VOLONTARIA
GIURISDIZIONE
DI MASSIMO
MASTRODONATO
PARTE
PRIMA
1
CAPITOLO PRIMO
1.NOZIONE E PRINCIPI GENERALI
1.1.DEFINIZIONE:
il legislatore non dà una definizione di cosa debba intendersi per volontaria
giurisdizione limitandosi a prevederne la disciplina negli artt.737 e seguenti
del cpc ( rubricato “dei procedimenti in camera di consiglio”).
E’ stato pertanto compito della dottrina provvedere alla sua individuazione; in
particolare la nozione comunemente accolta è quella di “attività del giudice
volta a gestire un negozio od affare di diritto privato per la cui realizzazione
è necessario l’esame dello stesso da parte di un terzo imparziale.”
1.2.NATURA GIURIDICA:
relativamente alla natura giuridica della volontaria giurisdizione tre sono le
tesi che si contendono il campo:
- Teoria dell’attività giurisdizionale:
tale tesi si basa essenzialmente sulla qualità del soggetto che emana il
provvedimento; essendo questo adottato dal giudice la relativa attività dallo
stesso posta in essere non può che essere giurisdizionale (Carnelutti).
Si tratterebbe di una giurisdizione di carattere preventivo volta a prevenire
una violazione di legge, mentre quella contenziosa ha carattere successivo e
sanzionatorio.
- Teoria del tertium genus: tale tesi sostiene l’impossibilità di inserire la
volontaria
nell’ambito
della
giurisdizione
ovvero
nell’ambito
dell’amministrazione e ciò in quanto essa si differenzierebbe:
dalla giurisdizione: perché non presuppone una lesione di un diritto soggettivo
e un conflitto tra parti
dall’amministrazione: perché posta in essere da un organo giurisdizionale
- Teoria dell’attività amministrativa anche se soggettivamente giurisdizionale:
la maggioranza degli interpreti (Mazzacane, Santarcangelo, Jannuzzi) ritiene che
la volontaria giurisdizione rientri nell’ambito dell’attività amministrativa ed
in particolare dell’amministrazione pubblica del diritto privato.
Nello specifico essa si caratterizza sia dal punto di vista oggettivo per la
mancanza di controversie da dirimere sia da quello soggettivo perché affidata
alla competenza dei giudici;esiste solo un’attività di controllo,di assistenza
e integrazione dell’attività dei privati in cui si individua l’interesse
generale da tutelare.
2.CARATTERI DISTINTIVI TRA GIURISDIZIONE CONTENZIOSA E VOLONTARIA:
Le peculiarità della v.g. sono le seguenti:
non contenziosità: il procedimento di v.g. non presuppone un conflitto tra parti
essendo unico l’interesse da tutelare.
non coattività: il provvedimento di v.g. non ha carattere sanzionatorio
c)revocabilità: in base alle modificazioni delle condizioni esistenti al momento
della pronuncia del provvedimento.
La norma da prendere in considerazione è l’art.742 c.p.c. il quale prevede la
revocabilità e la modificabilità dei decreti in “ogni tempo”;ciò significa che
il provvedimento mentre passa in cosa giudicata formale non è suscettibile di
acquisire l’efficacia di cosa giudicata in senso sostanziale come invece avviene
nel procedimento contenzioso.
d) Formalismo: la v.g. presenta un formalismo suo proprio tanto con riferimento
al
procedimento
quanto
in
relazione
all’istanza
ed
al
relativo
provvedimento;in particolare:
- procedimento: Il procedimento è regolato dagli art.737 e seguenti cpc
inserito nel capo VI riguardante le disposizioni comuni ai procedimenti in
camera di consiglio. Essa è una forma d’udienza segreta con radicale
esclusione di quella pubblica;è un semplice processo di istruzione nel
quale manca il contraddittorio tra le parti. Si tratta di una procedura
2
più rapida e snella che non è destinata ad incorrere nelle lungaggini
delle fasi del procedimento contenzioso.
- istanza: l’atto introduttivo ha sempre la forma del ricorso
- provvedimento: il provvedimento conclusivo assume generalmente la forma
del decreto;talvolta può consistere in una ordinanza(es. fissazione dei
termini art.481,ex art.749 cpc) o in una sentenza (si pensi alla pronuncia
di interdizione o alla dichiarazione di assenza).
In ogni caso provvedimenti del giudice tutelare sono emessi sempre per
decreto.
3.PROCEDIMENTO:
3.1. INIZIATIVA:
- definizione: l’iniziativa ( o legittimazione) può essere definita come
il potere del soggetto di adire il giudice e di provocarne la decisione in
ordine alla questione ad esso sottoposta.
- titolarità: essa indica la spettanza del potere di iniziativa ad un
determinato soggetto; può assumere diverse configurazioni:
a)esclusiva: quando spetta ad un solo soggetto, la cui inerzia non è
pertanto sanabile. (es.181/2/3)
b)plurima: quando viene attribuita a più soggetti; essa va ulteriormente
distinta in:
b1) congiuntiva: quando il potere deve necessariamente essere
esercitato da tutti i titolari congiuntamente (es.320)
b2)
alternativa:
quando
ciascun
legittimato
può
agire
individualmente (art.321)
b3) successiva: quando è previsto un ordine di preferenza tra i
legittimati
d’ufficio: quando il giudice può iniziare il procedimento ed emettere il
relativo provvedimento a prescindere da un’istanza di parte.(es.artt.336/346)
Problema: la legittimazione spetta anche all’incapace?
In genere no, in forza dell’art.75 c.p.c. poiché non ha il libero esercizio dei
diritti richiesto dalla norma de qua; solo in casi particolari gli è
riconosciuto il potere di adire il giudice, ad esempio nel caso contemplato
dall’art.321 cod.civ.
Vedi ora l’amministrazione di sostegno
3.1.1. Lo ius postulandi del notaio:
L’art.1 della legge 13 febbraio 1913 n.89 (cd. legge notarile) prevede
testualmente la facoltà per il notaio di sottoscrivere e presentare ricorsi
relativi agli affari di volontaria giurisdizione riguardanti le stipulazioni a
ciascuno di essi affidate dalle parti.
Nonostante la chiara dizione legislativa sia nel senso della mera facoltatività,
la dottrina prevalente (MSJ) ritiene che il notaio sia in realtà obbligato alla
redazione e presentazione del ricorso e ciò alla luce del disposto dell’art.1708
cod.civ. relativo al mandato; pertanto qualora il notaio rifiuti la propria
opera potrà incorrere nella sanzione prevista dall’art.27 legge notarile.
Legittimazione: affinché il potere del notaio possa essere esercitato è
necessario che questi riceva un incarico dalla parte; infatti il notaio, pur
essendo titolare del relativo potere, non può tuttavia esercitarlo fintanto che
non vi sia una richiesta dai soggetti interessati.
Dalle considerazioni sopra svolte emerge pertanto che il notaio non abbisogni di
alcuna procura( diversamente da quanto accade per l’avvocato) poiché esercente
un proprio potere; sarà pertanto sufficiente la cd “autoattestazione” in
principio del ricorso.
Nella pratica tuttavia il notaio è solito far controfirmare il ricorso anche
agli interessati in funzione di espressa accettazione della propria opera.
Collegamento provvedimento-atto da stipulare:la legge richiede che tra
provvedimento e atto da stipulare sussista un collegamento
- diretto: il provvedimento deve essere strumentale alla stipula
dell’atto
3
oggettivo: il collegamento deve sussistere tra atto e provvedimento e
non tra quest’ultimo ed il notaio.
Un collegamento di carattere soggettivo potrà sussistere esclusivamente
nell’ipotesi in cui il giudice abbia disposto nel provvedimento che l’atto
debba essere rogato esclusivamente dal notaio richiedente.
Competenza territoriale: si discute in dottrina se il notaio possa presentare
ricorsi di v.g. anche ad organi giudiziari siti al di fuori del proprio
distretto di competenza; al riguardo le tesi che si contendono il campo sono
due:
t1) teoria affermativa: è questa la tesi sostenuta dalla dottrina
prevalente la quale evidenzia soltanto la necessità che il ricorso sia formato e
sottoscritto dal notaio nel proprio distretto.
t2) teoria negatrice: la dottrina nettamente minoritaria(Carusi) ritiene
invece che tale possibilità sia preclusa al notaio alla luce dell’art.27 l.not.
-
3.2. COMPETENZA:
- definizione: la competenza può essere definita come quella frazione di
giurisdizione spettante ad un determinato giudice con riferimento ad una
determinata questione sottoposta al suo esame.(Mandrioli)
- ripartizione: la competenza viene normalmente ripartita attraverso i tre
criteri della materia, del territorio e del
valore; nell’ambito della
volontaria giurisdizione il legislatore usa prevalentemente i primi due
(materia e territorio)con la quasi radicale esclusione del terzo (valore).
Vediamo in particolare come essa si determina:
A) PER MATERIA: può accadere che essa sia:
- espressamente prevista: in tal caso nessun tipo di problema si pone.
- non espressamente indicata: in siffatta ipotesi soccorre la norma
dell’art.38 d.att.cod.civ. il quale prevede la competenza del Tribunale
ordinario ove non diversamente disposto.
B) PER TERRITORIO: anche per essa può accadere che sia:
- espressamente prevista:in tal caso nulla quaestio;
- non espressamente indicata: in tale caso, non essendovi una norma di
chiusura analoga all’art.38 d.att. la questione si complica.
Al riguardo sono state formulate diverse teorie; esporremo le principali:
t1) teoria della competenza concorrente o generalizzata: tale tesi
sostiene che ove il legislatore nulla disponga sarà competente per
territorio ogni giudice competente per materia.
t2) teoria della competenza del luogo dove si trovano i beni(cd forum rei
sitae)
t3) teoria della competenza del giudice del domicilio o della residenza
della persona nel cui interesse è richiesto il provvedimento: tale tesi,
decisamente prevalente, applica per analogia l’art.18 c.p.c. relativo al
procedimento contenzioso.
Problema: cosa succede se domicilio e residenza sono entrambi ignoti o
all’estero?
Punto di partenza sul quale tutti concordano è che non si possa utilizzare il
criterio della dimora perché mancante dei caratteri della stabilità e della
permanenza; ciò detto, diverse sono state le soluzioni proposte:
- la dottrina prevalente e la giurisprudenza ritengono che in tal caso la
competenza spetti al giudice della residenza del ricorrente (ossia colui
che propone l’istanza) in applicazione analogica dell’art.18 cpc che è
norma generale e residuale integrante il sistema lacunoso della competenza
territoriale
nella
volontaria
giurisdizione.
(Cass.
n.1588/’62
e
Cass.n.2030/’76)
- altra dottrina (Capozzi)utilizza il sistema dell’elezione di domicilio
con apposito atto scritto per il determinato atto o affare ex art.47 c.c.
Es italiani emigrati che vogliono acquistare per il figlio minore un
immobile in Italia, rilasciano procura e nella stessa procura eleggono
domicilio speciale nel luogo di domicilio del rappresentante.
4
-
-
altri ancora ritengono competente il Tribunale di Roma, per analogia la
legge fiscale (art.6 d.lgs 346/90) che per dichiarazione di successione
statuisce la competenza dell’ufficio del Registro del luogo di ultima
residenza de cuius ovvero, se all’estero, quello di Roma.
altri infine utilizzano il criterio ultimo domicilio noto in Italia
degli interessati, per analogia con legge su adozione, ex art.29 bis
comma secondo Legge n.184/83.
.4 LE IMPUGNAZIONI (artt.739-742 cpc)
I decreti e le ordinanze sono solo reclamabili o revocabili; viceversa le
sentenze sono soggette ai normali mezzi di impugnazione, ossia appello,
cassazione, revocazione ed opposizione di terzo.
.4.1 IL RECLAMO:
.1 Definizione: il reclamo è procedimento di 2° grado con cui un altro giudice
riesamina un provvedimento non ancora definitivo, sia nel merito che
legittimità.
Il provvedimento del giudice del reclamo non è sua volta reclamabile, ma solo
revocabile.
.2 Competenza: lo iudex ad quem (quello del reclamo) è normalmente quello
immediatamente superiore allo iudex a quo, anche se alcune materie sono regolate
da norme specifiche.
.3 Norme di riferimento: artt.38 comma quarto e 45 d.att c.c.;
artt.341, 747-750 comma terzo c.p.c.
.4 Caratteristiche:
- esame da parte di altro giudice;
- solo se provvedimento non definitivo;
- solo se provvedimento è reclamabile
Ricorda: il provvedimento non è reclamabile nei seguenti casi:
- decorsi 10 giorni dalla comunicazione o notifica dello stesso;
- se trattasi di provvedimento emesso in sede di reclamo;
- se le parti hanno fatto acquiescenza
- se la reclamabilità è esclusa dalla legge, ad esempio ex art.35 comma
secondo della legge fallimentare;
.5 Lo ius postulandi del notaio
Discusso è se il notaio abbia o meno la competenza a presentare il reclamo;
- la dottrina e giurisprudenza prevalenti optano per la soluzione positiva,
muovendo dalla considerazione che il reclamo altro non è che un ricorso
anche se al giudice di secondo grado.
- altri sostengono la negativa sulla base di interpretazione letterale degli
artt.1 l. not e 739 c.p.c.
.6 Formula:
.. reclamo avverso decreto emesso in data .. da .. n. .. con il quale si
respingeva il ricorso ..
Ricorda: Non chiedere l’efficacia immediata ex art.741 comma secondo, perché il
decreto che decide sul reclamo la acquista ex lege.
.4.2 LA REVOCA
.1 Definizione: la revoca è modifica totale o parziale del provvedimento operata
dallo stesso giudice che lo ha emesso.
5
.2 Competenza: stesso giudice che ha emesso il decreto.
.3 Legittimazione: legittimati a chiedere la revoca sono tutti coloro che
avrebbero potuto presentare il ricorso per il rilascio del provvedimento che si
vuole revocare.
Anche il Pm se era parte; non invece il terzo che può agire solo in via
contenziosa.
.4 Termini: la revoca, a
termine, essendo pertanto
provvedimento.
differenza del reclamo, non è soggetta ad alcun
sempre possibile ricorrere per la revoca di un
.5 Caratteristiche:
- competente stesso giudice, e non quello superiore;
- anche per decreti e ordinanze definitivi, non reclamabili( ad esempio i
decreti del presidente del tribunale), e i decreti di 2 grado, emessi a
seguito di reclamo.
Ricorda: non revocabili le sentenze.
.6 Motivi: mentre in diritto amministrativo si distingue tra revoca (per vizi di
merito e fatti sopravvenuti) e annullamento (per vizi di legittimità), in
volontaria giurisdizione tale suddivisione non è operante, potendo comprendere
la revoca anche la nozione di annullamento.
Quindi la revoca potrà aversi sia per sopravvenuti motivi di opportunità che di
legittimità.
Esempio: se è stata rilasciata autorizzazione ad affittare l’azienda a persona
che poi è stata dichiarata fallita ed il contratto non è ancora stato concluso,
si può chiedere la revoca del provvedimento, e magari l’autorizzazione a vendere
l’azienda ad altra persona che ha fatto offerta favorevole.
.7 Effetti: per la dottrina prevalete la revoca ha effetti ex tunc
diritti dei terzi in buona fede ex 742 cpc
salvi i
IMPUGNAZIONE IN SEDE CONTENZIOSA
Oltre che con reclamo e revoca, è possibile impugnare il provvedimento in sede
contenziosa, in via incidentale, se il provvedimento di volontaria giurisdizione
è collegato al negozio oggetto della causa.
La legittimazione spetterà in tal caso solo i terzi, e non anche le parti del
procedimento autorizzatorio (ossia ad esempio i rappresentanti degli incapaci)
perché essi avranno normali mezzi di impugnazione di volontaria giurisdizione
(reclamo e revoca).
Il giudice in sede contenziosa effettuerà una valutazione solo di legittimità e
non di merito.
5. AUTORIZZAZIONE:
5.1.Definizione: l’autorizzazione può definirsi come quel provvedimento volto a
rimuovere un limite di validità od efficacia
per l’esercizio di un potere di
cui il soggetto è già titolare.
Quando: necessariamente preventiva; non ammissibile quindi un atto non
autorizzato sotto la condizione sospensiva dell’autorizzazione
5.2.Natura giuridica: secondo la dottrina dominante(Mazzacane, Jannuzzi,
Santarcangelo) l’autorizzazione ha una funzione integrativa,e non certo quella
di condicio iuris, perché il negozio non è subordinato al verificarsi di un
evento futuro e incerto,bensì è un atto compiuto da un soggetto legittimato che
ha il necessario potere che però nel caso concreto incontra dei limiti che sono
rimossi proprio con l’autorizzazione(si è fuori dall’ambito del conferimento di
nuovi poteri).
6
5.3. Sanzione per omessa autorizzazione:
a)
annullabilità:
solo
se
espressamente
prevista
(vedi
ad
esempio
artt.322,377,396,424).
b) nullità: ove il legislatore nulla disponga; infatti, ex art.1423 la
violazione di una norma imperativa,quale è quella richiedente la autorizzazione,
comporta la sanzione della nullità.
Un esempio è la mancata autorizzazione ai sensi dell’art.694 Secondo altra
dottrina la sanzione sarebbe quella dell’annullabilità in analogia alle
disposizione degli artt.322,377.
Altri parlano infine di inopponibilità dell’atto(Jannuzzi)ai soggetti nel cui
interesse è prevista l’autorizzazione (es. il sostituito).
Per il caso di fallimento,la Cassazione ha stabilito che l’atto del curatore
fallimentare senza la preventiva autorizzazione è solo annullabile,non certo
nullo(ex artt.1425,1441 c.c.)essendo il curatore un soggetto legittimato
all’azione. L’autorizzazione rappresenta l’elemento necessario al superamento di
un limite.
L’annullamento può esser richiesto su istanza del fallito,ossia del soggetto nel
cui interesse l’autorizzazione è posta.
6. QUESTIONI PRATICHE:
E’ necessario allegare il decreto autorizzativo all’atto autorizzato?
Si alla luce dell’art.54 del regolamento notarile( R.D.n.1326/1914)il quale
stabilisce che i notai non possono rogare contratti,nei quali intervengono
persone che non siano assistite o autorizzate quando è espressamente stabilito
dalla legge.
Se le parti intendono stipulare subito l’atto per il quale è necessaria
l’autorizzazione senza attendere il suo rilascio?
Si pensi al caso dei genitori che vogliono urgentemente acquistare un bene per
il figlio minore da Tizio, il quale ha una certa urgenza di concludere l’affare
perché l’indomani partirà per l’Australia. Nell’esempio riportato non è
pensabile un’autorizzazione successiva all’atto,neppure un acquisto sotto la
condizione sospensiva della necessaria autorizzazione;questo perché il controllo
sull’atto deve necessariamente esser fatto prima della produzione di tutti i
suoi effetti. Le possibilità alternative al riguardo sono:
- la concessione della procura di Tizio
- contratto per persona da nominare(art.1401 ss)o a favore del
terzo(art.1411),con
successiva
autorizzazione
per
l’accettazione
dell’electio amicii o della liberalità.
Se un genitore è in conflitto d’interessi:
legittimato al ricorso per ottenere l’autorizzazione
coniuge non stipulante.
richiesta
sarà
l’altro
Se entrambi i genitori sono in conflitto d’interessi:
La regola è dettata dall’art.320 ultimo comma che prevede la nomina di un
curatore speciale nel caso di conflitto d’interessi tra genitori e minore
(analogamente vedi l’art.356 in caso di donazioni o disposizioni testamentarie e
il 321 che è rubricato“nomina di un curatore speciale”).
Quando al minore sotto potestà è stato nominato un curatore speciale si
applicheranno le norme sulla tutela,e precisamente gli art. 374-375, e non il
320, perché curatore è un soggetto terzo; occorrerà pertanto da parte del
giudice un controllo più penetrante.
La stessa ratio si ritrova negli artt.394
terzo comma,356(questo richiama
espressamente gli art.374-375 seppur si tratta di minore sotto potestà).
7. Differenza tra Parere - Audizione
7
Nei procedimenti di volontaria giurisdizione il giudice prima di emettere il
provvedimento autorizzativo deve sentire con funzioni consultive a seconda dei
casi:
- un altro organo giudiziario,ad es. il giudice tutelare o il pubblico
ministero(nel qual caso parleremo di PARERE,es. art.375 cc ultima parte,o 747cpc
o 313 cc in tema di adozioni).Si tratta di un elemento necessario per la validità
del provvedimento ma non vincolante,ossia il giudice può prendere una decisione
difforme a quella del parere;in questo caso dovrà fornire le dovute spiegazioni.
- soggetti estranei all’ ordinamento giudiziario (si parlerà di AUDIZIONE ad es.
dei parenti),e potrà essere facoltativa o obbligatoria.
CAPITOLO SECONDO
Atti di ordinaria e straordinaria amministrazione
1.Definizione: è l’attività di cura di un patrimonio per conservarne l’integrità
giuridica ed economica; essa afferisce alla fase interna.
Diversamente, la rappresentanza è il potere di stipulare l’atto con i terzi,
quindi essa ha rilevanza esterna.
2.Caratteri
distintivi:
l’amministrazione
si
distingue
in
ordinaria
e
straordinaria, anche se nel codice nulla è detto in
ordine ai criteri
distintivi dell’una o dell’altra; è stato pertanto compito della dottrina
individuare i criteri discretivi.
Diverse sono state le teorie formulate; vediamo quali:
t1) teoria normativa: La dottrina prevalente (Capozzi,Jannuzzi,Santarcangelo)
sostiene la cd teoria normativa in base alla quale sono atti di straordinaria
amministrazione quelli che necessitano di autorizzazione, atti di ordinaria
tutti gli altri.
t2)Teoria eclettica: pone come base la teoria normativa ma la integra col
criterio sussidiario del reddito e capitale (spesso usato dalla giurisprudenza)e
precisamente: secondo questo elemento si individuano gli atti di ordinaria
amministrazione in quelli che incidono solo sul reddito,viceversa saranno di
straordinaria amministrazione quelli che incidono sul patrimonio.
T3) teoria del reddito e capitale: tale tesi(Cicu) utilizza come parametri di
riferimento il reddito-capitale;essa considera atti di ordinaria amministrazione
quelli il cui oggetto di riferimento è la rendita,così non intaccando il
capitale. Si prevede per essi la libera disponibilità in quanto rientrano
nell’usufrutto legale ex art.324 che compete ai genitori.
Gli atti di straordinaria amministrazione riguardano invece il capitale ossia
tutti quegli atti che importino diminuzione,trasformazione,soggezione a rischio
del patrimonio.
T4) Teoria della funzione:tale tesi (Azzariti-Martinez) utilizza come elemento
distintivo la funzione dell’atto e cioè qualifica atti di ordinaria
amministrazione quelli aventi funzione di conservazione fruttificazione e
miglioramento;tutti gli altri saranno invece di straordinaria amministrazione.
T5) teoria economica:tale teoria considera di straordinaria amministrazione
l’atto che in concreto produce effetti decrementativi sul patrimonio; di
ordinaria amministrazione quello che lo incrementa.
t6) Teoria del rischio: tale tesi (Mirabelli)individua la differenza non nel
negozio posto in essere,valutato in astratto,ma nelle conseguenze che esso potrà
produrre sul patrimonio di un determinato soggetto. Per ciò i negozi potranno
considerarsi appartenenti all’una o altra categoria a seconda del valore
economico che essi avranno sul patrimonio sul quale sono destinati ad aver degli
effetti.
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Le ultime due tesi sopra esposte risultano avvolte da troppe incertezze
soprattutto perché comportano l’inconveniente di non tutelare sufficientemente i
terzi i quali non essendo in grado di poter conoscere il valore giuridico
dell’atto potrebbero esporsi ad una pronuncia di invalidità perché l’atto
apparentemente di normale amministrazione in realtà potrebbe presentare notevoli
rischi per quel patrimonio.
Problema: gli atti dovuti devono essere autorizzati?
La dottrina preferibile dà al quesito risposta negativa; l’esempio è quello del
pagamento eseguito dall’incapace,anche da solo,senza la dovuta autorizzazione,il
quale non è impugnabile ex art.1191.
Problema: si applicano le norme degli artt.374/375 anche ai minori in potestà?
Si, ove più favorevoli per i genitori; questi infatti non possono soggiacere ad
una normativa più rigorosa di quella prevista in materia di tutela ove il tutore
è un estraneo.
Ad esempio:
1)acquisto mobiliare: non si richiede l’autorizzazione quando si tratta di
acquisti di mobili necessari per l’uso del minore:art.374 n.1 anche nel caso di
minore soggetto a potestà.
2) assunzione di obbligazioni: l’art.374 n.2 richiede l’autorizzazione per poter
assumere obbligazioni salvo che riguardino le spese necessarie per il
mantenimento del minore; espressione
non ripetuta dal 320 perché il genitore
esercente la potestà è usufruttuario ex lege.
Non dimentichiamo che le spese per il mantenimento del minore fan parte degli
atti di ordinaria amministrazione e per ciò sono poste a suo carico.
RICORDA: L’elencazione degli atti per i quali si richiede l’autorizzazione ai
sensi dell’art.374 è meramente esemplificativa;mentre è tassativa per gli atti
per i quali non è richiesta l’autorizzazione(vedi Cassazione ‘71/71)
CASISTICA
Vendite e acquisti
Nell’autorizzare la vendita il giudice deve:
- fissare il prezzo minimo: a tal fine allega al ricorso una perizia
giurata di stima
- stabilire
le
relative
modalità:
all’incanto
o
trattativa
privata.(art.733 c.p.c.)
- stabilire il reimpiego del prezzo.(art.376 c.c.)
Nell’autorizzare l’acquisto il giudice deve:
- fissare il prezzo massimo
- autorizzare la riscossione della somma necessaria
Se
il
pagamento
è
eseguito
con
cambiali
o
assegni
bancari
occorre
l’autorizzazione del giudice tutelare ex. art. 10 r.d. 1669/33 e art.13 r.d.
1736/33.
Se occorre effettuare la riscossione di capitali, depositati o investiti,è
necessario ricorrere con l’autorizzazione ai sensi dell’artt.320 4 comma,374 n.
2.
Quindi in definitiva, nello stesso ricorso si chiederà al giudice tutelare:
1) l’autorizzazione alla riscossione o all’obbligazione cambiaria.
2) l’autorizzazione all’acquisto.
Formula:
“…previa la riscossione(320 comma 4,374 n.2)della somma di .. depositata in
libretto di deposito nominativo (con vincolo pupillare se è minore)intestato a
.. (l’incapace) n. .. presso la banca .. filiale n. .. in .. via ..,la somma
“pervenuta all’incapace a seguito di varie liberalità manuali di modico valore
da parenti e amici in occasione di festività e ricorrenze” (non parlare mai di
donazioni che richiedono sempre l’atto pubblico).
Acquisto di immobile con denaro dato dai genitori:
diverse sono le fattispecie che nel caso concreto possono prospettarsi:
9
1) donazione diretta del denaro e successivo acquisto immobiliare:
- per la donazione: accetta e richiede l’autorizzazione il curatore speciale
debitamente nominato dal Giudice Tutelare (c’è infatti secondo Cass.
conflitto d’interessi); l’autorizzazione sarà rilasciata dal Giudice tutelare
ai sensi dell’art.374 cod.civ e non 320 cod.civ.
- per l’atto di acquisto: l’autorizzazione sarà richiesta dai genitori
secondo le regole ordinarie dell’art.320 c.c. e quindi rilasciata dal Giudice
tutelare
2)donazione indiretta dell’immobile tramite intestazione del bene al figlio.
In tal caso sembra preferibile aderire alla tesi dell’unica autorizzazione
richiesta dai genitori al Giudice tutelare; la norma infatti che richiede
l’autorizzazione ad accettare le donazioni dovrebbe ritenersi applicabile
esclusivamente a quelle dirette.
3)contratto a favore del terzo (il figlio) ex art.1411 c.c.:
anche in tal caso l’autorizzazione è unica e potrà essere richiesta direttamente
dai genitori non essendo configurabile alcun conflitto d’interessi; ovviamente
il provvedimento che si richiederà sarà volto ad assentire alla dichiarazione di
voler profittare ex art.1411 c.c.
Reimpiego:
- definizione: riutilizzo dei proventi economici derivanti da un precedente atto
giuridico.
- ambito applicativo: soprattutto in materia di vendita; in tal caso la relativa
disciplina prevede il deposito del prezzo presso una banca,oppure semplicemente
il reimpiego del ricavato ai sensi dell’art.376 cc con responsabilità a carico
di colui che è stato incaricato alla vendita dal tribunale.
- norme di riferimento: artt.54,320,372,376,394,694 c.c., e 748 cpc.
- modalità: - per tutela/interdizione: stabilite dall’art.372 ( non si tratta
peraltro di modalità tassative, in quanto vi è la possibilità per il giudice di
disporre diversamente ex u.c. di detta norma);
- per minori sotto potestà:manca al riguardo una norma specifica.
La dottrina prevalente ritiene che il giudice possa in tal caso stabilire
qualsiasi modalità di reimpiego non essendo applicabile la predetta disposizione
per analogia, anche se nel caso concreto il giudice farà riferimento a quanto
ivi previsto.
ATTENZIONE: Non bisogna confondere l’obbligo posto a carico del rappresentante
legale di depositare il prezzo ricevuto in un libretto di deposito nominativo,o
comunque presso un istituto di credito,con il “reimpiego” ex art.372 (collegato
agli artt.37 cc e 748 cpc);qui non siamo nella fattispecie per la quale è
richiesta
l’autorizzazione.
Si
tratta
semplicemente
di
un
atto
di
conservazione,ovvero di un atto di ordinaria amministrazione(ad esempio vedi
l’art.369 deposito di titoli e valori).
- soggetti obbligati: il giudice può far gravare l’obbligo del reimpiego sia
sull’acquirente, sia sul legale rappresentante che infine sul notaio; potrà
disporre altresì il rispetto del reimpiego quale condizione sospensiva dell’atto
o di efficacia del pagamento. Quindi:
- se soggetto sul quale incombe l’obbligo non vi adempie sarà responsabile
verso l’incapace per il risarcimento del danno secondo le regole ordinarie.
- Se il reimpiego sia stato indicato come condizione sospensiva dell’atto
quest’ultimo non produrrà effetto fintanto che tale obbligo non sia stato
adempiuto;
Se infine il reimpiego è stato posto quale condizione di efficacia del
pagamento,in caso di mancato rispetto dell’obbligo il solvens può essere
costretto ad effettuare un nuovo atto di adempimento.
Formula:
- .......
- autorizzare…(il signor...) a riscuotere il prezzo della vendita e obbligare il
medesimo al reimpiego della somma per…(es. l’acquisto di…, la ristrutturazione
di…, il pagamento di…) ordinando che temporaneamente la somma venga depositata
presso la Banca…di…filiale… in un libretto nominativo con vincolo pupillare.
10
Contratto preliminare
In relazione al contratto preliminare bisogna distinguere quello in genere da
quello di vendita; in particolare:
- preliminare in genere: l’autorizzazione sarà data sempre dal giudice
tutelare poiché esso comporta esclusivamente assunzione di obbligazioni
(artt.320,374).
- Preliminare di vendita: in relazione ad esso le cose si complicano un
poco; sono presenti due teorie:
t1)parte della dottrina ritiene comunque applicabile l’art.374 n.2 con
competenza quindi del giudice tutelare.
T2)la dottrina prevalente e preferibile ritiene invece applicabile l’art.
375 n.1(alienazione dei beni)perché il preliminare di vendita, quale atto
di 2°grado, accessorio, comporta il rischio di una sentenza costitutiva
che produca il trasferimento del bene. (art.2932).
Permuta
Parte della dottrina sostiene che sia necessaria una sola autorizzazione ex
art.375 poiché prevarrebbe l’aspetto alienativo.
Secondo altri sarebbe necessaria una doppia autorizzazione in quanto trattasi ad
un tempo sia alienazione che acquisto.
Si pensi al minore proprietario di un terreno,il quale vuole permutare in toto i
millesimi del medesimo in cambio di un appartamento da costruire mediante un
contratto di appalto(permuta di dare contro facere)e divisione(perché il
fabbricato da costruirsi oggetto del contratto sarà in comproprietà).
Nella pratica alla bozza del contratto si allegheranno i seguenti documenti:
a) l’ultimo bilancio di esercizio della società costruttrice al fine di
garantire la massima serietà;
b) lettera alla banca con tutte le modalità e i termini della fideiussione
da rilasciare;oppure
c) bozza dell’atto di concessione d’ipoteca da iscriversi
entrambi, in regime di alternatività, a garanzia della puntuale esecuzione
dei lavori di costruzione
Ricorda: ora per gli immobili da costruire( D.lgs.122/05) sussiste la necessità
di determinare quando l’edificio s’intende venuto ad esistenza; in particolare
fai coincidere tale momento con il rilascio dell’abitabilità.
Mutuo:
Il contratto di mutuo è sempre un atto di straordinaria amministrazione; in
particolare:
a) ATTIVO: - gratuito: non consentito; è atto di alienazione senza
corrispettivo (gli interessi)
oneroso:
è
richiesta
l’autorizzazione
ex.
art.372
n.3(investimento di capitali);
b) PASSIVO: - gratuito: autorizzazione per gli acquisti di atti gratuiti
- oneroso: si applicherà l’art.374,perché vi è sempre il
rischio dell’impiego non razionale del denaro,e l’obbligo di restituzione.
Problema:è obbligatoria l’autorizzazione anche quando il mutuo è richiesto per
spese necessarie per il mantenimento del minore?
La dottrina prevalente sostiene la negativa tanto in materia di tutela quanto in
materia di potestà poiché trova applicazione l’art.374 n.2.
Altri ritengono invece necessaria l’autorizzazione in ogni caso poiché la norma
de qua potrebbe essere applicata solo nel caso in cui l’obbligazione da
contrarre avesse essa stessa la funzione di assolvere direttamente ai bisogni
dell’incapace e non fosse invece funzionale a procurare i mezzi per soddisfare
i bisogni stessi; sarebbe cioè necessario un nesso diretto tra atto e bisogno.
Altri infine ritengono evitabile l’autorizzazione nel solo caso in cui
l’obbligazione sia destinata ad essere soddisfatta mediante l’impiego delle sole
rendite.
11
Problema: in caso di mutuo ipotecario quante e quali autorizzazioni sono
richieste?
La dottrina prevalente ritiene siano necessarie DUE separate autorizzazioni e
cioè una per il mutuo ( ex art.374) ed una per l’ipoteca (ex art.375 n.2); non
dobbiamo dimenticare infatti che- come sopra ricordato- la competenza in
volontaria giurisdizione è inderogabile(art.28 cpc)
Secondo l’opinione del Santarcangelo siamo di fronte invece a due negozi tra
loro collegati essendo l’affare unico e pertanto l’esame dello stesso dovrà
essere necessariamente unitario e quindi affidato al giudice superiore cioè il
Tribunale ordinario).
Nella pratica in atto verranno menzionati tutti una serie di elementi tra i
quali si ricorda il tasso d’interesse fisso in termini percentuali ,il numero
delle rate semestrali etc...
Problema: in caso di mutuo per dei lavori di appalto,ad es. per restaurare una
casa,l’autorizzazione
è
quella
prevista
dall’art.374
n.2;in
particolare
l’autorizzazione è rilasciata dal giudice tutelare,che dispone circa le modalità
del reimpiego ex art.372 n.4(è lo stesso giudice tutelare), quindi si avrà un
unico ricorso ex art.374 n.2 per il mutuo e ex art.372 n.4 per l’appalto.
IPOTECA
Bisogna distinguere:
a)
concessione: è sempre atto di straordinaria amministrazione e quindi
sempre autorizzato;
b)
acquisto: è atto di ordinaria amm.ne (rafforza il credito) salvo che
sia dato un corrispettivo;
c)
rinuncia all’ipoteca legale: è possibile solo se il prezzo è stato
interamente pagato,altrimenti è possibile solo se onerosa.
d)
consenso alla cancellazione,anche se il debito è estinto,è sempre un
atto di straordinaria amministrazione. Se la causa estintiva è
dichiarata nulla o non sussiste ovvero è nulla la rinuncia del
creditore,si può procedere a nuova iscrizione la quale prenderà grado
dalla sua nuova data d’iscrizione(art.2881),es. assegno scoperto.
e)
atti dispositivi del grado: sono di ordinaria amm.ne se l’incapace si
avvantaggia e sono a titolo gratuito; in ogni altro caso si
considerano di straordinaria amm.ne.
OBBLIGAZIONI CAMBIARIE:
Per le obbligazioni cambiarie è sempre necessaria l’autorizzazione per i rischi
che comporta il rilascio stesso delle cambiali(salvo che non siano rilasciate
per l’esercizio di un’impresa);competente è il giudice tutelare ex art. 10 legge
cambiaria.
DIVISIONE:
Bisogna distinguere:
a) negoziale: è sempre di straordinaria amministrazione;il rischio è
quello di un errore nella conversione della pars quota in pars quanta.
b) giudiziale: è di straordinaria amministrazione solo se è promossa
dall’incapace (art.374 n.5),altrimenti è di ordinaria amministrazione.
Conguagli: poiché essi sono considerati,ai fini fiscali,dei trasferimenti ovvero
atti privi di natura dichiarativa anche se sono di minima rilevanza sarà
necessaria l’autorizzazione sia per la divisione,che per l’alienazione(artt.747
cpc o 320 cc); ricorda di fare molta attenzione all’art.323 c.c. “atti vietati
ai genitori”.
Si ricorda la sentenza 165/90.
Deferimento operazioni divisionali al notaio:
Nel caso di divisione convenzionale esso avverrà col necessario consenso di
tutti i coeredi ex art.730 c.c., mentre qualora si tratti di divisione
giudiziale il notaio sarà delegato a norma dell’art.786 e ss cpc.
In particolare il notaio dovrà redigere un progetto di divisione con
l’assistenza di un esperto ex.art.194 disp. di att.cpc. che verrà trasmesso al
giudice istruttore che potrà poi dichiararlo esecutivo.
12
Ricorda che non si avrà conflitto di interessi se i condividenti riceveranno il
bene che rimarrà in comunione pro-indiviso tra loro(es. padre e figlio,nella
divisione di beni del nonno);si avrà semplicemente convergenza di interessi.
Iter procedimentale in caso di divisione ereditaria:
1)redazione dell’inventario: da esso risultano chiaramente le attività e
le passività ereditarie,immobili,mobili,titoli e valori
2)redazione delle perizie (attuali)sui singoli beni oggetto di divisione
3)redazione del progetto di divisione dal quale emerga la corrispondenza
della pars quota alla pars quanta
4)redazione del ricorso di volontaria giurisdizione volto ad ottenere la
relativa autorizzazione
5)allegazione dei documenti 1+2+3 al redatto ricorso
In caso di divisione ordinaria l’iter sarà lo stesso con la sola esclusione
della redazione dell’inventario e della sua relativa allegazione (p.ti 1+5).
In ogni caso è comunque importante far emergere dal ricorso i seguenti elementi:
- il valore globale del patrimonio da dividere;
- la corrispondenza della pars quota alla pars quanta
- la necessità o la evidente utilità: in tal caso è per tutti(una più facile
circolazione dei beni,art.1111,anche per creditori e legatari).
Appalto:
è un’assunzione di obbligazione
n.2
e andrà quindi autorizzato ex artt.320 e 374
Locazione:
Bisogna distinguere tra:
- infranovennale: è un atto di ordinaria amministrazione,ma è concluso
congiuntamente da entrambi i coniugi,art.320 comma 1.
- ultranovennale: è atto di straordinaria amministrazione (art.320 co3 e 374
n4); è altresì di straordinaria amm.ne se si prolunga oltre un anno dopo
la maggiore età del figlio,(374 n.4)
Problema: l’art.374 n.4, nella parte relativa alla locazione che si prolunga
oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età,si applica anche in
materia di potestà?
Autorevole dottrina(Capozzi) sostiene la positiva;si propende viceversa per
l’inapplicabilità della detta disposizione e ciò per la specificità della norma
dettata in materia di potestà, ove si fa esclusivo riferimento alla locazione
ultranovennale.
Problema: l’autorizzazione è richiesta anche per le locazioni infranovennali con
proroga automatica oltre il novennio?
Parte della dottrina sostiene di si adducendo in caso contrario una facile
elusione della normativa.
La dottrina prevalente e la giurisprudenza della Cassazione sostengono invece la
negativa;
illuminante
è
a
tal
proposito
Cass.30
gennaio
1982
n.599:”.....locazioni ultranovennali sono soltanto quelle stipulate inizialmente
per un periodo superiore ai nove anni......(omissis)..occorre aver riguardo alla
volontà originaria delle parti e non alla potenziale maggior durata del
contratto.....(omissis)”
Affitto d’azienda:
è sempre atto di straordinaria amministrazione anche se infranovennale, perché
ricorrono i rischi di riduzione dell’avviamento,la possibile vendita dei beni
aziendali.
Quanto al giudice competente,la tesi prevalente ritiene sia il Tribunale ex
art.375, mentre altra tesi ritiene sufficiente l’autorizzazione del giudice
tutelare ex art.374 n.4,oppure 371 n.3.
Riscossione dei capitali
L’autorizzazione è data sempre dal giudice tutelare ex artt.320 comma quarto e
374 n.2.;esempio classico è quello della liquidazione di una quota o di azioni
societarie.
13
L’accettazione di donazioni o legati:
bisogna distinguere:
- soggetti a pesi o condizioni: nulla quaestio, sarà necessaria in ogni caso
(potestà e tutela)l’autorizzazione;
- non soggetti a pesi e condizioni: parte della dottrina sostiene che in tal
caso l’autorizzazione sia obbligatoria solo in materia di potestà e non di
tutela stante il fatto che l’art.374 ne limita la necessità ai soli casi
di eredità e legati gravati da pesi e condizioni.
La dottrina nettamente prevalente ritiene al contrario che sia sempre
necessaria l’autorizzazione anche se legittimato all’accettazione sia il
tutore; ciò in quanto sussisterebbe un difetto di coordinamento tra
l’art.320 e l’art.374 dovuto alla modifica solo del primo apportata con la
riforma del diritto di famiglia(lex.151/75).
Legittimazione processuale
Bisogna distinguere:
- passiva: è di ordinaria amministrazione
- attiva: è di straordinaria amministrazione e quindi necessita di una
autorizzazione art. 374 n.5 per evitare eventuali liti pretestuose o
infondate.
Compromessi e transazioni:
bisogna distinguere:
potestà: l’autorizzazione è richiesta solo in caso di transazione relativa
ad atti di straordinaria amm.ne essendo essa negozio accessorio e di
2°grado (art.320 dice testualmente”......transigere o compromettere in
arbitri giudizi relativi a tali atti (di straordinaria amm.ne).....”
Alcuni autori tuttavia, svalutando il dato letterale, sostengono che
anche in materia di potestà l’autorizzazione sia sempre necessaria per
gli effetti che essa produce.
Altri infine sostengono la necessità di valutare non solo la natura
del rapporto coinvolto ma anche il contenuto della transazione, sicchè
anche qualora essa sia relativa ad un atto di ordinaria amm.ne dovrà
richiedersi ugualmente l’autorizzazione qualora il rapporto traente
origine dalla stessa rientri nella straordinaria amm.ne.
tutela: l’art.375 n.4 richiede l’autorizzazione in ogni caso senza
distinguere l’oggetto della transazione; stessa regola vale anche per
emancipati ed inabilitati (artt.394 e 424).
Problema: cosa succede se si tratta di transazione complessa o novativa?
In tal caso sarà necessaria l’autorizzazione se è lo stesso rapporto prodotto
richiederlo, e ciò anche qualora ci si trovi in materia di potestà.
a
Problema: cosa succede se si deve inserire una clausola compromissoria in atto?
Trattasi di clausole con le quali si deferiscono le liti future ad arbitri.
In tali casi è sempre necessaria l‘autorizzazione poiché l’atto è molto
rischioso; infatti si tratta di sottrazione di cause alla competenza del
tribunale.( artt.320 comma 3 e 375 n.4)
CAPITOLO TERZO
14
Il conflitto interessi
1. Definizione: situazione che si determina quando il rappresentante (legale o
volontario) è portatore di un interesse duplice e contrastante con quello del
rappresentato;
DUPLICE: cioè da un lato quello del rappresentato e dall’altro quello proprio o
di terzi
CONTRASTANTE: di modo che non possa realizzare l’uno senza ledere l’altro.
2. Caratteristiche:
- incompatibilità: come sopra evidenziato gli interessi devono, per essere
rilevanti, tra loro confliggenti.
- Attualità: il conflitto deve essere presente al momento del compimento
dell’atto, essendo irrilevante che esso sopraggiunga successivamente; deve
tuttavia evidenziarsi come parte della dottrina abbia sostenuto la
rilevanza di un conflitto meramente potenziale.
Patrimonialità: dopo la riforma del diritto di famiglia si è aggiunta
all’art.320 ultimo comma l’espressione “interessi patrimoniali”;non rileva
più quindi il conflitto semplicemente morale(si pensi alla divisione tra un
figlio maggiorenne ed un figlio sotto potestà,qui i genitori non saranno in
conflitto).
- Pregiudizio: può essere sia attuale (sussistente quindi al momento
dell’atto) sia potenziale (cioè in itinere).
3. Effetti:
Il titolare dell’ufficio deve astenersi dal compimento dell’atto.
L’atto eventualmente compiuto è annullabile(v. artt.322-3777-396 c.c. in
relazione all’art. 320 u.c.-360-394 c.c.)
Se il conflitto riguarda uno dei titolari dell’ufficio la legittimazione sarà
data:
- al titolare non in conflitto
- all’organo vicario(protutore nel caso di tutela)
in mancanza si provvederà alla nomina di un CURATORE SPECIALE, che sarà:
- RAPPRESENTANTE:se il conflitto sorge tra rappresentante legale e rappresentato
- ASSISTENTE:se sorge tra curatore e assistito parzialmente capace(emancipato/
inabilitato)
4. Tipologie:
-
-
-
diretto: quando sussiste tra rappresentante e rappresentato; tipico è il
caso della divisione di un bene in comunione tra genitori e figli.
Indiretto: quando sussiste tra rappresentato e persona diversa dal
rappresentante al quale però quest’ultimo sia legato da vincoli di
affezione o di affari tali da far presumere una sua parzialità.
Tipico caso di conflitto indiretto si ha quando il padre è socio ed
amministratore di una società e vuole vendere un bene della stessa al
proprio figlio minore;in tal caso interverrà in atto solo la madre.
Patrimoniale: è ormai l’unico espressamente riconosciuto e ritenuto
rilevante dal legislatore (art.320 c.c. nella parte in cui parla
espressamente di conflitto di interessi patrimoniali.
Morale: mentre prima della riforma del diritto di famiglia si riteneva
rilevante anche tale tipologia di conflitto, dopo tale innovazione, come
sopra evidenziato, tale fattispecie può ritenersi totalmente espunta dal
nostro ordinamento.
15
Problema: chi concede l’autorizzazione al curatore speciale nominato in caso di
conflitto di interessi in luogo dei genitori?
Parte minoritaria della dottrina sostiene che si applichi pur sempre l’art.320 in
quanto il curatore sarebbe un sostituto dei genitori.
La dottrina prevalente e preferibile sostiene l’applicabilità delle norme sulla
tutela ex artt.374-375 e non sulla potestà,perché queste si utilizzano solo
quando il rappresentante è un soggetto legato con il rappresentato da vincoli di
sangue(conferma ne sono gli artt.356 e 394 c.c.).
Problema: in caso di divisione beni in comunione tra genitori e figli c’è
conflitto di interessi?
Bisogna distinguere due ipotesi:
a) il bene è in comunione tra genitori figli e terzi:
in tale ipotesi bisogna ulteriormente distinguere a seconda che: - il bene
rimanga in comunione tra i figli e genitori( vi sia cioè uno stralcio
divisionale a favore del terzo): in tal caso vi è convergenza e non
divergenza di interessi
- il bene venga diviso anche relativamente alle quote dei genitori e figli:
in tal caso il conflitto è in re ipsa in quanto la divisione potrebbe
essere iniqua.
b) il bene è in comunione solo tra genitori e figli: anche in tal caso il
conflitto è in re ipsa.
Problema: in caso di conflitto di interessi di un solo genitore chi è
legittimato a presentare il ricorso di volontaria giurisdizione?
Ad esempio,nell’ipotesi in cui un bene si trovi in comunione padre-figlio perché
è stato donato dal nonno,il bene è di tipo personale ex art. 179 lett. b),quindi
sarà in conflitto di interessi solo il padre.
Ci si chiede chi sia il soggetto legittimato a chiedere il ricorso per la
divisione:questo potrà esser presentato solo dalla madre;poi il ricorso per una
successiva vendita potrà esser richiesto da entrambi i genitori.
Problema: nel caso entrambi i rappresentanti legali siano in conflitto
d’interessi?
La soluzione è offerta dall’ultimo comma dell’art.320 cod.civ.; i genitori ( e
non il notaio)chiederanno al giudice Tutelare la nomina di un curatore speciale
e poi quest’ultimo, valutata la necessità od utilità evidente dell’operazione,
chiederà la necessaria autorizzazione al giudice competente(ricorda che si
applicano gli artt.374/5 e non l’art.320 cod.civ.)
Il curatore speciale può assumere la duplice configurazione di:
a)curatore rappresentante: se si tratta di minori o interdetti;
b) curatore assistente: se si tratta di emancipati o inabilitati.
5. Donazione dal padre al figlio minore.
La fattispecie è quella del genitore che dona un proprio bene personale al
figlio;
bisogna
vedere
in
tal
caso
chi
si
il
soggetto
legittimato
all’accettazione e quali siano le autorizzazioni da richiedere.
Al riguardo diverse sono state le teorie formulate:
1) teoria
dell’auto-contratto:
una
dottrina,
muovendo
dalla
considerazione che nella donazione non sussiste conflitto d’interessi
bensì convergenza degli stessi, sostiene che nella fattispecie de qua
la donazione possa essere accettata dallo stesso genitore donante;
infatti secondo tale tesi sarebbe applicabile l’art.1395 cod.civ.
nella parte in cui esclude l’annullabilità dell’atto nel caso di
autocontratto concluso in assenza di conflitto d’interessi.
2) Teoria
dell’impedimento
giuridico:
altra
parte
della
dottrina(Mazzacane,Januzzi,Santarcangelo)sostiene
che
nel
caso
prospettato sussista- in relazione al genitore donante- non un
conflitto d’interessi bensì un impedimento di carattere giuridico
16
3)
4)
derivante dall’imprescindibile dualismo dei centri d’interesse in
materia contrattuale; nel caso specifico pertanto accetterà soltanto
la madre, mentre il padre ne sarebbe impedito(art.317),
Teoria del conflitto d’interessi del donante: altri sostengono la
sussistenza nel caso in esame di una situazione di conflitto
d’interessi relativamente al padre; l’atto di accettazione spetterà
pertanto alla madre ai sensi dell’ultimo comma dell’art.320 cod.civ.
Teoria del conflitto d’interessi di entrambi i genitori: tale tesi è
stata autorevolmente sostenuta da una non recente sentenza della
Cassazione (Cass.19 gennaio 1981 n.439); in detta decisione il Supremo
Collegio ritiene vi sia conflitto di interessi anche nei confronti del
genitore
non
donante(nel
nostro
caso
la
madre)
richiedendo
conseguentemente la nomina di un curatore speciale ex art.320 ultimo
comma.
La ratio è evidente:il donante gode del diritto agli alimenti a cui è
tenuto il donatario in primis ex. art. 437, per ciò anche il genitore
non donante è in conflitto d’interesse perché è persona obbligata a
prestare gli alimenti ex. 433.
Quindi per entrambi c’è un conflitto d’interesse.
Invero,bisogna ricordare che da un lato gli alimenti sono concessi
solo se c’è
uno stato di bisogno e dall’altro che detto stato è
meramente futuro ed incerto sicché il pregiudizio al momento del
compimento dell’atto è solo potenziale; il conflitto invece è
attuale,perché stante queste premesse la valutazione dell’altro
coniuge non potrà essere imparziale e obiettiva.
Problema:cosa succede nel caso di atto compiuto da entrambi i genitori, ma solo
uno di essi era in conflitto interessi?
La dottrina prevalente applica l’art.1394 ritenendo l’atto annullabile entro 5
anni su sola domanda del rappresentato(il minore)ed a condizione che il
conflitto fosse conosciuto o conoscibile dal terzo.
Altra dottrina (Santarcangelo)ritiene
applicabile nel caso de quo l’art.742
c.p.c. e quindi fa salvi i diritti dei terzi acquistati in buona fede.
Problema: cosa succede se l’atto è stato compiuto dal curatore,nel caso in cui
mancasse il conflitto?
La dottrina prevalente ritiene l’atto inefficace,ex art.1398,salvo l’eventuale
ratifica,perché siamo di fronte ad un difetto di legittimazione.
Per Santarcangelo opera invece l’art.742 cpc.
CAPITOLO QUARTO
17
Gli incapaci
Prima di addentrarci nell’esame della complessa materia degli incapaci è bene
chiarire cosa debba intendersi per capacità; al riguardo essa può distinguersi
in:
a) capacità giuridica: è la capacità di essere titolare di situazioni
giuridiche attive e passive; essa, ai sensi dell’art.1 cod.civ., si
acquista con la nascita e si perde esclusivamente con la morte.
b) capacità di agire: è la idoneità del soggetto a porre in essere
validamente atti dispositivi della propria sfera giuridica e cioè a
compiere negozi giuridici; essa si acquista, ai sensi dell’art.2
cod.civ. con la maggiore età(diciotto anni);è tuttavia possibile un
acquisto anticipato per effetto dell’emancipazione.
Dal punto di vista qualitativo, la capacità di agire può essere:
- piena: nel caso di soggetto maggiore di età non interdetto od
inabilitato;
- parziale: nel caso di maggiore di età inabilitato o minore emancipato
(anche se autorizzato all’esercizio dell’impresa)
L’incapacità di agire, quale inidoneità del soggetto all’attività negoziale, si
distingue in:
- legale: quella del minore d’età non emancipato
- giudiziale: quella del maggiore d’età che sia stato interdetto od
inabilitato
- naturale: quella del maggiore d’età che, pur non essendo stato interdetto
od inabilitato, sia comunque incapace di intendere e volere.
Il codice civile prende in considerazione maggiormente le prime due ipotesi,
lasciando alla terza una rilevanza tutto sommato residuale; l’incapacità
naturale rileva infatti solo in pochi e determinati casi, quali ad esempio
l’art.591 comma 1 n.3, l’art.428(è prevista l’annullabilità se vi è grave
pregiudizio e malafede), e l’art.1425 c.c.
Le norme che il codice detta per l’incapacità legale non sono poi applicabili a
quella naturale; si pensi alla possibilità di una donazione con nomina di un
curatore ex art.356,se trattasi di minore,o di un interdetto stante il richiamo
dell’art.424;la stessa disciplina non è prevista se trattasi di incapace
naturale,perché non può essere privato dei poteri di amministrazione un soggetto
legalmente capace.
Potestà genitoria
1. Definizione: complesso dei poteri-doveri spettanti ai coniugi per la cura
degli interessi morali e materiali dei propri figli minori.
2. Natura giuridica: ufficio di diritto privato (rappresentativo).
E’ un officium ex lege con connotati pubblicistici regolato, come la tutela, da
norme inderogabili di diritto pubblico.
Il potere conferito è destinato all’assolvimento di un dovere generale.
E’certamente una fattispecie complessa,caratterizzata allo stesso tempo da
poteri-diritti e doveri-obblighi nei confronti dei figli imposti dalla stessa
legge (cosi il pensiero di Bucciante),ma i poteri-diritti sono conferiti dalla
legge proprio al fine di consentire l’adempimento dei doveri.
Ricordiamo che le caratteristiche dell’ufficio di diritto privato sono:
- doverosità della funzione
- derivazione dei poteri direttamente dalla legge
- esercizio in nome proprio
- esercizio nell’interesse altrui
18
3.
Titolarità:
indica
la
spettanza
della
potestà;
riguarda
l’aspetto
cd”statico”.
Essa è attribuita ex lege ad entrambi i genitori, salvo che vi sia stato un
provvedimento di decadenza ex artt.330 e seguenti cod.civ.
Con la riforma del diritto di famiglia è stato infatti introdotto il
c.d.”sistema diarchico” (art.316 comma2) e correlativamente soppresso l’istituto
della patria potestà,ossia la potestà riconosciuta solo al padre,la cui ratio
era quella di dare un indirizzo unitario alla famiglia.
L’unico retaggio del detto istituto è rinvenibile nell’art.316 comma 4, mentre
l’art.643 comma 2 è stato implicitamente abrogato.
4. Esercizio: indica l’effettiva possibilità di attuare concretamente la
potestà; riguarda l’aspetto che potremmo definire “dinamico”.
Normalmente l’esercizio spetta ad entrambi i genitori; tuttavia vi sono dei casi
nei quali la legge prevede che, pur permanendo la titolarità comune, esso spetti
ad uno solo e precisamente:
- nel caso di contrasto insanabile dei genitori ex art.316 u.c. cod.civ
- nel caso di atti urgenti ex art.316 quarto comma cod.civ.
- nel caso di impedimento dell’altro genitore fino a che questo non sia
cessato ex art.317 cod.civ.
- nel caso di genitori separati legalmente ex art.155 comma terzo cod.civ
- nel caso di genitori naturali non conviventi ex art.317 bis cod.civ.
L’esercizio sarà poi esclusivo anche qualora la titolarità assuma la stessa
connotazione, ad esempio per il caso di decadenza dalla potestà.
In relazione alle modalità operative della potestà bisogna distinguere tra due
momenti:
a) la fase deliberativa: essa riguarda la decisione dei genitori di
compiere l’atto nell’interesse del figlio; trattasi di fase ”interna”
alla quale debbono necessariamente partecipare entrambi i genitori.
b) la fase esecutiva: essa riguarda la concreta attuazione della potestà
e cioè il compimento dell’atto precedentemente concordato; essa
rappresenta la cd “fase esterna” e spetta disgiuntamente a ciascun
genitore
nel
caso
di
atti
di
ordinaria
amministrazione
e
congiuntamente per quelli di straordinaria.
Problema: il mancato rispetto della fase deliberativa può incidere sulla
validità od efficacia dell’atto compiuto?
No, in quanto l’eventuale contrasto ha carattere meramente interno.
Trattasi di questione esaminata dalla dottrina soprattutto in relazione ai
genitori separati e naturali, per il cui approfondimento si rinvia oltre al par.
5. Caratteri distintivi rispetto alla rappresentanza volontaria:
diversi
sono
gli
elementi
caratteristici
che
contribuiscono
ad
una
differenziazione tra le due forme di rappresentanza e precisamente:
a) fonte: la legge per quella legale, la volontà privata (procura) nper
quella negoziale
b) funzione: garantire gli interessi dell’incapace per quella legale,
ampliare la sfera giudica del soggetto per quella negoziale
c) contenuto: limitata ai soli interessi patrimoniali quella volontaria,
estesa anche a quelli non patrimoniali quella legale
d) durata: fino al permanere dell’incapacità quella legale, fino a revoca
modifica o conclusione dell’affare quella volontaria
e) contemplatio
domini:
obbligatoria
nel
caso
di
rappresentanza
volontaria,
non
necessaria
in
quella
legale;
essendo
infatti
quest’ultima in forza di legge e non di procura, non è richiesta la
dichiarazione di agire in nome altrui ma solo per conto:in atto basterà
dire .. in qualità di genitore(o tutore) esercente potestà sul minore
..
Nonostante le
l’applicazione
succitate differenze, la dottrina prevalente propende per
alla rappresentanza legale delle norme sulla rappresentanza
19
volontaria in quanto compatibili;ad es. la possibilità di ratificare l’atto
compiuto da un soggetto diverso dal rappresentante legale.
Problema: può il rappresentante legale conferire procura a terzi?
Diverse sono state le tesi in merito alla possibilità del rappresentante legale
di conferire procura ad altri per il compimento di atti di amministrazione
relativi ai beni dell’incapace tutelato:
1)
teoria negativa: parte della dottrina risolve negativamente il
problema muovendo dalla considerazione che diversamente ragionando si
finirebbe per ammettere la possibilità di una delega delle funzioni
da parte del rappresentante legale, cosa non ammissibile essendo la
potestà un obbligo irrinunciabile.
2)
Teoria positiva: altra parte della dottrina ammette invece che il
rappresentante legale possa conferire procura a terzi per il
compimento di atti di amministrazione sui beni dell’incapace; ciò in
quanto essa non costituirebbe un’inammissibile delega ma solo una
modalità di esercizio del potere dovere conferito.
D’altra parte soggetto rappresentato sarebbe non il rappresentante
legale bensì l’incapace il quale, tramite i propri genitori può
compiere qualsiasi tipo di atto esclusi soltanto quelli espressamente
vietati.
Quanto al tipo di procura diverse sono state le soluzioni prospettate e si va da
chi ritiene ammissibile ogni tipo compresa quella generale a chi la ammette solo
per gli atti di ordinaria amministrazione ed a chi infine ritiene percorribile
la strada della sola procura speciale; tale ultima tesi sembra decisamente
preferibile e prevalente nella più recente dottrina.
Quanto poi alle autorizzazioni,esse saranno necessarie soltanto qualora la
procura
sia
relativa
al
compimento
di
un
negozio
di
straordinaria
amministrazione; al riguardo si dovrà operare come segue:a) il rappresentante
legale dovrà chiedere l’autorizzazione al conferimento della procura
c) il nominato procuratore oppure il rappresentante legale dovrà chiedere
l’autorizzazione
all’atto
gestorio
(ricorda
che
si
applicano
gliartt.374/5 e non l’art.320 cod.civ)
In ogni caso, anche qualora si ritenga di aderire alla teoria negatrice, potrà
ugualmente utilizzarsi l’istituto dell’ambasceria o nunciatio; infatti il
nuncius non rientra nella figura del rappresentante poiché mentre quest’ultimo
manifesta una volontà propria con un margine più
o meno ampio
di
discrezionalità, il primo si limita a trasmettere ad altri la volontà del
dichiarante non avendo al riguardo alcuna discrezionalità.
Manca in sostanza relativamente a tale soggetto una vera e propria sostituzione
nella fase decisoria, tipica invece della rappresentanza.
Problema: è applicabile l’art.1395 alla rappresentanza legale?
Bisogna distinguere:
a) rappresentanza legale:
- specifica autorizzazione: no,il rappresentato è incapace
- contenuto predeterminato: si
b) rappresentanza volontaria conferita da genitori:
- specifica autorizzazione: si, è data dai genitori che
soggetti capaci
- contenuto predeterminato:si
Problema: chi esercita la potestà in caso di genitori incapaci?
Bisogna distinguere:
a) uno solo è incapace: si applica l’art.317 cod.civ
l’esercizio spetterà in via esclusiva all’altro.
e
sono
pertanto
20
b) Entrambi incapaci: bisogna distinguere a seconda che siano o meno
emancipati e cioè:
- minori non emancipati: non possono esercitare la potestà e quindi
ciò determinerà l’apertura della tutela ex art.343 cod.civ.
- minori emancipati od inabilitati: gli atti di ordinaria
amministrazione saranno compiuti direttamente da loro, mentre per
quelli di straordinaria sarà necessario l’intervento di un curatore
speciale nominato ed autorizzato ai sensi dell’art.321 cod.civ.
ART.165
(Capacità del minore)- Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di
prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali
sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su di lui o
dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell’articolo 90.
ART.166
(Capacità dell’inabilitato)- Per la validità delle stipulazioni
e delle
donazioni fatte nel contratto di matrimonio dall’inabilitato o da colui contro
il quale è stato promosso giudizio di inabilitazione è necessaria l’assistenza
del curatore già nominato.
Se questi non è ancora stato nominato, si provvede alla nomina di un curatore
speciale.
ART.774
(Capacità di donare)- Non possono fare donazione coloro che non hanno la pienà
capacità di disporre dei propri beni.
E’ tuttavia valida la donazione fatta dal minore e dall’inabilitato nel loro
contratto di matrimonio a norma degli articoli 165 e 166.
Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore emancipato autorizzato
all’esercizio di un’impresa commerciale.
Convenzioni matrimoniali
Principio: “habilis ad nuptias, habilis ad pacta nuptialia”.
Art.165:sono valide le
genitori o dal curatore
I poteri sul minore non
fatto che il soggetto è
convenzioni matrimoniali se il minore è assistito dai
speciale.
sono di rappresentanza, ma di ASSISTENZA, considerato il
limitatamente capace(JANNUZZI).
Non è consentita la stipulazione delle convenzioni matrimoniali senza la
necessaria assistenza(sarebbero annullabili ex art.1425);se invece sono poste in
essere solo dai genitori, sono NULLE.
PRESUPPOSTI PER LA LORO VALIDITA’:
- l’autorizzazione, per contrarre matrimonio, del tribunale dei minorenni
- l’assistenza per il minore
Non è necessario, una volta ottenuta l’autorizzazione a contrarre matrimonio,
alcuna autorizzazione ad negozia (JANNUZZI).
I soggetti tenuti a prestare assistenza sono:
- i genitori esercenti la potestà
- il tutore
- il curatore speciale ex art.90 cc
L’assistenza è attività integrativa della volontà di un altro soggetto richiesta
per la validità della convenzione stessa.
Due volontà si fondono in un unico atto complesso ineguale perché le volontà non
sono equivalenti ma quella del minore è prevalente mentre quella del curatore è
secondaria.
L’orientamento della prassi(a proposito di donazioni obnunziali e fondo
patrimoniale)è quello di ritenere sufficiente l’intervento in atto del minore,
debitamente assistito dai genitori costituenti, ma in realtà non è accettabile
21
perché i genitori non possono essere costituenti e assistenti del minore
costituito; le posizioni giuridiche sono contrapposte poiché l’assistenza non è
una mera presenza o cooperazione, ma una integrazione della volontà altrui.
Né vale obiettare per la donazione obnunziale che si perfezioni senza
l’accettazione, perché ciò non esclude un possibile intervento in atto del
minore incapace.
RIFIUTO DEI GENITORI: se dopo l’autorizzazione i genitori si rifiutano di
assistere il minore, chi nominerà il curatore?
Sarà
sempre
il
tribunale
che
ha
autorizzato
il
matrimonio
chiedendo
l’integrazione determinata dalla nomina del curatore ex art.90.
ART.315
(Doveri del figlio verso i genitori)- Il figlio deve rispettare i genitori e
deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze ed al proprio reddito, al
mantenimento della famiglia finché convive con essa.
L’obbligo
di
contribuzione
previsto
dalla
presente
disposizione
per
l’istruzione,educazione
e
mantenimento
del
figlio,è
giustificato
dalla
convivenza con i genitori,in caso contrario non è dovuto.
Trattasi di un vero e proprio obbligo giuridico che dura oltre la minore età del
figlio fintanto che continui la propria coabitazione con i genitori.
Il figlio contribuisce ai carichi della famiglia anche attraverso l’usufrutto
legale di cui all’art.324 cod.civ che i genitori hanno sui suoi beni esclusi
quelli rientranti nelle categorie indicate; ed è proprio in relazione ad essi
che assume rilevanza la disposizione in commento poiché su tutti gli altri il
vincolo di destinazione è già impresso dall’art.324 citato.
Unica differenza è che l’usufrutto legale è riconosciuto indipendentemente dalla
convivenza.
ART.316
(Esercizio della potestà dei genitori)- Il figlio è soggetto alla potestà dei
genitori sino all’età maggiore o all’emancipazione.
La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei
genitori........
Se sussiste............
Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio.......
Il secondo comma:
la potestà deve essere esercitata di comune accordo da entrambi i genitori, il
che significa che il compimento dell’atto deve necessariamente essere preceduto
da una preventiva fase consultiva tra gli stessi.
Abbiamo visto sopra che il mancato rispetto della previa consultazione non
incide sulla validità dell’atto compiuto, essendo la consultazione una fase a
rilevanza esclusivamente interna; tale rilievo vale ovviamente solo per gli atti
che possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore e non per quelli
di straordinaria amministrazione che richiedono la presenza di entrambi, poiché
per quest’ultimi vale l’annullabilità ex art.322 cod.civ.
Il terzo comma:
in caso di contrasto su questioni particolarmente importanti ciascun genitore
può adire il giudice (Tribunale per i minorenni ex art.38 d.att.cod.civ.)
indicando i provvedimenti che egli ritiene più idonei.
Presupposti applicativi della disposizione sono:
a) esercizio congiunto della potestà: non avrebbe infatti ragione d’essere
qualora le decisioni dovessero essere prese esclusivamente da un solo
genitore
22
b) sussistenza di disaccordo tra i genitori
c) questioni particolarmente importanti
d) questioni specifiche: la norma de qua non potrà trovare applicazione
qualora il disaccordo investa l’intera impostazione e regolamentazione
dell’esercizio della potestà.(Trib.Min.Milano 19 aprile 1977)
Il quarto comma:
in caso di stretta necessità (incombente pericolo per il figlio) il padre può
adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili.
Trattasi di una norma di carattere eccezionale costituente l’ultimo retaggio
della patria potestà;secondo la dottrina prevalente (J,Fin) il provvedimento
così adottato ha carattere definitivo, pur restando impregiudicata la facoltà
della madre di adire il Tribunale per far accertare l’insussistenza dei
presupposti richiesti dalla norma.
Il quinto comma:
Qualora sia investito della questione il giudice opererà come segue:
a) anzitutto proverà a tentare una composizione del dissidio mediante il
suggerimento ai genitori delle determinazioni che ritiene più utili
nell’interesse del figlio e dell’unità familiare; a tal fine dovrà
sentire i genitori ed il figlio se maggiore di quattordici anni.
Trattasi di una soluzione “proposta” dal giudice e non dallo stesso
“imposta”.
b) qualora la conciliazione non riesca il giudice con
decreto conferirà
il potere decisionale per lo specifico affare,al genitore ritenuto più
idoneo.
Ai fini pubblicitari si deve annotare in un capitolo speciale del
registro delle tutele i provvedimenti emanati dal tribunale per i
minorenni(art.51 disp.att. c.c.)
E’ importante notare che il Tribunale si limita solo a designare il genitore più
idoneo attribuendogli la rappresentanza esclusiva
e non lo autorizza al
compimento dell’atto.
Pertanto il genitore una volta designato prima del compimento dell’atto dovrà
provvedere a chiedere le necessarie autorizzazioni pena l’annullabilità ex
art.322 cod.civ.
Si tratta in sostanza di una fattispecie diversa da quella prevista
dall’art.321.
All’art.316 vi è solo il conferimento di poteri al genitore ritenuto più idoneo
per l’atto da compiere;quindi il ricorso ex art.316 non potrà esser esperito dal
notaio,il quale non ha certo la legittimazione.
Tanto nel ricorso per chiedere l’autorizzazione quanto all’atto da stipulare
dovrà essere allegato anche il decreto ex 316 cod.civ.
ART.317
(Impedimento
di
uno
dei
genitori)Nel
caso
di
lontananza,
di
incapacità.........
La potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, di
scioglimento.............
La norma in commento disciplina il caso di impedimento di uno dei genitori
nell’esercizio della potestà; in siffatta ipotesi quest’ultima, pur permanendone
la titolarità in capo ad entrambi,verrà esercitata esclusivamente dal genitore
non impedito.
L’attribuzione dell’esercizio esclusivo avviene ipso iure al verificarsi
dell’evento, non essendo a tal fine necessario alcun provvedimento giudiziale;
parimenti in maniera automatica avviene il ritorno dell’esercizio congiunto
nell’istante in cui l’impedimento cessa.
Vediamo ora le singole ipotesi:
a)impedimento materiale: è il caso della lontananza,della grave infermità, della
detenzione inferiore ai 5 anni(se è maggiore ovvero se trattasi di ergastolo si
ritiene vi sia la perdita della titolarità).
23
b)impedimento giuridico:è il caso dell’ “incapacità” da intendersi sia parziale
che totale ovvero:
- emancipati e inabilitati: il genitore parzialmente capace ha la potestà
solo per atti di ordinaria amministrazione del figlio,mentre per quelli di
straordinaria è impedito con conseguente applicazione dell’ art.317;
- interdetto o minore non emancipato: in tali ipotesi viene a mancare non
solo l’esercizio ma la stessa titolarità della potestà; ne consegue
l’esercizio esclusivo in capo all’altro genitore.
E’importante rilevare che anche l’incapacità naturale può operare come
impedimento di fatto,ma se è duratura e riguarda entrambi i genitori questo
determinerà l’apertura della tutela;
Oltre che giuridico e materiale, l’impedimento può essere:
- temporaneo: in tal caso le conseguenze sono diverse a seconda che esso
colpisca:
un solo genitore:in siffatta ipotesi trova applicazione la norma in esame
e pertanto l’esercizio della potestà spetterà in via esclusiva all’altro
genitore.
Entrambi i genitori: in tal caso si applicherà l’art.321 cod.civ. con
conseguente nomina di curatore speciale e relativa autorizzazione da parte
del Tribunale ordinario.
-
definitivo o stabile: anche in tale ipotesi le conseguenze sono differenti
a seconda che esso riguardi:
un solo genitore:anche qui trova applicazione l’art.317 e pertanto
l’esercizio della potestà spetterà in via esclusiva all’altro genitore
entrambi i genitori:in tal caso si ritiene che sussistano i presupposti
per l’apertura della tutela ex art.343 cod.civ.
Ne consegue in definitiva che:
Art.317 disciplina l’impedimento di uno dei genitori sia temporaneo che
definitivo.
Art.321 disciplina l’impedimento di entrambi di tipo temporaneo o occasionale.
Art.343 disciplina l’impedimento di entrambi di tipo stabile o con un termine
finale incerto.
Dal punto di vista redazionale,nel ricorso per far constare l’impedimento si può
allegare il certificato medico che attesta la grave malattia,o una lettera del
datore di lavoro che dà prova della lontananza per mesi all’estero ..
c)separazione,l’annullamento o il divorzio: in tal caso la norma dispone che,
pur permanendo la titolarità in capo ad entrambi i genitori, l’esercizio è
tuttavia regolato dalla disposizione dell’art.155 cod.civ.
d)assenza o morte presunta: non si tratta di un vero e proprio impedimento ma
semplicemente di una causa di estinzione temporanea o definitiva della potestà.
ART.155
(Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei
genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e
continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da
entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i
parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la
separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con
esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta
prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i
genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i
24
tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando
altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al
mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto,
se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i
genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di
maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla
salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità,
dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo
la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di
ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la
potestà separatamente.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei
genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio
reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno
periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare
considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i
genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun
genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro
parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino
sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia
tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se
intestati a soggetti diversi».
ART. 155-bis
(Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il
giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora
ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario
all’interesse del minore.
Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento
esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice,
se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante,
facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo
comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il
giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della
determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo
ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.
ART.155-ter
(Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli) – I genitori
hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni
concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà
su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità
del contributo.
ART.155-quater
25
(Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) – Il
godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto
dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella
regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale
titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel
caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa
familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento
di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai
sensi dell’articolo 2643.
Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro
coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità
dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati,
ivi compresi quelli economici.
ART.155-quinquies
(Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) – Il giudice, valutate le
circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti
economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa
determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.
Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma
3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le
disposizioni previste in favore dei figli minori.
ART.155-sexies
(Poteri del giudice e ascolto del minore) – Prima dell’emanazione, anche in via
provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere,
ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre,
l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età
inferiore ove capace di discernimento.
Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il
loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155
per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per
raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse
morale e materiale dei figli».
.1 Il sistema previgente: l’art.155 cod.civ., nella sua originaria formulazione,
prevedeva che, salva diversa disposizione del giudice,il coniuge affidatario
avesse l’esercizio esclusivo della potestà sulla prole; disponeva altresì che le
decisioni di maggiore interesse per i figli fossero adottate da entrambi i
coniugi.
Autorevole dottrina (Giorgianni) parlava in tal caso di esercizio differenziato
della potestà,svolta in forma ridotta e affievolita dal genitore non
affidatario.
La norma non brillava per chiarezza e ciò aveva dato luogo ad un copioso
dibattito dottrinario in ordine alla necessità o meno, in relazione agli atti di
straordinaria amministrazione (”decisioni di maggiore interesse” secondo la
formulazione codicistica)della rappresentanza congiunta di entrambi i genitori.
a) teoria della rappresentanza congiunta: secondo tale tesi gli atti de
quo devono essere necessariamente compiuti da entrambi,perché in
relazione ad essi tornerebbero applicabili le regole generali previste
dall’art.320 cod.civ.; i suoi sostenitori ritengono conseguentemente
che l’esercizio esclusivo da parte del coniuge affidatario riguardi
26
soltanto gli atti della vita quotidiana e quindi riconducibili
all’ordinaria amministrazione.
b) Teoria della rappresentanza esclusiva con decisione comune: la dottrina
prevalente (Jannuzzi) ritiene che l’atto possa essere compiuto
esclusivamente dal genitore affidatario perché solo lui possiede la
rappresentanza(fase esterna)del minore, mentre il potere di decidere
sull’attività da compiersi spetta ad entrambi(amministrazione nel suo
aspetto interno);quindi sarà opportuno allegare una lettera di consenso
del genitore non affidatario, o una sua sottoscrizione del ricorso,se
questo non è redatto dal notaio.
c) Teoria della rappresentanza esclusiva senza preventivo obbligo di
deliberazione comune: altra tesi infine ritiene che il genitore
affidatario sia libero di chiedere da solo l’autorizzazione e così
conseguentemente stipulare l’atto,perché la rappresentanza spetta solo
a lui.
Egli pertanto ha soltanto un onere e non certo un
obbligo di
interpellare l’altro genitore per le decisioni più importanti; se non
lo fa o non si attiene a quanto concordato, l’altro genitore potrà
chiedere la
revisione delle disposizioni circa l’affidamento(ex
art.155 ultimo comma).
Si tratta peraltro di un aspetto che ha rilevanza solo interna e non
certo esterna, e quindi con nessuna conseguenza per i terzi.
Dal punto di vista redazionale ed a fini cautelari e tuzioristici, si era soliti
allegare una lettera dalla quale risulti il consenso del coniuge non affidatario
oppure far constare nel ricorso e nell’atto il comune consenso.
Diversi i problemi che nella pratica si erano posti in relazione a determinate
fattispecie; vediamo i principali:
Problema: cosa succede se manca il consenso del coniuge non affidatario?
In tal caso si ritiene doversi applicare l’art.155 comma 3 nella parte in cui
prevede la possibilità per il genitore non affidatario di ricorrere al giudice
qualora ritenga che siano state adottate decisioni pregiudizievoli per il
figlio; non troverà invece applicazione l’art.316.
Quindi la competenza è del tribunale ordinario e non di quello minorile perché
il tribunale ordinario è il giudice della separazione o del divorzio.
Chiara è al riguardo Cass. ‘14360/00:
Problema: cosa succede se il coniuge affidatario decede?
In tal caso l’altro genitore potrà chiedere, ai sensi dell’u.c. dell’art.155
cod.civ, la revisione delle disposizioni circa l’affidamento ed eventualmente
ottenere lui l’esercizio della potestà e dell’amministrazione.
E’ evidente che non ci può essere un automatico “passaggio dei poteri” da un
genitore all’altro.
Problema: cosa succede se il coniuge affidatario è in conflitto di interessi?
Anche in questo caso, analogamente a quanto sopra, si
esclude il passaggio
automatico all’altro genitore perché questi non ha più l’esercizio della
potestà,essendone stato privato a suo tempo.
E’ bene pertanto chiedere la nomina del curatore speciale ex art.320 comma 6,che
potrà anche essere l’altro coniuge.
Problema: se il minore vive con i nonni,ma è stato affidato alla madre,la quale
è separata,qual è il suo domicilio?
La dottrina prevalente ritiene che in tal caso il domicilio del minore sia
quello della madre;altra dottrina,minoritaria, ritiene invece che il minore
abbia in tale ipotesi il domicilio dei nonni perché l’art.45 comma 2 richiede
espressamente la convivenza,e non l’affidamento.
27
.2 Il sistema attuale: il panorama legislativo è notevolmente mutato a seguito
dell’approvazione in data 26 gennaio 2006 del disegno di legge n.3537 con il
quale si modifica l’art.155 e si introducono cinque nuovi articoli (155 bissexies).
Con tale innovazione viene capovolto il previgente sistema in materia di
affidamento in base al quale i figli sono affidati o all'uno o all'altro dei
genitori secondo il prudente apprezzamento del presidente del tribunale o del
giudice o secondo le intese raggiunte dai coniugi.
La nuova disciplina attua il cosiddetto principio della bigenitorialità;
principio peraltro non nuovo in quanto affermatosi da tempo in diversi
ordinamenti europei e soprattutto presente nella Convenzione sui diritti del
fanciullo sottoscritta a New York il 20 novembre 1989, e resa esecutiva in
Italia con la legge n. 176 del 1991.
Conseguentemente, in caso di separazione, i figli saranno affidati come regola
ad entrambi i genitori e, soltanto come eccezione, ad uno di essi quando in tal
senso spinga l'interesse del minore e l'affidamento condiviso determini una
situazione di pregiudizio per il minore stesso.
Quindi, esemplificando:
a) regola base: affidamento condiviso.
In tal caso l’esercizio della potestà spetterà ad entrambi i genitori, in
maniera non dissimile da quanto avviene in caso di genitori non separati;
bisogna distinguere però gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione:
- atti di straordinaria amministrazione:
- deliberazione: congiunta; l’art.155 comma terzo parla di “decisioni
assunte di comune accordo”
- esercizio: congiunto (comma terzo prima parte)
- atti di ordinaria amministrazione: in relazione a tale tipologia di atti la
formulazione della norma pare decisamente infelice stabilendo essa testualmente
che “ limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il
giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente”.
La disposizione sembrerebbe pertanto sancire una disciplina più rigorosa
rispetto a quella prevista dall’art.320 c.c. per i genitori non separati; questi
ultimi possono infatti compiere singolarmente atti di ordinaria amministrazione
sui beni del figlio minore, essendo la rappresentanza congiunta richiesta solo
per quelli di straordinaria amministrazione (salva in ogni caso la deliberazione
congiunta: la cd.fase deliberativa interna).
In caso di separazione sembrerebbe invece che anche gli atti di ordinaria
amministrazione richiedano necessariamente la rappresentanza congiunta di
entrambi i genitori, salva diversa volontà del giudice.
Ad avviso di chi scrive, pare preferibile ritenere che il legislatore con la
disposizione de qua si sia voluto riferire non tanto al compimento dell’atto
(fase esterna) quanto alla sua decisione (fase interna), nel senso che – ferma
restando la possibilità per il singolo genitore di compiere disgiuntamente
l’atto di ordinaria amministrazione – il giudice può attribuire allo stesso
anche il potere di decidere da solo sull’opportunità dello stesso.
Riassumendo:
- deliberazione: congiunta, salvo che il giudice disponga diversamente
- esercizio: disgiunto
b) affidamento ad un solo genitore (art.155 bis)
il giudice disporrà l’affidamento esclusivo nell’ipotesi in cui quello condiviso
risulti contrario all’interesse del minore.
Tale provvedimento potrà essere emanato:
- in sede di separazione
- successivamente alla separazione: quando uno od entrambi i genitori
ricorrano al giudice allegando la sussistenza di un pregiudizio per il
minore causato dalla sussistenza dell’affidamento congiunto.
28
In tal caso l’esercizio della potestà spetterà esclusivamente al coniuge
affidatario; valgono qui le considerazioni ed i risultati raggiunti dalla
dottrina sotto la vigenza della precedente normativa in merito alla fase
deliberativa ed a quella esecutiva.
In particolare:
- ordinaria amministrazione: deliberazione ed esecuzione esclusive del
genitore affidatario.
- straordinaria amministrazione: deliberazione congiunta
esecuzione al solo genitore affidatario
ART.317 bis
(Esercizio della potestà)- Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale
spetta la potestà su di lui.
Se il riconoscimento è fatto.............
Si applicano le disposizioni dell’articolo 316.
Se i genitori non convivono............
Il genitore che
non esercita la
potestà ha il potere di vigilare
sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore.
Il primo comma:
.1 Definizione: figli naturali riconosciuti sono quelli nati da genitori non
uniti in matrimonio e che acquistano tale loro qualità mediante un atto
volontario di riconoscimento da parte di uno od entrambi i genitori ex art.250
cod.civ ovvero per dichiarazione giudiziale ex art.269 cod.civ.
La loro posizione è pressoché parificata a quella dei figli legittimi se si
eccettua la facoltà di commutazione ex artt.537 e 566 cod.civ.;
.2 Natura giuridica: molto discussa è in dottrina la qualificazione giuridica
dell’atto di riconoscimento; alcuni propendono per la natura negoziale, ma
sembra decisamente prevalere la considerazione dello stesso come un atto
giuridico in senso stretto e precisamente una dichiarazione di scienza.
.3 Effetti: si discute se il riconoscimento abbia effetto ex nunc o ex tunc,
ossia dalla nascita; decisamente preferibile pare la tesi della retroattività
stante il fatto che esso si limita ad accertare o dichiarare un fatto già
preesistente e cioè la procreazione.
In ogni caso non bisogna dimenticare che il riconoscimento produce effetti solo
per chi lo effettua.
.4 Pubblicità: la pubblicità del riconoscimento è data dall’annotazione nei
registri dello stato civile ex art.258 comma terzo.
Il secondo comma:
.1 Titolarità della potestà: se il riconoscimento è fatto da un solo genitore la
potestà spetta solo a lui, mentre se è fatto da entrambi spetta a tutti e due.
.2 Esercizio: bisogna distinguere diverse ipotesi a seconda che il figlio sia
stato riconosciuto da entrambi o da uno solo dei genitori;
a)da entrambi:
- conviventi: l’esercizio spetta congiuntamente ad entrambi e si applicherà
l’art.316 cod.civ.
- non conviventi : l’esercizio spetta al genitore con il quale il minore
convive; se non convive con alcuno dei genitori l’esercizio spetta al
genitore che per primo ha fatto il riconoscimento.
- da uno solo: l’esercizio e la titolarità della potestà spettano
esclusivamente al genitore che ha fatto il riconoscimento.
29
ATTENZIONE: è importante non confondere il caso di genitori separati(art.317
comma 2 e art.155)con la fattispecie dei genitori naturali(art.317 bis e 316
comma 2).
Nel primo caso (separati) è necessario il consenso del coniuge non affidatario
per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, tanto nel caso di
affidamento congiunto, quanto in quello di affidamento esclusivo.
Nel secondo caso (figli naturali)invece il consenso del genitore non convivente
non è necessario.
La differenza tra l’art.155 e il 317 bis si individua precisamente nel fatto che
l’art.317 bis ultimo comma riconosce i soli poteri di vigilanza al genitore non
affidatario, ma non è anche richiesto il consenso per le decisioni di maggiore
interesse.
Ne consegue quindi che per il genitore naturale non convivente minori sono i
diritti rispetto al genitore separato non affidatario.
Tutto questo sempre se non vi sia una diversa volontà del giudice,che ad es. può
disporre l’esercizio congiunto della potestà.
I figli incestuosi non sono riconoscibili per legge:i genitori non potranno
esercitare la potestà ma avranno solo un dovere di assistenza anche di tipo
economico.
In tal caso dovrà essere nominato un tutore, salvo che si verifichino gli
effetti
del
matrimonio
putativo
tra
i
genitori
incestuosi
in
buona
fede(art.128).
ART:320
(Rappresentanza ed amministrazione)- I genitori congiuntamente, o quello di essi
che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri
in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria
amministrazione, esclusi quelli...........
Si applicano in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni
concordate, le disposizioni dell’articolo 316.
I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno.............se non
per necessità od utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice
tutelare.
I capitali non possono essere riscossi...........
L’esercizio di una impresa commerciale..........
Se sorge conflitto di interessi patrimoniali.........
Per il primo ed il secondo comma si rinvia a quanto detto sopra ai punti......
Il terzo comma:
è opinione pacifica in dottrina che l’elenco di atti per i quali è necessaria
l’autorizzazione abbia carattere non tassativo ma meramente esemplificativo; la
norma parla infatti di ”altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione ”.
La disposizione richiede la presenza del requisito della:
- necessità: si riferisce agli atti conservativi del patrimonio,es.
ristrutturazione di una casa;oppure della
- utilità evidente: si riferisce all’esistenza di un incremento qualitativo
o quantitativo del patrimonio,ad es. la vendita di un bene ad un prezzo
molto alto.
Competenza: diversamente da quanto accade in materia di tutela, l’autorizzazione
è data qui sempre dal giudice tutelare.
Problema: quale è il giudice competente ad autorizzare l’alienazione di beni
ereditari del minore sotto potestà?
La questione nasce a seguito della riforma del diritto di famiglia intervenuta
con l.151/75 la quale, modificando il comma terzo dell’art.320 ha aggiunto ad
30
esso l’inciso “anche a causa di morte” relativamente agli atti alienativi di
beni dei minori a qualsiasi titolo ad essi pervenuti.
Sinteticamente si può dire che le tesi formatesi al riguardo sono le seguenti:
- teoria della competenza del giudice tutelare: tale tesi sostiene che la
riforma abbia da un lato implicitamente abrogato l’art.747 c.p.c. per
quanto riguarda i minori sotto potestà e dall’altro unificato la normativa
in materia di alienazione dei loro beni.
Problema: non tutela creditori e legatari.
- teoria della doppia autorizzazione: tale tesi muove dalla considerazione
dell’esistenza nella fattispecie de qua di due interessi contrapposti ed
incompatibili destinati ad essere conosciuti e tutelati da giudici
differenti; da un lato quelli dei creditori e legatari che saranno
valutati dal Tribunale ex art.747 c.p.c. e dall’altro quelli del minore
che saranno esaminati dal giudice tutelare.
Problema:aggravio
di
procedura
e
possibilità
di
provvedimenti
contrastanti.
- teoria dell’unica autorizzazione su parere del giudice tutelare: è questa
la teoria più seguita in dottrina e dalla più recente giurisprudenza.
L’unica autorizzazione verrà rilasciata dal Tribunale delle successioni ex
art.747 c.p.c. su parere del giudice tutelare (del luogo di domicilio del
minore).
Vantaggi: consente l’esame di tutti gli interessi coinvolti nella
fattispecie evitando un aggravio della procedura.
L’art.320 cod.civ. troverà applicazione nel momento in cui potrà dirsi
chiusa la cd ”fase ereditaria”.
Chiara è al riguardo è la giurisprudenza:
“La
competenza
ad autorizzare
la vendita di beni immobili ereditati dal
minore
soggetto alla
patria
potesta'
appartiene al
giudice tutelare del
luogo di residenza del minore stesso unicamente per i beni che
si
possono
considerare acquisiti
definitivamente
al patrimonio
di
questi; mentre
appartiene
al
Tribunale del
luogo
dell'apertura
della
successione
allorche'
l'acquisto "iure hereditatis" non sia ancora perfezionato, come
quando penda procedura
di
accettazione con beneficio di inventario - il cui
esaurimento non puo' desumersi esclusivamente dalla circostanza che, al momento
della
richiesta di
autorizzazione,
non
sono ancora
avanzate
pretese
ereditarie sull'asse
ereditario
poiche', in tal caso, l'indagine
del
giudice adito, non e' limitata alla tutela del minore, ma si estende a
quella
degli altri soggetti interessati alla liquidazione
dell'eredita'.
(Cassazione civile sez. II, 27 marzo 1993, n. 3715; in Giust. civ. Mass. 1993,
565)
Problema: è necessaria l’autorizzazione per accettare legati o donazioni non
soggetti a pesi e condizioni a favore di minori sotto potestà?
La questione nasce anche qui a causa della riforma intervenuta con la legge
151/75 cit. poiché mentre essa ha novellato il disposto dell’art.320 comma terzo
eliminando ogni riferimento ai pesi e condizioni relativi ai legati e donazioni
a favore dei minori in potestate, in relazione ai minori sotto tutela ciò non è
avvenuto permanendo pertanto inalterata la formula dell’art.374 n.3 cod.civ.
richiedente l’autorizzazione giudiziale solo in caso di pesi e condizioni alla
liberalità.
Sicché si è venuta a creare una disarmonia nel sistema, in quanto limitandosi al
dato letterale emergerebbe che:
a) per i minori in potestate: l’autorizzazione sarebbe sempre richiesta a
prescindere dal fatto che i lasciti siano sottoposti a pesi e
condizioni;
b) per i minori sotto tutela: l’autorizzazione sarebbe
necessaria solo
per i legati e donazioni gravati da pesi e condizioni.
In relazione ad essa due sono state le tesi proposte:
- teoria dell’applicazione letterale: tale tesi sostiene in buona sostanza
che di fronte ad un dato letterale così chiaro l’interprete non può che
adeguarsi ad esso.
- teoria
dell’interpretazione
estensiva:
tale
tesi
sostiene
che
l’innovazione introdotta nell’art.320 debba valere anche per l’art.374
31
sicché anche per i minori sotto potestà sarà necessaria l’autorizzazione
giudiziale a prescindere dalla sussistenza di pesi e condizioni.
I suoi sostenitori muovono dalla considerazione che per il tutore non si
può certo prevedere una disciplina più favorevole rispetto a quella
prevista per i genitori e ciò
proprio per la mancanza del vincolo di
sangue;conferma ne sarebbe data dagli artt.394 comma terzo e 356 cod.civ.
Il sesto comma: disciplina l’ipotesi del conflitto d’interessi ed è già stato
esaminato in precedenza al punto........
ART.321
(Nomina di un curatore speciale)- In tutti i casi in cui i genitori
congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, non
possono o non vogliono compiere uno o più atti nell’interesse del figlio,
eccedente l’ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del figlio
stesso, del pubblico ministero, o di uno dei parenti che vi abbia interesse,
sentiti i genitori, può nominare al figlio un curatore speciale autorizzandolo
al compimento di tali atti.
Mentre la norma in esame risulta di generalizzata applicazione in tutti i casi
di impedimento dei genitori al compimento di un determinato atto nell’interesse
del figlio, l’art.320 u.c. trova al contrario utilizzo nell’esclusiva ipotesi di
conflitto di interessi tra genitori e figli; ne risulta quindi la specialità
della seconda rispetto alla prima.
Quindi, differenze tra art.320 u.c. e art.321 cod.civ.:
- specialità dell’art.320 rispetto all’art.321
- nell’art.321 il curatore speciale viene contestualmente autorizzato al
compimento dell’atto, mentre nell’art.320 si ha soltanto la nomina del
curatore e poi sarà quest’ultimo a dover chiedere l’autorizzazione al
compimento dell’atto.
- competenza: nell’art.320 spetta al giudice tutelare, mentre nell’art.321
al Tribunale ordinario(secondo la teoria preferibile)
- ius postulandi del notaio: solo nell’art.321, mentre non sussiste nel caso
di applicazione dell’art.320 cod.civ.
Competenza: la norma de qua presenta, in relazione alla competenza, una
formulazione generica limitandosi a parlare di “giudice“; bisogna pertanto fare
riferimento all’art.38 d.att. il quale prevede espressamente la competenza del
Tribunale ordinario ove non sia testualmente indicata una diversa autorità
giudiziaria.
Deve tuttavia menzionarsi anche la disposizione dell’art.45 d.att. c.c.
il qual prevede che “il Tribunale ordinario sia competente per il reclamo
avverso i decreti del giudice tutelare emessi ai sensi degli articoli...321..”
Sembrerebbe pertanto sussistere un conflitto tra norme; in realtà ciò non
avviene in quanto la disposizione da ultimo citata deve ritenersi tacitamente
abrogata per la parte che qui interessa a seguito della riforma introdotta con
la L.151/75 cit.
La competenza spetterà quindi sicuramente al Tribunale Ordinario.
Nello stesso senso è anche la giurisprudenza della Cassazione; si veda in
particolare Cass.13 marzo 1992 n.3079 + Cass.’81
Ricordiamo che se un genitore è in conflitto di interessi e l’altro è
impedito,sarà applicato l’art.321 se l’impedimento è successivo al conflitto di
interessi
altrimenti
l’art.320
ultimo
comma;solo
se
l’impedimento
è
temporaneo,parziale
o
occasionale,ed
è
certo
il
quando
della
fine
dell’impedimento stesso,altrimenti si aprirà la tutela ex art.343.
Alcune eccezioni ai principi generali:
32
-
legittimato al ricorso può esser anche il minore non emancipato;c’è
legittimazione plurima disgiunta.
Discusso se sia necessario che sappia esprimersi,o abbia almeno compiuto i 14
anni,per analogia con l’art.316 comma 5.
2)lo ius postulandi:
per il ricorso alla nomina del curatore in
postulandi ex art.1 legge notarile,perché non
con l’atto da stipulare,salvo che nel caso
nomina del curatore speciale e l’autorizzazione
genere,il notaio non ha lo ius
c’è nessun collegamento diretto
dell’art’art.321 c.c.(perché la
sono contestuali).
Eccezioni di Volontaria Giurisdizione:
l’eccezione più rilevante è quella dello spostamento della competenza del
giudice per connessione.
Infatti normalmente è il giudice tutelare a nominare il curatore speciale e poi
quest’ultimo provvede a chiedere l’autorizzazione al Tribunale; qui invece la
competenza viene attratta tutta nelle mani del giudice superiore.
Trattasi peraltro di fattispecie non nuova, sol che si prenda in considerazione
la disposizione dell’art.376 nella parte relativa al reimpiego; anche qui si ha
un’attrazione della competenza, normalmente spettante al giudice tutelare a
vantaggio del Tribunale in ordine alla fissazione delle modalità del reimpiego
stesso.
Modalità operative:
In ogni ricorso per la nomina di un curatore o tutore, oltre a chiedere la loro
nomina è preferibile anche che si indichi un nome da proporre al giudice.
(Es. ART.321,320 ultimo comma):
“che la S.V Ill.ma voglia nominare un curatore speciale che rappresenti il
minore .. nell’atto di acquisto del bene .. .Si propone la nomina del signor ..
nato a .. il .. e domiciliato a ..”
La norma prevede che obbligatoriamente siano sentiti i genitori:
durante l’istruttoria,art.738 cpc, vi deve essere l’audizione dei genitori;se
manca si ritiene nullo il provvedimento analogamente a quanto avviene in assenza
di parere obbligatorio e non vincolante (ad es. ex art.747 c.p.c.)
Tuttavia se l’autorizzazione risulta nulla,opera l’art.742 cpc, per ciò che
attiene all’apparenza titolata.
Problema: cosa succede se l’impedimento non sussiste e tuttavia è stato nominato
un curatore speciale per la stipula dell’atto? Parte della dottrina ritiene che
in
tal
caso
si
applichi
l’art.742
cpc
(apparenza
titolata);altri(Capozzi)ritengono che l’atto sia annullabile ex art.322,perché
il curatore sarebbe privo del potere di legittimazione.
Come in precedenza già evidenziato, bisogna distinguere tra l’impedimento
parziale e totale, provvisorio o prolungato o incerto.
Impedimento parziale e provvisorio:si applica l’art.321;per quello totale e
prolungato o di durata incerta si applicherà l’art.343.
Se i genitori sono entrambi emancipati,si avrà un unico curatore Tizio.
Quindi in definitiva, come è stato autorevolmente sostenuto (Capozzi) se si
tratta di incapacità totale,es. dei genitori interdetti si applicherà l’art.
343;se l’incapacità è parziale,trattasi di soggetti emancipati o inabilitati per
i quali si applicherà l’art.321.
Ma l’applicazione della norma di cui sopra (art.321)è solo per gli atti di
straordinaria amministrazione sui beni del loro figlio,mentre per quelli di
ordinaria amministrazione i poteri sono di competenza degli emancipati stessi
senza l’assistenza del curatore,art.394 comma 1.
Se trattasi di minori di 17 anni i quali sono gia genitori ma non sono uniti dal
vincolo del matrimonio siamo nella fattispecie di minori non emancipati
33
(applicazione dell’art.343)perché l’incapacità è totale e l’impedimento di tipo
stabile e duraturo.
Problema: in caso di un genitore morto e l’altro interdetto?
In tale ipotesi si applica l’art.343,ossia si provvederà alla nomina del tutore.
Problema: in caso di assenza o morte presunta di entrambi i genitori?
Si applica l’art.343 ma se l’assente ritorna riacquista ipso iure la potestà
genitoria senza necessità di alcun provvedimento;e se il tutore era già stato
autorizzato alla vendita, occorrerà una nuova autorizzazione per il genitore
assente perché trattasi di un soggetto diverso,così come diverso sarà il
giudice.
L’art.322
(Inosservanza delle disposizioni precedenti)- Gli atti compiuti senza osservare
le disposizioni dei precedenti articoli del presente titolo possono essere
annullati su istanza dei genitori esercenti la potestà o del figlio o dei suoi
eredi od aventi causa.
La norma in esame rappresenta un’eccezione ai principi generali in quanto deroga
all’art.1418 cod.civ. il quale prevede quale sanzione generale in caso di
violazione di norme imperative (tali sono quelle in materia di protezione di
incapaci)la nullità dell’atto compiuto.
Qui al contrario viene testualmente prevista la sola annullabilità del negozio
non autorizzato; la ratio di tale scelta legislativa deve essere ravvisata nel
favor per l’incapace perchè l’atto, anche se irregolare, potrebbe essere per lui
vantaggioso.
Pertanto egli od il suo rappresentante legale potranno chiedere:
- l’annullamento dell’atto: in tal caso per la proposizione dell’azione
occorre l’autorizzazione del giudice tutelare; oppure
- l’autorizzazione alla convalida: giudice competente sarà la stessa
autorità che avrebbe dovuto autorizzare ab origine l’atto compiuto.
Rapporto tra art.322 cod.civ – art.1445 cod.civ –art.742 c.p.c:
l’art.322 cod.civ. come visto sancisce l’annullabilità dell’atto compiuto in
violazione delle regole prescritte;
l’art.1445
cod.civ
prevede
(argomentando
a
contrario)che
l’annullamento
derivante da incapacità legale travolga i diritti acquistati dai terzi anche se
a titolo oneroso ed in buona fede;
l’art.742 c.p.c fa salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede in forza
di convenzioni anteriori (ed onerose secondo dottrina e giurisprudenza)
Sembrerebbe pertanto sussistere un conflitto tra le due ultime norme citate;
tuttavia tale non è perchè esse trovano un campo di applicazione assolutamente
diverso e precisamente:
- l’art.1445 c.c. opera nel caso in cui l’atto sia inficiato da un vizio
indipendente dal provvedimento, ad esempio nell’ipotesi di negozio
compiuto personalmente dall’incapace;
- l’art.742 c.p.c riguarda invece i vizi relativi al procedimento ed alla
autorizzazione (invalidità o successiva revoca)che inevitabilmente vanno a
ripercuotersi sull’atto.
34
Problema: è valida ed ammissibile la stipula di un atto non previamente
autorizzato e sotto la condizione sospensiva del successivo rilascio di
quest’ultima?
La dottrina prevalente e preferibile propende per la soluzione negativa in
quanto la valutazione dell’atto da parte del giudice non può che avvenire
precedentemente rispetto al suo compimento.
Anche la giurisprudenza si è mostrata incline ad accogliere la soluzione testè
prospettata; si veda al riguardo:
L'autorizzazione del giudice tutelare richiesta dall'art. 320 c.c. per gli
atti eccedenti
l'ordinaria
amministrazione
riguardanti i
minori di
eta',
non e' diretta a conferire efficacia ad un negozio giuridico gia' formato, ma
rappresenta un elemento costitutivo dello stesso, e pertanto deve sussistere al
momento della sua conclusione e non puo' essere supplito da un'autorizzazione
successiva, ancorche' il negozio sfornito di quel requisito di validita'
sia affetto da sola annullabilita', che puo' essere fatta valere solamente
dal genitore o dal figlio o dai suoi eredi o aventi causa.
(Cassazione civile, sez. III, 17 marzo 1990 n. 2235, in Giust. civ. Mass. 1990,
fasc. 3)
Collegamenti: art.377,396,427,1445.
ART.323
(Atti vietati ai genitori)- I genitori esercenti la potestà sui figli non
possono, neppure all’asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per
interposta persona dei beni e dei diritti dl minore.
Gli atti compiuti in violazione del divieto previsto nel comma precedente
possono essere annullati su istanza del figlio o dei suoi eredi od aventi causa.
I genitori esercenti la potestà non possono diventare cessionari di alcuna
ragione o credito verso il minore.
Il primo comma:
Il divieto sancito all’art.323 è assoluto ed insuperabile; esso trova il proprio
fondamento in una situazione particolarmente grave di conflitto di interessi tra
il minore ed i propri genitori.
Il conflitto di interessi è preso in considerazione anche dall’art.320 u.c.
cod.civ. onde appare necessario un raffronto tra le due disposizioni:
a) art.320:
- conflitto superabile mediante rappresentanza dell’altro
genitore ovvero nomina di un curatore speciale
 non c’è un divieto assoluto di compiere l’atto
b) art.323:
- conflitto insuperabile nemmeno con un curatore oppure con
autorizzazione giudiziale
- divieto assoluto di stipulare l’atto; si parla al riguardo di “incapacità
relativa” del genitore verso i figli.
Il terzo comma:
Per “ragione”, secondo la prevalente dottrina, si deve intendere un diritto
litigioso.
Quanto ai crediti non possono essere ceduti singolarmente, mentre si ritiene
ammissibile la cessione di contratti.
Problema: è ammissibile una divisione tra genitori e figli con conguaglio a
favore di questi ultimi?
Il tribunale di Torino con sentenza in data... 1993 ha dato al quesito risposta
negativa,
sostenendo
che
sia
vietata
la
divisione
stragiudiziale
con
conguaglio,se i conguagli sono fatti a favore del minore.
35
E’ il caso ad es. di una comunione ereditaria avente ad oggetto degli immobili e
un’azienda, beni da dividere tra la madre ed il figlio; nel caso in cui
l’azienda valesse più degli immobili,non sarà possibile attribuire l’intera
azienda alla madre e i beni immobili al minore più eventuali conguagli.
Come fare quindi in tal caso?
Le soluzioni concretamente utilizzabili possono essere le seguenti:
a) attribuire gli immobili più un ramo d’azienda al figlio e contestuale
affitto di quest’ultimo alla madre;
b) creare una s.a.s tra madre e figlio;
c) vendere a terzi l’azienda e divisione del denaro così ricavato;
d) operare una divisione a stralcio dei soli immobili e far permanere una
situazione di comunione relativa all’azienda, la quale verrà poi
affittata a terzi estranei.
ART.324
(Usufrutto legale)- I genitori esercenti la potestà hanno in comune l’usufrutto
dei beni del figlio.
I
frutti
percepiti
sono
destinati
al
mantenimento
della
famiglia
e
all’istruzione ed educazione dei figli.
Non sono soggetti ad usufrutto legale:
1)i beni........
2)i beni donati o lasciati.......
3)i beni donati o lasciati.......
4)i beni pervenuti al figlio per eredità legato o donazione ed accettati
nell’interesse del figlio contro dei genitori esercenti nla potestà. Se solo uno
di essi era favorevole all’accettazione, l’usufrutto legale spetta solo a lui.
Il primo comma:
.1 Definizione: l’usufrutto legale può essere definito come una forma di
contribuzione del figlio al mantenimento della famiglia, basata sul cd.”dovere
di solidarietà familiare”
L’art.324 si ricollega pertanto pienamente all’art.315 ”doveri di contribuzione
del figlio”.
.2 Natura giuridica del diritto: diverse sono state le teorie formulate in
relazione alla natura giuridica dell’istituto in esame.
- Teoria dualista: tale tesi sostiene che dal lato “interno” l’istituto
dovrebbe considerarsi un ufficio di diritto privato, mentre da quello
“esterno” un vero e proprio diritto di usufrutto.
- Teoria del diritto reale: tale tesi non opera la distinzione testè
menzionata e propende per la natura unitaria di diritto reale di usufrutto
sia pur con le particolarità che si evidenzieranno tra breve.
- Teoria del diritto personale di godimento.
- Teoria del potere-dovere: sarebbe cioè uno dei poteri-doveri facenti parte
della situazione complessiva derivante dalla potestà; in particolare un
officium di amministrazione dei beni dei figli destinando i frutti al
mantenimento della famiglia e all’istruzione dei figli.
.3 Natura giuridica dei frutti:
essi
costituiscono
un
patrimonio
separato,con
vincolo
di
destinazione
familiare,simile al fondo patrimoniale, specie ex art.324 comma2 e art.326 anche
se diversa è la fonte(Pelosi).
Trattasi in particolare di un patrimonio non suscettibile di esecuzione da parte
creditori
personali
dei
genitori,se
riguardano
scopi
estranei
alla
famiglia(analogia dell’art.326 con l’art.170).
36
.4 Titolarità: ex lege ad entrambi i genitori esercenti la potestà.
In caso di esercizio esclusivo della potestà da parte di un solo genitore
quest’ultimo sarà l’unico titolare dell’usufrutto legale secondo quanto previsto
dall’art.327 cod.civ.
Il terzo comma: contempla le deroghe all’usufrutto legale dal punto di vista
oggettivo e cioè in relazione a determinate categorie di beni; tali deroghe
devono ritenersi tassative.
E’ importante evidenziare che anche sui beni non oggetto di usufrutto legale
sussisterà comunque l’amministrazione ad opera dei genitori.
- il n.1 (beni acquistati con proventi del lavoro del minore): si devono
ritenere esclusi non solo i beni così acquistati, ma anche i proventi
stessi
-
il n.2 (beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera):
è il caso ad esempio di una donazione o lascito con modus ovvero sotto
condizione risolutiva di quella specifica carriera.
La ratio dell’esclusione è rinvenibile da un lato nell’esigenza di favorire la
libera attività del minore e dall’altro nel fatto che si tratta di beni
destinati a ad essere consumati ovvero liquidati al fine di consentire il
raggiungimento dello scopo voluto dal beneficiante.
-
il n.3(beni lasciati a condizione che genitori non ne abbiano l’usufrutto
legale):
La ratio è quella di evitare che il disponente si astenga dal beneficiare il
figlio per avversione contro i genitori.
La dottrina ritiene che i genitori esclusi dall’usufrutto legale non siano
esclusi anche dall’amministrazione se non vi è stata espressa disposizione del
disponente in tal senso(art.356).
In sostanza gli articoli 356 e 324 n.3 sono tra loro indipendenti, nel senso che
l’esclusione
dall’usufrutto
legale
non
implica
necessariamente
quella
dall’amministrazione, così come l’esclusione da quest’ultima non implica quella
dall’usufrutto legale.
Ad esempio, i genitori anche se esclusi dall’usufrutto legale potranno vendere i
frutti di un fondo,e poiché la vendita in questo caso è atto di
ordinaria
amministrazione(art.375 n.1 che essendo più favorevole si applica anche ai
minori sotto potestà),non vi sarà necessità dell’autorizzazione e la vendita
potrà essere eseguita anche disgiuntamente dai genitori.
-
il n.4(beni donati o lasciati,accettati da uno dei due genitori senza il
consenso dell’altro):
la ratio della disposizione è incerta; alcuni ritengono trattarsi di una sorta
di
sanzione
per
un
atto
potenzialmente
dannoso(il
voler
rinunziare)
nell’interesse figlio, altri propendono per la qualificazione in termini di
rinuncia tacita, altri infine sostengono la sussistenza nella fattispecie de qua
di una parziale decadenza della potestà per abuso.
La tesi della sanzione non è accoglibile in quanto l’usufrutto in esame è
attribuito nell’interesse della famiglia e non certo del genitore; del pari
inaccoglibile è la teoria della rinuncia tacita, posto che trattasi di usufrutto
indisponibile ed irrinunciabile.
Non resta quindi che aderire alla teoria della decadenza parziale(Cicu).
Altra deroga all’usufrutto legale è prevista dall’art.465 cod.civ. disciplinante
l’indegnità del genitore; tale norma dispone testualmente che “colui che è
escluso per indegnità dalla successione non ha sui beni della medesima, che
siano devoluti ai suoi figli,i diritti di usufrutto o di amministrazione che la
legge accorda ai genitori”.
A differenza di quanto previsto dall’art.324 qui si ha l’esclusione non solo
dall’usufrutto ma anche dall’amministrazione dei beni; ma ciò nonostante è a lui
che compete accettare o meno la disposizione testamentaria(analogamente a quanto
accade nell’art.356).
37
Problema: cosa accade se il minore succede per rappresentazione al padre
dichiarato indegno verso il nonno che è morto, qualora sia deceduta anche la
madre?
In tal caso, ai sensi dell’art.465 cod.civ. il padre non avrà l’usufrutto
legale,e quindi neppure l’amministrazione sui beni devoluti al figlio;tuttavia
sarà lui a dover accettare l’eredità per il figlio, previa autorizzazione.
Quanto all’amministrazione dei beni così pervenuti al figlio, qualora egli
intenda alienarli il padre non potrà agire non avendo alcun poter di
amministrazione;si renderà pertanto necessaria la nomina di un curatore
speciale.
Secondo alcuni si applica l’art.334,per analogia, perché si tratta di curatoreamministratore
a
tempo
indeterminato;secondo
altri
trova
applicazione
l’art.321,perché non c’è cattiva amministrazione,anche se l’art.321 si applica
quando vi è un impedimento che ha carattere temporaneo o occasionale.
Problema: a chi spettano i frutti in surplus, dopo aver soddisfatto le esigenze
della famiglia?
La questione che si pone è se tali frutti eccedenti le esigenze della famiglia
debbano essere accantonati o possano essere liberamente utilizzati dai genitori.
La cass.’57/58 ha dichiarato che il genitore può far proprio il supero dei
frutti dopo aver soddisfatto l’obbligo del mantenimento della famiglia,compreso
l’obbligo di educazione e istruzione dei figli.
Secondo altra tesi l’usufrutto legale è un potere attribuito nell’interesse
della famiglia;per ciò il genitore ha un obbligo di capitalizzare i frutti
esorbitanti del patrimonio del figlio.
Così, ad esempio, se dopo qualche anno le rendite del minore siano consistenti,e
i genitori con quelle rendite vogliono acquistare una casa,da intestare a loro e
all’altro figlio(art.1411 o art.1180)possono farlo,perché un vero e proprio
obbligo si ha solo per il coniuge passato a nuove nozze,che secondo l’art.328
“deve accantonare in favore del figlio per ciò che eccede i bisogni famiglia”.
In buona sostanza: la libera disponibilità è la regola (art.324)mentre l’obbligo
di accantonamento è l’eccezione
Collegamenti: artt.144,315,327.
La ratio dell’istituto è quello di tutelare il preminente interesse della
famiglia(art.144).
Si individua un contributo del figlio per il mantenimento della famiglia ma
mentre nell’art.315 è fatto obbligo ai figli,se e perché convivono con i
genitori,all’art.324
spetta
ai
genitori
indipendentemente
dalla
convivenza(opinione dottrinaria).
.4 Differenze con l’usufrutto ordinario(art.978 c.c.):
- ACCESSORIETA’: rispetto alla potestà,manca una propria autonomia, infatti
segue le vicende della prima.
- INSEPARABILITA’:rispetto
al
bene
cui
inerisce.
L’acquisto
avviene
automaticamente per effetto dello stesso da parte del minore della
proprietà di un bene o di altro diritto suscettibile di usufrutto.
Con
l’acquisto
ex
lege
non
è
possibile
l’estinzione
volontaria
dell’usufrutto su di un bene del figlio finché il bene resta di proprietà
del figlio stesso.
- INDISPONIBILITA’ ex art.326:è un preciso vincolo di destinazione.
- INESPROPRIABILITA’: l’esecuzione è prevista solo sui frutti e non sui
beni(art.326).
Problema: è necessaria l’autorizzazione
soggetti ad usufrutto legale?
per
disporre
dei
frutti
dei
beni
38
No, in quanto le rendite del minore,ad es. gli interessi sul capitale,i canoni
di locazione,spettano ai genitori e non al minore; sono i primi ad essere
usufruttuari ex lege e possono per ciò disporne senza alcuna autorizzazione,
perché è denaro loro con la particolarità del vincolo di destinazione.
Quindi eventuali atti di disposizione dei frutti sono stipulati in nome e per
conto dei genitori,e non del minore,e ripetesi senza che occorra alcuna
autorizzazione.
“..(omissis)....il genitore....ha potestà di compiere in piena autonomia, in
nome proprio e non quale rappresentante del minore, tutti gli atti negoziali i
cui effetti economici siano tali da non incidere sulla consistenza del
patrimonio e da diminuirne il valore...(omissis)” (Cass.16 maggio 1956 n.1628)
“Gli interessi sul capitale del figlio minore, come in genere i frutti dei beni
del medesimo, spettano al genitore esercente la potestà....(omissis)” (Cass.8
novembre 1984 n.5649)
ART.327
(Usufrutto legale di uno dei genitori)- Il genitore che esercita
esclusivo la potestà è il solo titolare dell’usufrutto legale.
in
modo
L’usufrutto legale spetta al genitore il quale esercita in pieno la potestà(e
non in modo affievolito o ridotto);quindi non spetta al genitore separato non
affidatario, o al genitore naturale non convivente.
Spetta invece ai genitori adottivi,qualora si tratti di adozione piena o
legittimante(lex.183/84).
ART.330
(Decadenza dalla potestà sui figli)- Il giudice può pronunziare la decadenza
dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o
abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.
In tale caso,per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del
figlio dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o
convivente che maltratta o abusa del minore.
ART.332
(Reintegrazione nella potestà)- Il giudice può reintegrare nella potestà il
genitore che ne è decaduto quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza
è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.
ART.333
(Condotta del genitore pregiudizievole ai figli)- Quando la condotta di uno od
entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza
prevista dall’articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il
giudice secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può
anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero
l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.
Tali provvedimenti sono revocabili il qualsiasi momento.
Le tre norme sopra riportate devono necessariamente essere oggetto di esame
congiunto.
Esse prevedono una graduale reazione dell’ordinamento nel caso di condotta dei
genitori che risulti pregiudizievole per i figli.
39
L’art.333 disciplina la fattispecie del comportamento del genitore che non sia
talmente grave da consentire una pronuncia di decadenza ma che comunque sia
fonte di pregiudizio per il figlio. In tal caso il giudice può dare i
“provvedimenti convenienti” ed arrivare al massimo all’allontanamento del figlio
dalla residenza familiare; quest’ultimo è il provvedimento più grave consentito
dalla norma, oltre il quale è necessario adottare la pronuncia di decadenza di
cui all’art.330 cod.civ.
Condotta pregiudizievole è per la giurisprudenza qualsiasi comportamento del
genitore che, pur inconsciamente e senza colpa, nel suo porsi in rapporto con il
figlio e nello svolgere la funzione educativa, ne turbi l’equilibrato sviluppo
fisico e/o psichico(così Trib.min.Milano 17 luglio 1974)
Qualora il comportamento dei genitori integri la fattispecie indicata
dall’art.330 cod.civ. il giudice potrà pronunciare il più grave dei
provvedimenti e cioè quello della decadenza di uno od entrambi dalla potestà.
Affinché ciò avvenga la norma richiede che:
a)la condotta si estrinsechi nella:
- violazione dei doveri: si riferisce ad un comportamento “attivo” quale ad
esempio i maltrattamenti fisici
- trascuranza dei doveri: riguarda comportamenti “omissivi” come nel caso di
mancato adempimento dell’obbligo di mantenimento
- abuso dei poteri: si ha quando il potere è utilizzato per compiere un atto
la cui finalità contrasta con l’interesse del figlio.
- il pregiudizio per il figlio sia grave: la gravità del pregiudizio è il
discrimine che consente al giudice l’adozione del provvedimento di
decadenza rispetto a quello ex art.333 c.c.; esso può essere sia fisico
che morale, ma è importante che sussista al momento della pronuncia.
Problema: è necessario ai fini della decadenza che il comportamento del genitore
sia quantomeno colposo?
La dottrina prevalente ritiene di no; sarebbe cioè sufficiente che il
comportamento integri la fattispecie di legge.
Altri invece ritengono invece necessaria addirittura la presenza del dolo
(Pelosi).
Nonostante il codice parli di decadenza, la dottrina prevalente ritiene che si
tratti di una vera e propria sospensione della potestà; ciò alla luce del
disposto dell’art.332 c.c. che ne consente il reintegro.
La decadenza può verificarsi anche solo nei confronti di un solo figlio,se solo
nei suoi confronti sono stati violati i doveri inerenti all’esercizio della
potestà; in tal caso troverà applicazione l’art.317 c.c. per cui la potestà sarà
esercitata dall’altro;se invece la decadenza è pronunciata nei confronti di
entrambi i genitori,si aprirà la tutela in quanto trattasi di impedimento
duraturo(art.343 c.c.)
Competenza: per tutti i provvedimenti sopra indicati, nonché per quello di cui
all’art.334 c.c.(rimozione dall’amministrazione)
competente per materia in via esclusiva è il Tribunale per i minorenni ai sensi
dell’art.38 d.att. del codice civile.
Quanto alla competenza per territorio la giurisprudenza ritiene che giudice
abilitato a conoscere della relativa domanda non sia quello del luogo di
residenza del genitore, bensì quello del luogo in cui risiede il minore (in tal
senso Appello min. Torino 11 novembre 1986).
Collegamento: è evidente quello con l’art.327
l’usufrutto legale del genitore decaduto.
c.c.;
viene
infatti
meno
ART.334
40
(Rimozione dall’amministrazione)- Quando il patrimonio del minore è male
amministrato, il tribunale può stabilire le condizioni a cui i genitori devono
attenersi nell’amministrazione o può rimuovere entrambi o uno solo di essi
dall’amministrazione stessa, e privarli, in tutto od in parte dell’usufrutto
legale.
L’amministrazione è affidata ad un curatore se è disposta la rimozione di
entrambi i genitori.
La norma in esame disciplina il caso della rimozione per la cattiva
amministrazione del patrimonio del minore.
Diversamente dall’art.330 c.c., qui non c’è la sospensione dall’esercizio
dell’intera potestà,ma solo dal potere-dovere di amministrazione ovvero solo per
la sfera patrimoniale e non personale.
La rimozione può riguardare:
entrambi i genitori: non si avrà l’apertura della tutela come nella fattispecie
dell’art.330 c.c., ma la nomina del curatore speciale(curatoreamministratore)analogamente a quanto previsto all’art.356,finchè i genitori
non siano nuovamente riammessi nei poteri di amministrazione.
a) un solo genitore: in tal caso l’amministrazione spetterà all’altro ipso iure
ex art.317 c.c.(non occorrerà alcun provvedimento del giudice);
b) il genitore esercente la potestà in via esclusiva: in siffatta ipotesi si
avrà
la
nomina
del
curatore
speciale(curatore-amministratore),e
non
l’apertura della tutela,perché si tratta di privazione dell’amministrazione.
c) il genitore separato affidatario, o naturale convivente: in entrambi i casi
l’esclusione non comporterà l’automatico passaggio dell’amministrazione in
capo all’altro genitore, ma si avrà una pronuncia del giudice,del tipo
dell’art.
155
ultimo
comma(revisione
delle
disposizioni
riguardanti
l’affidamento dei figli,l’attribuzione dell’esercizio della potestà e le
misure circa le modalità del contributo).
ART.356
(Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore)- Chi fa una
donazione o dispone per testamento a favore di un minore, anche se questo è
soggetto alla potestà dei genitori, può nominargli un curatore speciale per
l’amministrazione dei beni donati o lasciati.
Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale
deve osservare le forme stabilite dagli articoli 374 e 375 per il compimento
degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.
Si applica in ogni caso al curatore speciale l’articolo 384.
Il primo comma:
La norma de qua rappresenta una disposizione eccezionale poiché
deroga alla
disciplina della potestà e della tutela; la nomina del curatore è infatti
direttamente operata dal disponente, e non dal giudice tutelare con decreto.
Rivestendo tale qualità essa di certo non sarà, secondo dottrina e
giurisprudenza prevalenti, applicabile alle donazioni indirette.
“Introducendo una deroga alla regola generale per cui la rappresentanza dei
minori e l’amministrazione dei loro beni competono al genitore esercente la
potestà,
l’art.356
c.c.
integra
una
norma
eccezionale
e
di
stretta
interpretazione e non è pertanto applicabile alle donazioni indirette, riguardo
alle quali le norme sulle donazioni dirette sono applicabili unicamente nei
limiti di cui all’art.809 c.c.........(omissis)- Cassazione 5 febbraio 1975
n.423, in RFI voce Tutela, 2891)
Sempre per la stessa ragione,è esclusa l’applicazione dell’art.356 a favore del
nascituro,perché la norma si riferisce agli incapaci già nati.
41
Ratio: interesse dell’incapace a ricevere la liberalità per testamento o
donazione,posto che in caso contrario essa non avverrebbe stante la presunta
sfiducia che il disponente nutre verso il tutore o i genitori dell’incapace.
Soggetto nominato: il donante può nominare anche se stesso quale curatore,vista
la sua libertà di scelta; egli potrà altresì auto-esonerarsi dal chiedere
autorizzazioni.
In ogni caso il curatore così nominato sarà soggetto all’obbligo dell’inventario
e del rendiconto ex art.366 c.c.
Ambito applicativo:
solo per il minore sotto potestà, pupillus e interdetto.
Le norme sull’incapacità riferite solo a quella di tipo legale o giudiziale;non
valgono per quella naturale.
Quindi è possibile la donazione con nomina di un curatore ex. Art.356,se è
minore o interdetto stante il richiamo ex art.424;non si ha la stessa disciplina
se è un incapace naturale,perché non può essere privato dei poteri di
amministrazione un soggetto legalmente capace.
Com’è noto,l’incapacità naturale rileva solo in pochi e determinati casi ad
esempio negli artt.591 comma 1 n.3,art.428,art. 1425.
La dottrina prevalente (Mazzacane,Jannuzzi,Capozzi) concorda nel ritenere che
non si applichi l’art.356 per gli inabilitati e gli emancipati perché trattasi
di soggetti parzialmente capaci; infatti il curatore è un curatore-assistente e
non rappresentante.
Significherebbe quindi non fidarsi nemmeno degli stessi beneficiari,e spogliarli
dei loro poteri.
SANTARCANGELO ritiene che se è stato nominato un curatore speciale ex.
Art.356,questi cesserà dalle sue funzioni a seguito del matrimonio del
minore(infatti curatore diverrà il coniuge).
Quando: per la donazione la nomina è possibile solo con dichiarazione
contestuale
all’atto,trattandosi
di
disposizione
accessoria;
qualora
intervenisse dopo sarebbe una modifica della liberalità.
Per il testamento è possibile una nomina anche con un testamento successivo.
Accettazione della liberalità: in ogni caso il diritto di accettare rimane ha
chi è titolare della potestà e non certo al curatore così nominato.
Natura giuridica: è un peso; quindi sarà sempre necessaria l’autorizzazione ad
accettare la liberalità ex art.374 n3 cod.civ.
Il secondo comma:
Il disponente può dispensare il curatore dal richiedere autorizzazioni ex
art.374-375.
Non potrà invece escludere l’applicazione delle autorizzazioni richieste dagli
articoli 747 c.p.c., 371c.c., 320 comma 6 c.c., 378c.c. perchè vengono in tali
casi coinvolti interessi di terzi (ad es. quelli di creditori e legatari); una
eventuale dispensa sarebbe nulla o comunque inefficace.
Pur se l’autorizzazione è richiesta dal curatore ex art.356,il domicilio di
riferimento è quello dell’incapace che coincide in genere con quello dei
genitori o del tutore.
Problema: disponente può essere anche chi esercita la potestà?
La risposta è positiva se il genitore od il tutore dispongono per testamento(es.
perché il testatore non si fida dell’altro coniuge); la risposta è invece
necessariamente negativa in caso di donazione e ciò in quanto la nomina di un
curatore costituirebbe spoglio da parte del rappresentante legale dei propri
poteri di amministrazione sia pur se soltanto in relazione al bene donato.
42
Problema: la nomina di un curatore ex art.356 c.c. costituisce un peso ex
art.549 sulla legittima?
Per Capozzi e la dottrina prevalente no; ciò perchè con la nomina non si priva
il beneficiario dei poteri di amministrazione(che non
possiede essendo un
incapace) ma si sostituisce al suo rappresentante legale una persona di fiducia
del disponente.
Quindi non si ha sottrazione ma sostituzione dell’amministratore.
La fattispecie de qua è quindi notevolmente diversa da quella contemplata
dall’art.167 c.c. in materia di fondo patrimoniale, poiché in quest’ultima è
facile individuare un peso,in quanto si priva il legittimario della libera
disponibilità dei beni.
Problema: cosa succede se il curatore nominato dal de cuius non può o non vuole
assumere l’ufficio?
E’ il caso ad esempio del curatore premorto, rinunziante od impedito; in tali
ipotesi, se è stato previsto un sostituto nulla quaestio.
Se al contrario nulla sia stato previsto, diverse sono state le soluzioni
proposte in dottrina:
- secondo una tesi i poteri saranno esercitati dal rappresentante
legale(genitori o dal tutore)perché non ha senso sostituire un curatore
nominato dal de cuius con un altro nominato dal giudice.
- secondo altra tesi(Capozzi)si avrà la nomina giudiziale di un altro
curatore
speciale(curatore-amministratore),per
un’interpretazione
estensiva
dell’art.384,richiamato
dall’art.356
comma
3
(tipo
l’art.334),perché
altrimenti
verrebbe
sacrificata
la
volontà
del
disponente che ha dimostrato di nutrire sfiducia verso i rappresentanti
legali dell’incapace; la nomina è effettuata dal giudice tutelare.
Quindi per Capozzi il problema si supera attraverso la nomina di altro curatore
da parte del giudice tutelare,anche su istanza dei genitori o del tutore,ex
art.384.
Per contro Jannuzzi ritiene che l’istanza alla nomina non possa farsi ad opera
dei genitori o del tutore poiché il disponente li ha espressamente esclusi
dall’amministrazione.
Al fine di evitare il sorgere dei problemi sopra indicati è preferibile
prevedere in atto eventuali sostituti del curatore in caso questi non accetti,o
venga meno,o sia in conflitto di interessi;si ricollega l’art.356 a
all’art.688,al fine di risolvere il problema.
Problema: cosa succede se il curatore nominato dal de cuius è temporaneamente
impedito ovvero in conflitto d’interessi?
E’ il caso ad esempio di una divisione tra curatore e incapace; in tale ipotesi,
secondo la dottrina preferibile troverà applicazione la norma dell’art.321 c.c.
con conseguente nomina ed autorizzazione di un curatore speciale.
Non potranno invece intervenire i rappresentanti legali (genitori o il tutore)in
quanto esclusi dall’amministrazione da parte del disponente.
Una volta compiuto l’atto di divisione ad opera del curatore speciale ex
art.321,i poteri ritorneranno al curatore ex art.356,ad es. per vendere il bene
dopo la divisione.
Problema: cosa succede se
il padre è indegno verso il nonno,ed il figlio
succede per rappresentazione del padre al nonno e la madre è premorta?
Ai sensi dell’art.465 il padre non ha l’usufrutto,né i poteri di amministrazione
sui beni lasciati; tuttavia l’indegno potrà accettare l’eredità per il figlio,ma
poi i problemi nascono in relazione agli atti di disposizione e di
amministrazione in genere:
- alcuni ritengono si applichi l’art.321,ma solo per atti episodici,posto
che non si tratta di amministrazione continuata(la competenza è del
tribunale ordinario);
43
-
altri sostengono l’applicabilità delll’art.334,per analogia,trattandosi di
amministrazione continuata e la nomina del curatore è fatta dal
giudice,anche se manca il presupposto della cattiva amministrazione(la
competenza è del tribunale dei minorenni);
- secondo la tesi preferibile si applica l’art.356,per analogia,trattandosi
di gestione continuata,ma la nomina
è fatta dal de cuius e non dal
tribunale(tribunale ordinario ex art.38 disp.att. c.c.).
L’applicazione dell’art.356 è senz’altro preferibile, perché non si può
riscontrare
una
crisi
della
famiglia;
la
gestione
è
di
tipo
continuativa(la competenza non è certo del tribunale dei minorenni).
Riassumendo avremo la nomina del curatore ex art. 356 in via analogica e poi
l’autorizzazione ex art.747 c.p.c. o ex artt.374-375.
Problema: se il bene x soggetto ad amministrazione ex art.356 c.c. viene
alienato ed il prezzo è reimpiegato per l’acquisto di un altro bene y, il
curatore conserva i poteri di amministrazione anche su tale bene?
Parte della dottrina dà al quesito risposta affermativa sulla base delle
seguenti argomentazioni:
- perché pretium succedit in locum rei;
- perché altrimenti verrebbe sacrificato lo spirito della norma e la volontà
del de cuius o donante.
Secondo altra tesi si avrebbe un ritorno di poteri ai genitori,perché l’art.356
è norma eccezionale,e quindi è inammissibile una surrogazione nell’oggetto.
CAPITOLO QUINTO
I NASCITURI
.1 Definizione: nascituro è colui che, concepito o meno, non è ancora nato.
La nascita si verifica nel momento del distacco del feto dall’alvo materno; tale
istante è importante perchè è in tale momento che il soggetto acquista la
capacità giuridica, intesa quale idoneità giuridica del soggetto ad essere
titolare di diritti ed obblighi.
.2: la capacità giuridica del nascituro: leggendo gli articoli 462 e 784
cod.civ. sembrerebbe che il legislatore abbia voluto attribuire in tali casi una
capacità giuridica in via anticipata a favore dei nascituri.
Esaminando invece la lettera dell’art.1 comma primo del cod.civ. emerge
chiaramente che la capacità giuridica si acquista esclusivamente con la nascita.
In realtà il contrasto tra le due disposizioni non ha ragione d’essere sol che
prenda in considerazione il secondo comma dell’art.1 cod.civ. ove testualmente
si prevede che”i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono
subordinati all’evento della nascita”; il che vuol dire in buona sostanza che
fintanto che il soggetto non nasce non acquista la capacità ma la legge
consente, al fine di tutelarne gli interessi, una cautela in via provvisoria ed
anticipata e comunque sotto la condizione sospensiva della nascita.
Non esiste quindi una capacità giuridica prenatale; gli artt.462 e 784
consentono di attribuir diritti ai nascituri,ma pur sempre condizionati
all’evento nascita,che ne rappresenta la condicio iuris.
.3 La ratio: il legislatore, attraverso la previsione dell’art.462 comma 3 vuole
consentire al testatore di beneficiare tutti i figli di quella persona vivente
al tempo della sua morte,siano essi nati o nascituri.
Problema: è ammissibile un lascito a favore di chi sarà adottato?
Il caso è discusso; la dottrina prevalente e preferibile (Capozzi) opta per la
soluzione negativa sulla base di due argomentazioni:
44
1)l’art.462 fa letteralmente riferimento solo al fatto naturale del
concepimento.
2)si avrebbe una determinazione dell’erede ad opera del terzo, fattispecie
vietata dall’art.631 cod.civ. poiché lesiva del cd “principio di personalità”
ivi previsto.
E’tuttavia possibile un escamotage,ovvero se è in corso il procedimento di
adozione si può nominare erede l’adottato con nome e cognome(quindi non si avrà
la determinazione ad opera del terzo 631),sotto condizione sospensiva
dell’adozione.
.4 Atti dispositivi: non avendo i nascituri la capacità giuridica,non possono
disporre dei loro diritti liberamente,ad es. art.1357(atti di disposizione in
pendenza della condizione);bensì sono possibili solo alcuni atti,ad es. artt.643
e 715,per fini conservativi e cautelativi della loro aspettativa e per i fini
divisionali.
.5 Delazione: per la dottrina tradizionale il nascituro non ha una delazione
immediata ma differita,gode solo di un’aspettativa di delazione; egli pertanto
non potrà accettare o rinunciare all’eredità e qualora tali atti siano posti in
essere saranno inefficaci.
Il nascituro è altresì privo dei poteri ex art.460 cod.civ.
Autorevole dottrina (Capozzi)suggerisce un parallelismo con l’art.2331 cod.civ.
relativo alla s.p.a. non ancora iscritta.
Secondo una tesi recente il nascituro avrebbe invece una delazione immediata
ancorché
condizionale
e
potrebbe
conseguentemente
procedere
subito
all’accettazione dell’eredità in qualità di chiamato.
.6 Amministrazione e rappresentanza:
bisogna distinguere a seconda che si tratti di bene donato
o di istituzione
ereditaria; in ogni caso non bisogna dimenticare che chi agisce per il nascituro
è rappresentante di un soggetto futuro.
a) istituzione ereditaria: bisogna ulteriormente distinguere i concepiti dai
non concepiti:
- concepiti: amministrazione e rappresentanza spettano entrambe ai futuri
genitori ex art.643 c.c. (maggiore probabilità della nascita).
Ricorda che i genitori amministrano con poteri previsti dall’art.644
cod.civ. e non ai sensi dell’art.320 cod.civ; pertanto essi dovranno
chiedere le autorizzazioni ai sensi dell’artt.782-783 c.p.c. richiamati
dall’art.528 c.c. richiamato a sua volta dall’art.644 (disposizioni comuni
ai curatori dell’eredità giacente).
In ogni caso non sarà necessario il parere del giudice tutelare in quanto
trattasi di patrimonio privo di titolare con esigenza di tutelare
creditori e legatari.
- non concepiti:
in tale ipotesi si avrà la seguente distinzione:
amministrazione beni: ai soggetti indicati nell’art.642 c.c. (sostituti,
coeredi in accrescimento, presunti eredi legittimi) con poteri ex 528 c.c.
ed autorizzazioni ex 782-783 c.p.c.
rappresentanza del nascituro per tutela diritti successori: alla persona
vivente indicata dal testatore quale futuro genitore; ad esempio, se la
disposizione è a favore dei nascituri non concepiti di Tizio,la
rappresentanza sarà solo di Tizio e non anche alla moglie,perché la
disposizione sui nascituri potrebbe riferirsi anche a figli che potrà
avere con altre donne.
Una coincidenza di entrambi i poteri in capo allo stesso soggetto potrà
aversi in tali casi soltanto qualora il futuro genitore rientri in una
delle categorie di soggetti indicate nell’art.642 c.c.
La ratio della differente disciplina si giustifica sul presupposto che è più
probabile che nasca un concepito, pertanto i suoi interessi dovranno esser i
primi ad esser tutelati;diversamente per il non concepito l’amministrazione
spetta a colui che beneficerà della mancata nascita.
45
Ma in ogni caso siamo sempre di fronte ad un patrimonio senza titolare,ecco
perché l’amministrazione segue le regole della curatela dell’eredità giacente,e
non quelle disciplinate dall’art.320.
Il concetto di rappresentanza: discusso in dottrina è il concetto stesso della
rappresentanza ex art.643 comma1 c.c.
Secondo la tesi prevalente essa significa solo attività di vigilanza e tutela
dei diritti del concepturus da parte dei futuri genitori, con un semplice parere
da richiedere al tribunale in caso di atti di straordinaria amministrazione.
Altra tesi minoritaria ritiene che i futuri genitori debbano partecipare
all’atto insieme agli amministratori,ad es. nella vendita di beni ereditari(e se
sono allo stesso tempo rappresentanti e amministratori,ad es. perché si tratta
di eredi con diritto di accrescimento,occorrerà la nomina di un curatore
speciale,perché l’amministratore deve essere sorvegliato dal rappresentante,che
dovrà essere persona diversa).
Gli amministratori ex art.642 sono amministratori di diritto,ma possono
rifiutare,perché non sono obbligati ad accettare l’incarico;il rifiuto non è al
contrario possibile se l’amministrazione è esercitata dai genitori,perché
rientra tra gli obblighi compresi nella potestà,anche se ad essi non si
applicherà l’art.320 ma l’art.644 c.c.
Trattandosi di investitura ex lege non occorrerà quindi alcun provvedimento
giudiziale di nomina.
E’ tuttavia possibile prevedere una fattispecie simile a quella contemplata
dall’art.356 c.c. con conseguente nomina da parte del testatore.
Una nomina di carattere giudiziale si ha invece nel solo ed esclusivo caso in
cui ricorrano i “giusti motivi” ex art.642 comma 3 che consiglino al giudice di
incaricare dell’amministrazione un soggetto diverso da quelli indicati nel primo
comma della detta disposizione.
Tali
giusti
motivi
sono
principalmente
da
ravvisarsi
nel
caso
dell’amministratore incapace od impedito.
Agli amministratori in esame si riconoscono gli stessi poteri, gli stessi
doveri(inventario e rendiconto) e le stesse autorizzazioni previste per il
curatore dell’eredità giacente(art.644).
Come
sopra
evidenziato,
per
gli
atti
di
straordinaria
amministrazione,l’autorizzazione sarà richiesta al giudice delle successioni ai
sensi dell’art. 783 cpc richiamato dall’art.644 c.c.; ricorda che non è
richiesto il parere del giudice tutelare,perché i diritti non appartengono
ancora al nascituro(come nell’art. 460)
In caso di mancanza dell’autorizzazione, l’atto così compiuto sarà affetto da
nullità assoluta.
Problema: a chi spetta la rappresentanza del concepturus se i genitori sono
entrambi incapaci(ad es. minori)?
Secondo
una
tesi
spetterebbe
al
rappresentante
legale
del
genitore
incapace,perché essa non è configurabile come un diritto di amministrazione ma
solo come cura dell’aspettativa.
In altri termini si tratta di un’attività conservativa e cautelare,soprattutto
per ciò che attiene alle azioni giudiziali,per le quali serve eventualmente solo
l’autorizzazione art.320(ad evitare eventuali azioni pretestuose se è attore).
Altra tesi ritiene che la rappresentanza spetti agli stessi genitori se maggiori
degli anni 14,argomentando ai sensi dell’art.316 ultimo comma.
Un’ulteriore tesi infine sostiene che la rappresentanza spetterebbe al tutore ex
art.343 oppure al curatore ex art.321 o art.334 per chi sostiene si abbia
l’apertura della tutela o la necessità della curatela per il minore,figlio di
genitori entrambi incapaci.
b)beni donati: l’amministrazione dei beni spetta, salva diversa disposizione del
donante, spetta al donante stesso od ai suoi eredi.
46
Si ricordi che l’accettazione della donazione è sottoposta alla condicio iuris
della nascita e va fatta in vita del donante.
Problema: in caso di donazione a nascituri, chi è proprietario dei beni donati
in pendenza della nascita?
Parte della dottrina sostiene che i beni donati spettino ai nascituri, sia pur
sotto la condizione risolutiva della mancata nascita.
Altra parte della dottrina, preferibile, ritiene che la proprietà medio tempore
e fino a che la condicio iuris non si sia verificata spetti al donante o suoi
eredi, sia pur sotto la condizione risolutiva della nascita del donatario; ciò
in quanto non essendo ancora esistente il soggetto che dovrà acquistare il
diritto attribuito, questo non potrà dirsi allo stesso trasferito.
Problema: in caso di donazione a nascituri, chi è legittimato a compiere atti
dispositivi dei beni donati in pendenza della nascita?
Al quesito sono state date in dottrina diverse soluzioni:
- secondo la teoria prevalente(Capozzi)la legittimazione spetterebbe al
donante o suoi eredi.
Ciò in quanto, alla luce dell’art.784 c.c., tali soggetti possono compiere
tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione non facendo la
norma citata alcuna distinzione.
Quindi il donante può agire senza l’autorizzazione e senza il consenso dei
genitori,ma ha senz’altro l’obbligo
del reimpiego del prezzo: “pretium
succedit in locum rei”.
-
altra dottrina (Lorefice),muovendo dal fatto che il donante ha una
proprietà risolubile,ritiene che egli potrà bensì alienare i beni donati,
ma tale alienazione sarà sottoposta ex art.1357 c.c. alla medesima
condizione
-
altri ancora (Santarcangelo e parte della dottrina minoritaria) ritengono
che il donante possa agire solo con il consenso dei genitori autorizzati
ai sensi dell’art.320 c.c.; secondo l’autore si tutelerebbe così
l’interesse del nascituro.
Problemi particolari non sorgono invece qualora il donante intenda alienare non
la piena proprietà, ma solo il suo diritto risolutivamente condizionato sui beni
donati; in tal caso infatti egli potrà disporne ai sensi dell’art.1357, anche
senza il reimpiego del prezzo a favore del donatario.
Il nascituro ,invece, avendo un diritto sotto condicio iuris, o meglio una
aspettativa del diritto,ma non può disporne perché non possiede ancora la
capacità giuridica,art.1 cc.
Problema: l’art.643 si applica solo per i beni ereditari o anche per i legati?
La dottrina prevalente e preferibile ritiene che i legati a favore di nascituri
rientrino nella previsione dell’art.640 c.c., ossia si considerino alla stregua
di legati sotto condizione sospensiva (della nascita).
Di conseguenza l’amministrazione spetterà all’onerato(erede o legatario)che darà
un’idonea garanzia,ma potrà disporre senza l’autorizzazione di cui agli artt.
782-783 e 747 cpc.
Ad esempio, se i beni sono stati legati ai nati e nascituri con diritto di
accrescimento,per la vendita del bene legato,nell’atto interverranno:
- per la quota dei nascituri: gli onerati, perché la condizione non si è
ancora verificata;
- per la quota dei nati: i nati stessi od i loro rappresentanti legali.
Divisione con coeredi nascituri:
47
Art.713 c.c.
(Facoltà di domandare la divisione)- I coeredi possono sempre domandare la
divisione.....(omissis)
Art.1111 c.c.
(Scioglimento della comunione)- Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare
lo scioglimento della comunione........(omissis)
Art.715 c.c.
(Casi di impedimento alla divisione)- Se tra i chiamati alla successione vi è un
concepito, la divisione non può aver luogo prima della nascita del
medesimo......(omissis)
L’autorità giudiziaria può tuttavia autorizzare la divisione fissando le
opportune cautele.
La disposizione del comma precedente si applica anche se tra i chiamati alla
successione vi sono nascituri non concepiti.
Se i nascituri non concepiti sono istituiti senza determinazione di quote,
l’autorità giudiziaria può attribuire agli altri coeredi tutti i beni ereditari
o parte di essi, secondo le circostanze, disponendo le opportune cautele
nell’interesse dei nascituri.
Com’è agevole notare dalla lettura delle norme sopra indicate, principio
generale nel nostro ordinamento è quello del favor divisionis; l’art.715 c.c.
rappresenta quindi un’eccezione a detto principio.
Trattasi di eccezione dovuta al fatto che vi sono dei nascituri e
conseguentemente una situazione di incertezza circa il numero dei condividenti,
giacché potrebbe anche non verificarsi l’evento nascita.
Diversa è peraltro la situazione a seconda che tra i chiamati vi siano concepiti
o non concepiti:
- per i concepiti è incertus solo l’an, ma è prevedibile approssimativamente
il quando, e quindi maggiori risultano esser le probabilità della nascita;
si tende pertanto ad aspettare la loro nascita,salvo la possibilità di
richiedere l’autorizzazione alla divisione(o stralcio divisionale anche
oggettivo)se ricorre l’urgenza.
-
per i concepturi invece,è incerto sia l’an che il quando; essendo quindi
meno probabile l’evento della loro nascita,si è maggiormente propensi ad
autorizzare la divisione con più facilità.
Se i concepturi sono stati istituiti in quota determinata,ad es. 1/3,sarà
effettuata la divisione con accantonamento di tale quota a loro devoluta.
Se la quota è indeterminata,ad es. si nominano eredi Tizio,Caio e i
nascituri di Mevio, allora occorrerà un provvedimento di esclusione dalla
divisione,che però non ha carattere definitivo ma per la dottrina si
ritiene trattarsi di condizione risolutiva allo stesso evento della
nascita dei concepturi.
Modalità operative:
Concepturi con quote determinate:
- chi interviene: amministratori ex art.642 c.c. (sostituto, coerede in
accrescimento, presunto erede legittimo); è atto di amministrazione e come
tale non spetta ai genitori.
Ricorda che il diritto di accettare l’eredità è certamente riconosciuto ai
genitori dei nascituri(come all’art.356)
Ai genitori spettano altresì i poteri cautelari e conservativi (cd
“rappresentanza per tutela diritti successori”).
-
chi domanda l’autorizzazione: gli amministratori testé menzionati ex art.
642 cod.civ.
48
-
qual è il giudice competente: la dottrina prevalente(Capozzi,Jannuzzi)
ritiene che la competenza spetti al Tribunale delle successioni ex art.782
c.p.c. stante il richiamo operato dall’art.644 c.c. alle norme sul
curatore dell’eredità giacente (art.528 c.c.).
La giurisprudenza costante della Cassazione ritiene invece operante
l’art.747 c.p.c. perchè il curatore non può fare divisioni e quindi la
norma di richiamo non può in tal caso trovare applicazione.
Concepturi senza quote determinate:
-
chi interviene: i genitori ex art.643 c.c.; non è atto di amministrazione
ma provvedimento di esclusione.
-
chi domanda l’autorizzazione: i genitori del nascituro,i quali hanno
poteri conservativi e cautelari,oppure i condividenti purché vi sia il
consenso espresso dei genitori del nascituro stesso.
Per Jannuzzi è un atto di amministrazione,i poteri saranno attribuiti ai
soggetti dell’art.642,e l’autorizzazione sarà quella dell’art.782 cpc(a
cui rinvia lo stesso art. 644).
Secondo Trinchillo saranno i condividenti nati,e non i genitori o
l’amministratore ex art.642 del nascituro, perché sono loro le persone
interessate al provvedimento,ma il giudice sentirà,mediante audizione i
genitori(o il genitore)del nascituro per la tutela dei suoi eventuali
diritti successori(aspettativa di delazione).
Altra tesi ancora invece riconosce la legittimazione congiuntiva dei
genitori del nascituro e dei condividenti.
-
qual è il giudice competente: in tal caso dottrina prevalente e
giurisprudenza sono concordi nel ritenere che la competenza spetti al
Tribunale delle successioni ex art.747 c.p.c. anche se non vi sono coeredi
beneficiati; ciò in quanto vi sono comunque dei nascituri,e sebbene non
intervenga il curatore ex art.642,tuttavia si applica l’art.644 che rinvia
all’art.781cpc,eredità giacente,e quindi art.747 c.p.c.
Altra parte della dottrina distingue invece a seconda che tra i
condividenti vi siano o meno coeredi beneficiati; nel primo caso
l’autorizzazione sarà data dal Tribunale ex art.747 c.p.c., mentre nel
secondo essa verrà rilasciata ex art.38 disp. di att. dal tribunale del
domicilio di Caia perché i nascituri avranno il domicilio della madre.
Ricorda che in ogni caso non sarà necessario il parere del giudice
tutelare perché i beni non appartengono ancora al nascituro(come invece
all’art.460,782 ..)
Esempio: Tizio istituisce eredi un figlio maggiore degli anni 18, un altro
minore e tutti i nascituri di Caia.
Qui non vi è una divisione,perché i nati vorranno dividersi tra loro
l’eredità,chiedendo solo un provvedimento di esclusione degli eventuali
ulteriori figli di Caia.
Qui il ricorso sarà presentato dai due figli nati,con il consenso espresso di
Caia perché lei rappresenta gli interessi dei non concepiti; quindi nel ricorso
del minore si riprodurrà il consenso scritto di Caia.
Non ci sarà conflitto d’interessi tra il minore e nascituri di Caia, perché i
nascituri non sono ancora nati,e qui si chiederà un provvedimento
di
esclusione.
Se non c’è il consenso di Caia( ad esempio perché può avere ancora dei figli)ci
sarà un giudizio contenzioso.
A tutela
dei nascituri esclusi, i nati rilasceranno ad esempio una garanzia
fideiussoria o ipoteche sui beni propri non ereditari(“opportune cautele”).
49
Problema: se amministratori sono i coeredi con diritto di accrescimento?
In tal caso sussiste conflitto di interessi essendo in presenza di un atto di
divisione; pertanto qui l’amministrazione sarà data a persona diversa da quelle
elencate all’art.642 ultimo comma,ricorrendo i “giusti motivi”.
Nascituri concepiti:
-
chi interviene: genitori ex art.643 c.c.; è atto di amministrazione e come
tale spetta a loro.
-
chi domanda l’autorizzazione: i genitori ex art.643 c.c.
-
qual è il giudice competente: la dottrina prevalente(Capozzi,Jannuzzi)
ritiene che la competenza spetti al Tribunale delle successioni ex art.782
c.p.c. stante il richiamo operato dall’art.644 c.c. alle norme sul
curatore dell’eredità giacente (art.528 c.c.).
La giurisprudenza costante della Cassazione ritiene invece operante
l’art.747 c.p.c. perchè il curatore non può fare divisioni e quindi la
norma di richiamo non può in tal caso trovare applicazione.
Ricorda: non rileva la distinzione tra istituzione con o senza determinazione di
quote.
Divisione di beni donati a nascituri:
Il codice non prevede una norma espressa in materia; tuttavia la dottrina
dominante ritiene che possa applicarsi, con gli adattamenti del caso, l’art.715
c.c. in forza del richiamo operato dall’art.1116 cod.civ.
Anche qui bisogna pertanto distinguere tra concepiti e non concepiti(con o senza
quote determinate).
Se il soggetto è concepito predominerà l’esigenza
di lasciare inalterata la
situazione sino alla futura nascita;se è concepturus vi sarà senz’altro un
maggior margine di incertezza circa la nascita,e prevarrà l’esigenza di
anticipare la successione(il bene sarà diviso più facilmente agevolandone così
la circolazione (art.1111).
Se la donazione è a favore del nascituro non concepito di Tizio maggiore degli
anni 18,soltanto Tizio dovrà accettare ex art.320,anche se sposato con
Tizia,perché potrebbe il bambino averlo da altra donna.
Se la donazione è fatta nei riguardi di un nascituro di .. e, ove non vi siano
figli,al nascituro di ..è certamente un chiaro esempio di sostituzione
ordinaria;vi sono due donazioni,la prima pura,la seconda condizionata. Entrambe
dovranno essere accettate in vita del donante.
Problema: è ammissibile una donazione a favore di colui il quale sarà adottato?
La dottrina prevalente dà al quesito risposta negativa alla luce delle seguenti
considerazioni:
- l’art.784 si riferisce testualmente ai soli figli concepiti e non anche
adottati;
- la donazione sarebbe nulla ex art.778 c.c. perché la scelta del donatario
sarebbe rimessa all’arbitrio di un terzo,ovvero il futuro adottante.
Modalità operative:
Non concepiti senza determinazione di quote:
50
-
chi interviene: il futuro genitore;non essendo atto di amministrazione non
si prevede nessuna legittimazione del donante ex art.784.
-
chi domanda l’autorizzazione: il genitore ed i figli già nati.
-
Quale è il giudice competente: il Tribunale del domicilio del genitore ex
artt.715 ultimo comma e art.38 disp. di att. Cc.
Esempio: Tizio dona il fondo Tuscolano a tutti i nascituri di Caia, e dopo anni
vi è solo un figlio di Caia ormai anziana, Caietto.
Qui non c’è la divisione,perché c’è un solo figlio, Caietto ma ci vorrà un
provvedimento di esclusione degli eventuali ulteriori figli di Caia; si applica
il 715 ultimo comma.
Vi sarà un ricorso ex art.715 ultimo comma e art.38 disp. di att. c.c., al
tribunale in cui vi è il domicilio di Caia(perché i nascituri avranno il suo
stesso domicilio)e non di Caietto.
Il ricorso sarà presentato da Caia e Caietto insieme, perché Caia rappresenta
gli interessi dei non concepiti.
Se non c’è il consenso di Caia(ad es. perchè può avere ancora dei figli)ci sarà
un giudizio contenzioso.
A
tutela
dei
nascituri
esclusi,
Caietto
rilascerà
una
garanzia
fideiussoria(“opportune cautele”).
Non concepiti con determinazione di quote:
-
chi interviene: il donante; trattandosi di atto di amministrazione la
legittimazione spetterà a lui ex art.784.
-
chi domanda l’autorizzazione: nessuno, non è necessaria.
Concepiti (con o senza quote):
-
chi interviene: il donante; trattandosi di atto di amministrazione la
legittimazione spetterà a lui ex art.784.
-
chi domanda l’autorizzazione: nessuno, non è necessaria.
Problema: se la donazione è fatta nei riguardi di un figlio nascituro di un
minore?
Si ritiene occorra la nomina di un curatore speciale ex art.321,perché il minore
non può accettare e l’altro genitore è ignoto.
Competente è il tribunale in cui si trova il domicilio del minore,perché il
nascituro avrà il domicilio del genitore,anche se minore(quindi artt.45, 144
cc).
Ai sensi dell’art.321 il genitore,deve “essere sentito”.
Per la dottrina il minore “genitore” sarà sentito solo se maggiore degli anni 14
anni,per analogia con l’art. 316 comma5(dall’art.316 comma5 la dottrina evince
un principio generale).
CAPITOLO SESTO
L’ADOZIONE
51
.1 Definizione: rapporto di filiazione giuridica che si costituisce tra soggetti
non legati da filiazione di sangue (Capozzi)
.2 Tipologie:
a)l’adozione dei maggiori di età: è la cosiddetta adozione civile nata per
attribuire un successore a chi è senza eredi; disciplinata interamente dal
codice civile (artt.291 e seguenti)
L’adottato non acquista diritti verso la famiglia adottante, né perde
diritti verso la sua famiglia di origine.
b)l’adozione di minori piena o legittimante: disciplinata dagli artt.6-28
l. adozione.
Il minore stesso acquista lo stato di figlio legittimo, ed è eliminato
ogni legame con famiglia di origine dal giudice, con il decreto di
adozione.
Gli adottanti esercitano la potestà e godono dell’usufrutto legale; non si
prevede l’obbligo della cauzione e dell’inventario.
Gli adottanti chiederanno le autorizzazioni ex art.320 c.c.
Durante lo stato di adottabilità, ossia prima che il decreto di adozione
sia efficace, il tribunale dei minorenni nomina un tutore che chiederà
l’autorizzazione al tribunale ordinario per gli atti di straordinaria
amministrazione; l’esercizio della potestà dei genitori naturali è
sospesa.
c)l’adozione internazionale disciplinata agli artt.29-43 legge n.184/83 e
legge n.476/98
d)l’adozione in casi particolari: si applicano gli artt.44-57 l. adozione
E’ il caso ad esempio dell’adozione chiesta da un coniuge per il figlio
dell’altro.
L’adottante può essere anche una sola persona, ad esempio la nonna.
Trattasi di adozione non legittimante; l’adottante/i avrà solo la potestà
ma non l’usufrutto legale, né i diritti successori verso l’adottato e
nessun legame con la sua famiglia d’origine.
L’adottato a sua volta non avrà alcun diritto successorio verso la
famiglia adottante, ma solo verso l’adottante, e conserverà diritti
successori verso la sua famiglia d’origine, perché il legame con essa non
verrà meno; avrà in sostanza una duplice successione.
Se c’è un genitore legittimo, o naturale e l’altro è adottante, il
cosiddetto patrigno o matrigna, l’amministrazione spetterà ad entrambi,
secondo la norma dell’art.320.
Mentre se entrambi sono adottanti “in casi particolari”, ad esempio
parenti entro il sesto grado di minori orfani, non essendo entrambi
genitori, si applicheranno le norme sulla tutela(artt.374-375).
L’adottante dovrà fare l’inventario, ex art.49 l.ad. così come il tutore,
ma per gli atti di straordinaria amministrazione si applicherà l’art.320
e non il 374.
Se cessa l’adozione per qualsiasi causa, non si avrà ipso iure il
passaggio della potestà verso la famiglia di origine ma occorre un
provvedimento.
e)l’affidamento temporaneo o familiare: è disciplinato agli artt.1-5 legge
n.184/83;la potestà rimane ai genitori o al tutore mentre per gli
affidatari sono solo previsti doveri di mantenimento,
istruzione,
educazione.
Gli
affidatari
non
godono
dell’usufrutto
legale,
non
hanno
né
l’amministrazione del patrimonio, né la rappresentanza dei minori, perché
la potestà rimane dei genitori d’origine; tuttavia se i genitori decadono
dalla potestà, o sono irreperibili, si applica l’art.316 cc e si verifica
in capo agli affidatari(art.5)il contestuale esercizio della stessa, ma
non ne divengono titolari.
52
Si verifica quindi un’ipotesi sena dubbio eccezionale di esercizio senza
titolarità.
CAPITOLO SETTIMO
LA TULELA
.1 Definizione: insieme dei poteri-doveri che un soggetto capace assume per la
cura di un altro soggetto incapace di agire (Santarcangelo).
.2 Finalità: Lo scopo della tutela non è solo quello di conservazione del
patrimonio del pupillus o dell’interdetto, ma anche di miglioramento e di
incremento, ossia di uno sfruttamento razionale.
.3 Presupposti: se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono
esercitare la potestà.
Esempi:
- orfano;
- genitori colpiti da un impedimento totale e definitivo, e quindi non si
applica l’art.321: ad es. entrambi ignoti, oppure si pensi al caso in cui
non sia possibile il riconoscimento né la dichiarazione giudiziale di
riconoscimento(figli incestuosi);assenza o morte presunta; decadenza di
entrambi(art.330);pubblicazione
della
sentenza
di
interdizione
art.421;passaggio
in
giudicato
della
sentenza
di
condanna(art.32
cp);revoca dell’adozione ..
- figli irriconoscibili art.279.
.4 Natura giuridica: ufficio di diritto privato, con connotati pubblicistici; è
un ufficio obbligatorio e gratuito disciplinato da norme inderogabili.
E’ caratterizzato da:
- irrinunziabilità salvo l’incapacità del tutore o la dispensa
- impossibilità di delega delle funzioni salvo procure speciali.
Il tutore agisce in nome proprio ma per conto altrui (incapace).
.5: Apertura e costituzione dell’ufficio:
L’apertura della tutela si verifica ipso iure nel momento in cui si verificano i
suoi presupposti; essa avviene presso il tribunale del circondario del luogo di
domicilio dell’incapace, anche se la residenza è stabilita altrove.
La costituzione dell’ufficio si ha a seguito della nomina del tutore e protutore
da parte del giudice e dal successivo esperimento di tutte le formalità di legge
(giuramento, inventario ed eventuale cauzione).
Competente è il giudice tutelare(del luogo di apertura della tutela e non del
domicilio del tutore)ex art.346 cod.civ; unica eccezione è data dall’art.19
legge di adozione, per il minore in stato di adattabilità, poiché in tal caso la
competenza è del tribunale dei minorenni.
Il tutore prima poteva essere nominato anche per via testamentaria, o per
consiglio di famiglia; oggi invece la nomina è di competenza esclusiva del
giudice tutelare.
Problema: cosa succede se minore e tutore hanno domicilii diversi?
Ad esempio se il minore ha domicilio a Bari e il tutore è invece domiciliato a
Napoli; in tal caso, si avrà l’apertura della tutela a Bari, e il trasferimento
della stessa a Napoli solo se vi è un decreto del tribunale ex art.343 comma2.
Finché non vi sarà tale decreto, competente sarà il giudice di Bari.
53
.6: Formalità:
- accettazione: non necessaria perché è un munus obbligatorio (salvo
incapacità o dispensa)
- giuramento del tutore e per la dottrina anche del protutore 349 c.c.
- inventario: è atto d’obbligo del tutore art.362(si richiede solo
l’assistenza del protutore
- cauzione: è obbligo solo eventuale; può essere disposto dal giudice nel
provvedimento di nomina (art.381 c.c.)
Prima del giuramento, il tutore non ha nessun potere non avendo ancora “assunto
le proprie funzioni” secondo quanto previsto dall’art.361 c.c.
Sempre ai sensi della disposizione da ultimo citata, il giudice tutelare potrà,
qualora
siano
necessari,
prendere
provvedimenti
urgenti
nell’interesse
dell’incapace; nell’ambito di detti provvedimenti il giudice potrà anche
procedere alla nomina di un curatore speciale autorizzandolo contestualmente al
compimento dell’atto (ponendo pertanto in essere una fattispecie analoga a
quella prevista dall’art.321 cod.civ)
Santarcangelo sostiene che l’art.361 si applichi a tutte le ipotesi di vacanza
dell’ufficio del tutore e del protutore, ad es. perché non ha ancora effettuato
il giuramento, anche se vi sia un conflitto di interessi di entrambi, o un
impedimento.
Prima dell’inventario possono invece concludersi solo atti che non ammettono
alcuna dilazione di tempo (art.370 c.c.)
Problema: cosa succede se il tutore agisce prima del giuramento?
In tal caso saremo di fronte ad un’ipotesi di falsus procurator ex art.1398
c.c.; l’atto sarà pertanto inefficace ma suscettibile di ratifica ex art.1399.
Il tutore dovrà pertanto:
- prestare giuramento
- chiedere l’autorizzazione alla ratifica: giudice competente sarà quello
che sarebbe stato competente ad autorizzare l’atto da ratificare(la
ratifica è infatti negozio di 2° grado)
Ricorda: non c’è conflitto d’interessi in capo al tutore, posto che non è
applicabile alla rappresentanza legale l’art.1398 c.c. nella parte
relativa alla responsabilità del falsus procurator.
Ricorda: in tutti i casi di urgenza, il rappresentante legale potrà ricorrere ad
uno dei seguenti escamotages:
- rilasciare una procura a terzi ,se ci si deve allontanare, oppure eleggere
il domicilio in Italia presso un procuratore ex art.47,se si è residenti
all’estero;
- stipulare una proposta irrevocabile di contratto ex art.1329 c.c.(anche
nel caso si tratti di donazione)se il disponente teme di morire nel breve
periodo.
.7: Autorizzazioni: a differenza della potestà genitoria, quella tutoria è
caratterizzata da un controllo dell’autorità giudiziaria
più penetrante e
rigoroso(es. competenza del tribunale ordinario e non del giudice tutelare per
i casi di cui all’art.375,e poi obblighi di inventario, cauzione, depositi
..)essendo assente qualsiasi legame di sangue.
Il tutore ha poteri di ordinaria amministrazione, ed è legittimato a richiedere
l’autorizzazione al giudice per gli atti di straordinaria amministrazione.
Tuttavia anche in caso di autorizzazione, egli può non eseguirla, se ricorrono
circostanze sopravvenute o se queste ultime siano mutate, chiedendo così al
giudice la revoca o la modifica del provvedimento.
Come sostenuto da dottrina e giurisprudenza, l'elencazione degli atti per cui è
necessaria l’autorizzazione ex artt.374-375 è meramente esemplificativa mentre
è tassativa per gli atti per cui non è richiesta l’autorizzazione.
54
In tal senso anche la giurisprudenza:
“L’enumerazione degli atti che il tutore può compiere senza l’autorizzazione del
giudice tutelare, contenuta nell’art.374 c.c., ha carattere tassativo”
(Cassazione 14 gennaio 1971 n.71, in FI,1971,I,1309).
Analogamente si ritiene che l’elenco ex art.375 sia esemplificativo e non
tassativo.
Ricorda che:
- si applica il criterio necessità od utilità evidente ex art.320 c.c. anche
se non testualmente previsto.
- il parere del giudice tutelare, è obbligatorio ma non vincolante, come
dispone lo stesso art.747 cpc.
- per gli atti alienativi ex art.375 c.c. si applica anche l’art.376
(“nell’autorizzazione alla vendita, il tribunale determina se essa debba
farsi all’incanto o a mezzo di trattativa privata, fissandone comunque il
prezzo minimo”)
Problema: è necessaria l’autorizzazione per gli atti dovuti?
La dottrina prevalente risponde negativamente al quesito; è il caso ad es. del
pagamento dei debiti liquidi ed esigibili.
.8 Pubblicità: le vicende relative alla tutela devono essere pubblicizzate nel
registro delle tutele art.389 cc e artt.47-51 disp.att. c.c.; trattasi di un
esempio di pubblicità notizia.
.9 Il protutore:
- disciplina: analoga a quella per il tutore.
- inventario: non necessario; deve obbligatoriamente assistere
a quello
del tutore.
- Funzioni:
Sorveglianza (artt.380, 386 c.c.)
Collaborazione:
ad
esempio
ex
art.371
comma1,art.372
n.4,art.379 comma2(“sentito il protutore”)
Si può allegare il parere favorevole del protutore anche
quando questo non è obbligatorio(artt.374-375).
Ai sensi dell’art.44 disp. di att. può essere sentito in
qualsiasi momento dal giudice tutelare per informazioni o
chiarimenti.
Sostituzione: quando vi è un impedimento temporaneo del tutore
o un conflitto d’interessi con il minore.
In tal caso è prevista la sostituzione automatica, e non
occorre alcun decreto, perché i poteri sono già stati
riconosciuti ex lege.
Ricorda: le ipotesi di sostituzione sono tassative; il
protutore non ha funzioni vicarie generali.
Ricorda: il protutore non viene nominato se la tutela è affidata ad enti di
assistenza (art.354)
.10 Il curatore speciale:
E’ organo eventuale della tutela; esso viene nominato in casi tassativi e
precisamente:
se
sia
il
tutore
o
il
protutore
nel
caso
di
conflitto
di
interesse(art.360);
- se più sono gli incapaci sotto la stessa tutela(art.347).
Ricorda: se il tutore è in conflitto di interessi, e manca il protutore, non si
avrà la nomina di un curatore speciale ex art.360,bensì la nomina del protutore.
“Nell'ipotesi
in cui
per il compimento di un atto sussista conflitto di
interessi fra tutore ed incapace e manchi il protutore, per morte o altra causa,
55
occorre promuovere la nomina di un nuovo protutore non essendo consentita la
nomina di un curatore speciale”.
(Corte appello Palermo 7 dicembre 1987, in
Vita notarile 1990, 655).
.11 Modalità di investimento dei capitali:
la norma da prendere in considerazione è l’art.372 c.c.; essa trova applicazione
non solo nella fase iniziale della tutela, ma anche in quella successiva,
indicando essa le modalità di investimento e anche di reimpiego(art.376).
L’elencazione ivi prevista non ha carattere tassativo, né presenta un ordine di
tipo preferenziale; l’ultimo comma prevede infatti che il giudice possa, per
particolari motivi, autorizzare un investimento diverso.
E’ comunque una norma che manca nell’istituto della potestà; al riguardo abbiamo
visto (pag.7)che la dottrina prevalente ritiene che essa non sia applicabile per
analogia in subiecta materia.
Problema: può il tutore rilasciare procura a terzi per amministrare beni del
pupillus?
E’ lo stesso problema che si pone in materia di potestà e la soluzione cui è
giunta la dottrina prevalente in tale ambito può ritenersi valida anche qui.
Vediamo brevemente quali sono le tesi proposte:
-
teoria positiva limitatamente alla procura speciale:
tale tesi, prevalente e preferibile, ritiene che il tutore possa
rilasciare solo(mandato con)una procura speciale, perché ciò verrebbe a
costituire di fatto uno spoglio di poteri.
-
Teoria positiva per ogni tipo di procura: tale tesi, decisamente liberale,
ritiene che sia ammissibile ogni forma di procura, anche generale, perché
non si tratterebbe in tal caso di spoglio di poteri, in quanto essi
permarrebbero anche in capo al tutore come poteri concorrenti e prevalenti
-
teoria negatrice: tale tesi più rigorosa ritiene che il curatore possa
solo esser coadiuvato sotto la sua personale responsabilità da persone
stipendiate art.379;non sarebbe invece ammissibile alcun tipo di procura,
nemmeno speciale.
Autorevole dottrina (Capozzi) critica tale tesi perché la ratio
dell’art.379 non è quella di escludere altre forme di cooperazione per il
tutore, ma di permettere comunque un aiuto da parte di persone
stipendiate, essendo l’ufficio tutelare un ufficio gratuito.
Le persone sono stipendiate con i soldi dell’incapace.
Nessuna autorizzazione se i collaboratori sono stipendiati con i soldi del
tutore, o se collaborano gratuitamente.
Ricorda: l’art.379 non prevede nessun riferimento ai genitori, per cui non
possibile per loro nominare dei coadiutori a spese del minore.
Ricorda: la procura è rilasciata dal tutore, ma in nome
dell’incapace; è l’incapace(e non il tutore)il rappresentato.
e
per
conto
Autorizzazioni occorrenti:
Capozzi ritiene siano necessarie 3 autorizzazioni e precisamente:
1)tutore per compiere l’atto
2)tutore per rilasciare la procura
3)procuratore per compiere l’atto
Problema: come fare se i genitori del minore, da tempo non danno più loro
notizie, ed il nonno ormai vecchio vuol donare un bene al minore?
Poiché nel caso de quo si tratta di un impedimento di durata imprevedibile, non
vi sarà l’applicazione dell’art.321, ma dell’art.343,ossia si avrà l’apertura
della tutela.
56
Ma poiché la nomina del tutore può avere tempi lunghi, è preferibile che il
nonno faccia una proposta irrevocabile di donazione, ad es. per un anno, di modo
che anche se dovesse morire, questa conserverà la sua validità.
L’art.1329 c.c. in quanto norma di applicazione generale deve ritenersi
utilizzabile anche per la donazione essendo la stessa un contratto.
Problema: cosa succede se l’incapace scompare?
Nulla, permane certamente la tutela; non si procederà alla nomina del curatore
dello scomparso(art.48)perché siamo già in presenza di un soggetto(il tutore)
che si prende cura degli interessi e del patrimonio dello scomparso.
Se invece viene dichiarata l’assenza cesserà la tutela e vi sarà l’immissione
temporanea nei beni ex art.50 c.c.
CAPITOLO OTTAVO
L’INTERDIZIONE
.1
Definizione:
interdetto
è
il
soggetto
(maggiore
d’età
o
minore
emancipato)che, affetto da abituale infermità di mente, viene giudizialmente
dichiarato incapace di provvedere ai propri interessi.
.2 Normativa applicabile: quella prevista per la tutela in forza del richiamo
operato dall’art.424 c.c.
.3 Procedimento: durante il procedimento di interdizione, dopo l’esame
dell’interdicendo, qualora lo ritenga opportuno il Giudice Istruttore può
nominare un tutore provvisorio.
Il tutore definitivo è nominato con sentenza, mentre quello provvisorio con un
decreto ex art.419 comma3 cc e 717 cpc.
Gli atti compiuti dall’interdicendo dopo la nomina del tutore provvisorio ex
art.427 comma1 sono annullabili se segue la sentenza di interdizione.
Quella di interdizione è una sentenza costitutiva; la sua pronuncia determina
l’apertura della tutela, con conseguente nomina del tutore mediante decreto ex
art.419 comma terzo c.c.
La sentenza può essere revocata(termine atecnico, perché l’art.742 cpc la
prevede solo per i decreti e le ordinanze)con altra sentenza soggetta anch’essa
alla doppia annotazione(art.429 cc).
.4 Pubblicità: la sentenza di interdizione è soggetta alla doppia annotazione ex
art.423 ossia nel registro delle tutele e a margine dell’atto di nascita.
E’ solo una forma di pubblicità notizia; la sentenza ha infatti
un’efficacia
immediata subito dopo la sua pubblicazione ex art.421 c.c. (e non con il suo
passaggio in giudicato),salvo il disposto dell’art.416 se si tratta di un
minore.
.5 Differenze tra interdetto e pupillus:
a)l’interdetto è eccezionalmente ammesso a fare DONAZIONI a favore dei
discendenti in occasione delle nozze di questi, con la necessaria
autorizzazione del Tribunale(art.777 2comma e art.375 n.2)
b)non si applica all’interdetto l’art.374 n.4 (solo al minore)
57
c)la competenza spetta in genere al tribunale ordinario e non quella del
tribunale dei minorenni; spetterà a quest’ultimo se l’istanza per
l’interdizione riguarda un emancipato art.414 o un minore nell’ultimo anno
della sua minor età art.416(ex art.40 delle disp. di att.)
Quindi per esempio l’autorizzazione ex art.371 è richiesta al tribunale
ordinario.
.6 Annullabilità atti:
a)prima della nomina del tutore provvisorio: solo se si prova l’incapacità
naturale ai sensi dell’art.427 comma terzo c.c.
b)dopo la nomina del tutore provvisorio: solo se segue l’interdizione
(art.427 comma secondo c.c.)
c)dopo la pronuncia d’interdizione: sempre
d)tra la revoca dell’interdizione e la revoca della revoca: solo quelli
posti in essere dopo la pubblicazione della sentenza di revoca
dell’interdizione ( e quindi prima del passaggio in giudicato) e qualora
quest’ultima sia seguita da altra sentenza di revoca della revoca
dell’interdizione passata ormai in giudicato (art.431 c.c.).
Problema: l’art.427 c.c. si applica anche agli atti mortis causa?
La dottrina prevalente dà al quesito risposta negativa; ciò in quanto
l’incapacità di testare si ha solo dopo che vi è stata la pubblicazione della
sentenza di interdizione, o se è stata provata l’incapacità naturale ai sensi
dell’art.591 n3.
In sostanza, i casi di incapacità di testare sono tassativi e tra questi non è
compresa quella dell’interdicendo ma solo quella dell’interdetto.
. 7 Il tutore provvisorio: è nominato con decreto del giudice istruttore(ossia
uno dei giudici del collegio del tribunale)ex art.717 cpc.
Ha gli stessi poteri di quello definitivo.
Per alcuni(Mazzaccane)trattandosi di una situazione temporanea, è preferibile il
compimento dei soli atti che non ammettono dilazione, in applicazione analogica
dell’art.370.
Ai sensi dell’art.422 il tutore provvisorio resterà in carica fino al passaggio
in giudicato della sentenza che rigetterà l’istanza di interdizione.
Idem se il tribunale che ha nominato il tutore provvisorio dichiara la propria
incompetenza, il tutore provvisorio rimarrà in carica fino alla nomina
dell’altro tutore provvisorio o definitivo.
La ratio è chiara: se il giudice che lo ha nominato ha poi dichiarato la sua
incompetenza(ad es. incompetenza territoriale perché è diverso il domicilio
dell’interdicendo),non significa che vi sia stato il rigetto dell’istanza per
l’interdizione, ma soltanto che ricorrono gli elementi che determinano
l’improcedibilità del procedimento per ragioni riguardanti il rito; ecco che
occorrerà ancora assicurare la tutela all’interdicendo.
Problema: cosa succede dopo la sentenza di interdizione se il Tribunale non
nomina immediatamente il tutore?
Ci sarà una prorogatio dei poteri del tutore provvisorio finché non si avrà la
nomina del tutore definitivo.
Problema: cosa succede se il tutore diventa incapace?
In tal caso non ci sarà la decadenza dall’ufficio, ma una prorogatio fino alla
nomina del nuovo tutore.
“La persona investita dell’ufficio di tutore, se diviene incapace all’esercizio
di tale ufficio per una causa sopraggiunta alla nomina (nella specie per
fallimento), non decade automaticamente dall’ufficio stesso, ma deve in ogni
58
caso conservare l’incarico sino al momento della sua sostituzione da parte del
giudice competente” (Cassazione 6 marzo 1970 n.554 in Diritto e famiglia 1970,
II, 752)
Interdetto legale
E’ una misura accessoria ad una pena( ergastolo o reclusione superiore ai 5 anni
ex artt.32 e 98 cp).
Trattasi di istituto previsto non nell’interesse dell’incapace, come quella di
tipo giudiziario, bensì avente carattere sanzionatorio.
Differenze con l’interdetto giudiziale:
- l’incapacità è solo relativa alla sfera patrimoniale, e non anche a quella
personale: si pensi ad es. alla capacità di contrarre matrimonio, di fare
testamento art.591 n.2,e per taluni di stipulare convenzioni matrimoniali
(sebbene sia un aspetto di tipo patrimoniale, e
trattasi di negozio
personalissimo)
-l’annullabilità è assoluta: chiunque ne abbia interesse,art.1441,e non certo
relativa come quella giudiziale art.427.
CAPITOLO NONO
LA CURATELA
.1 Definizione: situazione giuridica del soggetto ( minore emancipato o
maggiorenne inabilitato) al quale viene riconosciuta una limitata capacità di
agire.
.2 Il curatore: a differenza dei genitori e del tutore, il curatore di un
soggetto emancipato o inabilitato non ha la sua rappresentanza legale, bensì
svolge la funzione di mero assistente, proprio perché si tratta di soggetti
parzialmente capaci, che intervengono personalmente in atto, ma sempre con
l’“assistenza” del curatore(si individua infatti un atto complesso diseguale).
Anche per la richiesta dell’autorizzazione si prevede un ricorso sottoscritto
dall’emancipato e non dal curatore.
.3 Il curatore speciale: accanto alla figura del curatore dell’emancipato e
dell’inabilitato, ritroviamo quelle dei curatori speciali:
1) curatore speciale rappresentante:
es. ex art.320 ultimo comma,artt.321,347,360 ossia
esser sostituiti i genitori o il tutore;
nei casi in cui vengono ad
2) curatore speciale assistente:
es. art.394 ultimo comma,art.395,165,166 quando si agisce in sostituzione del
curatore dell’emancipato e dell’inabilitato;
3) curatore speciale amministratore:
es. artt.356,334,nominati per aver cura di un patrimonio.
La nomina del curatore, compete sempre al giudice tutelare, salvo la fattispecie
dell’art.321 in cui è competente il tribunale(ma ricordiamo l’art.45 delle disp.
di att.)e dell’art.356.
59
Anche quando il curatore sostituisce il genitore, es. ex art.320 ultimo comma,
si applicano le norme più rigorose previste per la tutela, perché manca il
rapporto di filiazione, quel vinculum sanguinis con l’incapace, come è
facilmente deducibile dall’art.356.
CAPITOLO DECIMO
L’EMANCIPAZIONE
.1 Definizione: emancipato è il minore d’età al quale l’ordinamento riconosce
una parziale ed anticipata capacità di agire a seguito di matrimonio.
. 2 Modalità: prima l’emancipazione era anche giudiziale, oggi è solo di
DIRITTO, ossia si verifica ipso iure con il matrimonio del minore di almeno
sedici anni previamente autorizzato dal tribunale ex art.84 c.c.
.3 Ratio: la ratio dell’istituto risiede nell’accertamento della maturità
psichica del minore nei cui confronti poi, a seguito dell’autorizzazione del
tribunale a contrarre matrimonio, vige una presunzione di maturità.
.4 Apertura della curatela: avviene ipso iure senza alcun provvedimento
giudiziale; celebrate le nozze, infatti, cessa immediatamente la potestà dei
genitori o la tutela.
Non si parlerà più pertanto né di potestà, né di usufrutto legale, e il
domicilio sarà quello proprio dell’emancipato, e non più quello dei genitori o
del tutore(di fatto si viene a formare una nuova famiglia).
La potestà cessa altresì nel periodo intertemporale tra la celebrazione delle
nozze e la nomina del curatore(si veda in merito App.Napoli 29.5.1957 RFI 1958
1634)
Fino a che non vi sarà la nomina del curatore, non è concessa nessuna prorogatio
dell’officium dei genitori, poichè come sopra detto questa si estingue
immediatamente con l’emancipazione; è prevista tuttavia l’“assistenza” per gli
atti conservativi e urgenti, ex art.360 comma3(per analogia).
Se si verifica il successivo annullamento del matrimonio, o il decesso
dell’altro coniuge, non si avrà un ritorno della potestà, ma si avrà la nomina
di un altro curatore, se questo era il coniuge.
.5 Il curatore: il curatore, al pari del tutore, è un ufficio gratuito,
irrifiutabile ed indelegabile.
Si tratta di un curatore assistente, perché non possiede certo alcuna potestà
sull’emancipato e sull’inabilitato, ma svolge solo attività di assistenza nel
compimento di certi atti, e un controllo preventivo, stante la necessarietà del
suo consenso per gli atti di straordinaria amministrazione,art.394,e di
vigilanza ex art.397 comma2.
Chiara è in tal senso anche la giurisprudenza; si veda ad esempio
Cass.20.03.1962
n.554:”il
curatore
del
minore
emancipato
non
ha
la
rappresentanza legale del soggetto parzialmente incapace, ma lo assiste nel
compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione”.
.5.1 Investitura:
- LEGALE:art.392 nel caso di CONIUGE minore di ETA’
- GIUDIZIALE: quando non ha luogo la curatela legale; è nominato dal
tutelare con decreto.
giudice
60
.5.2. Gli atti di straordinaria amministrazione: l’atto di straordinaria
amministrazione è certamente una fattispecie complessa e diseguale; occorre
sempre la volontà dell’emancipato e quella del curatore.
Queste volontà non hanno però lo stesso peso, in quanto se manca la volontà
dell’emancipato ci ritroviamo nella fattispecie dell’art.1398 ovvero in quella
del curatore falsus procurator(per alcuni l’atto sarebbe nullo ex art.1325 n.1,e
art.1418 perché manca la volontà);se manca la volontà del curatore, l’atto è
solamente annullabile ex art.396.
La ratio è quella di considerare che l’emancipato è un soggetto parzialmente
capace.
Il curatore non ha i poteri di amministrazione, ma si limita a cooperare con
l’emancipato in quell’attività, nelle decisioni che l’emancipato prende.
In atto ci sarà l’emancipato assistito dal curatore.
Il consenso del curatore è una sorta di autorizzazione di tipo privato.
L’art.394 comma2 parla di “assistenza”, ritenuta dalla dottrina materiale come
presenza in atto; mentre l’art.394 comma3 parla di “consenso”, anche scritto, da
allegare al ricorso per l’autorizzazione.
Preferibile chi ritiene sia sempre meglio che il curatore intervenga
personalmente all’atto.
Non possono farsi donazioni ex art.774,mentre l’eredità può solo accertarsi con
il beneficio d’inventario(art.472).
Bisogna prestare particolare attenzione all’acquisto fatto con cambiali o
assegni; è richiesta l’assistenza del curatore per la sottoscrizione di cambiali
o assegni, ex artt.9 legge cambiaria e 12 legge assegno.
.5.3 Il rifiuto del consenso del curatore: abbiamo visto che per il compimento
degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (ad esempio una vendita)
occorre il consenso del curatore più l’autorizzazione
giudiziale ex art.394
c.c.
Se vi è il rifiuto del curatore di prestare il proprio consenso al compimento
dell’atto e tale diniego appare ingiustificato, il giudice tutelare potrà
nominare un curatore speciale assistente per il singolo atto ex art.395 c.c.;
tale soggetto richiederà poi l’autorizzazione ex art.375 al tribunale, ma senza
il necessario parere del giudice tutelare ex art.375 comma2,perché di fatto c’è
già stato.
.5.4
Gli
atti
di
ordinaria
amministrazione:
per
atti
di
ordinaria
amministrazione l’emancipato interviene da solo, perché in subiecta materia è
considerato soggetto pienamente capace.
Problema: nel caso di genitori entrambi emancipati, con curatore Tizio, i quali
vogliono vendere un immobile del loro figlio chi è legittimato al compimento
dell’atto?
- una tesi minoritaria sostiene che la legittimazione spetti ai
genitori
assistiti dal curatore; non vi sarebbe, in altre parole, distinzione tra
atti relativi al patrimonio degli emancipati, e quelli dei loro figli.
- secondo altra tesi si applicherà l’art.334,per analogia, perché il
curatore-amministratore svolge la sua funzione a tempo prolungato e non
temporaneo;
- secondo altri ,infine(Capozzi),si applica l’art.321,perché non si ha
cattiva amministrazione, e l’impedimento seppur prolungato, è causato da
un’incapacità parziale e non totale.
61
Problema: può il nonno donare un bene al nipote, figlio di due emancipati, con
la nomina del curatore ai sensi dell’art.356 c.c.?
Si, potrà farlo, perché il curatore art.356 si riferisce ai beni del minore non
emancipato(si tratta infatti di figlio di emancipati);ma per l’accettazione
della donazione occorrerà la nomina di un curatore speciale ex art.321(o
art.334).
.5.5. Esercizio dell’impresa: ai sensi dell’art.397 c.c. ,l’emancipato “può”
esercitare un’impresa anche di nuova costituzione, senza l’assistenza del
curatore se debitamente autorizzato dal tribunale previo parere del giudice
tutelare e sentito il curatore.
A seguito dell’autorizzazione in esame l’emancipato acquisisce di fatto la piena
capacità di agire, eccezion fatta per:
- le donazioni art.774 comma2;
- il testamento art.591 n.1;
- l’esercizio della potestà genitoria e tutoria(è un impedimento ex art.321
oppure ex art.334 per i genitori;art.350 n.1 per il tutore);
- l’accettazione dell’eredità che potrà essere effettuata solo con il
beneficio d’inventario ex art.472 c.c.(saranno quindi necessarie poi le
autorizzazioni per gli atti dispositivi dei beni ereditari
ex art.493
c.c.e747 c.p.c.).
In ogni caso il curatore non cessa dalle sue funzioni, conservando infatti il
potere di vigilanza e potendo richiedere la revoca dell’autorizzazione ex
art.397 c.c., e quello di assistenza ex artt.774 e 165 c.c.
La dottrina prevalente ritiene poi che il Tribunale possa autorizzare
l’esercizio dell’impresa da parte dell’emancipato non da solo ma con
l’assistenza del curatore in tutti i casi in cui non ritenga idoneo l’incapace
ad un esercizio esclusivo dell’attività commerciale.
CAPITOLO UNDICESIMO
L’INABILITAZIONE
.1 Definizione: è la situazione del maggiore di età al quale, a seguito di
sentenza giudiziale, viene limitata la capacità di agire.
In sostanza, si restringe la capacità di agire del maggiorenne.
.2 Ratio: proteggere gli interessi patrimoniali del soggetto
un’infermità tale da non dare luogo a pronuncia d’interdizione.
affetto
da
.3 Apertura: a seguito di sentenza(costitutiva) di inabilitazione data dal
tribunale del luogo di domicilio o residenza dell’inabilitando(art.712 c.p.c.)
Durante il procedimento il giudice istruttore può nominare un curatore
provvisorio con gli stessi poteri di quello definitivo; tuttavia, poiché
l’istanza di inabilitazione potrebbe essere rigettata è preferibile che questo
soggetto limiti la propria amministrazione al compimento degli atti che non
ammettono dilazione.
62
.4 Pubblicità: duplice annotazione nel registro delle curatele
ex art.48
d.att. c.c. e nei registri dello stato civile a margine dell’atto di nascita ex
art.423 c.c.
.5 Il curatore: a parte l’investitura, che qui è solo giudiziale, valgono per il
curatore dell’inabilitato le stesse considerazioni sopra esposte per quello
dell’emancipato.
.6 Esercizio dell’impresa: a differenza dell’emancipato
per l’inabilitato valgono le seguenti regole:
- è consentita solo la continuazione dell’impresa, e non la costituzione di
una nuova;
- agire
solo
con
l’assistenza
del
curatore,
perché
a
differenza
dell’art.397,l’art.425 non esclude l’assistenza;
- l’eventuale nomina dell’institore(anche su designazione dell’inabilitato).
Non si può interpretare nei riguardi dell’inabilitato in via analogica
l’art.397,perché è norma di tipo eccezionale.
Problema: può il cieco compiere atti giuridici quando non vi sia stata sentenza
di inabilitazione?
Si, se il soggetto non è un incapace naturale.
Prima i ciechi erano inabilitati di diritto insieme ai sordomuti; oggi invece
sono pienamente capaci salvo la disposizione di cui all’art.428.
Problema: può il genitore donare con sostituzione fedecommissaria un bene al
proprio figlio inabilitato?
No, l’art.692 ammette la sostituzione fedecommissaria solo se i soggetti sono
interdetti.
Escamotage: il genitore potrà effettuare una duplice donazione:
- donazione modale della nuda proprietà a colui che dovrà assistere
l’inabilitato, con un tale onere di assistenza e con espressa clausola
risolutiva ex art.793 comma4 per il caso di inadempimento;
- donazione incondizionata di usufrutto all’inabilitato.
Se si segue la tesi della Cassazione n.431/98 occorrerà poi provvedere alla
nomina del curatore speciale per accettare la donazione.
CAPITOLO DODICESIMO
INCAPACI E BENI EREDITARI
.1 La c.d. “fase ereditaria”: con tale termine s’intende l’arco temporale che va
dall’apertura della successione fino al momento del totale esaurimento della
procedura di liquidazione.
Stabilire quando può dirsi chiusa la suddetta fase è importante soprattutto in
relazione ai beni devoluti a minori in potestate poichè da tale momento muta,
come più avanti si vedrà, il regime autorizzatorio in relazione agli atti di
straordinaria amministrazione coinvolgenti beni ereditari.
Al riguardo è necessario distinguere tra:
- liquidazione individuale ex art.495 c.c.: è la cosiddetta liquidazione
alla spicciolata poiché l’erede paga i creditori e i legatari quando si
presentano, salvi i loro diritti di poziorità.
63
Per tale fase il codice non prevede espressamente un termine di durata;
parte della dottrina ha cercato di ovviare al problema sostenendo che la
fase verrebbe in tal caso a chiudersi con lo scadere del termine di 10
anni dall’apertura della successione (termine ordinario di prescrizione
dei crediti ex art.2946).
La dottrina preferibile è invece di contrario avviso poiché essa sostiene
la possibilità che vi siano sconosciuti creditori a termine iniziale o
sotto condizione sospensiva; essa pertanto ritiene che i beni immobili
saranno virtualmente sempre ereditari, mentre i mobili lo resteranno solo
nei 5 anni a partire dalla dichiarazione di accettazione con il beneficio
d’inventario art.493 2°comma.
-
liquidazione concorsuale art.498 c.c.:
trattasi di una procedura
liquidativa esperita dall’erede in base allo stato di graduazione che esso
all’uopo deve predisporre.
A
differenza
di
quella
individuale
qui
il
legislatore
prevede
espressamente un termine finale della fase ereditaria e precisamente
quello di 3 anni a decorrere dal giorno in cui lo stato di graduazione è
diventato definitivo ex art.502 3°comma
Problema: quando potrà dirsi terminata la fase ereditaria in caso di
sostituzione fedecommissaria?
- secondo una teoria la tutela del sostituito è data dall’art.747 c.p.c.,
quindi anche se siamo nella fase della liquidazione concorsuale, la fase
ereditaria non termina finché non opera la sostituzione.
- secondo altri l’art.747 c.p.c. non sarebbe applicabile nel caso de quo,
ciò in quanto il sostituito non è un creditore o un legatario, ma un erede
sotto la tripla condizione sospensiva(mancata revoca dell’interdizione,
premorienza dell’istituito, e adempimento dell’onere di assistenza);
quest’ultimo pertanto sarebbe tutelato dall’art.38 delle disp. di att. cc,
e non dall’art.747,cosicchè la fase ereditaria seguirà il suo corso
normale.
In ogni caso serve almeno un’autorizzazione ex art.694 (ovvero art.747 se
trattasi di fase ereditaria)del tribunale delle successioni, con il parere del
giudice tutelare del domicilio dell’istituito(in primis sempre l’interesse
dell’istituito)disponendo così anche circa il reimpiego,art.748 cpc (376)
Poi forse anche un’autorizzazione ex art.38 disp. di att.(si considera sempre il
domicilio del sostituito).
Problema: la disarmonia tra l’art.320 e l’art.374 c.c.:
come detto a suo tempo, la dottrina preferibile estende la necessità di
autorizzazione giudiziale anche agli emancipati ex art.394 comma2,agli
inabilitati ex art.424,agli interdetti e minori sotto tutela ex art.374
n.3,anche se trattasi di legati senza pesi o condizioni.
Problema: il difetto di coordinamento tra l’art.320 c.c. e l’art.747 c.p.c.:
Mentre nessuno dubita sulla prevalenza dell’art.747 sul 375, 394, 424 ad un
ampio dibattito ha dato luogo la nuova formulazione, a seguito della riforma del
diritto di famiglia, dell’art.320 c.c. nella parte relativa all’alienazione di
beni pervenuti al minore “anche a causa di morte”; trattasi di questione risolta
dalla dottrina prevalente e dalla più recente giurisprudenza della Cassazione
nel senso della necessità dell’unicità dell’autorizzazione rilasciata dal
giudice delle successioni su parere del giudice tutelare ex art.747 c.p.c.( per
una più ampia trattazione vedi supra pag.30)
E’ discusso se vi sia una surrogazione oggettiva, ossia il bene acquistato con
il prezzo della vendita di un bene ereditario rimanga comunque ereditario, e
occorra ancora l’autorizzazione ex art.747.
64
CAPITOLO TREDICESIMO
IL FEDECOMMESSO
.1 Definizione: disposizione testamentaria o donativa con la quale il disponente
impone al beneficiario l’obbligo di conservare e restituire alla sua morte i
beni allo stesso attribuiti a favore della persona o dell'ente che, sotto la
vigilanza del tutore, si è presa cura di lui.
.2 Ambito applicativo: testamento(eredità e legato) e donazione (artt.692-795
cod.civ.)
.3 Finalità: prevalentemente assistenziale (cura dell’incapace);stante tale
finalità si avrà una prevalenza dell’art.692 anche sulle norme di cui agli
artt.549 e 692 comma1,perché l’interesse prevalente non è assicurare la
legittima priva di pesi o condizioni, ma assicurare la cura dell’incapace.
.4 Fedecommesso successorio:
.4.1 Elementi costitutivi:
duplice la delazione(una immediata, l’altra differita);
ordine successivo(il sostituito succede all’istituito,
testatore e non dell’istituito)
l’obbligo di conservare e di restituire.
4) obbligo dI cura dell’incapace istituito.
ma
è
erede
del
.4.2 Natura giuridica: trattasi di un’ipotesi di delazione successiva, poiché
alla morte dell’istituito la delazione si rinnova in capo al sostituito con
efficacia ex nunc.
.4.3. L’istituito:
a) natura del suo diritto:
o alcuni, argomentando ex art.693 comma secondo c.c., ritengono sia un
diritto di usufrutto;
o altri vi individuano un’ipotesi di proprietà temporanea
o la teoria preferibile sostiene trattarsi di un caso di proprietà
risolubile.; in altri termini, l’istituito è un vero e proprio
erede, sottoposto alla triplice condizione risolutiva della mancata
revoca
dell’interdizione,
della
sua
premorienza
rispetto
al
sostituito e dell’adempimento da parte di quest’ultimo dell’onere di
cura.
b) poteri: in quanto erede, l’istituito potrà mutare la destinazione
economica dei beni e alienarli se a ciò è stato autorizzato.
I poteri di amministrazione ordinaria sono disciplinati all’art.693.
Quelli di straordinaria amministrazione trovano regolamentazione
nell’art.694 c.c.; gli atti relativi dovranno essere sempre autorizzati
ai sensi della predetta norma (l’elenco non ha carattere tassativo)nel
caso di “utilità evidente” del patrimonio, ma anche in quello di
necessità per esigenze dell’istituito, perché l’art.692 persegue
finalità di tipo assistenziali.
Discusso se sia necessaria solo una autorizzazione ex art.747 c.p.c. o
anche una ulteriore ai sensi dell’art.38 disp.att. c.c.(perché il
sostituito non è un creditore o un legatario, ma semplicemente un
delato).
c) obblighi: garanzia e inventario ex artt.1002,693 comma2.
65
.4.4. Il sostituito:
posizione giuridica: al riguardo bisogna distinguere tra:
o prima
della
morte
dell’istituito:
aspettativa
di
delazione
giuridicamente tutelata; posizione peraltro non alienabile non
essendoci delazione attuale a suo favore (sarebbe patto successorio
dispositivo ex art.458 c.c.).
Il
sostituito
potrà
conseguentemente
compiere
solo
atti
conservativi.
o
dopo la morte dell’istituito: la delazione diventa attuale ed egli
acquisisce la qualità di chiamato con i relativi poteri (
possessori, accettazione eredità,...)
La delazione è peraltro subordinata alla triplice condizione
sospensiva sopra indicata (premorienza, no revoca interdizione,
adempimento obblighi di cura); trattasi di condicio iuris non
retroattive, poiché come detto, il sostituito subentra nei diritti
dell’istituito al momento della sua morte e non da quella del
testatore(art.696).
b)obblighi(o meglio oneri): cura materiale e morale dell’incapace.
Problema: può il tutore assumere la veste di sostituito?
Parte della dottrina propende per la negativa sulla base del fatto che
diversamente ragionando si determinerebbe una coincidenza tra
controllore e
controllato
La dottrina prevalente dà al quesito risposta affermativa evidenziando che in
tal caso il controllo sarà svolto dal protutore.
.5 Fedecommesso donativo:
.5.1 Natura giuridica:
- per una tesi minoritaria è da costruirsi come una duplice donazione, ossia
per l’incapace sotto condizione risolutiva, e per il sostituito sotto
condizione sospensiva;
- per la tesi prevalente(Capozzi)è un caso di donazione modale, in cui il
modus è quello proprio di conservare e restituire, modus sotto condizione
sospensiva(della premorienza, della mancata revoca dell’interdizione e
dell’adempimento dell’onere di cura)
Non può costruirsi come duplice donazione, perché in tal caso il
sostituito dovrebbe accettare necessariamente in vita donante, ex art.1329
comma2 posto che la proposta perde efficacia con la morte e per
l’incapacità sopravvenuta, e non potrebbe essere fatta nei confronti di
persona indeterminata.
Al contrario con la donazione modale, chi si prende effettivamente cura
dell’incapace, anche dopo la morte donante, avrà il diritto, qualora le
altre condizioni si verifichino, ad accettare i beni donati.
E’ un modus, a favore di persona incerta.
Quindi è possibile anche la donazione ad in incertam personam, con
accettazione anche dopo la morte del donante.
Problema: quali autorizzazioni sono necessarie se l’interdetto beneficiato vuol
vendere un bene donato, oppure legato ex art.697 c.c.?
Deve dirsi anzitutto che nel caso de quo non potrà trovare applicazione
l’art.747 c.p.c. poiché trattasi di donazione o legato e non di beni ereditari.
66
Ciò posto, al quesito vengono date in dottrina soluzioni differenti e
precisamente:
- secondo alcuni sarà sufficiente un’unica autorizzazione ex art.694-375
n.1,autorizzazione data dal tribunale su parere del giudice tutelare del
luogo del domicilio dell’istituito,(il giudice valuterà anche gli
interessi del sostituito); qualora si scelga tale soluzione, si
evidenzieranno nel ricorso gli interessi o il mancato pregiudizio del
sostituito.
- secondo altri (Capozzi) saranno necessarie due autorizzazioni, ovvero una
ai sensi dell’art.375 e l’altra ai sensi dell’art.38 comma secondo
disp.att. (il domicilio è quello del sostituito; si tutelano qui i suoi
interessi)
- per altri ancora si userebbe lo schema dell’art.747 c.p.c., ossia il
tribunale del luogo del domicilio dell’interdetto con parere del giudice
tutelare del luogo di domicilio del sostituito.
Problema: come predisporre un meccanismo analogo al fedecommesso in caso di
beneficiari inabilitati?
Secondo una prima tesi si potrebbero fare due donazioni: una di
usufrutto a
favore dell’inabilitato, e l’altra della nuda proprietà a
favore di chi ha
avuto cura dell’incapace con l’onere delle cure e l’eventuale risoluzione nel
caso di inadempimento dell’onere(art.793 comma4); oppure sotto la condizione
sospensiva delle cure.
Altra tesi propende per un’unica donazione della piena proprietà a favore
dell’inabilitato con l’onere di conservare e restituire a chi si sarà preso cura
di lui, sotto le tre condizioni sospensive dell’istituto in esame; ciò renderà
possibile la sostituzione anche a favore di persona incerta.
Problema: cosa succede se viene posto in essere un atto senza la necessaria
autorizzazione ex art.694 c.c.?
- la dottrina prevalente propende per la nullità dell’atto(si tratterebbe di
nullità virtuale); ciò in ragione della necessità di una più incisiva
tutela del sostituito, dei creditori e dei legatari del de cuius.
Se infatti l’atto fosse semplicemente annullabile potrebbe agire solo chi
è parte del contratto e non certo i terzi, come è il sostituito.
Non è conseguentemente possibile prevedere una qualche forma di sanatoria
ma solo la rinnovazione dell’atto(art.28 legge notarile), ovviamente
previa autorizzazione e con effetti ex nunc.
- altra tesi sostiene l’annullabilità con applicazione analogica degli
articoli 322, 377 cod.civ.
- infine c’è chi ritiene che l’atto sia solamente inefficace.
Problema: cosa succede se viene posto in essere un atto senza la necessaria
autorizzazione ex art.747 c.p.c.?
In primis è necessario porre in rilievo che tale atto non potrà comportare
accettazione tacita, essendo tale forma preclusa all’incapace, dovendo
quest’ultimo accettare col beneficio d’inventario e quindi espressamente.
Venendo ora allo specifico problema, deve dirsi che diverse sono state le
soluzioni proposte in dottrina e giurisprudenza:
- per parte della dottrina(Jannuzzi, Mazzacane) e la
giurisprudenza della
Cassazione l’atto de quo è annullabile su istanza dei creditori, legatari,
e dell’incapace, entro 1 anno ex art.489); ciò in base alle disposizioni
di cui agli artt.322, 377, 396 c.c.;
- altra dottrina (Capozzi) è di contrario avviso sostenendo la nullità
dell’atto non autorizzato; ciò in quanto essa è la sanzione generale per
eccellenza, anche virtuale, mentre l’annullabilità è solo testuale;
- altri ancora (Azzariti) considerano l’atto valido, perché gli artt.747 e
493 come unica sanzione prevedono la decadenza dal beneficio.
67
Ricorda: se l’erede beneficiato non è un incapace l’atto di disposizione sarà
valido, perché l’unica conseguenza è la decadenza dal beneficio ai sensi
dell’art493.
Pertanto appare inutile richiederla se si è certi che non vi siano più creditori
insoddisfatti.
Problema: è necessario il parere del giudice tutelare nel caso di autorizzazione
ex 747 c.p.c. rilasciata al rappresentante legale dell’incapace che sia solo
chiamato non ancora accettante?
- alcuni ritengono di no, non essendo coinvolto nella fattispecie de qua
alcun attuale interesse dell’incapace essendo quest’ultimo un mero
chiamato;l’art.747 comma2 (“sentito il giudice tutelare se i beni
appartengono all’incapace”)si applica infatti solo quando i beni
appartengono all’incapace, mentre qui tale requisito difetta in toto.
-
altri(Capozzi)ritengono debba esserci il parere del giudice tutelare, per
l’evidente tutela degli interessi del chiamato incapace, che potrebbe
accettare.
Ricorda: il parere del giudice tutelare non è richiesto nei casi di alienazione
di beni ereditari da parte dei seguenti soggetti:
- esecutore testamentario
- curatore dell’eredità giacente
- chiamato non incapace
- chiamato incapace ( per la dottrina preferibile)
CAPITOLO QUATTORDICESIMO
AMMINISTRAZIONE DELL’EREDITA’PRIMA DELL’ACCETTAZIONE
.1 Natura giuridica: prima dell’accettazione l’eredità si configura come un
patrimonio senza soggetto o meglio di destinazione .
Tra il momento dell’apertura della successione e la sua accettazione si verifica
una fase più o meno lunga ma necessariamente temporanea comunemente chiamata di
“pendenza ereditaria” dovuta alla presenza di un chiamato, alla sua mancata
accettazione; essa si distingue da:
- giacenza ereditaria: caratterizzata dalla presenza dei summenzionati
requisiti ed in più dal mancato possesso dei beni ereditari e dalla nomina
del curatore
- vacanza ereditaria: quando manca il chiamato; in tal caso vi sarà
l’automatica acquisizione dell’eredità da parte dello Stato ex art.586
cod.civ.
Non manca chi, tuttavia, sostiene che non vi è mai vacanza e ciò alla luce della
retroattività dell’accettazione stessa(ma la retroattività è una fictio iuris).
.2 Finalità: provvedere alla conservazione dell’integrità giuridica ed economica
del patrimonio ereditario.
.3 Strumenti: il codice prevede una serie di mezzi allo scopo di perseguire la
predetta finalità; essi sono precisamente:
- amministrazione del chiamato ex art.460 c.c.
- curatela dell’eredità giacente ex art.528 c.c.
- esecutore testamentario ex art.706 c.c.
68
.3.1 Amministrazione del chiamato:
Anzitutto è importante evidenziare che i poteri indicati dall’art.460 cod.civ.
spettano solo al delato e non al semplice chiamato privo di delazione ( quali ad
es. il nascituro, il chiamato sotto condizione sospensiva, o in sostituzione.
Al vocato spetteranno invece le facoltà contemplate dagli artt.481 e 642 c.c.,
ossia
la
richiesta
di
provvedimenti
cautelari,
quella
di
formazione
dell’inventario, quella di apposizione dei sigilli e quella della nomina del
curatore ex art.528.
.3.1.1. Obbligo o facoltà?
La dottrina prevalente ritiene che quelli dell’art.460 siano semplici poteri,
diritti di amministrazione, e non certo obblighi
(la norma utilizza infatti
l’espressione “può” e non “deve”)
Il chiamato, possessore o meno, amministra nel proprio interesse e non è
pertanto titolare di un ufficio di diritto privato, diversamente da quanto
accade
nel
caso
del
curatore
dell’eredità
giacente
o
dell’esecutore
testamentario; l’amministrazione infatti è una facoltà e non un dovere.
Altra autorevole dottrina(Jannuzzi) distingue invece l’ipotesi del chiamato
possessore da quello non possessore; nel primo caso incomberebbe sul soggetto
non una facoltà bensì l’obbligo(art.486),perché la sua presenza non renderebbe
possibile
procedere
alla
nomina
del
curatore
dell’eredità
giacente,art.528(contra mazzacane).
.3.1.2 Titolarità: se c’è un chiamato possessore, l’amministrazione spetta solo
a lui, e non anche agli altri chiamati non possessori.
Il possesso può riguardare anche un solo bene purché sia di valore rilevante.
Se i chiamati sono due o più, si avrà un’amministrazione congiunta, ossia
occorrerà il consenso di tutti, salvo che vi sia l’urgenza dell’atto, per
analogia con l’art.700 comma2.
In tal caso l’autorizzazione può esser richiesta
anche solo da uno dei
chiamati.
.3.1.3 Ampiezza: i poteri ex art.460 sono previsti solo per gli atti
indifferibili,
urgenti,
perché
è
sempre
un
tipo
di
amministrazione
temporanea,(vendere i beni deteriorabili o la cui conservazione comporta un
grave dispendio)e/o con scopo conservativo del patrimonio ereditario.
Quanto al tipo di atto che può essere concretamente posto in essere dal
chiamato, due sono le tesi proposte:
- teoria restrittiva: tale tesi fa leva su di una interpretazione
restrittiva del secondo comma della citata disposizione e limita
conseguentemente gli atti autorizzabili solo la vendita dei beni che non
si
possono
conservare
o
la
cui
conservazione
comporta
grave
dispendio(Grosso-Burdese)
- teoria estensiva: la dottrina prevalente ritiene che la norma vada
interpretata in modo estensivo; ogni atto di straordinaria amministrazione
potrà cioè essere autorizzato purché abbia finalità conservativa o vi sia
l’urgenza, ad es. il mutuo o le obbligazioni cambiarie(non vi è carattere
tassativo nell’elenco degli atti).
Quanto poi alla natura giuridica dell’atto posto in essere, esso può
configurarsi come contratto per conto di chi spetta essendo la rappresentanza
svolta in incertam personam, ossia
del futuro erede; di conseguenza la
trascrizione andrà effettuata contro il de cuius ed a favore di chi spetta non
essendovi ancora l’erede accettante.
69
Problema: quali autorizzazioni sono necessarie nel caso di mutuo richiesto dal
minore per restaurare un bene ereditario?
- parte della dottrina ritiene operante in quest’ambito l’autorizzazione ex
art.320 c.c. e quindi il giudice tutelare del luogo del domicilio del
minore;
ciò
in
quanto
l’obbligo
della
restituzione
graverebbe
personalmente sul minore, salvo poi il diritto di questi al rimborso ex
461 cod.civ.
- altra parte della dottrina, prevalente e preferibile, applica nel caso de
quo l’art.747 c.p.c. poiché è vero che l’obbligo grava direttamente sul
minore, ma è altrettanto vero che esso grava altresì indirettamente
sull’eredità tenuta alla restituzione ex art.461 c.c.; l’autorizzazione
sarà data quindi dal giudice delle successioni (sentito il parere del
giudice tutelare se il minore ha già accettato).
.4.1. Eredità giacente:
.1 Definizione: situazione dei beni ereditari tra l’apertura della successione e
l’accettazione dell’eredità.
.2 Presupposti:
-
esistenza di un chiamato all’eredità
mancato possesso beni ereditari
mancata accettazione
nomina del curatore
Problema: è ammissibile la giacenza pro quota?
La dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate sulla possibilità della
nomina di un curatore dell’eredità giacente qualora, di fronte ad una pluralità
di chiamati, solo alcuni di essi abbiano accettato o siano nel possesso dei beni
ereditari.
Diverse al riguardo sono state le tesi:
- parte della dottrina ritiene configurabile una giacenza pro quota nella
sola ed esclusiva ipotesi di divisione dei beni ereditari da parte del
testatore mediante una divisione vera e propria (art.734 c.c.) ovvero una
institutio ex re certa (art.588 comma secondo c.c.)
- altra dottrina ammette la figura de qua solo qualora tra i vari eredi
istituiti non operi il diritto di accrescimento.
- altra tesi ammette senza riserve la giacenza pro quota argomentando come
segue:
- esigenze di tutela dei chiamati non accettanti o non possessori
- l’art.528 si riferisce all’ipotesi dell’unico chiamato e non a
quella di più chiamati
- possessore ha solo la facoltà e non l’obbligo di amministrare;
potrebbe quindi disinteressarsene con possibile grave pregiudizio
degli altri chiamati.
- altra parte della dottrina, infine, propende per la soluzione negativa
sulla base delle seguenti considerazioni:
- impossibilità di amministrare una quota senza amministrare il
tutto
- possesso/accettazione di anche uno solo dei chiamati esclude uno
dei requisiti ex art.528 c.c.
- la funzione dell’istituto è la cura/amministrazione dell’intero
patrimonio e non di una sua quota.
Tale tesi è condivisa anche dalla più recente giurisprudenza; si vedano al
riguardo Cass.19 aprile 2000 n.5113 e Cass.22 febbraio 2001 n.2611
70
Problema: cosa succede se piuttosto che un’accettazione “parziale”, di uno solo
dei chiamati, si ha il “possesso parziale”, ossia il possesso solo su singoli
beni?
In tal caso non vi è cessazione dell’ufficio, perché ex art.528 la cessazione si
verifica solo se vi è stata l’”accettazione”; il fatto che non vi siano delati
possessori è solo un presupposto per l’apertura della curatela, e non è un
elemento che deve anche persistere.
Avendo poi il possessore una semplice facoltà, e non un obbligo di amministrare,
si aderisce alla dottrina che ammette la mancata cessazione dell’ufficio e la
“giacenza pro quota”, ossia l’amministrazione sui beni su cui non vi è un
possesso del delato.
.3 Natura giuridica: la dottrina prevalente (Capozzi) e la giurisprudenza della
Cassazione configurano l’eredità giacente come un patrimonio separato, perché
distinto da quello del curatore e dei chiamati, e non è un soggetto di diritto.
Come tale, l’eventuale richiesta dei creditori e legatari di separazione dei
beni ex art.512 avrà effetto solo dopo l’accettazione dell’erede.
.4 Ampiezza:
- teoria estensiva: alcuni autori (Azzariti)ritengono che possa configurarsi
un’eredità giacente in tutte quelle ipotesi in cui l’eredità non è stata
ancora accettata, anche se c’è un chiamato possessore(art.485),o degli
amministratori ex art.643 (che sarebbero quindi dei curatori
del tipo
previsto dall’art.528); ciò alla luce del richiamo operato dall’art.644
c.c. alle norme sulla curatela dell’eredità giacente.
- teoria restrittiva: la dottrina prevalente e preferibile propende per
un’interpretazione restrittiva dell’istituto , limitandolo alla sola
fattispecie
contemplata
dall’art.528
c.c.;
il
richiamo
operato
dall’art.644 starebbe proprio ad indicare un’estensione di disciplina ad
istituti tra loro differenti, non avendo in caso contrario alcuna ragione
d’essere.
D’altra parte, mentre il curatore ha un’investitura di carattere
giudiziale, gli amministratori ex art.641 e seguenti sono tali ex lege a
prescindere da una nomina operata dal giudice (unica eccezione è quella
dell’ultimo comma dell’art.642 c.c. “giusti motivi”).
.5 Posizione del curatore: titolare di un ufficio di diritto privato così come
l’esecutore testamentario(art.700).
E’ un amministratore di un patrimonio separato (l’eredità giacente),amministrato
nell’interesse altrui(eredi, creditori
e legatari) e non è certo un
rappresentante di delati o eredi, né un amministratore portatore di propri
interessi come il delato ex art.460 cod.civ.
Proprio perché è amministratore nell’interesse altrui, gli si applicano le norme
sull’erede beneficiato ex art.531 c.c., con l’eccezione dell’art.491 c.c.; tale
ultima norma, disciplinante la responsabilità dell’erede beneficiato e
limitandola al solo caso di (dolo)o colpa grave, non è applicabile al curatore
dell’eredità giacente poiché questi, data l’altruità dell’interesse tutelato,
deve prestare una maggiore diligenza.
Per la giurisprudenza il curatore è da annoverare tra gli ausiliari del
giudice(art.68cpc)perché svolge una pubblica funzione.
“Il curatore dell'eredita' giacente.....va annoverato fra gli ausiliari del
giudice, dovendo intendersi per tale secondo la definizione datane dall'art.
68
c.p.c. ...... il
privato
esperto in
una
determinata
arte o
professione ed in generale
idoneo al compimento di atti che il giudice
non puo' compiere
da solo,
temporaneamente
incaricato
di una pubblica
funzione, il
quale
sulla
base della nomina effettuata da un organo
giurisdizionale ..... presti la sua attivita' in occasione di un processo
in guisa da renderne possibile lo svolgimento o consentire la realizzazione
delle
particolari finalita' (caratteristiche tutte riunite nella figura del
curatore dell'eredita', ove
si considerino l'impossibilita' del giudice
di
provvedere da
solo
ai
compiti di
conservazione
del patrimonio
ereditario
affidatigli dalla
legge; la conseguente strumentalita' delle
funzioni del curatore, tenuto sotto giuramento, ex art. 193 disp. att. c.p.c.,
71
a custodire e amministrare fedelmente i beni dell'eredita', sotto l'attivita'
di direzione e sorveglianza del giudice,
da esplicarsi
mediante
appositi
provvedimenti giudiziari; il provvedimento finale di chiusura della procedura,
cui
conseguono
l'approvazione del rendiconto e la consegna all'erede del
patrimonio convenientemente gestito)...... omissis..”
(Cassazione civile sez. un., 21 novembre 1997, n. 11619, in Giust. civ. Mass.
1997,2239)
.6 Nomina del curatore:
Il curatore è nominato con decreto del tribunale(e non del giudice tutelare ex
art.528 comma1)delle successioni.
L’accettazione dell’incarico da parte del curatore è necessaria perché può
certamente rifiutarsi non trattandosi di un munus publicum.
.7 Attività del curatore:
- preliminare: giuramento, inventario(art.529 c.c.) e deposito somme; il
giuramento (art.193 d.att. c.p.c.) è indispensabile affinché questi possa
avere pieni poteri, cosi come accade per il tutore.
Prima del perfezionamento dell’inventario possono compiersi solo gli atti
indifferibili, urgenti.
L’obbligo di cui all’art.529 di depositare il denaro presso le casse
postali sottolinea che se si decide di effettuarlo presso una banca,
occorrerà l’autorizzazione del giudice che darà le opportune indicazioni
circa l’istituto di credito.
- processuale: sia attiva che passiva
- liquidativa: individuale o concorsuale
La liquidazione ex art.530 potrà effettuarsi solo dopo l’autorizzazione
del giudice (Tribunale delle successioni) che stabilisce se essa debba
esser individuale o concorsuale.
L’autorizzazione agli atti liquidativi è concessa per ogni singolo caso,
salvo non sia liquidazione concorsuale.
In ogni caso il curatore deve rispettare l’ordine dei diritti di
prelazione(privilegi, ipoteche, pegni).
- amministrativa: con scopo prevalentemente liquidativo e conservativo.
Diversamente dal delato ex art.art.460, dopo l’accettazione dell’incarico
la sua amministrazione è obbligatoria e non certo facoltativa.
La conservazione non va intesa in senso fisico, ossia mantenere inalterato
e integro il patrimonio ereditario, ma in termini economici, ossia
preservarne le potenzialità economiche senza permettere che si possano
deprimere.
Quindi possono compiersi anche gli atti non urgenti purché abbiano un fine
conservativo,art.782-783 cpc(se ricorrono necessità o utilità evidenti).
Le locazioni ultranovennali non sono possibili(troppo impegnative, e non
bisogna scordare che qui siamo nel campo dell’amministrazione temporanea).
.8 L’amministrazione:
a)
ordinaria: libera e senza necessità di alcuna autorizzazione.
b)
straordinaria: è sempre necessario il controllo giudiziale preventivo
sull’atto attraverso il rilascio della necessaria autorizzazione.
Quanto alla competenza è necessario distinguere tra:
- atti di straordinaria amministrazione in genere: in tal caso il
provvedimento
sarà
emesso
dal
Tribunale
(monocratico)
delle
successioni ex art.782 c.p.c.
- vendita beni mobili: Tribunale (monocratico) delle successioni ex
art.783 c.p.c.; l’art.531 richiama infatti l’art.493 che richiede
appunto l’autorizzazione giudiziale.
72
Deve peraltro segnalarsi che parte della dottrina ritiene che essendo
la vendita di beni mobili obbligatoria, essa non necessiterebbe di
autorizzazione.
- vendita di immobili: Tribunale (collegiale)delle successioni ex
art.783 comma secondo c.c. nei soli casi di necessità od utilità
evidente.
Problema: cosa succede se l’atto viene compiuto dal curatore senza la necessaria
autorizzazione?
- parte della dottrina sostiene che essi siano annullabili in applicazione
analogica degli artt.322, 377 c.c.
- la dottrina preferibile ritiene invece che la sanzione sia quella della
nullità (virtuale) in quanto meglio tutelante l’interesse della pluralità
dei soggetti legittimati all’azione stessa.
Problema:
può
il
curatore
accettare,
previa
autorizzazione
ex
art.782c.p.c.,l’eredità con beneficio d’inventario o i legati devoluti al de
cuius e da questi non accettati o rifiutati?
La dottrina prevalente(Jannuzzi) dà al quesito risposta negativa,
potendo
l’atto di accettazione essere fatto solo dall’erede; ciò in quanto la
trasmissione ex art.479 opera solo in favore degli eredi, ossia di chi
accettando ha acquistato tale status e non prima.
.9 Rapporti con gli altri amministratori:
Appena nominato il curatore ex art.528,non si esercitano più i poteri ex art.460
c.c.; tuttavia se il delato compie un atto dispositivo questo sarà valido perché
si ritiene così ugualmente realizzata ugualmente l’accettazione(accettazione
tacita per mezzo di fatti concludenti).
D’altronde sarebbe incompatibile una simile attività con il disinteresse nei
riguardi del patrimonio ereditario.
Non si nomina il curatore ai sensi dell’art.528 se vi sono già gli
amministratori ex art.643;idem se il delato è assente, perché vi saranno i
soggetti di cui all’art.70 o nel caso dello scomparso(curatore ex art.48).
Compatibile il curatore ex art.528 con l’esecutore testamentario art.700 solo se
quest’ultimo ha poteri limitati ad una parte dei beni, altrimenti l’istituto
risulta incompatibile, perché il curatore ex art.528 è nominato solo se manca un
amministratore.
Con l’accettazione dell’eredità da parte del chiamato, tacita od espressa che
sia, si ha la decadenza del curatore dall’ufficio; controverso è se questa
avvenga automaticamente ovvero sia necessario un espresso provvedimento del
tribunale che lo ha nominato.
Esecutore testamentario
.1 Definizione: l’esecutore testamentario è il soggetto nominato dal testatore
al fine di una corretta e puntuale attuazione delle proprie volontà.
.2 Funzioni:
- curare l’esatta esecuzione delle disposizioni
testamentarie: ad es.
chiedere l’adempimento
degli oneri, formare l’inventario, apporre i
sigilli art.705 se vi sono degli incapaci, altrimenti sta alla
discrezionalità dell’esecutore fare oppure no l’inventario.
Discusso se possa anche provvedere al pagamento dei legati e dei debiti se
ciò non è stato previsto nel testamento, trattandosi di compiti degli
eredi.
- amministrare la massa ereditaria, salvo espresso divieto del testatore.
73
.3 Elementi costitutivi:
- nomina in un valido testamento
- accettazione formale (art.702 c.c.)
Nomina ed accettazione sono negozi unilaterali, formali, personali; la nomina è
altresì mortis causa e revocabile.
Anche se vi è stata accettazione, è possibile una rinunzia successiva.
Può esser nominato anche un emancipato autorizzato all’esercizio dell’impresa
art.397 e il fallito(perché
quest’ultimo non ha la disponibilità solo dei
propri beni),art.701.
Ricorda: non è richiesto il giuramento.
.4 Natura giuridica:
- parte della dottrina ritiene trattarsi di un mandato post mortem; in
contrario è stato osservato che il mandato è un contratto, mentre qui
nomina ed accettazione sono negozi unilaterali.
- altri autori lo configurano come una procura; in contrario si è osservato
che l’esecutore agisce in nome proprio e non altrui
- la dottrina prevalente e preferibile ritiene sussistente in questo caso la
figura dell’ufficio di diritto privato non rappresentativo.
.5 Amministrazione:
-
-
-
presupposto: prendere possesso dei beni ereditari: trattasi in realtà di
detenzione, poiché l’esecutore detiene nomine alieno
durata: un anno, salvo ulteriore proroga di un altro anno concessa dal
Tribunale.
La giurisprudenza ha stabilito che l’anno di attività dell’esecutore
decorre da quando
si consegue il possesso, se l’erede si rifiuta di
consegnare i beni.
“ ...ove l’esecutore testamentario non sia in grado di entrare in possesso
dei beni ereditari- avvenga ciò per il rifiuto dell’erede di procedere
alla consegna dei beni stessi o per contestazioni dell’erede sollevate
circa la validità del testamento o la nomina dell’esecutore- ......in tal
caso il termine di un anno previsto dall’art.703 c.c. non potrà cominciare
a decorrere se non dal momento in cui sarà cessata la causa
dell’impedimento.”(Cass.4 giugno 1974 n.1619)
natura: strumentale rispetto all’attuazione delle volontà del de cuius.
Sostanzialmente quindi il possesso è strumentale all’amministrazione e
quest’ultima lo è in relazione alla corretta esecuzione delle disposizioni
testamentarie.
obblighi: rendiconto (al termine della gestione o annuale se questa è
prolungata) e risarcimento dei danni, in caso di colpa, nei confronti di
eredi e legatari(art.709 c.c.)
.5.1 ordinaria: libera e senza alcuna autorizzazione.
.5.2 straordinaria: ammessa per gli atti necessari(art.703 comma 4 “atti
occorrenti”),non certo quelli che sono solo utili; sarà comunque necessaria
l’autorizzazione giudiziale.
Competenza:
- parte della dottrina distingue:
- la vendita: autorizzata dal Tribunale collegiale ex 747 c.p.c.
- gli atti di straordinaria amministrazione in genere: autorizzati
dal Tribunale monocratico ex art.782 c.p.c.
- la dottrina preferibile ritiene sussistere la competenza sempre e comunque
del Tribunale collegiale ex art.747 c.p.c.
In ogni caso l’autorizzazione sarà rilasciata sentiti gli eredi, a pena di
nullità.
74
Problema: è necessaria l’autorizzazione se gli atti sono già stati previsti e
autorizzati dal testatore?
- parte della dottrina ritiene di si (Azzariti),
- la dottrina prevalente e la giurisprudenza della Cassazione propendono per
la negativa; ciò in quanto tali atti sono espressione della volontà del
testatore e non il frutto di un’autonoma determinazione dell’esecutore.
(si veda al riguardo: Cass. n.1386/’53)
.6 La divisione(art.706):
l’esecutore, qualora sia stato incaricato dal testatore e non sia un erede o
legatario, può provvedere alla divisione dei beni tra gli eredi.
La dottrina prevalente ritiene che tale divisione abbia effetti reali, come
confermato dall’art.734(solo che qui vi è una comunione da sciogliere, mentre
nel 734 la comunione è solo un antecedente logico e non cronologico).
Altri sostengono che si tratti di un progetto di divisione con effetti
obbligatori ex art.733 c.c. che poi dovrà essere accettato e seguito dagli eredi
in un atto successivo di divisione.
In ogni caso gli eredi possono accordarsi preventivamente tra loro con una
divisione amichevole.
.7 Rapporti con altri amministratori: l’attività dell’esecutore prevale su
quella dei chiamati (possessori e non) e sull’esecutore testamentario ex art.528
c.c.; cede invece di fronte all’erede beneficiato, in quanto la funzione
liquidativa spetta a quest’ultimo e non al primo in virtù della volontà espressa
del testatore.
CAPITOLO QUINDICESIMO
L’ACCETTAZIONE DELL’EREDITA’ CON BENEFICIO D’INVENTARIO
.1 Definizione: forma di accettazione che evita la confusione dei patrimoni
dell’erede e del de cuius.
.2 Natura giuridica del beneficio: la dottrina prevalente parla di “patrimoni
separati” ossia quelli del de cuius e dell’erede.
.3 Natura giuridica dell’atto di accettazione beneficiata:
- la Cassazione e la dottrina prevalente ritengono che sia un unico negozio
con un onere accessorio; basta la sola dichiarazione di accettare con
beneficio affinché si produca l’acquisto.
- altra tesi(Lorefice) ritiene l’accettazione beneficiata sia fattispecie
complessa composta di due negozi collegati, in cui si richiede oltre alla
dichiarazione di accettazione anche la redazione dell’inventario.
Se essa non è tempestiva, tutt’al più vi può essere una conversione
formale ex lege, in accettazione pura e semplice.
In ogni caso si tratta di un atto unilaterale, non recettizio, formale, non
personale ed irrevocabile.
.4 Effetti: con il beneficio si evita la confusione dei patrimoni, e
conseguentemente la responsabilità ultra vires dell’erede; quest’ultimo, in
buona sostanza, risponderà dei debiti ereditari intra vires hereditatis (entro i
limiti di valore dell’eredità) et cum viribus hereditatis ( solo con beni
ereditari)
75
.5 Soggetti: mentre per la generalità dei soggetti l’accettazione con beneficio
d’inventario è una semplice facoltà, gli incapaci al contrario vi sono
testualmente obbligati ex artt.471 e 472 c.c.
.6 Amministrazione:
L’amministrazione dell’erede beneficiato ha una funzione prevalentemente
liquidativa (ex art.495)e conservativa, così come quella del curatore ex art.528
c.c. e diversamente da quella del chiamato ex art.art.460 c.c.
.6.1 ordinaria: libera e senza autorizzazioni.
.6.2 straordinaria: solo per necessità od utilità evidente del patrimonio
ereditario e previa autorizzazione giudiziale.
Essa è disciplinata dall’art.493 c.c.; l’elencazione ivi prevista non ha
carattere
tassativo,
ma
meramente
esemplificativo,
al
pari
di
quello
dell’art.747 c.p.c..
Di conseguenza, ogni atto di straordinaria amministrazione, purché abbia scopo
conservativo o liquidativo potrà ottenere l’autorizzazione giudiziale.
Ricorda: l’acquisto di beni è alienazione di denaro che è bene mobile, quindi è
competente il tribunale in sede monocratica, e il bene acquistato diventa
ereditario, perché si tratta di surrogazione oggettiva art.748 cpc.
.7 La liquidazione: può essere di tre tipi:
a) individuale (art.495 c.c.): è la c.d. liquidazione alla spicciolata; il
pagamento avviene in base all’ordine delle richieste, salvi i legittimi
diritti di preferenza.
b) concorsuale(art.498 c.c.): è fatta solo alla presenza
di un notaio, il
pagamento di tutti i creditori e legatari viene fatto proporzionalmente, e
non secondo l’ordine delle richieste ma rispettando le cause di prelazione.
Si individuano 4 fasi ossia si ha la verifica dello stato passivo, ovvero del
quantum dei debiti; la liquidazione dei beni ereditari per avere un attivo,
fatta con pubblico incanto o trattativa privata art.748 cpc; la formazione
dello stato di graduazione ed il pagamento dei creditori e legatari.
c) cessione dei beni ai creditori e legatari(art.507): è un trasferimento dei
poteri di amministrazione ma non della titolarità sui beni.
.8 Formalità: l’atto di accettazione beneficiata è ricevuto dal Notaio o dal
Cancelliere del Tribunale della successione o dall’ambasciata o Consolato
Italiano se all’eredità è chiamato un soggetto residente all’estero.
L’inventario(ex artt.484 comma3 e 769 cpc)è eseguito dal cancelliere del
Tribunale delle successioni, o da un notaio designato dallo stesso de cuius, o
ancora nominato dal giudice; esso deve esser fatto nei termini brevi di cui agli
artt.485 e 487.
La redazione dell’inventario è un onere e non un elemento perfezionativo della
fattispecie.
Chi non adempie tempestivamente alla redazione dell’inventario(artt.485 1° e 2°
comma,487 2°comma), decade dal beneficio(interpretazione estensiva art.505
il
cui ultimo comma prevede che la decadenza non opera ope legis ma si verifica se
è eccepita giudizialmente).
.9 L’accettazione non rituale degli incapaci:
a) accettazione pura e semplice:
- la tesi nettamente prevalente ritiene l’accettazione radicalmente nulla,
in quanto posta in essere in violazione di una norma imperativa (artt.471
o 472 c.c.).
Anche la giurisprudenza è orientata in tale senso; si veda la seguente
massima:
“L'eredita' devoluta ai minori puo' essere accettata soltanto con il
76
beneficio dell'inventario, mentre ogni altra forma di accettazione
espressa o tacita, e' nulla e improduttiva di effetti non conferendo
al minore la qualita' di erede. Pertanto, mancando la accettazione
dell'eredita' con il beneficio dell'inventario, il minore rimane
nella posizione di chiamato alla eredita', e, nel termine di
prescrizione di cui all'art. 480 c.c., il suo rappresentante legale
potra' accettare la eredita' con il beneficio d'inventario, mentre,
lo stesso minore, una volta divenuto maggiorenne, potra' accettare
senza il detto beneficio ovvero rinunciare alla eredita'.
(Cassazione civile, sez. II, 27 febbraio 1986 n. 1267, in Giust. civ.
Mass. 1986, fasc. 2, Vita not. 1986, 292.)
L’incapace rimarrà pertanto nella posizione di delato.
-
altri la ritengono valida ed efficace ma con termine di un anno dal
cessare dell’incapacità ex art.489 c.c. per potersi avvalere del beneficio
d’inventario.
altra tesi sostiene invece la totale inefficacia.
b) accettazione beneficiata senza redazione inventario:
- la dottrina prevalente e la giurisprudenza della Cassazione ritengono che non
potendo essere l’incapace un erede puro e semplice, né essere considerato un
erede beneficiato(manca l’inventario che rappresenta la garanzia essenziale per
l’erede stesso ma soprattutto per i creditori ereditari),allora si considera
come se non avesse mai accettato per ciò rimarrà nella veste di semplice
chiamato.
- altra parte della dottrina distingue tra:
- chiamato un non possessore (art.487):questo resterà un semplice chiamato
che potrà accettare entro un anno art.489,salvo la prescrizione (art.480)
o la decadenza (art.481);
- chiamato possessore (art.485) diventa un erede beneficiato, ma decadrà se
entro un anno dal cessare dello stato d’incapacità non redigerà
l’inventario (art.489 c.c.)
Riteniamo preferibile la tesi prevalente ,ossia se manca l’inventario non c’è
accettazione e si resta semplicemente delati; ciò risponde ad esigenze di tutela
di una duplice categoria di soggetti:
- l’incapace: egli rimarrà nella semplice posizione di chiamato non avendo
pertanto alcuna responsabilità per i debiti ereditari
- i creditori e legatari: perché l’amministrazione avrà in tal caso finalità
eminentemente conservativa(art.460 c.c.)
c) inventario senza accettazione beneficiata:
in tal caso l’incapace rimane nella semplice posizione di delato sia
nell’ipotesi contemplata dall’art.485 ultimo comma, che in quella prevista
dall’art.487 ultimo comma.
Tale soggetto avrà pertanto tempo un anno per accettare ex art.489,altrimenti
resterà erede puro e semplice.
.10
-
Pubblicità: l’accettazione beneficiata va:
trascritta nel luogo di apertura della successione(art.484 2°comma è
pubblicità notizia) e presso tutte le Conservatorie in cui si trovano gli
immobili ottenuti a titolo di successione.
Il titolo per la trascrizione è l’atto stesso di accettazione, ovvero la
sentenza di accertamento se l’accettazione è stata tacita.
Per il principio della continuità delle trascrizioni (art.2650),se
l’accettazione non è trascritta è pur sempre efficace, ma le trascrizioni
e iscrizioni posteriori da aventi causa dell’erede saranno efficaci ex
tunc, ossia solo
al momento della trascrizione dell’accettazione
dell’erede.
Inoltre la trascrizione dell’accettazione serve anche ad eliminare la
“buona fede” del terzo acquirente nell’acquisto dall’erede apparente ex
art.534 3°comma.
77
-
Prima della trascrizione ex 484 comma2,non è possibile procedere a
liquidazione ex art.495.
annotata nel registro delle successioni: il mancato adempimento di tale
formalità determina l’inefficacia dell’accettazione ex art.1 comma secondo
n.3 legge notarile.
.11 Legati ad incapaci:
- parte della dottrina ritiene applicabile l’art.747 c.p.c. anche nel caso
di beni pervenuti all’incapace a titolo di legato; ciò in base alla
considerazione che, diversamente ragionando, tale norma potrebbe essere
facilmente e legalmente elusa, qualora il testatore disponga dei suoi beni
solo mediante legati, con evidente pregiudizio per le ragioni dei
creditori, che non sarebbero affatto tutelate.
D’altronde, poi, prevedendo l’art.747 c.p.c. anche il previo parere del
giudice tutelare si tiene conto anche degli interessi dell’incapace
stesso.
- la dottrina prevalente e preferibile(Capozzi) propende per la soluzione
negativa sulla base del fatto che la responsabilità per i debiti ereditari
riguarda solo gli eredi (art.752 c.c.)e non i legatari (art.756).
In altri termini, i creditori ereditari hanno come loro debitori solo gli
eredi mentre i legatari possono essere solo accollanti interni, ex lege,
nelle ipotesi degli artt.art.668 1°comma e 1010 1°comma (obbligazioni
solidali improprie dal lato passivo, in quanto manca l’unità del titolo e
la comunione di interessi tipiche di ogni obbligazione soggettivamente
complessa).
L’erede è ,esternamente, l’unico responsabile verso i creditori ereditari,
ma ha diritto all’azione di regresso ex art.1299 c.c. verso i legatari,
sulla base del principio dell’indebito arricchimento, in quanto il
legatario
è
stato
liberato
da
un’obbligazione
senza
avervi
adempiuto(cosiddetto “arricchimento negativo”).
Per tutto quanto sopra detto, ne risulta che sarebbe assolutamente inutile
un’autorizzazione per l’alienazione del bene legato, essendo questa
preposta a tutela di creditori e legatari nei confronti degli eredi che,
ripetesi, sono gli unici obbligati.
D’altra parte, la responsabilità(interna) del legatario è sempre intra
vires legati.
.11.1 Acquisto del legato:
l’art.649 c.c. dispone che il legato si acquista senza bisogno di accettazione e
salva la facoltà di rinunciare; eccezioni a tale effetto acquisitivo immediato
sono considerati:
- l’art.499 ultimo comma c.c.: in base al principio che i creditori “certant
de damno vitando” rispetto ai legatari che “certant de lucro captando”
- 320 3° comma c.c.: per Jannuzzi infatti l’acquisto del legato a favore di
incapaci avverrebbe solo a seguito di accettazione necessariamente
autorizzata; mentre per Capozzi non si tratta di accettazione ma di un
atto confermativo che rende irrevocabile l’acquisto.
Problema: si applica l’rt.747 c.p.c. ai beni oggetto di collazione(ex art.737)?
Alcuni ritengono di si, ponendo l’accento sulla considerazione che essi di fatto
siano beni ereditari perché si individuerebbe una “successione anticipata”, e
partecipano alla divisione ereditaria; gli immobili saranno imputati in natura
ma possono essere assegnati anche diversamente.
78
CAPITOLO SEDICESIMO
SCOMPARSA, ASSENZA E MORTE PRESUNTA
Sono tre istituti in progressione in funzione della maggiore o minore
probabilità che sia in vita l’interessato; non è tuttavia necessario che l’una
preceda l’altra, ad es. non è indispensabile che la nomina del curatore dello
scomparso preceda la dichiarazione di assenza.
Il soggetto deve essere irreperibile, e deve esserci incertezza sull’“ubi sit et
sull’an sit”.
Sinteticamente, ed anticipando le conclusioni che seguono in ordine alla
disamina degli istituti de quo, si possono individuare tra gli stessi i seguenti
tratti differenziali:
scomparsa:
- situazione di fatto e provvisoria
- tutela i soli interessi patrimoniali dello scomparso
assenza:
- situazione di diritto e provvisoria
- tutela i soli interessi patrimoniali dello scomparso e dei suoi presunti
eredi
c) morte presunta:
- situazione di diritto e definitiva
- tutela interessi patrimoniali e personali dei presunti eredi
Pertanto:
- la scomparsa ha in comune con l’assenza di essere una situazione
provvisoria e prevista a tutela di soli interessi patrimoniali; se ne
differenzia perché è una situazione di fatto anziché di diritto.
- l’assenza ha in comune con la morte presunta di essere una situazione di
diritto; se ne differenzia in relazione alla temporaneità ed al profilo
non solo patrimoniale degli interessi tutelati.
Scomparsa
.1 Definizione: situazione di fatto derivante dall’allontanamento del soggetto
dal suo ultimo domicilio o residenza (incertezza ubi sit) e dalla contemporanea
assenza di notizie(incertezza an sit)
.2 Natura giuridica: la scomparsa è una situazione di fatto.
A differenza dell’assenza e
della morte presunta non vi è una sentenza di
“scomparsa”, ma solo la nomina di un curatore, se il tribunale ne ha accertato i
presupposti.
Ricorda: nel ricorso per la nomina del curatore allega la “denunzia di scomparsa
all’ufficio di polizia del comune di .. in ..”
.3 Il curatore: il curatore dello scomparso rientra nella categoria dei curatori
rappresentanti.
E’ titolare di un ufficio di diritto privato rappresentativo e la sua funzione è
limitata alla cura dei soli interessi patrimoniali dello scomparso.
79
Essendo la scomparsa un istituto residuale, la nomina del curatore sarà fatta
solo se non c’è altra persona, ossia un rappresentante volontario o legale che
curi già gli interessi dell’incapace.
Di conseguenza, tale nomina non si avrà se lo scomparso è un incapace, perché vi
è già il legale rappresentante il quale continuerà pertanto ad esercitare la
potestà o la tutela.
Del pari se esiste una procura speciale essa non si estingue per la scomparsa;
tuttavia la nomina del curatore si avrà solo per gli atti non contemplati dalla
procura.
Si nominerà il curatore se è scomparso un emancipato o un inabilitato, perché
qui si tratta di curatori-assistenti e non rappresentanti.
Il curatore può restare in carica anche dopo 2 anni, finché non c’è stata la
dichiarazione di assenza.
.4 Legittimazione al ricorso: legittimati all’istanza per la nomina del
curatore,(e non anche per l’accertamento della scomparsa)sono solo gli eredi
legittimi, non quelli testamentari(art.48 comma1).
La ratio è che trattasi semplicemente di scomparsa non di assenza o morte
presunta: non si creano diritti all’apertura del testamento.
.5 Competenza alla nomina: la nomina è fatta con decreto dal tribunale
ordinario.
La competenza per territorio è individuata con riferimento all’ultimo domicilio
ed all’ultima residenza dello scomparso; trattasi di fori successivi e non
alternativi, ossia ci si riferirà alla residenza, solo se risulterà ignoto il
domicilio.
Nel caso in cui domicilio o residenza siano entrambi ignoti, non ci si riferirà
alla dimora perché per essa manca il requisito della stabilità; in tal caso si
potrà eventualmente considerare la residenza dell’istante ex art.18 cpc.
.6 Amministrazione: il curatore può compiere atti di ordinaria e straordinaria
amministrazione; in particolare:
a) ordinaria: libera e senza autorizzazioni
b) straordinaria: purché abbiano scopo conservativo e previa autorizzazione ex
artt.721 e 737 c.p.c.
Scopo conservativo hanno ad esempio le divisioni citate nell’art.48, così
come i mutui o le vendite ai fini di conservazione del patrimonio.
Secondo alcuni per gli atti con scopo conservativo anche se di straordinaria
amministrazione non si richiederà alcuna autorizzazione; mentre questa è
richiesta se lo scopo non sia di tipo conservativo, ma ad es. incrementativo,
o per ragioni di convenienza, utilità.
Altra parte della dottrina (Mazzacane) e la giurisprudenza ritengono che
l’autorizzazione possa essere
richiesta e rilasciata solo
per gli atti
necessari o conservativi, ad esempio per il pagamento dei debiti, la vendita
dei beni deteriorabili(non sarebbero pertanto possibili atti di straordinaria
amministrazione giustificati da altri scopi).
Altri ancora (Jannuzzi e Santarcangelo) considerano ammissibile e necessaria
l’autorizzazione anche per gli atti utili
e indifferibili e cioè per gli
affari improrogabili.
La tesi da ultimo citata pare meritevole di accoglimento ,e comunque
l’autorizzazione si richiede in ogni caso quando vi è un atto di
straordinaria amministrazione.
Ricorda: l’autorizzazione potrebbe essere già contenuta nel decreto di nomina
del curatore da parte del giudice per i singoli specifici atti, ponendo in
essere una fattispecie analoga a quella contemplata dall’art.321 c.c.
Problema: cosa succede in caso di scomparsa dei genitori?
Se
ne
scompare
solo
uno
la
potestà
verrà
esercitata
dall’altro(art.317);viceversa se scompaiono entrambi, si avrà l’apertura della
tutela(art.343).
80
Problema: cosa succede se scompare un coniuge in regime di comunione legale dei
beni?
- parte della dottrina sostiene che in tal caso si rientri nell’ipotesi di
cui all’art.182 c.c.; la scomparsa costituirebbe cioè un impedimento che
comporterebbe l’amministrazione esclusiva del coniuge non impedito (salva
l’eventuale autorizzazione giudiziale).
Tale tesi muove dalla considerazione che per gli atti di amministrazione
dei beni in comunione legale tra lo scomparso e il coniuge, il curatore ex
art.48 non possa sostituirsi a quest’ultimo e questo in quanto ciò
verrebbe a costituire un’intollerabile intromissione di un terzo
nell’amministrazione ex art.180 c.c.
-
altra parte della dottrina tende ad ammettere la nomina in tal caso di un
curatore ex art.48 c.c.; ciò alla luce della possibilità per il singolo
coniuge di lasciare una procura all’altro ad amministrare ex art.182 c.c.
ed eventualmente anche a terzi.
.7 Redazione atto:
- interviene il curatore dello scomparso
- allegare copia autentica del decreto di nomina del curatore; tale
formalità è importante perché nel provvedimento il tribunale può ampliare
o ridurre i poteri del curatore.
- allegare copia autentica dell’autorizzazione ex artt.721 e 737 c.p.c.
Assenza
.1 Definizione: situazione di diritto dichiarata con sentenza idonea a passare
in giudicato.
.2 Presupposti:
- scomparsa da oltre due anni
- incertezza sulla sorte
- provvedimento dichiarativo del giudice
.3 Competenza:
- per materia: Tribunale ordinario Collegiale ex art.38 d.att.cod.civ
- per territorio: luogo di domicilio o residenza dell’assente od,
subordine, residenza dell’istante.
in
.4 Interessi tutelati: quelli patrimoniali dell’assente e dei presunti eredi.
.5 Effetti:
- apertura testamento
- esercizio temporaneo dei diritti
- esonero temporaneo dagli obblighi
- immissione nel possesso temporaneo
Ai sensi degli artt.50 comma secondo c.c. e 725 cpc, per l’apertura del
testamento e per l’immissione nel possesso temporaneo dei beni si richiede un
decreto del tribunale(emesso in camera di consiglio)se l’istanza è stata
proposta dagli eredi legittimi o dal pubblico ministero; sarà una sentenza del
tribunale(in sede contenziosa, ovvero in contraddittorio tra le parti)se
81
l’istanza è presentata da altri interessati,
testamentari, i creditori o i legatari.
ad
es.
i
presunti
eredi
Ricorda: l’assenza non scioglie il matrimonio, ma si avrà lo scioglimento della
comunione legale(art.191)così come la scioglimento del fondo patrimoniale se non
vi sono figli(art.171).
5.1. Immissione nel possesso temporaneo:
- soggetti: eredi legittimi e testamentari
- natura immissione: fatto giuridico autonomo con propri effetti; alcuni
(Bianca) parlano di successione provvisoria, mentre altri di fase
preliminare di successione o successione sui generis.
In ogni caso, non essendoci l’apertura della successione non si può
assimilare la fattispecie de qua a quella del curatore dell’eredità
giacente.
- posizione dell’immesso: l’immesso ha una duplice posizione giuridica
poiché da un lato amministra i beni nell’interesse dell’assente, ma
dall’altro gode le rendite nell’interesse proprio; altra dottrina parla
invece di diritto di usufrutto o di un generico diritto di godimento su
beni altrui(dell’assente).
Il diritto di cui all’art.53 c.c. è simile a quello dell’usufrutto, ma è
certamente più ampio perché sono previsti anche i poteri per mutare la
destinazione economica dei beni, l’alienazione degli stessi se è
debitamente autorizzata.
-
obblighi dell’immesso:
- cauzione: ex artt.50 comma quinto c.c. e 725 c.p.c.
- inventario: ex art.52 c.c.
Prima dell’inventario, l’immesso non ha alcun potere(art.52).
Se gli atti sono urgenti, saranno compiuti dal curatore dello scomparso
nel caso in cui sia stato nominato (Lorefice)
-
amministrazione: trattasi di amministrazione nell’interesse proprio e
dell’assente perché, come detto, l’immesso ha diritti di godimento sui
beni dell’assente(art.53 c.c.).
In particolare:
- ordinaria: libera
- straordinaria: solo per necessità od utilità evidente e previa
autorizzazione del giudice.
Discussa è la competenza a rilasciare la detta autorizzazione: la
dottrina prevalente (Mazzacane)e la giurisprudenza sostengono che
questa spetti al Tribunale dell’ultimo domicilio o residenza
dell’assente.
Per altra dottrina(Jannuzzi) lo schema è quello dell’art.747 in cui
è
richiesto
il
parere
del
giudice
tutelare
del
domicilio
dell’immesso.
Altri ancora(Santarcangelo)ritengono competente il tribunale del
domicilio
dell’immesso
e
dell’assente,
quindi
si
dovrebbero
richiedere due autorizzazioni.
La doppia autorizzazione si giustifica perché sono due gli interessi
da tutelare ossia quelli dell’assente che potrebbe tornare e quindi
si tutela la conseguente conservazione del patrimonio e quelli
dell’immesso
che
ha
diritti
simili
a
quelli
dell’istituto
dell’usufrutto art.53 che ben potrebbe divenire erede.
Per parte della dottrina, non si richiede l’autorizzazione se
trattasi di mutui non ipotecari indispensabili per la manutenzione
del patrimonio e per gli stessi atti dovuti.
-
difetto di autorizzazione: l’art.54 non prevede alcuna sanzione, sicché si
pone anche qui come altrove la necessità di andare ad individuare quale
sia l’effetto che tale assenza comporta sull’atto compiuto in violazione.
82
La dottrina prevalente propende per la nullità (virtuale); altri parlano
di annullabilità per analogia con gli artt.322,377 c.c. oppure
di
inefficacia per difetto nel potere di legittimazione ex art.1398 c.c.
-
cessazione dei poteri dell’immesso: nel caso in cui torni l’assente o si
accerti la sua esistenza (art.56)l’immissione nel possesso cessa ipso iure
non occorrendo a tal fine alcuna sentenza di revoca; qualora al contrario
si accertasse la sua morte si aprirà la successione, e diverranno attuali
i poteri dei delati ex art.460.
Se delato è l’immesso, occorrerà una sua
specifica accettazione di
eredità, perché prima si trattava di semplice amministrazione.
Problema: qual è il giudice competente per l’autorizzazione ex art.54 c.c. in
caso di assente incapace?
La dottrina prevalente ritiene sufficiente in tale ipotesi
una sola
autorizzazione ex art.54 del tribunale ordinario indipendentemente dall’atto;
ciò in quanto i rappresentanti legali agiscono non come tali ma in proprio nella
loro qualità di immessi.
Problema: qual è il giudice competente per l’autorizzazione ex art.54 c.c. in
caso di immesso incapace?
- alcuni
(Mazzacane)ritengono
necessaria
e
sufficiente
una
sola
autorizzazione
ex
art.54
del
tribunale
prevalendo
l’interesse
dell’assente;
- altri(Jannuzzi)optano per una sola autorizzazione simile a quella
dell’art.747 c.p.c., ossia del tribunale(art.54)ma sentito anche lo stesso
giudice
tutelare, per la tutela di entrambi gli interessi ovvero del
minore immesso e dell’assente.
- altri(De rosa) ritengono occorrano due autorizzazioni ex artt.54 ( a
tutela dell’assente) e 320 comma terzo (a tutela dell’incapace).
Tale tesi sembra meritevole di accoglimento poiché tiene in debito conto e
tutela gli interessi di tutti i soggetti coinvolti nella fattispecie.
Nel caso poi di continuazione dell’azienda dell’assente, si ritiene opportuna
sempre una seconda autorizzazione ex art.320 ultimo comma o ex art.371.
Problema: cosa succede se dichiarata l’assenza, nessuno chiede l’immissione dei
beni?
E’ il caso ad esempio dell’insussistenza di eredi legittimi o testamentari; in
tale evenienza si avrà l’applicazione analogica dell’art.48(scomparsa),ossia la
nomina del curatore per tutelare le ragioni dell’assente.
Problema: cosa succede se il delato è dichiarato assente?
In tal caso in primis opererà la rappresentazione, ma qualora ciò non sia
possibile, la delazione andrà a favore dei soggetti a cui spetterebbe l’eredità
in mancanza dell’assente(art.70 c.c.).
Ma se si prova che l’assente è morto dopo il de cuius, ci sarà la trasmissione
della delazione art.479 (che prevale sulla rappresentazione).
Problema: che effetto ha il ritorno dell’assente sugli atti compiuti e sulle
autorizzazioni già rilasciate ma non ancora utilizzate?
Quanto agli atti bisogna distinguere:
- ordinaria amministrazione: gli atti rimangono irrevocabili
- straordinaria amministrazione:
- autorizzata: atti irrevocabili
-non autorizzata od autorizzazione invalida: atti revocabili
Quanto alle autorizzazioni: perdono efficacia.
83
Problema: chi amministra i beni in caso di pluralità di immessi?
Il problema trova una diversa soluzione a seconda che l’assente abbia o meno
redatto un testamento.
a) testamento:
- con divisione dei beni: nessun problema; ciascun immesso amministra i beni
a lui attribuiti
- senza divisione dei beni: si applicano le norme sull’amministrazione della
cosa comune (art.1105); altra dottrina propende per l’applicazione della
norma sul mandato congiuntivo (art.1716 c.c.)
b) senza testamento: si applicano le norme sull’amministrazione della cosa
comune (art.1105); altra dottrina propende per l’applicazione della norma sul
mandato congiuntivo (art.1716 c.c.)
.6 Pubblicità: la sentenza passata in giudicato dovrà essere annotata ex artt.50
c.c. e 730 c.p.c.
.7 Norme di riferimento: artt.49-57 c.c., artt.69-71 c.c. e artt.722-725 cpc
Morte presunta
.1 Definizione: accertamento giudiziale della morte di un soggetto fondato su di
una presunzione legale.
.2 Natura giuridica: situazione di diritto accertata con sentenza dichiarativa
emessa in camera di consiglio.
.3 Caratteri:
- definitività
- estensione a diritti patrimoniali e personali
.4 Presupposti: scomparsa da almeno dieci anni ( 3 se operazioni belliche e 2 se
infortunio)
In ogni caso devono essere trascorsi nove anni dopo la maggiore età della
persona di cui si chiede la morte presunta.
.5 Competenza:
- materia:
Tribunale
ordinario
collegiale
sentito
il
Pubblico
Ministero(artt.70 n.5 cpc e 728 cpc).
- territorio: luogo dell’ultimo domicilio o residenza dell’assente o in
subordine quello di residenza dell’istante.
.6 Effetti: la morte presunta determina effetti uguali a quelli della morte
naturale.
In particolare:
- decorrenza: dal passaggio in giudicato della sentenza e dalla rispettiva
annotazione(art.730 cpc).
E’ da questo momento che corrono i termini ex art.480(dello stesso avviso
la Cassazione e la dottrina prevalente)
- apertura della successione: al momento della data accertata quale data di
morte ( effetto retroattivo); altra dottrina invece sostiene che la
successione si apra quando passa in giudicato la sentenza.
84
Ricorda: la morte è fatta risalire al giorno dell’ultima notizia, ma la
prescrizione ex art.480,decorre dal giorno in cui la sentenza è diventata
eseguibile ex art.2935 e non certo dal giorno della morte.
.7 Amministrazione dei beni: libera, tanto quella ordinaria che quella
straordinaria; sono ormai beni degli eredi e non del morto presunto.
Sono ovviamente fatte salve le disposizioni sugli incapaci e quelle sull’eredità
beneficiata in genere; a tal proposito la giurisprudenza ha stabilito che,
verificandosi nella fattispecie de qua gli stessi effetti della morte naturale,
se si tratta di erede incapace o beneficiato, l’autorizzazione richiesta è
quella degli artt.493 c.c. e 747 c.p.c.
“La
dichiarazione di
morte
presunta determina
una
vera e propria
successione "mortis
causa" dei presunti eredi
del dichiarato morto, come si
evince dalle norme dettate in ordine alla devoluzione degli elementi attivi
del patrimonio
di
quest'ultimo
ai suoi
presunti eredi
e legatari
(art.
63, 64,
69, 73
c.c.)
e dal
contrapposto silenzio
sulla sorte
degli
elementi passivi
di detto
patrimonio, spiegabile
solo con
la sottintesa
applicabilita' della
disciplina delle successioni "mortis causa". Tale
successione si apre, ai sensi degli art. 58 e
61 c.c. al momento a cui e'
fatta risalire la morte presunta, al quale, in base
al successivo art. 459
retroagiscono gli effetti
dell'accettazione
dell'eredita',
sebbene
la
delazione ereditaria abbia
luogo quando diviene eseguibile
la sentenza
dichiarativa della morte presunta (art. ex art. 63 e 64 citati).
(Cassazione civile, sez. I, 24 gennaio 1981 n. 536, in Giust. civ. Mass. 1981,
fasc. 1)
.8 Ritorno del morto presunto: se il morto presunto ritorna, gli effetti della
sentenza cessano ex nunc ex art.73 c.c.; di conseguenza:
- gli atti di amministrazione rimangono fermi
- il nuovo matrimonio eventualmente contratto dal coniuge del morto presunto
è nullo
- rivivono le obbligazioni, salvi gli effetti della prescrizione od
usucapione.
.9 Norme di riferimento: artt.58-68 c.c., artt.72-73 c.c. ed artt.726-731 cpc
Problema: cosa succede se la sentenza di
morte presunta è stata pronunciata
dopo l’assenza e gli immessi sono anche delati?
In tal caso gli immessi-delati potranno accettare l’eredità, senza alcun obbligo
di
redigere
l’inventario
ex
art.72
c.c.
perché
già
fatto
ai
sensi
dell’art.52(non sarà più un diritto ex art.53 ma si tratterà di proprietà).
85
CAPITOLO DICIASETTESIMO
La giurisdizione volontaria nei rapporti patrimoniali della famiglia
Il regime patrimoniale
.1 Definizione: complesso di norme legali o convenzionali che disciplinano la
titolarità e l’amministrazione dei beni dei coniugi.
.2 Tipi:
a)
b)
c)
d)
comunione legale: è il regime legale
comunione convenzionale:
separazione dei beni
fondo patrimoniale
I regimi patrimoniali derogatori a quello legale ( sub b,c,d,) possono adottarsi
attraverso la stipula da parte dei coniugi di apposita convenzione matrimoniale.
Le convenzioni matrimoniali
.1 Definizione: negozio giuridico col quale
contraria all'operatività del regime legale.
le
parti
manifestano
volontà
.2 Funzione: derogare al regime della comunione legale.
.3 Natura giuridica: anche se il legislatore utilizza il termine “convenzioni”
anziché quello di contratti, la dottrina prevalente ritiene che l’istituto de
quo debba ricomprendersi in questa seconda categoria; trattasi infatti di
negozio giuridico diretto a regolare un rapporto giuridico patrimoniale secondo
la definizione che l’art.1321 cod.civ. dà del contratto.
.4 Quando: le convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo, secondo le
previsioni dell’art.162 comma terzo c.c.
.5 Forma: atto pubblico (art.162 comma primo c.c.) con la necessaria presenza di
due testimoni(art.48 l.not.)
.6 Pubblicità:
- annotazione a margine dell’atto di matrimonio (art.162 comma quarto
c.c.): trattasi di pubblicità “dichiarativa” ai fini dell’opponibilità
della convenzione ai terzi.
- trascrizione nei Registri Immobiliari (ora Agenzia del Territorio) ex
art.2647 c.c. ove la convenzione abbia ad oggetto beni immobili o
mobili registrati.
Discussa in dottrina e giurisprudenza è la funzione di tale adempimento
pubblicitario;
- alcuni ritengono trattarsi pur sempre di pubblicità dichiarativa
analoga a quella dell’art.162 c.c.; ciò in quanto la prima disposizione
riguarderebbe la conoscibilità da parte dei terzi del regime adottato,
mentre la seconda informerebbe i terzi delle vicende relative al
singolo bene.
- la dottrina prevalente e la giurisprudenza ritengono invece che questa
seconda forma di pubblicità svolga una semplice funzione di pubblicità
notizia.
Si veda al riguardo la seguente decisione, in materia di fondo
patrimoniale:
“In tema di regime patrimoniale della famiglia, nella disciplina
introdotta dalla l. 19 maggio 1975 n. 151, la costituzione del fondo
86
patrimoniale prevista dall'art. 167 c.c. e comportante un limite alla
disponibilita' di determinati beni con vincolo di destinazione per
fronteggiare i bisogni familiari, va compresa fra le convenzioni
matrimoniali e, pertanto, e' soggetta alle disposizioni dell'art. 162
c.c., circa le forme delle convenzioni medesime, ivi incluso il comma
3, che ne condiziona l'opponibilita' ai terzi all'annotazione del
relativo contratto a margine dell'atto di matrimonio, mentre la
trascrizione del vincolo stesso, per gli immobili, di cui all'art.
2647 c.c., resta degradata a mera pubblicita'-notizia, inidonea ad
assicurare detta opponibilita'.
(Cassazione civile, sez. I, 27 novembre 1987 n. 8824, in Giur. it.
1989, I,1,330,1766- Riv. notar. 1988, 719- Giust. civ. Mass. 1987,
fasc. 11)
Da quanto sopra consegue che:
- se manca l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio, la
convenzione matrimoniale non sarà opponibile, quantunque sia avvenuta
la sua trascrizione
- se manca la trascrizione ma è presente l’annotazione a margine
dell’atto di matrimonio, la convenzione sarà opponibile ai terzi,
quantunque non trascritta
.7 Capacità di stipula: trattandosi di atto di autonomia negoziale, i coniugi
devono essere legalmente capaci di agire; tuttavia, in deroga al principio
generale sancito dall’art.2 c.c. (per il quale la capacità si agire si acquista
con il compimento del diciottesimo anno di età) gli artt.165 e 166 c.c.
consentono la stipula delle convenzioni anche al minore emancipato ed
all’inabilitato.
Tali soggetti interverranno personalmente all’atto, assistiti dai propri
genitori (se minore) ovvero dal curatore (se inabilitato).
Problema: è necessaria l’autorizzazione per la stipula delle convenzioni
matrimoniali da parte di soggetti limitatamente capaci di agire?
Bisogna distinguere:
- prima o in sede di matrimonio: la dottrina è pressoché unanime nel
senso della negativa
- dopo il matrimonio: anche se alcuni sostengono la positiva, la dottrina
prevalente
opta
per
la
negativa,
facendo
leva
soprattutto
sull’arbitraria disparità di trattamento che si verrebbe così a creare;
d’altra parte dagli artt.165 e 166 c.c. non emerge espressamente alcuna
necessità di autorizzazione, sicché si può ben dire che da tale punto
di vista dette norme derogano ai principi generali sanciti in materia
dagli artt.394 e 424 c.c. per gli atti di straordinaria amministrazione
di questi soggetti.
.7.2 L’interdetto e minore non emancipato
Discusso è se l’interdetto possa o meno stipulare convenzioni matrimoniali; al
riguardo:
- parte della dottrina opta per la soluzione negativa basandosi sulla
considerazione che gli interdetti non possono contrarre matrimonio
(art.85 c.c.); il problema sarebbe pertanto risolto “a monte”.
- altra parte della dottrina evidenzia invece il difetto di prospettiva
del predetto orientamento, ben potendo l’interdetto essere già sposato
al momento della pronuncia di interdizione; in tal caso la convenzione
matrimoniale potrà essere stipulata dal tutore con l’autorizzazione del
tribunale ordinario collegiale ex art.38 d.att. cod.civ oppure secondo
altri ex art.375 c.c. trattandosi di un atto assimilabile ad una
divisione.
Quanto al minore non emancipato, egli non
matrimoniali non potendo contrarre matrimonio.
potrà
stipulare
convenzioni
87
.8 La tipicità: discusso è se le convenzioni matrimoniali siano tipiche o meno;
in altri termini, ci si è chiesti se i coniugi possano stipulare convenzioni non
previste dalla legge.
Prima di dare una risposta al quesito è necessario porre in rilievo che il
discorso deve necessariamente essere limitato al contenuto dell’atto e non alla
sua forma, dato che l’art.162 cod.civ. è in questo senso tassativo nel
richiedere l’atto pubblico.
Ciò posto, si sono formati in relazione al problema che ci occupa, due
orientamenti contrapposti:
- alcuni optano per la tassatività sostenendo che gli unici casi in cui
si può derogare al regime legale sono soltanto quelli testualmente
indicati dal legislatore.
- altri sostengono al contrario l’atipicità argomentando soprattutto
dall’assenza di un divieto normativo espresso e dall’applicazione anche
nell’ambito in esame del principio generale dell’autonomia negoziale
sancito dall’art.1322 c.c.
Coloro i quali aderiscono alla tesi dell’atipicità (contenutistica) individuano
peraltro dei limiti legali non travalicabili, e precisamente quelli sanciti da:
- art.161 c.c.: le pattuizioni devono essere specifiche e non generiche
- art.180 c.c.: l’amministrazione deve comunque spettare ad entrambi i
coniugi
- art.210 c.c.: le quote devono in ogni caso essere uguali
La Comunione legale
.1 Definizione: regime patrimoniale della famiglia operante ex lege in assenza
di diversa volontà dei coniugi manifestata nelle forme previste.
.2 Natura giuridica:
- teoria soggettiva: secondo i suoi sostenitori la comunione legale
sarebbe un ente personificato dotato di una propria soggettività
giuridica; ciò alla luce del disposto dell’art.180 c.c. dove si parla
di “amministrazione e rappresentanza della comunione”
- teoria oggettiva: secondo tale tesi l’istituto de quo rientra nella
comunione ordinaria sia pur con peculiarità sue proprie, quale ad
esempio la necessaria uguaglianza delle quote ex art.194 c.c.
.3 Fondamento: la dottrina prevalente ravvisa la ragione fondante dell’istituto
nella parità morale e giuridica dei coniugi alla luce dell’art.29 della
Costituzione.
.4 Caratteri:
- esclusività: non è infatti possibile la sua contestuale presenza con
altri regimi generali della famiglia; ammissibile invece la concorrenza
con il fondo patrimoniale.
- inderogabilità della disciplina: ai sensi del combinato disposto dagli
artt.160 e 210 cod.civ.
- generalità: si applica infatti a tutti gli acquisti effettuati dai
coniugi dopo il matrimonio, salva la residuale categoria dei beni
personali ( non è quindi universale)
- vincolatività: ciascuno dei coniugi non può, in relazione ai beni
oggetto della comunione, disporne da solo ovvero alienare la propria
quota.
.5 Oggetto: la norma da prendere in considerazione è quella dell’art.177 c.c. il
quale indica quali beni siano ricompresi nella comunione legale; essi sono:
gli acquisti compiuti insieme o separatamente dai coniugi durante il matrimonio
ad eccezione di quelli relativi a beni personali.
88
Diverse sono le questioni che si pongono in relazione agli acquisti operati dai
coniugi; vediamole brevemente:
- l’atto di acquisto deve essere compiuto da entrambi i coniugi congiuntamente
oppure è sufficiente la presenza di uno solo?
Alcuni sostengono sia necessaria l’azione congiunta ai sensi dell’art.180 c.c.
disciplinante gli atti di straordinaria amministrazione; la dottrina prevalente
e preferibile ritiene invece, proprio alla luce del dettato della disposizione
in commento (“insieme o separatamente”), che sia sufficiente l’agire del singolo
coniuge, essendo l’art.180 c.c. riferibile ai soli atti di amministrazione
relativi a beni già facenti parte della comunione legale e non quelli attraverso
i quali tale appartenenza si realizza.
- in caso di acquisto da parte di un solo coniuge, la trascrizione a favore di
chi è effettuata?
Alcuni ritengono che essa debba essere fatta a favore di entrambi i coniugi in
ottemperanza al principio di continuità delle trascrizioni ex art.2650 c.c.
La dottrina prevalente e preferibile sostiene invece la sufficienza della
formalità ad esclusivo favore del coniuge interveniente all’atto; ciò in quanto
l’acquisto si comunica ex lege a favore dell’altro coniuge a prescindere dalla
esistenza o meno della trascrizione a suo favore.
- i beni acquistati a titolo originario rientrano in comunione?
Alcuni sostengono la tesi positiva argomentando dal fatto che l’art.177 non
distingue il titolo acquisitivo.
Altri optano per la soluzione negativa, sostenendo che dalla lettera della norma
si evincerebbe la ricaduta in comunione soltanto di quei beni che sono stati
acquistati quale frutto di attività negoziale compiuta dai coniugi; si
richiederebbe pertanto la presenza di un negozio traslativo.
La dottrina preferibile distingue invece a seconda della fattispecie che
concretamente viene a configurarsi, e precisamente:
- accessione, unione e commistione: in tali casi il bene acquistato non
rientra in comunione, essendo frutto dell’espansione dell’originario
diritto spettante al coniuge.
- usucapione: in siffatto caso il bene rientrerà in comunione se al
momento dello spirare del termine utile per l’usucapione i coniugi si
trovano in regime di comunione legale; questo anche nel caso in cui il
possesso ad usucapionem fosse iniziato prima del matrimonio.
- i diritti
La dottrina
da un lato
inesistenza
di credito rientrano in comunione?
prevalente e preferibile opta per la soluzione negativa argomentando
dalla natura relativa e personale di tali beni e dall’altro dalla
nel nostro ordinamento della figura della comunione di crediti
- le partecipazioni sociali rientrano in comunione?
La dottrina preferibile opera una distinzione tra:
- società di persone: la relativa partecipazione non sarà oggetto di
comunione immediata ma soltanto di quella de residuo.
- società di capitali: la partecipazione cadrà in comunione immediata;
bisogna peraltro distinguere a seconda che essa sia trasferibile o
meno:
nel primo caso (trasferibile) oggetto della comunione sarà la
partecipazione stessa
nel secondo caso ( intrasferibilità) oggetto della comunione sarà il
suo valore, con conseguente diritto del coniuge non acquirente a
ricevere dall’altro una somma di denaro pari alla metà del valore della
partecipazione acquistata.
I frutti dei beni personali di ciascun coniuge percepiti e non consumati al
momento dello scioglimento della comunione
I proventi di attività separata non consumati e quindi esistenti al momento
dello scioglimento
Le aziende gestite da entrambi e costituite dopo il matrimonio
89
.6 I beni personali
.6.1.La non universalità della comunione legale è ben evidenziata dalla presenza
dell’art.179 c.c. il quale indica – in maniera tassativa- quali beni, nonostante
la presenza del regime della comunione legale, rimangano comunque personali di
ciascun coniuge.
.6.2.Ratio: la dottrina ritiene che la ragione giustificatrice della norma in
oggetto sia da rinvenire da un lato nel voler consentire ai coniugi una più o
meno ampia e vicendevole indipendenza economica, e dall’altro, nella mancanza di
qualche apporto da parte dell’altro coniuge nell’acquisto delle sotto indicate
categorie di beni.
.6.3. Vediamo allora quali sono questi beni personali:
beni di cui il coniuge era proprietario prima del matrimonio o rispetto ai quali
era titolare di un diritto reale di godimento
beni acquistati successivamente per donazione o successione , salva diversa
volontà del donante o del de cuius.
Quanto alle donazioni, dottrina e giurisprudenza ritengono che la norma si
applichi anche a quelle indirette; si vedano al riguardo:
“Il
tenore
letterale
dell'art. 179
lett. b),
c.c. che parla
di
"liberalita'" e non di "donazione" non consente di limitarne la portata
alle sole liberalita' previste dall'art. 769 c.c. Consegue che
la peculiare
struttura
della
donazione indiretta non è assolutamente incompatibile con
l'applicazione dell'art. 179 lett. b c.c.
(Cassazione civile sez. I, 15 novembre 1997, n. 11327, in Giust. civ. Mass.
1997,2183)
“La donazione indiretta consiste nell'elargizione di una liberalita' che viene
attuata, anziche' con il negozio tipico dell'art. 769 c.c., mediante
un
negozio oneroso
che produce, in concomitanza con l'effetto diretto che
gli e' proprio ed in collegamento con altro negozio, l'arricchimento animo
donandi
del destinatario della liberalita' medesima.
Ne
deriva che non
sussiste un'ontologica incompatibilita' della donazione indiretta con la norma
dell'art. 179 lett. b)
c.c., sicche'
il
bene oggetto di
essa
non
deve necessariamente rientrare nella comunione legale”.
(Cassazione civile sez. I, 8 maggio 1998, n.4680 in Giust. civ. Mass. 1998, 984)
Quanto alla successione mortis causa, discusso è il caso del lascito effettuato
dal testatore a favore di entrambi i coniugi ma senza fare alcun riferimento
alla comunione tra gli stessi esistente; in tale ipotesi si ritiene giustamente
che i beni vadano attribuiti ai coniugi in regime di comunione ordinaria,
mancando la “specificazione” richiesta dalla legge.
c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori:
La stretta personalità deve essere intesa:
- anzitutto in senso oggettivo: cioè quale naturale destinazione del bene
all’uso esclusivo del solo coniuge e, qualora tale criterio non sia
sufficiente a chiarire la natura personale del bene,
- in senso soggettivo: cioè in relazione all’effettivo utilizzo del bene
programmato dai coniugi.
d) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge.
.1 Anzitutto è necessario distinguere tra:
- beni professionali: sono quei beni che servono all’esercizio di una
professione liberale;
- beni aziendali: sono quei beni destinati all’esercizio di un’impresa.
Mentre i primi sono totalmente esclusi dalla comunione legale, i secondi – come
vedremo più avanti- cadono in comunione de residuo.
90
Ai fini dell’esclusione rileva l’effettiva destinazione e non quanto dichiarato
in atto dal coniuge acquirente.
.2 Diverse questioni si sono poste in relazione a siffatta tipologia di beni:
- i beni immobili possono essere considerati beni professionali?
Parte della dottrina risponde negativamente ritenendo rientranti nella categoria
solo quelli che stricto sensu servono all’esercizio della professione (ad
esempio: apparecchiature mediche, computer,...)
La dottrina prevalente sostiene invece la tesi positiva argomentando dalla
mancanza di una distinzione operata in tal senso dal legislatore e quindi
dall’arbitrarietà di una esclusione di siffatti beni dalla categoria di quelli
professionali.
- cosa succede se cessa l’uso al quale il bene era destinato?
Alcuni (Morelli) ritengono che il bene entri a far parte della comunione.
La dottrina preferibile sostiene invece la permanenza della qualità personale
del bene, non incidendo sulla stessa il mutamento di destinazione.
.3 Formalità: al fine di evitare la caduta in comunione è necessaria una
espressa dichiarazione:
del coniuge professionista acquirente: necessariamente in atto
dell’altro coniuge: anche successivamente
e)i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno o pensione.
L’esclusione deve essere contenuta nei limiti indicati dalla norma; in
particolare, con riferimento alle pensione, rientrano trai beni personali solo
quelli ottenuti in virtù di un rapporto assicurativo per la perdita totale o
parziale della capacità lavorativa, con esclusione di ogni altra indennità
percepita dal lavoratore.
Di conseguenza, rientreranno in comunione de residuo ex art.177 lett.c) ad
esempio il tfr od il sussidio di disoccupazione, quali diverse forme di
retribuzione.
f) i beni acquistati col prezzo o lo scambio di beni personali.
Al fine di escludere dalla comunione la presente categoria di beni, si rendono
necessari determinati requisiti; in particolare è necessario distinguere a
seconda del tipo di bene che viene acquistato:
- bene mobile non registrato:
- la natura personale del bene utilizzato per l’acquisto
- la dichiarazione del coniuge acquirente: necessariamente in atto
- bene immobile o mobile registrato:
- la natura personale del bene utilizzato per l’acquisto
- la dichiarazione del coniuge acquirente: necessariamente in atto
- la dichiarazione del coniuge non acquirente: in atto o successivamente;
possibile anche ottenere una sentenza di accertamento in caso di
rifiuto del coniuge di effettuarla.
Ricorda: la Cassazione, in una nota sentenza, ha ritenuto sufficiente, al fine
dell’esclusione, la obbiettiva natura personale del corrispettivo:
“La obiettiva certezza del carattere personale del bene corrispettivo,
trasferito da uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, a
titolo di permuta (nella specie terreno edificabile, avuto in donazione dalla
madre, con
due
appartamenti
da realizzare
sullo stesso),
esclude
la
necessita'
che
il
coniuge acquirente
debba rendere
espressamente,
all'atto
dell'acquisto,
la dichiarazione prevista
dall'art. 179 comma 1,
lett. f) c.c., prevista a tutela dei terzi,
onde
garantirsi
la
personalita'
(per "surrogazione")dell'acquisto medesimo. Nella fattispecie,
detta obiettiva certezza esclude,
inoltre,
che ai
fini della personalita'
dell'acquisto sia necessaria la partecipazione dell'altro coniuge; ragion per
cui non e' richiesta
dichiarazione alcuna, da parte di quest'ultimo, a norma
dell'art. 179
comma ultimo
c.c.,
prevista a tutela dei terzi. Tale
dichiarazione
non avrebbe
comunque
natura
dispositiva, ma tutt'al piu'
ricognitiva.
(Cassazione civile sez. II, 8 febbraio 1993, n. 1556 in Riv.
notar. 1995, 233)
91
.6 Pubblicità: la comunione legale soggiace ad una pubblicità negativa, nel
senso che la sua presenza risulta dalla mancanza di annotazioni a margine
dell’atto di matrimonio.
.7 Amministrazione:
nell’ambito dell’amministrazione dei beni della comunione legale, il legislatore
ha utilizzato il cosiddetto “sistema diarchico” attribuendo ad entrambi i
coniugi il potere - dovere di amministrare; in particolare tale potere potrà
essere esercitato con diverse modalità a seconda del tipo di atto da compiere e
cioè:
- ordinaria amministrazione: ciascun coniuge potrà porre in essere da
solo il relativo atto
- straordinaria amministrazione e diritti personali di godimento:
compiuto da entrambi i coniugi congiuntamente.
Problema: è possibile da parte di uno dei coniugi conferire procura ad
amministrare i beni della comunione legale?
Parte della dottrina sostiene la negativa argomentando dal carattere personale
dell’amministrazione.
La dottrina prevalente ammette invece tale possibilità sulla base dell’assenza
di qualsivoglia divieto espresso del legislatore.
Quanto al tipo di procura, sembra preferibile aderire alla tesi che ammette il
conferimento della sola procura speciale.
Quanto infine ai soggetti, la dottrina preferibile ammette il conferimento
esclusivamente tra coniugi, con esclusione quindi dall’amministrazione di
persone estranee.
Ricorda: in ogni caso, ove non si ritenga ammissibile la procura, si potrà
utilizzare la figura del nuncius (cd “procura specifica”).
.8 Ipotesi di amministrazione esclusiva di un solo coniuge
.8.1 Rifiuto del consenso
L’art.181 c.c. dispone che, nel caso di rifiuto di un coniuge al compimento di
un atto di straordinaria amministrazione nell’interesse della famiglia o
dell’azienda, l’altro possa adire il giudice onde ottenere l’autorizzazione alla
stipula da solo dell’atto.
Tale disposizione introduce pertanto una deroga al principio del doppio consenso
per gli atti di straordinaria amministrazione, consentendone il compimento ad un
solo coniuge previamente autorizzato.
Presupposti:
- rifiuto immotivato del coniuge
- atto necessario (e non soltanto utile)
- atto singolo ( e non contrasto sull’intera amministrazione)
Competenza: Tribunale ordinario (ex art.38 d.att) del luogo di residenza della
famiglia, sentito il pubblico ministero.
Ricorda: il coniuge viene autorizzato al compimento dell’atto, ma non ha
l’obbligo di farlo, potendo astenersi ovvero porre in essere un diverso atto
congiuntamente all’altro.
Ricorda: l’illegittimo rifiuto può costituire ipotesi di cattiva amministrazione
e legittimare la domanda di separazione giudiziale dei beni ex art.193 c.c.
Problema: cosa succede nel caso in cui uno dei coniugi sia minore emancipato?
Bisogna distinguere a seconda che il rifiuto provenga dall’emancipato o dal
maggiorenne:
- nel primo caso (dall’emancipato): troverà applicazione la procedura di
cui al descritto art.181 c.c.
- nel secondo (dal maggiorenne): in tal caso si utilizzerà non l’art.181
ma l’art.395 con conseguente nomina di un curatore speciale da parte
del giudice tutelare e salva l’eventuale ulteriore autorizzazione del
tribunale.
92
Problema: cosa succede nel caso in cui entrambi i coniugi siano minori
emancipati?
In tal caso troverà applicazione la procedura di cui all’art.181 c.c. con la
sola variante che il relativo ricorso sarà presentato dal minore debitamente
assistito dal proprio curatore.
.8.2 Impedimento
L’art.182 c.c. dispone che, in caso di lontananza od altro impedimento di uno
dei coniugi, l’altro possa compiere da solo un atto per il quale è richiesto il
consenso di entrambi, qualora si tratti di un atto necessario e sia stato
autorizzato dal giudice ovvero il coniuge impedito abbia rilasciato previamente
procura ad amministrare.
Presupposti applicativi:
- impedimento rilevante: può essere sia materiale che giuridico, ma in
ogni caso deve avere il requisito della temporaneità; qualora si
trattasse di impedimento definitivo si applicherebbe il successivo
art.183 c.c. con conseguente esclusione dall’amministrazione del
coniuge impedito
- assenza di procura
- necessità dell’atto: vengono pertanto esclusi gli atti soltanto utili.
Ricorda: analogamente alla fattispecie di cui all’art.181 c.c., anche qui il
coniuge viene autorizzato al compimento dell’atto, ma non ha l’obbligo di farlo,
potendo pertanto astenersi; non potrà invece porre in essere un atto diverso da
quello autorizzato.
Competenza: Tribunale ordinario (ex art.38 d.att) del luogo di residenza della
famiglia, sentito il pubblico ministero.
.8.3 Esclusione
L’art.183 c.c. disciplina il caso dell’esclusione di uno dei coniugi
dall’amministrazione dei beni comuni; essa può essere:
a) facoltativa (primo comma): essa può essere richiesta dal coniuge non impedito
nei seguenti casi:
- coniuge minore (ovviamente emancipato)
- coniuge ha male amministrato
- coniuge non può amministrare
b) di diritto( ultimo comma): nel caso di coniuge interdetto
Come precedentemente detto, l’impedimento legittimante una pronuncia di
esclusione deve avere il carattere della stabilità od essere comunque di lunga
durata.
Competenza: Tribunale ordinario (ex art.38 d.att) del luogo di residenza della
famiglia, sentito il pubblico ministero.
Problema: può l’inabilitato essere escluso dall’amministrazione?
Parte della dottrina sostiene la negativa, ritenendo applicabile in tal caso la
disposizione dell’art.182 c.c. con conseguente autorizzazione ad acta del
coniuge non inabilitato.
Altra parte della dottrina ritiene invece estensibile la normativa dll’art.183
anche al caso dell’inabilitato facendolo rientrare nella categoria di coloro i
quali non possono amministrare.
Problema: cosa succede nel caso di coniuge inabilitato non escluso?
Al riguardo bisogna distinguere tra:
ordinaria amministrazione: per tali atti il minore avrà piena capacità
straordinaria amministrazione: in tal caso diverse sono state le soluzioni
adottate dalla dottrina:
- alcuni ritengono che, non essendo stato escluso, egli abbia la piena
capacità al compimento dell’atto
- altri sostengono la necessità, oltre alla volontà dell’emancipato,
anche del consenso del curatore e la necessità dell’autorizzazione ex
art.394 c.c.; essendo, almeno normalmente, il curatore l’altro coniuge,
93
-
si esclude la sussistenza di un conflitto d’interessi, essendo gli
stessi convergenti.
altra dottrina infine ritiene operante in tali casi la previsione
dell’art.182, considerandosi l’emancipazione alla stregua di un
impedimento temporaneo.
.9 La violazione delle regole sull’amministrazione:
Il mancato rispetto delle regole sancite dal codice in materia di straordinaria
amministrazione dei beni della comunione legale comporta una reazione
differenziata dell’ordinamento a seconda del tipo di bene coinvolto nell’atto
concretamente posto in essere; l’art.184 c.c. distingue infatti tra:
- bene mobile non registrato: l’atto compiuto sarà valido, ma il coniuge
è obbligato alla ricostituzione della comunione nello stato in cui era
prima del compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, al
pagamento dell’equivalente secondo i valori correnti all’epoca della
ricostituzione .
- beni immobili o mobili registrati: l’atto compiuto e non convalidato
dall’altro coniuge sarà annullabile su istanza di quest’ultimo entro il
termine di un anno dalla sua conoscenza e comunque entro un anno dalla
sua trascrizione.
Problema: la norma dell’art.184 si applica ai soli contratti dispositivi con
effetti reali oppure anche a quelli con effetti obbligatori?
Il problema si è posto soprattutto in relazione al contratto preliminare
immobiliare, relativamente al quale sussiste difformità di vedute in dottrina e
giurisprudenza.
La giurisprudenza pressoché costante ritiene operante l’art.184 c.c. anche in
questo caso, muovendo dalla considerazione che, essendo possibile un’esecuzione
in forma specifica del contratto preliminare, la sua stipula dovrebbe essere
equiparata a quella di un definitivo traslativo.
“Il
contratto preliminare di vendita di un bene immobile della comunione
legale tra coniugi, stipulato da un coniuge senza la partecipazione od il
consenso dell'altro, e' soggetto alla disciplina dell'art. 184
c.c.;
esso
quindi non e' assolutamente inefficace nei confronti
della comunione, ma
soggetto all'azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente.”
(Cassazione civile sez. I, 17 dicembre 1994, n. 10872 in Riv. notar. 1996, 550)
La dottrina dal canto suo opta per una diversa soluzione argomentando
dall’erroneità del presupposto cui fa riferimento la giurisprudenza e cioè
quello della possibile esecuzione ex art.2932; tale ultima norma invero trova
applicazione esclusivamente “qualora sia possibile e non esclusa dal titolo”.
Ebbene qui ciò che manca è proprio la possibilità, poiché il trasferimento
coattivo del bene non potrà avvenire né pro quota (essendo essa indisponibile)
né per l’intero (mancando il consenso dell’altro coniuge).
L’atto sarà quindi valido ma inefficace per difetto di legittimazione del
contraente.
Problema: l’art.184 si applica anche agli atti di acquisto compiuti da un solo
coniuge?
La dottrina prevalente e la giurisprudenza danno al quesito risposta negativa,
ritenendo
che
le
norme
degli
artt.180-184
c.c.
trovino
applicazione
esclusivamente a beni già facenti parte della comunione.
Conferma di ciò è data dalla disposizione dell’art.177 lett.a) dove si parla di
acquisti compiuti dai coniugi “insieme o separatamente”
A maggior ragione la predetta disposizione non si applicherà al preliminare di
acquisto.
Si veda al riguardo:
“L’art.184 c.c. non è applicabile al contratto preliminare di acquisto di un
bene immobile compiuto da uno dei coniugi senza il consenso dell’altro, perché
da esso sorgono solo diritti di obbligazione, per loro natura estranei alla
comunione legale dei beni” (Cass.civ. sez. II 14 novembre 2003 n.17216, in
Riv.not. 2004, 476)
94
.10 Scioglimento:
Le cause di scioglimento della comunione legale sono tassativamente indicate
nell’art.191 c.c.; esse possono essere distinte in tre gruppi:
a) legali: operano di diritto al verificarsi dei presupposti; esse possono
attenere:
- al vincolo: scioglimento, annullamento, separazione personale
- alla persona: morte, assenza, fallimento
b) giudiziali: è il caso della separazione giudiziale dei beni ex art.193 c.c.
volontarie: attraverso la stipula delle convenzioni matrimoniali della comunione
convenzionale o della separazione dei beni ex art.162 c.c.
.10.1 La situazione dopo lo scioglimento:
Discussa è la situazione giuridica nella quale si vengono a trovare i beni già
oggetto di comunione legale al momento dello scioglimento della stessa.
Varie sono state le opinioni in dottrina; esporremo le principali:
- la dottrina prevalente e la giurisprudenza meno recente della
Cassazione ritengono che i beni cadano immediatamente in comunione
ordinaria.
- altra parte della dottrina sostiene
che i beni si trovino in una
situazione analoga a quella nella quale versano i beni sociali durante
la fase della liquidazione
- altri parlano di situazione analoga alla comunione ereditaria
- altra ancora ritengono sussistere una comunione atipica di carattere
transitorio
- la giurisprudenza più recente della Cassazione individua nella
fattispecie de qua una ultrattività della comunione legale fintanto che
i coniugi non abbiano provveduto alla divisione.
Si veda al riguardo:
“La divisione dei beni oggetto della comunione legale fra coniugi,
conseguente allo scioglimento di essa.......si effettua in parti
uguali......(omissis)..non potendosi applicare in questo caso la
disciplina della comunione ordinaria”
(Cass.civ. sez.I 24 luglio 2003 n.11467, in Riv.not. 2004, 152)
.10.2 La ricostituzione della comunione
Questione ampiamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza è quella della
ricostituzione della comunione dopo il suo scioglimento, in particolar modo in
relazione
alla
fattispecie
della
separazione
personale
e
successiva
riconciliazione dei coniugi.
Mentre in generale si può sostenere che venuta meno la causa di scioglimento, la
comunione si ricostituisca automaticamente, notevoli perplessità suscita proprio
il caso della separazione personale; in relazione ad essa diverse sono state le
tesi proposte:
- alcuni ritengono che la riconciliazione non faccia venire meno gli
effetti prodotti dalla separazione sulla comunione legale; sicché ove i
coniugi, a seguito della riconciliazione intendano farla rivivere,
dovranno stipulare un’apposita convenzione matrimoniale.
In questo senso anche la giurisprudenza di merito; si veda:
“La
riconciliazione
avvenuta tra i coniugi gia' consensualmente
separati non determina automaticamente il ripristino dell'antecedente
regime di comunione legale, ostandovi esigenze di tutela dei terzi, i
quali non possono certamente acquisire contezza certa di un fatto
cosi'
personale ed intimo qual'e' la riconciliazione; tuttavia,
qualora
in
seno ad
un
atto d'acquisto concluso
dopo
la
riconciliazione
il coniuge stipulante dichiari espressamente di
trovarsi in regime di comunione legale, regime da lui voluto, non
v'e' ragione per escludere che tale regime sia stato reinstaurato.”
(Tribunale Catania 31 luglio 1990, in Dir. famiglia 1991, 640)
-
altri ritengono che la comunione si ricostituisca automaticamente con
effetti retroattivi en tunc.
95
-
-
altri ancora distinguono a seconda che la separazione sia stata o meno
pubblicizzata; nel primo caso la ricostituzione sarà automatica, mentre
nel secondo si renderà necessaria un’apposita convenzione.
la giurisprudenza pressoché costante della Cassazione propende invece
per la ricostituzione automatica della comunione con effetti non
retroattivi; essa muove dalla considerazione che venuta meno la causa
di scioglimento non possono che esserne eliminati gli effetti
prodottisi.
Si vedano in merito:
“Posto che, ai sensi dell’art.191 c.c., la separazione personale dei
coniugi costituisce causa di scioglimento della comunione dei beni, una
volta rimossa con la riconciliazione tale causa, si ripristina
automaticamente tra le parti il regime originariamente adottato, con
esclusione di quegli acquisti effettuati durante il periodo della
separazione” (Cass.civ. sez.I, 12 novembre 1998 n.11418)
“La riconciliazione dei coniugi separati, già in regime di comunione
legale, comporta il ripristinarsi tra gli stessi, con efficacia ex
nunc, del regime patrimoniale della comunione legale. Peraltro, in
mancanza di una adeguata forma di pubblicità, la ricostituzione del
regime patrimoniale della comunione legale non è opponibile ai terzi di
buona fede che abbiano acquistato a titolo oneroso da uno dei coniugi
che, in atto, si sia dichiarato separato dall’altro coniuge e in regime
di separazione dei beni ”
(Cass.civ. sez.I, 5 dicembre 2003 n.18619, in Riv.not. 2004, 996)
La tesi della ricostituzione automatica della comunione lascia spazio ad un
ulteriore problema: quello della sua pubblicità e della sua opponibilità ai
terzi.
Al riguardo è necessario distinguere le due ipotesi di riconciliazione:
a)
con
dichiarazione
espressa:
in
tal
caso
l’opponibilità
deriverà
dall’annotazione della dichiarazione a margine dell’atto di matrimonio ex
art.69 del D.P.R. n.396/00
b)
con dichiarazione tacita (o comportamento concludente o riconciliazione di
fatto): in tal caso sarà necessaria un’apposita dichiarazione in atto dei
coniugi di essere in comunione legale; la Cassazione sostiene infatti
l’inopponibilità della ricostituzione ai terzi di buona fede che la
ignorassero.
Problema: che natura giuridica ha l’eventuale convenzione di ricostituzione
della comunione legale?
Alcuni ritengono che si tratti di una vera e propria comunione convenzionale di
cui all’art.210 c.c.
Altri invece sostengono trattarsi di una vera e propria convenzione atipica; la
comunione convenzionale infatti altro non sarebbe (secondo la dottrina
preferibile) se non una comunione legale modificata, ma qui la comunione non
sussiste più e quindi nulla vi sarebbe da mutare.
.11 La comunione de residuo
.11.1 Definizione: la comunione de residuo può essere definita come quella
particolare forma di comunione che si instaura su determinate categorie di beni
al momento dello scioglimento della comunione legale.
.11.2 Ratio: contemperare le esigenze della vita familiare con quelle del
singolo coniuge.
.11.3 Oggetto: costituiscono oggetto di questa anomala figura di comunione
96
-
-
i frutti dei beni personali di ciascun coniuge percepiti e non
consumati al momento dello scioglimento della comunione (art.177
lett.b)
i proventi di attività separata non consumati e quindi esistenti al
momento dello scioglimento (art.177 lett.c)
i beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi
costituita dopo il matrimonio e gli incrementi di quella costituita
precedentemente se sussistono al momento dello scioglimento.
.11.4 Natura giuridica: discussa è la natura giuridica del diritto che viene
attribuito al coniuge al momento dell’instaurazione della comunione de qua; al
riguardo due sono le tesi principalmente proposte:
- alcuni ritengono che essa comporti l’automatico instaurarsi di una
situazione di comproprietà relativamente ai beni che ne sono oggetto
- la dottrina preferibile sostiene invece che la comunione de residuo
determini soltanto il sorgere di un diritto di credito del coniuge non
proprietario alla corresponsione di una somma di denaro pari alla metà
del valore dei beni che ne sono oggetto
La comunione convenzionale
.1 Definizione: regime patrimoniale della famiglia alternativo a quello della
comunione legale.
.2 Natura giuridica: discussa è la qualificazione giuridica dell’istituto in
esame; al riguardo si contendono il campo tre teorie:
- teoria del regime autonomo: i suoi sostenitori ritengono che la
comunione convenzionale costituisca un regime patrimoniale del tutto
svincolato dallo schema della comunione legale ed ad esso alternativo.
- teoria della comunione legale modificata: altri autori ragionano nel
senso di una mera modificazione della comunione legale; ciò alla luce
della rubrica dell’art.210 c.c. che parla testualmente di” modifiche
convenzionali alla comunione legale dei beni”
- teoria dualista: altri infine riconoscono all’istituto de quo una
duplice natura giuridica, a seconda della fattispecie concretamente
posta in essere dai coniugi; se essi introducono mere modificazioni non
si potrà parlare di regime autonomo, mentre diversamente dovrà dirsi
nel caso in cui i coniugi introducano un regime comunitario volto a
disciplinare il complessivo assetto dei loro rapporti patrimoniali.
.3 Limiti: le limitazioni all’autonomia dei coniugi sono ben evidenziate dalla
norma dell’art.210 c.c. e precisamente:
- pattuizioni specifiche: il primo comma della norma dispone infatti che
i patti dei coniugi non debbono essere in contrasto con l’art.161 c.c.
il quale testualmente prevede il divieto di pattuizioni generiche in
ordine ai propri rapporti patrimoniali.
- limiti oggettivi: il comma secondo della norma in oggetto dispone che
non possono formare oggetto di comunione convenzionale i beni di cui
alle lettere c), d), e) dell’art.179 c.c.; trattasi dei beni:
- di uso strettamente personale
- professionali
- ottenuti quale risarcimento del danno o quale pensione
attinente alla perdita totale o parziale della capacità
lavorativa.
- amministrazione beni ed uguaglianza quote: ai sensi dell’ultimo comma,
non sono derogabili le disposizioni relative all’amministrazione dei
beni della comunione (artt.180 e ss c.c.) e quelle circa l’uguaglianza
delle quote (art.194 c.c.)
97
.4 Forma: trattandosi di una vera e propria convenzione matrimoniale sarà
necessaria la stipula a mezzo di atto pubblico (art.162 c.c.) con l’assistenza
di testimoni (art.48 l.not.)
.5 Pubblicità
annotazione a margine dell’atto di matrimonio ex art.162 c.c.
trascrizione nei registri immobiliari:
- della convenzione: ex art.2643 n.3 se ampliativa
ex art.2647 se restringe
- dell’atto di trasferimento immobiliare successivo alla stipula della
convenzione.
Chiara al riguardo è la seguente sentenza del Supremo Collegio:
L'art. 2647
c.c. - che
prescrive la trascrizione
delle convenzioni
matrimoniali,
relative ad
immobili, che
escludono i
beni medesimi dalla
comunione tra
i coniugi
impone la
trascrizione di
dette convenzioni
insieme con gli acquisti di singoli beni effettuati a titolo personale a
parziale
deroga
di
un
preesistente
regime generale
di comunione
patrimoniale.......(omissis)...”
(Cassazione civile, sez. I, 22 gennaio 1986 n. 397, in Giust. civ. Mass. 1986,
fasc. 1 - Giust. civ. 1986, I,989. - Vita not. 1986, 263 - Dir. famiglia 1986,
492)
La separazione dei beni
.1 Definizione: analogamente a quanto detto per la comunione convenzionale,
anche la separazione dei beni può essere definita come un regime patrimoniale
della famiglia alternativo a quello della comunione legale.
.2 Caratteri:
- titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio (art.215
c.c.)
- completa autonomia gestionale (art.217 comma primo c.c.)
.3 Fonte:
- convenzionale: a mezzo di stipula da parte dei coniugi di
convenzione matrimoniale.
- legale: in caso di assenza, fallimento, separazione personale
coniugi.
- giudiziale: nell’ipotesi contemplata dall’art.193 c.c.
una
dei
.4 Forma: trattandosi anche in tal caso di una vera e propria convenzione
matrimoniale sarà necessaria la stipula a mezzo di atto pubblico (art.162 c.c.)
con l’assistenza di testimoni (art.48 l.not.)
.5 Pubblicità:
annotazione a margine dell’atto di matrimonio ex art.162 c.c.
trascrizione nei registri immobiliari ex art.2647 e 2685 c.c.: tale pubblicità
dovrà essere effettuata subito qualora nella comunione legale siano compresi
beni immobili o mobili registrati; in caso contrario sarà effettuata
successivamente, nel momento in cui sia posto in essere da parte di uno dei
coniugi un atto di natura immobiliare.
Ricorda: dopo la trascrizione della convenzione, in sede di acquisto immobiliare
sarà sufficiente una sola trascrizione ex art.2643 c.c., non essendo più
necessaria anche quella ex art.2647 c.c.
Si veda al riguardo:
“.......(omissis)...una
volta
adottato
il
regime
di
separazione
patrimoniale, restano esclusi dall'obbligo di trascrizione previsto dall'art.
2647 c.c. gli acquisti immobiliari operati successivamente in via esclusiva da
98
uno dei due coniugi ancorche' sia richiamato il prescelto regime (generale) di
separazione.”
(Cassazione civile, sez. I, 22 gennaio 1986 n. 397, cit.)
CAPITOLO DICIOTTESIMO
IL FONDO PATRIMONIALE
.1 Definizione: complesso di beni destinati dal loro titolare a far fronte ai
bisogni di una determinata famiglia.
.2 Norme di riferimento: artt.167-171 cod.civ.
.3 Natura giuridica:
- è patrimonio separato con le seguenti caratteristiche:
- di destinazione: i beni sono destinati a soddisfare i bisogni
della famiglia (art.168 c.c.)
- permane fino allo scioglimento del matrimonio o comunque sino alla
maggiore età dell’ultimo figlio
- l’amministrazione è regolata dalle norme sulla comunione legale
(artt.180 seguenti richiamati dall’art.168 ultimo comma)
- è convenzione matrimoniale: sia pur se complementare; il fondo infatti, a
differenza delle altre convenzioni matrimoniali che hanno un regime di
esclusività, può sussistere congiuntamente ad un regime generale dei rapporti
tra coniugi, sia esso la comunione legale, la separazione dei beni o la
comunione convenzionale.
- non ha soggettività giuridica: i beni rimangono in proprietà del costituente
o del/i coniugi; ciò differenzia l’istituto in esame dalla fondazione:
quest’ultima infatti è dotata di una sua soggettività ed i beni entrano a far
parte del suo patrimonio.
.4 Oggetto: l’art.167 c.c. prevede testualmente che oggetto del fondo possano
essere soltanto determinati beni immobili, mobili registrati e titoli di
credito.
.4.1. ipotesi discusse:
- azienda: no, in quanto l’art.167 parla di beni determinati; al limite
conferibili solo beni aziendali determinati
- pertinenze: si, qualora si tratti di pertinenze immobiliari
- titoli di credito infruttiferi: alcuni sostengono la tesi negativa,
considerato che l’art.168 parla di frutti e quindi sembrerebbe ammettere
solo i titoli fruttiferi; la dottrina prevalente è al contrario
possibilista ben potendo tali titoli assolvere allo scopo di mantenere la
famiglia, ad esempio mediante una loro alienazione e successivo reimpiego
del prezzo.
- beni della comunione legale: alcuni ritengono di no argomentando dal
fatto che si verrebbe a modificare l’inderogabile regime della comunione
legale in relazione a tali beni; la dottrina prevalente ammette invece
tali beni quale oggetto di fondo patrimoniale facendo leva sulla
considerazione che essi non sarebbero più assoggettati al regime della
comunione legale, ma ne verrebbero estromessi per essere sottoposti al
regime proprio dell’istituto in esame.
- diritti reali limitati: alcuni ritengono di no, stante la loro
temporaneità poco congeniale agli interessi della famiglia; la dottrina
prevalente, al contrario, li ammette eccezion fatta per l’enfiteusi (in
99
quanto contratto a prestazioni corrispettive) e la servitù (stante la sua
incedibilità separata)
.5 Costituzione: il fondo patrimoniale può essere costituito per testamento o
per atto inter vivos, da terzi ovvero da uno od entrambi i coniugi (art.167
primo comma); vediamo nel dettaglio le singole ipotesi:
a) per testamento: solo il terzo e non il coniuge, perché il matrimonio si
scioglie per la morte di uno di essi.
- mezzo: - costituzione reale dal testatore
- legato reale ai coniugi con onere di costituire i beni in fondo
-istituzione ereditaria/legato ad un terzo con onere di costituzione
del fondo
- accettazione: secondo alcuni la costituzione per testamento non dovrebbe
essere oggetto di accettazione, essendo quest’ultima prevista solo per
l’atto inter vivos; la dottrina prevalente sostiene invece la necessità di
un’accettazione espressa del fondo anche quando costituito per testamento e
ciò in quanto esso costituisce una convenzione matrimoniale, la quale com’è
noto richiede il necessario il consenso di entrambi i coniugi ex art.163
c.c.
b) con atto inter vivos:
b1) da un terzo:
- prima del matrimonio: in tal caso la costituzione è sottoposta
alla condizione sospensiva legale della celebrazione del matrimonio;
è meglio pertanto che il costituente indichi un termine massimo
entro il quale essa deve verificarsi.
L’accettazione
dei
coniugi
potrà
intervenire
sia
prima
del
matrimonio che dopo di esso; in ogni caso è meglio farla prima in
modo da rendere irrevocabile per il costituente l’atto dispositivo.
- durante il matrimonio: anche in tal caso sarà necessaria
l’accettazione dei coniugi, essendo la fattispecie de qua ben
distinta dalla donazione obnuziale (art.785 c.c).
Si discute solo se l’accettazione debba essere notificata al
costituente: parte della dottrina propende per la negativa stante il
silenzio
sul
punto
serbato
dall’art.167
c.c.;
la
dottrina
prevalente, al contrario, opta per la soluzione positiva, ritenendo
applicabile in tal caso l’art.782 comma secondo c.c.
In ogni caso è meglio, ove possibile, far intervenire il costituente
nell’atto pubblico di accettazione, così da eliminare ogni genere di
contrasto sul punto.
b2) da entrambi i coniugi: in tal caso l’accettazione non sarà necessaria
in quanto trattasi di convenzione matrimoniale stipulata direttamente
dagli interessati
b3) da un solo coniuge: l’unico problema che si pone in tal caso è se
l’atto di costituzione sia subordinato all’accettazione dell’altro
coniuge; al riguardo:
- parte della dottrina ritiene di no, basandosi sul fatto che da un lato
l’accettazione è testualmente prevista per la sola costituzione ad opera
del terzo e che dall’altro il fondo comporta solo poteri e non doveri per
i coniugi(produrrebbe cioè solo effetti favorevoli)
- la dottrina prevalente ritiene di si, basandosi sulla più volte
menzionata
considerazione
che
trattasi
comunque
di
convenzione
matrimoniale.
.6 La proprietà dei beni: essa può essere dal costituente attribuita ad entrambi
i coniugi, ad uno solo od essere riservata a se stesso od a terzi.
100
Vediamo separatamente le singole ipotesi:
- ad ENTRAMBI i coniugi: è l’ipotesi normale
costitutivo
se
nulla
è
detto
nell’atto
-
ad UN SOLO coniuge: se espressamente indicato nell’atto costitutivo; in tal
caso sarà comunque necessaria l’accettazione di entrambi i coniugi in quanto,
da un lato, trattasi di convenzione matrimoniale e, dall’altro, comunque il
godimento e l’amministrazione vengono attribuiti ad entrambi.
Ricorda: è necessario tenere distinti l’atto di costituzione del fondo ( che
dovrà essere accettato da entrambi) e l’atto di attribuzione della proprietà
(che sarà accettato dal solo coniuge beneficiario)
-
ad un TERZO ( costituente o terzo in genere): in tal caso oggetto del fondo
sarà esclusivamente il godimento del bene, diritto qualificabile come un
usufrutto sui generis.
.7 L’alienazione dei beni del fondo: l’art.169 c.c. distingue a seconda che vi
siano o meno figli minori e che vi sia o meno una diversa previsione dell’atto
costitutivo; nello specifico:
- no figli minori: alienazione libera con il consenso di entrambi i coniugi
- si figli minori: necessario il consenso congiunto di entrambi i coniugi
unitamente all’autorizzazione del giudice.
.7.1 Competenza:
- in genere: Tribunale ordinario ex art.38 d.att. del luogo di domicilio o
residenza dell’interessato e cioè dei figli minori ex artt.45-43 c.c.
- in caso di scioglimento del fondo e permanenza dello stesso per la presenza
di figli minori: Tribunale per i minorenni ex art.171 comma secondo c.c. (“il
giudice può dettare......norme per l’amministrazione del fondo).
.7.2 deroghe all’art.169 c.c.:
- la dottrina prevalente sostiene sia ammissibile escludere solo il consenso
congiunto: tale tesi muove dalla considerazione che l’autorizzazione
giudiziale sia inderogabile in quanto funzionale alla tutela da un lato dei
creditori del fondo e dall’altro a quelli della famiglia nel suo complesso.
- altri ritengono derogabile la sola autorizzazione: il consenso congiunto
sarebbe per tale tesi imprescindibile alla luce delle norme sulla comunione
legale ex artt.180 e seguenti c.c.
- altri infine ritengono possibile escludere entrambi i requisiti: tale teoria
muove dall’ampia portata letterale della norma (“se non è stato espressamente
consentito nell’atto di costituzione”) che sembra non porre limiti alla
derogabilità
Ricorda: se c’è la deroga al consenso congiunto bisogna tenere presente la
spettanza del diritto di proprietà, e precisamente:
- proprietà ad un solo coniuge: soltanto lui può alienare
- proprietà ad entrambi i coniugi: il singolo coniuge potrà alienare soltanto
la quota di un mezzo e non l’intero.
.7.3 Sanzione per l’alienazione senza rispettare le regole previste dall’art.169
c.c.:
- alcuni ritengono l’atto non nullo ma soltanto inefficace
- la dottrina preferibile propende invece per la nullità dell’atto, in quanto
posto in essere in violazione di una norma imperativa (cd. nullità virtuale)
Ricorda: per la dottrina prevalente non si applica la convalida ex art.184 c.c.
101
.8 Cessazione del fondo: il primo comma dell’art.171 cod.civ. indica quali cause
di estinzione l’annullamento, lo scioglimento e la cessazione degli effetti
civili del matrimonio.
E’ discusso se l’elencazione fatta dalla predetta norma sia tassativa o
meramente esemplificativa, soprattutto in relazione alla nota questione dello
scioglimento convenzionale; al riguardo diverse sono state in dottrina le tesi
proposte:
- alcuni sostengono la teoria negativa facendo leva sulla pretesa tassatività
dell’elencazione dell’art.171 c.c.
- altri propendono per la positiva sostenendo al contrario la non tassatività
della norma
- altri ancora sostengono la tassatività dei casi indicati nell’art.171, ma al
contempo ammettono lo scioglimento convenzionale del fondo alla luce della
libera modificabilità delle convenzioni matrimoniali ex artt.162-169 c.c.
- altri distinguono:
- se non ci sono figli: non ammesso lo scioglimento convenzionale a
causa della indisponibilità del vincolo che verrebbe appunto a cessare
- se ci sono figli: ammesso lo scioglimento perché il fondo comunque
durerà fino alla maggiore età dell’ultimo figlio
- la dottrina prevalente infine distingue tra:
- presenza di figli: ammesso lo scioglimento ma solo se a termine
iniziale coincidente con la maggiore età dell’ultimo di essi
- assenza di figli: ammesso senza limiti
.9 Pubblicità:
- annotazione a margine dell’atto di matrimonio ex art.162 c.c.
- trascrizione dell’atto di trasferimento ai coniugi ex art.2643: sia che si
tratti di piena proprietà che di semplice diritto di godimento(usufrutto sui
generis); è comunque un diritto reale
- trascrizione dell’atto costitutivo del fondo ex artt.2647 e 2685 cod.civ.
Ricorda: ovviamente la trascrizione vale solo se oggetto del fondo sono beni
immobili o mobili registrati.
CAPITOLO DICIANNOVESIMO
ESERCIZIO DELL’IMPRESA DA PARTE DI INCAPACI
.1 Il legislatore da un lato ammette che anche gli incapaci possano svolgere
attività imprenditoriale ma dall’altro circonda tale fattispecie di una serie di
cautele volte ad evitare, per quanto possibile, un pregiudizio per il patrimonio
dello stesso.
La disciplina codicistica che andremo ad esaminare si applica esclusivamente
all’esercizio, in forma individuale o collettiva, di un’impresa commerciale,
mentre per quella non avente tale requisito(es. impresa agricola) vigeranno le
norme generali in materia di autorizzazione agli atti di straordinaria
amministrazione.
.2 Norme di riferimento:
- impresa individuale: artt.320 comma 5,371 comma 3,397,424 e 425
102
-
-
impresa collettiva: art.2294 (per le s.n.c ma anche per le s.a.s stante il
rinvio ex art.2315) che richiama le norme per l’impresa individuale nonché
gli artt.38 e 208 disp.att.c.c.
art.2198: regola la pubblicità dell’autorizzazione nel registro delle imprese
sia per l’impresa individuale che per quella collettiva.
.3 Fondamento norme: si cerca il giusto equilibrio tra due opposte esigenze
ovvero:
c) tutelare gli incapaci data l’aleatorietà dell’attività imprenditoriale e
soprattutto il rischio di fallimento a cui potrebbero esser assoggettati;
d) salvaguardare la libertà di iniziativa economica e le esigenze dei traffici
commerciali
.4 Ambito applicativo:
- imprese commerciali piccole e non piccole: parte della dottrina esclude
l’applicazione delle citate norme in caso di piccola impresa stante il fatto
che esse, ex art.1 l.fall. sono sottratte al fallimento; la dottrina
prevalente e preferibile ritiene errata tale tesi in virtù ,da un lato, della
facilità con la quale la piccola impresa può trasformarsi in impresa mediogrande e quindi essere soggetto fallibile, e dall’altro, alla luce del fatto
che gli articoli in esame non operano alcuna distinzione al riguardo.
- Imprese agricole: per espressa previsione normativa le disposizioni in
commento operano solo in caso di impresa commerciale; sicché, in relazione a
quelle agricole, gli atti di straordinaria amministrazione dovranno essere
autorizzati secondo le regole ordinarie.
.5 Presupposto: il codice richiede due imprescindibili presupposti al fine
dell’autorizzazione giudiziale all’esercizio dell’impresa, e precisamente:
- che l’impresa preesista
- che l’azienda ad essa relativa faccia già parte del patrimonio dell’incapace.
.5.1 La preesistenza dell’attività di impresa: il legislatore ha testualmente
escluso la possibilità per l’incapace di intraprendere ex novo un’attività
d’impresa; ciò in quanto il giudice non avrebbe in tal caso un parametro per
valutare la convenienza ed i rischi per il patrimonio dello stesso.
Dispongono infatti gli artt.320, 371, 425 cod.civ che l’incapace può solo
“continuare” l’esercizio dell’impresa commerciale, con divieto pertanto di
costituire un’impresa ex novo.
Eccezioni al predetto presupposto sono:
- l’art.397 c.c. che in materia di emancipati consente a tali soggetti anche la
costituzione ex novo e non solo la continuazione
- l’impresa non commerciale: ignorata dal legislatore per i minori rischi cui
assoggetta l’imprenditore (no fallimento)
- i casi in cui pur essendosi in presenza di attività oggettivamente
commerciale, non sussiste tuttavia responsabilità illimitata (es.spa, srl,
accomandante di sas o sapa)
.5.2 L’appartenenza dell’azienda all’incapace: l’azienda può essere in
titolarità dell’incapace per averla questi acquistata prima o dopo l’insorgere
di tale situazione; in particolare:
a)prima della pronuncia di incapacità: si pensi ad esempio al caso
dell’imprenditore pienamente capace che venga successivamente interdetto.
b)durante lo stato di incapacità: l’azienda in tal caso può essere acquistata:
- a titolo gratuito(per successione mortis causa o donazione)
- a titolo oneroso: secondo qualcuno non sarebbe possibile per l’incapace
acquistare a titolo oneroso un’azienda commerciale
essendo possibile per
questi solo l’acquisto gratuito; ciò alla luce sia della pretesa tassatività
delle forme di investimento ex art.372 c.c. e sia soprattutto dell’art.371
n.3 ove si parla solo di “aziende che si trovano nel patrimonio”.
Secondo la tesi prevalente invece non può precludersi all’incapace una tale
possibilità poiché si tratterebbe da un lato di un investimento di capitali
ex art.372(sarebbe un “investimento diverso”) che potrebbe essere anche molto
103
produttivo, e dall’altro non deve sottovalutarsi il fatto che l’art.371 n.3
non poteva esprimersi diversamente; esso
afferisce infatti alla fase
iniziale della tutela(Jannuzzi).
Se così fosse si dovrebbe escludere ogni azienda acquistata successivamente
anche per successione e donazione.
.5.3 Il regime autorizzatorio per l’acquisto dell’azienda:
azienda ereditaria: tre autorizzazioni
- accettare eredità: dal giudice tutelare; valuta interessi dell’incapace
- esercizio dell’impresa: dal tribunale ordinario ( o per i minorenni in
caso di tutela); abilita l’incapace all’attività commerciale
- utilizzo beni ereditari: dal tribunale delle successioni ex art.747
c.p.c. su parere del giudice tutelare.
azienda per donazione o legato: due autorizzazioni
- accettare liberalità: dal giudice tutelare
- esercizio dell’impresa: dal tribunale ordinario ( o per i minorenni in
caso di tutela); abilita l’incapace all’attività commerciale
azienda a titolo oneroso: due autorizzazioni
- all’acquisto oneroso: dal giudice tutelare
- all’esercizio dell’impresa: dal tribunale ordinario ( o per i minorenni
in caso di tutela); abilita l’incapace all’attività commerciale
.6 Destinazione dell’azienda:
a) chi decide: bisogna distinguere le diverse ipotesi a seconda della tipologia
di soggetto incapace coinvolto:
- minore in potestà: i genitori congiuntamente ex art.320
- tutela(minori ed interdetti): giudice tutelare ex art.371
- emancipato ed inabilitato: gli incapaci assistiti dal curatore ex artt.397
e 425 c.c.
b) modalità di destinazione: ai sensi dell’art.371 n.3 il giudice(o la persona a
cui spetta) può optare su tre scelte anche se realmente le soluzioni possibili
risultano esser quattro ossia:
- continuare l’impresa;
- alienare la stessa;
- liquidarla;
- affittare l’azienda.
c)regime autorizzatorio: dipende dal tipo di scelta operata in ordine alla
destinazione, e precisamente:
- continuazione: sempre il tribunale(ordinario o per i minorenni)
- alienazione e liquidazione: regolata secondo le normali competenze in
materia di atti di straordinaria amministrazione (artt.320,375,394 c.c.);
tale ultima conclusione vale anche per il caso di interdetti e minori
sotto tutela, relativamente ai quali la questione è in realtà controversa:
- la dottrina preferibile ritiene appunto che, oltre al decreto col
quale il giudice tutelare stimi preferibile alienare l’azienda ex
art.371 n.3,occorrerà l’autorizzazione del tribunale ex art.375
perché è sempre un’alienazione di beni;
- altri(Capozzi e Santarcangelo) ritengono sufficiente il decreto
del giudice tutelare.
affitto:
secondo
la
teoria
prevalente
sarà
necessaria
per
l’autorizzazione per gli atti dispositivi(artt.320,375,394 c.c);per altra
tesi competente sarà il giudice tutelare ex art.374 c.c. in quanto
l’affitto verrebbe considerato alla stregua di una locazione.
La tesi prevalente muove dalla considerazione che l’affitto d’azienda,
anche
se
infranovennale,
è
sempre
un
atto
di
straordinaria
104
amministrazione, perché l’affittuario ha diritto anche di alienare i beni,
le merci consumabili, sostituire macchinari(art.375).
Il rischio è quello della dispersione dei beni, soprattutto per ciò che
riguarda l’avviamento e l’ampio potere di gestione nonché il potere stesso
di disposizione dei beni merce e di sostituzione di quelli fissi.
In sintesi, come emerge da quanto sopra, le differenze tra gli artt.320 comma 5
e 371 sono evidenti; è facile osservare infatti
che l’art.320 comma 5 indica
competente il tribunale ordinario, e sono i genitori a decidere se continuare,
affittare.
L’art.371 invece dice esser competente il tribunale dei minorenni, ed è il
giudice tutelare a decidere quale strada sia più giusto prendere.
In ogni caso, l’art.371 al n.3 parla di “convenienza”, da intendersi come
utilità evidente.
.7 L’autorizzazione all’esercizio in particolare:
- ha carattere generale: riguarda infatti tutti gli atti di ordinaria e
straordinaria amministrazione pertinenti l’impresa che pertanto non dovranno
essere successivamente nuovamente autorizzati.
- deve essere pubblicizzata nel Registro Imprese ex art.2198 c.c.
- imprenditore: tale qualità viene assunta esclusivamente dall’incapace.
Si verifica, in buona sostanza, una dissociazione tra titolarità ed esercizio
dell’impresa, spettando quest’ultimo al legale rappresentante dell’incapace,
il quale assumerà una posizione analoga a quella dell’institore.
- rilasciata solo per la continuazione(salvo il caso del minore emancipato):
- competenza: per territorio competente è il giudice del domicilio o residenza
dell’incapace, essendo questi il soggetto nel cui interesse è richiesto il
provvedimento.
Per materia, bisogna distinguere a seconda del tipo di soggetto incapace:
- minori sotto potestà: Tribunale ordinario ex 320 comma 5 su parere
del giudice tutelare
- minori sotto tutela: Tribunale per i minorenni ex art.371 comma
terzo c.c.; ricorda che il parere del giudice tutelare qui è già
stato rilasciato nella sua decisione di continuare l’azienda
spettante all’incapace.
- emancipati ed inabilitati: Tribunale ordinario ex artt.397 e 425
c.c. su parere del giudice tutelare
- interdetti: la dottrina prevalente ritiene che la competenza
spetti al Tribunale ordinario ex art.38 d.att. non essendo il
tribunale per i minorenni deputato a curare gli interessi dei
maggiori di età, sia pur se interdetti; in sostanza vi sarebbe un
difetto di coordinamento tra gli artt.371,424 e 38 d.att. c.c.
Altra dottrina ritiene invece sussistere la competenza del Tribunale
dei minori, non potendosi da parte dell’interprete svalutare il dato
normativo che applica ad entrambi gli incapaci la medesima
disciplina.
In ogni caso ricorda che il parere del giudice tutelare qui è già
stato rilasciato nella sua decisione di continuare l’azienda
spettante all’incapace.
.8 L’esercizio da parte dell’emancipato e dell’inabilitato in particolare:
- gli emancipati (art.397 c.c.): tali soggetti gestiscono direttamente
l’impresa anche senza l’assistenza del curatore; l’impresa potrà altresì
essere costituita ex novo.
E’ opinione comune che l’art.397 c.c. costituisca norma eccezionale, la cui
ratio si riferisce solo al precoce sviluppo del minore; non sarebbe quindi
applicabile alla categoria degli inabilitati.
105
La dottrina prevalente (Mazzacane) ritiene che il giudice possa in ogni caso
autorizzare l’esercizio dell’impresa con l’assistenza del curatore, e anche
nominare un institore come nell’art.425,al fine di evitare ad es. la
liquidazione l’alienazione o l’affitto d’azienda.
- gli inabilitati (art.425 c.c.): tali soggetti svolgono l’attività d’impresa
sempre con l’assistenza del curatore per tutti gli atti ad essa relativi siano
essi di ordinaria o straordinaria amministrazione; in più si renderà necessaria
l’autorizzazione del giudice se l’atto non rientra nell’oggetto sociale o non è
pertinente all’attività svolta.
Conseguentemente, per evitare ritardi e inconvenienti, il giudice può prevedere
la nomina di un institore, ai fini di una direzione unitaria e rapida
dell’impresa; tale nomina dovrà essere fatta direttamente dall’inabilitato con
l’assistenza
del
curatore,
ma
si
discute
se
sia
necessaria
o
meno
l’autorizzazione giudiziale:
- parte della dottrina sostiene che l’inabilitato debba necessariamente
munirsi dell’autorizzazione del giudice tutelare essendo la nomina un atto di
straordinaria amministrazione;
- la dottrina prevalente e preferibile sostiene la non necessità
dell’autorizzazione giudiziale, poiché la nomina rappresenta atto pertinente
l'impresa e quindi ricompreso nella generale autorizzazione del Tribunale.
L’institore ha poteri generali, salvo i limiti di cui all’art.2204 c.c.; per
citare qualche esempio si può pensare all’alienazione e alla dazione di ipoteca
che spetta solo all’inabilitato con il suo curatore, previa autorizzazione del
tribunale ordinario ex art.394 comma.3.
Per parte della dottrina l’institore non può essere il curatore, perché il
curatore ha poteri di controllo e vigilanza sull’attività dell’institore.
Ricorda: per l’impresa non rileva la distinzione tra atti di ordinaria e
straordinaria amministrazione perché essa è attività dinamica, diversamente
dall’amministrazione in senso stretto del patrimonio che riguarda una concezione
statica dello stesso.
Di conseguenza:
- per l’esercizio collettivo dell’impresa (società)l’unico distinguo è quello
tra atti rientranti o meno nell’oggetto sociale e l’autorizzazione sarà data
una tantum per gli atti ricompresi nell’oggetto sociale;
- per l’impresa individuale, il limite non riguarda l’oggetto sociale, ma gli
“atti pertinenti all’esercizio dell’attività d’impresa”.
Ma una nuova autorizzazione sarà necessaria se cambiano le condizioni di
rischio, ad es. per il trasferimento della sede sociale ovvero per il mutamento
del tipo di attività effettivamente svolta.
.9 L’esercizio provvisorio:
- finalità: evitare un pregiudizio per l’impresa nelle more del
procedimento di autorizzazione
- competenza: sempre il giudice tutelare ex artt.320 e 371 c.c.
- ammesso per: minori (in potestate o sotto tutela) ovvero interdetti; non
consentito per emancipati ed inabilitati
.10 Il fallimento dell’incapace:
qualora l’incapace assuma la qualifica di imprenditore commerciale egli sarà
ovviamente assoggettabile alle eventuali procedure concorsuali ed al fallimento.
Com’è noto il fallimento produce sia effetti personali che patrimoniali; al
riguardo, la dottrina prevalente ritiene che:
- quelli patrimoniali vadano attribuiti all’incapace
- quelli personali, con fine sanzionatorio, gravino sul rappresentante legale;
è il caso ad esempio della temporanea incapacità all’elettorato(art.2 della
legge n.223/67),all’assunzione di impieghi statali (art.2 comma quinto della
legge n.3/57)
Secondo parte della dottrina (Galgano),le conclusioni cui giunge la dottrina
prevalente sarebbero ingiuste perché i minori non emancipati e gli interdetti, a
106
differenza degli emancipati e inabilitati, non esercitano personalmente
l’impresa essendo l’esercizio stesso svolto solo tramite i propri rappresentanti
legali; ecco perché tali autori preferiscono assoggettare al fallimento non
l’incapace ma il suo rappresentante legale.
.11 Mancanza od inefficacia dell’autorizzazione: la carenza od improduttività di
effetti del provvedimento autorizzatorio produce conseguenze diverse a seconda
del tipo di incapace coinvolto nella fattispecie, e precisamente:
- totalmente incapace (interdetto, minore in potestate, pupillus):
in tal caso l’esercizio avviene tramite il rappresentante legale e la carenza di
autorizzazione
comporterà
l'assunzione
della
qualità
di
imprenditore
esclusivamente in capo ad esso
- parzialmente capace (emancipato, inabilitato): in tal caso la dottrina
prevalente ritiene che gli atti d’impresa compiuti dall’incapace siano invalidi
in virtù della prevalenza della tutela degli interessi di quest’ultimo ex
art.1445 c.c.; eccezione a tale principio sono: l’art.1426 c.c.(occultamento di
età) e l’art.742 c.p.c. (tutela dei terzi in buona fede)
Esempio: società di fatto tra più fratelli, di cui uno è un minore; anche se
percepisce degli utili, non è certo imprenditore (e se i soci sono solo due, non
c’è alcuna società),perché l’incapace è un imprenditore solo se autorizzato.
Idem se l’autorizzazione è invalida o inefficace; il soggetto non è certamente
un imprenditore.
Ma se l’attività d’impresa è esercitata da un rappresentante legale senza la
dovuta autorizzazione, è possibile configurare una società di fatto tra il
rappresentante legale e gli altri soci, ma non con il minore.
.12 L’impresa non commerciale: si definisce non commerciale quell’attività di
impresa non rientrante in una delle categorie indicate dall’art.2195 cod.civ.
(es. impresa agricola)
- per alcuni si richiede l’autorizzazione perché ogni impresa presenta dei
rischi.
- per la tesi nettamente prevalente non occorre nessuna autorizzazione; ciò in
quanto gli artt.320 comma 5 e art.371 c.c. la limitano testualmente alle sole
imprese commerciali.
D’altra parte ci sono in tal caso minori rischi, non correndosi il rischio di
fallimento(art.1 Legge fallimentare).
Comunque prevarranno qui gli atti di ordinaria amministrazione (sfruttamento del
suolo al fine della percezione e vendita dei frutti); l’autorizzazione si
renderà necessaria solo per i singoli atti di straordinaria amministrazione.
La conseguenza più evidente è che l’attività non commerciale potrà essere
continuata e intrapresa senza alcuna autorizzazione.
.12.1 L’impresa agricola industrializzata:
per la dottrina prevalente essa rientra tra le imprese commerciali ex art.2195
n.1 e quindi soggetta alle medesime autorizzazioni ex art.2294 c.c.
Problema: per la s.n.c con attività agricola occorre l’autorizzazione ex
art.2294?
La dottrina prevalente risponde negativamente al quesito a condizione però che
l’imprenditore trasformi ed alieni i beni da lui stesso coltivati, ossia che si
tratti di un coltivatore diretto; in caso contrario sarà da considerarsi al pari
delle società commerciali.
Problema: è compatibile la responsabilità limitata conseguente ad una
accettazione beneficiata con la responsabilità illimitata ed il rischio di
fallimento dell’attività di impresa?
107
diverse e contrastanti sono state in dottrina le risposte a tale quesito:
- teoria negativa: i suoi sostenitori muovono dalla considerazione che scopo
principale dell’accettazione con beneficio è la liquidazione del patrimonio
ereditario al fine di pagare creditori e legatari;
- teoria positiva: per la dottrina prevalente e la giurisprudenza si
rintraccerebbe una certa compatibilità perché scopo dell’accettazione non è
la liquidazione dei beni ereditari, ma il soddisfacimento dei legatari e dei
creditori intra vires, a cui si può ottemperare anche con beni diversi
dall’azienda, beni ereditari o personali dell’erede.
Lo svolgimento di un’attività conservativa di tipo imprenditoriale può anche
tutelare meglio le loro ragioni, piuttosto che una brusca interruzione
dell’attività.
In sostanza, l’amministrazione dell’eredità beneficiata (artt.493 c.c. e 747
c.p.c.) non ha solo uno scopo liquidativo, ma anche conservativo, per tutelare
razionalmente i diritti dei creditori e legatari.
E’ quindi possibile che si reputi più conveniente la prosecuzione di una
attività di impresa (ad es. per non correre il rischio di svalutazione in caso
di inattività)
anche se ciò possa comportare responsabilità illimitata per
l’incapace, con l’evidente vantaggio non solo per l’incapace stesso ma anche per
i creditori e legatari.
L’adesione alla teoria positiva comporta però la necessità di risolvere un
ulteriore problema, legato al fatto che l’incapace, pur essendo erede
beneficiato assume responsabilità illimitata; al riguardo:
- alcuni sostengono l’automatica decadenza dal beneficio d’inventario, proprio
perché vi è responsabilità illimitata;
- altri(Capozzi) ritengono operi la distinzione tra le varie figure dei
creditori ossia:
creditori del de cuius: siano essi personali o d’azienda, i quali potranno
rifarsi sui beni ereditari, compresa l’azienda ex art.490 n.3,e nel caso in
cui dovesse risultare incapiente, si avrebbe responsabilità illimitata
dell’erede ex art.491(interpretazione estensiva),ma senza alcuna decadenza
dal beneficio;
creditori personali dell’erede: che potranno soddisfarsi sui beni personali
dell’erede e sui beni ereditari solo dopo i creditori e legatari ex art.490
n.3;
nuovi creditori aziendali: i quali potranno soddisfarsi su tutti i beni
dell’incapace che risulta un imprenditore ex art.2740 c.c. ed eventualmente
anche su quelli ereditari(interpretazione larga un po’ forzata dell’art.511
c.c.).
Quindi per Capozzi non si ha decadenza dal beneficio, ma di fatto c’è una
responsabilità illimitata dell’incapace, in quanto imprenditore.
In ogni caso, prima si chiederà l’autorizzazione ai sensi dell’art.320 comma
5,per
la
valutazione
dell’an
della
prosecuzione,
e
poi
quella
dell’art.747,cosicchè il tribunale delle successioni possa soppesare e
confrontare l’interesse dell’incapace con quello dei creditori e legatari.
Nel caso dovesse chiedersi solo la prosecuzione dell’attività d’impresa, es.
impresa individuale, non vi è lo ius postulandi del notaio perché non c’è alcun
conferimento.
Ma in ogni caso occorrerà anche l’autorizzazione ex art.747 c.p.c. perché
trattasi di atto pericoloso per gli interessi dei creditori e legatari.
Problema: possono i genitori o il tutore, conferire procura “institoria” ad un
TERZO?
- secondo alcuni no a causa della indelegabilità della funzione.
- la dottrina prevalente sostiene la positiva perché non si ha una delega della
funzione, nessuna abdicazione o spoglio, ma si è di fronte ad una modalità di
esercizio dell’impresa, e i poteri sono concorrenti e prevalenti.
108
Problema: può uno dei genitori conferire procura “institoria” all’altro?
- secondo una tesi la risposta è negativa stante sempre l’indelegabilità della
funzione.
- per la teoria prevalente(Jannuzzi, Vadalà)la risposta deve essere in senso
affermativo essendo la procura de qua
espressamente ammessa in tema di
comunione legale ex art.182 comma secondo c.c.
CAPITOLO VENTESIMO
PARTECIPAZIONE DI INCAPACI A SOCIETA’
.1 La partecipazione di incapaci a società riceve una disciplina differenziata
in base al tipo sociale adottato, alla natura dell’attività esercitata ed al
regime di responsabilità che investe la persona dell’incapace stesso.
La norma fondamentale in materia è l’art.2294 c.c. il quale richiede, per la
partecipazione
di
incapaci
a
società
in
nome
collettivo,
le
stesse
autorizzazioni che abbiamo esaminato per l’impresa commerciale individuale.
La limitazione a tale tipo societario ( nonché a quello dell’accomandita
semplice per l’accomandatario, in virtù del richiamo ex artt.2315 e 208
d.att.cod.civ.) è dovuto al fatto che solo partecipando ad esso si ha
un’acquisizione da parte dell’incapace di una responsabilità illimitata per le
obbligazioni sociali, mentre in ogni altro caso essa risulterà circoscritta al
solo apporto del socio.
Conseguentemente, le norme degli artt.2294,2315 e 208 d.att.cod.civ. troveranno
applicazione qualora congiuntamente sussistano i seguenti requisiti:
- società di tipo commerciale (snc,saa,srl,spa,saa)
- natura commerciale dell’attività esercitata
- responsabilità illimitata dell’incapace quale socio
In tal caso, l’autorizzazione non sarà solo relativa al conferimento, ma anche
alla prosecuzione dell’impresa stante la responsabilità illimitata(es. artt.320
comma 5 e 320 comma 3 se il conferimento ha ad oggetto un bene, ovvero art.747
se è conferito un bene ereditario).
La norma in commento non troverà pertanto applicazione qualora venga a difettare
anche uno solo dei detti requisiti, ad esempio nel caso di società semplice.
.2 Le autorizzazioni: come sopra detto, qualora ricorrano le condizioni
indicate,
il
rappresentante
legale
o
il
soggetto
parzialmente
capace
(debitamente assistito)dovranno chiedere:
a)l’autorizzazione prevista dagli artt.320,371,397,425 per la continuazione
dell’impresa commerciale, questa volta in forma collettiva.
b)l’autorizzazione all’atto attraverso il quale l’incapace diviene socio: potrà
essere un acquisto di quota sociale, così come una costituzione di una società
ex novo.
E’ opportuno al riguardo chiarire cosa debba intendersi per continuazione: tale
termine deve essere interpretato nel senso che sia possibile per l’incapace non
solo l’acquisizione di una partecipazione in una società già operante, ma
altresì la costituzione di una società nuova purché l’azienda in essa conferita
e quindi la relativa impresa sia preesistente.
109
Esemplificando, è il caso della continuazione in forma societaria di un’impresa
individuale, che può accadere nel caso in cui muoia l’imprenditore individuale
lasciando eredi i propri figli dei quali alcuni minori o comunque incapaci; in
tal ipotesi si avrà:
- società di nuova costituzione, ma
- impresa non nuova, bensì preesistente; e sarà proprio tale qualità temporale
che consentirà al giudice di valutare la convenienza o meno per il patrimonio
del minore.
Concludendo sul punto: la preesistenza si riferisce all’attività d’impresa, non
importa se esercitata in forma individuale o collettiva; la ratio della sola
prosecuzione si riferisce ad una valutazione più attendibile circa la
convenienza sull’attività d’impresa, sulla base dei bilanci, costi, guadagni e
rischi.
Normalmente
basterà,
per
l’esercizio
dell’impresa,
una
sola
autorizzazione(stante la cosiddetta “dinamicità”);occorrerà tuttavia una nuova
autorizzazione se l’atto da compiere non rientra nell’oggetto sociale, così come
nel caso di cambiamento delle condizioni di rischio con le quali essa è stata
rilasciata ( ad es. per le delibere di modifica dello statuto, per il
trasferimento delle sede sociale, per le modifiche dell’oggetto sociale, per
l’ingresso di nuovi soci, o vecchi che recedono o muoiono)
In tali casi
è necessaria una nuova valutazione del giudice per la
continuazione o la liquidazione.
.2.1 L’acquisto della qualità di socio in particolare:
abbiamo visto che, a prescindere dal tipo societario adottato, è sempre
necessaria un’autorizzazione per l’atto attraverso il quale l’incapace assume la
posizione di socio; esso può essere rappresentato da una costituzione ex
novo(con impresa commerciale preesistente) ovvero dall’acquisto della altrui
partecipazione.
Vediamo nel dettaglio le varie ipotesi:
a) stipula del contratto sociale: è considerato un normale atto di straordinaria
amministrazione per l’autorizzazione del quale sarà necessario rifarsi alla
natura del bene conferito; in particolare: trasferimento
beni:
artt.320,375,394 c.c.
- assunzione di obblighi (es. socio d’opera): artt.320,374
c.c.
- conferimento di denaro: è investimento di capitali ex
artt.320,374
- prestazioni accessorie: è assunzione di obbligazioni ex
artt.320,374
- bene ereditario: Tribunale delle successioni su parere del
giudice tutelare ex art.747 c.p.c.
b) continuazione società con altri eredi (art.2284 c.c.): in tal caso saranno
necessarie due autorizzazioni e precisamente:
- ad accettare l’eredità/legato: oggetto degli stessi è il diritto alla
liquidazione della quota; sarà sempre un legato sottoposto a pesi e
condizioni (artt.320,374 n.3,394,424 c.c.)
- all’atto dispositivo del diritto predetto (e cioè a conferirlo in società):
nel caso di eredità l’autorizzazione sarà rilasciata dal Tribunale delle
successioni su parere del giudice tutelare ex art.747 c.p.c.; nel caso di
legato saranno applicabili i normali criteri per gli atti di straordinaria
amministrazione(artt.320,375 c.c.)
c) acquisto della altrui partecipazione: saranno necessarie le normali
autorizzazioni per gli atti di straordinaria amministrazione rapportate al
tipo di atto concretamente posto in essere, come ad esempio alienazione di
beni, investimento di capitali, etc.(artt.320,374,375,394 c.c.)
Ricorda: fai sempre attenzione se si tratta di bene ereditario; in tal caso
applica l’art.747 c.p.c.
110
Ricorda: oltre alle predette autorizzazioni, sarà necessaria quella ex art.2294
c.c. qualora ricorrano le menzionate condizioni di applicabilità della norma
(tipo sociale commerciale, attività commerciale, responsabilità illimitata)
.3 Le diverse fattispecie:
a) Società di tipo non commerciale:
- ambito: solo società semplice
- attività: necessariamente non commerciale
- autorizzazioni: necessaria quella per l’atto attraverso il
l’incapace diviene socio; non necessaria quella ex art.2294 c.c.
- possibile anche costituzione ex novo con impresa non preesistente
- fallimento: no
quale
b) Società di tipo commerciale senza attività commerciale:
- ambito: snc,sas,srl,spa,saa con oggetto non commerciale
- attività: non commerciale per scelta dei soci
- autorizzazioni: necessaria quella per l’atto attraverso il
l’incapace diviene socio; non necessaria quella ex art.2294 c.c.
- possibile anche costituzione ex novo con impresa non preesistente
- fallimento: no
quale
c) Società di tipo commerciale con attività commerciale e responsabilità
illimitata:
- ambito: snc, accomandatario di sas, con oggetto commerciale
- attività: commerciale
- autorizzazioni: necessaria sia quella ex art.2294 c.c. per l’esercizio
dell’impresa commerciale, sia quella per l’atto attraverso il quale
l’incapace partecipa alla società
- solo continuazione ovvero costituzione ex novo con azienda preesistente
- fallimento: si, tanto della società quanto dei soci
d) Società di tipo commerciale con attività commerciale e responsabilità
limitata:
- ambito: accomandante di sas, srl ,spa ,saa ,cooperative con oggetto
commerciale
- attività: commerciale
- autorizzazioni: necessaria quella per l’atto attraverso il quale
l’incapace diviene socio; non necessaria quella ex art.2294 c.c.
- possibile anche costituzione ex novo con impresa non preesistente
- fallimento: si della società, no dei singoli soci
.4 Lo scioglimento:
.4.1. del singolo rapporto sociale: la partecipazione del socio alla società può
venire meno per due ordini di motivi e precisamente:
- recesso:
essendo
questo
un
caso
di
dismissione
volontaria
della
partecipazione sociale, si applicheranno le norme sulle alienazioni onerose
(artt.320,375,394 c.c.)
- esclusione: trattasi di evento derivante dalla volontà degli altri soci e
quindi del tutto indipendente da quella dell’incapace; in tal caso il diritto
del socio escluso è quello alla corresponsione di una somma di denaro pari al
valore della sua quota.
Troveranno pertanto applicazione le norme sulla riscossione di capitali e
precisamente: artt.320/374 per minori ed interdetti ed art.394 c.c. per
emancipati ed inabilitati.
.4.2. della società:
- parte della dottrina sostiene che sia necessaria una specifica autorizzazione
giudiziale affinché l’incapace possa manifestare il suo assenso allo
scioglimento della società
111
-
la dottrina preferibile (Capozzi)ritiene invece non richiesto tale ulteriore
provvedimento, poiché lo scioglimento della società costituisce atto di
straordinaria amministrazione già ricompreso nell’originaria autorizzazione e
non incidente sul patrimonio individuale del singolo socio.
Nel caso sussista un residuo attivo, bisogna distinguere a seconda che al
socio vengano attribuiti denaro o beni in natura; nel primo caso si tratterà
e dovrà essere autorizzata una riscossione di capitali, nel secondo si
configurerà una divisione di beni in natura con i relativi provvedimenti
autorizzatori.
Qualora emergessero delle passività residue ed occorressero quindi dei
versamenti dei soci, non si richiederà alcuna autorizzazione per effettuare
tale apporto; dovranno invece essere autorizzati quegli atti che hanno la
funzione di reperire il denaro necessario all’operazione (normalmente una
vendita).
.5 Le modifiche del contratto sociale
la dottrina preferibile ritiene che ogni modificazione del contratto sociale
necessiti di specifica autorizzazione affinché il legale rappresentante possa
partecipare alla relativa deliberazione; ciò in quanto si vengono a modificare
le condizioni che hanno portato il giudice a ritenere proficua per l’incapace la
partecipazione alla società.
Il provvedimento sarà rilasciato dal giudice che ha originariamente autorizzato
l’ingresso dell’incapace nella compagine sociale; quindi:
- se società commerciale con responsabilità illimitata: si applicherà
l’art.2294 c.c.
- se altro tipo di società: troveranno applicazione le normali autorizzazioni
in materia di atti di straordinaria amministrazione.
.6.1 L’emancipato e il suo rapporto con la s.n.c:
in tal caso troverà sempre applicazione l’art.397 c.c. ed anche l’art.747 c.p.c.
se il bene da conferire è ereditario; potrà applicarsi per analogia l’art.425
relativo alla nomina di un institore.
Qualora l’institore non sia stato nominato, l’incapace parteciperà da solo alla
gestione della società senza l’assistenza del curatore e senza che siano
necessarie ulteriori autorizzazioni.
.6.2 L’inabilitato e il suo rapporto con la s.n.c:
in siffatta ipotesi , a prescindere dalla natura del titolo acquisitivo (oneroso
o gratuito) ,occorrerà l’autorizzazione ex art.425(richiamato dall’art.2294).
Si discute poi se sia necessaria l’assistenza del curatore:
- parte della dottrina ritiene che il curatore debba intervenire per i soli
atti di straordinaria amministrazione.
- altra dottrina (Santarcangelo, Jannuzzi) ritiene che tutti gli atti d’impresa
siano da considerarsi di straordinaria amministrazione per i rischi che
comportano, e quindi che sia sempre richiesto il consenso del curatore, salva
la nomina di un institore(lo stesso Jannuzzi sottolinea come non possa esser
lo stesso curatore).
In realtà, l’assistenza del curatore si renderà sempre necessaria per ogni atto
pertinente all’impresa non perché essi costituiscono atti di straordinaria
amministrazione, ma perché la discriminazione non è fatta tra gli atti di
ordinaria e straordinaria amministrazione, ma tra gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale oppure no.
Problema: può l’incapace essere amministratore della società?
La questione deve essere esaminata separatamente distinguendo le società di
capitali da quelle di persone.
a) società di persone: la dottrina prevalente dà in tal caso risposta
affermativa al quesito, muovendo dalla considerazione che se l’incapace può
assumere la qualifica di imprenditore individuale non vi è motivo per escludere
112
che egli possa svolgere la funzione di amministratore, ovviamente debitamente
rappresentato o assistito.
Ma in tal caso per rivestire tale qualità egli deve essere autorizzato?
- la
dottrina
prevalente(Capozzi)
propende
per
la
negativa
poiché
l’autorizzazione all’acquisto di una quota consente il compimento di tutti
gli
atti
inerenti
alla
posizione
di
socio
ivi
inclusi
quelli
di
amministrazione.
- altri autori risultano invece di contrario avviso ponendo l’accento
soprattutto sulla responsabilità illimitata e solidale con la società di chi
agisce per le obbligazioni sociali ex art.2267.
b) società di capitali:
la risposta è testualmente negativa trovando applicazione in tal caso l’art.2382
c.c. ove si dice che “non può essere nominato amministratore a pena di decadenza
l’interdetto, l’inabilitato....(omissis)”;tale norma, estensibile anche ai
minori sotto potestà e tutela, richiede implicitamente la piena capacità di
agire.
Sarà invece possibile l’amministrazione da parte dell’emancipato autorizzato
all’esercizio dell’impresa ex art.397 c.c.
Problema: l’art.2294 c.c. si applica anche alla società in accomandita semplice?
Per dare risposta alla questione è necessario scindere la posizione delle due
categorie di soci:
- accomandatari: la risposta è testualmente positiva in forza del richiamo
operato dall’art.208 d.att. c.c.
- accomandanti: alcuni sostengono la tesi positiva argomentando soprattutto dal
fatto
che
l’accomandante
potrebbe
essere
chiamato
a
rispondere
illimitatamente nei casi di cui all’art.2320 c.c.
La dottrina prevalente e preferibile sostiene giustamente la negativa sulla
base
del
fatto
che
l’art.208
citato
estende
la
detta
disciplina
esclusivamente all’accomandatario e che gli atti compiuti ex art.2320 non
esporrebbero l’incapace ad alcuna responsabilità essendo annullabili in
quanto non autorizzati (e non autorizzabili)
Problema: cosa succede se l’incapace diventa socio unico di una s.p.a?
- la
dottrina
prevalente
(Capozzi)
sostiene
che
non
occorra
alcuna
autorizzazione ex art.2294 c.c., perché è un evento patologico, eccezionale
della sua partecipazione alla società(non è un fenomeno fisiologico); d’altra
parte l’art.208 d.att. limita testualmente l’autorizzazione alle sole ipotesi
di snc e accomandatario di sas.
- altri(Mazzacane)richiedono
l’autorizzazione
art.2294
perché
l’incapace
verrebbe ad assumere responsabilità illimitata sussistendo le condizioni di
cui agli artt.2325 e 2362 cod.civ.
Problema: è necessaria l’autorizzazione per l’espressione del voto in assemblea
da parte dei soci incapaci?
La questione ha trovato soluzioni contrastanti in dottrina e giurisprudenza; si
sono formate al riguardo tre tesi:
- teoria negatrice: tale tesi muove dalla considerazione che l’originaria
autorizzazione relativa alla partecipazione dell’incapace alla società
ricomprenda ogni vicenda sociale, ivi compreso l’esercizio del diritto di
voto
- teoria della natura dell’assemblea: tale tesi sostiene in buona sostanza che
l’autorizzazione
sia
necessaria
per
la
partecipazione
all’assemblea
straordinaria e non per quella ordinaria
- teoria dell’interesse: tale tesi ritiene necessaria l’autorizzazione se ad
essere coinvolti nella delibera sono interessi del socio(cd “diritti
individuali”), mentre essa non sarà necessaria qualora la delibera riguardi i
soli interessi della società.
113
Problema: cosa succede se il socio è un soggetto capace, e solo successivamente
viene inabilitato o interdetto?
La dottrina prevalente e preferibile ritiene che non occorra in tal caso alcuna
autorizzazione per poter proseguire l’impresa, perché il consenso da parte
dell’incapace è già stato validamente manifestato quando ancora non versava in
tale stato.
Problema: se lo strumento societario è troppo rischioso, quali altri mezzi
esistono per consentire all’incapace di partecipare alla vita economica e
produttiva?
- l’associazione in partecipazione ex art.2549 c.c.: l’associato conferisce
,infatti, beni o denaro in cambio di utili senza dover essere imprenditore e
conseguentemente responsabile;
- la comunione ordinaria a scopo di godimento ex art.2248(es. affitto d’azienda
ai terzi).
CAPITOLO VENTUNESIMO
L’IMPRESA FAMILIARE
.1 Definizione: l’impresa familiare può essere definita come quella fattispecie
che si verifica quando, non essendo configurabile un diverso rapporto,
determinate persone(coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro
il secondo) partecipano all’attività d’impresa svolta da un soggetto a loro
legato da vincoli di parentela od affinità.
.2 Natura giuridica: discusso è se l’impresa in esame abbia natura individuale o
collettiva;
- parte della dottrina ne sostiene la natura collettiva, ritenendola
un’associazione ovvero una società di fatto
- la dottrina prevalente sostiene trattarsi di impresa individuale sulla
base del fatto che è lo stesso legislatore a distinguere nella norma de
qua le due posizioni dell’imprenditore e del partecipe (collaboratore)
.3 Fonte: alcuni ritengono che l’impresa familiare tragga origine da un
contratto ed in particolare da una manifestazione tacita di volontà; la dottrina
prevalente e preferibile sostiene al contrario che fonte della figura in esame
sia esclusivamente il fatto giuridico della prestazione continuativa del proprio
lavoro.
.4 Diritti dei partecipanti:
- mantenimento: in base alle condizioni della famiglia; trattasi di
fattispecie ben distinta da quella degli artt.143/7 c.c., poiché mentre
nel primo caso il mantenimento spetta solo ove sia svolta attività
nell’impresa di famiglia ed a titolo di controprestazione, nel secondo
se ne prescinde totalmente.
- utili ed incrementi: in base alla quantità e qualità del lavoro
prestato; trattasi di diritto di credito del partecipe nei confronti
dell'imprenditore.
- gestione: solo quella avente carattere straordinario e con rilevanza
esclusivamente interna; le decisioni relative agli atti di ordinaria
amministrazione sono prese direttamente ed autonomamente dal titolare,
mentre per quelle di straordinaria l’imprenditore dovrà previamente
consultare i suoi collaboratori.
Il voto dovrà essere computato per capi (una testa un voto) non essendo
previamente determinabile la quota spettante a ciascun partecipe; per
l’incapace il relativo diritto è esercitato dal rappresentante legale,
il quale non dovrà munirsi di alcuna autorizzazione.
114
Il provvedimento giudiziale sarà invece necessario qualora l’incapace
chieda la liquidazione della sua quota; si tratterà in particolare di
autorizzazione alla riscossione di capitali ex art.320 comma quarto
c.c.
Ricorda:
nessuna
autorizzazione
si
rende
necessaria
per
la
semplice
partecipazione di un incapace, perché i diritti nascono dal solo fatto di
prestare la propria attività.
In altri termini, l’incapace non assume la qualifica di imprenditore, per ciò
non corre alcun rischio; semplicemente svolge una semplice collaborazione
interna che dovrà essere tutelata e retribuita.
.5 Cessione della partecipazione: bisogna al riguardo distinguere diverse
ipotesi a seconda della persona del cessionario; in particolare:
- estraneo: cessione non possibile e radicalmente nulla
- familiare non partecipe:
- valida se autorizzata dagli altri partecipi
- inefficace se manca l’autorizzazione
- familiare già partecipe: non possibile, perché la partecipazione si
determina in base alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Ricorda: in tutti i casi in cui non è possibile cedere la partecipazione, si
potrà comunque trasferire il diritto di credito alla liquidazione della stessa.
CAPITOLO VENTIDUESIMO
L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
.1 L’istituto dell’amministrazione di sostegno è stato introdotto dalla Legge 9
gennaio 2004 n.6, la quale con l’art.2 ha modificato alcuni articoli del codice
civile ed in particolare quelli del capo primo del titolo XII del libro primo
(artt.404-413) nonché alcune disposizioni in materia di interdizione ed
inabilitazione(artt.414-429, in particolare l’art.427).
Trattasi di una forma di tutela di soggetti incapaci, o in condizioni di disagio
anche temporanee, meno penalizzante per l’incapace stesso, e soprattutto più
flessibile.
Questa disciplina contiene in modo implicito la possibilità di rendere marginale
il ricorso all’interdizione e all’inabilitazione, offrendo nuove possibilità ai
disabili negate invece dalla disciplina della tutela e della curatela.
.2 Lo scopo: finalità della nuova legge è quella di riconoscere tutti gli stati
di incapacità e di disagio, apprestando strumenti coi quali sopperirvi, e
limitando al minimo possibile la capacità d’agire.
La visione di politica legislativa è quindi quella di considerare in modo
negativo le restrizioni all’incapacità d’agire, che debbono essere introdotte
solo quando siano inevitabili.
L’amministrazione di sostegno, applicabile nei riguardi di ogni forma di
disabilità, anche gravissima, espunge dal suo ambito l’incapacità assoluta.
In altri termini la capacità di agire è la regola e l’incapacità è l’eccezione
(art.409); nell’interdizione od inabilitazione, invece, vige il principio
contrario e cioè l’incapacità è la regola e la capacità è l’eccezione (art.427
comma secondo).
115
.3 Flessibilità dell’intervento: il provvedimento di nomina viene adottato caso
per caso in relazione alle esigenze di volta in volta emergenti in relazione al
soggetto beneficiario; siamo di fronte a quelle che vengono chiamate le
“tailored measures”, i provvedimenti su misura della persona disabile.
Questa è una differenza di sostanza con interdizione e inabilitazione, dove si
ragiona sulla base dell’ordinaria e della straordinaria amministrazione come
attività globali anziché puntuali, in quanto si consente o meno lo svolgimento
dell’una (ordinaria amministrazione) oppure di nessuna delle due.
Da quanto sopra esposto consegue:
a) che l’incapacità assoluta viene meno,
b) che l’incapacità di compiere determinati atti è l’eccezione e la capacità
d’agire è la regola.
Beninteso, la capacità d’agire può essere ristretta entro limiti minimi, però
non può più essere espunta dalla sfera giuridica del soggetto,
c) che per prima volta si mira ad evitare situazioni traumatiche, perché si deve
tenere conto dello stile di vita anche precedente alla disabilità, evitando una
frattura che turbi e mortifichi il soggetto, il quale avrà diritto di conservare
per quanto possibile gli oggetti ai quali era affezionato, le frequentazioni
precedenti, le ritualità religiose, e così via.
Si dispone infatti:
a) che il beneficiario conservi la capacità d’agire per tutti gli atti che non
richiedono
la
rappresentanza
esclusiva
o
l’assistenza
necessaria
dell’amministratore
di
sostegno;
b) che il beneficiario possa in ogni caso compiere gli atti necessari a
soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana;
c) che nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno tenga
conto dei bisogni ed aspirazioni del beneficiario.
.4 Rapporti tra interdizione ed amministrazione di sostegno: la creazione da
parte del legislatore dell’istituto de quo ha comportato la necessità di
individuarne il rapporto con l’istituto dell’interdizione; al riguardo diverse
sono state le tesi proposte in relazione al discrimine tra le due figure:
- alcuni ritengono che esso vada individuato nel diverso grado di infermità:
nel caso essa sia più grave dovrà procedersi ad interdizione, mentre qualora
sia meno grave si nominerà un amministratore di sostegno
- altri fanno leva sulla complessità del patrimonio del beneficiario: se esso
sarà rilevante si procederà ad interdizione, in caso contrario ad
amministrazione di sostegno
- in realtà deve dirsi che gli istituti de quo COESISTONO, dovendosi solo
distinguere in ordine alla presumibile durata dell’impedimento:
- impedimento temporaneo: si potrà nominare solo
l’amministratore di
sostegno
- impedimento stabile: il giudice potrà scegliere tra amministratore di
sostegno od interdizione/inabilitazione qualora ciò sia necessario per
assicurare al beneficiario “adeguata protezione”.
In ogni caso, per non far scomparire del tutto interdizione e inabilitazione,
importanti modifiche sono state introdotte anche nella rispettiva disciplina,
laddove si dispone che nella sentenza che pronuncia l’interdizione o
l’inabilitazione, o in successivi provvedimenti, possa disporsi che l’interdetto
possa compiere da solo taluni atti d’ordinaria amministrazione e che
l’inabilitato
possa
compiere
da
solo
taluni
atti
di
straordinaria
amministrazione.
.5 Ambito applicativo:
a) menomazioni fisiche:
- alcuni ritengono che tale caso non sia ricompreso nell’ambito dell’istituto
de quo non potendo il privato rinunciare volontariamente alla propria
capacità
- preferibile ritenere che anche tali fattispecie consentano la nomina di un
amministratore di sostegno; d’altra parte esse sono espressamente contemplate
nell’art.404 c.c.
116
b) menomazioni psichiche: bisogna distinguere tra
- stabili e permanenti: come detto il giudice può scegliere tra
interdizione/inabilitazione od amministratore di sostegno; l’interdizione è
stata infatti resa facoltativa.
- transitorie: solo amministratore di sostegno
Problema: l’età avanzata consente la nomina di un amministratore di sostegno?
Pur se dai lavori preparatori sembrerebbe tale fattispecie una di quelle che
hanno mosso il legislatore nell’emanazione della presente legge, nel testo
definitivo non vi è alcun cenno in ordine all’età avanzata quale presupposto
giustificativo di per se stesso della nomina di un amministratore di sostegno.
Di conseguenza, il versare del soggetto in età avanzata non giustifica tale
nomina, essendo invece necessario che l’età comporti una sua incapacità fisica o
psichica.
Problema: cosa succede se il beneficiario aveva rilasciato procura a terzi prima
della nomina dell’amministratore di sostegno?
Bisogna distinguere a seconda che vi sia coincidenza o meno di funzioni e cioè
che l’amministratore sia stato nominato per il compimento degli stessi atti:
- stessi atti: alcuni applicano analogicamente l’art.1722 c.c. ritenendo
pertanto che il mandato/procura cessi perchè il conferente/mandatario diviene
incapace;
altri
optano
per
la
diversa
soluzione
dell’applicabilità
dell’art.1724, costituendo la nomina un’ipotesi di revoca tacita.
Tale secondo orientamento sembra essere meritevole di accoglimento, sol che
si consideri che la prima tesi parte dell’erroneo convincimento che il
beneficiario dell’amministrazione di sostegno perda la propria capacità.
- atti diversi: in tal caso si ritiene che l’amministratore di sostegno possa
concorrere con il rappresentante volontario.
.6 La capacità del beneficiario:
la norma dalla quale partire è quella del primo comma dell’art.409 c.c.:” il
beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono
la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di
sostegno ”.
Quindi, in linea di principio, il beneficiario è soggetto capace, la cui
capacità potrà essere limitata in relazione a specifici atti per i quali si
stabilisce la rappresentanza o l’assistenza di altra persona; se non che i primi
provvedimenti in materia mostrano, come si dirà, una certa inclinazione dei
giudici a non indicare effettivamente quali atti richiedano la rappresentanza o
l’assistenza, ma ad utilizzare i concetti onnicomprensivi della ordinaria e
straordinaria amministrazione venendo di fatto a vanificare su tale punto
l’opera del legislatore.
Quid iuris quando ciò accade?
Se ad esempio il giudice ha stabilito che gli atti di straordinaria
amministrazione debbano essere compiuti
solo dall’amministratore di sostegno,
il beneficiario conserverà la capacità o no?
E’ giocoforza in tali casi ritenere che il beneficiario abbia perso in relazione
a tali atti la propria capacità, con buona pace della riforma che tale effetto
ha cercato in ogni caso di limitare attraverso le predette “tailored measures”
Che l’orientamento della nuova legge fosse in questo senso risulta d’altronde
anche dal comma quarto dell’art.411 c.c. laddove si prevede che “il giudice
tutelare......può disporre che determinati effetti limitazioni o decadenze
previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato si estendano
anche al beneficiario dell’amministrazione di sostegno....(omissis)”; in altri
termini, il legislatore ha voluto, per quanto possibile, evitare al massimo
117
l’applicazione di un criterio rigido e penalizzante qual è quello della
ordinaria e straordinaria amministrazione.
Qualora il giudice adempia compiutamente il compito affidatogli ed indichi
pertanto specifici atti, solo in relazione ad essi il beneficiario perderà la
propria capacità.
Le conseguenze cui si è giunti consentiranno, come si vedrà, di risolvere
questioni dubbie e non disciplinate espressamente dal legislatore.
.7 Competenza:
- per materia: l’intera procedura è di esclusiva competenza del Giudice
Tutelare; è infatti tale organo che provvede a nominare l’amministratore di
sostegno entro
60
giorni
dalla presentazione ricorso, con decreto
immediatamente esecutivo.
- per territorio: giudice del luogo di residenza o domicilio dell’interessato;
si discute se tali fori siano alternativi o successivi:
- alcuni sostengono l’alternatività, non essendoci prevalenza dell’uno o
dell’altro
- altri ritengono debba prevalere il domicilio, quale foro generale delle
persone fisiche ex art.18 c.p.c.
- altri infine propendono per la prevalenza del criterio della residenza,
essendo
centrale
nell’istituto
in
esame
la
cura
della
persona
complessivamente intesa e non solo del suo patrimonio (preso in
considerazione dal solo domicilio).
.7.1 Il decreto di nomina (art.405 c.c.): nel provvedimento di nomina
dell’amministratore il giudice tutelare deve indicare in particolare:
- gli atti che l’amministratore di sostegno può compiere in nome e per conto
del beneficiario: trattasi in questo caso di amministratore- rappresentante
come il tutore(primo elenco ex comma quinto nn. 3 e 4,)
- gli atti per i quali l’amministratore di sostegno deve solo assistere il
beneficiario: trattasi in tale ipotesi di amministratore- assistente come il
curatore (secondo elenco)
- gli atti, anche compresi nei due precedenti elenchi, che necessitano di
autorizzazione ex artt. 374-376 (terzo elenco).
In genere però (come si evince anche dai primi decreti del Tribunale di Roma e
di Parma) il giudice non fa mai un elenco dettagliato degli atti per i quali
l’amministratore è rappresentante o assistente del beneficiario, bensì richiama
i concetti di ordinaria e straordinaria amministrazione, tanto cari a tutela e
curatela(concetti che non sono previsti dal cod.civ
per l’istituto de
quo),prevedendo la rappresentanza per quelli di straordinaria e l’assistenza per
quelli di ordinaria, e nulla disponendo circa le autorizzazioni.
Oppure prevedendo che per tutti gli atti di ordinaria e straordinaria
amministrazione vi sia la rappresentanza (o l’assistenza) dell’amministratore di
sostegno.
In tali casi tutti gli atti che rientrano in quelli indicati dagli artt. 374-376
c.c. necessiteranno di autorizzazione giudiziale ex art 411 comma primo.
Ricorda: per tutti gli altri atti, non compresi in questi elenchi, il
beneficiario ha la piena capacità di agire.
.7.2
Formalità
successive
alla
nomina:
l’amministratore
deve
prestare
giuramento ai sensi dell’art.349 c.c. richiamato dall’art.411 c.c.; non dovrà
invece effettuare l’inventario non essendo l’art.362 c.c. inserito nella
predetta disposizione di richiamo(salva diversa volontà del giudice).
Il giuramento solitamente avviene nello stesso decreto di nomina od in
un’udienza successiva appositamente convocata.
.8 Le autorizzazioni: bisogna distinguere a seconda della posizione giuridica
assunta dall’amministratore di sostegno, e cioè se egli sia:
- rappresentante: in tal caso troveranno applicazione gli artt.374-376
espressamente richiamati dall’art.411 c.c., con la precisazione che in ogni
118
caso l’autorizzazione sarà rilasciata dal giudice tutelare anche per gli atti
di cui all’art.375 c.c.(normalmente di competenza del tribunale)
- assistente: qui la questione è complicata perché l’art.411 non fa nessun
espresso richiamo all’art.394 in materia di soggetti limitatamente capaci di
agire (inabilitato od emancipato), sicché ci si è chiesti se sia necessario
un provvedimento autorizzatorio qualora l’amministratore e il beneficiario
debbano compiere uno degli atti rientranti nella previsione normativa; al
riguardo si sono formati due orientamenti:
- alcuni ritengono sufficiente la sola assistenza sulla base da un
lato del predetto mancato richiamo normativo e dall’altro che
l’art.405 n4 cod.civ parla solo di assistenza senza fare alcun cenno
ad eventuali autorizzazioni
- altri propendono invece per la necessità dell’autorizzazione ove
il giudice non abbia diversamente disposto; l’applicazione delle
norme sull’inabilitato sarebbe giustificato dalla limitata capacità
di agire del beneficiario dell’amministrazione.
Pur ritenendo maggiormente condivisibile la teoria per prima esposta, al fine di
fugare ogni dubbio in materia è preferibile chiedere nel ricorso che il giudice
tutelare si pronunci anche in subiecta materia ai sensi dell’ultimo comma
dell’art.411 c.c.
.8.1. Competenza:
- per materia: esclusiva del giudice tutelare
- per territorio: domicilio o residenza dell’interessato od, in via successiva,
residenza dell’istante.
.9 Lo ius postulandi del notaio:
-
-
per la nomina dell’amministratore: ai sensi dell’art.406 c.c. legittimati a
presentare istanza per la nomina dell’amministratore di sostegno sono lo
stesso beneficiario (anche se minore, interdetto o inabilitato), il coniuge,
la persona stabilmente convivente, i parenti entro il 4° grado, gli affini
entro il 2°, il tutore, il curatore ed il pubblico ministero.
Come risulta dalla predetta elencazione è quindi esclusa in linea generale la
legittimazione del notaio.
Si ritiene tuttavia che essa sussista nell’ipotesi di nomina con contestuale
autorizzazione per il singolo affare ai sensi del comma quarto dell’art.405
cod.civ; tale norma riconosce infatti al Giudice tutelare il potere di
nominare un amministratore provvisorio autorizzandolo contestualmente al
compimento degli atti indicati nel decreto.
In altri termini, al fine di economizzare i tempi, altrimenti troppo lunghi
in caso di attesa prima della nomina e poi dell’autorizzazione, e che
farebbero sfumare un eventuale affare, si ritiene possibile un ricorso per
nomina e contestuale autorizzazione.
Pur ritenendo sussistente in tal caso lo ius postulandi del notaio, ragioni
di prudenza consigliano di
far sottoscrivere il ricorso anche ad uno dei
soggetti che, ex art.406 c.c., può richiedere la nomina.
per il compimento di atti che devono essere autorizzati: in tal caso è
pacifico che il notaio possa presentare il relativo ricorso di volontaria
giurisdizione sussistendo tutte le condizioni richieste dall’art.1 della
legge notarile (collegamento diretto ed oggettivo tra atto e provvedimento).
.10 Misure provvisorie: ai sensi del quarto comma dell’art.405 c.c., il giudice
tutelare può anche d’ufficio:
a) adottare provvedimenti urgenti,
b) nominare un amministratore di sostegno provvisorio.
Al riguardo si noti che:
- l’incarico può essere a tempo determinato
- sono qui previsti provvedimenti provvisori
119
i poteri incidono non solo sull’aspetto patrimoniale ma anche sulla persona
del beneficiario.
Dall’insieme di questi dati potrebbe in teoria conseguire anche un uso
dell’istituto in guisa di direttive avanzate (advance directives) per la parte
che riguarda la legittimazione al consenso per il trattamento medico. (come nel
caso del Tribunale di Roma 19/3/2004)
-
.11 La scelta dell’amministratore: la designazione dell’amministratore può
essere effettuata anche dallo stesso interessato, in previsione della propria
incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, ex art.408
c.c.
Il Tribunale di Parma (decreto 536 del 2/4/2004) ha ammesso la designazione
dello stesso beneficiario, anziché in precedente atto pubblico, nello stesso
ricorso per la nomina dell’amministratore.
In mancanza decide il Giudice tutelare preferendo il coniuge, persona
stabilmente convivente, genitori, fratelli, parenti entro il quarto grado.
Può scegliere anche i legali rappresentanti di fondazioni e associazioni,
riconosciute e non, ad esempio di volontariato, ex art.408 ultimo comma; non a
caso si stanno diffondendo corsi di formazione per aspiranti al compito
volontario e gratuito di amministratore di sostegno.
Non possono invece essere nominati amministratori gli operatori di servizi
pubblici o privati che hanno in cura il beneficiario, per evitare conflitti di
interesse tra chi si prende cura e chi deve vigilare.
Problema: se il beneficiario è già “incapace”, in una situazione di disagio, può
procedere comunque alla designazione?
Sembra preferibile dare al quesito, almeno dal punto di vista notarile, risposta
negativa per il rischio di ricevere un negozio di un incapace “naturale”, con
conseguenti sanzioni ex art.54 del regolamento notarile.
Quindi di fronte ad una richiesta di ricevere un atto pubblico o di
autenticazione di una scrittura privata relativi alla designazione di un
amministratore di sostegno il notaio dovrà prestare massima attenzione e
verificare nel modo più completo possibile che il comparente sia persona capace
di intendere e di volere.
.12 Pubblicità: (artt.405 comma 7 e 8, e 47 e ss d.att. c.c.)
I decreti di apertura e chiusura dell’amministrazione di sostegno, e ogni altro
provvedimento del giudice tutelare nel corso dell’amministrazione (ad esempio il
decreto
modificativo
dei
poteri
dell’amministratore),
dovranno
essere
pubblicizzati mediante:
- annotazione in margine all’atto di nascita del beneficiario
- annotazione nel registro delle amministrazioni di sostegno (che si affianca
al registro delle tutele e a quello delle curatele) presso l’ufficio del
giudice tutelare.
Trattasi di pubblicità necessaria ai fini di informazione dei terzi, i quali
attraverso tali registri potranno sapere:
- se il soggetto è pienamente capace o meno
- i poteri ed i limiti dell’amministratore di sostegno qualora nominato; se
cioè quest’ultimo sia legittimato al compimento dell’atto e se siano
necessarie eventuali autorizzazioni.
Tale pubblicità è tuttavia vista con sfavore da parte di taluna dottrina
(Bianca) che ha sostenuto come essa tradisca lo spirito della legge, in quanto
si iscrivono i beneficiari in “una lista degli incapaci”, di fatto sfavorendo
gli stessi e il loro diritto alla riservatezza, ed emarginandoli ancor più dalla
società.
.13 Invalidità degli atti:
Dal dettato normativo dell’art.412 c.c. si evince che:
120
-
gli atti compiuti dal beneficiario sono annullabili solo se posti in essere
in violazione delle norme di legge (es.art.374-376 c.c.)
gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno sono annullabili se:
- posti in essere in violazione di legge
- compiuti in eccesso ai poteri conferiti; in tal caso deve rilevarsi come
la disposizione deroghi alla disciplina generale sancita nell’art.1398
laddove si ritiene che l’eccesso/difetto di rappresentanza determini
soltanto l'inefficacia dell'atto e non la sua invalidità.
.14 Modifica della disciplina dell’interdizione ed inabilitazione:
Nel quadro di una rivisitazione critica degli istituti a protezione degli
incapaci, volta ad una maggior attenzione delle esigenze degli stessi, il
legislatore ha provveduto a creare la nuova figura dell’amministratore di
sostegno e ad introdurre rilevanti modificazioni agli istituti dell’interdizione
ed dell’inabilitazione.
Tali innovazioni, da un lato, costituiscono un tentativo di rendere meno
penalizzante la tutela o la curatela per l’incapace evitando un suo totale
isolamento dalla vita quotidiana, e dall’altro cercano di rendere ancora
attraenti questi due istituti altrimenti destinati a scomparire con quello più
moderno dell’amministratore di sostegno.
Dette modifiche consistono sinteticamente in:
- facoltatività della relativa pronuncia: mentre in passato l’infermità di
mente comportava la necessaria pronuncia d’interdizione od inabilitazione, la
nuova formula degli articoli 414 e 415 cod.civ. prevede in tali casi la
semplice facoltà del giudice di addivenire ad un siffatto provvedimento e
solo qualora ciò sia necessario per assicurare al soggetto un’adeguata
protezione.
- attribuzione all’incapace di determinate facoltà (art.427 c.c): il giudice
può infatti prevedere nella sentenza di interdizione che taluni atti di
ordinaria amministrazione possano compiuti da solo dall’interdetto; così come
nella sentenza di inabilitazione può stabilirsi che taluni atti di
straordinaria amministrazione siano posti in essere da solo dall’inabilitato.
.15 Ipotesi controverse:
.15.1 Il conflitto di interessi: diversamente da quanto accade in materia di
tutela, potestà, inabilitazione ed emancipazione ove è dettata un’espressa
disciplina del conflitto d’interessi tra il legale rappresentante od assistente
e la persona tutelata od assistita (artt.320, 360, 394 c.c.), nell’ambito
dell’amministrazione di sostegno nessuna norma sembra prendere in considerazione
l’ipotesi de qua; ciò ha portato alcuni a ritenere che in subiecta materia la
rilevanza di tale conflitto debba essere esclusa a priori.
In realtà sembra preferibile optare per la diversa soluzione della ammissibilità
anche qui del conflitto di interessi; ciò in quanto la sua previsione può
rilevarsi nel disposto del secondo comma dell’art.410 c.c. ove è previsto il
“contrasto nell’interesse... ” e la conseguente adozione da parte del giudice
tutelare di “opportuni provvedimenti” tra i quali rientra sicuramente la nomina
di un curatore speciale.
L’atto eventualmente compiuto dall’amministratore di sostegno in conflitto di
interessi sarà annullabile ai sensi dell’art.422 c.c. a prescindere dalla sua
riconoscibilità da parte del terzo.
.15.2 L’accettazione dell’eredità: anche in tal caso nulla è espressamente detto
dalla nuova normativa, sicché ci si è domandati se l’accettazione debba essere
effettuata con beneficio d’inventario e con l’autorizzazione giudiziale.
Quanto al modo di accettazione, due sono le tesi proposte:
121
alcuni ritengono non sussistere alcuna limitazione stante il mancato richiamo
degli artt.471 e 472 c.c., sicché il beneficiario potrà accettare nel modo
che riterrà più opportuno
- altri sostengono invece che l’accettazione debba avvenire sempre e comunque
con il beneficio d’inventario, essendo il beneficiario soggetto non
totalmente capace di agire.
Ad avviso di chi scrive pare preferibile distinguere a seconda del contenuto del
decreto di nomina da parte del giudice tutelare e cioè:
- se questi ha dettato regole puntuali e specifiche (tailored measures), il
beneficiario conserva la piena capacità per gli atti non indicati, sicché
potrà accettare nel modo che riterrà più opportuno, salvo che il giudice
abbia testualmente previsto la necessità di un’accettazione beneficiata.
- se
al
contrario
il
giudice
si
sia
avvalso
dei
criteri
dell’ordinaria/straordinaria
amministrazione
formulando
quindi
un
provvedimento generico, la posizione del beneficiario sarà, come sopra detto,
assimilabile a quella dell’interdetto o dell’inabilitato con conseguente
applicazione analogica degli artt.471 e 472 e relativa accettazione
beneficiata.
Quanto all’autorizzazione giudiziale:
- alcuni ritengono che l’accettazione, a prescindere dal modo, debba essere
sempre autorizzata, in virtù del richiamo operato dallart.411 all’art.374
c.c.
- altri invece sostengono la non necessità del provvedimento giudiziale, salvo
che il giudice tutelare:
- l’abbia espressamente prevista nel decreto di nomina
si
sia
avvalso
dei
criteri
dell’ordinaria/straordinaria
amministrazione (vedi sopra)
-
.15.3 Il testamento: la norma da prendere in considerazione è l’art.591 il quale
prevede espressamente che siano incapaci di testare:
- i minori d’età
- gli interdetti per infermità di mente
- gli incapaci naturali
La dottrina prevalente considera tassativa la suddetta elencazione, sicché la
capacità di testare è la regola e l’incapacità l’eccezione; ne consegue che il
beneficiario dell’amministrazione di sostegno, non essendo contemplato in detto
elenco, potrà testare, salva in ogni caso la possibilità:
- per il giudice tutelare di estendere detta norma anche al beneficiario ex
art.411 c.c.
- per gli interessati di impugnare il testamento per incapacità naturale
(art.591 n.3)
.15.4 La donazione: la regola base sancita in materia è quella prevista
dall’art.774 c.c.: “non possono fare donazioni coloro che non hanno la piena
capacità di disporre dei propri beni”.
Dalla considerazione sopra svolta che il beneficiario è soggetto pienamente
capace, salvo che per gli atti espressamente indicati nel decreto del giudice
tutelare, ne consegue come principio generale che detto soggetto può fare
donazioni; eccezioni a detto principio sono:
- che il giudice abbia esteso l’incapacità di donare anche al beneficiario ex
art.411 c.c.
- che
il
giudice
abbia
dettato
un
provvedimento
generico
del
tipo
ordinaria/straordinaria amministrazione.
Un problema che potrebbe nascere è quello del caso in cui il giudice abbia
previsto il divieto di alienazione di determinati beni senza la rappresentanza o
l’assistenza necessaria dell’amministratore; in tali casi bisogna distinguere:
per
quei
beni:
sussiste
divieto
di
donare;
essendo
preclusa
l’alienazione onerosa, a maggior ragione deve ritenersi infatti vietata
quella priva di corrispettivo
122
- per gli altri beni: il beneficiario potrà donare, avendo piena capacità
in relazione ad essi.
.15.5 Negozi di diritto familiare: è il caso ad esempio del riconoscimento del
figlio naturale o del matrimonio.
Si ritiene che il beneficiario possa compierli senza alcuna limitazione, salvo
che il giudice tutelare abbia nel decreto di nomina esteso allo stesso le
relative incapacità ai sensi dell’art.411 c.c.
.15.6 Esercizio d’impresa: anche in tal caso la nuova legge nulla dispone.
Si ritiene che il beneficiario possa sia continuare che intraprendere ex novo
un’impresa commerciale, non essendo le norme degli artt.371 e 397 espressamente
richiamate.
Eccezione al detto principio sono le solite e cioè:
- che il giudice abbia disposto l’estensione delle predette disposizioni ai
sensi del più volte citato art.411 c.c.
- che
il
giudice
abbia
dettato
un
provvedimento
generico
del
tipo
ordinaria/straordinaria amministrazione, rientrando l’esercizio d’impresa
sicuramente nell’ambito della seconda.
.16 Rassegna giurisprudenziale:
.16.1 Tribunale di Roma 19 marzo 2004 (giorno di entrata in vigore della legge
6/04):
- fattispecie: donna anziana con cancrena alle gambe che preferiva morire
anziché amputarle.
- provvedimenti adottati:
- con un primo decreto il giudice tutelare ha nominato l’amministratore
di sostegno (la nipote dell’anziana paziente) avendo ritenuto a seguito
di accertamenti medici che la paziente non era più in grado di
provvedere a se stessa e quindi di essere in condizione di esprimere
validamente la propria volontà circa l’operazione;
con
un
secondo
provvedimento
il
giudice
ha
autorizzato
l’amministratore
a
prestare
consenso
per
tutte
le
operazioni
chirurgiche che si sarebbero rese necessarie
.16.2 Tribunale di Parma 2 aprile 2004
- fattispecie: mamma vedova e con problemi di salute e unico figlio psicolabile
- provvedimenti adottati: in tal caso il giudice tutelare ha nominato un
amministratore di sostegno designato dai due soggetti, comune per entrambi,
disponendo:
- la rappresentanza non esclusiva ma concorrente dell’amministratore di
sostegno e dei due beneficiari (ossia l’amministratore è rappresentante
per tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione che può
compiere da solo (previa autorizzazione ex 374-6 se necessaria), ma anche
i beneficiari conservano il potere di compiere da soli tali atti;
- limiti di spese mensili di .. per gli atti dell’amministratore di
sostegno
- l’obbligo di riferire davanti al giudice
ogni 6 mesi dell’attività
svolta
Questo provvedimento è estremamente significativo essendo stato l’amministratore
nominato con riferimento ad un evento futuro sostanziantesi in una semplice
menomazione fisica, come tale non eliminativa della capacità di intendere o di
volere del beneficiario; la madre, infatti, totalmente capace di intendere e di
volere, doveva solo sottoporsi ad un importante intervento chirurgico per una
menomazione fisica e non psichica.
In questo senso l'istituto parrebbe esser stato utilizzato in maniera
alternativa rispetto al conferimento di poteri rappresentativi volontari come la
procura (notaio Minassi).
123
.16.3 Tribunale di Modena 15 settembre 2004
- fattispecie: persona affetta da disturbo delirante cronico nonché da una
grave forma di diabete che si rifiutava di prestare il necessario consenso al
trattamento terapeutico.
Presenza di un cospicuo e mal gestito patrimonio del soggetto.
- provvedimenti adottati: il Giudice Tutelare ha in un primo provvedimento
provveduto a nominare un amministratore di sostegno e successivamente, con il
decreto in esame:
- ha autorizzato il nominato amministratore ad esprimere il consenso al
trattamento medico
- si è riservato di demandare all’amministratore il compito di provvedere
all’amministrazione del patrimonio del beneficiario.
Il provvedimento è interessante perché il Giudice ha limitato le funzioni
dell’amministratore esclusivamente alla cura della persona del beneficiario e
non del suo patrimonio, facendo però riserva di mutare tale suo intendimento nel
senso di estendere i poteri dello stesso anche al patrimonio, per gli atti che
dovessero apparire necessari.
.16.4 Tribunale di Catania 26 ottobre 2004
- fattispecie: donna anziana incapace di parlare, leggere o firmare, ma che
comprende perfettamente quanto le accade intorno e partecipa pienamente ad
ogni profilo della conversazione con i terzi.
- provvedimenti adottati: il Giudice ha rigettato l’istanza di nomina
dell’amministratore di sostegno e trasmesso gli atti al pubblico ministero,
valutando la sussistenza in tale ipotesi dei presupposti dell’interdizione.
Il provvedimento de quo si segnala perché prende in considerazione i criteri
discretivi tra gli istituti dell’interdizione/inabilitazione e la figura in
esame; in particolare evidenzia che:
- interdizione: in caso di persona totalmente incapace di provvedere alla cura
dei propri interessi
- inabilitazione: per il caso di persona incapace di provvedere da sola alla
cura dei propri interessi ma capace di farlo con l’assistenza di altri
- amministratore di sostegno: per l’ipotesi di soggetto tendenzialmente capace
di compiere da sola le scelte relative alla cura dei propri interessi, ma
bisognosa di un’assistenza o supporto esclusivamente materiale.
.16.5 Tribunale di Roma 7 gennaio 2005
- fattispecie: donna affetta da demenza senile ed unica amministratrice di
società in nome collettivo
- provvedimenti adottati: nomina di amministratore di sostegno provvisorio con
contestuale autorizzazione alla stipula di atto notarile volto alla
sostituzione dell’amministratore della società.
.16.6 Tribunale di Modena 24 febbraio 2005
- fattispecie: persona anziana di 86 anni non affetta da alcuna patologia
mentale, ma che presenta un indebolimento delle facoltà intellettive ed in
particolare della memoria; indebolimento che le impedisce di ricordare le
scadenze ed i pagamenti in genere.
- provvedimenti adottati: nomina di amministratore di sostegno “assistente” e
con funzioni limitate a determinate categorie di atti.
Il provvedimento si segnala perché prende in considerazione una fattispecie
assai controversa nei lavori parlamentari della legge e cioè se l’età avanzata
sia da sola presupposto sufficiente per la nomina di un amministratore di
sostegno; il Giudice conclude negativamente evidenziando la necessità a tal fine
della sussistenza di ulteriori elementi che si accompagnino alla tarda età.
124
In altri termini non sussiste biunivocità tra amministrazione di sostegno ed età
avanzata, ben potendo sussistere i presupposti dell’istituto in relazione a
persona di giovane età e non in riferimento ad un anziano.
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