I TRASFORMATORI: STRUTTURA GENERALE
È una macchina con campo magnetico di induzione variabile nel tempo
ma non nello spazio, privo di parti meccaniche in movimento.
I trasformatori sono macchine impiegate per controllare il flusso di
energia elettrica modificando i valori di tensioni e correnti di ingresso e
di uscita dalla macchina.
Generazione: tensione dai 6 ai 20 kV con correnti dell’ordine di
migliaia di A;
Distribuzione primaria: i livelli di tensione vengono alzati fino a 380
kV;
Distribuzione domestica: 380/220 V con correnti fino a 16 A per ogni
utenza domestica.
Apparati elettronici: fino a 12/24 V con correnti sotto l’A.
Per ottenere queste variazioni è necessario l’uso del trasformatore.
Sistema induttore: il campo magnetico è generato da una corrente i(t)
che circola in un avvolgimento dotato di N1 spire avvolte su una
colonna del circuito magnetico (avvolgimento primario). Il circuito
primario è collegato con la alimentazione del sistema.
Circuito magnetico: il campo magnetico si svolge nel circuito
magnetico costituito da lamierini di materiale ferromagnetico
opportunamente sagomato e legato assieme per ottenere uno o più
percorsi chiusi.
Sistema indotto: è composto da un avvolgimento dotato di N2 spire
avvolte attorno ad una colonna del circuito magnetico e collegato con il
carico esterno. L’avvolgimento indotto o secondario viene investito da
un flusso variabile che induce una f.e.m. indotta che alimenta il carico.
Osservazione: va da se che se il flusso è costante (campo magnetico
statico), non c’è f.e.m. indotta ed il trasformatore non funziona.
Disposizione dei conduttori: i conduttori possono essere in piattina,
tondi o a foglio, possono essere raccolti in bobine o disposti a spirale
lungo una colonna del circuito magnetico.
Sono tutti isolati tra di loro e contro massa.
Una prima classificazione dei trasformatori avviene in base al modo
con cui sono disposti gli avvolgimenti rispetto al circuito magnetico.
Trasformatore monofase a due colonne:
Trasformatore monofase corazzato: diminuzione dei flussi dispersi.
Trasformatore trifase:
Particolarità costruttive:
Il circuito magnetico.
Avvolgimenti
a
bobine
concentriche, di tipo simmetrico.
Avvolgimenti a bobine alternate
Avvolgimenti cast-resin.
AVVOLGIMENTI A. T. PER TRASFORMATORI
INGLOBATI IN RESINA TERMOINDURENTE
RESINA
RESINA
FILO
SMALTATO
NASTRO IN
METALLO
(Cu, Al)
FILM
ISOLANTE
FILM
ISOLANTE
I vari tipi di trasformatori si differenziano anche per il tipo di
raffreddamento utilizzato. Ha il compito di asportare il calore prodotto
all’interno della macchina e tenere limitato il livello di temperatura
interna della macchina:
Raffreddamento in aria
A secco con
ventilazione
naturale.
A secco con
ventilazione
forzata.
Sia nella ventilazione naturale che quella forzata gioca un ruolo
fondamentale il rivestimento di protezione. Nel primo caso il
rivestimento è di solito chiuso ed il calore viene interamente
smaltito attraverso la superficie del rivestimento che deve essere
accuratamente scelta
Nel caso di ventilazione forzata devono essere previste delle
feritoie per l’ingresso e l’uscita dell’aria.
RAFFREDDAMENTO IN OLIO
In olio con
circolazione e
raffreddamento
naturale dell’olio.
In olio con
circolazione naturale dell’olio
e raffreddamento con aria
Il trasformatore si completa con i
passanti che hanno il compito di isolare
le connessioni della macchina dal
contenitore.
Possono essere previste delle inserzioni
di sonde per misure di grandezze di
esercizio.
Possono essere previsti dei sistemi di
protezione
della
macchina
(relè
Bucholz).
Principi di Funzionamento
Si consideri lo schema semplificato del trasformatore monofase.
Questo schema è sufficiente per comprendere il funzionamento di tutti i
tipi di trasformatori.
L’avvolgimento primario è
composto di N1 spire ed è
collegato
ad
una
alimentazione esterna, v1(t),
variabile nel tempo con una
determinata legge.
L’avvolgimento primario assorbirà dalla alimentazione una corrente
i1(t) che genera il campo magnetico principale e sostiene il carico al
secondario.
Il secondario è collegato ad un carico rappresentato da una impedenza
Zc(t) che assorbe una corrente i2(t). La tensione, v2(t), ai morsetti
secondari è dovuta principalmente al fenomeno di induzione che si ha
nella interazione tra campo magnetico variabile ed avvolgimento
secondario.
Trasformatori a Vuoto ( i2(t)=0)
Un trasformatore a vuoto non eroga corrente al secondario (i2(t)=0 =>
terminali aperti e nessun carico collegato).
Il primario assorbe solo la corrente necessaria a generare il campo
magnetico ed a sopperire le perdite.
Generazione del Campo e suoi effetti: I materiali ferromagnetici, non
essendo ideali, sono sedi di perdite. In particolare, la riluttanza del
circuito magnetico, , è diversa da 0 perché . E’ necessaria una
corrente di magnetizzazione assorbita dalla
N 1i ( t )
alimentazione, i(t), per generare il
g ( t ) 

flusso g (t) in modo che:
Ora, N1 ed  sono costanti (ipotesi di
 (t)
linearità per la riluttanza) g(t) ed i(t) hanno
lo stesso andamento temporale perché sono
Non lin.
direttamente proporzionali.
lin.
Se la i(t) aumenta, si entra nella zona di
saturazione del flusso.
i (t)
g

Ciò è dovuto alla non-linearità di , tramite la non linearità di .
Ipotesi di Campo
Per studiare la macchina senza ricorrere a complessi procedimenti
matematici volti ad identificare l’effettivo andamento del campo
magnetico nello spazio attorno alla macchina, si ripartiscono le linee di
flusso generale, g(t), in 2 componenti:
1) Flusso Principale o Flusso Comune, : si ipotizza che il flusso che
si concatena con entrambi gli avvolgimenti si svolga interamente nel
circuito magnetico supposto a sezione costante.
2) Flusso di Dispersione Primaria, d1: considera le linee di flusso
che si chiudono in aria (non seguendo il circuito magnetico)
concatenandosi così con il solo circuito primario.
 g ( t )  ( t )  d1 ( t )
I flussi sopra definiti consentono di esprimere i flussi di induzione
magnetica concatenati con il primario e con il secondario, 1 e 2,
rispettivamente.  ( t )  N ( t )   ( t )
 2 ( t )  N 2 ( t )
1
d1
1
Da cui si ricava f.e.m. indotta mediante la
legge di Lenz
d [  1 ( t )]
N 1d( t ) dd1 ( t )
e1 ( t )  


dt
dt
dt
d [  2 ( t )]
N 2 d( t )
e2 ( t )  

dt
dt
Ora si ipotizza che il flusso disperso sia proporzionale alla corrente che
circola nel circuito elettrico tramite un coefficiente Ld di dispersione
(costante al variare del carico)
d(t)=Ldi(t)
allora
di ( t )
N1d
e1 ( t )  
 Ld 1
dt
dt
Se si considera la f.e.m. indotta dal solo flusso principale,
N 1d( t ) E si fa il rapporto tra le f.e.m. indotte dal flusso
e1 ( t )  
principale al primario ed al secondario si arriva
dt
ad una relazione molto importante:
N 2 d( t )
È pari al rapporto spire tra
e2 ( t )  
primario
e
secondario
dt
N 1d

Rapporto di Trasformazione
e1 ( t )
N
dt  1

e2 ( t )  N 2 d N 2
dt
Questa relazione spiega il meccanismo con cui vengono variati i livelli
delle f.e.m. indotte nel trasformatore e, conseguentemente i livelli di
tensione ai morsetti della macchina.
Perdite di tipo attivo: i lamierini magnetici sono investiti da un flusso
variabile nel tempo. Ciò induce delle f.e.m. e quindi delle correnti
parassite che generano perdite. La potenza persa a causa di questi
fenomeni, Pd, viene assorbita dalla rete. Se la tensione di alimentazione
è v1(t) e la corrente assorbita ia(t) è in fase con essa => Pd= v1(t)ia(t)
Il Circuito Equivalente a Vuoto (i2(t)=0):
La corrente assorbita dal trasformatore a vuoto è pari alla somma della
corrente di magnetizzazione con quella di perdita:
i0 ( t )  i ( t )  ia ( t ) La corrente di magnetizzazione genera il
flusso. Data la loro proporzionalità, corrente di
N 1i ( t )   g ( t ) magnetizzazione e flusso sono in fase.
di0 ( t ) Si applica il II° p di Kirchoff
v1 ( t )  e1 ( t )  R1i0 ( t )  Ld 1
alla maglia elettrica del
dt
primario, tenendo conto della
e2 ( t )  e20 ( t )
resistenza dei conduttori, R1,
E si ottiene la relazione che lega le cadute con la tensione di
alimentazione (caduta resistiva, induttiva e f.e.m. indotta dal flusso ).
i0(t)
R1
v1(t)
Ld1
ia(t)
Ra
i(t)
e1(t)
L
e2(t)
v2(t) = e20(t)
A vuoto, il flusso assume un valore tale da generare una f.e.m. indotta,
e1(t), che equilibri la tensione applicata ai morsetti e la caduta sulle
impedenze caratteristiche di macchina, per una condizione di
equilibrio:
di0 ( t )
v1 ( t )  e1 ( t )  R1i0 ( t )  L1
dt
La corrente i0(t) è molto bassa (qualche % si In).
Da misure di potenza e di corrente posso valutare le perdite a vuoto:
P0  R1i0 ( t )  Pfe  Pa
2
Pfe  Pa  P0  R1i0 ( t )  P0
2
Applicazione: il trasformatore di tensione (TV)
v
Il voltmetro è uno strumento la cui impedenza di ingresso è infinita.
Se connesso al secondario di un trasformatore, quest’ultimo funziona
a vuoto perché i2=0. Conoscendo il rapporto di trasformazione, m,
dalla lettura del voltmetro V=e20, posso risalire alla f.e.m. del
primario, e1=m.e20 e da e1=>v1. In conclusione, V1=mV.
Viene utilizzato per misurare tensioni o per connettere
strumentazione elettronica all’impianto. L’errore è dato dalla
approssimazione: v1e1.
Funzionamento a Carico
La presenza di un carico Zc, collegato ai morsetti del secondario dove è
presente la f.e.m. a vuoto e20(t), fa si che circoli una corrente i2(t) che
genera una caduta sulla impedenza caratteristica del secondario.
La tensione ai morsetti del secondario (o della impedenza di carico)
vale:
di2 ( t )
v2 ( t )  Rc i2 ( t )  Lc
dt
La corrente i2(t) circolando all’interno dell’avvolgimento secondario,
genera a sua volta un campo magnetico il cui flusso 2(t) si oppone al
flusso principale (t) riducendo la sua intensità.
Nel circuito magnetico, il flusso risultante è calato alla quota
’(t)= (t)- 2(t)
Se diminuisce il flusso principale, diminuisce di conseguenza anche la
f.e.m. indotta dalla concatenazione di questi con il primario e1( t )   N1d
dt
La relazione elettrica del circuito di ingresso risulta sbilanciata
di0 ( t )
v1 ( t )  e1 ( t )  R1i0 ( t )  L1
dt
Ne segue che la alimentazione vede un carico sbilanciato ed eroga una
corrente i1I(t) verso il circuito primario del trasformatore. Questa
corrente rinforza il flusso principale fino a che viene ripristinato
l’equilibrio della relazione
di1 ( t )
v1 ( t )  e1 ( t )  R1i1 ( t )  L1
dt
i1( t )  i1 ( t )  i0 ( t )
I
Nel circuito primario la corrente assorbita è data da due componenti:
una componente di magnetizzazione e di sostegno alle perdite (i0(t)) ed
una di sostegno al calo del flusso dovuto alla reazione di carico (i1I(t)).
Variazione delle Ipotesi di Campo
Per studiare la macchina senza ricorrere a complessi procedimenti
matematici volti ad identificare l’effettivo andamento del campo
magnetico nello spazio attorno alla macchina, si ripartiscono le linee di
flusso generale, g(t), in 3 componenti:
1) Flusso Principale o Flusso Comune, : si ipotizza che il flusso che
si concatena con entrambi gli avvolgimenti si svolga interamente nel
circuito magnetico supposto a sezione costante.
2) Flusso di Dispersione Primaria, d1: considera le linee di flusso
che si chiudono in aria concatenandosi con il solo circuito primario.
3) Flusso di Dispersione Secondaria, d2: considera le linee di flusso
che si chiudono in aria concatenandosi con il solo circuito secondario (a
vuoto d2=0) .
 g ( t )  ( t )  d1  d 2
La equazione elettromagnetica diventa:
N1i1 ( t )  N 2i2 ( t )  N1i ( t )   g ( t )
I
Il flusso generale si concatena con l’avvolgimento primario e con quello
secondario dando origine alle f.e.m. indotte pari a
d [  1 ( t )]
N 1d( t ) dd1 ( t )
di1 ( t )
e1 ( t )  


 e1 ( t )  Ld 1
dt
dt
dt
dt
d [  2 ( t )]
N 2 d( t ) dd 2 ( t )
di2 ( t )
e2 ( t )  


 e2 ( t )  Ld 2
dt
dt
dt
dt
Nel circuito secondario, l’equilibrio è dettato dal carico. Al variare del
carico, ad esempio,
di2 ( t )
e2 ( t )  v2 ( t )  R2i2 ( t )  L2
all’aumentare della
dt
corrente assorbita dal
carico stesso, si acuisce la differenza e2(t)-v2(t) ed il trasformatore tende
a sedersi. Il passaggio da vuoto a carico determina una diminuzione
della tensione utile sul carico stesso (caduta di tensione da vuoto a
carico).
Le Equazioni Interne ed Esterne
N1i1 ( t )  N 2i2 ( t )  N1i ( t )   g ( t )
I
Equazione di accoppiamento tra circuiti elettrici e circuito magnetico.
Le equazioni elettriche riferite al primario ed al secondario sono:
di1 ( t )
v1 ( t )  R1i1 ( t )  Ld1
 e1 ( t )
dt
di2 ( t )
e2 ( t )  R2i2 ( t )  Ld 2
 v2 ( t )
dt
i1( t )  i1 ( t )  i0 ( t )
I
Tenendo conto del legame tra flussi concatenati e f.e.m. indotte
N1d
e1 ( t )  
;
dt
e2 ( t )  
N 2 d
dt
Le equazioni esterne tengono conto dei legami della macchina con la
rete di alimentazione e con il carico:
v1( t )  f ( t ) v2 ( t )  Z ci2 ( t )
Le Equazioni Interne ed Esterne per lo Stato Stazionario
Sia v1( t ) V Msin( t   ) il vincolo esterno di alimentazione.
La funzione di tempo è di tipo sinusoidale e può essere sintetizzata con
un fasore di ampiezza VM e fase .
La corrente di magnetizzazione, di carattere induttivo, è sfasata di circa
90° in ritardo ed è in fase con il flusso principale . Si assume che la I
e  siano allineati con l’asse reale. In particolare, i ( t )  I  cos( t )
( t ) 
N1i ( t )

M
N1 I  M
cos( t )   M cos( t )


N1
I
In termini fasoriali si ha:  

Le f.e.m. indotte in condizioni di quasi stazionarietà si calcolano
immediatamente: N d( t )
N d (  cos( t ))
e1 ( t )  
1

1
M
dt
dt
N 2 d( t ) N 2 d (  M cos( t ))
e2 ( t )  

dt
dt
N 1d (  M cos( t ))
e1 ( t )  
  N 1 M (  sin( t ))
dt
N 2 d (  M cos( t ))
e2 ( t ) 
  N 2  M (  sin( t ))
dt
e1 ( t )  N1 M sin( t )  E1M sin( t )  E1M cos( t   )
2
e2 ( t )  N 2  M sin( t )  E2M sin( t )  E2M cos( t   )
2
Le f.e.m. indotte sono in ritardo di 90° sul flusso.
N 1 M 2
E1 

N 1 f M  4.44 N 1 f M
2
2
I valori efficaci
delle f.e.m. sono:
N 2  M 2
E2 

N 2 f M  4.44 N 2 f M
2
2
Il legame tra fasori e d ( y( t )) d ( YM sin( t   ))

 YM cos( t   )
derivate di fasori è:
dt
dt
d( Y )
 jYM
dt
Si conclude che le equazioni elettriche in regime quasi stazionario
assumono la forma:
V1  R1 I1  jLd1 I1  E1  ( R1  jX1 )I1  E1
E2  R2 I 2  jLd2 I 2  V2  ( R2  jX 2 )I 2  V2
I1  I1  I0
I
N 1 I 1  N 2 I 2  N 1 I   
I
Il vincolo di carico è dato dalla: V2  Z c I 2
Il circuito equivalente rimane inalterato nella sua struttura
Il diagramma fasoriale si ricava facilmente dalle equazioni elettriche.
Se stendiamo la I sull’asse reale, in fase con il flusso principale, le
due f.e.m. indotte, E1 ed E2, risultano sfate in ritardo di 90°.
La corrente di carico, I2, è sfasata in modo tale da chiudere il triangolo
delle cadute sul carico. La stessa corrente di carico determina la caduta
sulla impedenza caratteristica del secondario
in modo che si chiuda il triangolo su V2 ed E2.
Il campo magnetico generato dalla I2
indebolisce il campo principale ed una
corrente I1’=I2/m, opposta alla I2, viene
richiamata dalla alimentazione.
La composizione della I1’ con la I0 determina
la corrente al primario.
La composizione della tensione di fase con
la opposta della f.e.m. al primario viene
chiusa dalle cadute sulla impedenza al
primario.
Condizioni di Corto Circuito vc(t)=0
Se il carico è chiuso in corto circuito, non viene erogata potenza. Tutta
la potenza immessa in macchina viene dissipata nella macchina stessa.
Ciò consente di valutare alcune caratteristiche di macchina. Se si
considerano le equazioni interne
v1 ( t )  R1i1cc ( t )  Ld1
di1cc ( t )
 e1 ( t )
i1cc ( t )  i1cc ( t )  i0 ( t )
dt
I
N1i1cc ( t )  N 2i2cc ( t )  N1i ( t )   g ( t )
di2cc ( t )
e2 ( t )  R2i2 ( t )  Ld 2
cc
dt
I
v2 ( t )  0
Se la v1(t) è quella nominale, le icc(t) sono molto intense e le perdite
Joule, enormi, tali da distruggere la macchina.
Se invece si alimenta la macchina con tensione ridotta, vcc(t), in modo
da far circolare le correnti nominali, è possibile valutare le perdite Joule
misurando la potenza assorbita, depurandola delle perdite a vuoto, note
dalla prova a vuoto.
Pcu  R1i1 ( t )  R2i2 ( t )
2
2
Se la tensione è ridotta, anche il flusso risulta ridotto di una stessa
proporzione perché basta meno flusso per instaurare il regime
magnetico che induce sul secondario la corrente nominale. E’ possibile,
quindi, trascurare le perdite nel ferro e quelle parassite ed attribuire le
letture delle potenze alle sole perdite Joule senza incorrere in grossi
errori.
Applicazione: Il Trasformatore di Corrente:
Gli amperometri sono strumenti con impedenza interna
nulla (quasi). Se collegati al secondario di un
trasformatore, lo mettono in corto circuito. Se il primario
è collegato in serie su una linea, questi viene attraversato
dalla corrente di linea ed ai suoi morsetti le tensione è
prossima a zero. Dato che siamo in corto, (t) è basso, le
A
perdite anche e la i0. Quindi: i2 ( t )  mi1( t )
Si possono misurare correnti molto intense.
La Scomposizione del Campo Magnetico
Nel funzionamento sotto carico, il flusso principale, (t), è composto
dalla sovrapposizione del flusso generato dalle correnti primarie e
secondarie che si concatena con entrambi gli avvolgimenti.
Nella ipotesi di linearità, è possibile scomporlo in due contributi: m1(t)
e m2(t) che sono i flussi generati dalla corrente primaria e secondaria,
rispettivamente,
 (t)
m1
( t )  m1 ( t )  m 2 ( t )
 m1 ( t ) 
N 1i1 ( t )

m 2 ( t ) 
N 2 i2 ( t )

Sovrapponendo gli effetti, i flussi
concatenati con l’avvolgimento primario e
secondario sono:
 1 ( t )  N1( m1( t )  m 2 ( t ))  d1 ( t )
 2 ( t )  N 2 ( m1( t )  m 2 ( t ))  d 2 ( t )
d1(t)
m2(t)
d2(t)
Modello dei Circuiti Mutuamente Accoppiati
Le espressioni delle fem indotte, a carico, diventano:
d [  1 ( t )]
N 1d ( m1 ( t )  m 2 ( t )) dd1 ( t )
e1 ( t )  


dt
dt
dt
d [  2 ( t )]
N 2 d ( m1 ( t )  m 2 ( t )) dd 2 ( t )
e2 ( t )  


dt
dt
dt
Tenendo conto della relazione tra correnti e flussi:
N 1i1 ( t ) N 2i2 ( t )
N 1d (

)
di1 ( t )


e1 ( t )  
 Ld 1
dt
dt
N 1i1 ( t ) N 2i2 ( t )
N2d(

)
di2 ( t )


e2 ( t )  
 Ld 2
dt
dt
2
Risolvendo: e ( t )   N1 di1 ( t )  N1 N 2 di2 ( t )  L di1 ( t )
1
d1
 dt

dt
dt
2
N 2 N1 di1 ( t ) N 2 di2 ( t )
di2 ( t )
e2 ( t )  

 Ld 2

dt
 dt
dt
E ponendo
2
Lm1
Si ricava
N
 1

;
M 12
N N
 1 2

;
M 21
N N
 2 1

2
;
Lm 2
N
 2

di1 ( t )
di2 ( t )
di1 ( t )
e1 ( t )   Lm1
 M 12
 Ld 1
dt
dt
dt
di1 ( t )
di2 ( t )
di2 ( t )
e2 ( t )   M 21
 Lm 2
 Ld 2
dt
dt
dt
di1 ( t )
di2 ( t )
di1 ( t )
di2 ( t )
e1 ( t )  ( Lm1  Ld 1 )
 M 12
  L1
 M 12
dt
dt
dt
dt
di ( t )
di ( t )
di ( t )
di ( t )
e2 ( t )   M 21 1
 ( Lm 2  Ld 2 ) 2
  L2 2
 M 21 1
dt
dt
dt
dt
L1  Lm1  Ld 1 ; L2  Lm 2  Ld 2
Avendo posto
I coeff. L1 ed L2 sono definiti come induttanze di autoinduzione e
tengono conto dei flussi generati da un circuito elettrico che si
concatenano con lo stesso circuito.
I coeff. M12 ed M21 sono definiti come induttanze di mutua induzione e
tengono conto dei flussi generati da un circuito elettrico che si
concatenano con un altro circuito elettrico mutuamente accoppiato.
L’induttanza mutua è una quantità positiva se correnti positive nei due
avvolgimenti producono flussi propri e mutui concordi, altrimenti è
negativa. Nell’ipotesi di simmetria M12=M21
La relazione tra correnti e flussi concatenati può essere così riassunta,
in forma sistemica ed in forma matriciale:
 1 ( t )  L1i1 ( t )  M 12i2 ( t )

 2 ( t )  M 21i1 ( t )  L2 i2 ( t )
1(t )
2(t )

L1
M 21
M 12 i ( t )
1

L2 i 2 ( t )
Le fem indotte si calcolano di conseguenza.
d 1 ( t )

di1 ( t )
di2 ( t )
e1 ( t )  
  L1
 M 12


dt
dt
dt

e ( t )   d 2 ( t )   M di1 ( t )  L di2 ( t )
2
21
2

dt
dt
dt

e1 ( t )
e2 ( t )

L1
M 21
M 12
d i1 ( t )

L2 dt i 2 ( t )
Se si considera il II° Kirchoff, si ottiene.
di1 ( t )
di2 ( t )

v 1 ( t )  R1i1 ( t )  L1 dt  M 12 dt

v ( t )  R i ( t )  M di1 ( t )  L di2 ( t )
2 2
21
2
 2
dt
dt
Circuiti Equivalenti Semplificati
In una rappresentazione semplificata di tipo Input/Output, il circuito
equivalente può anche non contenere parametri legati al campo
magnetico perché questi regolano il comportamento interno di
macchina.
La rappresentazione semplificata del modello trasformatorico può
essere utile, ad esempio, per studiare l’andamento della tensione al
secondario, al variare delle caratteristiche del carico (da vuoto al pieno
carico). Il modello semplificato deve comportarsi come il modello
principale di riferimento.
Affinchè ci sia equivalenza è necessario che le correnti erogate ed
assorbite dai due modelli siano le stesse, una volta che essi siano
collegati allo stesso ingresso (v1(t)) ed allo stesso carico Zc.
E’ chiaro che si deve tener conto della influenza di tutti i parametri di
macchina, compresi quelli al primario, in modo che una variazione
della corrente di carico determini la stessa variazione della corrente
assorbita al primario dei due modelli.
I coeff di auto induzione primaria e secondaria possono essere riscritti
come:
Lm1
 m1 ( t ) N 11m ( t )
N 1 N 1i1 ( t ) N 1




i1 ( t )
i1 ( t )
i1 ( t ) 

Lm 2
 ( t ) N 2 2 m ( t )
N 2 N 2i2 ( t ) N 2
 m2



i2 ( t )
i2 ( t )
i2 ( t ) 

2
 m1 ( t )  Lm1i1 ( t )

2
 m 2 ( t )  Lm 2i2 ( t )

Ed il flusso principale ( trascurando per il momento le perdite)
1
( t )  ( N 1i1 ( t )  N 2i2 ( t ))

Tenendo conto che
Lm1
( t )  2 ( N 1i1 ( t )  N 2i2 ( t )) 
N1
Lm 2
( t )  2 ( N 1i1 ( t )  N 2i2 ( t )) 
N2
1 Lm1 Lm 2
 2  2
 N1
N2
Lm1
N2
N 1 ( i1 ( t ) 
i2 ( t ))
2
N1
N1
Lm 2
N1
N2(
i1 ( t )  i2 ( t ))
2
N2
N2
Se si considerano le fem indotte:
d( t )
d
N2
e1 ( t )   N 1
  Lm1 ( i1 ( t ) 
i2 ( t ))
dt
dt
N1
d( t )
d N1
e2 ( t )   N 2
  Lm 2 (
i1 ( t )  i2 ( t ))
dt
dt N 2
Dalla prima eq. si vede che la presenza del circuito magnetico è
sintetizzata dal coeff. Lm1 percorsa dalla corrente i1(t)+(N1/N2)i2(t).
La corrente i2’(t)=(N1/N2)i2(t) è la corrente secondaria riferita al
primario. Allo stesso modo v2’(t)=(N2/N1)v2(t) è la tensione ai morsetti
del secondario riferiti al primario.
Si ottiene un modello
semplificato riferito
al primario ( si
L ’ i ‘(t)
L
i (t)
R1
V1(t)
d1
R2’
1
Lm1
d2
2
V2‘(t)
considerano anche le
resistenze e le induttanze
di dispersione).
Considerando la seconda equazione si ricava un modello semplificato
d( t )
d N1
riferito al secondario.
e2 ( t )   N 2
dt
  Lm 2
(
dt N 2
i1 ( t )  i2 ( t ))
La presenza del circuito magnetico è sintetizzata dal coeff. Lm2 percorsa
dalla corrente i2(t)+(N2/N1)i1(t).
La corrente i1’(t)=(N2/N1)i1(t) è la corrente primaria riferita al
secondario. Allo stesso modo v1’(t)=(N1/N2)v1(t) è la tensione primaria
riferita al secondario.
V1’(t)
R1’
Ld1’ I1’(t)
R2
Lm2
Ld2
i2(t)
V2(t)
Queste relazioni dimostrano che è possibile ridurre la complessità del
modello mediante la semplificazione del modello di interazione
magnetica riferendo il comportamento della macchina al circuito
primario o quello secondario.
Si consideri il circuito di riferimento ottenuto dalle equazioni di
macchina
e lo si confronti con il circuito equivalente di figura
Si introduce una impedenza equivalente, Z12, al secondario e tolgo la
impedenza Z1=R1+jX1 al primario. Per evidenziare l’influenza del
circuito primario sul secondario, si tiene conto della differenza che si ha
sul secondario tra le f.e.m. a vuoto (e20(t)) e la f.e.m. che si ha per un
prefissato regime di correnti (e2(t)).
Dal secondo circuito si osserva che
e20 ( t )  e2 ( t )  Z12i2 ( t )
e10 ( t ) e1 ( t )

e20 ( t )  e2 ( t )
v1 ( t )  e1 ( t )
m
m
Z 12 


I
i2 ( t )
i2 ( t )
m( mi1 ( t ))
Z1i1 ( t )
Z1
Z12  2 I
 2
m ( i1 ( t )) m
perchè
i1( t )
1
I
i1 ( t )
Si può quindi affermare che la impedenza caratteristica del primario
può essere riferita al secondario, senza che risultino variati i valori di
tensione e di corrente ai morsetti esterni di macchina, dividendo il suo
valore per il quadrato del rapporto di trasformazione.
Le due impedenze caratteristiche di macchina, riferite al secondario,
possono essere sostituite da un’unica impedenza equivalente:
Allo stesso modo si può
Z0
Z1
riferire la impedenza
Z e"  Z 2  Z 12  Z 2  2
Z 0"  2
m
m
caratteristica di vuoto
e10 ( t ) v1 ( t )
Se si riporta al secondario anche
e20 ( t ) 

m
m
la tensione primaria
allora il circuito equivalente ridotto al secondario potrà essere così
rappresentato
v1(t)
e10(t)
e20(t)
Ze”
Z0”
v2(t)
Zc
Circuito equivalente riferito al primario
con gli stessi ragionamenti si possono riportare tutte le grandezze di
macchina dal secondario al primario. Senza
ripetere tutti i
ragionamenti, per brevità, si può logicamente supporre che, essendo gli
effetti di una impedenza Z1/m2 riferita al secondario del tutta identica
ad una impedenza Z1 al primario, per riportarla al primario è sufficiente
che ri-moltiplichi la impedenza equivalente al secondario per m2 :
Z1
2
2 Z1
Z e '  m Z e"  m ( Z 2  2 )  m Z 2  m 2  Z 1  m 2 Z 2
m
m
Z e'  Z1  Z 21 Il circuito equivalente diventa:
2
2
Per le ipotesi fatte, al secondario si ha: e2(t)=v2(t). Ne segue che
e1(t)= me2(t)=mv2(t). Se si applica il II° principio di K. al primario
' '
' '
si ha:
v1 ( t )  e1 ( t )  Z 1 i1 ( t )  mv2 ( t )  Z 1 i1 ( t )
2
Si riporta anche il carico al primario, usando la Z c '  m Z c
Infine, se si ipotizza di trascurare la caduta sulla impedenza
caratteristica dovuta alla corrente a vuoto, è possibile riportare la
impedenza a vuoto prima della impedenza caratteristica del primario
Il circuito equivalente semplificato riportato al primario diventa così:
i1(t)
I1’(t)
i0(t)
v1(t)
Z0
Ze’
mv2(t)
Zc’
Il quadripolo ottenuto viene normalmente utilizzato per simulare il
trasformatore come carico elettrico in una rete comunque complessa
mentre il circuito equivalente ridotto al secondario viene utilizzato per
simulare il comportamento da generatore del trasformatore verso il
carico.
Bilancio delle Potenze e Rendimento
Siano Pfe le perdite nel ferro a vuoto (perdite nel ferro vere e proprie
più perdite per correnti parassite: P  R i 2
fe
Siano P0 le perdite nel rame a vuoto:
a a
P0  R1i0
2
Le perdite nel rame primario e secondario, a carico, sono:
P cu1  R1i1
2
P cu 2  R2i2
2
Pj  P cu1  P cu 2
Pj sono massime a pieno carico, sono trascurabili a vuoto perché Pj0<P0
in quanto a vuoto le perdite nel ferro sono preponderanti.
Le perdite nel ferro sono legate al flusso che rimane quasi costante al
variare del carico. Ne segue che anche P0 rimane costante al variare del
carico mentre le Pj variano con il quadrati del carico stesso.
Il rendimento, , vale:
Pc

Pc  Pfe  Pj
 varia da 0.95 a 0.99 da piccoli a grandi
trasformatori, rispettivamente.
Trasformatori Trifasi
Gli avvolgimenti primario e secondario vengono avvolti sulla stessa
colonna e due gioghi connettono magneticamente assieme tre colonne
per formare un apparato elettrico trifase. Schematicamente, si ha:
Una prima differenziazione tra trasf.trifasi si
ha in base al tipo di collegamento:
a) stella/stella;
b) stella/triangolo;
c) triangolo/stella; d) triangolo/triangolo
a)
b)
c)
d)
Se il centro stella è
accessibile, è possibile
connettersi sia tra due
fasi che tra fase e neutro
ottenendo con ciò due
livelli di tensione (as es.
380/220).
Se si connette una terna di terminali ad un sistema trifase (ad esempio
stella/stella) è possibile studiare il trasf.trifase come tre monofasi
sfasati tra loro di 120° elettrici. Il circuito equivalente diventa:
L’andamento dei flussi è tale da dover dare,
istante per istante, somma nulla; ci deve
essere almeno una colonna che funge da
“ritorno” per chiudere il circuito magnetico.
Data la non simmetria del circuito magnetico,
la colonna centrale ha una minore riluttanza
rispetto alle colonne laterali. Le correnti di
magnetizzazione non sono equilibrate.
Si ipotizza di trascurare questa dissimmetria e di
assumere che i flussi siano perfettamente
sinusoidali. Su queste basi, le f.e.m. indotte
presentano dei fasori che sono a 90°in ritardo
con i flussi. Una volta identificate le f.e.m.
indotte, è facile pervenire al circuito equivalente,
tenendo conto delle impedenze caratteristiche del primario e del
secondario e della terna delle impedenze di vuoto.
Lo studio del trasformatore trifase si riduce allo studio di tre
trasformatori monofase le cui grandezze elettriche si trovano sfasate tra
loro di 120°. Le considerazioni svolte per il monofase possono essere
ripetute per il trifase. Si devono considerare, però le varianti dovute a
diversi tipi di collegamento.
Connessioni Tipiche: La terna degli avvolgimenti primari e secondari
possono essere collegate in diversi modi, partendo dalle configurazioni
base stella o triangolo. In base ai collegamenti scelti, cambia il rapporto
di trasformazione tra primario e secondario.
I collegamenti tra le fasi sono scelti in base a considerazioni di carattere
funzionale, costruttivo ed economico.
Collegamento a Stella
• le correnti di linea sono quelle di fase;
• le tensioni si dividono in tensioni di fase e concatenate. Sulle fasi
insistono le tensioni di fase (isolamento ridotto);
• il centro stella è accessibile in entrambi gli avvolgimenti
– può essere marcato a terra per evitare che i centri stella teorico e reale
differiscano tra loro;
– può essere reso disponibile con un collegamento. Carichi monofasi possono
essere collegati tra una fase ed il neutro del secondario (doppio livello di
tensione di alimentazione dei carichi).
Collegamento a Triangolo
• le correnti di linea si dividono in macchina in rapporto di 1.73;
• le tensioni sugli avvolgimenti sono quelle concatenate (isolamenti
rinforzati);
• il centro stella non è accessibile.
AutoTrasformatori
Sono trasformatori dotati di un unico avvolgimento. L’uscita verso il
carico viene prelevata direttamente dall’avvolgimento a cui è collegata
anche la alimentazione.
Se N1 sono le spire dell’avvolgimento e il collegamento al carico viene
effettuato su N2 spire, significa che ci sono N2 spire in comune ed N1N2 spire non in comune tra primario e secondario.
Sia I1 la corrente assorbita quando
l’avvolgimento viene alimentato con la
tensione V1 e sia I2 la corrente erogata
sul carico ai capi del quale c’è la
tensione V2. Si nota subito che I1 ed I2
hanno versi opposti. Trascurando le
perdite
e
la
corrente
di
magnetizzazione, si può scrivere che
( N1  N2 )i1( t )  N2 ( i1( t )  i2 ( t ))  0
N1i1( t )  N2i1( t )  N2i1( t )  N2i2 ( t )  0
N1i1( t )  N2i2 ( t )  0 N1i1( t )  N2i2 ( t )
N1
i1 ( t )  i2 ( t )  mi1 ( t )
N2
i1(t) è in fase con i2(t) ed il modulo della
differenza è anche la differenza dei
moduli. Ciò corrisponde ad un
diagramma fasoriale del tipo di figura,
dove si sono indicate anche le f.e.m.
indotte dalle correnti I1 ed I2.
Se si considerano le perdite nel ferro ed
un circuito magnetico reale con
riluttanza  da 0, allora viene assorbita
anche una corrente I0 che è facilmente
rilevabile a vuoto. La corrente assorbita
al primario sarà:
i (t )i (t )
1
0
Dal punto di vista costruttivo, l’auto trasformatore può essere ben
descritto dal circuito equivalente di figura:
La potenza di dimensionamento, Pd, è
pari alla effettiva potenza trasformabile:
Pd  v2 ( t )( i2 ( t )  i1 ( t )) 
 ( v1 ( t )  v2 ( t ))i1 ( t )
v2 ( t )i2 ( t )  v2 ( t )i1 ( t ) 
 v1 ( t )i1 ( t )  v2 ( t )i1 ( t )
La effettiva potenza passante è quindi:
Pa  v2 ( t )i2 ( t )  v1( t )i1( t )
L’auto trasformatore è equivalente ad
un trasformatore monofase.
La differenza tra potenza passante e potenza di dimensionamento
fornisce la potenza che si trasferisce direttamente dal primario al
secondario, dato il collegamento metallico.
Il rapporto tra potenza di dimensionamento e potenza passante
determina il costo e l’ingombro dei due tipi di macchine e viene
utilizzato per verificare la correttezza della scelta tra i due.
Pd ( v1 ( t )  v2 ( t ))i1 ( t )
1 1 m
r

 1 
Pa
v1 ( t )i1 ( t )
m
m
Il vantaggio dell’uso dell’autotrasformatore è tanto maggiore quanto
minore è la differenza v1-v2. Per m>5 il vantaggio è praticamente perso.
r
Il circuito equivalente ridotto di un auto trasformatore reale è simile a
quello dei trasformatori monofase. I parametri del circuito, le perdite ed
il rendimento si calcolano e si misurano allo stesso modo.
Caso degli auto-trasformatori trifasi con collegamento a triangolo ed a
stella.
Il collegamento a triangolo non viene utilizzato perché essendo la terna
in uscita sfasata con la terna di ingresso, potrebbero nascere problemi di
squilibrio.
Vantaggi/Svantaggi dell’uso degli autotrasformatori.
Vantaggi:
• Costi ed ingombri minori;
• Minori perdite e, quindi, maggiore rendimento;
• Minori variazioni di tensione fra vuoto e carico.
Svantaggi:
• Minore tensione di cortocircuito percentuale (maggiore corrente di
corto => corto circuito più pericoloso;
• Bassi rapporti di trasformazione;
• Isolamento elettrico fra ingresso ed uscita non garantito.
Dati di Targa dei Trasformatori
In base alle Norme CEI 253 relative ai trasformatori di potenza, ogni
trasformatore deve portare una targa contenente i dati essenziali:
1 Gruppo - Dati generali:
1) Contrassegno CEI se la macchina è costruita secondo le prescrizioni
delle norme indicate;
2) Nome del Costruttore;
3) N°di matricola assegnato dal costruttore alla macchina;
4) Anno di fabbricazione;
5) Tipo di macchina (trasf., auto-trasf., unità regolatrice, etc.);
6) Numero delle fasi;
7) uso per interno o per esterno;
8) tipo di raffreddamento;
9) classe del sistema isolante;
10) Tipo di servizio solo se diverso da quello continuo.
2 Gruppo - Dati nominali:
1) Frequenza nominale (Hz);
2) Potenza nominale (VA o multipli);
3) Tensione nominale di ogni avvolgimento (V o multipli);
4) Corrente nominale di ogni avvolgimento (A o multipli) in
corrispondenza di ogni tensione;
3 Gruppo - Dati particolari:
1) Tensioni a vuoto e correnti (o potenze) relative ad ogni
avvolgimento;
2) Tensioni e potenza di corto circuito relative ad ogni coppia di
avvolgimenti (valori misurati al collaudo, riportati alla temperatura
convenzionale e riferiti alle prese principali).
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2_Trasformatori