CONFERENZA EPISCOPALE LAZIALE
Commissione per la Pastorale Scolastica e
l’Insegnamento della Religione Cattolica
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CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA
« Quale antropologia per la famiglia di oggi?
Persona umana e valorizzazione della differenza sessuale »
per docenti di religione cattolica di ogni ordine e grado di scuola
delle Diocesi del LAZIO:
ALBANO, ANAGNI-ALATRI, CIVITA CASTELLANA, CIVITAVECCHIA-TARQUINIA, FRASCATI, FROSINONE-VEROLI-FERENTINO, GAETA,
LATINA-TERRACINA-SEZZE-PRIVERNO, PALESTRINA, PORTO-SANTA RUFINA,
RIETI, ROMA, SABINA-POGGIO MIRTETO, SORA-CASSINO-AQUINO-PONTECORVO, TIVOLI, VELLETRI-SEGNI, VITERBO
Roma, 1-2 dicembre 2014 – Casa «Bonus Pastor»
I materiali qui raccolti rappresentano gli Atti del corso di aggiornamento per IdR del
Lazio, svoltosi a Roma nei giorni 1 e 2 dicembre presso la Casa Bonus Pastor. Nel dettaglio:
1. presentazione del corso e programma orario del suo svolgimento;
2. una introduzione generale, a cura di don Filippo Morlacchi, con indicazioni bibliografiche e sitografiche;
3. testo della relazione della prof. Palazzani e suo schema sintetico;
4. schema, bibliografia e contenuti principali della relazione del prof. Genovese;
5. riassunto dell’intervento del prof. Cantelmi e sua presentazione PowerPoint;
6. sintesi della relazione della prof. Borruso, con bibliografia ragionata e brani antologici.
Inoltre sono a disposizione dei partecipanti numerosi altri materiali (articoli, studi, filmati, sussidi, ecc.), che possono essere consultati ed eventualmente scaricati dal link:
https://drive.google.com/?usp=chrome_app#folders/0B3czzsaQBwo5aUhwUm1TbWhnVW8.
F. M.
Quale antropologia per la famiglia di oggi? Persona umana e valorizzazione della differenza sessuale
Corso di aggiornamento per IdR del Lazio – Roma, Casa Bonus Pastor, 1-2 dicembre 2014
F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
1. Finalità globale del Corso
Il prossimo Convegno nazionale della Chiesa Cattolica italiana si svolgerà a Firenze nel
novembre 2015 sul tema dell’«umanesimo cristiano». In linea con questo importante appuntamento, che coinvolgerà non solo gli ambienti ecclesiali, ma il più ampio dibattito culturale italiano, e in consonanza con alcune questioni sollevate nel corso dei due Sinodi voluti da papa Francesco sul tema della famiglia, il corso di aggiornamento intende aiutare i
docenti di religione cattolica ad una più matura consapevolezza delle delicate questioni in
gioco.
La prima giornata affronterà la questione dell’identità sessuata dell’essere umano dal
punto di vista dell’antropologia filosofica e teologica, presentando anche la storia delle teorie antropologiche sviluppate nella seconda metà del Novecento a partire dai cosiddetti
Woman studies, ma anche gli esiti che tali teorie hanno prodotto al livello di orientamenti
legislativi in Italia ed in Europa. La riflessione teologica mostrerà il positivo contributo di
alcuni classici del pensiero cristiano in ordine ad una piena valorizzazione del “genio femminile” (Giovanni Paolo II) e della corporeità.
La seconda giornata presenterà innanzi tutto i nodi salienti dell’attuale dibattito psicologico, illustrando le diverse posizioni sostenute e vagliandone la plausibilità, a partire da
uno studio degli aspetti neuro-biologici della persona e recensendo la pubblicistica specializzata al livello internazionale. L’ultima sessione si soffermerà sugli aspetti psico-pedagogici più rilevanti per un’azione didattica illuminata e consapevole nell’attuale contesto pluralistico, evitando ogni schieramento ideologico e finalizzando gli interventi educativi al
massimo bene possibile degli alunni.
2. Obiettivi e contenuti
Le Indicazioni Nazionali per l’IRC invitano ad approfondire le competenze in questa
materia. Si auspica infatti che l’alunno sia accompagnato dall’IdR a cogliere «le implicazioni etiche della fede cristiana e le rende oggetto di riflessione in vista di scelte di vita progettuali e responsabili [… e] a confrontarsi con la complessità dell’esistenza e impara a dare
valore ai propri comportamenti, per relazionarsi in maniera armoniosa con se stesso, con
gli altri, con il mondo che lo circonda» (Traguardi per lo sviluppo delle competenze al
termine della scuola secondaria di primo grado). Crescendo, l’alunno dovrebbe giungere a
«esporre le principali motivazioni che sostengono le scelte etiche dei cattolici rispetto alle
relazioni affettive […], in un contesto di pluralismo culturale e religioso» (Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza della secondaria di I grado). Progressivamente
«conosce, in un contesto di pluralismo culturale complesso, gli orientamenti della Chiesa
sul rapporto tra coscienza, libertà e verità con particolare riferimento alla bioetica…» (Conoscenze del secondo biennio della secondaria di II grado) e «distingue la concezione cristiano-cattolica del matrimonio e della famiglia: istituzione, sacramento, indissolubilità,
fedeltà, fecondità, relazioni familiari ed educative, soggettività sociale» (Abilità del quinto
anno della secondaria di II grado). Il corso intende promuovere negli insegnanti le competenze necessarie al raggiungimento efficace dei predetti obiettivi e traguardi.
3. Metodologia
Il Corso prevede lezioni frontali seguite da un ampio dibattito con i relatori.
Le lezioni frontali sono necessarie per fornire l’inquadramento dei temi affrontati e per
offrire criteri interpretativi rigorosi: senza di esse mancherebbe il materiale primario della
discussione.
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
Nel successivo dibattito ogni partecipante è invece nel contempo “docente” e “discente”: offre agli altri il contributo della propria esperienza, e da essi apprende modalità operative nuove, spunti, stimoli o apporti critici per migliorare l’insegnamento.
Le discussioni conclusive servono infine a tirare le somme del lavoro svolto, evitando la
sensazione di incompiutezza che potrebbe insorgere, data la vastità delle tematiche, mai
sufficientemente esplorate.
4. Durata
Il corso prevede due giornate di attività ed è organizzato con modalità aperta e flessibile. La sede prescelta consente infatti a ciascuno dei partecipanti di scegliere, al termine della prima giornata, se pernottare nel luogo del corso, o se tornare alla propria abitazione. La
possibilità di pernottamento favorisce la partecipazione di coloro che risiedono nelle provincie più periferiche rispetto all’Urbe; l’opzione del rientro a casa tra una giornata e l’altra
favorisce invece i residenti a Roma e dintorni.
Il corso inizia alle ore 9.00 del 1° dicembre 2014 e termina alle ore 18.00 del 2 dicembre 2014, per un totale di ore 15 (quindici) di aggiornamento, ripartite in quattro sessioni
(vedi programma orario dettagliato – Allegato A).
5. Destinatari del Corso
Destinatati dell’iniziativa sono gli insegnanti di religione in servizio nelle scuole
dell’infanzia, primarie e secondarie statali o paritarie, ubicate nella Regione Lazio.
Il numero dei partecipanti è aperto, fino alla copertura della capienza dell’aula dei lavori, ovvero 120 (centoventi) posti. L’esperienza degli anni passati dimostra che la modalità
flessibile rende più facile la partecipazione di un elevato numero di insegnanti; unico vincolo – per tutti – è l’obbligo di partecipare integralmente alle due giornate di corso. I partecipanti, grazie alla sollecitudine degli Uffici Diocesani per l’IRC, saranno poi aiutati a riferire ai colleghi delle rispettive Diocesi di appartenenza una sintesi dei contenuti presentati nel Corso.
6. Valutazione
Una valutazione consuntiva delle attività formative sarà effettuata nel dibattito finale,
coordinato dal Direttore del corso. L’esperienza insegna che la somministrazione di schede
valutative individuali, compilate in maniera affrettata da parte dei partecipanti al termine
del corso, soddisfa l’esigenza di una verifica formale, ma non raggiunge l’obiettivo di una
valutazione efficace e realistica, né degli insegnamenti offerti, né degli apprendimenti acquisiti. Si auspica la pubblicazione degli Atti del Corso, in formato digitale.
7. Direzione
Direttore del Corso è don Filippo Morlacchi, responsabile dell’Ufficio per la pastorale
scolastica e l’IRC della Diocesi di Roma e Incaricato regionale della Commissione per la
Pastorale scolastica e l’IRC della Conferenza Episcopale del Lazio (CEL).
Don Filippo Morlacchi
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
ALLEGATO A
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA
« Quale antropologia per la famiglia di oggi?
Persona umana e valorizzazione della differenza sessuale »
per docenti di religione cattolica di ogni ordine e grado di scuola delle Diocesi del LAZIO
Roma, 1-2 dicembre 2014 – Casa «Bonus Pastor»
PROGRAMMA
Lunedì 1 dicembre 2014
Prospettiva filosofico-teologica
09.00 Introduzione ai lavori, a cura di don Filippo MORLACCHI
09.30 Relazione – Prof.ssa Laura PALAZZANI (Università LUMSA)
Presupposti filosofici ed evoluzione storica della gender theory
10.45 Pausa
11.00 Relazione – Prof.ssa Laura PALAZZANI (Università LUMSA)
Orientamenti normativi italiani ed europei a partire dalla gender theory
Dibattito con il relatore
13.00 Pranzo
15.00
16.00
16.30
19.00
Relazione – Prof. Ignazio GENOVESE (Pontificia Università Gregoriana – LC Virgilio)
L’antropologia teologica e la questione della distinzione sessuale
Pausa
Relazione – Prof. Ignazio GENOVESE (Pontificia Università Gregoriana – LC Virgilio)
Uomo e donna in teologia: elementi per una rilettura paradigmatica
Dibattito con il relatore
Conclusione
Martedì 2 dicembre 2014
Prospettiva psicologico-pedagogica
09.00 Introduzione ai lavori, a cura di don Filippo MORLACCHI
09.30 Relazione – prof. Tonino CANTELMI (Università LUMSA)
Presupposti neurobiologici della differenza di genere
10.45 Pausa
11.00 Relazione – prof. Tonino CANTELMI (Università LUMSA)
Identità sessuale e identità di genere nella corrente letteratura psicologica scientifica
Dibattito con il relatore
13.00 Pranzo
15.00
16.30
17.00
18.00
Relazione – Prof.ssa Francesca BORRUSO (Università Roma Tre)
Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche – Dibattito con la relatrice
Pausa
Dibattito guidato da don Filippo MORLACCHI
Come valorizzare nell’azione didattica i contenuti delle relazioni – Valutazione del corso
Conclusione
Totale ore di aggiornamento: 15
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CONFERENZA EPISCOPALE LAZIALE
Commissione per la Pastorale Scolastica e
l’Insegnamento della Religione Cattolica
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CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA
« Quale antropologia per la famiglia di oggi?
Persona umana e valorizzazione della differenza sessuale »
Per un inquadramento generale del tema, presento tre articoli di giornale: un mio editoriale sulla necessaria distinzione tra iniziative educative lodevoli volte a favorire l’integrazione delle differenze e progetti
ideologici fortemente connotati; l’intervento di un noto psicologo a favore dell’adozione da parte di coppie
dello stesso sesso; l’editoriale di un giurista cattolico che invita i cattolici alla fermezza nelle proprie posizioni, ma con l’apertura al dialogo ed evitando mosse che possono diventare controproducenti. Il confronto
fra prospettive diverse invita alla riflessione critica e ponderata.
Segue una bibliografia e sitografia con brevi note di commento. Testi e siti internet sono di orientamento molto diversificato, per conoscere l’ampiezza del dibattito e prender posizione in maniera consapevole.
Ritengo che per conoscere un argomento non ci sia nulla di meglio che la lettura diretta delle fonti, rispetto
alle quali ciascuno potrà elaborare, con criteri di discernimento evangelico, una propria opinione.
F. M.
* * *
Rivoluzione culturale, ma le famiglie non ne sentono il bisogno
di Filippo Morlacchi
«La famiglia oggi è disprezzata, è maltrattata, e ci è
chiesto di riconoscere quanto è bello, vero e buono formare una famiglia; quanto è indispensabile questo per la
vita del mondo, per il futuro dell’umanità». Così si è
espresso giovedì papa Francesco dinanzi ai cardinali
riuniti per il Concistoro straordinario sulla famiglia.
Parole semplici per invitare la Chiesa ad una pastorale
attenta alle «condizioni attuali», e tuttavia capace di
«mettere in evidenza il luminoso piano di Dio sulla famiglia». Un messaggio aperto alla speranza, che mette a
fuoco il nucleo essenziale della famiglia come luogo
degli affetti più veri e originari. Per quell’«ospedale da
campo» che è la Chiesa bisogna concentrarsi sull’essenziale.
Anche la scuola sembra uno sconfinato, desolato
ospedale da campo, nel quale non si sa bene dove mettere le mani, tante sono le urgenze. Proprio per questo lascia perplessi il fermento che agita da qualche tempo il
mondo della scuola in relazione alle cosiddette «tematiche gender». Fino a qualche anno fa, i pedagogisti e gli
insegnanti più avvertiti si battevano soprattutto per una
scuola inclusiva, accogliente, attenta all’integrazione
degli stranieri e al sostegno degli svantaggiati, oltre che
- ovviamente - capace di attrezzare culturalmente gli
alunni. Obiettivi nobili e meritori, e purtroppo ben lontani dall’essere raggiunti, ma ora passati in secondo piano.
La priorità emergente, il pensiero dominante sembra, già nella prima infanzia, la proposta dell’ideologia
gender, ossia la dottrina secondo cui il dato biologico
originario del dimorfismo sessuale è marginale rispetto
alla costruzione dell’identità di genere. «Gli anni delle
elementari – si legge in una pubblicazione del progetto
“Educare alla diversità a scuola” recentemente introdotto nelle scuole italiane (poi sconfessato dal Ministero
delle Pari Opportunità) – offrono una meravigliosa e
importante opportunità di instillare e/o nutrire atteggiamenti positivi e rispettosi delle differenze individuali,
familiari e culturali, comprese quelle relative all’orientamento sessuale, all’identità e all’espressione di genere».
Mettendo tutto in un unico calderone: la doverosa accoglienza delle differenze individuali e l’impegno di
«instillare atteggiamenti positivi» verso differenze di
orientamento sessuale, identità sessuale o ruolo di genere. Si vuol così avviare una vera rivoluzione culturale,
di cui la maggioranza delle famiglie italiane, impegnata
ad affrontare tanti problemi educativi con i loro figli,
non sembra proprio sentire il bisogno. Tutto questo, si
noti, già con bambini molto piccoli. Sì, perché esistono
progetti di questo tipo per ogni grado di scuola. Sono
previsti infatti corsi di formazione per le insegnanti del
nido e dell’infanzia, e progetti didattici da sviluppare
con gli alunni delle scuole superiori, passando ovviamente anche per la delicatissima fase della scuola media.
Il tutto confezionato nella cornice politicamente corretta e rassicurante della «promozione delle differenze»
Quale antropologia per la famiglia di oggi? Persona umana e valorizzazione della differenza sessuale
Corso di aggiornamento per IdR del Lazio – Roma, Casa Bonus Pastor, 1-2 dicembre 2014
F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
e dell’affrancamento dagli stereotipi. «Educare alla diversità», si dice. Peccato però che almeno una di queste
diversità, cioè quella assolutamente originaria, quella
che ogni bambino coglie al volo, quella tra maschietti e
femminucce, quella tra mamma e papà, in breve la differenza sessuale, venga invece trascurata, fluidificata e
perfino contestata come obsoleto «stereotipo culturale».
La scuola italiana è quasi tutta al femminile (96% di insegnanti donne nell’educazione primaria). In una società
già contrassegnata dall’evaporazione della figura paterna, bambini e bambine in età scolare hanno bisogno di
essere accompagnati amorevolmente ad una serena educazione affettiva, che li aiuti a confrontarsi con l’altra
metà del mondo in maniera consapevole ed equilibrata.
Da questo equilibrio affettivo nascerà anche il rispetto degli altri capace di contrastare il bullismo ed il ricorso alla violenza, nei confronti di chiunque. È triste invece constatare che la prospettiva del gender, nata qualche
decennio fa per valorizzare il “genio femminile”, trascuri ora la tutela delle donne e l’effettiva parità dei sessi, e
si rivolga piuttosto alla prevenzione dell’omofobia o alla promozione di condotte sessuali alternative. Anche in
altri Paesi europei (ad es. la Francia) la potente minoranza favorevole al “gender” ha dettato l’agenda degli
impegni scolastici; ma le associazioni di genitori hanno
alzato la loro voce e prodotto agili pubblicazioni per avvertire le famiglie del fenomeno. Forse è tempo che anche in Italia non solo i cattolici, ma tutti gli uomini convinti della bontà della famiglia naturale si esprimano
pubblicamente. Difendendo – stavolta sì – qualche «distinzione» o «differenza»: rispetto assoluto per ogni
persona, indipendentemente dalle sue idee, inclinazioni
o azioni, sì; ma senza legittimare ideologie contrastanti
con la verità del Vangelo.
Avvenire - RomaSette, 24 febbraio 2014
* * *
Si cresce bene anche con genitori gay
di Vittorio Lingiardi
Chi guarda senza pregiudizi, magari con meraviglia o
persino con fiducia due persone dello stesso sesso che
decidono di avere un bambino non sta delirando: sa che
per fare un bambino ci vogliono l’ovocita e lo spermatozoo, la femmina e il maschio. Sa anche che ovocita e
spermatozoo possono incontrarsi in modi altri che non
sono il rapporto sessuale. Che si può diventare genitori
di figli nati da precedenti relazioni del partner. Che esistono genitori adottivi, i quali a lungo concepiscono nei
loro affetti e pensieri un figlio concepito biologicamente, ma poi rifiutato, da altri genitori. E sa che i figli di
genitori omosessuali, nati da forme alternative di concepimento, sono invece a lungo desiderati e perseguiti,
come è anche per le coppie eterosessuali che si rivolgono alla fecondazione assistita. Insomma ci sono modi
diversi di diventare genitori. Se la sessualità non sempre
coincide con la procreazione, non sempre il concepimento coincide con la genitorialità.
Qual è il «vero genitore»? Quello che mette a disposizione la propria biologia o quello che cresce il figlio
fornendogli cure e sicurezza? A volte infatti le due opzioni non coincidono, vuoi perché molti genitori biologici non sono capaci di fornire cure e sicurezza, vuoi
perché genitori non biologici (o coppie di genitori di cui
uno solo è biologico) lo sono.
Il 20 marzo 2013 l’American Academy of Pediatrics
(AAP) ha pubblicato un importante documento in cui,
oltre a ribadire le conclusioni di una ricerca pubblicata
nel 2006 («adulti coscienziosi e capaci di fornire cure,
siano essi uomini o donne, etero o omosessuali, possono
essere ottimi genitori»), afferma che, «nonostante le disparità di trattamento economico e legale e la stigmatizzazione sociale», trent’anni di ricerche documentano
che l’essere cresciuti da genitori lesbiche e gay non
danneggia la salute psicologica dei figli e che «il benessere dei bambini è influenzato dalla qualità delle relazioni con i genitori, dal senso di sicurezza e competenza
di questi e dalla presenza di un sostegno sociale ed economico alle famiglie».
Motivo di più, conclude l’AAP, per sostenere definitivamente la legalizzazione del matrimonio tra persone
dello stesso sesso. Love makes a family è il titolo di una
pubblicazione dell’American Psychological Association. La copertina mostra una coppia di donne con le
loro figlie. A chi obietta «ma i bambini hanno bisogno
di una madre e di un padre!» ricordo l’importanza di
considerare i risultati raggiunti da una mole vastissima
di ricerche e le posizioni assunte dalle maggiori associazioni internazionali dei professionisti della salute mentale.
È infatti importante che le donne e gli uomini di scienza
si esprimano sulla base di ipotesi condivise e possibilmente verificate empiricamente. Il tema della genitorialità omosessuale è di solito affidato a ideologie o visceralità di politici il più delle volte impreparati. Questo
giornale ha il merito di avere finalmente chiesto agli
psicoanalisti italiani, sospettosamente silenziosi
sull’argomento, di esprimersi. Alcuni, come Antonino
Ferro, lo hanno fatto con parole di psicoanalitica umanità («i figli li faccia chi ha voglia di accudirli con amore»), altri, come Silvia Vegetti Finzi, hanno usato, a mio
avviso in modo idiosincratico, le parole della tradizione.
Davvero, mi chiede una studentessa, molti psicoanalisti
contemporanei sono schierati contro la genitorialità
omosessuale? No, è vero il contrario. Ecco cosa risponde l’American Psychoanalytic Association a chi sostiene
che avere genitori omosessuali è «contro l’interesse del
bambino»: «È nell’interesse del bambino sviluppare un
attaccamento verso genitori coinvolti, competenti, capaci di cure e di responsabilità educative. La valutazione
di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata
senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale». I
soliti americani pragmatici e semplicistici? In Francia,
cinquecento psicoanalisti hanno da poco firmato una
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
petizione a favore del «matrimonio per tutti» e della
possibilità di adozione per le persone omosessuali.
Posizioni analoghe sono sostenute dalle maggiori associazioni dei professionisti della salute mentale:
dall’American Psychiatric Association alla British Psychological Society, dall’Academy of Pediatrics all’Associazione Italiana di Psicologia. Quest’ultima ricorda
che «la ricerca psicologica ha messo in evidenza che ciò
che è importante per il benessere dei bambini è la qualità dell’ambiente familiare», indipendentemente dal fatto
che i genitori siano «conviventi, separati, risposati, single, dello stesso sesso».
Parole chiare, soprattutto se pensiamo a come viene
esaltata aprioristicamente la genitorialità eterosessuale,
dimenticando che può essere teatro di orrori (si pensi
all’elevatissimo numero di abusi fisici e sessuali consumati nelle famiglie). Per essere buoni genitori non basta essere eterosessuali, così come essere omosessuali
non significa essere cattivi genitori. Togliamo gli aggettivi «etero» e «omo» e parliamo di genitorialità. Che in
entrambi i casi può essere buona o cattiva.
Corriere della Sera, 4 aprile 2014
* * *
Dibattito, non denunce, ma aperto e plurale
di Francesco D’Agostino
La denuncia penale contro i professori del Liceo romano “Giulio Cesare”, colpevoli – secondo i denuncianti – di aver suggerito agli studenti del quinto ginnasio (quindi a ragazzi della presumibile età media di
quindici anni) la lettura del libro di Melania Mazzucco
Sei come sei continua a essere oggetto di accanite discussioni. Personalmente, dubito che questa iniziativa
sia stata davvero opportuna sul piano mediatico e davvero fondata, sul piano giuridico-penale. Non c’è alcun
dubbio che in questo libro Mazzucco descriva un rapporto omosessuale maschile in modo brutalmente
esplicito e molto sgradevole; ma non c’è nemmeno alcun dubbio che non sia possibile qualificare rozzamente questo libro come «osceno» (e questo è il presupposto su cui si fonda la denuncia). Constato che sotto
questo profilo, l’iniziativa ha consentito a molti di controdenunciare mediaticamente i denuncianti come bigotti fuori dal mondo, privi di sensibilità letteraria e
culturale e, ovviamente, per usare un unico termine
riassuntivo di ogni altro, come «fondamentalisti omofobi». Il risultato è che si è andata smarrendo – tranne
che su queste pagine – la percezione del vero problema, quello che dovrebbe stare a cuore a tutti, e che non
è quello di interdire in un ginnasio la lettura di un qualsiasi libro che contenga pagine “forti”. La vera posta in
gioco, infatti, concerne la formazione degli adolescenti
nella scuola di tutti, in un tempo, come il nostro, caratterizzato da tensioni etico-pedagogiche formidabili.
Riassumo la questione in pochi punti essenziali.
Primo punto. In un sistema democratico, la scuola ha
un legittimo monopolio sulle materie “scolastiche”, ma
non sulle questioni etiche. Questo significa che non
può avere alcun senso contrattare con le famiglie i contenuti dell’insegnamento della matematica o della letteratura, ma ha invece un senso profondo coinvolgerle
quando nella scuola entrino tematiche formative e esistenziali, tra le quali principalmente quelle che coinvolgono la sessualità e più in generale la vita.
Secondo punto. In ordine alla sessualità degli adolescenti, e più in generale ai temi della vita, non c’è alcun dubbio che esistano divergenze profonde e insuperabili tra prospettive religiose e laiche, metafisiche e
materialistiche, “libertarie” e “repressive”. Si possono
trovare mediazioni pratiche, ma non teoriche tra visioni
che banalizzano l’aborto, relativizzano la fedeltà coniugale (e la primaria finalità procreativa della sessualità) e accettano l’eutanasia e quelle invece che condannano l’uccisione della vita prenatale, esaltano
l’impegno di coppia, chiedono rispetto per la vita fino
alla sua fine naturale e vedono nella generatività
dell’uomo un segno della sua immortalità spirituale
(come già spiegava Diotima a Socrate).
Terzo punto: consegue da quanto detto che la scuola,
ogni qual volta si trovi ad affrontare queste tematiche,
ha il dovere di non assumere posizioni di parte, ma di
attivare nei ragazzi la consapevolezza della complessità
dei problemi, offrendo loro letture alternative e chiamando a parlare nelle scuole studiosi di diverso orientamento. È legittimo ad esempio che nelle scuole si
parli di omosessualità, ma a condizione di dare contestualmente voce sia a coloro che ritengono che l’omosessualità sia una mera variante del desiderio sessuale,
sia invece a coloro che la ritengono un “disordine oggettivo” (secondo la felice formula della dottrina della
Chiesa). A scuola si può anche (perché non si dovrebbe?) discutere sull’omofobia e, se si vuole, sul disegno
di legge attualmente all’attenzione del Parlamento, ma
bisogna lasciare pieno spazio sia a coloro che auspicano che venga approvato il più rapidamente possibile,
sia a coloro che ritengono che questo disegno di legge
potrebbe (magari contro le intenzioni dei proponenti)
limitare un valore politico e democratico fondamentale
quale il libero dibattito delle idee, e in particolare la
libera valutazione antropologica, religiosa, sociologica,
psicologica dell’omosessualità.
Quarto punto (conclusivo): è indispensabile che nelle
scuole l’offerta formativa sia seria ed equilibrata ed è
doveroso (da parte delle autorità scolastiche, ma in generale da parte di tutti) controllare che questo equilibrio venga realizzato e garantito con la massima onestà
intellettuale. È un obiettivo faticoso da realizzare, ma
imprescindibile, per evitare che iniziative di denuncia
penale, come quella contro i docenti del liceo romano,
possano inutilmente moltiplicarsi, contribuendo a trasformare legittime e fruttuose contese etiche in sterili
tensioni ideologiche.
Avvenire, 9 maggio 2014
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
Bibliografia parziale, ma ragionata,
su gender, educazione sessuale a scuola e dintorni
a cura di Filippo Morlacchi
“Classici” del femminismo e del pensiero gender
DE BEAUVOIR Simone, Le Deuxième Sexe (1949), tr. it. Il secondo sesso, Il Saggiatore, Milano 1961
(con prefazione di J. Kristeva, 2008). «Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico,
psichico, economico… è l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio
tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna». Testo tra i più famosi della compagna di vita di
Jean Paul Sartre, che ha aperto gli sviluppi successivi del pensiero femminista e dei gender studies.
GIANINI BELOTTI Elena (1973), Dalla parte delle bambine, Feltrinelli, Milano 201429. Testo che ha
dato origine allo studio critico della pedagogia tradizionale in Italia, costruita sul presunto “primato
del maschile” (il maschio più voluto della femmina, la separazione dei giochi infantili, il mondo
della scuola e dell’educazione pensata come “femminile”…). «Educate a non istruirsi» è la sintesi
amara del modello educativo italiano di quegli anni.
IRIGARAY Luce, Speculum: de l’autre femme (1974), tr. it. Speculum. L’altra donna, Feltrinelli
20104. Classico del pensiero femminista, che intende rileggere la tradizione occidentale da un punto
di vista femminile e contestare il pensiero psicoanalitico freudiano e lacaniano, con l’accusa di aver
considerato l’alterità come puramente “speculare” e la donna come “il mancante” dell’uomo.
IRIGARAY Luce (1984), Éthique de la différence sexuelle, tr. it. Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano 1985. «Ogni epoca, secondo Martin Heidegger, ha una cosa da pensare. Una soltanto. La differenza sessuale è quella del nostro tempo». Forse il ‘manifesto’ del pensiero dell’autrice.
DIOTIMA (1987), Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano. La Comunità “Diotima” (dal personaggio femminile del Simposio platonico) nasce presso l’università di Verona nel
1983 intorno al pensiero di Irigaray e al femminismo della differenza, con la collaborazione di Luisa Muraro, Adriana Caravero, Chiara Zamboni e altre. www.diotimafilosofe.it
BUTLER Judith (1990), Gender trouble. Feminism and the subversion of identity, tr. it. Questione di
genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, Laterza, Bari 2013 (precedentemente: Scambi
di genere. Identità, sesso e desiderio, Sansoni, Milano 2004). Testo divenuto presto classico, nel
quale l’autrice, che rappresenta una delle punte estreme del decostruzionismo femminista, considera
l’identità personale di genere una dimensione performativa, cioè legata alla performance deliberata
e temporanea di ciascun individuo, in maniera del tutto svincolata dal dato biologico.
FAUSTO-STERLING Anne (1993), The five sexes, in Science (marzo/aprile) pp. 20-25. Vengono depatologizzati i casi di ambivalenza sessuale e si afferma pertanto che i sessi non sono solo due, ma
almeno cinque: maschio, femmina, ermafrodito (herms), maschio con caratteri anche femminili
(merms), femmina con caratteri anche maschili (ferms).
BUTLER Judith (2004), Undoing Gender, tr. it. Fare e disfare il genere, Mimesis, Sesto San Giovanni (MI) 2014. La differenza sessuale «non è un dato, né una premessa, né un fondamento su cui
costruire una teoria femminista». In questa raccolta di saggi composti in tempi diversi, la prospettiva decostruzionista diventa proposta di uno stato di permanente riformulazione di sé (gender-queer
theory).
LIPPERINI Loredana (2010), Ancora dalla parte delle bambine, Feltrinelli, Milano. Bilancio di cosa
è cambiato a distanza di quasi quarant’anni rispetto a quanto descritto in E. Gianini Belotti (1973),
cui il titolo chiaramente allude. Sembra però che non molte cose siano cambiate.
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
Introduzioni, analisi storico-sociologiche e riflessioni filosofiche
ZANATTA Anna Laura (1997), Le nuove famiglie. Felicità e rischi delle nuove scelte di vita, il Mulino (Farsi un’idea 4), Bologna 20083. Descrizione sociologica dei nuovi modelli di famiglia (famiglie
di fatto, monogenitoriali, ricomposte, unipersonali, miste…), nella consapevolezza che «la famiglia tende sempre di più a trasformarsi da esperienza totale e permanente in esperienza parziale e transitoria».
RUMIATI Raffaella (2010), Donne e uomini. Si nasce o si diventa?, il Mulino (Farsi un’idea 181),
Bologna. Seguendo l’approccio tipico delle neuroscienze, l’autrice descrive con linguaggio comprensibile a tutti gli aspetti biologici (genetici e ormonali) della differenza sessuale e gli aspetti acquisiti (psicologici e culturali) della differenza di genere, evitando gli eccessi del neurodeterminismo naturalistico e del costruzionismo culturale.
PALAZZANI Laura (2008), Identità di genere? Dalla differenza alla indifferenza sessuale nel diritto,
San Paolo, Cinisello Balsamo (MI). Ricostruzione semplice e chiara del percorso che ha condotto
dal femminismo alla gender theory, e alla conseguenze sul piano del diritto internazionale della diffusione di tale pensiero.
PALAZZANI Laura (2011), Sex/gender: gli equivoci dell’uguaglianza, Giappichelli, Torino. Probabilmente la ricostruzione più completa in lingua italiana del passaggio dal sex al gender al queer,
con ricca valutazione antropologica e un excursus giuridico sul gender in Europa e in Italia. Ampia
bibliografia internazionale. Testo di studio.
ZANARDO Susy (2014), Gender e differenza sessuale, in Aggiornamenti sociali 5/2014, 379-391.
(disponibile anche online, con bibliografia). Articolo completo, che fa il punto della situazione e offre una buona informazione bibliografica.
Teorie dello sviluppo politico-complottista del gender mainstreaming
O’LEARY Dale (1997), The Gender Agenda. Ridefining Equality, tr. it Maschi o femmine? La guerra di genere, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006. La più informata descrizione sugli sviluppi che
hanno condotto a metà degli anni ’90 ad inserire il gender mainstreaming nell’agenda dell’ONU.
Testo fortemente critico verso il femminismo radicale, la cui matrice è indicata nel pensiero marxista e strutturalista.
ROCCELLA Eugenia – SCARAFFIA Lucetta (2005), Contro il cristianesimo. L’ONU e l’Unione Europea come nuova ideologia, Piemme, Casale Monferrato. Ricostruzione dei retroscena che oppongono alcune organizzazioni internazionali, promotrici di massicce campagne di sterilizzazione e controllo della natalità in nome dei diritti delle donne, alla Chiesa cattolica, che difende invece la dignità umana. Qualche eccesso di complottismo, ma le affermazioni sono ben documentate.
KUBY Gabriele (2007), Die Gender Revolution – Relativismus in Aktion, tr. it. Gender revolution. Il
relativismo in azione, Cantagalli, Siena 2008. Denuncia violenta del gender, in prospettiva fortemente conservatrice, che analizza soprattutto il contesto europeo e tedesco (all’avanguardia nella
diffusione del pensiero di genere) e invita ad una coraggiosa reazione cattolica.
PEETERS Marguerite A. (2012), Le gender: une norme politique et culturelle mondiale. Outil de discernement, tr. it. Il gender. Una questione politica e culturale, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI)
2014. Analisi lucida e severa delle modalità con cui le teorie di genere cercano di imporsi per via
politica, individuando anche indicazioni pratiche per una possibile alternativa.
PERRUCCHETTI Enrica – MARLETTA Gianluca (2014), Unisex. La creazione dell’uomo “senza identità”, Arianna, Bologna. Più che un libro sul gender, una ricerca su “poteri forti” e lobby multinazionali che cercano di imporre con politiche subdole un nuovo ordine mondiale, anche mediante la
rivoluzione antropologica del gender. Testo da leggere cum grano salis, ma documentato con abbondanti citazioni da siti internet.
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
Prospettive psicologiche e proposte pedagogiche
JOHNSON Susanne – O’CONNOR Elisabeth (2001), For Lesbian Parents. Your Guide to Helping
Your Family Grow Up Happy, Healty and Proud, tr. it. Famiglie arcobaleno. Consigli e testimonianze di mamme lesbiche e single per crescere figli felici e orgogliosi di sé, Terra Nuova Edizioni,
Firenze 2014. «Qual è la differenza tra mommy [la madre biologica] e mama [la sua compagna]?».
A partire da questa domanda di una bambina di quattro anni, figlia di donne omosessuali, il volume
propone una difesa della legittimità delle famiglie omogenitoriali.
GAMBERI Cristina – MAIO Maria Agnese – SELMI Giulia (2010) (edd.), Educare al genere. Riflessioni e strumenti per articolare la complessità, Carocci, Roma 20133. Proposta pedagogica finalizzata a «demistificare la rigida dicotomia con cui si è soliti pensare alla dimensione del genere»,
«sfidare l’ordine di genere dominante», «svelare i modelli normativi e offrire strumenti di sovversione». Il paradigma culturale proposto dalle autrici, dopo il femminismo dell’uguaglianza e il
femminismo della differenza, è quello della complessità: l’identità personale e di genere è una realtà
fluida e performabile, di cui anzi va sollecitato il cambiamento permanente. «In questo processo, il
mondo della scuola e della formazione giocano un ruolo cruciale e sono chiamati a introdurre una
prospettiva di genere all’interno delle proprie pratiche educative: un fare educazione che sia in grado di disfare i modelli dominanti di genere offrendo a studenti e studentesse gli strumenti teorici e
relazionali necessari a diventare gli uomini e le donne che desiderano».
ANATRELLA Tony (2012), La teoria del «gender» e l’origine dell’omosessualità. Una sfida culturale, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI). L’autore, sacerdote e consultore di congregazioni vaticane,
descrive la gender theory dal punto di vista psicoanalitico freudiano e individua una connessione
causale tra questa teoria e l’ideologia omosessualista, affrontando anche il tema delle politiche internazionali sulla cosiddetta “salute riproduttiva”.
CANTELMI Tonino – SCICCHITANO Marco (2013), Educare al femminile e al maschile, Paoline, Milano 20142. Partendo dai risultati di studi di neurobiologia, il volume esplora gli aspetti organici e
sensoriali della differenza sessuale. Affermando risolutamente l’opportunità del riferimento genitoriale maschile e femminile per la prole, invita a considerare le regioni dell’educazione omogenea
(classi solo maschili e solo femminili), in consonanza con alcune recenti proposte pedagogiche.
TORTI Rita (2013), Mamma perché Dio è maschio? Educazione e differenza di genere, Effatà, Cantalupa (TO). Volume nato da un convegno per IdR dal titolo «Ma tu la pipì come la fai? Femmine &
maschi: i bambini ne parlano, noi ne parliamo ai bambini», organizzato dalla Diocesi di Parma nel
novembre 2012. Analizza il ruolo dell’IRC rispetto ad una prospettiva pedagogica di genere, con
una disamina critica di numerosi libri di testo IRC e la valutazione di disegni di bambini sulla propria famiglia. Più che un testo sul tema del “genere”, un testo con una prospettiva di “genere” sul
tema dell’educazione cattolica. Una sottile vena polemica non toglie l’utilità della lettura, ricca di
suggerimenti bibliografici e spunti di riflessione non convenzionali.
LINGIARDI Vittorio – GAZZILLO Francesco (2014), La personalità e i suoi disturbi. Valutazione clinica e diagnosi al servizio del trattamento, Cortina, Milano (spec. cap. 8: V. LINGIARDI – N. NARDELLI, Sesso, genere e orientamento sessuale, pp. 181-212). Manuale per studenti di psicologia, che
dichiara pienamente compiuto presso la comunità scientifica internazionale il processo di depatologizzazione dell’omosessualità: «la ricerca sull’omosessualità ha oggi ceduto il passo alla ricerca sul
pregiudizio antiomosessuale (omofobia, stigma sessuale) e alle sue conseguenze sulle persone noneterosessuali (minority stress, omofobia interiorizzata)». Dichiara le cosiddette “teorie riparative”
dell’omosessualità «fondate su premesse ideologico-religiose e non clinico-scientifiche», e per questo bandite dai protocolli delle associazioni di psicologia e psichiatria. Testo scientifico, con approccio storico-descrittivo, aggiornato (DSM-5), aperto al confronto critico con il pensiero psicoanalitico, non privo di alcune valutazioni ponderate: fornisce il punto di vista oggi forse più diffuso
tra gli psicoterapeuti. Gli autori insegnano presso «Sapienza - Università di Roma».
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
BIEMMI Irene – BARONCELLI Silvia (2014), Federica e Federico, Giunti Kids, Firenze.
PARDI Francesca (2012), Piccolo uovo, illustrazioni di Altan, Lo Stampatello, s.l.
PARDI Francesca (2012), Perché hai due mamme?, illustrazioni di A. Sammartino e G. Torelli, Lo
Stampatello, s.l.
Sono solo alcuni esempi delle numerose pubblicazioni per bambini finalizzate a proporre una educazione in cui ciascun/a fanciullo/a possa scegliere la propria identità di genere, cercando inoltre di
sviluppare atteggiamenti di apprezzamento positivo nei confronti dei figli di coppie omosessuali. Si
tratta di collane che producono diversi titoli l’anno. La loro diffusione nelle scuole dell’infanzia ha
creato non poche controversie sul ruolo dei genitori circa le scelte educative nei confronti dei figli.
FORMENTI Laura (2014) (ed.), Sguardi di famiglia. Tra ricerca pedagogica e pratiche educative,
Guerini, Milano. Come dare senso al moltiplicarsi di forme e modi del far famiglia, alle nuove frontiere della genitorialità, alle disperate richieste di aiuto, allo spaesamento degli educatori? Lo sguardo del ricercatore determina la natura delle sue osservazioni, plasmando finalità, metodi e contesti
fino a costruire un «oggetto famiglia» molto peculiare e specifico. Esistono così tanti e diversi
sguardi: rappresentare tali differenze e farle dialogare è un primo passo per cambiare il modo di
pensare le famiglie e rapportarsi a esse.
Riflessioni magisteriali e biblico-teologiche
GIOVANNI PAOLO II (2001), Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano, Città Nuova LEV, Roma. Sono le catechesi svolte dal 5 settembre 1979 al 28 novembre 1984, che sviluppano i
temi già affrontati nei volumi di K.WOJTYLA, Amore e responsabilità (1960) e Persona e atto
(1969). Le catechesi sono disponibili anche su www.vatican.va.
GIOVANNI PAOLO II (1995), Lettera alle Donne, 29 giugno 1995. Riprende ed amplia le riflessioni
sul “genio femminile” già formulate in Mulieris Dignitatem (1988), e chiede alla IV Conferenza
dell’ONU (Pechino 1995) di promuovere integralmente la dignità della donna.
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE (2004), La collaborazione dell’uomo e della donna
nella chiesa e nel mondo, 31 maggio 2004. Lettera a firma del card. J. Ratzinger, in quattro punti: I.
Il problema (tra questione femminile e prospettiva di genere); II. I dati fondamentali dell’antropologia biblica (spiegazione apologetica dell’antropologia biblica); III. L’attualità dei valori
femminili nella vita della società (promuovere le donne senza lotta dei sessi); IV. L’attualità dei valori femminili nella vita della Chiesa (la donna nella chiesa non è svilita dal fatto che l’ordinazione
sacerdotale sia riservata a uomini).
BENEDETTO XVI (2012), Discorso alla curia romana, 21 dicembre 2012. Nel consueto discorso in
occasione degli auguri natalizi il pontefice ha ribadito l’importanza della famiglia, minacciata dalla
rivoluzione antropologica della gender theory. Il discorso ha suscitato vasta eco mediatica e indotto
molti cattolici ad informarsi sul tema.
CONFERENZA EPISCOPALE DEL TRIVENETO (2014), «Il compito educativo è una missione chiave!»,
nota della CET su alcune questioni urgenti di carattere antropologico ed educativo, 2 febbraio 2014
BAGNASCO, Card. Angelo (2014), Prolusione al Consiglio Permanente della CEI, 24 marzo 2014. Il
presule, nella sezione conclusiva dell’intervento, ha accennato alla diffusione dei fascicoli Educare
alla diversità a scuola, parlando di «dittatura ideologica del genere» e di scuole come «campi di
rieducazione». L’intervento, aspramente criticato da molti media, è stato ripreso alla lettera da papa
Francesco alcuni giorni dopo (cfr FRANCESCO 2014a)
FRANCESCO (2014a), Discorso alla delegazione dell’Ufficio Internazionale Cattolico dell’Infanzia
(BICE), 11 aprile 2014. Breve ma incisivo intervento, in cui il papa ha espresso il risoluto rifiuto di
«ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini», parlando delle scuole come potenziali
«campi di rieducazione».
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
FRANCESCO (2014b), Discorso ai partecipanti al colloquio internazionale sulla complementarietà
tra uomo e donna, 17 novembre 2014. Il papa ribadisce a chiare lettere l’importanza che i bambini
abbiano un papà una mamma (cfr anche l’enciclica Lumen Fidei, n. 52).
FRANCESCO (2014c), Udienza ai Partecipanti al Colloquio internazionale sulla complementarietà
tra uomo e donna, 17 novembre 2014. «I bambini hanno il diritto di crescere in una famiglia, con
un papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al loro sviluppo e alla loro maturazione
affettiva… Non dobbiamo cadere nella trappola di essere qualificati con concetti ideologici. La famiglia è un fatto antropologico».
***
LACROIX Xavier (2005), La confusion des genres. Réponses à certaines demandes homosexuelles
sur le mariage et l’adoption, tr. it. In principio la differenza. Omosessualità, matrimonio, adozione,
Vita e Pensiero, Milano 2006. Una riflessione pacata per valorizzare la differenza sessuale e la dignità della carne umana sessuata, in prospettiva filosofica e biblico-teologica.
PERRONI Marinella (2007) (ed.), Non contristare lo Spirito. Prospettive di genere e teologia: qualcosa è cambiato?, Gabrielli, San Pietro in Cariano (VR). Raccolta di saggi di autrici e autori differenti, con prospettive diversificate. Una prima parte si interroga sulle sollecitazioni epistemologiche
offerte alla teologia dal pensiero di genere; la seconda sezione descrive gli apporti alle varie discipline teologiche (esegesi, teologia sistematica, ecclesiologia, morale, liturgia), con ricca bibliografia.
MELINA Livio (2009), Imparare ad amare. Alla scuola di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Cantagalli, Siena. Presentazione sintetica dei pensiero dei due pontefici sull’amore umano.
ZORZI Benedetta (2009), Genere in teologia: dalla Trinitaria verso una ri-generazione del maschile, in Convivium Assisiense XI (2009) 1, 105-146. Riflessione sulle «possibili aperture positive
dell’uso della categoria gender in teologia». Un invito a non demonizzare il lemma, ma approfondire il significato dell’imago Dei alla luce del pensiero di genere, in prospettiva femminile. Riflessioni
ampliate in EAD. (2014), Al di là del “genio femminile”. Donne e genere nella storia della teologia
cristiana, Carocci, Roma.
PELLETIER Anne-Marie (2010), Creati maschio e femmina. La differenza, luogo dell’amore, Cantagalli, Siena. Il volumetto riassume un corso sulla teologia del corpo tenuto dall’autrice (vincitrice
del Premio Ratzinger 2014) presso l’Istituto Giovanni Paolo II. Partendo da una lettura esegetica attenta ai risvolti filosofico-teologici di Gen 1-2, e senza appiattirsi su un ottuso biologismo, viene illustrato il senso pieno della carne sessuata. Cfr Maschile e femminile dalla Genesi al Nuovo Testamento, in L’Osservatore Romano, 2 novembre 2014 (sintesi dell’articolo Maschile/femminile secondo le scritture, in Vita e pensiero 5/2014).
MELINA Livio – BELARDINELLI Sergio (edd.) (2012), Amare nella differenza. Le forme della sessualità e il pensiero cristiano: studio interdisciplinare, Cantagalli-LEV, Roma-Città del Vaticano.
Ponderoso volume (568 pp.) che raccoglie il frutto di un seminario di studio dell’Istituto Giovanni
Paolo II (PUL). Presenta i contributi di 29 specialisti, ciascuno nella lingua scelta dall’autore (italiano, inglese, francese e spagnolo), e offre una visione organica e completa dello status quaestionis
dal punto di vista giuridico, filosofico e teologico, in totale ossequio alle indicazioni del Magistero.
Video su gender e dintorni
•
Pedagogia svedese nelle scuole dell’infanzia: i bambini devono disegnare “lui, lei e… hen”
•
E. Roccella commenta il video Il / elle diffuso nelle scuole francesi, in cui due adolescenti (maschio e
femmina) si scambiano le parti e sono invitati a “scegliere” se esser “lui” o “lei”
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
•
Documentario norvegese di H. Meldad Eia, intitolato Lavaggio del cervello: Paradosso e identità di genere (38’), che mostra come, nonostante le libertà di genere diffuse nel Nordeuropa, alcune scelte di vita rimangano persistentemente maschili e altre femminili
•
Convegno organizzato dalla Manif pour tous di Pistoia (Firenze, 29 maggio 2014)
•
Contro i falsi miti del progresso, convegno con Marco Adinolfi, p. Maurizio Botta, Costanza Miriano,
Marco Sicchitano (Roma, Antonianum, 21 maggio 2014)
•
Convegno sull’Omosessualità egodistonica con T. Cantelmi, V. Lingiardi ed altri
•
Manifestazione delle Sentinelle in piedi (Roma, 5 aprile 2014)
•
Manifestazione contro le Sentinelle in piedi (Perugia, 7 giugno 2014)
Serie di video di contestazioni alle Sentinelle, tratto dalla rivista Tempi:
•
Film documentario Il corpo delle donne (24’), a cura di Lorella Zanardo, autrice dell’omonimo volume.
Vedi anche www.ilcorpodelledonne.net
•
Spot pubblicitario della mostra francese per ragazzi Zizi sexuel: l’expo (prodotta nel 2007)
video “nascosto” sulla mostra; altro video.
Sitografia ed iniziative istituzionali e/o “pro gender”
MIUR – Noi siamo pari: www.noisiamopari.it
Progetti del MIUR su 5 aree sensibili: bullismo, inclusione, integrazione, omofobia, pari opportunità. Sono scaricabili fascicoletti per ciascun tema.
UNAR – Strategia Nazionale LGBT www.unar.it/unar/portal/?p=1921
L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali promuove una Strategia Nazionale LGBT, le cui
indicazioni sono pubblicate in fascicoli scaricabili dal sito, con uno specifico asse operativo su
«Educazione e istruzione». Scaricabile anche un fascicolo di Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT.
OMS – Standar per l’educazione sessuale in Europa – www.bzga-whocc.de
Il documento Standard for Sexuality Education in Europe è la “magna charta” delle strategie educative europee. Formalmente elaborato dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità, di fatto redatto
dall’ente tedesco Bundeszentrale für Gesundheitliche Aufklärung (BZgA = lett. “Centro Federale
per l’Illuminismo della salute”), il testo si basa su documenti prodotti da The International Planned
Parenthood Federation, organismo che promuove i cosiddetti “diritti riproduttivi”. È stata pubblicata anche una Guida alla realizzazione a cura della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica.
La BZgA produce una gran quantità di pubblicazioni (solo in tedesco) sull’educazione sessuale, che
sono state contestate per la loro spregiudicatezza.
APA – American Psichological Association: www.apa.org
Da anni l’APA insegna che nessun trauma caratterizza i figli di coppie omosessuali: questa pagina
difende la tesi; questa difende la depatologizzazione dell’omosessualità; questa offre “risorse e
pubblicazioni LGBT”. Sito di carattere scientifico, in inglese, con ampia documentazione.
ISTITUTO BECK – Progetto UNAR: www.istitutobeck.com/progetto-unar.html
L’Istituto Beck è stato protagonista di una polemica (febbraio 2014) legata al finanziamento e alla
diffusione dei fascicoli Educare alla diversità a scuola, tanto che i fascicoli in oggetto sono stati ritirati dal sito dell’Istituto (ma sono ancora rintracciabili in rete).
Progetto NISO: http://nisoproject.eu/it/home – http://www.provincia.roma.it/il-progetto-niso
Progetto europeo, frutto della cooperazione tra Gay Center (Italia), T6 Società Cooperativa (Italia),
Stichting Global Alliance for LGBT Education – GALE (Paesi Bassi), NGO SEKÜ (Estonia) e
Çavaria (Belgio). Il progetto è coordinato dalla Provincia di Roma. Scopo dichiarato del progetto è
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
Combattere l’omofobia attraverso la cittadinanza attiva e l’educazione ai media. «Per affrontare il
problema dell’omofobia, è fondamentale mettere in discussione l’eteronormatività e intervenire nei
contesti sociali in cui si palesano atteggiamenti e stereotipi omofobi». Scaricabile il fascicolo Voice
OUT tool kit che offre strumenti operativi (giochi di ruolo, proposte didattiche…) per iniziative di
sensibilizzazione da svolgersi nelle scuole.
6COMESEI: servizio di Sapienza - Università di Roma a cura di Roberto Baiocco
http://dip38.psi.uniroma1.it/strutture/servizi-di-consulenza/6-come-sei
Il Servizio di Consulenza intende offrire uno spazio di consulenza e supporto psicologico rivolto ad
adolescenti, giovani adulti, coppie e famiglie che si trovano ad affrontare problematiche inerenti
l’orientamento sessuale e/o l’identità di genere. Disponibili materiali informativi.
LECOSECAMBIANO: www.lecosecambiano.org
Iniziativa promossa dal Corriere della sera, che ha pubblicato ad ottobre 2013 anche il volume Dan
SAVAGE – Terry MILLER, Le cose cambiano. Storie di coming out, conflitti, amori e amicizie che
salvano la vita.
LE COSE CAMBIANO@ROMA http://lecosecambiano.roma.it/progetto
«L’Assessorato alla Scuola, Infanzia, Giovani e Pari Opportunità di Roma Capitale, in collaborazione con Sapienza Università di Roma e la casa editrice ISBN, promuove il progetto gratuito “lecosecambiano@roma” per sensibilizzare la popolazione scolastica capitolina delle Scuole superiori
al rispetto e alla valorizzazione delle differenze, contribuendo così a contrastare il bullismo omofobico e la dispersione scolastica. Collaborano al progetto alcune associazioni LGBT romane, quali
Circolo Mario Mieli, Di’Gay Project, Gay Center, Arcilesbica, Agedo Roma, Famiglie Arcobaleno,
Associazione Libellula». Iniziativa nata dopo il suicidio di un ragazzo gay. Al progetto hanno aderito 24 scuole e quasi 2.500 alunne/i.
SCOSSE www.scosse.org/
«SCOSSE è un’Associazione di Promozione Sociale che ha sede a Roma. Antirazzista, laica, antifascista, si ispira ai principi della democrazia e dell’uguaglianza, ripudia ogni forma di violenza e di
discriminazione», dichiara l’homepage, impegnandosi per le pari opportunità, l’intercultura, la lotta
alle mafie, ecc. Ma se si visita il blog del sito (www.scosse.org/blog-2/) l’attenzione sembra monopolizzata dall’impegno sulla “tutela delle differenze”, con particolare cura alla pedagogia dell’infanzia: (www.scosse.org/attivita/formazione-infanzia).
Nello scorso anno scolastico ha promosso il progetto La scuola fa la differenza. Nel sito sono censite anche le “critiche del Vicariato”: www.romasette.it/modules/news/article.php?storyid=12176 e
http://it.radiovaticana.va/storico/2014/02/24/corsi_sul_gender_per_insegnanti_a_roma._il_vicariato
_indottrinamento/it1-776039. È stato prodotto anche un e-book.
Evento Educare alle differenze, Roma 20 settembre 2014: iniziativa «per difendere la scuola pubblica, laica e democratica», «costituire un gruppo di pressione capace di far leva sulle amministrazioni per promuovere le attività di educazione alle differenze».
PROGETTO ALICE http://ilprogettoalice.wordpress.com/
Associazione nata nel 2004 a Bologna per promuovere nelle scuole una didattica gender sensitive.
FAMIGLIE ARCOBALENO: www.famigliearcobaleno.org
Sito delle famiglie omogenitoriali, con presentazione di materiali, iniziative, ecc. volte a promuovere l’accettazione sociale del matrimonio e della genitorialità tra omosessuali.
LOVEMAKESAFAMILY: Convegno svoltosi a Roma, 9-10 aprile 2014 http://lovemakesafamily.it/
Il Convegno intendeva mostrare la legittimità delle “famiglie arcobaleno”; sono pubblicati gli atti:
http://lovemakesafamily.it/atti-del-convegno.
Il progetto americano originario cui l’iniziativa si ispira è su FAMILY DIVERSITY PROJECTS:
http://familydiv.org/exhibits/love-makes-a-family/.
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
CUNTALA – Equal opportuniti games: http://cuntala.com/wp/
Editrice fiorentina di recente costituzione che produce «giochi divertenti e creativi che superano le
divisioni tra nazionalità, mettono in discussione gli stereotipi di genere, danno spazio alle diverse
tipologie familiari e preferenze sessuali che popolano il nostro mondo». Tra le altre proposte, il gioco “Terra chiama mamma”, “calendario d’avvento” per “un’attesa laica fino al 24 dicembre” (sic!).
Siti cattolici e/o “no gender”
FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI: www.forumfamiglie.org
Sito del Forum nato nel 1992 per portare all’attenzione del dibattito culturale e politico italiano la
famiglia come soggetto sociale, con ampia rassegna stampa sui temi sensibili.
FORUM FAMIGLIE DELL’UMBRIA: www.forumfamiglieumbria.org
Il Forum Umbro ha pubblicato un Vademecum per genitori, al fine di difendersi dell’imposizione
scolastica del gender: www.forumfamiglieumbria.org/wp-content/uploads/2014/02/Vademecumper-genitori.pdf. Il documento è stato molto apprezzato e altrettanto contestato (ad es. la parodia in:
www.gay.it/news/Famiglia-Cristiana-Allarme-gender-a-scuola--ecco-come-difendersi-PARODIA).
LES ASSOCIATIONS FAMILIALES CATHOLIQUES: www.afc-france.org
Ricco di documentazione, esprime la volontà di resistere all’indottrinamento dominante, con una
sezione sull’educazione e una pagina specifica sul “genere” nelle scuole.
ASSOCIAZIONE SCIENZA E VITA: www.scienzaevita.org
L’Associazione si propone di promuovere e difendere il diritto alla vita di ogni essere umano dal
concepimento alla morte naturale, come fondamento di tutti i diritti umani e quindi della democrazia e, già ampiamente, di dibattere i temi della ricerca scientifica per quanto attiene alle ricadute sulla vita dell’uomo e della società. Il fascicolo n. 2 dei Quaderni di Scienza e vita è dedicato a Identità e genere, ed è scaricabile gratuitamente, come tutti gli altri, iscrivendosi alla newsletter:
www.scienzaevita.org/quaderni.php?titolo=2
TEEN STAR: www.teenstar.it
Associazione fondata negli anni ’90 negli USA da Hanna Klaus e Pilar Vigil, entrambe ginecologhe, per
promuovere corsi di educazione affettiva e sessuale che tengano conto della totalità della persona.
MANIF POUR TOUS Italia: www.lamanifpourtous.it
A seguito della crescita dell’iniziativa francese «La Manif Pour Tous» (www.lamanifpourtous.fr/fr),
sorta per contrastare il matrimonio tra omosessuali (“marriage pour tous”) e composta da persone
di estrazione “trasversale” (cattolici e non, credenti e non, e anche persone omosessuali), un analogo movimento è sorto anche in Italia. Il sito raccoglie ampia documentazione, parte mutuata dal sito
francese, e parte originale; l’associazione ha pubblicato anche un fascicolo chiaro e documentato
sulla gender theory.
NOTIZIE PROVITA: www.notizieprovita.it
L’iniziativa Pro Vita, dedicata a Chiara Corbella-Petrillo, vuole promuovere i valori della Vita, dal
concepimento fino alla morte naturale, e della Famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna.
Raccoglie notizie, pubblica una rivista, promuove eventi.
COMITATO ARTICOLO 26: http://comitatoarticolo26.it
Composto da genitori, docenti e professionisti dell’educazione, con la partecipazione ed il supporto
di psicologi, pedagogisti ed operatori culturali, il comitato prende nome dall’art. 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo: «I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere
di istruzione da impartire ai loro figli». Riunisce dal settembre 2014 persone di differente credo religioso e filosofico, accomunate dalla convinzione – fondata su dati di ragione – che vada rifiutato
con decisione l’indottrinamento gender nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, e che rivendicano, in maniera costruttiva, la priorità delle famiglie in tema di affettività e sessualità.
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F. MORLACCHI – Bibliografia ragionata su gender, educazione sessuale nella scuola e dintorni
BESORGTE ELTERN – Genitori Preoccupati: http://besorgte-eltern.net
Gruppi di genitori che si oppongono alla sessualizzazione precoce dei figli e chiedono di poterli
educare in materia sensibile (come l’affettività, la sessualità, ecc.) liberi dai protocolli imposti nelle
scuole statali. Le rigide normative tedesche hanno fatto sì che alcuni genitori siano stati incarcerati
per il loro rifiuto di sottoporre i figli a lezioni di educazione sessuale. Il sito è purtroppo solo in tedesco; ma alcuni articoli online descrivono la situazione.
LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA: www.lanuovabq.it/it/home.htm
Articoli di colore apologetico cattolico, con una specifica sezione dedicata al tema dell’educazione
di genere (Gender Watch News: http://gwnblog.lanuovabq.it/).
OSSERVATORIO VAN THUAN: www.vanthuanobservatory.org
L’Osservatorio, finalizzato alla conoscenza della Dottrina Sociale della Chiesa (quindi alle politiche
sulla sessualità), aggiorna costantemente il portale web con documenti e informazioni e registra
eventuali casi problematici. Ha uno sguardo internazionale, ma è attento alla situazione italiana. Da
segnalare il Comunicato stampa «Dall’emergenza educativa all’allarme educativo» del 15.11.2013.
Convegno HUMANUM: http://humanum.it/
Colloquio Interreligioso Internazionale sulla Complementarietà dell’Uomo e della Donna (Caittà
del Vaticano, 17 - 19 novembre 2014), promosso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede in
collaborazione con i Pontifici Consigli per la Famiglia, per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e
per il Dialogo Interreligioso. Consultabili video di alcuni interventi.
Pontificio Consiglio per i Laici, sezione DONNA, Salvaguardare l’humanum, creato maschio e
femmina, fascicolo che tenta un bilancio a quindici anni dalla Lettera alle donne di Giovanni Paolo
II e della IV conferenza delle Nazioni Unite sulla donna.
CATHOLIC VOICES ITALIA: www.catholicvoicesitalia.it
Sito finalizzato ad una più efficace comunicazione mass-mediale da parte dei cattolici. Non si concentra sulle questioni di genere, ma è ricco di informazioni utili. Recentemente, l’intervento dell’ex
rabbino capo d’Inghilterra, Jonathan Sacks, al convegno Humanum, promosso congiuntamente da
diversi organismi vaticani: www.catholicvoicesitalia.it/perche-difendere-la-famiglia-linterventodellex-rabbino-sacks-a-humanum/
Coordinamento Teologhe Italiane: www.teologhe.org
Il Coordinamento delle Teologhe Italiane (CTI) ha lo scopo di «promuovere gli Studi di Genere nei
diversi ambiti teologici, in modo tale da favorire una trasmissione inclusiva delle conoscenze teologiche in prospettiva ecumenica». Il sito ospita articoli, commenti, segnalazioni e materiali stimolanti, nella prospettiva di una valorizzazione degli apporti positivi di women studies e gender studies
alla teologia, contestando “dall’interno” le posizioni cattoliche più conservatrici.
UPRA – Istituto Donna: www.istitutodonna.it
L’Istituto Donna dell’Università Pontificia Regina Apostolorum promuove un Diploma di specializzazione su Differenza sessuale, identità femminile e teoria gender (febbraio – giugno 2015):
www.istitutodonna.it/formazion/gender
AUXILIUM: Corso interdisciplinare di formazione
La Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione ha organizzato il ciclo di lezioni “Gender – Confronto fra umanesimi”: www.pfse-auxilium.org/pdf/eventi/CI_gender_14-15.pdf
Numerosi altri materiali raccolti nel tempo (documenti, sussidi, articoli, strumenti, ecc.) sul tema sono a disposizione dei partecipanti al corso. I documenti sono aggiornati alla metà di dicembre 2015 e scaricabili dal
link seguente: https://drive.google.com/?usp=chrome_app#folders/0B3czzsaQBwo5aUhwUm1TbWhnVW8
– 12 –
CONFERENZA EPISCOPALE LAZIALE
Commissione per la Pastorale Scolastica e
l’Insegnamento della Religione Cattolica
___________________________________________________________________________
GENDER: PRESUPPOSTI FILOSOFICI E IMPLICAZIONI GIURIDICHE
Laura Palazzani ∗
SOMMARIO – 1. Il dibattito ‘sex/gender’ – 2. I percorsi concettuali – 2.1. Nurture theory - 2.2. Gender feminism - 2.3. Gender-queer theory – 3. Implicazioni giuridiche – 4. L’identità della persona
tra sex e gender: 4.1. La rilevanza della natura per la identità sessuale - 4.2. La sessualità come
determinazione sostanziale e duale del corpo - 4.3. La variabilità (non arbitraria) della identità di
genere – 5. Perché il diritto non de-generi: applicazioni.
1. Il dibattito ‘sex/gender’
La parola ‘genere’ può essere usata in diversi modi: a livello grammaticale, indica la distinzione tra ‘maschile/femminile’ (ma in alcune lingue, anche il neutro); a livello concettuale è una categoria che raggruppa cose/persone con caratteristiche rilevanti simili e irrilevanti dissimili (si può
usare anche per indicare l’‘umano’, senza distinguere uomini/donne); nel dibattito oggi, come traduzione dall’inglese ‘gender’, si riferisce, in modo specifico, ad una dimensione di significato che si
contrappone a ‘sex’.
Con ‘sex’ si indica la condizione biologica o fisica dell’essere uomo/donna, maschio/femmina (‘come si nasce’): ‘sex’ è costituito da un insieme di componenti, distinguibili in componente
genetica, gonadica, ormonale, fenotipica e morfologica (genitali interni ed esterni, caratteri sessuali
primari e secondari).
Con ‘gender’ si indica la condizione meta-biologica dell’essere uomo/donna, la mascolinità/femminilità (‘come si diviene’) 1. Tale categoria è stata teorizzata in modi diversi: dapprima
come rappresentazione psicologica, quale introiezione attraverso l’educazione; successivamente
come costruzione storico-sociale e antropologico-culturale, quale assunzione di compiti, ruoli, funzioni mediante la socializzazione; infine come creazione/invenzione individuale, ossia libera
espressione di istinti, pulsioni, volontà. Tali teorizzazioni delineano un percorso che si allontana
sempre più dal determinismo biologico e dall’essenzialismo, che postulano la antecedenza e priorità
del ‘sex’ su ‘gender’, ritenendo che il ‘sex’ sia determinato alla nascita in modo statico e fisso, che
tra ‘sex’ e ‘gender’ sussista un rapporto di causazione deterministica biunivoca, consentendo la deduzione del ‘gender’ dal ‘sex’ e delineando la corrispondenza sex/gender.
2. I percorsi concettuali
2.1. Nurture theory
La ‘nurture theory’, elaborata nell’ambito della psicosessuologia, riconosce tra indeterminismo biologico e determinismo ambientale, che il ‘sex’ è indeterminato alla nascita e che il ‘gender’
si acquisisce progressivamente, mediante una interazione tra fattori interni ed esterni.
∗
Ordinario di filosofia del diritto Università Lumsa di Roma, Vice Presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica,
Membro dell’European Group of Ethics in Science and New Technologies presso la Commissione Europea.
1
Secondo la distinzione introdotta da S. DE BEAUVOIR ‘donna non si nasce, ma si diviene’, seppur in un contesto filosofico diverso. Cfr. Il secondo sesso (1949), tr. it., Saggiatore, Milano 2002. Cfr. anche R.J. STOLLER, Sex and gender. On
the development of masculinity and femininity, The Hogarth Press, London 1968.
Quale antropologia per la famiglia di oggi? Persona umana e valorizzazione della differenza sessuale
Corso di aggiornamento per IdR del Lazio – Roma, Casa Bonus Pastor, 1-2 dicembre 2014
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
J. Money2 teorizza l’esistenza nel corpo di ‘pre-disposizioni interne’ che mediante ‘stimoli
esterni’ (osservazione della realtà ed esperienze) formano nel cervello degli ‘schemi mentali’ interni
su cosa significa essere maschio o femmina; tali schemi configurano ‘modelli di comportamento’
che possono essere confermati o eliminati in funzione della ‘approvazione/disapprovazione’ dalla
società. Le predisposizioni interne vengono pertanto plasmate mediante l’apprendimento (l’educazione e la socializzazione): i fattori esterni esercitano una ‘spinta’ o ‘pressione’, costituendo una
‘forza’ che imprime una forma al ‘gender’. I segnali esterni hanno efficacia entro un anno e mezzo
dalla nascita: eventuali modificazioni successive compromettono l’equilibrio psichico. E’ questa la
teorizzazione della plasmabilità e malleabilità del ‘gender’.
Money applica la sua teoria al caso di due gemelli di sesso maschile: John, a causa di un incidente operatorio a 18 mesi rimane privo di genitali e si decide la femminilizzazione (Joan), ritenuta tecnicamente più facile, concordando con i genitori un ‘allevamento’ in senso femminile 3. Money
ha pubblicizzato il ‘caso’ come ‘prova empirica’ della sua teoria. Tale teoria è stata anche applicata
ai casi di ‘disordini della differenziazione sessuale’, ritenuto un ‘falso problema’: si tratta di casi risolvibili mediante un intervento chirurgico e ormonale di ‘riassegnazione/attribuzione del sesso”,
scelta dal medico (in funzione della praticabilità tecnica) e dai genitori (in funzione delle aspettative
e desideri). L’importante è che la decisione sia presa in tempi rapidi, entro i 15/18 mesi e che, a seguito della modificazione del corpo, segua una educazione conseguente orientata in senso maschile
o femminile 4.
Money applica la sua teoria anche al caso del transessualismo, ritenendolo un caso problematico in quanto emerge in età adulta, quando il ‘gender’ non è più malleabile: in questo caso la
modificazione del corpo, ossia l’adeguazione del ‘sex’ anatomicamente e ormonalmente considerato ‘normale’ al ‘gender’ è dovuta, ma si manifesta come scelta difficile dal punto di vista fisico ed
esistenziale. Anche in questo caso, pur non essendo noti quali fattori siano implicati in tale condizioni, in ogni caso il ‘gender’ deve avere una priorità sul ‘sex’.
2.2. Gender feminism
L’introduzione della categoria ‘gender’ (contrapposta a ‘sex’) è stata utilizzata da alcune
teorizzazioni femministe 5 che vi hanno trovato conferma di una tesi che da tempo sostenevano sul
piano filosofico: la tesi che la differenza sessuale tra uomo e donna intesa in senso naturale ed immutabile sia la causa principale della fissazione di ruoli sociali (il ruolo privato, maternoaccuditivo-domestico, per la donna; il ruolo pubblico, economico-sociale-politico, per l’uomo), che
hanno portato alla subordinazione della donna rispetto all’uomo. Il ‘sex’ ha determinato il ‘gender’;
l’assegnazione dei ruoli sociali è stata imposta come radicata nella natura, portando inevitabilmente
alla svalutazione del femminile e sovraordinazione del maschile. In questa prospettiva, il matrimonio viene considerato la istituzione che esplicita e al tempo stesso impone la gerarchizzazione patriarcale; la maternità, in senso biologico e sociale viene interpretata come la fonte della oppressione femminile (la donna che diviene madre e accudisce i figli è relegata ad un ruolo inferiore, essendole impedita la attiva partecipazione sociale e politica). Il femminismo, nella linea del ‘costruzionismo sociale’ (che ritiene che siano le azioni e inter-azioni a costruire i significati), afferma che il
‘gender’ è una costruzione sociale (non un dato naturale), ossia prodotto della socializzazione, scindibile dal ‘sex’. Si può pertanto de-costruire e ri-costruire; distruggendo le ‘costruzioni maschiliste’
2
J. MONEY, P. TUCKER, Sexual signatures. On being a man or a woman, Little, Brown and Company, London-Toronto
1975, spec. p. 86 ss.; J. MONEY, Gendermaps: social constructionism, feminism, and sexosophical history, Continuum,
New York 2002; ID., Principles of developmental psychology, Continuum, New York 1997.
3
J. COLAPINTO, As nature made him. The boy who was raised as a girl, New York 200l.
4
J. MONEY, J.G. HAMPSON, J.L. HAMPSON, Hermaphroditism: recommendations concerning assignment of sex, change
of sex, and psychologic management, in “Bullettin of the Johns Hopkins Hospital”, 1955, 97, pp. 284-300.
5
Per una introduzione alle teorie femministe si veda R. TONG, Feminist thought. A more comprehensive introduction,
Unwin Hyman, London 19982.
–2–
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
(pretese ‘naturali’) per progettare una società che superi la differenza sessuale, liberando la donna
dall’oppressione patriarcale.
Alcuni orientamenti 6 hanno identificato la strada di liberazione nella rivendicazione del diritto delle donne a disporre arbitrariamente della propria sessualità: il diritto a “non riprodursi” (diritti riproduttivi negativi) e il diritto “a riprodursi” ad ogni costo (diritti riproduttivi positivi), garantendo la possibilità di accedere alla fecondazione assistita in vitro omologa o eterologa, alla surrogazione della maternità, alla ectogenesi ed alla clonazione. La scissione della procreazione dalla
sessualità, dalla eterosessualità e dalla gestazione apre nuove possibilità di “liberazione” della donna: la triade riproduzione-gestazione-maternità, intese come “giogo biologico” per le donne o
“schiavitù riproduttiva”, possono essere non solo agevolate ma addirittura sostituite dalle tecnologie. L’esito delle nuove rivendicazioni femministe aprirebbero alle donne la possibilità di avere un
figlio senza un uomo (le donne sole), generare senza una gravidanza e senza un parto: una donna
potrebbe divenire madre (sociale) senza passare attraverso la maternità biologica.
Altre teorie 7 hanno messo in evidenza che la diversità tra approccio morale maschile (incentrato nella giustizia) e dell’approccio morale femminile (caratterizzato dalla cura) non significa gerarchizzazione e nemmeno esclusività. Negli uomini è più facilmente riscontrabile un atteggiamento
di rispetto formale,distacco impersonale e imparziale, applicazione di un metodo razionale e logicodeduttivo nel contesto della giustizia; nelle donne la disposizione alla relazionalità e responsabilità,
con un atteggiamento di coinvolgimento interiore, personale e affettivo, nel contesto della cura intesa come attenzione ai bisogni dell’altro, ascolto, empatia, sentimento e preoccupazione. C. Gilligan
riconosce esplicitamente che la differenza di approcci morali è indipendente dalla differenza sessuale; la rilevazione della frequenza statistica (empirico, psicologico, sociale) della maggiore incidenza
dell’approccio della cura nelle donne rispetto agli uomini, non costituisce e non deve costituire una
esclusività (esistono donne che agiscono secondo giustizia; uomini con atteggiamenti di cura). In
questo senso la “voce differente” (di cui parla il pensiero femminile) non coincide con la “voce di
donna”: il fatto che “il prendersi cura” sia un modo di agire moralmente emerso dalle donne e sia
più diffuso e ripetuto nell’esperienza femminile non nega che anche l’uomo abbia o possa (o debba)
vivere tale modo di agire etico femminino. Afferma C. Gilligan: la differenza “non si caratterizza
per il genere ma per il tema”. La trasformazione dei ruoli tradizionali, con l’estensione agli uomini
della cura, potrebbe contribuire a superare la tradizionale gerarchizzazione sociale.
2.3. Gender-queer theory
È il post-femminismo che ha radicalizzato la categoria ‘gender’. Le premesse filosofiche del
post-femminismo decostruzionista e poststrutturalista ‘postmoderno’ sono riconducibili alla critica
all’essenzialismo con la negazione della esistenza e conoscibilità della natura e la riduzione del reale a contingenza ‘liquida’ e fluida; su tali basi è teorizzato il volontarismo individualistico che assolutizza la volontà arbitraria in un contesto relativistico ove tutto è equivalente e indifferenziato, senza ordine, finalità, gerarchie. In questo ambito emerge una teorizzazione del ‘gender’ che ne rintraccia la radice non nella natura e nemmeno nella cultura o società, ma nella volontà individuale.
J. Butler 8 ritiene che l’associazione sex/gender corrisponda ad uno ‘schema’ che si costruisce a partire da come nasciamo (maschi o femmine), come ci comportiamo (esteriormente) in base
alla educazione e al ruolo conseguente che assumiamo nella società, come ci percepiamo (interiormente). E’ uno schema (nascita/socializzazione/percezione) che ci sembra ‘naturale/normale’, ma
che è in verità una ‘costrizione’, una ‘naturalizzazione/normalizzazione’, che fissa in modo rigido
binario la nascita e la società, dividendo l’umanità in due secondo la logica bipolare-oppositiva che
6
S. FIRESTONE, The dialectic of sex. The case for feminist revolution, The Woman’s Press, London 1970.
C. GILLIGAN, In a different voice: psychological theory and women’s development, Harvard University Press, Cambridge (MA).
8
J. BUTLER, Gender trouble, Routledge, New York-London 1990; ID., Bodies that matter, Routledge, New YorkLondon 1993.
7
–3–
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
soffoca le pulsioni e i desideri. Ogni individuo può e deve costruire/decostruire, fare/disfare 9 liberamente la propria identità ‘gender’ che coincide con la ‘performatività’ dell’agire e del fare. ‘Gender’ non è la recezione passiva dall’educazione e dalla socializzazione, ma è creazione attiva e autodeterminazione individuale, l’insieme di atti, gesti e parole che esprimono liberalmente ciò che
l’individuo vuole e desidera, nel momento in cui vuole e desidera (secondo la logica: agisco, dunque sono). E’ l’affermazione della volontà sulla natura (detta anche ‘presunta’ natura sessuale), sulla società e sulla cultura; il ‘sex’ è annullato nel ‘gender’; il ‘gender’ produce il ‘sex’.
Ma anche la categoria ‘gender’, generalmente associata a ‘sex’, usato in senso binario, può
risultare costrittiva. Compare una nuova espressione ‘queer’ 10, che indica dopo e oltre il gender, la
dimensione fluida, flessibile e fluttuante, dinamica e nomade, del ‘pansessualismo/polimorfismo’
sessuale contro il binarismo sessuale. ‘Gender/queer’ diviene la categoria della ‘in-differenza’ sessuale, della neutralità e neutralizzazione che annulla ogni differenza (ammettendo semmai solo ‘differenze’ al plurale) nella mescolanza, incrocio, confusione, dove scompaiono rigide classificazioni
lasciando il posto solo a sfumature variabili per grado e intensità. Non si parla più di ‘maschio o
femmina’; semmai, in modo neutrale, di ‘maschio e femmina’ o ‘né maschio né femmina’.
In tale contesto l’esistenza di ambiguità genitali è considerata la prova fattuale dell’esistenza
di un ‘genere neutro’ o ‘terzo genere’ che si colloca ‘oltre’ la classificazione binaria bipolare. E’ la
condizione propriamente di ‘intersessualità’ 11, espressione che indica proprio la condizione intermedia ‘tra’ maschile e femminile, i poli estremi di uno spettro continuo, senza divisioni nette ma solo con sfumature variabili. I casi di ambivalenza sessuale sono il segno empirico della espansione
quantitativa/qualitativa della condizione sessuale: i c.d. ‘generi addizionali’. Bisogna prendere atto
che i sessi non sono più due, ma almeno cinque, oltre al sesso maschile e femminile, anche l’ermafrodito (herms), l’ermafrodito maschile (merms) e femminile (ferms) 12. In questo senso è proposta
la depatologicizzazione delle ambiguità genitali: non sono né disordini né disturbi della differenziazione sessuale, ma stati che manifestano condizioni di indifferenziazione, da accogliere in senso positivo, non stigmatizzare in senso negativo. L’accoglienza o accettazione della discontinuità e delle
differenze nella morfologia sessuale umana si dovrebbe esprimere nella rinuncia ad ogni trattamento chirurgico o ormonale (se non esplicitamente richiesto dal soggetto stesso in età adulta): l’intervento è considerato una ‘normalizzazione’ dei corpi (da parte dei medici e genitori rispetto ai figli),
una assegnazione forzata di una scelta altrui in funzione di una adeguazione a parametri imposti
dalla società; ogni intervento va dunque posticipato, essendo percepito come una mutilazione e
dunque un trauma. Anche la educazione deve essere neutra accogliendo anche la ‘scelta di non scegliere’ 13.
È la prospettiva che ritiene il transessualismo, quale scelta di adeguazione del corpo alla
identità vissuta, una condizione costrittiva, interna al binarismo. È preferibile la condizione di ‘transgender-transsex’, quale condizione neutra 14, ‘interstiziale’ e transitoria. ‘Trans’ indica il movimento da una polarità sessuale all’altra, l’accettazione (nel caso di nascita con ambiguità) o di ricerca
trasgressiva della ambi-sessualità, della indeterminatezza del corpo con o senza intervento chirurgico, totale o parziale; della ambiguità psico-sociale nella identità e nei comportamenti che includono
maschile e femminile. A volte è preferita l’espressione ‘gender-queer’, in quanto ‘trans’ indica un
movimento tra poli ed anche questo è percepito come costrittivo; meglio la pura combinazione di
9
J. BUTLER, Undoing gender, Routledge, New York 2004.
Traducibile con ‘strambo’, opposto a ‘straight’, inteso come ‘diretto’. ‘Queer’ è una espressione in genere usata in
senso dispregiativo nei confronti di transessuali o omosessuali, usata orgogliosamente in questo contesto di pensiero.
Cfr. A. JAGOSE, Queer theory: an introduction, New York University Press, New York 1996.
11
‘Intersex’ o ‘middle sex’ sono le espressioni usate in questa corrente di pensiero.
12
A. FAUSTO STERLING, The five sexes: why male and female are not enough, “The Sciences”, 2000, 33, 2, luglio, pp.
20-25.
13
Intersex Society of North America.
14
Nella lingua inglese la neutralità è resa con i pronomi ‘it’ o s/he’.
10
–4–
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
elementi in atto senza transizioni, come ‘stile di vita’ 15. In contrapposizione è usata la categoria ‘cisgender’ (che suona quasi dispregiativo) riferita a chi vive in armonia la differenza sessuale sul piano fisico-psichico-sociale. Tale teoria chiede il riconoscimento pubblico della libertà di vivere tale
condizione e di trasformazioni sessuali come ‘diritto alla privacy’: ogni individuo deve fare la scelta
che vuole, quando e come vuole (anche mediante una registrazione anagrafica neutra) e la società è
chiamata a rendere possibile, anche mediante un sostegno economico, la realizzazione della scelta
dell’identità sessuale quale essa sia.
A partire dalla critica agli assunti psicanalitici freudiani del processo edipico (che proibisce
l’unione fusionale del bambino con il genitore dello stesso sesso con la conseguente separazione dal
genitore appartenente al sesso opposto) e dello strutturalismo antropologico-culturale (che pone al
centro il tabù dell’incesto, ossia la norma che proibisce la endogamia, l’unione sessuale entro la famiglia, e prescrive la esogamia, la unione sessuale fuori dalla famiglia), la prospettiva postfemminista postmoderna nega che il processo di individuazione ed identificazione avvenga esclusivamente
all’interno della complementarità eterosessuale: è la teorizzazione della possibilità di un ‘riconoscimento post-edipico’ e ‘anti-edipico’, ammettendo la possibilità di identificazione anche con relazioni parentali incestuose o omosessuali. Su tali basi è teorizzata la radicale ‘neutralizzazione sessuale’ (che corrisponde e coincide con la de-naturalizzazione sessuale) 16, ossia la irrilevanza della
differenza sessuale, con inevitabili conseguenze pubbliche: la ‘normalizzazione’ della omosessualità (che non può essere intesa come patologia e nemmeno disagio, ma come una variante naturale e
normale della sessualità umana) e la equiparazione tra unioni etero e omosessuali (con anche il riconoscimento del diritto ad avere figli, con l’adozione o l’uso di tecnologie riproduttive). Si ritiene
che il termine ‘parentalità’ quale funzione genitoriale asessuata debba sostituire le espressioni ‘paternità/maternità’, ritenendo che ciò che è importante per l’identificazione del bambino sia il rapporto affettivo, a prescindere dall’appartenenza sessuale. Le relazioni sono occasionali, modificabili:
sono ‘orientamenti’ che possono sempre modificarsi sulla base della ‘direzione del desiderio’, della
emotività.
3. Implicazioni giuridiche
Le teorizzazioni ‘gender’ non sono astrazioni sofisticate, ma sono già entrate e stanno entrando nel diritto vigente internazionale. Ci si allontana sempre più dalla Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo (1948) che all’art. 12 riconosceva la famiglia fondata sul matrimonio tra un
uomo e una donna come società naturale.
L’ONU sta “promuovendo la prospettiva di genere”, sostenendo finanziariamente i piani
esplicitati nelle Conferenze del Cairo (1994) e di Pechino (1995), dunque la “diffusione dell’Agenda di Genere” a livello politico, in ambito istituzionale pubblico e privato. Nell’ambito della Conferenza sulla Popolazione al Cairo (1994) si è parlato di diritti sessuali e riproduttivi come diritti fondamentali delle donne, della libertà sessuale, della contraccezione e sterilizzazione (anche senza
consenso) come mezzi per il controllo demografico. L’Istituto internazionale di ricerca e training
per l’avanzamento delle donne (INSTRAW), che fa parte dell’ONU, ritiene “opportuno rinegoziare
i confini tra il naturale – e la sua relativa inflessibilità – e il sociale – e la sua relativa modificabilità”. Il Comitato Latinoamericano e dei Carabi per la difesa dei diritti delle donne (CLADSEM) ha
fatto circolare una Proposta per la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo secondo la prospettiva di genere chiedendo di riconoscere i diritti di omosessuali, bisessuali, transessuali ed ermafroditi; il diritto ad una educazione sessuale libera; il diritto alla sessualità e all’orientamento sessuale, il diritto alla contraccezione, all’aborto e alla sterilizzazione, il diritto all’unione con individui
di sesso simile o opposto.
15
Nella comunità LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersex).
M. FOUCAULT, La storia della sessualità, 3 voll., tr. it., Feltrinelli, Milano 1988-91; G. DELEUZE, F. GUATTARI,
L’antiedipo. Capitalismo e schizofrenia, Einaudi, Milano 2002.
16
–5–
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
Anche a livello europeo la teoria ‘gender’ si è manifestata in alcuni documenti. Si pensi alla
Risoluzione del Parlamento europeo per la parità dei diritti degli omosessuali del 1994 in cui si ribadisce che ogni cittadino deve avere lo stesso trattamento a prescindere dall’orientamento sessuale,
equiparando i diritti di etero e omosessuali e alla Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
d’Europa del 2006 riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento di uomini e donne in materia di occupazione e impiego, che estende la non discriminazione
all’art. 3 alle persone che hanno “rassegnato il genere”. Vanno ricordate alcune sentenze della Corte
europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia (caso Goodwin versus Regno Unito del 2002;
caso Vankück versus Germania del 2003) che richiamando l’interpretazione degli articoli 8 e 14
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sostengono il diritto all’identità di genere come
conformazione della sessualità alla scelta (con o senza l’intervento chirurgico). Va ricordata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000 che all’art. 21 vieta la discriminazione sul
sesso con esplicito riferimento alle tendenze sessuali e all’art. 9 riconosce il diritto di sposarsi e diritto di costituire una famiglia senza specificare se tra un uomo e una donna, lasciando la possibilità
del riconoscimento del matrimonio di coppie omosessuali.
A livello legislativo europeo va ricordata nel 2004 il Gender Recognition Act del governo
britannico che consente la rettificazione del certificato di nascita e del nome indipendentemente dalla modificazione dell’intervento chirurgico; la proposta di legge tedesca la Transgendergesetz del
2000 o legge per la scelta o cambio della determinazione sessuale che regola la intersessualità ritenendo che la scelta sessuale competa ai genitori e all’individuo adulto, legalizzando il riconoscimento della condizione intersessuale (indicata con la sigla IS, accanto e allo stesso titolo della condizione maschile femminile, M e F). La Spagna ha recentemente approvato la Legge sulla rettificazione del sesso nei registri civili (2007) ammettendo il cambio del nome e del prenome nei registri
quando il sesso non corrisponde all’identità di genere per la libera crescita della personalità. Molte
solo le legislazioni europee contro la discriminazione per orientamento sessuale, le leggi che ammettono matrimoni omosessuali (Olanda, 2001; Belgio, 2003; Spagna, 2005), che prevedono le ‘registrazione di partnership’ anche a coppie omosessuali (Danimarca, Norvegia, Svezia, Ungheria,
Francia, Finlandia, Germania, Croazia, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Slovenia, Gran Bretagna) e
il diritto all’adozione per copie omosessuali (in Norvegia, Olanda, Inghilterra, Galles, Spagna, Belgio, Scozia, Svezia, Finlandia), oltre, in alcuni paesi, anche al diritto di accesso alle tecnologie riproduttive.
4. L’identità della persona tra sex e gender
A fronte delle problematiche emergenti dalla prassi e delle teorie gender, non è possibile,
oggi, quando si parla di ‘identità sessuale’ (in senso fisico) richiamare l’esperienza di nascere come
uomini o donne o quando si parla di ‘identità di genere’ (in senso psico-sociale) postulare aproblematicamente una deduzione dalla identità sessuale. Le nuove conoscenze tecno-scientifiche e le recenti teorizzazioni mettono in discussione il paradigma del determinismo biologico/essenzialismo.
E’ indispensabile pertanto delineare nuove riflessioni.
L’identità sessuale non è riconducibile esclusivamente al fattore fisico presociale preculturale (come sostiene il determinismo biologico) e l’identità di genere non è riconducibile solo al fattore
socio-culturale (come secondo il determinismo/costruttivismo sociale) alla volontà (come esige il
volontarismo individualistico). Si può dire che la identità sessuale e l’identità di genere si costituiscono nella interazione. Secondo la prospettiva interazionista tra essere (nascita) e divenire (cultura/volontà) vi è e vi deve essere un interscambio costante e continuo: ‘sex’ e ‘gender’ sono inestricabilmente interconnessi. Per rendere ragione della interazione bisogna superare la separazione sexgender che produce da un lato l’annullamento del sex (natura) dall’altro la prevaricazione del gender (cultura/volontà). È una separazione nuova, che si inserisce nel dualismo che periodicamente ritorna nel contesto del pensiero filosofico occidentale (da Platone, corpo/anima, attraverso Cartesio
–6–
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
res extensa/res cogitans). I percorsi filosofici nella direzione del superamento della separazione offrono una tematizzazione che si contrappone da un lato alla pre-determinazione del sex, dall’altro
alla post-determinazione del gender. Si tratta di mostrare da un lato la rilevanza della natura nella
costituzione della identità sessuale e dall’altro la variabilità ma non arbitrarietà nella strutturazione
della identità di genere.
4.1. La rilevanza della natura per la identità sessuale
La stessa osservazione del processo di differenziazione sessuale evidenzia la rilevazione di
modificazioni ‘a cascata’ coordinate da un programma non casuale o necessitato, che si sviluppa
gradualmente e progressivamente secondo una successione lineare e regolare di fenomeni strettamente interconnessi. La configurazione genetica e cromosomica determina la morfologia gonadica
che produce ormoni, i quali svolgono un ruolo determinante per la formazione dell’apparato riproduttivo interno/esterno e dei caratteri sessuali primari/secondari. Tale processo si articola in una direzionalità teleologica: le anomalie dello sviluppo sono ‘disordini’ che presuppongono un ‘ordine’;
sono irregolarità a causa di fattori che interferiscono nel normale e regolare processo.
Anche nei casi di anomalie della differenziazione sessuale ci sono segnali biologici obiettivi:
è importante richiamare la scoperta della rilevanza dell’esposizione prenatale agli ormoni sessuali
(la sessualizzazione cerebrale in epoca fetale), che mostra come sussistano anche in tali condizioni
fattori interni determinanti per l’identificazione 17. Sono tali fattori che offrono indicazioni obiettive
per il ‘riconoscimento’ della identità sessuale, in contrapposizione alla ‘attribuzione’ arbitraria, del
resto spesso causa di profondi e traumatici disagi clinici 18. Nell’ambito del transessualismo, il forte
trauma che l’individuo vive nella trasformazione del corpo alla psiche è segno della rilevanza della
natura, che non è manipolabile a piacimento. Il fatto, inoltre, che la condizione di transgender sia
proposta come ‘trasgressione’, ne evidenzia implicitamente il rimando alla natura che si intende trasgredire; trasgredire significa eccedere i limiti, dunque non ci sarebbe trasgressione se non si riconoscessero i limiti che si intendono superare.
Tali considerazioni portano a comprendere che la natura, intesa come dati obiettivi e limiti
costitutivi di ciò che ‘è’, sia da ‘prendere sul serio’, costituisca la misura critica nella costituzione
della identità sessuale. In questo senso si può dire, a livello filosofico, che tra essenzialismo (quale
pretesa di conoscere in modo assoluto, esaustivo e definitivo la verità eterna e immutabile) e relativismo decostruzionista (rinuncia scettica alla verità) si inserisce la ricerca intermedia della conoscibilità e interpretabilità di un senso e di una finalità intrinseca alla natura, non riducibile a mera attualità causale o necessitata. È questa prospettiva che – tra premoderno e postmoderno – consente di
comprendere che ‘sex’ non è solo questione di grado, ma di senso e di fine.
4.2. La sessualità come determinazione sostanziale e duale del corpo
Il corpo non è materia indeterminata, inerte, amorfa, meramente quantitativa. Il corpo non è
un oggetto di cui si dispone a piacimento, che può divenire qualsiasi cosa si vuole, suscettibile di
qualsiasi trasformazione che si desidera. Il corpo è una materia (oggetto) determinata/individuata da
una forma/soggettività; si ha il corpo, si è il corpo. Il corpo è soggetto incarnato, presuppone il soggetto incarnato. La sessualità è una determinazione sostanziale qualitativa del corpo. La sessualità
qualifica il corpo in modo costitutivo, non accidentale. Il corpo è ciò che è in quanto determinato
(solo ciò che è determinato/individuato può esistere): la sessualità, in quanto determinazione sostanziale del corpo, è anche la condizione dell’esistere, ma anche del pensare. O il corpo del soggetto è sessuato o non è (nemmeno pensabile). Non possiamo immaginare un uomo neutro senza una
17
M. DIAMOND, H.K. SIGMUNDSON, Management of intersexuality. Guidelines for dealing with persons with ambiguous
genitalia, “Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine”, 1997, 151, pp. 1046-1050.
18
Il caso raccontato da Money, John/Joan, finì tragicamente: Joan dopo avere chiesto di ri-mascolinizzarsi, morì suicida
all’età di 38 anni. S.J. KESSLER, Lessons form the intersexed, New Brunswick (NJ) 1998.
–7–
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
determinazione sessuale. Non può esistere un corpo indeterminato sessualmente. La indeterminatezza come anomalia che va determinata; la indeterminatezza come scelta si pone come trasgressione che presuppone la determinatezza.
La determinazione sessuale sostanziale del soggetto incarnato non può che essere duale e
oppositiva. Si tratta di dimostrare, contro il polimorfismo, le ragioni del dimorfismo sessuale. I sessi
sono (solo) due: maschio o femmina. Perché i sessi sono ‘solo’ due e non possono che essere solo
due?
Una prima risposta rimanda alla dualità sessuale quale condizione di possibilità della socialità, intesa come continuazione della umanità, del ‘genere’ umano. La differenza sessuale è la condizione necessaria e sufficiente per consentire e favorire ‘di principio’ (non di fatto) la capacità procreativa, assecondando la inclinazione naturale alla procreazione 19. Ma si potrebbe obiettare che la
capacità naturale procreativa è sostituibile dalle tecnologie che rendono possibile il fine (la procreazione) con mezzi artificiali, scindendo natura e procreazione. In verità, ad oggi, la riproduzione assistita, per quanto artificiale, rimanda sempre alla procreazione naturale: anche con l’uso delle tecnologie riproduttive, l’embrione si costituisce dall’incontro di due gameti, di provenienza materna e
paterna (sia nella fattispecie omologa che eterologa). Ma, immaginando un modo futuro, in cui la
clonazione fosse possibile sull’uomo, si creerebbero le condizioni per la procreazione di un individuo a partire da un solo individuo 20: la donna potrebbe auto-procrearsi anche in assenza dell’uomo
(avendo cellula somatica, utero e ovocita). Se immaginiamo la possibilità della ectogenesi, con
l’uso dell’utero artificiale e di gameti artificiali, potrebbe essere possibile procreare (dunque garantire la sopravvivenza umana) senza due sessi. Basterebbe un solo sesso. Non sarebbero più necessari
e sufficienti due sessi.
Ma anche in questo caso immaginato, la differenza sessuale avrebbe senso di essere. Perché
la dualità oppositiva sessuale (essere uomo o donna, maschio o femmina) è la condizione di pensabilità e possibilità della identità. La identità è possibile nella differenza: un individuo è quello che è
(in senso positivo) in quanto distinto/diverso da ciò che non è (in senso negativo). L’identità presuppone la differenza, come opposizione; se tutto fosse indifferenziato, l’io non potrebbe identificarsi. Se non ci fosse la differenza sessuale, non ci sarebbe l’identità. La condizione della identità è
il riconoscimento di essere parte e non tutto, di essere una polarità, una prospettiva, un punto di vista che non può pretendere di essere tutto, escludendo che esista un modo di essere, agire, volere diverso da sé. L’identità presuppone un processo diadico (maschio-femmina) o triadico (padre-madrebambino).
4.3. La variabilità (non arbitraria) della identità di genere
È nell’ambito del riconoscimento di una identità soggettiva incarnata in un corpo sessualmente determinato duale, che è possibile ammettere la viabilità del ‘genere’ (non arbitraria). La variabilità è dei tratti psicologici e dei ruoli sociali (accidentali), non dei sessi o soggetti sessuati (sostanze) 21. L’identità sessuata (fisica) ‘è’ e ‘diviene’ identità di genere (psico-sociale), nella interazione e nella integrazione. L’uomo ‘è’ e ‘diviene’ uomo; la donna ‘è’ e ‘diviene’ donna, mediante la
interazione tra fattori fisici intrinseci e fattori psico-sociali esterni. La donna, nella fisicità sessuale
femminile, tende a tratti psicologici e ruoli sociali segnati generalmente dalla accoglienza e dall’accudimento; l’uomo dalla forza e dalla trasformazione. Ma i cambiamenti della società in cui viviamo possono portare la donna ad essere più aggressiva o l’uomo docile. La mascolinità della donna o
19
F. D’AGOSTINO, Dialettica dei sessi e dimensioni della familiarità (tra dimensioni teologiche e dimensioni filosofiche), in Linee di una filosofia della famiglia nella prospettiva della filosofia del diritto, Giuffrè, Milano 1991, pp. 81114.
20
La clonazione per trasferimento di nucleo, consiste nel trasferimento del nucleo di una cellula somatica di un individuo in una ovocellula denucleata. Il clone è la copia genetica di un organismo.
21
P. RICCI SINDONI, C. VIGNA (a cura di), Di altro genere: etica al femminile, Vita e Pensiero, Milano 2008.
–8–
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
la effeminatezza dell’uomo possono evidenziare una interferenza di tratti e ruoli, ma non una interscambiabilità di corpi o compresenza di identità.
5. Perché il diritto non de-generi: applicazioni
In questo contesto, non è facile delineare il percorso del diritto 22. Il diritto non può essere
neutrale registrazione della prassi, delle trasformazioni sociali, delle pulsioni. Il diritto non è legittimazione della volontà illimitata di realizzazione di tutto ciò che è possibile tecnologicamente e desiderato in modo irrazionale, istintivo ed emotivo, ritenendo ogni scelta, quale che sia, equivalente
rispetto a qualsiasi altra possibile scelta 23. Non può nemmeno imporre in modo dogmatico una verità in un contesto sociale complesso, pluralistico e secolarizzato.
Il diritto, semmai, ha il compito strutturare e costitutivo di difendere le condizioni obiettive
della identità della persona, quale protezione della identità/differenza sessuale e integrità del corpo
sessuato. Ciò non significa negare il ‘divenire’, ma legittimare il ‘divenire’ nell’‘essere’: il divenire
non va inteso come mero spostamento casuale ed arbitrario da un luogo all’altro, da una identità ad
altra identità (‘trans’); ma come movimento (aristotelicamente) ‘da qualcosa verso qualcosa’, come
riconoscimento razionale nella natura del senso e del fine, della direzionalità dello sviluppo, delle
potenzialità intrinseca da attuare. In questo senso si difende la identità come ricerca di armonia tra
la componente fisica, psichica e sociale, come ricerca di una corrispondenza armonica tra nascita/percezione interiore/ruolo sociale, nella accettazione del limite del corpo. Nella misura in cui
l’identità di genere è intesa come ‘inveramento’ della identità sessuale, come divenire ciò che si è,
si potrà evitare il rischio della ‘de-generazione’ del diritto.
La ricerca della armonia tra identità sessuale e identità di genere nel contesto dei ‘disordini
della differenziazione sessuale’ è attuabile mediante una diagnosi precisa e precoce (se possibile già
in fase prenatale) che consenta di riconoscere sulla base di elementi a disposizione (genetici, gonadici, ormonali, fenotipici) caso per caso le ‘indicazioni obiettive’ che portino ad una scelta non arbitraria ma adeguata alle esigenze reali. Ogni decisione di intervento (chirurgico o ormonale), soprattutto se irreversibile o difficilmente reversibile, deve essere ispirato a ragioni terapeutiche che abbiano l’obiettivo di garantire il benessere armonico del soggetto, sul piano fisico-psichico-sociale.
Gli interventi non possono mai essere giustificati da mere ragioni estetiche, da scelte pragmatiche di
sola agevolezza tecnica (ciò che è più ‘facile’ da realizzare da parte del medico) o da aspettative
esterne (dei genitori nei confronti dei figli). L’intervento medico deve essere ispirato a criteri che
bilancino l’urgenza, la gradualità, la prevedibilità del beneficio e la minimizzazione del danno (ove
benefici e danni vanno commisurati al benessere globale della persona) e devono sempre indicare le
ragioni della scelta in senso maschile o femminile, esortando i genitori ad una educazione conseguente e congruente.
Il transessualismo costituisce un ‘disturbo’ che si manifesta nella disarmonia tra sesso fisico
e percezione di genere psico-sociale. Non sono ancora chiare le cause che portano a tale stato (se
organiche o inorganiche), ma è rilevante consentire al soggetto il recupero di condizioni di armonia
tra elementi interni ed esterni. È indispensabile che il medico accerti, con una corretta diagnosi, che
escluda in modo certo la presenza di un disturbo mentale, che sussista una desiderio persistente (non
transitorio), permanente ed irreversibile, di malessere psicologico e di lacerazione interiore che determinano un senso di estraneità rispetto al proprio corpo e di disagio sociale. Va anche escluso che
si sia in presenza di ‘disordini della differenziazione sessuale’, che comportano un’altra linea terapeutica. La strategia terapeutica di ‘riassegnazione/attribuzione del sesso’ chirurgico-ormonale deve
prevedere un percorso di transizione fisico-psichico-sociale che consenta il recupero di una condi22
S. AMATO, Maschile e femminile: il genere del soggetto, in Il soggetto e il soggetto di diritto, Giappichelli, Torino
1990.
23
E. ROCCELLA, L. SCARAFFIA, Contro il cristianesimo. L’ONU e l’Unione Europea come nuova ideologia, Piemme,
Casale Monferrato 2005.
–9–
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
zione di armonia soma/psiche. Non è accettabile che il soggetto chieda un cambiamento come mera
scelta arbitraria di volontà o desiderio transitorio, né che un medico assecondi tale richiesta, senza
capire la autentica motivazione.
Il diritto è inoltre chiamato a garantire la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una
donna, quale nucleo naturale della società: l’eterosessualità garantisce sul piano biologico-naturalistico le condizioni dell’obiettiva apertura alla procreazione nella complementarità fisiologicosessuale. L’unione omosessuale, seppur durevole, è strutturalmente sterile: per questa ragione non
può essere considerata equivalente all’unione eterosessuale. Il desiderio di genitorialità degli adulti
omosessuali confligge, in modo insanabile, con l’interesse del nascituro. Il figlio nascerebbe in una
situazione familiare con due madri o due padri, strutturalmente orfano o di madre o di padre, a causa di un progetto a priori (e non di una fatalità): benché il desiderio di genitorialità delle coppie
omosessuali sia un desiderio mimetico della coppia eterosessuale, con una alterazione del ruolo di
uno due partners che assume il ruolo del sesso mancante, agendo “come se fosse” (padre o madre),
pur non avendone sostanza psicosomatica, ciò non sottrae il rapporto da una strutturale ambiguità. Il
pericolo è che si neghi al nascituro la possibilità di identificazione (antropologica e sessuale) con
doppio referente eterosessuale: la mancanza di una delle due figure genitoriali sessuali comporta il
rischio che il figlio rimanga impigliato nel ‘narcisismo parentale’ senza che si instauri quella progressiva separazione che consente al nato di divenire sé 24. C’è chi ritiene che esistano altre forme di
socializzazione che consentano un’identificazione anche senza madre o padre: ma lo stesso fatto
che si ammetta che il bambino possa ricorrere a figure extrafamiliari, di sesso opposto ai genitori,
per la propria identificazione, è una prova quanto meno di incompletezza (o in autenticità) dell’identificazione intra-familiare omosessuale 25. Anche se la psicologia evolutiva non fosse considerata attendibile o sufficiente, di fronte al solo rischio che la crescita di un bambino in un contesto
familiare biparentale monosessuale possa attivare insanabili scompensi psichici, esige che il diritto
dia prevalenza all’interesse del nascituro, anche sacrificando il desiderio di genitorialità omosessuale, che oltretutto potrebbe sempre trovare altre compensazioni affettive.
24
E. SCABINI, G. ROSSI (a cura di), Famiglia ‘generativa’ o famiglia ‘riproduttiva’? Il dilemma etico nelle tecnologie di
fecondazione assistita, Vita e Pensiero, Milano 1999; S. VEGETTI FINZI, Volere un figlio. La nuova maternità fra natura
e scienza, Mondadori, Milano 1997.
25
F. D’AGOSTINO, Una filosofia della famiglia, Giuffrè, Milano 2003. Cfr. L. SANTOLINI, L’avventura necessaria. La
famiglia al centro della società, Cantagalli, Siena 2005; L. SANTOLINI, V. SOZZI, La famiglia soggetto sociale. Radici,
sfide, progetti, Città Nuova, Milano 2002.
– 10 –
L. PALAZZANI, Gender: presupposti filosofici e implicazioni giuridiche
LAURA PALAZZANI
Il dibattito sul ‘gender’ tra filosofia e diritto
(schema sintetico)
La parola ‘genere’ può essere usata in diversi modi: a livello grammaticale, indica la distinzione tra ‘maschile/femminile’ (ma in alcune lingue, anche il neutro); a livello concettuale è una categoria che raggruppa cose/persone con caratteristiche rilevanti simili e irrilevanti dissimili (si può
usare anche per indicare l’‘umano’, senza distinguere uomini/donne); nel dibattito oggi, come traduzione dall’inglese ‘gender’, si riferisce, in modo specifico, ad una dimensione di significato che si
contrappone a ‘sex’. Con ‘sex’ si indica la condizione biologica o fisica dell’essere uomo/donna,
maschio/femmina (‘come si nasce’): con ‘gender’ si indica la condizione meta-biologica dell’essere
uomo/donna, la mascolinità/femminilità (‘come si diviene’).
La categoria ‘gender’ è stata teorizzata in modi diversi. Le recenti teorizzazioni delineano un
percorso che si allontana sempre più dal ‘determinismo biologico’, che ritiene il ‘sex’ determinato
alla nascita in modo statico e fisso, postulando la corrispondenza sex/gender. Le teorie ‘gender’ dimostrano, con modalità ed argomentazioni diverse, la separazione tra ‘sex’ e ‘gender’. La teoria
‘nurture’ ritiene il ‘gender’ sia una rappresentazione psicologica e prodotto dell’educazione, a prescindere dall’identità sessuale alla nascita; le teorie del costruzionismo sociale riconducono il ‘gender’ ad una costruzione storico-sociale, quale assunzione di compiti, ruoli, funzioni mediante la socializzazione; infine, le teorie postmoderne identificano il ‘gender’ con la creazione individuale, ossia la libera espressione di istinti, pulsioni, volontà.
Le teorizzazioni ‘gender’ non sono astrazioni sofisticate, ma sono già entrate e stanno entrando nel diritto vigente internazionale e nazionale.
Molte sono le criticità espresse nei confronti delle teorie gender. La stessa osservazione del
processo di differenziazione sessuale evidenzia la rilevazione di modificazioni ‘a cascata’ coordinate da un programma non casuale o necessitato, che si sviluppa gradualmente e progressivamente secondo una successione lineare e regolare di fenomeni strettamente interconnessi. La configurazione
genetica e cromosomica determina la morfologia delle gonadi che produce ormoni, i quali svolgono
un ruolo determinante per la formazione dell’apparato riproduttivo interno/esterno e dei caratteri
sessuali primari/secondari. Tale processo si articola in una direzionalità teleologica: le anomalie
dello sviluppo sono ‘disordini’ (così chiamati nella stessa letteratura medica, ‘disordini della differenziazione sessuale) che presuppongono un ‘ordine’ naturale.
Anche il transessualismo costituisce un ‘disturbo’ che si manifesta nella disarmonia tra sesso fisico e percezione di genere psico-sociale. Non sono ancora chiare le cause che portano a tale
stato, ma è indispensabile che il medico accerti, con una corretta diagnosi, che escluda in modo certo la presenza di un disturbo mentale, che sussista un desiderio persistente di malessere psicologico
e di disagio sociale. La strategia terapeutica di ‘riassegnazione del sesso’ chirurgico-ormonale deve
prevedere un percorso di transizione fisico-psichico-sociale che consenta il recupero di una condizione di armonia soma/psiche.
Infine, nella prospettiva della rilevanza della natura umana, non si possono considerare
equivalenti gli ‘orientamenti sessuali’. L’eterosessualità garantisce sul piano biologico-naturalistico
le condizioni dell’obiettiva apertura alla procreazione nella complementarità fisiologico-sessuale.
L’unione omosessuale, seppur durevole, è strutturalmente sterile: per questa ragione non può essere
considerata equivalente all’unione eterosessuale. Il desiderio di genitorialità degli adulti omosessuali confligge con l’interesse del nascituro. La mancanza di una delle due figure genitoriali sessuali
comporta il rischio che il figlio rimanga impigliato nel ‘narcisismo parentale’ senza che si instauri
quella progressiva separazione che consente al nato di divenire sé. Anche se la psicologia evolutiva
non fosse considerata attendibile o sufficiente, di fronte al solo rischio che la crescita di un bambino
in un contesto familiare biparentale monosessuale possa attivare insanabili scompensi psichici, esige che il diritto dia prevalenza all’interesse del nascituro, anche sacrificando il desiderio di genitorialità omosessuale.
– 11 –
CONFERENZA EPISCOPALE LAZIALE
Commissione per la Pastorale Scolastica e
l’Insegnamento della Religione Cattolica
___________________________________________________________________________
TONINO CANTELMI
Sesso e genere nella psicologia e nell’educazione
Qualcosa di solido, oggettivo e condiviso è, a tutti gli effetti, ciò che noi vogliamo far emergere
con questo lavoro 1, partendo dalle differenze scientificamente fondate (in termini neurofisiologici e
psicologici) tra maschi e femmine e come questa differenza potrebbe essere raccolta e valorizzata in
ambito educativo. Il fatto poi, che il nostro lavoro sia condiviso, è in realtà, più che un punto di partenza, un punto di arrivo sperato, dato che in Italia si parla molto poco di questo argomento (basta
fare una semplice ricerca bibliografica in una biblioteca, oppure su Internet per rendersi conto della
scarsità di materiale a riguardo) e, di contro, si avverte una certa tendenza a omologare tutto, compreso l’inomologabile, in nome di un politically correct che non vuole esporsi e affermare la verità
per paura di essere tacciati come discriminatori o reazionari o retrogradi o altro.
Eppure il dibattito è aperto a livello internazionale, soprattutto per quanto riguarda le scuole
omogenee che in molti paesi stanno ritrovando un nuovo interesse da parte delle famiglie e delle
istituzioni. Non è forse un’esperienza comune sperimentare quanto sia diverso avere a che fare con
un maschietto o con una femminuccia? E da dove vengono queste predisposizioni che sembrano
sorgere molto molto presto?
La suddivisione dei ruoli maschile e femminile è sempre stata un cardine importante sul quale si
organizzano le società degli uomini. Cosa sia maschile, cosa femminile, di cosa si debba occupare
un uomo e di cosa una donna, come educare i bambini e bambine, sono tutte queste, le determinanti
che già da sole dicono molto della società nelle quali esistono. Riconosciamo che è vero che nel
modo di concepire la mascolinità e la femminilità, in questi ultimi cinquanta anni, il mondo occidentale abbia guadagnato una maggiore flessibilità e aderenza alla realtà, grazie al progresso dei
diritti civili, al contributo della riflessione psicologica e, in questi ultimi tempi, anche attraverso
l’apporto di numerose ricerche scientifiche. Prima di allora la visione del maschile e del femminile
imperante era molto legata a ruoli rigidi, sociali e familiari che ingabbiavano la realtà all’interno di
schemi ideali e spesso ingiusti. Successivamente, tra il processo di emancipazione della donna, le
lotte per i diritti civili, il ’68 e la contestazione verso i ruoli autoritari, si è attaccata violentemente la
differenza tra i due sessi perché ritenuta portatrice delle discriminazioni e ingiustizie che si verificavano a livello sociale. Il nostro parere è che in questo processo di cambiamento (di cui non stiamo
qui a fare la lettura storico-critica) si siano abbattuti talmente tanti muri, da lasciare la casa in rovina, priva di un sopra e un sotto, della distinzione fra le varie camere rendendola così, alla fine dei
conti, meno abitabile.
La conseguenza nefasta maggiore è la lacuna educativa. Senza punti di riferimento chiari e distinti il rischio è quello di non riuscire a fornire agli educandi ancora in formazione quella cornice
di riferimento, quelle fondamenta che gli permetteranno poi in tutta libertà di sviluppare se stessi a
partire da capisaldi fermi e solidi, oggettivi e condivisi.
In linea con molti studi internazionali, noi pensiamo che è possibile stabilire e riconoscere che
esistono delle differenze e delle peculiarità maschili e femminili che possono interessare la conformazione fisica, il tono muscolare, gli assetti neuroendocrini, le funzionalità cerebrali, caratteristiche
psicologiche e sociali. Ovviamente con questo non intendiamo affermare che tutti i maschi e tutte le
femmine rientreranno perfettamente in queste dimensioni, perché queste sono caratteristiche con
1
T. CANTELMI – M. SCICCHITANO, Educare al femminile e al maschile, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 2013. Il presente testo ne raccoglie alcune riflessioni (tratte soprattutto dall’introduzione).
Quale antropologia per la famiglia di oggi? Persona umana e valorizzazione della differenza sessuale
Corso di aggiornamento per IdR del Lazio – Roma, Casa Bonus Pastor, 1-2 dicembre 2014
T. CANTELMI, Sesso e genere nella psicologia e nell’educazione
molte variazioni individuali che possono anche essere assenti. E soprattutto prima c’è sempre la
persona con la sua unicità, carattere e storia personale. Inoltre, è bene sapere che, soprattutto per
quanto riguarda le differenze fisiologiche cerebrali, queste sono riscontrabili soprattutto nella fase
di sviluppo compresa tra i sette e i diciotto anni, per poi attenuarsi molto.
In questo viaggio di scoperta della diade più antica del mondo, ci avvarremo spesso dei contributi del pediatra e psicologo americano Leonard Sax 2, al quale si deve riconoscere di aver dato un
nuovo impulso alla riflessione su questi argomenti. Da pediatra, constatando che alcune difficoltà
dei maschi riportate dai genitori riguardanti disattenzione erano dovute semplicemente al fatto che
sentivano meno delle compagne di classe, ma che di questo non ne teneva conto nessuno, ha iniziato un percorso di studio che lo ha portato a pubblicare tre libri e diversi articoli scientifici.
CIÒ CHE È DATO E CIÒ CHE È INNATO: EDUCAZIONE, SESSO BIOLOGICO E GENERE
Le categorie sesso e genere sono distinte in quanto la prima denota l’appartenenza a una delle
due categorie biologiche della diade che compone l’umanità (maschio/femmina), mentre per genere
si intende indicare tutto ciò che è sovrapponibile al biologicamente dato, quindi l’esperienza psicologica, relazionale e culturale. «Quello che sosteniamo è che le società abbiano la possibilità di minimizzare, anziché massimizzare, le differenze tra i due sessi, attraverso le loro pratiche di socializzazione» affermano due importanti studiose americane (Maccoby e Jacklin) 3. Un canale nel quale è
possibile applicare questa intenzione di minimizzare il più possibile la differenza tra i due sessi è
sicuramente l’educazione, ed è nostra opinione che sia stato fatto in modo sbagliato: da premesse
giuste e intenti condivisibili, si sia arrivati a conseguenze sommarie e in alcuni casi fuorvianti arrivando a ignorare la realtà manifesta.
EDUCATORI TECNOLIQUIDI
Nel profilo dei genitori dei nostri giorni, possiamo trovarne di affettuosi e accudenti, preoccupati per i loro figli, ma che hanno rinunciato a trasmettere visioni della vita, assetti valoriali e di significato, riflessioni di senso. In altri termini vogliono bene ai loro figli, sono affettuosi, accudenti ma
non educanti.
Stiamo inoltre assistendo a una ipersessualizzazione della società. Le proposte e i messaggi relativi alla sessualità che attraversano i media sono troppi: troppo svincolati dal rapporto d’amore,
troppo rappresentativi della felicità e del rapporto di coppia a discapito degli altri aspetti dell’intimità personale… Negli anni ’80 più del 50% dei video musicali conteneva scene a sfondo sessuale,
per passare al 90% degli anni ’90… Ricerche sui videogiochi hanno dimostrato che giocare a videogiochi violenti è associabile direttamente a comportamenti aggressivi, emozioni aggressive
un’alta attivazione cardiovascolare e la diminuzione di comportamenti di aiuto…
Sia per i maschi che per le femmine sembra che ci sia una modalità di gioco preferita: alle bambine piace giocare alle signore e vestire le bambole, ai bambini correre combattendo contro nemici
immaginari, costruire e distruggere e cercare nuove attività eccitanti. Queste modalità specifiche
non vanno né incoraggiate particolarmente né osteggiate perché sono espressione di una tendenza
naturale e biologicamente fondata, per cui i maschi sono più interessati ai giochi competitivi e le
femmine a quelli cooperativi… Saper giocare come giocano la maggior parte dei coetanei dello
stesso sesso è una buona abilità da spendere per i bambini…
Il maschile e il femminile sono necessari per la definizione stessa della condizione umana, e
non si può certo sostenere che la differenza fra uomo e donna sia una teoria cattolica: è invece fondamentale persino per l’evoluzione… Ma soprattutto è importante in ambito educativo!
2
Cfr L. SAX, Why Gender Matters, Thress Rivers Press, New York 2005. Il testo non risulta finora tradotto in italiano.
Citate in B. GELLI, Psicologia delle differenze di genere. Soggettività femminili tra vecchi pregiudizi e nuova cultura,
Franco Angeli, Milano 2009 (20145).
3
–2–


È una corrente di pensiero, secondo la quale ci
sarebbe una netta separazione tra il sesso e
il gender (genere).
I sostenitori di questa tesi sono d’accordo su una
cosa: che i gender roles (ruoli di genere) vanno
cambiati per liberare le donne da un insieme di
condizionamenti psicologici e culturali collegati
al loro essere donne. In questo modo potranno
godere di una vera e propria uguaglianza rispetto
agli uomini. Inoltre si mira a sovvertire la
concezione condivisa e tradizionale dei ruoli
sessuali.

Esistevano stereotipi e
disuguaglianze
◦ mancanza del diritto di
voto
◦ Accesso al lavoro
◦ Pregiudizi, anche
scientifici…. Paul Broca:
“non possiamo perdere di vista il
fatto che la donna sia in media
meno intelligente rispetto
all’uomo. È dunque ipotizzabile
che la relativa piccolezza del
cervello femminile dipenda allo
stesso tempo dalla sua inferiorità
fisica e da quella intellettuale”

Le categorie sesso e genere sono distinte in quanto la prima denota
l’appartenenza a una delle due categorie biologiche della diade che
compone l’umanità (maschio/femmina), mentre per genere si intende
indicare tutto ciò che è sovrapponibile al biologicamente dato, quindi
l’esperienza psicologica, relazionale e culturale.
X
X
La Gender Theory sostiene che il genere, essendo
culturalmente imposto, è modificabile, intercambiabile e
plasmabile
“Quello che sosteniamo è
che le società abbiano la
possibilità di minimizzare,
anziché massimizzare, le
differenze tra i due sessi,
attraverso le loro pratiche
di socializzazione”
Maccoby e Jacklin
2011 Egalia, asilo
sovvenzionato dal dove tutto
è fatto, pensato e detto per
eliminare le differenze fra i
sessi e contemplare, per
contro, tutta la gamma
possibile di appartenenze e
ibridazioni: «Egalia dà loro la
fantastica opportunità di
essere quello che vogliono»
decanta un’insegnante
trentunenne. L’obiettivo, dice
Lotta Rajalin, direttrice
dell’asilo, è quello di
affrancare i bambini dalle
«discriminazioni di genere»
perché «le differenze di
genere sono alla base
dell’ineguaglianza »
2013
Con l’ingannevole
definizione di
“Educazione alla salute”
viene imposta nelle
scuole l’ideologia
gender a partire dai 7
anni. E i genitori non
possono evitare che i
figli assistano a queste
lezioni
Le istituzioni scolastiche sono
per la gran parte garantiste
rispetto alla teoria del genere
perché educare un buon
cittadino, vuol dire educarlo
tollerante e rispettoso e,
secondo questa ideologia,
questo significa che devono
essere applicati i principi
gender blinded education



Attraverso la Gender Theory, al processo
di emancipazione della donna, le lotte per
i diritti civili, il 68 e la contestazione verso
i ruoli autoritari, si è attaccata
violentemente la differenza tra i due sessi
perché ritenuta portatrice delle
discriminazioni e ingiustizie che si
verificavano a livello sociale.
Il nostro parere è che in questo processo
di cambiamento si siano abbattuti
talmente tanti muri, da lasciare la casa in
rovina, priva di un sopra e un sotto, della
distinzione fra le varie camere rendendola
così, alla fine dei conti, meno abitabile
Il punto di partenza per riflessioni e
considerazioni sull’uomo, (educative,
diritto, scientifiche) non è più la concreta
esperienza di maschile e femminile che
ciascuno ha, nè le evidenze scientifiche,
ma l’ideologia egualitarista
OMOLOGAZIONE
Ideologia
Realtà
Siamo arrivati ad un punto che per affermare e diffondere costruzioni
culturali (Gender Theory) si nega e si prescinde dai dati di realtà,
anche quelle evidenti al buon senso e provate scientificamente.

Sulla base di ricerche scientifiche e dati di
realtà, dal punto di vista del funzionamento
del cervello, del sistema neuroendocrino,
delle percezioni sensibili, andiamo a
rispondere a domande come:
◦ Maschi e Femmine sono uguali quando nascono e
poi cambiano per la cultura?
◦ Sono uguali?
◦ Sono intercambiabili?
Rischio e Ansia
Ascolto e
risonanza
emotiva
Sensi
Etica
Autostima
Vissuto sessuale
Bimbi in culla
Diversa quantità nella retina di cellule M e cellule P.
Diversi studi hanno mostrato che alle piccole bambine
interessano le facce, ai maschietti gli oggetti che si
muovono. E questo può già aiutarci a capire molte cose….
Connellan J, Baron-Cohen S, Sex
Differences in Human Neonatal
Social Perception, Infant Behavior
& Devolopment, 23, pg 113-118
Alcune ricerche hanno evidenziato che l’udito delle
bambine è sostanzialmente più sensibile di quello dei
maschi, specialmente nella gamma di frequenze che va dai
1.000 ai 4.000 Hz, che tra le altre cose è anche la gamma
fondamentale per la discriminazione dei suoni nel
linguaggio
Chiarenza G, D’Ambrosio G, Cazzullo A, (1988),
Sex Differences of Brain_Stem Acoustic Evoked
Pontetials in a Sample of Normal Full-Term
Newborns, Electroencephalography and Clinical
Neurophsiology, 71, pg 57-66
Corso J (1963), Age and Sex Differences in
Thresholds, Journal of the Acoustical Society of
America, 31,pg 350-356

Fritsch D, Men more likely to Die in Thunderstorms
Than Woman, Reuters, April 28, 2003

Peterson L, Gender and Devolpmental Patterns of Affect, Belife
adn Behavior in Simulated Injury Events, Journal of Applied
Devolpmental Psychology, 18:531-46,1997.
le ragazze ottengono
migliori risultati quando
viene presa in esame la
concezione morale ed
etica di sé stesse e la
considerazione di sé
riguardo la condotta
comportamentale e a
quanto sia socialmente
accettabile Le ragazze

sviluppano la propria
concezione del proprio
valore basandosi sulle
risposte degli altri e
sulle relazioni che
hanno con gli altri.
I maschi hanno
un punteggio
maggiore se si
considera la
soddisfazione di
sé e stima di sé,
misure nelle quali
vengono prese in
considerazione il
proprio corpo e le
relazioni con gli
altri mentre
l’autostima dei
ragazzi ha il suo
baricentro sulle
percezione delle
qualità personali.
Gentile B, Grabe S, Dolan-Pascoe B,
Twenge J M, Wells B, (2009), Gender
differences in domain-specific selfesteem: A meta-analysis, Review of
General Psychology, 13(1):34–45
Certo che panorama
stupendo! Ogni giorno con
sfumature diverse e
irripetibili….e sono così
contenta di stare qui con
te! E tu, che stai
pensando?
….quanta acqua!
Brizendine L, (2007), Il
cervello delle donne, Bur
Saggi, pg 20





Maggiore sensibilità alle frequenze acustiche del “parlato”
Maggiore interesse per facce umane = interesse
Gioco rappresentativo più sviluppato = allenamento
Sviluppo emotivo più rapido e maggiormente focalizzato sulla
elaborazione
Facilità di condivisione di contenuti personali nelle amicizie
Uno studio molto
famoso, ad esempio ha
esaminato un campione
facente parte di bene
37 culture, dai tedeschi
ai pigmei, dagli
eschimesi agli abitanti
di Taiwan chiedendosi:
In base a quale criterio
uomini e donne sono
attratti e scelgono il
partner?

Donne:

Uomo:
◦ Caratteristiche relazionali
◦ Personalità
◦ Posizione sociale
◦ Corpo e aspetto fisico

Buss D (1990), International preferences in
selecting mates: a study of 37 cultures, Journal
of Cross-Cultural Psychology, 21(1):5-47. cit in
Brizendine L (2010), pg 88
Diamond L, (2003), What Does Sexual
Orientation Orient? A Biobehavioral
Model Distinguishing Romantic Love and
Sexual Desire, Psychological Review,
• Ormone coinvolto è
l’ossitocina che media
i comportamenti di
cura e accudimento
• Zone del cervello
attive oltre ai circuiti
emotivi anche la
corteccia cerebrale
Durante il rapporto sessuale
nell’uomo
Durante il rapporto sessuale
nella donna…
110:173-92
• Ormone coinvolto è il
testosterone, che
media comportamenti
di aggressività ed
eccitazione
• Zone del cervello
attive sono il Talamo e
Ipotalamo

Diffusa negli Stati Uniti “agganciarsi”, e
consiste nell'avere rapporti sessuali nei
quali è chiaro ad entrambi che non ci deve
essere nessun coinvolgimento, nessuna
aspettativa di intimità o responsabilità.
Durante una festa o un party o in discoteca.
È la massima esplicitazione di “sesso” senza
“amore”: un rapporto sessuale, spesso
deciso e scelto al momento, senza il peso e
la fatica di una relazione
Sax L (2005),
Why Gender
Matters, pg 118
La maggior parte delle ragazze apprezzano e
gustano l’intimità fisica, soprattutto quando viene
vissuta all’interno di una relazione d’amore
completa, fatta di condivisione, interesse
personale, stima. Praticamente quanto di più
lontano ci può essere da un esperienza di hooking
up e spesso, nonostante sappiano benissimo cosa
sia e cosa comporti e non comporti, non mancano
di farsi aspettative di una relazione. Che spesso
vengono deluse, con sofferenze profonde.




Le pulsioni sessuali sono una parte
dell’essere umano, maggiormente
prorompente nell’adolescenza e nella
prima età adulta
Ma vi sono pulsioni, bisogni, scelte e
desideri che nel corso dello sviluppo di una
persona crescono per andare ben oltre la
dimensione la dimensione istintiva.
L'educazione a vivere la sessualità come un
atto non masturbatorio, ma relazionale,
condiviso e aperto all'altro è un traguardo
per i ragazzi più di quanto lo sia per le
ragazze, e rappresenta per loro una
competenza importantissima senza la
quale sarà per loro difficile stabilire e
coltivare rapporti significativi, duraturi ed
appaganti
Uomo adulto che non abbia fidanzata o
moglie è sostanzialmente più incline a
diventare seriamente depresso, ha più
probabilità di commettere un suicidio o
morire di malattia. Un uomo solo, è,
tendenzialmente, un uomo fragile e triste
piu di quanto valga per le donne
Luoma J, Pearson J, (2002), Suicide and marital
status in United States, American Journal of
Public Healt, 92:1518-22; Simon R, (1996),
Assessing Sex Differences in Vulnerability among
Employed Parents: The Importance of Marital
Status, Journal of Health & Social Behaviour,
39,38-54.
Nell’etica della giustizia è
presente molto più
nettamente la dimensione
della separazione, l’altro
viene riconosciuto in
quanto altro e separato da
sé, come qualcuno che
abbia uguali diritti,
proprio perché i diritti
sono universali ed
applicabili a tutti. Le
caratteristiche che
connotano l’etica maschile
sono quindi la legalità, la
competizione, la
distinzione e la regola, la
possibilità di vivere un
rapporto interpersonale
senza la preoccupazione
di poter perdere la propria
dignità, mirando ad un
sistema in cui tutti
possono essere
considerati egualmente
degni e trattati con equità
nonostante le differenze di
potere.

Kholberg & Gilligan
L’ etica intesa come cura
degli altri pone al centro
l’altro come individuo,
simile a me, a cui
riconosco bisogni
personali e l’essere
persona concreta. Si
tratta di un’etica
caratterizzata da
intimità, sollecitudine,
rapporto e quindi dalla
preoccupazione di
arricchire la propria
persona senza perdere
al contempo la
ricchezza della
relazione, puntando ad
un rapporto ideale nel
quale ciascuno riceve
risposta e viene incluso
e nessuno viene lasciato
solo e fatto soffrire.
Etica della Giustizia & Etica della Cura
Maschile legato
alla
competizione,
alla regola e alla
distinzione
dall’altro
PROBLEMA
integrarsi nella
dimensione del
rapporto senza
perdere la propria
singolarità
Femminile legato
all’intimità, alla
cura e al rapporto
PROBLEMA
guadagnare un più
spiccato senso della
propria persona
senza perdere la
ricchezza della
relazione


i maschi tendenzialmente hanno
un rapporto caratterizzato da
istinto esplorativo ed eccitazione
con il pericolo e il rischio, e
questo, unito alla minore ansia
che un padre prova nei confronti
delle attività dei figli, comporta
che il padre, tendenzialmente ha
molto spesso tra i due genitori il
ruolo di colui che spinge il
bambino verso l’autonomia, a
fare le cose da solo, ad
affrontare i pericoli e le paure e
queste capacità sono
fondamentali per il benessere di
un maschio che spesso sarà
chiamato ad essere coraggioso e
intrepido nei giochi con i suoi
coetanei, fiducioso in se stesso e
capace di affrontare le proprie
paure.
“Se papà non ne ha, d’altronde,
posso stare tranquillo”.
Minore ansia
rispetto ad
eventuali pericoli
Minore reattività
alla sofferenza
psicologica
Autonomia
Etica della
giustizia
Attitudine a
risolvere i
problemi in modo
pratico e concreto

Per opporsi al figlio, un padre deve essere
capace di dire
NO
Fornire il
muro su
cui
costruirsi
Fornire
muro su
cui
scontrarsi
“Il padre insegna a
morire, educa alla
sofferenza,
portando il
bambino ad
autolimitare i propri
desideri, bisogni,
estrosità, per un
fine esterno a sé.
Claudio Risè
CONFERENZA EPISCOPALE LAZIALE
Commissione per la Pastorale Scolastica e
l’Insegnamento della Religione Cattolica
___________________________________________________________________________
FRANCESCA BORRUSO
Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
L’intervento sarà focalizzato, in primo luogo, sulla trasformazione delle relazioni fra genitori e
figli dentro la famiglia fra Sette e Novecento, (M. Barbagli, 1984) con uno sguardo anche alle differenze di genere (C. Covato, 2014). Varcheremo, così, la soglia della vita privata, che per quanto negli ultimi vent’anni sia stata oggetto di una sempre più ampia saggistica storiografica resta, comunque, un territorio di difficile decifrazione per il ricercatore, sia perché storicamente contrapposta al
potere pubblico e quindi oscurata, sia perché carica di comportamenti e significati diversi a seconda
dei contesti di vita socio-culturali e dei protagonisti coinvolti (Ph. Ariès, G. Duby, 2001). In questo
ambito di ricerca, però, le «pedagogie narrate» possono venirci in soccorso come sempre più feconda chiave interpretativa: si tratta di quelle narrazioni individuali, come le autobiografie, la memorialistica, le narrazioni letterarie, gli epistolari che, per quanto apparentemente lontane dal sapere
ufficiale dell’educazione, sono dense sia di normatività pedagogica – le pedagogie formali e informali che condeterminano le vite individuali – sia dei desideri e delle intenzionalità che caratterizzano le diverse esistenze (C. Covato, L. Cantatore, F. Borruso, 2014). Fra queste memorie del sottosuolo, sono particolarmente difficili da reperire e da interpretare quelle relative alla vita reale di
bambine e bambini, uno dei più emblematici «silenzi sociali» della ricerca storica. Vite bambine per
lo più «narrate e testimoniate da altri», quindi mediate dalla percezione e dalla visione degli adulti,
oppure ricostruite negli anfratti della memoria di un sé divenuto adulto (E. Becchi, D. Julia, 1996).
Una cosa, però, appare certa: fra Sette e Ottocento le relazioni dentro la famiglia europea, sembrano
lentamente trasformarsi alla luce di nuovi bisogni affettivi, verso scenari maggiormente intimistici e
paritari.
Sembra che fra i primi protagonisti di questa profonda trasformazione culturale «del sentire»
dentro la famiglia borghese ci siano le classi colte. Analizzeremo, così, alcuni esempi di paternità,
come quella di Pietro Verri, di Monaldo Leopardi, di Alessandro Manzoni che si configurano come
testimonianze del lento insorgere di nuove genitorialità, di nuove prassi educative, di nuovi modi di
amare. Infatti, tra la fine del Settecento e il Novecento si registrano alcuni significativi mutamenti
nella storia delle idee e del costume che coinvolgono, inevitabilmente, gli stili di vita e le pratiche
educative della famiglia europea. Si tratta di un nuovo «sentire», sostenuto dalla speculazione teorica – su tutti la provocazione pedagogica de l’Emilio di Jean-Jacques Rousseau (1762) – e da un
clima culturale diffuso che, gradualmente, trasforma lo scenario della famiglia borghese e il suo
modello di vita affettivo. Nel corso del secolo dei Lumi, infatti, sembrano emergere, con maggiore
evidenza, sia il «sentimento dell’infanzia» sia il moderno «sentimento della famiglia». L’infanzia,
secondo la celebre interpretazione di Philippe Ariès (1980), viene colta nella sua specificità esistenziale come stagione della vita diversa da quella adulta, diventando oggetto di cure materiali ed educative appositamente concepite. Contestualmente prende corpo il sentimento della famiglia, la quale
sempre di più viene considerata come il luogo primario della vita affettiva e dell’educazione informale, rendendo sentimento della famiglia e sentimento dell’infanzia strettamente intrecciati nella
loro genesi storico-sociale.
Nel corso dell’Ottocento, invece, emerge un vero e proprio «culto della maternità», attribuendo
alla donna madre una valenza salvifica, non solo per figli e figlie ma per l’intero genere umano che
ne risulterà rigenerato. La riflessione pedagogica da Pestalozzi a Fröebel, inizierà ad immaginare
per le donne nuovi spazi educativi sempre più funzionali al ruolo materno, che da un canto apriranno nuovi scenari di tutela all’infanzia e alla maternità, d’altro canto serviranno a confinare sempre
di più le donne al ruolo di madri. La maternità, però, emerge sempre di più, nella sua forza ed incisività sul piano educativo. Dall’analisi di alcune storie di vita del primo Novecento è possibile rinQuale antropologia per la famiglia di oggi? Persona umana e valorizzazione della differenza sessuale
Corso di aggiornamento per IdR del Lazio – Roma, Casa Bonus Pastor, 1-2 dicembre 2014
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
tracciare una significativa centralità della figura materna, capace di costruire innovativi percorsi
educativi che si riflettono, in modo determinante, anche nella vita adulta dei figli (il caso di Amelia
Pincherle Rosselli). Dall’epistolario di Amelia con i suoi figli Aldo, Carlo e Nello, emerge una relazione di reciproco apprendimento emotivo, caratterizzata da un intenso, profondo e fertile colloquio
su questioni tanto private quanto pubbliche. Una vera e propria educazione sentimentale reciproca,
attraversata dallo scambio di idee, dal confronto, dalla comprensione, dalla presa di coscienza del
proprio modo di essere. Alla «pedagogia della sottomissione» sembra essersi sostituita una nuova
educazione sentimentale, in cui l’esperienza amorosa è attraversata dalla solidarietà, dal sostegno e
soprattutto dalla comprensione reciproca (F. Borruso, 2014).
Negli ultimi decenni, la famiglia e le relazioni al suo interno, stanno attraversando delle trasformazioni radicali e decisamente accelerate, rispetto alle trasformazioni dei secoli scorsi. Oltre alle nuove configurazioni familiari (omogenitoriali, monogenitoriali, allargate, ricomposte) anche le
tecniche mediche di procreazione stanno proponendo realtà inedite. La progressiva rarefazione della
figura paterna, (Recalcati, 2011; Argentieri, 2014), l’affermarsi di forme di relazioni familiari sempre più complesse (oggi un bambino, dice il sapere medico, può avere fino a cinque genitori – una
madre biologica, una portatrice, una che lo alleva e un padre che lo alleva diverso dal padre biologico), pongono domande inedite agli operatori della cura, impegnati nel compito di sostenere bambini
e adolescenti sempre più fragili e insicuri. A quali processi di identificazione vanno incontro i bambini delle nuove famiglie? Come si articola la rete fantasmatica tra presenze quotidiane – le persone
che hanno in carico la cura e il processo di crescita del bambino – e le sue figure generative, talvolta
sconosciute? Come queste presenze lontane e silenti animano domande e interrogativi radicali, contribuendo a costruire le premesse per la formazione dell’identità? (S. Ulivieri Stiozzi, 2014).
Ed ancora, studi recenti sui legami di coppia ne attestano la costitutiva friabilità (Naldini, Solera, Torrioni, 2012): le coppie sono entità sempre più reversibili che si formano e si disfano nell’arco
di una stagione. A fronte di individualità fragili sul piano emotivo, la cultura dell’individualismo celebra un soggetto monadico che persegue un proprio ideale di affermazione in cui i legami diventano scomodi intralci o occasioni passeggere ed effimere per la conquista di un «godimento» mai appagato (Recalcati, 2011).
Insomma, non possiamo negare che l’educazione familiare sia nei guai (L. Formenti, 2014). La
pedagogia, in quanto teoria ed epistemologia dell’educazione, dovrebbe essere il terreno nel quale
sviluppare idee sufficientemente buone sull’educare, come rotaie per prendere decisioni giuste. Il
primo passo ci sembra relativo al comprendere la famiglia in azione, la sua storia, costellata di
emozioni, paure, desideri, senza banalizzarla o ridurla ad una formula definitoria, che va certamente
a discapito della complessità del fenomeno. Insomma, solo uno sguardo sistemico, in cui l’educatore è consapevole di far parte della rappresentazione (l’osservatore interagisce con il sistema e ne
diventa parte integrante) ci consente di continuare a proporre uno sguardo «liberante e autenticamente trasformativo» sull’esistente. Una delle proposte, così, può essere relativa alla «ricerca cooperativa biograficamente orientata», la quale consente di raccogliere «buone storie» sulle famiglie
e/o sulle pratiche educative poste in essere, mentre favorisce riflessività, pensiero critico e apprendimenti trasformativi in tutti i partecipanti, educatore compreso (L. Formenti, 2014).
Riferimenti bibliografici (per gli altri testi citati, vedi la bibliografia ragionata a pagina seguente)
ARGENTIERI S., Il padre materno, Einaudi, Torino 2014
COVATO C., Idoli di bontà. Il genere come norma nella storia dell’educazione, Unicopli, Milano 2014
FORMENTI L. (ed.), Sguardi di famiglia, Guerini, Milano 2014
NALDINI M. – SOLERA C. – TORRIONI P. M., Corsi di vita e generazioni, il Mulino, Bologna 2012
RECALCATI M., Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Cortina, Milano 2011
–2–
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
Francesca BORRUSO
Bibliografia ragionata
1) ARIÈS Ph., DUBY G. (cura di), La vita privata, tr.it. Laterza, 5 voll. Roma-Bari, 2001.
L’opera, divisa in 5 volumi, analizza la storia della vita privata in Europa dall’Impero romano al Novecento, attraverso una molteplicità di fonti storiche. Il tentativo è quello di ricostruire una «storia totale» o
a «parte intera», secondo la lezione annalistica, relativa alla dimensione privata della vita sociale (famiglia, infanzia, matrimonio, modelli e prassi educative ecc.).
2) ARIÈS PH., Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, tr.it. Laterza, Roma-Bari, 1980.
Un classico della letteratura che ha inaugurato il filone degli studi sull’infanzia. L’idea dell’autore è che
la scoperta dell’infanzia, ossia la consapevolezza della specificità della vita infantile in Occidente, sia avvenuta insieme alla valorizzazione del senso della famiglia, a partire dall’età moderna.
3) BARBAGLI M., Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo, Il
Mulino, Bologna, 1984 (20132).
Il volume ricostruisce i principali mutamenti della famiglia intervenuti nell’Italia centro-settentrionale
dal XV al XX secolo, analizzando sia la struttura della famiglia, sia le relazioni interpersonali dentro la
famiglia.
4) BECCHI E., JULIA D. (a cura di), Storia dell’infanzia, vol. II, Laterza, Roma-Bari, 1996.
L’opera, divisa in due volumi, è una sintesi storica sugli aspetti della condizione infantile in Europa
dall’antichità romana a oggi. L’infanzia diviene la chiave per capire le trasformazioni della società occidentale, la sua mentalità, le sue convinzioni, il suo atteggiamento verso il futuro.
5) BORRUSO F., CANTATORE L., COVATO C. (a cura di), L’educazione sentimentale. Vita e norme
nelle pedagogie narrate, Guerini, Milano, 2014.
Il volume, attraverso il contributo di diversi studiosi, tenta di ricostruire l’educazione sentimentale occidentale attraverso l’analisi della teoria educativa e delle esperienze reali. Accanto alle rappresentazioni teoriche, infatti, esiste una «pedagogia narrata», ossia il racconto della propria esperienza educativa, dalla quale non si può prescindere per dare forma ad un nuovo discorso educativo.
6) COVATO C., Memorie di cure paterne. Genere, percorsi educativi e storie d’infanzia, Unicopli,
Milano, 2002
La paternità viene presa in esame ricostruendo sia il percorso simbolico relativo ai mutamenti della categoria della paternità, maturati nel secolo dei Lumi, sia casi esemplari e atipici di padri che, a partire
dalla fine del XVIII secolo, hanno dedicato ai figli, e in particolare, a figlie forme di accudimento e di cure amorevoli a lungo considerate sul piano morale e biologico, esclusivamente femminili.
7) FORMENTI L., La famiglia si racconta. La trasmissione dell’identità di genere tra le generazioni, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2002.
Questo volume racconta del cuore più profondo della famiglia, indagando sul modo in cui si intrecciano
le differenze sessuali e generazionali, a partire da una ricerca che ha adottato un punto di vista metodologico di estrema originalità; al centro dell'interesse sta, infatti, la narratività come qualità delle relazioni familiari, vale a dire la capacità, da parte delle famiglie, di produrre storie e di alimentare nei propri membri la memoria del proprio romanzo familiare. Sullo sfondo le domande: «La famiglia continua
ad essere un generatore di storie? E di storie intorno al genere? Ma, soprattutto, quale spazio, in questa narrazione familiare, per la rappresentazione delle identità sessuali? Quali modelli di maschile e
femminile?».
–3–
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
PEDAGOGIA E FAMIGLIA
(antologia)
1. La trasformazione delle relazioni familiari nella famiglia borghese fra Sette e Novecento.
(di Francesca Borruso, tratto da «Perisca quel tempo scellerato nel corso dei secoli!» Affetti familiari e modelli educativi fra Settecento e Novecento, in L. FORMENTI (a cura di), Sguardi di famiglie. Tra ricerca pedagogica e pratiche educative, Guerini, Milano, 2014, pp. 27-40).
Ho un vivo piacere di sentirti padre, perché sarai un signor padre veramente galantuomo e vedremo
trionfare in casa nostra la virtù, la pace e la debolezza sostenuta contro l’oppressione, quadro toccante ed
opposto a tante lagrime, che ci hanno cavato dagli occhi le domestiche tirannie nella nostra infanzia,
quando una cameriera impertinente ci maltrattava e ci atterriva coi racconti del diavolo, che porta via i
figli disubbidienti, quando un pedante ci tirava le orecchie, quando una madre amorosa sfogava il suo affetto sul nostro sedere, quando ci cacciavano in esilio nei collegi di canaglia, quando non vi era che una
cioccolata e un servitore fra me e Carlo, quando non si doveva mangiare che pane e minestra, quando si
doveva pranzare in codegogno, quando si davano cinque paoli sospirando, quando non si parlava che di
messa e di confessione, quando si chiudeva la porta a mezz’ora di notte ecc. Perisca quel tempo scellerato nel corso dei secoli, ma non ne perisca la memoria, che deve durare finché respiro e devo sfogare coi
tuoi figli e far loro conoscere quello che ho sofferto, e forse hanno da spargere qualche lagrima o di ribrezzo o di compassione ed hanno da contemplare nel confronto quanto essi sieno fortunati. Viva la ragione e la indipendenza della virtù: è venuto il suo tempo anche in casa Verri. 1
In questa lettera del 1776 che Alessandro Verri scrive al fratello Pietro che sta per diventare padre, palpita ancora il dolore per la violenza di uno stile educativo che non corrisponde più al «sentire di una generazione». Una nuova fenomenologia sentimentale si profila già nel corso del ’700 e
sembra coinvolgere, in prima istanza, la famiglia borghese e le relazioni al suo interno.
L’analisi delle relazioni genitoriali dentro la famiglia borghese europea fra Sette e Novecento
pone numerose questioni circa l’individuazione dei comportamenti concreti, dei modelli educativi
impliciti ed espliciti e delle fenomenologie sentimentali espresse nella vita quotidiana della famiglia. Come si declinava, sul piano educativo ed affettivo, il ruolo di padre o di madre dentro le mura
domestiche? Aveva qualche rilevanza il fatto che il figlio fosse maschio o femmina sul piano dei
destini educativi? Il comportamento dei genitori era determinato dai modelli educativi dominanti di
quel tempo storico, oppure possiamo individuare delle significative novità relazionali ed educative
avviate già in tempi storici «non sospetti»? La ricerca storico-educativa non è in grado di rispondere
sempre in modo soddisfacente a questi interrogativi, ma ha avanzato ipotesi significative e, per
quanto concerne la storia della famiglia borghese, soprattutto dal XIX secolo in poi, dispone di una
quantità di documenti privati, testimonianze e di fonti storiche «loro malgrado», di gran lunga più
estesa rispetto all’inizio dei tempi moderni e capaci di restituirci tracce di vita reale 2. La vita privata, per quanto negli ultimi vent’anni sia stata oggetto di una sempre più ampia saggistica storiografica resta, comunque, un territorio di difficile decifrazione per il ricercatore, sia perché storicamente
contrapposta al potere pubblico e quindi oscurata, tabuizzata, sia perché carica di comportamenti e
significati diversi a seconda dei contesti di vita socio-culturali e dei protagonisti coinvolti. 3 In questo ambito di ricerca, però, le «pedagogie narrate» possono venirci in soccorso come sempre più feconda chiave interpretativa: si tratta di quelle narrazioni individuali, come le autobiografie, la me1
P. Verri, Manoscritto per Teresa, a cura di G. Barbarisi, Led, Milano, 2000, pp. XXVI.
Cfr. L. Guttormsson, «I rapporti fra genitori e figli», in M. Barbagli,D. I. Kertzer (a cura di), Storia della famiglia in
Europa. Il lungo Ottocento, Laterza, Roma-Bari, 2002, p. 355 e ssg.
3
Cfr. M. Perrot, «Introduzione», in Ph. Ariès. G. Duby (a cura di) La vita privata. L’Ottocento (1987), tr. it. Laterza,
Roma-Bari, 1988, pp. 3 e ssg. Sui problemi metodologici nella ricerca storiografica del privato cfr. C. Covato, «Casa
dolce casa. Il privato nella storia dell’educazione», in Ead. Memorie discordanti. Identità e differenze nella storia
dell’educazione, Unicopli, Milano 2007, p. 22 e ssg.
2
–4–
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
morialistica, le narrazioni letterarie, gli epistolari che, per quanto apparentemente lontane dal sapere
ufficiale dell’educazione, sono dense sia di normatività pedagogica - le pedagogie formali e informali che condeterminano le vite individuali - sia dei desideri e delle intenzionalità che caratterizzano le diverse esistenze. 4 Una cosa, però, appare certa: fra Sette e Ottocento le relazioni dentro la
famiglia europea, sembrano lentamente trasformarsi alla luce di nuovi bisogni affettivi, verso scenari maggiormente intimistici e paritari.
Sembra che fra i primi protagonisti di questa profonda trasformazione culturale «del sentire»
dentro la famiglia borghese ci siano le classi colte 5. E la lettera che Alessandro Verri scrive al fratello Pietro, sappiamo che non resterà un desiderio inevaso. Tutt’altro. La paternità del filosofo Pietro Verri, caratterizzata da un intenso coinvolgimento emotivo e da una radicale assunzione di responsabilità di cura, si configura come una delle più interessanti testimonianze dell’insorgere di
nuove genitorialità, di nuove prassi educative, di nuovi modi di amare. Questa figlia primogenita,
vissuta da lui come una figlia desiderata e amata, - «volevo una figlia piuttosto che un maschio perché […] mi pare che una bambina naturalmente sia più dolce di carattere e più affezionata verso suo
Padre» scrive nel suo diario - sarà allevata scrupolosamente dal padre ispirandosi al modello pedagogico roussoiano. Non esiste aspetto della cura che non sia realizzato con amorosa attenzione dal
padre: «Se queste donne non fanno esattamente quello che io voglio, vi pongo nella mia stanza cara
Teresina vi tengo a dormire e vi custodisco io, mi siete cara e non vi voglio vedere a patire», scrive
il 24 marzo del 1777, quando madre e balia non riescono a sopire i dolori di stomaco della bimba.6
Una storia emblematica, indizio di un bisogno di paternità esclusivo, inedito per quel tempo storico,
che si ri-definisce alla luce di nuovi modelli culturali e sentimentali.
Il caso di Pietro Verri, per quanto eccezionale, si colloca in un contesto culturale di grande fermento culturale. Tra le fine del Settecento e il Novecento si registrano alcuni significativi mutamenti nella storia delle idee e del costume che coinvolgono, inevitabilmente, gli stili di vita e le pratiche
educative della famiglia europea. Si tratta di un nuovo «sentire», sostenuto dalla speculazione teorica – vedi il dibattito dei philosophes, così come la provocazione pedagogica de l’Emilio 7di Rousseau - e da un clima culturale diffuso che, gradualmente, trasforma lo scenario della famiglia borghese e il suo modello di vita affettivo. Nel corso del secolo dei Lumi, infatti, sembra emergere con
maggiore evidenza quel «sentimento dell’infanzia» che sembra andare di pari passo con la progressiva individuazione del moderno sentimento della famiglia. L’infanzia, secondo la celebre interpretazione di Ariès, 8 viene colta nella sua specificità esistenziale come stagione della vita diversa da
quella adulta, diventando oggetto di cure materiali ed educative appositamente concepite. 9 Contestualmente prende corpo il sentimento della famiglia, la quale sempre di più viene considerata come
il luogo primario della vita affettiva e dell’educazione informale, rendendo sentimento della famiglia e sentimento dell’infanzia strettamente intrecciati nella loro genesi storico-sociale. 10
4
Sulle pedagogie narrate, intese come linguaggi connessi alle esperienze di vita nelle quali è possibile intravedere il
funzionamento delle pedagogie formali e informali, cfr. C. Covato (a cura di), Metamorfosi dell’identità. Per una storia
delle pedagogie narrate, Guerini e associati, Milano 2006; Ead. (a cura di), Vizi privati e pubbliche virtù. Le verità nascoste nelle pedagogie narrate, Guerini e Associati, Milano, 2011.
5
Cfr. M. Barbagli, Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo, Il Mulino, Bologna,
1984, pp.273 e ssg.
6
P. Verri, Manoscritto per Teresa, cit., p. 109.
7
J.J. Rousseau, L’Emilio o dell’educazione (1762), tr. it. Mondadori, Milano, 1997.
8
Ph. Ariès, Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, tr.it. Laterza, Roma-Bari, 1983.
9
Viene evidenziato dalla storiografia più recente, però, come questa «scoperta dell’infanzia» non sia stata affatto lineare e progressiva come l’ha prospettata Ariès, bensì articolata e piena di contraddizioni. Inoltre, ci sono diverse infanzie
in base al genere, al ceto sociale, al contesto storico-geografico di appartenenza. Cfr. F. Cambi, Paradigmi d’infanzia
nell’Italia liberale, in F. Cambi, S. Ulivieri,(a cura di), Storia dell’infanzia nell’Italia liberale, La Nuova Italia, Firenze,
1988, pp. 11 e ssg.
10
Sull’evoluzione della struttura e delle relazioni all’interno della famiglia occidentale, fra i tanti cfr. M. Barbagli, Sotto
lo stesso tetto, cit.; M. Barbagli, D. I. Kertzer (a cura di), Storia della famiglia in Europa. Il lungo Ottocento, Laterza,
–5–
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
Sul piano della storia delle idee è Jean-Jacques Rousseau uno degli interpreti più convincenti di
questa profonda rivoluzione culturale. Come gran parte degli illuministi, Rousseau critica la struttura
familiare dell’epoca, espressione dell’ancien régime e delle sue forme di potere, avviando una svolta
democratica nella concezione delle relazioni fra i genitori e i figli e sferrando un attacco significativo
alla concezione tradizionale dell’autorità e della patria potestà. La ricerca del buon governo non può
conciliarsi con il mantenimento delle dittature familiari, la pubblica felicità non può essere in contraddizione con quella privata ed individuale. Così per Emilio, educato «secondo natura», lontano dal
progresso e dalla civiltà corrotta, la figura paterna assume una inedita centralità educativa. Il precettore-padre non dovrà essere più una figura distante e repressiva come nel passato, intento a comandare
con norme, divieti e punizioni, ma dovrà essere un padre dedito ad un ruolo di cura, vigile e presente
rispetto alla formazione fisica, intellettuale e morale del figlio: «È del vostro tempo, è della vostra sollecitudine, del vostro affetto, di voi stessi, insomma, che dovete far dono, poiché qualunque cosa possiate fare, si sente benissimo che voi e il vostro denaro non siete la stessa cosa». 11
Un appello ad una nuova genitorialità, radicalmente diversa dalla tradizione, che coinvolge anche la figura materna sebbene relegata al ruolo di nutrice per la primissima infanzia. Fra le pratiche
educative oggetto di condanna vi sono le fasciature, che deformano le membra del bambino, ma soprattutto il baliatico, ritenuta dal filosofo una delle principali cause di mortalità infantile. 12 «Ma che
le madri si degnino di allevare i loro figlioli; e allora i costumi ridiventeranno spontaneamente migliori, i sentimenti naturali si ridesteranno in tutti i cuori, lo Stato si ripopolerà: in quel primo atto,
in quel solo principio sono racchiusi tutti questi effetti.»13
Una nuova concezione della relazione materna, comunque, che nel corso dell’Ottocento diventerà vero e proprio «culto della maternità», attribuendo alla donna madre «una valenza salvifica,
non solo per figli e figlie […] ma per l’intero genere umano che ne risulterà rigenerato». 14 La riflessione pedagogica fra Sette e Ottocento, da Pestalozzi a Fröebel, inizierà ad immaginare per le donne
nuovi spazi educativi sempre più funzionali al ruolo materno, che da un canto apriranno nuovi scenari di tutela all’infanzia e alla maternità, d’altro canto serviranno a confinare sempre di più le donne al ruolo di madri. Alla missione materna, confinata nel privato delle pareti domestiche, si chiederà di amputare ogni altra forma espressiva e di partecipazione alla vita sociale, mascherando spesso
il non detto dell’ideologia discriminatrice.
Trasformazioni socio-culturali lente che si dipanano in lunghi periodi di transizione, caratterizzati dal mescolamento di diversi codici comunicativi. Celebre la trasformazione degli allocutivi, per
cui il tradizionale «Lei» o «Voi» viene sostituito dal più confidenziale «Tu». 15 Anche nella nobile
famiglia Leopardi, di cui è nota la durezza della madre Adelaide Antici - «lo sguardo di nostra madre ci accompagnava sempre, era l’unica sua carezza»16 scrive Carlo Leopardi,- e il conservatorismo di Monaldo sul piano dei costumi, si registrano delle novità. Cresciuto come tutti gli altri figli
nella più completa sottomissione ai genitori, anche Giacomo, come gli altri fratelli, si rivolge ai genitori con il formale «Voi». Solo in occasione della morte del fratello Luigi, avvenuta nel 1828, si
registra un avvicinamento fra padre e figlio. Una commovente lettera li unisce e da quel momento
Giacomo cambierà la formula di apertura delle sue lettere da «Caro Signor Padre» a «Mio caro Papà». 17
Roma-Bari, 2002. Ed ancora, L. Stone, Famiglia, sesso e matrimonio in Inghilterra tra Cinque e Ottocento, tr. it. Einaudi, Torino, 1983; E. Shorter, Famiglia e civiltà, (1970), tr. it. Rizzoli, Milano 1975.
11
J. J. Rousseau, L’Emilio, cit., p. 98.
12
Ibidem, p. 19.
13
Ibidem, p. 21.
14
C. Covato, «Il genere fra norma e trasgressione», in Ead., Idoli di bontà. Il genere come norma nella storia
dell’educazione, Unicopli, Milano, 2014, p. 18.
15
M. Barbagli, Sotto lo stesso tetto, cit., p. 273-324.
16
Citazione tratta da M. Barbagli, Sotto lo stesso tetto, cit., p. 276.
17
Ivi, p. 277.
–6–
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
Anche nella famiglia borghese, nascere maschio o femmina significava essere destinati a modelli educativi ben distinti. 18 Le bambine, soggette prima alla potestà genitoriale e poi a quella maritale, storicamente «educate a non istruirsi»19, se non vengono destinate al matrimonio, quasi sempre
deciso dalle famiglie soprattutto se ci sono interessi economici in gioco, possono «scegliere» la monacazione forzata in casa o in convento. 20 Raramente, quindi, hanno un’autentica libertà sentimentale. Si tratta di un’infanzia sempre più «sorvegliata e punita»21 da genitori e precettori che addomesticano all’obbedienza, alla deferenza e all’interiorizzazione di quelle «buone maniere» che connotano la propria appartenenza di classe. 22 Dalle letture ai giochi, dall’istruzione alla socializzazione
con il mondo esterno, la bambina è comunque soggetta ad un controllo sociale e familiare molto più
profondo e pervasivo. L’esempio femminile da riprodurre – il «dispositivo pedagogico del gesto» lo
definisce Egle Becchi - è alla base dell’apprendimento di pratiche e abilità relative alla cura della
casa, all’allevamento dei figli, alle arti cosiddette femminili. 23 Vengono allevate nella prefigurazione del loro ruolo di mogli e madri, secondo una differenziazione di ruoli e destini che ingloba in sé
il profondo convincimento, già espresso da Rousseau, della inferiorità fisica, intellettuale e morale
della donna. 24 Così per Sofia, ideale femminile e futura sposa di Emilio, il filosofo immagina
un’istruzione differente e opposta a quella di Emilio, che unisca alle arti donnesche della cura della
casa anche il leggere, lo scrivere e il far di conto. Le donne – sostiene - non sono adatte allo studio
perché incapaci di ricordare e provocatoriamente domanda al lettore: «Le donne sono davvero capaci di un solido ragionamento? É davvero importante che coltivino il proprio intelletto?» Piuttosto
che siano educate ad essere pazienti, a dominarsi, a essere docili e rassegnate perché destinate a obbedire all’uomo e a subirne l’ingiustizia. 25
Nel corso dell’Ottocento, l’espandersi dei processi di alfabetizzazione anche femminile, consente una timida emancipazione dai modelli dominanti. Il lungo Ottocento, infatti, è anche il secolo che
si affanna a delineare un’educazione/istruzione femminile adeguata ai cambiamenti storico-sociali
ed economici e che non metta in crisi, ma anzi rafforzi, l’ordine simbolico e l’assetto di potere della
famiglia borghese fondato sulla divisione/contrapposizione dei ruoli.
La microstoria, però, può offrirci degli spaccati inediti. Dall’analisi di alcune storie di vita è infatti possibile disvelare una significativa centralità della figura materna, capace di costruire innovativi percorsi educativi che si riflettono, in modo determinante, anche nelle scelte politiche dei figli. 26 Amelia Pincherle (1870-1954), cresciuta in una famiglia di tradizione liberale sposa nel 1906,
all’età di 21 anni, Giuseppe Emanuele Rosselli, detto Joe, appartenente ad una famiglia di ricchi
commercianti. Dal matrimonio nascono Aldo (1895), Carlo (1899) e Nello (1900), per i quali è
Amelia il vero punto di riferimento affettivo, intellettuale e politico: un ruolo, il suo, ampiamente
18
Sull’educazione delle bambine cfr. S. Ulivieri (a cura di), Le bambine nella storia dell’educazione, Laterza, RomaBari 1999; C. Covato, Sapere e pregiudizio. L’educazione delle donne fra ‘700 e ‘800, Archivio Guido Izzi, Roma,
1991. Per una ricostruzione dei modelli educativi femminili nell’800 cfr. S. Soldani (a cura di), L’educazione delle donne. Scuola e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento, Franco Angeli, Milano 1989.
19
Cfr. C. Covato,
«Educare bambine nell’Ottocento», in S. Ulivieri (a cura di), Le bambine nella storia
dell’educazione, cit., p. 215 e ssg.
20
Sulla monacazione forzata e sul cosiddetto mercato matrimoniale delle fanciulle di buona società cfr. C. Pancera,
«Figlie del Settecento», in S. Ulivieri (a cura di), Le bambine nella storia dell’educazione, cit., p. 193 e ssg.
21
Sul meccanismo di funzionamento del potere disciplinare cfr M. Foucault, Sorvegliare e punire (1975), tr. it. Einaudi,
Torino, 1993.
22
Cfr. N. Elias, La civiltà delle buone maniere (1930), tr. it. Il Mulino, Bologna 1999.
23
Cfr. E Becchi, D. Julia (a cura di), Storia dell’infanzia, voll. 2, Laterza, Roma-Bari, 1996. Sulla trasmissione
dell’identità di genere nella famiglia contemporanea cfr. L. Formenti, La famiglia si racconta. La trasmissione
dell’identità di genere tra le generazioni, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2002.
24
J. J. Rousseau, L’Emilio, cit., p. 511 e ssg.
25
Ivi, p. 555.
26
Cfr. M. Perrot, «Figure e compiti», in Ph. Ariès, G. Duby (a cura di), La vita privata. L’Ottocento, cit., p. 197.
–7–
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
indagato e riconosciuto dalla storiografia 27. Una storia nota e tragica quella della famiglia Rosselli:
il primogenito Aldo muore durante la Prima guerra mondiale, mentre Carlo e Nello, giovani intellettuali di formazione liberale e ben presto anche antifascisti militanti, vengono uccisi su mandato di
Mussolini nel 1937 in Francia. A Firenze, dove Amelia si trasferisce con i figli dopo la separazione
dal marito, separazione da lei voluta a causa delle continue «distrazioni» del marito, frequenta, per
discendenza familiare ma anche per privilegio di classe, un ambiente cosmopolitico e intellettuale,
che sarà un punto di riferimento costante nella formazione dei suoi figli. Drammaturga, scrittrice di
novelle anche per l’infanzia e giornalista impartisce ai suoi figli una rigida educazione basata sui
principi del dovere morale e degli ideali politici di stampo democratico-mazziniano, uniti ad un atteggiamento solidaristico nei confronti dei più deboli. 28 Ma la cosa più interessante è che dal loro
epistolario 29emerge una relazione di reciproco apprendimento emotivo, caratterizzata da un intenso,
profondo e fertile colloquio su questioni tanto private quanto pubbliche. 30 Una vera e propria educazione sentimentale reciproca, attraversata dallo scambio di idee, dal confronto, dalla comprensione, dalla presa di coscienza del proprio modo di essere. Come nel caso di una commedia di Amelia,
Emma Liona, pubblicata nel 1924, il cui dattiloscritto, commentato dai figli e dai loro amici viene,
nella sua ultima stesura, modificato in alcune scene secondo le indicazioni del figlio Carlo. 31 Il sostegno affettivo e intellettuale che Amelia offre ai suoi figli Carlo e Nello, che nella lotta antifascista impegnano i loro beni e le loro vite dando valore assoluto ai propri ideali, 32sarà incondizionato e
appassionato, ed emerge nitidamente dal loro «straordinario romanzo epistolare». 33 «Energie operanti nella medesima direzione anche se divise», aveva scritto Nello alla madre da Ponza, dove era
stato inviato al confino da Mussolini, ribadendo la consapevolezza di una comunione familiare negli
intenti e nel «sentire». 34 Una rara relazione genitoriale, che vede in un circuito fecondo la comunicazione fra le generazioni, ben diversa dalla retorica della madre risorgimentale che sacrifica i suoi
figli per la causa della patria unita, che tanta parte ha avuto nell’ideologia post-risorgimentale. 35 I
nomignoli che i figli utilizzano nelle loro lettere per rivolgersi alla madre, - per cui Amelia diventa
Mietta, Pietta, Mimmola, Mimmolina, Melottolino, Lilla, Melì, Pirula, Bibolina, Pallina, Pippa, Tirillina – ci rivelano le tante sfumature di una tenerezza e un’intimità che neanche la censura fascista
riesce a contenere. Alla «pedagogia della sottomissione» sembra essersi sostituita una nuova educazione sentimentale, in cui l’esperienza amorosa è attraversata dalla solidarietà, dal sostegno e soprattutto dalla comprensione reciproca. Quando ciò accade, i membri della relazione, slargano
l’orizzonte dell’esperienza e della propria capacità di progettare, di riflettere, di amare.
***
27
Cfr. Z. Ciuffoletti, «L’anello forte dei Rosselli», Nuova Antologia, aprile-giugno 1997, Anno. 132, fasc. 2002, pp. 3640.
28
G.L. Corradi, S. Visciola, «Amelia Rosselli, l’educazione dei figli e le iniziative culturali e sociali a Firenze», in Z.
Ciuffoletti, G. C. Corradi (a cura di), Lessico familiare. Vita, cultura e politica della Famiglia Rosselli all’insegna della
libertà, Edimond, Città di Castello, 2002, p.10.
29
Z. Ciuffoletti (a cura di), I Rosselli. Epistolario familiare, Mondadori, Milano, 1997.
30
Cfr. M. Calloni, «Italianità e internazionalismo: networks familiari ed esilii», in in Z. Ciuffoletti, G. C. Corradi (a cura di), Lessico familiare, cit., p. 41 e ssg.
31
Cfr. Lettera di Carlo alla madre del 23/3/1923 in Z. Cuiffoletti (a cura di), I Rosselli, cit., pp. 150 e ssg.
32
I fratelli Rosselli impegnano, inoltre, ingenti contributi in denaro per la causa antifascista. Cfr. A. Garosci, La vita di
Carlo Rosselli, 2 voll., Edizioni U, Roma-Firenze-Milano, 1946.
33
Cfr. P. Bagnoli, Una famiglia nella lotta. Carlo, Nello, Amelia e Marion Rosselli: dalle carte dell’archivio
dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, Polistampa, Firenze, 2007, p. 83.
34
Dopo la morte di Carlo e Nello, Amelia dedicherà il resto della sua esistenza, non solo alla cura dei nipoti e delle
nuore, con le quali condividerà il volontario esilio in America, ma anche alla realizzazione di diverse forme di impegno civile e culturale affinché la vita e le opere dei figli servissero come insegnamento per le generazioni future. Cfr.
Calloni, «Italianità e internazionalismo: networks familiari ed esilii»,in Lessico familiare, cit., p.51.
35
Cfr. M. D’Amelia, La mamma, Il Mulino, Bologna, 2005.
–8–
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
2. Come è cambiata la famiglia negli ultimi anni.
(brano tratto da Alessandra Gigli, Tutti nella stesa barca: un comune denominatore pedagogico per le famiglie plurali,
in L. Formenti (a cura di), Sguardi di famiglie, Guerini, Milano, 2014, PP. 89-103).
«Per trovare un ipotetico «comune denominatore educativo» delle famiglie contemporanee, il
compito della ricerca potrebbe essere quello di esaminare più attentamente la cosiddetta pluralizzazione dei modelli familiari. Tale fenomeno, infatti, non riguarda solo le tipologie di famiglie possibili ma, soprattutto, coinvolge le coordinate relazionali interne a tutti i tipi di nuclei. Sono cambiate,
in un breve lasso di tempo:
1. Le caratteristiche morfologico-strutturali (più tipologie familiari possibili);
2. Il piano relazionale (famiglia come unità di affetti e come scenario di realizzazione esistenziale);
3. Le modalità con cui vengono interpretate le differenze di genere (maggiore parità nei rapporti
uomo-donna);
4. Gli stili genitoriali (affermarsi del genitore autorevole e non autoritario);
5. L’idea stessa di educazione (come processo finalizzato a facilitare l’espressione delle potenzialità dei soggetti);
6. Le basi valoriali che regolano i comportamenti (si è passati da un dovere essere, socialmente definito e controllato, ad una dimensione maggiormente individualizzata per cui i legami familiari
sono frutto di scelte soggettive, che sono comunque specchio della società).
Contrariamente a quanto si sente affermare, quindi, il concetto di pluralizzazione deve essere ricondotto non soltanto al proliferare di nuove forme di famiglia, ma coinvolge in maniera sostanziale
anche la cosiddetta famiglia nucleare tradizionale. Alcuni dati possono aiutarci a comprendere in
che senso siamo tutti nella stessa barca 36:
1) La famiglia nucleare rappresenta il 32,8% delle famiglie italiane (erano il 46,8% nel 1998)
2) Ha 1 figlio il 47,5% di queste famiglie
3) Ha 2 figli il 41,9%
4) Ha 3 o più il 10,6%
Sono in aumento le famiglie monopersonali, le coppie senza figli, le famiglie monogenitoriali,
raddoppiano le coppie non coniugate.
Rispetto al 1995 le separazioni sono aumentate di oltre il 68% e i divorzi sono raddoppiati. A
partire dal 2006, in concomitanza con l’introduzione della nuova legge, 37la quota di affidamenti
concessi alla madre si è fortemente ridotta a vantaggio dell’affido condiviso: nel 2011 le separazioni
con figli in affido condiviso sono state il 90,3%, contro l’8,5% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre. 38
Le analisi statistico-demografiche consentono di affermare che lo scenario è caratterizzato da:
• una sempre più alta fragilità delle coppie
• un indice di natalità in continua diminuzione
• un invecchiamento progressivo dei nuclei
• la tendenza dei giovani a restare nelle famiglie di origine
• la ricomparsa di forme di convivenza tra diversi nuclei familiari (forse per far fronte alla crisi
economica).»
Inoltre è mutata la qualità delle relazioni familiari. Nel senso che non è più possibile «oggi riferirsi ai processi educativi messi in atto nelle famiglie facendo riferimento a categorie interpretative
tradizionali, ormai desuete, perché riferite a un tempo in cui l’educazione in famiglia era basata
36
http://dati-censimentopopolazione.istat.it
Cfr. legge 8 febbraio del 2006 n. 54 che regolamenta l’affido dei figli in caso di separazione e divorzio affermando il
principio dell’affido condiviso tra entrambi i genitori e il diritto del minore alla bigenitorialità.
38
http://www.istat.it/it/archivio/91133.
37
–9–
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
sull’esercizio verticistico del potere (autoritarismo), sul controllo e sull’orientamento coercitivo delle esistenze dei suoi componenti (famiglia patriarcale), sulla emarginazione e/o la condanna delle
diversità, sul sacrificio individuale (prevalentemente femminile)». Tra i molti fenomeni che segnano la discontinuità con il passato:
1) «L’inarrestabile adultizzazione dell’orizzonte relazionale dei bambini che vivono e si confrontano sempre meno con loro coetanei. Se da un canto questo stimola nei figli nuove capacità relazionali e competenze comunicative, esiste il rischio di alimentare forme di personalità egocentrate, difficili da contenere, incapaci di problematizzare, di gestire il conflitto provocato dalle
differenze individuali (squilibrio soggettivistico).
2) La redistribuzione dei ruoli di cura nella coppia superando la rigida divisione tra compiti materni e paterni. Anche se si rivela ancora un maggior coinvolgimento della donna rispetto all’uomo,
è in atto una riformulazione dei ruoli materno e paterno nella direzione dell’interscambiabilità».
Su questo tema una riflessione interessante è quella della psicoanalista Simona Argentieri, la
quale evidenzia la scarsa autonomia del maschile nel costruire il proprio modello di paternità.
«L’interscambiabilità di ruoli, funzioni e comportamenti costituisce una ricchezza indubitabile
per le nuove generazioni: i bambini hanno la possibilità di sentire che un gesto educativo trascende il genere, divenendo dunque più capaci essi stessi di produrre movimenti di integrazione
affettiva.»39 I nuovi padri però, secondo l’interpretazione della Argentieri, fanno fatica a differenziarsi dalla donna nel compito della cura dei figli, facendo venir meno, a volte, alcune loro
funzioni psicologico-educative e confondendo l’amore con la bontà, l’esercizio del limite di
ruolo con l’autorità, il procrastinare una soddisfazione con l’infliggere una sofferenza. 40
3) Autonomizzazione di alcuni aspetti della vita di coppia dalla genitorialità: l’affettività, la sessualità, la vita coniugale sono sempre più sganciate dalla funzione riproduttiva e dalla genitorialità.
4) Il processo di democratizzazione delle relazioni familiari, con il relativo rifiuto per gli stili autoritari, che mostra però ancora incongruenze e incompiutezze dal punto di vista educativo. In un
recente lavoro di ricerca condotto dall’Università di Bologna tra il 2009 e il 2011 41, finalizzato a
monitorare attraverso relazioni empiriche (questionai, focus group, interviste) lo stato di salute
della relazione tra genitori e figli e insegnanti dei servizi educativi e scolastici. «Nella gran parte
delle testimonianze degli insegnanti mamme e papà dimostrano una difficoltà a far valere il proprio ruolo e a trasmettere con l’esempio valori e regole. Sono riportati esempi di ‘cattiva educazione’ dei bambini, la mancanze di rispetto per persone o cose, la tendenza a fare capricci e sfidare gli adulti, gli atteggiamenti egocentrici e sordi ai rimproveri». «È lecito chiedersi se tali defaillances genitoriali non siano frutto dello smarrimento del senso profondo della relazione educativa, della confusione di ruoli e responsabilità (chi è l’adulto e chi è il bambino),
dell’incapacità di comprendere i reali bisogni dell’altro, dell’atteggiamento genitoriale che
proietta sui figli desideri, paure ambizioni, fragilità. Essere genitori efficaci e autorevoli oggi,
rispetto al passato, richiede indubbiamente molte capacità – comunicative, relazionali, di gestione del conflitto, di riflessione – che risultano particolarmente impegnative e difficili da attuare
perché richiedono tempo e impegno costante, condizioni queste molto rare nella dimensione
quotidiana».
5) Visione privatistica dell’educazione: sembra essersi smarrito il senso profondamente sociale del
processo educativo, e oggi si tende erroneamente a considerare i figli e i loro comportamenti
come risultato delle sole «performances» genitoriali).
39
S. Ulivieri Stiozzi, La famiglia come teatro interno. Trasformare l’eredità del passato per fondare nuovi patti educativi, in L. Formenti (a cura di), Sguardi di famiglie, cit., p. 131
40
S. Argentieri, Il padre materno, Einaudi, Torino, 2014.
41
Si veda http://www.scedu.unibo.it/planisferi/scedu/Pagine/Progetti.aspx?IDattivita=26
– 10 –
F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
In uno studio del 2010 di Gigli 42 orientato a comprendere il punto di vista dei genitori sulle difficoltà relative alla loro genitorialità, si sono ottenute le seguenti risposte:
• mancanza di tempo
• vita frenetica
• problemi di condivisione delle funzioni di cura nella coppia
• sovraccarico femminile
• difficoltà di conciliazione
• mancanza di riferimenti precisi per rispondere alle questioni educative.
«I dati di questa ricerca, però, mostrano anche un lato nascosto della crisi, che vede padri e madri contemporanei maggiormente ansiosi e tormentati dei loro predecessori ma anche più attenti,
consapevoli, informati, desiderosi di offrire il meglio ai propri figli. Non una generazione di genitori immaturi e attenti, quindi, ma piuttosto soggetti alla ricerca di nuovi modi per esercitare numerose e nuove competenze, che non erano certo richieste alle generazioni precedenti.» Potremmo dire,
forse, che il comune denominatore delle famiglie plurali possa essere individuato nelle nuove competenze richieste ai genitori per esercitare efficacemente la funzione educativa nel mondo contemporaneo.»
***
3. Gli studi sul narcisismo genitoriale e la sindrome del Bambino Re
(Brano tratto da S. Ulivieri Stiozzi, La famiglia come «teatro interno». Trasformare l’eredità del passato per fondare
nuovi patti educativi, in L. Formenti (a cura di), Sguardi di famiglia, Guerini, Milano, 2014, pp. 119-134)
Gli studi sul narcisismo genitoriale (ampiamente dibattuto in area francofona 43) attestano come
le coppie, sempre più instabili e precarie al loro interno, rintraccino un nuovo terreno di fondazione
nella mitologia del figlio, che viene a costituirsi come un elemento di radicamento del rapporto e di
conferma identitaria, come un riparo dalla paura di relazioni instabili, caduche e in perenne transizione.
Negli ultimi decenni, dopo le famiglie, anche la maternità e la paternità sono in piena rivoluzione. Oltre alle nuove configurazioni familiari (nuove a tal punto che, per definirle ricorriamo a neologismi: omogenitorialità e monogenitorialità, famiglie allargate) le tecniche mediche di procreazione (inseminazione artificiale,, fecondazione in vitro, ricordo a donatori) stanno proponendo realtà inedite. Oggi un bambino potrebbe avere cinque genitori: una madre biologica, una portatrice o
surrogatoria e una che lo alleva; il padre biologico potrebbe essere lo stesso che alleva il bambino. 44
Queste forme di famiglia pongono domande nuove agli operatori della cura impegnati nel compito di sostenere bambini e adolescenti sempre più fragili e insicuri: a quali processi di identificazione vanno incontro i bambini delle nuove famiglie? Come si articola la rete fantasmatica tra presenza quotidiane – le persone che hanno in carico la cura e il processo di crescita del bambino – e le
sue figure generative, talvolta sconosciute? Come queste presenze lontane e silenti animano domande e interrogativi radicali, contribuendo a costruire le premesse per la formazione dell’identità?
Questo discorso vale per le famiglie ricomposte, per quelle adottive, e a maggior ragione per quelle
che ricorrono a tecniche di procreazione assistita, le quali esprimono la complessità in cui oggi si
gioca il rapporto natura-cultura, dal momento che il progresso della scienza ha stravolto i limiti imposti sul versante della riproduzione.
Quali nuove configurazione di famiglia interna stiamo producendo nella nostra contemporanei42
A. Gigli, La parola a mamme e papà: cosa pensano i genitori della propria efficacia educativa e dei bisogni delle
famiglie. Report di ricerca, in «Ricerche di Pedagogia e didattica», 2010, n. 5.
43
L. Ott, N. Murcier (2011), Le mythe de l’Enfant-roi, Philippe Duvall, Savigny-sur-Orge; L. Lewis, Le drame de
l’enfant-roi, Édition Nouvelles, Montreal, 2009; D. Marcelli, Il bambino sovrano, Raffaello Cortina, Milano, 2004.
44
N. Capelli, Genitori in rivoluzione, «Rivista di psicoanalisi», LVII, I, p. 89-90.
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F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
tà, in un momento storico in cui verifichiamo che sono in crisi ‘le condizioni di possibilità del lavoro psichico di simbolizzazione e della formazione dell’alterità’? 45 Lo sguardo psicoanalitico chinato
sulla pratica – educativa, terapeutica, consulenziale – permette di sondare alla radice questo senso di
vacillamento collettivo. Come aiutare genitori fragili e insicuri a fare i conti con la propria trama
biografica per costruire forme di legame con i figli meno identificate e speculari? Come sostenere i
genitori nell’attraversamento della loro storia di figli per supportarli nell’elaborazione di gesti educativi nuovi, frutto di un’elaborazione originale dell’eredità ricevuta dal passato? […] La psicoanalisi diventa oggi uno sguardo imprescindibile per guardare alla famiglia interna come prodotto di
una storia interiorizzata complessa: ricordi e memorie, vuoti di parola e tranches di storia mute producono i modelli di identificazione e modellano il capitale di eredità che ciascuno di noi ha il compito di elaborare. Pensare alla famiglia come a un gruppo di forze agenti significa assumere la stretta interrelazione tra vissuti individuali e gruppali. Gli individui in una famiglia sono portatori di un
loro vissuto gruppale e i gruppi familiari sono catalizzatori e amplificatori di bisogni e memorie:
ciascun membro gioca una parte assegnata dal mito familiare corrispondendo a una richiesta che lo
precede, pre-inscritta nella memoria dell’inconscio familiare.
In questa prospettiva il passato non muore mai, ma si riattualizza di generazione in generazione;
la storia familiare nei suoi ‘non detti’ passa da una generazione all’altra come un codice genetico e
il legame tra le generazioni si nutre di pensieri, memorie inconsce, vissuti sottili e stati affettivi
‘sincretici’ 46 che legano l’inconscio dei genitori a quello dei figli e, a ritroso, dei propri antenati.
Come operatori che si occupano di cura – terapeuti, consulenti, educatori – siamo chiamati a confrontarci con il tema dell’eredità e a sostenere i genitori nel processo di elaborazione della ‘trasmissione senza trasformazione’ alla ‘trasmissione con trasformazione’. 47 […]
Riflettendo sulla spinta procreativa delle coppie, Kaës nota un eccesso di captazione immaginaria
nel vissuto genitoriale, impensabile in altre epoche storiche. Il bambino, inglobato in una rete di fantasie
arcaiche, si troverebbe privo della funzione strutturante dello specchio genitoriale, premessa del suo futuro riconoscimento come soggetto distinto. È un investimento totalizzante che ‘si appropria del bambino e lo rinchiude nel narcisismo genitoriale’.48 Il bambino diviene parte del corpo della storia genitoriale, che appare come una superficie opaca, dove il pensiero e la funzione riflessiva faticano a penetrare.
Gli studi più aggiornati sulla sindrome del Bambino Re approfondiscono in chiave psico-sociale, una
costellazione di nuovi sintomi che presentano i bambini di oggi: iperattivismo, disturbi alimentari precoci, difficoltà di concentrazione, incapacità di tollerare la frustrazione, sono solo alcuni tra i segnali di
una condizione di disagio, ai margini tra l’individuale e il sociale. I bambini paiono agire, attraverso una
serie di comportamenti distonici, il dolore di venire idealizzati e resi oggetti magici del desiderio adulto.
Il bambino perfetto, precocemente scolarizzato e ‘adulterato’49, è il referente immaginario di un adulto
infantile che riproduce attraverso il figlio il mito di un’infanzia ideale. La riparazione della propria storia
infantile non avviene grazie a un processo di elaborazione del dolore, ma prende la scorciatoia della
proiezione: il figlio viene caricato del peso di essere ‘ a misura’ dell’immaginario genitoriale.
Il Bambino Re potrebbe configurarsi, dunque, come lo specchio inquietante di un adulto che ha
reciso, a livello inconscio, i legami con la sua storia e con le leggi della vita e della morte. Se l’identificazione con il bambino è, in parte, un esito naturale del processo di costruzione della genitorialità, oggi questa dinamica sembra rinforzata da una cultura che sostiene vissuti di onnipotenza infantile negli adulti.»
45
R Kaës, Il malessere, Borla, Roma, 2013, p. 195.
Bleger (1967) identifica infatti due livelli di identità in un gruppo (e quindi in una famiglia): l’identità prodotta dai
modelli di interazione e di comportamento e l’identità sincretica, intesa come una forma di socializzazione arcaica in
cui coloro che appaiono da un punto di vista naturalistico come soggetti separati non hanno identità in quanto singoli,
ma in quanto appartenenti al gruppo. J. Bleger, Simbiosi e ambiguità. Studio psicoanalitico, Armando, Roma, 1967.
47
Kaës, Il malessere, cit., p. 251.
48
S. Korff Sausse, Dalla parte del bambino Re, fabbri, Milano, 2006.
49
A. Villa, Il bambino adulterato, Franco Angeli, Milano, 2008
46
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F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
4. Comuni competenze richieste ai genitori
(brano tratto da Alessandra Gigli, Tutti nella stesa barca: un comune denominatore pedagogico per le famiglie plurali,
in L. Formenti (a cura di), Sguardi di famiglie, Guerini, Milano, 2014, pp. 89-103).
L’esercizio della genitorialità, come è noto, implica comportamenti di condivisione, cooperazione, integrazione dei diversi stili, mediazione tra vari punti di vista e istanze. Le competenze comuni richieste ai genitori potrebbero essere le seguenti:
1. «essere competenti emozionalmente: riconoscere i propri e altrui vissuti e accettarli
2. avere la capacità di decentrarsi da sé e comprendere le diverse istanze del nucleo familiare;
3. saper individuare strategie di gestione dei conflitti;
4. prendersi cura del processo di comunicazione: metacomunicare, avere coscienza delle proprie
modalità comunicative; dare credito alla comunicazione analogica; saper ‘stare in ascolto’;
5. salvaguardare la natura asimmetrica del rapporto educativo ricorrendo a uno stile autorevole e
democratico ed esercitare coerentemente le funzioni di contenimento; saper mediare per la definizione di un sistema normativo condiviso nel gruppo familiare;
6. coniugare la cura, l’ascolto, la democraticità con i momenti di separazione, distacco, spinta verso l’autonomia;
7. nella coppia separare le funzioni genitoriali da quelle di partnership amorosa ed evitare il sovraccarico di responsabilità e compiti per un solo genitore, perseguire uno stile cooperativo di
conduzione familiare;
8. evitare la deriva soggettivistica: saper trovare e avvalersi dei punti di riferimento che possano
accogliere i bisogni di confronto e sostegno e saper condividere la cura dei figli con altri soggetti senza mettere in atto dinamiche di de-responsabilizzazione, colpevolizzazione, chiusura comunicativa, competizione.»
***
5. Alcune considerazioni di pedagogia familiare
(brano tratto da E. Musi, La famiglia essenziale, in L. Formenti (a cura di), Sguardi di famiglia, Milano, Guerini, 2014,
pp. 57-73).
Sul piano pedagogico ed esperienziale la famiglia è il luogo della generatività, della risorsa generativa, non solo biologica ma soprattutto culturale. L’esistenza è esposta ad un continuo rinnovamento, ad un superamento iniziatico di difficoltà, ad una trasformazione interiore ed esteriore della
propria condotta. In questo potere di portare il nuovo al mondo sta la caratteristica essenziale che ci
distingue come persone, enti nuovi noi stessi, ontologicamente irriducibili alla nostra identità biologica. La dimensione generativa struttura l’umano, impegna ad autenticare l’esistere attraverso un
esercizio di discernimento e di scelta, dà forma alla storia personale.
Dal punto di vista pedagogico, le considerazioni che seguono schiudono alcuni orientamenti per
l’azione nella vita familiare:
1) «la persona, nel suo processo di maturazione e formazione, è chiamata ad una progressiva e
sempre più marcata assunzione di responsabilità nei confronti delle scelte che compie, scelte
che danno forma al proprio potenziale umano, e risposta alla presenza altrui che ci interpella
partecipando delle conseguenze delle nostre azioni nel presente e nel futuro.
2) La volontà di mantenersi in ricerca, rinnovando le motivazioni della coppia, è una postura che
implica la capacità di avere cura di sé, guadagnando la consapevolezza del proprio sentire, dalla
quale dipendono le risorse necessarie per aver cura degli altri. Soltanto chi impara ad avere cura
di sé può davvero prendersi cura dell’altro, perché il cammino misterioso della conoscenza
dell’altro-da-noi è segnato dal modo che ognuno ha di vivere le proprie emozioni e la propria interiorità. Avere cura delle proprie competenze emotive ed esistenziali è, allora, il vero ‘respiro’
della pedagogia familiare, se consente di fermarsi e pensare, di dare voce ai sentimenti e di cer-
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F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
carne il senso, di dipanare il groviglio di sensazioni e vissuti emotivi che inestricabilmente avvolgono i gesti (anche quelli apparentemente più scontati e routinari) del quotidiano.
3) Dalla capacità di prestare ascolto al proprio sentire discende la possibilità di coltivare l’empatia,
che trova nella famiglia un ambito educativo privilegiato. L’empatia è il fondamento di tutti gli
atti (emotivi, cognitivi, volitivi, valutativi, narrativi, ecc) con cui viene colta la vita psichica altrui. L’empatia è cioè il modo specifico in cui incontriamo l’altra/ l’altro, ci rendiamo conto
‘che i suoi occhi parlano’, 50che l’insicurezza del suo passo comunica incertezza nel calcare il
suolo della vita, che la qualità del pianto esprime bisogni diversi, i quali attendono di essere interpretati e decifrati. Entrare in una relazione empatica con l’altro non vuol dire attivare una
forma di conoscenza intellettuale, né ‘mettersi nei suoi panni’, ma accogliere emotivamente il
suo sentire senza pensare di poterlo esaurire nella propria comprensione. L’altro rimarrà irriducibilmente altro. L’umiltà di sapere che non sarà mai possibile capire fino in fondo il suo vissuto
consente di mantenere aperta la comprensione. Paradossalmente è proprio la condizione di alterità che rende possibile la relazione empatica: contrastando sovrapposizioni, inglobamenti, fusione con l’altro, annullamento in lui. L’alterità come limite è esortazione a trascendersi per
aprirsi all’incontro intersoggettivo. L’empatia diventa quindi un momento centrale nel percorso
della soggettività alla reciprocità: il soggetto esce dalla propria autoreferenzialità, cercando di
comprendere pensieri, intenzionalità, motivazioni altrui. Per questa sollecitazione ad uscire dal
conforto di un mondo noto, l’empatia è un potente mezzo di crescita, di evoluzione e cambiamento, è qualità essenziale della relazione educativa, che la coppia ha la facoltà (ma anche la
necessità e il dover) di coltivare all’interno del legame affettivo per poi estenderla
all’interazione col figlio.
4) Testimoniare ai più piccoli di avere dentro di sé quello spazio per l’altro che si traduce in accoglienza è un compito educativo fondamentale, teso a promuovere lo sviluppo del singolo nel rispetto del benessere collettivo, con cui avvertire come proprio il diritto ad una vita giusta e piena da parte di chi ne è privato. E. Lévinas parlando dell’amore che unisce una coppia, dice che
la verifica della sua solidità sta nell’aprirsi a chi si trova in una situazione di fragilità e bisogno,
nel rendersi sensibili al ‘volto dell’altro’ escluso dalla relazione intima dell’entre nous. Un amore che rimane chiuso in sé è un amore difettoso, cioè mancante di qualcosa di essenziale. 51 Partecipare fin da piccoli a pratiche di solidarietà porta a coltivare una sensibilità verso l’altro. Testimoniare ai più piccoli di avere dentro di sé quello spazio per l’altro (accoglienza) è un compito educativo fondamentale teso a promuovere lo sviluppo del singolo. […] Nell’educazione familiare la testimonianza si traduce nell’attenzione quotidiana a rendersi testo leggibile, che trae
vita da un debito originario (gli altri che mi precedono, la vita ricevuta come pre-testo esistenziale) e modifica l’esistente depositandovi le sue tracce (si fa testamento per l’umanità). La testimonianza impegna dunque gli adulti di una famiglia:
1) ad assumere la consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni nei confronti della vita dei figli e in genere delle nuove generazioni;
2) a interpretare con la vita i valori dell’apertura e della solidarietà nei confronti degli altri.»
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6. L’allenza educativa tra genitori e personale dei servizi educativi e scolastici
(brano tratto da Alessandra Gigli, Tutti nella stesa barca: un comune denominatore pedagogico per le famiglie plurali, in L. Formenti (a cura di), Sguardi di famiglie, Guerini, Milano, 2014, PP. 89-103).
Analizzando la situazione attuale, si raccolgono segnali di difficoltà e fenomeni di dis-alleanza.
Oltre alle già citate difficoltà genitoriali, infatti si profilano analoghe difficoltà per gli educatori, che
50
L. Boella, A. Buttarelli, Per amore di altro. L’empatia a partire da Edith Stein, Raffaello Cortina, Milano, 2000, p.
66-67.
51
E. Lévinas, Tra noi, Jaca Book, Milano, 1998; Id., Totalità e Infinito, Jaca Book, Milano, 2000.
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F. BORRUSO, Nuove tipologie familiari e competenze pedagogiche
si trovano a dover fronteggiare sfide relative alla propria identità professionale. Il personale educativo delle scuole, infatti, «si trova a dovere ripensare le modalità con cui esercita le proprie funzioni,
in uno scenario in cui le scelte politiche e amministrative, acuite dalla crisi economica, più che favorire l’alleanza rischiano di produrre e rinforzare fenomeni di dis-alleanza».
Entrambi i protagonisti dell’alleanza educativa, ossia scuola e famiglia, attraversano una profonda ‘crisi di passaggio’, vivono in un momento percepito come incerto, caratterizzato da fragilità
e frammentazione. Su quali basi si può formulare un’alleanza educativa autentica, in mancanza di
riferimenti certi?
«Nelle ricerche volte a dar voce agli educatori, tra le problematiche più citate compare un certo
spaesamento legato alle difficoltà di confrontarsi con stili e modelli familiari sempre più plurali e
tutt’altro che omogenei. Avere a che fare con la pluralità porta ancora di più in primo piano le reciproche rappresentazioni, le aspettative, i pregiudizi e gli stereotipi che incidono pesantemente, e non
sempre in senso positivo, sull’esito del processo di co-educazione[…] Accogliere e integrare le diversità è una finalità imprescindibile per i servizi educativi e scolastici che, purtroppo, a volte rischia di essere intesa in modo demagogico e, quindi, perseguita solo in parte. L’esercizio empatico,
basilare, per ogni rapporto cooperativo, non è difficile da attuare con persone riconosciute come
propri simili, ma rischia di incepparsi quando è necessario approssimarsi a qualcuno che è percepito
come ‘estraneo’, come portatore di caratteristiche, valori, significati, vissuti davvero diversi dai
propri: la diversità pone di fronte a incertezze, paure, resistenze che possono rendere ancora più
complesso il processo di integrazione.
I nuclei familiari con genitori omosessuali (omogenitoriali o omoaffettivi) sono, in questo senso,
un esempio emblematico che mette alla prova la reale capacità di accoglienza e integrazione dei
servizi educativi e scolastici, tanto da poter essere considerata ‘cartina al tornasole’ funzionale a far
emergere l’eventuale tendenza di alcuni a porre un limite all’accettazione delle diversità[…] Non è
pertinente alla funzione educativa e alla deontologia professionale esprimere giudizi, quasi sempre
ignoranti, sulla liceità delle scelte affettive dei genitori, laddove invece dovrebbe affermarsi il principio che ‘tutti i figli di tutti i tipi di famiglie’ devono essere accettati e integrati, a prescindere dalle
caratteristiche dei loro parenti.»
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Atti corso 1-2 dicembre 2014 - Antropologia per la