Il Giornale dei Grandi Eventi
16 Dicembre 2004
Anno X / Numero 75
L’intervento
Pubblicità
senza parole
di Radbot d’AsburgoLorena
Arciduca d’Austria
già Direttore del
Turismo Austriaco a Roma
G
li Strauss, questa
grande dinastia di
compositori, un
padre e tre figli, uno più
conosciuto dell’altro, già
nel loro tempo. Quattro
Strauss, un vero impero di
famiglia: produssero più
di mille composizioni, disponevano di una propria
orchestra, organizzavano
tournée all’estero.
Oggi, come allora, Strauss
è sinonimo di valzer. Sono stati infatti loro che
hanno reso conosciuta, al
di là di ogni confine, questa danza popolare. Danza divenuta di moda, accettata in società, ammessa nella rigorosa Corte austriaca. Tre Strauss sono
stati nominati successivamente Hofballdirektor, direttore dei balli alla Corte
Imperiale di Vienna. Una
carica di prim’ordine per
la loro carriera, un biglietto da visita dorato che
rese loro immensa pubblicità. Il Valzer, intanto, è
Segue a pag. 12
Con il Pipistrello di Strauss
torna la divertente Operetta
A
chiudere la stagione 2004 del
Teatro dell’Opera di Roma arriva
l’effervescenza dell’operetta Il Pipistrello di Johann Strauss figlio. Uno dei
massimi capolavori di questo genere, divenuto il simbolo del fascino e della gioia
di vivere viennesi. Un gioco sottile e divertente, fatto di colpi di scena, di travestimenti e di intrighi maliziosi. Ingredienti indispensabili come sfarzo, colori
e luci, uniti ai tre tempi del valzer creano
il magico e spumeggiante cocktail che è
l’operetta. Una scelta ottima del Teatro
dell’Opera di Roma, che sarebbe auspicabile divenisse una piacevole consuetu-
dine durante le feste di Natale.
La direzione dell’orchestra è affidata al
maestro Donato Renzetti, al suo debutto nel genere, che torna a Roma dopo
aver diretto Un ballo in Maschera e Francesca da Rimini. La regia è di Filippo Crivelli, il quale intelligentemente non ha
voluto seguire le facili tentazioni di attualizzare la vicenda, ma l’ha mantenuta in un incantevole e validissimo
passato, un tuffo nel mondo dorato delle melodie di Strauss. Il Pipistrello è presentato in italiano, con l’ottima traduzione di Gino Negri, per meglio far apprezzare al pubblico dialoghi e battute.
La trama
ATTO PRIMO - Salotto
in casa Eisenstein - Dal giardino sale una canzone d'amore intonata da una voce nella quale Rosalinda riconosce quella
di Alfredo, un tenore suo spasimante, ma evita di darle
ascolto. Intanto la cameriera Adele le chiede la serata libera, col pretesto di una vecchia zia gravemente ammalata: in realtà vuole partecipare alla festa che sta per avere
luogo nella villa del principe Orlofsky, ed alla quale una
lettera della sorella Ida l'ha esortata a intervenire. Ma Rosalinda le rifiuta il permesso: non vuole restare sola proprio la sera in cui il marito deve presentarsi in prigione per
scontare una pena di cinque giorni per offese a pubblico
ufficiale e Alfredo insiste per avere in colloquio con lei.
Ecco rientrare appunto il marito, Eisenstein, che discute
animatamente con Blind, suo avvocato, il quale non solo
non gli ha evitato la condanna, ma addirittura l’ha fatta
prolungare di tre giorni. Nel frattempo arriva anche Falke,
amico di Eisenstein, che gli propone di rinviare di qualche ora
l'andata in prigione per partecipare alla festa del principe Orlofsky, alla quale saranno presenti molte ballerine e le
donne più belle della città. Eisenstein si lascia convincere
in nome dei bei tempi trascorsi con l'amico, quando non
era ancora sposato. Lo stesso Falke gli ricorda il brutto
scherzo che Eisenstein gli aveva fatto quando i due andarono ad una festa mascherata, Eisenstein travestito da farfalla e Falke da pipistrello: Falke aveva bevuto troppo ed
Eisenstein, accompagnandolo a casa all'alba, lo lasciò
crollare addormentato per terra e l'abbandonò. Quando
Falke si svegliò, dovette camminare verso casa per le strade di Vienna ancora vestito da pipistrello, divenendo così
lo zimbello della gente; da allora tutti lo chiamano “il pipistrello”.
Segue a pag. 3
Le Repliche
Venerdì 17 dicembre, 20,30
Sabato 18 dicembre, 18,00
Domenica 19 dicembre, 16,30
Martedì 21 dicembre, 20,30
Mercoledì 22 dicembre, 20,30
Giovedì 23 dicembre, 18,00
Storia
dell’opera
Successo a Berlino
ma con ritardo
A pag. 7
La lunga storia
del valzer
Dalle feste contadine
ai ricevimenti di corte
degli Asburgo
A pag. 8 e 9
La famiglia
Strauss
Una dinastia per
il valzer
A pag. 10 e 11
Opera
2
Il
Un incontro dei sovrintendenti col ministro Urbani
L’Opera italiana
guarda al suo futuro
M
artedì 14 dicembre si è
svolto presso il
Ministero per i Beni Culturali un incontro dedicato ai problemi dell’opera e dello spettacolo lirico-sinfonico. Con il Ministro Urbani si sono
confrontati i sovrintendenti di tutti i teatri lirici
italiani ed i sindaci delle
rispettive città. Un incontro reso necessario
per le preoccupazioni
che ha suscitato il taglio
del Fondo Unico dello
Spettacolo (FUS) che nella nuova Finanziaria dovrebbe essere ridimensionato di circa un 15 %.
Un piccolo sacrificio che
il Governo chiede anche
ai teatri d’opera ed al
quale una sana gestione
dovrebbe sopperire con
piccoli risparmi a caduta. Il problema è che in
molte Fondazioni liricho-sinfoniche sul territorio nazionale si tende
ad addossare le responsabilità al sistema politico, rimanendo ancora
aggrappati con le unghie
al vecchio ed ormai desueto sistema del finanziamento statale che in
altri tempi permetteva
sperperi e gestioni dilettantistiche. Certo un taglio di fondi crea sempre
dei problemi, ma gli amministratori dei teatri italiani dovrebbero sciogliersi dalla logica dell’assistenzialismo guardando piuttosto ad altre
Teatro Costanzi
Tutta la Stagione 2005
Opere
SEMIRAMIDE di G. Rossini
Gianluigi Gelmetti
Daniela Barcellona, Michele Petrassi,
Darina Takova, Antonino Siracusa
Regia, scene e costumi:
Pier Luigi Pizzi
NUOVO ALLESTIMENTO
15 - 22 febbraio 2005
Direttore:
9 - 22 marzo 2005
ATTILA di Giuseppe Verdi
Direttore:
Antonio Pirolli
Roberto Frontali, Ivan Inverardi, Dimitra Theodossiu,
Roberto Scandiuzzi, Orlin Anastassov
Regia e scene:
Paolo Baiocco
NUOVO ALLESTIMENTO
17 - 23 marzo 2005
Il Ministro Giuliano Urbani
forme di autofinanziamento.
Il Teatro dell’Opera di
Roma non è esente da
questi problemi. Il bilancio del 2004 si dovrebbe
chiudere con un deficit
di tre milioni di euro. Un
deficit che però è essenzialmente “contabile”,
poiché al Teatro in corso
d’anno sono venuti meno due milioni del taglio
del FUS - comunicato a
luglio - ed il mancato apporto di un altro milione
che sarebbe dovuto venire da uno sponsor (ricordiamo che la nuova legge sulle Fondazioni prevede che l’apporto dei
privati dovrebbe essere
del 12% rispetto al contributo dello Stato).
Dunque, incidenti di
percorso permettendo,
questi dati presenterebbero per il tanto bistrattato Teatro capitolino
una immagine di serietà
ed oculata gestione. Cer-
Il G iornale dei G randi Eventi
Direttore responsabile
Andrea Marini
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to di meglio si potrebbe
fare. Ottimizzare le risorse e puntare maggiormente sui privati sono sicuramente le strade da
percorrere.
Nel corso dell’incontro si
è riscontrata un’ identità
di vedute tra il Ministro,
i Comuni ed i Sovrintendenti sulla necessità di
un intervento strutturale
e duraturo per rilanciare
l’opera quale una delle
eccellenze del panorama
culturale italiano. Si è
quindi convenuto di istituire un comitato tecnico
ristretto composto dai
sindaci Diego Cammarata (Palermo) come coordinatore, Sergio Cofferati (Bologna), Rosa Russo
Jervolino (Napoli) e Giuseppe Pericu (Genova),
dai Sovrintendenti dei
teatri di Torino WalterVerniano (coordinatore),
Palermo, Bologna, Napoli e Genova e dal Direttore Generale dello
Spettacolo dal Vivo. Il
comitato dovrà affrontare i problemi legati alle
produttività, al reperimento di nuove risorse e
soprattutto alla revisione
degli attuali modelli di
gestione per portare in
tempi brevi all’attenzione del Governo alcune
proposte di riforma ormai necessarie per il superamento delle difficoltà in cui versano quasi tutte le Fondazioni liriche. La prima riunione è
fissata per il 19 gennaio.
A. M.
CAVALLERIA RUSTICANA
di P. Mascagni
RAPSODIA SATANICA di P. Mascagni
Direttore:
Marcello Panni
Giuseppe Giacomini, Natalia Tarasevich,
Viorica Cortez, Ambrogio Maestri
Regia:
Stefano Vizioli
ALLESTIMENTO DEL TEATRO DELL’OPERA
5 - 10 aprile 2005
SERATA STRAVINSKIJ
OEDIPUS REX (Edipo Re) di Igor Stravinskij
UCCELLO DI FUOCO di Igor Stravinskij
Direttore:
Zotlan Pesko
John Ullenhop, Mario Luperi, Michail Ryssov, Barbara Pintor
Regia:
Luigi Squarzina
ALLESTIMENTO DEL TEATRO DELL’OPERA E TEATRO DI RIGA
28 aprile - 11 maggio 2005
TURANDOT di G. Puccini
Direttore:
Alain Lombard
Giovanna Cassolla, Nicola Martinucci,
Carla Maria Izzo, Michail Ryssov
Regia:
Giuliano Montaldo
ALLESTIMENTO DEL TEATRO CARLO FELICE DI GENOVA
17 - 25 giugno 2005
THAÏS di Jules Massenet
Direttore:
Pascal Rophè
Amarilli Nizza, MarcoVinco, Claudio Di Segni
Regia:
Alberto Fassini
ALLESTIMENTO DEL TEATRO DELL’OPERA
Stagione estiva alle Terme di Caracalla
(Due opere ed un balletto)
22 – 29 settembre
Direttore:
Regia e Scene:
LE NOZZE DI FIGARO
di Wolfgang Amadeus Mozart
Gianluigi Gelmetti
Anna Rita Taliento, Laura Cherici
Marco Vinco, Laura Polverelli
Quirino Conti
NUOVO ALLESTIMENTO
DAS RHEINGOLD (L’Oro del Reno)
di Richard Wagner
Direttore:
Will Humburg
Ralf Lukas, Kristian Frantz,
Hartmunt Welker, Katia Litting,
Hanna Schwarz, Eva Matos
Regia, Scene e Costumi:
Pier’ Alli
ALLESTIMENTO TEATRO ALLA SCALA
In lingua originale con sovratitoli
18 – 25 ottobre
23 Novembre – 1 Dicembre
Direttore:
Regia:
LA SONNAMBULA
di Vincenzo Bellini
Bruno Campanella
Stefania Bonfadelli, Nina Makarina
Dimitri Korchak, Enzo Capuano
Pier Francesco Maestrini
Il Pipistrello
Il Giornale dei Grandi Eventi
3
Parla il direttore Donato Renzetti
“Il Pipistrello, cerniera tra Mozart e Massenet”
D
opo aver diretto
Un ballo in maschera di Verdi nel
2001 e Francesca da Rimini
di Zandonai nel 2003, il
maestro Donato Renzetti
torna al Teatro dell'Opera
di Roma con questo titolo
di tutt'altro genere.
Da qualche mese Direttore
principale del teatro S?o
Carlos di Lisbona, il maestro Renzetti ci spiega cosa
rappresenta per il suo percorso artistico l’operetta che
dirige per la prima volta.
«Volevo cimentarmi con
questo tipo di musica, sia
perché insieme a Lohengrin,
Boris Godunov e Wozzek il
Pipistrello era tra le opere
che mi incuriosivano, sia
perché dopo l’esperienza con
il musical (il m° Renzetti
ha diretto recentemente il
~~
Kiss me Kate di Porter al
Regio di Torino, n.d.r.) volevo provare questo genere
più particolare e raffinato».
«Dopo aver visto molti Fledermaus in Germania –
continua Renzetti - ho potuto constatare che è un titolo
entrato nel repertorio di pochi
direttori. Pochi lo hanno diretto, ma tra quei pochi ci sono nomi come Kleiber , Peter
Maag e André Preven. Il motivo credo sia da ricercare nelle difficoltà di una partitura
che non concede un momento
di tregua: si deve dare una
continua legatura ritmica alla
musica, tra le parti recitate,
l'intreccio, i ritmi, i balli, i
movimenti continui...l'opera
non deve mai "cadere", e la
verve dinamica deve essere
sempre alle stelle.
La piacevolezza e la facilità
La Locandina ~ ~
IL PIPISTRELLO
(Die fledermaus)
Operetta in tre atti
Libretto di Karl Haffner e Richard Genée
Dal vaudeville Le Réveillon (Il veglione) di Henri
Meilhac e Ludovic Halévy
Musica di Johann Strauss jr.
Prima rapp.: Vienna, Teatro an der Wien 5 aprile 1874,
Maestro concertatore e Direttore d’orchestra
Donato Renzetti
Regia:
Scene:
Costumi:
Coreografia:
Filippo Crivelli
Maurizio Varamo
Anna Biagiotti
Gerlinde Dill
Personaggi - Interpreti
Rosalinde (S)
Darina Takova
Danielle Streiff (17, 21/12)
Alfred (T)
Francesco Grollo
Danilo Formaggia (17, 19, 22 /12)
Adele (S)
Anna Maria Dell’Oste
Donata D’Annunzio Lombardi (17,19,21,23/12)
Falke (Bar)
Dario Solari / Mauro Utzeri
(17, 19, 22 /12)
Frank (Bar)
Giampiero Ruggeri
Orlofsky (Ms)
Francesca Provvisionato
Eisenstein (T)
Armando Ariostini
Stefano Antonucci (17, 19, 22 /12)
Dr. Blind (T)
Stefano Consolini
Mario Bolognesi (22, 22, 23 /12)
Con la partecipazione di Massimo Dapporto nel ruolo
di Frosch e di Carla Fracci nelle danze del II atto.
In italiano – Traduzione di Gino Negri
Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del
Teatro dell’Opera di Roma
NUOVO ALLESTIMENTO
di questa musica sono qualità di cui fruisce maggiormente l'ascoltatore piuttosto
che l'esecutore. La sinfonia
del Pipistrello è tra i brani
più difficili da realizzare, sia
dal punto di vista musicale
che di direzione, mentre anche tra le parti vocali quella
di Eisenstein è molto complicata, richiedendo una vasta estensione vocale su tutta la gamma ». A questo
punto è da ricordare che il
baritono Antonucci ha sostituito nel ruolo di Eisenstein a tempo di record
l’ammalato Alfonso Antoniozzi.
«Quest'opera - continua
Renzetti - la definisco una
specie di "cerniera": da una
parte c'è Strauss e dall'altra
Mozart, le reminiscenze mozartiane sono presenti nella
storia, nell'intreccio e nel
movimento, che ricorda un
po' le Nozze di Figaro.
Pensiamo al personaggio di
Adele, la servetta che vuol fare l'attrice... è il carattere
della Susanna delle Nozze!
Ricorda Mozart soprattutto
nell'orchestrazione che è un
accompagnamento al canto e
forma un autonomo tappeto
melodico alle voci. Pure la
strumentazione è straordinaria: molto francese, impressionista direi. Assimilabile a
Massenet. Strauss usa la tavolozza dei colori orchestrali,
con un leggero contrappunto, senza molti effetti speciali. Pensavo che vi fosse un
intervento maggiore delle
percussioni, delle arpe e dei
tromboni di cui il genere dell'operetta di solito abbonda...
Invece la musica è dolce e
Segue Trama da pag. 1
Rosalinda rimane esterrefatta nel vedere il
marito, in frac e cilindro, congedarsi in tutta fretta senza cenare; ripensa allora alla
promessa fatta ad Alfredo, e per rimanere
sola concede a Adele il permesso per la serata. Uscita la cameriera, riceve lo spasimante e quando Frank, il direttore delle
carceri, viene a prelevare il condannato ritardatario, trova invece Alfredo che, in veste da camera, per salvare la reputazione di
Rosalinda, è costretto a fingersi Eisenstein
e a seguire il funzionario in carcere, mentre la donna può finalmente leggere la misteriosa lettera che Falke le ha lasciato.
ATTO SECONDO - Salone nella
villa del principe Orlofsky - Il giovane
principe Orlofsky è un uomo blasé, annoiato di tutto, ma Falke promette di divertirlo con la burla che ha organizzato e che
si chiamerà “la vendetta del pipistrello”.
Ignaro protagonista è Eisenstein, che Falke
ha fatto travestire da marchese di Renard;
poi Adele, che indossa un vestito della sua
padrona e che viene presentata come giovane attrice; Frank, direttore delle carceri,
sotto il nome di cavaliere di Chagrin; e infine Rosalinda, a cui Falke con la sua lettera ha fatto sapere in quale dorata prigione
si trovi il marito, la quale interviene mascherata da contessa ungherese. Eisenstein,
non riconoscendo la moglie, subito la corteggia; la donna sta al gioco e riceve in dono l'orologio del marito, abituale pegno
d'amore per le sue conquiste. Per dimostrare di essere una contessa ungherese Rosalinda intona una czárdás; fra canti e danze
la festa giunge al culmine, finché Eisenstein e Frank, ognuno con motivi diversi, si
allontanano per raggiungere il carcere.
funzionerebbe anche senza
l'apporto delle voci».
«Abbiamo scelto di proporre
l'opera in italiano sfruttando una bellissima traduzione
del libretto di quel grande e
poliedrico compositore che
fu Gino Negri. Seguire i sottotitoli italiani in Wagner,
dove l’azione è piuttosto statica è un conto, ma nel Pipistrello dove il tutto si basa
su ritmi veloci, leggere la
traduzione nei sovratitoli
avrebbe significato costringere lo spettatore a una continua distrazione, perdendo
l’effetto dei movimenti coreografici e delle battute comiche che nell’operetta sono
essenziali».
And. Cio.
ATTO TERZO - Nell'ufficio del direttore delle carceri - Ancora sotto i fumi
dello champagne, Frank trova nel suo ufficio Frosch, il guardiano del carcere, anch'egli ubriaco, col quale inizia una schermaglia. Intanto Alfredo, in cella, canta brani del suo repertorio per ingannare il tempo, mentre aspetta di poter uscire di prigione. Il direttore delle carceri vorrebbe riposare, ma una serie di visite glielo impedisce: dapprima arriva Adele a chiedergli
una raccomandazione per la sua carriera di
attrice; poi Eisenstein si costituisce per
scontare la sua pena e si meraviglia di trovare, nel direttore delle carceri, nientemeno che il suo nuovo amico, il cavaliere di
Chagrin. Frank, da parte sua, è altrettanto
stupefatto quando il suo amico, il marchese di Renard, dichiara di essere Eisenstein,
perché la sera precedente era andato di persona ad arrestarlo e aveva trovato un uomo
ben diverso che tuttora si trova in cella. Ormai fremente di gelosia, Eisenstein vuole
conoscere l'identità dell'impostore. L 'avvocato Blind è stato convocato per assistere Alfredo e Eisenstein lo costringe a prestargli gli abiti. Quando Rosalinda arriva,
Alfredo viene accompagnato nell'ufficio
per il colloquio coll'avvocato; Eisenstein,
travestito da Blind, incomincia un minuzioso interrogatorio. Alla fine non può più
trattenere la propria gelosia e giura di vendicarsi. Ma Rosalinda gli mostra l'orologio
che lui le ha donato, e finalmente Eisenstein comincia a rendersi conto di essere
stato vittima di una beffa. Falke, che ora
gode della vendetta, sopraggiunge con il
principe Orlofsky e tutti gli altri invitati
della festa. Eisenstein si prepara a passare
i prossimi giorni in carcere, ma ogni cosa
finisce per il meglio: l'unico colpevole è lo
champagne e tutti brindano alla “vendetta
del pipistrello”.
Il Giornale dei Grandi Eventi
Il Pipistrello
Armando Ariostini e Stefano Antonucci
5
Darina Takova e Danielle Streiff
Eisenstein, marito farfallone Rosalinde, moglie furba
N
el ruolo di Eisenstein si
alterneranno i baritoni
Armando Ariostini e
Stefano Antonucci (17, 19, 22 dicembre).
Il milanese Armando Ariostini
ha studiato canto presso la
“Scuola di perfezionamento per
Artisti Lirici del Teatro alla Scala” conseguendo importanti riconoscimenti in occasione dei
concorsi “Voci Verdiane” di Busseto e “Maria Callas” di Treviso.
Ha debuttato con successo nel
ruolo di Eisenstein ne Il Pipistrello nel 1984 al Teatro La Fenice di
Venezia e si è distinto per l’eterogeneità delle sue interpretazioni
(dai ruoli buffi a quelli drammatici) ne: Il Barbiere di Siviglia, Linda di Chaumonix, Carmen, Pagliacci, La Vedova Allegra, Turandot.
Nel maggio 2002 è stato applaudito interprete di Randy Curtis
nel musical Lady in the dark, al
Teatro dell’Opera di Roma.
Sempre a Roma ha cantato con
Daniela Dessy e Placido Domingo in Fedora..
Il baritono Stefano Antonucci, ha
studiato presso il Conservatorio
“Niccolò Paganini” di Genova.
Dopo aver debuttato nel 1986 in
Lucia di Lammermoor ad Alessandria, ha cantato nei più importanti teatri italiani e d’Europa.
Nel 1988 ha debuttato alla Scala
Anna Maria Dell’Oste e Donata D’Annunzio Lombardi
Adele, cameriera bugiarda
dividersi il ruolo della ca- mina Burana, Gloria di Vivaldi, Remeriera di Rosalinde, sa- quiem di Mozart) e al Teatro delranno i soprano Anna Ma- l’Opera (Cantata di Bach e Requiem di Donizetria Dell’Oste e Doti).
nata D’Annunzio
Donata
D’AnLombardi (17, 19,
nunzio Lombar22, 23 dicembre).
di, dopo aver vinNata a Udine, Anto il concorso
na Maria Dell’O“Mattia Battististe si è diplomata
ni” nel 1991, inpresso il Conserterpretando Muvatorio “Arrigo
setta ne La BohèBoito” di Parma.
me, ha iniziato
Nel 1994 ha deuna prestigiosa
buttato alla Scala
carriera artistica.
di Milano nell’InDeterminante è
coronazione di Popstato l’incontro
pea con i ruoli di Anna Maria Dell’Oste
con la soprano
Virtù e Damigella.
All’ Opera di Roma è stata parti- Raina Kubaivanska, che l’ha
colarmente applaudita in Un bal- scelta come sua allieva al primo
lo in maschera, ne L’Elisir d’amore e Corso Lirico e da Camera a Toriin Cenerentola, mentre in vari tea- no. All’Opera di Roma, è stata
tri d’Europa ha cantato con suc- applaudita ne La sonnambula, ne
cesso ne Il ratto del serraglio, Il flau- Il matrimonio segreto e ne La proto magico, Il Barbiere di Siviglia, va di un’opera seria e ha interpreL’Elisir d’amore, Les Contes d’Hoff- tato brillantemente Violetta ne
La Traviata a Lugano e a Basilea
mann, La Bohème.
Vasto anche il suo repertorio e poi Musetta a Sassari, Lucca,
concertistico: a Roma, ha cantato Pisa, Mantova, Parma e Zurigo.
all’Accademia di S. Cecilia (Car-
A
ed infedele
di Milano nella Bohème, dove è
tornato per interpretare Manon
Lescaut, La Bohème e successivaue soprano presteranno
mente Fedora.
la voce alla furba RosaNella stagione 1996-1997 ha delinde: Darina Takova e
buttato con grande successo coDanielle Streiff (17, 21 dicemme protagonista in Rigoletto a
bre).
Bergamo: ruolo interpretato anNata a Soche a Mafia, dove ha
cerata, Gestudiato alnova, Pal’Accadelermo, Romia di Muvigo, Trensica, la bulto, Bolzagara Darino, Sassari,
na Takova
Lucca, Liha cantato
vorno
e
nei più imTrieste.
portanti
Nelle ultiteatri d’Eume stagioropa e del
ni è stato
mondo e ha
acclamato
vinto premi
protagoniprestigiosi
sta in alcucome
il
ne tra le
“Francisco
più
note
Viñas” di
opere verBarcellona
diane, qua- Armando Ariostini e Darina Takova
nel 1993 ed
li La Traviail “Toti dal
ta (Berlino e Catania), Falstaff
Monte” di Treviso nel 1994. Al
(Torino, Berlino e Parigi), Luisa
Teatro dell’Opera di Roma ha riMiller (Losanna, Napoli, Como,
Piacenza, Cremona), Il Trovatore
(Roma, Verona, Parigi), La forza
Francesco Grollo e
del destino (Torino e Parma), Simon Boccanegra (Como, Rovigo,
Pisa, Lucca e Trapani).
D
scosso notevole successo ne La
Traviata, in Rigoletto, ne La Rondine, ne I due Foscari, nello Stabat
Mater e nel Faust.
Nel 1998 ha debuttato alla Scala
di Milano come Regina della
Notte nel Flauto Magico, mentre
nel 1999 è stata Amenaide nel
Tancredi al Rossini Opera Festival di Pesaro.
Il soprano Danielle Streiff, dopo essersi diplomata con il massimo dei voti al CNR di Bordeaux in Arte drammatica e canto, ha studiato alla Scuola d’Arte
Lirica dell’Opera di Parigi.
Ha cantato in Italia riscuotendo
particolare successo a Trieste
con i Dialogues des Carmélites e
con Manon Lescaut e a Palermo e
Taormina con La Traviata.
E’ stata molto applaudita a Liegi
(Racconti d’Hoffmann, La Traviata,
Carmen, Il Pipistrello), a Lione (La
Bohème e Parsifal), a Marsiglia (La
Bohème), a Vichy (Racconti d’Hoffmann) e ad Angres (Nozze di Figaro).
Danilo Formaggia
Alfred, amante sfortunato
ue tenori si alterneranno zioni del 2003 che lo hanno vinel ruolo di Alfred: Fran- sto a Oslo con La Traviata, a Macesco Grollo e Danilo For- laga e Praga con La Bohème e ad
Alessandria con il Rigoletto.
maggia (17, 19, 22 dicembre).
Il trevigiano Francesco Grollo, Danilo Formaggia, nato a Milaha compiuto i suoi studi presso i no, dopo aver studiato piano, si
Maestri Barbon, Corelli e Gibel- è dedicato al canto, perfezionandosi con Kraus e
lato. Nel 1993 ha
la Olivero.
debuttato in SloNel 1998 è stato
venia ne La Tral’unico tenore itaviata e nel 1995, in
liano a ricevere il
occasione riaper“Premio Caruso”.
tura del Teatro
Dopo aver debutVerdi di Padova,
tato nel 1996 nelle
ha cantato nel RiDue Contesse di
goletto. ParticolaPaisiello e nei Due
re successo ha riBaroni di Cimaroscosso nel 1998 in
sa al Festival delCanada con il Ril’Opera Buffa, si è
goletto, a Bonn
esibito nei più
con il Nabucco, a
importanti teatri
Copenaghen con Darina Takova e Francesco Grollo
internazionali.
La Bohème e nel
2000 ha debuttato al Teatro Re- Particolarmente applaudito a
gio di Torino con Madama But- Lugano ne La Traviata e a Cataterfly. Al Teatro dell’Opera di nia in Rigoletto. Ha riscosso poi
Roma, nel gennaio 2001, è stato grande successo con le interpreRuggero ne La Rondine e, nel tazioni nel Barbiere di Siviglia e
maggio 2002, Hoffmann ne Les nel Don Pasquale a Malta, ne La
Contes d’Hoffmann e Danilo ne Bohème a Salerno e Savona, ne La
La Vedova Allegra. Molto ap- Traviata a Budapest e nella Lucia
plaudite anche le rappresenta- di Lammermoor a Seoul.
D
Pagina a cura di Claudia Fagnano - Foto di Corrado M. Falsini
6
Il Pipistrello
Il Giornale dei Grandi Eventi
La Storia dell’opera
Successo a Berlino, ma con ritardo
D
ie Fledermaus (Il pipistrello) appartiene a quel genere musicale definito “operetta” il cui termine nel
corso del secolo trascorso
ha acquisito, a torto, una
connotazione vagamente
spregiativa, principalmente a causa di quei musicisti
e critici che, con una punta di snobismo, tendono a
considerarla una sorta di
genere musicale da intrattenimento, figlio quasi disconosciuto della più nobile madre “opera”. Ai detrattori si è soliti opporre
il favore che l’operetta
gode tra il pubblico, unico vero giudice della musica, e la grandezza dei
musicisti che si sono cimentati nella composizione e nella direzione di
questi lavori, si pensi solo
ad Offenbach. Anche il
compositore Franz Lehàr,
autore della celeberrima
Vedova Allegra, alle sterili
polemiche rispondeva
con lapidarie parole: “Per
me non esiste il concetto di
musica da divertimento. Io
conosco solo musica buona o
cattiva. La prima continua a
vivere, la seconda muore a
causa della sua intrinseca
insufficienza”.
Da tragedia a commedia
Questo giudizio vale sicuramente per un’operetta come Die Fledermaus, il
cui pregio musicale è
unanimemente riconosciuto. Il soggetto, tratto
da un lavoro di Roderich
Benedix Das Gefangnis
(La prigione), fu trasformato dai francesi Henry
Meilhac
e
Ludovic
Halévy in una commedia, Le Reveillon (Il veglione), rappresentata con
enorme successo al Palais
Royal di Parigi il 10 settembre 1872. All’indomani delle fortunate repliche il direttore del teatro
An der Wien, Maximilian
Steiner, acquistò i diritti
del testo e lo affidò ai librettisti Richard Genee e
Carl Haffner che lo rimaneggiarono aggiungendo
il personaggio di Falke,
mancante nella versione
originale. Strauss, letto il
libretto, ne rimase stregato e decise di mettersi im-
mediatamente a lavoro solo sedici volte consecuper la nuova operetta, la tive e dopo sessantotto
sua terza dopo Le allegre rappresentazioni commogli di Vienna (mai rap- plessive l’opera scomparpresentata) ed Indigo La ve momentaneamente
composizione fu ultimata dal cartellone. La ragioni
in sole sei settimane nella di questa tiepida acconuova casa in campagna glienza da parte dei viendove gli Strauss andaro- nesi sono da ricondursi
no ad abitare, una deli- essenzialmente alla graziosa casetta su due piani vissima crisi economica
ancora oggi nota come che aveva colpito la città
Fledermausevilla (villa l’anno precedente. In
del pipistrello) e sita nel prospettiva dell’Esposisobborgo di Heitzing, al 18 di Hetzendorfer Strasse
(oggi
Maxingstrasse 18), nei
pressi del castello
di Schönbrunn. A
riguardo si racconta un curioso
aneddoto:
un
giorno il pianista
Robert Fischhof,
vicino di casa,
durante una visita del compositore gli chiese di
ascoltare il suo
rampollo che studiava pianoforte.
Il giovane, credendo di omaggiare il maestro,
strimpellò proprio il valzer del
pipistrello,
che
Strauss
stava Marie Geistinger, prima Rosalinde
componendo in
quei giorni. Tra lo stupore zione Mondiale di Viengenerale, il ragazzo con- na, inaugurata il 1 magfesso` candidamente di gio 1873 nei padiglioni
averlo ascoltato attraverso del Prater, l’Impero aule sottili pareti che separa- striaco sembrava aver
vano le due case. Il com- raggiunto il suo apice
positore viennese non economico.
Nacquero
gradì affatto il singolare banche e società` per
omaggio e il giorno suc- azioni sull’onda dell’encessivo trasferì il pianofor- tusiasmo, ma la reale site in una stanza sull’altro tuazione economica era
lato della villa per non es- ben diversa: i lavoratori
sere più ascoltato da indi- si trovavano in una situascreti curiosoni.
zione estremamente precaria e il boom economiDebutto felice, ma non
co presto si rivelò solo fittravolgente
tizio. Il 9 maggio 1873 la
borsa ebbe un crollo fiDie Fledermaus, in tre atti, nanziario, che passò alla
andò in scena il 5 aprile storia come il famoso
1874 al teatro An der “venerdì nero” della borWien di Vienna con la fa- sa. In pochi mesi oltre
mosa cantante d’operetta trentotto banche dichiae soubrette Marie Gei- rarono il fallimento, sestinger nel ruolo di Rosa- guite dalle principali solinda, la Charles-Hirsc in cietà industriali e imprequello di Adele ed il te- se di costruzioni. Intere
nore Jani Szika in quello famiglie di viennesi finidi Alfred. Il successo fu rono sul lastrico e la siimmediato, ma discreto: tuazione non mancò di rile recite furono replicate flettersi anche sulla Mit-
teleuropa. Il contesto in
cui fu rappresentato il lavoro di Strauss non era
ovviamente dei migliori
per un’operetta spensierata in cui le feste gioiose
e l’allegria richiamavano
nostalgicamente i bei
tempi andati. L’opera
però era comunque destinata ad uno sfolgorante
successo, seppur ritardato: nel giugno del 1874
Die Fledermaus andò in
scena a Berlino,
con Alexander
Girardi nella parte di Falke, un attore-cantante letteralmente idolatrato. In soli due
anni nella città
tedesca ottenne
più di duecento
rappresentazioni. Poco dopo Die
Fledermaus fu riproposta a Vienna sempre all’An
der Wien e da li
iniziò a svolazzare allegramente
per tutti i teatri
europei.
Le invidie
francesi
Una situazione
piuttosto incresciosa accadde,
invece, per le rappresentazioni di Parigi: Meilhac
e Halévy, forse gelosi del
maggiore consenso ottenuto dall’opera straussiana, rivendicarono la paternità del testo da cui era
stato tratto il libretto e intentarono una causa per
impedire che l’operetta di
Strauss fosse rappresentata in Francia. Gustav
Lawy, che era l’agente ufficiale per i diritti di rappresentazione dell’opera,
escogitò un furbo stratagemma: la musica e il libretto sarebbero stati rimaneggiati. Strauss inserì
alcuni brani tratti da Cagliostro a Vienna, composta nel frattempo, ed il
soggetto fu leggermente
modificato dai librettisti
Wilder e Delacour. Così
rielaborata la versione
spuria di Die Fledermaus,
in gran parte molto simile al futuro Sogno di un
valzer (1907) di Oscar
Straus, andò in scena con
il titolo La tzigane (La zigana) nel 1877 al Théâtre
de la Renaissance. Il successo non fu enorme e le
repliche appena 86. Solo
nel 1904 i parigini ebbero
modo di ascoltare l’operetta di Strauss nella sua
versione originale, che
andò in scena al Théâtre
des Variétés il 22 aprile
con il titolo La chauve-souris (Il pipistrello). Poi fu
la volta di Londra nel
1876 e infine di New
York nel 1879. Nel 1894
Gustav Mahler diresse
DieFledermaus all’opera
di Vienna, aprendo le
porte per quest’opera anche ai palcoscenici dei così detti teatri seri. Da allora il successo di quella
che fu definita “la più
viennese delle operette
viennesi” è stato indiscusso. E’ proprio a questo lavoro che Strauss deve la stima di musicisti
del calibro di Brahams,
Wagner e Ravel. Quest’ultimo ebbe addirittura a dire, con una punta
di polemica, che non si
trova nell’opera omnia di
Meyerber tanta musica
quanta ce n’è nel Die Fledemaus.
A Roma
Infine, al Teatro dell’Opera di Roma Il Pipistrello è
andato in scena solo tre
volte. La prima dal 31
gennaio 1962 con 10 repliche diretta dal maestro
Samuel Krachmalnick con
Edda Vincenzi nei panni
di Rosalinda, Arnoldo
Foà in quelli del Principe
Orlofsky e Giuseppe
Campora come Alfredo.
Passano tre soli anni e questo titolo di Strauss è riproposto l’8 aprile 1965
con lo stesso allestimento e
praticamente lo stesso cast.
L’ultima volta è andato in
scena dal 25 febbraio
1993 (7 repliche) voluto
dall’indimenticabile Sovrintendente Gian Paolo
Cresci. Nel cast, guidato
dal podio dal maestro Fabrizio Ventura, Eva Mei
(Rosalinda), Alfonso Antoniozzi
(Eisenstein),
Paolo Barbacini (Alfredo)
e Daniela Mazzuccato
(Adele).
Claudia Capodagli
Il Pipistrello
Il Giornale dei Grandi Eventi
7
L’analisi musicale
Il Pipistrello, apoteosi del valzer
menti che
si rincorrono, tornano ora sostenuti da
ritmi brillanti ora
impreziositi da parentesi di
più malinconica poesia.
Già l’Ouverture è in
tal senso
straordinaria, imperniata
su
uno dei temi di valzer più celebri dell’intero repertorio
straussiano, articolata in più
sezioni che
costituiscono un materiale musicale liberamente circolante in tutta la partitura.
Il libretto del Fledermaus
non si distacca dal tipico
repertorio del teatro musicale leggero. C’è una società che vuole divertirsi,
c’è il consueto
inganno amoroso del marito che finge di
andare in un
luogo e si reca
in un altro in
cerca di avventure, c’è la
moglie che lo
pedina e in
qualche modo
lo punisce. Ci
sono inganni e
travestimenti
come nella miglior tradizione del teatro
Jacques Offenbach, padre dell’operetta francese
comico: il tutil capolavoro, “Die Fleder- to a un ritmo forsennato.
maus”, una vera e propria Un aspetto, questo, degno
di rilievo: Strauss non conapoteosi della danza.
Mai come nel Pipistrello, il cede tregua all’ascoltatopur generoso inventore di re, lo avvince in un gioco
temi, si fece “prendere la musicale che lo trascina al
mano” e riversò nella par- finale senza cedimenti,
titura
un’incredibile senza pause, senza interquantità di spunti, d’ele- ruzioni.
«V
oi
dovreste
scrivere un’operetta». L’invito sarebbe stato rivolto
(il condizionale è d’obbligo) nel 1864 a Johann
Strauss junior da Jacques
Offenbach. Offenbach, il
padre dell’operetta francese, era allora in visita a
Vienna ed ebbe naturalmente modo di incontrare il Re del Valzer. E’ certamente difficile pensare
che l’autore di Orfeo all’inferno abbia incoraggiato il celebre collega ad entrare nel suo stesso campo. E’ però indubbio che
l’incontro fra i due artisti
spinse Johann sulla strada
del teatro, anche per le insistenze della moglie, la
cantante Jetty Treffz. E così Strauss si trovò ad inventare l’operetta viennese, allontanandosi immediatamente dal modello
francese assai più satirico
e graffiante. Strauss, naturalmente, puntò su quei
valzer che avevano saputo fondere nello stesso spirito d’allegria tutte le classi sociali. E al suo terzo
tentativo (dopo “Le allegre
mogli di Vienna”, mai rappresentata e “Indigo”) creò
E’ una “folle giornata” di
ispirazione quasi mozartiana nel suo perfetto meccanismo teatrale.
La partitura
La costruzione della partitura privilegia i concertati, i pezzi d’insieme, alle pagine solistiche, pur
bellissime. Il che garantisce ancor più brillantezza
teatrale. I personaggi sono caratterizzati in modo
geniale, alcuni attraverso
arie e couplet, altri mediante duetti e terzetti.
Adele, la vivace cameriera, esordisce con una cascata di note veloci che ne
rivelano immediatamente lo spirito sbarazzino.
Da notare nel prosieguo
del suo intervento iniziale, lo stile quasi parlato su
un fluente tema orchestrale, prassi comune anche nell’opera comica italiana (si pensi a Rossini).
Il Principe Orlofsky, al
quale Strauss dà una voce
di mezzosoprano, si presenta nel secondo atto
esprimendo la tristezza di
un’esistenza solo appa-
rentemente vanno citate, in particolafelice (“Ado- re, due, entrambe nel sero dar spetta- condo atto. Adele intona
colo, adoro le una spiritosa e celebre aria
s o i r e e s … ” ) prendendo in giro il pacon una me- drone Eisenstein (“Mein
lodia langui- Herr Marquis”- Mio sida e molle. gnor Marchese) in un diFalk appare scorso musicale di sapore
al pubblico in quasi rossiniano, con tanmodo scan- to di contagiosa risata che
zonato duet- dalla interprete si propatando con Ei- ga al coro in un finale di
senstein. Per- trascinante allegria. Di rasonaggio se- ra raffinatezza, infine, la
c o n d a r i o , “Csardas” interpretata da
Blind, l'avvo- Rosalinde. Molti amici
cato di Eisen- avevano cercato di disstein, con il suadere Strauss dal comsuo goffo in- porre una csardas per l'atervento in ria della contessa: solo un
trio con Ro- ungherese, sostenevano,
salinde e Ei- era in grado di scriverne
senstein in- una “genuina”. In realtà
c a r n a Strauss è riuscito a cogliegustosamen- re lo spirito della danza
te la figura con estrema intensità
dell'Azzec- creando una delle sue pacagarbugli, gine più belle ed eleganti.
buffo e ridi- Die Fledermaus debuttò al
colo. Piacevole il terzetto Theater An der Wien il 5
fra Alfred, Rosalinde e aprile 1874. Sul Morgen
Frank (finale atto I) che Post apparve questo giudopo un avvio in forma di dizio, estremamente sivalzer sensuale, si anima gnificativo a proposito
per offrire una pagina di della partitura: «Tutto risuona nelle orecchie e penespigliata vitalità.
Talvolta, Strauss diventa tra nel sangue, giù fino nelironico. Nel
terzetto del
primo atto fra
Rosalinde,
Adele e Eisenstein, il “dolore” della separazione
fra
marito e moglie (Eisenstein, ufficialmente, sta per
entrare in prigione;
in
realtà
si
appresta a recarsi al ballo
mentre Rosa- Johann Strauss jr, re del valzer
linde attende
in casa l'ex amante Alfre- le gambe e anche lo spettatodo) contrasta in modo evi- re più pigro comincia, senza
dente con la musica co- volerlo, ad ammiccare con il
struita sui leggeri temi capo, a dondolarsi con il corpo e a battere il tempo con i
dell'Ouverture.
piedi…». Una lunga, interminabile, trascinante danIl secondo atto
za, appunto.
Roberto Iovino
Fra le pagine solistiche ne
8
Il Pipistrello
Il
Giornale dei Grandi Eventi
La lunga storia del valzer
Dalle feste contadine ai ricevimenti di Corte degl
Danza in ritmo ternario,
solitamente in 3/4, caratterizzata da un forte accento sul primo quarto.
Questa è l'essenza ritmica
del valzer, una forma musicale che trae origine dal
verbo tedesco walzen che, a
propria volta, discende dal
latino volvere - girare, roteare.
Fin dal Medioevo, i contadini dei paesi tedeschi ballavano una danza chiamata Laendler, una specie di
giocondo volteggiare di
uomini e donne abbracciati. Forme similari di ballo
con volteggiamenti e passi
pestati e cadenzati erano
presenti anche in Francia e
in Italia, dove prendevano
il nome di volte. Simili danze erano generalmente
precluse al mondo aristocratico che preferiva invece balli non eccessivamente promiscui, bensì più cerimoniosi ed eleganti - come il minuetto - e che dessero modo di poter sfoggiare gli abiti sontuosi senza danneggiarli.
Solamente in Inghilterra,
poteva accadere che in occasione di speciali festività
i padroni danzassero con i
contadini nelle cosiddette
country dances, molto simili alle Volte e ai Laendler.
Dai cortili e dalle aie dei
popolani il valzer comincia a prendere forma più
definita in alcune composizioni di Bach, particolarmente in una del 1742, intitolata per l'appunto "Festa paesana". Caratteristico
di questa cantata è infatti il
ritmo ternario e la ripetizione rotatoria della melodia, tipica dei Laendler. Il
termine valzer non è ancora diffuso.
Don Giovanni precursore
Un eccezionale riscontro
della varietà delle danze in
rapporto alla classe sociale, si trova nel Don Giovanni di Mozart: alla fine del
primo atto di quest'opera
vi è descritta una grande
festa nel palazzo del libertino e, mentre l'imbalsamato aristocratico don Ottavio balla il minuetto con
Donna Anna, mentre il popolano Leporello distrae
Masetto con il Teitsch, rustica danza popolare, Don
Giovanni volteggia con
Zerlina in una "contradan-
za", storpiatura di country
dance, appunto l'anglosassone antesignana del valzer.
Nella stessa opera mozartiana, nell'ultimo atto, vi è
poi una citazione di quello
che è considerato da alcuni musicologi il primo valzer in assoluto nella storia
della musica: il brano in
questione è tratto da La cosa rara, opera del compositore spagnolo Vincente
Martin y Soler, scritto nel
1786, un anno prima del
Don Giovanni.
«Bravi! Cosa rara!», commenta infatti Leporello riconoscendo la simpatica
melodia in 6/8 (e sfruttando il titolo del brano per
una frecciata agli strumentisti). Chiede allora Don
Giovanni: «Che ti par del bel
concerto?» Leporello: «E'
conforme al vostro merto!».
La sensualità sottintesa a
questo ballo, che preoccupava gli animi più puritani del clero e dell'aristocrazia, trova dunque, ben
presto, il suo uomo-simbolo nell'impenitente libertino Don Giovanni.
Già un decennio prima del
capolavoro mozartiano,
Goethe descriveva nel
Werther le inebrianti sen-
sazioni provate dal protagonista, durante un valzer
con la fanciulla amata.
Il valzer trovò l'ambiente
più adatto per evolversi e
prosperare nella Vienna
imperiale di fine '700: la
città, tradizionalmente
gaia e spensierata era governata con paternalistica
bonomia da Giuseppe II,
particolarmente incline ad
accontentare l'indole festaiola dei suoi sudditi. Alla sua corte Mozart compose circa una settantina di
musiche per danza tra cui
moltissimi valzer, anche
detti "tedeschi da ballo": Il
Valzer del canarino, il Valzer
dell'organetto e il Valzer della corsa in slitta, tutti venati da una sottile malinconia.
Anche Beethoven compose numerosi valzer, (insolitamente allegri e spensierati per il carattere di questo compositore), ma soprattutto Schubert scrisse
una quantità di Laendler e
Danze tedesche, che erano
però poco adatte al ballo:
fornivano piuttosto un
pretesto per melodie nobili e sentimentali in ritmo
ternario.
Sotto la ghigliottina della
Francia rivoluzionaria era
caduto anche il Minuetto,
ultimo ricordo dell'Antico
Regime, ed anche dopo la
Restaurazione del 1815, rimase definitivamente relegato nel baule dei ricordi
dell'aristocrazia, insieme
alla parrucca incipriata. Il
valzer non aveva dunque
più rivali e trionfava in Europa: si diffuse infatti come l'espressione di una
spensierata gioia di vivere,
tra tutte le classi sociali.
Il
Il Pipistrello
Giornale dei Grandi Eventi
9
Il valzer a Vienna
i Asburgo
Le fondamentali
innovazioni degli Strauss
A
Carl Maria von Weber
scrisse nel 1819 il brano
pianistico Auffoderung zum
Tanz, Invito alla danza:
fu una tappa fondamentale per l'evoluzione del valzer, poiché nacque quella
che sarà la struttura basilare del valzer: una introduzione, quattro o cinque
piccoli motivi di valzer e
una coda finale che li riassume e li assembla.
Andrea Cionci
ll'inizio dell'800,
in particolare a
Vienna, in ogni
caffè, parco, o sala da ballo, il valzer imperversava
costringendo i compositori e i praticanti di musica ad una super produzione di musiche da ballo. Nella capitale dell'Impero
Austro-Ungarico
nacque nel 1819 una nuova orchestrina formata
dai fratelli boemi Drahanek e dal tirolese Josef
Lanner; al loro gruppo si
aggiungerà come rinforzo un giovanissimo e promettente violinista di nome Johann Strauss. Ben
presto il nuovo arrivato
affiancherà il pur bravo
Lanner nella produzione
di musiche da ballo, per
far fronte alle fameliche
richieste del pubblico
viennese. Le sue composizioni hanno notevole
successo tanto da rovinare il rapporto d’amicizia
con il suo socio.
Nel 1825 sposa Anna
Streim, da cui avrà due
femmine e tre figli maschi: Johann jr., Joseph ed
Eduard. Così Strauss si
mette in proprio con
un'orchestra personale e
comincia la sua frenetica
attività di direttore e
compositore in tutta Europa, riscuotendo grande
ammirazione da Berlioz,
Brahms e Paganini.
Fondamentali
innovazioni
Egli apportò fondamentali innovazioni alla forma del valzer: rinnovò la
ritmica, liberandola dalla
pesante pulsazione cadenzata tradizionale e gli
conferì quel carattere elegante e quel gusto melodico viennese tipici del
valzer nella sua forma
moderna. Non solo, egli
creò un nuovo colore timbrico attraverso una nuova strumentazione che
privilegiava il violino,
poiché, come lui stesso
sosteneva: «è più adatto al
passo scivolato sul parquet,
mentre gli strumenti a fiato,
dal suono grave, si addicono
piuttosto a un valzer con
movimenti meno regolari,
danzato su terra battuta».
Wagner ricordava di una
volta in cui aveva assistito all'esecuzione di alcuni
suoi ballabili: «Trovai tutti gli ascoltatori infiammati[...] per ogni pezzo si produceva un'eccitazione generale che confinava col furore. Questo demone dello spirito musicale del popolo
viennese trasaliva all'inizio
di ogni nuovo valzer, e l'eb-
brezza dell'auditorio, provocata dalla musica e non dalle bevande, raggiungeva
culmini paurosi...».
Anche i suoi tre figli maschi dimostravano di avere talento musicale, tuttavia Johann padre osteggiò caparbiamente la loro
propensione verso la musica e solo dopo la sua separazione dalla madre il
figlio Johann poté mettere su una propria orchestra. Nonostante i ripetuti
tentativi di distensione
messi in atto dal figlio
Johann, il padre non volle
mai giungere a una pacificazione, tanto che il loro
dissidio si acuì anche per
ragioni politiche: il padre,
conservatore e reazionario, compose la Radetzsky
marsch, mentre il figlio
scriveva marce studentesche durante i moti del
'48.
Alla morte del padre, nel
'49, il figlio fu perdonato
dall'Imperatore, per il
quale compose Viribus
Unitis. Ottenne anche la
carica di “Direttore delle
musiche da ballo di Corte”.
La fama del padre era definitivamente oscurata ed
era adesso lo Strauss figlio, l'incontrastato Re del
valzer.
Spensieratezza in musica
Fu per la corte viennese
che egli compose la maggior parte dei circa 170
valzer della sua produzione, in cui seppe tradurre in musica l'ambiente spensierato e gaudente
della corte asburgica.
Secondo la tradizione del
sinfonismo
viennese,
queste composizioni rappresentano il vertice ineguagliato nella loro forma musicale, per l'inesauribile fecondità della
vena melodica, per la genialità della strumentazione e per lo slancio ritmico.
Ancor oggi hanno una
vastissima popolarità titoli come Storielle del bosco
viennese, Sangue viennese,
il Valzer dell'imperatore e
soprattutto Sulle rive del
Danubio blu, composto
nel 1867 per l'Esposizione
universale di Parigi, la
cui celebrità l'ha portato a
divenire quasi un ufficiale inno nazionale austriaco.
Molti di queste composizioni potevano essere
eseguite sia in forma di
concerto, sia per ritmare e
accompagnare effettivamente la danza.
Dopo gli Strauss il valzer
comincia a perdere la
propria natura di ballabile, trasmigrando dalle sale da ballo a quelle da
concerto, divenendo una
classica e fortunata forma
pianistica con Chopin e
una forma sinfonica romantica con Berlioz. L'espressionismo tedesco lo
usò in modo variamente
dissacratorio e autori
francesi come Ravel e Debussy, lo trattarono poi
con ironica malinconia,
fino all'ultima ripresa, alle soglie del Neo-classicismo da parte di Stravinskij.
Con la famiglia Strauss si
è potuto realizzare un miracolo estetico in cui l'arte
dell'intrattenimento leggero si è mescolata con la
grande arte in cui si realizzano valori assoluti. La
corte viennese ha fornito
la più splendida cornice
dorata per la fioritura del
valzer viennese dell'800.
Citiamo ancora Wagner:
«Un solo valzer di Strauss
[stavolta riferendosi al figlio] sovrasta, per quanto
concerne grazia, finezza e
vero contenuto musicale, la
maggior parte dei faticosi
prodotti operistici importati
dall'estero: e questo nella
misura in cui la cattedrale
di santo Stefano supera le
vuote colonne accanto ai
boulevards di Parigi».
A. C.
Il Pipistrello
10
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Johann Strauss jr.
Una vita per il Valzer…sul bel Danubio blu
«N
on dimenticherò mai l’omaggio con cui
Strauss veniva accolto nei
suoi concerti dal pubblico accalcato. Pareva assai commosso dal saluto, ma dopo un
minuto si voltava verso i suoi
devoti ed iniziava a suonare
con una dolcezza del suono,
una sensibilità ed una verve
che ai presenti faceva l’effetto di un angelo alla testa di
una normale orchestra di
suonatori di violino». Così
si espresse il diplomatico
inglese Horace Rumbold
a proposito di Johann
Strauss jr.
Nato a Vienna il 25 ottobre
1825, Johann Strauss, figlio
di quel musicista che portava il suo stesso nome e
che ebbe il merito di far conoscere in tutto il mondo il
valzer, si prefisse nella sua
vita l’obiettivo di rendere
ancor più celebre il famoso
ballo viennese.
In realtà, il padre avrebbe
voluto che si dedicasse al
commercio, tanto che una
volta, trovandolo intento a
suonare il violino, andò su
tutte le furie. «Un giorno raccontava lo stesso
Strauss - ero in piedi allo specchio e sviolinavo, quando si
aprì la porta ed entrò mio padre. “Ma come” urlò, “suoni
il violino?” Non aveva la più
pallida idea che avevo l’inten-
zione di diventare musicista professionista…Mio
padre non
ne voleva
proprio sapere dei miei
progetti».
Il difficile
rapporto
con il padre provocò gravi
nevrosi al
musicista,
il quale all’età
di
dieci anni
rimase
sconvolto
nell’apprendere
che il genitore aveva
avuto un Johann Strauss jr.
figlio da
una modista, con la quale decise poi
di andare a convivere.
Questo evento, che segnò
l’artista per tutta la vita,
contribuì certamente a
farlo diventare psicologicamente fragile e può
spiegare alcune stranezze
della sua vita. «Johann
Strauss - raccontava un
giornalista del tempo conduceva una vita singolare. Molti la definivano in-
sensata, eppure era emersa
quasi come una necessità naturale del suo modo di fare e
della situazione nella quale
viveva. Dormiva fino alle
due del pomeriggio… e si dice che a quell’ora non avesse
ancora scritto alcuni pezzi
che avrebbe dovuto eseguire
la sera…». Il conflitto con il
padre fa pensare anche che
la vita del musicista fu soltanto in apparenza sempre
lieta e spensierata, quale la
descrisse il giornalista Friedrich Uhl: «…aveva ereditato il talento paterno, cui si era
associato un altro genio: la
gaiezza. Da essa il giovane
Strauss si faceva guidare. Si
sarebbe quasi potuto parlare di
una divina spensieratezza».
Fu soltanto grazie alla ma-
dre Anna
che l’artista
riuscì a dedicarsi allo
studio della
musica nonostante
l’opposizione paterna. A soli diciannove
anni
formò una
piccola orchestra che
successivamente fuse
con quella
del padre
dopo
la
morte
di
quest’ultimo e con la
quale
si
recò nelle
principali
città francesi, tedesche,
russe, inglesi
e americane, ottenendo
grandi successi. Negli anni Sessanta compose i migliori Walzer (ne scrisse
circa 500, fra i quali il celeberrimo Sul bel Danubio
blu) che fecero scrivere ad
Uhl: «Si danzava in maniera diversa, si mettevano le ali
ai piedi quando Johann
Strauss invitava alle danze
viennesi». Fu in questo periodo che conobbe e sposò la cantante Jetty Treffz
(di sette anni più anziana):
fu amore a prima vista e il
27 agosto 1862 il matrimonio venne celebrato in
gran segreto.
Con la carica di Hofballdirektor (nella quale successe al padre) diresse i balli
di Corte fino agli anni ’70
(incarico che lasciò poi ai
fratelli Eduard e Joseph) e
iniziò successivamente a
scrivere operette (una
quindicina circa), tra le
quali la più famosa è certamente Il Pipistrello del
1874. Dopo debutto applaudito ma modesto,
questo titolo ottenne un
successo mondiale che
venne funestato dalla
morte dell’amatissima
moglie per un’apoplessia
cerebrale. Incapace di una
solitudine che lo tormentava, dopo soli sei mesi
sposò la cantante Angelica Dittrich, poco più che
ventenne, da cui divorziò
nel 1887 per unirsi in matrimonio con Adèle Deutsch. Per sposarla fu costretto a prendere la cittadinanza della Sassonia,
ciò che gli valse l’avversione dell’Austria ufficiale. Da quel momento, la
Corte imperiale, l’aristocrazia e i rappresentanti
dello Stato, lo esclusero dal
loro ambiente, nonostante
avesse ormai raggiunto
una fama mondiale.
Il giorno di Pentecoste del
1899, dopo aver diretto
l’overture de Il Pipistrello,
uscendo accaldato dall’Hofoperntheater
sul
Ring, prese un brutto raffreddore, il quale degenerò nella polmonite che
pose fine alla sua esistenza. “Il re del valzer” morì
il 3 giugno 1899 e fu seppellito in una tomba d’onore dopo un grandioso
funerale a cui assistettero
migliaia di persone.
Claudia Fagnano
Durante il Nazismo
Gli Strauss purificati
N
Silhouette di J. Strauss jr. di Hans Schiliessmann
el 1936 alcuni studiosi
tedeschi
scoprirono che
Johann Michael Strauss,
nonno di Strauss senior,
era di origine ebraica. Nel
registro matrimoniale
della Cattedrale di Santo
Stefano a Vienna risultava infatti che l’11 febbraio
1762 era stato celebrato
un matrimonio religioso
fra
Johann
Michael
Strauss e Rosalia Bu-
schin. Michael era figlio
di Wolf e di Theresia entrambi ebrei. Il certificato
matrimoniale lo definiva
un “ebreo battezzato”.
Nel più stretto riserbo,
gli studiosi protagonisti
della scottante scoperta
furono convocati presso
il comando della Gestapo. Non si poteva proibire la musica degli
Strauss a Vienna. Fu allora imposto loro il silen-
zio. Considerata la lontananza dell’ascendenza,
venne quindi deciso di
eliminare la pagina dal
registro della Cattedrale
di Santo Stefano (dove figurava l'atto matrimoniale di Johann Michael).
Il registro fu fotografato
e restituito alla chiesa
senza la pagina. Gli
Strauss erano stati purificati!
R.Iov.
Il
Il Pipistrello
Giornale dei Grandi Eventi
I
l pomeriggio del 3
giugno 1899 al Volksgarten di Vienna,
Eduard Kremser stava
dirigendo un concerto
benefico destinato a raccogliere fondi per la costruzione di un monumento a Lanner ed a
Strauss padre. Qualcuno
si avvicinò al direttore,
gli mormorò qualcosa.
Kremser fermò l’orchestra, stette assorto qualche minuto, poi parlò
piano al primo violino. Il
pubblico rimase immobile e quando sentì attaccare, pianissimo, il tremolo e le prime note del
“Danubio blu” capì: poco
distante, nella sua casa,
si era spento Johann
Strauss junior, l’imperatore del valzer. La gente
si alzò, in silenzio e se ne
andò con il dolore nel
cuore. Quel pomeriggio
si era chiusa un’epoca,
era calato il sipario su
una grande dinastia musicale che, idealmente affiancata agli Asburgo,
aveva governato Vienna
al ritmo di tre quarti.
Johann junior era “salito” alla guida dell’impero di famiglia più o meno contemporaneamente
all’Imperatore Francesco
Giuseppe, marito di Sis-
Johann Strauss padre
si. E qualcuno sostiene
che, per singolare coincidenza, fu proprio la sua
morte a segnare anche
l’inizio del tramonto degli Asburgo, perché, a
pochi mesi dall’inizio
del nuovo secolo, ormai
tutto stava mutando. Di
lì a poco con l’attentato
di Sarajevo l’Europa non
Una famiglia consacrata ai valzer
L’Impero Strauss
Johann Strauss figlio
sarebbe stata più la stessa e il valzer sarebbe divenuto un divertimento
anacronistico.
Nella storia della musica
gli Strauss hanno svolto
un ruolo alquanto particolare. La loro dinastia ha
creato un vero e proprio
impero commerciale.
La prima orchestra
La loro avventura iniziò
negli anni Venti dell’Ottocento quando il
giovanissimo
Johann senior
entrò nel Quintetto di Josef
Lanner.
Il
gruppo si impose ben presto all’attenzione
generale
tanto che Lanner e Strauss
pensarono di
formare una
vera e propria
orchestra. Furono loro ad
imporre
il
prezzo di un biglietto al loro pubblico e
furono loro a dare titoli
ai valzer ispirati alla cronaca, in modo da creare
un legame stretto con la
città ed i suoi abitanti.
Poi, nel 1825, al culmine
della gloria, i due si separarono. Johann senior
mise così in piedi una
propria orchestra auto-
noma.
Carattere esuberante, comunicativo, ottenne un
facile successo, imponendo il proprio stile e
creando una vera e propria moda. Con il suo
complesso si esibì nei
principali locali viennesi
(in particolare l’Apollo e
lo Sperl, i più lussuosi),
per poi partire in tournée
alla ricerca di nuove e
più ampie platee. Toccò
le maggiori città tedesche, passò a Parigi, attraversò la Manica, prese
parte ai festeggiamenti
per l’incoronazione della
Regina Vittoria. Ovunque suscitò l’ammirazione del pubblico e dei colleghi. Berlioz, ad esempio, dedicò alla sua orchestra un lungo articolo
elogiativo.
Il debutto di Johann jr.
Tornò a Vienna carico
d’onori, osannato dai
suoi concittadini, ma in
aperto contrasto con la
moglie ed i figli. Innamoratosi di una modista,
Johann decise infatti di
separarsi dalla consorte
Anna che aveva sposato
proprio nel 1825, l’anno
in cui era nato pure il figlio maggiore Johann junior. Il divorzio dalla
moglie ebbe però positive ripercussioni in campo musicale. Il vecchio
Johann, infatti, aveva
proibito ai figli di dedi-
11
Strauss come il lascito più
caro di mio padre e sono certo che lui mi avrebbe lasciato volentieri in eredità questo amore per la tradizione
viennese che lo ha seguito fino quasi alla morte».
Da allora “l’impero”
passò sotto la guida di
Johann presto affiancato
dai fratelli Josef e
Eduard.
Al loro servizio c’erano
circa duecento dipendenti fra musicisti, copisti, cocchieri, uscieri,
contabili e personale amministrativo. Più “Orchestre Strauss” suonavano
contemporaneamente
nei locali viennesi oppure andavano in tournée
con uno dei componenti
della famiglia.
Johann junior morì, come
si è detto, nel 1899. Nel
1870 si era spento il fratello Josef, di due anni
più giovane, musicista
per caso: era un ingegnere abbastanza affermato,
ma era dovuto salire sul
podio per sostituire il fratello ammalato. Amava
la musica, ma preferiva la
matematica. Debuttò con
un valzer significativamente intitolato “Il primo
e l’ultimo”: ne scrisse poi
in rapida successione altri duecentosettanta e
carsi
alla
musica, dimenticando
che anche a
lui era stato
vietato invano di fare il
musicista!
Ma una volta allontanatosi da casa
il genitore,
Johann junior si sentì
libero
di
consacrarsi
al valzer e di
seguire le orme di un padre che nonostante tutto ammirava
come ogni viennese. Debuttò nel 1844 a 19 anni
al Casino Dommayer, un
modesto locale vicino a
Schönbrunn. Il padre
non intervenne, ma
mandò alcuni osservatori di fiducia che lo informarono prontamente del
successo incredibile arriso al giovane Strauss.
Da allora due orchestre
Strauss lavorarono in
contemporanea a Vienna,
capeggiate da
padre e figlio
che, pur rispettandosi, non
ebbero
mai
modo di collaborare.
Allo scoppio
dei moti del
Quarantotto,
anzi, si trovarono su opposte barricate:
Johann senior,
autore
della
Marcia
Radetzky, fu accuJoseph Lanner (1901-1843),
sato di essere amico e rivale di Johann Strauss padre
un reazionario;
Johann Junior finì persimorì esausto a soli 43 anno in prigione per qualni. L’impero rimase affiche ora per aver eseguito
dato al fratello minore,
in concerto la Marsigliese.
Eduard, il meno geniale
L’anno dopo il vecchio
sul piano creativo, ma il
Strauss morì e il giovane
più abile come organizriunì sotto la sua direzione
zatore. Fu lui, nel 1901, a
tutte le orchestre Strauss.
sciogliere i complessi
«Io – dichiarò Johann juStrauss ponendo fine ad
nior ad un giornale vienun sogno lungo 76 anni.
nese – porto avanti il nome
Roberto Iovino
Il Pipistrello
12
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Generi e forme
Il Vaudeville, antenato dell’operetta
D
as Fledermaus di
Haffner e Genée
è tratto dal vaudeville Le rèveillon (Il veglione) di Meilhac e
Halévy, rappresentato al
Palais Royal di Parigi il
10 settembre 1872.
Ripercorrendo la genesi
del vaudeville troviamo
che nel XV secolo questo
era un genere di poesia
satirica - diffusa nella
Francia occidentale leggera e licenziosa, di
tono sagace, che si scagliava contro i costumi e
i vizi di ogni rango sociale, le cui strofe venivano liberamente intonate su melodie popolari preesistenti. Tale forma si diffuse nel Settecento, entrando nei teatri come sezione cantata,
alternata alle parti recitate del teatro leggero.
Ciò fu permesso dal fatto che si trattava di canzoni semplici, eseguibili
anche da attori non musicisti. Col tempo il vocabolo finì per indicare
non più le sole canzoni,
ma l’intera rappresentazione.
L’etimologia del termine
risale al XIV secolo. Nella città di Vire, sulle
sponde dell’omonimo
fiume che scorre tra le
colline della Normandia, viveva una comunità di compagnons gallois, che usavano annotare le loro melodie, come
le canzoni delle vaux de
Vire cioè delle valli del
Vire. Il mutare della forma, da vaudevire a vaudeville, dipese sia dall’im-
equivoci,
filosofia, ma mira solo a
scambi, batcostruire complicate e
tute salaci ed
precise macchine narraallusive. In
tive, quasi congegni ad
voga nel Setorologeria, giochi di
tecento, il geporte che consentono
nere dominò
una giostra di persoParigi,
ma
naggi, scambi, equivoci
approdò
e veloci colpi di scena
ovunque
e
per sorprendere e divisse
una
vertire il pubblico. La
straordinaria
sua assoluta teatralità
fortuna fra
fa sì però che i persoOtto e Novenaggi non posseggano
cento grazie
profondità psicologica,
ai suoi massisono delle maschere
mi esponenti,
con ruoli fissi, privi di
Eugène Laevoluzione.
biache (1815
La nascita di questo ge– 1888) e
nere è quindi da ascriGeorges Feyversi all’esigenza di svadeau (1862
go ed alla volontà di ri–1921), gevincita del teatro popoLes Grands Boulevards et Théâtre du Vaudeville in un quadro di Antoine Blanchard
niali per trolare della Francia rivoluprecisione della trasmiscostruita su note ribattuvate e sisione orale, che dalla
te e piccoli salti, priva di
tuazioni.
coincidenza per cui nel
modulazioni
(eccetto
Quando
Cinquecento furono pubpassaggi alla dominante
ancora ai
blicate raccolte di canzoo alla relativa maggiore)
dialoghi si
ni intitolate voix de ville, a
e in assenza di uno svialternava
sottolinearne l’origine
luppo agogico. Si trattala musica,
popolare piuttosto che
va dunque di disegni
di tono pocortigiana.
melodici orecchiabili e
polare, era
senza note sostenute, causo che gli
Arie semplici
ratterizzati da un forte
attori intoma eleganti
senso ritmico. L’appanassero
rente elementarità riveq u e l l e
Si trattava di arie molto
lava però toni eleganti,
semplici
semplici, che si potevano
finemente racchiusi nella
strofette
cantare a una voce, prive
geniale concisione aforicantate,
di accompagnamento o,
stica.
quei coual massimo, con un’arIl teatro comico francese
plets che,
monizzazione elementadi Sette-Ottocento ricorconquistare. Forme musicali quasi
se per primo all’uso di
to il camsempre costruite su un
tali canzoni finché, nella
po, daranritmo di danza (minuetmetà del XIX secolo i
no vita alto, gavotta o simili), sencanti scomparvero, ma
l’operetta,
za rispettarne fedelmenrestò la definizione per
che invece
te lo schema, ma con caindicare uno spettacolo
svilupperà
denza alla fine di ogni
teatrale di prosa basato
solo le seThéâtre du Vaudeville
sezione. La melodia era
su una comicità ricca di
zioni musicali di quel teatro pozionaria se pensiamo
polare di prosa.
che, dopo la legge sulla
La musica, il più bello e suadente mezSegue intervento da pag. 1
Il vaudeville è una comlibertà dei teatri, due atzo di comunicazione, è di conseguenza
sempre più entrato nel DNA degli aumedia agile e scanzonata
tori di vaudeville, Piis e
divenuta anche uno straordinario veistriaci e dei popoli di quello che fu il
che, se nelle origini era
Barré, aprirono in rue de
colo per la promozione turistica, un veigrande Impero asburgico, divenendone
ricca di numeri di canto,
Charter una sala deputacolo universale: senza parole, senza traun elemento fondamentale della cultueliminate le parti musita a questo genere, la cui
duzioni tutti capiscono. Ed una musica
ra e dell’identità.
cali, si caratterizza per
vivace comicità era cacosì nota, così tipica come il valzer, è imCosì se Strauss è sinonimo di valzer, valuna spiccata comicità,
pace di illuminare gli
mediatamente identificabile con l’Auzer è sinonimo di Vienna. Ma non solo
dal ritmo veloce e ricco
animi scuriti dalla crisi
stria, e con la città di Vienna. Un eledi una Vienna Imperiale di 150 anni fa,
di colpi di scena: un artidei tempi, democratizmento ormai indispensabile a tutta l’atma anche nella Vienna di oggi. Chi non
ficio teatrale, costruito di
zando la tradizione scetività di promozione turistica, la splenconosce il concerto di Capodanno dalla
solito a più mani, con
nica. Insomma non è un
dida ed elegantissima cornice di ogni
Sala d’Oro del Musikverein che rimane
una struttura narrativa
caso se il Théâtre du Vaumanifestazione che guarda al mito deluna delle trasmissioni televisive più sefragile, finanche pretedeville aprì i battenti nell’Austria Felix.
guite a livello mondiale? Un concerto
stuosa.
Teatro
teatrale,
la sanguinosa Parigi del
Radbot d’Asburgo Lorena
inimmaginabile senza i valzer, senza le
insomma, che non ri1792!
Arciduca
d’Austria
melodie degli Strauss.
spetta la letteratura o la
Stefania Soldati
già Direttore del Turismo Austriaco a Roma
Il
Il Pipistrello
Giornale dei Grandi Eventi
13
Genere musicale del nuovo gusto borghese
L’operetta fino a Johann Strauss figlio
F
u la Francia di metà
Ottocento la culla
dell’operetta, proprio quando grazie all’avvento dell’industrializzazione si stava affermando la classe borghese, il cui gusto fece di Parigi il simbolo della spensieratezza e del divertimento, che sfociò, nel primo Novecento, nella cosiddetta Belle Époque.
Questa matrice sociale influenzò i testi delle prime
operette francesi di uno
spirito quasi intellettualistico, che si stemperò col
tempo, avvicinandosi
sempre più al genere comico, ricco di equivoci e
situazioni montate ad effetto, per mettere in ridicolo le apparenze e le
convenzioni sociali.
Si tratta formalmente di
una commedia composta
da pezzi recitati e pezzi
musicati, le cui sezioni
cantate svolgono un ruolo fondamentale. Non per
questo tale genere deve
essere confuso con una
derivazione dell’opéra-comique francese e del Singspiel mitteleuropeo, come
s’ingannò lo stesso SaintSaëns quando la dichiarò
figlia mal tournée dell’opéra-comique. Queste forme
nacquero precedentemente ed in contrasto con
il teatro dell’opera italiana, indiscussa dominatrice delle scene europee nel
Settecento, con la volontà
di opporre una reale alternativa di matrice popolare: adottarono quindi le lingue nazionali per
i libretti e sostituirono il
recitativo cantato, più aulico, con quello parlato,
più snello e leggero.
L’operetta si affacciò, invece, sulla scena in tempi successivi, a metà del
XIX secolo, quando nel
teatro di prosa vennero
inserite sezioni musicali
tratte da vaudeville o testi
popolari, da cui il riflesso a contenuti attuali, dal
divertito schizzo sociale
alla satira politica. Il genere operettistico quindi
non rappresenta il risultato di un impoverimen-
to, ma costituisce
una forma
indipendente, con
caratteristiche proprie, pur
se arricchita dalle
movenze
del teatro
musicale
maggiore.
La nuova
scrittura si
diffuse
presto in
tutta Europa distinguendosi inizialmente
con caratteristiche
nazionali,
finché, a
cavallo
del XX secolo, prese corpo una forma di respiro cosmopolita, mista
di tradizione locale e contaminazioni musicali e
culturali nuove. Non è un
caso però se tale genere
abbia subito un forte declino tra le due guerre,
una volta spento lo spirito borghese dell’Ottocento anche in conseguenza
della grande recessione
del 1929.
Die Lustige
Witwe (La vedova allegra)
di
Franz
Lehár,
del
1905.
Dal valzer
all’operetta:
Johann
Strauss
figlio
L’operetta viennese
e all’intreccio.
Richard Genée spiccò tra
i librettisti. Egli era solito lavorare in coppia,
prediligendo la redazione delle parti cantate (come musicista e autore di
operette) e lasciando ai
colleghi
l’invenzione
della trama e dei dialoghi.
Alla fine del XIX secolo il
genere sembrava esaurirsi, quando da Berlino si
diffuse al resto della Ger-
Quando nei teatri di
Vienna era costante il repertorio francese, proprio Johann Strauss figlio
esordì nel genere con Indigo (1871) e Das Fledermaus (1874).
Benché i lavori viennesi
fossero quasi sempre ricavati da testi francesi, lo
stile dei primi si distanzia da quello parigino per
una maggiore presenza
della musica (spesso forme da ballo quali valzer,
lied e danze da salotto) e
il testo risulta meno vivace rispetto alle trame
francesi, proprio perché
viene dato maggior spazio alla parte musicale
piuttosto che ai dialoghi
mania e poi all’Europa intera, arricchendo l’originaria tradizione viennese
con la vivacità del folklore danubiano, il cui esempio più eloquente rimane
Con i suoi
trascinanti
valzer e le divertenti operette Johann
Strauss jr. è il
musicista
più rappresentativo
della spensierata Vienna asburgica.
Dalle notizie
riportate sulla stampa del
tempo sembra che fosse stato Offenbach a consigliare a
Johann Strauss jr. di scrivere operette, quando,
nel 1864, i due si incontrarono in un ristorante
di Vienna, dopo che al
Concordia Ball il valzer
Fogli della sera di Offenbach era stato più acclamato dal pubblico rispetto a quello Fogli del
mattino di Strauss. La notizia possiede un concreto riscontro musicale, se
pensiamo che il
valzer e tutte le
forme da ballo
tanto care alla
società viennese
dell’epoca, costituiscono il
fondamento
dell’operetta
straussiana, la
quale, quindi, si
presenta molto
diversa da quella di un Suppè,
che faceva coesistere stili operistici diversi, o
di un Offenbach, in cui
la musica era una sezione aggiunta all’interno
dell’azione di prosa.
Nella scrittura straussiana vi fu però un passag-
gio intermedio. Prima
dell’esordio nel genere
dell’operetta, Strauss si
distinse per aver composto brevi poemi sinfonici
sottoforma di valzer, ma
lontani dalla valse francese, più ridotta e semplice.
Queste forme sono riconducibili ad una sorta
di preistoria dell’operetta, permessa dalla canonizzazione della danza
come forma musicale
autonoma. Fu questo un
fenomeno frequente nella musica europea dell’Ottocento, che vide, a
partire dalle mazurke e
polacche di Chopin alle
Ungarische Tänze di
Brahms, appositi quaderni pianistici di danze
di luoghi esotici, fino a
forme coreutiche introdotte nella musica sinfonica.
A Vienna tale riconoscimento riguardò anche il
repertorio di consumo,
soprattutto grazie alla
famiglia Strauss, che
ereditò e fuse sia la tradizione colta delle danze di Schubert, che la vena popolare dei valzer di
Josef Lanner. Questi nel
1819 istituì un modello
di orchestra d’intrattenimento, come quartetto e
poi come insieme sinfonico, il cui direttore scriveva l’intero repertorio
di danze. Nel 1825
Strauss padre mise in
piedi una orchestra personale, per il quale compose quei valzer che divennero tanto celebri,
consegnandolo alla storia come il padre del valzer. Nel 1844 Strauss jr.
si distaccò dal padre,
creando una propria
grande orchestra che, divenuta famosa a Vienna
per l’intrattenimento,
portò il suo direttore ad
essere idealmente incoronato il re del valzer.
St. Sol.
Il Pipistrello
14
L’autore della commedia originale
Roderich Julius Benedix
L’
ispirazione originaria del libretto
del Fledermaus fu
la commedia Das Gefängnis (La Prigione) di Roderich Julius Benedix, poi
ripresa nel Réveillon di
Henri Meilhac e Ludovic
Halévy e ulteriormente
riadattata e tradotta da
Carl Haffner e Richard
Genée per l’opera di
Johann Strauss.
Benedix, nato a Lipsia il
21 gennaio 1811, fu autore drammatico, direttore
e regista tedesco. Studiò
alla Fürstenschule di
Gromma e alla Thomasschule di Lipsia, per poi
abbandonare nel 1831 gli
studi di teologia e dedicarsi alla scena. Per dieci
anni recitò e cantò come
tenore nei teatri della Renania e della Westfalia e
divenne direttore del teatro di Wesel dove mise in
scena la commedia Das
bemooste Haupt (1841),
che incontrò un notevole
successo. In quel periodo
pubblicò anche un volume di leggende tedesche,
Deutsche Volkssagen, un
Handbuch für die Reise von
Rotterdam nach Strassburg,
un Gedenkbuch für das Leben e diresse il diffuso
giornale Sprechen.
Dopo aver passato un periodo a Colonia nel 1842,
diresse il nuovo teatro a
Elberfeld tra il 1844 e il
1845 e in quello stesso anno fu di nuovo a Colonia
dove tenne lezioni di letteratura e declamazione e
svolse il ruolo di regista,
oltre che di insegnante
per la scuola di musica
della città. Nel 1855 diresse il teatro municipale
di Francoforte sul Meno,
ma con scarsa fortuna,
quindi si ritirò nel 1861 e
nella città natale sposò
l’attrice Leontine Paulmann. Morì a Lipsia il 26
settembre 1873.
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Le sue opere più
conosciute sono:
Der
Steckbrief
(Satira della polizia) Der Störenfried (Satira della
suocera), Eigensinn e Doctor Vespe.
Scrisse circa un
centinaio di commedie, caratterizzate da un chiaro
intreccio e un
semplice dialogo.
Il suo umorismo
bonario,
mai
graffiante o volgare, lo rese l’au- Richard Genée
tore teatrale prema europea, poiché fu
diletto dal gusto medio, rappresentato con grande
tradizionale e moraleg- fortuna anche fuor di pagiante della piccola bor- tria tra il 1840 e il 1870.
ghesia non solo tedesca,
Ali.Cal.
Gli autori del Vaudeville da cui è tratto il libretto
Ludovic Halévy
I
ndissolubilmente legato al librettista Meilhac e al compositore Offenbach, Ludovic
Halévy, nato a Parigi il 1 gennaio 1834, rappresenta uno scrittore tra i più originali e innovativi nel genere dell’operetta.
Grazie al padre Leon (18021883), autore noto al pubblico
parigino e allo zio Fromental,
l’opera costitutiva già nell’infanzia di Ludovic un elemento centrale. Impiegato,
poi, presso il
Ministero degli
Interni e poi nel
Ministero per
l’Algeria svolse
i suoi compiti
con misura e
ponderatezza,
riservando uno
speciale riguardo per il valore
della famiglia,
quasi in contrasto con le abitudini dei personaggi che scaturivano dalla sua fantasia.
Con Meilhac fornì per anni
commedie e trame ai teatri e ai
compositori francesi, in particolare a Offenbach, componendo
per quest’ultimo i libretti di
operette come La Belle Hélène
(1864), Barbe-Bleu (1866), La Périchole (1868) e Les Brigands (1869),
oltre a Orphée aux Enfers (1858),
scritta in collaborazione con
Crémieux, e Bataclan. Con garbo, brio e sottili tocchi di audace
ironia la società parigina del Se-
condo Impero si svelava di volta in volta nella sua frivolezza
(La vie Parisienne, 1866, scritta
con Meilhac) o nella misera condizione della sua aristocrazia
(Le Chateau à Toto 1868), in opere in cui la satira è sempre in
gioco con indulgenza e bontà.
Nel 1869 venne meno la collaborazione con Offenbach. Nei lavori che
seguirono, Halévy e Meilhac abbandonarono l’intento satirico, pur
continuando a ritrarre con sensualità
e audacia i costumi
dell’epoca. In questo periodo compose un capolavoro
come
Frou-Frou
(1869), riflessione
sulla futilità della vita e sulle grandi
virtù femminili, e
più tardi Le Reveillon
(1872) da cui fu tratto il libretto per il Pipistrello.
Halévy però pensava ad un teatro
nuovo, sentiva la necessità di affrontare i grandi temi sociali, a
differenza dell’amico Meilhac
forte di altri sentimenti sulla vita e sul teatro; conclusa la loro
collaborazione Halévy diede alle stampe Abbé Costantin (1882).
Alla fine degli anni Settanta, il
suo salotto parigino era frequentato da tutti gli esponenti
del mondo artistico e letterario e
nel 1884 divenne membro dell’Accademia di Francia. Morì a
Parigi l’8 maggio del 1908.
Henri Meilhac
Il
librettista francese Henri
Meilhac, nato a Parigi il 21
gennaio 1831, prima del consenso ottenuto con Garde, toi, je me
garde, commedia in un atto presentata al Palais Royal di Parigi
nel 1855, era impiegato in una libreria e dal 1852 collaborava sotto
lo pseudonimo di “Thalin” al Journal pour rire con disegni e scritti satirici. Da quel successo, il genere
del vaudeville, allora molto in voga,
lo occupò freneticamente e dal
1855 al 1861 compose ben tredici
commedie.
Ma la produzione più significativa e memorabile legata al nome di Meilhac
risale agli anni
di lavoro a fianco di Ludovic
Halévy, con cui
collaborò
per
vent’anni
dal
1861 al 1881, soprattutto ai libretti musicati da Offenbach,
per il quale i due scrissero tra
l’altro opere buffe come La Belle
Hélène (1864) e Barbe-Bleu (1866),
La Granduchessa di Gérolstein
(1867), La Périchole (1868), Les
Brigands (1869), Le Petit Duc
(1878) o commedie come Fanne
Lear (1868), Frou-Frou (1869),
Tricoche et Cacolet e Le Reveillon
(1872).
Due personalità profondamente
diverse, quelle di Meilhac e
Halévy, in alcuni aspetti contrapposte, ma sicuramente complementari: l’arte del boulevardier e della continua parodia dei
costumi in Meilhac e un’acuta
sensibilità verso i grandi temi
politici e sociali in Halévy.
Meilhac compose anche libretti
per proprio conto, fra i quali quello di Manon (1884) per Massenet,
e collaborò con Millaud (Le Mari
de Babette, 1882, Santarellina,
1883), Gauderaux
(Pépa, 1894), Delavigne e Gille.
Nel repertorio di
Meilhac
non
mancano lavori
impegnativi e sofisticati come Le
Petit-fils de Mascarille (1859), Decoré
(1888) e Grosse
Fortune (1896),
opere che caratterizzano l’autore
come particolare
rappresentatore –
ma anche protagonista - della
“Belle époque” e della vita parigina.
Solo o in collaborazione, si conta che abbia firmato 115 lavori
dei più diversi generi. Il 6 aprile
1888 fu nominato membro dell’Accademia di Francia.
Nel maggio del 1897, all’età di
66 anni, Henri Meilhac fu colpito da un’emiplegia che dopo
averlo paralizzato lo condusse
in due mesi alla morte, avvenuta a Parigi il 6 luglio.
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Il Pipistrello
15
La fine di tutta la produzione della famiglia del valzer
L’archivio Strauss alle fiamme
D
ue anni dopo la
morte di Johann
Strauss Junior, il
13 febbraio 1901, il fratello minore Eduard sciolse
le orchestre della famiglia, la prima delle quali
era stata fondata circa
settantacinque anni prima dal padre. E il 22 ottobre 1907 compì un altro
gesto estremo con il quale ruppe definitivamente
con il passato.
Riportiamo la testimonianza del fabbricante
viennese di stufe, Karl
Raus: «Non è vero che
l’archivio del direttore musicale dei Balli di Corte
Eduard Strauss sia stato
dato al macero come pensano in molti; venne invece
dato alle fiamme nella mia
fabbrica».
Eduard Strauss si era
messo in testa di bruciare
il suo grande archivio di
spartiti musicali che si
era trascinato dietro nelle
sue tournèes per tutta
l’Europa e al di là dell’Oceano fino in America,
perché dopo di lui nessuno se ne impossessasse e
potesse magari usarlo
per concerti. L’archivio
conteneva infatti numerosi manoscritti originali
e opere inedite della famiglia Strauss di cui non
erano state fatte copie e
che avevano quindi un
valore particolare.
«In una lettera del 18 settembre 1907 – sostenne
ancora Karl Raus - Eduard
Strauss mi chiese a quali
condizioni avrei bruciato
nella mia fabbrica di stufe di
ceramica nel 6° Distretto al-
Eduard Strauss
Eduard Strauss, Johann Strauss e Karl Raus.
cune centinaia di chili di
“carta da macero”. Ci mettemmo d’accordo per due
corone ogni cento chili.
Strauss mi comunicò poi
che i pacchi, alti due piedi e
larghi uno, avrebbero dovuto essere prima liberati dalla
loro “copertina” rigida. Infine arrivò la comunicazione che la distruzione avrebbe avuto luogo Martedì 22
ottobre 1907. Quel giorno
arrivò innanzitutto un carico di molti e pesanti pacchi
di spartiti su un carro e
vennero scartati. Al pomeriggio, prima delle due,
Eduard Strauss si presentò
con un suo domestico nel
mio ufficio. Cercai ancora di
convincerlo a rinunciare a
tutto. Strauss guardò un
po’ fisso davanti a sé e poi
gridò: “Non posso!”.
Allora andammo in fabbrica, dove si trovavano due
grandi forni per la cottura
delle stufe e di altri oggetti
di ceramica. Uno di questi
era stato preparato per ricevere l’archivio musicale.
Eduard Strauss si sedette in
una poltrona di fronte
al forno, un mio operaio apriva i pacchi e
spargeva i fogli delle
musiche nelle fiamme
che divampavano nella
grande bocca del forno,
di fronte agli occhi del
direttore musicale dei
Balli di Corte. Quando
veniva il turno di alcuni pacchi di musiche
che contenevano particolari ricordi di famiglia, Strauss era evidentemente commosso.
Si alzava, guardava da
un’altra parte, tornava
per qualche attimo in
ufficio». Eduard non risparmiò neppure un foglio e lasciò la fabbrica
solo dopo che l’ultimo
spartito dell’ultimo pacco
era stato divorato dalle
fiamme. L’intera operazione durò ben 5 ore, dalle due del pomeriggio alle sette di sera: andarono
in fumo oltre 2500 parti
per voci e strumenti, testimonianza di circa un
secolo di storia di una
delle più grandi dinastie
musicali del mondo.
Perché Eduard compì un
atto così nefasto? «Tra me
e mio fratello - scrisse ancora l’artista nelle sue
Memorie - fu stipulato un
accordo, nel 1869, in virtù
del quale il sopravvissuto
avrebbe dovuto distruggere
tutti gli arrangiamenti fatti
dagli altri».
Francesca Oranges
DA VEDERE
Con questo numero iniziamo una piccola rubrica che intende segnalare, in modo breve, mostre, esposizioni ed eventi di particolare rilievo che talvolta sfuggono nella grande offerta di
appuntamenti della città.
MONACI IN ARMI
Gli ordini religiosi militari, dai Templari alla
Battaglia di Lepanto
Una grande mostra su gli ordini religioso-militari che vede la partecipazione dei più importanti
musei del mondo, dal Metropolitan agli Uffizi di
Firenze.
La mostra presenta la storia degli Ordini religiosi
militari nati sull'onda emozionale delle Crociate e
propugnati a difesa dei luoghi santi in Terra d'Oriente, nonché per la protezione e l’assistenza spirituale e sanitaria dei pellegrini cristiani che si recavano per venerazione nelle terre in cui aveva
vissuto Cristo.
Roma, Castel Sant’Angelo dal 16 dicembre 2004
MARIO MAFAI
Una calma febbre di colori
A quarant’anni dalla scomparsa, Roma dedica una grande mostra al principale
creatore delle cosiddetta “Scuola di via Cavour”, Mario Mafai (1902 – 1965). Una mostra antologica studiata con l’intento filologico di ricostruire fedelmente il mondo
dell’artista attraverso la sua pittura (sono presenti circa 90 opere), ma anche con i
suoi sodalizi intellettuali e con il clima storico in cui egli operò.
Roma, Palazzo Venezia, dal 7 dicembre 2004 al 27 febbraio 2005
DA SAPERE
La Deposizione di Raffaello, conservata alla Galleria Borghese di Roma, rappresenta un sommo esempio della pittura del Rinascimento europeo. Fu dipinta da
Raffaello a ventiquattro anni nel 1507 su commissione di Atlanta Baglioni per la
chiesa di San Francesco a Perugia, da dove il dipinto fu sottratto nella notte del 19
marzo 1608 per ordine del Cardinale Scipione Borghese che lo voleva inserito nella propria quadreria.
Ora, per motivi di conservazione e di microclima, la Deposizione di Raffaello
viene restaurata grazie all’intervento della Jaguar Italia nella stessa sala del museo
di Villa Borghese dopo sei mesi di indagini e misure preliminari che sono in parte
ancora in corso per verificare il comportamento del supporto ligneo. La fase attuale del restauro consente di confrontare aree ancora coperte dall'ultima vernice alterata che risale al 1972 e altre aree già pulite. Pur nel massimo rispetto della patina
antica sottostante si sta “risvegliando” il colorito di Raffaello con notevoli scoperte.
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Santa Cecilia
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