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a cura dello Spi nazionale in collaborazione con Spi Marche
20 maggio 2011
tutti i numeri di maggio 2011
i due lampi di oggi
1 - La campagna “Siamo tutti pedoni” promossa da Spi, Fnp, Uilp insieme a scuole,
amministrazioni locali e associazioni
2 - Venti islandesi sulla primavera spagnola
www.spi.cgil.it
La campagna “Siamo tutti pedoni” promossa da Spi, Fnp,
Uilp insieme a scuole, amministrazioni locali e associazioni
In Italia sulle strade ogni anno vengono uccisi più di 650 pedoni e 20.000 vengono feriti. Contro questa strage torna la
campagna “Siamo tutti pedoni” promossa da scuole, amministrazioni locali, associazioni e sindacati dei pensionati Spi-Cgil,
Fnp-Cisl e Uil
La vita dei pedoni sulle strade italiane, si sa, non è facile. Ogni giorno ne vengono uccisi due, 667 nel
2009. Un terzo di questi vengono travolti mentre attraversano sulle strisce. Mai come in questo caso,
dunque, le tragedie sono causate soprattutto dal mancato rispetto delle regole. Sono colpiti in modo
particolare gli anziani, penalizzati per non essere più scattanti e abili a schivare auto o moto che arrivano
a tutta velocità. Il 57% delle vittime ha infatti più di 65 anni.
Per contrastare questa strage serve un cambiamento prima di tutto culturale. È questo l’impegno della
campagna nazionale per la sicurezza degli utenti deboli della strada “Siamo tutti pedoni”, che torna per la
quarta edizione a ricordarci che i pedoni non sono “gli altri”, ma lo siamo tutti.
Per questo è stata promossa la campagna “Siamo tutti pedoni”. Tanti gli appuntamenti che su e giù per la
penisola, da Bologna a Barletta, da Crotone a Venezia, da Milano a Roma, coinvolgeranno scuole,
amministrazioni locali, associazioni e sindacati dei pensionati Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uil, con l’obiettivo di
far crescere anche nel nostro paese una cultura di rispetto per gli utenti deboli della strada.
“Siamo tutti pedoni”: a voler sottolineare che anche chi è alla guida di un’auto o di una moto tornerà
prima o poi con i piedi per terra. La campagna vuole sensibilizzare, in particolare, al rispetto dei limiti di
velocità, un tema cruciale per l’incolumità dei pedoni. Una persona investita a 30 km/h ha infatti il 90%
di possibilità di sopravvivere, mentre se viene travolta ai 60 km/h non ha praticamente speranza.
Insieme a Piero Angela appoggiano la campagna la campionessa olimpica Alessandra Sensini e il
calciatore Marco Di Vaio, Margherita Hack, il comico Vito, Luisa Amatucci, attrice nella soap opera “Un
posto al Sole”, lo scrittore Valerio Massimo Manfredi. Il loro volto, associato ad invito alla prudenza,
compare insieme alle vignette di Vauro, Diabolik, Luporosso, Vittorio Giardino, Zaniboni, Bruno
D’Alfonso, Pillinini, Giuliano, Rebori, Mausoli in un libretto che verrà distribuito in tutta Italia.
“Siamo tutti pedoni” si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
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Venti islandesi sulla primavera spagnola
Dopo mesi di apatia, alla vigilia delle elezioni amministrative i giovani spagnoli hanno dato vita a un movimento di protesta
che si ispira a quello che ha fatto cadere il governo di Reykjavik dopo la crisi del 2008.
di Oscar Gutiérrez
Una mattina di ottobre del 2008 Hördur Torfason si avvicinò a quello che gli islandesi chiamano Althing,
il parlamento situato nella capitale Reykjavík. All'epoca la più grande banca del paese, il Kaupthing,
aveva fatto crack, e il sistema finanziario islandese era sottosopra. Torfason, chitarra in spalla, collegò un
microfono e aprì un canale attraverso il quale gli islandesi potevano esprimere il loro malessere nei
confronti del drammatico stato del paese.
Il sabato seguente l'iniziativa di Torfason aveva già radunato decine di persone. I sabati dell'autunno
2008, legati al movimento Voci del popolo, portarono allo scioglimento del parlamento, il 23 gennaio
2009, e all'organizzazione di nuove elezioni. Le voci pacate dei cittadini islandesi hanno viaggiato fino ad
arrivare tra le migliaia di dimostranti riunitisi in diverse città spagnole domenica 15 maggio: "La Spagna
in piedi, una nuova Islanda" e "il nostro modello è quello islandese" sono stati alcuni degli slogan scanditi
durante le manifestazioni.
Gli islandesi non si sono fermati lì. Hanno scosso le fondamenta del governo, hanno dato la caccia ai
banchieri responsabili della bancarotta e hanno detto no al referendum sulla restituzione al Regno Unito e
ai Paesi Bassi dei quattromila milioni di euro di debiti contratti dalla banca Icesave. Inoltre hanno formato
un'assemblea di 25 cittadini eletti per mettere a punto una riforma costituzionale. Una rivoluzione
silenziosa, nascosta dal protagonismo mediatico delle rivolte arabe che l'ingovernabile canale dei social
network si è incaricato di trasmettere.
Ma non solo di Islanda, un paese di appena 320mila abitanti, vivono gli spagnoli che chiedono una
democrazia reale. ¡Democracia Real Ya!, l'organizzazione che raggruppa i movimenti di protesta,
propone infatti 40 punti per il cambiamento, che vanno dal controllo dell'assenteismo parlamentare alla
riduzione della spesa militare, passando per l'abrogazione della legge Sinde. A Dry hanno già aderito
circa 500 organizzazioni di ogni tipo, ma nessun partito e nemmeno i sindacati. I fronti della protesta si
moltiplicano senza un filo conduttore, come fecero a loro tempo tutte le sigle che finirono sotto
l''ombrello dell'antiglobalizzazione o antimondialismo (Attac appoggia la protesta spagnola), e che oggi, a
dieci anni dal Social forum di Porto Alegre, agiscono in un contesto ancora più limitato di quello
affrontato in occasione del Forum economico mondiale di Davos.
Oggi la protesta va avanti a velocità di crociera, attraverso una rete che ha moltiplicato l'eco del malessere
e ha aperto il cammino al cyberattivismo di collettivi come Anonymous, già protagonista della campagna
in difesa di Assange con attacchi a Paypal e Visa e attivo anche all'inizio delle rivoluzioni arabe
aggirando la censura delle dittature di Egitto e Tunisia. La primavera araba è sbocciata e ha raggiunto il
suo pieno vigore mentre i giovani francesi, italiani, britannici e greci scendevano in strada per protestare
contro i tagli allo stato sociale. La Spagna invece aspettava ancora.
Prima è arrivata Nolesvotes (Non votarli), iniziativa che invita al boicottaggio di Pp, Psoe e Ciu, accusati
di approfittare della legge elettorale per rimanere sempre in parlamento, con "livelli di corruzione
allarmanti per la Spagna". In seguito si sono aggiunti gli appelli al parlamento di movimenti come Avaaz
o Actuable per avere liste elettorali libere da politici imputati. Infine i circa duemila giovani che hanno
partecipato alle manifestazioni di Juventud sin Futuro (gioventù senza futuro) dello scorso 7 aprile, una
prova in scala ridotta di quella che il 15 maggio è diventata un'esplosione popolare in diverse città
spagnole.
"Da grandi vogliamo essere islandesi!", gridavano i promotori della manifestazione di domenica scorsa,
alla guida di una colonna di giovani e meno giovani, padri e figli, studenti e lavoratori, disoccupati e
pensionati. In Islanda i sabati che hanno realizzato il cambiamento chiesto dai cittadini sono stati molti. In
Spagna, per il momento, alla domenica è seguito un martedì. Ma la strada è ancora lunga.
Contesto
La politica ha paura
Il movimento 15-M prende il nome dalle manifestazioni che il 15 maggio hanno visto migliaia di
studenti, pensionati, lavoratori mal pagati o cittadini insoddisfatti scendere in piazza in una cinquantina di
città spagnole al grido di “Non eleggeteli”. Rispondendo all’appello della piattaforma Democracia Real
Ya, si sono mobilitati tramite social network come Twitter (#Spanishrevolution o #nolesvotes) e
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La campagna “Siamo tutti pedoni”