magazine
NUMERO VENTINOVE - MAGGIO 2012
esprino
Il
Il diario
diario online
online del
del Lions
Lions Club
Club Palermo
Palermo dei
dei Vespri
Vespri
Terremoto in Emilia
Il Lions Club Palermo dei Vespri
vicino ai nostri connazionali
Lions Club International Palermo dei Vespri - Distretto 108 Y/b - Circoscrizione I - Zona 1
SOMMARIO
Vesprino Magazine
Primo Maggio
Editoriale di Maggio
Cari Amici, Care Amiche questo
mese è caratterizzato da un evento
particolarmente grave e doloroso, il
terremoto in Emilia, che continua a
mettere alla prova i nostri connazionali col susseguirsi di scosse di
varia magnitudo. Tra gli eventi naturali uno dei meno prevedibili e
difficili da studiare è proprio il terremoto perchè , se nelle linee geneGabriella Maggio
rali il fenomeno è ben compreso
dagli studiosi, nel particolare la conoscenza e la sua previsione rimangono incerti, affidati soltanto alla statistica. I disagi della popolazione possono essere ben compresi da chi,
come noi siciliani, abita in una zona sismica, frequentemente colpita da terremoti. Lasciare la propria casa o vederla ridotta in macerie è terribile, ma non deve mancare,
come si è visto che non manca, la forza della speranza e la
tenacia di superare le difficoltà, per quanto grandi. Gli abitanti della zona colpita stanno dimostrando un grande coraggio ed una grande determinazione nel volere riprendere
le loro attività economiche e culturali, ma credo che sia importante per loro sentire la solidarietà di tutti.
La Musica Italiana
Tuteliamo L’ambiente
Laura Campisi
Gabriella Maggio
Le ricette letterarie di Marinella
Federico II e il Birdwaching
Daniela Scimeca
Daniela Crispo
Le Note del Sorriso
Aurora Picone
La Carta Costituzionale Italiana Renata De Simone
I Miei Maestri
Raffaello Piraino
Crocevia Linguistico
Gabriella Maggio
Mito e Demitizzazione
Vile Attentato a Brindisi
Malaspina
incontriamoci in rete
Marinella
Viaggiatori stranieri in Sicilia
Le Dolci Fantastiche Creazioni
VesprinoMagazine
Attilio Carioti
Carmelo Fucarino
Mark Twain in Italia
Commenta > Collabora > Scrivi
Daniela Scimeca
Don Chichotte
15 Maggio 2012
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La Redazione
La Tragedia di Kandaules
Carmelo Fucarino
Gabriella Maggio
Irina Tuzzolino
Ornella Correnti
La Redazione
Luigi Tripisciano
Carmelo Fucarino
lionspalermodeivespri.wordpress.com
La Commozione
del Presidente
Hanno Partecipato a questo numero:
Di Alcibiade Bello e Ricco
Carmelo Fucarino, Attilio Carioti, Luigi Tripisciano
Ornella Correnti, Marinella, Irina Garofano,
Daniela Scimeca, Daniela Crispo, Aurora Picone,
Renata De Simone, Raffaello Piraino, Maria Santoro.
Serate all’opera
Con l’occhio dei bambini
Weck End a Siracusa
Gabriella Maggio
Carmelo Fucarino
Maria Santoro
Gabriella Maggio
Attilio Carioti
Inaugurazione Mostra Personale
Comitato di redazione:
Gabriella Maggio (Direttore)
Mimmo Caruso • Renata De Simone
Carmelo Fucarino • Francesco Paolo Scalia
2
di Giacomo Failla
Gabriella Maggio
Palermo Creativa
Gabriella Maggio
Lions
LA REDAZIONE DI VESPRINO
AUGURA UN FELICE
PRIMO MAGGIO
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Musica
La Musica Italiana, Regina Dovunque
Tranne In Patria
di Daniela Scimeca
Q
ualche tempo fa, durante un viaggio nella
splendida Praga, ho stretto amicizia con un
ragazzo giapponese. Se ne stava seduto su
una panchina ad ascoltare musica dagli auricolari, seguendola sullo spartito cartaceo. Mi sono fermata accanto a lui dopo non so quanta strada a piedi.
Approfittando della distrazione, o forse per fare una
pausa, chiede se sono anch’io una studentessa. Nel mio
claudicante inglese rispondo di essere una turista che si
gode la città, e di ritorno domando cosa stia ascoltando
in cuffia. Con un inglese assai più fluente, dice: «parti
della Traviata». Ne sta studiando le caratteristiche musicali per poterci preparare una relazione. È a Praga per
una ricerca su Verdi e le sue opere. Ha vinto una sorta di
borsa di studio all’università e segue un corso di alta formazione. Ci sono ragazzi di tutto il mondo che studiano
musica lì, perciò pensava fossi una di loro.
Provo subito un senso di disagio. Sulle prime non capisco
la ragione, poi pian piano, nella mia mente, si fa chiaro
il motivo dell’imbarazzo. Quel ragazzo dovrebbe trovarsi
in Italia, perché è l’Italia la patria di Verdi, è in Italia che
ha vissuto e ha composto. Gran parte delle sue opere si
legano in modo evidente alla situazione politica di allora,
e gli spettacoli che venivano messi in scena alla Scala rappresentano uno spaccato sociale e culturale dell’epoca
che dà un’immagine precisa del fermento culturale determinato dalla musica e da ciò che le girava attorno.
Giuseppe Verdi è solo il più conosciuto degli autori italiani che hanno reso famoso il melodramma a livello
mondiale. L’elenco dei compatrioti con cui ha scritto la
storia della musica sarebbe lunghissimo.
Anche il padre di Mozart lo aveva mandato a specializzarsi nel Bel Paese. Le connessioni tra la musica mozartiana e alcune opere di Cimarosa sono state messe più
volte in evidenza da critici, esperti, nonché professionisti
come Muti. L’Austria è il punto di riferimento per chi
vuole formarsi in materia: città come Vienna e Salisburgo offrono corsi di avvicinamento o di perfezionamento, stage estivi, concorsi per giovani musicisti, e in
ogni angolo di strada vengono distribuiti volantini per
decine di concerti. Seguendo l’esempio, città come Praga
si industriano e utilizzano il patrimonio musicale tricolore per fare cultura, invitando giovani appassionati e talenti nelle strutture locali, creando un’atmosfera di
fermento, simbiosi, crescita, interscambio reciproco.
Da qui nasceva il mio senso di disagio: dalla consapevo-
lezza di vivere in un paese in cui la musica è stata per secoli protagonista indiscussa, e ora sembra relegata in un
angolo, rinchiusa fra le mura di conservatori e teatri. Proliferano altri tipi di attenzioni e contratti, da quelli televisivi alle tresche in odor di bluff, stornelli di rapido
consumo, parentopoli e pseudo-talent show.
Nel sistema scolastico Musica è una materia casuale,
quasi distratta, spesso neppure segnata in maiuscolo. Una
sorta di ora di alleggerimento, in cui si soffia dentro a un
flauto – più comunemente etichettato come “piffero” – e
solo in rari casi si apprendono i fondamenti di base. Dovrebbe essere uno dei corsi se non principali, o almeno
più curati, per non relegare una sontuosa tradizione nella
memoria di pochi aficionados; invece la musica, Cenerentola in margine, è relegata a una manciata di minuti
settimanali alle Medie Inferiori. Dove è trattata con la
superficialità di cui sopra.
Alle Medie Superiori è pure peggio. Esclusa dal programma di base, è presente solo al liceo Socio-PsicoPedagogico e in pochi altri corsi sperimentali. La riforma
proposta dal ministro Gelmini prevedeva un liceo Coreutico-Musicale, ma lungaggini e problematiche relative
all’attivazione hanno spento le speranze di chi sognava
un’inversione di tendenza. Il liceo musicale è divenuto
4
Musica
La Musica Italiana, Regina Dovunque
Tranne In Patria
una sezione del già presente Socio-Psico-Pedagogico, e
in molti casi, vista l’enorme quantità di iscritti, si è dovuto ricorrere ad un sorteggio che ha concesso a poche
centinaia di alunni di frequentare l’unica classe possibile.
Così accade che io, italiana in vacanza a Praga, incontri
un ragazzo orientale che ha deciso di fare della “mia”
musica, se non la sua ragione di vita, quantomeno il principale interesse, la passione. E che questo ragazzo sia costretto a studiarla dovunque, fuorché in Italia. «Perché?»,
mi chiedo. Qual è la ragione per cui non prendiamo in
considerazione un simile background culturale, nonostante si parli di crisi e controcrisi? Sarebbe un mercato
florido, se si avesse l’intenzione di investici sopra. Se si
avesse a cuore proprio quella cultura che tanto viene
sbandierata a sproposito. Molti, ahinoi, preferiscono l’usa
e getta, l’importazione di motivetti di temporaneo successo, accettando in modo passivo di impoverirsi.
Nessun Ministro dell’Istruzione si è mai posto la questione, e i governi tecnici hanno sorvolato il problema con
altre urgenze. Persino la prima della Scala viene considerata un’occasione di pura mondanità, un appuntamento per cariatidi borghesi, anziché un evento musicale
d’eccellenza. È inverosimile che l’unico legame con un
passato di grandeur sia garantito – e per pochi adepti –
da edizioni più o meno cicliche di lezioni in formato
DVD di Riccardo Muti, dai corsi di Uto Ughi, o da iniziative isolate come quella di Fabio Fazio, che in accordo
con gli organizzatori del programma invita il maestro Barenboim in trasmissione. E quest’ultimo regala pillole di
cultura, ricordando che con essa è possibile fare miracoli,
e cita la West Eastern Divan Orchestra, da lui fondata
con lo scrittore Edward Said, allo scopo di favorire il dialogo fra musicisti di svariati paesi, spesso storicamente
nemici. Ma questa è una vicenda che purtroppo non appartiene all’Italia.
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5
Ambiente
TUTELIAMO L’AMBIENTE
PIANTANDO ALBERI
di Attilio Carioti
“S
e pensi all’anno prossimo, pianta un seme.
Se pensi a quello che succederà tra 10
anni, pianta un albero” dice un poeta cinese del 500 d.C. Con queste parole il
Presidente Internazionale Wing – Kun – Tam, spiega la
finalità del service internazionale per l’anno sociale 201112 “Piantare un milione di alberi ” .. Domenica 29 aprile
i Lions Club della Prima Circoscrizione si sono riuniti al
Quartiere S. Filippo Neri per mettere a dimora 50 piante
di ulivo in una zona da tempo adibita a discarica ed ora
riqualificata e consegnata agli abitanti come spazio verde
fruibile da tutti. Al centro dell’area è stato collocato un
cippo che ricorda l’evento e i Club Lions che hanno partecipato : Host, Normanna, Vespri, Mediterranea, New
Century, New Century Panormus, Libertà, Federico II,
Leoni, Monte Pellegrino, Conca d’Oro, Porta Nuova, Cefalù, Bagheria, Carini Riviera Ponente, Partinico Serenianus, Termini Imerese Host, Termini Imera Cerere,
Madonie ed i Leo della Circoscrizione : Leo Host, Ve-
spri, Bagheria, Partinico, Carini Porta Nuova, Mediterranea, Termini Imerese. L’obiettivo fissato, quello di piantare un milione di alberi è stato ampiamente raggiunto
perché si è arrivati a quota otto milioni, ha detto Gabriella
Giacinti, Presidente della Prima Circoscrizione che ha
curato la realizzazione del service in sinergia col Settore
Verde e Territorio del Comune di Palermo. La messa a
dimora delle piante si è realizzata grazie all’interessamento di Pietro Passariello, socio del Club Palermo Host,
che ha fornito le piante di ulivo e di chi scrive che ha individuato e predisposto l’area per l’intervento.
Alla cerimonia erano presenti l’immediato Past Governatore Giuseppe Scamporrino, il secondo Vicegovernatore Gianfranco Amenta, il Past Governatore Franco
Amodeo.
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Letteratura
UN DON QUICHOTTE SOTTO IL CIELO
DELLE PROTESTE
di Salvatore Aiello
Don Chisciotte e Ronzinante, dipinto di Honorè Daumier
È
C’era un attento trascinatore Oleksej Baklan a capo dell’orchestra docile e intenta alle sue indicazioni nel conquistare dinamiche e colori ora solari d’ispirazione
madrilena ora malinconici, teneri e crepuscolari, per guadagnare i toni accesi e fervidi del festoso nuziale finale.
Sulla ribalta una compagnia omologata e solida che si è
imposta per coesione e stile; in risalto la Kitri di Tetijana
Lozova e il Basilio di Denis Nedak che hanno offerto un
saggio ampio delle valide capacità tecniche ma soprattutto
regalando momenti suggestivi di abbandoni coreutici
emozionanti per tenuta ed espressività. E con loro Sergej
Litvinenko, uno stralunato Don Quichotte,Jurij Korobcevskij nei panni di Sancho Panza. Completavano il cast
i validi Jurij Romanenko (Lorenzo),Volodimir Cuprin (Gamache ), Oleksandr Sapoval (Espada/Bolero), Ol’ga Kif ’jak (ballerina di strada/regina delle Driadi)Ksenija
Novikova (Mercedes),Ksenija Ivanenko (Gitana/ Bolero),Katerina Kal’cenko (amore),Katerina Didenko,Katerina Tarasova (due amiche).
Retro l’allestimento e le scene, colorati i costumi. Pubblico
plaudente.
andato in scena, per la stagione di Opere e Balletti del Massimo di Palermo, il Don Quichotte di
Ludwig Minkus con coreografia di Aleksandr
Gorskij e Kas’jan Golejzovski ripresa dal leggendario Petipa del 1869 con l’allestimento del Balletto dell’Opera di Kiev, maitre de ballet Viktor Litvinov. Ad
accoglierci un teatro semivuoto anche per il clima teso che
ormai da tempo vi si respira e che non tende ad ammorbidire i toni. Lo sciopero, dichiarato dalle sigle sindacali
SicCGIL e FIALS-CISAL per la vertenza irrisolta che riguarda il personale precario e la minaccia di ricorrere a
musiche registrate, scongiurati all’ultimo momento, hanno
scoraggiato gli abbonati.
Nella programmazione iniziale il Balletto avrebbe costituito, per il corpo di ballo palermitano diretto da Luciano
Cannito, una valida prova di promozione artistica in più
esaltata dagli annunciati raffinati costumi di Francesco
Zito e con la presenza di due coppie di etoile internazionali quali Evgenia Obraztsova e Tiler Peck, Vladislav
Lantratov e Joaquin. I vertici del Teatro hanno cambiato
il cartellone appaltando una nuova produzione; ma si sa
per i nostri pubblici odierni tutto va bene, morto un papa
se ne fa un altro. Dalla platea infatti i fischi venivano fastidiosamente zittiti e cosi “semaforo verde” per l’inizio
dello spettacolo.
7
Musica
Laura Campisi - La Voce
di Gabriella Maggio
H
o incontrato Laura Campisi il 30 giugno
2011 nell’Atrio della Biblioteca Comunale di
Palermo in occasione della presentazione di
“Rusidda…a Licatisi” biografia di Rosa Balistreri, curata da Niccolò La Perna. Tra i cantanti che
hanno riproposto in quell’occasione il repertorio di
Rosa Balistreri Laura Campisi si è distinta per doti vocali, tecnica e intensità di interpretazione cantando “
Amuri ca di notti” e “Buttana di to’ ma’”. Il suo studio
della Licatese si è sviluppato negli anni e culmina nel
2007 con l’opera “’U radicuni ovvero storia di un legame.
Rosa Balistreri: la terra e la protesta” che costituisce la sua
tesi di laurea in Discipline della musica presso l’Univer-
sità degli Studi di Palermo. Nello stesso anno trova riscontro nella compilation Buon compleanno Rosa allegata al Giornale di Sicilia. Partecipa successivamente al
film documentario “La voce di Rosa” del regista romano
Nello Correale, nel quale esegue una propria interpretazione del brano “Rosa canta e cunta” in duo, voce e contrabbasso, con Luca Lo Bianco. Nel 2011 ha ricevuto il
premio “Rosa Balistreri e Alberto Favara” per la sua attività di divulgazione della musica e della cultura popolare
siciliana nel mondo. Laura Campisi, però, non è soltanto
una cantante di musica popolare ed una cantautrice, ma
è anche band leader e cantante di Jazz, Folk, Blues, musica leggera.
8
Cucina
Le ricette letterarie di Marinella
di Marinella
Sàndor Marai, scrittore ungherese , le cui opere sono pubblicate da Adelphi, in “Le braci” racconta l’ossessione amorosa di due gentiluomini per una donna dal comportamento sfuggente. Si incontrano dopo circa
40 anni in un castello dei Carpazi, dove si sforzano di ricostruire il passato, di cui ormai non restano che le
braci, con l’aiuto dell’ambiente e di una cena raffinata: minestra, trote, roast beef e gelato flambè.
TRoTe all’ungHeRese
Ingredienti:
Trote, farina, sale, paprika dolce,
patate lessate ( in proporzione alla
quantità di trote) , prezzemolo
Preparazione:
Pulire ed asciugare le trote; passarle nella farina insaporita con sale e
paprika dolce ; friggerle nel burro, disporle su una teglia su cui sono state
disposte le patate lessate e tagliate a fette spesse; bagnarle con burro fuso,
cospargerle di prezzemolo e passare al fono per qualche minuto. .
9
Storia
Federico II e il Birdwatching
di Daniela Scimeca
T
alvolta, studiando la biografia dei personaggi del passato emergono forti le passioni, gli odierni hobbies. Siamo infatti fin
troppo abituati alle descrizioni ingessate,
presenti sui libri scolastici, di valorosi condottieri e
imperatori nelle loro vesti ufficiali, da non accorgerci
che erano uomini con pregi e difetti, debolezze, preferenze, spesso dediti a passatempi disparati.
Ad esempio si rimane stupiti quando si viene a sapere a chi risale il primo vero trattato di ornitologia.
De Arte Venandi Cum Avibus (“Sull’arte di cacciare
con gli uccelli”), appunto, risale a Federico II. Proprio lui, che volendo concentrare la sua vita in due
espressioni, da semplice puer apuliae diviene stupor
mundi.
Federico imperatore è una delle figure più studiate e
indagate dalla storiografia occidentale.Personalità
eclettica e complessa, erede della corona germanica
e di quella siciliana, è stato un personaggio affascinante e di immensa cultura, brillante nella conoscenza delle lingue, nelle doti diplomatiche; noto ai
contemporanei per la sua crudeltà e spietatezza nei
confronti del nemico.
Ebbene, quando il nobile combattente si toglieva corona e corazza aveva un hobby, la passione per i falconi. Un interesse che spesso lo portava lontano dai
suoi doveri di imperatore e gli permetteva di rilassarsi, stando un po’ solo. Amava a tal punto la cac-
cia col falcone che decise di scriverci un trattato.
L’opera risultò essere incredibilmente moderna per
l’epoca, non solo per l’argomento in sé, ma soprattutto per l’approccio scientifico e il taglio oggettivo
che egli si sforzò di dare all’opera.
Fin dalla sua premessa dichiara che l’arte della falconeria è subordinata alla scienza naturale, e il suo
proposito è di investigare ea quae sunt, cioè le cose
come sono nella realtà. Siamo dunque ben lontani
dai bestiari, che andavano tanto di moda nel medioevo, con il loro approccio simbolico-religioso e le
loro mirabolanti descrizioni di draghi e unicorni.
La volontà di un approccio scientifico – il più vicino
possibile alla realtà – è testimoniato negli splendidi
disegni presenti nella redazione più nota, commissionata dal figlio Manfredi. Nel manoscritto, conservato alla Biblioteca Vaticana (codice Pal. Lat. 1071),
si possono ammirare illustrazioni di svariati uccelli e
molte specie differenti nelle caratteristiche fisiche,
come il piumaggio, o nelle loro abitudini e comportamenti.
Nelle descrizioni, Federico si mostra attento e scrupoloso, non tralascia nulla e si accosta parecchio alla
moderna ornitologia nel classificare e descrivere i volatili, così come nel riflettere sul loro comportamento
istintivo. È indubbio che prima di scrivere li abbia
osservati a lungo e con la massima cura, anticipando
il moderno birdwatching.
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Storia
Federico II e il Birdwatching
Federico però era sprovvisto di binocoli, cannocchiali
e teleobiettivi, va da sé che il background, la sua conoscenza enciclopedica, nascono dalla sola esperienza personale. Alcune volte addirittura smentisce
antiche credenze, come nel caso degli avvoltoi, ritenuti in grado di rintracciare le carogne attraverso l'olfatto.
Il suo scrupolo lo porta a verificare, confrontare, sfatando miti e leggende, e facendo spazio alle prime
sperimentazioni di genere. Nel caso suddetto, impossibilitati alla vista alcuni avvoltoi, fece mettere davanti a loro della carne, dimostrandone l’incapacità
di percepirne l’odore.
Altre volte, sperimenta i piccoli e grandi miracoli
della natura, come quando gli regalano una nidiata
di un uccello che lui chiama praenus, e si accorge subito che tra i pulcini ve ne è uno strano e quasi deforme, una sorta di antenato del brutto anatroccolo.
Decide quindi di nutrire il piccolo cum diligenti custodia (accuratamente), curioso di vederne la trasformazione. Alla fine, ne spunterà un cuculo.
Proseguendo gli studi, arriva a definire gran parte
della struttura fisica dei volatili. A lui sono attribuite
la scoperta dei muscoli che permettono il volo, e la
descrizione del diverso funzionamento dello stomaco
negli uccelli carnivori da quelli granivori.
La sua curiosità è insaziabile e le sue indagini, spesso,
lo occupano lungamente. Il suo sguardo instancabile
testimonia un approccio agli animali e alla natura
davvero nuovo per l’epoca. In ciò, il Federico II ornitologo ha un’aura molto diversa da quella che si
apprende sui libri. L'opera e l’intero lavoro di ricerca
testimoniano il rispetto della natura e l’agio con il
quale in essa l’uomo si muove, benché originate dalla
pratica della caccia, uno dei più contestati "sport"
dell'attualità, un tempo fondamentale per il sostentamento. Dismessa la ferocia del fucile, l'imperatore
osserva la fauna del cielo e ne ammira le caratteristiche. Descrive gli uccelli come esseri che fanno della
libertà la loro ragione di vita, e rimanda l’immagine
di un uomo che coltiva la sua passione e vuole condividerla.
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11
Sicilia
VIAGGIATORI STRANIERI IN SICILIA
di Daniela Crispo
IBN UTHMÂN AL-MIKNASI Muhammad
I
n Al-badr as safir , La luna splendente, Ibn Uthmân
racconta del suo viaggio in Sicilia nel capitolo Siqilliya
fi mudhakkirât as-safir Ibn-Uthmân, La Sicilia nei ricordi dell’ambasciatore Ibn-Uthmân. Di ritorno da
una missione a Napoli, il diplomatico marocchino, ambasciatore del sultano alawita Muhammad ibn Abd Allâh,
con l’incarico di operare uno scambio di prigionieri musulmani con cristiani, è costretto ad una sosta imprevista a
Palermo il 17 dicembre 1791. A causa di un fortunale infatti la sua nave è costretta a rifugiarsi nel porto della città.
Temperamento brillante, viene ben accolto dalla nobiltà
cittadina e coinvolto in una serie di incontri e ricevimenti
dove conosce l’abate Vella, che diventa il suo accompagnatore ufficiale. E’lo stesso che inventa l’arabica impo-
stura, di cui parla Leonardo Sciascia ne “Il Consiglio
d’Egitto”. Di questa visita l’ambasciatore ha lasciato una
descrizione gustosa e viva. Della città ammira soprattutto
i giardini che gli sembrano “frutto di una fantastica visione
di sogno” e le strade, in particolare le due principali che
s’incrociano, che gli appaiono “ tutte un pullulare di mercati”. Però non è attratto dall’architettura della città, anzi
nota con rammarico la scomparsa delle vestigia musulmane. Critica il Carnevale :”Che si tratti di una cosa immorale è noto a tutti…puoi vedere quei locali straboccare
di notte di quella gente che, mascheratasi, si mette a ballare
– che Allâh ne affretti la punizione! – uomini e donne insieme, ponendo fine al proprio sollazzo solo al sorgere del
sole”. Il 20 marzo dell’anno1792 fa ritorno in patria
12
Lions Club
“Le note del sorriso” II edizione
di Aurora Picone
I
l 28 aprile 2012 alle ore 21,00 presso la maestosa Basilica di San Francesco d’Assisi ha avuto luogo la seconda edizione del concerto di beneficienza “Le note
del sorriso”, organizzata e curata dal Leo Club Palermo dei Vespri.
Ad accogliere i numerosi e graditi ospiti presenti, il presidente del L.C. Palermo dei Vespri Virginia Geraci (promotrice di entrambe le edizioni del service) che con molta
emozione ha fatto un breve ma significativo discorso che
ha trovato il consenso del pubblico che l’ha ringraziata con
un lungo applauso. Hanno successivamente preso parola
il parrocco della basilica di San Francesco d’Assisi Padre
Fedele Fiasconaro, il Presidente dell’ associazione ONLUS
ASLTI l’avv. Giuseppe Lentini e il nostro Presidente Lion
padrino il Dott. Giovanni Ammirata il quale si è fatto portavoce, insieme al Presidente Leo dei valori e delle finalità
per le quali Lions e Leo insieme si spendono nella società.
Ad esibirsi ancora una volta i giovani professionisti dell’Orchestra Filarmonica e del Coro Polifonico dell'Istituto
Statale Regina Margherita diretti dalla preziosa professionalità dei Maestri Francesco Di Peri e Salvatore Scinaldi.
I graditi ospiti hanno lasciato un’offerta simbolica che è
stata raccolta da noi soci del Leo Club Palermo dei Vespri
la quale andrà totalmente a favore dell’associazione.
La cifra che è stata raccolta è di euro 800,00 e servirà a
sostenere il reparto di Oncoematologia Pediatrica dell’ospedale Civico di Palermo dove opera ormai da 30 anni
l’associazione ASLTI.
La serata è trascorsa piacevolmente e di questa gioia non
resterà soltanto un dolcissimo ricordo, ma qualcosa di concreto che verrà fatto sicuramente in favore dei bambini affetti da leucemie e tumori.
Un grazie di cuore a tutti voi che avete partecipato cosi
numerosi a tale manifestazione e grazie anche a chi, nonostante non sia potuto venire, ha contribuito ugualmente
regalando un suo “sorriso”.
13
Sicilia
LA CARTA COSTITUZIONALE
SICILIANA DEL 1812
di Renata De Simone
Palazzo dei Normanni-Sala d’Ercole
U
na Costituzione siciliana, frutto di lunga elaborazione speculativa ed espressione di un pensiero
illuminato e riformatore, ma dalla brevissima esistenza, si ricorda quest’anno a Palermo con mostre, apertura straordinaria di locali-simbolo, proiezioni di
documenti originali e pubblica lettura di brani tuttora di
grande forza evocativa, nel Bicentenario della sua promulgazione. Ne fu qualificato estensore il Consesso dei parlamentari siciliani, ne fu sede ufficiale il Palazzo dei
Normanni, attuale dimora dell’Assemblea Regionale Siciliana. Il 18 giugno del 1812 nella Sala d’Ercole del Palazzo
Reale di Palermo, alla presenza del principe ereditario Francesco di Borbone, vicario per delega regia, il Protonotaro del
Regno Pietro Papè, principe di Valdina, apre con un discorso
inaugurale il Parlamento straordinario di Sicilia che aveva
l’obiettivo di dare una nuova organizzazione al Regno, prendendo come modello la Costituzione inglese. Erede di una
tradizione che si vuole far risalire al Gran Conte Ruggero,
conquistatore normanno delle terre in mano agli arabi, il
Parlamento generale di Sicilia rappresentava tre componenti, o bracci, della compagine sociale isolana: quella militare, discendente, si dice, dai combattenti ricompensati con
parte delle terre conquistate, quella ecclesiastica, costituita
da ricchi prelati signori terrieri e quella demaniale, di diretto appannaggio del Re. In Sicilia le prime assemblee si limitavano a far da cornice alla corte del Re quando questi
promulgava importanti leggi organiche. Così le famose assise di Ariano di re Ruggero II del 1140 o le costituzioni di
Melfi promulgate nel 1231 da Federico II. Solo con Federico III d’Aragona nel 1296 si istituì una norma precisa che
prescriveva la convocazione annuale del parlamento (De
curia semel in anno facienda), regola che però non ebbe riscontro nella prassi corrente. Ben diverso il parlamentum
convocato da re Martino nel 1398 a Siracusa, che riproponeva in Sicilia i tre bracci (ecclesiastico, militare o feudale e
demaniale ) sul modello delle cortes catalane e che richiedeva un accoglimento positivo (placet) o negativo (non placet) del sovrano alle proposte avanzate dall’organo collegiale.
L’ingresso al potere della dinastia castigliana, a partire dal
1412, segna un fondamentale cambiamento nel parlamento
siciliano. Con Alfonso il Magnanimo la sanzione regia alle
grazie chieste al re in assemblea (capitoli) era compensata
dalla elargizione di donativi, cioè somme di denaro richieste
dal re ai sudditi e l’efficacia delle leggi votate in Parlamento
14
Sicilia
LA CARTA COSTITUZIONALE
SICILIANA DEL 1812
era vincolante per il sovrano. Si trattava cioè di leges pactatae. Il Parlamento era convocato ogni tre anni dal re o dal
vicerè in via ordinaria. I tre bracci si riunivano separatamente per lo più in tre diverse parti della Cattedrale di Palermo. Solo per la concessione di nazionalità siciliana era
richiesto il consenso unanime dei tre bracci. L’attività parlamentare si concludeva con l’approvazione dei donativi.
Uno speciale istituto, la Deputazione del Regno, i cui membri restavano in carica tre anni, vigilava sull’esecuzione dei
privilegi accordati dal re e curava la riscossione dei donativi.
Di enorme rilievo per il contenuto innovativo dettato dalle
correnti culturali settecentesche oltre che da vicende storiche coeve, l’assemblea parlamentare che si aprì a Palermo
nel giugno del 1812 determinò dopo cinque mesi di intensa
attività l’approvazione, il 7 novembre, di un testo costituzionale discusso, approvato e sottoposto, capitolo per capitolo, alla sanzione regia. Il re approva (placet regiae
Majestati) , non approva (vetat) o approva apportando alcune modifiche al testo. I tre bracci si riuniscono prima in
sedi separate: il ramo ecclesiastico nel Palazzo Arcivescovile, il ramo demaniale nel Palazzo Senatorio, il ramo baronale nel Collegio Massimo dei PP. Gesuiti, ma dopo le
prime cinque sedute, per motivi di comodità e di sicurezza
(si era verificato,la sera del 12 agosto, il lancio di una rudimentale bomba nella sala del Palazzo arcivescovile mentre
era riunito il braccio ecclesiastico), il re concede l’uso di alcuni locali del Collegio Massimo dei PP. Gesuiti per tutti i
partecipanti all’Assemblea. Il testo in discussione è quello
preparato da Paolo Balsamo, abate, titolare della cattedra di
Agricoltura presso la Reale Accademia di Palermo, economista e studioso dei fattori determinanti l’arretratezza della
Sicilia, nonché fautore di riforme strutturali, proposte al vicerè principe di Caramanico. Sono le: Memorie economiche ed agrarie riguardanti il Regno di Sicilia, del1803. La
sua ricetta di ammodernamento della cultura agricola siciliana passava attraverso la soppressione dei vincoli feudali
che ne impedivano il corretto investimento e il necessario
sviluppo. Entrato nel 1810 in Parlamento come membro
del braccio ecclesiastico, divenne amico e collaboratore nel
progetto di riforma politica del regno di Giuseppe Belmonte, principe di Ventimiglia, raffinato oppositore del governo borbonico e di Carlo Cottone, principe di
Castelnuovo, aspramente contrario alla politica accentratrice dei Borboni, firmatario, insieme ad altri nobili siciliani
di una formale protesta contro un pesante donativo imposto dal re nel Parlamento del 1810 e perciò arrestato e successivamente liberato da lord Bentinck, che comandava il
presidio antifrancese in Sicilia. Il testo approvato in Parlamento di quella che doveva diventare la Costituzione siciliana del 1812 fu molto modificato dalla bozza iniziale, ma
conteneva i principi ispiratori della stessa e rifletteva il modello inglese, su cui aveva già tratto diversi spunti un altro
illustre siciliano, impegnato nei lavori del Parlamento dal
1810 e successivamente nominato rappresentante della Camera dei Comuni negli anni 1813 e 1815: Nicolò Palmeri,
laureato in Giurisprudenza a Catania e indirizzato agli studi
di economia dal concittadino Balsamo. E’ lui l’autore del
Saggio storico e politico della Costituzione del Regno di Sicilia infino al 1816 pubblicato postumo nel 1847. Sono sintetizzati nel preambolo del testo della Costituzione
sanzionato dal sovrano, i motivi ideali della pubblicazione,
cioè provedersi …non solo ai bisogni dello Stato, ma ancora alla correzione degli abusi, al miglioramento delle
Leggi e a tutto ciò che interessar potesse alla vera felicità di
questo fedelissimo Regno ; si passa quindi all’elenco, in 12
punti, delle Basi della nuova Carta Costituzionale. I punti
salienti riguardano la forma del Parlamento, che sarà composto da una Camera dei Comuni, con rappresentanti delle
Università sia demaniali che baronali, e una Camera detta
dei Pari costituita dai feudatari ed ecclesiastici che prima
sedevano nel braccio ecclesiastico e militare e altri eletti dal
re. Il punto 4 recita che il potere giudiziario sarà distinto e
indipendente dal potere esecutivo e al punto 11 si afferma
che in Sicilia non vi saranno più feudi e tutte le terre si possederanno…come in allodi…conservando però ogni Famiglia i titoli e le onorificenze. Nello snodarsi degli oltre
cinquecento articoli vengono toccati tutti gli aspetti dell’organizzazione dello Stato , con norme relative ai diritti dei
cittadini, alla proprietà terriera, alla religione, alle Magistrature, molte delle quali vengono abolite, alle finanze, alla
struttura amministrativa dell’isola, ai criteri di elezione dei
rappresentanti dei Comuni. Benchè i noti eventi storici che
fecero seguito al Congresso di Vienna e i successivi decreti
regi che si susseguirono dal 1814 al 1816 resero di fatto inattuata la Carta costituzionale del’12, la classe culturale dell’Isola non può fare a meno, oggi, a distanza di due secoli,
di rileggerla cercando nel testo i chiari elementi di civiltà
presenti (basti pensare alla riforma della giustizia e lo stimolo dato per una revisione dei Codici, o l’affermazione
della libertà di stampa) e tener vivo il ricordo della cittadinanza siciliana su un organo politico che pur tra lunghissime discussioni e confronti, talvolta accesi, di opinione e di
interesse, seppe dare con il suo impegno al popolo siciliano
un luminoso esempio di sincero interesse per il bene comune.
15
Arte
I MIEI MAESTRI* - Seconda parte
di Raffaello Piraino
Filippo Sgarlata
L
o scultore medaglista Filippo Sgarlata ha occupato, con prestigio, uno spazio nella cultura
figurativa siciliana dell’ultimo secolo. Insegnò in
Accademia alla scuola libera del nudo e a volte presenziavo alle sue lezioni pur non essendo suo allievo.
Era un uomo di corporatura imponente, spaccone per
temperamento, vanitoso e irascibile. Era stato colpito
da una precoce calvizie e lui, non accettando quella
menomazione estetica, si era fatto crescere una lunga
ciocca di capelli che rigirava sul cranio e fissava con la
gomma arabica. ..Sua Eminenza il Cardinale Ruffini,
aveva bandito il concorso per la realizzazione delle
porte bronzee della Cattedrale di Palermo e l’emerito scultore termitano vinse la gara. …con l’acconto
ricevuto pensò di soddisfare il sogno di possedere
un’autoobile, ne comperò una sportiva, decappotta-
bile , di colore bianco. Era terrorizzato che gliela potessero rubare e si affacciav continuamente dal balcone
della sua aula per controllarla…La realizzazone delle
porte procedeva alacremente e gli spazi si riempivano
con scene tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento.
In un riquadro era prevista la modellizzazione di un
gruppo di cavalli in un ardito scorcio. Il maestro, per
non commettere errori, aveva preso l’abitudine di osservare da vicino le parti anatomiche dei cavalli legati
alle carrozze, in attesa dei passeggeri, alla stazione ferroviaria di Palermo. …Gli ‘gnuri, se in un primo
tempo lo lasciarono fare, ritenendolo un povero pazzo
, successivamente lo ridussero a mal partito“.
16
* Da l’Airone Bianco – Coppola Editore
Letteratura
CROCEVIA LINGUISTICO
di Gabriella Maggio
L
a lingua di un popolo è il testimone della sua
storia. Non fa eccezione la lingua siciliana,
come ha dimostrato Carmelo Fucarino nella
sua dotta ed esaustiva lezione su “Gli apporti
della lingua greca nella lingua siciliana”, per la Società
Siciliana per l’amicizia tra i popoli , giovedì 10 maggio nell’aula magna dell’Istituto Platone. Carmelo Fucarino ha percorso in senso diacronico, attraverso le
testimonianze della lingua parlata e di quella conservata nei documenti privati, ma anche ufficiali, l’avvicendarsi di varie civiltà in Sicilia fino all’Unità d’Italia.
La ricostruzione storico- linguistica non è stata fine a
sé stessa, ma ha dato senso alle iniziative legislative re-
gionali che mirano a valorizzare la lingua e la storia
siciliana. In questo contesto allo studioso si pone il
problema di capire quale siciliano si debba tramandare alle giovani generazioni che raramente lo parlano ed anzi talvolta non lo conoscono affatto. La
lingua siciliana, continua Fucarino, è una lingua dinamica e non unitaria per cui manca di una norma univoca a partire dalla fonetica. Pertanto per rendere
operativa la legislazione regionale si devono ancora organizzare i moduli didattici. E questo richiede una
profonda riflessione proprio per l’importanza dell’operazione culturale proposta
17
Cultura
“Mito e demitizzazione nell’estetica di Pareyson”
di Carmelo Fucarino
N
ell’ambito dei periodici incontri del Centro Internazionale di Studi sul Mito
(CISM), l’11 maggio scorso è intervenuta la dott.ssa Cristina Coriasso Martin-Posadillo, ricercatrice nel dottorato europeo in
filologia italiana con una tesi su “Leopardi e la natura”, collaboratrice con la cattedra di filologia
presso l'Università Complutense di Madrid, ove ha
tenuto diversi seminari, componente del gruppo di
ricerca sul mito Acis e del comitato redazionale
della eccellente rivista internazionale on line di mitocritica Amaltea. La perfetta competenza del tema
della conferenza, “Il mito nell'estetica e nell'ermeneutica di Luigi Pareyson”, le deriva certamente
dalla traduzione in lingua spagnola degli scritti del
filosofo valdostano.
A parte la scorrevole espressione in lingua italiana,
che dimostra una profonda frequentazione con la
nostra cultura e la letteratura scritta, si deve riconoscere all’autrice, che si occupa alla Complutense
in prevalenza di filologia, di avere affrontato un lavoro da far tremare le vene e i polsi per la difficoltà
di approccio. Il filosofo Pareyson certamente non
gode di una visibilità in campo nazionale, se non
fra gli addetti ai lavori, diversamente da quanto avviene invece per i suoi due troppo celebri e popolari
discepoli o almeno considerati tali, uno, Gianni Vattimo, che si collocò in altro sentiero filosofico e
avviò il passaggio al “pensiero debole”, l’altro che
seguì l’altra strada dell’ermeneutica classica della
codificazione, decifrazione e sistemazione del linguaggio dei segni, ma ancor più noto, tradotto in
tutte le lingue e richiesto per quel fenomeno ecumenico del Nome della rosa e successivi capolavori
forse troppo attesi (troppa erudizione e vicende
criptiche di moda e di stile poliziesco da Il pendolo
di Foucault, a Baudolino e all’ultimo Il cimitero di
Praga), l’Umberto Eco delle mediatiche conferenze
in tutte le università del mondo. Ma non si tratta
solo di questo, tradurre un filosofo così complesso e
difficile deve essere stata una prova titanica, data la
terminologia assai tecnica e la varietà delle creazioni linguistiche per esprimere i concetti che talvolta appaiono assiomatici e riduttivi. Le strutture
linguistiche sono poca cosa rispetto al tecnicismo
dell’espressione di Pareyson. Oltre tutto bisogna
mettere in evidenza la traiettoria di formazione dell’autore. Partito dall’esperienza didattica tedesca
con i corsi tenuti da Karl Jaspers e il magistero dell’esistenzialismo (La filosofia dell'esistenza e Karl
Jaspers, 1940, 1983, Studi sull'esistenzialismo, 1943,
Esistenza e persona, 1950), assai diverso da quello
di parata francese, approfondita l’analisi dell’idealismo tedesco (L'estetica dell'idealismo tedesco,
1950, Fichte, 1950), era giunto alle grandi sue elaborazioni che la relatrice ha puntato nei due testi
di analisi, Estetica. Teoria della formatività del 1954
e la Filosofia dell'interpretazione del 1988, intrec-
18
Lions Club
“Mito e demitizzazione nell’estetica di Pareyson”
ciati con tutta la sua ricerca di estetica (Teoria dell'arte, 1965, I problemi dell'estetica, 1966, Conversazioni di estetica, 1966). In questa scarna biografia
intellettuale sarebbe riduttivo non ricordare la sua
esperienza politica, il breve arresto nel 1944 e la sua
attività partigiana e le ultime sue elaborazioni di
pensiero, come Filosofia della libertà, 1989, e Ontologia della libertà. Il male e la sofferenza, 1995
(postumo, Opere complete a cura del “Centro studi
Luigi Pareyson”).
La relatrice ne ha esaminati naturalmente gli esiti
estetici in relazione con il mito e i processi moderni
di razionalizzazione e demitizzazione, non estranei
all’interpretazione del mito, che giustamente ha distinto da mitologia, a cominciare da colui che si
identifica oggi con il primo tentativo di storia preerodotea, Ecateo di Mileto con i suoi quattro libri di
Ghenealoghiai. L’analisi è partita dalla critica puntuale alle teoria del “pensiero debole" (da Hans Gadamer all’approdo alla ontologia ermeneutica) del
suo discepolo filosofo, Gianni Vattimo, che si può
culturalmente accettare o sconfessare (Manlio Corselli, filosofo della politica, nel suo intervento-elogio ha parlato di “uccisione del padre”, come se il
discepolo debba calcare “pedissequamente” le
orme del maestro, pena l’ostracismo), attraverso il
confronto con le altre esperienze tedesche, per giungere alla traiettoria di "demitizzazione della demitizzazione", attraverso due sintesi comunicative di
allegoria e simbolo, nella contrapposizione di Logos
e Mythos (chiaramente evidenziati dai vari schemi
riassuntivi e dalle citazioni testuali in proiezione).
L’intervento del prof. Vincenzo Guzzo, dopo il tributo di amicizia del prof. Corselli, ha concluso con
una compiuta sintesi l’esperienza estetica ed ermeneutica di questo filosofo, valdostano di nascita, ma
torinese di professione, che dopo l’interesse e la divulgazione delle ricerche di Cristina Coriasso sarà
certamente più noto in Spagna, che non in Italia,
dove imperano ancora il neoidealista Giovanni
Gentile di Castelvetrano e le categorie su tutto lo
scibile di Benedetto Croce, mentre sono discussi
spesso con acrimonia ideologica Gianni Vattimo e
ancor più Massimo Cacciari con il suo “pensiero
negativo”, come il cattolico Augusto del Noce, che
a partire da Il suicidio della rivoluzione del 1978 a
Il cattolico comunista del 1981 trova qualche ostilità
anche negli ambienti cattolici per le sue scelte politiche.
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19
Sicilia
15 MAGGIO 2012
di Gabriella Maggio
I
l 15 maggio 1946 a Roma il Re Umberto II di Savoia firma il Progetto di Statuto della Regione Siciliana, che segna la prima tappa dell’Autonomia
Regionale. Sono trascorsi sessantasei anni e la valutazione dell’Autonomia non è concorde. Tutti la considerano buona ed utile nelle intenzioni originarie, ma
appannata nella sua realizzazione ed attuazione. Altri
senza esitazione la considerano un danno. Tuttavia le
ragioni dello scontento siciliano non stanno nell’ideazione e nella stesura dello Statuto dell’Autonomia, ma
nella sua attuazione. Oggi generalmente si crede che sia
stata un’occasione di sviluppo e di progresso mancata.
Eppure in giro nelle tante associazioni culturali dell’Isola
l’interesse per la storia e le tradizioni siciliane sono vivi,
ma purtroppo privi di mordente perché mescolati al rimpianto del passato anche remoto, di una pretesa grandezza che ci è stata usurpata. Se ciò è accaduto anche
noi ed i nostri antenati hanno avuto ed abbiamo le nostre
responsabilità. Sarebbe importante ammetterlo. Sarebbe
un passo avanti che ci libererebbe dal troppo confortante
piangerci addosso, dal crederci sempre vittime di qualcuno o di qualcosa. Scarsa l’attenzione dei media sulla
ricorrenza. In tempi di crisi è difficile non parlare dei
temi caldi : disoccupazione, atti di disperazione ed altro..
E’ stato concesso un giorno di vacanza agli studenti. Ma
non sarebbe stato preferibile predisporre un CD seriamente storico, non il solito santino o la solita geremiade,
da proiettare nella scuole per informare gli studenti che
nel 99% dei casi nulla sanno del perché della vacanza?
Una vacanza che ha tutta l’aria della scorciatoia, del
troppo semplice. In questi giorni, in cui ci sembra che
tutto debba essere ricostruito e rifondato, ricominciamo
dalla divulgazione della conoscenza dei fatti storici, con
il sostegno delle Istituzioni che devono affiancare il lavoro della scuola. Potremmo non cominciare dai Fenici o dall’ever green Federico II, ma dal Novecento ?
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20
Curiosità
Mark Twain in Italia
di Irina Tuzzolino
S
amuel Langhorne Clemens meglio noto come
Mark Twain, nome derivato probabilmente dallo
slang dei battellieri del Mississipi che gridavano “
by the mark twain” ( dal segno 2 (tese) ), giunge
in Italia nel 1866 a circa trent’anni ed è già un giornalista affermato. L’Italia è solo una tappa della crociera che
ha come mete anche la Francia e l’Oriente. Mark Twain
è un visitatore originale che si lascia poco incantare dai
monumenti e dalle testimonianze dell’età classica e
molto di più dal paesaggio naturale che trova incantevole. Il futuro autore di Huckleberry Finn, opera definita
da E. Hemingway come l’inizio della letteratura americana, si distingue dai viaggiatori del Grand Tour (tradizione settecentesca interrotta dalle guerre
napoleoniche) desiderosi di perfezionare e completare il
loro sapere, ma anche dagli altri viaggiatori dell’Ottocento alla ricerca di emozioni, di cui narra Henry James
in “Ritratto di Signora”. Mark Twain ricerca costantemente un suo punto di vista personale, rifiutando i luoghi comuni e le notizie riportate dalle guide sia cartacee
che improvvisate dai conoscitori dei luoghi. Le ritiene
piene di banalità che pretendono di evidenziare il colore
locale, impedendo al viaggiatore di avere una propria
impressione e valutazione. Resta pertanto immune dal
fascino del miracolo di S. Gennaro, da quello di Venezia, che apprezza soltanto di notte. Non è chiaro se rim-
piange di non avere conoscenze artistiche tali da apprezzare l’arte italiana, perché trova sempre la giustificazione
che la sua formazione è avvenuta in America, secondo i
criteri americani. Innamorato della natura non apprezza
le città, da cui ricava l’impressione che siano immobili,
bloccate dalla loro storia secolare; nota che in esse la miseria è diffusa, il ceto dirigente è pieno di albagia, gli
edifici sono trascurati e decadenti, la sporcizia regna
ovunque; scrive : “Questo paese è in bancarotta, non c’è
una solida base per opere grandiose”. Le impressioni di
viaggio sono rielaborate nell’opera The Innocent
Abroad, del 1869, da cui è tratto “In questa Italia che
non capisco “, pubblicato in Italia nel 1885. Sebbene alcune affermazioni di Twain possano ancora adattarsi ad
alcune realtà cittadine, per cui talvolta le nostre città
sono incantevoli soltanto di notte, quando molti aspetti
degradati vengono nascosti dalle tenebre, tuttavia mi
sembra che il grande scrittore abbia mostrato una certa
insensibilità nei confronti del nostro paese, dei suoi artisti e della sua storia. Si ha l’impressione che più che avvicinarsi a ciò che vede per comprenderlo ( apprezzo che
voglia osservare ogni cosa direttamente e senza alcuna
mediazione) si comporta come se i luoghi e le cose dovessero avvicinarsi a lui. Mi sembra un suo limite. Probabilmente la sua grandezza di scrittore doveva ancora
maturare.
21
Cucina
Le dolci fantastiche creazioni
di Ornella Correnti
22
Attualità
VILE ATTENTATO A BRINDISI
La redazione di Vesprino
LA REDAZIONE DI VESPRINO CONDANNA
IL VILE ATTENTATO ED ESPRIME
SOLIDARIETA’ ALLE VITTIME ED AI LORO
FAMILIARI
23
Attualità
MALASPINA
di Luigi Tripisciano
I
valori dello sport ( regole, lealtà, rispetto dell’avversario ) e l’Etica lionistica messi insieme
per ricordare ai giovani detenuti le regole da rispettare nella vita. E’ nata, così, l’idea di un torneo di “ calcio a 5 “ all’interno del carcere minorile
dell’Istituto Malaspiuna, e chi scrive , che già ne
aveva organizzato uno nel 2001, ha coinvolto Lions
Palermo dei Vespri, Panathlon e Ussi (la stampa
sportiva ), e con due squadre interne e una sesta dell’Istituto Alberghiero “ Piazza “ ( che frequenta
spesso il Malaspina ), ha potuto portare un momento
di svago ai ragazzi. Sono stati organizzati due gironi
eliminatori di 3 squadre. Eliminati Malaspina 2 e
Ussi, giovedì 17 si sono disputate le semifinali. La
prima è stata vinta dal Malaspina 1 sull’Alberghiero
per 11 a 2, nella seconda i “ Vespri “, in vantaggio
in vantaggio per 4 a 2, rimasti senza portiere, espulso
per proteste assolutamente improprie in quel luogo,
sono stati raggiunti dal Panathlon e, stremati dalla
fatica, perché privi di cambi, hanno ceduto per 7 a 4.
Palermo dei Vespri disputerà quindi la finale per il
terzo posto contro l’Alberghiero giovedì 24 alle ore
15:30, e seguirà la finalissima tra Malaspina 1 e Panathlon. Poi la premiazione, con doni, per i ragazzi,
offerti da tanti nostri sponsors, a cominciare dai Presidenti della Repubblica e del Senato, che hanno inviato medaglie a ricordo di una manifestazione ad
altissimo valore sociale. Proprio il Presidente del Senato ci ha concesso l’onore di aprire il torneo il 24
aprile, ricevuto, come esige il cerimoniale, da un picchetto d’onore e dai responsabili dell’Istituto.
24
Teatro
Kandaules o dell’epifania della bellezza
di Carmelo Fucarino
Alle Panatenee del 445 a. C. un greco di Alicarnasso lesse
pubblicamente le sue Storie ed ebbe dieci talenti di ricompensa. Fu per Atene una somma immensa, ma ben
spesa, perché la polis divenne eterna nel suo eroismo e
nella sua vittoria sulla seconda invasione d’Oriente, dopo
quella che portò alla mitica guerra di Troia. Nell’eccezionale monografia sulla guerra persiana, Erodoto inserì
anche dei singoli lógoi, talvolta un intero libro, sulla storia di un popolo (II, Euterpe, sugli Egizi), cominciando
dalla geografia per giungere all’etnografia e ai culti. Inserì
anche dei racconti, volgarmente definiti “novelle”, le
prime del mondo occidentale. Proprio nei primi capitoli
delle sue Storie (I, 7-14), trattando del regno dei Lidi, raccontò come il re di Sardi Candaule fosse stato l’ultimo
degli Eraclidi (una diramazione lidia del mito della stirpe
ecista), che avevano regnato per ventidue generazioni, ben
505 anni, perché ucciso da Gige, che inaugurò la nuova
dinastia dei Mermnadi. Il re, assai innamorato della moglie e ritenendola la più bella del mondo, ne decantava la
bellezza alla sua guardia del corpo Gige. Convito che questi non gli credesse – «le orecchie avviene che siano più incredule degli occhi» -, gli propose di vederla nuda.
Protestò Gige: «Signore, che insano discorso mi fai, ordinandomi di guardare nuda la mia padrona? Una donna
si spoglia assieme al chitone che indossa anche del pudore; da tempo si trovarono per gli uomini i buoni precetti, dai quali bisogna imparare: di essi uno è questo che
ognuno deve guardare le sue cose. Io crederò che lei è la
donna più bella di tutte e ti prego di non chiedermi cose
contro legge». Candaule insistette e preparò uno strata-
gemma: lo avrebbe messo dietro la porta spalancata della
stanza da letto, dove ella si sarebbe spogliata, appoggiando le vesti su uno sgabello accanto alla porta. Così
avrebbe potuto guardarla con tutta tranquillità e sarebbe
uscito, quando ella gli avrebbe dato la schiena, «sia tua
cura allora che ella non ti veda quando esci dalla porta».
Tutto filò liscio fino a quando, allontanandosi, la regina lo
scorse. Lasciato trascorrere del tempo, ella chiamò Gige
e lo pose davanti al tragico dilemma, uccidere Candaule
e ottenere lei e il regno, oppure morire subito, «perché
mai in futuro vedesse ciò che non doveva, ubbidendo in
tutto a Candaule». Allo stupore seguirono le suppliche,
ma invano. La donna ordì il piano: trafiggerlo con il pugnale in quel letto, ove la mostrò nuda. La versione è confermata da un papiro ritrovato nel 1950 e risalente al III
sec. a. C., che riporta un frammento drammatico di autore sconosciuto che riferisce il monologo della regina, secondo la versione di Erodoto. La leggenda presenta
tuttavia nella tradizione classica altre versioni, forse la più
antica quella riusata da Platone (La Repubblica, 359d360a): intanto Gige diventa un pastore, è introdotto il celebre anello, da lui trovato in una grotta (così CIC. De
officiis. 3, 38-39), che rende invisibili. Altra versione dà
Nicola Damasceno: a Gige è affidato il compito di accompagnare la sposa da Candaule, ma, spinto dal desiderio, tenta di violentarla. Per sfuggire alla vendetta del
re lo uccide e prende il potere. Altra versione ancora riferirono Giustino e Tzsetze (VI 482, erudito XII sec.): Gige,
spettatore involontario, si infiamma improvvisamente
d’amore e decide di ottenere moglie e potere. In altre fonti
25
Teatro
Kandaules o dell’epifania della bellezza
la donna è descritta come seduttrice, È opinione comune
che la leggenda nacque come reminiscenza di una reale
presa di potere del VII secolo in Lidia.
La curiosa vicenda hard suscitò nei secoli grande attrazione, tanto che il tema passò nella letteratura moderna.
Per citare qualche ripresa della versione erodotea: H.
Sachs (inizi XVI sec.), W. Painter (1566) e La Fontaine
(Contes et nouvelles, 1665-1685). In forma operistica i
prodromi si trovano in epoca barocca con l’opera di P.A.
Ziani (1679, Venezia) su libretto di A. Morselis e di D.
Sarri (1706, Napoli). In forma di novella la versione erodotea fu ripresa da T. Gautier (1844), ove però la regina
è una femme fatale che istiga all’omicidio. F. Hebbel
(Gyges und sein Ring, 1856) contaminò invece Erodoto e
Platone, puntando sul disonore e sulla violazione delle
leggi, nonostante l’amicizia, che conducono all’omicidio
e al suicidio della regina. E infine il racconto Le roi Candaule di André Gide (1901), ove Gige uccide contro voglia
e prende potere, moglie e ricchezza, questa volta da povero pescatore.
Nel 1935 nella Vienna dorata della Felix Austria, Alexander von Zemlisky, musicista di successo, riprese questo
tema abusato della discoperta della bellezza fisica, denso
di significato morale. Il suo librettista Franz Blei si servì
della più vicina versione di Gide, il musicista provò gli ultimi suoi accordi musicali, erede conclamato di Gustav
Mahler, che precedette anche in una turbinosa relazione
con Alma Schindler, poi Mahler, la cui vitalità illuminò i
salotti di Vienna (anche con le sue numerose relazioni, da
Gustav Klimt a Oskar Kokoschka, al secondo matrimonio
con Walter Gropius, fino al terzo con Franz Werfel). Pur
essendo amico e ammiratore di Arnold Schönberg, non si
lasciò tentare dalla novità della dodecafonia, ma rimase rivolto all’indietro alle ultime propaggini romantiche, un
po’ di Wagner, più la Vienna di Richard Strauss. Nonostante la sua celebrità l’opera non andò però in porto.
Artur Bodansky, suo discepolo, gli prospettò che il pubblico puritano del Metropolitan di New York non avrebbe
gradito la presenza del nudo integrale, come esigeva la seconda scena. E il musicista abbandonò il lavoro e si dedicò
alla composizione di Circe, tema classico della maliarda,
ma meno crudo. Quando morì nel 1942, non era risuscito ad orchestrarla. Solo nel 1991, su incarico ufficiale
della Hamburg State Opera, Antony Beaumont ne fece
l’orchestrazione, ma ciononostante la prima avvenne il 6
ottobre 1996.
Pertanto questa messa in
scena palermitana è una
novità e ha sollecitato presenze nazionali qualificate,
anche se il pubblico, davanti a queste scelte artistiche ardite, si mostra
sempre alquanto tiepido.
Di grande livello la direzione di Asher Fisch sotto
la regia di Manfred
Schweigkofler, opinabili le
scene da cantiere edile
dello stesso e di Angelo Canu, come la grande vetrata da
sipario, così i costumi imprecisati di Mateja Benedetti. Invece ha dato a Kandaules una voce sicura e possente Peter
Svensson, Nicola Beller Carbone ha dato colore vocale e
phyisique du rôle a Nyssia, credibilità al suo tragico Gige
Kay Stiefermann. Forse sulla freddezza del pubblico
hanno pesato i numerosi recitativi e la scarsa orecchiabilità dei brani. Oltre all’invenzione del nome della regina,
mai specificato in età classica, nuova è la professione di
Gige che, da guardia del corpo e poi pastore, si improvvisa pescatore di pesci divoratori di anelli. Nuova anche
l’incisione «io nascondo la felicità». Ma le scene moderne
avevano bisogno di altre acrobazie, la magia dell’invisibile, in un mondo in cui l’uomo classico, “creatura d'un
giorno'', “sogno di un'ombra'' (PIND., Pith.VIII, Per Aristomene e per la pace interore, vv.135-137), è realmente
trasportato nella virtual reality, un gioco di impulsi elettronici.
Ad epigrafe dell’agire odierno mi piace ricordare che Platone si servì della favola di Gige per spiegare «che cosa è
e donde venga la giustizia». Esposta la vicenda, giunse all’amara e dolorosa conclusione che «se dunque due fossero codesti anelli e uno lo indossasse il giusto, l’altro
l’ingiusto, non vi sarebbe nessuno, come sembra, così adamantino [così in greco] da permanere nella giustizia e di
avere il coraggio di tenersi lontano e non mettere mano
sulle cose degli altri, essendogli lecito prendere impunemente dal mercato ciò che vuole, ed entrando nelle case
unirsi a caso con chi voglia, uccidere e sciogliere dalle catene chi voglia, e fare ogni altra cosa, poiché è fra gli uomini come un dio. Così agendo, nulla di diverso farebbe
dall’altro, ma entrambi andrebbero al medesimo scopo».
Fra tanti governanti, divenuti ladri per il loro pieni poteri,
possiamo sperare che ce ne sia uno adamantino?
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26
Attualità
LA COMMOZIONE DEL PRESIDENTE
di Gabriella Maggio
O
ggi ricorre il ventesimo anniversario della strage di Capaci in
cui morirono il giudice Giovanni Falcone e gli uomini della
sua scorta. Nell’aula bunker dell’Ucciardone
il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si è rivolto soprattutto ai giovani:
”Scendete al più presto in campo per rinnovare la politica, aprendo porte e finestre, se
vi si vuole tenere fuori". Al ricordo di Capaci ha unito quello recente di Brindisi,
commuovendosi. Grazie, Presidente, la Sua
commozione è la nostra. Non è debolezza,
ma forza. La forza della passione civile.
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27
Storia
Di Alcibiade, bello e ricco
di Carmelo Fucarino
Socrate, in una data tra il 432 e
il 430 a. C., quando Alcibiade
aveva tra i 18 e i 20 anni, si decise a incontrare il suo bellissimo erastés. Era un giovane
vip, ma anche un figo, i cui moltissimi amanti, sebbene pieni di
sé, fuggivano, perché superati in arroganza. Socrate
aveva avuto fino ad allora l’opposizione del suo daimon per incontrarlo, ma, sciolto ormai l’impedimento, volle vederlo e parlargli. Questo incontro è
ripreso in un dialogo che è attribuito, pur con qualche
dubbio, a Platone (PLAT., Alcibiade A). Il maestro dei
giovani, Socrate, conveniva che Alcibiade si sentiva
sicuro di non avere bisogno di nessuno e per nessuna
cosa, a cominciare dal corpo per finire all’anima:
«Credi in primo luogo di essere bellissimo e imponente di aspetto, – è chiaro a vedersi a chiunque che
su questo non menti -, poi sei di una delle stirpi più
prospere della città, che è la più grande dell’Ellade,
poi per parte di padre hai amici e parenti in grandissimo numero e tra i più nobili», e non di meno ne
aveva da parte di madre. Ma soprattutto aveva un tutore di eccezione, il democratico Pericle, «che non
solo in questa polis può fare tutto ciò che vuole, ma
pure in tutta l’Ellade e fra i barbari», cioè oltre che
nelle città della federazione panatenaica, anche negli
stati extracomunitari. Che poi Alcibiade fosse fra i più
ricchi non lo inorgogliva per nulla. Ora questo bel figlio non si contentava di vivere soddisfatto degli immensi privilegi di rango e di casta, ma si era lasciato
prendere dall’ambizione, di
avere un grandissimo potere
sulla città, ma non solo, sull’Europa e l’Asia, anzi non avrebbe
voluto vivere, «se non riempisse
del suo nome e della sua potenza tutti, per così dire, gli uomini». Ecco, da quello che Socrate ha capito, egli si è
messo in testa di «farsi avanti tra non molto in mezzo
per dare dei consigli agli Ateniesi», cioè come meglio
comprendiamo nel linguaggio odierno si era fissato di
“scendere in campo”. La stessa opinione di improvvisazione, spinta dall’ambizione, espresse Tucidide, che
riteneva che, «immaturo allora per età, come in altra
città, ma onorato per il prestigio degli antenati, sentiva inoltre offesa la sua ambizione e umiliato il suo
onore dagli Spartani» (THUC. V, 43).
Così con quella sua prerogativa che gli derivava dalla
particolare funzione iniziatico-paideutica della eccezionale relazione tra erastés ed erómenos, viva ad
Atene e soprattutto a Sparta, Socrate-Platone cercò,
secondo il metodo ermeneutico, di fargli partorire la
verità, di guidarlo alla conquista del giusto e dell’utile,
che deve essere alla base di chi intende governare una
città. Da questo originale dibattito sulle capacità di
governare estrapoliamo qualche riflessione in questi
anni di improvvisazione in cui tutti hanno la pretesa
di scendere in campo, dai ricchissimi ai bellissimi, agli
istrioni che promettono annullamento delle tasse e
servizi per tutti, con discorsi in piazzette e nei bar virtuali. Il tragico-comico è che si definiscono “cinguet-
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Storia
Di Alcibiade, bello e ricco
tii” (twitters, come dire “cicaleccio”?), senza alcuna
competenza di politica economica e tout court, di finanza, di strategie sociali, una classe di teatranti Paflagoni e Agoracriti, degni del celebre Demo
credulone e corrotto, come lo bollò Aristofane (Cavalieri, senza allusioni), nei suoi tempi di demagogia populistica (se Parma è additata come laboratorio, ci
aspetta un altro tragico ventennio, dopo gli ultimissimi due):
«Che l’autore del consiglio sia povero o ricco non fa
differenza per gli Ateniesi, qualora deliberino sulla salute, ma cercheranno che sia un medico il consigliere».
«Dunque ti rendi conto che gli errori nell’azione derivano anch’essi da questa ignoranza, quella di credere di sapere pur non sapendo?».
«Poiché non sono né coloro che sanno né coloro che
sanno di non sapere chi altro resta se non coloro che
non sanno, pur credendo di sapere?».
«Per prima cosa allenati, carissimo, e impara ciò che
occorre imparare per entrare in politica, non prima».
La polis «non ha bisogno né di mura né di triremi, né
di cantieri navali, se vuole essere felice, né di popolazione né di grandezza, senza la virtù».
Alcibiade per la sua sconfinata ambizione condusse
Atene ad alleanze disastrose, la spinse ad una guerra
finale con Sparta nella tragica spedizione in Sicilia e
diede il colpo di grazia alla democrazia ateniese. I
guai cominciarono nel momento di grande potenza
economica e politica e di splendore culturale, la tanto
decantata età di Pericle, con l’accusa contro Alcibiade
della mutilazione delle Erme, seguita dall’ostracismo,
fino al tradimento con la sua fuga in Persia, ove morì
trafitto come un san Sebastiano sotto un nugolo di
frecce. Se i tecnici sono uomini di parte e che parte,
appoggiati da un parlamento di parte, meglio che resti
la politica e l’ideologia, che assuma senza paraventi
ed alibi le responsabilità in prima persona.
PS. Un invito a leggere il dialogo. Per i più coraggiosi
l’invito si estende alla Politeia platonica, per qualche
riflessione datata, ma autorevole, sul “buon governo”.
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Musica
Serate all’Opera per la Mazzoleni di Palermo
di Marta Santoro
I
n gran spolvero l’attività della XXVII Stagione dell’Associazione Mazzoleni di Palermo con appuntamenti di rilievo a servizio della Musica, presente un
pubblico sempre numeroso che sa gustare ancora il
bello. Il 10 marzo, con la collaborazione del Consolato
Russo, gli storici saloni di Villa Malfitano dei Whitaker
hanno accolto il Salotto russo dell’800, un omaggio significativo agli eccelsi Tchaikovsky, Rimski-Korsakov,
Rackimaninov, Balakirev con la partecipazione vibrante
ed intensa del mezzosoprano russo Irina Pererva, sobria
ed elegante nella morbida linea del canto, accompagnata
dal duttile ed accattivante pianista Calogero Di Liberto.
Il 10 aprile, nella sala Almeyda dell’Archivio Storico Comunale, due giovani artisti palermitani: il soprano Valentina Vitti e il basso-baritono Giuseppe Esposito sono
stati protagonisti di un recital dal notevole impegno esecutivo che li ha visti spaziare da Bellini, Rossini e Donizetti a Tosti, Dvorak e Wolf-Ferrari. Penetrante la vocalità
della Vitti, solida tecnicamente che la vedeva più in vista
nella zona acuta e in risalto per la luminosità del fraseggio. Esilarante la simpatica perfomance di Esposito ricalcante e che rinverdiva la lezione del suo maestro
Simone Alaimo. Al piano l’attento e puntuale Salvatore
Scinaldi.
L’appuntamento più atteso, infine, è stato il 19 maggio,
sempre all’Archivio Storico: la consegna della XXVII
Edizione del Premio Speciale Ester Mazzoleni al mezzosoprano Anna Maria Chiuri che si è esibita in una conferenza-concerto affrontando nella prima parte arie da
Camera di Debussy,Grieg,Bizet, Weill, Satie e Strauss,
mentre nella seconda sciorinava perle nella interpretazione di brani di Saint-Saens, Purcell, Gounod, Wagner
e Cilea.La cantatrice confermava le sue doti precipue di
interprete intelligente e convincente per volume, estensione, capacità psicologica di cogliere momento per momento la cifra dei personaggi cui prestava il suo sensibile
animo di donna appassionata e seducente. Un gran merito andava al collaudato maestro Calogero Di Liberto
che ha anche raccolto pieno consenso nelle due esecuzioni di Debussy (Arabesque n.1) e Chopin (Valzer
op.18). Un’ovazione trascinante di un pubblico emozionato ed entusiasta siglava la cerimonia.
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Storia
CON L’OCCHIO DEI BAMBINI
di Gabriella Maggio
Il mese di maggio propone, nella fantasia della giovane artista della D.D. N. Garzilli, una scuola tra alberi e cielo.
Due bambine giocano a palla su un prato, sotto nuvole a forma di cuore. L’edificio scolastico è fantasticamente ornato di cuori. I bambini amano la natura ed a scuola si sta bene e ci si vuole bene. Perché non pensiamo ai sentimenti ? Perché non valorizziamo i rapporti tra persone e non quelli fondati sull’interesse ? Possiamo dire che ce lo
chiedono i bambini . E’ un buon alibi?
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Lions Club
WEEK END A SIRACUSA
di Attilio Carioti
Non sono mancati allegri momenti conviviali
e naturalistici lungo le rive dell’Anapo
Secondo una tradizione ormai consolidata il Lions Club
Palermo dei Vespri ha assistito anche quest’anno alle
rappresentazioni classiche di Siracusa, Prometeo di
Eschilo e Baccanti di Euripide .
Carmelo Fucarino, socio del Club, ha intrattenuto gli
amici sulle trame ed i significati dei testi della tragedia
attica e sulla loro attualizzazione.
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Arte
Inaugurazione della mostra personale di Giacomo Failla
di Gabriella Maggio
V
enerdì 11 maggio a Palazzo Sant’Elia si è
inaugurata la mostra personale di Giacomo
Failla, che, giocando sull’ossimoro, è stata
denominata “ Sublime peso della leggerezza “ dal curatore prof. Francesco Gallo. Failla è un
uomo schivo, che non ama comunicare in pubblico,
preferisce esprimere la sua profonda sensibilità nel
tratto fermo e denso della pennellata che fissa sulla tela
un colore. A volte accompagna la pittura con la parola
come in “Di luce e di colore”, titolo di una mostra precedente in cui scrive : “ Quel giorno accorgendomi /
che un sole aveva dimenticato,/ il suo raggio/ dentro il
vecchio cassetto/ di una mia consapevolezza, / cercai
delicatamente/ di spiegarlo,/ accogliendo/ il leggero
calore / tra le mani…” Ed ecco fiorire il colore. Per chi
cerca la Sicilia nei quadri di questo siciliano non la
trova immediatamente, deve riflettere… L’arsura delle
campagne, il caos delle città, gli odori dei detriti della
vita sono cromatizzati tra linee che si intrecciano e
sembrano una tela di ragno che ci ingabbia. E’ una Sicilia rivissuta e filtrata in maniera non convenzionale.
L’inaugurazione ha avuto un grande successo di pubblico e gli apprezzamenti del Presidente della Provincia
regionale di Palermo ing. Giovanni Avanti. La mostra
resta aperta fino al 7 giugno 2012.
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Cultura
PALERMO CREATIVA
di Gabriella Maggio
I
e cittadina oggi è poco valorizzata, mentre negli anni Settanta veniva rappresentata alla Palazzina Liberty di
Dario Fo da Ciccio Busacca, l’ultimo dei cantastorie.
Oggi i tanti giovani di talento incontrano molte difficoltà
ad inserirsi nel campo artistico e spesso si trovano ad
un bivio : rinunciare o andare via . Giacomo Fanale ha
valorizzato l’apporto creativo dell’isola e di Palermo nel
panorama nazionale delle arti figurative, ricordando Giacomo Failla e Carla Accardi. Lo sguardo di Claudio
Riolo, giornalista milanese da poco trasferitosi a Palermo, è diverso dagli altri perché ha posto l’attenzione
sulla pianta di Palermo, sugli scenari che si vedono a seconda dello sguardo orizzontale o verticale, per cui gli
sembra che la città sia la sede ideale per l’arte. Anche lui
costata che i giovani tendono ad andar via, ma intravede
una soluzione nell’unione di creatività e commercio.
Questa soluzione, secondo Riolo potrebbe salvaguardare
i piccoli rivenditori, destinati a chiudere sopraffatti dai
grandi centri commerciali. Chi scrive teme la fuga degli
ingegni, che rendono vivo un luogo, gettando semi destinati a svilupparsi. Allontanandosi isteriliscono la vita
della città.
l 22 maggio a Palazzo Sant’Elia l’Associazione
VOLO ha riunito alcuni rappresentanti della cultura palermitana per discutere della città ed in particolare del suo aspetto creativo, traendo spunto
dalla personale del pittore Giacomo Failla. Hanno partecipato Giacomo Fanale esperto d’arte, Giovanni Isgrò
docente universitario di teatro, Carmelo Fucarino storico, filologo poeta, Claudio Riolo giornalista , chi scrive
ha assunto il ruolo di moderatore.
L’incontro si è svolto alla presenza di un numeroso ed interessato pubblico. Lo spunto alla discussione è stato dato
dalle frase di chi scrive : “ Nessuno meglio di uno scrittore può parlare della creatività della città di Palermo,
dal momento che si pone nel territorio come un – guardiano—cioè uno sguardo che cerca una scheggia di senso
nel caos dell’esistenza” . Ciascuno dei partecipanti ha affrontato il tema secondo la sua esperienza e le sue previsioni. Carmelo Fucarino ha preferito rivolgere lo sguardo
al passato, ricordando le Accademie cittadine che sino al
1945 sono state centri di aggregazione e confronto, ed il
gruppo ’63 , che ha fatto della città un centro di irradiazione culturale nazionale. Sulla stessa linea si è collocato
Giovanni Isgrò che ha ricordato che la creatività siciliana
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