PALAZZO MORA
Delimitazione dell'area. Situato nel Sestier di Cannaregio, Palazzo Mora è un'antica costruzione architettonica inserita
fra la Chiesa di San Felice ed il Rio di Noal. La sua perimetrazione è determinata a nord da calle della Stua, ad est dalla
Fondamenta della Chiesa, a ovest da Fondamenta della Stua ed infine a sud da Strada Nuova.
Il sistema urbano di appartenenza si inserisce nell'isola-quartiere di San Felice, compreso fra il Canal Grande e la Sacca
della Misericordia; anticamente la zona era organizzata su due lunghi percorsi viari, la fondamenta di San Felice e la
calle della Racheta; nei documenti raccolti dal Dorigo (DO.BIBL.6) questo tratto risultava a fine 1200 escluso dal
traffico di Rialto e con pochi scambi con le altre parrocchie a causa della mancanza di un collegamento con Santa Fosca
risolto dalle autorità con la costruzione del ponte di Noal (1298) che segna un cambiamento per la zona. Sempre a quel
periodo risalgono infatti le opere di bonifica e l'interramento di buona parte dell'alveo del Rio per favorire l' infittimento
urbano. Nei secoli successivi, l’importanza dell’isola crebbe, sia come snodo per la navigazione, perché permetteva un
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rapido passaggio fra il Canal Grande il bacino della Misericordia (dal quale è possibile immettersi subito in mare
aperto), sia come snodo pedonale, perché passaggio obbligato fra la Stazione e Rialto.
La trasformazione della Proprietà
Si è cercato di ricostruire le trasformazioni del patrimonio immobiliare del Palazzo; prima del Trecento l'area a fianco
della Chiesa di San Felice lungo l'asse che dal rio della Racheta porta al Rio di Noal viene descritta come ortum della
domum di Filippo Corner (DOC.BIBL.6), casa che si potrebbe identificare col lotto che fiancheggia calle della Stua. I
documenti di fine Quattrocento citati dal Dorigo, riportano l' edificazione del lotto che fiancheggia la Chiesa
permettendoci di stabilire una data iniziale della struttura edilizia preesistente.
Planimetria con le aree esistenti rispettivamente nei secoli XIV e XV
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Area verde, giardino e/o orto
Proprietas magna
Queste informazioni non ci possono aiutare a spiegare, se non genericamente, quando e come le costruzioni preesistenti
vengono trasformate nell'arco del secolo XVI. La veduta prospettica del de' Barbari (1500) riporta un palazzo col fronte
rientrato rispetto alla fondamenta. Lo spazio che nel disegno viene lasciato fra il palazzo e la facciata della Chiesa
lascerebbe supporre l'esistenza di una calle segnalata dai documenti medioevali (CP.36) “viam[...]discurentem inter
domum et ortum,viam a latere S. Felice” e inglobata dal nostro Palazzo successivamente. Continuando nell'analisi
particolareggiata dell'incisione cinquecentesca notiamo che il palazzo in alzato si disponeva su due piani con un primo
piano rientrante rispetto al loggiato del piano terra.
Purtroppo non abbiamo altre incisioni, pitture o disegni che ci possano aiutare a capire meglio le trasformazioni subite
dal palazzo, se non i mappali di inizi Ottocento, che comunque riportano una situazione diversa da quella odierna. Le
uniche fonti fra il 1500 e il 1800 sono gli atti notarli che rivelano unicamente le compravendite dei lotti, senza darci la
possibilità di stabilire esattamente i confini se non tramite congetture.
Dal disegno del catasto napoleonico (1808) si evince che il palazzo è costituito da due lotti. Di forma trapezioidale
quello con facciata su fondamenta Crotta, ad L quello con facciata su fondamenta di Noal (rinominata della Stua), uniti
da una piccola corte, affacciati entrambi su un'area che nel sommarione catastatico del 1838 viene nominata Giardino (
con una superficie di 32 centesimi), e ancora separati da una calle dalla cortina muraria della Chiesa; nel catasto
austriaco la calle si trasforma in una minuscola corte molto stretta. Fra il 1838 e il 1867 vi sono stati dei cambiamenti
dell'assetto urbano, e l'eliminazione di diversi lotti per far posto al campo di San Felice.
Un aiuto a capire la composizione architettonica ci è fornita dalle Condizioni di Decima del 1661. La norma di
rilevamento osservata dal catastico, o “libretto del parroco” era quella di seguire un percorso lineare procedendo fra
calli e campielli. Aiutandoci con questo libretto a seguire linearmente il tragitto percorso dall’ ufficiale pubblico addetto
al censimento attorno all’isola di San Felice, possiamo ipotizzare il numero, la grandezza e la commistione dei volumi
in esame. Ad ogni modo, non sarebbe del tutto improprio definirli un’unica proprietà avendo un unico titolare già nel
Seicento, come verrà dimostrato in seguito, e soprattutto, dal momento che condividono le due aree libere: giardino e
corte.
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Dai documenti: E’ inutile cercare la storia di Palazzo Mora fra i molti testi scritti sui palazzi veneziani: non viene
citato; le cronache contemporanee ne ignorano fabbrica e committenza. La ricerca archivistica ha potuto accertare che
Palazzo Mora si viene costruendo attraverso il rimaneggiamento e l’accorpamento di più lotti attuato da Bartolomeo
Mora (DO. FONT.1) tra il 1716 e il 1737, rispettivamente: 1716 data di compravendita della “casa Domenicale”(DO.
FONT.6) e 1737, data dell’atto testamentale del N.H. Bartolomeo (DO.FONT. 8).
Dagli atti dei notai si apprende che Bartolomeo Mora acquista la Casa “con soldo libero d’avanzi delle mie rendite”
che ristruttura “massime restaurata et ornata”, e tutta una serie di “contigue case, casette, botteghe e magazzini” nel
1716.
A metà del 1700 compare come unico possessore di tutto il lotto attorno alla chiesa di San Felice; quindi una fortuna
accumulata nel corso di una generazione se ancora nella seconda metà del 1600 l’unico Mora (N.H. Giò Batta) presente
in Contrada San Felice è un affittuario della famiglia Contarini (DO.FONT.4). L’analisi dei documenti della
commissione araldica mette in luce il ramo della famiglia Mora da San Felice: inizia con Duodecimo Mora (fine ‘500) e
terminata con un Bartolomeo Mora nel 1780; una postilla riporta la compravendita del titolo da parte di Bartolamio
Mora (zio di Bartolomeo) nel 1665(DO.FONT.11).
Procedendo ad individuare in quegli anni -1700-, le fattezze e le dimensioni della “casa domenicale” sempre tramite
l’analisi della sua dislocazione topografica nei mappali napoleonici (1808), troviamo due volumi identificati, il primo,
sulla fondamenta di Noal, come casa con due magazzini, il secondo, che si allunga per tutta calle di Noal e possiede la
facciata sulla fondamenta di S. Felice, come Palazzo di proprio uso con diversi magazzini, botteghe d’affitto e giardino
sempre di proprio uso (superficie 30 centesimi). Con la famiglia Mora è certo che i due lotti (attraverso l’indagine
storica è emerso che probabilmente lo erano già precedentemente) vengono unificati; abbiamo sicuramente interventi di
ristrutturazione degli interni di cui possiamo stabilire i limiti cronologici: 1716-1737.
CATASTO NAPOLEONICO –1808
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SOMMARIONE DI VENEZIA PER IL N° 5297
Possessori
Qualità
Numeri civici
5289
Mora Antonio
Casa e bottega d’affitto
3827
5290
1 Mora Francesco q Bortolo Casa e bottega d’affitto con 3825-26
Numeri di mappa
HF Chiesa colleggiata e
parrocchiale di S. Felice
HF Sagrestia della chiesa
5291
2 Sagrestia HG superiore
corte
Mora Bortolo
bottega d’affitto
Mora Francesco q Bortolo
Porzione di casa d’affitto al
3824
piano superiore
5292
Mora Francesco q Bortolo
Casa e bottega d’affitto
3825
5293
Mora Bortolo q Bortolo
Casa e bottega d’affitto
3823
5294
Corner Andrea
Due botteghe ed una casa 3821-22
5
d’affitto
5295
Mora Bortolo q Bortolo
5296
Barbaro
Maria
q
Casa e bottega d’affitto
Pietro Magazzino d’affitto
3818-19-20
3817
Alvise
5297
Mora
Bortolamio
q Casa con due magazzini 3816
Bortolami
d’affitto
5298
Mora sudd.
Palazzo di proprio usso con 3794-3795-3830
5299
Mora sudd.
diversi magazzini e botteghe 3828-3829
d’affitto, giardino di proprio
uso
5301
Mora Bartolomeo q Bortolo
Casa d’affitto
3811
CATASTO AUSTRIACO 1838-1842
6
SOMMARIONE AUSTRIACO
Possessori
Qualità
2361
Cerato Mora
Casa
2362
Cerato Mora
Casa
2363
Cerato Mora
bottega
2364
Chiurlotto
Casa
2365
Cerato Mora
Casa e bottega
2367
Cerato Mora
Casa
2368
Rizzotti Angelo
Casa
2369
Cerato
Numeri di mappa
Numeri civici
HF Chiesa colleggiata e
parrocchiale di S. Felice
HF Sagrestia della chiesa
Mora
nobile Casa
3814
Domenico q. Giovanni
2370
Cerato Mora
Giardino
2371
Cerato Mora
Palazzo con botteghe
Già a partire dalla seconda metà del Seicento il palazzo a Venezia acquista un ruolo sociale fondamentale per le
famiglie patrizie che celebrano in questo modo l’importanza della loro casata. Per i Mora, insigniti da poco del titolo
patrizio, doveva sembrare a maggior ragione essenziale mostrare la loro ricchezza e il loro potere aumentando gli
ambienti della casa domenicale. Si può così ipotizzare che l’area del lotto sulla fondamenta di Noal sia stata destinata a
“casin”; tenendo conto dell’assoluta necessità di dividere gli appartamenti privati da quelli di rappresentanza, i
veneziani facevano ricorso all’uso di un edificio “appendice” della casa “domenicale”, serviva per riunioni, feste e
poteva fungere da cappella. E’ ancora più verosimile che seguendo le indicazioni del padre gesuita Claude Clement “ sit
igitur bibliothecae positus paulo elevator[…] ” ( DO.BIB.4) abbiano destinato la zona di fronte al giardino a biblioteca
- altro elemento distintivo e all’epoca capitale sociale , che era elemento basilare nell’autoaffermazione sociale e
nell’autoglorificazione politica – infatti, la scelta di procedere all’erezione di una biblioteca museo comportava
l’ubicazione di essa in un ambiente facilmente accessibile dall’ingresso del palazzo (vicino alle scale perché di più
facile visibilità per l’ospite), ma allo stesso tempo concettualmente o architettonicamente distinto in quanto destinato a
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sottolineare la particolarità del locale. A dare ulteriore comprova a questa ipotesi sono i documenti rinvenuti dal
Moschini (DO.BIBL.12) che narrano che fu proprio il futuro vescovo Giusto Fontanin a dare suggerimenti sulla
formazione della biblioteca di Palazzo Mora mentre svolgeva il compito di precettore per i figli di Bartolomeo.
Procedendo a ritroso nel tempo, dallo spoglio degli atti notarili veniamo a saper che il precedente proprietario
di tutto il lotto sulla fondamenta di Noal era Andrea Contarini (DO.FONT.5)
Dal suo testamento, nel 1714, compaiono una serie di edifici venduti al pubblico incanto e comprati poi dal Mora nel
1716. I Contarini erano, secondo la tradizione, una delle famiglie originarie, responsabili della fondazione della città, ed
allo stesso tempo una delle diciannove “case grandi” del patriziato veneziano, quella più numerosa sia come numero di
membri che come frequenza di suddivisione del gruppo in rami diversi.
Il ramo di San Felice, compare nel testo del Toderini che elenca le famiglie venete ascritte alla cittadinanza ordinaria.
Dispiegato l’albero delle discendenze, considerate le oculate politiche di alleanze famigliari attuate nel tempo, valutate
le facoltà e la posizione dei membri della famiglia, è emerso il quadro di un ramo familiare piccolo e mediamente
facoltoso, cui corrisponde però un’eccezionale capacità di rappresentarsi e contare sul piano politico e
conseguentemente sul piano sociale. La figura di Andrea è politicamente la più rilevante della famiglia, era infatti
Procuratore di San Marco, e su di lui si è concentrata la nostra attenzione per sondare la geometria del Palazzo.
n° civico 249
Contarini Bernardo
lle
ca
n° civico 241
Mora Cassandra
lla
de
Fo
n
da
me
n
ta
de
lla
Ch
ie
sa
Fo
nd
am
en
ta
di
N
oa
l
ua
St
n° civico 252
Palazzi Silvestri
n° civico 229
Mora Cassandra
Da un documento datato 1661 che riporta una “locatio”, ovvero una condizione di affitto, possiamo stabilire dei precisi
volumi proprietà dei Contarini. Dalle decime dei Savi sopra le decime di Rialto: Il Signor Silvestro affitta per sé quella
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che viene denominata “casa granda”, inoltre subaffitta “tutta l’isola delle case sopra la fondamenta del ponte di Noale
sino all’uscir delle callesella aff.ta, che unisce il rio con l’isola delle case medesime”(DO:FONT.4).
E’ certo che al piano terra l’intero edificio fosse adibito a botteghe e magazzini. Sulla facciata che dà sul ponte di Noale
è stato individuato un “Bastion de Vin”. Ai piani nobili la famiglia Contarini teneva per sé una porzione di immobile
mentre l’altra parte del volume è da ritenersi suddivisa fra la famiglia Palazzi e le nobildonne vedove affittuarie (fra le
quali compare una Cassandra, moglie di un Giò Batta Mora).
In calle della Stua i lotti elencati sono tredici e se ne estrapoliamo sette, numero delle edificazioni dall’altro lato della
calle, rimangono sei proprietà: tutte a nome Contarini. L’ipotesi di un unico palazzo o comunque di unità abitative
connesse prende valore se esaminiamo i nomi dei proprietari di fondamenta della Stua. Infatti, sempre procedendo
linearmente seguendo il libretto del prete, il primo numero civico identifica la “casa propria” di Bernardo Contarini;
proprietario come abbiamo già evidenziato del blocco edilizio n° 229. Quest’ultimo viene identificato come “casa” ma
certamente è una domus dal momento che ospita come affittuaria la vedova del N.H Giò Batta Mora. L’affitto pagato
per questo lotto era di 360 ducati, una cifra esorbitante per l’epoca. Non poteva quindi trattarsi di un volume ridotto ma
sicuramente di un vero e proprio palazzo, quindi con più ingressi dal momento che si rileva una fitto della vedova anche
in calle della Stua.
La situazione non varia in fondamenta della Stua dove il blocco del nostro Palazzo è abitato da Bernardo Contarini
(fratello di Andrea), mentre i volumi successivi sono tutti presi in affitto da Silvestro Palazzi come riportano le
Condizioni di Decima “tutta l’isola delle case sopra le fondamenta del ponte di Noal sino all’uscir della casella aff.ta,
che unisce il … con l’isola delle case medesime”. Anche in questo caso l’iportanza degli edifici ci viene suggerito dalla
cifra dell’affitto saldato: in questo caso 320 per tutta l’area. Solo casette e magazzini quindi in questa zona che è quella
che a fine Ottocento verrà rasa al suolo per ampliare il campo della Chiesa.
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Figura 1 Jacopo de’ Barbari, Veduta di Venezia, 1501, particolare.
Analisi Edificio
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Aiutandoci in ultimo con gli strumenti di analisi architettonica al fine di fugare ulteriori dubbi sulla conformazione del
Palazzo proviamo a descriverlo così come oggi ci appare.
La facciata è l’elemento della fabbrica più significativo da un lato e più integro dall’altro ( se si confronta con tutti i
rimaneggiamenti degli interni). Il suo sistema di compartimento, organizzato in livelli scanditi da un sistema di ordini
all’antica e partito in tre campate, ricalca quello tradizionale dei palazzi veneziani del XVI secolo. Osservando più da
vicino il telaio architettonico degli ordini inquadranti, si scorgono dettagli che rimandano direttamente al quadro
culturale architettonico del tempo, confermando la compatibilità dell’ipotesi cronologica (attorno alla seconda metà del
‘500), formata sulla base delle risultanze dell’indagine documentaria con l’analisi dei caratteri estrinseci del testo
architettonico. Ad esempio: le finestre architravate , ripetute anche sul prospetto verso fondamenta della Stua, sono
tipicamente lombardesche, mentre le quadrifore sembrano ricalcare nella tripartizione dei conci degli archi quelle della
facciata di Ca’ Dario.
E’ facile tentare un legame dal momento che, negli anni in cui si presume che il Palazzo sia stato edificato, la chiesa di
San Felice era in riedificazione - seguendo sempre il linguaggio formale dei Lombardo (DO.BIB.11). Lo “stile” di
quest’ultimi contagia in quegli anni molte fabbriche della Serenissima, complici ovviamente la collaborazione fra più
botteghe e più proti e l’interscambio nella lavorazione delle parti decorative, nella messa in opera delle strutture e nella
fornitura delle sagome di dettaglio.
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Una disamina attenta condotta sugli elementi formali porterebbe a confermare le varie ipotesi sulla datazione del
fabbricato in tutto il suo volume, dalla Fondamenta di strada Nuova alla fondamenta della Chiesa osservando che si è
tentato di mantenere un’unica grammatica architettonica lungo tutto il suo perimetro.
Questa semplice indagine ha trasformato l’oggetto architettonico da incognita a struttura parlante capace di raccontare
nuovi paradigmi della storiografia.
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Figura 2. Particolare pianta di Giuseppe Baroni1729
Fonti inedite:
ASVe, Commissione Araldica, Governo Veneto, b.113
E' nel volume della Commissione araldica che sono narrate le origini della famiglia Mora. Bortolo Mora, figlio
di Vettore Mora, nacque il 1677 sposò nel 1700 una Cappello. Nella Commisone vengono riportate le somme
pagate per ottenere la partecipazione al patriarcato veneto.
“Bartolamio capitato già di Spagna offerze l'anno 1665 Ducati 100m:50m in puro dono, a 90 m di crediti; per
il che fu decorato della Veneta Nobiltà in perpetuo con posteri”.
Stemma porta inquadrato dal primo in argento con un leone vermiglio, contornato e che alza tre fiori…dello
stesso colore. Il secondo d’oro con l’aquila Imperial negra. Il terzo d’azzurro con due spade d’oro poste in
croce, le punte basse, e accompagnate di quattro girelli parimenti d’oro, che per essere di speroni sono
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trasformsati, in ciò differenti dalle stelle, (l’Arma Mora Nobile Napoletano porta questo punto ma con campo
vermiglio) Il quarto bendato di rosso e d’argento di sei pezzi.
Rintraccia la famiglia Mora la sua più antica origine nell’Elvetia, da dove dilatata in varie parti dell’Italia,
diede Gregorio VIII al soglio di Roma, e alla città di Vicenza, una serie di discendenti, che trasferiti in
Venetia, hanno conseguito nell’anno 1665 il fregio di questa Serenissima nobiltà.
ASVe, Miscellanea Codici, Serie I°.
Seguendo l'albero genealogico redatto dal Toderini scopriamo che Andrea Contarini appartiene al Ramo
della famiglia Contarini da San Felice. Non è un ramo nobiliare anche se uno dei suoi predecessori fu un
patriarca di Venezia.
Nel libro scritto nel 1635 dal padre gesuita Claude Clément vengono proposti suggerimenti sulla disposizione
delle stanze per rendere piacevole la lettura e sul luogo più adatto dove collocare la biblioteca: “ [...] sit igitur
Bibliothecae positus paulo elevatior, solique ac salubribus venti facile pervius, unde sic liber prospectium in
montium altitudines, immensitatesque camporum, in liquores pellucidos amnium, in sylvas viridicatas, in
hortum, vel pomarium domesticum, quibus rebusacies mentis, & oculorum diuturna contentione fatigata
suaviter reficitur”.
ASVe, Notarile, Testamenti, b 2986
Notaio Andrea Calzavara
Die martis 6 mensis septembris 1661
« Per ragion e titolo di pura e semplice locatione : et s’intendi principiata, il primo del corrente mese di
settembre, et successive debba anni ventinove.
L’Ill et cu.mo Andrea Contarini Proc. Degnissimo di San Marco, fù del Se.no, spontaneam. Per se eredi et
successori suoi ha datto locato, et ad affitto concesso al sig Silvestro Palazzi del q Sig. Cecco, q. stipulante, et
per se eredi; et successori suoi ad affitto conducente. Tutte le case et botteghe di ragion poste in questa città al
ponte di Noale, tutte in un’isola et una in una calle in contrà di San Felice et saranno le qui sotto annotate. Le
quali tutte afferma.to Sig. Silvestro essergli stata consegnate in conzo et in colmo, così anco di muraglie ed
m’acconcio di tutte le cose necessarie, et così doverà mantenerle, et mi conzo, ed mi colmo ed anco di
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muraglie, nel statto che si attrovano; et nel fine della locatione nel medesimo stato restituire. La qual
locatione ha fatto per affitto di 320 ducati.
Notta dei predetti beni di supra affittati:
Casa e bottega affittate da Iseppo Loccoler
Casa e bottega affittata da Francesca Caloza
Casa a pepian affittata da M. Antonio Barcarol
Casa affittata a Chiara Vedova
Casa a piepian affittata da Bartolo Barcarol
Casetta abitata dalla vedova Bonomia
Casa in calle abiatat da Giò Battista Romana
La casa grande abitata dal Signor Silvestro
Qui è il fine.
ASVe, Dieci savi sopra le decime, reg 421
Cannaregio, 1661
Su la fondamenta del ponte di Noal:
N. 249 D. Bernardo Contarini cittad.n abita in casa propria
N. 250 N. Gasparo di Rossi tiene ad aff.tto il magazen da vin dal ponte di Noal insieme af alcuni magazeni
pagati d’aff. All’nfra ogni di loro ha la sua posizione in tutto ducati 196.
A D. Bernardo Contarini per la sua porzione del magazen ducati 60.
Per. De.to magazen et ad Andrea Contarini, suo fratello per li quattro magazen ducati 60.
N. 252 D. Silvestri Palazzi tiene ad aff.to tutta l’isola delle case sopra le fondamenta del ponte di Noal sino
all’uscir della callesella aff.ta, che unisce il ? con l’isola delle case medesime: tutto di ragion del N.H Andrea
Contarini (console procuratore) al quale paga d’affitto ducati 320.
Appar In strumento in atti del Notaio Calzavara di suddetto passato.
Fondamenta S Felice:
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N.229 La N.D. Cassandra vedova del N. H. Giò Batta Mora abita in casa di Bernardo Contarini al quale paga
d’affitto 360 ducati.
Calle della Stua:
N.231 Gaspero de Rossi magazinier del ponte di Noal abita a casa del Signor Carlo e fratelli Anselmi
N. 233 Magazen senza coperto in affitto da Gaspero de Rossi.
N. 234 Casa di Zorzi Zeno.
N.235 Maria consorte di Giacomo Frecchier habita in casa del suddeto Zorzi.
N. 236 Berto Lombardi.
N.238 Squero.
N. 239 Fachin abita in casa del N.H. Giacomo Contarini.
N. 240 Fachin
N.241 Cassandra
N.242 Anna di Otti vedova habita in casa del suddetto Contarini.
N.243 Seguono due casette nuove del Contarini
N.244 Contarini
N.245 Contarini
ASVe, Notarili Atti, b 6197
Inf. 144
[…] Contarini ha venduto all’H:N Bortolo Mora una casa, et casette di Rag.n dell’eredità suddetta Contarini
poste a S. Felice.1714
Si vende al pubblico incanto porzion del Bastion de Vin, posto in Contrada San Felice sopra il ponte di Noal,
tenuto d’affitto da Antonio Sackerh a ducati 95 annui.
Una casetta posta in detta contrada tenuta d’affitto da Antonio Valle a ducati 20 l’anno.
Altra casa e bottega posta in detta contrada e tenuta d’affitto da Prospero Pellizzari a ducati 32 l’anno.
Altra casa e bottega poste in contrà tenuta in affitto da Giacomo Sarai.
•
ASVe, Notarile, Atti, Notaio Ferrabò
16
30 Agosto 1716
Si vende al pubblico incanto li beni dell’Heredità del Sig. Andrea Contarini d’essere il prezzo resterà
accordato e sborsato in soldo contante al costante valore della Piazza […].
ASVe, Dieci savi sopra le Decime di Rialto
13 maggio 1734
Infolio 746
Cannaregio
In obbedienza della Parte dell’Es.ma Senato 13 maggio 1734, in materia di decima, la città vi da in nota in
nome dl N. H. Bartolomio del fu bortolo e fratelli Mora, fu de Bortolo, come appar procura delli suddetti il 15
gennaio 1737beni stabili che possediono e quest’esimio collegio di X Savi sopra le Xime in Rialto tanto conti
in questa città che nell’inf. Ville di Montebelluna e di Zenon di Diane, territorio trevigiano con le loro
adiacenze come appar dall’ingiunti fogli numerati dal n° 5 al n°[…] et prima:
Una casa Domenicale in contrada di San Felice in faccia al ponte tenuta e abitata per uso.
Quali tutti stabili sono stai acquistati dal fù N.H. Bartolamio Mora figlio di Francesco nato Domenico conb
tre in strumenti del giorno 14 agostoe 20 agosto 1716 e altrodel giorno 30 luglio 1717 in atti del notaio Gian
Domenico Fernabò, in parte con soldo obbligato alla prima genitura della nostra casa e in parte in soldo
libero e di particolar regione nostro padre comne spica dal di lui testamento del giorno 30 marzo 1737 atti del
notaio G. Domenico Bona.
ASVe, Notarile , Testamenti Busta 59
Cannaregio
28 marzo 1737
[…] Obbligati a vivere possino nella casa Domenicale in contrada di San Felice acquistata parte con soldo
fideicommisso e parte libero e massime restaurata ed ornata con soldo libero d’avanzi delle mie rendite, e
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questa sia comune e sempre fideicommissa in perpetuo peer la famiglia e che mai si possa alienare,
impegnare, ovvero affittare ad altri. […]
•
Notarile, Atti, Notaio Ferrabò inf. 144
30 Agosto 1716
Si vende al pubblico incanto li beni dell’Heredità del Sig. Andrea Contarini d’essere il prezzo resterà
accordato e sborsato in soldo contante al costante valore della Piazza […].
ASVe, Giudici di Petizion, Inventario, Busta 434/99 n°1 (17 giugno 1737)
Inventario de nobili esistenti in contrada San Felice nella casa Domenicale di Venezia, come segue:
Primo camerino à levante
Altro camerino di mezzo
Altro simile contiguo che serve da tinello
Atro simile che serve da tinello
Altra camera vicina che serve per cucina
Altro luogo detto la salvarobba
Altro camerino che serve à mezzogiorno
Altro camerino contiguo a mezzo
Altro camerino vicino
Nel portico di sopra
In camerino delle scritture
Nel portico grande
Nella camera grande à mezzogiorno
Altra camera contigua
Altra camera grande a mattina
Altra camera grande à levante
Altra camera vicina à tramontana
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Altra camera grande à tramontana
Altra camera grande a ponente
Altra camera grande a ponente
Altra camera grande contigua
In mezzà grande a mezzogiorno che serve per libreria
Altro mezzà vicino
Altro mezzà a levante
Altro mezzà a levante
Altro mezzà vicino a levante
Altro mezzà a tramontana
Altro mezzà a tramontana
Altro camerino scuro
Altro mezzà grande a ponente
Altro mezzà contiguo
Altri due mezzadì piccoli contigui
Nelli due mezzadi terreni da servitorio
Nella camera
•
ASVe, Giudici di Petizion, Inventario, B 473/178
31 Maggio 1779
Inventario dei mobili fatto da me stesso alla presenza degli infrascritti testimoni ritrovati dopo la morte del fù
N.H.E Vettor Mora fu di H. Bartolamio.
Soggetti a perpetuo fideicommisso ordinato dal q. Bartolamio Mora (testaor 1737). Nelli mezadi ora abitava il
fù N.H. Vettor suddetto
Nel metà del camin
1° Appartamento
Nel camerin dietro
Nel metà per uso d’anticamera
Nel mezadin contiguo per uso d’ingresso
Nella libraria
Nelli menadi di forestaria
Nel terzo sevree per anticamera
19
Nel primo appartamento
Prima nel portico
Nella prima camera
Nel gabinetto contiguo
Nella camera contigua
Nella camera terza
Nella prima camera
Nella camera terza
Nella prima camera
Nella camera contigua
Nel besatizio
Nella camera del camino
Nella 1° metà vicino alla porta maestra
Nella metà contigua
Nella lissiera
Sopra le scale
Nella camera da letto di N.H. Bartolo
Nel gabinetto contiguo
Nel secondo appartamento
Nel gabinetto delle donne
Nella camera contigua
Nella camera terza
Nella Chiesetta
Nella camera del N.H Antonio
Nella 2° camera
Nel tinello
Nella cucina
Nel salvaroba
Nella soffitta
Nel camerin in facciata la scala
Nel camarinetto vicino
20
Nel camarinetto vicino alla scala dove abita il cuoco
Nell’entrata
•
Pompeo Momenti nella sua “Storia di Venezia nella vita privata” riporta notizie sulla famiglia Lombardo.
“Questi Lombardo (Pietro, Antonio e Tullio) furono una famiglia di artisti incomparabili, i quali sparsero a
Venezia ed in altre città della regione le dovizie delle loro seste e del loro scalpello,e diedero il nome di
“lombardesco” a quello stile che dà la sua impronta a moltissime fabbriche di questo tempo, come i Palazzi
Dario, Manzoni, Corner e Contarini delle Figure”.
Fonti archivistiche
1.
ASVe / Commissione Araldica / Governo Veneto 27 / b. 113
2.
ASVe / Miscellanea Codici / Serie I
3.
ASVe / Notarile / Testamenti / b 2986
4.
ASVe / Dieci savi sopra le decime / reg 421
5.
ASVe / Notarile Atti / b 6197
6.
ASVe / Notarile Atti / Notaio Ferrabò
7.
ASVe / Dieci Savi sopra le decime di Rialto / Maggio 1734
8.
ASVe / Notarilie / Testamenti / b.59
9.
ASVe / Notarile Atti / b. 3806 / testamento di
10. Bibl. Museo Correr / Cod. Cicogna 3781-3783 / Priuli G. / Preziosi frutti del Maggior Consiglio della
Serenissima Repubblica di Venezia o Raccolta di Homini segnalati nobili...fino al 1619 / vol. 3781
11. ASVe / Commissione Araldica / Governo Veneto / b.113
12. ASVe / Miscellanea Codici / Serie I
13. ASVe/ Giudici di Petizion / b 434/99
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Affresco:
L’affresco ospitato al primo piano di Palazzo Mora è di grande suggestione. La scena è composta in modo armonico e
raffigura una coppia (forse di sposi?) che aleggia su di una nuvola al centro del soffitto circondata da puttini e divinità
alate. Potrebbe trattarsi di un’allegoria nuziale e le figure vestite con abiti settecenteschi rappresentare una coppia di
sposi. A comprovare tale ipotesi i simboli allegorici citati. Una conchiglia, simbolo di Venere ed un arco che può
simboleggiare sempre Amore o essere l’emblema di Marte (compagno di Venere).
La ricerca, valsasi dei documenti ritrovati nell’Archivio di Stato di Venezia fra i quali i Registri delle nascite e delle
morti ed il Libro d’oro dei matrimoni, è riuscita a stabilire le date e i nomi dei rappresentanti della famiglia Mora,
possibili committenti dell’opera. L’affresco a monte di un’analisi stilistica fatta sulla composizione del soggetto, sui
colori, è databile tra gli anni venti del 1700 e gli anni 70.
In quel periodo a lavorare nella Serenissima vi erano grandi nomi: i Tiepolo, Guarana, Cignaroli, Longhi, Guardi,
Lazzaroni e Piazzetta.
La struttura compositiva ricorda le grandi decorazioni tiepolesche: gran numero di figure sul bordo esterno della scena
che lascia al centro un grande cielo azzurro popolato a seconda della committenza da divinità mitologiche, eroi o figure
sacre.
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Anche il colorismo caldo, sui toni chiari richiama le opere mature del Tiepolo. Risale alla seconda metà del terzo
decennio del 1700 la completa conquista della luce da parte del pittore. Nell’affresco di Palazzo Mora l’atmosfera
luminosa e lo spazio pressoché privo di elementi architettonici sfoggiano una straordinaria gamma cromatica. I
personaggi sono incastonati in un paesaggio ceruleo, dove la ricchezza delle vesti è accentuata più dagli orpelli che dal
forte contrasto di colori. Ciò che più impressiona è la magia pittorica delle trasparenti ali innestate sul dorso del
personaggio sulla destra (forse uno Zefiro?). Sembrano modellate su quelle di una libellula e ricordano quelle
dell’affresco sempre del Tiepolo “Trionfo di Zefiro e Flora” di Cà Pesaro. Quest’ultimo affresco datato 1732 è uno dei
vari di natura epitalamica commissionati per celebrare l’unione di ricche famiglie. Altri esempi sono “ La corsa del
carro del sole” di Palazzo Clerici a Milano, “L’allegoria delle nozze della famiglia Rezzonico e Savorgnan” a Cà
Rezzonico, e gli affreschi di Palazzo Archinto (perduti durante la seconda guerra mondiale).
Dallo studio archivistico non sono purtroppo emersi documenti a comprovare la paternità dell’affresco. Sicuramente un
pittore da comprovate doti artistiche sulla scia dei grandi maestri del periodo. I volti dei personaggi al centro della scena
dimostrano una bravura nei dettagli; le vesti e la capigliatura della dama richiamano quelli di Palazzo Labia, 17421743.
Lo stesso anno (3 Ottobre 1743) ricorrevano le nozze di Bartolomeo 2° Mora con Giovanna Priuli. Potrebbero essere
loro i due personaggi principali.
Bibliografia
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9.
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23
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20. B. Zendrini, Memorie storiche dello stato antico e moderno delle lagune di Venezia, Padova, 1811.
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Repertorio Mappe storiche:
Figura 3. Pianta prospettica di Paolo Furlani, 1566.
Figura 4. Pianta prospettica del Merian, 1635.
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Figura 5. Pianta prospettica di Venezia del Bolognini.
Figura 6. Pianta prospettica della città edita da Vincenzo Coronelli, Venezia, 1693.
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L'indagine, rivolta alla conoscenza delle trasformazioni subite da Palazzo Mora e del relativo spazio di competenza
dell'intera proprietà, si è valsa principalmente delle informazioni fornite dalle fonti archivistiche appartenenti
all'archivio d Stato di Venezia, in particolare relativamente ai fondi dei Dieci Savi Sopra le Decime in Rialto, Notarile
testamenti, Notarile Atti, Miscellanea Codici, Cancelleria inferiore ed i Catasti Storici.
L'analisi storica per i secoli XVI e XVII è stata completata con altre notizie e contributi iconografici contenuti alla
Biblioteca del Museo Correr, in particolare l'archivio Manoscritti Provenienze Diverse; inoltre è stato considerato il
materiale storico e letterario dei testi a stampa ed il confronto delle immagini riproducenti quest'area, dalle prime
incisioni, come la veduta del de' Barbari, fino al più attuale fotopiano.
Abbreviazioni usate:
ASVe Archivio storico di Venezia
DO.FONT Documento fonti archivistiche
DO.BIB Documento bibliografico
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