MONZA - OTTOBRE 2012 - ANNO XXXIII - N. 93
Spedizione in abbonamento postale
art. 2 comma 20/C legge 662/96 - Milano
®
Periodico della sezione di Monza
RADUNO SEZIONALE
SCUSATE IL DISTURBO
CAPIGRUPPO A “RAPPORTO”
ANDREA CREMONESI
ROBERTO VIGANÒ
Il 3 settembre se ne è andato Nelson
Cenci. E questo mi impone una riflessione: i Cavalieri di Vittorio Veneto,
gli ultimi testimoni della Grande
Guerra, sono spariti da un pezzo e tra
breve per ragioni anagrafiche lo stesso
accadrà con i protagonisti, grandi e
piccoli, della Seconda Guerra
Mondiale. Che cosa ci lasciano in eredità questi nostri nonni? Beh direi due
cose essenziali: 1) l’orrore per la guerra, pessimo strumento per risolvere le
contese tra Stati, e nelle quali a farne le
spese maggiori sono le persone comuni; 2) la forza di volontà di non lasciarsi andare quando tutto sembra
perduto; di rimboccarsi le maniche
per ripartire. Se il primo punto i ragazzi lo imparano sui libri di scuola e dovrebbe essere ovvio, se non fosse che
di guerre ad alta o bassa intensità è
pieno il mondo (basti pensare a dove
sono i nostri soldati in questo momento), il secondo è quanto mai attuale in
un momento come questo dove ogni
giorno rischiamo di perdere il lavoro e
le nostre certezze. Il tenore di vita che
i nostri nonni e i nostri padri ci hanno
consegnato e che sembrava «un diritto acquisito» tra spread, deficit e decrescita del pil è sempre più minacciato. Se sapremo essere volenterosi, sobri e determinati come lo è stata la generazione dei Cenci, usciremo dal
tunnel, altrimenti... Vorrei infine tornare su un argomento che è stato dibattuto all’interno del comitato di redazione di questo giornale e riguarda
l’opportunità di pubblicare o meno un
articolo sulla storia della divisione
Monterosa, il reparto alpino della
Repubblica Sociale Italiana: ho deciso
di dare il via libera perché lo ritengo
una pagina di storia senza alcuna connotazione politica. Ma ovviamente su
quello che accadde in quel periodo la
barra è ben salda: tra il 1943 e il ’45 in
Italia ci fu senz’altro una guerra civile
ma la ragione stava da una parte sola,
da chi sognava un futuro di libertà e
democrazia. Un’Italia migliore, e su
questo per la verità, considerate le cronache di questi mesi, beh qualche
dubbio, c’è.
In occasione del 140° anniversario della costituzione delle Truppe Alpine la nostra Sezione ha
iniziato un percorso di approfondimento su che
cosa vuol dire “essere Alpini oggi”: esso, partendo dai Capigruppo, vorrebbe coinvolgere tutti
gli alpini della Sezione.
Martedì 11 settembre si è infatti tenuta in
Sezione la prima serata di formazione dedicata
ai Capigruppo che hanno aderito con curiosità.
Ma anche con qualche perplessità e qualche
dubbio. Alla fine però la partecipazione è stata
attenta e molto attiva: il tema trattato ha coinvolto tutti quanti in un dibattito interessante e, a
detta di tanti presenti, molto utile per la nostra
Associazione.
Il nostro Presidente Perona, nel documento
“Futuro associativo” del 23 ottobre 2010, ci diceva: “L’Associazione l’abbiamo ricevuta in dote
dai nostri Padri con l’ordine di diffondere e trasmettere i valori dell’Associazione stessa. Nostro
compito, pertanto, è quello prima di tutto di conoscere, poi di conservare e trasmettere tutto ciò
a chi conoscerà e trasmetterà a sua volta.”
Ecco il motivo e l’obiettivo di questo incontro
nel quale la parte predominante della presentazione è stata dedicata alla conoscenza dell’ANA:
l’origine, quali gli scopi statutari, quali gli emblemi e i simboli in cui ci riconosciamo, come è organizzata e strutturata l’Associazione.
Poi ci si è soffermati anche sulle varie manifestazioni e al modo di partecipazione a queste.
Dice ancora il nostro Presidente: “È giusto insistere per migliorare il comportamento formale
nei momenti rilevanti della vita associativa…
Per fare ciò occorre una maggiore attenzione alle regole e alle politiche associative. Deve essere
chiaro che le regole vanno conosciute e che le disposizioni vanno applicate.”
La serata è stata impegnativa e, grazie anche
alla presenza del Consigliere Nazionale Cesare
Lavizzari, ricca di spunti e argomenti che, per
tanti Capigruppo, forse costituiscono una novità,
ma che devono necessariamente e inderogabilmente essere trasferiti e coinvolgere tutti gli alpini dei Gruppi perché, dice il Presidente Perona:
“L’ANA non deve cambiare. Deve rimanere
quella che ci è stata trasmessa. È sempre stato
così e dovrà sempre essere così. Questo non vuole dire che l’ANA non si debba adeguare al tempo in cui vive. Anzi, esattamente il contrario! Già
i nostri Padri avevano ben compreso che occorreva modificarsi per non cambiare. Questa caratteristica, che l’ANA ha sempre saputo mantenere, ha permesso, di conservare con saldezza il
nucleo fondamentale di valori e tradizioni per i
quali l’Associazione è nata”.
ADRIANO LACCHIN
Domenica 27 maggio è stata una domenica soleggiata ed è stata anche la
domenica che ha accolto a Gorgonzola tutti gli Alpini brianzoli e della
Martesana per festeggiare il 50esimo di fondazione del Gruppo Alpini che
per l'occasione ha ospitato l'annuale raduno sezionale.
Il ritrovo era in Piazza Europa. Accompagnati dalla bravissima fanfara alpina di Asso, abbiamo dato il via alla sfilata per le vie cittadine con la presenza del presidente sezionale Mario Penati e di tutti i consiglieri, con il dott.
Rosario Mancino in rappresentanza della Provincia di Monza e Brianza, e
con il nostro sindaco dott. Walter Baldi. Ospite speciale il Sindaco di
Arcore, Rosalba Colombo, città che ospiterà il prossimo raduno sezionale
del 2013. Presente e di scorta alla bandiera Reduci e Combattenti l'alpino
Angelo Lava classe 1915 reduce dalla Russia e chierichetto sul fiume Don
al Beato Don Carlo Gnocchi, figura alpina molto rappresentativa nella nostra città. Durante la sfilata, una sosta all'interno della casa di riposo ha permesso alla fanfara di eseguire un piccolo concerto in onore degli anziani
ospiti. Il momento più solenne, l'alzabandiera e la deposizione di una corona al monumento ai Caduti per poi proseguire in Largo degli Alpini, di recente concessione da parte dell'Amministrazione Comunale, dove è stato
inaugurato un cippo, un granito Orobico della Val Seriana, in ricordo dei 50
anni di penne nere a Gorgonzola e degli Alpini “andati avanti”. Dopo i discorsi ufficiali c’è stata la suggestiva cerimonia del passaggio della "stecca"
fra il Gruppo e la città di Gorgonzola e il Gruppo e la città di Arcore.
Al termine della S.Messa, officiata dal nostro prevosto don Ambrogio
Villa, sono stati resi gli onori al Vessillo sezionale all'uscita dalla chiesa con
tutti gli Alpini e le Associazioni gorgonzolesi schierati sull'attenti. La cerimonia si è quindi conclusa quando l’impeccabile cerimoniere sezionale
Roberto Viganò, ha dato il rompete le righe.
Il rancio alpino, a base di "crespelle al gorgonzola" e "risotto alla monzese" – quasi come per ribadire l’appartenenza del Gruppo di Gorgonzola alla
Sezione di Monza – fra canti e anche balli ha concluso la splendida giornata di festa.
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VITA
OTTOBRE 2012
DELLA
SEZIONE
Padre Massimo Villa, cappellano, alpino
MARCO BIFFI
Al sottoscritto l’onore di ricordare il nostro indimenticabile cappellano
Massimo Villa, Padre francescano, in occasione dello spostamento della lapide
dalla chiesetta della colonia estiva francescana alla chiesa parrocchiale del Passo
Tonale.
Infatti è proprio vero quanto detto da Viganò durante la funzione religiosa circa l’impegno pastorale e umano di Padre Massimo nei confronti dei suoi alpini.
Andava ben oltre al suo apostolato. Era vicino sia spiritualmente che fisicamente a tutti coloro che si trovavano nella sofferenza per qualsiasi motivo. Li andava a visitare, li confortava, li stimolava a reagire con ottimismo confidando nel
nostro Grande Padre, se poteva li aiutava anche materialmente. Quand’era coinvolto in qualche situazione “sanitaria” non mancava con tatto di coinvolgermi
per attivare tutto quanto possibile per lenire la sofferenza, sia per facilitare interventi istituzionali, sia per attuare idonee iniziative personali con grande
umiltà e umanità.
Ho conosciuto Padre Massimo in un frangente particolare: durante l’Adunata
Nazionale di Modena del 1978. Alla fine dello sfilamento “in armi” ero stato avvicinato da un terzetto di “veci storici”, al quale mi lega un affetto e un ricordo
immarcescibile, composto da Carlo Magni (allora Capogruppo di Villasanta),
da Piero Torri e da Padre Massimo che mi chiedevano un picchetto armato per
deporre una corona d’alloro ad un monumento alpino nella piazza stessa.
All’inizio opposi un diniego in quanto evento per nulla organizzato dai vertici
militari ma, sentendo che venivano – anche loro come me – da Monza, mi adoperai subito con forte emozione per ottemperare alla loro richiesta. Per fortuna
che il Comandante era un anziano maggiore “padre di famiglia” che mi disse in
modo alpinamente colorito di “arrangiarmi”.
Naturalmente seguirono scambi di indirizzi e invito a presentarsi in Sezione
non appena congedato.
Mi colpì, in quella occasione, il disarmante sorriso di Padre Massimo – sorriso che ritrovai sempre in ogni occasione, a conforto e sprone per tutti coloro che
incontrava. Alla scomparsa di don Baraggia nel 1984, è stato voluto come
Cappellano dall’allora Presidente Carlo Magni. Magni e P.Massimo erano legati dalla comune e tragica esperienza della guerra e della deportazione in
Germania. Si conoscevano già dai tempi di Merano (8 settembre 1943) ed erano ambedue iscritti all’ ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati).
Quindi quando mi sono iscritto alla Sezione di Monza nel settembre 1978, sotto la presidenza Giulio Rovelli, mi hanno accolto proprio i 3 veci citati con particolare affetto.
Padre Massimo ha seguito da vicino il mio inserimento nella professione, vigilando sui miei sentimenti, sostenendo i valori di solidarietà, di sussidiarietà, di
donazione gratuita del proprio operato ai più bisognosi, spesso interrogandomi
sui miei intendimenti futuri, insomma sottoponendomi in modo inapparente a
un vero e proprio “corso di formazione spirituale” per il quale gli sarò perennemente grato.
Mi è stato talmente vicino che ci ho tenuto a conferirgli il mandato di celebrare le mie nozze con Eleonora per l’approfondita conoscenza delle nostre coscienze.
Il bello è che, durante l’omelia nuziale, mi ha bacchettato rivolgendosi a mia
moglie raccomandandole di vigilare perché ero di animo “farfallone” e senza
“briglie strette” sarei potuto disperdermi dietro blandizie fuorvianti della vita terrena. Eleonora ha sicuramente ottemperato al consiglio di Padre Massimo tenendomi sempre “sotto controllo”, impedendomi bizzarrie e vigilando anche sugli impegni alpini limitando le “forchettate” fini a se stesse con “pernotti” sapientemente firmati.
Padre Massimo fa parte dei 3 grandi Cappellani che la Sezione di Monza ha
avuto la fortuna di incontrare. Cappellani di cui andare orgogliosi per la loro
umiltà, per il loro apostolato interpretato fino in fondo nella “famiglia” alpina e
che saranno ricordati inesauribilmente in tutti i nostri discorsi tramandandoli così ai posteri: Don Giuseppe Baraggia, Padre Massimo Villa, e Padre Fulvio
Giuliano successore di Padre Massimo. Difficile trovarne di eguali!
LA “STECCA” PASSA AD ARCORE
VALERIO VIGANO
Il raduno sezionale dello scorso 27 maggio 2012, a Gorgonzola, è stato
un evento speciale per gli alpini che compongono la sezione di Monza, in
particolare per quelli del Gruppo di Gorgonzola bravissimi a organizzare
una festa che è risultata bellissima.
Anche per noi alpini del Gruppo di Arcore è stata un’occasione specia-
le perché siamo diventati parte di una tradizione tipicamente alpina e militaresca che si è svolta con tutti i toni dell’ufficialità data dalla
Presidenza della Sezione. Siamo stati protagonisti in prima persona del
“Passaggio di Stecca” – noi alpini sappiamo bene di cosa si tratta.
Questo gesto che racchiude in sé valori goliardici ma anche di tradizione ci fa venire in mente gli anni della nostra naja. Il “vecio” tramanda al
“bocia” un oggetto, un simbolo, appunto “la stecca” che a sua volta dovrà tramandare al proprio “bocia” quando questo diventerà “vecio”.
E questo vale anche per gli Alpini in congedo della Sezione di Monza.
La città e il Gruppo che ospitano il raduno degli Alpini della sezione di
Monza, nel 2012 appunto Gorgonzola, passano “la stecca” agli Alpini
che ospiteranno lo stesso raduno nell’anno successivo, nel 2013 saremo
proprio noi di Arcore.
Sarà un evento che si ripete nella nostra città dopo 16 anni. Era infatti
il 1997 quando Arcore ha accolto in città le penne nere.
Un passaggio di Stecca svoltosi grazie a un cerimoniale ben preciso e
grazie alla presenza dei due Capigruppo, Gorgonzola e Arcore e soprattutto con la presenza delle Amministrazioni Comunali delle due città rappresentate dai Sindaci e dai Gonfaloni Cittadini e soprattutto con il benestare e sotto la direzione del Presidente di Sezione Mario Penati.
Una breve cerimonia di passaggio che si conclude quando la stecca viene consegnata al Gruppo successivo che la conserverà e a sua volta passerà al prossimo Gruppo.
In qualità di Capogruppo di Arcore sono stato ben lieto di alzare al cielo “la Stecca”, ossia una grande penna Alpina lignea, opera dell’alpino
Claudio Vimercati del Gruppo di Cornate d’Adda, con inciso i nomi delle città che hanno in passato ospitato questo raduno.
Diventa così ufficiale l’appuntamento per tutte le penne nere della
Sezione al prossimo 22 settembre del 2013 in Arcore.
Dove per l’occasione sarà inaugurata, dopo un’attesa lunga ben 15 anni, la nuova sede del Gruppo arcorese.
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VITA
DELLA
SEZIONE
OTTOBRE 2012
3
A Passo Tonale per ricordare
MARCO BIFFI
Il motivo per questa trasferta è stata la celebrazione del ricordo di Padre Massimo Villa in occasione dello spostamento della sua lapide dalla
chiesetta francescana alla chiesa parrocchiale di
Passo Tonale. L’evento, preparato con cura da
quasi un anno, sotto la presidenza Paolo Oggioni,
si è concluso col nuovo presidente Mario Penati
nel segno della continuità. La preparazione è stata
complessa perché la chiesetta era chiusa e dismessa ed è stato difficoltoso trovare chi l’avesse ancora in gestione, ovvero Padre Eligio di “Mondo X”
spesso giramondo a causa del suo apostolato.
Per noi alpini era importante non lasciare la lapide di Padre Massimo in una chiesa dismessa, perché volevamo che il culto dei fedeli fosse tramandato in modo vivo e perenne ai posteri, e perché
fosse “visitabile” dagli alpini brianzoli di passaggio al Tonale in qualsiasi momento senza dover
chiedere l’accesso di volta in volta. La parrocchia
del Tonale, che ha accolto con entusiasmo tale
scelta, ben si presta per questo obiettivo, in quanto
sempre aperta al culto, e siamo certi che i parrocchiani faranno “buona guardia” alla memoria di
Padre Massimo, magari accendendo un cero ed
elevando una prece.
Per i lavori di trasferimento della lapide si è interessato attivamente il vice-presidente Domenico
Facconi con il prezioso lavoro del Gruppo di
Casatenovo.
Per la cerimonia festiva la Sezione aveva predisposto un pullmann da 50 persone, chiedendo indarno opportune adesioni ai Gruppi, col risultato
però che a bordo vi erano solo 22 persone, con pochi consiglieri. Forse la distanza, forse il periodo
di ferie, sta di fatto che la partecipazione è stata
minima. È pur vero che molti gruppi e alcuni consiglieri avevano avvisato il Presidente della propria impossibilità di partecipare, ma la presenza di
gagliardetti era decisamente esigua. A Passo
Tonale ci aspettava la Banda Comunale di Pezzo
che non aveva nulla da invidiare rispetto a una
Fanfara alpina in quanto localmente coinvolta in
numerose manifestazioni alpine e quindi con giusto ritmo alpino. Sfilamento verso il Sacrario dei
Caduti. Entrata del vessillo sezionale sorretto
dall’alfiere Walter Beretta, sempre imponente con
atteggiamento marziale, scortato dal Presidente e
accompagnato immeritatamente dall’attendente
del Presidente Penati (su suo ordine) che ha risvegliato il mugugno di molti alpini per effrazione alla “libretta”, tra cui il vice-presidente vicario
Sandro Triulzio, il custode dei valori alpini monzesi Piero Schiatti, il ritardatario capogruppo di
Concorezzo Eugenio Brambilla. Partecipazione alla preghiera di benedizione dei caduti di don
Antonio Leoncelli, Parroco del Tonale, foto di rito
e quindi sfilata al suono della banda verso la chiesa parrocchiale per la messa e la cerimonia di scoprimento della lapide di Padre Massimo. Dire che
il Parroco di Passo Tonale è con noi alpini è dire
poco: il fervore col quale ha voluto e quindi scoperto il bassorilievo di Padre Villa la dice lunga.
Don Antonio ha inoltre inserito di buon grado la
nostra cerimonia nella normale messa domenicale
dei fedeli alle ore 11, spiegandone i motivi e assicurando imperitura veglia presso la loro Comunità
di un frate che molto ci ha dato. Oltre alla sua
omelia, incentrata sui valori espressi da Padre
Massimo e dal ricordo voluto dalla nostra Sezione,
ha dato spazio al nostro specifico ricordo lasciando la parola a Roberto Viganò che sa sempre trovare espressioni significative, sentite e commoventi in questi frangenti. Vale la pena di trascrivere il suo intervento, per i molti di noi assenti.
testimoniato nel suo apostolato di Cappellano della Sezione di Monza. Vogliamo anche ricordare
tutti gli Alpini che sono "andati avanti". Chi l'ha
conosciuto non può dimenticare la sua vitalità, la
sua serenità e il suo contagioso sorriso. Difficile
non ricordare la sua presenza alle nostre Adunate,
la celebrazione della S. Messa all'Ammassamento
con la partecipazione devota e attenta di tutti gli alpini presenti che, con voce potente e coinvolgente,
incitava "ad essere bravi alpini e buoni cittadini".
La sua saggezza riusciva sempre a sanare le inevitabili incomprensioni nella vita dei Gruppi e a ricomporre amichevolmente qualsiasi discussione.
Nel suo testamento spirituale P.Massimo ci ha lasciato poche e semplici indicazioni, nelle quali troviamo tuttora l'attualità del suo pensiero:
«L'importante è che ogni alpino porti sempre il
proprio contributo piccolo o grande che sia. Gli alpini hanno anche fantasia, perciò devono utilizzare
questo dono del Signore per puntare verso un futuro migliore, con nuove prospettive per i giovani e
per realizzare iniziative di pubblica utilità».
Successore di Mons. Baraggia, P. Massimo Villa
ha mantenuto il ruolo di Cappellano della Sezione
alpini di Monza fino a giovedì 21 settembre 1989
quando è “andato avanti".
Al termine della funzione, prima della benedizione di commiato, l'Alpino Piero Schiatti, leggerà
a nome di tutti "La Preghiera dell'Alpino" che
ascolteremo in piedi e, per gli Alpini, con il
Cappello in testa. Ringraziamo il Parroco don
Antonio Leoncelli per l'accoglienza e per le preghiere riservateci.»
Alla conclusione della messa don Antonio stesso
ha dichiarato che non poteva finire senza il nostro
sacro canto “Signore delle Cime”, intonandolo lui
stesso e trascinando tutti i presenti, inclusi i suoi
parrocchiani che non si sono mossi fino alla fine.
Ha inoltre accolto l’invito di Viganò a che gli alpini esponessero ricordi personali di Padre Massimo.
È scattato un incontenibile, caparbio, e commosso
Pino Galimberti che ha intonato “Stelutis alpinis”,
seguito dall’intervento del sottoscritto per aver
condiviso con Padre Massimo alcuni aspetti del
suo apostolato.
All’uscita gradito miniconcerto della banda che
di buon grado ci hanno offerto il meglio del loro
repertorio con viva partecipazione, applausi meritati e un balletto di walzer tra il Biffi (che pestava
maldestramente i calli malgrado la scuola di ballo)
e Nadia Viganò – sorella e moglie di alpini seregnesi.
Eugenio Brambilla affermava «Si è poi saputo
che era fresco allievo di un corso di ballo. La sua
bravura di ballerino denotava alcune lacune nel
valzer, il passo del dottore richiamava i suoi “difetti professionali”: più che un ballerino, sembrava
un medico d’Ospedale che camminava fra i suoi
ammalati. Se il corso di ballo non dà frutti, caro
Biffi, noi alpini ti consigliamo di spendere meglio
i tuoi soldi. L’A.N.A. e la Sezione di Monza hanno sempre bisogno di “liquidi”, oltre che del tuo
immancabile aiuto personale.
In un recente articolo ho criticato il tuo passo poco marziale, questa volta non ho notato la tua leggiadria di ballerino, ma non ti preoccupare che per
altre cose vai benissimo». Chissà quali sono queste
“altre cose” spero non intendeva le forchettate.
Pranzo al Ristorante Hotel Bezzi prenotato per
30 persone, ma con l’infilata di altre 20 persone
come al solito all’ultimo minuto! Comunque, appunto perché siamo riusciti a stare tutti insieme, è
stata una bella festa.
Durante il viaggio di ritorno abbiamo approfittato per analizzare l’odierna “debacle” di presenze
dando spunti al mugugno presidenziale circa il futuro sezionale, la ricerca di partecipazione, la possibilità di una sana e schietta discussione, di un trasparente confronto, con la impellente richiesta di
Mario Penati a una forte coesione e aggregazione,
a una sincera amicizia e lealtà.
Naturalmente la discussione è sempre aperta, soprattutto per gli assenti.
«Con questa celebrazione vogliamo ringraziare il
Signore per tutto il bene che ci vuole e affidare a
Lui la nostra Sezione. Il Signore la sostenga e faccia scendere la sua benedizione su tutti gli alpini
che, con impegno e abnegazione, continuano a testimoniare i valori associativi che P.Massimo ci ha
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VITA
OTTOBRE 2012
DELLA
SEZIONE
Campionato nazionale A.N.A. di corsa
FEDERICO MORELLI
Anche quest'anno ho partecipato al Campionato nazionale A.N.A. di corsa in
montagna individuale svoltosi a Perledo. Per questa 41° edizione svoltasi il 30 settembre, è stato scelto questo bel paesino immerso negli ulivi sopra Varenna con
stupenda vista sul Lago di Como, in particolare su Bellagio e Menaggio sulla sponda opposta. Faccio parte del gruppo di Villasanta e puntuale alle 8.00 arrivo per il
ritiro del pettorale in Comune. Il tempo è nuvoloso e l'aria è intrisa di umidità dopo l'abbondante pioggia di ieri, che sicuramente avrà reso il percorso, già tecnico e
muscolare, ancora più pesante. Sono inserito nella 3^ categoria (40-44 anni) e farò
il percorso lungo, ben 12 km con circa 750 mt. di dislivello positivo e negativo e
partirò alle 10.00.Alle 9.00 partono gli atleti che vanno dai 50 anni in sù, anche loro divisi in categorie, che dovranno affrontare un percorso corto, circa 7,6 km e 450
mt. di dislivello. Dopo la spunta degli atleti e un minuto di silenzio per un alpino
perito sul Cervino a metà settembre, tutto è pronto per il via: sono circa 180 i partecipanti, tutti pronti a dare il meglio. Velocemente mi reco negli spogliatoi, mi
cambio ed esco per il riscaldamento quando vedo arrivare i primi atleti del percorso corto. La salita che porta al traguardo è micidiale: 500 mt. che non ti danno respiro, ma i primi salgono come camosci, d'altronde sono i migliori alpini di corsa
in montagna. Dopo un bel riscaldamento sono pronto e puntuali alle 10.00 si parte,
siamo in tanti, circa 220. Dato il percorso, pesante e scivoloso, decido di partire in
sordina, scelta che alla fine si rivelerà azzeccata. Durante il giro di lancio per il paese mi superano parecchi atleti, cerco di mantenere la calma anche se non è facile
vedersi superare a destra e sinistra, dopo si sale su un prato pieno di ulivi dove il
percorso ti obbliga ad andare in fila indiana ed in alcuni punti non si può neanche
correre ma camminare. Finalmente la strada diventa più larga e in salita comincio
a recuperare posizioni su posizioni, nella successiva discesa, ripida e scivolosa, riesco a mantenere la posizione nonostante una rovinosa caduta dove la mano destra e
il ginocchio sinistro riportano varie escoriazioni. Nella seconda salita supero ancora vari atleti, nella discesa vado giù a tutta, nel terzo strappo in salita riesco ancora
a spingere bene, nell'ultima discesa vedo davanti a me un gruppetto di 3-4 atleti,
che cerco di rimontare in un tratto in falsopiano, ma purtroppo non ci riesco.
Negli ultimi 500 mt. in salita spingo a tutta e nel punto più duro ne supero tre finendo bene in spinta fra il tifo di tanta gente presente.
Sono contento della mia prestazione e dopo un bel pranzo nel tendone predisposto per l'occasione vedo esposte le classifiche: sono 30° assoluto e 6° della mia categoria. Credo che la sezione di Monza e in particolare il gruppo di Villasanta, del
quale saluto cordialmente il capogruppo Roberto Villa, il vice Gabriele Ancri, tutti
i soci e gli amici, saranno contenti del mio impegno profuso in questa gara per dare lustro alla sezione.
TROFEO MERELLI
VIA CRUCIS AD AGLIATE
MARCELLO OGGIONI
Con settembre sono ricominciate
le attività con i ragazzi della “mini
naja” e le piacevoli sorprese sono
già molte. Per cominciare Giulia
Lalli, cadetta della prima sessione
di “Pianeta Difesa 2010”, è stata
confermata come allievo ufficiale
e dal 3 settembre si trova
all’Accademia Militare di Modena.
Alexander Vanegas, cadetto del
corso successivo, è in graduatoria
per VFP1 ma ha già prestato giuramento insieme a Matteo Lauriola,
compagno di corso, presso il corpo
Militare della Croce Rossa (sigh,
purtroppo non alpini!).
Infine, ma non per questo meno
importante, i nuovi arrivati delle
sessioni di “Vivi le FF.AA.” 2011
e 2012. Non ancora tutti iscritti
presso la nostra Sezione hanno voluto partecipare con noi al Trofeo
Merelli 2012, competizione di topografia e orientamento a carattere
militare organizzata dall’UNUCI
di Monza lo scorso 23 settembre
presso la baita del gruppo Alpini
di Tregasio. I risultati? Più che lodevoli! Per la categoria cadetti il
Gruppo Sportivo Alpini della nostra sezione ha conquistato il primo, secondo e terzo posto, classi-
ficandosi quarti nella classifica generale.Previo autorizzazione
all’uso dell’uniforme da parte del
Comando Esercito erano presenti
Federica Longoni, Thomas
Cavinato e Virgilio Vanalli (ANA
Lecco) oltre al sottoscritto e con
noi gareggiavano: la cadetta Silvia
Paganuzzi, responsabile regionale
dell’Associazione Nazionale Vivi
le FF.AA. con la sorella, Valentina
Paganuzzi, cadetto alpino 2011 ad
Aosta (ANA di Milano) e Federico
Visentin, anche lui cadetto dello
stesso corso. Presenti con noi anche Laura Bagnato, cadetto 2010
(ANA di Milano), Simone
Murganti e Matteo Pintus (cadetti
ma ahimè non alpini e iscritti
all’UNUCI) e la nostra nuova
iscritta Ilaria Tomasoni – che da
poco ha ricevuto il cappello alpino
alla caserma di Aosta. Ilaria si è
subito distinta aggiudicandosi il
secondo posto in questa sua prima
gara.
Direi che lo sforzo per tenere
coesi i ragazzi in questo tipo di attività, con lo scopo di avvicinarli
al mondo militare, comincia a dare
i suoi frutti e questo grazie alla
tanto discussa “mini naja” che, in
fondo, a qualcosa è servita.
LUIGI ZANINI
Martedì santo, 3 aprile alle 21,00, nello splendido parco prospiciente la
Basilica di Agliate si è svolta per il secondo anno la Via Crucis sezionale.
Alla presenza di Mons. Angelo Bazzari, Presidente della Fondazione Don
Gnocchi, delle alte cariche sezionali, e di numerosi alpini appartenenti ai
gruppi che formano la nostra Sezione è stato ripercorso simbolicamente il
calvario di nostro Signore.
Mons. Bazzari ha accompagnato i convenuti attraverso le 14 stazioni
che caratterizzano il cammino della Via Crucis. Coordinati dalla maestria,
anche canora, di Roberto Viganò – che racchiude in se le qualità
dell’ottimo alpino e dell’ottimo cattolico – e capitanati dal loro capogruppo Gianni Ruga – che rispetto al nostro Cerimoniere difetta solo di esperienza nell’ANA – gli alpini dell’ultimo nato Gruppo di Bernareggio hanno animato la celebrazione leggendo brani della Bibbia commentati con
brani tratti dagli scritti di Don Gnocchi. Da segnalare anche la presenza
della nostra Unità di Protezione Civile sezionale, alla quale va un doveroso ringraziamento, perché ha fornito l’illuminazione nel parco che è privo
di luci artificiali.
Al termine del percorso, all’interno della Basilica, il successore di Don
Gnocchi ha fatto una coinvolgente omelia. Un altro doveroso ringraziamento va a Mons. Bazzari che sempre ci onora con la sua apprezzabile e
apprezzata partecipazione.
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VITA
DELLA
SEZIONE
OTTOBRE 2012
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Sedicesimo CISA a Costalovara
MARCO BIFFI
Leggete l’Alpino e saprete tutto sul 16°
Congresso Itinerante Stampa Alpina. Vi
racconterò in questo articolo solo della
Sezione di Monza. Quest’anno partecipazione più scarna, rispetto agli anni
scorsi, per “distrazione” su altri fronti di
soci sempre presenti. Mi diffidano di farne l’elenco e di dichiararne le motivazioni per privacy. Per la prima volta, invece,
partecipazione massiccia di mogli che
hanno volentieri usufruito del programma satellite di accoglienza di visita di
Bolzano e dell’Altipiano del Renon, riuscendo a far acquisti senza l’avvallo dei
mariti. Al Congresso presenti il
Presidente Mario Penati e il Marco Biffi,
questa volta attentissimo e non fotografato dormiente “post-prandium” da
quell’amico-serpe di Luca Geronutti e
inesorabilmente pubblicato sul suo sito a
ludibrio e monito per tutti i congressisti.
Fugace comparsa del page-master Luigi
Zanini, domenica mattina, con pernotto
strettamente controllato da donna Rita
per non ubriacarsi troppo di alpinità. Ha
osato perfino fare un intervento al buio!
Quasi quasi non sapeva neanche di che
cosa stessimo parlando che ecco prende
la parola e “a gamba tesa” irrompendo
sullo stupefatto uditorio («chi l’è qest
chi?») per parlare dei nostri valori universali (amicizia, amore per il prossimo e
amore per la natura) da trasmettere ai sindaci e Istituzioni per
orientarsi a un miglior governo. Questo intervento, molto apprezzato dal nostro Presidente, ha generato un rimprovero al
sottoscritto per la mancata partecipazione al dibattito (ma ciò
vale anche per lui – di rimando). Il motivo del mio defilamento è dovuto essenzialmente a 2 cause: 1°) sono un motore diesel che stenta a carburare. 2°) I miei interventi sono
spesso “fuori dal coro” e quindi incompresi o non apprezzati.
È per questo disallineamento che non riusciremo mai a vincere il premio della Stampa Alpina, anche perché vi sono parametri ben precisi da osservare. Infatti gli articolisti di “NzaAlp” (vero e storico titolo del nostro periodico) sono tutti ruspanti e non giornalisti, all’infuori del nostro Direttore
Cremonesi che fatica a tenerci a bada, con l’obiettivo di scrivere divertendoci, sia pur per educare e formare, ma usando
un’arma letale che non è affatto apprezzata nei circuiti giornalistici seri: L’IRONIA!
Tornando ai temi del Congresso, come ogni anno la redazione de “L’Alpino” offre una traccia di riflessione per non
disperdere il dibattito. Quest’anno sono state ideate 3
Commissioni di studio: 1) come comunicare sui media nazionali; 2) i valori per diventare coscienza civile. 3) come comunicare sul territorio. Aldilà dei lavori in senso stretto, che hanno visto la partecipazione sicuramente di menti eccelse sia per
professione che per impegno culturale e alpino, a me ha lasciato l’amaro in bocca. Infatti mi sento ogni anno sempre più
imbrigliato in temi formativi “rigidi” senza concessioni a divagazioni tipiche del “mugugno” alpino. Ho nostalgia dei primi CISA ove era proposto sia pur un tema alla Assemblea,
ma a sessione corale e con tolleranza sul dibattito che spesso
vagava altrove, ma che rappresentavano veramente “lo stato
dell’arte” alpino del momento. Posso ben capire lo sforzo di
contingentare i tempi, di efficientizzare il dibattito con commissioni di studio focalizzate sui temi preposti, ma siamo pur
sempre una Associazione che riesce a fare grandi cose appunto perché non ci prendiamo mai sul serio. Quando purtroppo
si arriva a livello nazionale tutto deve diventare più serio, più
visibile, più efficace, perdendo di spontaneità e forse anche di
grinta. Come dimenticare interventi a braccio di storici amici
“birichini” che ogni anno tuonavano (oggi sempre meno)
sull’ineludibile argomento “O tempora o mores”, ovvero “chi
siamo e come lo siamo” espressi coloritamente da Birone di
Genova, da Grosso di Biella, da Furia di Bergamo? Erano
tempi eroici, quando ai CISA si ragionava e si “mugugnava”
tra la leadership dei Veci (Caprioli) e dei giovani rampanti
(Parazzini), ovvero sulla capacità e necessità di guardare
avanti. Questi amici e molti altri ti davano il polso locale online dello spirito alpino, delle aspettative rivolte al CDN, ovvero era la libera espressione della “Intelligentia” su un concetto allargato di essere alpini! In questi ultimi anni i CISA
sono stati imbrigliati in temi predefiniti dai quali non discostarsi, pena il richiamo di attenersi al tema … e così si è persa spontaneità, grinta, vis oratoria e passione “viscerale” che
era alla base di una vera partecipazione assolutamente divertente e coinvolgente rispetto ai CISA di oggi sicuramente più
“centrati”, ma meno appetibili per spirito ed entusiasmo.
Foto Luca Geronutti
GRUPPO BANDIERA
GIANCARLO PADOVAN
Il 20-21-22 luglio 2012 si è tenuto il
Raduno del 3° Raggruppamento (Alpini del
Triveneto) a Feltre.
15 mila partecipanti alla sfilata del 22 (durata oltre 3 ore), attorniati festosamente da
un pubblico di 25 mila persone. Come ha
commentato il nostro Presidente nazionale,
si è trattato quasi di una adunata nazionale,
perfettamente organizzata.
E noi alpini della corona ferrea che cosa
c’entriamo in tutto questo?
A Pedavena, di fronte alla famosa birreria,
era il luogo dell’ammassamento e sulle piante che affiancano viale Vittorio Veneto erano
apposti i cartelli di ritrovo delle Sezioni
Estere e delle Sezioni Italiane ospiti. Gli
Alpini Stefano, Antonio, e Fabio del gruppo
di Arcore si erano dati appuntamento a Feltre
per la circostanza e, per tale motivo, assieme
allo scrivente del gruppo di Carnate che già
si trovava nei paraggi, erano stati incaricati
dal nostro Presidente sezionale Mario Penati
di rappresentare la Sezione di Monza, scortandone il Vessillo.
Abbiamo dunque cercato la nostra collocazione per lo sfilamento: Varese, Milano,
Bergamo, Parma, Abruzzo, Aosta, ..., ma il
cartello per la Sezione di Monza non c’era,
come altri del resto (Luino, Savona, ...). Ci
siamo collocati, per vicinanza, dietro la sezione di Milano (9 partecipanti, sic!) e davanti la sezione di Savona e ci siamo schierati in fila per 2. Cosa potevamo fare?
Eravamo solo in 4! Uno degli addetti stampa
che ci ha fotografato, sorridendo, ha detto:
«Monza, tutto qua? Più che una sezione,
sembrate un gruppo bandiera!» La situazione
effettivamente era un po’ imbarazzante e, in
un primo momento, ci eravamo sentiti un
tantino a disagio.
Ma da quando siamo partiti fino alla fine
del corteo, la folla ai lati – che faceva qualche applauso alla Sezione di Milano (cosa
scontata) e ignorava quasi la Sezione di
Savona che ci seguiva – non finiva di applaudire con affetto, al grido «Viva Monza!
Bravi Monza!», i quattro pennuti della
Brianza, quasi fosse una sorpresa
nell’anfiteatro delle dolomiti di Feltre.
Ovviamente ci siamo sentiti subito rinfrancati ed è stato così che durante la nostra ora di
sfilamento abbiamo potuto constatare quanto
la gente ami anche e soprattutto le piccole
realtà alpine, provenienti non necessariamente da aspri pendii o da vette
immacolate di neve. Milano è blasonata. Bergamo, Aosta, Brescia,
Abruzzo e tutte le Sezioni del
Triveneto sono realtà alpine celebri, perché sorte in zone di cultura
e di reclutamento alpino; Monza e
qualche altra invece no. Monza è
pianeggiante, la Brianza è collinosa, entrambe sono immerse nel vortice rumoroso della vita frenetica
che le avvolge. Nulla a che vedere,
quindi, con il silenzio e il lento
quasi immutabile scorrere della vita sulle montagne. Tuttavia, rilevare ancora una volta che anche in
quelle parti tumultuose e, per molti, sconosciute del nostro territorio
nazionale battono dei cuori alpini,
conforta e anima le persone e le
rende fiduciose in una Italia migliore.
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VITA
OTTOBRE 2012
DEI
GRUPPI
Gli alpini incontrano gli studenti
DIEGO PELLACINI
La decima edizione de “Gli alpini incontrano gli studenti” a cura del
Gruppo di Bellusco si è svolta, come
da tradizione, il 24 maggio e, forse, come il vino, migliora col tempo.
L’organizzatore, animatore e un po’
mattatore è l’alpino Luigi Boscarelli,
classe 1935, del XI corso ASC della
SMALP, lo stesso di Corrado Perona
presidente nazionale ANA. In effetti,
ogni anno quest’incontro, cui non posso mancare, coinvolge gli studenti delle ultime classi della scuola media statale “Falcone e Borsellino” di Bellusco
e della scuola primaria di Mezzago,
l’evento sempre stupisce e riesce a essere ogni volta nuovo e interessante,
merito soprattutto delle insegnanti professoresse Giuliana Accarini e Daniela
Agrati. Sono presenti tutte le locali autorità civili e militari, numerosi alpini e
rappresentanti di associazioni cittadine,
ma l’ospite d’onore, invitato direttamente dagli alunni, è il caporalmaggiore Luca Barisonzi, alpino ferito gravemente in Afghanistan, di cui i ragazzi
conoscono bene la storia. I saluti del
capogruppo Adelio Ravasi, e la lettura
del messaggio pervenuto dal Presidente
Nazionale dell’ANA, aprono questa
giornata conclusiva. A seguire i discorsi del sindaco Roberto Invernizzi, e del
Dirigente Scolastico prof. Franco
Maria Franci, discorsi che colpiscono
per la conoscenza della storia e
l’ammirazione che hanno nei confronti
degli alpini per il loro senso del dovere
e di solidarietà dimostrato in ogni occasione. Chiudono gli interventi del gen.
Cesare Di Dato e del presidente della
sezione ANA Mario Penati.
I ragazzi della 3° B si sono impegnati nel realizzare un calendario dove
ogni mese rappresenta un fatto significativo per la storia degli alpini (gen.
Giuseppe Perrucchetti, battesimo del
fuoco, preghiera dell’alpino, asilo di
Rossosch, il cappello e la penna, Mario
Rigoni Stern, Adunata nazionale, ricostruzione del Friuli, missione in
Mozambico, Don Carlo Gnocchi, missione in Afghanistan, Luca Barisonzi,
san Maurizio) e per illustrare il loro lavoro hanno inscenato uno spettacolino
con canti, suonate e letture di carattere
alpino in cui tutti gli allievi si sono esibiti.Prima di questa giornata, gli allievi
di tutte le tre classi coinvolte hanno seguito un percorso didattico, durato alcuni mesi, che dopo gli incontri con gli
alpini li hanno portati, guidati dai propri insegnanti, a scrivere un elaborato
sull’argomento proposto. I temi sono
stati valutati dallo stesso Boscarelli che
poi ha organizzato anche la premiazione effettuata da tutti gli illustri ospiti
presenti, compreso Luca Barisonzi.
Per i ragazzi della classe 3°B, che dovevano recensire il libro “Il sergente
della neve” di Rigoni Stern, sono stati
premiati: 1° Luca Villa; 2° Banani
Ovarda; 3° Andrea Zabeo.
Il tema per la scuola primaria era “gli
alpini”. Per la classe 5°A delle insegnanti Brambilla e Terrizzi sono stati
premiati: 1° Caterina Cattaneo e Matteo
Radaelli; 2° Nadia Rabbab e Riccardo
Bonaldi; 3° Fabio Elissi. Per la classe
5°B delle insegnanti Caserta e Avoglio
sono stati premiati: 1° Santiago
Porporato; 2° Alessandro Cicchello; 3°
Petra Sole Ambrosiano. Luca Barisonzi
interviene brevemente per ricordare
che “per gli alpini non esiste nulla
d’impossibile” e che “crede sia suo
compito testimoniare e portare la speranza”. Commozione generale. Ma i ragazzi pongono, con la loro incredibile
crudezza, la domanda chiave “cosa ti
aspetti dal futuro” e ancor più sorprendente è la risposta di Luca “voglio continuare a essere un alpino e spiegare il
perché della mia scelta che, ancora og-
gi, riconfermerei”. A conclusione, un
ossimoro, la cerimonia dell’alzabandiera con il vessillo sezionale, 5 gagliardetti, la bandiera dei Combattenti e
Reduci schierati e tutti i presenti
sull’attenti quando il sergente Bo-
scarelli presenta la forza al suo comandante, ora generale, Di Dato. Alle mie
spalle sento un commento “si vede il
particolare rapporto che lega voi alpini
ai vostri comandanti”. Mentre s’innalza
il tricolore tutti cantano l’Inno d’Italia.
RADUNO AL RIFUGIO CONTRIN
GRAZIANO ROZZONI
Sono anni che desideravo condividere la mia gioia di appartenenza agli Alpini, in
un ambiente di montagna dove l’asfalto della città è sostituito dai sassi e i giardini
dai pascoli ricchi di arnica e nigritella. Quando poi alzi lo sguardo, ti ritrovi incoronato dalle vette dolomitiche e il cielo terso ti dice che sei vicino al Paradiso. Tutto
questo è la cornice del Rifugio Contrin dove domenica 24 giugno si è svolto il 29°
Raduno annuale. Finalmente sono riuscito ad aggregare otto alpini dei Gruppi di
Nova e Desio e con loro ho anche condiviso la responsabilità di rappresentare la nostra Sezione portando il Vessillo, il simbolo sezionale più importante. Tutto era
pronto per la partenza all’alba del sabato verso Canazei e nonostante le previsioni
atmosferiche avverse, la nostra ascesa al rifugio è stata premiata da un tiepido sole. Era un pellegrinaggio di tante penne nere che in fila salivano ordinate per un raduno definito “solenne”. Succede ogni cinque anni che sia solenne e richiama perciò tutte le nostre massime autorità con la sfilata del Labaro Nazionale.
Il Rifugio Contrin si è presentato a noi con una veste rinnovata dopo quattro anni di lavoro della Sezione di Trento e questo ampliamento ha permesso a tanti alpini di pernottare e trascorrere insieme la notte di sabato con canti in allegria.
Poi, come accade nelle Adunate Nazionali, tutto ciò che
è permesso al sabato si trasforma in una presenza rispettosa e seriosa durante le celebrazioni della domenica. Anche il meteo ha cambiato le sue previsioni liberando il cielo dalle nubi e offrendoci una tipica giornata frizzantina d’alta montagna. Intanto più di duemila
alpini si erano radunati per la cerimonia solenne e
hanno applaudito il nostro Presidente Perona e tutto il
Consiglio Nazionale.
Tutti hanno fatto proprio il suo monito: in un’Italia
economicamente in disgrazia, sia la solidarietà la chiave che ci potrà aprire la porta verso un futuro più roseo, dove la determinazione dell’uomo alpino potrà essere d’esempio per risollevarsi. La S.Messa al campo,
che ha chiuso le celebrazioni, è stata il suggello a questa
riflessione che ha rinnovato lo spirito di fratellanza e di
amicizia. Io mi sono portato a casa questo tesoro che
cercherò di dividere con tutto il mio Gruppo e mi impegnerò a organizzare la nostra presenza per il raduno
al rifugio Contrin del prossimo anno, anche se non
sarà solenne, per quello aspetteremo altri cinque anni.
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VITA
DEI
GRUPPI
OTTOBRE 2012
7
40° Gruppo alpini di Macherio
L’evento è iniziato il giorno 01/06/2012 con l’inaugurazione della mostra intitolata “ALPINI – IERI … OGGI … SEMPRE!” presso la biblioteca civica situata
in corte del Cagnat in Via Roma. Nella mostra allestita magistralmente
dall’Alpino Davide Tonicelli, si potevano ammirare documentazioni e reperti della I e della II Guerra Mondiale e 15 pannelli che illustravano la ricostruzione del
Paese di Fossa (AQ) dopo il terremoto del 2009. Il momento più sentito e significativo è stato il taglio del nastro effettuato dalla Madrina del Gruppo Signora
Cecilia Villa Silva, Vedova dell’Alpino Dott. Mario Villa, Capitano del
Battaglione Tirano durante la II Guerra Mondiale, che con l’Alpino Mario
Viganò, fondò il Gruppo Alpini di Macherio nel 1972. Alla cerimonia hanno partecipato anche il Sig. Sindaco Giancarlo Porta, il Reverendo Don Luigi Sala che
ha impartito la benedizione, il Presidente della Sezione di Monza Alpino Mario
Penati, il Vice-Presidente Alpino Roberto Viganò e naturalmente, i componenti
del Gruppo Alpini. La mostra è rimasta aperta al pubblico dal 2 al 10 Giugno tutti i pomeriggi ed è stata visitata da una folta partecipazione dei cittadini, che hanno espresso giudizi positivi, riempiendo di soddisfazione i promotori di questa iniziativa. È passato molto tempo dal lontano 1972; prima dell’attuale capogruppo
Alpino Antonio Taddei, si sono succeduti altri 3 predecessori purtroppo andati
avanti; Alpino Mario Zarantonello, Alpino Gustavo Civiero, Alpino Renzo
Salomon. Oltre agli impegni di solidarietà, vanno ricordati alcuni momenti importanti della vita del Gruppo: l’inaugurazione della Via dedicata al Corpo, del
monumento agli Alpini e della Via dedicata al Cappellano Beato Don Carlo
Gnocchi. I festeggiamenti per l’anniversario sono proseguiti sabato 9 Giugno con
il Concerto a cura del Coro A.N.A. “La Baita” di Carate Brianza presso il Cinepax
alle ore 21:00. Di fronte a un pubblico attento e competente, il Segretario Alpino
Erminio Viganò ha dato il benvenuto con la presentazione della serata. È stato
messo in risalto lo spirito alpino, è stato ricordato chi è andato avanti e come usanza in questi appuntamenti, non poteva mancare il saluto alla Bandiera Tricolore. Il
Coro A.N.A. magistralmente diretto dal Maestro Beppe Pirola, si è esibito in due
tempi. Nell’intervallo sono state distribuite le onorificenze; al termine del concerto tutti i partecipanti hanno potuto ricevere il libretto che illustra le attività del
Gruppo in questi 40 anni. Domenica 10 Giugno è stata la giornata più importante.
Alle ore 9:00 Ammassamento presso la Via degli Alpini. Una Macherio vestita di
tricolore fino all’inverosimile ha accolto gli Alpini di Monza e Brianza. Erano presenti: il Vessillo della Sezione di Monza scortato dal Presidente Alpino Mario
Penati; il Vessillo della Sezione di Bergamo scortato dai Consiglieri Alpino
Brumana Matteo, Alpino Paolo Moro e Alpino Giovanni Ferrari; i Gagliardetti
della Sezione di Monza; il Gonfalone del Comune di Macherio accompagnato dalle Autorità Civili, militari e dalle altre Associazioni. Segnaliamo la presenza dei
Gagliardetti dei Gruppi di Cinisello Balsamo e Bresso (Sezione di Milano) e di
Costa-Val Imagna, Gandino e Ornica (Sezione di Bergamo). Inizio sfilata: breve
sosta per onorare il concittadino internato Valentino Rivolta. Si proseguiva fino al
monumento degli Alpini, qui ci hanno accolti il Corpo Musicale G. Verdi di
Macherio e il Corpo Musicale S. Cecilia di Bareggia, unificati per l’occasione. La
cerimonia iniziava con la deposizione di una corona di alloro a ricordo degli
Alpini andati avanti, accompagnata dal 33. Subito dopo l’Alzabandiera con l’Inno
di Mameli. Questi due momenti solenni siamo sicuri che rimarranno impressi nella memoria dei presenti. La sfilata è ripresa fino al raggiungimento del
Monumento ai Caduti, situato in Via Italia. Tutti allineati, deposizione di Corona
d’alloro accompagnata dalla “Leggenda del Piave”. Per i discorsi di rito, hanno
preso la parola nell’ordine il Capogruppo Alpino Antonio Taddei, il Sindaco
Giancarlo Porta, il Generale Cesare Di Dato, che ci ha onorati con la Sua illustre
presenza, e – per finire – il Presidente della Sezione di Monza Alpino Mario
Penati. Si riprendeva fino a raggiungere la Lapide dedicata a Giuseppe
Confalonieri, perito in un agguato durante la II Guerra Mondiale. Questo è stato
l’ultimo momento saliente della sfilata; a quel punto gli Alpini si sono recati nella Chiesa Parrocchiale per santificare questa festa, con la S. Messa solenne celebrata dal nostro reverendo Don Luigi Sala e accompagnata dal coro A.N.A. “La
Baita” di Carate Brianza. Durante la celebrazione religiosa e particolarmente sentita, non poteva mancare la “Preghiera dell’Alpino” letta dal Tenente Guido
Giusio, iscritto al nostro gruppo. Al termine, sul piazzale della chiesa è stato offerto un rinfresco alla cittadinanza. Ringraziamo il nostro Don Luigi Sala perché
anche in questa occasione ha dimostrato nei nostri confronti interesse e attaccamento. Alle ore 13:00 pranzo presso la palestra dell’Oratorio. Numerosissima è
stata la partecipazione di Alpini, cittadini e simpatizzanti. Durante la pausa gli
Alpini del Gruppo di Macherio hanno dato prova di solidarietà donando al Gruppo
U.N.I.T.A.L.S.I. , rappresentato dal Presidente Signor Vittore Vezzoli, una poltrona per disabili. Dopo di che gli Alpini hanno ricordato, come loro usanza, i reduci che hanno fatto la storia: il Signor Paleari Lino, il Signor Sala Antonio e il
Signor Malatesta Alfio consegnando loro una targa. Al termine, dopo i saluti di rito, gli Alpini si sono recati al loro monumento per l’Ammainabandiera a conclusione di una giornata che li ha visti protagonisti e soddisfatti per il lavoro svolto.
Abbiamo regalato agli ospiti e alla cittadinanza non solo una festa ben riuscita, ma
anche una serie di momenti significativi e indimenticabili.
ALPINI CARATE IN GITA
BELLE FAMIGLIE
ERMINIO VIGANO
R.V.
Per celebrare il 140° anniversario della costituzione delle truppe Alpine la
gita sociale di questo anno del Gruppo A.N.A. di Carate Brianza ha voluto ripartire dall’origine: la “memoria” di chi è “andato avanti”. La meta infatti è
stato il Bosco delle Penne Mozze di Cison di Valmarino dove, con una cerimonia solenne pur nella sua sobrietà, è stata deposta una corona al monumento
in ricordo dei caduti di tutte le guerre.
Forte è stata in tutti i partecipanti la commozione: è da questi momenti che
si rigenera in tutti noi il vero spirito alpino.
Chiara e Marco; Gianni Ruga; gli Alpini di Bernareggio; Don Luca Raimondi
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L’UNIFORME
ROBERTO VIGANO
Quando il 15 ottobre 1872 nascevano gli Alpini nessuno immaginava che, da questa felice intuizione del Capitano di Stato
Maggiore Giuseppe Perrucchetti, iniziava un’avventura destinata
a durare nel tempo e che ancora oggi entusiasma.
Di pagine dedicate alla nascita, avvenuta 140 anni fa, e alle vicende che hanno fatto la storia delle Truppe alpine ne sono state
scritte tante e ad esse io rimando il lettore interessato.
Vorrei qui ripercorrere la storia degli Alpini attraverso la loro
uniforme, utilizzando le notizie prese qui e là da varie fonti, principalmente dal Libro “Storia delle Truppe alpine” a cura di
Emilio Faldella, e le immagini ricavate dai bozzetti di Ernestino
Chiappa conservati presso il Centro Documentazione
Museomontagna del CAI di Torino.
La prima uniforme distribuita agli alpini è quella della fanteria:
chepì rigido di feltro rivestito di panno blu scuro, portante sul davanti una coccarda tricolore recante una stella di metallo che riporta il numero del distretto. Il cappotto è di panno colore grigio
carico (sul bavero sono fissate due stellette di metallo bianco)
stretto in vita da un cinturone bianco con fibbia in ottone sormontata dalla croce dei Savoia in metallo bianco. I pantaloni lunghi di panno grigio azzurro più chiaro del cappotto con striscia
laterale rossa, scarpe a stivaletto annerite.
Completa l’abbigliamento una camicia, un paio di mutande, un
paio di ghette di tela grezza che, a seconda della montura, vengono portate sopra o sotto
la parte inferiore dei
pantaloni. Sono armati
con il fucile Wetterli
mod. 1870 corredato da sciabolabaionetta
ed
equipaggiati con
lo zaino della fanteria dove viene arrotolato il telo tenda,
con borraccia a doghe di legno e un
tascapane di tela rigata bianca con
tracolle
di
cuoio. Viene
inoltre fornita
loro un’uniforme da fatica.
Con la fine di settembre 1873 il
chepì è sostituito con un cappello
alpino alla calabrese di feltro
nero, tronco-conico a falda larga con fascia di cuoio nero,
sul quale frontalmente è collocato il fregio (una stella
di metallo bianco a cinque punte recante al
centro il numero della
compagnia). Sul lato
sinistro è collocata una
coccarda tricolore al centro della quale è fissato un bottoncino di
metallo bianco con croce scannellata, un galloncino rosso a “V”
rovesciata guarnisce il cappello dallo stesso lato, sotto la coccarda è infilata una penna nera di corvo.
Questa costituisce la divisa invernale che si indossa dal 20 novembre al 14 marzo. Per il periodo estivo è previsto l’uso della
giubba di tela.
Altro oggetto caratteristico dell’equipaggiamento dell’alpino è
l’alpenstock, un lungo bastone con punta ferrata dai
molteplici usi: di appoggio camminando
in montagna, di sostegno nelle ripide
discese, di palo per tenda.
Per rendere meno difficoltoso
muoversi, durante le lunghe marce, su terreni montani, il lungo
cappotto
viene
sostituito
nell’ottobre del 1874 da una giubba
simile a quella della fanteria di colore grigio azzurro scuro, coletto rovesciato, spalline, paramani a punta: il
tutto contornato di profilo rosso.
Al posto del cappotto, per ripararsi dal freddo invernale, agli alpini viene assegnata una mantellina alla bersagliera di colore turchino.
Viene distribuita alla truppa anche un’uniforme da fatica di tela bianca.
Il 17 novembre 1880 viene adottato un nuovo fregio per il cappello : un’aquila ad ali spiegate sormontata da una corona reale,
appoggiata su una cornetta con un disco al centro del quale è riportato il numero del battaglione. La cornetta è posta sopra un
trofeo di fucili incrociati con baionette inastate, una scure e una
picozza, il tutto circondato da una corona di foglie di alloro e di
quercia. La testa dell’aquila coronata è posta in una coccarda tricolore e sul lato sinistro del cappello la penna è
sorretta da una nappina, in lana rossa (per gli ufficiali è in metallo argentato), al cui centro nero,
è ricamato in bianco il numero della compagnia.
Con la costituzione dei reggimenti nel
novembre 1882 la nappina rossa uguale
per tutti viene sostituita da nappine di diverso colore (bianco, rosso, verde e blu)
per distinguere i vari battaglioni dello
stesso reggimento.
La penna bianca contraddistingue invece
gli ufficiali superiori.
Una revisione delle uniformi di alcuni
corpi dell’esercito, nel giugno 1883, consente di sostituire con paramani verdi i tradizionali neri alle maniche della giubba e di applicare
le mostreggiature verdi (fiamme verdi su fondo
nero) al bavero: da allora il colore verde, simbolo di vigore e di forza, entra
a far parte delle tradizioni alpine.
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DEGLI ALPINI
Il 25 febbraio 1887 parte per
l’Eritrea il I° Battaglione Alpini
d’Africa. Viene adottata una
uniforme di tela di cotone
bianca: la giubba è ad un
solo petto, col colletto diritto, senza le mostreggiature verdi che sono sostituite
da stellette metalliche. Il copricapo è un elmetto a forma
alta e tondeggiante, rivestito
dello stesso panno bianco, sul
quale è collocata una coccarda tricolore, fregio e,
sulla sinistra, nappina
e penna.
Il colore dell’ uniforme del Corpo speciale d’Africa diventerà
dal 25 febbraio 1889 bronzo chiaro.
In Patria l’uniforme è sempre costituita dalla giubba di panno turchino scuro e pantaloni di color grigio per gli alpini e turchino scuro per l’artiglieria da montagna che si era
costituita a Torino nel settembre 1877.
Senza grosse variazioni, a parte
qualche piccolo aggiustamento di
foggia, si arriva alla fine del 1902
quando alcuni battaglioni vengono dotati di sci.
Si ha, nel frattempo, una
trasformazione dei distintivi di grado: l’intreccio a fiore che
ornava le maniche degli ufficiali è
sostituito da stellette applicate sulle
spalline (contornati da un gallone
d’argento per gli ufficiali superiori) . I sottufficiali e la truppa
conservavano i
gradi sulle maniche, ma senza
intreccio a fiore.
Dal miglioramento delle
armi da fuoco: aumento della
gittata, della precisione, della celerità di tiro, nasce la necessità che il soldato sul campo di battaglia sia poco visibile per essere poco vulnerabile. La prima idea
che l'attuale uniforme non fosse più adeguata ai tempi e soprattutto all'ambiente in cui queste truppe dovevano operare venne, e
non poteva essere altrimenti da uno che la montagna la conosceva molto bene, Luigi Brioschi, presidente della sezione di Milano
del Club Alpino Italiano (C.A.I.) che si offrì addirittura di "vestire a sue spese un intero plotone di alpini secondo il nuovo modello". Fu così che il 24 luglio 1906 nel cortile della caserma
Luigi Torrelli di Tirano fece la sua prima apparizione il Plotone
Grigio, composto da quaranta alpini scelti nella 45ª compagnia
del Battaglione "Morbegno".
Dalle prime prove si constatò subito dell'eccezionalità della
nuova divisa, constatando che un alpino vestito di grigio a 450 metri non è più visibile, mentre a 1500 metri si vede ancora un
alpino con la vecchia uniforme, inoltre alla
prova di tiro alla distanza di 600 metri,
un manichino in grigio fu colpito solo
3 volte a dispetto dei 24 colpi a segno
su una sagoma vestita con la vecchia
uniforme.
La nuova divisa era così formata:
cappello di feltro molle, color caffè
chiaro, camicia, cravatta, panciotto
giacca chiusa con colletto rovesciato
e fiamme verdi, calzoni corti con fasce o calzettoni, tutto color grigio; scarpe più razionali e forti delle attuali; sacco alpinistico in luogo dello zaino; ed
abolizione assoluta di nappine bianche, di
piume, di trofei, di bottoni lucidi, di distintivi risplendenti.
Per concludere il discorso sulla uniforme dell'esercito italiano e in particolare sul Plotone
Grigio, bisogna ricordare che alla fine del 1908 il ministro della
guerra Severino Casana, farà adottare, per tutte le uniformi dell'esercito, quella grigio-verde degli alpini.
Con la nuova divisa cambia anche il Cappello: con una circolare
pubblicata sul "Giornale Militare"
il 20 maggio 1910, anche il caratteristico cappello alpino veniva
adeguato ai nuovi colori ed era
realizzato in feltro grigioverde,
con un fregio, rimasto ancor oggi
in uso, costituito da due fucili incrociati, sormontati da una cornetta che
sostiene un’aquila in volo. Per gli ufficiali
i gradi sul cappello sono costituiti da galloni argentati disposti a “V” rovesciata sul
lato sinistro a corona della nappina di
metallo argentato in cui è infilata
la penna.
E sarà proprio l’uniforme grigioverde che vestirà i soldati italiani e
che accompagnerà tanti di loro a morire sui campi di battaglia della Grande Guerra.
Le notizie riportate sono tratte da
“Storia delle Truppe alpine”
a cura di Emilio Faldella, Milano Cavallotti, 1977
Le immagine sono prese da “Alpini: figurini storici”
di Ernestino Chiappa,
Ed. Museo Nazionale della Montagna
– CAI- Torino
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VITA
OTTOBRE 2012
DEI
GRUPPI
Fra parentesi
GIOVANNI PAOLO OGGIONI
Non capisco perché ma, malgrado sia passato tantissimo tempo dalla
sua scomparsa, ci si ritrova, in tanti, a ricordare una figura che forse
pochi di quelli presenti hanno conosciuto. Siamo ancora al Santuario
della Brughiera, in quel di Biassono (MB), oggi Domenica 24 Giugno
2012. E il personaggio che ricordiamo e veneriamo, è sempre lui, Don
Carlo Consonni: Prete, Cappellano, Capitano alpino. La chiesina anche questa volta è al limite della capienza. Tanti gli alpini presenti con
molti famigliari al seguito, quattro i gagliardetti, Vedano al Lambro,
Macherio, Sovico e Tregasio, con i relativi capigruppo. C’è anche il
vessillo della Sezione di Monza, accompagnato dal Consigliere Paolo
Beretta e un celebrante particolare che ci onora della sua presenza:
Don Cesare Galbiati, cappellano alpino, prossimo alla partenza per
l’Afganistan. L’atmosfera come sempre è particolare, pregna di sacralità, non si poteva certo pensarla diversamente. Ottima la regia del
sempre sorprendente Pietro Paolo Gatti, attento che tutto si svolga nel
miglior modo possibile. Nell’aria si sente però che manca qualche cosa per definire perfetta questa cerimonia, qualche cosa che ti sorprenderà, dentro, che ti farà pensare, meditare, fino al prossimo ritrovarsi.
Non ho sbagliato. Quel qualcosa arriva nell’omelia di Don Cesare.
Incomincia piano, dolce, con accenni alle letture e al Vangelo del giorno, ma poi improvvisamente il discorso si apre su nuovi orizzonti, su
nuove realtà, su qualche cosa di diverso ma molto, molto attuale. Parla
di parentesi. Parentesi non per racchiudere qualche cosa, ma parentesi
che devono scomparire. Parla di noi alpini. Uomini sì, ma che non devono essere considerati diversi, fra parentesi, ma di gente inserita nel
tessuto economico e sociale di questo paese Italia. Uomini che devono
dare l’esempio, perché alpini, perché portatori di valori antichi, vissuti
e tramandati dai padri, a questa nostra moderna società, priva di punti
di riferimento, di amore, di volontà di dare e di fare, senza nulla chiedere, solo per quell’amore che è sempre stato e sempre sarà nel nostro
DNA. Il discorso sembra duro, ma si cala perfettamente sulla nostra
realtà, sul nostro essere, su quello che vogliamo e dobbiamo fare. Parla
poi della sua vocazione e del suo grande tormento iniziale alla non facile decisione di intraprendere la figura di Cappellano Militare, di vi-
vere il quotidiano con questi ragazzi nelle situazioni più dure e difficili. Parla della prossima imminente missione dei nostri alpini, di questi
giovani, pronti, motivati, coscienti del compito che andranno a svolgere in quel travagliato paese. Parla di affetti, di mamme, di spose, anche
con pancioni, in attesa, di bambini che per un lungo periodo non vedranno i loro papà. Parla di tante parole, inutili, dette da tanti, troppi,
nei momenti a volte dolorosi. Loro, dice Don Cesare, non parlano mai,
non si lamentano mai, non corrono a piangere dai media, loro sanno
perfettamente a cosa vanno incontro, con il loro “ signorsì”.
L’assemblea è muta ma cosciente a queste parole, a questa preghiera
così importante, veritiera, attuale. La messa è finita, le parentesi non ci
sono più, i presenti si ritrovano sul sagrato, ma rimane dentro, imperituro, qualche cosa di bello, a cui pensare.
Grazie Don Cesare, Grazie Don Carlo.
ECHI DALL’ADUNATA
ANTONELLO CERUTTI
Il 30 aprile mi trovavo a Bolzano e già vedevo i preparativi per la nostra grande festa di maggio. Il gran
cappello alpino era già piazzato sull’edificio di Piazza
Walther, e numerosi esercizi esponevano la locandina
dell’Adunata e scritte inneggianti agli alpini.
Malgrado le contestazioni della pasionaria degli
Schützen, la città stava già scaldandosi per accogliere
l’Adunata degli alpini.
Venerdì 11 maggio nel pomeriggio siamo partiti
con alcuni alpini di Trezzo e con le rispettive mogli
per pernottare in Val Di Non dove ogni paese era pieno di bandiere: tutti sentivano lo spirito
dell’adunata.Sabato, utilizzando i mezzi pubblici (la
funicolare Passo della Mendola / Sant’Antonio – ripidissimi il tratto iniziale e quello a metà strada – e poi
l’autobus fino a destinazione) ci siamo recati a
Bolzano dove ci siamo immersi nell’atmosfera piena
di gioia e cordialità della festa. Si vedevano solo cappelli con la penna, fiumi di cappelli con la penna che
si muovevano in tutte le direzioni. Tanti giovani e tantissime ragazze giravano tra la folla.
Gli alpini hanno sempre un grande effetto catalizza-
tore sulla gente di tutte le età. Incredibile il numero di
bandiere sugli edifici lungo il percorso della sfilata.
Anche in strade secondarie le bandiere erano ben presenti. Non ce lo saremmo mai aspettato! Bolzano non
si presentava per nulla fredda, partecipava con tutto il
suo animo. Abbiamo notato la pulizia e
l’organizzazione: ottimo lavoro fatto dall’ANA e
dall’Amministrazione cittadina. Si dimostra in queste
occasioni che – se l’Italia vuole – può essere
all’altezza della situazione e soprattutto è in grado di
farcela a uscire dai tempi cupi di questa crisi internazionale. Domenica il gran giorno! Lungo le strade
dello sfilamento una gran folla si assiepava contro le
transenne: noi abbiamo potuto a malapena vedere
uno scorcio dell’inizio della parata. Quale emozione
sentire il Trentatre e veder passare i reduci della guerra, che sentivano rifiorire le loro energie per questo
giorno speciale! Che sguardo intenso! Sarebbe stato
bello sentire i loro ricordi – non della guerra, che aveva lacerato la loro anima ma – del loro ritorno, delle
loro speranze, della ripresa della vita e degli affetti!
Finalmente è arrivato il momento di sfilamento della
Sezione di Monza. Noi di Trezzo eravamo ben cari-
chi, emozionati, e non vedevamo l’ora di partire. La
partecipazione popolare era notevole e il suo abbraccio era caldo, stretto, e commovente. «Grazie alpini!», «Non andatevene subito!», «Tornate presto!
Magari tra sei mesi!», «il nostro cuore è con voi!»
queste frasi si rincorrevano lungo il percorso, indimenticabili. Passando davanti a una casa di riposo, gli
ospiti allineati lungo il marciapiede cercavano di afferrare le mani degli alpini della prima linea, per trasmettere la loro gratitudine per la nostra presenza e
per aver dato per un giorno senso alla loro vita. Grazie
alpini, grazie Bolzano per la tua cordialità e per il tuo
affetto.
UN NOSTRO AMICO HAI CHIESTO ALLA MONTAGNA
ANDREA CREMONESI
«Dio del Cielo; Signore delle Cime un nostro amico
hai chiesto alla Montagna». L’amico questa volta lo conoscevo anche se nella maniera superficiale, come lo sono in fondo i rapporti tra vicini di casa in un mondo frenetico dove si riesce appena a scambiare quattro chiacchiere sul pianerottolo prima di rituffarsi negli affari propri. Quell’amico si chiamava Simone Gamba, aveva 28
anni ed era pieno di vita come tutti noi alla sua età.
Simone faceva il militare, ad Aosta, sottoufficiale istruttore, provetto al punto da essere pronto per diventare
guida alpina. Un giovane ma già esperto di montagne.
Come lo conoscevo? Perché i suoi genitori abitano esattamente sotto di me. Anche lui viveva lì sino a quando,
sacca in spalla, non è partito soldato e ci si è trovato bene al punto di trasformare il servizio militare nel proprio
mestiere e di fare della scuola alpina la propria casa.
L’amore per lo sport e la montagna ereditato da papà
Ettore e mamma Maria Grazia. Quella montagna che
qualche giorno prima dell’Adunata Nazionale lo ha tradito: stava facendo una escursione di sci alpinismo sui
pendii del Monte Bianco, insieme ad altri commilitoni.
Una esercitazione collaudata, non eccessivamente rischiosa. Gli amici lo hanno fatto partire, era il più esperto e toccava lui fare da apripista. Poi ne hanno perso la
vista. Per sempre. Un volo di duecento metri. Lo schianto, una vita spezzata, un progetto crollato come un castello di carte. A Bolzano Simone è stato ricordato con
una striscione appeso alla torre nel villaggio alpino, sorto lungo il Talvera, dove i ragazzini si divertivano a imparare i primi rudimenti dell’arrampicata. Con una scritta semplice: «Ciao Simone». Signore, il nostro Simone
per le tue montagne lascialo andare.
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VITA
DEI
GRUPPI
OTTOBRE 2012
11
Il coro Rifugio Città di Seregno
ROBERTO “DECIS” VIGANO
Domenica 15 luglio 2012. Nella Cappella dedicata al Signore delle cime nell'armonia del bel
paesaggio nella Conca del Volano, in Val
Camonica nel parco dell'Adamello, tra la maestosità delle vette circostanti tra cui domina la
cima del Pizzo Badile camuno, è stata inaugurata la copertura del tetto della chiesetta fatta dagli alpini di Cimbergo con l’affissione di un
quadro rappresentante, il Beato Don Carlo
Gnocchi (cappellano degli Alpini). La tela riguardante il Beato è stata regalata dal gruppo di
Arcore mentre la cornice – realizzata da Sala
Adriano del gruppo di Tregasio per Nadia,
Pietro, e Roberto del gruppo di Seregno, è stata
a loro volta offerta alla chiesetta ideata da
Enrico e Mariangela Viganò. Durante la cerimonia eucaristica è stata anche benedetta una
statuetta, rappresentante l’immagine della
Madonna che sarà posta in un luogo dove sono
stati ritrovati dei reperti di sepolture riguardanti
la guerra dell’Adamello negli anni 1915/1918.
Offerta dal gruppo di Cimbergo, lo stesso gruppo provvederà alla posa. Alla S. Messa ha partecipato il Coro Il Rifugio città di Seregno, invitato per l'occasione e ha accompagnato con i
suoi canti le Lodi al Signore delle Cime. Alla fine della celebrazione tenuta da don Luigi
Bianchi, il coro ha tenuto un seguìto concerto,
allietando gli animi dei presenti. Poi il coro
Rifugio città di Seregno prima di congedarsi da
questo incantato posto, ha ringraziato con un
omaggio gli alpini del posto, Nadia, Pietro, e
Roberto, e la famiglia De Marie che gentilmente ha contribuito all’ospitalità.
Le celebrazioni del 45° però sono iniziate indietro nel tempo; infatti Sabato 12 novembre
2011, di sera, nella parrocchia del Lazzaretto,
gremita in tutti i posti, partecipiamo alla festa
per il 45° compleanno del coro rifugio città di
Seregno. Per un attimo è sembrato che il tempo
non fosse mai passato, in chiesa in mezzo al
gruppetto di alpini era presente il primo capogruppo, dott. Franco Colzani e Don Giovanni
Ferré, parroco del rione Lazzaretto dopo tanti
anni trasferito a Besozzo e ancora oggi presente
nel cuore degli alpini seregnesi. Non solo ha tenuto a battesimo il nostro gruppo alpino ma anche il coro Rifugio. Invitato a dire due parole ha
rievocato le stagioni pionieristiche del coro dicendo l’obbiettivo che c’eravamo prefissi era
cantare e stare insieme. L’emerito parroco continuando ricordava che dopo le prove spesso ci
si riuniva intorno al tavolo con pane, salame, del
buon vino e si cantava insieme stavolta in maniera meno formale, perché, durante le prove
occorreva stare agli ordini del maestro! Oggi,
noto con soddisfazione che a distanza di anni
l'intento è stato raggiunto. Il coro è un simbolo
di Seregno ha detto l’attuale sindaco Giacinto
Mariani rivendicando con orgoglio l’iniziativa
fatta dal consiglio comunale di sostenere nel 45°
anniversario della fondazione, la ridenominazione del gruppo da Coro Rifugio a Coro
Rifugio città di Seregno.
La serata si è svolta con una carrellata di canti della tradizione corale ed è stato emozionante
vedere l’attuale direttore Fabio Triulzi invitare
Oreste Tagliabue, ex maestro del coro a dirigere
un canto. Oreste è indicato anche come futuro
presidente onorario del coro. Nel corso della cerimonia sono stati premiati anche Luigi Marelli,
Tarcisio Visconti, Giuseppe Frigerio che hanno
fatto parte dell’intera storia del coro. Carlo
Perego, presidente della fondazione Seregn della memoria, ha presentato un volume che attraverso racconti e fotografie ripercorre le tappe
principali della storia della formazione musicale. L’esibizione canora è finita con il canto
“Signore delle cime” eseguito non solo dagli attuali coristi ma anche da tutti quelli che hanno
fatto parte di questo coro. Sergio Molteni, presidente del coro, ha poi invitato tutti i partecipanti a continuare la festa nel salone sotto la chiesa
dove il coro ha la sua sede e ha offerto un sontuoso rinfresco tagliando anche una bella e buona torta di compleanno. La festa è terminata con
le tradizionali foto di rito accompagnate da brindisi e canti in allegria.
Per chiudere i festeggiamenti del 45° compleanno di vita. Sabato 26 maggio 2012 nella
chiesa del Ceredo rione di Seregno, il coro
Rifugio ha voluto regalarsi una serata memorabile invitando ha festeggiare con loro il coro dei
Crodaioli di Arzignano.
I Crodaioli sono il coro diretto dal famoso
Bepi De Marzi, non solo per aver scritto
“Signore delle cime”, ma per essere anche uno
dei poeti della musica corale italiana. La chiesa
era gremita, le autorità della città erano tutte
presenti, e anche molti alpini non hanno mancato a quest’appuntamento.
Emozionante è stato vedere dei giovani seguire e cantare alla fine della serata i canti di De
Marzi. Ancora tanti auguri al coro Rifugio e un
grazie di cuore per averci permesso di assistere
a una magica serata.
NASCE IL CORO ALPINO ARCORESE “LO CHALET”
VALERIO VIGANO
Dal felice connubio di Alpini Arcore
e Club Escursionisti Arcoresi, ha esordito lo scorso 10 giugno 2012 il Coro
Alpino Arcorese “Lo Chalet”, un coro
composto da voci maschili con repertorio prettamente Alpino e diretto dalla
bravissima Maestra Carla Luzzi. Seppur
da poco costituito, con soli 6 mesi di
prove all’attivo e con molto entusiasmo
siamo già riusciti a cantarci la nostra
prima Messa nell’ambito della “Nostra
Domenica”. Il nome “Lo Chalet”, è stato scelto per celebrare l’imminente arrivo della nuova baita degli Alpini di
Arcore, il suggestivo “Chalet del
Ravanell” inserito anche nella prima
bozza del logo. Si tratta di una struttura
ben conosciuta in Città che speriamo presto possa identificare anche questa nuova formazione corale. Dobbiamo ancora crescere tanto, e soprattutto cantare molto, ma siamo ben felici di farlo perché
abbiamo creato in poco tempo oltre a un coro, un gruppo affiatato di amici che si ritrova con piacere
ogni settimana per cantarsele un po’! Si invitano tutti gli amanti del genere e appassionati di canti alpini a unirsi a questa giovane formazione corale contattando gli Alpini Arcoresi.
VENDITA PARMIGIANO PROTERREMOTATI
MOTTADELLI NORBERTO
Lunedi 25 giugno 2012, anche gli alpini
del Gruppo di Tregasio hanno dato il loro
piccolo contributo vendendo presso la loro
baita ben 200 kg in spicchi da un kg ciascuno di formaggio padano proveniente
dalle zone terremotate del mantovano.
Purtroppo, si dico purtroppo, questi 200 kg
si sono rivelati un niente perché inaspettatamente c’è stata una forte richiesta, e
nell’arco neanche di un ora dall’apertura
della baita, a gran sorpresa, è andato tutto
venduto. Molta gente è rimasta senza, perché 200 kg sembrano tanti, invece se ce ne
fossero stati altri 200 kg sarebbero andati
venduti anche loro in breve tempo. Grazie
all’amministrazione comunale di Triuggio
per la collaborazione fornita.
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VITA
OTTOBRE 2012
DEI
GRUPPI
Venerdì dopo il ferragosto
con una sensibilità alpina ha interrotto le
attività di pulizia per fare un po’ di compagnia a questo nostro concittadino provato da un’esperienza che possiamo definire prematura. Avevo deciso di fermarmi al ritorno per un veloce saluto al lavoratore alpino presente sul pezzo nel caldo
pomeriggio estivo, ma quando ho visto
che era intento in operazione, magari,
meno faticosa sotto l’aspetto fisico, ma
sicuramente più impegnativa sotto
l’aspetto umano ho proseguito per la mia
strada senza neppure accennare un saluto
sonoro, così da non rompere quel momento di reciproca tranquillità. Il lavoratore è un alpino del locale gruppo di cui
non faccio il nome, ma dico solo che sul
cappello ha la nappina rossa del Tirano;
alpino, che rimasto a baita in questo periodo di vacanze estive. Ligio al dovere
ha provveduto a completare la sua attività di pulizia ferragostana che comprende anche gli altri monumenti ai caduti
esistenti negli altri due paesi del territorio
comunale. Bravo alpino, di poche parole
e tanti fatti, del Tirano da parte di un alpino (artigliere da montagna) del tuo
gruppo.
GIUSEPPE MARIO GALBIATI
Ferragosto 2012 è passato da due giorni e
nonostante il caldo c’è gente che non rinuncia alla visita ai propri defunti, ed essendo tra questi, quel pomeriggio percorrendo la strada per raggiungere il cimitero
di Cornate passando davanti al monumento
ai caduti delle due guerre mondiali vedo
del movimento proprio nell’area del monumento stesso.
Si tratta di una persona intenta a far le pulizie di quest’area, sacra a noi alpini, e di
un passante che si è fermato a fargli compagnia.
Passando in macchina si vedeva l’uno
con la scopa in mano che proseguiva nella
sua opera e il secondo che appoggiato alla
propria bicicletta approfittava di una sosta
con chiacchierata.
Dopo la visita di rito al cimitero facendo
ritorno nell’area del monumento ai caduti
si ripresenta la stessa scena con un paio di
varianti.
La prima riguarda il ciclista che è cambiato; questi proveniente dal cimitero dove
ha fatto visita alla giovane moglie che da
poche settimane è “andata avanti”. La seconda invece è relativa al lavoratore che
TRENTADUESIMA CIMBERGO-VOLANO
CHIARA GALIMBERTI E CRISTINA ROSACI
GIORNATA DEL 2 GIUGNO A
BESANA BRIANZA
Nell’armonia del bel paesaggio nella conca del Volano in Valle Camonica nel Parco
dell’Adamello, domenica 5 agosto 2012 si è svolta la 32a Cimbergo-Volano, corsa non competitiva che ha coinvolto grandi e piccini. Dopo brevi raccomandazioni, scatta il cronometro
e si parte. I concorrenti sono 280, tra cui alcuni atleti soci simpatizzanti della sezione di
Monza e iscritti nel gruppo alpini di Seregno, Walter Viganò, 17° classificato in 33 minuti, a
seguire Elisa Galimberti, Alessandro Viganò, Chiara Galimberti, Cristina e Doriana Rosaci.
Al via dopo un centinaio di metri la fila si allunga, lasciandosi alle spalle le ultime case di
Cimbergo, per addentrarsi in un tunnel di siepi di nocciolo alternato da cascine e poi sempre
più su verso la panoramica con vista fino al lago d’Iseo, per attraversare una folta pineta e
raggiungere il magico scenario del Volano. Due ore sono il tempo massimo per un percorso
che si snoda su 6 km di gara con un dislivello di 630 metri. All’arrivo tanti applausi dal folto pubblico, situato ai lati della strada, poi stanchi e sudati tutti hanno sorseggiato del thè caldo rilassandosi sul prato. I partecipanti in ricordo di tanta fatica hanno ricevuto coppe, targhe
e cesti con prodotti tipici della zona. Alle ore 14:30 si è celebrata la Santa Messa nella
Cappella dedicata al Signore delle Cime (chiesetta votiva dei coniugi Mariangela ed Enrico
Viganò, il quale è stato anche uno dei soci fondatori del gruppo alpini di Seregno, al suo interno è stato posto il quadro raffigurante il Beato Don Carlo Gnocchi, cappellano degli alpini). Questa giornata tra stanchezza e piedi doloranti per il grande sforzo sostenuto nella gara
si è terminata con tanta gioia e serenità tra le chiacchiere degli amici in montagna. Una fantastica esperienza, impegnativa ma soprattutto costruttiva da ripetere sicuramente in futuro e
speriamo negli anni futuri che la partecipazione della Sezione sia più numerosa.
UNO ZAINO PIENO D’AMORE
CLAUDIO PIAZZA
Mercoledì scorso, 3 Ottobre, presso la
Baita degli Alpini di Tregasio si è svolto
l’ormai tradizionale evento della S. Messa
di inizio Anno Scolastico per i ragazzi del-
le scuole del Comune di Triuggio, al quale
hanno partecipato Don Massimo, il Parroco
Don Ambrogio, i rappresentanti
dell’Amministrazione Comunale, le suore,
gli alpini del gruppo di Sovico, e di
Tregasio, le insegnanti, e ovviamente una
folta schiera di alunni delle varie scuole presenti sul territorio.
Durante la celebrazione, Don
Massimo ha letto i pensieri dei
ragazzi che poi sono stati posti
nello “zaino”.
All’omelia, il celebrante Don
Massimo ha portato a tutti i saluti del Cardinale Dionigi
Tettamanzi che è sempre vicino
alla nostra Comunità.
Al termine della funzione ecco
il momento tanto atteso dai bambini: il rinfresco offerto dagli
Alpini a tutti i presenti a base di
pane e nutella e succhi di frutta.
Da noi Alpini un sentito grazie
a tutti i partecipanti e
l’appuntamento per il prossimo
anno.
Il 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica si è
svolta una cerimonia sobria, in perfetto stile alpino, ma prodonda nel significato. C’è stata la consegna della copia della
Costituzione della Repubblica Italiana ai giovani diciottenni,
a coloro cioè che saranno chiamati a portare avanti i valori
che sono alla base della nostra nazione. Non poteva mancare
un momento di silenzio a ricordo di tutti gli alpini andati
avanti e in particolare a ricordo delle popolazioni colpite dal
recente sisma. Ultimo, ma non meno importante il racconto
di un breve aneddoto del nostro socio alpino Beretta Enrico,
classe 1921, reduce dalla ritirata di Russia e da diversi campi di concentramento.
Periodico dell’Associazione Nazionale Alpini Sezione di Monza
Corso Milano 39 - 20052 Monza - Tel. e Fax 039/367.068
C/C postale n. 3199200
Gratuito ai soci
Direttore responsabile: Andrea Cremonesi
Hanno collaborato: Marco Biffi, Alessandro Brignole, Antonello Cerutti, Andrea
Cremonesi, Giuseppe Mario Galbiati, Chiara Galimberti, Adriano Lacchin, Federico Morelli,
Norberto Mottadelli, Giovanni Paolo Oggioni, Marcello Oggioni, Giorgio Pase, Giancarlo
Padovan, Diego Pellacini, Claudio Piazza, Cristina Rosaci, Graziano Rozzoni, Erminio
Viganò, Roberto Viganò, Roberto “Decìs” Viganò, Valerio Viganò, Luigi Zanini, Luigi Zocca
Autorizzazione del Tribunale di Monza n. 350
del 27-9-1979
Stampa: A.G.BELLAVITE srl, Missaglia (Lc)
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VITA
DEI
GRUPPI
OTTOBRE 2012
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Serata ginnica in Sezione
GIUSEPPE MARIO GALBIATI
È mercoledì sera e in sezione abbiamo la presenza di esponenti di un paio di
gruppi che sono arrivati per sbrigare le solite incombenze di vita dei gruppi alpini. Per i due componenti del primo gruppo le incombenze da svolgere richiedono
una permanenza lunga, mentre per il componente dell’altro gruppo il tutto si risolve con una toccata e fuga. Sembra una serata tranquilla, potremmo dire di normale gestione della vita associativa, e i consiglieri presenti si apprestano a sbrigare le ultime faccende per poi lasciarsi andare a una chiacchierata, quando, pochi
minuti prima delle ventidue, con un fare ginnico (come si diceva ai tempi di naia)
arrivano due componenti di un terzo gruppo. Questi due non giovanissimi alpini
con il loro passo ginnico con il quale hanno percorso le due lunghe rampe di scale e la briosità dei loro movimenti sin da subito hanno manifestato un qualcosa
che non so come definire, comunque di bello che fa sicuramente rima con cappello. Da come si muovevano nella ricerca del presidente si è subito capito che
non erano lì per una delle usuali incombenze della nostra vita associativa. Difatti
sono arrivati per consegnare il contributo del Gruppo a favore delle popolazioni
terremotate dell’Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Dentro quel qualcosa di
semplicemente bello – che ripeto fa rima col cappello – c’erano tutte le emozioni
per essere riusciti in maniera ginnica a rispondere ancora una volta “Presente” alla chiamata della nostra associazione. Chiamata che è arrivata, per una grossa
emergenza, e che è andata a inserirsi nel programma del Gruppo che già prevedeva l’impegno per la raccolta delle risorse da destinare alle iniziative programmate
per l’anno corrente, ma anche per eventi futuri. Così questa richiesta della Sede
Nazionale di raccolta di fondi attraverso la sezione, ha scombussolato la programmazione del gruppo e gli alpini sono stati chiamati a recuperare ulteriori fondi, soprattutto in questo periodo di difficoltà economiche. In quei pochi minuti,
che si sono conclusi con la compilazione del piccolo foglietto di carta che certifica il passaggio della somma stanziata alla sezione, ho visto sui visi dei due pais la
ginnica serenità per la missione compiuta. Ma ho visto anche tutto l’impegno con
le relative fatiche, che hanno permesso ai componenti del gruppo di rispondere alla chiamata a unire le forze per questa iniziativa importante, così come è stato per
ADUNATA A BOLZANO
“Una casa per Luca”. Quello che è stato per questo gruppo sicuramente è valso
anche per gli altri gruppi che hanno contribuito al raggiungimento della vetta.
Vetta che è andata ad aggiungersi alle altre cime già inserite nel programma dei
gruppi, quali ad esempio le consolidate iniziative, le ricorrenze del gruppo e,
l’ormai vicino Monza 2014 malgrado questo periodo di vacche magre. Potremmo
dire che si verificato un evento come a volte è capitato durante il servizio militare nell’arco di tempo della durata di un campo, estivo o invernale che sia, quando
per una causa di forza maggiore si deve modificare il percorso, e si deve aggiungere altra strada per raggiungere l’ulteriore vetta, per poi arrivare comunque a destinazione. Grazie pais per le ginniche emozioni che mi avete trasmesso quel mercoledì sera.
GLI ALPINI CON I RAGAZZI DEL DON ORIONE
LUIGI ZOCCA
Con il Gruppo alpini di Arcore, ho partecipato all’85
Adunata Nazionale di Bolzano. Premetto che ho partecipato a molte altre Adunate Nazionali che si sono svolte in
questi ultimi anni e da ognuna di esse ho percepito emozioni diverse. In questa i miei timori e non solo miei, erano
tanti per diversi motivi di cultura e di dissenso, più o meno
manifesti, da una parte della popolazione. Per fortuna ha
vinto l’orgoglio e lo spirito alpino che anima ogni nostra
azione. Questa manifestazione di Bolzano ha dato un segnale non solo all’Europa ma anche a tutto il Mondo che,
pur nella diversità linguistica e culturale, il rispetto reciproco ha vinto la sua battaglia e superata ogni difficoltà.
Una grande manifestazione con grande partecipazione di
popolo lungo tutto il percorso e soprattutto di Bandiere
Tricolori esposte su tutte le finestre dei palazzi.
Forse non sono del tutto obbiettivo, perché sono stato
coinvolto da un fatto personale. Dopo il mio congedo del
1958 avvenuto a Brunico ho incontrato 55 anni dopo un
mio vecchio alpino l’ing. Gianfranco Tanesini, nato e residente a Bolzano. Un incontro emozionante e un abbraccio
sincero che auguro a tutti di provare. Abbiamo ripercorso la
nostra vita di naia, i nostri comandanti e gli alpini ai quali
eravamo molto legati da sincera e affettuosa amicizia.
Grazie Bolzano.
ROBERTO “DECIS” VIGANO
Da alcuni anni la seconda domenica di giugno gli Alpini di Seregno ospitano nella
loro baita un gruppo di ragazzi del Don Orione per far trascorrere loro una giornata
in allegria. Infatti, domenica 10 giugno alle ore 10.30 sono stati ricevuti nella loro sede in via Comina, iniziando la giornata con l’alzabandiera e proseguendo poi alle ore
11.00 con la Santa Messa celebrata da Don Alessandro. Al termine della funzione religiosa è stato offerto a un aperitivo e verso le 12.30 alpini e ospiti hanno condiviso
il pranzo in compagnia. Nel pomeriggio la fisarmonica di Franco e Aimo è stata la
colonna sonora della festa accompagnando canti e balli fino al termine della meravigliosa giornata. Prima che i ragazzi tornassero nella loro casa uno di loro, Giampiero,
ha ringraziato gli alpini a nome di tutti i ragazzi e gli alpini hanno donato a ciascuno
di loro un piccolo regalo in ricordo della giornata trascorsa insieme.
Gli Alpini di Seregno ringraziano Franco e Aimo per aver collaborato con loro musicalmente, ringraziano anche per la loro presenza Sandro Triulzio, vice presidente
sezionale, e Adriano Sala, capogruppo del gruppo di Tregasio che dopo aver già partecipato alla festa del 40° del gruppo di Macherio li hanno raggiunti per festeggiare
questi ragazzi del Don Orione. Il gruppo degli alpini seregnesi fa un grande applauso alle proprie famiglie che li sostengono e collaborano per il raggiungimento dei loro obiettivi.
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PASSATO PRESENTE E FUTURO
OTTOBRE 2012
A ricordo di un amico alpino “andato avanti”
GIORGIO PASE
Il giorno 8 settembre 2011 Bareggi Eugenio –
sottotenente veterinario – si è spento serenamente
dopo una lunga e coraggiosa lotta contro il male.
Ha lasciato un vuoto per i lunghi anni di amicizia, di lavoro e dedizione al nostro Gruppo del
quale è stato brevemente Capogruppo.
Pubblichiamo qui un suo saggio sulla montagna
perché nessuno più di lui ha saputo cogliere con
competenza e professionalità mettere in pratica lo
Spirito Alpino che è sinonimo di amicizia, di sacrificio, e di generosa disponibilità verso tutti.
Alpeggio, pascolo, casera
Pungolato dall’amico Aresi del CAI cassanese,
cercando di far util cosa, butto giù quattro righe
su argomenti prettamente inerenti la montagna,
che noi tutti amiamo e che, purtroppo, oggi rappresentano poco più che un ricordo.
L’alpeggio o monticazione e, al termine della
stagione, successiva demonticazione delle mandrie è pratica antica. I nostri avi, forse più buongustai di noi, oltre a trattenersi loro stessi a lungo
in località montana, facevano si che anche la parte giovane del proprio bestiame, le “manze”, trascorressero un periodo di 3-4 mesi in alta montagna. Ne ricavavano un bestiame più longevo, più
sano, più rustico, più resistente agli stress cui sarebbe stato sottoposto, in pianura, con lo sfruttamento intensivo.
Il fenomeno dell’alpeggio, della transumanza,
di cui D’Annunzio ci lasciò pagine bellissime sui
pastori d’Abruzzo, è pratica, purtroppo, in via
d’estinzione. In certe regioni dove alpeggiavano
migliaia di capi, bovini, equini, e ovi-caprini, da
anni è stata abbandonata.
In quasi tutta la regione appenninica, non si vedono che scarsi greggi di nere pecore; per fortuna
in alcune “isole”, tale pratica si attua ancora, vedi
Val d’Aosta, Val d’Ossola, Val d’Adige,
Valtellina, Valsassina, Val Brembana, Altipiano
di Asiago, Carnia. L’uso dei pascoli e la minuziosa cura cui questi prati sono sottoposti, con diuturna fatica, da parte del malghese, o malgaro,
permettevano al bestiame di pascolare in zone
senza o con scarsi sassi, sterpi e senza rettili infidi. Oggi notiamo infatti che colla rarefazione dei
pascoli e colla forte diminuzione di rapaci e roditori montani, ci sia un preoccupante revival della
vipera, che, pur essa, ha la sua importanza
nell’ecologia montana. Il bestiame di pianura, per
la maggior parte giovane, parte dalle piane e dalle valli ai primi di giugno e si trattiene, gradatamente demonticando, in quota fino a metà ottobre. Le alpi o territorio di pascolo sono suddivise
in paghe, corrispondenti alla quota pagata per il
mantenimento di un capo adulto più uno giovane.
Durante i mesi di vita montana, il personale che
accudisce il bestiame e il bestiame stesso vivono
spesso all’addiaccio o si sistemano alla meglio in
malghe, baite, stalle. Nei tabìa o fienili, è conservato il fieno che d’inverno servirà per i pochi capi stanziali in montagna. Durante il pascolo,
l’animale avvedutamente evita erbe e fiori nocivi,
anche nefasti come il colchito autunnale, mentre
quando c’è stato affienamento non è più in grado
di difendersi. I fedelissimi cani da pastore sono il
“lungo braccio della legge” per il malghese.
Quando, coi giovani, coesiste bestiame in lattazione, si hanno le successive fasi: lattazione,
mungitura, lavorazione del latte, fecondazione,
parto e allevamento del vitello. Il latte viene lavorato con sistemi antichissimi, ma sempre validissimi, in particolari basse costruzioni chiamate casere o casare. Il latte viene raccolto e lasciato riposare in recipienti di rame, dette piatole e la cottura avviene a fuoco lento e con legname resinoso in paioli stignatt, sempre di rame; l’impasto
così ottenuto viene messo nelle patte e nelle fassere e lasciato in salamoia per un periodo variabile, quindi si mette a stagionare in locali umidi e riparati dai venti. Il burro si lavora mediante pennacc e zangole, un tempo ad acqua (ce n’è uno
bellissimo in funzione presso il rifugio Cristina, ai
piedi del Pizzo Scalino, sovrastante Caspoggio)
ora a motore. Si può dire che ogni regione italiana abbia le sue specialità casearie: tomino valdostano, fontina ossolana, bitto valtellinese, robiola
della Valsassina, Taleggio e Branzi bergamaschi,
fino all’ultimo nato “formai de munt” dell’alta
Val Brembana per non citare che una ridottissima
parte, sono tutti ottimi e sapidi latticini, creati dalla fantasia del montanaro che, per fortuna, dà modo a tutti di poter godere della bontà di prodotti
genuini e non artefatti come i grandi lattai della
pianura ci ammanniscono quotidianamente, conditi da una più o meno intelligente campagna
pubblicitaria, attraverso tutti i canali di informazione. Che c’è di più bello, per chi ama e vive della montagna, di una sleppa di formaggio, di un
tocco di burro, di una ciotola di latte, quando, accaldati, raggiungiamo certe altitudini?
Penso che, oltre alle bellezze naturali, di cui Dio
è stato munifico elargitore in alta montagna, si
possa ben aggiungere la fragranza, la genuinità di
prodotti che si tramandano da secoli e sono apprezzati da noi amanti della montagna.
Nella mia qualita di alpino e di veterinario, ho
potuto seguire, sia sotto la naia che dopo,
l’evolversi di questo stato di cose, di poterne fruire e approfittare, quando capitavo a tiro di qualche malga, guidato da quell’inconfondibile odore,
che sarà un po’ ricco di ammoniaca ma, che non
ha mai ucciso nessuno, come non si può dire dei
“puzzi” della nostra superinquinante industria.
Termino questo mio scritto, con l’augurio che il
desiderio di conoscere e approfondire un campo
un po’ negletto della vita in montagna, possa portare qualche beneficio a chi di questa attività vive
e, ve lo assicuro, fatica, e ci tiene a onorare il
buon nome del paesello in cui il buon Dio ha voluto porlo.
VIVI LE FORZE ARMATE – MILITARE PER 3 SETTIMANE
CHIARA GALIMBERTI E CRISTINA ROSACI
Venerdì 14 settembre nelle caserme di San Candido e di Aosta si è conclusa l'edizione 2012 di “Vivi le Forze Armate - Militare per 3 settimane”.
Il progetto ha coinvolto ragazzi e ragazze dai 18 ai 29 anni, provenienti da
tutte le regioni d'Italia. Della sezione di Monza al progetto hanno preso parte due ragazze iscritte nel gruppo di Seregno, Chiara
Galimberti e Cristina Rosaci.
L’intento era far vivere un’esperienza a dei giovani da veri e propri militari per 3 settimane, facendo
apprendere loro nozioni di sopravvivenza, topografia, primo soccorso e movimento in montagna e ciò
è stato svolto nella caserma «Monte Bianco» di La
Thuile. In questa caserma, oltre a queste due ragazze seregnesi, c’erano altri 36 ragazzi di cui 13 ragazze e 23 ragazzi.
È stata un’esperienza davvero positiva, bella, ma
soprattutto formativa. Durante le 3 settimane ci siamo sentite realizzate per essere riuscite nelle marce
a Colle Santa Croce, al Lago d’Arpy, al Rifugio
Deffeyes, nella topografia e nell’orienteering, nel
percorso di guerra, nell’arrampicata alla parete di
roccia naturale e quella artificiale in palestra, ma
anche a svolgere giornalmente un addestramento di
tipo formale, seguendo e rispettando determinati ordini e regole.
Esperienza che tutti dovrebbero provare, infatti la
consigliamo a molte coetanee perché si impara davvero uno spirito di gruppo, ma anche la disciplina
che aiuta moltissimo e da un’esperienza così si ritorna più maturi e formati. Siamo anche del parere
che la ferma militare, almeno di un anno, dovrebbe tornare obbligatoria e
farebbe bene a molti nostri coetanei, soprattutto maschi, ma non solo, anche
a giovani con comportamenti violenti o che non sanno le buone regole
dell’educazione, quest’avventura cambierebbe radicalmente il loro modo di
agire e comportarsi.Alla cerimonia conclusiva di consegna ufficiale del cappello alpino (nella caserma del Centro
Addestramento Alpino «Cesare Battisti» di Aosta)
oltre alla sezione di Monza erano presenti i vessilli
di Valle d'Aosta, Valdagno e Milano, i presidenti di
Milano e Aosta, il vice presidente di Monza, 20 gagliardetti e un pubblico (tra parenti e amici) più di
200 persone.
A questa cerimonia presenziava anche il Vice
Presidente Nazionale degli Alpini Adriano
Crugnola, il Comandante di Reggimento Alpino
Colonnello Pierpaolo Lamacchia e il Generale di
Brigata Antonio Maggi, che dopo brevi ma sentiti
discorsi hanno provveduto con presidenti, vice presidenti all’emozionante consegna di un attestato di
frequenza e del meritato cappello alpino (a noi della
sezione di Monza è stato consegnato, con grande
onore, da Alessandro Triulzio).
Per concludere la cerimonia, dopo le foto di rito,
s'è svolto un aperitivo in caserma; infine i partecipanti del gruppo di Seregno e la sezione di Monza
hanno festeggiato le ragazze con un pranzo comunitario procedendo alla consegna di un diploma ricordo che cita cos'è un cappello alpino per un Alpino da
parte di Alessandro Triulzio e di Paolo Beretta consigliere sezionale.
Per ulteriori informazioni ed approfondimenti http://www.anamonza.it
PASSATO PRESENTE E FUTURO
OTTOBRE 2012
15
La storia della Divisione “Monterosa”
ALESSANDRO BRIGNOLE
Ho realizzato questa ricerca per distogliere dall’oblio un reparto Alpino
che viene spesso dimenticato dalla storia. La divisione “Monterosa” fece
parte dell’Esercito della Repubblica Sociale Italiana, un reparto che per
addestramento del personale, organizzazione ed equipaggiamento rappresentò un’élite delle forze armate repubblicane. La divisione era pervasa da
un forte spirito di corpo e dalla tradizionale armonia che anima gli Alpini,
essa era costituita da volontari e coscritti che affluirono da tutta Italia, rimarchevole fu l’adesione dei giovani lombardi. Dal 1943 al ’45 l’Italia fu
lacerata, dilaniata dalla guerra civile, un conflitto fratricida dove le persone si divisero e si combatterono, a volte ferocemente, in nome di ideali e
principi diversi.
Il 1943 fu l’anno terribile per l’Italia, l’esito disastroso delle campagne
d’Africa e Russia minarono il morale della popolazione, i terrificanti bombardamenti aerei, le dure ristrettezze alimentari, i morti, e la paura. Il 25
luglio Mussolini fu estromesso dal governo della nazione, cadde così il regime fascista. Dopo poco più di un mese il Re e il nuovo capo del governo, il Maresciallo Badoglio, senza preventivamente informare i comandi
decentrati delle forze armate e gli organi amministrativi civili, firmarono
la resa senza condizioni con Stati Uniti e Gran Bretagna. L’esercito e il
paese piombarono nel totale collasso morale e materiale, l’Italia fu occupata dagli ex-alleati tedeschi che liberarono Mussolini e lo reinsediarono
al governo. Egli costituì la Repubblica Sociale e dispose la ricostituzione
delle forze armate, l’incarico fu affidato al Maresciallo Rodolfo Graziani
in qualità di ministro per la difesa nazionale. Il compito si rivelò arduo a
causa della forte diffidenza dei tedeschi e degli ostacoli frapposti da alcuni gerarchi della neorepubblica fascista. In base a una convenzione stipulata con il governo del Reich tedesco venne stabilita la formazione di quattro divisioni Italiane, di cui una Alpina, che sarebbero state addestrate in
Germania per poi essere impiegate al fronte, contro gli Anglo-Americani.
I primi quadri della “Monterosa” si concentrarono a Pavia, nell’organico
vi si trovarono volontari delle classi più giovani, alpini veterani dei vari
fronti che si erano sentiti abbandonati dopo l’armistizio del 1943, giovani
coscritti e un’aliquota di militari internati nei campi di prigionia tedeschi,
ai quali fu proposto di aderire alla repubblica sociale e tornare a servire la
patria, gli ufficiali provenivano dai quadri dell’ex Regio Esercito. Al comando della “Monterosa” fu designato il Generale Mario Carloni, un ufficiale decorato, reduce dal fronte russo che per le sue competenze militari
e per le riconosciute doti umane fu ritenuto idoneo a dirigere la divisione
alpina. Si costituì il 1° reggimento formato dai battaglioni: “Aosta”,
“Bassano”, e “Intra”. Il 2° reggimento, battaglioni: “Brescia”,
“Morbegno”, “Tirano”, il Gruppo Esplorante divisionale, il battaglione
pionieri Alpini, e il Reggimento Artiglieria da montagna, costituito dai
gruppi: “Aosta”, “Bergamo”, “Vicenza” e “Mantova”, dotati di obici da
105/17 e pezzi da 75/13.
Alla fine di Novembre 1943 i primi reparti della “Monterosa” raggiunsero il campo di addestramento tedesco a Munsingen, nella regione del
Wurtemberg. Iniziò così il periodo formativo dove l’addestramento era diretto e seguito da esigenti e duri sottufficiali tedeschi. I nostri alpini acquisirono una preparazione militare tecnica inusuale ma certamente più
efficace rispetto ai superati protocolli addestrativi del Regio Esercito. Il
percorso fu intenso, alla fine gli stessi ufficiali e marescialli tedeschi, inizialmente scettici, si compiacquero del livello professionale raggiunto dalle nostre penne nere. Nella seconda metà del luglio 1944 la divisione ricevette la sua destinazione nella riviera del levante ligure tra Nervi e
Levanto a fianco della “San Marco” dislocata invece a ponente. Questa
decisione del comando tedesco, retto in Italia dal Maresciallo Kesselring,
generò tra gli alpini vive proteste in quanto essi ambivano ad essere impiegati contro gli invasori anglo-americani. Nell’estate del 1944 il comando germanico paventava un imminente sbarco alleato sulle coste liguri,
quindi ribadì perentoriamente la destinazione della “Monterosa”. Il
Generale Carloni dislocò i battaglioni alpini in funzione antisbarco tra
Recco, Chiavari - Sestri Levante e Levanto, i gruppi di artiglieria sulle alture retrostanti la costa e il gruppo esplorante nell’entroterra a Borzonasca,
per garantire le vie di comunicazione con la valle padana. La popolazione
accolse con simpatia gli Alpini che, con la loro innata generosità, si prestarono per rendere meno avvilente la vita dei civili, le cucine distribuivano il rancio anche ai civili, gli alpini nelle ore libere dal servizio davano
una mano ai contadini nei campi, ma l’idillio finì presto. Dopo l’otto
Settembre altri giovani avevano scelto la via della montagna, nacquero le
prime bande partigiane e la presenza della Monterosa in quel settore costituiva un pericolo per l’eventuale sbarco alleato, quindi le formazioni
partigiane lanciarono gli attacchi col metodo della guerriglia, volti a disturbare l’attività della divisione e minacciare le vie di transito tra la
Liguria e la pianura Padana, tra le provincie di Genova e Piacenza. I battaglioni “Aosta”, e “Ivrea” insieme al gruppo esplorante furono incaricati
di compiere rastrellamenti per reprimere l’azione partigiana nelle valli a
ridosso della costa. Ciò turbò molto l’animo degli alpini che non volevano
combattere altri Italiani ma le bieche esigenze della guerra imposero anche questo. Il 15 Agosto 1943 gli anglo-americani sbarcarono in Provenza
quindi i battaglioni “Bassano”, e “Tirano” unitamente al gruppo
d’artiglieria “Mantova” e per un certo perZiodo anche i battaglioni
“Aosta”, e “ Morbegno”, furono schierati in gran fretta al fianco di una divisione tedesca e alla “Littorio” sulle Alpi occidentali al confine con la
Francia tra Rocca Clary, Clàvieres, La Thuile, e il Monginevro. Gli Alpini
che si trovarono a combattere in alta montagna, terreno a loro familiare,
diedero un validissimo contributo nel contenere l’azione dei maquis francesi e da reparti Gollisti intenzionati a penetrare in Italia. Agirono con tenacia e dimostrarono, soprattutto gli artiglieri del “Mantova”, coraggio e
competenza.
Nell’autunno 1944 la guerra civile in Liguria si inasprì, il movimento
partigiano, rifornito e alimentato dagli aviolanci alleati, era cresciuto e
lanciò l’offensiva. La spirale della violenza degenerò in imboscate, agguati, che causavano conseguenti rappresaglie, gli alpini mostrarono contrarietà e sdegno a combattere contro altri connazionali. Il battaglione
“Ivrea” si trasferì in Val Trebbia per assicurare il controllo della statale
Genova-Piacenza, l’“Aosta” a Santo Stefano d’Aveto. Furono organizzati
altri due rastrellamenti nei quali partecipò anche una divisione tedesca
composta da ex prigionieri sovietici di etnia mongolo-caucasica, uomini
particolarmente adusi alla ferocia. Gli alpini della Monterosa intervennero
in varie occasioni per impedire a questi di commettere abusi e brutalità nei
confronti della popolazione civile. Si susseguirono diversi scontri con i
partigiani in Val Fontanabuona, Val d’Aveto, Val Trebbia, la lotta si fece
asperrima e molti giovani Italiani caddero. La divisione registrò molte perdite, cadde in un’imboscata a Brizzolara di Borzonasca anche il Maggiore
Cadelo, comandante del gruppo esplorante.
Le formazioni partigiane compivano continui attacchi di sorpresa e imboscate, ciò non poteva che esacerbare lo scoramento. Tra gli Alpini si registrarono le prime diserzioni, soprattutto dopo le fucilazioni di partigiani
che la Monterosa fu costretta a compiere. In Val Trebbia avvenne anche la
defezione del battaglione “Vestone”, il suo comandante fu avvicinato da
capi partigiani che lo convinsero a passare con gran parte del reparto tra le
loro fila.
Dopo quella vicenda, parte della divisione fu destinata al fronte, sulla
Linea Gotica, così la “Monterosa” fu spezzata in tre tronconi: uno in
Piemonte, uno Liguria e uno in Garfagnana. Tra gli alpini destinati alla
gotica si diffuse nuovo entusiasmo finalmente avrebbero potuto battersi
contro quello che consideravano il vero nemico. Il 1° reggimento con i
battaglioni: “Intra”, “Brescia”, reparto esplorante “Cadelo” e i gruppi artiglieria “Mantova” e “Bergamo” furono stanziati tra Aulla, Casola, Piazza
al Serchio, Fivizzano e Castelnuovo Garfagnana. Le penne nere si attestarono sulle propaggini di questo settore delle Alpi Apuane e fronteggiarono, in azioni di pattuglia e piccole puntate offensive, una divisione americana composta da soldati di colore e una divisione Brasiliana. Alla fine del
Dicembre 1944 il comando tedesco lanciò una piccola offensiva in
Garfagnana, il gruppo Esplorante “Cadelo”, i battaglioni “Brescia”,
“Intra” e il gruppo artiglieria “Bergamo” unitamente ad altri reparti
Tedeschi e alla divisione “Italia” parteciparono attivamente alle operazioni. Il battaglione “Brescia” attaccò da Castelnuovo e costrinse alla ritirata
un reggimento di soldati afro-americani che ripiegò disordinatamente per
una ventina di Km, il “Cadelo” riuscì a conquistare i villaggi di Coreglia,
Gallicano e Calomini. I cannoni del “Bergamo” sostennero alacremente
l’azione degli alpini che avanzavano e attaccavano con impeto le truppe
alleate. L’offensiva si esaurì presto a causa della scarsità dei rifornimenti
e di carburante, l’azione della “Monterosa” fu tuttavia elogiata dai comandi germanici per la perizia e il valore dimostrati. Nel frattempo anche i reparti attestati in Piemonte e in Val d’Aosta passarono il terribile inverno
sulle montagne respingendo svariati tentativi di penetrazione da parte delle truppe francesi e dei partigiani locali, i Battaglioni “Bassano”, “Tirano”
e il gruppo artiglieria “Mantova” ricevettero diversi encomi, assegnati a
singoli alpini e alle bandiere di reparto. Le operazioni sulla gotica conobbero una fase di stallo fino alla primavera del 1945, i “monterosini” si attestarono sull’ultima linea di resistenza dell’ampio fronte su postazioni rarefatte, le perdite, gli allontanamenti arbitrari, le malattie avevano ridotto
gli organici.
Dalla metà di Aprile del 1945 le armate Anglo-Americane diedero corso all’offensiva finale per liberare il nord Italia, il fronte della linea Gotica
cedette nel settore di Bologna. I reparti della Monterosa schierati sulle
Alpi Apuane occidentali, soverchiati dal nemico superiore di numero e
mezzi, iniziarono un ordinato ripiegamento contrastando con mirate azioni di retroguardia l’avanzata degli alleati. I battaglioni alpini e i reparti di
artiglieria passarono il passo della Cisa subendo continui attacchi e bombardamenti dall’aviazione alleata. Il 28 Aprile giunti a Fornovo dovettero
arrendersi a un reparto Brasiliano. I battaglioni “Bassano”, “Aosta” e il
gruppo artiglieria “Vicenza” e il “Tirano” schierati in Piemonte-Val
d’Aosta dopo aver rintuzzato parecchie puntate offensive dei maquis
Francesi e dei partigiani locali discesero a valle per raggiungere Torino,
accerchiati dai partigiani delle formazioni locali giunsero alla capitolazione. A Genova il 25 Aprile 1945 il Comitato di liberazione nazionale diramò l’ordine di insurrezione, il comandante Tedesco della piazza firmò la
resa, atto che fu ricusato da alcuni reparti Germanici e dai battaglioni della Monterosa. Il Colonnello Pasquali del 1° reggimento Alpini raggruppò
i reparti operanti in Liguria a cui si aggiunsero reparti tedeschi e un battaglione della “San Marco”, costituì così una colonna ben determinata a raggiungere in armi la valle Padana. Gli alpini si aprirono la strada fino al
passo della Scoffera rifiutando di arrendersi alle formazioni irregolari della resistenza. Incalzati da un reparto Americano si attestarono nel bosco
della Tecosa a nord di Genova tra i paesi di Lumarzo e Bargagli. Il
Colonnello Pasquali negoziò le resa con ufficiali del reggimento
Americano riuscendo a ottenere un trattamento dignitoso per i propri uomini e l’assicurazione che nessun militare fosse consegnato ai membri
delle formazioni partigiane. Si concludeva così la storia della divisione
“Monterosa” unità alpina di prim’ordine.
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16
PROTEZIONE CIVILE
OTTOBRE 2012
PASSO DOPO PASSO
14 ottobre
10° anniversario del Gruppo di Roncello
18 novembre
Giornata del Reduce a Tregasio
20-21 ottobre
Raduno del 2° Raggruppamento a Sondrio
22 novembre
“Sulle orme dei nostri padri” al Binario 7 con Diego Pellacini e Alessio Cabello
27 ottobre
S.Messa dedicata al Beato Don Carlo Gnocchi a Bernareggio
24 novembre
Banco alimentare
27-28 ottobre
Castagnata Sezionale
29 novembre
“Sotto il cappello che noi portiamo” al Binario 7
28 ottobre
140° di costituzione delle Truppe Alpine a Cassano d’Adda
2 dicembre
La nostra domenica
11 novembre
Gara di Pesca ai Laghi Verdi
19 dicembre
Scambio di auguri natalizi in Sezione
Terremotivati a Moglia
GIOVANNI PAOLO OGGIONI
«Porco cane!!, ma in duè lè nâ ül basèl?».
Sono le 21.00 o poco più, di giovedì 31 Maggio 2012. Sto salendo i tre
scalini che portano in cucina con in mano una teglia di verdura pronta per i
ritardatari della cena. Ritardatari, non per sfizio o per diletto, ma perché impegnati nel loro dovere oltre le disposizioni demandategli. Cucina della
Colonna Mobile Regionale (Lombardia), affidata alla nostra Sezione in
questo primo turno di volontariato dal 29 maggio al 3 giugno 2012. Siamo
a Moglia, in provincia di Mantova, uno degli epicentri di questa nuova tragedia del terremoto, in qualità di volontari di Protezione Civile della
Sezione di Monza. Quella di alcuni istanti fa è stata una delle scosse più forti registrate tra le tante dicono di assestamento. È per questa scossa che non
ho trovato lo scalino. È anche la prima scossa in assoluto che ho sentito.
Neanche nella precedente esperienza di L’Aquila, al Campo Globo mi è capitata, forse perché arrivavano di notte, quando dormo.
Siamo partiti martedì, con ritrovo della colonna alle ore 16.00, al primo
Autogrill, dopo il casello di Agrate, sull’Autostrada Milano/Venezia, dopo
una mattinata di telefonate da parte della nostra Segretaria di Protezione
Civile, la sempre attiva, presente e motivata Mariella.
Nel pomeriggio, e nella nottata precedente, il terremoto è arrivato con più
violenza, e noi certo non potevamo più stare ad aspettare.
Arriviamo a Moglia, dopo alcune peripezie di viaggio verso le 21.00. Il
campo, alloggiato nel centro sportivo comunale, è già in fase di allestimento. Altri gruppi, altre Sezioni alpine, altri volontari sono già in fermento.
Ognuno con il suo compito e la sua specificità, cerca con grande professionalità, malgrado l’ora tarda, di essere pronto per l’inizio di questa - se vogliamo chiamarla così – “nuova avventura”. Domattina si parte, si incomincia questo nuovo impegno, questo nuovo essere vicini alla gente, come
sempre. Del resto si sa, gli Alpini “non hanno paura”, neanche del terremoto. Sveglia alle 06.00, perché alcuni operai di aziende della zona, fortunatamente non lesionate, incominciano la loro giornata lavorativa fra un’ora, e
una buona e nutriente colazione, accompagnata dal nostro sorriso cordiale e
sincero, farà scordare almeno per poco, i disagi del vivere nella tendopoli.
Dobbiamo nel frattempo però, già salutare un nostro volontario, Paolo
Abbracciavento, autista, comandato al ritorno a Cesano Maderno, nel magazzino Regionale di P. C., per portare nuovi container con altro materiale
utile, necessario, e non solo per il nostro campo. Siamo rimasti così in nove, volontari di cucina, e vista la capienza del campo e il numero di ospiti e
volontari presenti, avremo sicuramente da sfacchinare senza tregua: speriamo bene. La colazione procede spedita e senza grossi intoppi, tanto che alle 09.00, sia gli ospiti che i volontari hanno già terminato, è già ora di sparecchiare e di preparare per il pranzo di mezzogiorno. Sembra troppo bello,
troppo normale, troppo facile.
Senza intoppi? Senza problemi? Mah!
Primo problema: ma in quanti siamo al campo? Non abbiamo purtroppo
nessuna certezza. (sic).
Secondo problema, ancora più serio: nel campo ci sono tante persone extra europee, per lo più asiatiche, di diverse etnie (indiane, pakistane, srilankesi), e con problemi di alimentazione per via della loro religione. Come
faremo a soddisfare un po’ tutti?
Terzo problema: abbiamo cominciato oggi, ma purtroppo non è che abbiamo a disposizione ogni cosa. Non manca certo cibo per l’emergenza, ma
sono tante le difficoltà di questo inizio. Senza indugi però incominciamo,
chi taglia le verdure, chi prepara la pasta, chi il sugo, è una cucina in ebollizione, un’alternanza continua di odori, sapori, sudori. Va avanti così per
tutto il giorno, ininterrottamente. È mezzanotte, stanchi, ma felici e soddisfatti, cerchiamo di ragionare sui numeri di oggi. Quattrocentocinquanta pasti distribuiti a mezzogiorno e seicentocinquanta (?) per la sera. Sembra impossibile da una cucina così piccola, ma ci siamo riusciti. Da domani però
le cose dovrebbero e devono cambiare, non possiamo continuare con questi
numeri. C’è stato di mezzo sicuramente qualche cosa di strano, perché le
persone al campo non sembrano poi così tante. Il giorno seguente, e per tutta la settimana assegnataci, un controllo più serio agli accessi, ridimensiona
notevolmente le cifre. Mediamente vengono distribuiti dai duecentosettanta
ai trecento pasti, divisi tra ospiti e volontari. L’impegno è comunque tanto,
affiora a volte anche un po’ di nervosismo, ma il ritrovarsi alla sera a cenare, dopo aver soddisfatto tutti gli altri, insieme allo stesso tavolo, con un
buon bicchiere di vino, ci fa sentire ancora un buon e affiatato gruppo.
E a proposito di gruppo, ecco la nostra squadra.
Alberto Pizzo, cuoco. Una persona squisita, pronta, capace, professionale.
Ha saputo anche in questa strana esperienza (diversificazione dei menù,
doppi menù, difficoltà negli approvvigionamenti) dare il meglio, sempre.
Un amico da tenere in conto. Eccezionale.
Luigi Perego, cuoco. Genio e sregolatezza. Adatto per la cucina, non per
un lavoro diverso. Dispersivo. Spero non si offenda.
Luigi Silvano Mantegazza, direttore di sala (tensostruttura adibita a mensa). Affabile, generoso, spiritoso con tutti. Animatore incontrastato nei momenti più neri. Da tenere in considerazione personale per un’eventuale altra
uscita. Ottimo.
Erminio Germinario, aiuto cucina. Infaticabile preparatore di sughi e
ragù. Cràpa de lègn. Compagnone. Ottimo.
Mario Brivio, magazziniere. Piscinèn, brût, ma con un grande cuore.
Infaticabile, specialmente nel non trovare cose sistemate nei container qualche minuto prima. Compagno anche nella mia esperienza a L’Aquila.
Ottimo.
Giovanni Alberti, addetto al retro cucina. Una scoperta che mi ha lasciato
un bellissimo ricordo (mai dare retta ai maligni). Rivalutazione personale
totale. Ottimo.
Rocco Rinaldi, addetto al retro cucina. Un personaggio di altri tempi, gran
lavoratore, poche parole ma molti fatti. Un’altra scoperta. Ottimo.
Luca Vianello, jolly. Giovane con molta voglia e molte idee. Deve solo
scegliere e maturare, per il bene suo e della nostra P. C. Ottimo.
Giovanni Paolo Oggioni, aiuto cucina. Come sempre ci mette tanto. Il
giudizio però lo lascio ai miei compagni. Spero comunque bene, sarebbe un
successo per tutti. È Domenica pomeriggio, il nostro turno al campo è terminato, torniamo stanchi alle nostre famiglie, sicuri però di aver dato tanto
a questa comunità, ai tanti personaggi che in questa settimana abbiamo avuto al nostro fianco. Qualcuno di loro ci ricorderà ancora per molto tempo.
Volgiamo lo sguardo per l’ultima volta al saluto dei tanti bambini con un
grande rammarico nel cuore. A loro abbiamo dedicato tanta attenzione, specialmente nella distribuzione dei cibi del loro continuo e incessante chiedere. Peccato che alla fine della fila qualcun’altro intervenisse a togliere e a
cambiare quello che per noi era il meglio e il più adatto. La ragione è solo
una: il credo del padre (religione). Arrabbiato, ma mi adeguo. Del resto non
posso biasimarli, è la loro cultura, il loro credo. Come posso io fargli cambiare idea, immaginando che qualcuno voglia un giorno cambiare la mia?
Siamo sulla strada che porta al casello Autostradale, per la prima volta vediamo e tocchiamo con mano gli effetti del terremoto. Tante abitazioni, tanti caseifici, tante forme di formaggio ancora giacenti per terra: che desolazione. Siamo rimasti per una settimana “rinchiusi” in quel centro sportivo,
non abbiamo potuto vedere la tragedia esterna al campo, ma adesso è proprio lampante. Una grande tragedia, un terribile disastro. Rassegniamoci ma
non demordiamo. Siamo riusciti a far volare L’Aquila, riusciremo anche
questa volta ad uscire da questa catastrofe, come sempre, con grande coraggio e voglia di fare.
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