SCRITTURE
ATTRAVERSO LE SCIENZE
PREMIO INTERNAZIONALE 2011
DEDICATO AI DONATORI VENETI A V I S
racconti di
Vito Nicassio
Franco Zarpellon
Silvia Favaretto Nicolo' Apolloni
Marco Guglielmi Paola Ricchiuti
Yuri Bizzoni Irene Bullo Jolanda Spadaro
Anna Maria Panaghiotopulu
Chiara Bettìo Beatrice Zoccarato
a cura di
Fernanda Daniela Fusella
stampato per conto della Associazione Culturale
La torre di Mestre(la torre e le lagune)
via Benedetto Croce N. 7 30174 Mestre-Venezia
tel. 041 615906
e.mail: [email protected]
htpp://latorredimestre.altervista.org
hanno collaborato al Premio 2011 'Scritture attraverso le scienze'
Centro Culturale Candiani, Mestre Municipalità Mestre- Carpenedo
Alì Rezai Rad
Legatoria artigiana
tutti i diritti sono riservati
Riportiamo dal libro SCRITTURE ATTRAVERSO LE SCIENZE ( Premio
internazionale 2011 dedicato ai donatori veneti AVIS) stampato dall'Associazione
Culturale La torre di Mestre(la torre e le lagune), la presentazione di Fernanda
Daniela Fusella con stralci dai racconti degli scrittori premiati:
Fernanda Daniela Fusella
Presentazione
Presidente Ass. Cult. la torre di
Mestre(la torre e le lagune)
Vito Nicassio
Adelfia, Bari
Lampo erìtreo
1° Premio Adulti
Franco Zarpellon
Venezia
Sangue nero
2° Premio Adulti
Silvia Favaretto
Marcon, Venezia
Alicia, patto di sangue
3° Premio Adulti
Nicolo' Apolloni
Noale, Venezia
Bombay
1° segnalato Adulti
Marco Guglielmi
Vicenza
Speranze e timori dell'ultimo
esame
2° segnalato adulti
Paola Ricchiuti
Bergamo
De motu cordis
3° segnalato Adulti
Yuri Bizzoni
Roma
Il cammino eterno
1° Premio Giovani scrittori
Irene Bullo
Venezia
Lacrime di morte
2° Premio Giovani scrittori
Jolanda Spadaro
Venezia
Nemesi
3° Premio Giovani scrittori
Anna Maria Panaghiotopulu
Salonicco, Grecia
La mia vita,Chiara, scura e poi
ancora chiara
1° segnalato Giovani scrittori
Chiara Bettìo
Mestre, Venezia
Il dono
2° segnalato Giovani scrittori
Beatrice Zoccarato
Mestre, Venezia
Patto matto
3° segnalato Giovani scrittori
L'Associazione Culturale La torre di Mestre(la torre e le lagune) è sorta con lo
scopo di valorizzare quanto venga prodotto in Venezia- Mestre e dintorni sul piano
artistico e culturale per rendere anche la terraferma capace di dialogare con i grandi
movimenti culturali internazionali. Con il Premio 'Scritture attraverso le scienze',
alla sua quarta edizione, l'Associazione persegue un duplice fine: in primo luogo
far produrre opere letterarie in cui gli aspetti scientifici possano essere presentati in
una struttura narrativa tale da coinvolgere i cittadini nelle discussioni sulle nuove
etiche del Ventunesimo secolo; in secondo luogo valorizzare l'opera di personalità o
gruppi che si sono distinti nel nostro territorio per l'impegno culturale e sociale e/o
con riferimento a eventi che si sono particolarmente segnalati nel corso dell'anno
precedente.
Il Premio 'Scritture attraverso le scienze' è dedicato nel 2011 ai Donatori Veneti
AVIS di Mestre-Marghera che, con il contributo del proprio sangue, realizzano
pienamente i concetti di solidarietà e fratellanza tra gli uomini e ci mostrano un
mezzo per far fronte alla natura indomabile.
Scrittori, giovani e adulti, italiani e stranieri hanno affrontato con precisione di dati
scientifici la tematica del premio (Flussi , circolazioni, sistemi: il valore scientifico,
umano e simbolico del sangue nell'immaginario delle culture. Quali reazioni stimola
il sangue nel rapporto individuo-collettività) consegnandoci racconti in cui il dono
del sangue rappresenta una forte espressione di civiltà , maggiormente pressante
oggi, con gli sconvolgimenti naturali davanti ai quali l'uomo appare impotente , e
con gli esodi di intere popolazioni spinte dalla necessità della sopravvivenza in
cerca di una vita migliore.
I racconti scelti per il Premio 'Scritture attraverso le scienze' 2011 sono stati
individuati in base ai seguenti criteri definiti dalla giuria: affinità con quanto espresso
nel bando di concorso; attualità delle tematiche affrontate; originalità e incisività del
discorso; capacità costruttiva e scorrevolezza; applicabilità del dato scientifico
descritto; concatenazione causa- effetto nella narrazione; visione corretta e non
demonizzante delle conoscenze scientifiche.
Un ringraziamento a quanti hanno appoggiato la terza edizione del Premio 'Scritture
attraverso le scienze', organizzato dall'Associazione Culturale 'La torre di Mestre( la
torre e le lagune) e in particolare:
L'Assessorato ai beni e alle attività culturali , nella persona della sig.ra Tiziana
Agostini per l'interessamento;
L'assessorato alle Politiche Educative
nella persona di Andrea Ferrazzi per la
diffusione del bando;
La Municipalità di Mestre-Centro e Carpenedo nelle persone di Massimo Venturini e
Antonino Marra per il sostegno all'iniziativa, unitamente al personale del Servizio
Cultura della Municipalità.
Il Centro Culturale Candiani nella persona di Roberto Ellero ed Elisabetta Da Lio per
la generosa offerta della sala, l'apporto dei tecnici e la pubblicizzazione;
Per l'alto contributo scientifico: Anna Laura Bellina, docente di Storia della Musica
presso l'Università di Padova;
Il Presidente dell'A.V.I.S. Mestre-Marghera Roberto Cerruti per l'adesione al
progetto;
Tina Ferrara, Maria Rosa Giacon, Maria Antonietta Murgia, Cristiana Moldi
Ravenna che, oltre alla sottoscritta Fernanda Daniela Fusella, hanno composto la
Giuria;
Alì Rezai Rad per il dono dei primi premi adulti e giovani scrittori;
La Legatoria Artigiana per il sua disponibilità;
Anna Falbo per la costruzione del sito relativo alla pubblicità dell'Associazione e del
Premio;
Franco Zarpellon, Isabella Sordi, Dilva Lanza, Valeria Cargasacchi, e quanti altri per
l'aiuto alla pubblicizzazione.
Un ringraziamento va, inoltre, ai seguenti scrittori che, dall'Italia e dall'estero, hanno
partecipato alla quarta edizione del premio 'Scritture attraverso le scienze':
sezione adulti: alessio angelico, nicolo' apolloni, maurizio bardoni (Porto Alegre,
Brasile), luigia bencivenga, francesco bertusi (Vienna, Austria), annalisa bertolotti,
nando borroni, anisa cakani, silvana cali', sonia de murtas, silvia favaretto, dante
iagrossi, marco guglielmi, fabrizio lolli, ludovica mazzucato, rossella melotti,
francesco minosso, vincenzo misuraca, vito nicassio, davide novello, angelo
paloschi, luciano piantini, pietro rainero, giuseppe ravelli, paola ricchiuti,
gianmarco tanda, conny tommasone, franco zarpellon.
sezione giovani scrittori:
sara bellin, yuri bizzoni, isotta esposito, anna maria
panaghiopulu (Salonicco, Grecia), christian sabaudo, vera corazza,
oltre a
trentacinque ragazzi dei licei di Venezia, Mestre,Barile ( Potenza) e tra gli altri:
mariangela voloninno, cristina alfier, irene bullo, patrizia laurora, jolanda spadaro,
martina arcadu, anna chiara bianchi, brogliato nicola, vittoria brandani, silvia
cancian, , beatrice carraro, vera corazza, luca costantini, anna francesca de nicola,
francesca di bussolo, pietro favaretto, chiara gagetta, gioia gasparini, laura gasparini,
alessandra interdonato, moro matteo, , iulia panaite,matteo petteno', margherita rossi ,
ludovica russo, irene trevisan, raissa sirbu, martina stevanato, giovanni tosato,
giulia tricoli.
Note sui racconti:
Agli albori dell'umanità il fuoco ha permesso agli uomini della preistoria di compiere
un ulteriore salto qualitativo che li distinse dagli altri esseri animati. L'utilizzo del
fuoco, che schizzava fuori in seguito all'attrito fra le piante ramose smosse dalle
tempeste, divampando in incendio ribollente di fiamme, come Lucrezio accenna nel
suo De rerum Natura, permise di trovare un cibo migliore, garantendo la
sopravvivenza durante i rigidi inverni o di fronte agli attacchi delle fiere. Questo
fuoco arcaico, indomabile, col tutte le gradazioni del suo colore rosso, domina le
pagine del racconto Lampo eritreo, nel quale si descrive il processo di formazione
delle figure pirotecniche che il protagonista fa risplendere nel cielo notturno per
arrivare a riprodurre, mescolando composti chimici, il rosso colore del sangue. Il
mistero escatologico della pirotecnica - dice l'autore Vito Nicassio - è nell'identità
tra creazione e distruzione, procreazione e morte. Ogni spettacolo pirotecnico
celebra la catarsi unica e irripetibile di Eros e Thanatos. Il lettore, seguendo
l'esplodere fantasmagorico dei fuochi pirotecnici, è condotto a cogliere, attraverso
l'identità vita/morte del fuoco, la pregnante identità vita/morte del rosso colore del
sangue. Nella pagina finale del racconto l'immagine del sangue si sovrappone a
quella del fuoco, e l'impeto prometeico dell'uomo, titano che cerca di controllare gli
elementi chimici, sembra infrangersi di fronte a una natura che squarcia il
protagonista nel momento stesso in cui questi riproduce nel cielo il lampo eritreo. Il
giovane
apprendista stregone appare solo di fronte a una natura violenta,
implacabile con chi cerca di penetrare nelle chiuse profondità del suo tempio, nel
tentativo di ridurla a simboli decifrabili, natura di baudeleriana e leopardiana
memoria che può annichilire il tutto con lieve moto. Tuttavia si può sopravvivere se
il sangue versato è frutto della rete di solidarietà tra gli uomini. Il popolo dei destini
avari generosamente stende il braccio sulle lettighe e con il proprio tributo di
sangue, come un torrente che si oppone alla natura violenta, salva il giovane
protagonista abbattuto, permettendogli di proseguire la sua vita. Il fitto reticolo di
sangue donato supera le singole epidermidi moltiplica i legami tra gli individui. Ed
è rosso di vita. Nel racconto suggestivo la passione, l'emozione del raccontare si
intrecciano bene con un lessico vivo, specialistico, sostenuto e curato, che rivela la
precisione del dato scientifico utilizzato sempre in funzione dello sviluppo della
narrazione. Ottima la capacità costruttiva e la scorrevolezza nel periodare.
I protagonisti dei racconti sono resi pulsanti e vivi dalla parola scritta, dalle nere
lettere che scorrono davanti agli occhi sulla pagina bianca. I simboli di inchiostro
hanno valore per la tensione che spinge lo scrittore a deporvi la propria emozione e
a renderla accessibile agli altri. Fino a quando? Si chiede Franco Zarpellon nel
racconto Sangue nero . Per l'autore la parola è pulsante della passione e della vita di
chi la scrive; il libro non riproduce soltanto il pensiero di un essere umano, ma è
essere umano esso stesso e il reticolo delle lettere è nero sangue. Ma il libro sta
scomparendo come amico con cui colloquiare, da tenere accanto, da sfogliare per
trovarvi il concetto rassicurante o quello che dà stimolo. Le sue lettere si sfilacciano
in intrecci filiformi di sangue nero dispersi nell'acqua dei canali in una Venezia che
scivola nella nebbia autunnale. Il libro è il morto dissanguato- ma come avrei dovuto
chiamarlo, signori?...L'ho visto dissanguarsi, lentamente, e in fondo non ho fatto
nulla per salvarlo. E' solo un libro, dite? Mancate proprio di sensibilità...Non sono
l'unico a divorare i libri... E' follia voler credere che le parola scritta sulla pagina
bianca di carta abbia un senso reale, sia ancora capace di interagire col concreto sembra chiedersi l'autore - o si dissolverà in sangue nero nell'acqua dei canali? La
cultura del libro apparterrà soltanto ai pensionati invisibili, stretti nei loro baveri, che
animano i vaporetti di una improbabile linea 3, e come i pensionati avrà esaurito il
suo compito nella società? Con la morte del libro si moltiplicheranno le parole senza
senso, si coarterà la riflessione a favore dell'immagine? Solo i disegni sono rimasti:
quelli non si sono consumati. Il racconto di Zarpellon è stringato . In esso il
versamento del sangue nero, insieme con l' idea di flusso presente nella tematica
del premio, riesce a veicolare con originalità il concreto problema del valore
attuale del patrimonio culturale tramandato attraverso la parola scritta.
La morte della parola scritta apre anche il racconto di Silvia Favaretto Alicia, patto di
sangue, un testo denso di significati. Due perversioni che si incontrano e si
riconoscono animano le pagine di questo racconto in cui l'excursus sui significati
simbolici e mitici del sangue presenti nelle diverse culture è funzionale a
rappresentare il senso di precarietà dei giovani d'oggi per i quali la cultura trasmessa
dalla carta non appare più elemento vitale capace di rispondere al loro bisogno di
identità. Muoiono i libri, bruciati nell'incendio del palazzo in cui risiedeva una delle
protagoniste del racconto, che parla in prima persona: i libri antichi, i fogli battuti a
macchina e tutti i racconti che avevo scritto. La mia intera vita era fatta di carta:
fogli , fogli, fogli bianchi che si erano inceneriti nel giro di qualche minuto.
Passaporto, banconote, foto...tutto il mio passato non era che fumo e polvere nera...
inconsistenza di tutto quello che era stata la mia vita,e vederla finire così, mi fece
svenire.
Le due ragazze, che passavano i sabati nella Biblioteca Civica a cercare
freneticamente qualche informazione che desse un senso alle loro perversioni,
rivelano la fragilità tipica dei giovani in cerca di punti di riferimento. Alicia e la sua
amica ripercorrono il processo della conoscenza primordiale fondata sui sensi,
quindi sul sangue, per recuperare un contatto con una realtà circostante che sembra
loro estranea. Leggendo in Biblioteca le pagine scritte compiono un viaggio a ritroso
alle origini del tempo nel Mito di Urano, Marsìa, Edipo, Panku, per recuperare una
idea della bellezza fatta di acqua (elemento primordiale di vita) e sangue (elemento di
prosecuzione della vita); una bellezza che appare scomparsa nel mondo odierno, in
cui gli esseri umani sono pronti a sterminare i più deboli come vittime sacrificali, il
più spesso donne fragili, e tacitano poi la coscienza tormentata dal rimorso
coagulando il proprio senso di colpa attorno a un immaginario collettivo di miti e
credenze religiose fondate sulla violenza. Le ragazze si muovono nella società
attuale consumistica, avida, che divora sé stessa, dove ora come un tempo la dea
Tiamat, dea dell'acqua salata e del mare,viene costantemente sacrificata dal dio
Marduc, per dare vita agli uomini col suo sangue che si disperde nella terra. Nel
racconto Alicia, la ragazza che ustiona volontariamente il proprio corpo, si rende
vittima sacrificale in un rito tramite il quale la giovane cerca disperatamente il senso
della propria esistenza. Ella non sopravviverà, al contrario della protagonista che
vuole ancora avere la conoscenza del mondo, sentire sé stessa attraverso il sangue,
cogliere il proprio io pulsante mentre mangia un pezzetto della propria carne; ella
vuole rompere le barriere della fisicità bevendo il sangue della propria amica in un
disperato sforzo tutto giovanile di recuperare il contatto con l'alterità e superare la
transitorietà della vita. L'atto del bere il sangue significa una disperante ricerca di
vita vera: al primo sorso capii che siamo solo sangue e necessità. Siamo solo
necessità di sangue. siamo sangue necessario e uguale. siamo assieme necessari e
uguali nel sangue....Tutto il sangue è Dio. Racconto originale in cui l'excursus attorno
al mito e il versamento finale del sangue non è che disperata riproposizione di una
fratellanza umana oltre le barriere imposte dalla violenza degli uomini.
La credenza religiosa influenza le azioni nel successivo racconto di Nicolò
Apolloni, Bombay, in cui si muovono i due protagonisti. Marco, che lavora al
policlinico universitario come ematologo, e dedica la propria vita alle ricerche sul
sangue sintetico al fine di trovare una risorsa illimitata di sangue, è abituato, per
deformazione professionale, ad osservare gli altri come soggetti al microscopio. Così
osserva Alvise, un ragazzo chiuso e taciturno al secondo anno di liceo, emofiliaco;
egli lo incontra senza mai parlargli nell'autobus che li porta ogni mattina ciascuno
alla loro destinazione; fino a quando un giorno il mezzo sbanda, ed Alvise,
emofiliaco, si trova ad aver bisogno di una trasfusione per sopravvivere. L'ansia di
vita ha il sopravvento sulle credenze religiose e apre alla funzione salvifica della
trasfusione. Attuale è il problematico rapporto tra l'interpretazione della credenza
religiosa e la necessità della sopravvivenza dell'individuo. Chiunque sparge il sangue
dell'uomo, il suo proprio sangue sarà sparso dall'uomo. Il racconto si conclude a
vantaggio della vita, sacra al di sopra delle credenze e con il trionfo del sangue
apportatore di vita tramite la trasfusione. La struttura della narrazione è originale; il
linguaggio è asciutto, con proposizioni frante, essenziali. Il dato scientifico riportato è
corretto, fuso nel contesto e non demonizzante del valore del sangue. Discreta la
concatenazione causa /effetto.
Nel racconto di Marco Guglielmi, Speranze e timori dell'ultimo esame: il valore
simbolico del sangue nella storia, la narrazione si sviluppa in forma di interrogazione
a Valerio, studente della facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Padova alle
prese con l'esame di Sociologia Generale. Egli deve mostrare al Professore che lo
esamina le sue conoscenze sul significato simbolico del sangue nelle diverse culture
dalla preistoria- nel neolitico gli ominidi cospargevano le proprie sculture di minio
rosso, per rendere evidente l'energia vitale delle divinità-attraverso il Maya, per i
quali il sangue umano serviva a tenere in vita le divinità, poiché era il fluido
dell'esistenza. Il giovane accosta, con intento quasi parodico, informazioni frutto di
documentazioni scientifiche a quelle tratte dai cartoni animati, smitizzando la cultura
accamedica, quasi a voler suggerire che la conoscenza nel futuro scorrerà attraverso
i rivoli più disparati. Dialoga con un professore che non perdeva l'occasione di
mostrare la propria pedanteria accademica. Egli discute del simbolismo del sangue
nei riti vodoo e nel Cristianesimo; disserta sul simbolo, ma ammicca al lettore con
ironia: La capacità di comprendere , interpretare e utilizzare i simboli è una delle
più antiche e affascinanti nella specie umana. Un simbolo è una forma di specchio
mentale, un elemento comunicativo....Valerio aveva utilizzato una vecchia tecnica
degli studenti: quando non si sa più come rispondere ad una domanda, bisogna
parlare di qualcos'altro, senza mai stare zitto. Citando il libro 'Il gusto per la vita' di
Pietro Camporesi il giovane parla del significato , magico, mistico, farmacologico
del sangue nel medioevo fino a giungere al mondo odierno, società del rischio, in cui
la salute delle persone è costantemente compromessa e c'è bisogno del rosso colore
del sangue per le scritte di avvertimento e cartelli stradali che ci indicano il pericolo.
Ma l'ambiente del racconto è quello universitario, dove ragione e scienza, pur tra
gioco serio e ironico, giungono al riconoscimento del valore dei sistemi trasfusionali
basati sulla donazione. Il professore riporta lo studente a riflettere sull'effetto che oggi
le donazioni hanno nello stimolare i sentimenti morali dal circolo virtuoso dei valori
civici alla fiducia , dalla cooperazine alla solidarietà. Prevale quindi la visione
razionale, scientifica, culturalmente valida, e la conclusione mostra una visione
corretta e non demonizzante del sangue. L'attualità del discorso è supportata da una
narrazione scorrevole nel complesso.
Sempre in ambito accademico, ancora a Padova, ma nel 1606, si apre il sesto
racconto degli autori adulti, De Motu Cordis, di Paola Ricchiuti. L'autrice ripercorre
i progressi degli studi nel campo dell'anatomia compiuti da William Harvey , del
Cains College di Cambridge, fresco di diploma. Lo studioso scopre la circolazione
sanguigna e pone fine alle teorie vitalistiche sul cuore in seguito alla pubblicazione
dei suoi studi nel 1628 nel testo ' L'exercitatio anatomica de motu cordis et
sanguinis'. Sono i nostri sensi, non le teorie accettate, è la dissezione e non i sogni
immaginari che devono insegnarci ciò che è vero e ciò che è falso. L'autrice fa
rivivere sulla pagina scritta insigni scienziati: Fabrizio d'Acquapendente, studioso
del flusso del sangue, il filosofo Cesare Cremonini. Ella rende visibili con
competenza e precisione del dato storico le discussioni scientifiche che animano i
personaggi nel quadro di Rembrandt Lezione di anatomia. L'autrice conclude il suo
racconto con una opportuna citazione di Leonardo:Nessuna certezza è scienza se non
passa per le matematiche dimostrazioni.
Fondato sul dato scientifico è il racconto Il cammino eterno,di Yuri Bizzoni, che ci
descrive il viaggio del globulo rosso nell'organismo umano attraverso il microcosmo
del flusso sanguigno. E' una circolazione apparentemente caotica, in cui il globulo si
trova ad affrontare batteri, proteine, sali al fianco di altri globuli e deve destreggiarsi
tra improvvise occlusioni delle vene che impediscono il regolare afflusso sanguigno
nel suo percorso dalla punta del piede fino al cuore, in un movimento ciclico, una
sorta di unico fluido incanalato che dilata le grandi vene a spezzare tutta la
superficie possibile per sparire di colpo nelle minuscole venuzze
laterali
trascinandosi a fatica, in fila indiana, per gli stretti passaggi del sistema
circolatorio. Ad un tratto scatta un allarme batterico e sganciano e paracadutano
anticorpi a centinaia, piovendoci in testa. Il globulo, da vero lupo di sangue, è una
minuscola massa vivente che comprende che si sopravvive fino a quando si è in
grado di interagire adeguatamente e razionalmente con il proprio ambiente: finché
potremo controllare mentalmente i nostri spostamenti non ci sarà problema, e per
rispondere ai miei dubbi continuerò ancora e ancora a scorrere avanti e indietro per
queste strade scure e buie. Gli esseri viventi inseriti nei flussi del microcosmo o del
macrocosmo fanno parte di un tutto e anche la piccola massa realizza pienamente la
sua esistenza nella interazione con le altre masse presenti nel sistema sanguigno.
Racconto fondato sull'accettazione della propria funzione in un mondo di cui non
conosciamo la complessità totale ma in cui i singoli interagiamo con il loro ufficio.
E' pregevole l'intento di affrontare la materia in modo personale, con precisione nella
terminologia e nei dati scientifici. Apprezzabile nell'insieme, anche se con un certo
compiacimento pedantesco.
Quando il flusso caotico si interrompe si attua la morte dell'individuo. Può accadere
per una occlusione interna della vena, o per un agente esterno. Analizzare le cause
della interruzione del flusso, quindi la morte, è compito della patologa forense,
laureata con il massimo dei voti, che segue il dottorato di ricerca in citochimica e
citomorfologia nel racconto Lacrime di morte di Irene Bullo. Il mondo dei ragazzi
di oggi ha ampliato i confini e noi ci troviamo nello Smithsonian Institute sezione
forense, con Temperance Brennan che lavora nel gruppo con Becky e Booth per
collaborare con l'FBI alla risoluzione di casi particolari insieme con Jack Hodgins,
entomologo, mineralogo e palinologo. I giovani ricercatori addetti all'esame dei
cadaveri usano un linguaggio specialistico, ma sono pronti a darsi spiegazione dei
termini da loro usati, come il sostantivo agglutinamento : nel nostro sangue ci sono
gli anticorpi che, a contatto con i polisaccaridi dei restanti gruppi sanguigni,
provocano un ammucchiamento di globuli rossi che vanno a ostruire i vasi
sanguigni. Questo è quello che è successo al nostro uomo, Peter Silkwood, sparito
due settimane prima. La conoscenza della struttura del flusso sanguigno permette
alla giovane patologa di stabilire le cause della morte dei corpi che sta analizzando
nel laboratorio e di giungere a individuare il colpevole degli omicidi. Il racconto si
sviluppa col taglio tipico del serial poliziesco televisivo; i protagonisti si muovono
agevolmente tra provette e computer. Il mito è lontano da questo racconto, appartiene
al passato; vi domina l'asettico resoconto scientifico da laboratorio.
I giovani scrittori, pertanto, controllano la propria scrittura e sanno guardare con
occhio lucido alla realtà del sangue senza farsi impressionare da atavici, ancestrali
timori sul sangue. Per cui anche quando giocano con il mondo dei vampiri non si
lasciano catturare totalmente dall'irrazionale, ma definiscono perfettamente gli
aspetti fisiologici del rosso elemento. Ciò traspare dai discorsi del vampiro che
anima le pagine del racconto Nemesi di Jolanda Spadaro: egli ha bisogno di sangue,
della sostanza che da tempo non aveva più liberato tutti i tessuti-sull'onda degli
altri prodotti tossici del ricambio cellulare. Il racconto scorre con discreta
descrizione della psicologia dei due personaggi, il Conte vampiro e il passante della
strada. Il testo appartiene al genere fantasy-horror, tuttavia le conoscenze scientifiche
non vi sono demonizzate e il dato riportato è preciso e ben amalgamato nel contesto.
Il discorso, anche se poco narrativizzato, si sviluppa con capacità costruttiva e
scorrevolezza.
Il racconto La mia vita, Chiara, scura e poi ancora chiara , scritto da una
universitaria greca, Anna Maria panaghiotopulu, è esile, circolare. La protagonista
conosce bene la distanza tra il fantastico e il reale, si rende conto di quanto possa
esser spaventata alla vista del sangue una bambina che non possiede ancora molte
informazioni, di come ella possa galoppare con l'immaginazione. Ma l'immaginario
mitico è lontano nei racconti dei giovani: il mito è solo un espediente con cui il
proprio immaginario cela la lucida consapevolezza della realtà della malattia, la
leucemia , nello specifico. Resta la comprensione della importanza del sangue per
salvare una vita umana; resta la visione reale, della terapia, dei trapianti,
dell'ospedale, luogo che forse può non piacere, ma necessario per la sopravvivenza.
Nulla di demonizzante neppure nel racconto di Chiara Bettìo, Il dono Il sangue non fa
paura, è l'elemento vitale che accomuna un soldato che combatte per uccidere , un
enorme e affamato lupo grigio che corre senza sosta per raggiungere la preda, un
cerbiatto che scappa dalla belva che lo insegue e un uomo che percorre con l'auto il
ciglio di un bosco. Loro lottano per la vita, lottano per il sangue. Con esso la
natura ci permette di sopravvivere e se c'è un uomo pronto a versarlo per dare la
morte, molti altri sono pronti a donarlo affinché qualcun altro possa riabbracciare i
suoi cari. La perdita di sangue avviene con dolore e il racconto recupera tutta
l'umanità e la sofferenza degli esseri viventi, uomini o animali, a cui la natura ha fatto
dono del sangue per la loro esistenza. Il lupo guardava quel sangue di cui aveva
tanto bisogno per nutrirsi, per sopravvivere; al contrario del soldato non avrebbe
provato nessun rimorso:era una questione di sopravvivenza. Che senso ha - sembra
chiedersi la giovane autrice- questa continua lotta nella quale la vita di un essere è
possibile sulla morte di un altro a lui simile? Il finale del racconto ci mostra che il
senso è dato dal dono.
Noi possiamo agire perché la sopravvivenza sia per il maggior numero possibile di
persone tramite il dono del sangue. Questo ci rende fratelli. E' un messaggio che
ritroviamo nel racconto finale di Beatrice Zoccarato, Patto matto, in cui Melanie, una
ragazzina timida e silenziosa, e Rich, un ragazzino vivace, sempre con la battuta
pronta e qualcosa da dire, che sembrava spruzzare luce da tutti i pori della sua
candida pelle, giocano con un mini coltellino svizzero, del disinfettante e due cerotti,
una ventina di candele, un incenso al sandalo e dei gessetti per stringere tra loro un
patto di sangue incidendo i loro polsi con delle lamette. I ragazzi rischiano lo shock
anafilattico e una reazione trasfusionale emolitica. I due giovani dopo l'esperienza
comprendono che il dono del sangue non può essere sprecato sventatamente: il vero
legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue, ma quello del
rispetto e della gioia delle reciproche vite. I gruppi umani, come quelli sanguigni,
possono essere diversi, ma il rispetto per la vita umana ci indica che siamo tutti
fratelli anche se non si cresce sotto lo stesso tetto. Per cui il dono del sangue è dono
di fratellanza, e con il il finale del suo racconto la giovane autrice avverte noi tutti
che nessuna goccia di sangue può essere versata se non per far continuare a vivere
un proprio simile_
Fernanda Daniela Fusella
Presidente dell'Ass. Cult.
La torre di Mestre(la torre e le lagune)
Stralci dai racconti premiati:
1 ) - da 'Lampo eritreo' di Vito Nicassio, Adelfia, Bari ( 1° Premio Adulti):
.......L’ultima bomba salì accompagnata da uno squarcio come il proietto del
cannone di una corazzata. Il rinculo fu avvertito come un’onda sismica. Esplose
altissima. Una “bomba a tre cannoli” di 90 chili - la più elaborata degli artifici
pirici – salì al cielo sfidando le leggi della fisica. Le luminarie sventolarono sul
prato stellato tre sfere di luce immensa. Simularono lo sventolio di un drappo di seta
rossa. Ebbe l’effetto di una muleta in una corrida. Scatenò lo slancio taurino
dell’applauso della folla in delirio. Poi, la corsa della miccia si dipartì in mille
rivoli ad accendere un canneto di trecento mortai da 170 mm. Le esplosioni continue
accesero in cielo una lampada palpitante. Una luce… elettrica, innaturale. I suoi
bagliori voltaici investirono le sagome della notte come flash fotografici.
Immortalarono gli spettatori esultanti in istantanee indecifrabili. Una luce che
scolpiva chiaroscuri spigolosi nei volti divertiti. Le posture dei loro corpi
nell’agitazione dell’euforia interpretarono figure contorte e deformi. La stretta
finale simulò l’eruzione sinistra di un vulcano. Perfino le urla di acclamazione del
popolo in visibilio, confuso tra i boati delle esplosioni, in alcuni istanti, apparvero
emulare grida di panico. Su tutto, le onde acustiche che si propagavano tra le
campagne echeggiavano il gemito di una natura violata.
Quando i mortai tacquero, la realtà si riprese le immagini che le erano state
sottratte. La folla accorse tumultuosa verso i mortai nelle campagne. Voleva
tributare la sua gratitudine al maestro… E fu rosso minio di trionfo.
Lo cercarono. Lo chiamarono. Nessuno rispose. Al buio, la luna aveva riacceso la
sua luce malinconica sulla realtà. Le torce scrutarono i mortai ancora fumanti.
Riccardo era lì, esanime, dipinto di rosso macello. Era vicino ad un mortaio da 400
mm squarciato: quello della “tre cannoli”. Non aveva retto. Il maestro aveva osato
troppo. Le schegge lo avevano investito e ferito gravemente.
L’uomo fu portato in ospedale in condizioni disperate. Necessitò di continue
trasfusioni. La notizia del bisogno di sangue si propagò come l’onda acustica di una
deflagrazione. Centinaia di uomini con le mani grandi e callose, si misero in
cammino da ogni parte d’Italia. Percorsero le arterie che conducevano al nosocomio
in cui palpitava flebilmente il cuore del Prometeo del lampo eritreo. Il popolo dei
destini avari stese generosamente il braccio sulle lettighe. Un torrente di sangue
senza fine fu donato per salvare il maestro. Riccardo sopravvisse. E con lui
sopravvissero centinaia di talassemici ed emofiliaci che godettero della copiosa
disponibilità di quel sangue. L’enigma di identità di vita e di morte dell’arte del
fuoco si manifestò anche in quella tragedia… E fu rosso di vita.
2 ) - da 'Sangue Nero' di Franco Zarpellon , Venezia ( 2° Premio Adulti):
......Stavo aprendo il libro per iniziare a leggere – sì quello sopra il tavolo, proprio
lui – quando dalle pagine ho visto uscire un rivolo di sangue. Nero. Come non è possibile, vi dico che era sangue del colore dell’inchiostro. All’inizio lo vidi scendere
dalla piega centrale del libro e muoversi verso terra, senza perdere la sua coesione.
Era talmente denso e viscoso che formava un filo sottile, quasi non sembrava sangue.
Aveva la consistenza dell’olio, quello grasso da macchina, o della glicerina. Meno
descrittivo? Ma dovrò spiegarvi cos’era, signori. Lo so, poi l’avete visto anche voi,
ma alla fine, alle ultime parole. Ed era ormai molto diverso.
Lasciai cadere il libro, che atterrò a pancia in giù. Certo che non ha una pancia, un
libro, ma nemmeno sangue dovrebbe avere. Calmatevi, calmatevi, continuo. La scia
cominciò ad allungarsi verso il bordo della coperta e correndo lungo il fianco trovò
un’apertura da dove iniziò a scendere nell’acqua. A bordo c’eravamo solo io e il capitano, ma restai immobilizzato e non riuscii a chiamarlo. Ho quasi ottant’anni signori – si, grazie, ma non è vero, li dimostro proprio tutti – comunque non potrei permettermi certe paure a quest’età.
Passato qualche minuto, ripresi coraggio, ma evitai di farmi sentire. Mi chinai lentamente e con un sentimento di curiosità mista a terrore raccolsi il libro. Le due pagine
su cui era rimasto aperto erano completamente bianche ed il rivolo ora usciva dall’attaccatura di pagine successive. Girai lentamente, pagine bianche dopo pagine
bianche, finché trovai i primi fogli mezzi scritti, e vidi la natura del sangue nero.
Come volete che lo chiami, signori? Filo d’inchiostro? Ma che filo e filo! Il sangue
nero – perché vedete io l’ho visto, è proprio sangue, sangue di libro – il sangue nero
dicevo, partiva dalle parole e si estendeva lungo la piega centrale per poi allungarsi
fino a terra e da qua fino all’acqua del canale. Era lenta la discesa e le parole da cui
usciva si cancellavano una dopo l’altra dalle pagine, lettera dopo lettera per dare
consistenza a quel rivolo.
Continuai a guardare incredulo. Finita la pagina destra il rivolo si spostava alle pagine successive, e continuava consumando le parole della pagina sinistra, prima, e
poi ancora della destra. Ma come posso sapere quanto ci mettevano a liquefarsi due
pagine? Meno di un minuto, credo, non di più. E’ abbastanza piccolo questo libretto,
lo vedete, un centinaio di pagine. Continuò così pagina dopo pagina fino alla fine,
quando anche le parole della copertina si trasformarono in sangue. Sì, sempre nero...
3 ) - da 'Alicia, patto di sangue' di Silvia Favaretto , Marcon, Venezia
(3° Premio Adulti):
.....Alicia, quel pomeriggio in cui avvinghiammo le nostre distorte visioni, mi fece
riflettere su questo ed altri aspetti della mitologia legata al sangue, che
l’affascinava. L’aspetto che più richiamava la sua attenzione era la correlazione tra
sangue e liquido seminale. Mi raccontò di Urano (il cielo stellato) e di suo figlio
Crono (il tempo). La madre di Crono, Gea (la terra), traendo il metallo dalle sue
viscere decise di porre fine alla tortura degli stupri di Urano e forgiò una falce che
consegnò al figlio, con precise istruzioni. Crono, quindi, afferrò il padre per i
genitali e glieli tranciò di netto. Il sangue cadde sulla terra (Gea) e generò le Erinni,
i Giganti e le Melie, mentre dall’ultima eiaculazione del membro di Urano caduto in
mare, attraverso la condensazione della spuma nacque Afrodite, dea dell’amore e
della bellezza. Dunque, pensai, la regina della bellezza non è che acqua salata e
virilità recisa. E indubbiamente sangue, rosso sangue viscoso, frutto di un cielo
stupratore e di un tempo parricida.
Quella notte sognai spire di mostri e dei che bevevano il sangue ancora caldo di una
vittima appena sacrificata e sapevo, che la prescelta ero stata io. Sognai Edipo che si
accecava con i fermagli di sua madre, grondare sangue dagli occhi, sognai il sangue
della Medusa: quello che usciva dalla parte sinistra era velenoso e quello dalla parte
destra faceva nascere Pegaso e poteva resuscitare i morti, ma io vedevo solo un
destriero intriso di sangue, con ali nere e coagulate. Sognai Esone ringiovanito
dall’arte di Medea che gli estraeva il sangue malato tagliandogli la gola, sognai il
sangue nero che grondava dai muri mentre la maga Circe lo raccoglieva per
spegnere le fiamme. Ed erano le fiamme del mio appartamento che di nuovo
bruciava, l’appartamento in cui avevo perso tutto, ritrovando me stessa, e trovando
la malattia.
4 ) - da 'Bombay' di Nicolò Apolloni, Maerne, Venezia ( 1° segnalato adulti):
.....Marco ha l’abitudine di osservare le persone, come se fossero sul vetrino di un
microscopio, le studia, ne analizza i movimenti.
Cellule.
Anche adesso lo sta facendo, lì, seduto in fondo all’autobus.
Divide i passeggeri in gruppi: per comportamenti, per il vestiario, per come ridono,
ma soprattutto per come reagiscono al contatto con le altre persone. Li definisce, li
denomina quasi dovesse inserirli scrupolosamente in un catalogo. Come se fosse nel
suo laboratorio, e ciascun passeggero nella sua sacca. Ognuno è di un certo tipo di
gruppo, come il sangue.
Ore 07:37. “Tlic”.
Il rumore dell’obliteratrice distrae Marco che di scatto alza lo sguardo. Una figura
alta e magra si materializza accanto a lui. E’ quel ragazzo strano, solitario che ogni
giorno sale nell’autobus con aria malinconica, con il suo zaino grigio sulle spalle.
Marco analizza anche lui. Osserva come si muove, come si comporta. Ogni tanto si
sente gli occhi del ragazzo addosso. Ma Marco sa che quel ragazzo è anomalo. Non
è come i ragazzi della sua età, non sembra egocentrico, non vuole apparire, anzi
quasi si nasconde ogni mattina dietro l’obliteratrice, non ascolta musica, non saluta
nessuno in autobus, forse non ha amici.
Nel suo microscopio, Marco non riesce proprio a riconoscere che tipo di cellula è,
non riesce a catalogarlo, sa solo che è raro: intuitivamente lo definirebbe un fenotipo
Bombay.
Il fenotipo Bombay è una rara configurazione del gruppo sanguigno.
Le persone possono risultare, nei test standard, individui di gruppo 0, ma a
differenza di questi, possiedono nel sangue anche anticorpi anti-H, assenti non solo
nel gruppo 0 ma anche nei gruppi sanguigni A, B e AB. Marco stesso si definisce un
fenotipo Bombay. Assomiglia molto al ragazzo. Taciturno, non vuole farsi notare,
non esce quasi mai alla sera e pensa sempre al lavoro, alle sue ricerche: dedica la
propria vita alle ricerche sul sangue sintetico al fine di trovare una risorsa illimitata
di sangue.
Alvise si sente diverso, non ha amici, nessuno lo cerca, in classe tutti lo prendono in
giro.
Anche oggi non può festeggiare il giorno del suo compleanno e non ha mai
partecipato alle feste organizzate dai suoi compagni. Gli sarebbe sempre piaciuto
andarci.
In famiglia non se ne può parlare. Dicono che sia contrario alla volontà di Dio.
Alvise proviene da una famiglia di testimoni di Geova, forse anche per questo si
sente diverso dai compagni di classe e da tutti. Nel mondo esterno alla sua famiglia
se ne sta sempre in disparte. Un po’ odia tutto questo.
Ma Alvise ha timore di Dio......
5 ) - da 'Speranze e timori dell'ultimo esame: il valore simbolico del sangue nella
storia' di Marco Guglielmi ,Vicenza (2° segnalato adulti):
Era arrivata la mattina dell’esame. Da un mese Valerio si preparava per tentare di
prendere un bel voto. Il professore Guizzato era noto per la sua serietà ed il suo
rigore. Ed anche se l’esame di sociologia generale non era poi così impossibile,
raramente venivano assegnati voti alti. Erano le undici e mezza nell’aula magna
della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. All'incirca quindici
studenti erano già stati interrogati. Pochi bocciati, ma soprattutto pochissimi voti
sopra il 25. Ed ovviamente, nessun trenta. Valerio stava lì, a fissare le pareti bianche
dell’aula cercando di non perdere la concentrazione, sudaticcio ed agitato, aspettava
il suo turno che sarebbe arrivato da lì a momenti. Una bella ragazza bionda dagli
occhi verdi si alzava bruscamente dalla sedia posta davanti la scrivania del docente
e con fare scocciato abbandonava l’aula. Non doveva essergli andata troppo bene.
Era arrivato il turno di Valerio. Fissò la sedia vuota, si alzò e sedendosi di fronte al
professore notò come la scrivania sembrasse quasi un trono. Un po’ intimorito
consegnò il libretto.
Il professore, un uomo robusto sulla sessantina con dei folti baffi ed un impeccabile
completo grigio, lo aprì e disse: «Bene bene. Quindi, lei è il signor Valerio
Castellano. Vorrei farle un’interrogazione un poco diversa da quella dei suoi
colleghi». Cominciamo proprio bene pensò Valerio. «Mi segua con il ragionamento.
Quante volte le capita anche in una sola giornata, tra televisione, giornali, radio e
social network, di incappare in una piccola parola: sangue. Che può star a indicare
tutto e il suo perfetto contrario; tanto la morte (spargimento di sangue) quanto la
vita (sangue del mio sangue). Ecco, mi parli del potere simbolico ed evocativo del
sangue. Ovviamente come sa, quest’argomento era nell’ultimo capitolo dell’opera
monografica di cui era consigliata la lettura».
Per un interminabile momento indugiò, ma poi Valerio, rompendo il silenzio, esordì:
«Il valore simbolico ed immaginario che il sangue ha ricoperto nelle culture
preistoriche, in quelle indigene, nelle grandi religioni mondiali, ha ininterrottamente
avuto un ruolo di estrema importanza. Fin dai tempi più remoti è stato considerato
parte essenziale alla vita. Nel neolitico, gli ominidi cospargevano le proprie sculture
di minio rosso, per rendere evidente l'energia vitale della divinità. Il sangue era
considerato come linfa vitale, elemento fisico dell'anima. Le credenze religiose dei
Maya abbracciavano un insieme di divinità legate alla terra, alla natura, al cielo.
Nei loro rituali religiosi erano centrali le funzioni sacrificali in cui il sangue di esseri
umani e di specie animali rappresentava l’offerta della vita. Il sangue umano serviva
a tenere in vita le divinità, poiché era il fluido dell’esistenza...
6 ) - da 'De motu cordis' di Paola Ricchiuti, Bergamo ( 3° segnalato adulti):
....Padova 1602. In una primavera italiana un po’ frizzante, nonostante l’aprile
inoltrato, un gruppo festante di ragazzi esce dai portici dell’Università. Urlano di
gioia, si complimentano, si affollano attorno ad un ventiquattrenne vestito in modo
dottorale, che parla a stento italiano, anche se si dimostra molto disinvolto nella
parlata latina. Forse fa un po’ invidia agli altri perché il maestro di chirurgia
Fabrizio d’Acquapendente, studioso del flusso del sangue, e persino il filosofo
Cesare Cremonini lo considerano il loro pupillo, la vera promessa della medicina
moderna. Ed è una promessa che viene da lontano perché in questa città veneta, così
densa di cultura della Serenissima, è arrivato il taciturno William Harvey
direttamente dal Caius College di Cambridge, fresco di diploma, talmente bramoso
d’essere un bravo medico da desiderare la laurea nella prestigiosa città italiana ed il
padre, agiato uomo d’affari, ha concesso al primo dei suoi nove figli di seguire la
sua alta vocazione di medico.
Londra 1628. William Harvey è ritornato in Inghilterra da svariati anni. Ha fatto
carriera, ma talora rimpiange, nella nebbia umida della sua città, il profumo delle
giornate assolate d’Italia. Rimpiange soprattutto lo scambio di idee con il maestro
d’Acquapendente e con i compagni d’università. Una volta nella biblioteca patavina
dalle ampie volte aveva addirittura avuto l’occasione di ammirare dei disegni a
sanguigna di Leonardo. Ne era rimasto molto colpito…il cuore e le arterie
coronarie…”il cuore è un vaso fatto di denso muscolo, vivificato e nutrito
dall’arteria e vena, come son gli altri muscoli…” e poi quella affermazione di
Leonardo che a William era rimasta impressa nella mente e gli ronzava sempre nel
capo…” Nessuna certezza è scienza se essa non passa per le matematiche
dimostrazioni”.
7 ) - da ' Il cammino eterno' di Yuri Bizzoni , Roma (1° Premio Giovani scrittori):
Mi accorgo ora che è una vena principale, questa. Gli anticorpi controllano; devono
sforzarsi di distinguere i batteri dai non-batteri, i virus dai batteri, i globuli che
vengono e i globuli che precedono e devono controllare tutta la vena; è un compito
difficilissimo in questo flusso, in questa infinita moltitudine che cancella la nostra
identità: ma la loro esperienza mette in luce gli individui sospetti con il celebre
fascio di luce della Sicurezza, tranquillo, rapido nell’interminabile, vitale traffico
sanguigno.
È un tran-tran che avviene dall’inizio dei tempi e se sono portato ora a rifletterci è
perché gli anticorpi diminuiscono a vista d’occhio da queste parti, battaglie lontane
prendono tutta l’energia della loro organizzazione, corrono via come indemoniati e
non riesco a disinnestare questa catena di pensieri martellanti, questo circolo
vizioso di preoccupazioni e devo fare uno sforzo per concentrarmi sulla realtà.
Sono salito su dal piede per alcune vene minori, in direzione del mio grande amico
Lambda. All’ultimo incontro ci siamo detti “Al cuore”; così ho detto alla gente
dell’alluce che era ora che tornassi, come dall’inizio dei tempi a quell’ora, per
giungere al cuore e ai polmoni; il Capo ha risposto che andava bene, come ogni
volta, e sono uscito da quella piccola arteria per imboccare una stretta vena e farmi
portare dal reflusso plasmatico. Era passato del tempo quando mi sono reso conto
che il flusso del sangue era lento e stava provocando un grave ritardo. Richiamare
l’attenzione degli altri viaggiatori su questo rallentamento sarebbe stato inutile;
sono cose che capitano: in questi tempi di malattie e difficoltà di ogni genere, per
risolvere alcuni problemi dell’Organismo a volte l’unica strada è fare qualche
modifica sulla velocità del flusso dell’intero Sistema, per mantenere la temperatura
corporea richiesta. Così ho percorso la mia vena con terribile lentezza, che la strada
non era mai sembrata così lunga.
Come dire, sembra di aver perduto il senso del tempo: le luci di sicurezza degli
anticorpi illuminano per un istante e fanno sprofondare nel buio; gli altri viaggiatori
sono tutti intenti ai propri problemi; i globuli bianchi non rispondono alle domande;
un piccolo batterio di periferia sta facendo una brutta fine per i colpi di una squadra
di anticorpi e ogni passante sta pensando ai fatti suoi. E con Lambda, come ogni
volta, al Cuore ci sarebbe stato Alfa, l’altro mio amico storico. Alfa, che come tutti i
globuli rossi abita da nessuna parte, ama la vita sociale; ogni volta che arriva dalle
parti del torace alto, non resiste e precipita al cuore scavalcando tutti i colleghi e sta
tutto il tempo possibile con gli amici; e quindi sta correndo per la sua vena, alla sua
terribile lentezza; una figura grossa e arrogante sorpassa sulla destra, potrebbe
essere di quelle nuove proteine; sorpasso a mia volta, per ripicca.
8 ) - da 'Lacrime di morte ' di Irene Bullo, Venezia ( 2° Premio giovani scrittori):
- La morte è serena, facile, la vita è più difficile - diceva Stephenie Meyer. Quel
giorno mi sembrava la frase più insensata di questo mondo. Dopo aver svolto
un’autopsia su un bambino di cinque mesi, soffocato dalla propria madre, come si
poteva pensare che la morte fosse serena e facile? A dirla tutta nessuno dei
cadaveri che arrivava sul mio tavolo era morto di vecchiaia o nel sonno, bensì
erano tutte vittime di omicidi. Quindi,decisamente, la morte non è serena e facile, o
almeno quella con la quale mi confronto io ogni giorno.
Eppure la morte mi aveva sempre affascinata; i cadaveri potevano rivelare molte
più cose dei vivi e, cosa più importante, erano molto meno fastidiosi delle perone
vive. Forse era per questo che ai tempi del liceo mi avevano etichettata come una
tipa stramba e magari avevano ragione; se non fossi stramba, perché avrei scelto
un mestiere del genere? Un mestiere che tutti definiscono “macabro” e nel quale
vedo costantemente il volto della morte?
Sbuffai e appoggiai la schiena alla parete dietro di me; in quel momento stavo
trascorrendo la pausa pranzo in compagnia di un vasetto di yogurt alla fragola,
nell’unico luogo in cui riuscivo a trovare un po’ di tranquillità: il Limbo. No,niente
a che vedere con il Limbo di Dante, quello in cui mi trovavo io era semplicemente
la stanza dei cadaveri che non erano ancora stati identificati; le loro identità erano
in bilico tra il mondo dei vivi e quello dei morti, in un vero e proprio Limbo....
9 ) - dalla pagina iniziale di 'Nemesi di Iolanda Spadaro
(3° Premio Giovani scrittori):
....Era una fredda notte di novembre; la pioggia batteva sui vetri della finestra al
terzo piano con un picchettio sordo, tale da svegliare il Conte che si alzò e cominciò
a camminare su e giù nella sua camera da letto, incapace di indurre ancora la mente
al sonno. Alla fine si rigettò sul letto, cercando qualche attimo di distensione che gli
consentisse di dimenticare che gli mancava il sangue. Il Conte amava il sangue,
elemento liquido vitale, circolante senza posa nell’organismo entro appositi canali
elastici (arterie, vene, capillari) grazie all’impulso che riceve dall’attività contrattile
del cuore. Amava la sua colorazione rossa, dovuta ad uno speciale pigmento:
l’emoglobina. Gustava, con voluttà, quell’elemento costituito dalla componente
liquida, il plasma, e da quella solida comprendente i globuli rossi, i globuli bianchi e
le piastrine. Quando se ne saziava, sul viso gli si disegnava un orribile sorriso
crudele che metteva in mostra i canini lunghi e acuminati. Diceva deliziato che il
rosso elemento aveva un sapore leggermente salato e dolciastro insieme. Ormai
doveva a tutti i costi procurarselo. Sarebbe stato preferibile che il forzato donatore
fosse un uomo, che gliene avrebbe fornito 5 litri, i 4 - 4,5 litri di una donna non gli
erano sufficienti. Era come in una parossistica crisi d’astinenza. Si sentiva mancare
le forze, ma i cinque milioni per millimetro cubo di globuli rossi gli avrebbero ridato
il perduto vigore, rifornendo ossigeno alle cellule dei vari tessuti e liberando le
stesse dalla tossica anidride carbonica. Da un po’ di tempo non si era nutrito del
liquido elemento e ormai aveva estremo bisogno delle sue funzioni. Quel liquido
tanto prezioso infatti non aveva più distribuito a tutti i suoi tessuti – sull’onda della
corrente sanguigna arteriosa diretta in senso centrifugo – gli elementi necessari
oppure soltanto utili alla vita di miliardi di cellule che riunite in tessuti e organi
costituivano il suo organismo. E neppure il rosso elemento aveva più liberato tutti i
tessuti – sull’onda della corrente sanguigna venosa diretta in senso centripeto – sia
dall’anidride carbonica, che dagli altri prodotti tossici del ricambio cellulare,
convogliandoli verso gli organi epuratori od emuntori (polmoni, reni, superficie
cutanea, mucosa intestinale) attraverso i quali sarebbero stati espulsi dall’organismo
che altrimenti ne sarebbe rimasto intossicato. Senza il vitale elemento, il suo colorito
normalmente cereo, si era fatto grigiastro, per contrasto con gli occhi mobili e
ardenti. Doveva dunque assolutamente avere quel rosso elemento che perpetuava la
propria vita. ...
10 ) - da 'La mia vita, Chiara, scura e poi ancora Chiara'
di Anna Maria Panaghiotopulu, Salonicco, Grecia
( 1° segnalato Giovani scrittori)
Io mi chiamo Chiara. Ho quindici anni e sono un poco Dark per i miei compagni; il
significato ufficiale è Dark. Loro mi considerano un po' matta. Matta per ogni cosa
oscura, ogni cosa repulsiva e soprattutto ogni cosa che sia in relazione col sangue.
Mi chiamerete matta, anormale, ma 'amo ' il sangue! Leggo libri di vampire, guardo
film di vampiri e immagino il ragazzo dei miei sogni come un vampiro: pericoloso e
misterioso. Ogni momento il suo istinto può emergere e lui può attaccarmi,
morsicarmi e prendere quella che, secondo lui, è la cosa più preziosa che ho: il mio
sangue, cioè il suo nettare.
Quando mi chiedono perché ho tale ossessione per il sangue, sicuramente non
racconto loro la storia del principe azzurro-vampiro, perché loro hanno già capito
che sono diversa e riderebbero di me. Immagina cosa farebbero se lo dicessi| Per
questo rispondo solamente che non ho paura del sangue. il che è , d'altronde, vero.
Perché se mi spaventasse il sangue come sarebbe possibile per me voler diventare un
medico legale? O un chirurgo? O ancora meglio un microbiologo? Forerei le
persone con la siringa e metterei il loro sangue nelle bottigliette. Molte bottigliette di
sangue, sangue rosso scuro, rosso vivido, e le passerei al microscopio e le esaminerei
con attenzione. Qui ci sono i globuli rossi, qui i globuli bianchi, qui le piastrine...
ecco il valore dell'ematocrito... la glicemia è alta...questa persona deve andare a fare
esami ulteriori perché qualcosa non va bene.
11 ) - dalla pagina finale de 'Il dono' di Chiara Bettìo, Mestre, Venezia ( 2°
segnalato Giovani scrittori):
....Il lupo, in realtà aveva provato tanto dolore, ma in un solo istante. Poi se ne era
semplicemente andato, in pace. Il cerbiatto, invece, aveva sofferto molto più di tutti
loro. Morto per dare ancora un istante di vita a una creatura che l'aveva raggiunto
subito dopo. Che senso aveva? Insieme scivolarono dolcemente nel buio abisso della
morte. David sognò. Un sogno molto confuso a dire la verità: c'era lui che cadeva in
un abisso profondo e buio. Poi era comparsa una luce, una luce che gli prometteva
libertà, felicità e spensieratezza. E lui stava andando verso la luce, voleva andare
verso la luce, come quel soldato, quel cerbiatto e quel lupo che lo
guardavano...sembravano così felici...Sentì una voce nella sua testa:
- Com'è successo?- Era una voce familiare. A quella voce se ne aggiunse un'altra:
-Mamma, starà bene, vero?
In quel momento le riconobbe. Erano sua moglie e sua figlia. No Non poteva
raggiungere la luce: doveva stare con loro, badare a loro, proteggerle. Si sentì
riempito di una nuova vita, forte e pulsante. Pian piano sentì le forze tornargli, e il
dolore non l'aveva mai fatto sentire così vivo come in quel momento. Si svegliò. La
prima cosa che vide furono i ricci biondi di sua figlia, che lo guardava sorridendo:
- Papà!- Lei esclamò, abbracciandolo.
- Ehi, ciao, piccola.
Egli volse lo sguardo al braccio destro: vide il sangue che scorreva attraverso un
tubicino trasparente che entrava nel suo braccio, e da lì arrivava ad una sacca piena
di sangue; quel sangue che ora gli scorreva nelle vene, riportandogli la vita; quel
sangue che era simbolo della generosità di qualcuno che aveva versato il sangue per
lui, o per chiunque altro ne avesse avuto bisogno. Rimase qualche secondo ad
osservarlo. In quel momento il dottore entrò nella stanza:
- Bene. Vedo che si è rimesso - disse sorridendo - lei è uno 0RH Negativo. Devo
ammettere che abbiamo avuto qualche difficoltà a trovare il sangue compatibile col
suo. Perché, come saprà, lo 0 negativo può ricevere solo da 0Negativo. Ma alla fine
è andato tutto bene, no?
12 ) - Dalla pagina finale finale di 'Patto Matto' di Beatrice Zoccarato, MestreVenezia ( 3° segnalato Giovani scrittori):
.....Rich stava meglio. L’avevano spostato dal reparto di rianimazione a quello di
pediatria. Lo guardavo dalla porta perché non mi era ancora consentito entrare. Era
così bello, con quei capelli lunghi e neri, tutti arruffati. Gli occhi castani sempre
sorridenti, anche adesso che stava male. Janet era seduta sul letto vicino a quello di
suo figlio, e stavano parlando. Non riuscivo a sentire più di un bisbiglio, forse perché
non volevo sentire.
- Melanie, se vuoi puoi entrare.
Disse la mamma di Rich dopo quasi mezz’ora.
- Tieni tu compagnia a lui, così io vado a prendermi un caffè.
- Okay.
Entrai in quella stanza d’ospedale, la numero 126.
- Mel, c’è un problema.
- Cosa c’è Rich? Vuoi che chiamo un’infermiera?
- No, no. Non sto male, non è un problema di salute.
- E allora, cos’hai?
- Mi hanno tolto molto sangue, e dentro c’era pure il tuo. Ora non siamo più
fratelli di sangue….
- Macché! Io ho ancora tutto il tuo sangue. E poi il mio sangue ti rimarrà dentro
a vita, anche se te l’hanno tolto. Siamo fratelli.
Mi sorrise.
- Ora sto molto meglio. Avevo paura di aver rovinato tutto. Ma guarda te se
doveva succedere proprio a noi due!
- Beh, abbiamo superato anche questa prova, no? Siamo i migliori.
- Già! Ti voglio tanto bene Melanie.
- Ti voglio bene anche io Rich.
Uscì dall’ospedale dopo qualche giorno, e per una settimana, almeno una volta al
giorno, doveva andare a fare dei controlli. Per il resto stava bene, e il nostro
rapporto era ancora più solido e bello di prima. Ora abbiamo entrambi 20 anni, con
soltanto 3 mesi di differenza. Io studio Medicina all’università, lui invece psicologia
infantile. Siamo sempre migliori amici, ogni tanto ci divertiamo a prenderci in giro
sul quel primo febbraio di 9 anni fa. Condividiamo la stanza con altri due nostri
amici, Jane e Rob, anche loro migliori amici. Siamo un quartetto inseparabile, ma i
più legati siamo sempre io e Rich. È un affetto fortissimo e che non si può spiegare.
Abbiamo le stesse passioni, gli stessi hobby. Sembriamo proprio fratelli. L’amicizia
vera continuerà a vivere dentro di noi, dentro il nostro cuore e, perché no, dentro il
nostro sangue.
Il legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue, ma quello del
rispetto e della gioia per le reciproche vite. Di rado gli appartenenti ad una
famiglia crescono sotto lo stesso tetto ed io e te, mio caro amico, siamo due di
questi.
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