Foglio di informazione e cultura sindacale per gli iscritti FISAC CGIL di Banca Popolare FriulAdria n. 47 del 10/11/2011
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IL DUBBIO DIETRO LA NORMA
Lavorare diventa sempre più complicato. Ed a volte la stessa normativa interna
contiene disposizioni che si lasciano interpretare, ovvero vere e proprie lacune.
Il monito è di non agire con leggerezza e di far rilevare quanto di “oscuro” può
mettere a rischio il nostro operare quotidiano.
Nella sua ultima lettera ai Soci il nostro Presidente ha affermato che la banca sta facendo un
grande sforzo per sburocratizzare le attività lavorative.
Spiace dirlo ma, al momento, non ce ne siamo affatto accorti.
I “Sistemi Informativi” delle banche non dovrebbero solo servire ad ottenere i saldi ed i movimenti
dei conti correnti, ma anche aiutare i dipendenti a sbagliare il meno possibile, automatizzando i
“processi”, evitando che i lavoratori debbano sempre andare a memoria o ricercare faticosamente
informazioni da una miriade di fonti, che spesso si riducono alla telefonata al collega “che sa”.
Questa “assistenza diffusa” è una cosa simpatica perché significa che c'è solidarietà tra i
lavoratori. Ma nel contempo manifesta l'incapacità di questa azienda di consentire ai propri
dipendenti di fare correttamente una cosa semplicissima: il proprio lavoro.
Un esempio tristemente significativo è dato dal recente abbassamento a 2.500 euro del limite di
importo sino al quale è ammesso detenere un libretto di deposito al portatore. Ci siamo accorti,
infatti, che non viene segnalata in modo efficace la necessità di inviare l'apposita comunicazione al
MEF (ex Ministero delle Finanze) nei casi in cui, passata la scadenza indicata dalla legge (lo
scorso 30 settembre) il portatore non sia passato in banca.
Naturalmente la banca ha la coscienza tranquilla: la legge, come noto, non ammette ignoranza; la
stampa specializzata, che certamente il cliente medio immagina tutti noi leggiamo quotidianamente
ed in modo approfondito, non ha mancato di produrre articoli anche cercando di chiarire le solite,
imperscrutabili bizzarrie della legislazione italiana; circolari e manuali (nonché avvisi vari alla
clientela e “flash TP”) sono stati pubblicati.
Eppure... eppure crediamo che basterebbe poco per passare da un ambiente di lavoro in cui si
devono disperatamente cercare le informazioni utili ad uno che le fornisce spontaneamente
quando servono. E non si dovrebbe pensare a come fare per rispettare la cosiddetta conformità,
ingegnandosi a capire in controluce cosa le circolari dispongono.
Prendiamo il caso appunto del nuovo limite dei libretti di deposito al portatore: quanto costerebbe
far bloccare i libretti che superano un certo importo? Se la banca ha deciso di bloccare (con tanto
di autorizzazione a livello di area) i conti correnti che sconfinano, non crediamo sia un impegno di
proporzioni epocali.
E ancora: una circolare (la n. 439/2011) dispone che tessere bancomat e relativi PIN debbano
essere consegnati ai clienti da persone diverse. Possibile che alla nostra richiesta all'Help Desk su
come ciò possa essere dimostrato, per tutelare il lavoro dei colleghi e salvaguardarli in caso di
possibili controlli, venga data la risposta, alquanto enigmatica, che non ci sono particolari
procedure da seguire in quanto si tratta semplicemente di un comportamento interno da seguire?
Ma come? Le circolari sono scritte per dare istruzioni precise o per passatempo? O, meglio,
vengono emanate e rese inapplicabili affinché la banca sia formalmente a posto e possa scaricare
eventuali errori sul personale?
Noi non ci stiamo.
A cosa servono miriadi di controlli e di controllori, i NOA, l'Auditing e la Compliance, le richieste di
autorizzazione per ogni “cosa che si muove” se poi escono sulla stampa voci inquietanti di “frodi
interne” che coinvolgerebbero nostri colleghi? Mentre per tutti gli “onesti” – che come sempre sono
la stragrande maggioranza in un'azienda come la nostra – fare il proprio dovere diventa sempre
più una corsa ad ostacoli.
Prendendo a pretesto la situazione dei libretti di deposito al portatore, per cercare di destare un po'
la nostra azienda dal torpore che la avvolge, abbiamo deciso di scrivere una lettera in cui
chiediamo alcuni facili provvedimenti, ma che chiede in realtà una cosa ancora più semplice e
doverosa: che il lavoro delle colleghe e dei colleghi venga adeguatamente protetto e rispettato.
Anche (perché no?) nell'interesse dell'azienda.
Attendiamo risposta.
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Numero 47