Don Giovanni
Scritto da Umberto Rossi
Mercoledì 12 Ottobre 2011 07:43 - Ultimo aggiornamento Mercoledì 12 Ottobre 2011 09:43
Il personaggio di Don Giovanni Tenorio compare, per la prima volta, nella commedia di Tirso de
Molina
L'ingannatore di Siviglia e il convitato di
pietra
(El Burlador de Sevilla y convidado de
piedra
, 1630) per poi diventare una
figura fondamentale nella cultura occidentale e, come tale, essere usata da artisti come:
Molière, Aleksandr Sergeevič Puškin, José de Espronceda, José Saramago. Tuttavia la sua
immagine più nota è quella dell’opera lirica
Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni
, musicata nel 1787 da Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791) su libretto di Lorenzo Da
Ponte (1749 –1838).
Numerose anche le versioni filmiche, fra cui va ricordata almeno quella che Joseph Losey
(1909 – 1984) diresse, nel 1979, con l’orchestra e coro dell'Opera di Parigi diretta da Lorin
Maazel e il canto di Ruggero Raimondi, John Macurdy, Edda Moser e Kiri Te Kanawa. Il fascino
di questo personaggio è, per buona parte, legato al suo essere figura simbolica del passaggio
dal vecchio al nuovo ordine sociale, dal regime aristocratico a quello borghese. Antonio
Zavatteri, nel presentare una nuova edizione del testo molièriano, per la versione di Cesare
Garboli, segue una strada diversa: quella di leggere Don Giovanni come emblema
dell’egoismo e l’indifferenza qualunquista. In questo il nobile che seduce, e abbandona a
ripetizione nobildonne e contadine, non paga né i servi né i fornitori, diventa una sorta di
paradigma della società in cui viviamo, una figura di profittatore indifferente a ogni credo
morale, poco importa se civico o divino. E’ un approccio più che legittimo, ma che, nel caso
specifico, pecca di genericità e scarsa motivazione. In altre parole questo Don Giovanni, pur
nella grandezza dei crimini che commette, appare più un opportunista che un delinquente
esemplare, più un piccolo intrallazzatore che un imbroglione affascinante. Questo perché
manca alla messa in scena e alla recitazione quella
grandezza negativa
necessaria a trasformare un imbroglione da quattro soldi in un grande criminale.
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