LE ORIGINI E LA FONTE
“Schiaccianoci è uno dei più bei doni della danza, non soltanto per i bambini, ma per
chiunque ami l’elemento magico del teatro” (Balanchine)
Alle origini dello Schiaccianoci c’è Ivan Aleksandrovic Vsevolojskij, il direttore
dei Teatri Imperiali, che in diciassette anni di gestione artistico-amministrativa
stimolò, suggerì o contribuì a creare i più bei balletti del secolo. Tra il 1881 e il 1899,
fu lui che commissionò, fra l’altro, La bella addormentata nel bosco, Il lago dei
cigni, Raymonda e, appunto, Lo schiaccianoci.
Marius Petipa, la “colonna” del Teatro Marijinskij di Pietroburgo, ex ballerino,
maitre de ballet e coreografo principe, era entusiasta di questo direttore, anche perché
egli gli lasciava spazio in materia di decisioni artistiche, lo ammirava molto, era un
professionista serio ed aveva anche un buon talento di pittore (molti dei bozzetti
originali per i balletti di Petipa erano in realtà suoi).
Il marsigliese Marius Petipa (1822-1910) era considerato lo zar assoluto del balletto
russo da una quarantina d’anni. Autore di grandi successi come Don Chisciotte,
Raymonda, La Bayadére, oltre alla più recente Belle au bois dormant, completerà il
trittico dei capolavori con Il lago dei cigni.
Nel 1890, il successo della Bella addormentata nel bosco, persuase Vsevolojskij a
chiedere a Cajkovskij e Petipa, ormai in piena sintonia e collaborazione, nuovi frutti
del loro ingegno. Come soggetto egli propose un racconto di E.T.A. Hoffmann
“Schiaccianoci e re dei topi” (scritto nel 1816 e pubblicato nel 1819 nella raccolta I
fratelli di San Serapione), da lui letto nella traduzione-riduzione francese di
Alexandre Dumas padre con il titolo Casse-Noisette et le Roi des souris. Cajkovskji
conosceva già il racconto, che gli era stato inviato da un amico otto anni prima. Ma la
bizzarra fiaba “in cornice borghese”, sinistra e poetica insieme, di Hoffmann
(tormentato protagonista del romanticismo tedesco, maggior esponente di quel filone
fantastico- grottesco che molto più tardi, in America trovò in E.A. Poe un geniale
continuatore) non doveva essergli piaciuta di primo acchito, in quanto trovava la
vicenda piena di sproporzioni e di conti che non tornavano, priva di vigore teatrale.
Petipa, però, lo seppe convincere con un colpo da maestro: invece di enucleare e
isolare dal racconto di Hoffmann il mero elemento fiabesco trascurando la cornice
realistica che funge da antefatto e da epilogo, ideò una coreografia che conservava
entrambi i piani narrativi, la fiaba e la realtà quotidiana e familiare. Egli infatti, sulla
falsariga di Dumas, volle farne prevalentemente un bello spettacolo di Natale, come
piaceva alla corte e a Vsevolojskij, adatto per grandi e piccini.
Anche se Petipa preferì la versione edulcorata di Dumas (poco più di un banale
raccontino natalizio), ben diversa affinità dovette sentire Cajkovskij col racconto di
Hoffmann. Anche il musicista -e lo si era visto negli altri due grandi balletti- era
portato a sentire l’amore come un bene irraggiungibile, l’infanzia come un paradiso
perduto, la realtà fitta di fantasmi ostili, da cui il sogno soltanto è capace di tirarci
fuori, fino a sollevarci nel cielo di un’idilliaca, perfetta letizia da favola.
LA COREOGRAFIA
Schiaccianoci è, fra i balletti di repertorio, quello che ha subito maggiori
rielaborazioni e modifiche. Ciò è dipeso soprattutto dal fatto che Petipa dovette
rinunciare alla coreografia a causa di una malattia improvvisa e affidò al suo maitre
en seconde, Lev Ivanov, l'onere della messa a punto del balletto e che ne firmò
integralmente la coreografia.
Lev Ivanovic Ivanov (1834-1901) restò sempre ingiustamente in ombra rispetto
all’onnipotente Petipa e ancor oggi il suo ruolo non è pienamente riconosciuto.
Cresciuto in un orfanotrofio a Mosca, ebbe sempre una esistenza travagliata e
infelice. Finì alcolizzato nella più nera miseria e disperazione, adeguandosi a lavori
minori con coreografi a lui infinitamente inferiori. La coreografia di Schiaccianoci è
la prova ulteriore (si pensi al II atto di Lago dei cigni) della sua grande fantasia
creatrice.
Petipa, quando quando si trattò di concordare con Cajkovskij il piano dell’opera, fu
implacabile al punto di far soffrire il musicista, una sofferenza che si trasferì poi in
Ivanov quando si trattò di realizzare coreograficamente le varie parti del lavoro (che
risolse splendidamente).
La prima rappresentazione andò in scena al Mariinskij il 6/18 dicembre 1892, in un
bene augurale clima natalizio.
IL SOGGETTO
Il libretto è tratto da un racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann ma non nella
sua forma originale, perché sembrerebbe troppo cruenta.
Il racconto ripreso dal libretto dunque si basa su una revisione meno cruenta di
Alexandre Dumas. Qui verrà analizzata la versione originale del balletto, quella di
Marius Petipa.
Atto I
Durante la vigilia di Natale, agli inizi del XIX secolo, il sindaco indice una festa per i
suoi amici e per i loro piccoli figli.
Questi, in attesa dei regali e pieni di entusiasmo, stanno danzando quando arriva il
signor Drosselmeyer, un amico di famiglia, che porta regali a tutti i bambini,
intrattenendoli con giochi di prestigio, nonostante all'inizio incuta paura ai bambini.
Alla sua prediletta, Clara, regala uno schiaccianoci a forma di soldatino che Fritz, il
fratello della bambina, rompe per dispetto.
Arrivano così alla festa anche i parenti, che si uniscono alla festa danzando. Clara,
stanca per le danze della serata, dopo che gli invitati si ritirano, si addormenta sul
letto e inizia a sognare. È mezzanotte, e tutto intorno a lei inizia a crescere: la sala,
l'albero di Natale, i giocattoli... e soprattutto una miriade di topi che cercano di
rubarle lo schiaccianoci.
Clara tenta di cacciarli, quando lo Schiaccianoci si anima e partecipa alla battaglia
con i soldatini di Fritz: alla fine, rimangono lui e il Re Topo, che lo mette in
difficoltà. Clara, per salvare il suo Schiaccianoci, prende la sua ciabatta e la lancia
addosso al Re Topo, distraendolo; Lo Schiaccianoci lo colpisce uccidendolo. Ed ecco
che lo Schiaccianoci si trasforma in un Principe, e Clara lo segue, entrando in una
foresta innevata. L'Atto si chiude con uno splendido Valzer dei Fiocchi di Neve.
Atto II
I due giovani entrano nel Regno dei Dolci, dove al Palazzo li riceve la Fata Confetto,
che si fa raccontare dallo Schiaccianoci tutte le sue avventure, e di come ha vinto la
battaglia col Re Topo. Subito dopo, tutto il Palazzo si esibisce in una serie di danze
che compongono il Divertissement più famoso e conosciuto delle musiche di
Čajkovskij e che rendono famoso il balletto, culminando nel conosciutissimo Valzer
dei Fiori.
Dopo, il Principe e la Fata Confetto si esibiscono in un Pas de deux, dove nelle
variazioni si può riconoscere il suono della celesta, strumento usato da Čajkovskij per
la variazione della Fata Confetto. Il balletto si conclude con un ultimo Valzer, e il
sogno finisce: una volta risvegliata, mentre si fa giorno, Clara ripensa al suo magico
sogno abbracciando il suo Schiaccianoci.
LO SCHIACCIANOCI
di Rudolf Nureyev
Il balletto, nato per il Teatro Reale di Stoccolma nel febbraio del 1968, e quindi
variamente ripreso (Royal Ballet di Londra, Scala, Opéra di Parigi), avvince per il
gioco di sovrapposizioni e rimandi grazie ai quali il brutto schiaccianoci è anche il
bel principe e il bel principe il sinistro Drosselmeyer, la bambina che sogna è anche
la protagonista del proprio sogno e gli orrendi pipistrelli evocati dall’incubo onirico
la deformazione fantastica della sua mente.
Quello di Drosselmeyer è poi un personaggio con infinite sfumature che lo
propongono agli occhi di Clara ora come punto di riferimento, ora come figura
maschile terrorizzante, ora come compagno di divertimento,, ora come essere
surreale, sfuggente, indecifrabile.
Nureyev ha inteso proseguire quella ristrutturazione del libretto iniziata da Vasilij
Vajnonen che ebbe un merito indiscutibile: quello di immettere nello spettacolo
quella carica di credibilità e realismo che caratterizzerà molto il balletto sovietico
fino ad oggi. Questa versione è senza dubbio quella che conobbe da studente alla
scuola di Kirov e che interpretò, nella parte del Principe, in otto spettacoli presso quel
teatro prima ancora di ottenere il diploma.
Nureyev quindi prende le mosse da Vajnonen, ma, avendo ben presente l’originale di
Hoffmann va oltre, unificando (o piuttosto sdoppiando) i personaggi di
Drosselmeyer, vecchio, un po’ sinistro e decisamente misterioso è interpretato dallo
stesso ballerino che poi sarà il Principe, splendente, giovane, radioso.
In questo, come in altre innovazioni, Nureyev ha tentato di dare allo Schiaccianoci il
carattere di un grande affresco onirico, in cui il sogno acquisti alcuni fra i profondi e
precisi significati che gli sono propri.
LA MUSICA
Petr Ill’ic Cajkovskij compose le musiche del balletto tra il 1891 e il 1892.
La prima rappresentazione Pëtr Il'ič Čajkovskij compose le musiche del balletto tra il
1891 e il 1892.
La prima rappresentazione, che si tenne insieme alla prima dell'opera Iolanta dello
stesso Čajkovskij, ebbe luogo il 18 dicembre 1892 presso il Teatro Mariinskij di San
Pietroburgo, Russia. Fu condotta interamente dal compositore italiano Riccardo
Drigo e coreografata dal ballerino russo Lev Ivanov: questa esecuzione tuttavia non
riscosse successo.
La suite che derivò dal balletto divenne molto popolare nell'ambiente dei concerti,
tanto che lo stesso Čajkovskij decise di estrarne otto movimenti.
Una novità presente in quest'opera è la presenza di uno strumento che fu visto per la
prima volta dal compositore a Parigi: la celesta. Čajkovskij lo volle assolutamente
inserire nell'opera e lo aggiunse in alcuni passaggi del secondo atto.
Nello Schiaccianoci il compositore ha due caratteri da rendere in musica: la lieta
innocenza infantile e il bizzarro, la festosità e la comicità.
Il balletto si apre con l’Ouverture-Miniature (i titoli e i sottotitoli francesi, cari
all’autore, sono consacrati dalla tradizione e talora intraducibili) dove l’orchestra è
ridotta all’osso, assottigliata negli archi e nelle percussioni.
Nell’organico del balletto sono previsti strumenti-giocattolo, ma lo Schiaccianoci ha
anche questa bizzarria, che tutti gli strumenti, prima o poi, sono usati come
strumenti-giocattolo.
Nella Marche, i piatti insolitamente percossi con la bacchetta dei timpani rendono
una sonorità così curiosa nella sua sproporzione da far pensare a qualcuno che “non
ce la fa” a sollevare un peso..
Spassosissime le danze caratteristiche, che ostentano spropositati caratteri “etnici” o
“nazionali” associandoli a bevande calde e immensamente confortevoli, di quelle che
per lo più si bevono con i pasticcini: la Danse espagnole ovvero la cioccolata; la
Danse arabe ovvero il caffè; la Danse chinoise ovvero il thé; la Danse russe o
Trepak, che scandisce un unico tema ritmato ossessivamente e stringe nel finale
aumentando la velocità fino al parossismo; la Danse des mirlitons, che non sono i
reed-pipes inglesi (“zufoli”) , bensì cannoncini di pasta sfoglia ripieni di crema o di
panna montata.
In un trionfo di luci e colori, questo festoso stato d’animo si rivela e si manifesta nei
tre grandi valzer della partitura: nel I atto, la Valse des flocons de neige; nel II atto, la
famosissima Valse des fleurs e, a conclusione dell’intero balletto, la Valse finale et
apothéose.
Se la Valse des fleurs è l’apoteosi dell’arpa, la Danse de la fée Dragée è l’apoteosi
della celesta, lo strumento metallofono a tastiera dal suono diafano, brevettato da
Auguste e Alphonse Mustel a Parigi nel 1886, soltanto sei anni prima che Cajkovskij
scrivesse la musica di questo balletto.
Il musicista, entusiasmato da questo strumento in occasione di un suo viaggio a Parigi
nel 1891, chiese al suo editore Jurgenson di inviargliela in segreto, affinché RimskijKorsakov e Glazunov non venissero a sapere della sua intenzione di usarla per la
danza della Fata Confetto e non gli copiassero l’idea!
Il nuovo, tintinnante strumento certo sarebbe piaciuto al prediletto Mozart anche qui
richiamato da Cajkovskij in alcuni momenti e segnatamente nella arcadica Danse des
mirlitons.
LO SCHIACCIANOCI MODERNO
Lo Schiaccianoci è stato ripreso più volte dal cinema, dal teatro e anche dallo sport,
soprattutto le sue musiche e la sua trama.
Un esempio cinematografico è il film Fantasia della Disney, in cui fate, funghi,
pesci, fiori, cardi e orchidee danzano al ritmo delle note della suite dello
Schiaccianoci.
Ad ogni modo, la partitura musicale di Čajkovskij è stata riproposta fedelmente.
Questo non è accaduto però in molte rappresentazioni allestite di recente. Il balletto
originale infatti dura solamente novanta minuti, quindi è più breve rispetto al Lago
dei cigni o a La bella addormentata. In queste rappresentazioni i compositori
omettono brani, li riordinano o addirittura aggiungono brani tratti da altre opere,
creando solamente confusione nella suite.
Nel 1983 infatti, ne Lo Schiaccianoci: fantasia su ghiaccio, un adattamento televisivo
per uno spettacolo di pattinaggio su ghiaccio, le musiche originali sono state
riordinate secondo un'altra scaletta e sono state aggiunte poi musiche di un altro
compositore russo, Mikhail Ippolitov-Ivanov.
L'attuale popolarità de Lo Schiaccianoci è in parte dovuta a Willam Christensen,
fondatore della compagnia San Francisco Ballet, che importò il lavoro negli Stati
Uniti nel 1944. Il successo del balletto e la coreografia di George Balanchine per la
sua prima rappresentazione nel 1954 creò una vera e propria tradizione invernale
nelle rappresentazioni dell'opera negli Stati Uniti.
BIBLIOGRAFIA
• Giacomo Manzoni, Guida all’ascolto della musica sinfonica, Feltrinelli, 1996
• Alberto Testa, I grandi Balletti, Grenese, 1991
• Una favola anche per i grandi, di Vittoria Ottolenghi
• Un “capolavoro per accumulazione”, di Vittoria Ottolenghi
• Immagini di Cajkovskij, di Silvestro Severgnini
• Rudolf Nureyev, a cura di Paola Calvetti
• Fiaba e tragedia sulla neve- Nota alle partiture dei balletti di Cajkovskij, di
Quirino Principe
• Schiaccianoci: la fiaba di Natale, di Luigi Rossi
• Lo schiaccianoci di Rudolf Nureyev: quando il balletto va dallo psicanalista, di
Elsa Airoldi
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