spitalità e
IL SANTO DEL MESE
Bollettino formativo/informativo
del movimento degli
UNIVERSITARI CATTOLICI dell’ATENEO LUCANO
Anno 11° - N° 6 (105) - Giugno 2012
Poste italiane – Sped. in A. P. – art. 2 c. 20/c Legge 662/96 – PZ
Direttore responsabile: Gerardo Messina
Onoriamo la nostra Regione presentando un antico monaco, insigne per austerità di vita, nato a Matera nel 1070 (o 1080) e morto a Foggia nel 1139,
SAN GIOVANNI DA MATERA.
Nato da ricca e nobile famiglia, ancora giovanetto abbandonò la casa paterna e si recò a Taranto,
dove fu accolto dai monaci basiliani dell’Isola di San
Pietro, che gli affidarono la custodia delle pecore.
Ispirato da una visione, si recò in Calabria e poi
in Sicilia, vivendo sempre nella penitenza e nella rinuncia. Ritornato in Puglia, a Ginosa, si fece conoscere come apprezzato predicatore, ma venne imprigionato a causa di infami calunnie. Liberato miracolosamente, riprese a predicare in Campania, ma dopo un
periodo di vita eremitica in Irpinia con san Guglielmo
(il futuro fondatore del santuario di Montevergine),
decise di andare in Palestina passando per Bari, dove
però comprese che la sua missione doveva svolgersi
in Puglia. Riprese le sue peregrinazioni attirando tanta ammirazione dal popolo
ma anche tanti nemici, al punto che corse il pericolo di essere bruciato vivo.
Giunto al Gargano, già celebre per il santuario di san Michele Arcangelo, si
fermò nella solitaria valle di Pulsano, dove fondò una comunità con 50 monaci, che
divenne la Congregazione detta degli “Scalzi”. Morì a Foggia il 20 giugno 1139.
Il suo corpo nel 1830 fu traslato nella Cattedrale di Matera, di cui è compatrono e dove viene festeggiato il 20 giugno.
EDITORIALE
Cari amici,
eccoci qua ancora una volta per il nostro messaggio
mensile. Anzitutto, ben trovati e
buon lavoro!
“Siate pronti”; e l’esperienza ci insegna che la “prontezza” si costruisce
con l’impegno, con lo studio costante e
convinto, centro costitutivo del vostro
essere “universitari”.
A questo punto
forse vi state dicendo: “ma che
razza di predica
vogliono
farci? ”
No, non è predica,
ma solo invito alla
Il vostro è un
speranza, alla qua“lavoro” speciale,
le abbiamo voluto
cui siete chiamati
fare esplicito riper poter poi enferimento
con
trare degnamente
quest’
immagine
e con profitto nel
del campo fiorito.
Non per niente
cosiddetto
Un campo fiorito
Bellissima immagine
siamo UCAL: con le nostre
“mercato del lavoro”, quello
Sembra i giovani UCAL !
iniziative tendiamo appunto a
professionale, autonomo o
rafforzarvi in questa virtù, sorella della
dipendente che sia. Quello che vi aspetta
fede che ha caratterizzato la vita del no(e che vi “spetta”) dopo la laurea e annessi
stro ispiratore e protettore, il beato
e connessi. Quello che vi consentirà di
Pier Giorgio Frassati, la cui immagine vi
sentirvi “realizzati” nella vita e di formaraccompagna nella tessera sociale.
vi coraggiosamente una vostra famiglia.
Già: oggi ci vuole davvero “coraggio” !
Ma sentite un po’ il Papa (il 14 maggio a
Sansepolcro, per il millenario della fondazione di quella città): “Cari giovani, ab-
La nostra messa mensile, gli incontri
di cultura religiosa, questo stesso bollettino vogliono darvi il ”coraggio” che il
Papa vi chiede. Avanti, dunque, avanti!
Assunta e don Bruno
biate il coraggio di osare! Siate
U.C.A.L. – UNIVERSITARI CATTOLICI dell’ATENEO LUCANO
Piazza Don Bosco 11 bis, 85100 Potenza
Tel. 0971 442709 - 0971 469064 - Cell. 347.8700228 - Fax 0971 445233
e-mail: [email protected] - www.ucalpz.org- facebook: ucalpz
Stampa Style Copy- Piazza Don Bosco, 5- Potenza
pronti a dare nuovo sapore all’intera
società civile, con il sale dell’onestà
e dell’ altruismo disinteressato!”.
METTI IN AGENDA
Mercoledì 13- S. Messa UCAL
Mercoledì 20 - Incontro di
Cultura religiosa
LINO BANFI
GIORGIO, DA NOTAIO A PREDICATORE
Giovanni Ruggiero, inviato di “Avvenire” all’ultimo Meeting di Rimini
“Auguri (in ritardo), Santità.
Quando è triste mi chiami pure”
Vostra Santità,
ci ho pensato molto prima di scriverVi, ma poi mi sono detto: «Perché no?». Ormai Vi
reputo un mio amico e Vi dico perché. Quando non sto girando qualche film o qualche
fiction, passo ore e ore nel mio studio a leggere o a scrivere, e quando lavoro, anche solo
mezz’ora, la passo in ufficio per preparare il copione, per dare un’occhiata alle scene che
farò, ecc. Quindi ogni mattina appena mi siedo alla scrivania, in una bella foto, che ho fatto
amorevolmente incorniciare, vedo Voi, Santità, che sorridete di cuore, con me e mia moglie,
quando l’anno scorso ho avuto il grande onore di parlarVi per pochi minuti, e Voi, con molto affetto mi avete chiamato il nonno d’Italia. Poi mi ritrovo spesso a leggere brani del Vostro libro «Luce nel mondo», e in prima pagina c’è la Vostra dedica a me personalmente,
con la Vostra benedizione Apostolica. Poi giro la testa dove c’è, incorniciato, il Vostro augurio per me e mia moglie per le nostre nozze d’oro. Quindi, il giorno del Vostro compleanno, Santità, mi è venuto spontaneo scriverVi per augurarVi di cuore almeno altri quindici
compleanni, e lo desidero anche per me, così arrivo a novant’anni, e mi sembra equilibrato:
«Novanta il nonno d’Italia, cento il nonno del mondo».
Se sono riuscito a farvi sorridere di nuovo, be’, senza remore, si può ipotizzare una
bella idea: quando Vi sentite triste, Mons. Georg o Mons. Camaldo potrebbero chiamarmi:
io corro, Vi faccio sorridere e scappo via felice. Pensate che sogno, sembra la trama di un
film: «L’uomo che fa sorridere il Papa».
Questa lettera non so se spedirla a Voi o farla pubblicare dall’Avvenire, o forse la tengo solo per me. Non vorrei che qualcuno pensasse che Lino Banfi, a 75 anni è impazzito.
Comunque, anche con un po’di ritardo, Augurissimi, Santità.
Vostro Lino Banfi
LAUREE
Giuseppe FERRAREIS - Ingegneria - 110 e lode
Alessandra PIRO - Ingegneria - 110 e lode
Donato TUTINO - Scienze della Comunicazione
(triennale)
Congratulazioni e auguri!
2
Senza far torto a nessuno, ma i Domenicani al Meeting li noti subito. Sarà forse per l’abito o
perché li vedi veleggiare, mai fermi, per i padiglioni. Nel loro stand mostrano la produzione della loro casa editrice, la Esd, ma è evidente che la
loro missione qui non è fare i librai a Rimini. I libri
sono in bella mostra. Il catalogo è vasto: dall’ opera di Tommaso d’Aquino a Cipriano di Cartagine. Ogni giorno però mostrano a tutti, come avvenimento che può accadere, la conversione: la
possibilità e la grazia di essere chiamati a testimoniare la fede. Nel piccolo stand, i nove padri
dell’Ordine dei Predicatori (i domenicani, appunto) raccontano la loro scelta. «Incontri che cambiano la vita», dicono. Sicuramente, incontri che
hanno cambiato la loro esistenza. La gente si ferma e ascolta. Molti i giovani, colpiti da questi
happening volanti. Si comincia sempre recitando
l’Angelus: «Angelus Domini nuntiavit Mariae… »,
poi uno di loro prende la parola. E’ toccato anche
a padre Giorgio Carbone che della casa editrice è direttore editoriale. Destinato a diventare
notaio, per tradizione di famiglia, finirà con
l’indossare l’abito domenicano. È napoletano,
volto sorridente: «La mia ignoranza in fatto di
religione era tale che, quando vidi a quattordici
anni, le due ampolline sull’altare pensavo che
contenessero l’aceto e l’olio, come quelle
dell’insalata ...».
in estate, invece, si impegna con il canottaggio
nel mare di Posillipo. La parrocchia e la Messa,
insomma, dimentica cosa sono e dove stanno.
È durante l’università che succede qualcosa. Un amico e collega di corso gli parla di
Messa e confessione, suscitando il suo scetticismo. Accetta però di confessarsi. Non lo faceva
da anni. Il sacerdote gli dice: «Non ti darò nessuna penitenza. Ci sarà qualcuno che la farà per
te». Forse è lo stesso prete a pentirsi per lui? Ad
ogni modo, gli dà l’assoluzione. È un gesto che lo
sconvolge. Inizia a partecipare all’Eucarestia, ma
non gli basta.
Ha tutto chiaro un 19 settembre. A Napoli è
la festa di San Gennaro. Giorgio, laureato con
110 e lode alla Federico II, assiste al miracolo
della liquefazione del sangue nell’ampolla ed è
oggetto e soggetto di un altro fatto sconvolgente:
capisce che la sua vita non la trascorrerà tra testamenti e successioni ereditarie, ma la dedicherà al Signore come padre domenicano.
Rimpianti? Nessuno: «Lo studio della teologia che sostituirà i codici si è rivelato molto più
affascinante». Un incontro di mezz’ora al
Meeting. Poi la gente si avvicina per saperne di
più. «Chiaramente – dice padre Roberto Viglino –
Dopo la prima comunione, il giovane Gior- non potevamo limitarci a vendere libri. Noi siamo
religiosi, prima di tutto. E non facciamo questi
gio si allontana dalla Chiesa. Le cose avute dal
catechismo gli sono scivolate dalle mani. Il saba- incontri per metterci in vetrina. Vogliano mostrare
to e la domenica, poi, con la famiglia va a sciare; che esiste la possibilità di essere chiamati».
DIO CONTA SU DI TE !
La tua risposta al progetto di Dio
Dio solo può dare la fede,
tu, però, puoi dare la tua testimonianza.
Dio solo è la via,
tu, però, puoi indicarla agli altri.
Dio solo può infondere la speranza,
tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli.
Dio solo è la luce,
tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti.
Dio solo può dare l'amore,
tu, però, puoi insegnare agli altri ad amare.
Dio solo è la vita,
tu, però, puoi far rinascere la voglia di vivere.
Dio solo può dare la pace,
tu, però, puoi seminare l'unione.
Dio solo può fare ciò che appare impossibile,
tu, però, puoi fare il possibile.
Dio solo può dare la forza,
tu, però, puoi dare sostegno ad uno scoraggiato.
Dio solo basta a se stesso,
Egli, però, preferisce contare su di te.
11
LUCIO DALLA : IL RESPIRO DELL’ETERNITA’
E’ IMMORALE RISCHIARE VITE UMANE
Un colloquio in cui il cantante parlava della fede
Con una sicurezza: “Nell’altra vita saremo tutti di Dio”
C’è un brano del suo lunghissimo repertorio di canzoni che s’intitola «Inri». Cos’è, una
preghiera?
Nella canzone «La mela» parla del paradiso terrestre? Come se lo immagina?
«Il mondo è un regalo di Dio, anche con
i
suoi
contrari. Mi colpì Giovanni Paolo II
«Sì, una preghiera a Gesù, il quale coquando, a proposito del Novecento, disse:
nosce anche le tentazioni. È Dio e uomo. La
<Abbiamo superato un secolo tra i più tremensua grandezza è l’avere scelto la situazione
più lontana dal suo essere Dio, condividendo di della storia, che ha visto guerre, nazismo,
con un atto di generosità estrema la più comu- comunismo>. Con quell’ <abbiamo superato>
voleva dire che il bene alla fine ha trionfato sul
ne sorte umana, quale è la morte».
male. Io sono convinto che nella dinamica del
bene entra sempre il maCon in più
le, ma dipende dall’uomo
l’essersi fatto povero!
far trionfare il bene. La
«Questo è fondavittoria sul male è la più
mentale. Gesù non è
grande conquista che
amico dei potenti, perl’uomo possa ottenere.
ché la vera potenza sta
Quando l’uomo raggiunin Dio, non nei re della
ge i pianeti ottiene una
terra. E poi si applica
conquista scientifica imanche a lui la logica deportante, ma più grande
gli opposti: il più grande
è essere capace di ensi fa il più piccolo».
trare in se stesso, perché qui trova il paradiso
terrestre, vero regalo di Dio!».
C’è un verso di «Inri» che dice: «Tu esisti
e splendi, con quel viso da ragazzo, con la barDei guasti prodotti dall’uomo, quale la
ba senza età»!
preoccupa di più?
«Sì, è un verso molto bello. In fondo è
ciò che troviamo nelle immagini di Gesù, dalle
più alle meno artistiche. La sua presenza è
continua nell’universo, è dovunque; altrimenti
come spiegare il fatto che anche un delinquente può intuire l’identità di Gesù, pur comportandosi in maniera diametralmente opposta
al suo insegnamento! È talmente grande, la
figura di Gesù, che riesce ad atterrare in qualsiasi coscienza, facendo saltare le difese più
resistenti».
Con lui riesce a dialogare?
«Certamente. Non è un merito, è una
necessità! Sostanzialmente passo con Gesù
due o tre ore al giorno: quando sono solo, ma
anche quando compongo canzoni, quando
sono felice. Lo ringrazio per tutte le cose che
mi capitano e dedico a lui i pochi momenti di
sofferenza e d’inquietudine che ho; li considero benedetti perché mi vengono da lui. Delle
cose certe, la più certa per me è credere in
Gesù».
10
«Il fondamentalismo. Vorrei che l’uomo
scoprisse che attraverso la tolleranza, il dialogo, il confronto, i problemi si possono risolvere, o per lo meno si possono discutere, soprattutto tra religioni.»
È praticante?
«Assolutamente sì. Non salto una messa la domenica, anche se mi riesce faticoso
per la vita che conduco: un giorno qui, un giorno lì! Quando ero in Irlanda andavo in chiesa
tutte le domeniche senza curarmi se fosse
cattolica o protestante. Per me si tratta di un
atto dovuto, è il minimo che possiamo fare!».
C’è un verso del suo album che dice:
«L’eternità è solo un respiro, non un rumore».
Che cosa vuol dire?
«Ho sempre ritenuto che il respiro sia
più forte del tuono, per cui parlando di eternità
mi è venuto in mente di identificarla in un respiro, piuttosto che nel rumore assordante del
mondo».
Intervista per “Avvenire” di Roberto I. Zanini al teologo Giordano Muraro
in circolazione una tentazione a violare la legge,
contro ogni logica morale. Tanto più che i limiti di
velocità servono a salvare vite umane. Lo stes«Credo che Dio si compiaccia, perché sono so ragionamento vale nel momento in cui faccio
un utile strumento dell’uomo, fonte di comodità e delle pubblicità che promuovono la velocità o un
benessere. Ma dipende dall’uso che ne viene
uso arrogante o aggressivo del mezzo. Ma, ripefatto, perché in quanto strumento possiamo attri- to, l’auto non è dannosa in se stessa».
buire alle auto tutte le virtù e tutti i vizi
dell’uomo». A parlare è padre Giordano MuraÈ quello che si dice per i coltelli, anro, domenicano, uno dei più conosciuti teolo- che se nella vita di tutti i giorni uccidono
gi morali italiani, docente prima all’Angelicum molto meno.
e poi alla facoltà teologica di Torino. Sollecitato sui problemi morali derivati dall’«uso irrespon«Esatto. Non è immorale il coltello e non lo
sabile» delle automobili (col tributo annuale di
si mette certo fuori legge perché il marito accolmigliaia di morti e invalidi gravi, con costi sociali
tella la moglie per gelosia. Si cerca invece di eper centinaia di milioni), sottolinea che, come
ducare uomini e donne a controllare la loro ira, a
sempre in questi casi, si tratta di «una questioessere più fedeli e più consapevoli nell’entrare
ne di educazione alla responsabilità in un
nell’esperienza dell’amore
mondo in cui il senso di
coniugale. Se qualcuno muoresponsabilità è diventato
re per intossicazione alimenmerce rara».
tare non diciamo che i cibi
sono dannosi, ma che sono
Insomma, la macnecessari e vanno solo conchina è... moralmente
servati meglio».
Cosa pensa Dio delle automobili?
neutra.
«Parafrasando una
frase di Gesù possiamo dire
che non sono le cose esterne che inquinano l’uomo,
ma l’uso che l’uomo ne fa. Possiamo servirci della macchina per rendere più vivibile la vita, ma
anche per alimentare la parte peggiore di noi
stessi. L’auto può essere occasione di superbia,
egoismo, ira, lussuria, invidia, potere, avidità,
indolenza e gli esempi da fare sarebbero tanti.
Allo stesso tempo, però, è occasione consueta
per alimentare virtù come prudenza, giustizia,
fortezza, temperanza. La macchina solleva
l’uomo dalla fatica, accorcia le distanze, aiuta gli
invalidi, fa incontrare le persone (ma anche
l’esatto contrario), facilita l’accesso al divertimento, consente di soccorrere gli ammalati...».
Ma può anche essere moralmente
scorretto il modo di costruirla o di promuoverla.
Educare all’uso responsabile delle auto è
quindi una questione
morale?
«Non ci sono dubbi. Come si deve educare
l’uomo a vivere nel modo migliore tutti i momenti
essenziali della vita, così va educato a usare correttamente tutti gli strumenti che realizza e servono per vivere. L’uomo travasa nell’uso delle cose
la sua bontà o i suoi istinti perversi. L’educazione
alla consapevolezza per quel che riguarda
l’automobile è urgente proprio per l’eccessiva
perdita di vite umane che produce il suo uso irresponsabile».
Dal punto di vista morale come si
deve regolare il rapporto fra l’uomo e la
macchina?
«Diciamo che i principi essenziali sono tre:
1- la responsabilità di chi guida e di chi costruisce; 2- non è l’uomo al servizio della macchina,
«Anche qui si tratta di scelte dell’uomo. Le
ma la macchina al servizio dell’uomo; 3- avere
auto di nuova costruzione sono sempre più dotacome criterio (nel costruire, acquistare e usare)
te di sicurezza. Ma se il limite massimo è 130
non i bisogni secondari, come capricci
all’ora e faccio macchine che vanno a 250 metto
3
Per la morale cristiana è colpevole anche
edonistici, velleità velocistiche e inquinanti, ma i
chi
ha
commesso il delitto in una situazione di
bisogni primari della persona e la promozione del
inconsapevolezza
nella quale ci si è messo conbene comune».
sapevolmente: sono ubriaco perché ho bevuto,
Cosa pensa dell’ipotesi di introdurre sono drogato perché ho assunto droga.
Devo sapere che sono responsabile delle
il reato di omicidio stradale?
cose che faccio in qualunque momento della mia
vita e devo riparare al danno, economicamente e
«Il carcere può essere un efficace deterrente. moralmente».
HOSTIS O HOSPES ?
La civiltà ha fatto un passo decisivo, forse il passo decisivo per eccellenza, il
giorno in cui lo straniero, da nemico ( hostis), è divenuto ospite ( hospes ).
Il giorno in cui nello straniero si riconoscerà un ospite, allora qualcosa sarà
mutato nel mondo.
Non è la prima volta che proponiamo un gioco di parole secondo una lingua classica,
e per noi 'materna', come il latino. Oggi ci affidiamo a un’assonanza che di per sé vorrebbe
dire affinità e che, invece, a livello di significato, rivela un’antitesi.
Da un lato c’è l’hostis , il nemico per eccellenza, con una connotazione più generale e
quasi 'nazionale' rispetto al puro e semplice inimicus personale.
D’altro lato, ecco l’hospes , un vocabolo dal suono simile, ma dal valore ben diverso:
è l’«ospite» che viene
accolto con premura,
come fece Abramo in
quel caldo pomeriggio
orientale nei confronti
dei tre personaggi che
si erano presentati davanti alla sua tenda
sotto le querce di Mamre
( Genesi 18 ). A proporci la sorprendente
fusione dei due termini
antitetici dell’hostis e
dell’hospes è naturalmente il cristianesimo,
ma per formularne la
tematica abbiamo scelto
le parole di un famoso
teologo del secolo scorso, Jean Daniélou,
creato cardinale da Paolo VI.
Egli ci fa osservare – e
la sua nota ha un valore particolare soprattutto per noi italiani in
questa fase storica segnata
dall’immigrazione di persone
appartenenti a differenti etnie, religioni e culture – che la civiltà
nasce non tanto con le grandi
scoperte, ma con un atto di umanità, di ospitalità. Essa non si può misurare solo in termini
di tecnologia e sviluppo economico, ma soprattutto nella logica dell’accoglienza che trasforma il potenziale hostis in un hospes .
Certo, questa scelta è complessa e anche faticosa, dev’essere calibrata ed è frutto di
un impegno reciproco tra i due interlocutori, ma è l’unica «via stretta» verso la civiltà e la
grandezza di un popolo.
Gianfranco Ravasi, su Avvenire
4
BLAIR: RILANCIARE IL PRINCIPIO-SPERANZA
Il ruolo positivo delle religioni per la pace e per superare la crisi.
“Più dialogo fra credenti e no”
Tony Blair, ex primo ministro inglese, impegnato dal 2007 - anno del suo addio alla politica e
della sua conversione al cattolicesimo - in una Fondazione per il dialogo interreligioso, conosce da vicino il
New Atheism . Tanto da essersi confrontato con Christopher Hitchens, defunto nel 2011, in un dibattito
pubblico a Toronto. Dibattito ora consultabile nel recente Processo a Dio (Piemme).
In quella conferenza lei, per «ribattere
all’affermazione che la religione è veleno puro», ricordava che «il 25% delle cure per
l’Aids al mondo è fornito da fondazioni cattoliche ». Solo la fede fa il bene e
porta speranza?
«La speranza è un prodotto
della fede e sarebbe difficile immaginare cosa potrebbe significare il
credere se gli venisse meno la sua
componente di speranza. Del resto
molte persone hanno sperato in un
futuro migliore o addirittura utopico in quanto
atei. Sappiamo che i peggiori esempi di questa
utopia si sono verificati nel XX secolo, ma esistono anche molti ottimi esempi di tale speranza.
Credenti e non credenti hanno bisogno di dialogare e ascoltarsi reciprocamente riguardo al senso
della loro vita come precondizione per lavorare
insieme in maniera convincente. Tra loro ci deve
essere rispetto e comprensione, e non la presunzione che le voci religiose non abbiano niente da
dire di valido ad una prospettiva laica del mondo.
Non dovrebbe esistere la nozione di uno spazio
secolare delimitato che esclude chiunque non abbia una visione solamente laica del mondo. Dobbiamo mettere fine al divorzio tra immaginazione
e ragione, cioè a quella diminuzione creata dal
ridurre la ragione ad una ristretta visione della
scienza ».
ria. La Fondazione sta lavorando con il Consiglio
interreligioso di quel Paese così come con altri
leader religiosi e il ministero della Salute per educare le famiglie su come proteggere i loro figli
dalla malaria. Sul posto abbiamo un giovane team
di quattro giovani guidati da un medico ugandese: portano avanti un programma nazionale che
presto avrà raggiunto 100 mila persone. Per me
questo è un segno di come le due religioni più
grandi al mondo lavorano insieme e salvano vite».
In Occidente, quale dovrebbe essere la prima risposta alla
crisi economico- finanziaria?
«Dobbiamo tornare completamente all’onestà, all’integrità e alla
disciplina di comportamento nella
vita economica. È un' illusione pensare che possiamo regolare e fare leggi per rendere le persone
buone e più disponibili a lavorare per il bene comune rispetto che al loro mero interesse privato.
Le leggi creano un quadro di insieme, ma
l’ingegnosità umana li travalica. La virtù umana è
il miglior alleato nel mostrare che tali regole funzionano.Credo che i gruppi religiosi siano impagabili scuole di virtù e che possono essere parte
della soluzione nel XXI secolo».
Crisi economica e religione: l’assenza di
riferimenti spirituali nella nuova Europa è in qualche modo connessa a tale situazione di recessione che stiamo vivendo?
«L’assenza di un’esplicita menzione di Dio
nel trattato europeo riflette la variegata tipologia
degli Stati membri dell’Ue. Alcuni di essi hanno
mantenuto l’eredità di una lunga tradizione reli«Nel 2007 le organizzazioni religiose ne- giosa, altri se ne sono allontanati tramutandola in
gli Stati Uniti hanno donato una volta e mezza un secolarismo post-illuminista.
l’importo degli aiuti del governo». Parole sue.
Quali gesti di bene la stanno più impressionanLa cosa importante è distinguere il termine 'ateo' da 'laico'. Ci sono buone ragioni per
do tramite la sua Faith Foundation?
voler uno Stato laico senza che ciò implichi il ri«Mi reco spesso in Sierra Leone a ho visto getto della religione. Uno Stato dovrebbe dare
musulmani e cristiani lavorare insieme lì per rialle minoranze religiose gli stessi diritti delle
durre il drammatico numero delle morti per mala- maggioranze».
9
L’ETERNO RIPOSO PER LUCIO MAGRI
Il missionario Piero Gheddo commenta per Zenit del 1 dicembre la “morte assistita” del
fondatore de “Il Manifesto”.
L’attuale ondata di suicidi ripropone il valore di fondo di questo commento.
Leggo sui giornali “la scelta cosciente
ambiente sessantottino certo non ben di-
di darsi la morte” di Lucio Magri, uno dei
sposto verso un prete che si presentava col
fondatori del “Manifesto” nel 1969, che è
suo colletto bianco e parlava dell’opera
andato da Roma in Svizzera per poter rea-
della Chiesa nel “terzo mondo” per portare
lizzare la sua “morte assistita” in modo
il Vangelo, la vera soluzione alla miseria e
legale. Soffriva di “una depressione vera,
alla fame nel mondo.
incurabile. Un lento scivolare nel buio provocato da un intreccio di ragioni pubbliche
Ma allora, povero e caro Lucio, perché
e private”. Aveva 79 anni. Ho pregato per
questo “scivolare nel buio” di una morte
lui: “L’eterno riposo dona a Lucio Magri, o
prematura, quando potevi ancora fare tan-
Signore, splenda a lui la luce perpetua, ri-
to per i poveri di tutto il mondo? La Re-
posi in pace. Amen”.
pubblica scrive: “Magri voleva volare alto… ucciso da un’ambizione
Ho brevemente cono-
troppo grande…voleva
sciuto questo personaggio
cambiare il mondo e il
politico allora già famoso
mondo, negli ultimi anni gli
nella prima metà degli an-
appariva insopportabile
ni Settanta, in un dibattito
smentita della sua utopia,
all’Università statale di Mi-
il segno intollerabile di un
lano, ricavandone
fallimento, la constatazione
un’impressione sostanzialmente positiva.
amarissima della separazione tra sé e la
Naturalmente non eravamo d’accordo sui
realtà. Così le ali ha deciso di tagliarsele da
rimedi alla miseria e alla fame di miliardi di sé, ma evitando agli amici lo spettacolo del
uomini, ma ho ammirato la sua passione
sangue sul selciato”.
per la povera gente, la volontà espressa di
dare tutta la sua vita per la realizzazione
Il fallimento di un’utopia è evidente.
dei grandi ideali di giustizia e di eguaglian-
Ma perchè il fallimento di una persona che
za che Mao Tze Tung esprimeva in quegli
nutriva sinceramente grandi ideali di bene,
anni nella sua “Rivoluzione culturale” e nel
di giustizia, di pace, e veniva dal mondo
suo “Libretto Rosso”, che avevo da poco
democristiano bergamasco? La risposta l’ha
letto nel primo viaggio fatto in Cina (aprile- data in quegli anni Paolo VI nel messagmaggio 1973).
gio del Natale 1969: “I più grandi valori
umani disgiunti da Cristo diventano facilMagri aveva anche manifestato la sua mente disvalori”. Sentenza non facile da
ammirazione per i missionari e la loro ope- spiegare e da capire, ma la storia dell’ uora di carità e di vita con i poveri. Il che mi
aveva confortato e incoraggiato, in quell’
mo e dei popoli ne dimostrano la verità
ogni giorno.
8
LA SANTITA’ QUOTIDIANA
ECCO L’EREDITA’ DI TONIOLO
Dopo la beatificazione del prof. Giuseppe Toniolo, l’interessante commento del prof.
Franco Miano, Docente di Antropologia filosofica e Bioetica a Roma Tor Vergata,
Presidente nazionale dell’Azione Cattolica
Oggi sentiamo come particolarmente si-
verse della vita. Egli è un padre, uno sposo,
uno studioso, un docente, un cristiano impegnificativo ciò che enuncia lo slogan che accompagna l ’ Azione cattolica in questo triennio gnato nella vita della Chiesa, nell ’ associazionismo, nella promozione culturale, un economiassociativo 2011-2014, Ecco ora il momento
favorevole ( 2Cor 6,2 ) . Santi nel quotidiano . sta.
Oggi la beatificazione di Giuseppe Toniolo nelTraendo linfa della sua dimensione e ala Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura
non solo riempie di gioia tutta l ’ associazione, pertura spirituale, ha dato un contributo imporma esprime in maniera ancor più vera il cammi- tante al progresso delle scienze economiche e,
no che siamo chiamati a vivere come associa- in generale, allo sviluppo dell ’ umanità. Ha inzione e come singoli verso la
serito l ’ etica nell ’ econo-mia
meta esigente e bella della
in un tempo in cui ciò non era
santità.
scontato, così come non lo è
nel nostro tempo. E lo farebbe
ancora oggi. Egli ci insegna a
La beatificazione di Totrovare le intrinseche finalità del
niolo ci fa dire che un cammilavoro e dell ’ economia, a cano di santità è possibile, a parpire che queste ultime sono a
tire da ciò che a ciascuno è
servizio dell ’ uomo e non vicechiesto di vivere, anche nell ’
versa, e il fine ultimo delle leggi
ordinarietà di una vita laicale,
economiche e della vita dell ’
spesa nel vivere ogni momenessere umano è il bene comuto in pienezza e per gli altri,
ne e la santità degli uosoprattutto per i poveri.
mini. Anticipatore dell ’
Università Cattolica, ci spinge a
Il sentimento che avvolricercare nel Paese una cultura
ge tutti è la gratitudine per la testimonianza au- significativa ma diffusa il più possibile. Il suo
tentica di quest ’ uomo capace di tenere insie- desiderio di un diritto internazionale per la pace
me fede e vita, mettendosi a servizio del Paese ci apre alla dimensione mondiale e ci interroga
e della Chiesa. È un testimone di una fede pro- sulla necessità di avere un occhio «super parfonda in cui la preghiera è diventata vita quoti- tes» vigile sul mondo intero e sulle sue condidiana e vita della famiglia. Pioniere della Dottri- zioni, per garantire la pace universale. Si può
na sociale cristiana, nel tempo della Rerum No- dire che Toniolo è stato un laico completamenvarum, leader dei cattolici sociali italiani,
te immerso nel suo tempo: lo ha amato con il
Giuseppe Toniolo è una figura profondamente suo impegno, il suo studio e la sua fede, divenattuale. Pur nel variare dei tempi, è attuale il
tando così il prototipo del laico che alcuni desuo messaggio perché è un laico a tutto cam- cenni dopo il Vaticano II ha descritto nella Gaupo, capace di mettere insieme dimensioni didium et Spes .
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Un dono grande che riceviamo come associazione, come Chiesa e come Paese,
vegni a vario livello, la stampa e la ristam- che apre alla consapevolezza e alla repa di pubblicazioni sono stati importanti
sponsabilità di guardare a Toniolo nel noaffinché la vita e il pensiero potessero es- stro tempo come figura da seguire e risere fatti conoscere sempre più. Un beato spondere al suo invito a impegnarsi nella
non può essere tenuto lontano dalla realtà vita con rigore e volontà, nella consapevoperché il suo è un messaggio di vita, una lezza che quanto più si costruisce la prospinta al cambiamento della propria esipria storia con salde radici, tanto più il
stenza e della società. Questo ci impegna mondo sarà basato su principi di solidarieanche nel futuro a continuare l ’ impegno tà, giustizia, pace e libertà.
per la sensibilizzazione e l ’ approfondi –
mento di questa significativa figura, nel
Giuseppe Toniolo aveva la salda
desiderio che Toniolo sia non solo per tutconvinzione che «chi definitivamente reti, ma di tutti.
cherà a salvamento la società presente
non sarà un diplomatico, un dotto, un
Desideriamo ringraziare il Papa per eroe, bensì un santo, anzi una società di
la beatificazione di Giuseppe Toniolo.
santi».
L ’ organizzazione di seminari e con-
STOP AL NEOVOLGARE
Ci siamo abituati perché nella vita, dicono, ci si abitua a tutto. Ma per chi è nostalgico
cultore del parlar garbato non è facile. Il turpiloquio, il suo dilagare: parliamo di questo.
«Viviamo tempi così»,
mi disse una volta
(più di trent’anni fa),
padre Turoldo. Brutti
tempi allora, figuriamoci oggi.
La domanda
che mi faccio è: perché mettersi addosso
un vestito sporco
quando ci sono gli
abiti puliti? So la risposta: «Ma perché così va il mondo. E se tu
non ti adegui sei un bacchettone fuori tempo».
Linguaggio da angiporto, lo si chiamava
un tempo, ora è lingua comune. Le intercettazioni, per esempio, sulle varie disonestà pubbliche e private. Ce le fanno ascoltare e sentiamo
le volgarità traboccare
come da un canale di
scolo. Imbrogli, raggiri, frodi, combinazioni truffaldine, tutto
è avvolto in un linguaggio imprecante,
ingiurioso. E fosse
confinato lì, nel malaffare, e in pochi altri
luoghi per così dire
appositi, il turpiloquio. Ma no, è dappertutto e tocca ogni giorno nuove punte, supera ogni giorno altre barriere.
Così quelle che una volta si chiamavano
Era impensabile fino a ieri sentire una
'parolacce' sono state, come si dice, sdoganate. deliziosa giornalista (o conduttrice) televisiva
Una dopo l’altra fino a formare, tutte insieme, il che, citando quanto detto dal furfante A al furneovolgare quotidiano.
fante B, si fa uscire di bocca parole inurbane
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come fossero vocaboli correnti. A dire, peraltro,
come la nostra sia una tivù che in questo si è perfettamente adeguata ai tempi e, più ancora, ai
modi.
ruolo, favorire la corrosione dei rapporti familiari,
minare il reciproco rispetto. Vero è che, se
l’interno riflette il fuori dove 'nevica la storia', il
turpiloquio entra in casa anche con il linguaggio
di amati comici, con quello 'aperto' dei romanzi,
Ma non c’è solo la tivù. I giornali, tutti i
con i dialoghi del cinema. Quando fecero osservagiornali cosiddetti laici, anche loro sono finiti nel re a Christian De Sica come nei suoi film ci fossecalderon scortese. Qualche opinionista chiamato ro troppe parolacce, l’attore rispose che avrebbe
in causa, non volendo certo esser preso per piccercato di metterne un po’ di meno. Come dire:
chiapetto, ha suggerito di non formalizzarsi perché quelle sono il sale dei nostri banchetti di Natale e
non conta come si parla, ma cosa si dice. Certo,
non vi si può rinunciare, al massimo si vedrà di
come no? E però la forma, da che mondo è mon- non esagerare. Che molto, poi, molto se non tutto
do, influenza la sostanza.
questo turpiloquio viene da sessomania e sessodipendenza, come dire le linee
Personalguida di certi film e di tanta
mente, tra le consecomicità televisiva. Ci sono
guenze del parlar
cento sinonimi di
male ne fisserei tre.
'arrabbiato', ma si usa semLa prima: la nostra
pre e solo quello che deriva
lingua, già impovedall’organo di riproduzione
rita da slang giovamaschile. E cento sono i
nile, lessico da Sms
modi di mandare uno a quel
e anglismi di vario
paese, ma a essere tirato in
genere, si svilisce
ballo è sempre il più volgasempre di più. Pere. Ora che questo malparlanalizzato già di
re possa essere figlio di
fronte a tanti altri idiomi, l’italiano si riduce a un
grandi frustrazioni, nel senso che uno non ce la fa
glossario rinsecchito, malamente anglicizzato e
e si sfoga ricorrendo al trilussiano «quanno ce vo’
maculato di volgarità.
ce vo’», può essere, non lo so.
Secondo: il turpiloquio toglie aria, spazio,
senso, importanza all’educazione. La buona formazione comportava, pretendeva il benparlare.
Oggi educazione e formazione della persona sono
difficili anche perché c’è acquiescenza e conseguente assuefazione alla volgarità.
Terzo: il turpiloquio depista tanti giovani
che avrebbero bisogno di essere ben altrimenti
indirizzati. Il lasciarlo correre, per esempio, da
parte dei genitori, significa abdicare al proprio
Quello che so e che vedo è lo sfiancarsi progressivo del nostro linguaggio, dunque del nostro
vivere insieme, sotto gli attacchi del neovolgare.
Ci s’impoverisce anche così. Prima il vocabolario
minimo per mettere in piedi una conversazione era
di duemila parole, poi è diventato di mille, adesso
non supererà le cinquecento: metà delle quali, neanche a dirlo, parolacce.
Giorgio De Simone - Avvenire 26 aprile
“La moderazione è una cosa fatale. Sembra che tra i giovani nulla
abbia più successo che l’eccesso”
Oscar Wilde
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