L’ITALIA IN OPERA 2013/2014
UNA TRAGEDIA FIORENTINA
(Eine florentinische Tragödie)
Opera in un atto
Musica: Alexander von Zemlinsky
Libretto: Alexander von Zemlinsky
Prima rappresentazione:
Stoccarda, Teatro di Corte
30 gennaio 1917
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’ITALIA IN OPERA 2013/2014
UNA TRAGEDIA FIORENTINA
Vi proponiamo alcune letture di approfondimento che potete trovare presso la Biblioteca del CRAL o reperire presso altre biblioteche:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Piero Gelli (a cura di), Dizionario dell’opera, 1996, pagg. 487489
- Elisabetta Fava (a cura di), Un ritratto in Der Zwerg (Il
nano), favola tragica per musica in un atto, libretto di
Georg C. Klaren, musica di Alexander von Zemlinsky,
Torino: Teatro Regio, 2001
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol.
VIII, 1988, pagg. 601-602
LA FONTE DEL LIBRETTO:
- Oscar Wilde, A Florentine Tragedy in Complete works of
Oscar Wilde, 1994
- Oscar Wilde, Una tragedia fiorentina in Tutte le opere (a cura
di Masolino d’Amico), Diverse edizioni
http://sbam.erasmo.it
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Zemlinsky: un rapido ritratto
“Compositore, direttore d'orch[estra], pianista e didatta austr[iaco] (Vienna, 14-X-1871 - Larchmont, New York, 15-III-1942). […]
Se pure l'esigenza di una storicizzazione della mus[ica] della scuola di Vienna […] ha portato ad un sensibile risveglio di
interesse per i musicisti operanti a Vienna nello scorcio di secolo che porta da Brahms a Schoenberg, tuttavia la figura di
Z[emlinsly] non è stata ancora sufficientemente indagata. Eppure di quella Vienna Z[emlinsky], fu indiscutibilmente un
protagonista e la sua azione (come esecutore, come direttore, come insegnante, come organizzatore, come compositore) fu
decisiva per le sorti della nuova musica.” (1)
“Zemlinsky era uno strano miscuglio razziale: padre cristiano, madre turco-ebrea. Era uno dei musicisti più fini. Era un maestro
formidabile. Prendeva nelle sue mani spirituali (se così possiamo dire) un piccolo tema, lo modellava, gli dava la forma di
innumerevoli varianti. Se non diventò il grande maestro del nostro tempo, dipende certamente dalla sua costituzione rachitica.
Un pollone malato non può trasformarsi in un albero alto, per quanto possa essere prezioso. […]
Zemlinsky era un insegnante nato, e questa soltanto era la cosa essenziale, più importante per me, e non solo per me, ma per
l'intera generazione di musicisti dell'epoca. La sua capacità, la sua maestria erano ineguagliabili.” (2)
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(1) Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol. VIII, UTET, 1988
(2) Alma Mahler Werfel, Autobiografia, Editori Riuniti, 1985
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Zemlinsky e Alma Mahler
“Avevo conosciuto Alexander von Zemlinsky in occasione di un incontro di poche persone, e avevamo spettegolato
malignamente sugli altri. Improvvisamente ci guardammo in faccia: «Ora se troviamo un nome di cui non si possa parlare che
bene beviamo un bicchiere extra!». E gridammo contemporaneamente: «Mahler!».
Il nostro amore reciproco cominciò così. Poiché fin dal primo momento non si trattò di amicizia. Quella sera stessa pregai
Zemlinsky di diventare il mio maestro di composizione. Era felice, io non lo ero di meno ... e cominciò, per me, un periodo di
apprendimento incredibilmente esaltato e ardente, in cui tutto il resto impallidiva.
Era uno gnomo orribile. Piccolo, senza mento, sdentato, con un odore perenne di caffè addosso, sporco ... eppure il suo acume
e la sua forza intellettuale lo rendevano incredibilmente affascinante.” (1)
“Ne nasce una relazione movimentata e affannosa che dura molti mesi durante i quali Alma alterna slanci d'eccitazione a
momenti di distacco che gettano il giovanotto nello sconforto. Zemlinsky […] moltiplica le sue dichiarazioni d'amore, s'umilia.
[…]
È la catastrofe. Il 12 dicembre 1901 Alma gli scrive: «Tu sai quanto ti ho amato. Ma improvvisamente, così come è arrivato,
questo amore se n'è andato - si è rivolto altrove. Certe cose sfuggono al nostro controllo». Il 27 le gazzette annunciano il suo
fidanzamento con Gustav Mahler. […]
Il trauma subito è di quelli che si radicano nella memoria, e proietterà a lungo la sua ombra. Non è solo chagrin d'amour; il
fallimento amoroso è vissuto da Zemlinsky come un' esperienza di esclusione e di disprezzo, come accesso negato a un mondo
elegante a cui non appartiene. Nella sua mente l'ossessione della bruttezza fisica, in cui egli si specchia come un Narciso a
rovescio, diviene la forma della punizione per aver osato. Per lunghi anni il fantasma di Alma Mahler rimarrà in qualche modo
presente nei processi psicologici che presiedono alle sue composizioni: nella scelta dei testi, nel simbolismo dei temi musicali,
nei 'motti' che si celano nelle note e che […] passano da una composizione all'altra disegnando una mappa di corrispondenze
segrete.“ (2)
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(1) Alma Mahler Werfel, Autobiografia, Editori Riuniti, 1985
(2) Andrea Lanza, Lo specchio e il doppio.«Der Zwerg» di Zemlinsky in Der Zwerg (Il nano), favola tragica per musica in un atto, libretto di
Georg C. Klaren, musica di Alexander von Zemlinsky, Torino: Teatro Regio, 2001
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La fonte del libretto di «Una tragedia fiorentina»
“Il testo di quest'opera è fornito dalla trascrizione quasi integrale del dramma omonimo di Oscar Wilde, lasciato incompiuto
dallo scrittore quando si abbatté su di lui la folgore del processo intentatogli. Zemlinsky rimase affascinato da questo moncone
teatrale e si adoperò a ricucirne i vuoti più evidenti, in modo da potervi innestare un'opera musicale[…]. Le lacune del testo […]
sono suturate molto bene e il compositore riesce a dar voce ai silenzi attraverso la musica, parafrasando in suoni ciò che Wilde
non fece in tempo a esplicitare in parole. […] Il preludio iniziale [dell’opera] non assolve solo una funzione introduttiva, ma
sostituisce la scena d'amore fra Guido e Bianca, ovviando in parte all'incompiutezza del lavoro wildiano.” (1)
Anche Puccini si interessò a «Una tragedia fiorentina» di Wilde
“Puccini mostrò un interesse speciale per la FIorentine Tragedy; «a me piace tanto» scrisse a Ricordi da Parigi il 14 novembre
1906. «È un atto, ma bello alato, forte, tragico. Tre personaggi principali: soprano, tenore, baritono; tre ruoli di prim'ordine.
Epoca: 1300» […].
La reazione di Ricordi a tutto il progetto è riassunta nel telegramma che mandò a Illica l'11 dicembre: «Assolutamente
necessario pel bene avvenire Doge [soprannome affibbiato da Giulio Ricordi a Puccini, ndr] gettare fuoco stupida fiorentinata.»
[…]
Così com' era la FIorentine Tragedy si adattava ben poco a Puccini, nonostante i suoi entusiasmi - per quanto definirla una
stupidaggine, come fece Ricordi, fosse crudelmente ingiusto.” (2)
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(1) Piero Gelli (a cura di), Dizionario dell’opera, Baldini Castoldi Dalai, 2005
(2) Mosco Carner, Giacomo Puccini. Biografia critica, Il Saggiatore, 1961
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Attualità di «Una tragedia fiorentina» a inizio Novecento
È da “sottolineare come dovesse apparire ‘attuale’, per il gusto dell'inizio del […] [Novecento] […], una storia d'amore e di
morte collocata nell'Italia rinascimentale (luogo, per eccellenza, di incantate bellezze e sanguinari intrighi, di azioni smisurate).
Attuale poteva risultare soprattutto la contrapposizione tra il principe giovane e raffinato, l'esteta dedito al culto dell'amore e
della bellezza, e la prosaica quotidianità del vecchio mercante, che apparentemente pensa solo al prezzo della lana. ‘La torre
d'avorio è assalita dall'oggetto immondo’, se si vuol ripetere una espressione wildiana; e il giovane principe, che ‘non conosce la
vita’, va incontro inconsapevole al proprio destino, lo ‘subisce’ non diversamente da altre, poeticamente ben più nobili,
creature della letteratura di fine […] [Ottocento]. Il suo avversario, peraltro, non è soltanto, come potrebbe dapprima
sembrare, l'esponente di una prosaica concretezza, e man mano si chiarisce l'intenzione di conferire alla sua ossessione e alla
sua brutalità una fosca evidenza.” (1)
I diritti d’autore di «Una tragedia fiorentina» di Wilde
La breve partitura di Una tragedia fiorentina fu completata in nove settimane, ma passarono quasi due anni prima che l’opera
venisse rappresentata. Con la sua mancanza di senso pratico, Zemlinsky aveva trascurato la questione dei diritti d’autore.
Essendo in tempo di guerra, i contatti con Robert Ross, l’esecutore testamentario della proprietà letteraria di Wilde, erano
impossibili e ulteriori difficoltà furono causate dal traduttore, Max Meyerfeld, che si rifiutò di concedere l’esclusiva. Tuttavia,
una volta che l’editore Universal Edition ebbe stabilito una valida base giuridica per la nuova opera, se ne realizzarono quattro
produzioni in breve tempo. (2)
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(1) Paolo Petazzi, Percorsi viennesi e altro Novecento, Sonus Edizioni Musicali, 1997
(2) Antony Beaumont, Zemlinsky, Faber and Faber, London, 2000
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Sovrabbondanza di colore orchestrale
Ispirato dalla ricchezza del linguaggio figurato di Wilde, Zemlinsky sovrabbonda nel colore orchestrale. Negli episodi del
damasco di Lucca e dell’abito di gala, nel tumultuoso passaggio dallo scherzo all’implacabile furia della scena dell’uccisione di
Guido, Simone deve competere con il profluvio di suoni prodotti dall’orchestra. Alla prima mondiale di Stoccarda, diretta da
Max von Schillings, il predominio dell’orchestra fu causa di commenti sfavorevoli; per Praga, ove direttore fu il compositore
stesso, la partitura fu quindi accuratamente sfrondata. Nelle mani di Zemlinsky, come notò Felix Adler, ‘ogni cosa fu resa
trasparente’; i successivi interpreti hanno lottato, spesso invano, per mantenere un equilibrio accettabile tra palcoscenico e
orchestra. (1)
Le prime di «Eine florentinische Tragödie»
Alla prima di Stoccarda, Zemlinsky trovò i cantanti mediocri e la direzione di Schillings del tutto priva di sensibilità; il 4 marzo
1917 diresse egli stesso l’opera a Praga […]. Nonostante i difetti della produzione di Stoccarda e la reazione apatica di un
pubblico poco numeroso, la critica dello Schwäbiscbe Merkur proclamò l’opera un capolavoro:
Con Una tragedia fiorentina il teatro si è arricchito di un lavoro seducente, possente, intimamente stimolante e
incantevolmente bello […]. Paragonata ai semplici surrogati e ai goffi tentativi dei principianti, dei quali si sente parlare
più del dovuto, questo capolavoro dimostra come tale musica possa commuoverci profondamente e l’estremo bisogno
che abbiamo di essa.
Schoenberg, che ascoltò l’opera a Praga, scrisse ad Alma [Alma Mahler Werfel, ndr] di una ‘bellissima’ première di ‘un lavoro
molto significativo’, e Werfel, che evidentemente assistette alla première con lei, scrisse (con le sue caratteristiche iperboli):
[…] Una cosa è chiara: l’uomo che ha scritto queste note ha un’anima di fuoco, […] egli proviene dal profondo del cuore
della musica. (1)
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(1) Antony Beaumont, Zemlinsky, Faber and Faber, London, 2000
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TRAMA
Simone, ricco mercante fiorentino, ritorna a casa e trova la moglie Bianca sola con un giovane nobile, Guido Bardi, rampollo
unigenito del principe di Firenze.
Simone tenta di eludere la scabrosità della situazione sciorinando la logorrea tipica degli affaristi e, facendo mostra di
credere che Guido si trovi in casa sua per motivi di affari, gli propone l'acquisto di alcune merci particolarmente preziose.
Di fronte alla spavalda insolenza con cui il rivale gli replica, Simone, pur conservando un contegno impenetrabile, sente
ribollire il sangue e incomincia a lasciar cadere una serie di allusioni sinistre.
Quando Guido, dopo aver baciato Bianca, manifesta l'intenzione di congedarsi, Simone lo costringe a duellare con lui e, avuta
la meglio, lo strangola; ma quando si volta verso la moglie infedele, deciso a uccidere anche lei, avviene un inaspettato
rovesciamento di sentimenti: fissandosi negli occhi i due cadono l'una nelle braccia dell'altro, chiedendosi in eco: «Perché non
mi hai mai detto che eri così forte?» - «Perché non mi hai mai detto che eri così bella?».
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da: Piero Gelli (a cura di), Dizionario dell’opera, Baldini & Castoldi, 1996
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