Un quotidiano moderno
nel segno della tradizione
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WWW.AVANTI.IT
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Anno XV n° 111 - € 1,00
QUOTIDIANO SOCIALISTA DAL
1896
Mercoledì 12 maggio 2010
“Contro la speculazione
sarà una dura battaglia”
Il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, commenta il piano di salvataggio
per l’euro e predica pazienza: “Bisogna combattere, ma non si vince subito”
“Sono battaglie che bisogna combattere,
non si vincono subito”. È quanto ha affermato
ieri il governatore della Banca d’Italia, Mario
Draghi, a margine del convegno del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale
svizzera, a chi gli chiedeva delle misure contro
la speculazione sui mercati prese dall’Europa e
dalla Banca centrale europea. Il governatore
Draghi ha quindi ricordato le misure prese dalla
Banca centrale europea dopo il vertice Ecofin
di Bruxelles di domenica scorsa, che vedono
l’istituto di Francoforte già attivo nell’acquisto
sul mercato di obbligazioni private e titoli di
Stato dell’Eurozona. “Ora - ha spiegato il numero uno di Palazzo Koch - c’è la presenza
della Banca centrale europea che tende a riparare alcuni mercati che avevano smesso di funzionare per i titoli di alcuni Stati”. Il governatore
della Banca d’Italia ha comunque sottolineato
come le misure messe in campo dalla Banca
centrale europea non creino liquidità addizionale: “La Banca centrale europea - ha rassicurato Draghi - non sta monetizzando il debito
pubblico degli Stati”.
PRIMO PIANO
L’ALDOPARLANTE
L’ALDO
AGENZIE DI RATING, UN POTERE ECCESSIVO
Stefano De Rosa
di Aldo Chiarle
PAGINA 3
OLTRECONFINE
CON LA CRISI RITORNA L’EUROPEISMO
Manuela Repetti
PAGINA 5
CULTURA
DRAMMA E COMMOZIONE IN NOTE
Elio Matassi
PAGINA 6
CULTURA
“PER VIVERE CON POESIA” DI MARIO QUINTANA
Giuseppe Moscati
PAGINA 6
Il 28 aprile scorso è iniziata a sorpresa la mia vecchiaia. Andavo all’Avanti! per consegnare - come faccio ogni settimana - i miei articoli e improvvisamente in
pochi minuti ho perso per ben tre volte i sensi, risvegliandomi sulla autoambulanza che mi portava all’ospedale. È una brutta sensazione molto peggiore di
quel giorno del 1944, quando una raffica di “Machinepistol” sparatami da un SS tedesco mi bruciò i capelli.
Allora ero giovane. Ora lo sono un po’ meno, ma non ho
ancora intenzione di “abbandonare la compagnia dei
viventi” nella quale mi trovo molto bene. Quando vedo
passare una bella donna mi giro ancora a guardarla,
anche se non mi ricordo il motivo. Ringrazio i lettori
che, appresa la notizia, mi hanno telefonato e li tranquillizzo con un proverbio del mio vecchio e glorioso
Piemonte: “Bestie grame, i moeru mai” (le bestie cattive non muoiono mai). Un grazie di cuore a Flavia e
Lina che hanno chiamato l’ambulanza e all’Avanti! che
ha mandato immediatamente un redattore all’ospedale.
Mercoledì
12 maggio 2010
RUBRICHE
“D IRITTI & L AVORO ”
2
di Carlo Pareto
Previdenza: la pensione di vecchiaia
La concessione della pensione di anzianità si ottiene quando si verificano tre
condizioni essenziali: età, contribuzione
minima e cessazione del rapporto di lavoro. Il terzo requisito non è necessariamente richiesto per i lavoratori autonomi,
che possono invece chiedere il trattamento di quiescenza e continuare nell’esercizio della loro professione
individuale. Gli altri due variano a seconda che il sistema di computo della prestazione previdenziale sia determinato
con il metodo retributivo o contributivo.
Il sistema di calcolo retributivo è legato
espressamente in particolare alle retribuzioni percepite negli ultimi anni di servizio svolto (dieci anni per il personale
dipendente e quindici per gli autonomi).
È attualmente ancora valido per chi al 31
dicembre 1995 aveva maturato almeno diciotto anni di contribuzione. Per essere
ammessi al trattamento di vecchiaia occorre tassativamente aver compiuto: 65
anni per gli uomini e 60 per le donne. Gli
invalidi all’80% e i lavoratori non vedenti
possono in deroga alle predette disposizioni andare in quiescenza a 60 anni se
uomini e 55 se donne. Per quanto attiene
il requisito amministrativo, sono segnatamente richiesti almeno 20 anni di contributi comunque accreditati (da attività
lavorativa, da riscatto, figurativa eccetera). Mentre continuano ancora a bastare
i precedenti 15 anni di iscrizione assicurativa regolarmente corrisposta solo per coloro però che al 31 dicembre 1992:
avevano già perfezionata tale anzianità,
ovvero avevano già raggiunto il dato ana-
grafico pensionabile previsto all’epoca
(55 anni per le donne e 60 per gli uomini)
o, ancora, erano stati autorizzati, sempre
entro la data su indicata, ai versamenti volontari. Viceversa, il sistema di calcolo
contributivo è strettamente collegato alla
totalità degli oneri contributivi versati, rivalutati in base all’andamento del prodotto interno lordo. L’età anagrafica in
questo caso postulata è variabile (o per
meglio dire è flessibile) da 57 a 65 anni,
sia per gli aspiranti pensionati di sesso
maschile che per quello di genere femminile. Prima dei 65 anni la prestazione di
quiescenza si ottiene a condizione che risulti superiore del 20% all’importo dell’assegno sociale. A partire dal 2008 il
requisito anagrafico pensionabile sarà elevato da 57 a 65 anni di età per gli uomini
e 60 anni per le donne. Per quanto riguarda la condizione assicurativa da soddisfare, sono richiesti almeno cinque anni
di contribuzione riferiti ad una effettiva
attività lavorativa. Per coloro, infine, che
al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità assicurativa inferiore ai 18 anni si applica il cosiddetto sistema misto:
l’importo della pensione viene cioè computato sulla base sia del metodo contributivo sia di quello retributivo. L’istanza di
pensione di vecchiaia può essere presentata direttamente agli uffici periferici
dell’Inps territorialmente competenti per
residenza dell’interessato o tramite gli enti
di patronato, oppure inviati per posta, preferibilmente a mezzo raccomandata con
avviso di ricevimento. L’apposito modello
da redarre è disponibile presso tutte le
Sedi distaccate dell’Istituto ed inoltre prelevabile direttamente sul sito dell’Ente assicuratore www.inps.it, nella sezione
“moduli”. È indispensabile fornire i seguenti dati, servendosi opportunamente
delle schede informative allegate alla domanda: stato di famiglia (autocertificazione); data di risoluzione del rapporto di
lavoro subordinato; diritto alle detrazioni
d’imposta; situazione reddituale (personale e/o congiunta) per accertare il diritto
all’integrazione al trattamento minimo,
alle maggiorazioni sociali di legge, all’assegno per il nucleo familiare o agli assegni familiari; Alla richiesta devono essere,
altresì, acclusi: i modelli Cud rilasciati dal
datore di lavoro per gli anni non presenti
sull’estratto conto assicurativo; e le attestazioni di pagamento, relative all’ultimo
anno, se l’ultima attività si riferisce a lavoro autonomo, a lavoro domestico o a
versamenti volontari. Importante, per le
lavoratrici del pubblico impiego a partire
dal primo gennaio del 2010 è scattata la
disposizione di innalzamento graduale del
requisito anagrafico di quiescenza. Dall’inizio del nuovo anno, cioè, si è alzata
l’asticella dell’età per il trattamento pensionistico di vecchiaia delle impiegate
pubbliche, sanità compresa, che potranno
andare a riposo a 61 anni e non più a 60
anni come è stato finora. È questo in pratica il primo effetto della riforma recentemente varata dall’esecutivo che eleverà
progressivamente la condizione anagrafica da soddisfare per le donne che prestano la propria attività lavorativa nelle
amministrazioni pubbliche, portandola - a
regime - a 65 anni nel 2018. Da ricordare,
infine, che a partire dal 2008 anche i pensionati di vecchiaia, che fino a quella data
ricevevano l’assegno dal mese successivo
al compimento dell’età pensionabile, devono adesso fare i conti con le uscite cosiddette programmate. Mentre resta
nominalmente ferma per l’accesso alla
prestazione di quiescenza in questione la
preesistente condizione d’età postulata dei
65 anni per gli uomini e dei 60 anni per le
donne, con il raggruppamento delle uscite
preordinate in scaglioni è stato di fatto
prefigurato, in maniera surrettizia, l’innalzamento del requisito anagrafico pensionabile nella misura di almeno tre mesi per
i lavoratori dipendenti e di almeno sei
mesi per i lavoratori autonomi. Uno slittamento della decorrenza che ritarda inoltre
anche il ricambio generazionale nelle imprese che oggi hanno la facoltà di licenziare i lavoratori per raggiunti limiti di età.
Le uscite, attualmente, sono diverse a seconda della categoria di appartenenza.
Come espressamente prospettato dalla disposizione di cui si tratta, per i lavoratori
dipendenti la decorrenza è fissata all’inizio del secondo trimestre successivo a
quello in cui si soddisfano le condizioni
richieste in merito al requisito anagrafico
e contributivo. L’attesa per il primo pagamento diventa notevolmente più severa
per i lavoratori autonomi: ad artigiani,
commercianti e coltivatori diretti si applicano infatti le finestre di uscite prestabilite
per i trattamenti anticipati di anzianità con
40 anni di oneri assicurativi accreditati.
LA POSTA
È Cameron il nuovo che avanza in Europa
Gentile direttore,
quel che è certo, all’indomani
dell’esito incerto delle elezioni nazionali, è che in Gran Bretagna sta nascendo
un governo all’insegna del rinnovamento. Il
merito è del possibile nuovo primo ministro
conservatore, David Cameron, che ha aperto
ai Liberaldemocratici di Nick Clegg. David Cameron,
astro nascente del nuovo Conservative Party, già prima
della campagna elettorale che lo ha visto protagonista e
che gli ha fatto guadagnare il 36 % dei consensi, ha profondamente mutato il dna del suo partito: aprendo agli
omosessuali, alla possibilità di legalizzare le cosiddette
“droghe” leggere, alla sanità pubblica e a nuove politiche
ambientali. Optando per un’alleanza con i Liberaldemocratici di Clegg - noto per il suo libertarismo e il suo antistatalismo - non fa che consolidare questa linea di
governo all’insegna dei diritti civili e del risanamento economico. I Laburisti di Gordon Brown, ormai lontani dai
successi e finanche dalle politiche riformatrici di Tony
Blair che li hanno visti protagonisti della politica britannica dal 1997, sono invece - e meritatamente - arretrati al
29 %. L’Italia, in questo contesto, avrebbe moltissimo da
imparare dalla Gran Bretagna (oltre che, ovviamente,
dalla cultura e dalla politica anglosassone).
Nel nostro Paese, oltre a non esistere un partito laburista
o socialdemocratico, non esiste nemmeno un partito liberaldemocratico forte e coeso (potremmo dire che gli unici
a rappresentare una politica “alla Nick Clegg”, da noi,
sono i Repubblicani, i Liberali e i Radicali. Che comunque, assieme, non fanno certo il 23% dei LibDem britannici). E gli unici che si rifanno alla nuova destra europea
di Cameron e di Sarkozy sono oggi i “finiani” e grazie al
rinnovamento di posizioni apportato dal presidente della
Camera Gianfranco Fini. La situazione, da noi, è dunque
ben triste ed ancora ben lontana dalla costituzione di un
forte asse all’insegna di un nuovo liberalismo che guardi
alla riduzione della spesa pubblica, all’abbassamento
delle imposte e a una politica in favore dei diritti civili:
dall’approvazione di una legge per le unioni civili sino a
una per la legalizzazione della cannabis, passando per una
legge che legalizzi eutanasia e prostituzione.
Luca Bagatin
e-mail
***
Droga, quella falsa
amica che fa male
Caro direttore,
l’ho incontrata un giorno che ero tra amici. Era una giornata un po’ così, di quelle in cui ti senti un po’ stonato, fuori
luogo, inadeguato, insoddisfatto, inappagato e lei era tra noi.
Non la conoscevo bene, avevo ricevuto solo qualche informazione frammentaria che mi raccomandava di starne alla
larga perché pericolosa e inaffidabile, e così chiesi qualche
informazione in più ai miei amici. Loro me la decantarono:
mi ammaliarono, mi convinsero che potevo avere un asso-
luto controllo su di lei; così decisi di conoscerla personalmente. Non avrei avuto nulla da perdere, la situazione in cui
mi trovavo prometteva bene e così decisi di fare quel passo
e conoscerla. Mi piacque, o sì come mi piacque. Mi sentii
inebriato e tutte quelle maledette sensazioni negative che mi
avevano accompagnato durante la giornata erano assopite,
dimenticate. Insomma mi sentivo benone. La droga era diventata amica mia, per qualche tempo mi regalò momenti di
estasi, avvolto nel suo manto perdevo totalmente conoscenza di quello che accadeva intorno a me, catapultato in
un mondo mio, alla ricerca di emozioni che senza di lei non
avrei mai provato. Non mi resi neanche conto, ma a un certo
punto della mia vita non potevo più vivere senza di lei. Quel
suo manto ammaliatore era diventato la mia prigione, ero
come una mosca spalmata su una ragnatela che non riesce
più a liberarsi. Il mio paradiso si tramutò in un inferno. Lei
dominava la mia vita, mi avvinghiava sempre di più, ero la
sua schiava, completamente in balìa di lei.
Quando un giorno, in uno dei rari sprazzi di lucidità realizzai che dovevo veramente liberarmene. Lei che consideravo amica, era diventato invece il mio nemico più acerrimo.
È stata dura mentre risalivo la china. Mi tornava in mente il
giorno in cui l’incontrai e le parole di quegli amici che avevano mentito. Oggi sono un operatore dell’Associazione
Narconon Sud Europa (www.narcononsudeuropa.org), e durante le nostre conferenze di prevenzione all’uso e abuso di
droga e alcol racconto questo squarcio della mia vita. Sapere
veramente cosa sono le droghe darà a quei ragazzi che mi
ascoltano la facoltà di valutare, di scegliere e quelle informazioni che io non ho avuto, oggi mi permettono di illuminare chi mi sta di fronte. Ci sono errori che si pagano con
prezzi molto alti, la droga e l’alcol rientrano in questa categoria.
Pinuccia Cambieri
Milano
PRIMO PIANO
Mercoledì
12 maggio 2010
3
La crisi finanziaria greca ha mostrato quali possono essere i catastrofici effetti dei giudizi delle agenzie
Rating, troppo potere nelle mani di pochi
La drammatica vicenda della crisi economica greca ha avuto - mutuando una felice definizione degli anni Trenta del sociologo
americano Robert King Merton - come “funzione manifesta” quella di aver svelato l’esatto
stato dei conti finanziari ellenici ed evidenziato
l’inettitudine della sua classe dirigente e come
“funzione latente” quella di aver mostrato la
pericolosità dei discutibili giudizi delle agenzie
di rating e soprattutto la potenziale forza devastatrice che questi organismi detengono al di
fuori e al di sopra di qualsiasi controllo pubblico, palesandone peraltro i limiti di competenza e credibilità, così come opportunamente
stigmatizzato dall’ex presidente del Consiglio,
Romano Prodi, dal premier, Silvio Berlusconi,
e dal presidente della Banca centrale europea,
Jean-Claude Trichet.
Oltre al giudizio di Standard & Poor’s di due
settimane fa sul debito pubblico greco, qualificato “junk” (spazzatura), che ha scatenato il
putiferio e i ben conosciuti provvedimenti internazionali di politica economica, pochi giorni
fa è stata la volta di Moody’s (altro oligopolista
del settore) a prefigurare, in una delle sue “sentenze”, l’effetto domino dalla Grecia alle banche portoghesi, spagnole, irlandesi, inglesi ed
italiane. La semplice ipotesi, tutta da dimostrare, di un presunto contagio ha provocato effetti rovinosi nei listini azionari di tutta Europa
e falcidiato specialmente le quotazioni dei valori bancari. Soltanto ventiquattrore dopo, la
stessa agenzia, dopo la replica della Banca
d’Italia, ha corretto il tiro sull’Italia, affermando che “il sistema bancario italiano è risultato meno esposto durante le turbolenze di
questi mesi”, che “l’Italia ha operato meno stimoli fiscali” e, infine, che il nostro paese “ha
bisogno di uno sforzo relativamente moderato
per tenere il debito sotto controllo”. Tra i due
momenti, ci sarà stato presumibilmente chi,
ponendo in essere in rapida successione poche,
mirate operazioni di acquisto e vendita, ha conseguito profitti cospicui senza rischiare un centesimo, forte di notizie “di prima mano”. Uno
scenario che mutatis mutandis presenterebbe
interessanti (e preoccupanti) analogie - quanto
a ipotesi di conflitto di interessi e insider trading - con la diffusione di notizie riguardanti
imprese quotate, da parte di alcuni organi di informazione, che anticipano e orientano il comportamento soprattutto dei neofiti del mercato
azionario. Ogni sabato, a mercati chiusi, compaiono in edicola settimanali finanziari specializzati all’interno dei quali, oltre agli
sviluppi registrati nella settimana nei mercati
di tutto il mondo e dai singoli valori in essi
negoziati, sono pubblicate analisi, stime e
aspettative sull’andamento di specifiche società e delle relative azioni. Non è raro il caso
di articoli e tabelle che prevedono per alcune
imprese aumenti di quote di mercato, fatturato, utili, dividendi e, di conseguenza, delle
quotazioni di borsa del 10-20-30% nel giro
dei successivi 3/6 mesi fissando nuovi e migliori “target price”. Inutile sottolineare che,
dopo tale lettura, il popolo dei borsini desideri impartire, la mattina del lunedì successivo, ordini di acquisto nella speranza (anzi,
con la certezza) di cavalcare la tigre giusta.
Tale condotta - secondo la logica della previsione autoverificantesi - produce una artificiale corsa al rialzo del relativo prezzo che può
segnare consistenti variazioni positive rispetto
alla chiusura del venerdì precedente, alimentando negli investitori la convinzione della
scelta indovinata di uno strumento finanziario
del quale, probabilmente, non si conosceva
neppure l’esistenza o il settore merceologico di
appartenenza. Potrebbe, allora, non essere
privo di interesse, per il mercato e per la tutela
del risparmio nazionale, conoscere se gli autori
o gli ispiratori dei servizi giornalistici in questione abbiano direttamente o indirettamente,
prima della loro pubblicazione, impartito ordini
di acquisto degli stessi titoli esaminati e, successivamente, di vendita, beneficiando dei
prezzi più alti determinati dalla domanda indotta dalle loro notizie. Siamo certi che etica
professionale e codice deontologico escludano
simili comportamenti illeciti, ma saremmo più
tranquilli se i competenti organi di vigilanza ritenessero non manifestamente infondate simili
evenienze. La sconcertante vicenda, inoltre, del
tracollo dell’indice Dow Jones lo scorso 6
maggio (persi in quindici minuti oltre 700
punti), dovuto a uno “strano” errore di un trader che avrebbe digitato “billion” e non “million” in un ordine di vendita di un titolo
(crollato del quaranta per cento!), ben si può
ascrivere al preoccupante scenario tracciato e
giustificare l’esigenza di maggiori e più rigorosi controlli pubblici preventivi e successivi.
Stefano De Rosa
Intervista con il capogruppo del Pdl in Commissione Finanze alla Camera, Maurizio Bernardo
L’ELZEVIRO
“Meno soldi ai parlamentari fannulloni”
Superiori a prescindere
“Guardi, non penso proprio che vada aumentato lo stipendio dei parlamentari. Anzi, andrebbe tagliato quello di chi è assente
sistematicamente nelle aule di Camera e Senato
quando si votano provvedimenti importanti per
il nostro Paese e per il bene dei cittadini. Io farei
un passo indietro per far comprendere meglio il
ruolo che svolgono deputati e senatori. Si tratta
di avere rispetto verso i cittadini che ci hanno
scelto e ci danno fiducia”.
Esordisce così l’onorevole Maurizio Bernardo, vulcanico capogruppo del Pdl in Commissione Finanze della Camera, che non
condivide la proposta-provocazione lancia dal
collega Giorgio Stracquadanio per il quale andrebbero pagati di più i parlamentari che lavorano meglio. In base al principio meritocratico,
dice l’ideatore del quotidiano on line “Il Predellino”.
Onorevole Bernardo, quindi non vede di buon occhio l’idea di
un incremento degli emolumenti?
“Siamo in un momento delicato per la nostra economia e la gente ha
bisogno di certezze. Occorre comprendere e far comprendere ai cittadini quando comincia il nostro lavoro, visto che i cittadini vivono già
male il rapporto con le istituzioni che considerano spesso distanti dalle
loro esigenze. Quindi serve chiarezza: il primo lavoro del deputato parte
dalle commissioni che danno il via libera al testo che di volta in volta
approda poi in Aula. Nelle commissioni i testi di legge vengono valutati,
dopo essere stati licenziati dal Consiglio dei ministri, e approfonditi.
Quindi il lavoro vero, la prima attività del deputato si svolge nelle commissioni. Aggiungo anche che la maggior parte delle volte la fiducia
viene posta sui provvedimenti approvati appunto nelle commissioni”.
Ha qualche suggerimento da offrire per migliorare il quadro che
ha appena descritto?
“Sarebbe utile rendere manifesta la partecipazione dei deputati nei
lavori delle commissioni pubblicando le presenze, proprio come
quando si rendono noti i nomi degli assenti alle votazioni in Aula.
Poi, bisognerebbe ragionare sulla introduzione di alcune sanzioni pe-
cuniarie per chi è assente sia in commissione,
sia in Aula. Uniche giustificazioni ovviamente i motivi di salute. Il monito, tengo a
precisarlo, è rivolto a quella esigua minoranza
che diserta i lavori, perché la maggior parte
dei deputati è presente”.
Altre idee onorevole Bernardo?
“Andrebbe aperta una riflessione sull’utilità
di trasmettere o meno il question-time in televisione. Mi chiedo che senso ha mandare in onda
l’immagine di un’Aula deserta, dove compaiono pochi deputati che pongono i quesiti del
giorno e il rappresentante del governo. È una
immagine distorta e fuorviante. Poi dicono che
in Parlamento non si lavora…”.
Lei dice che siete quasi tutti presenti, ma
recentemente il governo è andato sotto…
“È vero, ma è successo durante una sola votazione e non per ragioni
politiche. Io stesso non c’era perché, come altri miei colleghi, ero impegnato in Commissione Finanze ad esaminare gli emendamenti del
provvedimento sugli incentivi”.
L’Italia sta uscendo dal tunnel secondo lei?
“Questo governo ha messo in campo azioni concrete che stanno
dando i primi risultati. Non possiamo che essere fieri dell’azione di
Berlusconi. Che ha mantenuto le promesse. Spero che anche l’opposizione la smetta di criticare l’Esecutivo pregiudizialmente e collabori
per continuare sulla strada intrapresa. Se manteniamo la barra dritta,
come ha detto il ministro Tremonti, possiamo essere moderatamente
ottimisti”.
Si sono distesi i rapporti con l’ala dei finiani all’interno del Pdl?
“Deve prevalere un senso comune di responsabilità soprattutto in
questa fase delicata per la nostra economia. Mi auguro che, anche se
all’interno della nostra casa si susseguono discussioni e confronti, alla
fine si decida di seguire un percorso comune e costruttivo che risponda
all’interesse generale. Spero poi che anche l’Udc decida di rientrare
nella sua casa naturale, che è rappresentata dal centrodestra”.
Sabrina Trombetti
Sfruttando il “caso-Scajola”, nella sinistra sta
riaffiorando il “complesso dei migliori”,
della presunta, ma mai dimostrata, superiorità morale sugli odiati avversari, trattati con
disprezzo.
La sfuriata di Massimo D’Alema contro il
giornalista Alessandro Sallusti, nello studio
del bersaniano Floris, non è isolata: sempre
in quella funesta serata di otto giorni fa, su
un’ altra emittente, La 7, dalla Gruber (Pd), è
salito in cattedra Vendola, dimenticando che
la sua giunta fu travolta dagli arresti per la
“Sanitopoli” e la connessa “Puttanopoli” pugliese. E nei giorni successivi è toccato a
Ezio Mauro (che ha rifilato al venditore della
sua casa una bella somma in nero) impartire
lezioni a Berlusconi e alla maggioranza su
“la Repubblica”.
Insomma, un centrosinistra che, pur senza il
pelo comunista e con milioni di voti in meno,
continua a dimostrarsi altezzoso “a prescindere”, come avrebbe detto Totò. E che gode e
sguazza nelle disgrazie degli avversari, che
nascondono la sua evidente incapacità di
avanzare proposte politiche utili al Paese.
Anche nel momento della violenta rabbia,
esplosa contro il condirettore de “Il Giornale”,
D’Alema - oltre al mega-yacht e alle scarpe di
lusso che gli confeziona, “ad piedem”, un artigiano calabrese - non poteva dimenticare il
suo nemico di sempre. Quando, infatti, ha
detto che dopo “Affittopoli 1” era stato il solo
a lasciare l’appartamento Inail, intendeva indirizzare una maligna frecciata a “Uolter” Veltroni, che continua ad abitare nella centrale via
Savoia, in un mega-appartamento di proprietà
dell’ Ina…
Pietro Mancini
SPECIALE
Mercoledì
12 maggio 2010
4
Il compito della Massoneria secondo Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia
“Dare all’umanità sfide di lungo respiro”
Fra tutte le Grandi Logge alle quali ho partecipato - e sono tante, essendo stato iniziato
alla Massoneria nel lontano 8 maggio 1945 forse quella di quest’anno è quella che più mi
ha colpito, per la presenza di tanti giovani entusiasti e nelle sedute pubbliche anche per la
partecipazione di moltissimi “profani” interessati ai dibattiti che si sono tenuti in tre giorni di
attività. Dalla Grande Loggia sono passate
poche settimane e mi arrampico al Grande
Oriente d’Italia di Villa del Vascello, a Roma,
per sentire le impressioni di Gustavo Raffi, che
da oltre dieci anni è il Gran Maestro della Massoneria del Grande Oriente d’Italia di Palazzo
Giustiniani.
La sede della Massoneria a Roma è la sede
storica della Repubblica Romana; perché proprio al Vascello si è tenuta la battaglia fra
l’esercito francese chiamato da Pio IX ed i garibaldini di Giuseppe Garibaldi, conclusasi con
la vittoria di Garibaldi, ma dove venne ferito a
morte Goffredo Mameli, autore dell’Inno che
oggi giustamente è l’Inno nazionale italiano.
Domando a Raffi la sua impressione sui lavori della Grande Loggia e la risposta non poteva che essere entusiasticamente favorevole.
Perché alla mia domanda dice: “Abbiamo passato giorni di vero confronto. È la nostra strada
guardare negli occhi le cose e lottare perché
possano migliorare i giorni e le stagioni dell’Uomo. Con i nostri lavori, gli approfondimenti e i tanti momenti di riflessione che ci
hanno visto stare assieme, conoscerci ancora
meglio e rinsaldare vecchi doveri, abbiamo ancora una volta arato un campo: quella della nostra capacità di guardare lontano, di indicare al
nostro tempo delle linee-guida che come archetipi valgono per quanto volgiamo contribuire a
costruire. Non dobbiamo e non vogliamo tornare indietro, non chiudiamo gli occhi, continuiamo a camminare verso una nuova alba”.
“Sta a tutti noi, insieme - continua Raffi -,
riuscire a fare della Massoneria un ‘coagulo’ di
forze propositive come terreno di partenza con
cui misurarsi senza nasconderne provvisorietà
e mancanza di pensieri forti. Occorre andare
verso quel ‘racconto condiviso’, di cui parlava
Oscar Giannino in un passaggio del suo intervento in una tavola rotonda, innervando capacità di ascolto nella società nella quale viviamo
da Liberi Muratori, costruttori di umanità. E se
Giannino giustamente rimarcava che da qui a
poco nello scenario geopolitico ‘il mondo sarà
di chi ha fame’, noi crediamo anche che ‘aver
fame’ significhi desiderare il cambiamento, essere aperti al nuovo che accadrà anche con il
nostro lavoro, disporsi al passaggio della verità
che non di rado incrocia il cammino di chi sa
scalare montagne per cercare una ragione per
lottare ancora. Per noi questo vuol dire anche
sentirsi parte di un destino condiviso, di un’avventura unica che cuce la nostra voglia di raccontare la primavera che bussa alle porte del
tempo. Forse in questi giorni non avremo dato
molte risposte. Di sicuro, però, abbiamo posto
buone domande. Quando c’è polvere, aprire
una finestra è già un passo giusto. E fa bene”.
“Ora che abbiamo scaldato il nostro cuore prosegue il Gran Maestro - con la capacità di
misurarci sul campo, di saper parlare agli altri,
di saper intercettare domande, dobbiamo farci
promotori di quella che definisco una responsabilità diffusa, facendoci segno per altre percorrenze perché concretamente sapremo
dimostrare che si può cambiare, che c’è gente
che ci mette la faccia e ci scommette il cuore.
Dopo aver sentito i segni dell’affetto fraterno,
siamo più capaci di portare fuori dal Tempio la
gioia di vivere un sogno possibile: essere Uomini veri, di lealtà e di coraggio. Uomini che
sanno rischiare, inattuali perché quando tutti
fanno spallucce, vogliono costruire anche sulle
rovine”. “L’auspicio che si è levato forte dalla
nostra assise di uomini del dubbio - sottolinea
Raffi -, è che la parola Massoneria risuoni come
sinonimo di una vita da affrontare senza paura,
determinati a costruire più eticità e più responsabilità, nel senso del ‘responso’, dal dare risposte di lungo respiro. La sfida è alta e perciò
ancora più bella: si tratta di disegnare un diverso destino per l’Italia nel Mediterraneo del
pensiero e dell’azione, guardando a due antiche
pietre che ci hanno indicato nelle loro lezioni
di vita i saggi. Sulla prima c’è scritto ‘Umiltà’,
sulla seconda è tracciata la scritta ‘Sicurezza’.
Umiltà perché la storia può continuamente sorprenderci con i suoi ritorni e i suoi paradossi, e
deve trovarci non alla finestra ma lì dove si
cerca, in maniera inquieta, un’alternativa possibile al pensiero unico e all’omologazione che
conduce a vicoli ciechi. La seconda pietra indica invece che la Sicurezza è la capacità di
saper parlare e agire sempre pro e mai contro,
uscendo dalla delega per istradare dialogo e tolleranza. La differenza è tra chi vuol restare nel
mondo della chiacchiera, dell’inautentico per
dirla con Heidegger, e chi è capace di assumere
il carico di ciò che resta perché la speranza
possa crescere, come a volte fa una pianta affacciandosi sulle malferme rocce di un dirupo”.
“Durante i lavori della Gran Loggia - sottolinea il Gran Maestro -, abbiamo vissuto di pensiero e di idealità. Ora passiamo all’azione.
Decodificata una realtà, lavoriamo al suo miglioramento. Lo facciamo come agenzia educativa, scuola di etica e palestra di
responsabilità. Come nell’adagio di Nietzsche,
raccogliamo la lancia dove l’hanno lasciata i
nostri padri e lanciamola un metro più avanti.
Sappiamo, infatti, che ogni metro guadagnato
alla libertà e alla tolleranza sarà un metro dato
all’umanità che vuole andare oltre ciò che è
dato. Ricordiamo anche l’elogio bruniano delle
‘mani’, definite dal Nolano organo degli organi,
perché servono ad alzare speranze, a stringere
poche certezze, quei pochi ‘punti fermi’ - come
li ha definiti Claudio Bonvecchio - da tenere
controvento. A questo il pensiero e la prassi
della Massoneria deve servire: a superare la so-
Sarastro e il destino
L’Oratore: “A Nord, davanti alla porta
della nostra sacra dimora, sta il nostro fratello, di ritorno dal pellegrinaggio annuale e
desidera essere riammesso tra noi. Egli ti
manda il segno esatto, con il quale tu possa
riconoscere se è lecito che lui torni fra noi”.
Porge a Sarastro una sfera di cristallo, appesa ad un nastro. Sarastro: “Questa sfera
misteriosa è ancora limpida e chiara. Sarebbe scura, se il nostro fratello avesse peccato. Conduci il Pellegrino tra noi”.
L’Oratore scompare. Sarastro: “Fra queste
mura silenziose, l’uomo impara a conoscere
se stesso e il suo destino. Egli si prepara a
capire la parola degli dei; ma la lingua della
natura, la voce dell’umanità bisognosa, impara a conoscerla soltanto il viandante che vaga per le vie del mondo. Per questo la nostra
legge ci obbliga a mandare ogni anno uno di noi, come pellegrino, nel mondo travagliato.
La sorte deciderà e pio sarà obbediente. Anch’io, dopo che avrò consegnato al degno Tamino il mio diadema, dopo che egli con giovanile forza e precoce saggezza regnerà al mio
posto, sarò oggi pronto ad accostarmi, per la prima volta, come ognuno di noi, al calice
divino e assoggettarmi al volere del destino”.
Johann Wolfgang Goethe
glia dell’ombra, facendosi fatto essenziale e
certo per una società spaesata che attende risposte vere. Ci vogliono grandi storie come la nostra per dire una sola parola che spazzi via il
tavolo dei tarocchi. Diamo voce alla nostra
forza: siamo uomini di relazione, uomini-cerniera tra storie e tempi. Uomini necessari”.
“È il tempo profondo - incalza il Gran Maestro - che cerchiamo, non la cronaca. Vogliamo
identità definite, non scorciatoie nelle intersezioni della storia. Questa, lo ribadiamo, è la
sfida che abbiamo lanciato a Rimini alla società
italiana: realizzare in ogni ambito, dal lavoro
alla ricerca, più libertà e maggiore responsabilità. La nostra strada è antica e sempre nuova:
pensare oltre. Una ulteriorità che dice non parzialità o compromesso, non ristagnare in divisioni e miserie da cortile, ma significa invece
valorizzare le differenze e promuovere spazi di
libertà. Mai come in questo momento, su una
scena dominata da ‘nani e ballerine’, abitata da
soluzioni take away e pensiero low cost, alla
nostra scuola di sapienza e moralità viene chiesto da fare luce ai crocicchi delle strade”.
“Dobbiamo - evidenzia Raffi - essere maestri
di sapienza ma soprattutto testimoniare che un
altro percorso è davvero possibile, senza perdere la meraviglia del viaggio. Abbiamo tanto
da dire a questo nostro tempo e alla nostra Italia.
Una antica ballata irlandese dice: ‘Trova il
tempo di sognare, è il sentiero che porta alle
stelle’. La nostra strada è la legge naturale e la
coscienza, le nostre costituzioni di uomini liberi, il nostro sogno di poter arrivare a sera
senza lacci di dogmi e ricette penultime. Nessuno saprà mai quanto cuore abbiamo messo e
mettiamo nelle azioni che incarniamo. Noi andremo avanti con tenacia, sapendo che nella
notte una pattuglia di avanguardia ha per guida
solo la stella alchemica”.
“Andare oltre - prosegue il Gran Maestro - è
segno di saggezza. Ricordo Giordano Bruno e
il Vesuvio. Da ragazzo il Nolano guardava il gigante dalle finestre della sua casa di pietra, sul
monte Cicala. In una lettera scrive: pensavo che
il mondo finisse lì, fin quando - cresciuto - non
vi andai di persona, scoprendo che al di là di
quello che era il mio orizzonte vi erano altri
mondi infiniti. Scoprire ciò che non sappiamo,
dare carne a ciò che abbiamo compreso, portare
più responsabilità nel vissuto della nostra società: è questo il nostro compito. Non è un compito che scopriamo oggi. Lo abbiamo scelto
con l’iniziazione, sapendo di essere chiamati a
rispondere di fronte alla storia di ciò che saremo
stati capaci di costruire e di essere giudicati sui
fatti. Ci viene chiesto un lavoro di squadra, non
solo con squadra e compasso. Il camino è lungo
per tutti. Ma come ha scritto Beckett, bisogna
continuare. E io sarò il primo a continuare. Insieme a voi. Per cambiare un tratto di temo che
vogliamo salutare in piedi, perché l’opzione
fondamentale della responsabilità sia sempre e
comunque una scelta di umanità”.
Ringrazio il caro “Fratello” Gustavo per le
sue parole, ma voglio ancora aggiungere alcune
sue riflessioni relative alla centralità dell’uomo.
Sono poche frasi che riassumono, in sintesi,
l’umanità della Massoneria o come diceva Andrea Costa, massone e primo deputato socialista
italiano, l’umanamento dell’uomo: “Quando
decidiamo di mettere l’uomo al centro del nostro lavoro e delle nostre riflessioni; quando è la
sua sofferenza, il soddisfacimento dei suoi bisogni primari, il fine del nostro impegno; quando
riusciamo a dare speranza a chi è disperato e
ascolto a chi è solo; ecco, è allora che diamo
voce alla vera anima della solidarietà e rendiamo possibile l’inveramento dei principi della
Massoneria; sono gesti, comportamenti, non
parole ma prassi, impegno quotidiano per alleviare le sofferenze dei più bisognosi, per renderli e sentirli veramente nostri Fratelli”.
Aldo Chiarle
Mercoledì
12 maggio 2010
ESTERI
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GRAN BRETAGNA / Il primo ministro si fa da parte e spiana la strada a una possibile alleanza Lib-Lab. Clegg tratta su due tavoli
Brown lascia e sconvolge i piani dei Tories
“Più negoziato che dimissioni”: la decisione del
premier uscente Gordon Brown di porre un termine
al suo mandato ha sconvolto i piani dei Conservatori, vicini ormai a un accordo di coalizione, rimettendo in pista l’ipotesi della “alleanza progressista”
tra il Labour e i Liberal-Democratici.
La giornata di ieri è stata lunga e fitta di trattative
tra il partito di Clegg e, prima, i conservatori e, poi,
i laburisti: il leader dei Lib-Dem Nick Clegg non
potrà tardare ancora molto a scegliere quale delle
due offerte sul tavolo accettare, se quella dei Tories
di David Cameron o “l’invito a ballare nel buio” di
Brown. L’offerta dei Conservatori ha il vantaggio
di rispettare due dei criteri più volte difesi da Clegg,
quelli della stabilità e della legittimità; al contrario,
una coalizione Lab-Lib non avrebbe comunque la
maggioranza assoluta e con Brown alla guida rappresenterebbe la continuazione di un governo bocciato dall’elettorato. La decisione di Brown offre
una risposta al secondo di questi problemi, anche se
Clegg non potrà avere alcuna influenza su chi sarà
il suo successore: se accetterà una coalizione, “conoscerà il suo partner solo a ballo iniziato”. Non
che il colpo di scena fosse del tutto inaspettato:
Clegg non aveva mancato di segnalare quale ostacolo rappresentasse Brown per le possibilità di
un’alleanza, e non pochi dei ministri uscenti e dei
dirigenti del Labour avevano già fatto pressioni ieri
sul premier perché lasciasse l’incarico. In caso di
successo Brown si è tuttavia ritagliato un piccolo
mandato, sebbene a termine: nessun successore
potrà infatti essere eletto prima di settembre. Soprattutto si è guadagnato un’uscita di scena degna
e senza umiliazioni.
Favorevole all’alleanza progressista è il quotidiano
“The Independent”, strenuo difensore della legge
di riforma elettorale: un accordo “contro natura”
coi Tories non avrebbe prodotto che una scissione
nei ranghi del partito Liberal-democratico, come
già accadde negli anni Trenta; inoltre, gli impegni
assunti dai Conservatori in merito alla riforma si
limiteranno a delle commissioni e a un referendum
che nessun parlamentare del partito ha intenzione
di difendere.
Di contro, dopo l’apertura dei negoziati con il Labour il conservatore “The Times” accusa i Lib-
Dem di essere “totalmente inadatti al serio compito
di governare” e invita Clegg a scegliere tra “la debolezza e la leadership”, quest’ultima ovviamente
implicita solo in un’alleanza con i Tories: mantenere Brown a Downing Street per altri cinque mesi,
conclude il quotidiano, “è un affronto alla democrazia”.
La mossa di Brown ha costretto Clegg a dover
aprire un negoziato con il Labour, partito sicuramente più affine e di gran lunga preferito dalla base
dei Lib-Dem, assai poco entusiasta - per usare un
eufemismo - dell’idea di una coalizione con i conservatori; inoltre, gli ha consentito di cercare di alzare il prezzo con Cameron, dato che adesso ha a
disposizione un’alternativa politica reale. Per Clegg
rimangono però alcuni dubbi, alla luce soprattutto
del fatto che la coalizione dovrebbe comunque basarsi anche sul sostegno - o la non opposizione - di
numerose formazioni nazionaliste gallesi, scozzesi
e nordirlandesi; senza contare l’etichetta di “asse
dei perdenti” che inevitabilmente segnerà qualsiasi
alleanza Lab-Lib nonostante l’addio di Brown, e
che potrebbe irritare parte dell’elettorato. Non va
infatti dimenticato che l’esito più probabile dell’attuale crisi è quello di nuove elezioni entro il prossimo anno, nelle quali le decisioni di questi giorni
finiranno per contare non poco, specie per il leader
Lib-Dem: un’alleanza con i Tories potrebbe costare
cara alle urne, ma anche l’appoggio a un governo
sconfitto.
“Spero di poter dare presto un annuncio, così da
poter spiegare agli elettori esattamente quali siano
le nostre intenzioni”: il leader dei Liberal-Democratici britannici, Nick Clegg, ha confermato che
le prossime ore dovrebbero essere decisive. “Le discussioni tra i partiti politici hanno raggiunto una
fase critica e conclusiva, sono impaziente come
tutti di risolvere la questione in un modo o nell’altro”, ha dichiarato Clegg alla Bbc. Qualunque sia la
decisione di Clegg, dovrà essere approvata dai tre
quarti dei deputati eletti e dalla maggioranza del
consiglio federale del partito per poter essere applicata; in alternativa, il leader Lib-Dem avrebbe
la possibilità di convocare un congresso degli
iscritti, che dovrebbe tuttavia approvare la coalizione con una maggioranza di due terzi.
OLTRECONFINE
DI
IL METEO
MANUELA REPETTI
Il ritorno dell’europeismo
Quando la settimana scorsa più volte si
è detto che ciò che stava accadendo in
Grecia non era solo un problema greco,
ma europeo, si commetteva un errore. Sì,
perché quello che oggi, a solo una settimana dalla decisione da parte dei Paesi
europei di intervenire a favore della Grecia
con un finanziamento di 110 miliardi di
euro, appare un problema della Unione
europea, in realtà è un problema che va
ben oltre i confini europei e che coinvolge
l’economia mondiale. Non è un caso, infatti, che lo stesso Obama, lucidamente cosciente degli effetti dell’interdipendenza
delle economie e dei pericoli di un euro debole e di una possibile recessione dell’Europa che potrebbero innescare una nuova
tempesta con il rischio di mettere in ginocchio definitivamente l’economia americana, sia intervenuto più volte per spingere
sulla risoluzione di un accordo. E dopo
estenuanti ore di trattative, sostenute in
primis dal nostro presidente del Consiglio
e dal ministro Tremonti, l’accordo si è trovato: 750 miliardi di euro a sostegno della
Grecia e di altri Paesi considerati a rischio, ma soprattutto per salvare l’Euro
dagli attacchi speculativi di queste ultime
settimane. Mai come in questi giorni l’Europa ha dovuto riscoprire l’europeismo,
quella bandiera che negli ultimi anni era
stata lasciata cadere sia dai popoli, sia
dagli stessi governi europei. Nel corso del
processo di costruzione della Ue sono stati
compiuti diversi errori, fra cui quello di
procedere a un allargamento prima di sedimentare e rafforzare l’unità fra i Paesi
membri, ma l’errore più grande è stato
quello di avanzare sulla strada dell’unificazione, fino a dare vita ad una moneta
unica, senza contemporaneamente fare
passi avanti significativi per quanto riguarda politiche europee comuni nel
campo dell’economia, della politica estera
e della difesa. E dopo tante prove a cui è
stata sottoposta l’Europa per mostrare la
sua unità e forse la sua stessa identità,
spesso con risultati mediocri, questa appare la più vera, la più naturale: difendere
la sua moneta. Uno Stato non esiste senza
la sua moneta, perché essa ne costituisce
l’anima stessa. E la salvezza dell’Euro in
questo momento non rappresenta soltanto
la sopravvivenza stessa dell’Unione europea, ma la garanzia della stabilità dell’economia mondiale.
Insistono ancora condizioni prettamente instabili sulle regioni del centro - nord
Italia, con piogge e rovesci sparsi. Altrove nubi sparse, e locali fenomeni sebbene di debole intensità e comunque alternati ad ampie schiarite.
Previsioni meteo di Dominique Citrigno per SPAZIOMETEO.com
CULTURA
SPETTACOLI
Mercoledì
12 maggio 2010
6
La “Dido furens” di Domenico Mazzocchi e “Didone ed Enea” di Henry Purcell
Dramma e commozione in note
Il mito di Didone nella storia della musica ha
una esemplificazione ottimale a partire dal dialogo I, la “Dido Furens”, del compositore romano Domenico Mazzocchi (1592-1665), uno
dei più significativi nella Roma della prima
metà del Seicento, insieme a Marco Marazzoli
e Stefano Landi. È opportuno in primo luogo
approfondire la dizione “Dialoghi”, che costituisce la titolazione di tutta la raccolta; per “dialogo” il compositore intende una struttura
drammatica nella quale - come nella più ampia
forma dell’oratorio, di cui proprio in quegli
anni appaiono i primi esempi - l’azione non
viene rappresentata (come nell’opera) ma è
raccontata da un “narratore” (il testo), che via
via raccorda gli eventi dei vari personaggi. È
una struttura analoga a quella del “Combattimento di Tancredi e Clorinda” di Claudio Monteverdi, eseguito per la prima volta nel 1624,
per pura coincidenza, nello stesso anno dei
“Dialoghi”, nel 1638: in entrambi i casi l’intento del compositore è quello di realizzare una
struttura sintetica per creare una complessa situazione drammatica, anche se non “teatrale”
in senso proprio.
Il livello musicale e drammatico è assai elevato: il testo virgiliano è risolto in maniera fortemente drammatizzata, e benché il
compositore non si avvalga di modalità di recitazione simili allo stile concitato di Monteverdi,
il racconto della morte di Eurialo e Niso, il lamento della madre e la commossa partecipazione al suicidio di Didone, si propongono
egualmente come momenti molto alti: inoltre,
l’attenzione alla lingua, carica di storia, distante
nel tempo, la capacità di aderire al significato
del suono in ogni parola, (un suono diverso e
perciò stimolante) danno ai dialoghi un’evidente, forte unità, caratterizzata anche da successioni armoniche sorprendenti e dall’impiego
di tonalità poco o affatto usate sino ad allora.
Nei momenti particolarmente espressivi l’autore richiede poi un preciso controllo dell’intonazione (con l’uso del quarto di tono) e del
cambiamento di sonorità: la successione crescendo-smorzando (la “messa di voce”) è intesa da Mazzocchi in maniera molto più
complessa, ossia come una modificazione dinamica, cui però si accompagna una modificazione di intonazione. Nei suoi Madrigali a
cinque del 1638 l’autore chiarisce infatti: “La
sollevazione o (come si suol dire) messa di
“P ER
voce nel caso nostro è l’andar crescendo a poco
a poco la voce di fiato e di tuono insieme”.
Anche questo uso complesso di un procedimento tecnico in funzione espressiva dà il
segno dell’atteggiamento innovativo di questo
compositore. In “Dido furens” la protagonista
mostra ogni contrastante segno del dramma che
sta vivendo (preghiera, dolore, indignazione),
mentre Virgilio (così viene chiamata la figura
del testo) partecipa con intensità sempre maggiore, via via che l’azione volge al suo tragico
epilogo. Va inoltre ricordato che proprio agli
inizi del Seicento - l’emissione vocale tipica del
secolo precedente fu profondamente modificata dall’interesse per il cantar francese, ossia il
canto come veicolo di recitazione drammatica
e non solo di bel suono.
Tutti i dubbi relativi alla negatività della figura di Didone (già in Virgilio e poi nel Paradiso perduto di Milton, ove viene comparata ad
Eva per il suo peccato), in cui diventa faticoso
identificarsi allegoricamente con la regina di
turno, vengono fugati da un simbolo più arcaico e nascosto: Didone si sacrifica per consentire ad Enea di fondare la nuova Troia da cui
verranno gli antenati dei sovrani d’Inghilterra.
Inoltre, è la regina di Cartagine, ossia della città
nemica giurata dai futuri romani. Infatti, il fulcro del programma politico è la propaganda antiromana (ossia antipapale), che si adatta bene
sia al regno di Carlo II (dove furono sventate
congiure gesuitiche vere o presunte) sia a
quello di Guglielmo III (dopo il popisch-plot),
ma non certamente agli anni di Giacomo II, il
VIVERE CON POESIA ” DI
Per chi conosce il velluto della poetica di Mario de Miranda Quintana,
un grande autore brasiliano contemporaneo (1906-1994), la raccolta di
poesie e aforismi che, con testo originale a fronte, ha pubblicato l’intelligente e coraggiosa casa editrice perugina Graphe.it Edizioni, dal titolo
“Per vivere con poesia”, è una chicca. Per chi quel velluto non lo conosce, invece, si tratta di un’imperdibile opportunità per entrare in un
mondo magico, complice il mistero come vera e propria essenza dell’estetico. Tradotti mirabilmente da Natale P. Fioretto - cui si deve anche l’edizione della prima opera quintaniana arrivata in Italia, sempre per i tipi
della Graphe.it, “Il colore dell’invisibile” (2008) - , selezionati e organizzati da Márcio Vassallo, i lampi lirici di Quintana scorrono via veloci,
con una fluidità impressionante. E tuttavia tornano, ritornano e ritornano
fino a ossessionare (in senso buono!) il lettore nella mente e nel cuore:
tornano continuamente alcuni temi di fondo; tornano incalzanti alcune atmosfere solo apparentemente distanti e in realtà ben universalizzabili;
tornano prepotentemente le immagini e i colori di una poesia che sa sussurrare e al tempo stesso sa urlare certe verità che in fondo sono antropologiche, forse anche prima che squisitamente poetiche. “Para viver
Registrazione Tribunale di Roma
n. 599 del 29/11/1996
DIRETTORE RESPONSABILE
VALTER LAVITOLA
REDAZIONE DI ROMA
Via del Corso, 117 - 00186 Roma
Telefono: 06/6790038 - Fax 06/69782296
www.avanti.it e-mail: [email protected]
re cattolico. Tutte le semi-opere di Purcell
hanno come soggetto sovrani che soffrono per
amore: a parte Diocleziano e la regina indiana
Zempoalla, troviamo la Fayr Queen (titolo che
si riferisce a Spencer) e, tra le musiche meno
ampie, Bonduca, l’eroina britannica che sfida i
nemici romani. Di tutti questi soggetti, il tema
di Didone ed Enea era probabilmente quello
preferito da Carlo II, ma non da Guglielmo III,
visto che l’opera di Purcell non fu più ripresa
dopo il tentativo indiretto dell’esecuzione-saggio di Chelsea. Esistevano, dunque, esempi
continentali di opere e cantate dedicate a Didone. Vincenzo Alberici, uno dei primi musicisti straneri approdati nella Londra della
Restaurazione, compose inoltre la cantata Su
l’arenoso lido, un lungo e straziante lamento di
Didone, naturalmente su basso ostinato. Era
stata l’Italia, madre del lamento su ostinato, a
creare i primi lacrimosi capolavori sul tema: Sigismondo d’India e Monteverdi per le spettacolari feste di Parma del 1628; poi Cavalli con un
vero e proprio melodramma su Didone del
1641, che, dopo numerose riprese europee,
ebbe la ventura di essere la prima opera rappresentata a Napoli nel 1650; a Napoli sarà messa
in musica per la prima volta da Domenico
Sarro il più celebre testo dedicato alla regina di
Cartagine, la Didone abbandonata di Metastasio, già ricordata nell’introduzione.
La cantata di Alberici, che può essere considerata una fonte autorevole per Purcell, nel suo
schema di racconto indiretto (recitativo) in cui
sono incastonate le parole della sventurata Didone (aria 1 e 2), con varie strofe, non può comunque competere con l’introspezione
psicologica del dramma offerto dal libretto di
Tate: Didone chiede la mano della sua fedele
Belinda, la coprotagonista, apprestandosi a morire (con tanto di apparizione di Cupido tra le
nuvole) e tra la parte recitativa e l’aria è l’intera
serie cromatica del basso del lamento a fare da
efficace ed inusitata cerniera. L’analisi musicale, estesa a tutta la partitura, invece che ad un
solo brano, consentirebbe di verificare la caratteristica che più colpisce in “Dido and Aeneas”:
l’energia che emana dai singoli pezzi incastonati come microforme compiute, una concentrazione consentita da due elementi compositivi
che Purcell aveva già maturato: la tecnica della
ripetizione e l’elaborazione armonica.
Elio Matassi
M ARIO Q UINTANA
com poesia”, che è stato possibile far conoscere ai lettori italiani anche
grazie al sostegno del ministero della Cultura brasiliano (Fondazione
Biblioteca Nazionale), propone così un Quintana che gioca con le parole
senza tuttavia abbandonarsi a meri esercizi linguistici. Come del resto
sottolinea Luís Eloi Stein nella sua prefazione al volume, leggendo Quintana scopriamo l’arte dietro le quinte della sua penna: un lungo processo
di fecondazione, maturazione e ricreazione dell’emozione. Ascoltiamo
allora qualche assaggio della voce del poeta brasiliano, sulla quale è
modulata quella di un traduttore davvero fine e soprattutto capace di
quella che Aldo Capitini amava chiamare “l’aggiunta”: “Chi fa l’amore
[…] / sta caricando l’orologio del mondo” (“Per chiarire un sentimento”). E poi, quasi un inno alla vita e un talismano contro la morte:
“La vita è un incendio: in essa / balliamo come salamandre fatate. / Che
importa se si finisce in cenere / se la fiamma è bella e forte?” (“Per far
tesoro del percorso”). E infine: “I grilli… i grilli… Mio Dio, se si potesse
/ tirare / per una zampa / un solo / grillo / si sfilerebbe la trama delle
stelle” (“Per risvegliare la fantasia”). Da non perdere.
Giuseppe Moscati
EDITRICE
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edizione chiusa alle ore 23,45
Teatro Parioli, uno
show d’altri tempi
Un delicato e piacevole show quello proposto da Raul Cremon al Teatro Parioli di Roma.
L’attore non va mai sopra le righe e conduce i
due tempi con trasfondente raffinatezza. Il suo
stile cabarettistico è intessuto da una satira di
spumeggiante ironia. Titolo della piéce è
“Hocus molto pocus”, su testi da lui scritti su
musiche originali di Lele Micò. Regia di Raffaele De Ritis; si aggiunge la partecipazione
di Felipe e Lele Micò al pianoforte. Per la
prima volta a Roma, Raul Cremona è applaudito protagonista di tutte le edizioni di “Zelig”.
Alla ribalta si presenta con uno show che ha il
sapore e il fascino di uno spettacolo d’altri
tempi. Magia, prestigiazione, gag, musica,
macchiette, sono le dominanti di quest’appuntamento. Il suo è un viaggio bizzarro che parte
in un succedersi di ricordi d’infanzia e di oggetti magici e trasporta il pubblico in un vorticoso giro in giostra tra gag, travestimenti,
giochi. Col protagonista, si avvicendano sul
palcoscenico alcuni dei suoi personaggi più
amati: dal maschilista impenitente Omen, al
mago Silvano, affettuosamente parodiato con
nuove trovate esilaranti, a Jacopo Ortis, l’attore di “gassmaniana” memoria pronto a coinvolgere il pubblico con le sue “boutades” da
istrione. Raul Cremona prosegue quindi il suo
personale percorso artistico, intrecciando comicità e poesia e servendosi della magia come
arte della narrazione.
“Con ‘Hocus molto pocus’ - ha dichiarato
Cremona - posso dare sfogo ‘live’ alle mie due
grandi passioni: la comicità e la prestidirigirizzazione. I momenti in cui mi diverto di più
sono quelli in cui interagisco con il pubblico e
quando faccio il mago, soprattutto con i giochi
di prestigio legati alle carte (la mia vera grande
passione). Lo spettacolo ha degli intramezzi
musicali che fanno assaporare l’atmosfera dei
grandi show degli anni ’50”. E in questi momenti Raul gigioneggia cantando e ballando,
evocando così gli entertainer dei tempi passati.
La regia dello spettacolo è di Raffaele De
Ritis, già collaboratore del Cirque du Soleil, di
Disney on Ice e del Circo Barnum.
Renato Ribaud
COMUNE DI
GERMASINO
P.zza SS. Donato e Clemente, n. 4
22010 Germasino (CO)
Tel. 034486398 – FAX 034486398
Avviso Indicativo
di Project Financing CIG 0476219C56
Durata massima concessione:
anni 30. Importo stimato intervento (compresi oneri per la sicurezza e spese tecniche): €
8.975.000,00 + IVA. Canone di
concessione
annuale:
€
50.000,00 con aggiornamento
annuo in base all’indice ISTAT. Termine
ricezione
proposta:
29.09.2010 ore 12.00. Documentazione integrale disponibile
su www.comune.germasino.co.it
IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO
TECNICO LAVORI PUBBLICI
LINO ALLIO
COMUNE DI
SAN GIOVANNI IN PERSICETO
Provincia di Bologna
Corso Italia, 70 – cap. 40017
tel. 051 6812701 – fax 051 825024
ESTRATTO DI BANDO DI GARA
E’ indetta procedura aperta per l’affidamento della “Gestione del servizio
di Nido d’Infanzia” – periodo
01.09.2010/31.08.2013 - Base
d’asta € 1.685.000,00 – IVA esclusa
per l’intero triennio (importo appalto €
1.686.200,00 di cui € 1.685.000,00
base di gara e € 1.200,00 oneri sicurezza). Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il bando è
stato pubblicato all’Albo Pretorio del
Comune in data 10.05.2010. Per informazioni Servizio Educazione e Pubblica Istruzione (tel. 051 6812767 o
051 6812760) – Bando e capitolato
sono pubblicati sul sito internet
www.comunepersiceto.it. Termine ultimo presentazione offerte: entro le ore
13.00 di lunedì 31 maggio 2010.
Il Dirigente dell’Area
Dott. Andrea Belletti
COMUNE DI MORCIANO
DI ROMAGNA
Piazza del popolo n. 1
47833 Morciano di Romagna (RN)
tel. 0541/851911 – FAX 0541 987581
AVVISO DI GARA – CIG [047452780F]
Questo Comune indice gara, mediante procedura aperta con aggiudicazione a favore dell’offerta
economicamente più vantaggiosa
per l’affidamento dei servizi di ristorazione scolastica dal 1.10.2010 al
30.09.2015. Importo presunto appalto: € 782.500,00 + IVA e €
156.500,00 + iva per l’eventuale
anno di proroga, totale €
939.000,00 + iva. Termine ricezione offerte: 16.06.2010 ore
13.00. Apertura: 21.06.2010 ore
08.00. Documentazione integrale
disponibile su www.comune.morciano-di-romagna.rn.it
IL RESPONSABILE DEI SERVIZI
ALLA PERSONA
Dott.ssa Luisa Rosa Maccaferri
COMUNE DI STEZZANO
Piazza Liberta’, 27 – 24040 Stezzano (BG)
Tel. 0354545311 – fax 0354540357
AVVISO DI GARA CIG 04772807E8
Questo Comune indice gara, mediante procedura aperta con aggiudicazione a favore dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento della gestione dei servizi comunali per
l’infanzia dal 01/09/2010 al
31/08/2013.
Importo a base di gara: €
105.240,00 oltre € 3.000,00 per
gli oneri di sicurezza, + IVA. Scadenza offerte: 23.07.2010 ore
12.00.
Apertura
offerte:
28.07.2010 ore 10.00 c/o sede
municipale. Documentazione integrale disponibile su: www.comune.stezzano.bg.it.
Il Responsabile della Direzione III
Dott.ssa Patrizia Locatelli
CULTURA
SPETTACOLI
Mercoledì
12 maggio 2010
7
La cooperativa onlus “Les Enfants Terribles” ritorna con “Zorro è morto”
Quando il teatro è fatto in casa
LUPO (Caro
al mio cuore)
Les Enfants Terribles ritorna con “Il teatro
fatto in casa”. Dopo il successo di “In Casa del
Giudice”, un nuovo emozionante spettacolo costruito apposta per essere recitato in appartamento, “Zorro è morto” di Daniela Ariano, la
regia di Francesco Marino, con Carlo Ettorre,
Sebastiano Gavasso e Valentina Bruno
Giorgio e Teodoro, un padre e un figlio che
sanno poco l’uno dell’altro, si ritrovano una
sera a confrontarsi sui nodi cruciali della vita.
Sullo sfondo di un sabato apparentemente tranquillo, i due uomini ingaggiano un vero e proprio duello fatto di parole, a volte facete, a volte
dure, ma sempre pungenti come stoccate. Dalla
loro storia personale emergono fatti e storie che
appartengono a tutti, dal G8 di Genova alla
paura del diverso, e al progredire del dialogo le
differenze che li dividono si fanno sempre più
drammatiche e forse irrecuperabili. Tra loro si
muove Sofia, giovane moglie di Giorgio, che
sarà suo malgrado chiamata a ricucire il rapporto tra questo padre, uomo cinico e disilluso,
e il figlio, specchio di una generazione alla continua ricerca di un equilibrio tra verità e giustizia. Forse Sofia riuscirà a riconciliare i due
uomini, o forse sarà anch’essa travolta dagli
eventi. Una sola cosa è certa: nulla è veramente
ciò che sembra. Ancora uno spettacolo che
nasce e si nutre della filosofia che anima il lavoro di ricerca di Les Enfants Terribles. Uno
spettacolo costruito sulla linea di confine che
separa realtà e finzione, vero e falso. Il luogo
scelto è un interno, come nel precedente lavoro
“In casa del giudice”, per la precisione il soggiorno o il salotto, appunto. Una proposta di
teatro perciò spaesato, collocato al di fuori della
struttura teatrale classica, ma proprio per questo
in cerca di nuovo appaesamento. Il rapporto
con lo spazio, in ogni caso, è sempre e solo una
valida metafora di una relazione nuova che il
nostro teatro cerca di stabilire o ristabilire con lo
spettatore. Far incontrare attore e spettatore, e
quindi storie teatrali e storie di vita, in una dimensione che non sia solo extraquotidiana
(come è tutto il teatro) ma che sia anche extrateatrale. Questo per favorire un mettersi in
gioco autentico per entrambi: l’attore e lo spettatore. Far esperienza di una storia che avviene
nello stesso tempo e nello stesso luogo in cui
noi siamo, può senz’altro intensificare l’esperienza stessa a partire dalla qualità dell’ascolto
e dell’incontro che in quel luogo pubblico e pri-
Ho buttato le chiavi della macchina sul tavolino dell’ingresso con un certo fragore, perché si
sapesse che sono tornato. Il passo tranquillo e silenzioso di Amanda è stato l’unica risposta, insieme al ron-ron del suo strusciarsi contro i miei
pantaloni. Ci siamo seduti insieme sul divano, di
fronte al televisore spento e i suoi occhi socchiusi
ora mi guardano intensamente, mentre stira pigra
le zampe e si accoccola meglio sulle mie gambe,
le zampe anteriori allungate nell’incavo del gomito. Quanto sei piccola, Amanda. Non riempi
tutto l’arco delle mie braccia e non appoggi la
testa sulla mia spalla, ma così abbandonata sei
molto simile a quella donna che hai annusato un
paio di volte, tempo fa, te la ricordi? O è stato un
incontro troppo fugace per imprimersi nella tua
memoria? Non l’hai mai più vista entrare, sedersi
su questo cuscino, parlarti sottovoce. Ma sai, lei
è sempre stata qui. In un angolo segreto della mia
esistenza, della nostra esistenza. È un angolo così
piccolo, quello dove la tengo rinchiusa, un angolo minuscolo, sepolto sotto strati di discutibili
ragioni, ma da cui diparte un’eco così forte da ferirmi i timpani e da lasciarmi vuoto di ogni altro
suono. È l’eco della sua voce trattenuta, Amanda,
ma così potente che mi sorprende nessuno l’abbia ancora sentita, in tutto il vicinato, come
quando arriva il circo, la banda del paese, il camion dei pompieri e ciascuno si domanda da
dove provenga quell’esplosione di suoni, e gira la
testa in quella direzione.
Così feci io, la volta in cui, senza che lei parlasse, girai la testa verso i suoi passi che avvicinavano ai miei la luce dei suoi occhi. Da quel
momento dentro di me non ci fu che quel passo,
il suono dei suoi passi che la portavano a me. È
un angolo di cui solo io posseggo le chiavi e che
posso visitare a mio piacere, scendendo in una
galleria di ricordi e schegge di vetro, più scendo
più la pelle mi si graffia contro l’evidenza del non
poterla più abbracciare. Ma per quanto dolore mi
causi ogni frammento che si conficca nelle braccia e nelle gambe, sul collo, tra le reni, non posso
non rifare ogni sera lo stesso tragitto per raggiungerla e in questo modo liberarla, perché non vada
via dalla mia vita. Non ancora. Le porgo la mano.
Non appena bacio i suoi capelli, tutti i momenti
passati saltano fuori e crescono intorno a me
come rampicanti insolenti di una foresta pulsante
di linfa, in cui si perdono gli orizzonti dei doveri,
dell’intelletto, si allontana il richiamo della condanna a vivere senza amare.
Camminiamo dondolando le mani. Siamo in
ogni città, in ogni vicolo, siamo in ogni direzione
e punto cardinale, ovunque io rivolga lo sguardo.
Siamo qui. Siamo solo e ancora qui, dove solo
posso non pensare al suo sguardo smarrito, né al
sussulto delle sue spalle mentre piange, mentre
volto la schiena al suo dolore e fuggo, per non
pagare la moneta della verità e del coraggio che
l’amore chiede. Solo qui posso ancora sentirla ridere felice. Solo qui mi sento perdonato, nel ricordo delle mie mani che carezzano il suo viso e
avvicinano la mia fronte fino a toccare la sua.
Stiamo qui, vicini, in questo non-tempo e nonluogo, dove mi aggrappo ai suoi fianchi per non
sapere che, fuori di qui, qualcuno avrà le sue labbra da baciare e il suo riso soffocato sulla manica
della giacca, mentre la stringe, mentre i suoi
occhi continuano a sorridere, sotto le palpebre
chiuse dall’amore.Vedi, Amanda, questo angolo
è la mia tana, l’unico rifugio dove ancora ritrovo
me stesso, dove non sento pena, poiché vi conservo ogni dettaglio di ciò che è stato più caro al
mio cuore, il ricordo di mio padre, il mio primo
pallone, il primo sguardo di mio figlio. E lei. Ma
so bene che finirò per invecchiare e perderne la
memoria. Allora vagherò, lupo nel fitto del
bosco, diffidente, scontroso e affamato. Vagherò
sui crinali più alti, annusando la terra umida,
senza sapere che morirò di fame e solitudine,
sprofonderò verso i torrenti, interrogando i gorghi in cui si perde la corrente e dormirò al riparo
di massi ruvidi, sussultando di un fremito tra i
rami, come se ancora aspettassi qualcosa, qualcuno. Come se ancora aspettassi la carezza della
sua mano colma di amore e il calore di un rinnegato abbraccio.
Anna Crudo
vato si stabilisce. Gli interessati potranno chiamare la segreteria organizzativa di Les Enfants
Terribles ai numeri: 06-83518893 e 3398499825 per fissare una delle rappresentazioni
a domicilio. Lo spettacolo può essere rappresentato in un salotto dove si potranno comodamente sistemare una trentina di persone. Sarà
cura dei padroni di casa mettere a disposizione
sedie, divani e cuscini per gli spettatori. Lo
spettacolo non necessita di alcun intervento tecnico sullo spazio, se non (forse) lo spostamento
di qualche mobile. Sarà comunque necessario
concordare coi padroni di casa un sopralluogo
da effettuarsi prima della rappresentazione.
Gli attori avranno bisogno di un luogo separato dallo spazio della “scena” dove potersi vestire e preparare senza essere visti dal pubblico.
Lo spettacolo ha una durata di circa 75 minuti.
Gli ospitanti dovranno garantire la presenza di
almeno 30 spettatori paganti. Sarà emesso un
regolare biglietto di ingresso a cura di Les Enfants Terribles per espletare le pratiche Siae (diritto d’autore). Les Enfants Terribles,
cooperativa onlus, nasce nel 2005. Obiettivo
dell’mpresa è la creazione di nuovi percorsi e
linguaggi che contribuiscano a promuovere e
incentivare la proposta teatrale ed ad arricchire
il dialogo e il confronto culturale. È privilegiata
un’attività che guardi alle nuove generazioni,
che ripensi la relazione attore-spettatore, che
abbia una ricaduta sul territorio, in particolare
sul piano del turismo culturale. Nel 2005 produce lo spettacolo “La Gente è Matta” di Marcello Isidori (spettacolo itinerante nei centri
storici) e dà vita alla prima Edizione di Tam
Tam, incontri di teatro, arte e musica, il primo
progetto di Campus/Festival in Calabria,
quest’anno giunto alla sesta edizione. Nell’aprile 2006 debutta con lo spettacolo “In Casa
del Giudice” di Marcello Isidori (recitato in appartamento). Nel 2007 diventa titolare di due
residenze teatrali. In Calabria, presso il Teatro
Comunale di Cassano Jonio (CS), e nel Lazio,
presso il Teatro Comunale di Monte Romano
(VT). Nello stesso anno mette in scena un adattamento di “La guerra di Troia non si farà” di
Jean Giraudoux (recitato nei siti archeologici).
Nella stagione invernale 2008 debutta con “Davide e il Lupo” di e con Francesco Marino (ancora in scena). Del 2008 è lo spettacolo “I
racconti del Pianerottolo”, autori vari, spettacolo itinerante fra le piazze e le vie dei borghi
antichi. “I Sibariti” di Leopoldo Conforti, per
la regia di Francesco Marino, ha debuttato
nell’estate 2009 all’interno del Festival “Magna
Grecia Teatro”.
A Napoli con “Piazza d’arte”
Ha inizio con la Montagna di Sale di Mimmo Paladino la storia delle
opere d’arte in piazza del Plebiscito a Napoli. È il Natale del 1995 e per
la prima volta la piazza principale di una città italiana diventa teatro dell’arte contemporanea, superando i confini dei musei per entrare in contatto
con un pubblico vasto, composto da quei passanti che si fermano interessati ad ammirare o discutere l’installazione dell’artista sannita. Da allora
fino allo scorso Natale, per quindici anni, la tradizione delle opere d’arte
in piazza del Plebiscito è continuata con successo grazie all’intervento di
grandissimi nomi di artisti internazionali, che hanno accettato di intervenire sulla piazza simbolo della città partenopea con le loro preziose testimonianze. Il volume “Piazza d’Arte”, edito da artèm e curato da Eduardo
Cicelyn, ripercorre questi anni di storia di Piazza del Plebiscito come teatro dell’arte a livello internazionale, attraverso un ricco corredo di immagini artistiche raccolte dal fotografo Peppe Avallone. È la storia di un
progetto di ampio respiro, caratterizzato da un coraggio creativo insolito,
che vede la piazza ritornare al suo ruolo originario di luogo d’incontro per
la comunità, del rituale e della festa, del tempo libero e dello spettacolo;
una grande sfida per gli artisti chiamati a caratterizzare una piazza dalla
geometria perfetta e dall’imponente perfezione.
Dopo Mimmo Paladino, un vero e proprio pioniere con la sua monumentale montagna di sale, atta a simboleggiare la conformazione geografica e antropologica della città con la sua storia travagliata, è il turno,
l’anno seguente, di Jannis Kounellis, che sceglie, invece, di concentrarsi
sul monumentale colonnato che circonda la piazza. Sotto i portici della
chiesa di San Francesco di Paola sospende vecchi armadi raccolti da rigattieri locali, mentre omaggia la tradizione napoletana disseminando
lungo il perimetro delle colonne bilancini per il caffé e frammenti di vecchie imbarcazioni. Nel 1997 Mario Merz, grande protagonista dell’arte
povera, riempie la piazza di rossi tavoli di legno e acciaio e di neon ripro-
ducenti una sequenza numerica di Fibonacci. Le installazioni si susseguono, “adottate” con grande entusiasmo e qualche immancabile polemica dai passanti e dagli abitanti di Napoli. Per il primo Natale del nuovo
millennio Anish Kapoor, l’artista britannico di origine indiana, decide di
misurarsi con l’imponenza e la monumentalità degli edifici che circondano il perimetro della piazza, allestendo al centro una gigantesca scultura
rossa di pvc, visibile da ogni altura della città come una macchia di colore
su un paesaggio dipinto di Napoli. Le forme di “Taratantara”, questo il titolo dell’opera, sembrano dischiudersi verso la città, i suoi suoni e le sue
luci, perdendo l’originaria connotazione di oggetto per trasformarsi in
senso e carnalità.
Dopo una serie di contributi eccellenti, che vedono avvicendarsi nella
piazza nomi del calibro di Gilberto Zorio, Giulio Paolini, Joseph Kosuth,
Rebecca Horn, Richard Serra, Luciano Fabro, Sol Lewitt, Jenny Holzer,
Michelangelo Pistoletto e Jan Fabre, il ciclo si chiude nel 2009 con l’artista tedesco Castern Nicolai. La sua installazione affronta il tema dell’interazione tra gli elementi artificiali e naturali, direttamente ispirati al
rapporto che la città vive con il sottosuolo, attraverso tre mongolfiere illuminate che ondeggiano sopra la piazza al suono delle eruzioni vulcaniche del Vesuvio. Le mongolfiere vengono rimosse per motivi di sicurezza
a pochi giorni dall’inaugurazione ma Nicolai realizza immediatamente
un nuovo progetto, che vede protagoniste tre strutture cilindriche che eruttano nuvole di fumo e luce come vulcani. Un omaggio alla città e alla peculiarità dei vulcani di creare energia collegando il sottosuolo con il cielo.
Il volume “Piazza d’Arte”, documento di grande suggestione visiva,
raccoglie tutto questo, quindici anni di arte contemporanea unici e straordinari, sullo sfondo di una Napoli maestosa e di rara bellezza a cui viene
resa giusta notorietà.
Roberto Begnini
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