Teatro Sociale di Busto Arsizio
giovedì 26 febbraio 2015 – ore 21.00
LA SERVA PADRONA
intermezzo buffo di Giovanni Battista Pergolesi
libretto di Gennaro Antonio Federico
direzione musicale di Marco Raimondi
produzione: associazione «Amadeus»
lezione-concerto
Celebra il primato della donna scaltra sull'uomo prepotente, ma facile da ingannare l’intermezzo comico
«La serva padrona», musicato da Giovanni Battista Pergolesi su libretto di Gennaro Antonio Federico, la
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Il teatro Sociale Impresa Sociale Srl, piazza Plebiscito, 8 – 21052 Busto Arsizio (Varese), tel. 0331.679000,
fax 0331.637289, [email protected] (segreteria e direzione artistica) o [email protected] (ufficio
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cui prima rappresentazione si tenne il 5 settembre 1733 al teatro San Bartolomeo di Napoli tra gli atti
dell'opera seria «Il prigionier superbo» dello stesso Pergolesi.
La vicenda, suddivisa in due parti e caratterizzata da dialoghi serrati, racconta la storia di un ricco e
attempato signore di nome Uberto, scapolo impenitente, che ha al proprio servizio una serva giovane e
furba: Serpina. La ragazza, con il proprio carattere prepotente e capriccioso, approfitta della bontà del
padrone, dall'indole debole e titubante. Per sottrarsi alla tirannia della donna, l'uomo le annuncia che
intende sposarsi. Serpina comprende in fretta che la moglie dovrà essere lei ed escogita un piano:
annuncia le nozze con un certo capitan Tempesta, che in verità è il servo Vespone, scatenando così nel
ricco e ingenuo signorotto attacchi di profonda quanto comica gelosia. Pur di non pagare la dote di 4000
scudi richiesta e accortosi del sentimento che prova per la sua cameriera, Uberto decide di sposare
Serpina e l'opera finisce con una frase che è chiave di lettura di tutta la storia: «..e di serva divenni io già
padrona!».
Il capolavoro pergolesiano deve la propria grande notorietà alla famosa «querelle des bouffons»,
suscitata dalla ripresa parigina del 1752. Gli intellettuali illuministi, affascinati dal fluire melodico, dal
dinamismo e dalla naturalezza dell’opera, misero in discussione i valori della loro cultura nazionale
contrapponendo l’universalità del puro lirismo della musica italiana al gusto specificatamente francese
per il canto declamato. La risonanza europea di questa querelle e la morte prematura di Giovanni
Battista Pergolesi (a soli ventisei anni) contribuirono all’innalzamento dell’opera a modello esemplare del
teatro musicale comico.
PERSONAGGI
• Vespone è un servitore. Nella scena è muto e può esprimersi solo a gesti ma riesce a comunicare con
il pubblico al quale racconta come si svolge veramente la storia;
• Uberto è un ricco ed attempato signore, un po’ brontolone, molto tirchio e pieno di sé ma in fondo buffo
e bonaccione;
• Serpina è la giovane ed astuta servitrice che, con il suo carattere sbarazzino e un po’ prepotente,
approfitta della bontà del suo padrone per fare quello che vuole;
• I musicisti accompagnano le scene eseguendo la musica necessaria per far esprimere i personaggi:
Uberto e Serpina con il canto, Vespone solo con i gesti.
TRAMA
Atto primo
Uberto, svegliatosi da poco, è arrabbiato perché Serpina, tarda a potargli la colazione («Aspettare e non
venire»), e perché Vespone non gli ha ancora fatto la barba. Serpina si presenta affermando di essere
stufa, e di voler essere finalmente rispettata come una vera signora. Uberto perde allora la pazienza e gli
dice di cambiare subito atteggiamento («Sempre in contrasti con te si sta»). Serpina si lamenta allora di
ricevere solo rimbrotti da Uberto nonostante le attenzioni che gli dedica e gli intima di stare zitto
(«Stizzoso, mio stizzoso»). Uberto, molto arrabbiato decide allora di prendere moglie per avere qualcuno
che possa contrastare la serva impertinente. Ordina a Vespone di andare alla ricerca di una donna da
sposare e chiede gli vengano portati gli abiti per uscire. Serpina gli intima allora di rimanere a casa
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perché ormai è tardi, e se si azzarderà ad uscire, lei lo chiuderà fuori. Inizia un vivace battibecco, in cui
Serpina infine chiede al padrone di sposarla e Uberto, stupito, rifiuta. (duetto «Lo conosco a quegli
occhietti / Signorina v'ingannate»).
Atto secondo
Serpina ha convinto Vespone ad aiutarla nel suo proposito di sposare Uberto con la promessa che lui
sarà un secondo padrone. Vespone si è travestito da Capitan Tempesta, fantomatico pretendente della
mano di Serpina. Serpina rivela ad Uberto che anche lei ha trovato un marito, un soldato chiamato
Capitan Tempesta. Uberto, dolorosamente colpito dalla notizia, cerca di non farlo notare e deride la
serva, ma si lascia però sfuggire, che, nonostante tutto, le vuole bene e sentirà la sua mancanza.
Serpina capisce di essere vicina alla vittoria e dà la stoccata finale chiedendogli di non dimenticarsi di lei
e di perdonarla se a volte è stata impertinente («A Serpina penserete»). Uberto è finalmente cotto!
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