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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
indi
DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
INDICE</pre>
<pre>Audizione del senatore Francesco Mazzola,
Sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza
del Consiglio dei ministri:
Violante Luciano, Presidente 2759, 2760, 2761, 2762
2763, 2767, 2768, 2769, 2771, 2773, 2774, 2775
2776, 2777, 2778
Brutti Massimo
2765, 2767
Butini Ivo
2772
Cabras Paolo
2769
Cappuzzo Umberto 2768, 2770, 2771, 2775, 2776, 2777
D'Amato Carlo
2769, 2770, 2775, 2776
Florino Michele
2772, 2773
Frasca Salvatore
2763, 2764, 2765
Galasso Alfredo
2761, 2762, 2763, 2768
Matteoli Altero
2775, 2777
Mazzola Francesco, Sottosegretario di Stato pro tempore
alla Presidenza del Consiglio dei ministri 2759, 2760
2761, 2762, 2763, 2764, 2765, 2766 2767, 2768
2771, 2774, 2775, 2777
Tripodi Girolamo
2762, 2767, 2768
Audizione dell'onorevole Virginio Rognoni,
Ministro dell'interno pro tempore:
Violante Luciano, Presidente 2778, 2779, 2780, 2783
2786, 2788, 2789, 2790
Brutti Massimo
2780, 2782
Cabras Paolo
2779
Cappuzzo Umberto
2787, 2788
D'Amato Carlo
2782, 2788
Florino Michele
2788
Frasca Salvatore
2785, 2786
Matteoli Altero
2783, 2784
Rognoni Virginio, Ministro dell' Interno pro tempore
2778, 2779, 2780 2781, 2782, 2783, 2784, 2788, 2789
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente2790
Determinazione in ordine alla pubblicità di alcune
parti dell'audizione della seduta del 17 settembre
1993:
Violante Luciano, Presidente
2790
Seguito della discussione della relazione sulla
criminalità in Puglia:
Cabras Paolo, Presidente
2792, 2795
2796 2797, 2799, 2800
D'Amato Carlo
2794, 2797, 2799
Florino Michele
2792, 2794, 2795
Matteoli Altero
2796, 2797
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente
2791
D'Amato Carlo
2791
Frasca Salvatore
2791
Pag.2758
Pag.2759
La seduta comincia alle 9,30.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione del senatore Francesco Mazzola,
sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza
del Consiglio dei ministri.
PRESIDENTE. Abbiamo con noi il senatore Francesco
Mazzola, al quale abbiamo chiesto di essere qui per la
vicenda relativa al sequestro Cirillo. A noi non
interessa ricostruire complessivamente la vicenda,
perché questo non è nei compiti della Commissione; ci
interessa piuttosto capire il rapporto che si è svolto,
se si è svolto un rapporto, tra apparati istituzionali,
apparati pubblici e camorra. Ci è stato detto dall'ex
vicedirettore del SISDE, attuale capo della polizia,
che il senatore Mazzola, allora sottosegretario con
delega ai servizi di sicurezza, venne informato sia del
rapporto avviato con Cutolo sia della dismissione di
questo rapporto da parte del SISDE e poi dell'ingresso
di altro soggetto, cioè il SISMI. Può il senatore
Mazzola informare la Commissione su tale questione
specifica, perché questa a noi interessa? Capisco il
tempo passato e le dichiarazioni già rese, ma a noi
interessa soltanto questo aspetto.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Vorrei premettere che questa vicenda ha assunto un
significato particolare e importante successivamente al
momento in cui si svolse, perché quello in cui si
svolse era un momento particolarissimo di impegni e di
eventi, che vorrei brevissimamente ricordare solo per
rendere evidente alla Commissione che cosa accadde
durante quei due mesi (per me furono due mesi, perché
il sequestro di Cirillo si concluse, se non ricordo
male, alla fine di luglio ma nel frattempo vi era stata
la crisi di governo e dal 2 luglio io non ero più
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con
delega per i servizi perché era subentrato il Governo
Spadolini, nel quale il Presidente del Consiglio non
aveva conferito delega ad alcun sottosegretario).
In quel periodo noi avemmo (me lo sono annotato
perché sarebbe stato difficile ricordare tutto a
memoria), dal 27 aprile al 2 luglio 1981 (ossia nel
periodo interessato), il sequestro Taliercio, il
sequestro del fratello di Patrizio Peci, l'attentato a
Papa Giovanni Paolo II, l'uccisione del commissario di
pubblica sicurezza Vinci, il ferimento dell'avvocato di
Patrizio Peci, il rapimento dell'ingegner Sandrucci;
poi si svolsero le elezioni amministrative, il
referendum sull'aborto e tutta l'indagine relativa alla
lista della P2, che era contestuale.
Personalmente, affrontai in quel periodo due
dibattiti in Parlamento sul caso Cirillo e sulla P2,
oltre a tre dibattiti nel Comitato parlamentare per il
controllo sui servizi di sicurezza sulla questione
della P2. Dico questo per sottolineare che in una
situazione del genere l'attenzione che fu dedicata al
sequestro Cirillo era un'attenzione necessariamente
limitata da questa contestualità di fatti.
Venendo alla domanda specifica, fin dal primo giorno
del sequestro noi fummo informati, alla Presidenza del
Consiglio, che i servizi, e in specie il
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SISDE, in base ad una direttiva di carattere generale
che era stata emanata dal Presidente del Consiglio
precedente (credo si trattasse di Cossiga, se non
addirittura di Andreotti, non ricordo bene, ma non
proveniva dal Governo Forlani, allora in carica), si
sarebbe attivato alla ricerca di notizie all'interno
delle carceri, perché si era già determinato, fin da
tempo prima, in base ad una serie di informative fatte
dai servizi, che si stava verificando un fenomeno di
connessione sempre più stretta fra il terrorismo e la
criminalità comune. Si era quindi ritenuto opportuno
indicare specificamente l'ambiente carcerario come un
ambiente all'interno del quale effettuare operazioni di
raccolta di notizie per cercare di arrivare alla radice
o ad avere notizie più precise su queste connessioni,
di cui si andava dicendo, sempre più strette tra
terrorismo e criminalità comune. Quindi, il SISDE si
attivò all'interno delle carceri.
Dopo alcuni giorni (non posso ricordare esattamente
quanti) ...
PRESIDENTE. Si parlò di criminalità comune o
specificamente di camorra?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Si
parlò di criminalità comune.
Dopo non molti giorni (direi nove, dieci, undici,
massimo una dozzina di giorni, ora non ricordo la data
precisa ma comunque si trattò di un lasso di tempo
breve) ci venne comunicato dai due vicedirettori che
sostituivano di fatto i due direttori sospesi dal
servizio perché risultati iscritti nella lista della P2
(Santovito fu sostituito da Mei e Grassini da Parisi)
che, essendosi determinato che il SISMI aveva più
possibilità di ottenere notizie perché disponeva di
canali più adeguati, i due servizi, d'intesa,
stabilirono che della questione si sarebbe occupato non
più il SISDE ma il SISMI. Questo ci fu comunicato.
PRESIDENTE. Da chi? Ricorda da quale persona fisica?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non
ricordo da quale dei due, ma credo da tutti e due ...
Fu detto che era intervenuta un'intesa tra di loro; può
darsi che fosse addirittura il prefetto Pelosi, anzi il
prefetto Maiello, che sostituiva il prefetto Pelosi,
anch'egli sospeso per la questione della P2. Adesso non
ricordo se fu il CESIS o furono loro, ma comunque ci
dissero che d'intesa tra loro avevano ritenuto che
fosse più opportuno che se ne occupasse il SISMI perché
aveva dei canali più adeguati.
PRESIDENTE. Lei da chi aveva ricevuto il primo avviso
che si prendeva contatto con la criminalità comune?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Era
un fatto quasi automatico, perché ci dissero subito ...
PRESIDENTE. Quando lei afferma &quot;ci dissero&quot; a chi si
riferisce? Fu il SISDE a riferire a lei?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
All'inizio sì. Il SISDE disse: &quot;Noi ci attiviamo perché
riteniamo che in base alla direttiva sia utile
raccogliere informazioni nelle carceri&quot;.
PRESIDENTE. In questo quadro, venne fuori che, essendo
stato commesso il fatto a Napoli, città in cui la
camorra era abbastanza forte, sarebbe stato utile
andare in quella direzione, oppure fu soltanto una cosa
generica?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. No,
fu una cosa generica. Debbo dire che quando vi fu la
comunicazione che se ne sarebbe occupato non più il
SISDE ma il SISMI, questa fu fatta in base anche ad una
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direttiva di carattere generale, che era allora in
vigore, per la quale ...
PRESIDENTE. C'era il sussidio reciproco.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. ...
c'era il sussidio reciproco in attesa che il SISDE
avesse
un'organizzazione completa per potersi occupare
esclusivamente lui delle questioni della sicurezza
democratica. Questa comunicazione ci venne fatta ma non
ci si parlò di camorra né tanto meno di Cutolo (questo
avvenne il decimo-dodicesimo giorno); successivamente
non vi furono più comunicazioni specifiche sulla
vicenda: su quest'ultima, che era un sequestro in atto,
non ci fu più un'informazione continua perché questa
non avveniva mai. Oltretutto in quel caso non avvenne
perché - lo ripeto - in due mesi ogni cinque o sei
giorni si poneva una questione nuova; ma anche da un
punto di vista generale, non avveniva che i servizi
riferissero costantemente su queste operazioni avviate,
perché in effetti la funzione del sottosegretario non
era quella di seguire le operazioni gestionali dei
servizi.
PRESIDENTE. I ministri erano stati informati?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Penso di sì, perché così come l'hanno detto alla
Presidenza del Consiglio debbo ritenere che l'abbiano
detto ai ministri. Adesso non ricordo se la
comunicazione, oltre che orale, fu anche scritta.
Ricordo sicuramente che fu orale; se fu anche scritta
dovrebbe esservene traccia negli atti del CESIS.
In genere la comunicazione portava in calce
l'indicazione
se i ministri erano informati; se a me mandavano una
notizia, sotto c'era scritto &quot;ministro dell'interno
informato&quot; oppure &quot;ministro della difesa informato&quot;.
Reciprocamente, la notizia che veniva inviata al
ministro dell'interno doveva portare in calce
l'indicazione &quot;Presidenza del Consiglio informata&quot;.
Non ricordo - lo ripeto - se la notizia fu comunicata
anche per iscritto, mentre ricordo con certezza che
venne comunicata verbalmente. Se comunque fu trasmessa
anche per iscritto dovrebbe risultare dagli atti del
CESIS.
ALFREDO GALASSO. Desidero esprimere, se mi è
consentito,
senatore, una certa stupefazione per il contrasto tra
la gravità del fatto e la superficialità di questo
rapporto tra SISDE, SISMI e così via nella vicenda.
Il SISDE e il SISMI si mettono d'accordo perché devono
proseguire nella ricerca, se non ho capito male, di
informazioni dentro il carcere attraverso i criminali
comuni che si diceva potessero avere rapporti con i
terroristi, i brigatisti, in quell'occasione.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non
in quell'occasione, in generale.
ALFREDO GALASSO. In generale e comunque a proposito
di notizie di questo genere. Non vi fu un appuntamento
per un'informativa ulteriore man mano che questa
vicenda si andava sviluppando? Lei ha fatto riferimento
al 2 luglio, ma dal 29 aprile al 2 luglio il periodo è
abbastanza lungo. Non vi fu un'informativa del SISDE o
del SISMI o di entrambi su che cosa era successo?
Sappiamo che poi alcuni agenti andarono nel carcere di
Ascoli Piceno e si incontrarono con Cutolo. Questa
iniziale idea di raccogliere notizie deve avere avuto
quindi degli sviluppi, perché dalla raccolta delle
notizie al rapporto non più con i criminali comuni ma
con la banda Cutolo
ecol suo capo deve essere successo qualcosa. SISMI e
SISDE
andarono avanti per conto loro perché voi avevate altro
di cui occuparvi, visto che era un periodo
particolarmente
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tormentato per l'ordine pubblico: questo mi sembra
francamente piuttosto incredibile.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Onorevole Galasso, la legge n. 801 del 1977 non prevede
che il Presidente del Consiglio o, per esso, il
sottosegretario delegato, svolga un'azione di controllo
sulle operazioni dei servizi, ma una funzione di
direzione politica e di controllo sulla osservanza
delle direttive che la Presidenza del Consiglio emana
ogni anno.
Nella vicenda di specie, una volta assodato (perché ce
lo
comunicarono) che il SISMI era subentrato al SISDE
nell'operazione di ricerca di notizie sui rapporti tra
criminalità comune e terrorismo nel caso Cirillo, non
vi era da parte dei servizi nessuna esigenza di
informare la Presidenza del Consiglio delle fasi di
tale operazione, se non alla sua conclusione, come
avveniva del resto in tutti i casi.
Vorrei fosse chiaro alla Commissione che la rilevanza
della vicenda Cirillo è emersa anni dopo; per noi esso
era un sequestro come un altro, come gli altri due che
erano in corso nello stesso periodo, quello di
Taliercio e quello di Sandrucci. Non era ancora &quot;il
sequestro Cirillo&quot;!. Vorrei che questo fosse evidente;
soltanto successivamente tale vicenda è diventata &quot;il
sequestro Cirillo&quot;. Dopo la sua liberazione, negli anni
successivi, è emersa la rilevanza della vicenda, ma
allora per noi esso era un sequestro come gli altri due
che in quel momento erano in corso. Tra l'altro,
essendo continuamente, tutti i giorni, sotto tiro con
questioni di vario genere, non dedicammo al caso
Cirillo nessuna attenzione particolare.
ALFREDO GALASSO. Eravate in un altro mondo?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Ma
come in un altro mondo! I fatti vanno valutati in
relazione all'epoca in cui si sono svolti!
ALFREDO GALASSO. Ed io mi riferisco a quell'epoca!
PRESIDENTE. Vorrei fornire un elemento di conoscenza
alla Commissione; lei, senatore Mazzola, afferma che
foste
informati prima dell'avvio, poi del passaggio SISDESISMI, e poi più nulla. Vorrei ricordarle che in
un'audizione presso la Commissione stragi, nella seduta
del 27 aprile 1989, lei affermò...
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Quello che ho dichiarato allora, lo confermo oggi, sia
ben inteso!
PRESIDENTE. Per chiarezza, trattandosi di fatti
accaduti molti anni fa, do lettura delle dichiarazioni
da lei rese in quella sede: &quot;Per quanto riguarda
Musumeci debbo dire che questi rappresentava per me un
mistero, perché nella mia attività di sottosegretario
ai servizi l'ho visto una sola volta, ed esattamente
durante il caso Cirillo. Più specificamente Musumeci
venne da me, insieme al dottor Maiello, vice del
prefetto Pelosi, quando ormai Santovito era in congedo
ordinario, per dirmi che le attività relative al
sequestro Cirillo promettevano bene, che c'erano
speranze di identificare il covo e di liberare
l'ostaggio. Questo poteva accadere all'incirca nella
prima metà...&quot;
GIROLAMO TRIPODI. Allora c'era, si occupava...
Può capitare, dopo anni... Chiedessero a noi cosa
facevamo nel 1989 non sapremmo rispondere. Proseguo:
PRESIDENTE. &quot;Questo poteva accadere all'incirca nella
prima metà del giugno 1981; Musumeci faceva parte della
lista P2 e venne poi messo in congedo, come tutti gli
appartenenti all'elenco, il 21 giugno 1981&quot;.
Pag.2763
Quindi, su questa vicenda vi è stato un altro
contatto di Musumeci il quale, nella metà di giugno del
1981, dichiarò che le trattative stavano andando
avanti.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Adesso ricordo, ma devo dire sinceramente che prima non
lo ricordavo; tra l'altro non ho neanche avuto il tempo
materiale di rileggere quella deposizione.
Credo di aver dimenticato di precisare che ovviamente
tutto quello che ho affermato presso la Commissione
stragi, in un epoca in cui la memoria era più vicina,
lo confermo.
PRESIDENTE. Quindi, Musumeci venne da lei...
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Sì. Veramente, per me Musumeci è un mistero, e lo dissi
al magistrato che indagava sul super SISMI, di cui non
ricordo il nome.
PRESIDENTE. Credo fosse Sica.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Forse era Sica. Per quanto ne sapevo io, questo
personaggio, salito agli onori della cronaca
successivamente, non aveva nessun ruolo particolare
all'interno del SISMI. Io non l'avevo mai visto, e
quella è stata la prima volta che lo vidi. Non era un
direttore di sezione, e quelli con cui trattavo erano
Santovito e Notarnicola...
PRESIDENTE. E a che titolo venne?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Probabilmente perché lui si occupava di quella vicenda;
venne accompagnato dal prefetto Maiello, che era il
vice di Pelosi. E' probabile che se fosse venuto da
solo non lo avrei ricevuto.
ALFREDO GALASSO. Pelosi chi era?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Era il segretario generale del CESIS.
PRESIDENTE. Anche lui iscritto alla P2 e, quindi,...
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . E
quindi in congedo, cioè sospeso dalle sue funzioni.
PRESIDENTE. Posto poi in congedo da Forlani.
ALFREDO GALASSO. In sostanza, mi pare di capire che dal
momento in cui si ha notizia che della vicenda se ne
occupa il SISMI, perché ha più possibilità del SISDE,
tutto quello che è avvenuto, in maniera assolutamente
&quot;deviata&quot; rispetto al programma originale di ricerca di
notizie, è sfuggito, è avvenuto senza nessun controllo
politico.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Certo, perché se ci fosse stata la comunicazione che
stavano facendo altro rispetto a quello che dovevano
fare, e cioè ricercare notizie, quanto meno avrei
sollevato la questione.
ALFREDO GALASSO. Resta il fatto che in carcere ci sono
entrati; qualcuno deve avergli dato il permesso.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Non
certo la Presidenza del Consiglio; lei è avvocato come
me e sa che non è certo la Presidenza che può
rilasciare permessi per entrare in carcere.
SALVATORE FRASCA. Socrate diceva: &quot;Sono amico di
Platone, ma maggiormente amico della verità&quot;; io sono
amico
del senatore Mazzola, ma voglio essere
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maggiormente amico della verità parlamentare. Perciò
desidero rivolgergli alcune domande alla stregua dei
risultati del lavoro svolto nella precedente
legislatura dalla Commissione stragi, delle audizioni
svolte da questa Commissione e delle affermazioni di
pentiti rese recentemente alla Commissione stessa.
Comincio con la parte politica. Il pentito Galasso
ha dichiarato una prima volta e ripetuto una seconda
volta che a lui risulta che uomini politici hanno avuto
contatti con il signor Cutolo nel carcere di Ascoli
Piceno. E' risultata vera a
lei ed al
Governo tale notizia? Questo è il primo dei
misteri da sciogliere.
Dalle audizioni del prefetto Parisi e del generale
Mei è emerso che il contatto con la delinquenza
organizzata, la camorra, era finalizzato alla
individuazione della prigione in cui era in ostaggio
Cirillo e, quindi, alla sua liberazione, ed alla
cattura dei responsabili del sequestro. Per raggiungere
tale obiettivo si mobilitò in un primo momento il SISMI
e, successivamente, quando quest'ultimo si accorse che
il SISDE poteva fare meglio e di più ...
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
No, è il contrario.
SALVATORE FRASCA. Esattamente il contrario; quindi,
dicevo, l'operazione passò al SISMI che poteva operare
meglio in quanto più qualificato professionalmente,
anche perché disponeva di uomini che avevano condotto
indagini del genere. Accadde che quest'ultimo incaricò
alcuni funzionari di prendere contatti con il signor
Cutolo nel carcere di Ascoli Piceno e che essi si sono
avvicendati, intrattenendo colloqui con lo stesso
Cutolo per 5-7 ore. Ad un certo momento - si dice anche il SISMI si è messo in disparte ed altri
personaggi, che non si sa se siano del mondo politico,
ma si ritiene che appartengano ad esso, si sono messi
in circuito per condurre una trattativa diretta.
Da quanto ha dichiarato il prefetto Parisi risulta
che al momento del passaggio dal SISDE al SISMI vi fu
una riunione presso la direzione generale degli
istituti di prevenzione e pena del Ministero di grazia
e giustizia, di cui era direttore il dottor Sisti. In
quel momento si chiese da parte del SISMI, ma con il
consenso del SISDE, di far frequentare a funzionari dei
servizi segreti il carcere di Ascoli Piceno. Come è
possibile che tutto questo sia rimasto a livello di
funzionari? Senatore Mazzola, questa tesi non può
essere accettata, tanto più che viene smentita dal
prefetto Parisi il quale ha dichiarato che i ministri
competenti - ed io ritengo anche lei, che in quel
momento rappresentava il Presidente del Consiglio dei
ministri e coordinava l'attività dei servizi venivano
informati sistematicamente. Quindi non vi è dubbio che
vi sia stato l'avallo delle forze politiche governative
del tempo, alle quali, in caso contrario, dovremmo dare
una patente di imbecillità. E' una cosa che non
vogliamo fare, perché abbiamo stima e rispetto
dell'intelligenza politica di coloro che in quel
momento erano Presidente del Consiglio, ministri e
sottosegretari di Stato. Quindi, non è il caso di
lavarsi le mani, ma di aiutare il Parlamento a capire
quello che è accaduto e, soprattutto, a stabilire come
sia stato possibile che nell'ambito dei colloqui, delle
indagini e delle visite effettuate presso il carcere di
Ascoli Piceno, si siano potuti inserire uomini politici
che a giudizio di un certo pentito, ascoltato dalla
Commissione, dovrebbero essere Tizio, Caio e Sempronio
(non mi piace citare i nomi, perché il problema non è
di natura personale).
Senatore Mazzola, da tutto questo emerge una profonda
verità e cioè che è stata cambiata la linea del Governo
e della maggioranza che lo sosteneva, perché dalla tesi
della fermezza si è passati a quella della trattativa.
Voglio precisare che per quanto mi riguarda, in quel
momento, appoggiavo la linea del mio partito che era
quella per il negoziato, la trattativa, ma - ripeto la maggioranza del tempo, la chiesa comunista e la
chiesa
Pag.2765
cattolica di allora, erano orientate in senso
contrario. Poiché quella maggioranza era favorevole
alla tesi della fermezza, desidero sapere chi ha
cambiato la linea politica, e come ciò sia potuto
avvenire al di fuori delle istituzioni dello Stato
abilitate - se mai - a modificarla.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Non
ho ben capito la sua domanda senatore Frasca, mi pare
che lei si sia limitato ad esporre le sue opinioni, la
sua teoria, sul caso Cirillo...
SALVATORE FRASCA. Non sono le mie opinioni: questo è
quanto è emerso fino ad ora. L'ultimo commento esprime
una mia opinione, ma quello che ho detto è dimostrato
dalle indagini.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Si
immagini, senatore Frasca, se il sottoscritto, che ha
avuto una parte, sia pure di minor rilievo, nella
vicenda dell'onorevole Moro, e che ha subito sulla
propria persona la tragedia della politica della
fermezza nei suoi confronti, avrebbe cambiato linea nei
confronti di Cirillo, che non sapevo nemmeno chi fosse!
Questo mi indigna perché, le ripeto, se avessimo dovuto
trattare, lo avremmo fatto per l'onorevole Moro, e non
per Cirillo! Quindi non vi fu nessun cambiamento di
linea da parte del Governo sulla questione Cirillo; se
qualcuno ha trattato per conto proprio lo ha fatto a
tale titolo, ma non rappresentava il Governo della
Repubblica.
Se poi lei dice che devo scegliere tra la qualifica di
imbecille e quella di manutengolo della direzione dei
servizi, preferisco mille volte essere considerato
imbecille.
MASSIMO BRUTTI. In occasione della prima riunione del
Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, che si
tenne dopo il sequestro Cirillo, vi fu un intervento
del sottosegretario Sanza, il quale, in sostanza, può
considerarsi il punto di avvio dell'attività volta a
ricercare tutti i canali di comunicazione con la
criminalità organizzata, soprattutto nella zona di
Torre del Greco, dove era forte la camorra di Cutolo,
per contribuire a sbloccare la situazione del
sequestro. Sanza dice: in quella zona c'è un'alta
densità criminale, attiviamo tutti i canali possibili.
Può considerarsi questo l' input politico, dal quale
poi attraverso una serie di passaggi si giunge al
rapporto con Cutolo e alla trattativa. Voglio
sottolineare il fatto che Cutolo non poteva avere alcun
interesse a collaborare in ordine a questa vicenda se
non in funzione di una trattativa. Quindi l'approccio a
Cutolo è inevitabilmente e necessariamente l'apertura
di una trattativa.
Ora, lei dinanzi alla Commissione stragi dichiarò che,
correttamente e secondo le previsioni normative, non
veniva convocato a quelle riunioni del Comitato per
l'ordine e la sicurezza pubblica. Mi chiedo però: è
possibile che lei, con la responsabilità che aveva, non
ebbe affatto notizia di questa prospettiva? Se non ha
avuto notizia, vuol dire che non l'ha avuta... Ma non
se ne parlò affatto? Non si discusse sulla possibilità
di attivare canali in direzione della criminalità
organizzata? Ella non fu informato minimamente di
questo? Se la risposta è &quot;no&quot;, ci fermiamo qui perché è
inutile continuare a &quot;sondarla&quot; e a chiederle
informazioni in ordine a vicende sulle quali ella non
ha svolto alcun
controllo in quei giorni.
Questo è il primo punto. Il secondo riguarda invece
l'altro aspetto di quanto ci hanno detto Parisi e Mei,
ed è un aspetto molto delicato. Mi pare che essi dicano
entrambi che fino ad un certo punto c'è stata
un'attività dei servizi (prima del SISDE e poi del
SISMI) perché ad un determinato momento è subentrato un
terzo soggetto. Ora, questo terzo soggetto non viene da
Marte! In realtà, per tutto quello che sappiamo
(processi svolti, deposizioni rese), si tratta di un
gruppo di potere all'interno del SISMI, che voi non
potevate non conoscere.
Pag.2766
Lo conoscevate o, per lo meno, ne conoscevate gli
esponenti; forse non avevate presente il radicamento
dentro il servizio di questo gruppo di potere.
Per esempio, lei conosceva Pazienza? Le è stato
presentato
da Santovito? Quali funzioni svolgeva Pazienza?
Noi sappiamo, per i processi che ci sono stati su
questa vicenda del super SISMI, che c'è un episodio
abbastanza singolare, la montatura di un'operazione di
disinformazione, di &quot;intossicazione&quot; informativa ai
danni del fratello dell'allora Presidente Carter,
durante la campagna elettorale per le elezioni negli
Stati Uniti. Questa operazione venne compiuta da questo
gruppo di potere utilizzando apparecchiature SISMI ed
un agente del SISMI in Sicilia (un agente Zeta, così si
chiamava, che poi era il Piazza, uomo legato alla
massoneria, eccetera).
Questa operazione accredita Pazienza e il suo gruppo
di potere presso l'amministrazione americana, tanto è
vero che Pazienza dichiara - ed altri dichiarano - che
proprio in funzione di tale operazione, che andò a buon
fine, e del rapporto che si era stabilito con Haig, poi
segretario di Stato, Pazienza organizza il viaggio
dell'onorevole Piccoli negli Stati Uniti. C'è anche
un'altra deposizione nella quale si dice una cosa che
ella potrà avere occasione di smentire qui, e che
probabilmente ha già smentito, ossia che Pazienza
millanta di avere organizzato anche un suo viaggio
negli Stati Uniti.
Insomma, le era noto questo gruppo di potere? Aveva
capito che c'era qualcosa di oscuro? Le sue funzioni
erano di vigilanza e di direzione sui servizi; aveva
capito che c'era qualcosa, che questi si muovevano, e
per conto loro, che Santovito non contava niente, che
era nelle loro mani? Nei giorni del sequestro Cirillo è
possibile che non vi siate posti il problema di
controllare queste degenerazioni che forse erano
intuibili, visto che già erano uscite le liste della
loggia massonica P2 ed eravate rimasti un po' tutti
scottati (lei stesso aveva un suo segretario
particolare che era nelle liste della loggia P2)? E'
possibile che non vi siate posti il problema di
esercitare subito un'attività di controllo
rigorosissima, in un mondo melmoso come quello che vi
circondava?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Senatore Brutti, la maggior parte delle questioni che
lei ha sollevato sono state ampiamente poste nel corso
di due indagini parlamentari, condotte dal Comitato
parlamentare sui servizi di sicurezza e dalla
Commissione stragi. Essi attengono ad una materia che
io considero in qualche misura estranea a questa
Commissione. Credo infatti di capire che il problema
sia quello che ha posto all'inizio il presidente, ossia
del rapporto tra criminalità comune, camorra e
istituzioni. Cosa dovrei quindi dirle? Debbo dirle che
il cosiddetto super SISMI, o SISMI deviato,
all'epoca... sarà perché... Non è che uno si improvvisa
esperto in questa materia... Io non ho mai avuto la
sensazione di questa
struttura interna al SISMI, finché, anni dopo, alla
luce di notizie riportate dai giornali... uno poi
ragionando può riuscire a mettere insieme delle cose,
che prima, mentre sta lavorando, non è riuscito a
mettere insieme.
D'altra parte, la funzione di sorveglianza del
Presidente del Consiglio e del sottosegretario si
sviluppa sulla base delle informazioni che gli vengono
date dai servizi. Se uno dei due servizi (o entrambi)
sta deviando già da un pezzo, certamente non viene a
dirlo! Allora diventa un po' difficile la sorveglianza
di un soggetto, sulla base delle cose che ti dice e che
ti disinforma. Quindi anche se può sembrare banale, in
effetti è così! Io poi mi sono interrogato più volte su
come si può modificare la legge; alcuni anni fa, presso
la I Commissione affari costituzionali della Camera ci
fu un dibattito su tale questione.
L'impianto della legge n. 801 rende difficilissimo
vorrei dire impossibile - il raggiungimento degli
obiettivi che vengono assegnati alla funzione di
coordinamento e di controllo della Presidenza del
Consiglio. Però, le ripeto, se io avessi mai
Pag.2767
avuto la sensazione che l'operazione si era deviata,
nel senso che invece di ricercare notizie e
informazioni, avevano avviato una trattativa...
MASSIMO BRUTTI. Il nome di Cutolo glielo ha mai fatto
nessuno?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Il
nome di Cutolo non mi è stato fatto. Assolutamente no!
Pazienza mi fu presentato dal generale Santovito. Ma mi
fu
presentato come un consulente del servizio, uno che
lavorava a cachet . Che io sapessi lui non era nei
libri paga; ma
credo che non lo fosse.
Tra l'altro, questo Pazienza, che è un noto
millantatore ma questa dichiarazione io l'ho già resa
anche nell'aula del Senato -, non organizzò affatto il
mio viaggio negli Stati Uniti. Io mi recai negli Stati
Uniti insieme all'allora vice direttore del SISMI,
generale D'Ambrosio, su invito della Georgetown
University, che aveva organizzato un seminario su
attività, su alcune questioni della CIA: questioni che
erano di principio e non operazioni in senso concreto;
un seminario di informazione sui criteri... Andai con
lui. Successivamente me ne andai a New York, dove
comparve Pazienza - io non sapevo nemmeno che sarebbe
venuto -, il quale organizzò una cena a cui andarono
alcune persone, tra le quali - lo dico per dimostrare
che la cena era di un certo livello - c'era l'allora
vice governatore, oggi governatore, Cuomo; c'era il
sindaco di New York, che allora era il famoso
democratico Koch!
Pazienza organizzò quella cena, ma io ero andato con
il generale D'Ambrosio su invito della Georgetown
University e avevo incontrato il gruppo di transizione.
C'era allora infatti il passaggio dall'amministrazione
Carter a quella Reagan; adesso non ricordo da chi fosse
guidato il gruppo. Ma non era Pazienza. Io non so se
Pazienza abbia organizzato o meno il viaggio di
Piccoli. Certamente quello che feci io non lo organizzò
lui. Ma questa è una dichiarazione che io ho già reso
nell'aula del Senato...
PRESIDENTE. Non era Michael Leedin?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
No,
Ledin faceva parte del gruppo, ma non era lui il
presidente. GIROLAMO TRIPODI. Mi pare che, nel corso
dell'esposizione fatta stamane anche a seguito delle
domande poste all'inizio dal presidente, il senatore
Mazzola abbia affermato che la questione del caso
Cirillo era stata
affrontata come un fatto di ordinaria amministrazione,
non come un fatto rilevante e che, di fronte ai
molteplici impegni che c'erano, la vicenda ha avuto
poco rilievo e scarsa attenzione.
Scopriamo però, poi, che nel 1989, nel corso delle
dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione stragi, ha
affermato che il generale Musumeci ha detto che il caso
Cirillo si evolveva bene. Ciò vuol dire che allora vi
interessavate e che questo fatto non era di ordinaria
amministrazione: se è venuto il generale Musumeci per
informare su tale vicenda, allora non c'è dubbio che la
cosa era chiara. Rilevo dunque una contraddizione
profonda tra le affermazioni iniziali, generiche e
deludenti e l'affermazione fatta a suo tempo e
ricordata dal presidente.
Mi pare che le inquietudini continuano a rimaner
presenti
anche stamane e che la situazione sia ancora nebulosa:
la vicenda Cirillo ha rappresentato uno dei momenti di
svolta nei rapporti tra il potere politico e la
criminalità organizzata. Da allora, certamente,
attraverso quel rapporto e con l'intervento dei servizi
segreti si è determinata una saldatura tra potere
politico e potere camorristico-mafioso che ha avuto
sviluppi terribili nel nostro paese, e che oggi
paghiamo.
Senatore Mazzola, credo che su questo lei ci
dovrebbe dire qualcosa di più. Ciò che ci sta dicendo,
infatti, a me pare assai
Pag.2768
poco rispetto alla gravità dei fatti e al ruolo che
ella ha ricoperto in quel momento, in cui rappresentava
il Presidente del Consiglio, non era un passacarte! Lei
era il sottosegretario di Stato alla Presidenza del
Consiglio, per cui aveva alte responsabilità. Come
diceva poco fa il collega Galasso, non solo emerge che
ad un certo punto, pur avendo una simile
responsabilità, non si occupa di un problema così
rilevante ma mi pare anche che lei - questa è la mia
convinzione - non stia dando un aiuto per andare fino
in fondo e
scoprire l'intreccio che si è
determinato in quel momento e
che ha creato molti elementi di devastazione nel
tessuto democratico.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Io
non posso dire niente di più, perché non posso
inventarmi delle cose per farle piacere. Questo l'ho
già fatto una volta, a posteriori , mi sono
inventato delle cose, ma ho
scritto un romanzo... Non credo che tale vicenda debba
essere trattata in questo modo. Io vi ripeto con
assoluta sincerità che il caso fu trattato come furono
trattati gli altri casi che erano contemporaneamente
pendenti ( Commenti del Presidente ). Da noi, dalla
Presidenza del Consiglio, ovviamente. Gli fu dedicata
la stessa attenzione riservata a tutti gli altri casi
esistenti in quel periodo. Se io avessi avuto, in un
qualunque momento, la sensazione che si stava
sviluppando una deviazione rispetto alle direttive (che
erano di raccogliere informazioni nelle carceri e non,
ovviamente, di fare trattative), sarei intervenuto. Ma,
sarà stato per la mia poca intelligenza, sarà stato
perché - ripeto - le fonti di informazione che avevamo
erano i servizi stessi (ed è evidente che se una parte
di questi ultimi stavano facendo qualcosa, non
sarebbero certo venuti a raccontarcelo), non ho avuto
questa sensazione. Non avendola avuta, non ho potuto
fare altro che quello che ho fatto. Non posso dirvi
nulla di più, perché altrimenti dovrei inventarmi delle
cose.
PRESIDENTE. Vorrei invitare i colleghi a considerare
che
il fatto importante emerso oggi, dal punto di vista
della ricostruzione della vicenda, è che il senatore
Mazzola conferma che a metà giugno Musumeci dice che la
cosa è in
corso.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Sì.
PRESIDENTE. Questa è la cosa importante, perché non ci
risultava dai dati che abbiamo acquisito. Anzi,
sembrava che dopo una ventina di giorni tutto fosse
finito.
ALFREDO GALASSO. Presidente, non ho compreso questo
passaggio.
PRESIDENTE. Noi abbiamo ascoltato il dottor Parisi il
quale ci ha detto che, dopo circa dieci giorni, avevano
ceduto la mano al SISMI. Il generale Mei dice che, al
ritorno dagli Stati Uniti, parla non so se con
Santovito o con qualcun altro, il quale gli dice che
quella vicenda è esaurita. La stessa cosa afferma il
dottor Parisi il quale, ad un certo punto, avrebbe
parlato con qualcuno - credo con Belmonte, perché
Musumeci non c'era - che gli conferma che la cosa è
chiusa. In realtà - non perché fosse in contraddizione
- c'era qualcuno che stava comunque continuando ad
agire, tant'è che a metà giugno Musumeci si presenta e
dice che c'era qualcuno che stava muovendosi. Ora si
tratta di capire se si stava muovendo qualcuno - perché
questo non poteva saperlo il sottosegretario delegato
ai servizi - e se questo qualcuno si stesse muovendo
nell'ambito delle politiche ufficiali o in altro modo.
UMBERTO CAPPUZZO. Quando fu liberato Cirillo?
PRESIDENTE. Mi pare a fine luglio.
GIROLAMO TRIPODI. Era quello il momento cruciale...
Pag.2769
PRESIDENTE. Lo so. Comunque, lui non poteva saperlo che
si
trattasse del momento cruciale.
CARLO D'AMATO. Mi rendo conto che stiamo parlando di
una vicenda che all'epoca non presentava le
connotazioni che sono emerse nel corso di questi anni e
che, pertanto, alcune valutazioni sul caso espresse dal
senatore Mazzola sono obiettivamente comprensibili.
Vorrei fare due considerazioni che sottendono
altrettante domande. Anzitutto chiedo: quando un
servizio segreto si definisce deviato? Quando agisce al
di fuori delle direttive politiche. Quale sarebbe stato
allora l'interesse da parte del servizio o dei servizi
segreti a svolgere la propria attività nei confronti di
Cirillo, se non ci fosse stato alle spalle un input di
ordine politico che li spingeva a fare questo?
Io non credo che ci sia stato un autocoinvolgimento dei
servizi segreti, uno spontaneo autocoinvolgimento che
ad un certo punto li avrebbe addirittura determinati a
deviare rispetto alle direttive, per svolgere una
trattativa. Evidentemente - ripeto - vi erano input di
ordine politico ai quali i servizi dovevano rispondere.
Tutta la
storia delle deviazioni dei servizi segreti nel nostro
paese alla fine si fa sempre ascendere a responsabilità
interne ai servizi; in effetti qui io vedo invece che i
servizi - la parte ufficiale o quella deviata rispondono ad input
di ordine politico ben precisi. Ciò anche perché mi
pare che la regola finora seguita, senatore Mazzola,
sia stata quella per cui le carte sono sempre a posto:
arrivano i riscontri, ci sono le comunicazioni, i
Ministeri della difesa e dell'interno sono informati e
quindi, praticamente, chi è presposto a questo tipo di
sorveglianza e di controllo delle direttive politiche
non ha alcun rilievo o addebito da muoversi. Sta di
fatto tuttavia che i servizi continuano a svolgere le
loro iniziative.
La considerazione non è soltanto di ordine politico.
Noi
abbiamo ascoltato Parisi. Parisi è ancora il capo della
polizia nel nostro paese. Se in ordine ad un
determinato comportamento debbono, per certi aspetti,
essere mossi addebiti, credo che la Commissione debba
fare tutte le sue valutazioni rispetto a comportamenti
o a presunte deviazioni
anche dell'attuale capo della polizia, all'epoca
direttore vicario del SISDE.
PAOLO CABRAS. Non ho capito perché l'attuale capo della
polizia avrebbe deviato.
CARLO D'AMATO. Non che avrebbe deviato... Parisi,
all'epoca, ha avuto un incontro... Scusate, Parisi era
il responsabile di fatto del SISDE.
PAOLO CABRAS. Sì, ma ha lasciato dopo dieci giorni...
CARLO D'AMATO. Sì, ma a questo punto chi ce lo dice che
ha lasciato? Io non lo so!
PAOLO CABRAS. Nessuno, ma...
CARLO D'AMATO. Io voglio capire, perché a questo punto
non è più chiaro niente. Io non so se voi abbiate tutte
queste chiarezze.
PAOLO CABRAS. Almeno questo era chiaro!
CARLO D'AMATO. Va bene, era chiaro rispetto alle
dichiarazioni, ma a questo punto voi credete ancora
alle dichiarazioni? Se voi ci credete, possiamo anche
fare a meno di procedere all'audizione di Mazzola! Io
voglio capire
(Commenti del senatore Cabras ). Quando sento che si
svolge un incontro presso il direttore generale del
Ministero di grazia e giustizia al quale partecipano
Parisi e - mi pare - il responsabile del SISMI, e
che nel corso di questo
incontro, tra le altre cose, si autorizza la presenza
di esponenti politici all'incontro con Cutolo ad Ascoli
Piceno.
PRESIDENTE. Questo no!
Pag.2770
CARLO D'AMATO. Certo! Granato di chi faceva parte,
scusi? Granato chi era? Era il segretario di Cirillo,
un uomo politico di un certo peso nella sua zona tant'è
che è stato sindaco di Giugliano e consigliere
regionale della democrazia cristiana. Non era quindi un
quidam de populo . Si dice e si disse all'epoca - io ho
ascoltato l'audizione di Parisi che fosse Granato
perché quest'ultimo era segretario particolare di
Cirillo e poteva essere informato e quindi raccogliere
ed utilizzare indicazioni che potessero emergere da un
eventuale contatto positivo con Cutolo. Mi pare che
questa fosse l'argomentazione... In sostanza, abbiamo
un responsabile del SISDE, un responsabile del SISMI,
il direttore generale del Ministero di grazia e
giustizia: tutti costoro agiscono per rendere possibile
l'acquisizione di una serie di notizie che sottendono
evidentemente un coinvolgimento da parte del Governo,
perché non credo che un direttore generale si muova
autonomamente in assenza di considerazioni ed input di
altro genere. E poi si viene
adire che questo appartiene alla deviazione di tutto!
Cioè,
in questo paese tutto è deviato e tutto avviene al di
fuori dell'ufficialità perché le carte sono a posto!
Io voglio sapere. Mi rendo conto che non si può
rispondere
al di là delle proprie... Non vogliamo fare alcuna
speculazione politica ma, vivaddio, non era meglio che
a un certo punto si attestasse e si dicesse che da
parte del Governo e da parte di chi sosteneva la linea
della fermezza era venuto il momento...! Guarda caso,
io mi rendo conto che vi è una grande contraddizione:
non si è fatta la trattativa per Moro e invece alla
fine la si è fatta per Cirillo, perché evidentemente
gruppi di pressione politica sono stati talmente forti
rispetto a Cirillo da riuscire a smuovere una serie di
considerazioni e di attività. O servizi ufficiali o
servizi deviati; o Parisi dormiva o si era dinteressato
allora o, evidentemente, vi era chi aveva
un'intelligenza particolare ed input particolari per
avviare e per acquisire una serie
di elementi che consentissero - com'è giusto, perché io
sono convinto che lo Stato non debba mai consentire
l'uccisione di qualcuno - la liberazione di Cirillo: da
questo non si scappa!
UMBERTO CAPPUZZO. Anzitutto vorrei ricordare, per i
contatti che avevo allora con il senatore Mazzola, che
quanto egli ha detto è quello che a me risulta. Devo
dire che, dal punto di vista istituzionale, non c'è
stata mai non dico la notizia, ma neanche la sensazione
che il mandato iniziale di carattere informativo fosse
poi degenerato in mandato di trattativa. Tuttavia, da
un punto di vista generale, se noi non mettiamo un po'
d'ordine nel nostro modo di procedere, non arriveremo
ad alcun risultato.
Vorrei ripercorrere quanto detto dal senatore
Mazzola. Allora era noto che i terroristi tendevano, in
una nuova fase, a
mobilitare il così detto
&quot;carcerario&quot;, ad intervenire, cioè,
nei riguardi dei detenuti per farne proseliti. Ciò a
seguito del fallimento del loro tentativo nelle
fabbriche. Le carceri erano diventate oggetto di
attenzione sotto il profilo informativo per i riflessi
sulla sicurezza del paese, al punto - bisognerebbe
ricordarlo - che fu dato mandato al generale
Dalla Chiesa (si trattò di uno dei primi mandati
attribuiti a quest'ultimo) di curare la sicurezza delle
carceri. Con grande abilità, Dalla Chiesa organizzò
questa attività di controllo che poi ebbe a lasciare ad
un altro generale dell'Arma (che successivamente è
stato vittima delle Brigate rosse). Questa attività
lasciò degli addentellati informativi molto importanti
nelle carceri, non dimentichiamolo! Il grande merito di
Dalla Chiesa fu di avere smorzato la tensione e reso
impossibile ogni tentativo di rivolta, e di avere
bloccato le connessioni tra - diciamo così criminalità politica e criminalità comune all'interno
delle carceri e quindi di aver lasciato - ripeto connessioni informative molto importanti. In sostanza,
vi era una liceità iniziale di carattere istituzionale,
perché le carceri diventassero un luogo di attenzione
da parte degli informatori, degli informativi. Questo
bisogna ricordarlo.
Pag.2771
Fatta questa premessa, ritengo che la chiave di
volta sia proprio Sisti. Se infatti il Sisti ad un
certo punto dice ai rappresentanti dei servizi:
&quot;Mettetevi da parte voi perché subentra quest'altro&quot;, è
lui che potrà dire sulla base di quali elementi aveva
potuto definire il tutto: se per incarico dei servizi
stessi (che naturalmente lo hanno detto o non lo hanno
detto alla autorità politica: a me risulta che non lo
avrebbero detto, perché non l'ho mai appreso) oppure se
si sia trattato di un'iniziativa indipendente. Questo è
il punto.
PRESIDENTE. Mi permette, senatore? Io non so se Sisti
fu
-come dire? - il direttore generale dello scambio. Non
mi
pare che sia stato così. Per quello che ne sappiamo, la
vicenda si svolse in un altro modo: il SISMI si
presenta e chiede l'autorizzazione. Per evitare diciamo così confusione ed affollamento, Sisti chiama
il direttore del SISDE e dice: &quot;Qui ci sarebbe...&quot;.
UMBERTO CAPPUZZO. Ma perché si inserisce Sisti?
Questo è
il punto! Le direttive politiche dell'epoca avevano
indicato i criteri - sulla base di una circolare
specifica - relativi a chi avesse diritto di accesso
nelle carceri.
PRESIDENTE. Tutti e due!
UMBERTO CAPPUZZO. Nel 1982 vi fu una successiva
direttiva di Darida, a seguito delle prime notizie
filtrate sul caso Cirillo. Noi però dovremmo risalire
alle direttive iniziali. Nelle carceri non si può
entrare come si vuole. Quindi, evidentemente, il Sisti
in quel momento, investito di una carica istituzionale,
ha fatto da intermediario tra i due servizi. Si tratta
di stabilire per ordine di chi lo abbia fatto. Allora
qui non c'entra né il sottosegretario, al quale do atto
di aver riferito cose che io conoscevo, meravigliandomi
peraltro che mai e poi mai nei comitati sia filtrata
una qualche idea non dico di trattativa ma almeno di un
cambiamento della politica del Governo nei riguardi...
Questo bisogna dirlo, il fatto importante è quindi
proprio questo. Devo altresì aggiungere che bisogna
collocarsi nel momento in cui è avvenuta la vicenda. A
parte i vari sequestri e lo stato di insicurezza del
paese, il fenomeno della P2
aveva completamente devastato l'assetto istituzionale e
di sicurezza di tutte le istituzioni fondamentali del
paese. Vorrei ricordare che i famosi elenchi furono
trovati nel mese di marzo.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il
18 marzo.
UMBERTO CAPPUZZO. Questi elenchi portarono a dover
esaminare la posizione di un centinaio di responsabili
delle forze armate e dei servizi, in brevissimo tempo.
A
quell'epoca, per incarico dell'allora Presidente
Spadolini, ho dovuto un po' faticare per convincere che so - Grassini a presentare le dimissioni, o altri,
perché c'era una resistenza da parte di tutti costoro i
quali ritenevano di essere stati ingiustamente inclusi
nelle liste. Gli accertamenti, in realtà, furono
effettuati in un secondo tempo, ma si imponeva di
doverli mandare via tutti quanti. Pertanto, mi
meraviglio che qualcuno di quelli i cui nomi erano
compresi negli elenchi abbia ancora svolto una qualche
attività. Ecco perché ho chiesto i tempi, perché
arriviamo da marzo fino a giugno.
La chiave di volta di tutto, signor presidente - si
tratta di una considerazione aggiuntiva, non di una
domanda al senatore Mazzola - è di vedere chi abbia
dato l' input
per una mediazione o per un intervento del Sisti nel
passare il compito dell'attività informativa, poi
degenerata in vera e propria attività di trattativa, al
SISMI dopo che il SISDE aveva dichiarato di avere
esaurito la propria funzione. Questo è il punto
fondamentale.
Concludo, dando conferma che nelle sedi
istituzionali non era stato mai fatto alcun cenno, di
alcun genere (né tanto meno attraverso le informazioni
non ufficiali, le notizie che sempre ci sono negli
ambienti di un certo livello politico
Pag.2772
istituzionale), e mai nessuno ha detto &quot;stiamo passando
alla fase della trattativa&quot;. Questo mi sorprende.
Ripeto: la trattativa nelle sedi istituzionali non è
mai trapelata, né come dato di fatto né come rumore
(nel significato inglese, come voce).
IVO BUTINI. Non desidero sapere dall'onorevole Mazzola
quello che penso io, anche perché non ho una tesi
precostituita da verificare, né per la verità ho
informazioni da dare alla Commissione. Mi permetto solo
di chiedere all'onorevole Mazzola alcuni chiarimenti di
carattere istituzionale, che servono a dare ordine a
tutta una serie di informazioni che sono venute in
nostro possesso. Senatore Mazzola, io le chiedo non le
sue opinioni - peraltro lei le ha già messe per
iscritto - ma di rispondere ad alcune domande che
riguardano la responsabilità istituzionale per la quale
credo che lei sia qui (rivestiva infatti una
responsabilità istituzionale): che tipo di autonomia
hanno i servizi quando si muovono per fare un certo
lavoro? Vi è un rapporto tra l'amministrazione e
l'autorità giudiziaria quando i servizi compiono azioni
in ordine a fatti che interessano anche l'autorità
giudiziaria? Vi è uno scambio di informazioni oppure
ciascuno viaggia per conto suo e poi le cose si
concludono secondo l'autonomia istituzionale
dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria? Vi è
un aggiornamento gerarchico da parte dei servizi
incaricati di qualche operazione all'interno dei
servizi o fa capo a settori specifici
dell'amministrazione, non perché informano e basta, ma
perché da quelli devono ricevere indirizzi ed
approvazioni su tutti gli atti che appartengono alla
responsabilità di
Governo? Questo non mi è chiaro.
Raccogliendo un elemento che anche il presidente ha
richiamato all'attenzione, questo suo riferimento al
generale Musumeci è indice di una straordinaria
comunicazione che viene fatta o rientra in informazioni
ordinarie che possono venire specialmente in un momento
di congestione criminale come quello che lei ha
ricordato in quel periodo?
Concludo: le sono state sottratte delle responsabilità
oppure lei non si è attivato in ordine alle
responsabilità che aveva? Se, per quel che la riguarda,
i fatti accaduti non hanno intaccato le competenze né
lei si è sottratto a responsabilità che le
appartenevano, da questo traggo motivo per giudicare i
fatti di cui sono venuto a conoscenza.
MICHELE FLORINO. Sulla questione del sequestro Cirillo
gli organi responsabili, i capi settore istituzionali
all'epoca, tentano sempre di salvarsi con la
motivazione del &quot;perché Cirillo e non Moro&quot;. Tutto
dovrebbe essere inquadrato in una questione che ha due
aspetti salienti: uno, quello politico, è stato il
sequestro Moro, con delle responsabilità che devono
ancora essere chiarite e l'altro, quello più specifico,
commesso in una zona ad alta densità criminale. Ecco
quindi la scelta, quella scelta che non andava verso il
politico ma verso coloro che conoscevano ed erano a
contatto con la realtà camorristica dell'area
napoletana. All'epoca non è avvenuto nessun accordo
politico per la liberazione di Cirillo, ma si è svolta
una grossa operazione tra esponenti politici e la
camorra organizzata, che in quel momento era
rappresentata dal più forte sul territorio, cioè dal
signor Raffaele Cutolo; tuttavia, nel passaggio del
sequestro Cirillo, si innestano altri particolari
rilevanti, che non sono venuti alla luce nelle varie
audizioni che si sono tenute in questa Commissione,
quelli cioè di un equilibrio politico che Cutolo aveva
sconvolto con la gestione efferata del suo potere sul
territorio.
Che cosa significa equilibrio politico: un
equilibrio politico che veniva fuori da altre
organizzazioni criminali molto vicine al partito della
democrazia cristiana. Mi riferisco a Nuvoletta, a
D'Alessandro ed a tutte le altre componenti di peso
presenti sul territorio. Quella che volete far apparire
come una mossa strategica di stampo politico operata
con il sequestro Cirillo, collegandola soprattutto con
il
Pag.2773
caso Moro, viene a cadere perché si è svolta una
trattativa sul caso Cirillo da parte di ambienti
democristiani vicini alla delinquenza organizzata per
liberare l'assessore regionale. Questa è la verità.
Quali responsabilità ha la Stato in questa
trattativa lo dimostrano i fatti chiaramente venuti
alla luce con l'ingresso nelle carceri di Ascoli
Piceno, perché ancora non è venuto fuori, almeno in
modo chiaro, chi veramente si sia recato a trattare con
Cutolo; certamente non il signor Granata o Vincenzo
Casillo, ma anche altri esponenti i cui nomi sono stati
cancellati dal registro dei visitatori. Così come non è
stato spiegato nelle varie audizioni perché, subito
dopo la liberazione di Cirillo, con il passar del tempo
uomini che si erano adoperati, anzi che avevano assunto
un ruolo importante nella liberazione o - come dice
qualcuno - nell'occultamento delle prove e che
potessero testimoniare la presenza di politici, sono
stati premiati. La scomparsa dei biglietti di
ringraziamento a Cutolo, con la premiazione dell'allora
questore Del Duca, che ancora oggi va avanti con questo
titolo gratificante, al punto di essere diventato
amministratore unico di una USL, o del commissario,
allora giovanissimo - che poi è diventato il questore
più giovane d'Italia - che trasloca il Cirillo
dall'auto dei carabinieri e lo porta nella
sua volante per non portarlo dai magistrati bensì a
casa... PRESIDENTE. Senatore Florino, non vorrei che
lei
anticipasse adesso tutti gli argomenti che sosterrà in
sede di discussione.
MICHELE FLORINO. No, voglio solo dire che la questione
verte su una responsabilità, che è quella voluta e
conosciuta dal Governo, di tutte le trattative: ma
quali servizi deviati! Ancora oggi parliamo di una
trattativa svolta nell'ambito delle varie
responsabilità con cognizione di causa, perché non si
poteva arrivare a tanto per parlare di servizi deviati,
di subentro di SISMI al SISDE, quando poi essi
collaboravano fra loro - come ha dichiarato lo stesso
capo della polizia - in uno spirito di reciproca
assistenza. Ha ragione l'onorevole D'Amato quando
richiama le responsabilità anche del capo della
polizia; manifesto da sempre il mio dissenso nei
confronti di questo capo della polizia che resta al suo
posto perché conoscitore di tanti segreti dello Stato,
segreti tremendi che sono sulla testa di questa
repubblica, al punto che egli resta al suo posto anche
con le dichiarazioni e gli scandali che si sono
verificati.
Rispetto a questo, cari colleghi, volete ancora oggi
far rientrare il caso Cirillo in un'operazione dei
servizi deviati, quando è chiaro che è manifesta la
partecipazione diretta di responsabili? Il senatore
Mazzola ci viene a dire di non essere responsabile di
niente perché, avendo usato la linea dura e la fermezza
durante il sequestro Moro, rispetto a quello non poteva
usate una linea diversa anche perché non conosceva il
Cirillo: ma il coinvolgimento delle istituzioni non
rappresenta la fermezza del personaggio dell'epoca, ma
il coinvolgimento del SISMI e del SISDE perché, a causa
delle loro conoscenze, hanno indirizzato i vari
esponenti a trattare la liberazione di Cirillo. E
dietro la liberazione di Cirillo, signor presidente, si
è compiuto l'altro grande dramma del quale ognuno cerca
di non parlare, cioè quello del favore in ricambio al
Cutolo, in ricambio alle brigate rosse, uno scambio di
favori reciproco. Non è vero quello che afferma Cutolo
quando dice di essersi adoperato per sostenere come
base l'appoggio alle brigate rosse per l'uccisione di
Ammaturo; quest'ultimo conosceva tutti i retroscena
della vicenda Cirillo, tutto quello che si era
verificato per liberare Cirillo ed è stato eliminato
scientificamente, per volere di una determinata parte
politica, d'accordo i delinquenti per non farlo
parlare. Lo hanno messo a tacere per sempre. Ed è
ancora più grave della vicenda Cirillo l'uccisione del
commissario Ammaturo e del suo agente di scorta: questa
è la verità e qui non viene a galla. Si parla del
sequestro Cirillo, ma del caso Ammaturo, collegato
Pag.2774
direttamente... Non posso dimenticare: ero consigliere
comunale di Napoli - serve per chiarire un aspetto e
per ricordare a me stesso quei momenti - e il
commissario Ammaturo era di servizio presso la sezione
Montecalvario; qualche volta c'erano degli scontri
perché io ero un consigliere comunale e vi erano
movimenti di cittadini che volevano accedere presso il
sindaco, ma comunque c'era un buon rapporto. Ebbene,
qualche volta Ammaturo si confidava ed un giorno mi
disse: &quot;Florino, tra qualche giorno sentirai, farò
esplodere io la bomba qui a Napoli&quot;. Cari colleghi,
queste non sono sciocchezze ed io le ricordo sempre;
purtroppo, dopo qualche settimana, egli morì.
Ancora oggi noi leghiamo tutta la vicenda al caso
Cirillo e
non all'aspetto più
inquietante di chi ha voluto mettere a
tacere Ammaturo perché potesse definitivamente tacere
rispetto ai veri momenti e trattative per la
liberazione di Cirillo. E' inutile, signor presidente,
che dopo questa vicenda ascoltiamo Parisi, Mei, gli
organismi istituzionali dell'epoca che
potevano e dovevano correggere la traiettoria, i quali
ci vengono a dire a distanza di tempo che non vi è
stato
intervento istituzionale: intervento
istituzionale c'è stato, perché tutta la vicenda
Cirillo dimostra chiaramente che gli organi
istituzionali dell'epoca, con i relativi responsabili,
sapevano tutto ed erano a conoscenza della trattativa
in corso per la liberazione di Cirillo.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Voglio rispondere solo alle domande che mi ha posto il
senatore Butini perché non posso certo rispondere alle
tesi altrui; infatti sono qui non per fare un dibattito
politico ma per dire quello che so o che non so. Al
senatore Butini dico che i servizi hanno una totale
autonomia nell'ambito delle direttive che vengono
annualmente emanate dal CIS e quindi, in ordine alla
gestione delle operazioni che fanno, il tipo di
informativa è esclusivamente all'interno del servizio.
I rapporti con l'autorità giudiziaria sono regolati
esplicitamente ed implicitamente dalla legge n. 801; i
funzionari dei servizi non sono ufficiali di polizia
giudiziaria e quindi non hanno il dovere di fare
rapporto quando, nell'ambito dei loro interventi, si
imbattono in reati. Questa è una scelta compiuta dal
legislatore, perché altrimenti non avrebbe senso la
sovrapposizione alle tre forze di polizia di un
servizio che avesse la stessa funzione con la qualifica
di ufficiale di polizia giudiziaria. Il rapporto non è
un rapporto di informativa obbligatoria.
La presenza di Musumeci sarebbe stato un fatto non
ordinario se egli si fosse presentato da solo; anzi, se
si fosse presentato da solo, non l'avrei nemmeno
ricevuto. Essendo venuto in compagnia del segretario
generale del CESIS Pelosi, sia pure facente funzioni,
l'ho ricevuto per quella ragione.
PRESIDENTE. Sono passati molti anni: per caso ricorda
qual era lo scopo di questa visita. Venne per riferirle
questa cosa o per parlare in generale?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Questo me lo ricordo perfettamente: Maiello venne come
veniva quasi tutti i giorni, perché il segretario
generale del CESIS veniva ogni giorno a portare le
informative e, dopo avermi parlato di altre cose, mi
disse: &quot;Per la questione Cirillo c'è qui fuori il
colonnello Musumeci, perché pare si stiano acquisendo
notizie: posso farlo introdurre?&quot;. Lo feci entrare, mi
disse quelle cose e se ne andò. Pertanto era venuto
appositamente, ma nell'ambito di un'informativa.
Per quanto riguarda le responsabilità posso solo dire,
per
quanto mi riguarda, di non essermi né sottratto alle
mie responsabilità né di essere stato &quot;bypassato&quot;;
sicuramente non sono stato &quot;bypassato&quot; perché non credo
che i ministri della repubblica fossero a conoscenza
Pag.2775
di più di quanto non fosse a conoscenza del
sottosegretario alla presidenza. Se bypass c'è stato,
c'è stato nei confronti di tutti ed è stata una
deviazione fatta da una parte di un servizio - debbo
ritenere a posteriori; certo allora non mi passò
neanche per la mente - ma nei confronti di tutti i
livelli istituzionali. Quindi io contesto nel modo più
assoluto la deviazione.
CARLO D'AMATO. Secondo lei, quale era l'interesse dei
servizi segreti a deviarsi rispetto a questa linea
chiara?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Le
posso dire una sola cosa: nella mia esperienza ho
imparato che le politiche dei servizi di sicurezza in
Italia e in tutto il mondo sono, spesso e volentieri,
diverse dalle politiche dei
governi. Questo vale per i grandi paesi per la politica
estera e
per la politica interna.
ALTERO MATTEOLI. Questo è vero in tutto il mondo
fuorché
in Italia.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Questa è un'opinione sua; la mia opinione è questa.
ALTERO MATTEOLI. Non si tratta di opinioni. In Italia è
stato proprio il contrario: i servizi segreti sono a
disposizione dei partiti politici invece che dello
Stato.
PRESIDENTE. Siamo qui per acquisire delle informazioni.
Le opinioni le esprimeremo in un'altra sede.
ALTERO MATTEOLI. E' il senatore che ha espresso
un'opinione.
PRESIDENTE. Gli avete richiesto tutte le opinioni di
questo mondo, deve pure esprimere la sua!
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Questa ultima non è neanche un'opinione: ci sono libri
in materia. Spesso le politiche non coincidono.
UMBERTO CAPPUZZO. Vorrei spendere una parola per i
servizi. In Italia si parla troppo di servizi forse
perché l'unica esperienza che si ha è quella dei
servizi igienici, avendo noi delle magnifiche case dove
spesso vi sono i doppi e tripli servizi. I servizi
dovrebbero essere conosciuti in maniera più
approfondita, perché in essi spera gente che ha il
senso dello Stato spesso molto più forte di quello di
coloro che tante volte ne parlano male. Io non credo
alle deviazioni, come degenerazioni, per così dire
istituzionali. Non ci sono deviazioni del genere.
Bisogna dire la verità; in Italia non c'è politica che
tenga. Per esperienza personale, posso dire che nessun
politico può chiedere qualcosa di illecito o di non
consentito. A titolo di esempio, mi piace ricordare
che, avendo ricevuto dal Presidente della Repubblica
Sandro Pertini una segnalazione a favore del suo
ufficiale dei Carabinieri addetto, tenente colonnello
Piccinini, in valutazione per l'avanzamento al grado
superiore, ho comunicato che l'interessato non poteva
essere promosso e non ho subito nessuna conseguenza. Si
corrompono e deviano coloro che amano essere deviati
per loro obiettivi di carriera: questo bisogna dirlo
una volta per sempre! Qui si sta facendo un gioco ed io
mi chiedo a chi giovi. Perché un responsabile dei
servizi dovrebbe deviarsi? Intendo ad alto livello,
perché poi ci sono i venditori di fumo. Certamente
i servizi operano in
particolari ambienti per raccogliere notizie: una
volta, anche, nelle case di tolleranza. Gli informatori
sono spesso di un livello che non è certamente quello
ideale. Che ci possa essere un individuo che fa il
doppio gioco accade anche nei servizi migliori. C'è un
libro uscito in questi giorni negli Stati Uniti che
dovrebbe essere letto. Allora si
Pag.2776
scoprirebbe cosa c'è stato anche in quel grande paese
in fatto di servizi. Ci sono i piccoli che si mettono
al servizio di colui che offre. Tra l'altro sono i
soliti informatori che ricevono soldi dall'uno e
dall'altro, perché ci si serve di queste figure. Ma
parlare del servizio in blocco come di un'istituzione
che di per sé è portata alla deviazione è una cosa
tremendamente sciocca, fino a che non mi si dimostra a
chi giova la deviazione. Se un responsabile dei servizi
è arrivato a quel livello, a cosa deve aspirare di più?
Passiamo in rassegna tutti i responsabili dei servizi
di alto livello: quale fine hanno fatto? Con l'ascesa
alla carica hanno esaurito il tutto. Questa è la
verità, a parte De Lorenzo che è stato poi nominato
capo di stato maggiore dell'esercito. Ma anche per il
caso De Lorenzo bisognerebbe ripassare in rassegna la
storia di quel tempo, per fare un po' di
chiarezza.
Io difendo... per la mia conoscenza dei servizi,
della parte palese dei servizi, quale potrebbe essere
quella degli addetti militari, per la parte che opera
alla luce del sole, non per quella misteriosa.
Bisogna stare molto attenti a queste deviazioni che di
volta in volta venivano alla ribalta. Se qualcuno si è
prestato, lo ha fatto per fini personali, per un utile
di qualche genere e non deve meravigliare che poi
centinaia di milioni siano circolati o notizie false
siano state date dietro pagamento da alcuni
informatori. Questo bisognerebbe capire, altrimenti noi
brancoleremo sempre... qui, signori miei, o c'è stata
la precisa volontà della trattativa e bisognerebbe
vedere da parte di chi...
CARLO D'AMATO. Non era stata finanziata anche una somma
per la questione di Cirillo?
UMBERTO CAPPUZZO. Questo bisogna chiarirlo.
PRESIDENTE. Per quello che ne sappiamo, non dai
servizi. CARLO D'AMATO. Si disse che c'era una busta
con dei
milioni che erano stati messi...
PRESIDENTE. Per pagare gli informatori.
UMBERTO CAPPUZZO. Ci cadono tutti quanti in queste
cose; se sapeste quante sciocchezze hanno commesso gli
americani!
Sono quelli che hanno pensato che i nostri,
nell'ambasciata di Mogadiscio, tenevano Aidid, signori
miei!
PRESIDENTE. Senatore Cappuzzo, mi scusi. Sono
perfettamente d'accordo con lei sulla distinzione tra
istituzioni e persone, però è pur vero che nella
vicenda italiana è accaduto che ufficiali di altissimo
livello siano stati condannati per deviazioni e per
copertura di eversori: questo è accaduto nella vicenda
italiana! Ora perché sia accaduto non lo sappiamo.
Maletti, lo stesso Miceli per alcune cose, Musumeci
condannato con sentenza definitiva per calunnia,
generale, non so che altra carriera dovesse fare. Ci
sono dei problemi gravi, certamente. Sono perfettamente
d'accordo con lei: non bisogna confondere le deviazioni
di questi ufficiali con l'istituzione.
UMBERTO CAPPUZZO. Si tratta di deviazioni di singoli,
se
ci sono, ma anche la delicatezza del servizio in sé si
presta a
queste cose, perché questi si
assumono delle responsabilità.
PRESIDENTE. Comunque, non dobbiamo fare una
disquisizione sui problemi della sicurezza.
UMBERTO CAPPUZZO. Poiché anche il senatore Mazzola
aveva fatto questo riferimento... Sono sicuro che il
senatore Mazzola non sia stato preso in giro da alcuno,
perché, da quello che potevo vedere io dall'altra
parte, lui era il politico e io, che con quella gente
avevo dimestichezza, penso che tutto quello che
dovevano dirgli glielo dicevano; non
Pag.2777
credo che vi fossero grandi attività. Semmai qualcuno
ha peccato di incompetenza, cioè non ha peccato ma era
incompetente o ha peccato di ingenuità.
PRESIDENTE. Sta di fatto, senatore Cappuzzo, che si
ammette che a metà giugno il rapporto, la relazione era
in corso con risultati, pare, positivi; evidentemente
si era mentito da più parti prima.
UMBERTO CAPPUZZO. Su questo non c'è dubbio.
PRESIDENTE. Si tratta di vedere se diceva che le cose
andavano bene per conto del servizio, oppure per conto
di qualcun altro.
UMBERTO CAPPUZZO. Devo dire, però, che queste notizie,
nelle sedi operative, non sono mai arrivate. Questa è
una cosa importante.
ALTERO MATTEOLI. Mi rendo conto che in questi dibattiti
è inevitabile... ma io non ho mai ritenuto che si possa
avere ragione alzando la voce o dando degli sciocchi
agli interlocutori.
Senatore Mazzola, vorrei rivolgerle una domanda e la
rivolgo a lei, pur sapendo che subito dopo verrà l'ex
ministro Rognoni, per avere anche da lei un giudizio.
Il ministro, in un'audizione del 2 maggio 1989 ha
detto: &quot;Al di là degli incontri in sede di comitato per
l'ordine e la sicurezza pubblica, io ero
quotidianamente in contatto ed in rapporto con il capo
della polizia ed il comandante generale dell'Arma&quot;.
Allora, ritiene che qualcuno non lo abbia informato
completamente di quello che accadeva, perché lui in
tutta l'audizione ha detto che non sapeva nulla e che
lo ha saputo molto in ritardo e poi ha cercato quasi di
&quot;scaricare&quot; nei confronti del capo della polizia e del
comandante generale dell'Arma, i due in carica in quel
momento, dicendo: &quot;Io ero quotidianamente in contatto e
non mi hanno riferito di tutto questo&quot;. Lei ritiene che
questo sia stato possibile?
L'altra domanda: sui servizi deviati ormai si sono
scritti
libri, lo stesso Parlamento ha pubblicato camere intere
di documenti; ma lei ritiene che un servizio segreto
che devia una, due, tre, quattro volte (vi sono
condanne passate in giudicato e vicende incredibili)
possa essere considerato un servizio deviato, oppure
che si possa dire che tutti i servizi segreti, in
effetti, in Italia, come struttura, sono deviati?
Quando si stanno deviando un giorno dopo l'altro, si
può dire che la maggior parte è deviata, allora, lei
che ha avuto questa esperienza, che parere si è fatto,
che giudizio dà su tutto questo? O tutti voi volete
continuare ad arroccarvi ancora in una difesa che,
questa sì, diventerebbe sciocca, perché ormai i
magistrati hanno emesso sentenze definitive, quindi non
c'è più nemmeno la possibilità di dire &quot;Ma ora vediamo
in appello o se la cassazione interviene in maniera
diversa&quot;. Che giudizio si è fatto nel complesso?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Alla prima domanda mi è un po' difficile rispondere,
perché non so
come valutare quello che ha detto il ministro
dell'interno. Io debbo ritenere che egli abbia detto la
verità, ma è una mia opinione, non ho elementi per
affermarlo. Se il ministro dell'interno dice che era in
costante contatto e non è stato informato... anche io
vedevo, non quotidianamente ma un giorno sì ed uno no,
i direttori dei servizi: si parlava di tutte le cose,
però l'unico tipo di informativa che ho avuto è stata
questa - di cui poi, tra l'altro mi ero dimenticato che era gli atti della Commissione stragi, dichiarata
da me in epoca in cui ne avevo memoria più precisa.
Quindi, non sono in grado di dire... ritengo che il
ministro dell'interno, come potrà confermare lui
Pag.2778
stesso dopo, abbia detto la verità, poi non spetta
certo a me dare un giudizio su questo.
Sui servizi, io sono dell'opinione che in questo
paese forse se ne potrebbe fare a meno, a questo punto.
Ormai! Perché riscontro una tendenza alla dietrologia
eccessiva e quindi diventa difficile cioè ci vuole una
cultura diversa per accettare il principio del
passaporto di Richelieu &quot;Il latore della presente ha
fatto quello che ha fatto nell'interesse dello Stato.
Firmato: Richelieu&quot;, perchè, come è noto, il passaporto
di Milady rilasciato da Richelieu fu usato dai tre
moschettieri, messo in mano al boia di Autun che tagliò
la testa di Milady, ma il passaporto era stato
rilasciato a Milady perché andasse ad ammazzare lord
Buckingham. Questa è la morale dei servizi. Lo stesso
documento, cioè l'autonomia data in direzione di una
funzione - l'interesse dello Stato proprio per
quell'autonomia, proprio perché i controlli non debbono
essere estremamente incisivi, perché altrimenti
l'autonomia non c'è più, proprio perché non sono
ufficiali di polizia giudiziaria e quindi non
debbono.... proprio per tutte
queste ragioni ci può essere l'utilizzo distorto.
PRESIDENTE. Quindi, la questione è: autonomia nei mezzi
enon nei fini; questo è il problema politico.
Senatore Mazzola, la ringraziamo.
Audizione dell'onorevole Virginio Rognoni, ministro
dell'interno pro tempore.
PRESIDENTE. Abbiamo con noi l'ex ministro Rognoni, al
quale abbiamo chiesto di intervenire in questa sede con
riferimento ad alcune questioni specifiche, perché il
quadro complessivo delle informazioni - lo ripeto - è
già a
disposizione della Commissione. Vi è un punto che ci
interessa in particolare: vorremmo sapere in primo
luogo se lei è stato informato, e in che termini,
dell'ingresso dei servizi nel carcere o del rapporto
con la criminalità organizzata; in secondo luogo, se è
stato informato della dismissione di questo rapporto da
parte del SISDE e del subentro da parte del SISMI; in
terzo luogo, quali erano i tipi di indirizzi politici
impartiti su questa vicenda dal ministro competente
dell'epoca.
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Devo dire che questi tre quesiti ai quali sono
invitato a rispondere mi erano già stati rivolti non da
questa Commissione ma dal Parlamento, in particolare
dalla Commissione di inchiesta sulle stragi,
nell'audizione che ebbi in quella sede il 23 maggio
1989.
Potrei a questo punto rimettermi puntualmente alla
deposizione di allora, ossia a quanto dissi in
quell'occasione in risposta alle domande analoghe che
il presidente Gualtieri mi rivolse. Comunque, sono qui
e rispondo ai quesiti, partendo dal terzo, relativo
agli ordini e alle direttive impartiti alle forze di
polizia e ai servizi l'indomani stesso del sequstro
dell'assessore Cirillo; non dimentichiamo che tale
sequestro avviene nelle modalità che tutti conosciamo,
con due morti ed un ferito (il segretario
dell'assessore Cirillo).
Il 28 aprile convocai il Comitato per l'ordine e la
sicurezza pubblica e loro sapranno certamente che
membri di diritto di tale Comitato sono il capo della
polizia, il
comandante generale dell'Arma dei carabinieri
(all'epoca tale incarico era ricoperto dall'attuale
senatore Cappuzzo) ed altre autorità. Il 28 aprile
erano presenti anche i servizi.
L'ordine, la direttiva che impartii fu la seguente:
&quot;Dovete acquisire le informazioni che sono necessarie,
indispensabili per arrivare al covo dove viene
trattenuto l'ostaggio, liberarlo e assicurare alla
giustizia i criminali&quot;. Questo era l'obiettivo; dove
avrebbero dovuto essere acquisite le informazioni?
Dovunque, come si conviene in qualsiasi paese ed a
qualsiasi polizia che si rispetti.
Pag.2779
In particolare, aggiungevo (vi sono i verbali e
potrei rifarmi addirittura alle parole testimoniate
dagli stessi verbali) che queste informazioni dovevano
essere acquisite anche nel quadro e nell'area della
criminalità, visto che Napoli si trovava in una
situazione particolare: a torto o a ragione si assumeva
(questa era tra l'altro l'opinione di Dalla Chiesa in
relazione alla Sicilia) che la mafia ed anche la
camorra hanno interesse a non far invadere
(consentitemi questa espressione) l'area, il territorio
in cui esse operano dal terrorismo classico, dal
terrorismo politico, perché in tal caso aumenterebbero
l'attenzione e la pressione dello Stato e quindi la
compressione anche su fatti criminali sarebbe maggiore.
A torto o a ragione, questa era un'opinione che
circolava, ma indipendentemente da ciò era utile avere
queste informazioni, dovunque si potessero acquisire,
anche nell'area della criminalità e quindi della
camorra. Queste erano le direttive.
Quanto al secondo quesito, non fui informato
dell'ingresso
di uomini del SISDE nel carcere di Ascoli Piceno; non
fui altresì informato del passaggio di questa
iniziativa dal SISDE al SISMI. Lo venni a sapere più
tardi, certamente nei primi mesi del 1982.
Riprendendo il testo della mia audizione testé
ricordata del 23 maggio 1989 dinanzi alla Commissione
di inchiesta sulle stragi, vedo che allora, proprio in
vista di un dibattito parlamentare, mi è stato rimesso
un appunto in cui si legge: &quot;Un anno dopo certamente
no, dato che il 20 marzo c'era il dibattito in
Parlamento e questi fatti erano già conosciuti. Mi
pervenne un rapporto attorno al 20 marzo proprio in
vista del dibattito che qualche giorno dopo si sarebbe
tenuto alla Camera, nel quale si parlava di queste
visite al carcere da parte di alcuni responsabili del
SISDE per incontrare Cutolo una prima e una seconda
volta. Si diceva che avendo constatato l'inefficacia e
l'inutilità della pista questa era stata abbandonata&quot;.
Detto questo, ribadisco quanto ho già avuto
occasione di affermare dinanzi alla Commissione
Gualtieri nella scorsa legislatura: mi pare cioè che la
circostanza non sia estremamente rilevante ma sia
irrilevante del tutto, perché se mi avessero detto:
&quot;Badi, ministro, che noi, a seguito di questa
direttiva, riteniamo di andare in carcere per acquisire
informazioni&quot;, avrei risposto: &quot;Sta bene&quot;; e credo di
essere in buona compagnia nell'assumere questo. Proprio
tre o quattro giorni fa ho letto un'intervista di
Petruccioli su
l'Unità in cui Petruccioli diceva pressappoco le stesse
cose.
PAOLO CABRAS. Si tratta di un esperto del caso Cirillo.
PRESIDENTE. Uno dei pochi che ha pagato, a differenza
di
altri!
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Sì, appunto. Questa è la risposta che do ai
quesiti che il presidente ha ritenuto di ripropormi
dopo che gli stessi mi erano già stati rivolti - torno
a ripeterlo nell'audizione del 23 maggio 1989 dinanzi
alla Commissioni di inchiesta sulle stragi.
PRESIDENTE. Nel suo intervento alla Camera del 6
maggio 1981, lei precisa che le aliquote della polizia
erano state aumentate fino a raggiungere circa 1.500
uomini in più che sono stati inviati e si sono aggiunti
alle forze ordinarie presenti, costituite da 4.500
uomini. Fu lei o il capo della polizia a disporre
questo invio? Si trattò di un indirizzo politico o di
una questione puramente tecnica?
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. L'indirizzo politico fu quello che
abitualmente si assume in occasioni di questo genere.
Napoli era già sufficientemente presidiata; ricordiamo
che ci trovavamo nell'epoca post-terremoto, in una
situazione particolarmente delicata e mi pare che i
carabinieri, in particolare, erano a disposizione del
commissario
Pag.2780
Zamberletti. Quindi, di fronte alla consumazione di un
sequestro come quello di Cirillo, penso che vi furono
disposizioni per un aumento di queste forze.
PRESIDENTE. Furono disposizioni di carattere politico,
di indirizzo?
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Di indirizzo in generale. Queste sono del
resto iniziative che vengono assunte a livello tecnico
e vengono rappresentate al ministro, il quale gioca una
parte decisiva: compete al ministro la direttiva in
ordine agli obiettivi di politica criminale.
A volte, a distanza di tempo, questi obiettivi di
politica criminale sembrano essere del tutto ovvi, ma
talvolta, risalendo all'epoca, ovvi non sembrano
affatto. Ricordo per
esempio (consentitemi questa memoria di carattere
assolutamente personale) che quando arrivai al
Viminale, il 13 giugno 1978, sentivo ancora nel paese
l'eco di quel dannato grido &quot;né con le brigate rosse né
con lo Stato&quot;. Era quindi giusto che certi obiettivi di
politica criminale dovessero essere ribaditi e questa
era la responsabilità del ministro; stabilire che uno o
due battaglioni, la squadra mobile, gli allievi di
Vicenza o quelli di Catania venissero, fossero istruiti
e così via, tutto questo compete al capo della polizia.
PRESIDENTE. Il fatto di rafforzare la presenza della
polizia a Napoli fu un indirizzo politico impartito,
che lei ricordi, oppure no?
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. In particolare non ricordo, ma credo di poter
rispondere di sì perché di fronte ad un fatto come
quello che si era consumato era giusto che,
compatibilmente con le risorse a disposizione, si
dovesse procedere in questo modo.
Ricordo anche le difficoltà in cui le forze dell'ordine
si
trovavano in quel momento, come del resto si sono
sempre trovate, durante la lotta contro il terrorismo.
Ricordiamo inoltre che in quella particolare
congiuntura di tempo vi sono stati quattro sequestri
(in ordine di tempo vi fu prima quello di Cirillo poi
quelli di Peci, del povero Taliercio e di Sandrucci);
il 13 maggio si verificò l'attentato di piazza san
Pietro; si era altresì in presenza del fenomeno P2, con
i servizi in crisi, ed il 6 maggio si tenne una tornata
di referendum.
Si trattava veramente di una situazione di grande
difficoltà ed il ministro non poteva non avere
comprensione per il capo della polizia e i carabinieri,
sempre alle prese con la disponibilità delle forze di
polizia e la loro dislocazione.
MASSIMO BRUTTI. Nella prima riunione del Comitato per
l'ordine e la sicurezza pubblica si decide una linea di
orientamento relativa alle indagini sulla base di
alcune considerazioni che erano state svolte dal
sottosegretario Sanza; nel verbale che si riferisce al
suo intervento si legge: &quot;L'onorevole ministro
condivide le opinioni dell'onorevole Sanza&quot;.
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Quali sarebbero state?
MASSIMO BRUTTI. Nel verbale si legge: &quot;L'onorevole
Sanza ricorda le condizioni ambientali della zona di
Torre del Greco, segnate da un'eccezionale densità
demografica, dalla presenza continua della gente in
strada, dal controllo del territorio da parte della
criminalità comune; questo contesto potrebbe favorire
le indagini&quot;.
Nello stesso verbale si legge che il ministro
condivide le opinioni dell'onorevole Sanza e afferma:
&quot;La camorra potrebbe avere interesse ad agevolare la
liberazione dell'assessore Cirillo; i rapporti tra la
delinquenza organizzata e il terrorismo a volte si
intrecciano a volte si divaricano; devono quindi essere
attivati tutti i possibili canali&quot;. Qui finisce la
citazione dal verbale.
Pag.2781
Il SISDE, ed in particolare il prefetto Parisi che
era presente a quella riunione del Comitato per
l'ordine e per la sicurezza pubblica, interpretano
queste sue dichiarazioni come la ratifica di
un'attività che essi avevano già in quelle ore avviato.
Si può dire che in queste parole vi sia una indicazione
politica che ricomprenda anche l'ipotesi della
trattativa? E' alquanto singolare che la camorra - si
parla di Cutolo - possa collaborare con lo Stato per
individuare i terroristi ed il luogo in cui è
imprigionato il sequestrato semplicemente per una sorta
di avversione ideologica contro di
essi. In realtà, come risulta dai primi contatti con
Cutolo, una collaborazione di questo tipo vi può essere
soltanto in funzione di un sinallagma, di un do ut des
o di una trattativa. Non si prende contatto con un
soggetto come Cutolo per avere informazioni, è
evidente!
Lei si pose allora questo problema? Fu informato delle
vie
che venivano intraprese? In particolare, fu informato
dei contatti con Cutolo e del fatto che il punto di
riferimento ovvio e naturale, proprio sulla base delle
considerazioni di Sanza sul controllo del territorio
nella zona di Torre del Greco, non poteva che essere
Cutolo? In funzione di che cosa Cutolo poteva fornire
informazioni se non nell'ambito di una trattativa?
Le chiedo, nei limiti del possibile, essendo
trascorsi ormai molti anni, di rappresentarci quei
momenti, che devono essere stati anche angosciosi,
cercando di far emergere i seguenti punti: si sapeva
che era Cutolo l'interlocutore? Come si pensava di
aprire un canale informativo con lui?
Lei ha dichiarato che le diverse fasi di questa
attività non le sono state rese note; abbiamo appreso
che in una prima fase è intervenuto il SISDE, nella
seconda, il SISMI e, successivamente, avrebbe agito un
soggetto non specificato; l'ipotesi cui si fa
riferimento è il gruppo di potere che si celava
all'interno del SISMI. Lei, non ha avuto in alcun modo
notizia di tutta questa vicenda? Inoltre, le chiedo una
sua valutazione su alcuni fatti, visto che è stato
responsabile della politica interna in quegli anni così
difficili e pesanti. La sua sensazione ed impressione è
che dopo gli episodi dell'estate del 1981 vi sia stato
una rafforzamento o un salto di qualità della forza e
della presenza della camorra? Questa, tra l'altro, è
una delle ipotesi di lavoro che abbiamo preso in
considerazione.
E' evidente che ci interessiamo del sequestro
Cirillo in modo diverso da come se ne sono occupate
altre Commissioni; infatti non ci interessa tanto
l'aspetto del controllo sull'operato dei servizi e la
ricostruzione delle deviazioni, quanto accertare se
coloro che condussero la trattativa e, ancora di più, i
centri occulti che agirono in questo periodo, entrando
in contatto con la camorra ne esaltarono la potenza, la
presenza, la forza organizzata ed il controllo del
territorio.
Su questo punto vorrei conoscere la sua valutazione,
perché lei, ripeto, può formularla in modo appropriato,
avendo diretto la politica interna di quegli anni.
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Credo di avere già risposto ad una domanda
analoga rivoltami dal presidente. L'obiettivo era di
acquisire informazioni per arrivare al covo, alla
prigione, liberare l'ostaggio ed assicurare i criminali
alla giustizia; non vi è mai stata nessuna possibilità
di altra interpretazione che questa. La direttiva era
questa e le informazioni dovevano essere acquisite
anche nei bassifondi della criminalità, della camorra
napoletana. Devo anche aggiungere che non seppi - lo
ripeto - della presenza nel carcere di Ascoli Piceno di
responsabili del SISDE.
In merito alla mia valutazione, è chiaro che il
Ministero
eil ministro dell'interno erano impegnati su vari
fronti,
però non sarei sincero, innanzitutto verso me stesso,
se non dicessi che la preoccupazione prevalente in
quegli anni era la lotta al terrorismo.
Faccio riferimento ad un episodio che mi pesa ancora:
la
scelta del generale
Pag.2782
Dalla Chiesa come prefetto di Palermo, una scelta che
feci immediatamente dopo la liberazione del generale
Dozier. Il punto che discrimina, a mio avviso, la
nostra lotta al
terrorismo è proprio la liberazione del generale
Dozier. Il 1981 è ancora un anno durissimo per noi; con
la
liberazione di quest'ultimo non solo cambia l'opinione
internazionale nei confronti dell'Italia, ma entrano in
crisi le formazioni brigatiste, peraltro già in
difficoltà per il fenomeno del pentitismo, il quale, in
parte, è stato il risultato della legislazione
premiale, che in un certo senso ratificava un
sentimento che circolava all'interno della corporazione
brigatista. La mia riflessione è sempre stata quella di
ritenere che questa gente, ideologizzata com'era, non
potesse vivere clandestinamente tutta la vita; ritengo
che chi fa una rivoluzione oggi, non pensi di restare
clandestino, ma di assumere un domani il potere.
Quindi, si faceva strada l'idea dell'impossibilità per
lo Stato di vincere, poi la legislazione premiale ha
fatto il resto.
Eravamo impegnati su tutti i fronti, anche nelle
regioni meridionali, che erano le meno insidiate dal
brigatismo, però a
Napoli vi erano Viscardi e
Senzani. La preoccupazione era
quella di mettere le mani sopra la colonna napoletana
e, infatti, nei primi giorni di gennaio del 1982 fu
arrestato Senzani.
MASSIMO BRUTTI. Un effetto della vicenda Cirillo è
stato
il finanziamento dell'ala militarista delle BR.
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Quindi, la preoccupazione era soprattutto
quella. In premessa alla valutazione che lei mi chiede,
posso
affermare che l'evolversi del fenomeno della camorra è
stato quello che conosciamo: essa non è stata
certamente debellata
in quegli anni. Vi è stato uno sforzo notevole da parte
dello Stato per venirne a capo, analogo a quello
attuale. Non vedo un discrimine nel caso Cirillo di
accresciuta potenzialità e pericolosità della camorra;
piuttosto deve essere valutato il quadro generale del
post terremoto, la fertilità di un certo humus in cui
la camorra poteva operare.
CARLO D'AMATO. Desidero formulare un rilievo rispetto
alle dichiarazioni del dottor Parisi; in particolare,
mi
riferisco ai rapporti tra i servizi ed il ministro di
cui si fa menzione a pagina 2617 del resoconto
stenografico della seduta del 10 settembre 1993. Se non
sbaglio, l'onorevole Rognoni ha dichiarato di essere
stato informato delle iniziative assunte dai servizi
segreti successivamente alla vicenda Cirillo. Al
riguardo, il dottor Parisi ha dichiarato: &quot;Sono molto
corretto: qualunque ministro abbia lavorato con me sa
bene che mi sono comportato sempre in maniera chiara e
corretta. Certamente non era il caso che il discorso si
aprisse in comitato, perché l'attività di ricerca
informativa dei servizi non aveva come referente il
comitato ma i ministri dell'uno e dell'altro ramo&quot;.
Subito dopo, a una domanda del senatore Capuzzo,
egli aggiunge: &quot;E' stato informato e ne ha dato atto in
sede di commissione e in sede di giudizio. Abbiamo due
posizioni: quella del sottosegretario, che ricorda di
essere stato informato, e quella del ministro che non
ricorda di essere stato informato. La mia parola certa
è che sono stati entrambi informati&quot;. E, a pagina 2622,
aggiunge: &quot;Vorrei dire, a questo proposito, che è fuori
discussione che ci sia stata la trattativa. E' anche
fuori discussione che ci sia stato il pagamento. Poi
abbiamo visto dei riferimenti.&quot;
Vorrei sapere dal ministro, vista la sua competenza ed
esperienza in materia, come sia possibile questa
contraddittorietà di posizioni rispetto alle
affermazioni del dottor Parisi che mi sembrano precise
e puntuali. E' come se lui ritenesse che ci possa
essere stata un'attività autonoma dei servizi segreti,
cosiddetti deviati; per la verità non sono un esperto
in questa materia, però da quello che leggo sui
giornali so che sono deviati, anche se
Pag.2783
non si sa quale sia il motivo (non è dato saperlo);
sembra che tale deviazione avvenga autonomamente. Per
la verità non credo alla loro deviazione autonoma non
finalizzata e non sollecitata da qualcuno. Non capisco
per quale ragione i servizi dovrebbero deviarsi se non
per altri motivi o per scopi di ordine politico, come
il senatore Mazzola ci ha voluto far credere. Quindi,
sembra che i nostri servizi si deviino autonomamente,
trasgredendo ad una indicazione del Governo, per aprire
canali e trovare contatti per una trattativa.
Vorrei conoscere l'opinione dell'onorevole Rognoni,
nella sua qualità di ministro all'epoca dei fatti,
sulle precise affermazioni del dottor Parisi (fra
l'altro è ancora il capo della polizia del nostro
paese), e sulla questione delle deviazioni dei servizi
segreti che avrebbero agito autonomamente, al di là
delle indicazioni del Governo che, come è noto,
ufficialmente era contrario all'apertura di una
trattativa con la camorra e con le brigate rosse.
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Per quanto riguarda il SISDE, che è l'organo
dei servizi che dipende direttamente dal ministro
dell'interno, posso affermare, sulle base delle
risultanze, che esso non è mai andato al di là delle
direttive impresse dal ministro. Non vi è una parola da
parte del capo della polizia che faccia riferimento
alla trattativa con la camorra, mai! In primo luogo, si
parla di acquisire informazioni per raggiungere
quell'obiettivo; in secondo luogo, certo, vi è
contrasto su una circostanza che, come ho detto
all'inizio dell'audizione, non mi pare onestamente
rilevante. Se Parisi mi avesse detto:&quot; Badi, ministro,
che mandiamo un funzionario&quot; avrei dato probabilmente
il mio assenso, perché mi pareva giusto che si dovesse
procedere in questo modo. Ed è così, anche per la
seconda circostanza riguardante l'iniziativa
abbandonata dal SISDE e riassunta dal SISMI.
Soprattutto in questi casi l'esperienza della polizia e
dei carabinieri è molto ricca; gli informatori non dico
che osservino il principio, cuius regio, eius religio ,
però all'incirca è così. Quando un informatore è della
polizia dobbiamo lasciarla lavorare.
PRESIDENTE. In genere, viene poi arrestato dai
carabinieri.
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Quando una pista è più propriamente di un
servizio, dobbiamo lasciargliela. Quindi, mi pare che
su questa circostanza le cose stiano così. Del resto ho
sempre ritenuto, e
l'ho affermato indirettamente
anche prima, che un ministro
ha il dovere di dare direttive, di controllare
l'efficienza dei servizi e delle strutture, ma non
credo che abbia il dovere di seguire dettagliatamente
gli itinerari investigativi. Guai se il ministro
dovesse assumere un simile ruolo. Questa è la mia
posizione di ministro dell'interno dell'epoca.
ALTERO MATTEOLI. Onorevole Rognoni, il collega D'Amato
ha un po' &quot;bruciato&quot; la mia domanda, gliela porrò
pertanto in maniera diversa. Lei evidentemente avrà
letto...
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Poiché chi le risponde sono sempre io...
ALTERO MATTEOLI. Le chiedo un giudizio più generale.
Lei
avrà ovviamente letto il resoconto dell'audizione del
capo della polizia Parisi, resa in questa...
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Sì, gli atti sono pubblici.
ALTERO MATTEOLI. Audizione che poi ha determinato anche
l'incontro odierno con lei. Quale giudizio dà, in
generale, di questa audizione, nei suoi vari passaggi?
Perché è vero quello che lei ha detto: l'espressione
&quot;trattativa con la camorra&quot;
non è scritta, non emerge
Pag.2784
dall'audizione, ma tra le righe emerge molto bene che
tale trattativa c'è stata. Se infatti si parla di
esponenti di vertice di un partito, che hanno ricoperto
cariche rilevanti anche in dicasteri assai importanti,
che si sono recati nel carcere di Ascoli Piceno,
sarebbe troppo semplicistico dire che non risulta che
vi sia stata la trattativa.
Ho letto quanto affermato in sue precedenti audizioni,
rese anche di fronte al Comitato dei servizi. Emerge per uno che non ha mai ricoperto cariche di Governo forse anche ingenuamente, una domanda. Il ministro
emana delle direttive senza poi entrare - l'ha detto
lei - nel merito delle operazioni; ebbene, come
funziona il controllo per sapere se le direttive
emanate dal ministro siano o meno rispettate? C'è un
modo di rapportarsi alle direttive per capire poi se
esse vengano in qualche modo rispettate?
Le porrò adesso un'ultima domanda con riferimento a
quanto emerge da alcuni passaggi delle suddette
audizioni, tenutesi a distanza di un anno l'una
dall'altra (maggio 1981 e maggio 1982). Alcuni
parlamentari - tra cui mi sembra lo stesso presidente rivolgendole delle domande le hanno fatto notare che
lei avrebbe scritto in un libro che l'entrare in un
carcere è, a suo giudizio, un'attività deviata. C'è
stata una direttiva che autorizza ad entrare nel
carcere. Nel 1982 essa viene cambiata: si può entrare
nel carcere ma occorre fare una domanda al ministro di
grazia e giustizia. Se la risposta è positiva, allora è
possibile entrare nel carcere. Ora, io non mi
scandalizzo se i servizi segreti entrano in un carcere
- ci mancherebbe altro - per apprendere informazioni
che possano essere utili ad una determinata indagine,
mi scandalizzo però quando si entra in un carcere per
trattare con personaggi che si chiamano, per esempio,
Cutolo. Ma non mi scandalizza tanto nemmeno questo,
ossia se ci vanno i servizi segreti, o personaggi
dell'autorità giudiziaria; mi scandalizzo invece quando
ci vanno esponenti di partito o rappresentanti di
Governo, che hanno ricoperto o ricoprono incarichi
importanti. Ebbene, non ritiene che sia - se possiamo
usare il termine che adoperiamo per i servizi un'attività tutta deviata quella svoltasi per la
liberazione di Cirillo?
E' ovvio che al punto in cui siamo, viste le carte
che abbiamo a disposizione, il problema è diventato
ormai di ordine politico e nel dibattito che poi ci
sarà all'interno della Commissione su tutto questo
ognuno di noi affronterà l'argomento dal punto di vista
politico. Dico questo perché ritengo che dal punto di
vista delle indagini, se comprendiamo bene gli atti,
possiamo tranquillamente capire come siano andate le
cose.
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Certo, io ho letto - perché gli atti sono
pubblici l'audizione del prefetto Parisi. E'
ineccepibile, a parte il punto di contrasto di cui
abbiamo parlato.
ALTERO MATTEOLI. Non è secondario, però!
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Ricordo la domanda fattami dal presidente
Gualtieri e ricordo anche la mia risposta (del resto è
nei verbali). Non è vero che io dissi in quella
audizione che cercare di avere informazioni, attraverso
gli strumenti di cui dispone l'ordinamento, anche
nell'area carceraria, è attività deviata. Lasciamo
perdere i passaggi formali (autorizzazione, eccetera),
ma io non ho detto questo! Qui, probabilmente c'è stato
un misleading da parte del presidente in relazione
al libretto, testimonianza di memorie, che io scrissi
nel 1989. Cosa mi disse Gualtieri? &quot;Se mi consente di
continuare a citare un suo libro, ricordo che in esso
lei sostiene che quella di essere andati dentro le
carceri era un'attività
deviata, di cui è comprensibile che lei non abbia
saputo niente in quanto il suo controllo si svolge solo
sulle attività di istituto e non su quelle degli altri.
Ma come potevano
Pag.2785
essere deviate operazioni, portate avanti inizialmente
dal SISDE attraverso il suo vice direttore, che in quel
momento esercitava la funzione di comando?&quot;. Io risposi
quanto ho detto qui poc'anzi e cioè che andare in
carcere per avere informazioni ai fini di raggiungere
l'obiettivo di liberare l'ostaggio e assicurare i
criminali alla giustizia non era affatto un'attività
deviata. Nel mio libro sostengo questo. La domanda
dell'intervistatore - mi dispiace dover ricorrere...
era, tra l'altro: &quot;Si parla di un tentativo dei servizi
di avviare vere e proprie trattative per la liberazione
di Cirillo, nascondendo l'identità di coloro che
parteciparono ai colloqui, negando una corretta
informazione (...). Una vera e propria deviazione dei
compiti istituzionali del servizio (...)&quot;. Così
risposi: &quot;Il ministro dell'interno ha la responsabilità
oggettiva degli atti della sua amministrazione e
quindi delle operazioni di polizia, ma non le può
conoscere
tutte nei diversi tragitti che esse percorrono. Non
deve sorprendere perciò che sia venuto a conoscenza
delle visite al carcere di Ascoli molto più tardi. Che
poi non potessi sapere di attività deviate dei servizi
è comprensibile, proprio perché svolte fuori dal
controllo politico&quot;. Se c'è un'azione deviata,
evidentemente, deve essere stata fatta nell'assoluta
clandestinità. C'è quindi un equivoco: per &quot;attività
deviate&quot; intendo le attività deviate e non intendo
includere in esse l'informativa che un servizio - o al
limite la polizia potrebbe acquisire andando in
carcere.
Devo dire che il ministro gode e profitta, se così
si può dire, dei rapporti fiduciari che ha con i suoi
collaboratori: con il capo della polizia, con il
comandante dell'Arma, che per un ministro dell'interno
sono gli strumenti di consultazione quotidiana; meno i
servizi, tutto sommato, che sono più lontani, più
periferici... nell'ordinarietà. Certo, nelle vicende
straordinarie no. In ogni caso gli strumenti sono il
capo della polizia e il comandante dell'Arma. E i
rapporti sono fiduciari.
Certo, il ministro deve controllare. Ma anche la
notizia che in seguito ad una certa investigazione
queste autorità di polizia o dei servizi possano venire
a conoscenza... Quando la notizia è producente - questa
era la regola - la comunicano al ministro, mentre
quando non lo è, non la comunicano al ministro. Ed è
giusto che sia così; è fuor di dubbio. Quando la
notizia è un po' &quot;vestita&quot; - ma vestita bene, come si
dice in gergo - allora il ministro interviene; è qui
che c'è la comprensione, il discernimento,
l'intelligenza sui fatti e gli avvenimenti da parte di
chi ha il dovere di parlare con il ministro e di
informarlo. Questa è la mia risposta.
SALVATORE FRASCA. Ho avuto il piacere di collaborare,
per un certo periodo di tempo, con l'onorevole Rognoni
allorquando egli era ministro di grazia e giustizia. In
quella occasione ho potuto constatare il senso dello
Stato che l'onorevole Rognoni portava e ritengo porti
tuttora con sé. Farei perciò appello, per le brevissime
considerazioni che svolgerò, proprio a questo suo ben
conosciuto senso dello Stato perché egli possa aiutare
la Commissione antimafia a pervenire alla verità che si
va cercando da ben tredici anni circa e che tuttora non
si riesce a riscontrare.
Non c'è dubbio che siano state fatte delle
trattative. Si parte, ha detto il ministro, dalla
riunione del Comitato per l'ordine pubblico in cui
vengono date delle direttive; in quelle riunioni del
Comitato c'è l'onorevole Sanza che parla dell'intreccio
possibile tra camorra e Brigate rosse; parlando
anche a norme del ministro - come ha poc'anzi rilevato
il collega Brutti - dice che bisogna indagare in questa
direzione.
Richiamandosi a tale passo del verbale della seduta
del Comitato, il presidente Violante ha posto la
seguente domanda al capo della polizia, nel corso
dell'audizione tenutasi il 10 settembre:
Pag.2786
&quot;E' questo l' input politico che porta a Cutolo?&quot;. Il
prefetto Parisi risponde che è così.
PRESIDENTE. No, dice in realtà un'altra cosa, se non
ricordo male: &quot; E' la ratifica, perché l' input
l'avevamo già avuto&quot;.
SALVATORE FRASCA. Esattamente. E' una ratifica di
comportamento. In realtà, risponde in termini positivi,
signor presidente, alla sua domanda.
D'altra parte, il prefetto Parisi, come poc'anzi ha
detto il collega D'Amato, afferma ancora: &quot;E' fuori
discussione che ci sia stata la trattativa ed è anche
fuori discussione che ci sia stato il pagamento...&quot;.
Poi abbiamo visto dei riferimenti: &quot;Come riuscire a
personalizzare la responsabilità e a dire che ha
trattato, che ha fatto la raccolta di fondi, che ha
conferito il denaro e per quale vantaggio (appalti ed
altre cose) è cosa che potrà emergere dalle indagini
giudiziarie&quot;.
PRESIDENTE. Senatore Frasca, mi consenta di chiarire un
punto. Il 13 novembre 1984 - visto che non discutiamo
di cose acquisite - fu presentata dagli onorevoli
Rognoni, Formica, Battaglia, Reggiani, Bozzi e Del
Pennino (cioè dai capigruppo della maggioranza) una
mozione - che fu approvata - i cui primi due punti
erano del seguente tenore: &quot;Valutata la relazione che
il Comitato parlamentare di controllo sui servizi di
informazione e sicurezza e sul segreto di Stato ha
trasmesso l'8 ottobre 1984 ai Presidenti delle Camere,
denunciando gravi deviazioni di alcuni settori del
SISMI, dai loro compiti istituzionali, in occasione del
sequestro e della liberazione dell'assessore della
regione Campania Ciro Cirillo, sino a giungere a
trattative con le BR e con la camorra e a prevedere per
la liberazione di Cirillo inammissibili contropartite,
considerato che alcuni fra i principali funzionari del
SISMI coinvolti nella grave deviazione, anche in
illecita collaborazione con il noto Pazienza, risultano
iscritti alla loggia P2, mentre nel contesto della
vicenda, influenzata dalle deviazioni indicate, si sono
attivate per la liberazione di Cirillo persone a lui
legate anche per motivi politici...&quot;. Ciò che voglio
dire è che dal punto di vista parlamentare alcuni dati
sono acquisiti.
Il problema che ci riguarda è accertare se da questo
dato sia derivato o meno un rafforzamento della camorra
e se per caso - questo è il punto - quanto ci è stato
detto nell'indagine fatta sulla mafia, ossia che per
una serie di anni vi sia stata una sorta di
negoziazione - come è stato detto - tra malavita e
forze di polizia, perché non vi erano altri strumenti
se non quelli, per avere informazioni e notizie, sia il
quadro in cui questo si colloca.
Alcuni dati sono ormai acquisiti dal punto di vista
parlamentare. Ciò lo dico per chiarezza. Ripeto, il
ministro Rognoni è stato colui che ha
coraggiosamente...
SALVATORE FRASCA. La ringrazio, presidente. Vedo che
lei
usa l'arma della maieutica; con ciò mi aiuta a
formulare all'onorevole Rognoni dei quesiti che avevo
già in nuce .
Il prefetto ha ammesso che è fuori discussione che ci
sia
stata la trattativa, il pagamento e via dicendo. Ora,
fra la riunione del Comitato per l'ordine pubblico e la
conclusione delle trattative è avvenuta un'infinità di
atti. A parte i tre sopralluoghi o le tre visite
organizzate dal SISDE, vi sono
state altre visite nel carcere di Ascoli Piceno con
personaggi anche impegnati sul piano politico, come
poc'anzi ha rilevato il collega D'Amato. Vi è stato
altresì il trasferimento di alcuni detenuti dalle
carceri della Sardegna, in cui si trovavano, a Palmi,
perché si potessero stabilire i contatti tra camorra e
Brigate rosse. Vi è stata ancora una riunione presso il
Ministero di grazia e giustizia, laddove il dottor
Sisti ha convocato il capo del SISMI e quello del
SISDE, e in cui si è deciso di procedere in questo
andirivieni tra Roma e il
Pag.2787
carcere di Ascoli Piceno. Vi è stata tutta una serie di
cose per cui - me lo consentirà l'onorevole Rognoni io non accedo con tanta facilità alla tesi che il
ministro o i ministri competenti ed il Presidente del
Consiglio potessero non saperne niente. Sappiamo chi
sono i direttori generali nel nostro paese! Noi, signor
presidente, non abbiamo una burocrazia forte come
quella della Repubblica francese. Da noi non avvengono
quei ricambi della burocrazia che si verificano negli
Stati Uniti d'America ogni qualvolta cambia il
Presidente: da noi c'è un percorso che si fa
nell'ambito dell'amministrazione dello Stato e sappiamo
come vengono nominati i direttori generali! Quindi,
sappiamo che questo tipo di direttore generale è
rappresentato da persone che quasi quotidianamente
cercano di cogliere quelli che sono gli umori del
ministro. Sembra pertanto assurdo che questi direttori
generali, che queste persone di fiducia del Governo non
avessero informato i ministri. Debbo qui ribadire
quanto già detto nel corso dell'audizione del senatore
Mazzola: ove si dovesse accedere ad una acquisizione di
questo genere, noi non potremmo esprimere un giudizio
positivo sugli uomini che ci rappresentavano nel
Governo in quel momento.
Vi è poi la tesi dei servizi deviati. I romani - come
mi
insegnate - quando andavano alla ricerca di una
risposta difficoltosa si domandavano: cui prodest? Allo
stesso
modo, noi ci dobbiamo chiedere: per quale ragione i
servizi segreti dovevano deviare? O i servizi non sono
stati indotti a fare certe cose, le cose che hanno
fatto, per aprire la pista alle ultime trattative che
sono state fatte a livello politico, così come dice Mei
nella sua audizione... Infatti Mei ad un certo punto
dice: &quot;Fino al giorno X siamo andati avanti noi; poi
siamo stati estromessi e vi sono state trattative di
altra natura&quot;. Non diventa credibile una tesi di questo
genere. Si può fare anche riferimento alla P2, ai
singoli intrallazzatori che vi erano, all'imbroglione
del secolo che corrisponde al nome di Pazienza e a
tante, tante altre cose. Però i responsabili dei
servizi segreti, caro presidente, erano stati nominati
poco prima, dopo la rivoluzione che vi era stata ed
erano persone di fiducia di ministri e del Governo.
Quindi è difficile far credere alla gente che costoro
potessero aver mentito al Governo.
Comunque, siamo arrivati al dunque: o non dicono la
verità
gli uomini di Governo, oppure non dicono la verità
coloro i quali rappresentavano in quel momento lo Stato
a livello di servizi e che tuttora ricoprono incarichi
notevoli. Questo dilemma lo dobbiamo sciogliere per
arrivare alla ricerca della responsabilità, altrimenti
- e concludo - dovremmo arrivare a dire, con
Pirandello: &quot;Ma non è una cosa seria&quot;!
UMBERTO CAPPUZZO. A differenza del senatore Frasca, non
evocherei il titolo della commedia &quot;Ma non è una cosa
seria&quot;, ma parlerei piuttosto di &quot;Così è, se vi pare&quot;
oppure di &quot;Uno, nessuno e centomila&quot;... Devo dare atto
al signor ministro, per irapporti che ho avuto con lui
(ci vedevamo quasi ogni
giorno), di non aver avuto mai alcuna indicazione di
questo genere. Al di la del fatto gerarchico ed
istituzionale, vi erano anche rapporti di simpatia con
il signor ministro e mi
stupirei... Insomma, qualche indiscrezione l'avrei
gradita. Se fosse stato assunto un atteggiamento così
freddo nei miei riguardi, la cosa mi colpirebbe. Devo
inoltre dare atto al ministro di avere avuto una
concezione rigorosa dell'ortodossia delle procedure per
le entrate in carcere. Non posso non ricordare, a tale
proposito, la reprimenda, non nei miei riguardi ma con
riferimento a tentativi (successivi al fatto Peci) di
penetrazione nel carcere che portavano a privilegiare
l'attività investigativa di un settore delle forze
dell'ordine nei confronti dell'altro. Su questo aspetto
non vorrei sorvolare. Ricordo benissimo le ripetute
segnalazioni di contatti che non avrebbero dovuto
esserci e che poi sono
Pag.2788
stati anche positivi dal punto di vista operativo; è
una concezione dello Stato che fa onore al ministro
Rognoni.
E' stato detto che i direttori generali sono sensibili
agli umori del ministro. Volevo ricordare al signor
ministro che ad una sua richiesta o segnalazione di
designazione di un alto ufficiale al comando di una
certa divisione dei carabinieri (peraltro ribaditami
anche dal ministro Lagorio), vi è stata la mia
opposizione, che poi si è rivelata molto saggia,
rispetto alla quale non è stata fatta alcuna
difficoltà. Si fanno premere i direttori generali o i
comandanti che non hanno valide argomentazioni da
opporre ai ministri. Quindi mi reputo felice di avere
offerto la mia collaborazione a ministri come il
ministro Rognoni.
Voglio precisare che in quell'epoca non vi fu alcuna
indicazione, se non quella dell'attività informativa,
che aveva piena giustificazione nella considerazione
del fatto che il territorio napoletano era quanto mai
&quot;difficile&quot; per le Brigate rosse: ricordiamocelo! Il
controllo del territorio , l'infiltrazione venivano
infatti esercitati dalla camorra. Vorrei chiedere al
presidente se vi sia qualche dichiarazione delle
Brigate rosse dalla quale si desuma che il riscatto sia
stato pagato.
MICHELE FLORINO. Certo che c'è!
PRESIDENTE. Quando viene annunciata la liberazione di
Cirillo, nel documento delle Brigate rosse si dice che
essa è avvenuta perché è stato pagato il riscatto di un
miliardo e 450 milioni. Non so se è vero. Comunque, è
stata trovata la persona che consegnò i soldi a
Senzani; mi pare si trattasse di un avvocato di Roma.
CARLO D'AMATO. No, si trattava di un avvocato di
Napoli. PRESIDENTE. Sul pagamento alle BR non ci sono
quindi
problemi.
UMBERTO CAPPUZZO. Io volevo avallare quanto ha detto
il signor ministro, con riferimento ai rapporti che
andavano al di là della riunione del comitato e dei
continui scambi di informazione, quasi quotidiani, per
dire che di questo passaggio dall'attività informativa
pura all'attività di trattativa noi non abbiamo avuto
alcun sentore, nessuna indicazione, nessuna direttiva.
La stessa presenza sul territorio è stata ribadita e
mantenuta dalle forze dell'ordine senza alcun
allentamento, in relazione anche alla possibilità di
favorire i camorristi nella consegna del Cirillo
liberato. Dico questo per confermare quanto ho già
avuto modo di dire più volte. D'altra parte, sarebbe
sufficiente consultare i verbali delle riunioni del
comitato. Il riferimento - ripeto - è soltanto ad
un'attività informativa mirata nel particolare
contesto.
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Vorrei fare una precisazione. Quando ho
parlato della prevalente battaglia contro il terrorismo
ed ho fatto riferimento alla scelta di Dalla Chiesa,
non ho completato il discorso (me ne accorgo solo
adesso). La liberazione del
generale Dozier rappresenta un po' il discrimine: da lì
viene fuori la sconfitta del terrorismo e delle Brigate
rosse. Proprio perché sembrava allora che il terrorismo
fosse politicamente sconfitto, anche se poi residui di
colpi militari era prevedibile che ci fossero, così
come ci sono stati, da lì c'è stato l'interesse ad
accentuare, più di quanto si fosse fatto negli anni
precedenti, la lotta contro la criminalità. E' in quel
periodo che io mi incontro con Pio La Torre e che nasce
la legge sul riciclaggio del denaro sporco; è da lì che
nasce in me l'idea di utilizzare un uomo come Dalla
Chiesa ed impiegarlo non come commissario ma come
prefetto di Palermo. Sembrava a me, come sembrava al
Governo dell'epoca, che non fosse il tempo dei
commissariamenti, che occorresse notificare la presenza
dello Stato. Ricordo quando Dalla Chiesa veniva da me e
mi diceva: &quot;Ministro, la cosa più bella è andare nelle
Pag.2789
scuole e vedere che si parla per la prima volta di
mafia&quot;. Ecco quindi il senso dello Stato riassunto in
un personaggio emblematico!
Ho voluto dire questo per ricordare come allora
fosse prevalente la battaglia contro il terrorismo. Ciò
non significa che l'amministrazione fosse assente sul
fronte della lotta alla mafia e alla camorra. Tuttavia,
in quegli anni il terrorismo azzannava lo Stato e noi
dovevamo rispondere.
PRESIDENTE. Ministro, le vorrei rivolgere una domanda
per evitare che permanga un punto equivoco. E' stata
posta una questione, la cui definizione ci interessa
anche ai fini della stesura del documento finale. A suo
avviso, quale poteva essere l'interesse di una
organizzazione come la camorra a fornire elementi allo
Stato per liberare Cirillo, visto che dal quadro che
emerge si evince l'avvio - che vi preoccupava molto di un rapporto più stretto tra criminalità organizzata
ecriminalità terroristica (che nasce nelle carceri)?
In
queste ultime sembrava esserci - ed in effetti c'era un rapporto fra queste due forme di criminalità, tanto
che alcuni detenuti comuni sono diventati brigatisti.
Quale poteva essere da questo punto di vista
l'interesse di Cutolo nel dire: &quot;Sì, vi do questa
informazione&quot;? Informazione che - sia ben chiaro in un primo momento si pensava di poter ottenere con
denaro,
così come avviene con i normali criminali. Lo stesso
SISDE aveva stanziato una somma di denaro che non fu
utilizzata perché Cutolo rifiutò denaro. Si disse 100150 milioni... Poi fu consegnata al successore di
Parisi.
La seconda questione è la seguente. Risulta, sia
dalle sue dichiarazioni che dagli atti inviati che,
nonostante Coronas, capo della polizia, nella prima
riunione del comitato per l'ordine e la sicurezza
avesse detto che non vi era bisogno di rafforzare
Napoli, in realtà dalla polizia furono mandati a Napoli
circa 1000-1500 uomini. Da notizie - in verità soltanto
di stampa - risulterebbe che il 4 giugno questi 10001500 uomini furono ritirati. Il 6 poi c'è Siola, che
viene... Poi c'è una serie di regolamenti di conti, 6
omicidi di camorra. Una delle accuse che è stata fatta
allora - considerato che dobbiamo replicare a queste
cose - è che il ritiro di questi uomini fosse in
qualche modo collegato ad una fase della vicenda dei
rapporti tra personaggi dei servizi e camorra. Non so
se le questioni che ho posto siano chiare.
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Noi non ci siamo posti il quesito relativo a
quale interesse potesse avere la criminalità a fornire
informazioni allo Stato. La valutazione che davamo in
ordine all'area napoletana era abbastanza complessa e
differenziata. L'ho già ricordato: c'era l'opinione che
la camorra, così come la mafia, fossero poteri tendenti
a respingere fuori dal proprio &quot;territorio&quot; i fenomeni
di brigatismo, per evitare la
compressione diretta sulla stessa criminalità da parte
di un maggiore insediamento di forze dell'ordine. Sulla
base di questa tesi - giusta o sbagliata che fosse era verosimile pensare che la camorra potesse avere un
qualche interesse. In realtà, noi abbiamo sentito il
dovere di acquisire e di dare questa direttiva perché
non potevamo pensare alla camorra come ad un potere
&quot;dirimpettaio&quot; dello Stato.
E' un fenomeno diffuso e, a differenza delle Brigate
rosse, potere concentrato, gerarchizzato, a comparto,
ideologizzato, e quindi i singoli camorristi o parte
della camorra, sempre in conflitto fra di loro,
avrebbero potuto assumere un'iniziativa di informatori.
Molto più allora che non nei confronti della
corporazione stretta delle Brigate rosse, la
corporazione dei camorristi poteva essere a maglie
larghe e dentro a queste maglie larghe l'informazione
poteva venire fuori.
In secondo luogo, leggendo sul resoconto
stenografico la deposizione del prefetto Parisi, ho
visto che questa questione è stata posta dal presidente
e che Parisi,
Pag.2790
soprattutto nella sua veste di capo della polizia, si è
riservato di fornire dei documenti. Mi riferisco
pertanto ai contenuti di questi documenti in ordine
alla mobilità delle forze di polizia dell'epoca; fra
l'altro, ho avuto occasione anche oggi, rispondendo ad
una delle prime domande, di riferire come queste
iniziative fossero soprattutto a livello tecnico.
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Rognoni ed invito i
colleghi a trattenersi in aula per deliberare sulle
segretazioni che dobbiamo operare sui resoconti
dell'audizione del pentito Galasso e della visita di
ieri a Barcellona Pozzo di Gotto.
(L'onorevole Rognoni esce dall'aula).
Determinazioni in ordine alla pubblicità di alcune
parti dell'audizione svoltasi nella seduta del 17
settembre
1993.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, proseguiamo in
seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito
audiovisivo interno.
( La Commissione procede in seduta segreta ).
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito
audiovisivo interno.
Comunicazioni del presidente.
PRESIDENTE. Informo i colleghi che una delegazione
della Commissione è stata invitata domani a Palermo per
due ordini di motivi. Il primo è un incontro con alcune
associazioni di Palermo, in particolare a Brancaccio era quel sacerdote che ci aveva invitato ad andare e
che poi è stato ucciso - ed in altri quattro quartieri,
le quali chiedono alla Commissione di incontrarsi con
le loro realtà religiose per poi fare una visita in
quei quartieri. Vedremo poi in che modo farla perché è
fastidioso andare, per così dire, blindati, in quei
posti; studieremo il modo di effettuare una visita in
modo civile e non militare.
L'istituto Volta chiede inoltre che la delegazione
della Commissione si rechi alle 11,30 presso la sua
sede, alla presenza del prefetto e dietro invito di
Città per l'uomo, che è un movimento di Palermo, per
presentare la relazione della Commissione antimafia
sulle scuole di Palermo e per una discussione sul
rapporto scuola-mafia. Si tratta di una cosa abbastanza
interessante perché l'altra sera abbiamo avuto, in sede
di ufficio di presidenza un incontro con il ministro
Russo Jervolino.
Informo i colleghi che sono stati assunti impegni
molto rilevanti anche da parte del ministro, che
cercherebbe di
impegnare le scuole a considerare la questione della
formazione di una coscienza civile nella lotta contro
la mafia come uno dei punti continuativi di quest'anno
scolastico; in particolare cercherebbe di connettere
questo tema all'insegnamento dell'educazione civica.
In secondo luogo vi sarebbero tre incontri con i
provveditori del sud, centro e nord indetti dal
ministro con una delegazione della Commissione
antimafia, sempre su tale tematica, per
l'individuazione di alcune aree &quot;pilota&quot; per la
formazione degli insegnanti; si tratta di un dato
essenziale perché, formando gli insegnanti, si può
avere un' incidenza maggiore.
Nel pomeriggio, alle 16, il prefetto, il Commissario
straordinario al comune di Palermo ed il provveditore
agli studi hanno invitato la Commissione antimafia a
presenziare al primo momento di attività del centro
sociale di Borgonuovo, che inizierà a funzionare così
com'era stato detto. Questo si inserisce nel quadro
caratterizzato dall'apertura di 14 nuovi edifici
scolastici a Palermo: è stato svolto un lavoro
abbastanza importante, che in piccola parte ha fatto la
Commissione e in gran parte le autorità. Pertanto vi è
Pag.2791
l'intenzione di sottolineare questo dato al fine di
riallacciare la fiducia tra cittadini ed istituzioni
locali e nazionali.
Poiché alcuni colleghi hanno già manifestato la loro
disponibilità, invito anche gli altri a valutare la
possibilità di dedicare la giornata di domani a tali
incontri. Naturalmente i componenti la delegazione
saranno considerati in missione ai fini del numero
legale, trattandosi di un'attività della Commissione.
Vi prego pertanto di considerare la positività della
cosa; i colleghi interessati potranno prendere contatto
con gli uffici per concordare l'orario della partenza.
Sui lavori della Commissione.
PRESIDENTE. Il senatore Frasca ha chiesto di parlare
sull'ordine dei lavori.
SALVATORE FRASCA. E' stata convocata per venerdì
prossimo, se non erro alle 9,30, la seduta della
Commissione in cui dovremmo fare il punto dei nostri
lavori, trattare le metodologie che abbiamo seguito
fino a questo momento e così via. Ora, anche a nome dei
colleghi Garofalo e Covello, le chiedo se sia possibile
spostare l'orario di inizio di tale seduta alle 12,
perché venerdì saremo impegnati tutti e tre in
un'audizione presso la giunta regionale con i sindacati
su questioni di grande importanza che interessano la
Calabria. Ove non fosse possibile spostare l'orario,
chiederemmo di rinviare la seduta alla prossima
settimana.
PRESIDENTE. La prossima settimana saremo prima in
Emilia
epoi a Bonn; inoltre abbiamo un problema, e cioè che
il 30
settembre scade l'anno di lavoro della Commissione e,
poiché la legge istitutiva prevede che la Commissione
presenti una serie di relazioni ed una relazione
annuale, si era deciso di predisporre un documento
sintetico - di relazioni ne abbiamo presentate tante sulle cose fatte, su come si è lavorato, sui risultati
raggiunti e così via. Se andiamo troppo in là con le
date andiamo oltre l'anno: non si potrebbe anticipare,
invece che a mezzogiorno, alle 10,30 o alle 11?
SALVATORE FRASCA. Si tratta di varie audizioni
cadenzate, che cominciano alle...
PRESIDENTE. Le cose potrebbero avvenire in questo
modo: potrei far distribuire questo documento ai
colleghi venerdì mattina e si potrebbe cominciare la
seduta un po' più tardi senza chiuderla prima del
vostro arrivo.
SALVATORE FRASCA. Signor presidente, stimo molto
importante una seduta del genere: ne stiamo parlando da
prima
delle vacanze ed avevamo detto che sarebbe stata quella
la prima seduta della Commissione dopo la pausa estiva;
alcuni di noi intendono anche dire, in termini
autocritici e non critici, alcune cose su tutto quello
che abbiamo fatto, avanzare delle proposte e così via.
Credo pertanto che per una seduta di questo genere
debba essere assicurato il
plenum da parte della Commissione. Non vi sarebbe
niente di strano se ci riunissimo dopo la visita in
Germania, non succederebbe proprio niente.
PRESIDENTE. Succede questo: che è scaduto l'anno!
SALVATORE FRASCA. Signor presidente, lei mi insegna che
questi termini non sono perentori: se fossero perentori
i termini del Parlamento avremmo un paese del tutto
diverso rispetto a quello che abbiamo.
CARLO D'AMATO. La giornata di venerdì è problematica
per
tutti: non possiamo assicurare la presenza del nostro
gruppo. PRESIDENTE. Rinviamo la deliberazione su tale
questione
alla seduta pomeridiana,
Pag.2792
così avrò modo di proporre un'altra data nella quale
sarà
possibile fissare la seduta.
La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 16,20.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PAOLO CABRAS
Seguito della discussione della relazione sulla
criminalità in Puglia.
PRESIDENTE. Proseguiamo nella discussione della
relazione sulla criminalità in Puglia predisposta dal
senatore Robol.
MICHELE FLORINO. Nella relazione sulla criminalità in
Puglia presentata nella seduta del 14 settembre 1993 si
afferma che &quot;la conclusione di laboriosi maxiprocessi
di Lecce celebratisi in primo grado ha definitivamente
sancito l'esistenza della cosiddetta quarta mafia
operante in Puglia&quot;.
Ritengo gravissimo questo riconoscimento dell'esistenza
di
una quarta mafia che si collega direttamente alle tre
organizzazioni criminali presenti sul territorio e che
sembravano essere circoscritte alle regioni Calabria,
Sicilia e Campania, cioè la mafia, la 'ndrangheta e
la camorra.
Nella relazione, tuttavia, manca la focalizzazione
delle cause che sono alla base dell'infiltrazione e del
consolidamento della quarta mafia in una regione che
fino a qualche anno fa veniva considerata immune dal
fenomeno malavitoso. A mio giudizio, una quarta mafia
non si consolida, non si ramifica in una regione se non
ha alle spalle una copertura o una stretta connivenza
con il potere politico.
Anche per la disamina delle situazioni calabrese,
siciliana e campana si è partiti sempre (ritengo in
modo errato) dal presupposto che 'ndrangheta e mafia
fossero fenomeni legati soltanto a questioni di
primogenitura e di possesso del territorio da parte di
organizzazioni criminali; nessuno ha voluto mai
chiarire in termini espliciti che il possesso di un
territorio può attuarsi solo se l'elemento politico è
strettamente collegato alle associazioni criminali.
Ecco dunque il motivo che sta alla base del
consolidamento della quarta mafia nella regione Puglia.
Come ho detto all'inizio del mio intervento, nella
relazione non appare questa connivenza che pure emerge
in modo prorompente da alcuni scandali che si sono
verificati nel passato e che hanno fornito alle forze
emergenti della criminalità la possibilità di
associarsi al potere politico.
Non possiamo liquidare facilmente la questione della
Gero
Service facendo riferimento ai tabulati che riflettono
l'assunzione di delinquenti con la definizione &quot;mala
doc&quot;, senza considerare anche quell'altro tipo di
assunzione che va letteralmente inserito nel classico
voto di scambio che ha
portato a risultati eclatanti anche in altre regioni
d'Italia. La commistione tra potere politico e
malavitosi che appare
chiaramente nella vicenda Gero Service, emerge ancora
di più allorquando si esamini lo scandalo dei nastri
trasportatori del porto di Manfredonia e l'insediamento
turistico di Vieste, a proposito del quale nulla è
stato detto nella relazione nonostante nel corso delle
numerose audizioni effettuate dalla Commissione sia
emersa la pericolosità dell'inserimento della malavita
organizzata in quel grosso affare che è l'edilizia
abusiva. Siamo venuti a conoscenza che anche in altre
regioni la criminalità si spinge oltre i guadagni
illeciti derivanti dal traffico della droga e delle
armi e dal racket per arrivare a sostituirsi agli
imprenditori per tutto ciò che riguarda l'edilizia
residenziale, specie in quelle regioni che dal punto di
vista paesaggistico sono la parte migliore della nostra
nazione.
Non a caso qualcuno ha voluto evidenziare tutto questo
in
modo più incisivo, mi riferisco ai magistrati che hanno
affermato che la Puglia è una zona particolarmente
esposta e coinvolta e che scarse sono le conoscenze che
il momento
Pag.2793
istituzionale ha del fenomeno. Quest'ultimo certamente
è l'aspetto più grave del problema ma non possiamo non
affermare che la quarta mafia si è ramificata sul
territorio pugliese grazie alla complicità di politici.
Se non abbiamo il coraggio di affrontare in maniera
decisa il nodo delle questioni, corriamo il rischio di
avere la quinta mafia in Liguria, la sesta in EmiliaRomagna, la settima in Lombardia.
Il problema di fondo, dunque, è quello prospettato
da alcuni magistrati, cioè che occorre tagliare il filo
che lega i politici ai delinquenti. Mi sembra che
proprio questa sia stata l'affermazione fatta a Lecce
da un magistrato, il quale dichiarò, lo ripeto, che per
stroncare la mafia e la delinquenza comune occorre
recidere i legami con i politici.
A questi episodi si aggiungono quelli legati allo
scioglimento di altri consigli comunali, come quello di
Trani. E' evidente, dunque, che la responsabilità
politica appare in tutta la sua gravità e voler, come
si tenta di fare anche in questo caso, licenziare
questa relazione limitandosi alla sola analisi del
fenomeno criminale senza porre in prima fila i politici
significa non voler affrontare la questione.
La situazione di Bari, con tutte le sue connivenze,
quel
sistema perverso delle Cliniche riunite, che collegava
e ritengo - ancora collega malavitosi, politici,
imprenditori, è stato creato dalla volontà politica,
perché dal prefetto ed anche da altri ci è stato
riferito che le strutture pubbliche non funzionano. Ed
io voglio ricordare per l'occasione che se una
struttura pubblica non funziona - in quel caso ci si
riferiva al policlinico e ad altre strutture pubbliche
questo avviene sempre perché c'è una strategia di fondo
che, abilmente pilotata, non fa funzionare il pubblico
per arrivare al privato. Ad esempio nella mia città, ad
alta densità criminale, grazie ad una strategia messa
in atto volutamente dai politici, si è arrivati al
fallimento del pubblico nel settore della nettezza
urbana (rimozione e trasporto dei rifiuti) per passare
ai privati. A distanza di un anno abbiamo constatato
che non c'è stato miglioramento del servizio, che anzi
è precipitato più di quanto non fosse avvenuto sotto la
gestione pubblica; abbiamo saputo del pagamento delle
tangenti, perché a Roma era stata concordata
l'operazione dei consorzi della NU. Come si può
constatare - ho citato solo questo caso ma la stessa
cosa vale per decine di altri - ogni operazione tesa
alla conquista di interi settori del sociale di una
regione è strategicamente pilotata dal potere politico.
Non c'è niente da fare. Potete anche non crederci,
potete anche respingere questa mia ipotesi, ma essa
resta, oltre
tutto perché ancorata a episodi che sono accaduti. La
vicenda della Gero Service è lì in tutta la sua
evidenza. Non voglio nemmeno ricordare le lamentele, se
non proprio denunce, del prefetto relative a tutte le
questioni collegate ai processi pendenti: alcuni sono
stati celebrati ma il più importante, quello
riguardante Abbrescia Michele _.001 144, si potrebbe
ridurre solo - come ci hanno detto preoccupati i
magistrati della procura distrettuale antimafia all'imputazione di cui all'articolo 74 della legge
sugli stupefacenti.
Rispetto alle denunce che ci sono pervenute
nell'ambito delle varie audizioni, nella relazione non
è stata inserita l'esigenza di eseguire gli
accertamenti patrimoniali, estendendoli a componenti
istituzionali, come professionisti, funzionari e
politici. Questo dà l'esatta misura della volontà da
parte della Commissione di non mirare al centro del
problema, per tagliare il nodo classico che veramente
sconvolge il nostro paese, quello di una dittatura
politico-mafiosa sul territorio!
Sono queste le evidenti ragioni che portano poi al
crollo delle amministrazioni locali nei comuni ad alta
densità malavitosa. Questo porta alla esplosione di
bombe, come a Terlizzi. Questo porta allo scioglimento
del comune di Trani. Questo porta a tutte le situazioni
gravissime di Montescaglioso e di altri comuni della
regione Puglia.
Pag.2794
Dopo questa introduzione, voglio sottolineare che
quanto è
scritto nella relazione, almeno riguardo a Brindisi,
non corrisponde al vero. Non è vero che le forze
dell'ordine in provincia sono sufficienti e ben
coordinate. Infatti, per quanto riguarda la polizia,
gli stessi funzionari della Polizia di Stato segnalano
che gli attuali organici della questura di Brindisi e
del commissariato di Ostuni sono quelli di alcuni
decenni or sono, quando non vi erano i problemi attuali
di microcriminalità organizzata e la popolazione era
minore. Inoltre, la ventilata istituzione della
compagnia dei carabinieri a San Vito dei Normanni è in
alto mare e certamente non è avvenuto il coordinamento
che tanto si auspicava.
L'abusivismo dilagante ad Ostuni preoccupa i
cittadini e soprattutto coloro che vogliono bloccare
l'espansione non solo di questo fenomeno ma anche della
criminalità organizzata ad esso legata. Ma né la
prefettura né la magistratura hanno prestato molta
attenzione al dilagante abusivismo nella zona di
Ostuni. Come dicevo prima, dietro l'abusivismo,
soprattutto in queste regioni o in questi paesi
meravigliosi, si cela la lunga mano della criminalità
organizzata.
Parlando di Brindisi va aggiunto che nella relazione
non è stato inserito quel che ci era stato denunciato:
il consiglio comunale di Brindisi va sciolto, in quanto
la metà di esso è composta da rinviati a giudizio o da
indagati, dopo che alcuni consiglieri sono stati
arrestati e sostituiti. Nessuno nella relazione ha
segnalato la posizione del sindaco di Brindisi, dottor
Arina, il quale non ha demolito una costruzione, una
villa, non legittima, da lui realizzata vicino alla
chiesa del Casale, monumento nazionale.
Va detto chiaramente che l'attuale situazione di
Brindisi
e di altri comuni della provincia è derivata dalla
realizzazione delle due megacentrali a carbone appalti, subappalti, trasporto ceneri, tangenti accettate da DC, PSI, PDS, ex-PCI, PRI e PSDI, senza
garanzie ambientali e di sviluppo per la provincia di
Brindisi. La magistratura brindisina non riesce o non
vuole accertare le responsabilità delle tangenti.
Per quanto riguarda il dato relativo alla
disoccupazione in provincia di Brindisi, va poi
precisato che si tratta non di 50 mila unità ma di 55
mila unità.
A pagina 49 della relazione, dove si dice che la
giunta regionale DC-PDS-verdi-PSDI-PSI è stata
sostituita nella scorsa settimana da un'altra giunta
senza il PDS, si nota una certa benevolenza verso la
giunta regionale con il PDS, quando invece quella
giunta è stata fallimentare come le altre. Non vorrei
che in questa Commissione nascesse di nuovo quel
rapporto...
CARLO D'AMATO. Corporativismo e collateralismo.
MICHELE FLORINO. ...quel rapporto, già visto in
passato nella cosiddetta solidarietà nazionale, tra la
DC e il PCI, dal momento che traspaiono chiaramente
nella relazione toni ovattati nei confronti di alcune
zone di influenza pidiessina come Mesagne. Non appare
chiaramente - come pure ci è stato denunciato - la
gravità della situazione di Mesagne rispetto alla
conduzione attuale di quel comune ad opera di un
sindaco del PDS.
Un altro aspetto che pure ci è stato denunziato è
quello del circondario di Brindisi, dove alcuni
potentati politici non sono nemmeno scalfiti da
indagini e denunzie. Eppure nei confronti dei delitti
contro la pubblica amministrazione converrebbe agire
con più decisione. Non c'è scritto nella relazione ma
ci è stato denunciato dal procuratore generale presso
la corte d'appello di Lecce e qui lo ripeto: per
sconfiggere la criminalità bisogna rompere il rapporto
di questa con i politici. E' evidente che la visione
che può avere dall'alto della sua cattedra il
procuratore generale presso la corte d'appello di Lecce
è diversa da quella dei commissari che si sono recati
sul posto a guardare per 24 ore, oad ascoltare dagli
auditi, quel che si verifica nella
regione
Pag.2795
Puglia. Eppure, le denunce che sono state ripetutamente
avanzate dai magistrati, dalle organizzazioni
sindacali, dalle associazioni di commercianti, dai due
magistrati della procura distrettuale - che non sto qui
a ripetere, proprio perché sono inserite in un
fascicolo segreto - dimostrano chiaramente, in modo
lampante, la stretta connivenza tra potere politico e
malavita organizzata.
La relazione contiene una descrizione dei fatti, non
analizza e non chiarisce impietosamente, con coraggio,
il dramma della regione Puglia. Dobbiamo invece avere
il coraggio di dire che se qualcuno viene a lamentarsi
con noi o a piangere - come quel procuratore che si
sente solo nella lotta contro la criminalità politicoamministrativa, come quando ci vengono a dire che un
certo processo è bloccato o che da parte della procura
di Foggia non esiste impegno né si effettuano indagini
per conoscere il fenomeno dell'infiltrazione e della
penetrazione camorristica - sono ancora scarse le
conoscenze delle istituzioni sul fenomeno.
L'altro aspetto che pure nella relazione non è stato
evidenziato ma soltanto sfiorato è quello dei soggetti
cui si applicano le norme sul sequestro dei beni,
provvedimento al quale non segue mai quello della
confisca. Eppure questo problema ci è stato chiaramente
denunciato con preoccupazione nelle varie audizioni
svolte a Bari. Rispetto alle dichiarazioni eclatanti di
alcuni autorevoli componenti di questa Commissione, che
di certo non giovano al messaggio che un organo così
autorevole deve lanciare all'opinione pubblica, bisogna
avere il coraggio di dire che ci sono molti settori
inquinati della magistratura, che non riesce ad
applicare il meccanismo della confisca, a fronte ripeto - delle eclatanti notizie che appaiono in prima
pagina sui numerosi sequestri effettuati. Leggevo
l'altro giorno sui giornali che il nostro presidente
dichiarava alla stampa che erano stati confiscati o
sequestrati 5 mila miliardi. Queste sono notizie che
certamente non danno la possibilità di combattere con
decisione la mafia, perché non corrispondono al vero.
Esiste un rapporto interno alle istituzioni che
condiziona il passaggio definitivo alla confisca, vero,
reale strumento per abbattere il potere malavitoso, a
differenza di quello falso e tendenzioso del sequestro,
che serve solo a rassicurare i cittadini senza che gli
stessi vengano a conoscenza del fatto che dopo due mesi
i beni sono restituiti, perché la notizia viene
riportata in due righe nell'ultima pagina del giornale.
La restituzione dei beni a Cassina, in Sicilia,
dimostra chiaramente che questo passaggio non avviene
quasi mai.
PRESIDENTE. Il sequestro del patrimonio di Cassina è
stato invalidato per vizio procedurale.
MICHELE FLORINO. Sì, per vizio procedurale; comunque,
sono stati restituiti a Cassina 300 miliardi.
Non è stato dato ampio risalto a quanto pure ci è
stato riferito - forse quello è stato il momento più
denso di emozioni per la Commissione - rispetto ad una
delinquenza minorile che domina nella regione Puglia.
Alcuni aspetti marginali sono emersi, soprattutto
quello del minore armato di pistola, ma non si è fatto
riferimento, se non in alcune pagine in cui si è
parlato dei quartieri cosiddetti popolari,
all'infiltrazione malavitosa con alta densità minorile
su tutto il territorio della regione, così come hanno
evidenziato i
responsabili che venivano a
discutere con noi. Non si è
parlato in termini chiari del carcere di Lecce, del
passaggio dai 30 ai 114 miliardi. Evidentemente nel
dire queste cose non muovo alcun addebito al relatore
Robol perché ogni componente della Commissione ha la
possibilità di annotare tutto, di prendere appunti
rispetto alle notizie che ci vengono riferite e
giunge poi il momento della verifica della relazione
rispetto alle notizie date: una è potuta sfuggire al
relatore, l'altra pur essendo stata data avrebbe dovuto
essere evidenziata.
Vi è stato il grande scandalo denunziato dal prefetto
Catenacci rispetto al
Pag.2796
l'acquedotto pugliese ed alla società Grandi lavori di
Ravenna: nessun particolare riferimento è stato fatto a
politici che pure hanno operato, nonostante abbiamo
avuto la denuncia chiara, precisa nei confronti di
politici che hanno preso parte a questa grande
operazione.
Per quanto riguarda il controllo AIMA, di cui si
parla, esso è disarticolato ma fatto in modo da
apparire corretto, quando esiste un'illegalità di
fondo. Basti ricordare che gli elenchi degli anni 19751976-1979-1980-1981 sono arrivati nel 1982.
Quali provvedimenti - mi avvio alla conclusione, non
sono stato troppo lungo - hanno inteso assumere le
istituzioni rispetto a questo dilagare malavitoso? Non
ne sono stati presi nei confronti dei ragazzi sul piano
degli interventi scolastici; a Lecce si registra il
dato di mille ragazzi inadempienti rispetto all'obbligo
scolastico. E' stato denunciato che le risorse non
vengono gestite, che all'interno degli istituti di
rieducazione i ragazzi corrono rischi, essendoci una
manipolazione degli stessi da parte della malavita.
Caro presidente, ho voluto fare una panoramica dei
problemi che sono stati denunciati di volta in volta
nel corso delle due audizioni da tutti gli organi
istituzionali, dalle associazioni di categoria e da
quelle sindacali.
Voler sintetizzare, riassumere in poche pagine,
senza centrare il problema della quarta mafia significa
non voler guardare in faccia la verità. La verità - lo
ribadisco - è un'altra: la regione Puglia ha la quarta
mafia perché questo potere criminale insediatosi sul
territorio ha trovato i politici pronti, favorevoli a
stringere un rapporto di
collaborazione, di connivenza e di affari. Se così non
fosse stato, la Puglia sarebbe rimasta al di fuori del
contesto delle regioni ad alta densità criminale e
avrebbe continuato ad essere un'isola dei sogni. Non lo
è più perché è il potere politico il primo elemento
mafioso che conduce al disastro queste regioni.
ALTERO MATTEOLI. Signor presidente, desidero
intervenire
sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Può farlo, onorevole Matteoli.
ALTERO MATTEOLI. Risulta evidente dalle dichiarazioni
rese or ora dal collega del mio gruppo che esprimeremo
voto contrario a questa relazione. Vorrei dunque sapere
se si ritenga di allegare al documento che verrà
approvato i resoconti stenografici degli interventi, in
particolare delle dichiarazioni di voto, nel qual caso
potremmo anche non presentare una relazione di
minoranza (in altri casi ci siamo comportati in questo
modo); altrimenti, saremmo costretti a farlo. Vorrei
che fosse chiarito questo punto.
PRESIDENTE. Credo che non esauriremo il dibattito nella
seduta odierna poiché molti sono gli iscritti a parlare
ed alcuni colleghi, non potendo partecipare a questa
seduta, ci hanno pregato di poter comunque esprimere il
loro parere.
In generale la prassi da noi seguita per relazioni
specifiche come questa sulla regione Puglia - non su
dibattiti generali dove può essere adottato il criterio
da lei suggerito è stata nel senso di
prevedere da parte di dissenzienti la
presentazione di relazioni di minoranza da allegare a
quella di maggioranza per essere inviate al Parlamento;
in tal modo esse hanno una pari dignità di ingresso
nelle aule parlamentari rispetto al documento di
maggioranza. Se non ricordo male, anche in occasione
della presentazione della relazione del presidente
Violante sulla mafia ci si è mossi in questo modo.
Comunque, onorevole Matteoli, possiamo adottare sia
il metodo della relazione di minoranza sia quello di
allegare i resoconti stenografici degli interventi.
Potremmo decidere in proposito quando saremo in numero
legale; si tratta di una questione delicata,
importante, che comunque si può risolvere di comune
accordo, non vedo motivo di contrasto.
Pag.2797
ALTERO MATTEOLI. Ho chiesto questo chiarimento perché
eventualmente avremmo bisogno di un certo numero di
giorni per redigere la relazione.
PRESIDENTE. Non c'è dubbio; questa è una concessione
dovuta da parte della presidenza.
CARLO D'AMATO. Vorrei anzitutto esprimere il mio
apprezzamento per l'attività svolta dal collega Robol,
il quale si è indubbiamente fatto carico di porre mano
ad una relazione su una materia che, per la verità, ha
seguito soltanto per una parte; infatti, sebbene con il
secondo sopralluogo a Bari abbia recuperato in termini
diretti un patrimonio di conoscenza, egli è stato
maggiormente impegnato sul versante dell'attività della
Commissione che ha interessato Taranto, Brindisi e
Lecce, piuttosto che Foggia e Bari.
Ciò nonostante, con uno sforzo notevole, il collega
Robol ha cercato di dare una visione completa e
complessiva delle vicende che hanno riguardato il
nostro lavoro e costituito oggetto del nostro impegno
nelle giornate pugliesi, in particolare per quanto mi
riguarda in quelle a Bari e a Foggia.
Pur apprezzando questo sforzo e naturalmente
sottolineandone la positività, a mio avviso - questo
può costituire oggetto di un ulteriore approfondimento
da parte della Commissione nel suo complesso - nella
puntualità dei fatti riscontrati ci sono alcune
questioni che meriterebbero non per responsabilità del collega Robol - una
valutazione più ampia da parte della Commissione.
E' vero, l'aggravarsi della situazione sociale,
economica e delinquenziale nella Puglia presenta una
serie di cause di ordine economico-sociale più ampie,
che non sono escluse; anzi vengono puntualizzate
abbastanza bene responsabilità di ordine politicoamministrativo. Ma a mio avviso, secondo quella che
ritengo una considerazione di carattere generale,
quando a tanto si giunge evidentemente le varie
componenti della società civile non hanno fatto fino in
fondo il proprio dovere.
Mi sembra che sotto questo profilo l'analisi della
situazione meriterebbe un approfondimento maggiore sul
ruolo che la magistratura ha svolto in alcune realtà.
Anche se i fatti sono stati indicati, sono state
individuate alcune situazioni di non agere della
magistratura (i fatti che successivamente si sono
verificati hanno anche evidenziato responsabilità
dirette di qualche magistrato), sottolineare in questo
senso potremmo fare un approfondimento, anche
recuperando quella parte del verbale della seduta
segreta che tenemmo a Foggia - il dato che permangono
le situazioni di conflittualità, per esempio, nel
tribunale, nella procura di Foggia mi sembra soltanto
un fatto di cronaca e non il frutto di un'analisi, di
un approfondimento. Non si può registrare a distanza di
due o tre anni il permanere di una situazione di
conflittualità in un organo delicato come quello della
magistratura senza aver verificato che cosa sia stato
fatto nel frattempo da chi è preposto ad eliminare i
conflitti, a valutare i casi; mi riferisco al ruolo del
Consiglio superiore della magistratura in una
situazione che permane difficile e delicata nel
tribunale e nella procura di Foggia.
Questa parte della relazione obiettivamente
richiederebbe alcuni approfondimenti, anche perché sono
convinto che non sempre situazioni di conflittualità
siano riconducibili a questioni di ordine personale o
caratteriale relative a rapporti tra magistrati; molto
spesso c'è un modo di essere magistrato e di misurarsi
con la realtà in cui si opera che per alcuni potrebbe
essere il frutto di coinvolgimenti ancora più diretti,
che vanno al di là di un compito delicato, importante e
significativo come quello proprio dell'attività
giudiziaria, in altri casi può essere un atteggiamento
consistente nel lasciar correre.
Ribadisco quindi il concetto iniziale: quando si
arriva ad un degrado della società ci sono
responsabilità che vanno
Pag.2798
analizzate e riferite a tutti i segmenti dell'attività
pubblica, specialmente a quanti sono preposti ad azioni
delicate. Né si può dire, nel caso delle vicende
pugliesi, che ci si aspettava un particolare segnale
politico - così come in alcuni casi è stato detto perché la magistratura facesse fino in fondo il proprio
dovere.
Ci sono fatti che vengono da lontano, questioni che
devono essere ulteriormente approfondite. Su questo la
Commissione dovrebbe fare una valutazione.
Allo stesso modo non vedo espressa una valutazione
del ruolo di alcuni agenti che sono risultati essere
coinvolti in alcune attività criminali. In occasione
del nostro sopralluogo a Foggia ci fu riferito del
coinvolgimento di qualche funzionario, di qualche
ispettore della polizia nell'attività camorristica,
mafiosa e delinquenziale; furono fatti riferimenti
precisi e indicati anche alcuni nomi.
Come commissari abbiamo constatato la tendenza a
ritenere
la società pugliese non permeata, così come i fatti
hanno dimostrato, dal fenomeno della malavita
organizzata. Ci siamo trovati di fronte alla tendenza,
da parte sia di alcuni organi della magistratura, sia
di alcuni settori delle forze di
polizia, a circoscrivere il fenomeno in un ambito
locale, come se non avesse compiuto quel salto di
qualità che invece si evince nella relazione del
senatore Robol, cioè un collegamento molto saldo con le
grandi organizzazioni criminali siciliane e napoletane
che fanno della malavita organizzata in Puglia non un
fatto localistico, bensì ascrivibile a pieno titolo,
purtroppo, in una strategia criminale largamente
diffusa e presente nel nostro paese.
Ciò detto, vorrei sottolineare altre questioni che
hanno
ugualmente richiesto il nostro impegno, quali, per
esempio, quelle relative alle dichiarazioni abbastanza
precise e puntuali rese dal presidente della
Commissione di controllo sull'attività della regione
Puglia; in occasione del nostro sopralluogo a Bari,
infatti, egli fece una serie di riferimenti precisi
rispetto ad attività, azioni ed iniziative: in
particolare, mi riferirisco alla gestione dell'ERSAP,
un ente della regione Puglia definito, da tutti quelli
con cui abbiamo parlato, come permanentemente
disamministrato e caratterizzatosi per una vera e
propria dilapidazione di risorse, anziché per un
riferimento importante, puntuale e significativo in un
settore che interessa gran parte dell'economia e della
realtà pugliese. Credo che questo aspetto, che pure
viene citato nella relazione, in quanto in essa si
parla dell'ERSAP, potrebbe essere oggetto in
Commissione di un minimo di approfondimento e di
un'ulteriore valutazione, perché ci consentirebbe di
cogliere un dato particolarmente importante e
significativo.
Anche per quanto riguarda la questione delle Cliniche
riunite di Bari, trattata con notevole puntualità nella
relazione, in quanto vengono riferiti i metodi di
assunzione, i criteri di gestione e le questioni
relative alle convenzioni con la regione Puglia, a me
sembra che la sottolineatura del dato e la fotografia
dei meccanismi di funzionamento dell'esistente, con la
individuazione del soggetto titolare mi sembra un tal
Cavallari - siano insufficienti rispetto al ruolo avuto
da questo istituto privato nell'ambito, probabilmente,
dell'utilizzazione e del riciclaggio di capitali. Se
sono vere le notizie acquisite in merito ad
un'organizzazione delinquenziale che evidentemente
ricicla i suoi capitali - mi sembra sia questa l'idea
che emerge -, si sottace su cosa abbia significato per
l'assistenza sanitaria pubblica nella regione Puglia il
fatto che da un lato occorrono almeno 25 anni perché
gli ospedali siano realizzati (questo nella relazione è
detto), dall'altro, vi è il vanto di una struttura
privata che svolge un'attività particolarmente
importante e significativa probabilmente utilizzando
sia risorse pubbliche sia quelle aventi una provenienza
che, a quanto pare, sembra essere illecita.
Oltre a questi due aspetti, che considero
importanti, ve ne è un terzo che vorrei sottolineare,
sempre riferendomi
Pag.2799
alla relazione, per comprendere il metodo che seguiamo
nei nostri lavori e perché, anche in sintonia con una
serie di sollecitazioni emerse, sono contrario a che
alcune persone diventino vittime da sacrificare o
comunque da perseguitare, magari per principio: mi
riferisco al passo che ha per oggetto la questione
dell'imprenditore Casillo, a carico del quale nella
relazione si riportano alcune valutazioni rese dal
pentito Galasso.
La mia opinione è che la questione Casillo si trascini
da
molto tempo; l'altro giorno, ad esempio, mi è capitato
di vedere in televisione un'intervista fatta a questo
personaggio, il quale ha detto di sapere bene da che
parte vengano le accuse, che si tratta di soggetti bene
individuati e di questioni che già conosceva da tempo,
assumendo più la faces di un perseguitato che quella di
una persona
effettivamente coinvolta in certe realtà.
A mio parere, dunque, nella relazione sarebbe
opportuno aggiungere alle dichiarazioni di Galasso
un'affermazione più puntuale. A tal fine, i colleghi
che componevano la delegazione della Commissione da me
presieduta quando ci siamo recati a Foggia sanno che
con puntualità abbiamo cercato una serie di riscontri:
ci siamo rivolti ai magistrati, alla Guardia di finanza
e al GICO chiedendo a tutti una serie di carte e atti,
proprio per evitare quanto è accaduto o per consentire
alla Commissione una valutazione più pregnante rispetto
a quanto non è stato detto nelle precedenti
Commissioni, in cui, almeno a giudicare da una lettura
probabilmente superficiale, si segnalava la presenza
scomoda di un imprenditore di nome Casillo, in qualche
modo e a qualche titolo coinvolto e definito erede...
PRESIDENTE. Onorevole D'Amato, lei era presente
all'ultima audizione di Galasso?
CARLO D'AMATO. No.
PRESIDENTE. Galasso ha ribadito ed ha ampliato questi
riferimenti all'imprenditore Casillo. Il fatto che poi
quest'ultimo dichiari pubblicamente di essere oggetto
di persecuzione da parte di un membro della
Commissione, che per altro era assente quando abbiamo
proceduto a quest'ultima audizione del pentito
Galasso...
CARLO D'AMATO. Lui non faceva riferimento alle
questioni
di...
PRESIDENTE. Sì, ma io l'ho letto, perché seguo
attentamente ciò che riguarda le nostre vicende...
CARLO D'AMATO. Io non l'ho letto, ho sentito in
televisione questa battuta.
PRESIDENTE. In una recente dichiarazione, che ho
letto, c'era un riferimento del tutto improprio ad un
nostro collega, in quanto egli non era presente
all'ultima audizione di Galasso. Quest'ultimo ha reso
le sue dichiarazioni in piena responsabilità dinanzi
alla Commissione antimafia, così come aveva fatto
dinanzi alla magistratura. Credo che noi possiamo
riferire tutto quello che è a nostra conoscenza, vuoi
in seguito alle audizioni dei collaboratori di
giustizia, vuoi...
CARLO D'AMATO. Sì, ma per il lavoro che abbiamo svolto,
ame sembra un po' riduttivo...
PRESIDENTE. Sono intervenuto per precisare, non per
contestare quanto lei diceva...
CARLO D'AMATO. Capisco, anche perché credo che
perseguiamo gli stessi obiettivi.
Stavo dicendo che sul personaggio in questione e
sulla sua personalità riportiamo soltanto le
dichiarazioni rese da un pentito, nonostante dagli atti
del nostro lavoro potrebbero risultare, se vi sono - e
credo che ve ne siano - elementi che dettaglierebbero
in maniera più precisa responsabilità e coinvolgimenti
del personaggio in questione. Al procuratore
Pag.2800
della Repubblica e al GICO abbiamo chiesto gli atti
relativi ad una serie di vicende e di fatti che ci
erano stati suggeriti e per i quali la nostra
sensibilità non è stata pronta ed immediata nel
chiedere riscontri. Questo perché quando svolgiamo il
nostro lavoro pensiamo di doverlo fare nell'interesse
più generale, quindi attenti ad evitare che vicende
anche di ordine personale e particolare possano
inserirsi in questioni che, invece, non dovrebbero
riguardare e che certamente non
riguardano - il lavoro della
Commissione.
Per dare maggior risalto e valore al nostro lavoro,
riterrei opportuno aggiungere nella relazione altri
elementi nel senso che ho sopra auspicato, proprio per
non avere la sensazione che i riferimenti a persone, a
fatti e a circostanze siano supportate solo ed
esclusivamente dalle
dichiarazioni di un pentito, per quanto importanti e
significative (non sono infatti tra coloro i quali
ritengono che i collaboratori di giustizia non debbano
essere apprezzati per il loro contributo). Credo che
un'aggiunta in tal senso dia maggiore obiettività al
nostro impegno.
Sono queste le considerazioni di fondo che
desideravo svolgere; si tratta di suggerimenti che mi
sono permesso di dare alla luce del lavoro svolto sia a
Bari sia a Foggia. A titolo personale, non essendo qui
in veste di capogruppo, dichiaro di condividere
ampiamente il resto della relazione del senatore Robol.
PRESIDENTE. Non essendo presenti gli altri colleghi
che
si erano iscritti a parlare, rinvio il seguito della
discussione della relazione sulla criminalità in Puglia
a venerdì 24 settembre. Ciò avendo accolto la richiesta
di alcuni colleghi di rinviare la discussione della
relazione sugli indirizzi generali, la quale servirà
anche come consuntivo annuale da presentare in
Parlamento. Tale discussione, in base a quanto è stato
richiesto stamattina, verrà spostata, presumibilmente,
a venerdì 1^ ottobre.
La seduta termina alle 17,15.
</pre>
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