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Lo sviluppo della satira in età imperiale
Persio (34-62 d. Chr.)
“…in Persio c’è il disagio a vivere in una società corrotta; abbiamo sintomi di rivolta contro la realtà, ma siamo
estranei a preoccupazioni materiali”
1. formazione
a. filosofica
b. stoicismo spagnolo
c. scuola dei Cornuti
d. ambiente “senecano”
e. favola >>> satira
f. cinismo e stoicismo
2. fortuna
a. toni pacati rispetto a Orazio
b. riprese medievali
Satire I 114-134
secuit Lucilius urbem,
te Lupe, te Muci, et genuinum fregit in illis.
omne uafer uitium ridenti Flaccus amico
tangit et admissus circum praecordia ludit,
callidus excusso populum suspendere naso.
me muttire nefas? nec clam? nec cum scrobe? nusquam?
hic tamen infodiam. uidi, uidi ipse, libelle:
auriculas asini quis non habet? hoc ego opertum,
hoc ridere meum, tam nil, nulla tibi uendo
Iliade. audaci quicumque adflate Cratino
iratum Eupolidem praegrandi cum sene palles,
aspice et haec, si forte aliquid decoctius audis.
inde uaporata lector mihi ferueat aure,
non hic qui in crepidas Graiorum ludere gestit
sordidus et lusco qui possit dicere 'lusce,'
sese aliquem credens Italo quod honore supinus
fregerit heminas Arreti aedilis iniquas,
nec qui abaco numeros et secto in puluere metas
scit risisse uafer, multum gaudere paratus
si cynico barbam petulans nonaria uellat.
his mane edictum, post prandia Callirhoen do.
Lucilio morse
a sangue la città, e te, o Lupo, e te, o Mucio,
e ci si ruppe un molare. Lo scaltro Flacco punge i vizi
dell'
amico inducendolo a sorridere, e accolto così nel cuore,
scherza esperto nel sospendere lagente al suo naso pulito.
E io non posso fiatare? neanche di nascosto, o con la buca
di Mida? in nessun luogo? Ma scaverò qui: o mio libretto,
ho visto coi miei occhi: chi non ha le orecchie d'
asino?
Questo segreto e questo mio riso - un nulla - non te li vendo
per nessuna Iliade. O tu, chiunque sii, toccato
dal soffio dell'
audace Cratino, o impallidito per lo studio
dell'
iracondo
Eupoli e del sommo vegliardo, guarda anche me, le mie satire,
se per caso ci trovi qualcosa di ben cotto, a cui si appassioni
un lettore dall'
orecchio purgato, non chi si diverte, sudicio,
a celiare sulle pianelle dei Greci, e pensa di poter dire «Guercio»
al guercio, credendosi qualcuno, imbaldanzito dall'
italico onore,
per aver infranto - edile ad Arezzo - delle mezzette fasulle,
o quello che si crede furbo se ride dei numeri sull'
abaco
e dei disegni tracciati sulla sabbia, pronto alle risa
se una sfacciata meretrice tira la barba a un cinico. A costoro
assegno di mattina l'
editto del pretore, dopopranzo Callìroe.
3. la sua poetica
Choliambi, 1-14
Nec fonte labra prolui caballino
nec in bicipiti somniasse Parnaso
memini, ut repente sic poeta prodirem.
Heliconidasque pallidamque Pirenen
Non ricordo di avere bagnato le labbra
nella fonte del cavallo né di avere sognato sul Parnaso
dalla doppia cima, cosi da diventare all'
improvviso
poeta; le dèe dell'
Elicona e la pallida Pirene
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illis remitto quorum imagines lambunt
hederae sequaces; ipse semipaganus
ad sacra uatum carmen adfero nostrum.
quis expediuit psittaco suum 'chaere'
picamque docuit nostra uerba conari?
magister artis ingenique largitor
uenter, negatas artifex sequi uoces.
quod si dolosi spes refulserit nummi,
coruos poetas et poetridas picas
cantare credas Pegaseium nectar.
lascio a coloro le cui immagini lambiscono
attorte edere; io, mezzo paesano,
porto da me stesso i miei versi alla sagra dei vati.
Chi suggerì al pappagallo quel suo «Salve»,
e insegnò alle gazze a tentare le nostre parole?
Maestro d'
arte e largitore d'
ingegno il ventre,
un artista nell'
imitare voci innaturali.
Poiché se brilli speranza del danaro ingannatore,
ti potrà capitare di credere che poeti corvi
e poetesse gazze stiano cantando il nettare di Pegaso..
Satire V 1-29
Vatibus hic mos est, centum sibi poscere uoces,
centum ora et linguas optare in carmina centum,
fabula seu maesto ponatur hianda tragoedo,
uolnera seu Parthi ducentis ab inguine ferrum.
'quorsum haec? aut quantas robusti carminis offas
ingeris, ut par sit centeno gutture niti?
grande locuturi nebulas Helicone legunto,
si quibus aut Procnes aut si quibus olla Thyestae
feruebit saepe insulso cenanda Glyconi.
tu neque anhelanti, coquitur dum massa camino,
folle premis uentos nec clauso murmure raucus
nescio quid tecum graue cornicaris inepte
nec scloppo tumidas intendis rumpere buccas.
uerba togae sequeris iunctura callidus acri,
ore teres modico, pallentis radere mores
doctus et ingenuo culpam defigere ludo.
hinc trahe quae dicis mensasque relinque Mycenis
cum capite et pedibus plebeiaque prandia noris.'
non equidem hoc studeo, pullatis ut mihi nugis
pagina turgescat dare pondus idonea fumo.
secrete loquimur. tibi nunc hortante Camena
excutienda damus praecordia, quantaque nostrae
pars tua sit, Cornute, animae, tibi, dulcis amice,
ostendisse iuuat. pulsa, dinoscere cautus
quid solidum crepet et pictae tectoria linguae.
hic ego centenas ausim deposcere fauces,
ut quantum mihi te sinuoso in pectore fixi
uoce traham pura, totumque hoc uerba resignent
quod latet arcana non enarrabile fibra.
È costume dei poeti chiedere cento voci, cento
bocche, e desiderare cento lingue per i loro versi,
si tratti di un dramma che reciti a bocca aperta
il tragedo atteggiato a cordoglio, o delle ferite di un Parto
che si svelle il ferro dall'
inguine. «A che miri con ciò? Che bocconi
di robusta poesia ingurgiti, perché ti servano cento
gole? I magniloquenti raccolgano nebbie sull'
Elicona, se c'
è
ancora qualcuno per cui dovrà bollire
la pentola di Progne o quella di Tieste, vivanda frequente di quell'
insulso
Glicone. Ma tu non comprimi l'
aria con l'
ansante mantice
mentre il metallo fonde sul fuoco, né brontoli cupo
gracchiando fra te e te non so che cosa di solenne,
né tendi le gote rigonfie sino a farle scoppiare.
Usi le parole comuni, esperto nei costrutti energici,
nell'
eleganza misurata, nello strigliare i vizi spettrali
e trafiggere la colpa con libero gioco. Trai
da qui il tuo dire, lascia a Micene le sue mense
di teste e piedi, attieniti ai pasti plebei».
Davvero non voglio che le mie pagine si gonfino di funebri
ciance buone soltanto ad emettere fumo.
Parliamo in disparte fra noi: ti offro ora, per esortazione
della Camena, il mio cuore da scrutare. Mi piace mostrarti,
Cornuto, dolce amico, quanta parte della mia anima
ti appartenga. Percuoti tu, accorto nel distinguere
ciò che suona pieno dall'
intonaco d'
una lingua dipinta.
Per questo si ardirei chiedere cento lingue,
per esprimere con voce chiara con quale profondità ti ho accolto
nei meandri del petto, e perché le parole rivelino quanto
d'
ineffabile si celi nelle intime fibre del mio cuore.
a. critica al genere epico altisonante (normale per l’epoca)
b. questione linguistica
i. il sermo
ii. lingua particolare e mista
iii. inserti bassi e volgari
iv. tono resta sempre alto
v. sartago loquendi: “frittura di parole”
1. solipsismo stilistico
2. distacco poeta-ascoltatore
c. critica alle investiture (mitiche e tradizionali) poetiche
d. critica all’effeminatezza dei costumi Romani
i. revange repubblicana antiorientale
1. lingua e contenuto
a. verba togae
b. scelte formali (lessico, stile)
c. scelte sostanziali (contenuto, genere)
d. scelte culturali (reminiscenze latine e greche)
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e. tipo di voce
i. os modicum vs. os magna sonaturum
f. scopo del poeta: radere, cauterizzar come un medico la società malata
2. costumi
3. abbigliamento e trucco
4. amore e sessualità
ii. contraddizione
1. la sua lingua è leziosa
2. il suo stile artificioso
iii. convinzione maschilista del potere
e. la questione del contenuto
i. critica a tutta la sua società
ii. realismo dell’epoca e scelta del verum manzoniano
iii. parla a un pubblico raffinato: “realismo di facciata e maniera”
4. temi e contenuto delle satire
autore afferma di non aver conosciuto le consuete investiture poetiche, e di lasciare i luoghi sacri e
a. Nei Coliambi l'
gli onori della poesia greca agli scrittori venerandi del passato, o a quelli che si illudono di saperli imitare. La prima
satira affronta il tema della produzione letteraria contemporanea. Persio mette in mostra il cattivo gusto, l'
intima
depravazione e il narcisismo dei poeti del suo tempo, disposti a tutto pur di guadagnarsi il più tiepido degli applausi.
Dal canto suo, indica i propri modelli: Lucilio e Orazio fra i Romani, i poeti della commedia antica fra i Greci. La
seconda satira, indirizzata all'
amico Macrino, raccomanda di chiedere agli dèi con semplicità, la salute del corpo e
le migliori doti dell'
animo. Non bisogna fare come quelli che pregano in silenzio per non far sentire agli altri le loro
richieste, inconfessabili o superstiziose; oppure come quelli che coprono d'
oro le immagini divine, credendo che
anche gli dèi abbiano le stesse debolezze degli uomini. La terza satira è un '
elaborata esortazione a non sprecare la
propria vita. Bisogna fare buon uso delle proprie giornate, e forgiare in tempo il proprio carattere, così da prevenire,
finche si è giovani, il radicarsi dei vizi. La quarta satira affronta, in due quadri, il tema del «conoscere se stessi». Il
primo movimento presenta un dialogo fra Socrate e Alcibiade che viene esortato ad aspirare a valori come la
saggezza e la giustizia, piuttosto che rincorrere il favore della folla, contando sulla propria bellezza e nobiltà. Il resto
della satira sviluppa l'
invito all'
autocoscienza e ad abbandonare l'
abitudine di criticare i difetti altrui, senza
riconoscere i propri. La quinta satira è la più ampia della raccolta ed è nettamente divisa in due parti. Nella prima
Persio torna a respingere i toni gonfi e altisonanti della poesia epica e tragica, professando un'
ispirazione modesta e
riservata, insieme alla profonda amicizia che lo lega al suo Cornuto. Nella seconda, svolge il tema della libertà, che
dev'
essere innanzitutto libertà interiore. Nella sesta satira, rivolta all'
amico Cesio Basso, Persio afferma di voler fare
un uso moderato di ciò che possiede, biasimando gli avari e l'
avidità degli eredi
b. critica dell’epoca
c. critica alla filosofia
i. eccezione per lo stoicismo
ii. eccezione per la politica
iii. libertate opus est
iv. tipologia diatribica
v. centralità della struttura dialogica
d. gusto impressionista per il macabro e lo scabroso
e. è un aristocratico che si finge plebeo
i. ovvero: è estraneo al mondo che racconta
ii. confronti
1. con il realismo del distacco
2. con Marziale, Fedro, Petronio
3. con Giovenale
iii. esalta l’aurea mediocritas: ma la pratica ?
iv. voluta (?) deformazione della realtà
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Giovenale (50-127 d. Chr.)
“…della sua vita non sappiamo quasi nulla, a eccezione delle notizie (pericolose) autoschediastiche; poche note ci
vengono dagli epigrammi di Marziale. Rivoluzionò la satira; fu umiliato dalla condizione di cliente: e questo spiega
molto della sua misera esistenza. Tutta la sua vita è rabbia: Giovenale ce l’ha con il mondo…”
“…questo lo pone nella situazione astorica e impietosa poiché soltanto polemica di chi ha fatto satira antifascista a
regime abbattuto, o ha tuonato contro Stalin dopo l’accertamento definitivo dei suoi crimini…”
1. differenze di tono: le nuove vie della satira
a. Persio: rivolta contro la realtà
b. Giovenale: protesta sociale
2. dichiarazioni programmatiche e scelte di poetica
Satire I [passim]
Semper ego auditor tantum? numquamne reponam
uexatus totiens rauci Theseide Cordi?
inpune ergo mihi recitauerit ille togatas,
hic elegos? inpune diem consumpserit ingens
Telephus aut summi plena iam margine libri
scriptus et in tergo necdum finitus Orestes?
[…]
cur tamen hoc potius libeat decurrere campo,
per quem magnus equos Auruncae flexit alumnus,
si uacat ac placidi rationem admittitis, edam.
[…]
nam quis iniquae
tam patiens urbis, tam ferreus, ut teneat se,
causidici noua cum ueniat lectica Mathonis
plena ipso, post hunc magni delator amici
et cito rapturus de nobilitate comesa
quod superest, quem Massa timet, quem munere
palpat Carus et a trepido Thymele summissa Latino;
cum te summoueant qui testamenta merentur
noctibus, in caelum quos euehit optima summi
nunc uia processus, uetulae uesica beatae?
[…]
quid referam quanta siccum iecur ardeat ira,
cum populum gregibus comitum premit hic spoliator
pupilli prostantis et hic damnatus inani
iudicio? quid enim saluis infamia nummis?
[…]
si uis esse aliquid. probitas laudatur et alget;
criminibus debent hortos, praetoria, mensas,
argentum uetus et stantem extrapocula caprum.
quem patitur dormire nurus corruptor auarae,
quem sponsae turpes et praetextatus adulter?
si natura negat, facit indignatio uersum
qualemcumque potest, quales ego uel Cluuienus.
ex quo Deucalion nimbis tollentibus aequor
nauigio montem ascendit sortesque poposcit
paulatimque anima caluerunt mollia saxa
et maribus nudas ostendit Pyrrha puellas,
quidquid agunt homines, uotum, timor, ira, uoluptas,
gaudia, discursus, nostri farrago libelli est.
et quando uberior uitiorum copia? quando
maior auaritiae patuit sinus? alea quando
hos animos? neque enim loculis comitantibus itur
Succube sempre starò io ad ascoltare?
Vessato a non finire
dalla Teseide di quel Cordo ottuso,
mai ne otterrò vendetta?
Chiunque potrà leggermi commedie o elegie
senza correre rischi?
Consumeranno i miei giorni un Tèlefo smisurato
o un Oreste, che deborda sul recto
e sul verso dai margini del libro
e non finisce mai,
senza subirne pena?
[…]
Ma perché abbia scelto di lanciarmi nel campo,
dove il grande figlio di Aurunca
costrinse i suoi cavalli,
se avete tempo e pazienza d'
udire
le mie ragioni, lo dirò.
[…]
Ma chi può sopportare una città
cosí perversa?
Bisognerebbe essere di ferro
per trattenersi, quando davanti ti passa
Matone, l'
avvocato,
stravaccato nella lettiga nuova,
con quel delatore degli amici piú cari
che lo segue, pronto ad arraffare i brandelli
di una nobiltà dissoluta
(e se Massa lo teme, Caro lo blandisce,
Latino gli prostituisce pavido Timele).
O ancora quando t'
impone di farti in là
gente che si guadagna i testamenti
ogni notte, gente che la via piú sicura
oggi a far fortuna, la vulva
d'
una vecchia danarosa, porta alle stelle
[…]
Come dar voce all'
ira,
che mi rode d'
arsura il fegato,
quando vedo un predone
che, costretto il pupillo al marciapiede,
schiaccia la gente con la masnada dei suoi,
o un altro condannato a vuoto in tribunale?
Cosa è mai l'
infamia, se il denaro è al sicuro?
[…]
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ad casum tabulae, posita sed luditur arca.
[…]
sed cum summus honor finito conputet anno,
sportula quid referat, quantum rationibus addat,
quid facient comites quibus hinc toga, calceus hinc est
et panis fumusque domi? densissima centum
quadrantes lectica petit, sequiturque maritum
languida uel praegnas et circumducitur uxor.
hic petit absenti nota iam callidus arte
ostendens uacuam et clausam pro coniuge sellam.
'Galla mea est' inquit, 'citius dimitte. moraris?
profer, Galla, caput. noli uexare, quiescet.'
ipse dies pulchro distinguitur ordine rerum:
sportula, deinde forum iurisque peritus Apollo
atque triumphales, inter quas ausus habere
nescio quis titulos Aegyptius atque Arabarches,
cuius ad effigiem non tantum meiiere fas est.
uestibulis abeunt ueteres lassique clientes
uotaque deponunt, quamquam longissima cenae
spes homini; caulis miseris atque ignis emendus.
optima siluarum interea pelagique uorabit
rex horum uacuisque toris tantum ipse iacebit.
nam de tot pulchris et latis orbibus et tam
antiquis una comedunt patrimonia mensa.
nullus iam parasitus erit. sed quis ferat istas
luxuriae sordes?
[…]
nil erit ulterius quod nostris moribus addat
posteritas, eadem facient cupientque minores,
omne in praecipiti uitium stetit. utere uelis,
totos pande sinus. dices hic forsitan 'unde
ingenium par materiae? unde illa priorum
scribendi quodcumque animo flagrante liberet
simplicitas? "cuius non audeo dicere nomen?
[…]
'cum ueniet contra, digito compesce labellum:
accusator erit qui uerbum dixerit "hic est."
securus licet Aenean Rutulumque ferocem
committas, nulli grauis est percussus Achilles
aut multum quaesitus Hylas urnamque secutus:
ense uelut stricto quotiens Lucilius ardens
infremuit, rubet auditor cui frigida mens est
criminibus, tacita sudant praecordia culpa.
inde ira et lacrimae. tecum prius ergo uoluta
haec animo ante tubas: galeatum sero duelli
paenitet.' experiar quid concedatur in illos
quorum Flaminia tegitur cinis atque Latina.
L'
onestà vien lodata, ma muore di freddo.
Ai delitti si devono i giardini,
i palazzi, i banchetti, gli argenti d'
antiquariato
e le coppe a rilievi di caproni.
Come si può dormire
tra seduttori di nuore venali,
tra promesse spose cosí sfrenate
e amanti adolescenti?
L'
indignazione farà poesia,
se manca il genio,
come può, come posso farla io
o qualsiasi Cluvieno.
Tutto ciò che travaglia gli uomini,
sin dal tempo in cui Deucalione,
tra gli scrosci che gonfiavano il mare,
con la nave raggiunse in cima il monte
a chiedere il proprio destino
e a poco a poco il soffio della vita
sciolse al suo calore le pietre
e ai maschi Pirra offrí vergini ignude,
tutto ciò, desideri, collera e terrori,
piaceri, gioie e affanni,
tutto si mescola nel mio libretto.
Fu mai piú prolifico il vizio?
Quando di piú la sete di denaro
protese le sue mani?
Quando mai fascino uguale vi fu nel gioco?
Nelle bische non si va piú con una borsa,
come posta ci si gioca la cassaforte.
[…]
Ma il patrono prima ti scruta bene in faccia
per timore che tu venga al posto di un altro
e lo richieda sotto falso nome.
Se ti riconosce, l'
avrai.
[…]
Sfiniti e ormai senza speranza,
malgrado quella di cenare
nell'
uomo sia la piú tenace,
i vecchi clienti abbandonano le soglie
per mettere insieme due cavoli e la legna.
Come un re intanto il patrono
ingozzerà quanto di meglio
si trova nei boschi e nel mare,
sdraiato tutto solo nel triclinio vuoto.
È di una razza, che su tavole
belle, spaziose e antiche
si mangia in solitudine
interi patrimoni.
Niente scrocconi. Ma nulla è piú sordido
di questi eccessi.
[…]
Di peggio niente è possibile che l'
umanità
aggiunga in futuro ai nostri costumi:
chi ci seguirà, scimmiottandoci,
vorrà le stesse cose,
perché il vizio ha toccato il fondo.
Sciogli le vele, distendile al vento!
Mi dirai: '
C'
è materia, sí,
ma dov'
è il genio? E la naturalezza
che, infiammando l'
animo loro,
avevano gli antichi
nel dire qualunque cosa volessero?'
.
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Credi che non osi far nomi?
[…]
'
Se lo incontri, premiti il dito sulle labbra;
basta che tu dica: è lui, e finisci incriminato.
Vuoi vivere tranquillo?
fai duellare Enea col sanguinario Turno;
ricorda: la morte di Achille
o la ricerca affannosa di Ila
scomparso insieme all'
anfora,
no, non fanno male a nessuno.
Ma ogni volta che Lucilio, la spada in pugno,
freme di sdegno, chi l'
ascolta,
con la mente stretta dai propri crimini,
si fa di fuoco
e il cuore trasuda colpe segrete.
Odio e lacrime alla fine. Pensaci bene
prima di dar fiato alle trombe:
con l'
elmo in testa non si evita il duello.'
Rimane un tentativo:
vedere se posso almeno dire qualcosa
contro quelli che son sepolti
lungo la Flaminia o la via Latina.
3. note sulla poetica
a. è una satira che nasce a caldo (indignatio)
i. non mediata
ii. impressionista
iii. free style
iv. conta poco la cura formale
b. farrago
i. la scelta ha ripercussioni sulla pagina
ii. Giovenale è un fiume in piena
iii. è opposto a Persio nello stile
c. contenuto realistico
i. confronto con Persio
ii. simile alla pagina di Marziale che sa di uomo
iii. attività umane
iv. no temi mitologici
v. descrive vitia, non li critica
vi. non è moralista
d. perché ride e non piange ?
i. “psicologia dei poveri”
1. sdegno
2. disperazione
3. indignazione
4. rabbia
5. scherno
6. derisione
ii. 2 fasi: I [indignatio] + II [rigidus cachinnus]
iii. F. Guccini, L’avvelenata (1976)
iv. Articolo 31, Legge del taglione (1993)
4. i bersagli polemici di Giovenale, quali capri espiatori del malessere sociale o dei mali della società
a. ricchezza e suo uso indiscriminato
b. le distinzioni sociali (marxista ?)
c. la “guerra tra poveri” dei clienti
d. contro i diversi (come Petronio)
i. stranieri (III 41: Romae quid agam ? Mentiri nescio)
1. Greci
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2. orientali
3. ebrei
ii. omosessuali maschili passivi
iii. donne
iv. intellettuali asserviti al potere
v. truffatori
1. cacciatori di eredità
2. sfruttatori
3. soldati
vi. pedofili e corruttori di bambini (XIV 47: maxima debetur puero reverentia)
vii. mostruosità e loro speculatori
viii. contro sfruttatori degli schiavi
5. note varie sull’opera di Giovenale
a. dall’impressionismo alla deformazione della realtà
b. tono non è così basso come vorrebbe farci credere
c. tanta rabbia e impotenza
d. la povertà rende l’uomo ridicolo
e. mancano basi filosofiche come finora
i. superamento della linea Orazio-Persio
ii. risalita alla sorgente Lucilio
f. desolazione
i. dei poeti
ii. laudatores temporis acti
g. razzista ?
h. emarginato ?
i. democratico ? marxista socialista ?
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6. Approfondimento: la satira VI, contro le donne
a. capolavoro di Giovenale
i. più famosa
ii. più estesa (661 vv.)
iii. vertice massimo della misoginia antica
iv. base per la misoginia cristiano-medievale
b. inventa molto, ma molto è ripreso dalle figure tradizionali
c. tutto è a minori dalla figura della matrona romana
i. atroce e senza pietà
ii. breve carrellata
1. ricchezza, adulteri, deboscie, lesbismi, manie
2. corruzioni, omicidi, vendette, inganni, avvelenamenti
3. prostituzione, perversione
d. mulier ianua diaboli
e. breve schema sinottico del contenuto
i. Pudicitia ha abbandonato la terra alla fine dell’età dell’oro, schifata dalle donne
ii. Postumo, amico di Giovenale, vuole sposarsi:
1. con corde e finestre, perché morire così ?
2. non è meglio dormire con un ragazzo ?
3. nulla più come la moglie montanara (peli, ghiande, flatus ventris, lana)
4. donna dei tuoi sogni non c’è
5. tutte prostitute, perfino le imperatrici
a. il caso di Messalina, madre di Claudio
b. diventa Licisca, parrucca bionda in un bordello
6. prepàrati a portare il giogo
7. la suocera è tremenda
iii. cosa fanno di negativo le donne
1. vogliono parlare greco
2. fanno ginnastica
3. vogliono andare in guerra
4. rinunciano al sesso
5. ricche e sofisticate
a. hanno perso castità
b. in ogni casa c’è almeno una prostituta
c. farle custodire non serve: chi guardrà le guardie ? Perfino gli eunuchi…
6. vogliono studiare
7. parlano con gli uomini
8. fanno il bagno
9. devono vino
10. amano i gioielli
11. si truccano
12. spendono soldi
13. amano il lusso
14. seguono oroscopi
15. conoscono amgia
iv. bisogna frustarle, altro che Didone…
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