Indichiamo alcune opere la cui lettura ci è stata utile per pensare e organizzare le
iniziative del “Giorno della Memoria” e il “Viaggio della Memoria del 2016.
Li potete trovare all'Isrec e prendere in prestito.
Libri da leggere,
per riflettere,
da proporre agli studenti,
prima o dopo il 27 gennaio 2016
Bruno Maida, “La Shoah dei bambini. La persecuzione dell'infanzia ebraica in Italia.
1938-1945”, Einaudi, 2013, pp. 345 (euro 29,00)
Il testo fondamentale per comprendere cosa è stata la persecuzione antiebraica in Italia, le
responsabilità e l'atteggiamento degli italiani, gli effetti dell'isolamento, della cacciata dalle scuole,
della separazione dai genitori, della fame, di una infanzia sempre nella paura dei bambini ebrei in
Italia che hanno avuto la fortuna di non essere deportati ad Auschwitz.
Quella dei bambini è una storia di persecuzione, di deportazione, ma anche di generosità e salvezza.
900 furono i bambini deportati dall'Italia; dei 766 inviati ad Auschwitz ne tornarono 25.
7000-8000 circa furono i bambini ebrei italiani che vennero nascosti e si salvarono.
“Questo libro racconta la storia dei bambini ebrei che furono perseguitati e deportati dall'Italia, in
una vicenda che si dipanò dal 1938 al 1945. Esso non ripercorre solo le complesse realtà che vissero
gli adulti bensí riattraversa quegli anni «con occhi di bambino». È un'espressione, questa, che non
significa solo collocare al centro della narrazione il punto di vista dell'infanzia e i percorsi di una
memoria specifica, segnata da esperienze in parte diverse rispetto a quelle dei genitori. È
un'espressione che sottolinea come nella ricostruzione storica della persecuzione e della
deportazione dei bambini italiani ebrei vengano analizzate le strategie e i comportamenti della vita
quotidiana - dal gioco allo studio, dal rapporto con gli altri famigliari agli oggetti e ai luoghi - che
restituiscono un mondo articolato di paure e speranze. Il libro racconta sia come vissero
concretamente quei bambini, sia l'aspetto psicologico piú strettamente legato al trauma, poiché fu
un'esperienza che coincise con la fase della crescita, indirizzando per sempre alcuni elementi della
loro identità e del loro rapporto con il mondo. Il tema della mancata reintegrazione, in termini
materiali e simbolici, da parte del nostro paese, induce l'autore a spingere la sua ricostruzione fino
al dopoguerra, cosí da portare la riflessione sulle responsabilità collettive che tuttora ci
interrogano.” (cfr. http://www.einaudi.it/libri/libro/bruno-maida/la-shoah-deibambini/978880621385)
Bruno Maida interviene il 27 gennaio alla Sala dei Teatini alle ore
21,00 sullo stesso tema per introdurre il concerto ideato dal Maestro
Valentino Metti dedicato all'infanzia ebraica perseguitata.
Aldo Zargani, “Per violino solo. La mia infanzia nell'aldiqua (1938-1945)”, Il
Mulino, 2010, pp. 237 (12,00 euro)
Zargani aveva 5 anni al momento dell'emanazione in Italia delle leggi razziali e 11 quando i suoi parenti furono
deportati; la memoria è stata scritta a cinquant'anni.
Un libro intenso, colto, molto amaro, che alterna pagine descrittive e piene di tenerezza, ad altre di cruda riflessione.
Una memoria non retorica, che nulla concede alla moda “vittimaria”. Per adulti ed adolescenti.
Si veda la presentazione dello stesso Zargani alla Festa del libro ebraico del 2010 su youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=eIbJFwmVkzw.
"Una storia delicata, struggente, nutrita di saggezza, condita di affetto e di umorismo" (Elena Loewenthal). "Un libro
tragico, appassionante, delizioso. Sì, anche delizioso (addirittura capace di farci sorridere)" (Angelo Guglielmi). Per un
ebreo italiano classe 1933 come Aldo Zargani il periodo che va dal varo delle leggi razziali fasciste nel 1938 al 1945 ha
inevitabilmente un carattere duplice: sono gli anni della persecuzione e della paura ma anche gli anni favolosi
dell'infanzia, anni fatali e fatati. In questo libro Zargani ripercorre le traversie sue e della sua famiglia in quei "sette anni
di guai": la perdita del lavoro del padre violinista, l'esclusione dalle scuole, l'espatrio fallito, la fuga da Torino attraverso
il Piemonte, l'arresto dei genitori, il collegio, la deportazione dei parenti; ma se quell'esperienza si incide nella carne del
bambino come una ferita immedicabile, la memoria che la rivisita sa tuttavia estrarne anche quella galleria di
personaggi e situazioni comiche o grottesche che comunque abita l'infanzia, donde l'impasto impossibile di un
"amarcord" ilare e luttuoso, di un "giornalino di Giamburrasca" che racconta una storia di spavento e dolore. Una prova
di virtuosismo narrativo, certo, ma anche un modo vitale per liberarsi del peso di quell'esperienza e di trasmetterne la
memoria: magari, da nonno a nipote, come una favola un po' divertente e un po' paurosa.
Aldo Zargani dal 1954 al 1994 ha lavorato alla RAI, prima a Torino e poi a Roma. Negli anni Cinquanta e Sessanta è
stato attore con il Centro del Teatro Popolare e il Teatro delle Dieci di Torino. Con il Mulino ha pubblicato anche "Certe
promesse d'amore" (1997). "Per violino solo" è stato tradotto in tedesco, francese, spagnolo e inglese. (cfr.
http://www.rivistailmulino.it/item/324)
Deborah Dwork, “Nascere con la stella. I bambini ebrei nell'Europa nazista”,
Marsilio, 2005, pp. 399 (euro 10,00)
Il testo fondamentale sulla persecuzione dell'infanzia ebraica sotto il Terzo Reich.
Del milione e mezzo di bambini ebrei che scomparvero sotto il nazismo, ne sopravvisse l'undici per cento. Per dare
voce a questi bambini, l'autrice fa parlare i testimoni, i sopravvissuti. I bambini ebrei vissero diverse tragiche
esperienze, inspiegabili, incomprensibili per loro: nascosti nelle case, nei campi di transito e nei ghetti, nei campi di
concentramento, morendo di fame, di freddo, di solitudine, conservando tuttavia, fino alla fine, i propri giochi e i propri
sentimenti, con un ostinato attaccamento ad ogni barlume di normalità. E' un libro sulle vicende della loro vita, non
della morte.
Anna Mieszkoska, “Nome in codice Jolanta”, Edizioni San Paolo, 2009, pp. 295
(euro 20,00)
La lettura ci è stata suggerita dalle insegnanti dell'Associazione culturale “Femminile plurale” di Piacenza
(https://www.facebook.com/Femminile-Plurale-Associazione-Culturale-304076036468327/?fref=ts) come un grande
esempio di una “giusta tra le nazioni”, di una storia vera, quella di Irena Sendler che salvò 2500 ragazzi dalla Shoah, e
di quanto tante donne sconosciute fecero per salvare i bambini ebrei nell'Europa travolta dalla loro distruzione.
“La straordinaria storia di Irena Sendler, la donna che salvò 2500 bambini ebrei nel ghetto di Varsavia.
Irena Sendler (1910-2008) partecipò alla resistenza polacca durante la seconda guerra mondiale. Attivista del
movimento clandestino Zegota, era assistente sociale di professione. Come tale aveva accesso al ghetto di Varsavia, dal
quale riuscì a salvare circa 2500 bambini. Numerosi i sotterfugi utilizzati: fughe con il tram, le ambulanze, attraverso
cunicoli sotterranei, persino passando per il palazzo di giustizia o le fognature. Posti in salvo i bambini, Irena forniva
loro documenti falsi e si occupava di trovare un alloggio presso famiglie cristiane, conventi e orfanotrofi. Nel 1943 fu
arrestata dalla Gestapo, che però non si rese conto dell'importanza della persona che aveva in mano: sottoposta a tortura,
non rivelò l'esistenza della Zegota e non tradì i suoi compagni. Condannata alla fucilazione, riuscì a fuggire grazie
all'aiuto della resistenza polacca.
Il 15 dicembre 1965 Irena Sendler fu riconosciuta dallo Yad Vashem Giusta tra le Nazioni. La sua vicenda venne
riscoperta nel 1999 da quattro ragazze della cittadina americana di Uniontown, nel Kansas, le quali allestirono uno
spettacolo teatrale, La vita in un barattolo, che portò alla ribalta internazionale la sua storia.
Prefazione di Moni Ovadia.” (cfr. http://www.edizionisanpaolo.it/varie_1/attualita/attualita--e-storia/libro/nome-incodice-jolanta.aspx)
Jona Oberski, “Anni d'infanzia. Un bambino nei lager”, Giuntina, 1989, pp. 119 (euro
10)
Un libretto che tutti dovrebbero leggere: la prosa asciutta, descrittiva, sembra riportare fedelmente
le immagini che scorrono negli occhi del bambino, le parole della mamma che entrano nelle sue
orecchie...
“Jona Oberski è nato ad Amsterdam nel 1938 e lavora attualmente in un istituto di fisica nucleare.
In questa sua prima opera, già pubblicata in numerosi paesi, descrive la sua tragica esperienza di
bambino ebreo deportato insieme i genitori in un campo di concentramento. Da questo libro è stato
tratto il film di Roberto Faenza Jona che visse nella balena” (cfr.:
http://www.giuntina.it/Autori/Jona_Oberski_50.html)
Su Youtube “stupenda traccia dal film "Jona che visse nella balena" di Roberto Faenza, tratto dal
romanzo di Obersk. La colonna sonora è curata dall'insormontabile Ennio Morricone. Il canto
ebraico presente in traccia invece è tratto dal Salmo 23 di Davide:
Gam Gam Gam Ki Elekh
Be Be Ge Tzalmavet
Lo Lo Lo Ira Ra'
Ki Atta' Imadi' (2 volte)
Shivtekha Umishantecha
Hema Hema Inaktamuni'
Anche se andassi
Per le valli più buie
Di nulla avrei paura
Perché tu sei al mio fianco.
Se tu sei al mio fianco
Il tuo bastone
Il tuo bastone mi dà sicurezza”
(https://www.youtube.com/watch?v=XbmrbK2pwTA9)
Lia Levi, “Una bambina e basta. 20 anni”, edizioni e/o, 1994, pp. 186 (euro 9,90)
Una memoria viva, elegante, vera, senza sconti per nessuno; una storia di salvezza in un convento,
sulla complessa e sfumata “identità ebraica e sull'attrazione per il cattolicesimo. Un breve libro da
leggere per adulti e ragazzini, soprattutto per le ragazzine.
“La storia del libro raccontata dalle edizioni E/O
Vent’anni fa, nel 1994, quando pubblicammo per la prima volta questo breve romanzo di Lia Levi,
il libro ricevette subito il Premio Elsa Morante – Opera Prima, inizio prestigioso di una fortunata
carriera letteraria. Da allora sono state vendute decine di migliaia di copie, ha ricevuto giudizi critici
importanti, è stato letto in centinaia di scuole, è diventato un classico contemporaneo. Perché, come
ha scritto Laura Mincer sul Manifesto, “è agghiacciante proprio perché è una storia così piana, così
semplice, che non pone barriere alla comprensione, e immedesimarsi è così facile. È davvero la
storia di una bambina qualsiasi, una storia che potrebbe così facilmente ripetersi”.
La trama
È la storia di una bambina ebrea e del suo rapporto con la madre. La piccola viene nascosta in un
convento cattolico alle porte di Roma per sfuggire alla deportazione. È attratta dal dio «buono dei
cristiani e non da quello sempre arrabbiato degli ebrei», dalla sicurezza di quel mondo cattolico non
minacciato, da una lieve vertigine mistica ambiguamente incoraggiata da qualche monaca, dalla
speranza d’interpretare la Madonna alla recita di Natale. Ma quando è a un passo dall’abbracciare la
nuova fede, interviene la madre, «tigre, leonessa, che ha poco tempo per libri e sinagoghe perché
deve difendere le figlie», la loro vita ma anche la loro identità minacciata. Solo a guerra terminata
potrà dire alla figlia: tu non sei una bambina ebrea, sei una bambina e basta.
L’autrice
Lia Levi, di famiglia piemontese, vive a Roma, dove ha diretto per trent’anni il mensile
ebraico Shalom. Per le nostre Edizioni ha pubblicato: Una bambina e basta (Premio Elsa Morante
Opera Prima), Quasi un estate, L’albergo della Magnolia (Premio Moravia), Tutti i giorni di tua vita,
Il mondo è cominciato da un pezzo, L’amore mio non può, La sposa gentile (Premio Alghero Donna
e Premio Via Po) e La notte dell’oblio. Nel 2012 le è stato conferito il Premio Pardès per la
Letteratura Ebraica.”
(http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/01/26/lia-levi-racconta-una-bambina-e-basta/)
Su Youtube l'autrice racconta la propria esperienza d'infanzia:
https://www.youtube.com/watch?v=_O5Zj7jgT-A
Liliana Treves Alcalay, “Con occhi di bambina (1941-1945)”, Giuntina, 1994, pp. 118
(euro 10,00)
«Dopo l'8 settembre del 1943 i Treves rischiavano continuamente di essere scoperti e catturati. Una
volta, due fascisti si presentarono al casolare della famiglia Cordani, che li aveva generosamente
accolti, chiedendo minacciosamente notizie di "una donna ebrea con 4 bambini": sembrò alle 12
persone nascoste al primo piano, con il fiato sospeso e i muscoli contratti dalla tensione, che tutto
fosse perduto. La bimba per la prima volta conobbe la paura; quella frase "una donna ebrea con 4
bambini" risuonò e si dilatò in lei come un incubo che non la lasciò mai più. Mentre i loschi figuri,
di sotto, frugavano e interrogavano, lei voleva urlare, ma la mano della mamma l'accarezzava e la
supplicava di restare in silenzio. Il silenzio. Questo fu il grande mago maligno che dominò i
bambini ebrei durante la guerra. Dovunque, c'erano genitori che chiedevano ai figli di non
muoversi, non giocare, non uscire, non dare nell'occhio». (dalla Prefazione di Liliana Picciotto
Fargion)
Per raccontare la Shoah ai più piccoli:
Donatella Giulietti (a cura di), “Eri sul treno per Auschwitz? Strumenti per
raccontaree la Shoah ai bambini”, ISCOP, 2013, con DVD allegato
“Il volume nasce con l’intento di offrire ai docenti gli strumenti per la progettazione
di percorsi di ricerca storico-didattica partendo da presupposti di ordine storiografico,
pedagogico e metodologico-didattico e dall’analisi di nuovi linguaggi che rendono
possibile la "narrazione" della Shoah ai bambini. Il testo raccoglie un lavoro di
ricerca e sperimentazione ideato ed elaborato dalla sezione didattica dell'ISCOP in
collaborazione con le scuole primarie e secondarie di primo grado della Provincia di
Pesaro-Urbino. Per favorire l'incontro con storie così complesse, il percorso presenta
una varietà di strumenti e linguaggi tra cui l'arte, i testi di letteratura per l'infanzia e,
naturalmente, il laboratorio storico con le fonti per ricostruire i vissuti di cittadini
ebrei che hanno subito la discriminazione e la persecuzione razziale nazifascista. Si fa
particolare riferimento alla vicenda di un bambino, Cesare Moisè Finzi, e ai
componenti della sua famiglia che trovarono la salvezza, rifugiandosi in alcune
località del Pesarese.”
Download: http://www.indicazioninazionalimarche.it/portale/index.php?
option=com_jdownloads&Itemid=150&view=summary&cid=100&catid=97
Inge Deutschkron, Lukas Ruegenberg, “Papà Weidt”, Istoreco, 2009
Papà Weidt racconta la storia di Otto Weidt, tedesco ipovedente che fondò agli inizi
degli anni ’40 a Berlino una piccola azienda per la produzione di spazzole e scope,
dove fece lavorare soprattutto ebrei non vedenti.
Otto Weidt, chiamato affettuosamente “Papà Weidt” dai suoi dipendenti, diede loro
protezione per molto tempo. In numerosi casi riuscì, fino alla fine della guerra, a
nascondere e salvare i suoi amici lavoratori dalla deportazione. Fu dichiarato “Giusto
tra le Nazioni” il 7 settembre 1971, ed è ricordato allo Yad Vashem di Gerusalemme.
Il libro è stato scritto, con un linguaggio e disegni adatti a bambini dagli otto anni in
su, da Inge Deutschkron, ebrea sopravvissuta alle persecuzioni naziste grazie ad Otto
Weidt.
Durante il Viaggio della Memoria 2009 studenti del Liceo Ariosto-Spallanzani
avevano visitato a Berlino l'ex-azienda di Weidt, ora museo, e incontrato di persona la
signora Deutschkron.
ISTORECO e l’Istituto “G. Garibaldi” per i Ciechi hanno pensato di pubblicare anche
in Italia questo libro, edito fino ad oggi solo in Germania. Il desiderio è far conoscere
questa piccola grande storia di solidarietà, convinti che non sia mai troppo presto per
insegnare concetti come quello del rispetto, della tolleranza, dell’amore e
dell’eguaglianza tra gli uomini.
È nata così una collaborazione che ha coinvolto anche gli studenti della 4A del Liceo
Ariosto-Spallanzani, che hanno curato la traduzione del testo, con l’aiuto e il
supporto delle professoresse Tiziana Fontanesi e Manuela Marcucci.
Su Youtube il commovente incontro di Otto Weidt con alcuni dei “bambini” che
salvò:
Tra il 1938 e il 1939 Sir Nicholas Winton salvò 669 bambini ebrei Cecoslovacchi
organizzando una operazione di salvataggio per trasferirli in Inghilterra, al sicuro. Fu
la moglie, nel 1988, a trovare un quaderno in cui l'uomo aveva annotato i nomi di
tutti i bambini salvati dai campi di concentramento. Nel video, l'uomo è seduto tra di
loro ma lo scopre solo quando la conduttrice di "That's Life", un programma della
BBC in onda nel 1988, gli svela la meravigliosa verità.
https://www.youtube.com/watch?v=N21kkzYrnHo
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