Giovedì 18 ottobre 2001
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CORRIERE TECNOLOGIE
«Quello che vedi sui grandi schermi è una fantasia; un computer esalta l’allucinazione»
[da «Wargames», regia di John Badham, 1983]
L’immortalità? Questione di microchip
Un probabile scenario familiare: il papà resiste ai «pidocchi digitali»
di RAUL MONTANARI
Raul Montanari è nato a Bergamo
nel 1959 ed è laureato in Lettere
classiche. Tra i suoi libri di maggior
successo il romanzo «La
perfezione» (Feltrinelli, 1994) e la
raccolta di racconti «Un bacio al
mondo» (Rizzoli 1998). Con Aldo
Nove e Tiziano Scarpa ha scritto
«Nelle galassie oggi come oggi», la
fortunata raccolta di «cover» di
celebri canzoni in forma poetica
(Einaudi 2001). Il suo ultimo
romanzo, l’apocalittico «Che cosa
hai fatto», uscirà da Baldini &
Castoldi il 30 ottobre.
«Ho detto no. E quando dico
no è no!»
Esterrefatto, fisso mio padre all’altro capo del tavolo, mentre mia
moglie sparecchia e la Caty si dondola sulla sedia, sbirciandoci.
«Ma come no?» sbotto. «Cosa ti
salta in testa, papà? Ieri avevi detto…»
«Ieri era ieri. Ci ho pensato bene. E adesso dico no.»
«Ma abbiamo già prenotato…»
balbetto.
«Disdici la prenotazione. Sai
quanto me ne importa.»
«Hmm!» mugugna mia moglie,
guardandomi con aria trionfante
mentre si infila in cucina e le sue
natiche si contraggono ritmicamente, tanto da farla quasi zoppicare.
«Papà» insisto, cercando di stare calmo. «Fra un mese compi settant’anni. Siamo già in ritardo,
santo cielo!»
«In ritardo su cosa?» alza le
spalle lui.
«Lo sai benissimo che se salta la
prenotazione non ti potranno più
mettere i microchip del programma Enduring Life! Dopo i settanta
è proibito per legge, potrai solo farti impiantare microchip terapeutici a mano a mano che tumori e altre schifezze cominceranno ad at-
U
CORRIERE
taccarti il corpo!»
«Il vostro programma per l’immortalità è una scemata colossale» ribatte lui, pulendosi le gengive con un dito.
«Non chiamarlo così! Non è esatto, perché…»
«Anzitutto io
non ci credo» mi interrompe. «Non
hanno dimostrato
ancora niente.»
«Ah no? Aspetta
che i primi che hanno fatto l’operazione compiano cent’anni, fra… dunque, c’è uno che li
compirà fra due anni e mezzo, mi
pare, e allora…»
«Intanto in Toscana c’è gente
che di anni ne ha centodieci e passa.»
«Ci mancherebbe anche questa»
sbuffa mia moglie a mezza voce.
La fulmino con lo sguardo. «Hai
finito con quei piatti?»
Lei marcia via, offesa, con il sedere che pulsa gonfiandosi e sgonfiandosi, mentre mio padre continua a frugarsi la dentiera.
«In secondo luogo, se anche fosse
possibile prolungare la vita all’infinito riempiendosi di
questi pidocchi digitali, mi sai dire
che razza di vita sarebbe?»
«Una vita normale!» esplodo
dando un pugno
sul tavolo, con il risultato che mi
parte anzitempo il microchip del
programma di Fitness Sottocutanea, e bicipiti e pettorali cominciano a contrarsi e decontrarsi al ritmo di 80 impulsi al minuto.
«Normale? Ma guardati!» sghi-
«Fra un mese compi
70 anni, papà.
Se non ti decidi
subito, resterai fuori
dall’Enduring Life!»
gnazza lui. «Tu e Marisa sembrate
due mezzi robot, e deficienti per
giunta! A tutte le ore del giorno attacca il microchip di qui e il microchip di là, per non parlare di quello che succede la notte…»
«Adesso esageri, papà!»
«Credi che sia sordo solo perché
non mi sono fatto impiantare il
Sensory Enhancement? Fino a sei
mesi fa non facevate tutto quel casino ogni notte, voi due, dalle 23
alle 23.45 precise!»
«Papà…» cerco di fermarlo,
mentre di là Marisa carica la lavastoviglie con la delicatezza di un
orango impazzito.
«Ai miei tempi sul comodino ci
tenevamo la confezione dei profilattici, non il libretto del programma Dig…it! Un aiuto digitale all’amore analogico! E dove te l’hanno ficcato il microchip del Dig…it?
Ma fammi il piacere, va’ là.»
«Caty, ti spiace andare in came-
ra tua?» intimo a mia figlia. «E sistemati quel cerotto, che lo perdi.»
Lei inarca le sopracciglia e se ne
va, riattaccandosi sul collo la medicazione che le ha lasciato il chirurgo dopo averle impiantato l’Enduring Life versione
teenager.
«Se l’umanità è
impazzita io mi riservo il diritto di
pensare con la mia
testa» conclude il
vecchio, tirando su
col naso.
«Ma papà» torno all’assalto io,
nel tono più suadente che mi riesce di avere con
questi dannati muscoli che rimbalzano su e giù. «Non metterti in faccia una maschera che non c’entra
niente con te. Tu sei sempre stato
un modernista! Non ti ricordi quando prendevi in giro la nonna per-
ché credeva che dietro lo sportello
del Bancomat ci fosse un omino
che contava i soldi? E quell’anno
che hai insistito perché informatizzassero la biblioteca della tua scuola, tu da solo contro il preside e gli
altri professori?»
«Ma cosa c’entra…»
«Io sono come tu
mi hai cresciuto,
papà. Mi hai mandato al classico. Mi
hai sempre detto
che la conoscenza
del passato serve a
governare il futuro. L’umanità non
è impazzita. Stiamo solo trovando
il modo di vincere… be’ diciamo di
combattere meglio la battaglia eterna dell’uomo contro la malattia, il
decadimento fisico, la morte.»
«Non bestemmiare» borbotta
lui, guardandosi le mani appena in-
«Ai miei tempi
sul comodino
ci tenevamo
la confezione
dei profilattici...»
taccate dall’artrite.
«La morte prematura, almeno. La
morte stupida, che ti fa lasciare a metà il tuo lavoro, abbandonare i tuoi
affetti. Si pensava che la strada giusta fosse l’ingegneria genetica…»
«Buona, quella!» sogghigna
mia padre con una scrollata di
spalle.
«…infatti, infatti!» gli do ragione.
«L’ingegneria genetica è in ritardo
rispetto al biodigitale, e poi usa manipolazioni che mettono in dubbio
l’identità personale, l’individuo. Invece il biodigitale è pulito. Io sono io,
non sono un altro, anche se i microchip dell’Enduring Life mi possono
aiutare a evitare osteoporosi, neoplasie, Alzheimer. Insomma, nessuno ha mai obiettato niente contro la
chirurgia, no? E allora che differenza c’è tra farsi mettere una placca in
una gamba per ricomporre una frattura, e un microchip nella tiroide
per regolare il metabolismo? I miei
ricordi cambiano? I miei desideri, i
miei amori e i miei odii, tutto quello
per cui io sono io, cambiano?»
Sento sbattere la porta di casa.
Marisa è uscita. Mio padre gioca con
le briciole di pane, senza guardarmi.
«Papà» dico, a bassa voce. «Se
non fai l’operazione ti condanni al
destino che tutte le generazioni
hanno sempre temuto. Il corpo
che ti tradisce, la malattia, la fine
delle speranze e dei progetti. Io
non voglio perderti. Cosa farei senza di te? Non ci hai pensato?»
«Mica morirei domani» prova a
scherzare lui, toccando per scaramanzia una forchetta.
«Io non voglio perderti né domani né mai.»
Mio padre si alza. Inarca la
schiena con un sospiro, le mani sulle reni; si stiracchia e va alla finestra, guarda fuori. Faccio per alzarmi a mia volta e andargli vicino, ma di colpo bicipiti e pettorali
si fermano e cominciano a contrarsi polpacci e addominali, così forte
che non riesco neanche a muovermi. Dovrò cambiare un’altra volta
le impostazioni, accidenti!
Lui muove la testa. Mi sembra
che guardi il traffico, poi il cielo,
poi di nuovo la strada. Si batte piano una mano sulla nuca, fra i capelli bianchi e radi, la appoggia al vetro. Apro la bocca per aggiungere
qualcosa, ma ho paura di rompere
questo silenzio, per cui la richiudo
e aspetto.
Aspetto e basta.
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