate, alberi, cespugli, radici invadenti,
ma anche campi quasi pronti per il raccolto. Purtroppo sono anche arrivati
i nomadi che, lo scoprirò presto, stanno portando le loro numerose mandrie nei campi, scatenando un vecchio e mai risolto conflitto con gli agricoltori. Di qui a pochi giorni ci saranno i primi scontri con conseguenze
disastrose.
Nell’attraversare Bekamba, ormai all’imbrunire, molti gridano il mio nome,
vedendomi passare, e i bambini rincorrono la macchina. E nei giorni seguenti molte persone verranno a incontrarmi per raccontarmi i loro problemi: nonostante siano passati molti mesi dal mio ultimo viaggio, è come
se le richieste fattemi allora, o le loro piccole storie, si fossero fermate e riprendessero come se il tempo non fosse passato. Qualcuno di loro arriva
e mi dice: come ti ho detto l’altro giorno - sono passati 9 mesi! - Questo a
significare quanto sia umile la loro vita, che non vede cambiamenti significativi nel tempo, ma soprattutto il fatto che non ci siano miglioramenti nel
loro stato. Condi viderò quanto possibile con loro questa situazione.
“Quando non c’è il gatto i topi ballano”
Una prima passeggiata serale tra i vialetti della missione mi rivela immediatamente uno stato di abbandono, dovuto all’assenza di P. Corti che ha dovuto fermarsi in Italia per un intervento al cuore, e che, al suo rientro,
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processione domenicale a Bekamba
assumerà un nuovo incarico a Sarh. Erbacce, rami d’albero caduti, disordine un po’ ovunque: dovrò sollecitare l’abbè Togum, il vicario attualmente
responsabile della parrocchia, e il diacono Edmond, tra pochi mesi sacerdote, inviato dal Vescovo per dare un aiuto nelle attività parrocchiali.
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Gli incontri
Vengono in molti a salutarmi, tra i primi la famiglia di Eric il calzolaio con i
4 bambini in fila ai quali ho portato, oltre ai palloncini che per loro sono una
novità, qualche vestito (abiti smessi dai miei nipotini che per loro sono preziosi) e una coperta per la notte. È una famigliola che conosco bene, vivono
in una vecchia capanna di neanche 3 metri di diametro, tetto in paglia che
abbiamo rifatto l’anno scorso, uno straccio come porta; dormono per terra,
genitori e 4 figli, sopra un vecchio telo, e la notte comincia a far freddo. Le
loro stoviglie sono dei gusci di zucca, le pentole sono quelle dei vicini, ma
hanno un grande catino colorato che serve a portare l’acqua dal pozzo. La
loro capanna è in pratica assolutamente vuota, così come sono vuote la
maggior parte delle capanne degli africani, muri in mattoni grezzi, tetto in
paglia e pavimento in terra; per noi è difficile immaginarlo: un nostro qualsiasi sgabuzzino o solaio sarebbe, per loro, una reggia e qualsiasi utensile
domestico da noi scartato,per loro, un tesoro. Mi colpisce sempre, quando
ho l’occasione di andare a visitarli, questo aspetto della loro vita.
Incontro la famiglia di Alexi, uno dei nostri animatori pedagogici, che si presentava sempre al lavoro in giacca e cravatta, scarpe lucide e valigetta (sembrava uno dei nostri impiegati di banca). La sua casa erano due capanne
(benestante!) dove lui, la moglie diplomata al liceo e cinque bambini vivevano e avevano le loro cose. Alexi è deceduto tre mesi fa, ultima delle troppe
vittime d’incidenti di moto che da qualche anno sta facendo una vera e propria strage tra i giovani. Niente patente, niente caschi, strade pericolose,
strumenti musicali per allietare la liturgia
manutenzione carente: in 2 anni abbiamo perso 5 dei nostri ragazzi.
La sera del secondo giorno ho avuto il mio libretto sanitario del centro sanitario di Bekamba! Succede che, camminando al buio nel giardino, vado
a sbattere con la testa contro un ferro arrugginito e, vista la ferita e l’emorragia, mi faccio accompagnare al dispensario. Dopo un’oretta rintracciano
l’infermiere di turno al cabaret del villaggio, e prima delle cure, mi registra
compilando il “libretto sanitario” (mezzo quadernetto a righe), dopo avermi
pesato, misurato e interrogato sulle mie generalità. Finalmente si interessa
della mia testa: recupera aghi e filo sterilizzati, mi taglia i capelli e mi cuce
la ferita, alla luce di una torcia; fortunatamente solo un taglio profondo (l’antitetanica l’avevo fatta) e mi prescrive antibiotici e analgesici. Mi rendo
conto di essere stato privilegiato; fuori del dispensario decine di pazienti
sono in attesa di essere visitati, compresa una partoriente che, dietro nostra richiesta (mi ha accompagnato Togum) viene controllata dall’infermiere.
Tutti gli altri dovranno aspettare la mattina successiva. Le attrezzature e le
strutture sono minime e non al meglio delle condizioni. Il personale è insufficiente (soltanto infermieri), ma per fortuna efficiente. Nei giorni successivi
avrò molte visite di persone che vengono a salutarmi, qualcuno mi porta
anche un pollo in omaggio, l’unica cosa che possono regalare, ed io naturalmente ricambio con le cose portate dall’Italia. Avevo pantaloni, camicie,
scarpe, magliette; pensando che mia moglie Marina non se la sarebbe
presa, alla fine del viaggio mi è rimasto quasi nulla. Lo stesso per attrezzi,
lampade e un paio di orologi, lasciati ai miei amici senza rimpianto.
La domenica andando alla Messa
L’abbè Togum dice la Messa a Peni; e a Bekamba si celebra, come in tutti
gli altri villaggi, una messa bianca, senza consacrazione, condotta dai catechisti. È bellissima, con i catechisti che dialogano con i fedeli sui loro pro-
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blemi, tutti gli episodi delle Letture e del Vangelo sono trasferiti nella vita
reale dei fedeli; perfino i canti, un po’ liberati dal formalismo indotto dalla
presenza del sacerdote, diventano ancora più gioiosi e partecipati. La celebrazione rispetta tutte le sue fasi, dalla processione iniziale in poi non
manca nulla, escluse le benedizioni e la consacrazione. Che differenza profonda tra le nostre SS. Messe e quelle africane! La partecipazione dei fedeli è totale e convinta, la disciplina e il rispetto sono di tutti, l’atmosfera è
di fede e di gioia. Tutti, ma proprio tutti, partecipano ai canti, battono le
mani all’unisono, si alzano in piedi o si abbassano nei vari momenti, tutti
vanno all’altare per l’offerta e non danno fastidio i bambini che le mamme
si portano dietro e, cosa più appariscente e simpatica, tutti si mettono il
loro unico abito della festa.
Un esodo dei giovani dalla campagna
Già dai primi giorni mi accorgo che nel villaggio non ci sono molti giovani,
spariti, e non ci vuole molto per sapere cos’è successo: se ne sono andati
chi a Sarh, chi a Koumra per frequentare i locali licei. È successo che nel
mese di agosto il governo ha deciso di chiudere tutti i licei della zo na per i
pessimi risultati ottenuti. Negli ultimi anni hanno conseguito il diploma
meno del 2% degli studenti. Così, invece di mettere professori e materiali
didattici adeguati, hanno decretato la chiusura di molti licei e migliaia di
giovani hanno lasciato i villaggi per andare a intasare quelli cittadini. Le ripercussioni sono molte: le famiglie perdono il loro aiuto e li devono sostenere economicamente; tutte le attività dell’oratorio si sono fermate, niente
più biblioteca, giochi, attività sportive, niente più video serale per i ragazzi.
Con non poca fatica, ho istruito il diacono Edmond all’uso delle apparecchiature e piano piano le cose si stanno riavviando. Come se non bastasse,
anche le suore se ne sono andate! Hanno lasciato il convento, il villaggio,
senza alcuna previsione di rimpiazz o, almeno per ora.
Anche le scuole comunitarie dell’UNAPE, frequentate da quasi 6.000
alunni, che per questi ultimi due anni hanno avuto il beneficio di un progetto sponsorizzato e gestito da ACRA con un finanziamento dell’Unione
Europea, devono rivedere la loro struttura organizzativa. E ho fatto con loro
parecchie riunioni per impostare un nuovo modo di autogestirsi, venendo
gradualmente a mancare l’a iuto dato in questi anni da padre Corti.
34
Quale ripercussione sugli equilibri di Bekamba?
Ci sarà bisogno di molta pazienza e di molte preghiere per far sì che da
tutte queste difficoltà i cristiani trovino la forza di riorganizzarsi e di ripartire. Non vi ho raccontato dei progetti che ho portato avanti nel periodo di
permanenza in Ciad, sempre cose utili e importanti per la comunità, ma ho
scelto di raccontarvi le cose che rappresentano la vita del villaggio e i problemi che i nostri amici Sarà devono affrontare. A noi che viviamo questo
periodo d’incertezze e di difficoltà nel nostro paese, nel nostro mondo non
può far male, ogni tanto, buttare uno sguardo al di là del nostro orticello.
Magari sapendo delle condizioni e dei problemi, sbaglio a chiamarli “problemi”, delle difficoltà che popol i, persone, famiglie devono risolvere, potremo affrontare serenamente le nostre grandi o piccole fatiche quotidiane.
Chissà se un giorno saremo capaci anche noi di un sorriso da africani?
Ciad
L’unione fa la forza
di P. Franco Martellozzo S.I.
C
redo che i detti dei nostri vecchi racchiudessero molta verità ... Siamo a Djeguere e
a Tchelme, due villaggi che fanno parte
della parrocchia di Bitkine - diocesi di Mongo che si estende su 30 villaggi dell'etnia Kenga,
l'unica etnia che qui nel Nord offre prospettive solide per l'avvenire della chiesa cattolica. In tutti i villaggi, infatti, convivono
cristiani, animisti e mussulmani e ....la lingua e la tradizione impedisce
alle tre religioni le solite divisioni deleterie. C'è ancora una buona armonia.
L’etnia Kenga ha origini Nilotiche. Il nome di Dio corrisponde all'antico Dio
Sole d'Egitto e Nubia, RA! Le sepolture dei capi calcano i riti degli antichi
faraoni anche se … in formato ridotto. È un popolo contadino e fiero, i cui
terreni di cultura sono limitati e insufficienti al fabbisogno delle famiglie.
Ne patisce quindi la qualità nutrizionale del cibo e ... le tasche semivuote
35
36
non permettono la scolarità dei figli. Che fare? La soluzione è semplice:
coltivare a ortaggi i bassifondi. Si tratta di creare un grande orto per le
mamme dei bimbi della scuola di Djeguere e di Tchelme. Attraverso questi orti, infatti, le mamme possono prima di tutto nutrire meglio i bimbi e, secondariamente, guadagnare qualche soldino per le spese di scolarizzazione.
Senza questi orti, infatti, la scolarizzazione dei bimbi resta molto precaria.
Per questo le mamme dei villaggi si sono costituite in "groupements",
si fanno attribuire un terreno e chiedono il pozzo e il recinto per proteggere l'orto dagli animali voraci, soprattutto quelli dei brutali pastori nomadi.
A TCHELME il progetto è già finito mentre a DJEGUERE cominceremo
i lavori a giorni, dopo l’acquisto completo del materiale: rete metallica ad
alta resistenza, picchetti in ferro con cerniere da 50 mm, ferro di tensione e
cemento. Il costo al metro lineare è molto alto a causa della lontananza dal
mare del Ciad. Non meravigliatevi dunque. Pensate, un rotolo di rete di 25
metri ci costa 100.000 cfa cioè 4.000 al metro e una sbarra di ferro di 6m x
50mm costa 20.000 cfa. Col cemento, il salario dei muratori, i trasporti e il
controllo dell’animatore viene fuori un metro lineare a 8.500 cfa! Il perimetro dell’orto di TCHELME è di 350 metri e quello di DJEGUERE 400 metri.
Il calcolo finale è presto fatto. Dove reperire i fondi? Ecco allora scendere
in campo, o meglio nell’orto, un gruppo di amici di fr. Alberto Chiappa che,
tornato in Italia, continua a spendersi per gli amici ciadiani! Per questo progetto degli amici di Alberto di Udine hanno versato 10.000 euro.
Ciad
L’importanza delle donne
in un paese in via di sviluppo
di Fr. Pietro Rusconi S.I.
S
ono ritornato dal Ciad zoppicante, dopo l'operazione al ginocchio, ma
attivo nel mio FARE qualcosa là... non nel terzo mondo, come continuiamo a chiamare l’Africa, ma in un paese in via di sviluppo, qual è
appunto il Ciad. Una cosa che non si deve dimenticare, perché questa è la
realtà che noi conosciamo, di cui siamo testimoni, che vogliamo con tutte
le nostre forze sostenere. Gli amici spesso mi dicono: che cosa ti vai a inventare quest'anno? Mi sento ribollire il sangue a queste domande... come
se in Africa fosse necessario INVENTARE... sempre qualcosa, dimenticando
spesso che andando là, in un Paese in via di sviluppo l’importante è il condividere, è il camminare assieme per capire che cosa sia meglio fare in
quel particolare momento. Sviluppo significa vedere se quanto è stato insegnato nel passato è stato assimilato e realizzato bene da loro, adesso.
Posso dire di essere contento di questo cammino che ho visto loro compiere. Noi siamo abituati a fare tanto, a cambiare rapidamente tante cose,
il che crea a loro disagi non da poco e lo sviluppo che si vuole far raggiungere non è proporzionato alla loro realtà o, usando un linguaggio da addetti
ai lavori, sostenibile; però qualcosa di utile e innovativo si deve pur fare.
Padre Martellozzo sta cercando di sostenere un progetto a favore di
molte donne di quella terra Saheliana, arida e bruciata dal sole, perché,
con il loro lavoro, possano trasformarla in un terreno fertile e poter così migliorare non solo la loro vita, ma soprattutto quella delle loro famiglie. Questo progetto che si sviluppa attorno a Mongo, ha un nome: i gi ardini o gli
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orti agricoli nella loro terra,
in cui coltivare e produrre ortaggi di ogni tipo.
La donna meglio dell'uomo sta dimostrando
tenacia, volontà e, più dell’uomo, è convinta che il
suo lavoro porterà ad un
vero cambiamento umano e
sociale. Grazie agli orti potrà
vendere ai mercati tutti i
prodotti, frutto della sua fatica, il che le darà non solo
una maggiore indipendenza
economica rispetto al capo
famiglia, ma soprattutto le
consentirà di portare alla famiglia un’alimentazione di
migliore qualità e quantità e
più salutare. Senza contare
che il suo lavoro che produce reddito le dà un riconoscimento
sociale
e
probabilmente allontana da
lei la chimera di lasciare il
l’arte di innaffiare
villaggio per tentare la fortuna in città. E su questo ci
sarebbero da dire moltissime cose. Qual è il nostro ruolo? Preziosissimo!
Le stiamo aiutando ad avere l’acqua, più acqua, elemento primario,
indispensabile e insostituibile. In che modo? per es. nel costruire pozzi
e insegnando ad innaffiare la terra lentamente! con l'acqua goccia a
goccia, cosi propizia durante la notte. Attualmente i risultati sono ottimi
... lo sviluppo da loro viene così. Questo è un pezzetto di storia vera e
stupenda, però quella realtà bisognerebbe vederla, per rendersene
conto! E noi, se potremo, aiuteremo loro e i loro figli a farla crescere con
una collaborazione che sia la più equilibrata possibile.
un aiuto concreto? un segno di fraternità?
un modo vero per sostenere i missionari
nella loro vita di tutti i giorni?
FAR CELEBRARE UNA MESSA
PER I DEFUNTI!
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tra le causali del bollettino aggiungere nella casella vuota
“Messa” ccp 909010
Burkina Faso
Finalmente! ...Una visita fiscale
di P. Umberto Libralato S.I.
O
rmai gli anni di lavoro del MAGIS in Burkina Faso e, prima ancora,
della parrocchia del SS. Nome di Gesù ai Bassi di Firenze e dell’Addolorata di Grosseto, si perdono nella memoria di un lontano
passato…
Ma ad Ouagadougou c’è sempre un ufficio con il suo presidio che lavora,
che cataloga documenti, che conserva relazioni di progetti e interventi:
scuole costruite – elementari, superiori, artigianali – nomi di migliaia di
alunni, sostenuti a scuola, alimentati nei tempi di carestia; centinaia di forages che continuano a dare acqua potabile; migliaia di lebbrosi, curati e
vestiti grazie all’aiuto di tanti altri poveri; migliaia di carcerati “vestiti” da
CANALI – come Obama e Putin! -, migliaia di malati curati negli ospedali
dove i nostri benefattori hanno costruito padiglioni e fornito attrezzat ure.
Per anni, nel silenzio di tutti, qualcuno ha mandato all’Ufficio Nazionale
della Cooperazione relazioni economiche e relazioni sociali sulla tipologia
e ragione degli interventi...
Sappiamo che le associazioni italiane che lavorano in Burkina Faso sono
oltre trecento: grandi, medie, piccole, microscopiche… ma ci sono presenze numerose anche da altri stati. Cose curiose, cose sorprendenti, come
sorprendente è stata una telefonata ricevuta, qualche mese fa, dall’Ufficio
Nazionale della Cooperazione Burkina-bé: “Vogliamo mandare – ecco la richiesta – dei nostri tecnici a visitare il vostro ufficio e prendere visione della
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il liceo agricolo Domenico Mennillo a Lebda
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vostra documentazione per verificare se tutto è in regola…”. Dopo una settimana i controllori erano là in ufficio a controllare, a chiedere chiarimenti. Risultato: “Davvero non ci aspettavamo di trovare tutto così in ordine: siete
una delle cinque organizzazioni in regola con le disposizioni governative!”. Ci piacerebbe vedere sul campo dove state operando… e così, in
capo ad un’altra settimana i nostri Alexis e Jean Pierre hanno guidato gli incaricati del governo a visitare la regione dove è in atto il grande progetto
“una sfida al deserto”: scuola agricola, officina delle cucine solari (avviata
e seguita da Fr. Pietro Rusconi S.I.), la diga, il lavoro degli orti, qualche
pozzo nelle vicinanze, l’erigendo foyer di accoglienza per le ragazze che vogliono frequentare il liceo, il sogno del centro ricreativo-sportivo…
Non hanno detto niente, sono solo rimasti a bocca aperta. Hanno voluto incontrare gli anziani e il grande Naba, la gente e hanno parlato e lodato
tutto il lavoro del MAGIS: quello che abbiamo visto – hanno detto alla
gente – è molto raro: seguite il MAGIS, collaborate, avete una fortuna unica,
non sprecatela, forse siete il villaggio più fortunato di tutto il Burkina!”. È seguito un “a tu per tu” per sapere dove e come il MAGIS avesse precedentemente lavorato. Anche a questa domanda sono arrivate le risposte
precise … ed è arrivata anche una precisa richiesta: “Chiediamo che la
scuola “Liceo Agricolo Domenico Mennillo” sia la sede regionale degli
esami di maturità di questo anno scolastico!”.
Forse mai una visita fiscale è stata tanto gradita… Certo auguro a tutti
un’es perienza simile: riconcilia un po’ il cuore.
Italia
Arte solidale per il Burkina Faso
di Benedetta Farina
D
icembre 2013 per la nostra sede a Palermo è stato un mese intenso,
varie attività hanno coinvolto dipendenti e volontari, tanto da definirlo
scherzosamente il nostro “Avvento Solidale”. Tra queste, un concerto un po’ fuori dal comune, per raccogliere fondi per la formazione dei
giovani in Burkina Faso, stato dell’Africa Occidentale, con un triste primato: il più basso tasso al mondo di scolarizzazione.
Grazie al prof. Michele Daidone, un volontario nonché socio del MAGIS,
abbiamo conosciuto il Quartetto Shophar, composto da quattro bravi musicisti - Francesco Crispiniano, Tommaso Santangelo, Biagio Benenato,
Leoluca Davì - diplomati presso il conservatorio “V. Bellini” di Palermo, che
hanno nel loro curriculum partecipazioni a tournée in Italia e all’estero, classificandosi al primo posto per ben tre volte in alcuni prestigiosi concorsi cameristici. Quando li abbiamo conosciuti, eravamo già a fine novembre, il
Natale era alle porte, ma abbiamo tentato il tutto e per tutto per organizzare
qualcosa di simpatico che potesse attrarre i giovani.
È stato un evento aperto alla città ed un’occasione per far conoscere non
soltanto il MAGIS e le sue attività, ma anche il museo di Casa Professa dei
Gesuiti a Palermo, annesso alla stupenda Chiesa barocca del Gesù. Gli studenti sono stati impareggiabili ciceroni, sotto la guida dei loro professori.
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Movimento e Azione dei G
Gesuiti
Italiani dello Sviluppo
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Istituto Istruz. Superior
Superiore
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G Damiani Almeyda
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I giovani, eleganti e composti, si sono occupati dell’accoglienza, della guida
dei visitatori al museo e della distribuzione dei materiali promozionali del
MAGIS. I musicisti, oltre a rendere partecipe il pubblico del loro amore per
la musica, allietandolo con i brani magistralmente eseguiti, complice la
buona acustica della Chiesa, hanno fatto un’introduzione molto interessante
sulla storia degli strumenti, sul suono dagli stessi prodotto in particolare sul
suono affascinante del corno, strumento di origini antichissime. Ma soprattutto abbiamo apprezzato in loro la generosità nel regalarci la loro arte e la
loro professionalità per una buona causa.
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Il progetto
Dopo la visita al museo, abbiamo proiettato un breve montaggio di foto
commentate sul progetto in Burkina Faso che ha destato molto interesse tra
il pubblico.
Il progetto è stato scelto tra quelli che, in questo momento storico, il MAGIS
è impegnato a portare avanti: la formazione giovanile in Africa, là dove i PP.
Gesuiti sono radicati e operano. In particolare, in Burkina Faso, è rivolto alla
formazione di studenti del Centre d’études et de reflexions pour collegien lycéen et étudiantes (CERCLE), una struttura dei PP. Gesuiti rivolta al
sostegno dei giovani della capitale, Ouagadougou. Il suo scopo è di far
maturare in loro una coscienza civica sostenendo la loro formazione sociale, umana e culturale. I beneficiari sono giovani studenti di istruzione
secondaria e universitaria della capitale, per renderli coscienti delle proprie capacità e delle sfide della realtà attuale risvegliando in loro il desiderio di partecipare alla gestione della propria città e del paese.
Con diversi metodi didattici - seminari, conferenze, laboratori, proiezione
di documentari, studi di casi concreti, esperienza sul campo - saranno formati 80 giovani, divisi in 4 gruppi, di 20 persone ciascuno. Il progetto si realizzerà nei locali del CERCLE ad Ougadougu, con i seguenti obiettivi
specifici:
- Sensibilizzare i giovani al rispetto della dignità umana e della diversità politica e religiosa per costruire una cultura della tolleranza;
- Formare agenti moltiplicatori dei valori indispensabili alla vita della città e
del paese.
- Fare scoprire il valore dell’impegno civile e politico, restituendo un’immagine positiva alla politica come gestione del bene comune.
- Promuovere il rispetto dell’ambiente e la cultura della tolleranza basata
sul rispetto delle diverse opinioni, ideologie, religioni.
Il contesto
In Burkina Faso il basso tasso di scolarizzazione è frutto di una scarsa
qualità dell’insegnamento e di inadeguate strutture scolastiche. Nelle
aree rurali le classi possono avere fino a 100 alunni di varie età e livelli di
istruzione. Anche il concetto di area rurale è molto diverso da quello cui
siamo abituati a pensare. Nella nostra cultura per area rurale si immaginano
zone verdeggianti, coltivate in maniera ordinata. In Burkina Faso la terra è
dura, sabbiosa, argillosa, poco fertile e difficile da coltivare e rassodare. Chi
va a scuola, riceve un pasto, viceversa in genere le famiglie mangiano soltanto la sera; il concetto di colazione per essi è inesistente. La popolazione
si concentra nella parte centrale del Paese dove spera di trovare migliori
condizioni di vita ed è frequentissimo il fenomeno della migrazione stagionale per cercare lavoro. Questo influisce sul percorso formativo dei bambini
e dei ragazzi. L’aspettativa di vita è di poco meno di 50 anni e l’età media
della popolazione presente è di 17 anni. Il 4% della popolazione è affetta da
HIV. Non esistono registri anagrafici per poter identificare la popolazione e
dare una identità agli individui. Soltanto nel 2010, grazie al programma
BRAVO, è stato possibile registrare e dotare i nuovi nati di un estratto di
nascita. Oggi il 95% della popolazione nata dal 2010 in poi è identificata, ha
una identità e una data di nascita che non sia approssimata.
In un simile contesto è facilmente comprensibile come l’attività svolta in questo territorio dai PP. Gesuiti diventi cruciale per una crescita umana e culturale dei giovani, quale parte attiva e propositiva di una società del domani,
proprio in un’area tra le più popolate del paese. Uno degli degli obiettivi principali della nostra fondazione è avviare dei meccanismi virtuosi per una crescita che consenta un’autonomia sociale ed economica a queste
popolazioni, perché, solo così, possano veramente uscire da una condizione
storica e culturale di sottosviluppo. Queste le parole chiave del progetto:
PROGETTO UMANO, CULTURALE, SANITARIO, SOCIO/ECONOMICO.
Rinnoviamo il nostro ringraziamento al quartetto Shophar, al nostro Vicepresidente Renato Scalia, alla Prof.ssa Maria Grazia Cipolla, al Prof. Michele Daidone, ai volontari, agli studenti tutti del Liceo Artistico G.
Damiani Almeyda e all’I.T.C. Francesco Crispi di Palermo ed alle rispettive famiglie, con l’augurio che questo possa essere il primo di una serie di
eventi solidal-culturali.
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Italia
Da Palermo al Togo
solidarietà e formazione
di Benedetta Farina
N
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el periodo dell’avvento, presso la Scuola Media del Centro Educativo Ignaziano di Palermo, uno dei collegi della Compagnia di Gesù
in Italia, il MAGIS a Palermo ha organizzato un ciclo di incontri con
gli studenti di tutte le classi, allo scopo di sensibilizzare le generazioni più
giovani verso le tematiche legate alla cooperazione allo sviluppo.
In tale occasione, è stato proposto, nell’ambito d ella Campagna Educazione che il MAGIS sta cercando di portare avanti a livello nazionale, il progetto di formazione presso il Centro Culturale Loyola a Lomè in Togo.
Questo progetto si sviluppa in un territorio in cui la Compagnia di Gesù è
presente ed opera da tempo nel campo della formazione; ciò ha consentito agli studenti di Palermo di apprezzare ancor di più il tipo di formazione
che viene loro offerta, in quanto hanno colto degli elementi comuni con gli
studenti di Lomé, ovvero, come la FORMAZIONE OFFERTA DAI PADRI GESUITI MIRI
ALLO SVILUPPO DELLA PERSONA IN TUTTE LE SUE DIMENSIONI, IN QUALUNQUE PARTE
DEL MONDO. Il progetto del Centro Culturale Loyola il cui obiettivo è la promozione umana, intellettuale, culturale e spirituale dei giovani di Lomé, si
inserisce in un contesto in cui sono molto scarse le opportunità offerte ai
giovani. Il Centro, un’opera della Compagnia di Gesù ed anche un punto di
riferimento per i giovani della città, con i propri fondi non riesce, però, a
raggiungere tutti coloro che avrebbero bisogno di questa formazione.
Destinatari del progetto sono 210 giovani frequentanti il Centro con 80
tra docenti e formatori; 130 sono i giovani che frequentano la Cappella della
Comunità dei PP. Gesuiti. Beneficiari indiretti del progetto sono le famiglie
di provenienza, la città più in generale che avrà nel futuro dei cittadini formati e consapevoli. Il Centro, inoltre, dispone di un sito internet, ha messo
su una squadra di calcio e da qualche anno accoglie anche bambini di
scuola elementare e organizza attività rivolte alla valorizzazione dei talenti
di ciascuno, in un clima di tolleranza e accoglienza reciproci senza distinzione di sesso, etnia, religione. In Togo, infatti, come accade in molti dei
Paesi africani, sono molte le etnie che convivono nello stesso Paese, non
senza difficoltà e differenze culturali e relig iose, spesso fonte di dissidio.
Tanta curiosità e voglia di conoscenza ha destato il progetto fra i ragazzi e
tante le domande che ci hanno posto, soprattutto nel vedere le immagini
ed i filmati del viaggio in Togo della nostra volontaria Rita Puglisi. La sua
testimonianza, infatti, è stata importantissima. Rita è una delle nostre storiche volontarie, fedele al servizio e carica di esperienza matur ata negli anni,
in molti Paesi: Madagascar, Kenya, Albania, Togo, (presto andrà in Benin
con P. Renato Colizzi SI). I ragazzi sono rimasti colpiti dal progetto e numerosi hanno contribuito a finanziarlo, in particolare, la classe III C che,
in modo molto creativo e grazie allo stimolo positivo della Prof.ssa Luigia
Viscuso, ha organizzato una vendita di beneficenza a scuola per procurarsi il denaro da donare.
Un grato e sincero ringraziamento al P. Rettore, al Preside, ai docenti, che
hanno reso possibile tali incontri ed ai ragazzi e alle ragazze della Scuola
Media del CEI, che hanno accolto il nostro messaggio, facendosi promotori di autentica solidarietà.
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46
La nostra esperienza con il MAGIS
Lo scorso 12 dicembre 2013, sono venute nella nostra scuola due rappresentanti della Fondazione MAGIS, che si impegna a sostenere i bambini e
le bambine, i ragazzi e le ragazze, nei Paesi in Via di Sviluppo. Una delle due
incaricate, Benedetta, ha spiegato nei dettagli che cosa è il MAGIS, come
agisce e quali sono i suoi obiettivi. L’altra volontaria, Rita, ci ha raccontato
la sua esperienza personale in Togo a contatto con i bambini di cui il MAGIS
si occupa. Benedetta e Rita ci hanno spiegato che anche noi potevamo aiutarli, così la mia classe ed io siamo stati immediatamente colpiti da questa
notizia e abbiamo deciso di raccogliere dei soldi per assicurare un’istruzione
ad alcuni bambini/e del Togo. Per la raccolta della cifra abbiamo pensato di
organizzare una piccola fiera, in cui abbiamo venduto dolci, decorazioni
natalizie, braccialetti e tanto altro, che a noi è costato solo un piccolo impegno. È stata un’esperienza divertentissima ed eccitante; i compagni della
scuola erano molto attratti dalla bancarella e noi siamo stati abilissimi commercianti, siamo riusciti a vendere tutto quello che avevamo preparato con
tanta cura. Organizzare quest’opera di beneficenza è stata per noi motivo di
orgoglio, perché ci sentivamo artefici di un miglioramento della vita dei nostri coetanei in Togo. Credo che ciò che il MAGIS compie quotidianamente
sia da prendere ad esempio perché non bisogna discriminare nessuno, anzi
bisogna aiutare chi è meno fortunato di noi.
Lunedi 17 gennaio, Benedetta e Rita sono tornate da noi a ricevere i fondi
raccolti ed è stato emozionante per noi sentire che con una cifra per noi
modica permetteremo ai bambini e alle bambine del Centro Culturale Loyola
in Togo di studiare durante le ore scolastiche e di aderire a dei corsi pomeridiani extrascolastici, di ricevere il materiale didattico, il cibo quotidiano e
quant’altro si ritenga necessario. (Paolo Cuccia, alunno della Classe III C
- Scuola Secondaria di I Grado del CEI di Palermo )
Italia
Giocando, educo... al bene comune
di Benedetta Farina
Dal 16 al 18 maggio la Fondazione MAGIS ha partecipato alla Festa e
Fiera del Consumo Critico, manifestazione organizzata dal Comitato Addiopizzo di Palermo, evento di sensibilizzazione aperto a tutta la città.
L’iniziativa, che nel 2014 giunge alla sua nona edizione, si è svolta presso
il Giardino Inglese sul tema del Bene comune come modello di gestione
partecipata, finalizzata al superamento del s istema mafioso.
Durante la fiera il MAGIS ha proposto i laboratori creativi che, oltre a
sensibilizzare i bambini sul riciclo e riuso dei tanti materiali che utilizzano
ogni giorno, hanno accompagnato sia i bambini che i genitori a scoprire
due luoghi storici palermitani, oggi da riqualificare, scelti quest’anno attraverso un sondaggio d’opinione svolto tra i cittadini: il Parco della Favorita
e Piazza Magione.
Al termine dei laboratori ciascun partecipante, oltre a portare a casa ciò
che ha costruito, ha ricevuto in dono il KIT DEL BAMBINO SOLIDALE con
la presentazione dei progetti di cooperazione internazionale che il
MAGIS realizza nei Paesi in Via di Sviluppo e un volumetto contenente la
storia dei due luoghi palermitani.
Presso lo stand i bambini sono stati coinvolti dai clowns di corsia e da giovani volontari del MAGIS che hanno animato lo spazio e il tempo con giochi e palloncini colorati.
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Repubblica Democratica del Congo
Quanta strada... per ritrovarsi
di Carla Grossoni
I
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l Congo è un enorme Paese, ricco di bellezze, di risorse minerarie e preziosi, ma di grandi contraddizioni. Sbarcata con Padre Umberto Libralato a Kinshasa, la capitale e la maggiore città della Repubblica
Democratica del Congo, siamo rimasti perplessi, visitando due scuole frequentate da oltre cinquemila tra scolari e studenti. È la città dove regna un
grande disordine, mancanza di manutenzione in ogni settore: strade, edifici,
mercati, servizi sociali, acqua, energia elettrica, scuole, sanità, ambiente.
Le grandi arterie che attraversano la città sono tutte un cantiere aperto,
quindi polvere e rumori non mancano. Avevo sempre sentito parlare con
molta nostalgia dai miei amici che hanno abitato a Kinshasa, ma, a detta di
tutti gli abitanti, la città sta regredendo. Eravamo diretti a Kikwit, accompagnati da Fratel Kipoy Pombo, della Congregazione dei Fratelli Josephiti di
Kinzambi che ha ereditato tutte le attività e i beni dei gesuiti belgi, quando
questi hanno lasciato il Paese. Fratel Kipoy è rientrato in Congo, perché
eletto Superiore Generale della Congregazione dopo 30 anni di vita in
Italia come docente di antropologia presso l’Università Urbaniana, e così
ha chiesto la nostra collaborazione, per promuovere le scuole locali, in
quanto il carisma della Congregazione è proprio tutto dedito alla formazione/educazione scolastica. Lungo il cammino, Padre Umberto parla di
Padre Mario Cogliati S.I. e così scopriamo che Mosango, la missione
i Padri Umberto Libralato e Mario Cogliati
dove risiede da ormai molti anni
e che fa parte della diocesi di
Kikwit e dove vive la memoria
del Padre gesuita Puggioni e di
Missione Africa di Cagliari, è
proprio di strada. Lasciamo
l’asfalto e ci inoltriamo per circa
2 km lungo la foresta, ma, una
volta giunti, le suore della Congregazione delle Poverelle di
Bergamo ci informano che il
Padre è fuori sede, in visita ad
alcune comunità. Lasciamo
detto che saremmo ripassati al
ritorno da Kikwit. E così facciamo. Padre Cogliati ci aspetta. Assistiamo ad
abbracci e racconti riportati alla memoria con molto brio da parte dei due
padri. Sr. Maria, la superiora, e tutte le suore ci accolgono con molta cordialità e con un gustoso pranzo. Nello scambiarci le varie informazioni, scopriamo che proprio la loro comunità è stata falcidiata dall’ebola quando si
diffuse l’epidemia anni or sono (1995). E’ la comunità che ha pagato molto
cara la generosità di aiutare la popolazione malata. L’epidemia, iniziata nell’ospedale di Kikwit in seguito al ricovero e intervento chirurgico ad un uomo
affetto da ebola, che aveva mangiato carne di scimmia infetta, si era diffusa
con la velocità del lampo tra il personale dell’ospedale e la popolazione. In
quell’ospedale lavoravano alcune consorelle delle suore Poverelle, che a
loro volta sono state infettate e decedute in pochi giorni, così come altre
consorelle che dalla comunità di Mosango erano andate in ospedale a Kikwit per prestare aiuto. In un mese cinque suore italiane più alcune locali
sono morte, così come tanta popolazione della Diocesi di Kikwit. Per loro
è in corso la causa di beatificazione.
Circoscrivere i focolai di infezione non fu facile proprio per la velocità di propagazione
della malattia che, coniugata alle usanze
locali, ha aumentato il diffondersi dell’infezione. Suor Maria racconta che è consuetudine, quando muore qualche persona,
specie se è molto conosciuta, che la gente
si rechi presso la famiglia del defunto per
rendere omaggio alla salma prima dell’interro. Spesso, per facilitare parenti e amici
lontani, è la salma che viene trasportata in
vari luoghi, affinché tutti possano salutare il
defunto, così la diffusione dell’infezione è
stata disastrosa. Solo con un grande lavoro
di informazione e di educazione sanitaria
svolta porta a porta e alla radio diocesana
è stato possibile circoscrivere il contagio.
Salutandoci, prometto a Sr. Maria che
legge regolarmente il nostro notiziario, che
avrei scritto queste informazioni in ricordo
del loro sacrificio.
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COLLEZIONA LA SOLIDARIETÀ
Filatelia e numismatica al servizio dei Progetti MAGIS
La raccolta di francobolli di padre Marcolini è diventata una risorsa attraverso la quale il MAGIS raccoglie fondi per i progetti di sviluppo nei paesi
più poveri. In 12 anni di attività sono stati raccolti oltre 80.000 euro, destinati al sostegno di tanti progetti di sviluppo in Africa.
L’ufficio filatelico e numismatico si trova fisicamente a Gallarate, gestito e
curato con competenza da Pier Luigi Ceriani, volontario MAGIS, arricchito
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Taiwan
Fratel Castiglione
alla corte degli imperatori
di P. Emilio Zanetti S.I.
P
. Emilio Zanetti, qualche anno fa, aveva un sogno: fare il regista cinematografico. Non possiamo solo parlare tra di noi, - scriveva - il messaggio va messo sui mezzi di comunicazione, va fatta una seria
campagna mediatica. Ecco che un sogno si è realizzato, almeno in parte,
con il film documentario, prodotto da Kuangchi Program Service di Taipei su Giuseppe Castiglione, il più grande artista oc cidentale che sia
mai vissuto in Cina. Nacque a Milano, nel quartiere di San Marcellino (dietro l’Accademia Brera), il 19 luglio 1688, da una famiglia nobile. A diciannove anni entrò a Genova nel Noviziato della Compagnia di Gesù.
Nonostante gli obblighi derivanti dal suo nuovo stato, riuscì a sviluppare il
suo talento artistico, avvertendo però forte anche il richiamo per le missioni,
e decise d’imbarcarsi non appena possibile per la Cina. Impresa ardua –
come scrive Bruno Zoratto - a causa dei portoghesi che rivendicavano il diritto di organizzare e di dirigere tutte le missioni per le Indie o per la Cina.
Ogni missionario doveva viaggiare su una nave portoghese. Un tale privilegio derivava dal fatto che i portoghesi erano stati i primi europei a sistemarsi stabilmente in Cina, dividendosi le sfere di influenza tra Portogallo e
Spagna all'epoca delle " Grandi scoperte". Così Castiglione dovette prima
stabilirsi in Portogallo, nel Noviziato di Coimbra. L'11 aprile 1714, finalmente
s’imbarcò in compagnia del Fratello Costa sulla nave "Nostra Signora della
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ritratto delle concubime imperiali
Speranza" con destinazione Goa, città che fu raggiunta il 17 settembre del
medesimo anno. Fu così che il missionario gesuita Giuseppe Castiglione
entrò come pittore alla corte imperiale cinese. Morì a Pechino nel 1766.
Lo scorso settembre - scrive P. Emilio Zanetti - siamo stati a Milano e a
Genova, per una settimana, con la troupe televisiva cinese per le riprese dei
luoghi dove Castiglione era cresciuto e poi entrato nella Compagnia di
Gesù. A Milano c’è il suo certificato di battesimo, a Genova (Istituto Pio
Martinez) sono custodite otto grandi tele del nostro eroe. Lui poi è diventato famosissimo in Cina per aver portato gli elementi della prospettiva e del
chiaroscuro, fondendoli con la tecnica orientale. I suoi capolavori riguardano i ritratti delle bellissime concubine imperiali, degli imperatori (ha vissuto nella città proibita per 51 anni!) e dei loro cavalli.
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Nel mese di gennaio, abbiamo svolto le riprese del docu-drama, prodotto
da Kuangchi Program Service di Taipei in collaborazione con Jiangsu
Tv di Nanchino. L'ultima parte delle riprese è avvenuta negli immensi studi
cinematografici di Hengdian, dove è completamente ricostruita la città proibita di Pechino, e di Wuxi, dove le maggiori produzioni cinematografiche cinesi vengono filmate e montate con tutta la conseguente post produzione
digitale. Questo è stato possibile grazie alla rete di agganci della Jiangsu
Broadcasting Corporation, la più grande società televisiva cinese in termini
di investimento in produzioni televisive originali e terzo network televisivo
cinese per estensione. Per i dieci giorni di riprese, la troupe cinematografica era composta da più di 50 persone, e tutto è stato filmato con Sony
F55, Red One Epic e un drone volante con la Blackmagic in formato 4k, per
oltre 20 Tb di materiale registrato. Gli attori principali coinvolti comprendevano quattro 'imperatori' (Kangxi, Yongzheng, Qianlong giovane e Qian-
long adulto), sei 'concubine', tre 'eunuchi', diversi artisti stranieri fra cui
Jean C., attore francese che ha recitato la parte di Michel Benoist, l'architetto specializzato nella realizzazione delle fontane dell'antico palazzo
d'estate di Pechino; i fratelli Martinson che hanno rappresentato due altri
artisti al seguito di Castiglione. L'attore principale, Ashok Zaman, australiano, ora residen te a Shanghai, che ha impersonato Castiglione, è stato
scelto lo scorso mese al termine di un minuzioso casting, e si è detto onorato di interpretare l'artista milanese: "Non conoscevo nulla di Castiglione
- racconta - non sapevo nemmeno di che cosa si trattasse fino al giorno del
casting.
È la prima volta che recito in un documentario storico e lo trovo estremamente affascinante. E' la storia di un artista straniero completamente immerso in una cultura diversa, quando pochissimi stranieri erano presenti in
Cina. Specialmente quando abbiamo girato negli studi di Hengdian, dove
il palazzo imperiale di Pechino è ricostruito in modo grande e minuzioso, e
ti fa sentire esattamente nel contesto, ti rendi conto di entrare nelle vesti di
un artista che era arrivato, dopo aver lasciato definitivamente l'Italia,
scelta non facile, con una grande missione in testa". Ashok aveva iniziato la sua carriera come fotomodello e poi si era appassionato al cinema
e aveva studiato recitazione, sua grande passione insieme alla pratica quotidiana di meditazione: "Per me la dimensione spirituale della vita è importantissima, dal punto di vista filosofico e trascendente, un qualcosa che è
spesso scartato dal nostro stile di vita moderno. Facevo sfilate per abbigliamento e poi il mio lavoro a Shanghai consiste spesso in spot pubblicitari
dove tutto è così costruito e così 'falso' in un certo senso, perché alla fine
devi far vendere un prodotto. Per questo, il fatto di impersonare Castiglione,
che aveva una profonda e genuina vita interiore e aspirava al servizio
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di una missione per qualcosa di molto più grande, mi ispira profondamente". Nonostante il freddo e a volte la difficoltà di capirsi con il team di
produzione cinese, "qualcosa che anche Castiglione aveva provato su una
scala molto più grande - riconosce Ashok - questa è un'opportunità unica
per far rivivere questo personaggio per la marea di telespettatori che lo vedranno sugli schermi televisivi. Sulle qualità artistiche di Giuseppe Castiglione, gli occhi di Ashok si illuminano. "Ho appena lavorato in una scena
dove avevo sotto gli occhi una copia dei “cento cavalli”, i dettagli sono
spettacolari, pensare che Castiglione ci ha messo quattro anni nel completarlo e che non poteva compiere un solo errore, perché una volta che
l'inchiostro è sul rotolo, rimane lì definitivamente, per me è uno spettacolo
affascinante, puoi avvertire nel suo lavoro la precisione, il talento, la qualità, i sentimenti che ci metteva".
La troupe televisiva che si è occupata delle riprese negli altri luoghi, ci racconta che sono andati al museo di Taipei alla fine di dicembre. Grazie a
una ufficiale richiesta inoltrata mesi prima, i responsabili del museo hanno
aperto per tre minuti il dipinto verticale degli otto cavalli, spettacolare da
vedere dal vivo: "avete solo una possibilità di tre minuti, non sprecatela,
poi lo richiudiamo immediatamente, non vogliamo che soffra la luce e l'umidità", aveva detto la direttrice. Per i cinesi, inoltre, questo è l'anno del cavallo, seguendo l’oroscopo dei dodici animali proprio del loro calendario.
Castiglione ha rappresentato nei suoi dettagli più belli, realistici e affascinanti i cavalli che avevano colpito gli imperatori Kangxi, Yongzheng e Qianlong. Con l'augurio di un nuovo anno per tutta la vastissima popolazione
cinese e coloro che si appassionano all'arte, al costruire ponti tra i popoli,
a capire profondamente la spiritualità e i desideri nascosti nei sogni di milioni di persone.
Gao Wei, regista di Jiangsu Tv, supervisore dell'intero docu-drama e ormai
alla sua terza collaborazione con Kuangchi Program Service, dice che "rivisitare Castiglione artista umile e allo stesso tempo di una profondità straordinaria, è un'esperienza umana e spirituale impagabile. Abbiamo filmato
a Pechino, Milano, qui in questi studi, intervistato artisti ed esperti di diverse provenienze, tutti in qualche modo affascinati da Lang Shining
(nome di Castiglione in Cina)". Il montaggio dovrebbe terminare prima dell'estate. La versione definitiva sarà in cinese, per la messa in onda sulla televisione nazionale. Il Kuangchi Program Service ha già prodotto
documentari su Paolo Xu Guangqi, discepolo di Matteo Ricci, e su Padre
Adam Schall, che hanno avuto punte di oltre 200 milioni di telespettatori.
Attraverso i media, i cinesi percepiscono i motivi missionari d ei personaggi e il loro contributo allo sviluppo culturale e scientifico della Cina.
I documentari vogliono invece dare una vera e, per quanto possibile,
completa immagine dei migliori esempi dell’iniziale attività missionaria dei gesuiti in Cina.
Pensiamo – afferma P. Jerry Martinson SJ, vice-presidente del KPS – che
queste produzioni abbiano avuto successo nel correggere e migliorare la
percezione che la maggioranza dei cinesi ha dell’attività missionaria cattolica”. Per la versione italiana, la narrazione sarà affidata al grande Maurizio
Di Schino, voce ufficiale di Tv2000. La prima visione avverrà a Milano in
occasione della Expo, grazie all’organizzazione portata avanti dai mitici
padri Dall’Asta e Magni del Centro San Fedele di Milano.
Gentile Lettore,
grazie per l’interesse mostrato rispetto alla rivista
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causale “rivista GMI”
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Ricordando
Brasile
Testimoni del Vangelo
di P. Gigi Muraro S.I.
“Facciamo dunque l'elogio degli uomini illustri,
questi furono uomini virtuosi, i cui meriti non furono dimenticati.”
(Sir. 44,1-10)
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IL GRANDE CANADESE, P. FERNANDO LEVESQUE S.I.
Quel gesuita canadese non si sa come fosse arrivato a São Luís del Maranhão, Brasile: senza dubbio né il Provinciale del Canada né quello della
Bahia lo sapevano, forse Sant’Ignazio di Loyola e certamente lo Spirito
Santo. Nel 1977, arrivò con una macchina fotografica, una Bibbia, un block
notes e qualche indumento. Conobbe il Maranhão e visitò alcuni conterranei canadesi che lavoravano come missionari in alcune Parrocchie della
Capitale. Venne, vide e risolse di restare. Nessuno lo invitò direttamente.
I Gesuiti non sapevano neppure che fosse là. Eppure Fernando aveva il
suo cuore generoso e decise di servire alla necessità della Chiesa locale.
Restò, fiducioso, con fede e amore per i poveri della terra. Nel tempo delle
“vacche magre” quando le vocazioni indigene praticamente non esistevano, P. Fernando si rimboccò le maniche e riaprì il Seminario S. Antonio.
Da cuoco a Rettore, fece tutto! Il Clero maranhense, formato negli ultimi
15 anni, ha avuto impresso il segno indimenticabile della personalità di questo sacerdote della Compagnia di Gesù. Come San Francesco di Assisi,
Fernando usava gli indumenti fino all’estrema povertà, aggiustando e cucendo con la sua macchinina Singer di 5 cm! Da solo si radeva barba e capelli. Era austero, ma il suo cuore fu docile e amico, intelligente e
intellettuale, una mente di alta qualità, sempre capace di mettersi al livello
dei poveri per capirli ed essere solidale con lor o. Non soddisfatto nella formazione dei nuovi sacerdoti e laici, P. Fernando attraversò le boscaglie
della Parrocchia “Angelo della Guardia”, fondò Comunità, costruì
chiese, centri, scuole, cooperative... Si calò nella triste situazione dei
lebbrosi, abbandonati alla completa miseria nell’antico ospedale Aquiles
Lisboa, la colonia del Bonfim, dove P. Fernando lavorò per loro e con loro.
Quello era poco per un cuore appassionato. Dall’alto di São José di Ribamar (l’antichissimo paese dei Gesuiti nel 1600, oggi un comune di 116.309
abitanti (2007) situato sull'Isola di São Luís nello stato del Maranhão in Brasile), il sacerdote vide le barche che partivano piene di gente. Cosa c’era
dall’altra parte del mare? Qualcuno gli disse: c’era un popolo perso nel
mezzo di sabbie riarse, con sete di Dio e fame di Giustizia. Così P. Fer-
São José di Ribamar (da una foto di inizio ‘900)
nando s’imbarcò, con un’amaca sotto il braccio, una borsa con il necessario per celebrare la Messa, due camicie, un paio di calzoni, un paio di sandali vecchi, nient’altro. Sulle some di muli, su barche o a piedi, visitò decine
e decine di villaggi: durante le vacanze estive vi trascorreva 40 giorni. Nell’interno di Humberto di Campos e Primeira Cruz, il missionario, testimone
la sua stessa vita, annunciò che Dio è Padre e che perciò non voleva la miseria dei suoi figli. La sua estrema povertà lo portò alla morte. Dei monelli
gli avevano tagliato il cinturino del casco: non volle comprarne uno nuovo,
lo sostituì con uno spago di nylon. Un piccolo incidente – uno scontro da
poco tra la sua moto e un’auto - gli fu fatale: il nylon gli tagliò la gola. Portato all’ospedale a São Luís (Maranh ão), dopo tre giorni, morì il 28 gennaio
1996: aveva 66 anni. Una folla di bambini, uomini, preti, malati, lo accompagnarono nell’ultimo viaggio, camminavano, cantando lodi della gloria del
Dio della Vita! Dentro quella bara, coperta di fiori selvatici che i poveri colsero per strada, il corpo maltrattato di un gesuita coraggioso. In mezzo al
cimitero – abbandonato, quello dei lebbrosi – fu sepolto. Senza titoli, né
onori, senza nessun riconoscimento ufficiale, giace il corpo di un uomo la
cui vita vivrà per molto tempo tra i poveri del Maranhão.
L’ARTIGLIERE DI MONTAGNA FRATEL GIULIO VECCHIATO S.I.
A 25 anni, Giulio lasciò l’Esercito ed entrò nella Compagnia di Gesù. Nel dicembre 1961, Fratel Giulio arrivò in Brasile. La sua destinazione fu la pittoresca chiesetta di Santo Antonio, sulla sponda della Baia di Salvador
(Bahia), come sacrestano. Una storia curiosa: nel 1965... Fratel Giulio mi telefonò – io stavo nel Collegio Antonio Vieira – e mi chiese di raggiungerlo
con la macchina fotografica. Cosa c’era? Un grappolo di banane, eccezionali: pazientamene contai nientemeno che 360 banane! Per caricare il
grappolo ci vollero tre uomini. Quanto al prodigio, fu il “concime” vicino
alla casa...
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Da Bahia, nel 1970, Fr. Giulio arrivò a São Luís del Maranhão, ancora come
sacrestano, nella artistica chiesa di “Nossa Senhora dos Remédios”. Aveva
60 anni: pensavamo che fosse già ... pensionato? Al contrario: iniziò la sua
grande storia, come vero apostolo. Cominciò modestamente, nel suo servizio di aiutante della Messa, nelle preghiere, nelle Novene. Poi, pian piano,
visitava le case vicine per scoprire quanta gente povera e quanti anziani e
ammalati ci fossero. Imparò a usare lo strumento religioso: “Il Messaggero
del Cuore di Gesù”... all’inizio solo alcune copie, poi sempre più e alla fine
raggiunse le 190 riviste mensili, tutte consegnate a mano. Non bastava: il
nostro Gesuita diventò “Ministro dell’Eucarestia”. Contemporaneamente
amministrava la Comunione sia nell’Ospedale Dutra sia nelle abitazioni dei
malati e degli anziani. All’inizio, soltanto nella nostra Parrocchia, poi, attraverso le conoscenze, la fama si sparse. In altri Ospedali e in altri quartieri:
evidentemente non poteva andare a piedi, ragion per cui la gente inviava
le proprie auto. Alle domeniche, i sacerdoti essendo in numero insufficiente,
non celebravano le Messe degli Ospedali: allora Fr. Giulio recitava la sua
Messa con i foglietti della liturgia. Si alzava alle 4, all’alba: andava a pregare,
fin quando – alle 6 del mattino – apriva la chiesa e recitava il Rosario per i
devoti. Dopo la Messa, partiva a visitare i vecchi e là ritornava al mezzogiorno. Al pomeriggio, quando il sole diminuiva – tra le 15 e le 16 – ripartiva, tornando verso alle 18, per il nuovo Rosario e Novene. Poi l’ultima
Messa. Così per più di 30 anni! Fr. Giulio, era amato e stimato, solo mancava che fosse Santo! Ormai sui 94 anni, continuava ancora a visitare gli
ammalati. Nel 2004, improvvisamente, fu colpito da una paralisi ,e ricoverato all’Ospedale, dopoi 4 mesi vi concluse la sua meravigliosa storia degna
di ammirazione e santità.
IL BELGA, P. FREDDY SERVAIS S.I.
P. Freddy arrivò dal Belgio nella Provincia
del Centro del Bra sile. Dopo qualche tempo
si trasferì a São Luís dove fu di valido aiuto
nel Seminario Diocesano. Fu Professore
e, per alcuni anni, Rettore, nonché coadiutore nella Parrocchia di Nossa Senhora
dos Remédios.
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Il Provinciale – P. Giampiero Cornado – nel
1992 decise di inviarlo nella Comunità di
Belem (Pará), perché avviasse la Pastorale
Universitaria. Fu provvidenziale un edificio
dei Gesuiti, allora disponibile: spazi parecchi, ristrutturati e attrezzati. Freddy partì alla
caccia dei candidati, nel grande campus
della Università. Molti vennero a vedere, ma
sfortunatamente, gli universitari generosi
furono pochi: una dozzina... Cosa potevano
fare con quel gruppetto striminzito? Così
tra Freddy e i volontari venne l’idea geniale:
non pensare ai “grandi”, ma ai “piccoli”! Gli
alunni delle Scuole Pubbliche Elementari.
Scuole malandate, deboli, svogliate... dove
circa metà delle classi abbandonano il percorso di formazione. Che fare?
Inventare il dopo-scuola: insegnare a leggere e a scrivere; capire; imparare; educarsi... e anche una buona merenda aiuta a comprendere lo stomaco. I nuovi professori furono gli universitari; le “merendiere” furono
signore disponibili; amici che aiutavano con le auto... Così, la piccola storia, diventò grande, con tante scuo le e con tanta gente che ebbe voglia di
aiutare e soccorrere. Si organizzò il “CENTRO ALTERNATIVO DELLA
CULTURA” (CAC), nato praticamente nella Comunità della Cappella di
Lourdes. Molti devoti aiutarono con offerte; altri, collaboravano con libri;
altri, alimenti. Alla fine gli spazi erano occupati. C’erano le cucine; la biblioteca; la sala dei computer; riunioni.... Freddy era il cuore dell’attività.
Purtroppo il prezzo si paga. Freddy, un giorno, mentre stava andando al
quartiere di Sacramenta – centro delle scuole – avvertì l’infarto ... si fermò,
chiese aiuto con il telefonino. Fu portato all’ospedale, lo salvarono… e continuò con lo stesso impegno, sempre di fretta, ad aiutare i suoi alunni. Ma
nel 2001, Dom Luís, l’Arcivescovo di Manaus, gli affidò l’incarico di Rettore
del Seminario, mi sembra. Vi si recò e poi tornò a Belèm. Non so che cosa
avesse deciso... Cinque giorni dopo, dopo aver caricato su un’auto dei libri
da portare al CAC, salendo le scale con un pacco ... un nuovo attacco di
cuore: aveva 60 anni. Il CAC è stato chiamato “Centro Freddy”.
LA GIAPPONESE DEI GESUITI
Nella terra dell’Oriente una giapponese si convertì al cristianesimo e diventò
Francesca. Un sognatore gesuita, Padre Guido del Toro, fu inviato missionario in Brasile tra i giapponesi che vi erano immigrati. Costruì un collegio
intitolato a San Francesco Xavier nello stato di São Paulo, nel quartiere
Ipiranga, da dove passò a Belém (Para): così arrivò Francesca Takeda, avvocatessa, come volontaria dei Gesuiti. All’inizio, i contadini giapponesi si
dedicarono all’agricoltura, soprattutto del pepe. Francesca diventò maestra dei bambini dell’asilo infantile nel paese di Castanhal. P. del Toro, con
l’aiuto di Francesca, prese in mano il nuovo collegio “San Francesco Xavier”: un edificio centenario – in pessime condizioni – destinato ai collegiali
giapponesi. Poi, grazie ad un finanziamento del governo giapponese, furono iniziati i lavori per l’ammodernamento della struttura. Pochi anni e il
vecchio toscano, P. Guido del Toro, morì: il console giapponese presenziò
al funerale e provvide alla sua tomba. Scomparso il “sognatore”, il collegio
fu venduto dal Governo... la missionaria Francesca restò disoccupata.
Il Governo del Pará decise di usare quell’edificio per la “Rieducazione dei
minori che avevano infranto la legge” e invitò la giapponese, insieme a
P. Licurgo Tamiozzo S.I. ad assumerne la conduzione. Cose da impazzire
per due persone! Padre Zatelli S.I. giudicò impossibile l’impresa e abbandonò al suo destino il progetto del Governo del Pará. Francesca, la missionaria, nuovamente da sola, si fermò. Allora i Gesuiti la accolsero. Dopo
essere stata giudice, missionaria, catechista, maestra, direttrice... finalmente trovò nella Cappella di Lourdes la sua finale destinazione come sacrestana, sempre con i Gesuiti, gentile e accogliente, sempre attenta e
laboriosa. Passarono gli anni, ormai anziana, silenziosa, sempre la stessa
brava persona. Quando scendeva la notte, alle volte, tante stoviglie usate...,
e Francesca, la giapponese, lavava tutto. Si spense il 2 ottobre 2003.
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SUOR DOROTHY,
LA MARTIRE AMERICANA
60
Giorno terribile il 17 aprile 1996: 150
poliziotti spararono sui Senza-Terra, vicino al paese Eldorado de Carajás; 40
morti, 70 feriti, tutti scioccati le altre
centinaia di persone. Fu così che accolsi i Senza-Terra, due giorni dopo che
avevo celebrato la mia Messa festiva.
Bisognava ricuperare la tristezza, lo
sgomento...
Allora il P. Mosconi decise una “Missione Popolare” nella Parrocchia di Eldorado de Carajás, che assegnò a me,
dandomi come collaboratrice una
certa “Suora Marta”, nell’accampamento dei Senza-Terra della Macaxeira. In realtà era Suor Dorothy, che
aveva nascosto la sua identità per
sfuggire alla persecuzione dei “fazendeiros” che infestano la Transamazzonica. Fu così che conobbi la Suora
americana – naturalizzata brasiliana –
e, frequentemente, ci incontravamo a
Marabá, nel centro della Comissione
Pastorale della Terra (CPT). Io visitavo i
Senza-Terra nelle “fazendas”; Suor Dop. Gigi Muraro con sr. Dorothy
rothy tra i contadini della foresta, nella
remota regione di Anapú.
Entrambi, sr. Dorothy ed io, eravamo ricercati dai banditi, ma soprattutto
era la Suora che correva maggiori pericoli, tanto più che a minacciarla
erano i politici, i poliziotti, i “delegati”, i sindaci, i mascalzoni.... dall’altra
parte, una donna inerme. A dire il vero, c’era anche qualche brava persona,
nel Governo di Brasilia, ma era a migliaia di km! Ragion per cui, spesso, la
Suora cercava di sfuggire ai pericoli, con l’aiuto delle Suore amiche di
Anapú. L’INCRA (Istituto nazionale per la riforma agraria), il Ministro del Governo, raccomandavano di soccorrere; anche un giornalista di Marabá,
pubblicava le notizie, cercava di collaborare. In ogni modo, gli anni passavano... Nel novembre 2004, Dorothy e io, ci trovammo sulla porta della CPT
(Commissione della Pastorale della Terra) Io avevo alcune notizie del giornale “La Voce del Tocantins”: tirava una brutta aria. Meglio scappare da
Anapú. La Suora mi rispose, ridendo:” Ormai sono troppo vecchia; nessuno mi vuole più...”. E cosí ci accomiatammo. Fu l’ultima volta che la vidi!
Suora Dorothy ritornò a Anapú, dove continuava a lavorare in difesa dei
contadini e della foresta. Il mattino del 12 febbraio 2005, stava andando a
piedi in mezzo alla foresta per conoscere una famiglia ... due banditi la raggiunsero, la uccisero, la lasciarono, per un intero giorno, abbandonata,
sotto la pioggia. Solo il giorno seguente la Polizia Federal e la raccolse.
Madagascar
P. Antonino Cataldo S.I.
difensore degli indifesi
di Grazia Salice
P
. Antonino Cataldo nacque a Carini (Palermo) il 19 aprile 1933, da genitori molto
facoltosi, produttori ed esportatori di
agrumi. Una famiglia numerosa di otto figli, cinque maschi e tre femmine.
Entrò all’età di diciassette anni in Compagnia,
il 6 ottobre 1950. Arrivò in Madagascar come scolastico, vi terminò gli studi
della Teologia e fu ordinato sacerdote il 7 agosto 1965. Gli fu affidato un distretto dell'interno, Amborompotsy, ancora di prima evangelizzazione con
cento e più villaggi, che si estende sull’altopiano per oltre 10.000 kmq di
terra rossa, selvaggia e aspra, una località molto difficile da raggiungere, a
200 Km da Ambositra, sede della diocesi. Il lavoro fu quindi quello "classico" dei missionari d'avanguardia: favorire l'accoglienza dell'annuncio
evangelico con una predicazione adeguata e aiutare in ogni maniera villaggi poverissimi, ogni giorno costretti ad affrontare l’ennesima sfida per la
sopravvivenza, minacciata da malattie spesso mortali, dall’insufficienza alimentare, dall’assenza dei servizi igienici, da un’assistenza sanitaria carente,
dalla difficoltà nei trasporti e nelle comunicazioni.
P. Cataldo trovò il modo, in pochi anni, di istituire un vivaio vocazionale,
occupandosi anche della formazione dei giovani e insegnando loro a preparare gli orti per coltivarvi le verdure per integrare la dieta giornaliera, per
altro scarsa come quantità, a base di solo riso, a costruire dei laboratori di
falegnameria.
Ankaditsiary, un villaggio nel distretto di Amborompotsy, fu la sede della
sua missione, per quasi 50 anni, affiancato negli ultimi anni dalle Sorelle
Miss ionarie della Misericordia, una comunità religiosa fondata in Sicilia
da una sua sorella, Madre Antonina, alle quali affidò l’organizzazione della
scuola e della mensa scolastica: l’impegno fu quello di assicurare ai bambini, tre giorni la settimana, un pasto completo! Attraverso il progetto “un
pugno di riso” è stato possibile investire il contributo in denaro, in “kapoaka”, unità di misura alimen tare, l’equivalente di circa 150 gr di riso.
P. Cataldo fondò nel 2001 la prima scuola, grazie agli aiuti giunti dall’Italia,
dalla Scuola Media Statale “Nievo-Matteotti” di Torino, gemellata con la
scuola malgascia. Oggi ci sono altre due/tre scuole nel distretto, è stato
costruito anche un ambulatorio con locali attrezzati per un ricovero, un dispensario di medicinali, che, grazie all’aiuto dei volontari, è stato reso sempre più funzionale e un preventorio per bambini denutriti.
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Negli ultimi anni di vita il padre fu minacciato di morte se avesse continuato a difendere i diritti dei più deboli. Non si lasciò intimorire, continuando
con coraggio esemplare a stare dalla parte degli indifesi.
P. Antonino si è spento all’alba del 17 marzo 2013, mentre era in preghiera.
È stato sepolto come lui desiderava davanti ad un’immagine di Cristo in
prossimità della chiesa da lui fatta costruire a circa un chilometro dalla sua
missione, un luogo particolarmente significativo, perché vi sono sepolti gli
antichi antenati malgasci in una continuità perciò di vita oltre la morte.
Giappone
P. Pietro Peretti S.I.
teologo nel paese del Sol Levante
di Grazia Salice
P
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. Pietro Peretti era nato a Volvera (TO) il 12 gennaio 1921. Dal Seminario di Giaveno entrò in Compagnia nel Noviziato dell’allora Provincia Torinese, il 26 settembre 1939, frequentando il Liceo Classico a
Cuneo. Dal 1944 al ’47 studiò la Filosofia a Gallarate da dove partì per il
Giappone il 28 ottobre 1947, studiò lingue e fece il Magistero a Yokosuka, nella baia di Tokyo. Rientrò in Europa nel 1950 fino al ’54 per frequentare la Teologia a Comillas (Spagna); fu ordinato sacerdote il 15 luglio
1953 e fece il Terzo Anno a Fiesole; dal 1955 al ’58 frequentò il biennio di
Dogmatica alla Gregoriana e tra il ’58 e il ’61 insegnò Teologia fondamentale a Kamishakuyu (Tokio); dal ‘61 all’84 fu a Kobe, insegnando all’Università Religione, Sacra Scrittura, Filosofia introduttiva al Cristianesimo;
insegnò anche Italiano e Antropologia all’Università del S. Cuore di Namur;
fu promotore diocesano per l’ecumenismo nella Diocesi di Osaka; svolse
diversi ministeri sacerdotali, tenne corsi sistematici di preparazione al Battesimo, formazione pre-matrimoniale. Si trasferì a Nagasaki dove svolse attività parrocchiali con vari impegni formativi di preparazione al Battesimo
degli adulti.
I 25 anni centrali della sua vita missionaria li trascorse in massima parte
nell’insegnamento presso varie Università. I confratelli che lo ebbero presso
di loro nelle diverse case, ne conservarono un prezioso ricordo. E’ stato un
uomo sempre pronto a spendersi nei servizi propri delle Comunità, sostituire chiunque si rivolgesse a lui, con amabilità.
Una gioia, nel 1995, fu la pubblicazione del suo ultimo volume di Teologia
dogmatica in giapponese, gioia stroncata da un episodio ischemico che
lasciò i segni nel suo fisico. Incominciò la sua passione a letto prima, in
carrozzella poi, limpido di mente ... degente nell’infermeria della casa di
Tokyo dove è spirato il 20 aprile 2013.
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