L’ITALIA IN OPERA 2013/2014
TOSCA
Melodramma in tre atti
Musica: Giacomo Puccini
Libretto: Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Prima rappresentazione:
Roma, Teatro Costanzi
14 gennaio 1900
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’ITALIA IN OPERA 2013/2014
TOSCA
Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento che potete trovare presso la Biblioteca del CRAL o reperire presso
altre biblioteche:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, 2011,
pagg. 343-347
- Eduardo Rescigno, Una voce poco fa. 550 frasi celebri del
melodramma italiano, 2007, pagg. 340-343
- Piero Gelli (a cura di), Dizionario dell’opera, 1996 pagg.
1250-1253
- Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica,
1991, pagg. 462-465
- Silvestro Severgnini, Invito all’ascolto di Giacomo Puccini,
1984, pagg. 125-134
- Enrico Maria Ferrando (a cura di), Tosca (“Schede delle
opere”) in Tutti i libretti di Puccini, 1984, pagg. 561-562
- Claudio Casini, Giacomo Puccini, 1978, pagg. 224-248
- Giuseppe Adami (a cura di) – Enzo Siciliano (introduzione
di), Giacomo Puccini. Epistolario, 1982, pagg. 71-84
- Giuseppe Adami (a cura di), Giacomo Puccini, Epistolario,
1928, pagg. 113-136
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol. VI,
1988, pagg.149-156
- Silvestro Severgnini, Invito all’ascolto di Giacomo Puccini,
1984
- Claudio Casini, Giacomo Puccini, 1978
- René Leibowitz, L’opera di Puccini e i problemi del teatro lirico
contemporaneo e L’arte di Giacomo Puccini e l’essenza
dell’opera in Storia dell’opera, 1966, pagg. 353-397
LA FONTE DEL LIBRETTO:
- Victorien Sardou, La Tosca, (a cura di Guido Davico
Bonino), 1994
NARRATIVA E DINTORNI:
- Pietro Panichelli, Il ”pretino” di Giacomo Puccini, 2008
- Helmut Krausser, I demoni di Puccini, 2008
- Pier Marco De Santi (a cura di), Puccini al cinema, 2008
- Sarah Bernhardt, La mia doppia vita, 1981 (Sarah Bernhardt
ha interpretato La Tosca di Sardou nel 1887)
http://bct.comperio.it
http://sbam.erasmo.it
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La fonte del libretto
“Il progetto di un libretto da La Tosca, che Victorien Sardou fece rappresentare a Parigi nel 1887, interessò tre musicisti: in
ordine cronologico, Puccini, Franchetti e, a titolo di intenzione, Verdi. Ma la vera causa dell'interessamento non fu tanto il
dramma del celebrato autore francese, quanto la sua interpretazione da parte di Sarah Bernhardt, che Puccini vide una prima
volta a Milano nel 1890 […] e una seconda volta durante l'avanzata fase di progettazione del libretto, nell'ottobre 1895 a
Firenze […].
Puccini non comprese molto nel 1890, dato che lo spettacolo era in francese; gli rimase impresso soltanto il tono col quale la
Bernhardt ripeteva «Malheureuse!»; e nel 1895, in una lettera a Illica, affermò che l'attrice gli era piaciuta poco.” (1)
“Puccini era stato attratto dalla pièce di Sardou per motivi complessi: la prevalenza dell'intrigo sullo spessore drammatico dei
personaggi, ad eccezione di Scarpia, lasciava ampio spazio alla musica […]. Che poi gli accorgimenti di un teatro ben dosato fra
attualità dell'argomento, cornice storica, effetti teatrali violenti, e governato dall'astuta doppiezza di un eccellente uomo di
teatro come Sardou, fossero particolarmente graditi alla media del vasto pubblico, non era l'ultimo dei vantaggi per un'opera
lirica.” (1)
I diritti di «La Tosca» da Franchetti a Puccini
“Sardou […] [concesse] i diritti di La Tosca […] ad Alberto Franchetti […]. Nel 1894, Franchetti, Illica e Sardou si incontrarono a
Parigi per discutere la riduzione. Dato che nella capitale francese si trovava Verdi, […] anch'egli fu presente alla riunione in casa
del celebre autore francese, del quale era buon amico. […]
Il mite Franchetti [venne però successivamente] […] spossessato del libretto con mezzi discutibili. Ricordi e Illica lo avevano
convinto che La Tosca non era adatta alla versione musicale e, con perfetto cinismo, Ricordi firmò il contratto con Puccini il
giorno stesso, forse il giorno successivo alla rinuncia di Franchetti. […] Anche se vittima di un autentico inganno, Franchetti non
ebbe, che si sappia, una parola di protesta.” (1)
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(1) Claudio Casini, Giacomo Puccini, UTET, 1978
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Sfondo storico
“Il dramma si svolge a Roma, esattamente il 17 giugno 1800, tre giorni dopo la battaglia di Marengo.[…]
Nel corso delle campagne avvenute dal 1796 al 1798, l'esercito della Francia rivoluzionaria, guidato dal generale Napoleone
Bonaparte, aveva conquistato quasi tutta l'Italia e, al posto dei vari stati di origine feudale, fra quali anche lo Stato della Chiesa,
aveva instaurato delle repubbliche sul modello francese. Fra il 1798 e il 1799, durante l'avventura di Napoleone in Egitto, il
sistema repubblicano crollò progressivamente sotto l'attacco congiunto delle vecchie monarchie europee, e anche la
Repubblica Romana venne occupata dalle truppe del Regno di Napoli.
Il suo governo fu preso in mano da una nemica acerrima dei francesi, Maria Carolina, moglie dell'ingenuo re Ferdinando IV di
Borbone […]. La bigotta sovrana asburgica combatteva […] senza pietà ogni fermento rivoluzionario; dopo aver occupato Roma,
[…] fece perseguitare in modo spietato gli esponenti della repubblica sconfitta. Al suo rientro dall'Egitto, Napoleone […] prese le
redini dello stato francese e marciò nuovamente sull'Italia. Il 14 giugno 1800, nella battaglia di Marengo, batté definitivamente
l'armata austriaca del generale Melas […].
Il dramma di Sardou si svolge in questo preciso momento storico. Roma si trova sotto l'oppressione della polizia napoletana […].
Le speranze dei simpatizzanti della repubblica risiedono nell'azione militare che Napoleone conduce nel nord dell'Italia, mentre
i reazionari bigotti, fedeli alla monarchia, confidano invece nella sua sconfitta.” (1)
… da Sardou a Puccini
“Probabilmente, nella trasformazione di un lavoro teatrale francese di successo in un' opera italiana che pure ambiva al
successo le implicazioni politiche del soggetto non ebbero un ruolo rilevante.[…] Del sottofondo storico, che Sardou cerca di
rendere comprensibile con una serie di dettagli, non rimane quasi niente, e le figure si muovono in una costellazione quasi
astratta di conflitti, che potrebbero avere luogo ovunque e in qualsiasi momento. L'indicazione del luogo e della data «Roma,
giugno 1800» riesce a ridurre ben poco questa indeterminatezza generale.[…]
Puccini, che notoriamente non era proprio amico della rivoluzione, aveva però quel tanto di sensibilità che gli permetteva di
cogliere la componente incendiaria del soggetto. Questa componente è entrata in modo palpabile nella musica, e rende Tosca
la sua opera forse più insolita. Puccini non aveva mai composto in modo così ‘drammatico’, e anche in futuro non si farà mai
più tentare dal comporre musica così plateale.” (1)
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(1) Dieter Schickling, Giacomo Puccini: la vita e l’arte, Felici, 2008
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Il «muoio disperato» di Cavaradossi
Puccini “era un agnostico dotato di una notevole dose di superficialità, che don Panichelli [don Pietro Panichelli, amico e
agiografo di Puccini, ndr] caritatevolmente giustifica col fatto che, « in un ambiente d'arte », non era possibile penetrare a
fondo i misteri dell'al di là. […]
Ciò non toglie che Puccini sia morto con i conforti della religione, assistito dal legato pontificio a Bruxelles, monsignor Micara.
Ma proprio nella Tosca, Puccini lottò vittoriosamente contro i librettisti, contro Ricordi e perfino contro l'autorevole parere di
Verdi, per espungere dalla morte di Mario Cavaradossi qualsiasi altro pensiero che non fosse il «muoio disperato»,
trasformando l'agnosticismo personale in felice intuizione drammatica.” (1)
Il «personaggio» Tosca
“Personaggio e non persona «Floria Tosca, celebre cantante», prima donna e - dato molto singolare - unica donna in scena […].
Personaggio, Tosca, la cui psicologia complessiva, pur valutando le infinite contraddizioni dell'animo umano, risulta assai poco
credibile in quanto formata da tante diverse psicologie. Psicologie verosimili, sì, ma se prese una ad una anziché nella globalità
di un individuo. Di fatto, […] strumento e motore d'un teatrale ‘gioco degli opposti’.
È la strategia teatrale per cui Tosca può essere tutto e il contrario di tutto: mano caritatevole e mano omicida, teatro e chiesa,
fede e gelosia, cattolicesimo e sensuale erotismo, dolcezza e furore, corpo e spirito, alcova dell'amante e grata del confessore
cui nulla tacere per esplicita ammissione del pittore Mario Cavaradossi che così intimamente conosce la sua donna.” (2)
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(1) Claudio Casini, Giacomo Puccini, UTET, 1978
(2) Alberto Cantù, L’universo di Puccini da Le Villi a Turandot, Zecchini, 2008
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Alla ricerca di un testo liturgico
“lo lavoro a Tosca e sudo dal caldo e dalle difficoltà che incontro, ma che saranno - spero - superate. Ora desidero un favore: si
tratta che al 1° atto (finale) in chiesa di S. Andrea alla Valle ha luogo (?) un Te Deum solenne di festeggiamento per vittoria
d'armi. Ecco la scena: dalla sagrestia escono l'abate mitrato, il Capitolo, ecc. ecc., in mezzo al popolo che su due ali ne osserva il
passaggio. Sul davanti della scena, poi, c'è un personaggio (il baritono) che monologheggia, indipendentemente, o quasi, da ciò
che succede nel fondo. Ora io ho bisogno, per effetto fonico, di far recitare preci al passaggio dell'abate e del Capitolo. Sia il
Capitolo, sia il popolo ho bisogno di far brontolare con voce sommessa e naturale, senza intonazione, come sul vero delle preciversetti.
[…] So già che non usasi dire, né cantare niente prima d'intonare il solenne Te Deum che vien fatto appena arrivati all'altare
maggiore, ma, ripeto (sarà vero o no), io vorrei trovare qualcosa da brontolare, quando dalla sagrestia vanno all'altare, e ciò dal
Capitolo o dal popolo. Meglio quest'ultimo, perché più numeroso e perciò più efficace musicalmente.” (1)
“Ma don Panichelli, che a suo tempo aveva inviato al musicista l'intonazione del Te Deum secondo il rito romano, in
quest'occasione non ebbe fortuna, perché Puccini trovò da solo, da vecchio topo di chiesa, come lo definì don PanicheIli,
l’Adiutorium nostrum in nomine Domini che faceva al caso suo, con le vocali cupe.” (2)
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(1) Giuseppe Adami (a cura di), Giacomo Puccini. Epistolario, Arnoldo Mondadori, 1982, lettera 63 a don Pietro Panichelli dell’agosto 1898
(2) Claudio Casini, Giacomo Puccini, UTET, 1978
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La «prima» di Tosca
“La prima rappresentazione di Tosca, la sera del 14 gennaio 1900, al Costanzi di Roma, si svolse in un'atmosfera tutt'altro che
calma e serena. C'era dell'ostilità contro Puccini e della diffidenza contro l'opera. La cronaca della serata è punto per punto
segnata nel seguente telegramma alla «Gazzetta musicale»:
«Iersera andò in scena Tosca. Folla enorme fino dalle ore 11 del mattino pigiavasi contro porte ingresso teatro. Appena
principiò orchestra, rumori, grida di persone che non possono penetrare platea non permettono proseguire. Devesi calare
sipario tornando da capo, appena ristabilitosi silenzio. […]
«Esecuzione complessiva eccessivamente nervosa, causata parte da emozione prima sera, parte dal panico per lettere
minacciose mandate esecutori e voci di probabili attentati. Queste sono le arti cui ricorsero, inutilmente, invidiosi della fama
autore.»
Si era, infatti, non si sa se a caso o ad arte, diffusa quella sera la voce che sarebbe stata lanciata in teatro una bomba. Bastò il
tumulto della folla che non poteva entrare nella sala del Costanzi, tanto grande era la ressa, per provocare la breve sospensione
all'inizio dello spettacolo, fra il terrore generale. E forse fu per questo stato di nervosismo del pubblico che, dopo la prima
rappresentazione, Tosca non fu giudicata secondo il giusto valore e non si credette in una nuova affermazione dell'arte
pucciniana.” (1)
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(1) Giuseppe Adami (a cura di), Giacomo Puccini. Epistolario, Arnoldo Mondadori, 1982
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Il giudizio di Mahler su «Tosca»
“Kunstmachwerk: questo è il nome bislacco che Gustav Mahler ha coniato appositamente per Tosca, accoppiando cioè con
freddo calcolo e beffarda malignità due termini del tutto incompatibili fra di loro quali Kunstwerk («opera d'arte») e Machwerk
(«abborracciatura, raffazzonatura»). Dunque: per il grande compositore e direttore d'orchestra […]Tosca è un'opera d'arte
mancata perché è stata «rimediata disordinatamente e rabberciata sommariamente». […] Nel decennio in cui era stato il
responsabile artistico del teatro dell'Opera di Vienna (1897-1907) egli […] non aveva mai concesso a Tosca di venire ospitata su
quel palcoscenico. Non solo, ma nel 1903, trovandosi a Leopoli per dirigere un concerto, in una lettera alla moglie aveva
liquidato l'opera di Puccini con una descrizione, a dire poco, crudele. Questa:
«lersera dunque sono stato a vedere la Tosca di Puccini. Esecuzione ottima, sotto ogni punto di vista ... Ma l'opera! Nel primo
atto, solenne processione con un continuo scampanio. (Le campane si sono dovute far venire dall'Italia.) Nel secondo atto un
tale viene torturato fra urli orrendi e un altro pugnalato con un acuminato coltello da pane. Nel terzo atto di nuovo scampanio,
su una veduta di tutta Roma dall'alto di una cittadella - di nuovo un' altra, diversa serie di campane - e un tale viene fucilato da
un plotone di soldati. Prima della fucilazione mi sono alzato e sono andato via.
« Non occorre aggiungere che il tutto è messo insieme, come sempre, con abilità da maestro; al giorno d'oggi ogni scalzacane sa
orchestrare in modo eccellente».” (1)
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(1) Silvestro Severgnini, Invito all’ascolto di Giacomo Puccini, Mursia, 1984
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Incidenti in scena
San Diego, 1956
Quando si dice la tecnica….
Fine del secondo atto. In ossequio alle norme di sicurezza, anziché reggere vere - e accese - candele di cera, il candelabro posto
sulla tavola era elettrico; non solo, ma lo spegnimento delle candele era regolato con meccanismi automatizzati, come tutti i
movimenti delle altre attrezzature di scena.
Ma quella volta qualcosa andò storto: quando Tosca fece il gesto di soffiare sulla candela di destra, si spense quella di sinistra e
soffiando su quella posta dietro, spense quella posta davanti!
Non solo, ma quando Tosca cominciò “E avanti a lui tremava tutta Roma”, il bip elettronico per la calata del sipario arrivò
troppo presto e il sipario si chiuse velocemente ancor prima che la cantante avesse finito, per riaprirsi poi per la programmata
chiamata alla ribalta e richiudendosi definitivamente nel momento esatto in cui Tosca e Scarpia uscivano per riscuotere gli
applausi!
City Center, New York, 1960
Nel corso dell’allestimento di questa rappresentazione della Tosca, tra le maestranze del teatro e la soprano non era corso
buon sangue e le prove erano state burrascose.
La sera della prima tutto filò liscio fino all’ultimo momento, quando è previsto che Tosca si getti nel vuoto esclamando
“Scarpia, davanti a Dio”: per accoglierla al termine del suo volo viene messo un materasso, ma quella sera al posto del
materasso c’era un trampolino e la soprano – una giovane cantante americana piuttosto in carne – si dice vi sia rimbalzata
quindici volte prima che fosse calato il sipario….
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Brani tratti e liberamente tradotti da:
Hugh Vickers, Great Operatic Disasters, Macmillan London Limited, 1979
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Incidente in scena
San Francisco Opera, 1961
Nell’allestimento delle opere talvolta si sottovaluta la preparazione delle figure di contorno. Fu quel che successe in questo caso
per il plotone di esecuzione, addestrato in pratica nei cinque minuti precedenti l’andata in scena. Le istruzioni furono: “Bene,
ragazzi, al segnale del direttore di scena, entrate lentamente marciando, aspettate fino a quando l’ufficiale abbasserà la spada e
poi fate fuoco”. E alla domanda “E come dobbiamo uscire di scena?” il frettoloso impresario rispose “Oh, beh, uscite con i
protagonisti”.
Il pubblico vide la seguente scena. Il plotone di esecuzione entrò marciando sul palcoscenico ma si bloccò quando vide che i
personaggi erano due (un uomo e una donna) e non uno come avevano supposto. Quando, esitando, i soldati puntarono i
fucili contro l’uomo, egli prima si alzò con aria nobile e rassegnata, ma poi cominciò a lanciare occhiate da cospiratore verso la
donna ed essi puntarono le armi verso di lei, che fece però dei violenti segni di diniego - ma che altro avrebbe potuto fare, visto
che doveva essere fucilata? Ebbero il dubbio di dover sparare ad entrambi, ma se così fosse stato i due personaggi non
sarebbero stati così distanti l’uno dall’altro.
Di congettura in congettura finirono per sparare a Tosca anziché a Cavaradossi, ma rimasero sconcertati nel vedere che fu
Cavaradossi – distante circa venti metri da Tosca - a cadere a terra senza vita, mentre la persona cui avevano sparato si dirigeva
verso di lui gridando “Mario, su presto! Andiamo!... Su!...”. Era chiaro che avevano sparato alla persona sbagliata, ma che fare
ora? Seguirono le istruzioni dell’impresario “Uscite con i protagonisti” e quando Tosca, all’apparire di Spoletta e dei suoi
tirapiedi, corse al parapetto e si gettò nel vuoto, l’intero plotone di esecuzione la seguì….
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Brano tratto e liberamente tradotto da:
Hugh Vickers, Great Operatic Disasters, Macmillan London Limited, 1979
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TRAMA
1/2
Roma, giugno 1800.
Atto primo
La chiesa di Sant’Andrea della Valle. Cesare Angelotti, console della caduta repubblica romana, evaso dalla fortezza di Castel
Sant’Angelo, si rifugia nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, dove la sorella, marchesa Attavanti, gli ha lasciato degli abiti,
nascosti nella cappella di famiglia. Nella chiesa lavora Mario Cavaradossi, un pittore che sta dipingendo un’immagine di Maria
Maddalena nella quale il sagrestano nota la somiglianza con una misteriosa devota che frequenta assiduamente la chiesa (in
realtà è la marchesa Attavanti). Quando Cavaradossi resta solo, Angelotti esce dal suo nascondiglio e scorge il pittore in cui
riconosce un suo vecchio amico e seguace dei suoi stessi ideali politici. Ma una voce imperiosa annuncia l’arrivo di Tosca,
celebre cantante, amante di Mario. Angelotti si nasconde nuovamente. Tosca, gelosa, è insospettita dai sussurri che ha udito
entrando nella chiesa. Cavaradossi dunque non era solo; ma egli nega e placa la donna con la promessa di un convegno
notturno nel loro rifugio abituale. Essa sta per avviarsi quando riconosce nel dipinto l’immagine della marchesa Attavanti e se
ne mostra gelosa. Abilmente il pittore riesce ad allontanarla. Frattanto l’evasione di Angelotti è stata scoperta e vien dato
l’allarme con un colpo di cannone. Senza altri indugi Cavaradossi decide di nascondere l’amico nella sua villa fuori città. I due si
allontanano. Ritorna il sagrestano con la notizia della sconfitta di Napoleone: la chiesa si riempie per il solenne Te Deum di
ringraziamento. Entra Scarpia, il capo della polizia. La scoperta di un ventaglio della marchesa Attavanti e la sparizione di
Cavaradossi, notata dal sagrestano, persuadono Scarpia che il pittore, suo rivale nell’amore per Tosca, è in qualche modo
implicato nella fuga del rivoluzionario. A Tosca che, tornata sui suoi passi per rimandare l’appuntamento, è stupita di non
trovare più Cavaradossi, Scarpia mostra il ventaglio dell’Attavanti, riattizzando la gelosia della donna. Tosca impetuosamente si
precipita verso la villa dell’amante, dove pensa di sorprenderlo con la presunta rivale, e non si accorge di essere pedinata da un
agente di Scarpia, Spoletta. Nella chiesa viene intonato il Te Deum di ringraziamento per la (presunta) vittoria degli Austriaci su
Napoleone. Inginocchiandosi, Scarpia medita un piano diabolico: mandare Cavaradossi al patibolo e fare sua Tosca.
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TRAMA
TOSCA
2/2
Atto secondo
Scarpia, nella sua stanza a Palazzo Farnese, siede a tavola per il pranzo e rimugina cupamente il suo piano, già assaporandone il
successo. Da un’altra parte del palazzo giungono attraverso la finestra aperta i suoni di una festa, cui Tosca prende parte, per
celebrare la recente vittoria. Frattanto viene introdotto Cavaradossi tratto in arresto da Spoletta. Interrogato dal capo della
polizia, che lo accusa di nascondere l’Angelotti, egli nega. Accorre Tosca, allarmata dal contenuto di un biglietto inviatole da
Scarpia. Cavaradossi ha appena il tempo di imporle il silenzio e viene condotto in una stanza vicina e sottoposto a tortura. La
donna, incapace di sopportare le urla di dolore dell’amato, cede e rivela il nascondiglio di Angelotti. Giunge intanto la notizia
inaspettata della vittoria di Napoleone a Marengo e Cavaradossi, ricondotto nella stanza, prorompe in un inno alla libertà. Con
ciò ha firmato la sua condanna a morte e viene condotto via per essere giustiziato. Tosca chiede pietà a Scarpia: è disposta a
pagare qualunque prezzo per la vita dell’amato. Ma il colloquio viene interrotto: Spoletta entra annunciando che Angelotti si è
ucciso per sottrarsi all’arresto. Scarpia, implacabile, osserva che il pittore lo seguirà presto a meno che Tosca non acconsenta a
diventare sua amante; questo è il prezzo da lui stabilito. Straziata, la cantante accetta il ricatto. Scarpia ordina allora che la
fucilazione di Cavaradossi sia solo simulata, ma segretamente annulla questo ordine. Firmato un salvacondotto per Tosca e per
Cavaradossi, Scarpia, non riuscendo più a contenere il suo desiderio, cerca di abbracciare la donna, ma questa afferra
fulmineamente un coltello dalla tavola e lo pugnala a morte. Sottrae i due salvacondotti e si allontana.
Atto terzo
La piattaforma di Castel Sant’Angelo.
All’alba Cavaradossi è condotto fuori della sua cella. Il suo ultimo pensiero è per Tosca (E lucean le stelle). Ma la donna compare
improvvisamente per avvertirlo che la fucilazione non sarà che una finzione. E gli amanti si abbandonano al pensiero della
futura felicità. Giunge il plotone di esecuzione, e Tosca raccomanda all’amato di cadere con arte. La fucilazione ha luogo. Ma,
quando ella accorre, sotto il mantello che i soldati hanno gettato sul corpo del condannato, trova un cadavere. Si odono voci
avvicinarsi: è stata scoperta l’uccisione di Scarpia, e Spoletta con i soldati si precipita su Tosca per arrestarla; ma la donna salita
sul parapetto si getta nel vuoto, sfidando Scarpia: «Avanti a Dio».
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da: Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, Arnoldo Mondadori Editore, 1991
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