Giulio Cassina
Fondazione
Residenza Amica
Onlus
Da un’idea venuta da lontano
Residenza Amica 1990-2011
a cura di Giulio Cassina
Da un’idea
venuta da lontano
Residenza Amica
1990-2011
a cura di Giulio Cassina
Da un’idea
venuta da lontano
Residenza Amica
1990-2011
Fondazione
Residenza Amica
Onlus
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
Presentazione
“Residenza Amica” non ha avuto una sola “storia”.
Ora che dall’inaugurazione ufficiale, 22 aprile 1990, e dall’effettiva apertura
agli ospiti, 15 settembre dello stesso anno, sono passati 21 anni possiamo
ripercorrere le vicende che hanno preceduto e accompagnato la
realizzazione dell’opera e la gestione di questi primi ventun anni di vita.
Residenza Amica ha una storia “politico-amministrativa”, fatta di dibattiti,
discussioni, decisioni, delibere, che si è concretizzata nella realizzazione
della struttura e nella definizione del suo assetto istituzionale e gestionale.
Residenza Amica ha anche una storia che possiamo definire “sociale”:
basta pensare al ruolo delle ACLI Giussano, dei Movimenti anziani del
Comune, del Comitato promotore Casa anziani, realtà queste che a volte tra
polemiche e contrapposizioni, come cercheremo di illustrare, hanno avuto
sicuramente il merito di contribuire alla sensibilizzazione su una
problematica, quella degli anziani, che negli anni settanta e ottanta, ad
alcuni almeno, sembrava ancora prematura.
Residenza Amica ha, infine, una storia legata al suo funzionamento, al
Consiglio di amministrazione, agli ospiti, al personale medico e paramedico,
agli assistenti, al volontariato: è questa la storia di tutti i giorni, ma non per
questo meno interessante delle altre.
Aderendo all’invito del Consiglio di amministrazione presieduto prima da
Gian Paolo Longoni, ora da Gian Mario Colombo, abbiamo accolto con
entusiasmo l’opportunità di ripercorre le “storie” di Residenza Amica.
Il risultato di questo lavoro è dedicato a chi ha creduto da sempre nella
necessità di questa struttura ed ha visto coronate le proprie aspettative;
a chi, dapprima scettico sulla bontà dell’intervento, si è man mano ricreduto
ed ha finito per apprezzare questa realtà; a chi non ha mai condiviso
quest’opera, con l’auspicio da parte nostra che veda in essa almeno un lato
positivo, rappresentato dall’assistenza a persone che all’interno della
famiglia non trovano più le condizioni per vivere dignitosamente.
Questo volume è dedicato soprattutto agli ospiti, del passato e del
presente, ed ai cittadini di Giussano perché si rendano conto che almeno
questa volta i soldi del Comune, e quindi di tutti noi, sono stati ben spesi e,
se non l’hanno ancora fatto, decidano di conoscere da vicino Residenza
Amica, i suoi servizi e il Centro Diurno per malati di Alzheimer.
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Un’idea venuta
da lontano
Il merito va riconosciuto e dato a chi ce l’ha: questa è la regola dell’onestà
intellettuale e dell’obiettività storica.
Orbene, i primi a parlare della problematica anziani e della necessità di realizzare una struttura per questa fascia di popolazione furono i rappresentanti locali delle ACLI (Associazione Cristiana dei Lavoratori Italiani).
L’idea, emersa per la prima volta nel lontano 1956, venne ben presto
abbandonata: la sensibilità, sia civile che politico-amministrativa, non era
ancora pari all’evidenza e all’urgenza che la problematica avrebbe assunto in
seguito.
Si tornò a parlare di anziani nel 1973 con un’indagine promossa dalle ACLI
e da altre associazioni di volontariato presenti sul nostro territorio: l’indagine
mirava a sapere dai Giussanesi cosa soprattutto occorresse per gli anziani.
Il risultato fu che il 43% delle risposte indicò l’opportunità di realizzare una
casa per gli anziani a Giussano.
Qualche anno dopo, con la collaborazione di una cinquantina di volontari,
preceduta da assemblee nel capoluogo e nelle frazioni, si svolse un’indagine sulla condizione degli anziani del nostro comune. Su un totale di 2951
destinatari dell’inchiesta, le risposte furono 1624, pari al 55%, per cui i risultati potevano considerarsi attendibili.
L’indagine aveva lo scopo di conoscere quale fosse la condizione dell’anziano (stato di salute, situazione economica e abitativa), ma anche di evidenziare quali fossero i bisogni prevalenti di una fascia di popolazione che
andava assumendo dimensioni sempre più rilevanti e pertanto richiedeva
risposte non dilazionabili a lungo. Da questa indagine emerse che il 24% riteneva necessaria la casa per anziani, il 17,4% un servizio di assistenza domiciliare, soprattutto di natura infermieristica, e il 13% una struttura di ritrovo e
per il tempo libero (leggi centro diurno o centro sociale).
Per dimostrare, se ce ne fosse bisogno, che le idee richiedono molto tempo
per maturare, certamente molto di più di quello impiegato dai frutti che la
terra produce, bisogna aspettare il 1979 per avere, da parte
dell’Amministrazione comunale, la prima concezione di una struttura per gli
anziani.
Ripercorrendo le tappe che dal 1979 hanno portato alla realizzazione della
struttura attualmente in funzione ci sarà offerta l’opportunità di constatare
come l’idea iniziale si sia man mano trasformata e cercheremo anche di spiegare il perché.
Per tornare al 1979, inizialmente si pensò, più che ad una casa di riposo,
ad una casa albergo e ad un centro sociale: un progetto prevedeva la costruzione di casette residenziali, collegate a due complessi singoli, un ospedale
diurno e un centro sociale.
La legge regionale n. 36 proprio del 1979 richiese però una prima modifica
del progetto: la costruzione fu assemblata e il tutto raccolto in un unico fabbricato, un monoblocco che conteneva nel piano seminterrato i locali del
La casa Anziani
appena ultimata.
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L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
Un’idea venuta da lontano
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
tempo libero e la ristorazione ed ai piani superiori i singoli alloggi.
Sempre nel 1979, il 22 dicembre, si tenne nella sala consiliare un incontro
pubblico sul tema “Casa anziani” con la partecipazione dell’assessore regionale Renzo Peruzzotti: lo scopo era quello di avere un parere autorevole su
quanto si stava progettando, ma anche di sensibilizzare la Regione a “sganciare” un po’ di soldi allorché si fosse arrivati al momento dell’approvazione
e del finanziamento del progetto.
Che l’Amministrazione comunale avesse deciso di prendere in serio esame
la problematica anziani fu evidente quando il 18 gennaio 1980 il Consiglio
comunale nominò una commissione mista col compito di indicare la tipologia, l’ubicazione e la conformazione della Casa.
Per dovere di cronaca riportiamo i nomi dei dieci componenti: Erminio
Barzaghi (sindaco), Antonio Colombo (assessore ai servizi sociali), Alberto
Boffi (DC), Giovanni Rovagnati (PCI), Luigi Tonolini (PSI), Enrico Borgonovo
(gruppo misto), Gianni Dell’Orto (Movimento anziani), Gildo Gorone, Mosè
Citterio e Carlo Ratti (Comitato casa).
Pensare ad una Casa albergo con alloggi, dotati anche di cucina, per consentire agli anziani di potersi preparare il cibo, corrispondeva certamente alla
visione di un anziano autosufficiente, padrone di sé e delle sue azioni, era
però il frutto di un’utopia e, come spesso avviene, le utopie devono fare i
conti con la realtà.
Tant’è vero che dopo qualche anno non si parlò più di alloggi, ma di camere e locali comuni. L’abbandono dell’idea iniziale fu un’inevitabile resa alla
realistica previsione delle condizioni della popolazione anziana che avrebbe
trovato ospitalità nella casa di riposo: ben presto si pensò, e fu certamente
un bene, ad anziani sempre meno autosufficienti e sempre più bisognosi di
assistenza.
Tuttavia i termini “alloggi” e “piccoli appartamenti” sono ancora presenti in
due dei tre piani della casa nel progetto stralcio predisposto dall’architetto
Emilio Magi Braschi tra il 1980 e il 1981, approvato dal Consiglio comunale
nella seduta del 19 gennaio 1981.
Infatti un primo progetto di massima era stato presentato all’Amministrazione
comunale nel marzo del 1980, con un preventivo sommario di 3.600 milioni di
lire, spese tecniche e IVA escluse. Poiché in quel momento l’Amministrazione
comunale non disponeva della cifra complessiva, fu predisposto uno stralcio
dell’importo di 2.509 milioni di lire.
Il piano rialzato e il primo prevedevano piccoli appartamenti a 1 o 2 letti, per
un totale su ciascun piano di 21/28 posti letto, mentre il piano secondo fin
d’allora era destinato a persone non autosufficienti con 12 posti letto.
La relazione tecnica distributiva del progetto, sempre a firma dell’architetto Emilio Magi Braschi, datata 7ottobre 1987, pur mantenendo ancora la
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Un’idea venuta da lontano
denominazione di Casa alloggi, prevede al piano primo e al piano secondo
rispettivamente 28 e 31 posti letto per autosufficienti e al piano terzo 20 posti
letto per non autosufficienti.
Dalla stessa relazione tecnica si evince che al piano terreno sono previsti i
locali per la riabilitazione, gli ambulatori, la sala riunioni, la direzione, gli uffici e la cappella, realizzata in un locale inizialmente previsto come sala conferenze.
L’altro edificio costruito in concomitanza con la casa albergo, il così detto
Centro sociale, collegato a questa da un camminamento coperto e chiuso,
sempre nella relazione del 1987 prevede al piano terreno i servizi per il tempo
libero destinati agli anziani della casa e agli esterni, la stireria, la lavanderia,
le celle frigorifere e la dispensa, mentre al primo piano figurano i locali per la
cucina e la ristorazione.
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L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
19 gennaio 1981:
una seduta “storica” del
consiglio comunale.
Approvato il progetto
della Casa anziani
19 gennaio 1981: una seduta “storica” del Consiglio comunale. È approvato il progetto della Casa anziani
In un Comune delle nostre dimensioni e con le problematiche da affrontare normalmente le sedute così dette “storiche” si possono contare; si tratta
in genere di sedute in cui si affrontano i problemi del territorio (Piano regolatore soprattutto) o della dislocazione delle strutture scolastiche (vedi ad
esempio il Piano scuola sul finire degli anni ’80), oppure le sedute di insediamento di un rinnovato consiglio comunale.
Fra queste sedute storiche possiamo a ragione annoverare quella del 19
gennaio 1981, allorché il progetto tecnico esecutivo della Casa per anziani fu
sottoposto all’esame e all’approvazione del Consiglio comunale.
Più che l’esito scontato (28 voti favorevoli e uno solo contrario) val la pena
di ripercorrere a distanza di 30 anni le motivazioni addotte dai rappresentanti dei partiti politici e dalla Giunta in quella seduta.
Se, come si è detto, alla fine quasi tutti concordarono sull’approvazione del
progetto, va detto che le motivazioni furono variegate e ispirate, in generale,
ad una visione che vedeva da parte di molti la costruzione di una casa di
riposo come il male minore, anche se ormai inevitabile.
Ettore Trezzi (gruppo misto) parlò di casa anziani come momento di passaggio in una società che stava vivendo una profonda crisi morale e quindi
indicò nella soluzione prospettata il “male minore”.
Sulla stessa scia i capi storici del Partito comunista a Giussano, Giovanni
Rovagnati e Ettore Ballabio, che individuarono nella casa per anziani non
già la soluzione per i problemi di questa fascia sociale, ma una scelta realistica, della cui promozione attribuivano il merito alle ACLI giussanesi. Sulla
casa albergo come soluzione di ripiego si espresse anche il PSI per bocca
del suo capogruppo Enrico Maiocchi.
Anche Carlo Boffi, consigliere DC, in sintonia con Trezzi, rilevò che si era
arrivati al punto in cui non si desiderava più avere in casa presso di sé chi
era diventato pesante e ingombrante.
L’unica voce fortemente critica nei confronti del progetto fu quella di
Francesco Rivolta, esponente di Democrazia Proletaria; egli affermò che gli
anziani di Giussano avevano diritto a qualcosa di più di una casa di riposo e
occorreva eliminare i fattori che creavano la loro emarginazione, per cui proponeva interventi per l’abitazione e l’assistenza abitativa, l’installazione di
sistemi di sicurezza per gli impianti a gas e l’elettricità, alloggi protetti per non
La planimetria generale
del progetto approvato
nel 1981:
successivamente i due
corpi di fabbrica
saranno collegati con
un passaggio chiuso e
coperto. Le due strade
di Piano Regolatore
allora non avevano
ancora un nome, poi la
parallela a via D’Azeglio
diventerà via della
Conciliazione, mentre
l’altra, adiacente
all’area mercato, sarà
intitolata a Pietro
Nenni.
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L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
19 gennaio 1981: una seduta “storica” del Consiglio comunale.
Approvato il progetto della Casa anziani
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
…e dopo qualche anno
finalmente i lavori partono
autosufficienti, avvio definitivo del servizio di assistenza domiciliare, creazione di un centro sociale aperto a tutti i cittadini.
Gli esponenti della giunta, soprattutto il sindaco Erminio Barzaghi, l’assessore ai servizi sociali Giulio Villa e l’assessore all’urbanistica Gian Paolo
Longoni, posero l’accento su alcuni aspetti che avevano stimolato
l’Amministrazione comunale a progettare la realizzazione di una casa per
anziani: anzitutto il fatto che 45 anziani di Giussano erano ricoverati in strutture di altri comuni e molti di questi avevano espresso il desiderio di tornare
a Giussano, inoltre la casa era vista come una risposta realistica, e non già
risolutiva, che teneva conto soprattutto delle reali condizioni della nostra
società, senza però essere ispirata dalla volontà di ghettizzare l’anziano.
Quella fu senza dubbio l’occasione per un dibattito serio e approfondito
sulla problematica dell’anziano. A chi ci legge e non sa molto di quegli anni
parrà che siamo tornati alla preistoria della nostra vita politica, ma chi, come
noi, era presente in quella sede ritrova nella discussione di quella seduta
l’apporto appassionato, convinto e disinteressato di molti “politici locali”che
hanno fatto la storia del nostro Comune, alcuni dei quali purtroppo ci hanno
già lasciati.
Era quella un’epoca in cui ci si scontrava in Consiglio, ma prima, durante e
dopo la discussione ci si rispettava e, a volte, persino si restava o si diventava amici.
Adesso è ancora così?
Il progetto tecnico esecutivo fu approvato il 19 gennaio 1981, ma per vedere l’avvio dell’opera bisognerà aspettare qualche anno ancora. Dalla relazione della Giunta Municipale al Bilancio Preventivo 1983 scopriamo il perché:
“Negli anni 1981-82 il progetto ha subito ritardi per le difficoltà incontrate nel
reperire i finanziamenti necessari tramite mutui”.
Ora finalmente gli ostacoli sono superati, nel giugno del 1983 viene indetta la gara d’appalto, l’impresa Luigi Schiavi di Bossico (Bergamo) si aggiudica i lavori che prendono il via negli ultimi mesi dello stesso anno.
La realizzazione dell’opera si può seguire attraverso l’esecuzione dei vari
lotti e l’approvazione da parte della Giunta dello stato finale di ciascuno di
essi (chi volesse saperne di più può consultare l’archivio comunale).
A noi interessa, invece, seguire l’evoluzione dell’opera sotto il profilo politico-amministrativo, come stiamo facendo ora, e anche nei suoi risvolti esterni, nell’interessamento da parte del Comitato casa, dei Movimenti anziani e
dei cittadini in genere (ma di questo parleremo più avanti).
Passando in rassegna le discussioni del Consiglio comunale in occasione
dell’approvazione dei Bilanci Preventivi e le relazioni della Giunta possiamo
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La Casa anziani
durante l’esecuzione
dei lavori di
costruzione.
…e dopo qualche anno finalmente i lavori partono
…e dopo qualche anno finalmente i lavori partono
passata alla fase attuativa. E’ la casa per gli anziani che per tanti anni è stata
solo al centro delle nostre attenzioni e alla quale, purtroppo, le difficoltà finanziarie generali di questi anni non ci hanno permesso di imprimere un diverso
ritmo di realizzazione: ora che il cantiere è operante ci sentiamo serenamente calati nell’impresa che ci porterà ad arricchire i nostri interventi con un’opera che efficacemente contribuirà a dare sicurezza a quanti non possono più
contare sull’integrità delle loro capacità socializzanti”.
Subito all’inizio dei lavori di costruzione il sindaco Barzaghi poneva l’accento su quella che, al di là delle visioni utopistiche e delle riserve avanzate
da più parti, si sarebbe rivelata una delle finalità precipue di Residenza
Amica: dare una risposta a quanti non più autosufficienti non erano in grado
di essere adeguatamente assistiti entro le pareti domestiche.
E, comunque la si pensi al riguardo, la storia di Residenza Amica in questo
ventennio è andata sempre più in tale direzione.
Scorcio della Casa
anziani: la costruzione
al centro ospita al
primo piano la sala
ristorazione e nel piano
sottostante gli spazi
per le attività di
animazione e per il
ritrovo degli ospiti.
ripercorrere le tappe che hanno portato nel 1990 all’apertura della Casa.
Contemporaneamente l’Amministrazione comunale doveva pensare alla
modalità della gestione della struttura che si stava costruendo, perché come
sa ogni buon amministratore pubblico la difficoltà non risiede nel realizzare
un’opera (semmai si tratta di fare i conti coi tempi e con i mezzi finanziari a
disposizione), ma nel saperla gestire secondo i principi di economicità ed
efficienza, insomma nel farla funzionare bene.
Inoltre, quando i lavori erano ormai in avanzata fase di esecuzione, intervenne un altro fatto, assolutamente inatteso, l’eredità di Antonio Citterio a
favore della Casa di riposo.
Come si può notare, le “storie” ancora una volta si intrecciano, ma procediamo con ordine: della forma di gestione e dell’eredità Citterio parleremo più
avanti, ora torniamo alla storia politico-amministrativa che si può ricostruire
ripercorrendo le discussioni sui Bilanci preventivi dal 1984 al 1989.
Nella sua relazione al Bilancio preventivo 1984 il sindaco Erminio Barzaghi
scriveva:
“Non possiamo dimenticare una struttura molte volte sognata e finalmente
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In occasione della presentazione del Bilancio preventivo 1985 l’assessore
ai servizi sociali Giulio Villa affermò: “Sono in fase di avanzata esecuzione i
lavori per la realizzazione del primo lotto (casa albergo), mentre sono stati già
appaltati alla stessa impresa (Schiavi di Bossico) i lavori per l’esecuzione del
secondo lotto (centro diurno), in cui è prevista la sala ristorazione. Questo
sarà l’anno decisivo per mettere effettivamente in atto tutta l’organizzazione
che risulta indispensabile per una struttura e un servizio la cui utilità è avvertita dalla nostra popolazione.
A questo proposito piace ricordare il successo ottenuto dall’iniziativa che,
attraverso una lotteria, ha raccolto i fondi per arredare una sala di fisioterapia”.
L’avanzamento della costruzione e la definizione della struttura organizzativa e gestionale da dare alla Casa di riposo ritornano nella discussione del
Bilancio preventivo 1986.
Infatti il capogruppo del PRI, Silvio Elli, ricorda che “un importante impegno riguarda il completamento della Casa per anziani che con l’approvazione del terzo lotto accorcia i tempi verso l’utilizzazione ormai prossima della
struttura”, mentre il sindaco Erminio Barzaghi nella sua relazione scrive: “Su
questa iniziativa puntiamo il nostro essere nel mondo dell’anziano, che è un
problema destinato a coinvolgere parte delle risorse dell’intero Paese con
nuove individuazioni dei rapporti tra produzione e quiescenza. L’esperienza ci
ha convinti della bontà complessiva del progetto anziani”
Il tema dell’organizzazione gestionale ritorna nelle parole di Silvana
Cassina che in seguito alle elezioni amministrative del 1985 è subentrata a
Giulio Villa nel ruolo di assessore ai servizi sociali: “D’ora in avanti, attraverso l’esame e la valutazione di esperienze analoghe presenti sul territorio della
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L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
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September 2000, with
the axis of Viale Umbria
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…e dopo qualche anno finalmente i lavori partono
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
…e dopo qualche anno finalmente i lavori partono
nostra zona, l’attenzione dell’Amministrazione comunale dovrà essere incentrata sulla soluzione da dare al problema dell’organizzazione della struttura.
Occorrerà infatti mantenere il necessario ed indispensabile legame con
l’Amministrazione comunale e contemporaneamente assicurare una gestione
agevole e non eccessivamente burocratizzata.
Le soluzioni possibili possono essere varie: la gestione diretta del Comune,
la richiesta di istituire un’IPAB (Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza) con Consiglio di amministrazione eletto dal Consiglio comunale (partendo dal lascito già avvenuto e da altri che eventualmente potranno arrivare),
l’appalto, almeno parziale, di determinati servizi (ad esempio, la ristorazione
del Centro sociale).
Sempre Silvana Cassina, nella sua relazione al Bilancio preventivo 1987,
ricordava che la scelta sarebbe caduta molto probabilmente sulla costituzione di un’IPAB.
Che ci stiamo avviando verso la conclusione dei lavori di costruzione lo
afferma l’assessore ai lavori pubblici Gian Paolo Riva nella presentazione
del Bilancio preventivo 1988: “La casa di riposo per gli anziani si avvia verso
la fase finale. Oltre ai mutui relativi all’edificio e agli arredi, è presente in questo bilancio anche un mutuo per il completamento delle opere di urbanizzazione primaria riguardanti la zona”.
Un anno dopo lo stesso Gian Paolo Riva ritorna sul completamento della
struttura: “La Casa per anziani Residenza Amica, che rappresenta uno degli
interventi più qualificanti della nostra Amministrazione, è in fase di completamento. L’appalto degli arredamenti chiude la mole degli impegni e pone nelle
condizioni di operare per la messa a punto del funzionamento il nuovo
Consiglio dell’Ente”.
Mentre l’assessore ai lavori pubblici, com’era naturale, seguiva soprattutto
l’evolversi della costruzione, l’assessore ai servizi sociali Silvana Cassina
negli stessi anni incentrava la propria attenzione sul Centro sociale che doveva rappresentare una risposta ai bisogni anche degli anziani non ospiti di
Residenza Amica. Infatti nel 1989 affermava: “Di particolare importanza ed
utilità sarà anche l’apertura del Centro sociale che consentirà agli anziani di
Giussano, che tuttora non dispongono di strutture espressamente loro destinate, di usufruire di tutta una serie di servizi quali il ristorante self-service e il
bar, nonché di avere a disposizione spazi per la lettura, il gioco delle carte ed
altre attività ricreative”.
Sempre in occasione dell’approvazione del Bilancio preventivo 1989 non
mancava chi, come il consigliere Ettore Trezzi, evidenziava il record negativo per i tempi di realizzazione della Casa anziani, dieci anni se partiamo dal14
l’approvazione del progetto (1981) fino ad arrivare al termine dei lavori ed
all’apertura della struttura agli ospiti (1990).
Tutto questo è perfettamente vero, ma una volta giunti ad un traguardo (e
questo era stato finalmente raggiunto) la cosa migliore è guardare avanti.
Ma ora che siamo arrivati alla fine della costruzione, pronta per essere
inaugurata ufficialmente e per cominciare ad accogliere i primi ospiti,
qualcuno si chiederà: quanto è costata? Domanda ovvia ed inevitabile,
soprattutto in terra di Brianza.
Per essere sintetici senza disperderci in una serie di lotti, appalti, preventivi di spesa e relative liquidazioni, ricordiamo che l’opera è costata complessivamente 8.290 milioni di lire, di cui 184 per acquisizione aree, 6.130 per la
costruzione, 1.976 per arredi, corpi illuminanti, sistemazioni a verde e segnaletica.
Dalla Regione Lombardia sono arrivati contributi per 189 milioni di lire per
arredi e attrezzature. Inoltre la Regione ha erogato 5 milioni di lire all’anno per
vent’anni, quale contributo per gli interessi sui mutui contratti dal Comune:
se pensiamo che per la casa di riposo il Comune ha stipulato mutui per 5.333
milioni di lire, si può giustamente affermare che l’opera è stata realizzata
quasi esclusivamente con i nostri fondi.
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Uno scorcio del parco
di Residenza Amica
dopo i lavori di
riqualificazione eseguiti
nel 2011.
L’eredità Citterio e
la costituzione di un’IPAB
La planimetria della
proprietà immobiliare
che Antonio Pietro
Citterio ha lasciato in
eredità alla Casa per
anziani. Il lascito
rappresentò anche
l’occasione per
costituire Residenza
Amica come Istituzione
pubblica di assistenza
e beneficenza (IPAB).
La storia di Residenza Amica negli anni ’80 è stata scritta soprattutto dalla
realizzazione della struttura, ma quegli anni sono stati caratterizzati anche
dalla scelta gestionale, favorita dall’eredità Citterio, e dai rapporti non sempre
facili e a volte di aspra polemica tra Comitato promotore casa anziani e
Amministrazione comunale.
Antonio Pietro Citterio, nato il 7 settembre 1903 e deceduto nella sua casa
di via Milano tra il 28 e il 30 gennaio 1986, con testamento olografo del 26
gennaio 1985, pubblicato il 26 febbraio 1986, lasciava i propri beni alla Casa
di riposo. I suoi beni consistevano in un libretto di risparmio (60 milioni di lire),
una casa di proprietà in via Milano e un’autovettura FIAT 126. La vendita dei
beni immobili (due porzioni di fabbricato e un’area con rustico adibito a box)
porterà nelle casse di Residenza Amica 375 milioni di lire nel 1996.
Al di là di un atto encomiabile, testimonianza di una particolare sensibilità di un
anziano per gli altri anziani del proprio Comune, il lascito Citterio fu l’occasione
propizia per richiede la costituzione di Residenza Amica in IPAB. Infatti nel 1986 il
Consiglio comunale aveva nominato una commissione di studio che concludeva
i suoi lavori nel gennaio del 1987 con la proposta di costituire Residenza Amica in
Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (IPAB). Tale proposta nasceva
dalla volontà di assicurare all’ente una notevole autonomia di gestione (naturalmente nel quadro di indirizzi generali concordati con l’Amministrazione comunale) e nel contempo di stabilire uno stretto rapporto tra il Comune e la gestione della
Casa di riposo. Nel marzo dello stesso anno, con voti unanimi, il Consiglio comunale approvava l’atto di costituzione dell’IPAB, il relativo Statuto e nella stessa
seduta, su proposta del sindaco Erminio Barzaghi, la Casa di riposo assunse la
denominazione di “Residenza Amica”. Nel luglio del 1988 con Decreto del
Presidente della Regione Lombardia fu conferito il riconoscimento giuridico, quale
Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza, all’Istituzione denominata “Casa
di riposo per anziani residenza Amica” con sede in Giussano. Nel contempo
venne approvato anche lo Statuto organico dell’Ente. Questo Statuto, ovviamente il primo nella storia di Residenza Amica, presenta, quali elementi caratteristici,
la costituzione di un patrimonio derivante dal lascito di Antonio Pietro Citterio, la
nomina di un Consiglio di amministrazione da parte del Consiglio comunale, l’emanazione di un regolamento interno in cui sono stabilite le norme e le disposizioni relative all’erogazione dei servizi e delle prestazioni di competenza della
Casa di riposo. Nel novembre del 1988 il Consiglio comunale nominava il primo
Consiglio di amministrazione. Giovanna Brambilla Barzaghi, Paolo Somaschini,
Ildefonso Mascheroni, Sergio Galimberti, Idersilio Molteni, Giovanni Rovagnati ed
Enrico Borgonovo diedero vita al primo organismo di gestione di Residenza
Amica e nominarono presidente Giovanna Brambilla Barzaghi.
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I due inizi: 22 aprile e
15 settembre 1990
L’inaugurazione non
poteva che essere
affidata al più anziano
di Giussano, Enrico
Scanziani (99 anni a
quell’epoca).
22 aprile 1990: l’inaugurazione. 15 settembre 1990: l’apertura agli ospiti.
La costruzione era terminata, o quasi, lo Statuto era stato approvato dalla
Regione, il Consiglio di Amministrazione era stato eletto, mancava solo l’inaugurazione ufficiale e, più ancora, l’avvio del funzionamento con l’ingresso dei primi ospiti.
All’inaugurazione ci pensò l’Amministrazione comunale uscente (di lì a qualche mese erano previste le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale).
Domenica 22 aprile 1990 con l’intervento del Sottosegretario alla sanità
Maria Pia Garavaglia e dell’assessore regionale Patrizia Toia, col tradizionale
taglio del nastro affidato ad Enrico Scanziani, il giussanese più anziano,
e la benedizione impartita dal Parroco di Giussano don Agostino Cerri
“Residenza Amica” fu ufficialmente inaugurata. Il sindaco Erminio Barzaghi
non perse l’occasione per ricordare alle autorità intervenute lo sforzo compiuto quasi esclusivamente dall’Amministrazione comunale, e quindi dai cittadini giussanesi, per completare la struttura.
Il 15 settembre 1990 arrivò il giorno dell’apertura vera e propria, quello dell’arrivo dei primi ospiti.
Il sindaco Erminio
Barzaghi, Maria Pia
Garavaglia,
sottosegretario alla
sanità e l’assessore
Patrizia Toia durante
l’inaugurazione della
Casa (22 aprile 1990).
Il vescovo Mons.
Ferdinando Maggioni in
visita a Residenza
Amica per la
consacrazione della
Cappella.
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I due inizi: 22 aprile e 15 settembre 1990
I due inizi: 22 aprile e 15 settembre 1990
Il documento che
attesta la
consacrazione
dell’altare della
cappella da parte del
vescovo Mons.
Ferdinando Maggioni.
Il mosaico, posto sulla
parete dietro l’altare,
realizzato da Italo
Peresson su disegno
del maestro pittore
Trento Longaretti. Dello
stesso Peresson sono
le vetrate che
abbelliscono le pareti.
Residenza Amica entrava in funzione e il Consiglio di amministrazione era
chiamato a risolvere tutti i problemi, anche spiccioli, che l’avvio di una struttura di questo tipo inevitabilmente comporta.
L’avventura era iniziata.
Nel frattempo la presidente Giovanna Brambilla Barzaghi aveva provveduto ad arredare ed arricchire artisticamente la cappella situata al piano
terreno.
Infatti nella cappella si possono ammirare sulla parete posta dietro l’altare
un mosaico realizzato da Italo Peresson su disegno del pittore Trento
Longaretti, alle pareti una Via crucis del pittore, giussanese d’adozione,
Giorgio Scarpati e le vetrate ancora di Italo Peresson.
L’altare della cappella fu consacrato dal vescovo Mons. Ferdinando
Maggioni il 10 giugno 1990 e dedicato a san Paolo Apostolo.
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Il Comitato promotore
Casa per l’anziano
Siamo giunti al 1990, l’anno dell’apertura, ma non si può concludere la
storia degli anni ’80 senza ricordare il ruolo avuto dal “Comitato promotore
Casa per l’anziano”.
Il Comitato nasce dapprima spontaneamente e successivamente, nel
1979, si costituisce in forma ufficiale con sede in via Pontida, dopo che il
compito di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla problematica degli anziani era stato svolto soprattutto dalle ACLI.
Il Comitato si impegnò subito nella raccolta di firme per sollecitare la
costruzione della Casa per anziani: la raccolta iniziata l’8 aprile non fu forse
determinante, ma le 4500 firme raccolte servirono sicuramente a rafforzare
nell’Amministrazione comunale la volontà di passare dal progetto alla realizzazione vera e propria.
Nel frattempo il Comitato, in collaborazione con i Movimenti anziani del
capoluogo e delle frazioni, promuoveva una sottoscrizione a premi a sostegno dell’erigenda casa di riposo (Marzo 1984).
I fondi raccolti, 30 milioni di lire, furono destinati all’allestimento di una sala
per fisioterapia.
L’accettazione della donazione del Comitato Casa fu formalizzata con
delibera della Giunta municipale, che provvide ad adottare apposita variazione di bilancio, destinando espressamente il contributo derivante dalla
sottoscrizione a spese per l’arredamento della casa anziani.
Inoltre in una riunione del consiglio tenutasi il 26 luglio 1985 il Comitato
aveva deliberato l’acquisto di un pullmino da destinare a Residenza Amica
per il trasporto sia degli ospiti sia degli esterni che avrebbero frequentato il
centro diurno.
Il manifesto della
sottoscrizione a premi
promossa nel marzo
del 1984 dal Comitato
Casa e dai Movimenti
Anziani di Giussano e
delle frazioni. Furono
raccolti 30 milioni di
lire, destinati ad
arredare una sala di
fisioterapia presso
Residenza Amica.
L’apprezzabile opera di sensibilizzazione svolta e l’impegno profuso nella
raccolta di fondi legittimarono l’aspirazione del Comitato a richiedere un
posto nel Consiglio di amministrazione di Residenza Amica.
Quando nel novembre del 1988 fu nominato il primo Consiglio di
Residenza Amica, furono eletti solo i rappresentanti dei partiti presenti in
Consiglio comunale, con conseguente inevitabile delusione del Comitato e
del suo presidente Vincenzo Maggioni.
Nel maggio dell’anno successivo, in seguito ad una mozione presentata
dal gruppo consiliare del Partito comunista, il Consiglio comunale fu chiamato a discutere la richiesta di allargare il Consiglio di amministrazione ad
un rappresentante del Comitato Casa.
Dopo una vivace discussione la richiesta fu respinta: a favore si espressero il Partito comunista e Democrazia proletaria, che sottolineando il ruolo
avuto dal Comitato nella vicenda casa di riposo giudicarono irrinunciabile la
partecipazione di un suo rappresentante alla gestione della Casa, il Partito
socialista si astenne, mentre la maggioranza formata da DC e PRI espresse
voto contrario, ritenendo che il ruolo del Comitato era stato e doveva
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Il Comitato promotore Casa per l’anziano
Un’immagine del
congresso sul tema
“Anziani, case di cura,
qualità della vita”
organizzato il 20
ottobre 1991 da ACLI,
Comitato Casa e
AVOPAL con la
partecipazione di
Antonio Lubrano,
giornalista della RAI e
all’epoca conduttore
della trasmissione
“Diogene”.
restare nell’ambito del volontariato, senza pretendere di occupare uno spazio di competenza delle rappresentanze consiliari.
A livello istituzionale la questione era chiusa, ma a livello di rapporti personali la decisione della maggioranza presente in Consiglio comunale, e in
particolare della Democrazia Cristiana, era destinata ad alimentare polemiche e rancori che, forse, solo il tempo riuscirà a stemperare.
Infatti gli anni 1989 e 1990 sono segnati da comunicati, volantini, articoli
sulla stampa locale, in cui domina la polemica tra Comitato Casa e
Amministrazione comunale, in particolare l’assessore ai servizi sociali
Silvana Cassina.
Il tutto comincia, ufficialmente, nel gennaio 1989, quando il Comitato Casa
emette un duro comunicato contro la DC locale, rea a suo giudizio di aver
promesso prima e non assegnato poi un posto al Comitato nel Consiglio di
Residenza Amica.
Il mese dopo le ACLI esprimono solidarietà al Comitato Casa, disapprovano il metodo, comune a tutti i partiti, che è stato adottato per la nomina
del Consiglio di amministrazione, rinfacciano alla DC le promesse non mantenute (promesse sempre smentite dai rappresentanti della DC) e promuo24
Il Comitato promotore Casa per l’anziano
vono una raccolta di firme a sostegno della richiesta di una presenza del
Comitato nel Consiglio di Residenza Amica (le firme raccolte furono 2700).
Nell’aprile del 1990 il Comitato Casa rinnova le sue lamentele: rette troppo alte, mancata apertura del centro diurno, approccio scorretto del
Consiglio di amministrazione al problema del volontariato, scarsa disponibilità al dialogo da parte dell’assessore Silvana Cassina, disconoscimento
del problema anziani sul territorio.
Si va avanti così tra comunicati del Comitato Casa e repliche
dell’Amministrazione comunale, in particolare del sindaco Barzaghi e del
suo successore Giulio Cassina.
Un ultimo atto, questo non prettamente polemico, si svolse il 20 ottobre
1991: le ACLI, il Comitato Casa e AVOPAL organizzarono un convegno su
“Anziani, case di cura, qualità della vita” con la partecipazione di Antonio
Lubrano, giornalista della RAI e a quei tempi conduttore della trasmissione
“Diogene”, e dell’assessore Gian Paolo Riva, che annunciò in quella occasione la prossima apertura del Centro diurno e l’assunzione di un animatore, richieste queste più volte avanzate dal Comitato Casa.
Le polemiche e i contrasti non si esaurirono, anche se ebbero una minor
eco all’esterno, finché si arrivò nel febbraio del 1995 all’autoscioglimento
del Comitato che ritenne esaurito il proprio compito, anche se rimaneva il
rammarico per alcune richieste non accolte (vedasi la mancata presenza nel
consiglio di amministrazione della Casa) o alcune problematiche sostenute
dal Comitato e non ancora attuate, ad esempio il pullmino donato dal
Comitato e appositamente attrezzato, ma sino allora non utilizzato, una
dimensione minimale del centro diurno, la sala di aerosolterapia inutilizzata,
l’ambulatorio odontoiatrico smantellato.
Nell’atto di sciogliersi il Comitato destinò i fondi rimasti in cassa ad una
associazione di volontariato, la Croce Bianca.
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Il Centro diurno:
un’apertura verso l’esterno,
la storia di un’incompiuta
La Casa di riposo cominciava, seppur lentamente, a funzionare, ma per
rispondere adeguatamente ai bisogni e alle richieste degli anziani giussanesi mancava ancora, per lo meno, un tassello, che un po’ tutti i gruppi politici
e le associazioni di volontariato avevano espressamente richiesto: un centro
diurno o centro sociale che potesse accogliere, per attività ricreative e culturali, non solo gli ospiti di Residenza Amica, ma in generale gli anziani del
nostro Comune.
Da una relazione della dottoressa Alessandra Rizzi, che ha svolto attività
di animatore presso Residenza Amica nel 1992, possiamo renderci conto di
cosa sia un centro diurno e comprendere i motivi per i quali si arriverà alla
sua apertura solo sul finire del 1993. In questa relazione si indicavano quali
attività da privilegiare all’interno di Residenza Amica quelle creative, ludiche
e culturali. Lo scopo di queste attività è duplice: evitare l’isolamento dell’anziano ospite e coinvolgere persone esterne in un proficuo scambio di esperienze. Fra le attività riabilitative si poneva l’accento sull’utilità della ginnastica, mentre quanto al personale necessario si indicavano le figure di fisioterapista, psicomotricista e animatore, nonché quella di un coordinatore.
La complessità dell’organizzazione di un siffatto centro sociale spiega perché per la sua apertura bisognerà attendere gli ultimi mesi del 1993: proprio
il 30 novembre di quell’anno prese il via il servizio trasporto gratuito organizzato dalla ditta Frigerio per i frequentanti il centro diurno che non potevano
raggiungere Residenza Amica con i loro mezzi.
Nei primi anni il centro riuscì a funzionare: gli anziani avevano anche la possibilità di esservi trasportati con un pullmino, facevano ginnastica, potevano
svolgere attività ricreative e di animazione.
L’apertura era prevista per due giorni alla settimana. Poi, col consolidarsi
di alcune realtà associative di anziani nel capoluogo e nelle frazioni, il
centro si è progressivamente svuotato ed ha cessato la propria attività sul
finire del 2002.
Evidentemente qualcosa non ha funzionato: perché realtà simili vivano e
crescano occorre l’incontro tra domanda e offerta; con l’andar del tempo
questo incontro si è affievolito fino a concludersi definitivamente.
È vero, ci sono stati numerosi momenti e occasioni in cui Residenza Amica
si è aperta alla comunità locale, ma sulle pagine della storia del Centro diurno è stata scritta, almeno per ora, la parola “fine”.
Quella del Centro diurno nella storia di Residenza Amica è, dispiace dirlo,
un pagina incompiuta, ma se si vuol essere obiettivi bisogna riconoscere
anche questo.
Tuttavia gli anziani di Giussano non rimasero a mani vuote: infatti il 25 giugno 2001 negli spazi dell’ex oratorio femminile del capoluogo, in Piazza della
Chiesa, era stato inaugurato il centro anziani che successivamente, il 29
dicembre 2005, si trasferirà in via Addolorata, nei locali prima destinati a
sede della Biblioteca civica.
L’inaugurazione del
centro diurno: sono
presenti, da destra,
Giovanna Brambilla
Barzaghi, il primo
direttore Franco Scifo e
(di spalle) Silvana
Cassina Barzaghi.
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27
Residenza Amica
si trasforma: da IPAB a
Fondazione ONLUS
Nella storia di Residenza Amica una tappa importante, imposta da una
legge regionale, è rappresentata dalla trasformazione dell’originaria IPAB.
Infatti la legge regionale n. 1 del 2003 (Riordino delle IPAB) disponeva che
entro il 30 settembre dello stesso anno le IPAB dovevano trasformarsi; le vie
praticabili erano tre: ente di diritto privato senza scopo di lucro, ente di diritto pubblico (agenzia di servizi alla persona), associazione.
La scelta del Consiglio di amministrazione di Residenza Amica cadde sulla
prima ipotesi, fondazione di diritto privato, e pertanto il Consiglio comunale
fu chiamato ad esprimersi in merito all’istanza di trasformazione di
Residenza Amica il 27 ottobre 2003 (nel frattempo la Regione aveva prorogato la scadenza al 31 ottobre).
La maggioranza consiliare si espresse a favore della proposta del Consiglio
della Casa di riposo, mentre la minoranza espresse voto contrario, non tanto
sulla scelta della fondazione, quanto sulla possibilità, richiesta dalle minoranze ma negata dalla maggioranza, di esaminare e valutare nella stessa
seduta anche il nuovo Statuto dell’Ente.
Infatti a parere delle minoranze il giudizio sulla trasformazione dell’ente
passava anche attraverso la valutazione dello Statuto e del suo contenuto.
Ma, com’è buona regola della democrazia, quando si passa dalla discussione alla votazione contano i numeri : Residenza Amica divenne Fondazione
e successivamente, a partire da gennaio 2006. Fondazione ONLUS.
La trasformazione da ente di diritto pubblico in ente di diritto privato ha
comportato dei vantaggi per la gestione di Residenza Amica. Infatti, sul
piano fiscale, l’Ente è esente dal pagamento di alcune tasse, come l’IRAP, e
dell’imposta di bollo.
Sotto il profilo operativo si assiste ad una maggior dinamicità gestionale,
lontana dalla rigidità imposta dalla normativa degli Enti locali, per quanto
riguarda sia gli approvvigionamenti di beni e servizi sia le assunzioni di
personale.
Il logo di Residenza
Amica riproposto nel
pavimento dell’atrio
d’ingresso.
28
29
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
Dal 2007 un nuovo servizio:
il Centro diurno integrato
per malati di Alzheimer
Negli ultimi anni Residenza Amica si è arricchita di un nuovo importante
servizio: infatti è stato realizzato, su progetto dell’architetto Carlo Maria
Invernizzi, un centro diurno per malati di Alzheimer.
Il corpo di fabbrica è costituito da una palazzina ad un solo piano, posta
alla stessa quota del piano terreno di Residenza Amica, quello che ospita fra
l’altro gli ambulatori, la palestra e la fisioterapia.
L’opera è stata realizzata dall’Amministrazione comunale ed ha comportato un onere a carico del bilancio comunale di 1.047.560 euro. I lavori sono
iniziati nel febbraio del 2004 ed eseguiti dall’impresa Desave di Cologno
Monzese.
Con la realizzazione di questa struttura l’Amministrazione comunale e il
Consiglio di Residenza Amica si sono riproposti di dare una risposta ai bisogni di alcuni anziani e delle loro famiglie, considerato il notevole incremento
di demenza senile registrato in questi ultimi anni,
Dalle parole della dottoressa Marilena Cerliani, direttore sanitario all’epoca dell’apertura agli ospiti della nuova struttura, si evince il significato e l’importanza di questo servizio.
“In questo primo anno di attività abbiamo potuto raggiungere gli obiettivi
che ci eravamo proposti: da un lato migliorare le capacità residue di alcuni
ospiti, o comunque contribuire a rallentarne il declino cognitivo e, pertanto,
ritardarne l’istituzionalizzazione definitiva, dall’altro constatare il grande sollievo dei familiari, spesso oberati da carichi assistenziali e psicologici notevoli.
Il Centro, in un ambiente sereno, offre cure individualizzate alla persona,
assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, attività di rieducazione e
socializzazione. E’ immerso nel verde, circondato da giardino con percorsi
protetti per il loro cammino, dove l’ospite a contatto con la natura ha la possibilità di riacquistare capacità motorie, manipolative, esplorative, sensoriali e
ricreative.
Dal mese di aprile del 2008 siamo riusciti a ottenere l’accreditamento regionale, un riconoscimento che di per sé garantisce la qualità del servizio”.
Infatti la storia del Centro diurno per malati di Alzheimer è anche la storia
di un accreditamento regionale (con annesso contributo) che ha tardato ad
arrivare, tant’è vero che l’Amministrazione comunale e il Consiglio di
Residenza Amica, visto che le cose andavano per le lunghe, decisero di partire comunque nell’aprile del 2007; come si è già detto l’accreditamento
regionale sarebbe arrivato esattamente un anno dopo.
Nel novembre del 2006 il presidente di Residenza Amica Gian Paolo
Longoni aveva richiesto alla Regione Lombardia che il Centro venisse accreditato per 20 posti; nel dicembre del 2007 e nel gennaio del 2008 fu ripresentata analoga richiesta: la risposta positiva arriverà solo nell’aprile del
2008 (evidentemente la Regione nel 2007 aveva esaurito i fondi per questo
tipo di intervento assistenziale).
Nella foto sopra:
il Centro diurno
integrato e i suoi ospiti
in occasione del
secondo anniversario
(2009).
A destra:
un momento di svago
con musica, canti e
ballo per gli ospiti del
Centro Diurno
Integrato.
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L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
Dal 2007 un nuovo servizio:
il Centro diurno integrato per malati di Alzheimer
Dal 2007 un nuovo servizio:
il Centro diurno integrato per malati di Alzheimer
La pubblicizzazione di
alcune iniziative volte a
sensibilizzare la
cittadinanza sul Centro
diurno integrato.
Nonostante le difficoltà iniziali (il Comune sollecitò anche la sensibilità dei
Giussanesi, raccogliendo circa 50.000 euro), fin dalla sua apertura il Centro
dimostrò la bontà della scelta effettuata dall’Amministrazione comunale,
soprattutto dal sindaco Franco Riva e dall’assessore al servizi sociali
Alberto Elli, e dal Consiglio di amministrazione di Residenza Amica, al quale
32
la Giunta comunale con delibera del 5 luglio 2006 aveva assegnato la struttura con contratto di comodato.
Alla sensibilizzazione della cittadinanza contribuì anche una serie di iniziative organizzate nel mese di marzo del 2007: concerti del coro degli ANTA e
dei due corpi musicali di Giussano e Paina, uno spettacolo di cabaret e due
conferenze per presentare il Centro diurno e fornire consigli per vivere al
meglio la malattia di Alzheimer.
Con alle spalle l’esperienza di quattro anni il Centro ha ormai assunto la sua
fisionomia precisa, cioè quella di un servizio intermedio tra l’assistenza domiciliare e la residenza sanitaria assistenziale (cioè il ricovero), una soluzione
cui si può far ricorso quando i bisogni delle persone non possono trovare
risposte soddisfacenti all’interno della propria famiglia, ma non è ancora
necessario il ricovero a tempo pieno.
Il Centro diurno è aperto per sei giorni la settimana, dal lunedì al sabato, dalle
ore 8 alle 18; attualmente è frequentato da una trentina di persone provenienti, oltre che da Giussano, da molti comuni limitrofi sia della nostra provincia
(Desio e Seregno) che del Comasco (Arosio, Inverigo, Mariano Comense).
Sempre a proposito del centro diurno un’ultima notizia di cronaca:il 17 febbraio 2007 è stato visitato dall’Arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi.
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Il cardinale Dionigi
Tettamanzi visita
Residenza Amica e il
Centro diurno integrato
per malati di Alzheimer
il 17 febbraio 2007. In
primo piano Giovanni
Rovagnati, prima
consigliere e poi ospite
della casa di riposo.
Il volontariato: una
presenza insostituibile
Fin dall’avvio di Residenza Amica si capì che il personale, seppur numericamente adeguato e professionalmente preparato, non bastava perché la
Casa funzionasse al meglio: occorreva il contributo di un gruppo di volontari
che dedicasse, disinteressatamente, parte del proprio tempo e delle proprie
energie per assistere gli ospiti ed aiutarli in alcuni momenti della giornata.
Già il Comitato casa aveva pensato ai volontari e alla loro qualificazione:
per questo aveva organizzato un corso di formazione nel marzo del 1989.
L’anno successivo, nei mesi di gennaio, febbraio e marzo,
l’Amministrazione comunale col patrocinio della Regione Lombardia e in collaborazione con le parrocchie, organizzò un seminario sul tema “Anziani e
qualità della vita”.
Nell’imminenza dell’apertura della Casa di riposo il corso, oltre ad
approfondire i temi relativi ai bisogni dell’anziano, rappresentò anche un
momento di formazione per chi in seguito avrebbe desiderato prestare opera
di volontario all’interno di Residenza Amica.
Subito nei primi mesi di apertura si registrò la presenza di volontari, ma per
assistere alla costituzione di una Associazione bisognerà attendere il 2001.
In quell’anno infatti 24 volontari diedero vita all’Associazione di volontari di
Residenza Amica, che nello stesso anno fu iscritta nel Registro generale
regionale del volontariato, mentre a partire dall’anno 2002 la competenza in
questo ambito è passata alla Provincia, per cui dall’11 gennaio 2002
l’Associazione è iscritta al Registro provinciale del volontariato.
La nascita ufficiale dell’Associazione era stata preceduta nel 2000 da un
corso per volontari che si era tenuto con cadenza settimanale dal 13 maggio
al 3 giugno
Lo scopo principale del corso era quello di far sì che i 54 partecipanti imparassero in quali modi ci si debba porre nei confronti degli anziani per stabilire con loro una sorta di empatia.
L’anno successivo fu organizzato un nuovo corso di formazione da
Residenza Amica in collaborazione con la Provincia di Milano, corso rivolto
a volontari e operatori: infatti il tema del corso fu la relazione tra volontari e
operatori, che devono essere collaborativi per migliorare la qualità del servizio.
I compiti dei volontari sono principalmente quelli di assistenza agli ospiti
durante il pranzo e la cena, le celebrazioni religiose, nelle uscite e nei
momenti di festa; inoltre, tramite la loro associazione, i volontari promuovono iniziative di sensibilizzazione sui problemi dell’anziano e del volontariato
Il compito del volontario non è facile: deve improntare la sua presenza ad
attenzione, capacità di ascolto e riservatezza, instaurando con gli ospiti un
rapporto di amicizia e di fiducia. Insomma il volontario deve saper stare
accanto all’ospite con disponibilità e discrezione, aiutandolo soprattutto a
superare i momenti di difficoltà e di sconforto, così frequenti purtroppo nelle
persone presenti in strutture quali Residenza Amica.
Anna Maria Cazzaniga
(a sinistra)
presidente dei Volontari
dal 2001 al 2009.
34
35
Il volontariato: una presenza insostituibile
Suor Lidia Picco,
dapprima infermiera e
poi volontaria a
Residenza Amica.
La prima presidente dell’associazione è stata Anna Maria Cazzaniga che
fu tra le prime entusiaste volontarie a impegnarsi in Residenza Amica, per cui
quando si costituì ufficialmente l’associazione e si trattò di designare un presidente, la scelta cadde per così dire inevitabilmente su di lei. Questa figura,
veramente preziosa e fondamentale nella storia del volontariato della nostra
Casa di riposo, ci ha purtroppo lasciati nell’aprile del 2009. Al suo posto è
subentrata Francesca Ballabio.
Il numero dei volontari è ovviamente variato nel corso degli anni: nel 2001
erano 24, nel 2008 sono saliti a 39, nel 2009 sono scesi a 32, mentre nel 2011
sono diventati 48.
Parlando di volontariato non si può non ricordare l’opera di un’altra figura,
di grande rilievo nella storia di Residenza Amica, di una suora dell’ordine
delle Figlie della Carità di San Vincenzo: parliamo di suor Lidia Picco.
Nativa di Flaibano, in provincia di Udine, diplomata infermiera a Torino,vestì
l’abito dell’ordine vincenziano a Parigi il 22 novembre 1951.
Ha lavorato a lungo negli ospedali, alle Molinette di Torino fino al 1974, poi
a Cassano d’Adda, infine a Revello (Cuneo).
36
Il volontariato: una presenza insostituibile
Nel 1989 è stata trasferita nella Comunità di Giussano (con suor Lucia
Madre superiora, suor Pia e suor Michelina) col compito di utilizzare la sua
grande esperienza di caposala nell’organizzazione di Residenza Amica.
Infatti fu incaricata di organizzare l’assistenza ai primi ospiti, di dirigere il
lavoro del personale socio-sanitario e l’attività dei volontari.
In seguito ha lasciato l’incarico di infermiera ed ha mantenuto la sua presenza a Residenza Amica come volontaria nell’assistenza agli ospiti, continuando così la sua missione apostolica.
Ad ulteriore testimonianza del legame che unisce suor Lidia alla nostra
Casa di riposo, ella ha voluto donare a Residenza Amica una statua della
Madonna cui era particolarmente affezionata fin da bambina: questa
Madonna è stata posta all’entrata della Casa con una cerimonia che si è
svolta il 26 novembre 2006.
Perché non manchi nuova linfa per questa preziosa componente nel servizio di assistenza agli ospiti raccomandiamo l’esperienza del volontariato,
umanamente appagante, sia ai giovani per la loro crescita sia agli adulti per
una loro più completa realizzazione.
37
Il volontariato collabora
anche nella fase di
somministrazione dei
pasti. Nella foto un
pranzo particolarmente
affollato: è il Natale del
2002.
Residenza Amica ieri, oggi…
Parlando di Comitato Casa, centro sociale, centro diurno integrato per
malati di Alzheimer e del volontariato abbiamo lasciato, per un po’, in secondo piano la storia di Residenza Amica di questi ventun anni.
Anche se i fatti salienti saranno ricordati più avanti, quando parleremo dei
quattro presidenti che si sono succeduti dal 1989 ad oggi, va subito detto
che l’istituzione ha dimostrato di sapersi progressivamente adeguare al
mutare delle esigenze; una traccia di tutto questo può essere rinvenuta non
solo nell’attività quotidiana, ma anche nell’enunciato dell’art. 2 dello Statuto
dell’IPAB (1987), della Fondazione (2003) e della Fondazione ONLUS (2006).
Nei tre statuti infatti l’art. 2 indica gli scopi dell’istituzione.
Orbene, nella prima stesura, allorché Residenza Amica fu costituita in IPAB,
essa persegue due scopi: la gestione della Casa di riposo, destinata precipuamente a persone in condizioni di totale o parziale autosufficienza, mentre appare residuale la presenza di non autosufficienti, e la gestione dei servizi assistenziali rivolti agli anziani con prestazioni erogate a domicilio o presso la casa di riposo nei confronti dei non degenti.
Le prestazioni di carattere assistenziale, sanitario-riabilitative, culturali e
ricreative, già presenti nello Statuto originario, sono particolarmente evidenziate nello Statuto dell’Ente, quando questo si trasforma in Fondazione.
Inoltre si indica, fra gli scopi, quello di provvedere all’assistenza, alla tutela
ed al recupero di persone anziane, autosufficienti e non, qualunque sia la
causa della non autosufficienza (fisica, psichica o sensoriale).
Nell’art. 2 dello Statuto attualmente in vigore, approvato nel 2006, quando
l’Ente si è trasformato in Fondazione ONLUS (Organizzazione non lucrativa
di utilità sociale), mentre si pone l’accento proprio sulla natura di una
ONLUS, cioè l’assenza di qualsiasi scopo di lucro, fra gli scopi dell’Ente
viene inserita la gestione di servizi di assistenza e di supporto alla vita domestica e di relazione degli anziani assegnatari di minialloggi residenziali realizzati nell’area della casa di riposo.
Di questi minialloggi sette sono stati realizzati ed assegnati dall’Amministrazione
comunale, che il 19 gennaio 2001 aveva revocato la delibera della giunta
Cassina che prevedeva la costruzione di una portineria e dell’abitazione del
custode: al loro posto la giunta Riva progettò e realizzò i sette minialloggi.
Chi fruisce di questi ha la possibilità di avvalersi di servizi offerti da
Residenza Amica, ad esempio ristorazione, lavanderia, assistenza infermieristica e prestazioni socio-assistenziali.
Residenza Amica ieri.
Come già evidenziato, l’evoluzione di questi 21 anni ha comportato il progressivo passaggio da una presenza prevalente di anziani totalmente o parzialmente autosufficienti ad una presenza attuale di anziani in larga parte non
più autosufficienti.
Si è trattato di un’evoluzione del tutto naturale, che non richiedeva nel 1990
particolari doti profetiche per prevedere quali sarebbero stati i cambiamenti
38
39
Residenza Amica ieri, oggi...
Residenza Amica ieri, oggi...
Residenza Amica oggi.
all’interno della struttura per quanto attiene alla condizione degli ospiti.
Di questa evoluzione possiamo individuare ed elencare alcune cause: gli
anziani ospiti col passare degli anni tendono spesso a diventare non più
autosufficienti, ma soprattutto la richiesta prevalente di nuovi inserimenti
riguarda proprio persone non più autosufficienti, che la famiglia non è in
grado di assistere adeguatamente e per le quali non esiste altre struttura di
accoglienza se non la casa di riposo.
Chi ha conosciuto Residenza Amica nei primi anni di vita e la frequenta
adesso ha l’esatta percezione di questo cambiamento, che comporta inevi40
tabilmente una diversa impostazione dei servizi e una sempre maggior attenzione da parte del personale. Per fornire anche qualche cifra, in questi 21
anni nella struttura sono transitate, in qualità di ospiti, oltre 700 persone. La
disponibilità di posti letto è complessivamente di 85, così distribuiti: 30 al
primo piano, 30 al secondo e 25 al terzo. Degli ospiti attuali ben 56 su 85
sono cittadini giussanesi, a riprova del fatto che la Casa di riposo, concepita inizialmente per dare una risposta in primo luogo ai nostri concittadini, non
ha fallito questo obiettivo, anche se per effetto dell’accreditamento regionale ha dovuto aprirsi anche ai non Giussanesi.
41
…e domani
L’edificio ha richiesto negli anni alcuni adeguamenti strutturali, sollecitati
soprattutto dalla Regione Lombardia per confermare l’accreditamento della
Casa, con gli annessi contributi. In particolare i lavori hanno riguardato la
cucina, la lavanderia, la climatizzazione, nonché altri interventi sulla struttura.
Sul finire del 2009 sono stati ristrutturati l’atrio, che ospita il centralino telefonico, e le scale esterne dell’accesso principale.
Tuttavia, chi entrava in Residenza Amica fino all’anno scorso notava che
l’ampia area destinata a parco (circa 12.000 mq.) richiedeva una sistemazione per diventare effettivamente vivibile e fruibile. Già il consiglio di amministrazione presieduto da Longoni aveva commissionato all’architetto Carlo
Maria Invernizzi per attrezzare il parco un progetto, che è stato predisposto
nel 2004, ma fino al termine del mandato del Presidente Longoni è rimasto
sulla carta, soprattutto per la difficoltà di reperire i mezzi finanziari necessari.
La problematica della sistemazione dell’area esterna è stata ben presto
presa in considerazione dal nuovo consiglio presieduto da Gian Mario
Colombo. Grazie alla collaborazione fra l’amministrazione comunale, che ha
finanziato gli interventi relativi agli alberi, e la direzione di Residenza Amica,
che ha provveduto alla creazione di vialetti e l’installazione di arredi, si è operata una prima riqualificazione del parco.
È stato infatti predisposto un progetto ad opera di Andrea Pellegatta, già
consulente del Comune di Giussano per il verde, certamente meno ambizioso del precedente, ma per lo meno rispondente all’esigenza di metter mano
ad un’area che richiedeva interventi da tempo. L’obiettivo iniziale è stato quello di risolvere problematiche legate alla gestione delle alberature, rafforzare la
qualità del polmone verde e allo stesso tempo favorire un maggior utilizzo da
parte degli ospiti di Residenza Amica. La realizzazione del progetto di riqualificazione del parco, avvenuta nella primavera del 2011, ha comportato la
creazione di vialetti, la piantumazione di nuovi alberi, il posizionamento di
attrezzature da giardino al fine di creare nuovi spazi vivibili per gli ospiti.
Sopra:
piantina dei lavori
allegata al progetto di
riqualificazione del
parco.
E… domani? Per il domani non ci resta che attendere un’ulteriore sistemazione dell’esterno, sempre che le risorse lo permettano. E anche se già
Lorenzo il Magnifico diceva: “di doman non v’è certezza”, siamo certi che la
premura e l’attenzione per gli ospiti di Residenza Amica non verrà mai meno.
A destra:
l’atrio d’ingresso
ristrutturato alla fine
del 2009.
42
43
Presidenti
e Consigli di amministrazione
I primi tre presidenti
riuniti in un’unica
immagine:
da destra Gian Paolo
Longoni, Giovanna
Brambilla Barzaghi e
Silvana Cassina
Barzaghi.
Il primo Consiglio di Residenza Amica fu nominato, come abbiamo precedentemente ricordato, il 18 novembre 1988; parzialmente rinnovato nel 1990,
rimase in carica fino al 1994.
Quando si trattò di nominare il presidente la scelta cadde, quasi inevitabilmente, su una persona dotata di capacità ed esperienza manageriale, per il
suo vissuto da protagonista all’interno di una nota ed importante industria
giussanese. Queste doti erano richieste soprattutto nel momento iniziale,
quando tutto andava avviato, quando si trattava di organizzare il servizio,
assumere il personale, ampliare progressivamente la capacità della struttura
di accogliere nuovi ospiti e di dare una risposta ai loro bisogni.
Pertanto l’opera della prima presidente, Giovanna Brambilla Barzaghi, si
indirizzò proprio su questa strada: quelli iniziali erano i momenti dell’apprensione e della novità, non si poteva facilmente prevedere come le cose sarebbero andate soprattutto sul piano economico e gestionale.
E’ vero che l’Amministrazione comunale, allora guidata dal sindaco Giulio
Cassina, aveva assicurato di dare una mano sul piano economico per i primi
Gian Mario Colombo,
presidente di
Residenza Amica dal
marzo del 2010.
44
45
L’Amministrazione
comunale,
rappresentata dagli
assessori Ascari e
Paris, consegna a
Giovanna Brambilla
Barzaghi una targa,
quale riconoscimento
per la preziosa opera di
presidente (1994).
Presidenti e Consigli di amministrazione
anni di funzionamento, però questa mano non sarebbe durata all’infinito e
quindi il Consiglio di amministrazione doveva cercare di far quadrare i conti,
oltre ad organizzare i servizi.
La signora Barzaghi, dotata come si è già detto di provate capacità dirigenziali, ma anche di sensibilità sociale, pur fra le inevitabili difficoltà, fra le polemiche e le divergenze d’opinione a volte aspre che affiorarono e si manifestarono all’interno del Consiglio di amministrazione, riuscì nel suo intento: consegnare al proprio successore una struttura ben avviata ed economicamente
autosufficiente.
Quando, nel 1994, lasciò il proprio incarico, l’Amministrazione comunale di
Giussano volle ringraziarla per il prezioso lavoro svolto con una targa raffigurante il nostro gonfalone.
Nel 1994 ci fu il cambio della guardia al vertice di Residenza Amica: anche
in questa circostanza la scelta del nuovo presidente, Silvana Cassina
Barzaghi, fu per così dire naturale. Infatti la signora Cassina aveva fatto parte
del Consiglio della Casa di riposo a partire dal 1990 e in precedenza, dal 1985
al 1990, aveva ricoperto il ruolo di Assessore ai servizi sociali, proprio negli
anni in cui si costruiva la Casa, della quale era stata fin dall’inizio una convinta sostenitrice.
Inoltre aveva alle spalle una lunga esperienza di volontariato nel gruppo
Vincenziano.
A testimonianza di una volontà di continuità nella gestione di Residenza
Amica , ma anche come segno di riconoscimento per l’opera svolta dalla
signora Gianna Barzaghi, nel 1995 il Consiglio di amministrazione la nominò
presidente onorario con questa motivazione:
“Con competenza, abnegazione e generosità ha guidato la Casa nella sua
fase più delicata e difficile, quella dell’apertura e dell’avvio. In particolare è riuscita ad amalgamare il lavoro dei componenti del consiglio di amministrazione, dell’apparato burocratico e del personale, mettendo così la casa di riposo
in condizione di raggiungere ambiti risultati gestionali e di riscuotere generale
apprezzamento”.
Il conferimento della presidenza onoraria fu accompagnato dalla consegna
di una medaglia d’oro per mano del nuovo presidente, Silvana Cassina, e del
direttore dell’Ente Franco Scifo.
Il gesto del consiglio di amministrazione aveva anche l’intento di disporre la
signora Gianna Barzaghi a conservare uno stretto rapporto con la Casa di
riposo: quanti sono più addentro nelle vicende di Residenza Amica sanno che
questo rapporto è continuato fino a quando, nel luglio del 2009, la signora
Barzaghi è scomparsa e anche oltre.
La gestione di Residenza Amica da parte di Silvana Cassina è stata carat46
Presidenti e Consigli di amministrazione
terizzata da una accentuazione della
sensibilità sociale, da una costante
presenza per buona parte della giornata, dalla disponibilità ad ascoltare
gli ospiti e le loro famiglie e a risolvere i problemi che si presentavano.
Gli anni della gestione Cassina,
quindi, furono quelli dell’organizzazione definitiva della struttura.
Nel 1999 il Consiglio di amministrazione fu completamente rinnovato, la
scelta del nuovo presidente cadde
su di una figura che aveva alle spalle
un lungo passato di amministratore
comunale, assessore dal 1970 al
1990: Gian Paolo Longoni.
I suoi dieci anni di mandato sono
stati caratterizzati soprattutto da due
eventi: l’apertura del Centro diurno
per malati di Alzheimer e i lavori di
adeguamento della struttura.
Infatti l’Amministrazione comunale
aveva provveduto a realizzare la
costruzione destinata ad ospitare il
Centro diurno, ma ne affidò la gestione, con un contratto di comodato, al
Consiglio di amministrazione di Residenza Amica nel luglio del 2006.
Inoltre la Regione Lombardia, per continuare ad accreditare la struttura e
quindi erogare i contributi, richiese negli ultimi anni una serie di adeguamenti
strutturali che hanno riguardato i vari piani dell’edificio, i locali cucina e la
lavanderia. Infine il Consiglio presieduto da Longoni ha commissionato un
progetto relativo alla sistemazione del parco che solo per ragioni economiche
non ha potuto essere avviato nel corso della presidenza Longoni.
Il 2 marzo 2010, a seguito del rinnovo del Consiglio di Amministrazione, è
stato nominato Presidente Gian Mario Colombo. Dall’insediamento ad oggi
il presidente Colombo ha dimostrato di continuare l’obiettivo perseguito dalle
precedenti amministrazioni: il benessere degli ospiti.
In quest’ottica sono stati presi alcuni provvedimenti ed eseguiti interventi
anche per quanto riguarda la struttura e gli arredi.
Infatti al secondo piano è stato realizzato un terrazzo, munito di scivolo per
47
Silvana Cassina
Barzaghi consegna una
targa ad Anna Corti in
occasione del
compimento di 100 anni
(25 luglio 1996).
I Presidenti e i Consigli di amministrazione
Gian Paolo Longoni,
presidente dal 1999
al 2009.
facilitare lo spostamento delle carrozzine, e inoltre è stato dotato di prato sintetico, tavolini e sedie. In ogni camera sono stati installati sollevatori per facilitare la mobilizzazione e il sollevamento degli ospiti, i letti sono stati sostituiti
con altri ad alzata elettrica, sono stati posizionati materassi antidecubito,
come pure le lenzuola. Inoltre è stato installato un sistema video via cavo che
permette in ogni camera e nei salottini ai vari piani, a chi ha difficoltà di spostamento, di assistere alle funzioni religiose che si svolgono nella chiesa.
La nuova amministrazione ha anche cercato di ottimizzare il rapporto ospitioperatori con una diversa distribuzione delle presenze e una rimodulazione della
turnistica; inoltre ha iniziato un lavoro di internalizzazione di tutto quel personale, già dipendente da cooperative esterne, operante da anni in Residenza Amica.
Per quanto riguarda la gestione sanitaria, nel corso del 2010, sempre nell’ottica di un miglior funzionamento e di una più pronta ed efficace risposta ai
bisogni degli utenti, ogni piano è stato dotato di una infermeria. Infine non è
stata tralasciata neppure la parte ludica: è stato potenziato il servizio di animazione rivolto soprattutto a chi necessita di interventi individuali, è stato adeguato l’impianto di video proiezione per avviare un nuovo progetto “cineforum”
e a breve verrà allestita una saletta dotata di televisione, tavoli e una piccola
biblioteca che metterà a disposizione delle persone più autonome uno spazio
un po’ più riservato, in cui potersi ritagliare momenti di maggior privacy.
48
Presidenti e Consigli di amministrazione
Dopo aver ricordato i quattro presidenti che si sono succeduti in questi 21
anni, è giusto citare tutti quanti hanno fatto parte del Consiglio di amministrazione offrendo il proprio contributo per la gestione della Casa.
Consiglio di amministrazione dal 1988 al 1994
Il primo Consiglio fu nominato il 18 novembre 1988 e parzialmente rinnovato nel 1990. Del primo consiglio furono confermati anche nel 1990 Giovanna
Brambilla Barzaghi, Paolo Somaschini, Sergio Galimberti, Idersilio Molteni,
Enrico Borgonovo. Ildefonso Mascheroni e Giovanni Rovagnati nel 1990 furono sostituita da Sivana Cassina Barzaghi e Alberto Elli.
Nel corso del 1992 Paolo Somaschini, Alberto Elli e Idersilio Molteni si dimisero per contrasti sorti all’interno del Consiglio di Amministrazione e furono
sostituiti da Giovanni Binda, Giuliano Galbiati e Sandro Colombo.
Consiglio di amministrazione dal 1994 al 1999
Silvana Cassina Barzaghi, Enrico Borgonovo, Sandro Colombo, Giuliano
Galbiati, Sergio Galimberti, Fabrizio Petit e Raffaele Pisani
Consiglio di amministrazione dal 1999 al 2004
Gian Paolo Longoni, Franca Banfi, Sergio Galimberti, Ada Lambrugo,
Donatella Nespoli, Giuseppe Nespoli, Giampaolo Sardella.
Consiglio di amministrazione dal 2004 al 2009
Gian Paolo Longoni, Franca Banfi, Dario Citterio, Claudio Corbetta, Sergio
Galimberti, Ada Lambrugo, Belinda Maghini.
Consiglio di amministrazione dal 2009 al 2014
Gian Mario Colombo, Fiorenzo Ballabio, Franca Banfi, Claudio Barbieri,
Claudio Corbetta, Donatella Nespoli, Otello Sabbatini.
Anche se tutti hanno dato il loro apporto per il buon funzionamento della
nostra Casa di riposo, è giusto ricordare, in particolare, l’opera di due consiglieri, per la loro costante presenza e il contributo offerto anche per risolvere
i problemi più spiccioli, ma non per questo meno importanti: parliamo di
Enrico Borgonovo, consigliere dal 1988 al 1999, e di Sergio Gailmberti che ha
fatto parte del Consiglio dall’apertura sino al 2009.
Non vanno, infine, dimenticati i Direttori che hanno collaborato col Consiglio
di amministrazione: Franco Scifo, già segretario e direttore generale del
Comune di Giussano, Giorgio Scivoletto e Nicolino Casati, che ricopre attualmente questo ruolo.
Per quanto riguarda la gestione sanitaria, questa fu affidata dapprima al
dott. Scivoletto (dal 2001 al 2004), sostituito nel 2004 dalla dottoressa
Marilena Cerliani e a partire dal 2008 dalla dottoressa Rosa Carmela Ripoli.
Da segnalare infine che il buon funzionamento di Residenza Amica è stato possibile anche grazie alla collaborazione fornita dai Sindaci che si sono succeduti
dal 1990: Erminio Barzaghi, Giulio Cassina, Franco Riva, Gian Paolo Riva.
49
Il personale
Personale di
Residenza Amica
Se è vero che per funzionare al meglio una struttura come Residenza Amica
richiede un Consiglio di amministrazione, un direttore amministrativo e un
direttore sanitario, capaci di interpretare le diverse situazioni ed assumere le
decisioni opportune, è incontestabile che l’anima della Casa di riposo è rappresentata soprattutto dal personale, medico, infermieristico e assistenziale,
che in continuo e costante contatto con gli ospiti ne rileva le necessità e
interviene nei modi più adeguati.
Per essere sempre meglio preparato a svolgere questo compito il personale ha avvertito l’esigenza di aggiornarsi, soprattutto da quando le tradizionali Case di riposo si sono trasformate in Residenze Sanitarie Assistenziali
(RSA).
Ad esempio. nel corso del 2002 il personale di Residenza Amica ha aderito al “Programma Umanizzazione” promosso dalla Asl 3 di Milano. Il progetto elaborato dal nostro personale e sperimentato, dopo incontri formativi e
informativi tenuti dalla Asl, si propose di “creare una mentalità di equipe a
vantaggio di un benessere bio-psico-fisico e sociale degli ospiti”
Infatti da parte degli operatori occorre una particolare sensibilità nei rapporti con gli anziani.
Attualmente il servizio medico è svolto, oltre che da Direttore sanitario, da
quattro medici che, a turno, assicurano anche il servizio di reperibilità per le
24 ore giornaliere.
Il servizio infermieristico consta della caposala Antonia Terraneo e otto
infermieri professionali che, in caso di necessità, prestano i primi soccorsi,
effettuano le medicazioni ordinarie, assistenza agli ospiti ammalati, provvedono alla distribuzione e somministrazione dei farmaci. Inoltre essi tengono
aggiornate le tabelle indicanti il decorso della malattia e le prescrizioni farmacologiche e dietetiche.
Il personale ausiliario svolge prestazioni di carattere socio-assistenziale che
comprendono anche l’igiene dell’ospite e la distribuzione dei pasti per le persone che non possono lasciare il piano e recarsi per il pranzo e la cena nella
sala ristorante.
Attualmente il personale ausiliario conta 42 unità con incarico a tempo
indeterminato; finora Residenza Amica si è avvalsa, nei casi di necessità,
della cooperativa di servizi “La Riabilitazione” di Seregno, che ha fornito
anche il personale per le attività di animazione, fisioterapia, psicomotricità e
terapia occupazionale. Dal prossimo anno questi servizi saranno effettuati da
personale interno.
Il personale amministrativo è rappresentato da tre unità, mentre due persone assicurano il servizio di centralino e forniscono le prime informazioni a
chi accede alla struttura.
L’organico del personale si completa con quattro persone addette alla
lavanderia e due alla manutenzione ordinaria dell’edificio e degli arredi.
Ospiti e animatori in
un’uscita alla
Residenza “Il Parco”
di Carate Brianza
(21 Ottobre 2008)
50
51
Le feste e le manifestazioni
Se qualcuno pensa ad una Casa di riposo attenta esclusivamente a soddisfare le esigenze ed i bisogni degli ospiti e quindi un po’ estraniata dalla
realtà sociale e dalla comunità locale, si sbaglia di grosso.
Infatti, fin dai primi anni, per iniziativa del Consiglio di amministrazione, dei
volontari e delle associazioni operanti in Giussano, sono state organizzate
numerose manifestazioni che hanno rappresentato spesso un momento di
festa per gli anziani.
Sarebbe impossibile elencare tutte le iniziative che si sono svolte a
Residenza Amica; ricordiamo pertanto solo le più significative.
Subito nei primi mesi di vita, esattamente il 19 dicembre 1990 si tenne la
prima festa con il Gruppo musicale Revival e l’anno successivo, il 14 dicembre, in collaborazione con i commercianti di Giussano fu organizzata una
seconda festa, questa volta con la partecipazione dell’orchestra di Enrico
Musiani. Nel 1991 Alberto Cova, campione mondiale di atletica visitò
Residenza Amica.
Nel 1992 assistiamo a tre momenti importanti, ciascuno dei quali avrà un
seguito negli anni successivi.. Si comincia il 28 marzo con la visita degli
Il campione d’atletica
Alberto Cova in visita a
Residenza Amica
(1991).
52
53
Il Gruppo musicale
Revival partecipa alla
festa organizzata
dall’associazione
Carabinieri in congedo
(19 luglio 1992).
Le feste e le manifestazioni
I relatori della
conferenza organizzata
nel settembre del 1994,
a quattro anni
dall’apertura della casa.
alunni della scuola media di Verano, il 7 giugno il Corpo musicale DAC di
Giussano tiene il primo concerto negli spazi di Residenza Amica (la manifestazione si svolge all’interno per via del maltempo) e il 19 luglio
l’Associazione dei carabinieri in congedo organizza una festa con l’intervento del Gruppo musicale Revival e l’attiva partecipazione degli ospiti.
In prossimità del Natale 1994, il 19 dicembre, nell’ambito della festa per
l’immancabile scambio degli auguri si svolge una tombolata: significativo il
fatto che fra i premi posti in palio figurano oggetti realizzati dagli ospiti che
frequentano il laboratorio di terapia occupazionale condotto da Francesca
Marforio e Roberto Annoni della Cooperativa sociale “la Riabilitazione” di
Seregno. Questa attività che non è un momento di svago, ma una terapia specifica volta a recuperare alcune capacità manuali degli ospiti, è solo una delle
attività svolte da tale cooperativa che effettua anche terapia psicomotoria, rieducazione motoria individuale, rieducazione del linguaggio e animazione.
Il 1994 fu il primo anno in cui l’apertura della Casa di riposo agli ospiti (settembre 1990) fu celebrata con alcune iniziative di rilievo: infatti il 17 settembre si tenne una conferenza con la partecipazione, fra gli altri, del prof.
Baldoni che aveva collaborato nella fase di preparazione dell’apertura della
casa, mentre il giorno prima era stata aperta una mostra fotografica che
54
Le feste e le manifestazioni
ricordava sia com’era un tempo il luogo su cui sorge Residenza Amica ( era
la così detta Vecchia Ghiana, un terreno ricco di gelsi e teatro di lavori agricoli) sia il presente della Casa di riposo con le feste, le manifestazioni, le visite delle scolaresche.
Gli ultimi mesi di quell’anno furono particolarmente ricchi di attività.
Il 6 novembre la Nuova Compagnia di Teatro di Giussano, dei cui componenti ricordiamo Massimo Galimberti, Gigi Colombo, Gianni Barzaghi, Carla
Terraneo, Paola e Luisa Frigerio, Sandro Dell’Orto e Achille Nespoli, mise in
scena lo spettacolo: “Tücc i can menen la cua, tücc i âsen disen la sua”, che
tradotto per i non brianzoli significa: “Tutti i cani scuotono la coda, tutti gli
asini dicono la loro”.
Il 12 dicembre fu la volta dell’incontro di tutti i Movimenti anziani del
Comune con gli ospiti di Residenza Amica; fra i vari momenti di quella giornata ricordiamo lo spettacolo “il rosario delle zitelle” messo in scena dal
Movimento Anziani di Birone.
Sempre nel dicembre del 1994 i pattinatori dello Skating Club Giussano
tennero un’esibizione in Residenza Amica, fu organizzata una tombolata in
collaborazione con i fisioterapisti della Casa e alcune classi delle elementari
di via Caimi e di via Rimembranze allietarono gli ospiti con canti e poesie.
Nel febbraio del 1996, in occasione della festa di S. Agata, cominciò ad
intervenire l’AIDO (un intervento questo che si sarebbe ripetuto puntualmente negli anni) organizzando una festa per gli ospiti con la partecipazione dell’orchestra i Paragotti (Francesco Brenna, Giovanni Rovagnati, Giuseppe
Valtorta e Adriano Sedazzari) e in collaborazione con l’animatrice Gisella
Pozzoli. Negli anni successivi l’AIDO sarà presente anche in maggio, in occasione della festa della mamma.
Il 3 novembre la classe 1936, ricordando il 60° anno di vita, donò a
Residenza Amica una carrozzina; interessante il pensiero che accompagnò
questo gesto: “Con piacere ci siamo resi conto che anche chi non aveva mai
avvicinato Residenza Amica ha avuto l’opportunità di visitarla, prendendo
conoscenza non solo della cappella, ma anche della palestra e di tutti gli
spazi dei quali possono usufruire gli ospiti”.
A partire dal 1995 si tiene la festa della Giubiana con l’immancabile falò e
la partecipazione delle classi della scuola elementare di via D’Azeglio. Nel
1997 si tenne una pesca di beneficenza e la festa di fine anno della scuola
elementare di via D’Azeglio: alla tombolata hanno partecipato anche gli ospiti della Casa.
Nel settembre del 1998, in occasione della Festa campagnola, fu pubblicato
il volume “Una vita da raccontare”, una storia raccontata a più voci dagli ospiti di Residenza Amica, che riporta spaccati di vita e ricordi lontani: dai loro racconti traspare un mondo diverso da quello attuale, rievocato con nostalgia.
55
Le feste e le manifestazioni
Le feste e le manifestazioni
Una delle numerose
feste della Giubiana
che dal 1995 si tengono
a Residenza Amica.
Nell’introduzione al volume si afferma: “Abbiamo scoperto quanto la natura custodisca molta più generosità e potenzialità di quanto superficialmente
spesso riteniamo”.
Il 25 giugno 2000 la manifestazione “Residenza Amica in Festa” ha visto la
partecipazione del Coro santa Cecilia della Parrocchia di Giussano, dei corpi
musicali di Giussano e Paina, l’esibizione della Schola Cantorum di
Residenza Amica e il saluto degli oratori delle quattro parrocchie.
Sempre nel 2000, in ottobre, in occasione del decennio di apertura, ad
opera dell’Associazione culturale “L’albero blu” è stato allestito lo spettacolo “Musiche e parole” con Carmen Panarello e Enrico De Meo.
Nel 2001 altri momenti significativi: a febbraio la festa di S. Agata organizzata dall’AIDO (per la prima volta non c’è l’orchestra Paragotti, andata definitivamente in pensione, sostituita da Giorgio Zannini del Musical Center di
Giussano), il 4 maggio gita alla Madonna del Ghisallo, il 17 maggio spettacolo di teatro e poesia “Sorella sconosciuta”, il 17 giugno nell’ambito di
“Residenza Amica in Festa” esibizione del gruppo Firlinfeu “La primavera” di
Sovico e per il festival delle regioni esibizione della “Schola Cantorum” di
Residenza Amica in un repertorio di canti regionali.
56
Sempre nel maggio del 2001 il campione di ciclismo Gianni Bugno aveva
fatto visita agli ospiti di Residenza Amica. L’anno successivo, all’interno delle
manifestazioni per “Residenza Amica in Festa”, dal gruppo “Le voci” è stato
allestito lo spettacolo “Milano cabaret” e una mostra fotografica del Gruppo
Fotografico di Giussano a cura di Mario Pozzoli.
A partire dal 2003 nel mese di settembre viene organizzata una manifestazione dal titolo “Fiera una volta” che ogni anno si ispira ad un tema legato
alle nostre tradizioni.
Ecco i temi proposti nei vari anni:
2003 - La vita della cascina brianzola e i mestieri di un tempo
2004 - La famiglia e gli animali della cascina
2005 - Vita e animali della cascina - Il mondo dei piccoli
2006 - Il matrimonio e altri riti religiosi
2007 - L’uva, la vendemmia, gli attrezzi e gli animali della cascina
2008 - Vita di corte e animali della cascina
2009 - Il Medioevo e gli animali della corte
2010 - Le Favole
2011 - I Promessi Sposi
57
I partecipanti alla gita al
Ghisallo (4 maggio 2001)
Le feste e le manifestazioni
Le feste e le manifestazioni
In occasione di “Fiera una volta” il gruppo di artisti ArteInsieme realizza
ogni anno murales o tele, in sintonia col tema della festa, e tali opere abbelliscono gli spazi della Casa di riposo.
Nel 2004, all’inizio di maggio, un’iniziativa nata dalla collaborazione tra
Residenza Amica, Amministrazione comunale e Coast to coast truck team
dal titolo “Associazioni in festa”, un’occasione per tutte le associazioni di
volontariato di farsi meglio conoscere dalla cittadinanza.
Per evitare il rischio di diventare troppo noiosi, non abbiamo elencato tutte
le feste, iniziative e manifestazioni che in questi anni hanno ravvivato la vita
di Residenza Amica; per essere sintetici ,la storia della nostra Casa è ricca di
visite di scolaresche, che spesso vi hanno festeggiato la fine dell’anno scolastico, e dei ragazzi degli oratori, dei Magi di Robbiano il giorno
dell’Epifania, ma anche di donazioni: l’apparecchio per elettrocardiogramma
donato dal Movimento anziani nel 1998, la somma devoluta dal Truck team
per l’acquisto di strumenti informatici nel 2004, la somma di 3,5 milioni di lire
donata nel 1988 da tre classi terze delle elementari di via Caimi, frutto del
ricavato della vendita del volume “C’era una volta”, che raccontava fatti e
storie del passato e nel contempo si proponeva di sensibilizzare sul problema degli anziani.
58
59
Pagina 58. In alto:
una delle ultime
edizioni di “Fiera una
volta” con l’intervento
degli sbandieratori
e musici dell’Urna
(20 settembre 2009).
In basso: la tela
“Il matrimonio”
realizzata dagli artisti
di ArteInsieme nel 2006
e collocata nella sala
ristorante.
Pagina 59: anziani al
mare.
Le feste e le manifestazioni
Le feste e le manifestazioni
Alcune manifestazioni, oltre quelle già citate, si ripetono ormai abitualmente, scandite dallo scorrere dei mesi.
In gennaio i “turtei” di S. Antonio e la castagnata con gli Alpini, in febbraio
la festa di Carnevale con la partecipazione della Compagnia di teatro di
Birone, in marzo la festa di primavera con tombolata; in maggio, nell’ambito
dell’iniziativa organizzata dal Comune di Giussano alcuni ospiti di Residenza
Amica partecipano al soggiorno marino per anziani; a giugno l’immancabile
visita dei ragazzi che frequentano l’oratorio feriale.
Nei mesi di luglio e agosto, nella giornata di martedì, alcuni ospiti partecipano a “Estate insieme” organizzata dai Servizi sociali del Comune e dalla
Cooperativa “la Riabilitazione”, con il Centro Anziani “I 4 cerchi” e gli anziani assistiti dal servizio di assistenza domiciliare.
In settembre il gruppo degli uomini dal 2005 si reca ad assistere alle prove
del Gran premio automobilistico di Monza. A dicembre registriamo i laboratori teatrali con i bambini delle scuole, la visita della scuola materna
Proserpio, l’uscita a Villa Sartirana per visitare la mostra dei Presepi.
Non mancano, poi, le gite: ricordiamo quelle a Caravaggio (giugno 2004),
Sotto il Monte (maggio 2005), Lago Fuentes (luglio 2006), Piona (ottobre
2008).
Dobbiamo infine ricordare che, tra il 1999 e il 2001, gli ospiti della Casa par60
61
Pagina 60. In alto:
i ragazzi dell’oratorio
feriale di Giussano
visitano in giugno gli
ospiti di Residenza
Amica.
In basso: il gruppo
degli uomini
all’autodromo di Monza
per assistere alle prove
del gran premio
automobilistico.
Pagina 61: alcuni ospiti
di Residenza Amica in
visita a Villa Sartirana.
Le feste e le manifestazioni
Pagina 62: gita a Sotto
il Monte (2005).
Pagina 63. In alto:
gita a Piona (2008).
In basso: un momento
della manifestazione
“Càntum Insema”, cui
parteciparono anche gli
ospiti di Residenza
Amica con quelli di
altre 11 case di riposo.
Le feste e le manifestazioni
teciparono, con gli ospiti di altre undici case di riposo, ad alcune interessanti manifestazioni: nel 1999 “Cantum insema” che si concluse a Desio nel
Palabancodesio, nel 2000 “Anziano in arte” che produsse un calendario e
una mostra itinerante di quadri e si concluse a Lentate in Villa cenacolo,
mentre nel 2001 la manifestazione, denominata “Una storia, un segno, un’emozione”, diede vita ad una serie di racconti e la giornata conclusiva si svolse alla Residenza “Il parco” di Carate Brianza.
Con questo, e ci scusiamo con quanti siano stati eventualmente dimenticati, pensiamo di aver offerto un quadro sufficiente, seppur sintetico, della
vita di Residenza Amica con frequenti occasioni di feste e incontri che servono anche per far sentire gli ospiti meno soli ed isolati.
Non possiamo, però, concludere la parte riservata alle feste e alle manifestazioni senza citare l’opera preziosa e indispensabile di associazioni e gruppi che rendono possibili così numerose iniziative: AIDO/ADMO, ArteInsieme,
AVIS, Associazione Volontari di Residenza Amica, Croce Bianca, i Corpi
Musicali DAC di Giussano e S. Margherita di Paina, il CAI Paina, il Gruppo
Alpini di Giussano, l’Associazione Carabinieri in congedo, il gruppo musicale “Les Pierrots”, l’Oratorio San Giovanni Bosco, gli operatori di Residenza
Amica, la Pro Loco, i Vigili del Fuoco di Carate, il gruppo Robby di Robbiano.
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... e infine tocca agli ospiti
Accanto alla storia di Residenza Amica delineata nelle pagine precedenti
non poteva mancare la voce, diretta o indiretta, di quanti hanno fruito e tuttora fruiscono dei servizi di questa struttura.
Infatti quest’ ultima parte del volume presenta ricordi degli ospiti di ieri e
testimonianze di quelli di oggi, introdotti e raccolti da Gisella Pozzoli e coordinati da Giulio Cassina.
“Vint’ann e una cavagna de setimann”
“Vint’ann e una cavagna de setimann”, così ho pensato di titolare la
sequenza di ricordi che sto per raccontare; 1990-2011 sono passati ventun
anni dall’apertura di Residenza Amica e, come dice un vecchio proverbio,
“ne è passata di acqua sotto i ponti ”. Effettivamente più di settecento persone sono transitate e ritengo che in questo lasso di tempo abbiano fatto la
storia di questa struttura. Non è certamente la storia che si studia sui libri, è
invece quella dietro l’angolo, a volte fatta di nostalgia, di velata tristezza o
solo del ricordo dolce del proprio passato e delle care abitudini, una storia
che copre due terzi del secolo scorso, ricca di ombre e di luci.
Una piacevole e costruttiva storia che vale la pena di raccontare; so per
certo che chi leggerà queste pagine non proverà quelle emozioni che chi sta
scrivendo ha vissuto in prima persona. È certamente impossibile trasmettere sulla carta il sentimento di nostalgia che traspariva nel tono della loro
voce, mentre si raccontavano, e ancora la sensazione di un calore e una sintonia che rendeva piacevole lo stare insieme.
Alcune presenze sono state delle meteore, le loro condizioni non hanno
permesso di condividere momenti di comunità, altre hanno lasciato segni
tangibili e ricordi affettuosi. Ventun anni a “RESIDENZA AMICA: un’esperienza da consigliare.
In questo lasso di tempo, ho sicuramente imparato che la natura umana
custodisce molta più generosità e potenzialità di quanto superficialmente
spesso riteniamo.
Una volta avrebbero detto “ci vorrebbero fiumi di inchiostro per riuscire a
scrivere l’intera storia”, oggi l’inchiostro non si usa più e utilizzando il computer si fa in fretta, e dunque sembrerebbe facile la cosa, e no… per niente, il difficile sta nel non annoiare chi sta leggendo e trasmettergli le giuste emozioni.
Gisella Pozzoli
La tradizionale
festa di settembre,
Fiera una volta,
nel 2011
ha avuto per tema
“I Promessi sposi”.
Unico rammarico:
il maltempo ha
costretto a
ridimensionare il
programma delle
manifestazioni previste
all’esterno della
struttura.
Gli ospiti di ieri
15 settembre 1990, stanza 209 secondo piano: Pierina e Severina. due
simpatiche e dolci “nonnine”, come quelle raffigurate nelle storie per bambini, una con gli occhiali sempre sul naso anche se non vedeva nulla perché le
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... e infine tocca gli ospiti
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
... e infine tocca gli ospiti
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
Ospiti della casa di
riposo in un’uscita alla
Cascina Preziosa
(2009).
lenti erano di cinquant’anni prima , l’altra che ci sentiva poco o quasi niente,
ma insieme se la intendevano bene. Entrambe di Giussano, una vita di sacrifici e lavoro, “casa chiesa e lavoro”; la cosa divertente è che ogni tanto ora
una ora l’altra raccontavano che durante la notte dei gatti avevano fatto loro
visita, pensate... dei gatti in camera, naturalmente nessuno ci credeva, ma
scherzosamente si stava al gioco, pensando “avranno le allucinazioni”. Ma...
altro che allucinazioni, una bella mattina un operatore entrando in camera ha
trovato i gatti che passeggiavano per la stanza e ha cominciato a gridare,
“com’è possibile, da che parte sono arrivati?” Come fulmini tutti nella camera 209 per capire cosa stesse accadendo, che risate vedere un’ausiliaria che
cercava di stanare i gatti da sotto il letto con la scopa mentre questi, impauriti dal frastuono, miagolavano e si rintanavano sempre più sotto. Pierina e
Severina piagnucolando gridavano “lasciateli stare”... grande agitazione e
fermento, sembrava ci fosse un giallo da risolvere, una strana presenza da
spiegare... no niente di tutto questo, semplicemente i due gattini arrivavano
verso sera, miagolando, davanti alla porta della cucina e le operatrici davano loro del latte e ogni tanto, anziché andarsene per dove erano venuti. si
infilavano nella camera adiacente...
Anna Maria Belotti, e scusate se di Lei scrivo nome e cognome per esteso, ma lei a Residenza Amica ha vissuto per vent’anni: era il 18 settembre
1990 quando vi è arrivata. Quante situazioni, emozioni condivise; per Lei si
stava organizzano “un momento speciale” durante la manifestazione della
festa di settembre “ottava fiera una volta”; invece il 25 luglio 2010 Anna ci ha
lasciati, e questa lettera è stata sicuramente l’omaggio più significativo per
una persona speciale come è stata Anna.
“La signora Anna, l’Anna Belotti, “l’anziana” di Residenza Amica ci ha
lasciati. Se n’è andata sommessamente, con la stessa discrezione con cui ha
vissuto per 20 anni a Residenza Amica, proprio dalla sua apertura. La vedevamo spuntare dal corridoio, quasi in punta di piedi, stringendo l’inseparabile scialletto, sempre contenta di vederci, di salutarci, di chiederci come stavamo. Talvolta, soprattutto nelle grigie giornate invernali, quando una nota di
tristezza le percorreva le parole, era subito pronta a riprendersi, quasi timorosa di aver osato troppo. Da lei abbiamo imparato la prudenza e l’accettazione dei limiti della nostra esistenza. Cara signora Anna, chissà se siamo riuscite a farle capire che le volevamo bene e che ci mancherà proprio tanto. Ma
di una cosa siamo sicure: che la Madonna, a cui era tanto devota, l’ha accolta nel suo Paradiso avvolgendola in uno scialle di fiori”.
Antonietta e Luigia, secondo piano. Erano entrate insieme il 18 settembre;
ripensando a loro, mi affiora l’immagine del “gatto e la volpe” di Pinocchio.
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Luigia si lasciava comandare a bacchetta, ed era succube della compagna;
pur sforzandomi non credo di trovare qualcosa che le accomunasse, una
tanto buona e accomodante, l’alta “peperina” e pretenziosa, e comandava
sempre qualcosa alla compagna, ma la cosa strana è che Luigia stava sempre con Antonietta ed era la sua ombra, inutile cercare di allontanarle.
Augusto, un signore molto simpatico e dinamico, stava al primo piano, era
una “ forza della natura”: si spingeva sulla sedia a rotelle per tutto il corridoio,
avanti e indietro, e quando il tempo lo permetteva usava la carrozzina elettrica per girare nel parco e anche all’esterno. Era un mattiniero e, quando il
personale cominciavano le alzate, armato di trombetta lui passava di porta in
porta a dare la sveglia, amava stare con la gente, teneva banco con le sue
barzellette e sapeva scherzare sul suo handicap (gli era stata amputata una
gamba). Quante volte ci ha divertiti con la storia delle scarpe: raccontava di
come faceva impazzire le commesse quando andava ad acquistarne un
paio, fingeva di volerne comprarne una sola perché a lui due non servivano,
“non ne voglio un paio, ho un piede solo, l’altra a me non serve, come devo
dirvelo?” e descriveva l’imbarazzo delle commesse che non avevano parole
e si sentivano a disagio senza sapere che fare. Ogni volta che ci intratteneva con questa storia aggiungeva particolari che coloravano il tutto di una
luce sempre diversa. Era uno spasso stare ad ascoltarlo!
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... e infine tocca gli ospiti
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
Regina, secondo piano. Ripensando a lei mi verrebbe da dire: “era una
macchietta”, ma forse non è il caso. Spesso si metteva in situazioni di pericolo, per fortuna senza gravi conseguenze, come quando aveva pensato di
recuperare la valigia dall’armadio in alto, utilizzano la poltrona ed è finita a
gambe all’aria. Non so se riuscirò a rendere l’idea, di come l’abbiamo ritrovata quando siamo entrati in camera. Regina pesava sì e no quaranta chili,
gambe sottili, indossava una gonna a scacchi rossa e nera a pieghe e calze
nere, stava per terra e teneva le gambe in verticale e le muoveva di qua e di
là come rami al vento; Regina era cognitivamente un po’ disorientata, viveva
nel suo mondo. Prima del pensionamento aveva lavorato cinquant’anni dietro il bancone di una ricevitoria del lotto e spesso pensava di starci ancora e
si cimentava nel tentativo di suggerirci numeri vincenti, e se le raccontavi un
tuo sogno, “partiva in quarta” e te lo “smorfiava” a modo suo; alla fine snocciolava una serie di numeri che, secondo lei, sarebbero risultati vincenti.
Qualche volta, devo dirlo, abbiamo provato a giocarli, ma niente terno e
neanche ambo. Chissà se quando lavorava “i numeri li dava meglio”, di fatto
era divertente stare ad ascoltarla, quando coi suoi modi distinti parlava di
ruote, ambi e terni. come se parlasse del Vangelo.
Romilda. Come non ricordare Miss Residenza Amica, così la chiamavamo
tutti, perché sempre impeccabile indossava abiti raffinati e si ingioiellava
sempre. Ha vissuto dodici anni in casa di riposo, di lei ricordo la smania e la
voglia di essere bella, ogni raggio di sole era suo. Gia ai primi di giugno,
indossava prendisole e cappello di paglia e usciva in giardino a prendere il
sole, dovevate vedere come si preparava accuratamente per “far colpo”... e
faceva colpo per davvero, sugli “ometti”.
Vincenzo, originario della Campania, un gentiluomo di altri tempi. Durante
le attività di animazione ci deliziava con le sue serenate in dialetto napoletano, ci metteva “anema e core” e bisogna proprio dire “che teneva una bella
voce”, era di corporatura minuta, ma di carattere fermo e deciso, anche un
po’ particolare, se vogliamo, e particolari erano le tecniche che utilizzava nel
colorare, un modo tutto suo, che lo differenziava dagli altri: un vero artista.
Carolina, in arte “massaggiatrice”. Scherzi a parte, se lamentavi qualche
dolore alle articolazioni, ti invitava in camera sua, una bella pomatina con
massaggio ed eri sicuramente in via di guarigione. Finita la “terapia” raccomandava di non dire nulla a nessuno; “non vorrei che lo venisse a sapere il
Dott. C., è il marito di mia nipote e lavora qui”. Carolina era una persona riservata, amava stare tranquilla in camera sua in compagnia del suo breviario,
una donna di poche parole, si potrebbe pensare; non proprio, le piaceva par68
... e infine tocca gli ospiti
lare, ma “a tu per tu”, temeva di sbagliare o di non riuscire a spiegarsi bene,
“tal set mi u minga studià” 1, si scusava sempre.
Giuseppina: quanti chilometri nell’arco di una giornata lungo il corridoio del
secondo piano! Ad ogni persona che incontrava domandava: “o lü (o Lee)2,
la strada per andà a Giussan?3” e poi di nuovo in pista, avanti e indietro…
Lina: che portento! Le raccontava”grosse”, ma le diceva tanto bene che ti
nasceva il dubbio se fossero vere oppure no. Era una donna robusta dal viso
sornione, ne aveva per tutti, “varda questa, varda quel’altra”4. E poi, quando
raccontava barzellette, lo faceva proprio bene.
Antonietta era entrata il 18 novembre del ’93, una donnina di un metro e
quaranta, una camminatrice per eccellenza; se le offrivano un passaggio non
accettava mai, anche se conosceva le persone, “la mia macchina sono le
gambe”, rispondeva, e proseguiva per la sua strada. Era decisa e testarda:
infatti dopo tre mesi che era in casa di riposo, una mattina è entrata in segreteria esordendo: “vado a casa mia”. Tanto ha fatto e tanto ha detto che è
veramente tornata a casa. È ritornata poi a Residenza Amica nel febbraio del
‘98, in seguito ad una caduta era stata ricoverata in ospedale, ma non avevano praticato l’intervento data la sua età. Solo per la sua statura la si poteva definire una donnina, ma era una donna tutta d’un pezzo, con una grinta
e un carattere forte sino all’ultimo. Ogni volta che raccontava di sè, muoveva le dita della mano in modo bizzarro, mostrandone tre, per dire che aveva
avuto tre mariti ed era rimasta vedova tre volte e ancora, quando le si chiedeva quanti anni avesse, il rituale era sempre lo stesso e mostrando “due
dita” aggiungeva “gho vint’ann e una cavagna de setimann”5.
Anna ha vissuto quattro anni in casa di riposo: arrivava da Milano, non gradiva molto partecipare alle attività proposte, amava uscire all’aperto, per
questo aveva una “badante” e solo a volte si univa ai gruppi, lo faceva
soprattutto quando c’erano attività ludiche o feste, la signora Anna ha spento con noi “le cento candeline”.
Claudia: di lei racconto l’aneddoto più spassoso. Era una signora un po’
disorientata, amava raccontare e, per come si atteggiava, risultava diverten1
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sai, io non ho studiato
senta;
la strada per Giussano;
guarda questa, guarda quell’altra;
ho superato le ottanta primavere;
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L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
... e infine tocca gli ospiti
te; potete immaginare cosa succedeva quando qualcuno “le dava corda”.
Era di statura alta e soffriva di dolori alle gambe, stava in carrozzina e spesso lamentava male e ridacchiando diceva “bisognerebbe cambiarle, metterne un paio più giovani”. Una volta era presente un volontario, Angelo, che a
sentirla dire così, partì in quarta, dicendo: “non ci vuole niente, venerdì andiamo al mercato e ne compriamo una”. Il venerdì successivo proprio Angelo
spingeva la carrozzina di Claudia e, quando sono arrivati in prossimità del
venditore di calze, si è fermato, ha preso una di quelle gambe esposte e
gliel’ha data. Non sto a raccontare i dettagli, tira di qua, tira di là, ma Claudia
teneva ben stretta la “sua gamba” e l’ha anche portata a casa. Immaginate
come se la ridevano quelli che si trovavano a passare in quel momento.
Maria Teresa ha vissuto sette anni a Residenza Amica, era una persona
dall’aspetto molto distinto che mi metteva in soggezione; anche se col passare del tempo ho raccolto molte confidenze, non sono mai riuscita a darle
del tu. La signora Maria Teresa era rimasta vedova, non aveva figli e la scelta della casa di riposo l’aveva fatta la nipote, dopo che la zia era caduta più
volte inciampando. Era molto religiosa e dedita alla Chiesa, ha continuato a
farlo anche per il tempo trascorso in struttura. Diceva sempre: “non mi
manca niente, c’e anche il superfluo, ma mi manca la libertà, mi sento un
uccello in una bella gabbia dorata che ha cibo e acqua, ma non può spiccare il volo e volteggiare nel cielo”.
Zeno è arrivato in casa di riposo con il suo motorino, un cimelio dal quale
non voleva separarsi. Dopo pranzo inforcava il “suo mezzo” e pedalando e
accelerando cercava di farlo partire, ma che fatica!, sarebbe stato più semplice andare a piedi, e sicuramente avrebbe impiegato molto meno tempo,
ma guai osare dirgli qualcosa...
Maria, una persona “precisina, precisina”. Ordine, pulizia e cura dell’aspetto erano il suo motto. Ha vissuto dodici anni in casa di riposo, molte
volte si è ritrovata a raccontare di sè, della sua infanzia, del fratello perso in
guerra; del marito parlava con orgoglio, i suoi occhi si illuminavano e non
possiamo darle torto. Diceva infatti “io e mio marito andavamo proprio d’accordo, e vi dico anche che i miei genitori non volevano che lo sposassi, perché lui era un operaio e io una che stava bene, volevano che sposassi quello che dicevano loro”. Anche a lei, come spesso si usava a quei tempi, i genitori avevano scelto per fidanzato il figlio di amici con una bella posizione, ma
il suo cuore batteva già per A., un bel giovane. Anche le amiche le dicevano:
“Maria devi sposare il macellaio? Spusa minga quell lì 6, per l’amor del cielo 7”,
el va ben no, va pusee ben quell’alter che te cugnusett”. I contrasti in fami70
... e infine tocca gli ospiti
glia non furono pochi, ma al cuore non si comanda. Maria lascia la casa dei
genitori e sposa il suo “Amore”.
Era la mattina del 6 maggio 1995 ero di servizio al centralino e non erano
ancora le sette, quando con passo deciso vedo arrivare una signora (era
entrata in Residenza Amica il giorno prima), teneva in mano ciabatte e camicia da notte pronta a prendere la porta d’uscita; mi sono avvicinata, la signora mi ha guardato stupita di vedermi, e ha detto: “ecco la mia Paola”, e poi
“cosa fai qui?”. Sto lavorando, ho ribadito, e lei: “se ci sei anche tu, resto
anch’io”. La faccenda può apparire un poco strana, niente affatto, se pensate che da quel momento per lei sono stata Paola. Rosetta mi aveva scambiato per la nipote (devo dire che qualche somiglianza c’era, stesso taglio di
capelli, entrambe con gli occhiali), inutile cercare di dissuaderla, nemmeno il
figlio ci riusciva, tentava di spiegarle che non ero Paola, ma lei convinta di
sapere il fatto suo si irritava e diceva “non capisce proprio più niente lo zio,
ma si può che non ti riconosce?”. E ancora dovete sapere che, quando capitava di andare al mercato (stava a braccetto solo con me) e mio marito mi
dava una mano, lei si irritava che mi parlasse e diceva “cosa vuole?” e rivolta a lui “vai, vai non abbiamo bisogno di te.” Era tenerissima e quando qualcuno le domandava chi io fossi, se le veniva subito diceva “l’è la mia Paola”,
altrimenti rispondeva “dimmelo tu, io so bene chi è”!
Febronia: critica su tutto e su tutti, di quelle alle quali non va mai bene
niente e che trovano sempre il pelo nell’uovo. Difficile rapportarsi con lei se
non era giornata, quelle volte o meglio quelle poche volte che “era in sè”
sapeva essere anche divertente e simpatica. Pensate che, dopo aver ascoltato la sua storia, mi ero convinta avesse tutte le ragioni di essere arrabbiata con il mondo e invece mi aveva preso in giro per bene. Un momento, facciamo un passo indietro. Un pomeriggio, durante un’attività, siamo arrivate a
parlare di “morosi” e Febronia si è messa a raccontare che il suo grande
amore era partito per la guerra; lui le scriveva dichiarandole tutto il suo
amore, e le prometteva di sposarla appena tornato, ma lui non era mai tornato: durante una missione il suo aereo era precipitato e Febronia non aveva
più voluto saperne di uomini. Ci ha poi raccontato che le spoglie erano seppellite nel cimitero di Giussano al “tal campo, al tal numero” e lì c’è veramente un pilota caduto in guerra, Converrete con me che è una vicenda davvero toccante da segnare la vita di una giovane innamorata, ma poi ho scoperto che questo non era l’epilogo dell’amore di Febronia ma la trama di un
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non sposare quello lì;
per l’amor del cielo, non fa per te, meglio quell’altro che tu conosci
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... e infine tocca gli ospiti
libro di Liala che lei aveva deciso di far sua. Che attrice e come ha saputo
recitare bene, anzi benissimo!
Novembre 1999: Antonietta B. entrava a Residenza Amica e con lei la
camera 105 del primo piano si è trasformata “nel piccolo rione di Paina”.
Come? direte. Non è facile spiegare a parole “il vulcano” di simpatia, allegria
e voglia di vivere che sapeva trasmettere. Prima o dopo le attività di animazione, nei momenti morti, si faceva portare in camera le amiche di Paina
(appunto), l’Amalia, la Pina, la Giuseppina, e le sentivi fare di quelle risate
“genuine”, chissà cosa raccontava? Per quanto mi riguarda, questo è stato
il periodo più “brioso”. Antonietta assomigliava alla lava incandescente; per
capire meglio com’era, vi basti pensare che a 83 anni ha scritto un libricino
intitolato: “i miei primi ottantatré anni, da leggere lontano dai pasti”. Riporto
la presentazione fatta dalla pronipote F. che allora frequentava la quarta elementare.
“A Giussano, alla Residenza Amica c’è mia nonna. È una signora anziana, è
seduta su una sedia a rotelle e si fa trasportare come niente fosse. Lei porta
con sé degli occhiali con la montatura oro finto, ha uno “chignon” sui capelli molto curato. Il suo volto è chiaro, i suoi capelli grigi e ha degli occhi blu.
Comunque, per me è molto ma molto speciale”.
Penso anch’io che fosse speciale, il sorriso sempre sulle labbra, anche se
nella vita ne aveva passate, aveva il dono di trovare il lato buono in ogni
cosa.
Per concludere vi riporto un brano di pag. 4 – ... quasi cinque anni dopo,
nasceva ML: tanto bella(??) che tutti la volevano vedere, soprattutto per via
degli occhi a mandorla e in molti mi chiedevano spiegazioni. Sarà che ho
guardato troppo le bustine dello zafferano tre cuochi (fra questi un cinesino),
che sorridendo porgevano un piatto di risotto fumante. I nostri vecchi dicevano che era di buon auspicio guardare le fotografie dei bei bambini, io invece guardavo le bustine dei tre cuochi con il cinesino che mi piaceva tanto...
Elvira: il ricordo che ho di lei è il momento del suo ingresso. Quando l’ho
accolta, era consapevole della sua situazione: si era sposata a 45 anni ed era
vedova senza figli, era caduta sul ghiaccio la vigilia di Natale andando per le
prove del coro natalizio, si era fratturata il femore e non era più in grado di
gestirsi in modo autonomo. Perciò aveva deciso di entrare in Residenza
Amica e, mentre mi parlava, un nodo alla gola le fece tremare la voce, ma un
attimo dopo, come se nulla fosse, ha continuato a raccontarmi di sé, della
sua passione per la musica e il canto: sapeva suonare il pianoforte e cantare era la sua valvola di sfogo nei momenti tristi. Una donna d’altri tempi nel
vestire e nella postura sobria, ma signorile al tempo stesso.
72
... e infine tocca gli ospiti
Alcune interviste
Dopo il ricordo di quanti hanno trascorso periodi più o meno lunghi a
Residenza Amica, ecco le interviste rilasciate da alcuni ospiti nel corso del 2010.
Carlo G.
Nato a Giussano (o meglio, come ci tiene a precisare, nella frazione di
Brugazzo) nel 1919, ha lavorato come fabbro ferraio in una nota azienda
giussanese fin quando, nel marzo del 1939, fu chiamato alle armi.
Cosa ricorda della terribile esperienza della seconda guerra mondiale?
Il primo episodio che ricordo in modo chiaro risale al 1942 quando fui portato a Bari, dove attesi quindici giorni prima di imbarcarmi per la Grecia.
Arrivammo dopo sei giorni, dapprima non sembrava di essere in guerra, poi
cominciammo a sentire gli spari e capimmo che si faceva sul serio.
Di quell’esperienza il ricordo più doloroso è la perdita di due commilitoni,
uno di Varese, l’altro di Busto Arsizio, coi quali avevo stretto rapporti di amicizia. Mentre mi ero allontanato alla ricerca di un po’ di cibo (non era facile
trovare qualcosa da mangiare) furono colpiti a morte dai cecchini greci e
toccò proprio a me seppellirli. Poi nel 1943 mi ammalai di tifo, fui rimpatriato e trasferito nell’ospedale di Asti.
Dopo una breve licenza, che mi consentì di ritornare a casa per una ventina di giorni (in realtà la licenza era di quindici giorni, ma io la prolungai
rischiando di subire una punizione), fui trasferito a Torino nella caserma
“Armistizio con la Francia”, situata in prossimità del Parco del Valentino. Lì
aiutavo gli infermieri e facevo qualche lavoro per il tenente: egli aveva una
fattoria vicino a Cuneo ed io ci andavo periodicamente a prendere la carne.
Come si è conclusa l’esperienza di guerra?
L’8 settembre 1944 appresi dalla radio la firma dell’armistizio. Con alcuni
compagni (eravamo in cinque) fuggii a piedi da Torino e la sera del 13 settembre arrivai a casa.
Inizialmente incontrai difficoltà a trovar lavoro, per cui me la cavavo con
lavori occasionali di lucidatore, un mestiere che avevo imparato da giovane.
Finita la guerra ho fatto il lucidatore fino a quando sono andato in pensione.
Nel 1944 mi sono sposato e dal matrimonio è nato un figlio.
Com’è maturata la decisione di entrare in Residenza Amica?
La moglie si è ammalata e progressivamente aggravata, inizialmente ho
cercato di assisterla, poi anch’io ho cominciato ad avere degli svenimenti, a
volte cadevo improvvisamente, una volta, ricordo, mentre ero nell’orto. Di
73
... e infine tocca gli ospiti
fronte all’alternativa di restare in casa con una badante o scegliere la strada
del ricovero, ho preferito questa seconda soluzione e non me ne pento...
Sono entrato nella Casa nel marzo del 1999, dopo alcuni mesi è entrata
anche mia moglie che però, viste le sue precarie condizioni, non è sopravvissuta a lungo e mi ha lasciato nel corso del 2000.
Come ha trascorso e trascorre tuttora la sua giornata?
Qui mi sono ambientato subito, mi trovo in compagnia con altri ospiti, partecipo a tutte le iniziative che vedono protagonista il gruppo degli uomini; ad
esempio, ogni anno mi reco ad assistere alle prove del Gran Premio automobilistico di Monza. Ora che ho 91 anni mi manca la bicicletta, la passione che
ho coltivato fin da giovane e che ho continuato a praticare finchè ho potuto:
ricordo ancora di aver acquistato la prima bicicletta, un’Atala, con i soldi dei
miei primi straordinari. Però ho sostituito questa passione con un’altra, faccio
dei lavori in carta che dono alle scuole, alle scuole materne, al personale.
Con Carlo G. la nostra conversazione ha avuto per interlocutore un ospite
presente da molti anni, gli altri due intervistati sono arrivati in tempi più recenti.
Maria G. è nata nel 1924 a Roncade, in provincia di Treviso, ha avuto una
vita dura, otto figli da allevare, mentre il marito era impegnato nei lavori del
contadino.
Quando è arrivata in Brianza?
Nel 1948 ci siamo trasferiti a Seregno e mio marito ha cambiato completamente lavoro: da contadino è diventato falegname, il mestiere di tanti brianzoli in quegli anni, faceva i fusti per i salotti.
Com’è nata la decisione di entrare nella nostra Casa di riposo?
Morto mio marito nel 2006, è sopravvenuta la malattia, a volte perdevo l’equilibrio e finivo per terra. I figli (me ne sono rimasti sei) hanno tutti famiglia
e relativi impegni: sono contenta di avere 14 nipoti e 11 pronipoti.
Ho deciso di non essere di peso per nessuno e quindi da ottobre dello
scorso anno, quando si è reso disponibile un posto, ho preso la decisione di
entrare nella Casa di riposo.
Come si trova qui a Residenza Amica?
Appena entrata mi sono trovata subito bene, non ho impiegato molto
tempo per ambientarmi. Qui non mi manca niente, partecipo alle attività, ad
esempio la ginnastica, e ascolto volentieri le animatrici quando ci leggono
qualcosa di interessante.
74
... e infine tocca gli ospiti
Ha qualche suggerimento da proporre?
Della situazione attuale penso che non cambierei nulla, perché sono molto
soddisfatta.
Se Maria G. ha espresso, nel corso dell’intervista, una visione “solare” e
dichiaratamente soddisfatta della vita che sta trascorrendo a Residenza
Amica, la voce di un altro ospite è stata, invece, ricca di suggerimenti e
osservazioni, e questo è un bene, perché le strutture, anche quelle che funzionano, possono funzionare sempre meglio.
Edoardo B. è nato a Sesto S. Giovanni, la sua attività lavorativa è stata
quella di impiegato amministrativo in aziende di diversi settori (edilizia, meccanica, commerciale) ed ha concluso la sua carriera lavorativa in una ditta di
Meda. Si è trasferito a Giussano nel 1981 e qui ha abitato fino al momento
in cui ha preso la decisione di entrare in Residenza Amica.
Com’è maturata questa decisione?
Mi sono ammalato seriamente, ero solo, senza famiglia (separato dalla
moglie) e quindi senza assistenza. Ricordo che quando sono entrato in
Residenza Amica, nel mese di ottobre del 2006, ero quasi in fin di vita e devo
ringraziare l’assistenza medica che qui mi è stata riservata se mi sono poi
gradualmente ripreso.
Cosa pensa di Residenza Amica e del suo funzionamento? Cosa si
potrebbe fare per migliorare il servizio?
La struttura è sicuramente bella, c’è tanto verde, ma sarebbe opportuno
che questi spazi venissero attrezzati.
Un’iniziativa che si potrebbe attuare è quella di ampliare e potenziare i servizi che già funzionano e, magari, riprendere una vecchia idea presente nel
progetto iniziale della Casa, quella di ambulatori aperti anche all’esterno.
L’Amministrazione comunale dovrebbe mettere a disposizione della Casa
un po’ di fondi per migliorare costantemente la struttura e in futuro si potrebbe pensare anche ad ampliarla, visto che le richieste di ingresso sono tante
e l’attesa a volte lunga. Inoltre, ma questa è solo una mia opinione, c’è troppa dipendenza politica dal Comune, dal momento che il Consiglio di
Amministrazione è nominato interamente dal Comune scegliendo tra i nominativi proposti dai partiti.
Un altro problema che, secondo me, andrebbe affrontato è quello della sicurezza della struttura: manca una portineria, che faccia da filtro e non consenta facile accesso dall’esterno, ma anche altrettanto facili “evasioni” di ospiti.
Infine sarebbe opportuno che fossero periodicamente organizzati corsi di
aggiornamento per il personale, al fine di porlo nelle migliori condizioni, anche
75
... e infine tocca gli ospiti
... e infine tocca gli ospiti
psicologiche, per rapportarsi con gli ospiti e le loro problematiche. A questo
proposito penso che un maggior coordinamento tra le persone che operano
in Residenza Amica potrebbe portare ad un miglioramento del servizio.
Nelle testimonianze di alcuni ospiti
pagine di una vita d’altri tempi
Jolanda, il braccio destro di Gisella nella realizzazione delle “pigotte”
(bambole di pezza) per l’UNICEF.
Esordisce dicendo: “sont vegnuda vegia 8”; vivevo da sola, mio marito è
morto ventun anni fa, non abbiamo avuto figli, perciò cosa restava da fare se
non venire qua? Abbiamo lavorato una vita e poi mio marito è andato in pensione, e… neanche un anno dopo è morto; e per un po’ mi sono arrabattata
da sola, poi da sola mi deprimevo e allora ho chiamato mio fratello, gli ho
detto che da sola non ce la facevo più e non volevo essere di peso per nessuno. Mi viene in mente quando ero giovane, quando ero più attiva, e invece
adesso faccio con fatica tante cose; era tutta un’altra cosa prima, T. mio
marito aveva vent’anni quando l’ho conosciuto, a presentarci mio cugino.
Dopo quel primo incontro una domenica di dicembre in cui aveva nevicato
ed io stavo tornando a casa dal catechismo, T. è uscito dall’osteria, mi ha fermato e mi ha dato appuntamento per la domenica dopo. Ricordo ancora
quando siamo andati con mio cugino, la sua morosa e il T. a Milano a trovare un mio zio, siamo ritornati tardi, mio padre era molto arrabbiato e mi ha
punito non lasciandomi uscire la domenica dopo. T. non vedendomi, quella
stessa sera si è presentato a casa, ma anche dopo averlo conosciuto mio
padre era molto diffidente sul suo conto, così è andato dal “Curato” a prendere informazioni, e lu el gha respundù: “e vegnen chi a dumandà chi l’è lü,
ma me disen minga cume l’è lee” 9. Da cosa nasce cosa e ci siamo ritrovati
“insieme”. Il nostro fidanzamento è durato cinque anni. Il ventinove settembre del 1945 ci siamo sposati nella chiesa di Verano, S.S Nazzaro e Celso; la
cerimonia è stata ufficiata proprio dal parroco. Quel giorno pioveva che Dio
la mandava e dopo la cerimonia cont l’umbrela e a pee sem nà a Giussan a
fa la fotografia10; io indossavo un soprabito bianco e mio marito il doppio
petto grigio. Il pranzo di nozze l’abbiamo fatto alla sera alla cooperativa di
Robbiano e poi sul tardi degli amici ci hanno fatto la serenata. Niente viaggio
di nozze gh’era minga de danee11. T. aveva la casa e ci siamo trasferiti lì dove
Sopra:
Natale a
Residenza Amica.
A destra:
anziani e bambini
a Residenza Amica,
dove le generazioni
spesso si incontrano.
8
9
10
11
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sono anziana;
ha risposto, vengono a domandare di lui, ma non mi raccontano nulla di lei;
con l’ombrello, e a piedi siamo andati a Giussano dal fotografo;
non c’erano soldi;
77
... e infine tocca gli ospiti
aveva anche la sua attività di falegname e in quella casa abbiamo vissuto
insieme per trent’anni, non abbiamo avuto figli, ma in compenso tanti nipoti
e con loro volevamo festeggiare il trentesimo anniversario, ma purtroppo si è
ammalato. Ma “al men te capì un quaj coss, perché di volt me vegn de parlà
un poo in dialett?”12.
Sì proprio così, Jolanda amava parlare in dialetto e si divertiva un mondo
nel metterci in difficoltà.
Margherita ha festeggiato il 60° anniversario di matrimonio a Residenza
Amica, lei e il suo L.R si sono sposati nella Chiesa di Santa Elena (inaugurata dalla Regina Elena) a Milano.
Torniamo indietro nel tempo. È il 1944 e c’è la guerra. Ci troviamo in quella che è ancora periferia di Milano. Due fidanzati, lei di soli 20 anni e lui di 22,
si recano a piedi alla Chiesa in via Novara. Sono fidanzati da appena cinque
mesi.
Lui era marinaio su di un sottomarino che navigava nelle acque del
Mediterraneo quando, di ritorno dalla costa africana, nei pressi di Pantelleria,
veniva intercettato da una vedetta inglese e subiva un bombardamento
subacqueo da una nave che sganciava bombe di profondità. Il sottomarino
per fortuna non venne affondato ma subì danni tali da essere costretto nel
porto di La Spezia per riparazioni. Così L. tornava nella sua Milano e qualche
tempo dopo faceva la conoscenza di un’amica della sorella, e si innamorava
al punto di chiederle di sposarlo dopo pochi mesi. Torniamo a quel 10 giugno 1944 e alla nostra Margherita che, a piedi, con la sua famiglia, raggiunge lo sposo davanti all’altare. La sposa è vestita con un tailleur beige, ha un
turbante bianco sul capo come vuole la moda del momento, è raggiante ma
molto stanca perché la notte scorsa non ha dormito, per preparare il pranzo
del banchetto nuziale (non per l’agitazione). Davanti alla Chiesa un’allieva di
L. (che è musicista) porge alla sposa un mazzo di fiori, un bouquet tanto inatteso quanto gradito. Con la farina e la carne recuperata alla borsa nera è
stato preparato un menù a base di tagliatelle al sugo, insalata e arrosto, torta
nuziale. Sono stati invitati i parenti stretti a casa dello sposo dove i due futuri coniugi andranno a vivere dopo le nozze. Il papà dello sposo non c’è perché prigioniero degli inglesi in Tunisia e la mamma lavora per mantenere la
famiglia: perciò si è deciso che Margherita si occuperà della casa e dei suoi
sette cognati, due dei quali hanno appena 4 e 5 anni. I due sposi non sapevano ancora che un anno dopo papà Gaetano sarebbe tornato a casa e loro
sarebbero andati a vivere da soli recuperando un letto scampato ai bombardamenti, alcune lenzuola e una trapunta vecchia. E ovviamente non sapeva12 ma hai capito qualcosa, perché io a volte parlo in dialetto;
78
... e infine tocca gli ospiti
no che la loro vita insieme, tra alti e bassi, sarebbe stata lunga e felice.
Hanno avuto una figlia, Margherita, e hanno vissuto tra Milano, Seregno,
Napoli, Modica, Genova, Acqui Terme, grazie al lavoro di lui! Una favola d’altri tempi, non vi pare?
Rosa V.: “Sono nata il 18 Settembre del 1919, da papà A. detto Cornelio e
mamma L. ed ero la penultima di 13 figli. Da quando sono nata ho cominciato a soffrire, ero molto delicata e fragile, ero sempre ammalata e per questo
ho studiato solo fino alla terza elementare. Poi con il passare degli anni sono
diventata un vero maschiaccio: mi arrampicavo sugli alberi e andavo a cavallo, anche se dovevo sempre stare attenta per via della mia salute ancora
cagionevole. Abitavamo vicino allo stabilimento dove papà faceva il carrozziere e dove sono nati i miei fratelli, mentre io e la mia sorella minore siamo
nate in una casa di cortile. Il lavoro andava bene: infatti io ho sempre portato le scarpe e non gli zoccoli. Il papà era molto intransigente: ci voleva sempre tutti a tavola, non poteva mancare nessuno, si chiacchierava e ognuno
raccontava quello che gli era successo durante la giornata. Rimasti soli, mia
sorella maggiore non voleva che io mi fidanzassi perché aveva paura di rimanere sola, ma io non avevo nessuna intenzione di assecondare questa sua
scelta, così lei si è sposata con un vedovo industriale padre di quattro figli già
sistemati.
Frequentando spesso casa loro ho conosciuto il fratello di mio cognato e
tra noi è nata una certa simpatia che, purtroppo, non si è consolidata perché
un brutto giorno, mentre era militare sul Moncenisio, per la rottura di un tubo
della stufa è morto asfissiato insieme ad un suo compagno un mese prima
che cominciasse la guerra. Dopo la guerra un’amica e collega mi presenta un
bel giovane di nome E, amante del ballo come me, di lì a poco ci siamo fidanzati e dopo tre anni ci siamo sposati. Solo allora ho scoperto che mio marito
aveva un anno in meno di me: me lo aveva tenuto nascosto perché sapeva
che non avrei mai sposato un uomo più giovane, ma l’amore aveva fatto il suo
corso e non ne feci un dramma. Dopo sposata sono entrata nella famiglia di
mio marito nella quale nessuno parlava molto e io ne soffrivo, abituata com’ero a dialogare, ma E. si è dimostrato un uomo premuroso e affettuoso e ho
vissuto con lui 54 anni molto felici.
Esterina S.: “Quando avevo 27 anni ho conosciuto mio marito L. Una
domenica pomeriggio sono andata con la mia amica P. alla balera di Villa
Raverio per mangiare un gelato. Mentre gustavo il gelato, arriva alla balera
uno sconosciuto da Milano con in spalla il trench, si avvicina e mi invita a ballare, io rispondo che non sono capace e lui : “Allora cosa sei venuta a fare?”
e io: “Che scoperta, non tutti sono capaci di ballare, sono qui per guardare!”.
79
... e infine tocca gli ospiti
Così si allontana, ma dopo un po’ ritorna e mi dice: “Vieni! Ti insegno io a ballare!”. E io sono andata.
La mia amica poi è andata a casa e io sono rimasta con lui fino a sera, prima
che facesse buio siamo tornati a casa, perché avevo la bicicletta. Ci siamo
salutati dandoci l’appuntamento per il sabato successivo.
Arriva il sabato, ma io, temendo di ricevere un bidone, non mi sono presentata all’appuntamento.
Non ci ho più pensato per quasi un anno, ma un giorno, ero alla stazione
del treno a Seregno per andare a Como e lo incontrai nuovamente senza
quasi riconoscerlo. Lui era con la mamma e la cognata diretto a Busto Arsizio
a trovare il fratello. Prima di salire sul treno ci siamo dati appuntamento per
la sera in stazione a Seregno. La sera stessa in stazione ci siamo dati un
nuovo appuntamento alla “nota” balera di Villa Raverio.
Questa volta all’appuntamento mi sono presentata e … senza amica!
Abbiamo cominciato a “parlarci” tra un ballo e l’altro.
Qualche mese dopo, l’ho invitato a casa mia a Paina, ma non ho potuto
presentarlo a nessuno perché i miei genitori erano morti e le mie tre sorelle
tutte sposate, gli ho offerto un caffè e in bicicletta siamo andati a ballare. Così
per due anni.
Poi nel 1950, un sabato mattina alle dieci, ci ha sposati Don Gaetano nella
chiesa di Paina: indossavo l’abito bianco, che era di mia sorella L, era stato
già usato, ma era bello e a me andava a pennello! All’altare mi ha accompagnato mio cognato C. Avevo il velo e lo sorreggeva mia nipote.
La Chiesa era addobbata con dei magnifici fiori offerti da mio marito.
Successivamente nella stessa giornata ci sono stati altri due matrimoni che
hanno goduto dei nostri fiori.
Al momento dello scambio della promessa di matrimonio, scopro che il mio
L. in realtà si chiama Giuseppe, cosa che nessuno si era ricordato di dirmi
prima!
Abbiamo pranzato dai parenti di L. a Sesto. Per andarci abbiamo preso la
macchina a nolo. Non ho le foto perché il giorno dopo non siamo andati a
farle. Il viaggio di nozze a quei tempi non si usava.
Abbiamo prima abitato in un locale grande che faceva da soggiorno, cucina e camera, il bagno era comune in cortile; poi ci siamo spostati a
Cortenuova dove avevo la stanza da letto, la cucina, e sopra lo “spazacà”13 e
soprattutto il bagno tutto per noi, con l’acqua corrente!”
Angelo B.: “Quando ero giovane vivevo a Venezia, mentre mia sorella abitava in campagna. L’andavo a trovare una volta alla settimana in pullman.
13 solaio;
80
... e infine tocca gli ospiti
Quando salivo sul bus incontravo sempre una ragazza di nome E. e la salutavo. Una sera pensando che fosse lei, l’ho salutata ma avvicinandomi mi sono
accorto che era un’altra persona, era la sorella di E. e si chiamava N. M..
Prima della fine del viaggio le avevo già promesso che, se fosse venuta a
Venezia, le avrei fatto vedere la città e il lido. Così tramite E, la sorella ha trovato lavoro e si è trasferita in città e ci siamo fidanzati, poi per motivi di lavoro ho dovuto trasferirmi a Milano. Prima sono partito io, poi dopo qualche
mese è partita anche lei e ci siamo sposati. Io avevo 25 anni, mentre M. ne
aveva 22. Il nostro matrimonio è stato molto semplice, prima in Comune e poi
in chiesa con 60 invitati. Il pranzo lo abbiamo fatto in casa. Per avere un ricordo di quella giornata, abbiamo fatto le foto fuori dalla chiesa e in casa, ma
purtroppo durante i vari traslochi sono andate tutte perse. Con M. ho avuto
due bambini: Pietro A. e M. Abbiamo vissuto felici fino all’ 8 maggio del 2003,
quando M. si è ammalata ed entrata in coma è morta: i medici ci dissero che
sembrava influenza, ma non ne erano sicuri. L’anno dopo, il 31 gennaio 2004,
mia moglie muore dalla disperazione. Dapprima ho vissuto con la badante
ma, visto che lei dopo qualche tempo è andata via, ho vissuto da solo fino a
quando ho avuto un infarto e mi hanno dovuto ricoverare all’ospedale di
Monza. Adesso sono qui a Residenza Amica”.
Olga R.: “La mia storia è molto triste. Quando avevo cinque anni nel 1918
mio padre è rimasto vedovo con me e due fratelli da accudire (E. il maggiore
e A. il più piccolo). Da solo non ce la poteva fare, c’erano il lavoro, la casa, i
figli, così dopo qualche anno si è risposato e sono nati Carlo, Alessandro e
Antonietta.
La mia infanzia non è stata facile, così come quella dei miei fratelli: la nostra
matrigna era spesso cattiva e severa con noi, mentre con suoi figli era accondiscendente e dava loro il più possibile, anche se questo significava privare
noi. Ricordo che un giorno la mia madrina mi ha regalato una bellissima bambola di legno,io ero tanto felice per quel regalo, era proprio bella, ma tornata
a casa la mia matrigna me l’ha presa e data alla sua bambina. Quella cattiveria mi ha fatto molto male, ma di questa storia non ho parlato con mio padre,
era l’unico che lavorava per mantenere la famiglia, sei figli da crescere e otto
bocche da sfamare: certo non era uno scherzo con i tempi che correvano, si
viveva in miseria. In casa dovevo sempre stare attenta a tutto ciò che facevo
per non essere sgridata e punita, cosa che accadeva spesso, ma nonostante tutto c’era un momento in cui ero felice, ed era quando andavo all’oratorio a giocare con le mie amiche. Quando tornavo a casa però dovevo lavorare sodo, dare una mano o “meglio due” e occuparmi dei fratelli.
Nel 1934 a ventun anni mi sono sposata con Carlo: il nostro non è stato un
matrimonio d’amore come si fa oggigiorno, per niente, lo hanno combinato i
81
... e infine tocca gli ospiti
L’ingresso di
Residenza Amica.
In primo piano
ospiti e parenti,
alle loro spalle l’attuale
presidente Gian Mario
Colombo (al centro)
e il consigliere
Otello Sabbatini
(il secondo da sinistra).
... e infine tocca gli ospiti
nostri genitori; i miei e i suoi ci hanno “messi assieme”.
All’inizio non è stato facile, infatti ero molto giovane, ma col tempo ho imparato a conoscere e apprezzare mio marito, lui è sempre stato bravo e gentile, abbiamo avuto tre figli: Ambrogio, Angela e Alessandra. Purtroppo dopo
solo sedici anni di vita insieme ancora una volta gli eventi della vita non mi
hanno sorriso, nel 1950 Carlo muore e io mi sono ritrovata sola e per scelta
ho voluto fare sia da mamma che da papà ai miei figli.
La mia triste esperienza mi ha portato a non accettare nessun’altra proposta di matrimonio. Non è stato facile, tutti i parenti ad un certo punto hanno
iniziato ad allontanarsi perché avevano paura che chiedessi loro qualche
aiuto, ma con la mia tenacia e l’aiuto del buon Dio ho cresciuto i miei figli. In
casa con me e i miei figli c’era anche mia suocera con la quale andavo molto
d’accordo e, strano ma vero, questa cosa dava fastidio a tutti, a tal punto da
non essere ben vista dai parenti.
Anche se la mia vita non è stata molto facile, adesso sono serena, mi trovo
bene a Residenza Amica e ho un buon rapporto con i miei figli e i miei nove
nipoti che mi stanno molto vicino e vengono spesso a trovarmi”.
Sotto a sinistra:
Ospiti di Residenza
Amica in visita al
Centro Anziani
di via Addolorata,
nella palazzina
già sede della
Biblioteca Civica.
Carmelina M.: “Ho dovuto lasciare la scuola quando ero ancora piccola,
frequentavo la terza elementare, e sono rimasta a casa per dare un aiuto, mia
mamma aveva avuto undici figli, anche se cinque sono morti piccoli. Il da fare
era tanto; ricordo che andavo a scuola con gli zoccoli e senza calze; andavo
bene in aritmetica, mentre in italiano non riuscivo a seguire le spiegazioni.
Dei miei Natali ricordo che si andava sempre a casa degli altri a cantare le
canzoni di Natale e si mangiava il cappone. Non ho mai ricevuto un regalo;
solo una volta mia madre, pensando di farmi una bella sorpresa, mi ha comperato una bambola che avevamo visto in una vetrina, ma a me proprio non
piaceva. Poi a undici anni sono andata a lavorare e non ero neppure assicurata. Quando tornavo alla sera mi aspettava altro lavoro e dovevo badare ai
miei fratelli. La domenica andavo all’oratorio e dopo aver pregato ci portavano a vedere un film del cinema muto. Era d’obbligo andare a dottrina, altrimenti niente mancia domenicale.
Del mio lavoro da ragazza ricordo volentieri quando ero in tessitura, perché
mentre eravamo davanti alle macchine cantavamo tutte insieme.
A venticinque anni mi sono sposata a Lissone con C.C. e abbiamo fatto il
pranzo in osteria. Sono venuti a prendermi col cavallo e il carretto, ma purtroppo il cavallo è scappato e c’è voluto un bel po’ di tempo per ritrovarlo,
alla fine lo abbiamo scovato al parco di Monza. Che spasso! tutti a correre a
destra e a sinistra.
Dal nostro matrimonio abbiamo avuto due figli, E. e L..
Una volta non c’era tutto quello che c’è adesso, non si andava tanto in giro,
A destra:
Un’uscita serale nella
sala consiliare del
Comune di Giussano.
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... e infine tocca gli ospiti
si lavorava in casa e fuori e magari, anzi senza il magari, si facevano lavori a
maglia o all’uncinetto su commissione per guadagnare qualche extra. Ora
tutto è diverso, ma io sono anziana, ho novantacinque anni e sono qui a
Residenza Amica. Prima di entrare in struttura vivevo da sola, ma per problemi di salute mi sono dovuta ricoverare al “Parco” di Carate per un breve periodo. Dopo un mese sono tornata a casa, ma quasi subito sono rientrata in casa
di riposo. Come struttura mi piaceva molto, avevo tante amiche e mi è dispiaciuto doverle lasciare. Il 10 dicembre 2004 sono entrata a Residenza Amica.
All’inizio continuavo a piangere, ma col passare del tempo ho preso con
filosofia la situazione ed ora mi trovo bene.
A maggio del 2005 siamo andati al mare e mi è piaciuto tanto, mi sono
divertita e quest’anno ci torno molto volentieri. Mi piace soprattutto fare le
passeggiate e avere tutto il giorno qualcosa da fare. Non ci sono mai momenti tristi, il cibo è molto buono e si mangia tanto pesce”.
Maria B.: “Era l’anno 1941 quando ho conosciuto il mio futuro marito C.
detto Franco, era un frequentatore del bar trattoria “Du” dei miei zii E. e C.
È stato un colpo di fulmine, ci siamo piaciuti subito, ma il nostro amore è
stato contrastato sin dall’inizio. Mia mamma non ne voleva sapere, “l’era un
operari”14, non gli andava proprio a genio. Mio papà invece mi reggeva spesso il gioco, andavamo insieme alla trattoria dei miei zii, dove io davo una
mano, lui entrava prima di me e mi avvisava se c’era anche la mamma. Tante
volte, grazie a mio padre mi sono salvata. Ma, quando rientravo dopo essermi incontrata con Franco, erano botte. Ne ho prese talmente tante che, al
solo ripensarci, le sento ancora adesso. Spesso mio papà si parava davanti a
me per proteggermi.
Poi è scoppiata la guerra e Franco è partito per la Grecia dove è rimasto per
sei anni senza tornare. Ma al cuore non si comanda e, come dice una vecchia canzone, “la lontananza avvicina chi si ama”, io l’ho aspettato e al suo
ritorno siamo stati fidanzati ancora due anni.
Il 4 novembre 1948 nella parrocchia dei SS. Filippo e Giacomo ci ha sposati Don Santino Calloni. Indossavo un abito bianco con un lungo velo e lui
portava il doppiopetto. Siamo arrivati in Chiesa con la macchina a noleggio
(che per quei tempi era un lusso) con l’autista soprannominato “Rasmin”.
Al mattino c’è stato il rinfresco a casa mia, dopo la cerimonia il pranzo e al
pomeriggio siamo andati dal “Negher” per la “bicchierata”, come si usava
allora. Ma non finisce qui, la sera i nostri amici sono venuti sotto la finestra a
suonar la serenata!
Il mio Franco ha saputo farsi voler bene da tutti, persino la suocera che non
14 era un operaio
84
... e infine tocca gli ospiti
l’aveva visto di buon occhio si era ricreduta e guai a toccarle suo genero!
Con mio marito ho passato una vita serena e felice, abbiamo avuto due
splendide figlie: C. detta Tina e L. detta Lella”.
Antonietta: “Era il 1944, avevo quindici anni, quando ho conosciuto un
nucleo di soldati tedeschi che erano venuti provvisoriamente nella mia casa
nell’attesa di partire per il fronte. Il maggiore di loro aveva venticinque anni:
erano tutti simpatici e carini, tranne uno. Era alto circa due metri, sarà stato
sicuramente centotrenta chili di peso ed era veramente brutto, si chiamava
Kintar. Venne la sera che dovevano ripartire per il fronte ed erano già tutti sul
camion, quando si accorsero che mancava Kintar. Alcuni dei suoi compagni
andarono a cercarlo e lo trovarono talmente ubriaco che non si reggeva in
piedi. Ci vollero quattro ragazzi per portarlo e lo caricarono, come fosse un
animale morto: quella scena mi disgustò moltissimo. I soldati non si fermarono al fronte e tornarono di nuovo nella mia casa.
Dopo qualche giorno Kintar mi venne a cercare e mi salutò con il solito sorriso. Io ero disgustata e lo guardai con disprezzo e lo aggredii con cattive
parole e stavo per andarmene quando lui mi prese per un braccio, mi fermò
e disse: “certamente hai ragione, ma tu sai cosa vuol dire andare al fronte? e
dover essere obbligato a sparare a ragazzi che, come me, vorrebbero vivere
oppure a uomini che hanno figli a casa che li aspettano. Io non amo e non
odio queste persone ma, se non sparo, sarò giudicato un traditore”.
Questo sfogo mi sorprese e mi sentii salire un groppo alla gola e fuggii.
Circa una settimana dopo partirono realmente per il fronte e Kintar venne a
salutarmi e mi disse: “Vedi? Questa sera non sono ubriaco!” Augurai buona
fortuna a lui e ai suoi compagni. Le parole di Kintar riaffioravano, in qualunque posto mi trovassi, e rivedevo il volto triste di quel gigante che amava la
vita e il prossimo e mi sentivo in colpa verso di lui per il mio comportamento.
Passò del tempo e i ragazzi tornarono, ma non c’erano tutti e purtroppo
anche Kintar mancava: infatti appena arrivato al fronte era stato colpito da
una granata. Sono scappata fra le erbe fragranti della campagna, mi sono
seduta sulla riva di un fossato e ho pianto. Ho pianto per Kintar, ho pianto per
tutti i ragazzi che erano morti, ho pianto per il rimorso e la vergogna che provavo. Ho pianto perché avevo offeso un ragazzo che meritava tutto il mio
rispetto, al quale non avrei mai più potuto chiedere perdono.
Questo avvenimento ha maturato e cambiato il mio carattere, mi ha insegnato a non giudicare e che la carità verso il prossimo è la cosa più bella che
noi possiamo offrire”.
Teresina: “In un periodo nero della mia vita, mi ritrovai a dividere la
stanza con una suora dell’ordine del Sacro Cuore di Seregno. Si chiamava
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Indice
... e infine tocca gli ospiti
Suor Chiara, era dolce, gentile e allegra e ha lasciato in me un ricordo dolcissimo. Facevamo tante cose insieme, con il suo esempio e aiuto imparai
a pregare meglio di quanto avessi fatto fino ad allora; io pregavo ogni giorno ma in modo disordinato, per questo pensavo che le mie preghiere valessero ben poco. Lei mi ascoltò sorridente e poi mi raccontò una storiella: parlava di una mamma che aveva condotto la sua bambina a passeggiare su un
grande prato, mentre lei leggeva la bimba correva felice tra l’erba e i fiori, così
cominciò a raccoglierli per poi farne un grande mazzo da offrire alla mamma.
Quando il mazzo diventò grosso da non poterlo più tenere in mano, si avviò
verso la madre ma, mentre si avvicinava, i fiori cadevano e quando finalmente glielo porse il mazzo era diventato un mazzolino. La bambina delusa scoppiò a piangere, la madre le chiese il motivo e la bimba spiegò che il mazzo
era grosso ma aveva perso i fiori lungo la strada. La mamma la prese per
mano e insieme rifecero il cammino raccogliendo man mano i fiori caduti,
così ne fecero un nuovo mazzo. Suor Chiara continuò dicendo: “Forse a te
sembra di pregare male perché le tue preghiere vengono interrotte per diversi motivi o perché ti distrai, ma la Madonna alla fine della nostra giornata
passa a raccogliere tutti i pezzetti che ti sembrano inutili e ne fa un bel
Rosario”. Ho raccontato questo mio ricordo perché sono certa che molti
pensano che nella loro vita hanno pregato male, perciò inutilmente, ma sappiano che niente è inutile e che un giorno ritroveremo questi scampoli di preghiera e ci verranno contati in riparazione dei nostri errori”.
Concludiamo questa carrellata di ricordi col pensiero della figlia di un’ospite.
“Per anni passi davanti allo stabile in macchina e vedi la scritta Residenza
Amica; per anni ci vai a Messa e la vedi come una struttura che funziona. Poi
un giorno per necessità familiari entri dalla porta principale e sali al secondo
piano, dove hai la possibilità di vedere con i tuoi occhi le persone che sono
ricoverate ed allora riesci a capire il significato del nome di quella struttura.
Riesci a vedere il personale, gli infermieri, i medici, i fisioterapisti, la suora e i
volontari che diventano amici delle persone che hanno bisogno di loro.
In quel momento riesci a capire il significato della scritta che vedi fuori e
capisci a quel punto che anche tu sei diventata amica di quella casa che sa
dare tanta amicizia e famigliarità a tutti: un’amica di “Residenza Amica”.
R.L. (figlia di un’ ospite)
Ci piace porre al termine di questo lavoro una considerazione che vorremmo capita e condivisa da chi leggerà queste pagine. L’umanità presente a
Residenza Amica è un’umanità ricca di storia, con un proprio vissuto, ma
sempre più dolente: per questo occorre che chi si accosta a questa umanità
lo faccia con sensibilità, con disponibilità, in una parola con amore.
86
Presentazione
......................................................
3
Un’idea venuta da lontano
......................................................
5
19 gennaio 1981: una seduta “storica” ......................................................
del Consiglio comunale. Approvato ..........................................
il progetto della Casa anziani
9
…e dopo qualche anno finalmente
i lavori partono
......................................................
11
L’eredità Citterio e
la costituzione di un’IPAB
......................................................
17
......................................................
19
Il Comitato promotore
Casa per l’anziano
......................................................
23
Il Centro diurno: un’apertura verso
l’esterno, la storia di un’incompiuta
......................................................
27
Residenza Amica si trasforma: da IPAB
a Fondazione ONLUS
......................................................
29
Dal 2007 un nuovo servizio: il Centro
diurno integrato per malati di Alzheimer
......................................................
31
Il volontariato:
una presenza insostituibile
......................................................
35
Residenza Amica ieri, oggi...
......................................................
39
…e domani
......................................................
43
I Presidenti e i Consigli di
amministrazione
......................................................
45
Il personale
......................................................
51
Le feste e le manifestazioni
......................................................
53
... e infine tocca agli ospiti
......................................................
65
I due inizi: 22 aprile e 15 settembre 1990
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
Titolo
Ringraziamenti
L’area di intervento,
veduta aerea ovest/est,
settembre 2000.
In primo piano l’asse
di Viale Umbria
(foto Andrea Micheli).
West-east aerial view
of the works area,
September 2000, with
the axis of Viale Umbria
in the foreground
(photograph by Andra
Micheli).
La stesura di questo volume è stata
possibile grazie all’aiuto di alcuni
collaboratori:
- Il personale amministrativo
e gli animatori di Residenza Amica
per la documentazione
e l’archivio fotografico
- Il dott. Alessandro Merlini, archivista
del Comune di Giussano
- Angelo Molteni, per aver consentito
la consultazione delle pagine de
“Il Cittadino” dal 1977 al 2006
Un grazie particolare, anche se postumo,
a Giovanna Brambilla Barzaghi, la prima
presidente, per aver fatto in modo che
fosse ricostruita e raccontata la storia di
Residenza Amica.
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Grafiche Boffi, Giussano
Dicembre 2011
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89
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Residenza Amica - Fondazione Residenza Amica Onlus