Spettroscopia nel visibile e
nell'ultravioletto
prof. FABIO TOTTOLA IPSIA E.FERMI, Verona 2008
1
Questa spettroscopia di assorbimento si occupa
delle transizioni fra diversi stati elettronici della
molecola.
Il campo utilizzato è:
• UV lontano: 10-200 nm
• UV vicino: 200-380 nm
• Visibile: 380-700 nm
Problematico per l’assorbimento
dell’O2 atmosferico
più importanti
Lo spettro di assorbimento di una sostanza si ottiene
sottoponendo il campione ad una scansione a tutte le
lunghezze d'onda del range in studio e registrando
l'assorbimento corrispondente. Si otterranno spettri a bande
più o meno complesse, corrispondenti alle transizioni
2
avvenute.
In una molecola una transizione elettronica è sempre
accompagnata a transizioni rotazionali e vibrazionali. Di
conseguenza non si ottiene una singola riga ma un sistema di
righe, detto anche banda, centrato sulla transizione elettronica
pura.
Nel caso di molecole
semplici in fase gassosa
la banda della
transizione elettronica si
presenta con la struttura
fine. Più complessa è la
molecola e più la banda
diventa uno sviluppo
continuo. In tal caso,
infatti, aumentano
anche le possibili
vibrazioni fino ad
ottenere una curva che
non può essere risolta
nelle sue componenti.
3
La fase con cui si presenta la sostanza è molto importante per
la forma dello spettro. La struttura fine, caratteristica dello
stato gassoso, non si trova qualora la stessa molecola sia
analizzata in soluzione o nello stato solido.
Ciò è dovuto al
fatto che nelle
soluzioni i più
frequenti urti
tra le molecole
limitano le
rotazioni
complete
mentre in un
edificio
cristallino la
rigidità dovuta
alle interazioni
molecolari
smorza le
vibrazioni.
4
Ad aumentare la complessità della banda interviene il fatto
che, a temperatura ambiente, molte molecole si trovano nei
livelli rotazionali e vibrazionali eccitati, associati allo stato
elettronico fondamentale. Il numero di molecole che si
trovano al livello i-esimo è dato dalla legge:
Ni= No gi/go e-(Ei-Eo)/RT
dove i termini g sono parametri statistici, spesso di valore 1.
Da questa formula si capisce che, a temperatura ambiente,
solo le modeste differenze energetiche rotazionali e
vibrazionali consentano a detti livelli eccitati di essere
popolati. All'abbassarsi della temperatura, queste ultime
popolazioni sono meno significative e minori sono le
transizioni rotazionali e vibrazionali possibili: le bande
diventano più strette e dettagliate.
In ogni caso le distanze tra i livelli elettronici sono tali da non
imporre la termostatazione.
5
In linea di massima,
la sequenza degli
orbitali molecolari è
quella che
conosciamo e le
transizioni possibili
possono essere così
raggruppate:
L’energia necessaria
a una transizione è
tanto più alta quanto
maggiore è il
dislivello da superare
c
6
Assorbimento nei composti organici
Transizioni ss*: richiedono molta energia e
corrispondono alla rottura dei legami; avvengono
nell’UV lontano.
Transizioni pp*: sono tipiche dei composti insaturi e
comprendono
• transizione E (etilenica), tipica dei doppi legami
isolati
• transizione B (benzenoide); tipica dei sistemi
aromatici è poco intensa perché proibita
• transizione K (coniugazione), tipica dei sistemi
aromatici e coniugati.
7
..
Transizioni ns* e np*, tipiche degli
N
eteroatomi (N, O, S, Cl) con doppietti di non
legame, sono anche dette radicaliche (R) e
sono poco intense perché proibite. Nella zona
..
studiata non ricadono le ns * dei doppietti
o
dell'ossigeno alcoolico ed etereo: per questo
motivo sono degli ottimi solventi trasparenti
alla radiazione.
Transizioni per
trasferimento di carica;
comportano spostamenti di
elettroni da una parte all’altra
della molecola e sono molto
intense perché sono quelle
con la più alta variazione del
8
momento di dipolo.
I legami ed i gruppi
responsabili degli
assorbimenti sono detti
cromofori.
Le bande di assorbimento
di un cromoforo vengono
indicate con
•il massimo assorbimento
(lMax)
•il relativo coefficiente di
estinzione molare (e).
9
L'entità di e dipende da numerosi
fattori:
•è tanto più grande quanto più
probabile è la transizione elettronica,
ovvero quanto più vicini sono i livelli
energetici e quanto più sono rispettate
le regole di selezione;
•è tanto più grande quanto più è
grande la variazione del momento di
dipolo elettrico associato, ovvero
quanto più sono lontane le cariche
elettriche che si formano;
•il tipo dei sostituenti;
•la natura del solvente utilizzato.
In realtà gli ultimi due fattori agiscono entrambi sull'assetto
elettronico del composto considerato per cui la loro vera
influenza è già spiegata dai primi due punti.
10
Dallo studio di uno spettro non è sempre possibile, però,
risalire a tutti i costituenti di una molecola.
Per capire i problemi collegati all'interpretazione degli spettri
UV-VIS bisogna infatti ricordare che:
•ogni cromoforo può
produrre più di una
banda di
assorbimento, con
intensità anche
notevolmente
diverse;
•la larghezza delle bande
di assorbimento di vari
cromofori, presenti nella
stessa molecola, è così
grande che spesso si
realizzano sovrapposizioni
talmente estese che il
riconoscimento dei singoli
contributi diviene difficile;11
•le lMax sono fortemente
influenzate dal solvente; un
solvente polare, solvatando la
Batocromia
molecola, ne abbassa l’energia
dello stato eccitato più di
Red-shift
quanto non faccia per quello
fondamentale. Così, per la
l
transizione p → p* si ottiene
un aumento della λMax di 10 –
20 nm aumentando la polarità
del solvente perchè questa
transizione diventa più facile.
•le lMax di alcuni cromofori Ipsocromia
sono fortemente sensibili
Blue-shift
all'intorno chimico e si
spostano, a volte molto
l
vistosamente.
Entrambe le cause precedenti possono comportare
spostamenti verso il visibile (RED SHIFT) o verso l'UV (BLUE
SHIFT), a seconda che avvicinino o allontanino i livelli
12
fondamentale e eccitato
•le e sono analogamente molto influenzate
dall'intorno chimico: si può avere aumento di
intensità (ipercromia) o diminuzione
(ipocromia);
•alcuni gruppi, che non assorbono di per sè
stessi in modo molto intenso, danno luogo ad
aumentate l ed e se attaccati ad un
cromoforo: sono gli auxocromi e contengono
sempre un doppietto di non legame come -I, Cl, -NR2, -OH.
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Riassumendo
Considerate queste complicazioni, è bene sottolineare
che gli spettri UV-VIS concorrono ad identificare
la presenza di alcuni gruppi, ma si è ben
lontani dal poter trarre indicazioni risolutive.
Consideremo ora alcuni cromofori e l'influenza che i
sostituenti hanno su di essi.
14
Il cromoforo etilenico
•L'etilene assorbe al confine con il lontano UV ma ogni
sostituente alchilico presente ne fa aumentare la l di
assorbimento. I livelli energetici degli orbitali p dell'etilene
N.B.I segni non
sono rappresentati nella figura sottostante.
indicano cariche!!!
•L'assorbimento è dovuto alla transizione pp*che
comporta una differente distribuzione elettronica.
15
•Sostituenti alchilici attaccati al doppio legame danno luogo
a batocromia, cioè spostano la l di assorbimento del
doppio legame verso valori maggiori. Due sono le
interpretazioni possibili.
•1)Essendo gli alchili gruppi +I, essi
polarizzano i loro legami verso il
carbonio sp2 del doppio legame. E’
intuitivo pensare ad una maggior
destabilizzazione dell'orbitale di
legame, che presenta un
addensamento elettronico tra gli
atomi, con conseguente minor
separazione tra i due livelli. Alla minor
energia necessaria per la transizione
corrisponderà una radiazione a l
16
maggiore.
•2)Il doppio legame entra in iperconiugazione con il legame s
del sostituente (C-H). Si ha uno sdoppiamento dell'orbitale di
legame, che forma p1 e p2, mentre il vecchio p* diviene p3* a
energia più elevata. Poichè si verifica sempre che DE2>DE3, la
nuova transizione necessiterà di minor energia.
N.B.I segni non
indicano cariche!!!
17
Un numero maggiore di sostituenti può essere rappresentato
con un ulteriore innalzamento dei livelli p2 e p3* e con una più
marcata differenziazione tra DE2 e DE3. Al crescere del
numero dei sostituenti calerà l'energia necessaria, come si
ricava dal sottostante schema.
composto
CH2=CH2
CH2=CHR
CH2=CR2
CR2=CHR
CR2=CR2
lMax nm
165
177
182-188
188-193
196-200
18
Cromoforo butadienico
Un caso particolarmente
interessante si presenta
quando un gruppo
sostituente presente
sull'etilene è un vinile. Il
composto più semplice che
presenti i due doppi legami
coniugati è 1,3-butadiene.
La coniugazione porta alla
formazione di quattro
orbitali p, dei quali i due
più bassi sono occupati.
19
Come risulta dallo schema sottoriportato, la differenza
energetica per la transizione pp* del butadiene è
minore rispetto a quella analoga dell'etilene.
20
L’aumento del
numero dei
doppi legami
coniugati fa sì
che si formino un
sempre maggior
numero di
orbitali
molecolari con
differenze
energetiche
sempre minori e
conseguente
batocromia.
21
Il cromoforo benzenico
E' un sistema p fortemente
delocalizzato cui sono associate
tre nette bande di
assorbimento: E1 a 184 nm
(e=60000), E2 a 204 nm
(e=7900) e B a 256 nm
(e=200) con struttura fine
dovuta alla sovrapposizione dei
livelli vibrazionali.
Le bande citate non hanno
spiegazione nei livelli elettronici
rappresentati qui a fianco, in
base ai quali nella regione del
vicino UV si dovrebbe vere solo
la transizione segnata.
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Solo ricorrendo alle
interazioni tra gli orbitali
molecolari si può arrivare
una nuova distribuzione dei
livelli energetici. Le regole di
selezione non consentono
due delle transizioni, in
special modo quella a 256
nm, che è infatti debole. Le
transizioni sono rese possibili
dalla perdita di simmetria
della molecola dovuta alle
interazioni tra gli stessi
orbitali.
23
Un sostituente attaccato al nucleo benzenico produce due effetti:
-abbassa la simmetria del sistema spostando i livelli esistenti e
rendendo possibili le transizioni proibite;
-perturba i livelli per induzione, mesomeria o iperconiugazione.
In generale una
maggior coniugazione,
o con un doppietto (OH), oppure con con
un legame p ( C=O),
causa la batocromia
delle bande Etileniche e
Benzenoide e
l'ipercromia della banda
B che perde anche la
sua struttura fine.
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Esempi più
dettagliati
a Benzene
(1) 260,5 nm
(2) 254,5 nm
(3) 248,5 nm
(4) 243 nm
(5) 238,5 nm
b Metilbenzene
(1) 268,5,5 nm
(2) 261,5 nm
(3) 255 nm
C Dimetilbenzene
(1) 273,5 nm
(2) 265 nm.
Soluzioni
allo 0,1%
in n-propanolo.
25
Bande di coniugazione nel cromoforo
benzenico
Le bande di coniugazione
traggono origine dallo
spostamento di un elettrone
tra due atomi con
conseguente formazione di
un dipolo.
Vista la forte variazione del
momento di dipolo sono
bande intense che cadono tra
i 220 e i 370 nm.
N.B. Distinguere dalla
risononza
o anche
26
Assorbimento nei composti inorganici
Le transizioni sin qui trattate sono relative a sistemi ben
descrivibili con l’ uso degli orbitali molecolari applicato ad
elettroni di valenza s e p. Ciò è valido anche per composti
inorganici quali NO3-,IO4-,I-.
La maggior parte dei colori
esistenti in chimica inorganica è
da attribuirsi però a composti
dei metalli di transizione o dei
lantanoidi. Tali elementi devono
dunque presentare assorbimenti
nel visibile, con transizioni
energeticamente inferiori a
quelle appena studiate,
spiegabili se esistessero piccole
differenze tra i loro orbitali più
esterni, rispettivamente d e f.
27
Il metodo più semplice per affrontare il problema è la CFT
(teoria del campo cristallino).
Qualsiasi ione positivo, sia in soluzione sia in un composto
solido, è circondato da ioni di segno contrario. E’ facile
immaginare che ciò accada allo stato solido, dove il reticolo
spiega bene un ordinato impaccamento, ma una situazione
analoga si verifica anche in soluzione.
Non esiste, per esempio, uno
ione Co2+ libero, isolato: esso è
sempre associato a sei molecole
d’acqua che lo circondano
secondo i vertici di un ottaedro.
Poichè nell’approsimazione del
CFT si considera che le uniche
interazioni che avvengono tra
metallo centrale e leganti siano di
natura elettrostatica, nel
complesso Co(H2O)62+ non verrrà
presa in considerazione la
possibilità che si instaurino
28
legami covalenti.
Nel Co2+ la configurazione elettronica più esterna è 3d7. I
doppietti elettronici dei leganti verranno a interagire con gli
orbitali più esterni ma agiranno sugli orbitali d in modo
diverso. Le diverse forme ed orientazioni dei cinque orbitali d
sono rappresentate nella figura sottostante.
29
Vista la geometria del
complesso, gli orbitali dz2
e dx2-y2 che puntano
direttamente sui leganti,
avranno con essi
interazioni molto marcate.
Al contrario gli altri tre
orbitali puntano tra i
leganti. I primi due
orbitali saranno
destabilizzati da queste
interazioni mentre gli altri
tre risulterano stabilizzati.
30
Si verificherà una parziale rimozione della degenerazione e
sarà consentita la transizione elettronica tra i due gruppi di
orbitali d che ora si trovano ad una distanza energetica che
richiede una l del campo del visibile.
La separazione (splitting) degli orbitali d dipende dalla
disposizione dei leganti e sarà diversa a seconda che si
abbiano strutture ottaedriche, tetraedriche, quadrate-planari
etc. In particolare una struttura tetraedrica viene ad avere
una separazione orbitalica esattamente inversa a quella
ottaedrica:
La D è minore, circa la metà, di quella che si avrebbe se gli
stessi componenti dessero luogo ad un intorno ottaedrico.
31
Sempre nei composti dei metalli di transizione sono attive
anche le bande di trasferimento di carica che abbiamo già visto
nei composti organici. In particolare esse sono responsabili
degli intensi colori dei composti con alto numero di ossidazione
del metallo come permanganato, bicromato e cromato.
Nel permanganato, il manganese presenta numero di
ossidazione +7 e ha una forte richiesta elettronica nei confronti
di chi è ad esso legato.
Può accadere
O
O
O Mn
O

O Mn
O
O
O
con il passaggio di un elettrone dagli orbitali dell’ossigeno a
quelli del manganese. E’ proprio questa transizione a 525 nm
la responsabile del colore violetto del permanganato.
32
SCELTA DEL
SOLVENTE
Un ipotetico
solvente ideale
non deve
assorbire a
nessuna
lunghezza d'onda
di questa gamma
spettrale; ma
nessun solvente
reale soddisfa
questo requisito.
L'acqua distillata e disaerata (bollita di fresco) è il solvente di uso
più comune, ma molti composti organici si solubilizzano solo in
alcoli o in alcani. Per evitare interferenze di eventuali impurezze,
è consigliabile usare sempre solventi puri per spettrofotometria
33
(ricordare analisi olio).
Sorgenti
La sorgente deve emettere radiazioni
policromatiche, contenenti cioè tutte le
lunghezze d'onda del campo richiesto.
Per la regione del visibile si utilizzano
lampade a incandescenza (a filamento di
tungsteno, lampade quarzo-iodio o
lampade tungsteno-alogeno). Esse
lavorano acirca 2870 °C è hanno un range
di 350-2500 nm
Per la regione UV si usano lampade a scarica in un gas
(deuterio o a idrogeno); sono costituite da un'ampolla di
quarzo contenente il gas rarefatto nella quale viene attivata,
tra due elettrodi, una scarica elettrica con la conseguente
emissione di radiazioni con spettro continuo (160-375 nm).
Gli spettrofotometri avranno quindi al loro interno due diverse
lampade, opportunamente intercambiate dal meccanismo
interno. Nei modelli più recenti un’unica lampada allo xeno
copre tutto lo spettro (190-1100)
34
Monocromatori
Come si intuisce, il monocromatore è una delle componenti critiche che
caratterizzano lo strumento.
Esistono due tipi di monocromatori basati su filtri che bloccano una parte
della luce e lasciano passare solo la parte desiderata.
I filtri ottici contengono opportune sostanze
che assorbono gran parte delle radiazioni
visibili lasciando solo la banda desiderata,
cioè un certo intervallo di lunghezze d'onda,
che ha però notevoli ampiezze (250nm).
Anche combinando più filtri, rimangono
comunque bande passanti dell'ordine di 50nm
e sempre a scapito di un indebolimento del
raggio anche per le λ richieste. Si utilizzano
solo nei colorimetri.
I filtri interferenziali si basano su un fenomeno tipicamente ondulatorio
(l'interferenza) che causa rafforzamenti o indebolimenti tra due
radiazioni che si sommano a seconda che siano o meno in fase tra loro.
Sono più efficienti dei filtri basati sull'assorbimento, consentendo bande
passanti dell'ampiezza di 20nm (nel visibile); sono tuttavia più costosi e si
utilizzano nei colorimetri migliori.
35
I monocromatori basati su elementi disperdenti sono quelli
effettivamente usati negli spettrofotometri di qualità:
Il prisma è in grado di disperdere le radiazioni con diversa λ grazie al
fenomeno della rifrazione: quando un raggio di luce passa da un
mezzo ad un altro subisce una deviazione che dipende però dalla λ della
radiazione (cioè, radiazioni con diversa λ subiscono diversa deviazione).
I reticoli svolgono la stessa funzione del prisma, ma il loro
funzionamento è basato sull'interferenza. Sono costituiti da serie di
solchi o fenditure parallele tracciati su una superficie a distanza
ravvicinata (ad esempio 1200 solchi a mm): il fenomeno è quello che si
osserva guardando obliquamente la superficie di un CD.
Nei moderni spettrofotometri si utilizzano reticoli a riflessione, sia nel
campo UV-visibile sia nell'IR.
36
Celle
Sono la componente destinata a
contenere il campione da
esaminare.
Oltre ad essere trasparenti alla
radiazione impiegata, devono avere
un ben preciso 'cammino ottico' (la
lunghezza percorsa dalla radiazione
nel campione) che dovrà essere
sufficiente ad avere assorbimenti
rilevabili dallo strumento.
In UV si utilizzano celle in quarzo
(SiO2), nel visibile in vetro o quarzo
o alcuni materiali plastici.
In IR si rendono necessarie celle in
NaCl, KBr, CaF2, CsI.
37
Rivelatori
I rivelatori hanno lo scopo di trasformare il segnale luminoso
in corrente elettrica.
Sono dispositivi capaci di produrre un segnale elettrico che
dipende dall'energia delle radiazioni che lo investono. Tale
segnale elettrico (proporzionale all'intensità luminosa)
viene poi elaborato per via elettronica in modo più o meno
complesso.
In UV-visibile si possono utilizzare:
• celle fotovoltaiche e celle fotoconduttive;
• fototubi e fotomoltiplicatori;
• fotodiodi.
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Le cellule fotoconduttive funzionano sul principio che
cambiano conduttività in funzione dell'intensità della luce
incidente. Il PbS, per esempio, ha resistività di 25 MW al buio
ma di 500 W alla luce del giorno. Misurando la resistività di un
semiconduttore si può ricavare l'intensità della luce.
Diverso è il comportamento delle celle
fotovoltaiche. Un sottile strato di
selenio è deposto sopra una lamina di
ferro ed è ricoperto con una pellicola
d'oro trasparente. Quest'ultimo viene
attraversato dalla luce e colpisce il
selenio che eccita i suoi elettroni
favorendone il flusso verso l'oro.
Si stabilisce così una ddp tra oro e ferro e, collegandoli tra di
loro con una resistenza, si nota il passaggio di una corrente
la cui intensità è proporzionale all'intensità della radiazione
luminosa.
Sono poco sensibili e non coprono tutto l'UV-visibile, tuttavia
sono resistenti e poco costose: per questo motivo vengono
utilizzate in colorimetri o semplici fotometri di basso prezzo. 39
Fototubi Sono basati sull'effetto
fotoelettrico. Una placchetta di
metallo (cesio o una lega di rame)
può emettere elettroni se stimolata
dalla luce. Essendo collegato al polo
positivo di una sorgente di ddp, tali
elettroni verranno accelerati verso la
placca positiva (anodo). Il passaggio
di corrente sarà proporzionale alla
luce incidente. Sono molto più
_
sensibili dei rivelatori
precedentemente illustrati, ma
molto più delicati (proteggere dalla
luce ambientale).
+
40
Fotomoltiplicatori (con amplificazioni dell'ordine 106 – 109)
sono basati sull'effetto fotoelettrico, che consiste nell'emissione
di elettroni da parte di un materiale quando viene colpito da
radiazioni luminose: il numero di elettroni emessi (misurabile
per via elettrica) è proporzionale all'intensità della radiazione
incidente.
41
I fotodiodi, infine, sono microscopici circuiti su chip di silicio
(o germanio) che variano la loro d.d.p. se investiti da radiazioni
luminose. Hanno sensibilità inferiore ai fotomoltiplicatori, ma
presentano il vantaggio di poter essere inseriti in grande
numero su un singolo chip di silicio, prestandosi così in modo
efficace alla costruzione di spettrofotometri a serie di diodi a
partire da un chip con centinaia di fotodiodi allineati, ognuno
dei quali misura la particolare banda di radiazione inviatagli
dall'elemento disperdente. In 1/10 di secondo è possibile
misurare tutto lo spettro (senza parti in movimento che inviano
le λ un po' per volta).
42
Spettrofotometro a doppio raggio
.
43
44
Il nostro strumento
.
45
Analisi qualitativa
Per effettuare analisi qualitative si fa uso di raggi policromatici
a spettro continuo, poi separati tramite monocromatori nelle
varie componenti (radiazioni monocromatiche).
In pratica le singole radiazioni monocromatiche di tale raggio si
fanno passare, una alla volta, attraverso la sostanza in esame,
la quale assorbirà in modo diverso, cioè con diversa intensità,
le diverse radiazioni.
46
Riportando perciò i valori
registrati in un grafico
lunghezza d'ondaassorbimento, si ottiene lo
spettro di assorbimento della
sostanza esaminata.
Per il fatto che ogni sostanza
ha il suo spettro di
assorbimento, l'esame di tali
spettri permette di
identificare a volte una
sostanza (per confronto
diretto con campioni noti o
tramite banche dati di
spettri) o, più di frequente di
controllarne il grado di
purezza.
47
RICERCA DEI CROMOFORI
Gli spettri UV/visibile non sono particolarmente adatti all’analisi
qualitativa.
Sono poco dettagliati, soprattutto in soluzioni, e non
consentono di identificare le sostanze.
In genere lo spettro è utile per escludere la presenza di
particolari strutture.
• L’assenza di assorbimento a λ 230-280 nm esclude la
presenza di anelli benzenici
• L’assenza di assorbimento a λ >180 nm esclude la presenza
di qualsiasi doppio legame
48
Assorbimenti intensi (ε 10000-20000) nell’intervallo 200-780 nm:
sistemi coniugati (almeno due cromofori coniugati)
Assorbimenti deboli o di media intensità (ε 200-8000) nell’intervallo
210-300 nm: sistemi aromatici con sostituenti alchilici e transizioni nσ*
di atomi con doppietti di non legame
Assorbimenti molto deboli (ε 10-100) nell’intervallo 200-300 nm:
transizioni np* tipiche di C=O, N=O, N=N, C=S
Assorbimenti molto deboli (ε 20-1000) nell’intervallo 400-780 nm:
transizioni d  d e f  f di metalli di transizione
Assorbimenti molto intensi (ε 30000-50000) nella zona vicino al
visibile: bande di trasferimento di carica (composti di coordinazione)
49
SPETTRI IN DERIVATA
Gli spettri in derivata, in genere dal primo al quarto
ordine, si possono usare per semplificare le bande di
assorbimento degli spettri UV più complessi.
Offrono duevantaggi fondamentali:
1. La funzione derivata esalta le differenze fra le bande
che risultano parzialmente sovrapposte nel normale
spettro A / λ; ciò consente una maggiore risoluzione
2. Le bande della funzione derivata sono tanto più
pronunciate quanto più strette sono le bande dello
spettro; ciò consente di discriminare meglio fra bande
strette e bande larghe.
50
Condizione necessaria per ricorrere alle
derivate: basso rumore di fondo
Derivata
prima: si
annulla in
corrisponden
za del
massimo
della
funzione. Ha
pendenza
massima a
metà altezza
del picco
Derivata
seconda:
pendenza
minima al
massimo
del
picco
51
52
Analisi quantitativa
Nel campo dell’UV/visibile è più frequente l’analisi quantitativa
basata sul fatto che, quando una radiazione monocromatica
attraversa una soluzione, viene assorbita più o meno
intensamente a seconda della concentrazione
I0
CAMPIONE
I
Dalla misura delle intensità luminose I0 e I, gli strumenti
forniscono direttamente i valori di trasmittanza e assorbanza. Il
rapporto tra l'intensità del raggio uscente e quella del raggio
entrante si chiama trasmittanza:
T= I /I0
che esprime quale frazione della luce incidente ha attraversato
il campione senza essere assorbita. T può assumere valori
compresi tra 0 e 1.
53
Si usa anche la trasmittanza percentuale:
T%= T·100
T% può assumere valori compresi tra 0 e 100.
E’ molto utilizzata l'assorbanza, che risulta direttamente
proporzionale alla concentrazione.
Essa si ricava da
A = - log T
e può assumere i valori da 0 a ∞.
Valgono le formule inverse
T=10-A e T%=102-A
Trasmittanza e assorbanza sono adimensionali (numeri senza
unità di misura).
54
Legge dell'assorbimento
(legge di Lambert-Beer)
Prendendo in considerazione una cella, contenente una
sostanza in soluzione, attraversata da un raggio di luce
monocromatica, si verifica che
A=ε∙b∙C
dove:
A = assorbanza (non ha unità di
misura)
ε = coefficiente di assorbimento
molare, caratteristico della
sostanza (mol-1 L cm-1) a quella l
b = cammino ottico (cm), cioè lo
spessore della soluzione
C= concentrazione molare della
sostanza (mol/L)
La legge di Lambert-Beer descrive i fenomeni di assorbimento di
radiazioni elettromagnetiche ed è valida per radiazioni
55
monocromatiche e soluzioni diluite.
Limiti della legge di Lambert-Beer
Tale legge pur essendo verificata per ampi
intervalli di concentrazione può presentare degli
scostamenti per motivi strumentali o chimici
per non parlare degli errori operativi.
Fattori fisici e chimici
•All'aumentare della concentrazione si ha un
aumento dell'indice di rifrazione e quindi una
maggior dispersione del raggio nell'attraversare
la soluzione stessa.
56
•Al crescere della concentrazione del soluto si
possono formare dimeri, polimeri o aggregati
con il solvente che causano deviazioni notevoli
con conseguente scarsa attendibilità del dato
analitico. Per questo motivo, le condizioni di
lavoro usuali prevedono che le soluzioni siano
sempre diluite al massimo possibile.
57
58
•Il motivo chimico dello scostamento dalla linearità è
ricollegabile al fatto che molte sostanze in soluzione sono
interessate ad un equilibrio e che le specie ioniche o molecolari
che vi partecipano possono assorbire in regioni diverse dello
spettro. L'equilibrio è influenzato notevolmente dalla
concentrazione. In questi casi la concentrazione nominale
(l'unica che noi conosciamo effettivamente) non corrisponde a
quella effettiva. E’ il caso dell'equilibrio
Cr2O72- + H2O  2 H+ + 2 CrO42Diluendo la soluzione
madre di bicromato per
preparare i diversi
standard si ha la
formazione di cromato
ma non in maniera
proporzionale. Inoltre
viene diluito anche H+
spostando ulteriormente
l'equilibrio a destra. In
questo caso le diluizioni
devono essere fatte con
59
una soluzione tampone.
Registrando più spettri a diversi pH su soluzioni della stessa
concentrazione, pur variando le concentrazioni relative dei due
componenti, si ha una l per la quale l’assorbanza è uguale per
tutte le soluzioni. In tale situazione (punto isosbestico) le e dei
due componenti sono uguali.
Per un indicatore l’equilibrio è
HIn  In- + H+
Le scansioni fatte a
diversi pH hanno dato gli
spettri riportati.
Operando sui valori
misurati a diversi pH è
possibile ricavare la KHIn
60
FATTORI STRUMENTALI
1) Non monocromaticità della radiazione incidente
Supponiamo di considerare il semplice caso che nella luce
incidente coesistano due diverse radiazioni monocromatiche
l' e l'', assorbibili entrambe da una data sostanza con
coefficienti di estinzione a' e a''. La curva che rappresenta
l’assorbimento non è una retta ma andrà piegandosi sempre
verso l'asse delle ascisse.
E' da sottolineare
che tale
comportamento è
legato al fatto che
a'≠a'' ovvero, come
sempre accade, i
coefficienti di
estinzione sono
diversi a seconda
della lunghezza
d'onda.
61
Considerando che l’equazione è
A=log (Io'+ Io'')/(Io'10-a'bc+Io''10-a''bc)
Un semplice esempio numerico ci permetterà di calcolare lo
spostamento della linearità. Nella supposizione, verosimile,
che Io'=Io'', la formula precedente si riduce a
A=log 2Io'/Io'(10-a'bc+10-a''bc)
Attribuendo i valori b=1,
a'=2000, a''=1500,
si ricavano i seguenti dati
A
150 15,3 1,7
C
0,1
0,01 0,001
da cui risulta evidente lo
scostamento
della linearità.
62
La linearità non si ha anche quando la sola l' viene assorbita
ovvero quando a''=0. Ciò può essere dimostrato
matematicamente ma appare anche intuitivo visto che l'intensità
passante di l'' sarà costante mentre quella di l' calerà
linearmente. Anche a grandi concentrazioni ci sarà dunque una
trasmittanza di fondo: al tendere della C a infinito l'assorbanza
tenderà al valore log (Io'/Io''+1).
Il comportamento lineare si ha solo quando a'=a'' visto che in
tal caso l'equazione di partenza diviene A=a b c.
Tutte le considerazioni
fatte valgono anche
quando si hanno bande
passanti ben più larghe.
Inoltre anche una banda
stretta è accompagnata
sempre da basse
intensità di altre
lunghezze d'onda (luce
diffusa).
63
La linearità non si ha anche quando la sola l' viene assorbita
ovvero quando a''=0. Ciò può essere dimostrato
matematicamente ma appare anche intuitivo visto che l'intensità
passante di l'' sarà costante mentre quella di l' calerà
linearmente. Anche a grandi concentrazioni ci sarà dunque una
trasmittanza di fondo: al tendere della C a infinito l'assorbanza
tenderà al valore log (Io'/Io''+1).
Il comportamento lineare si ha solo quando a'=a'' visto che in
tal caso l'equazione di partenza diviene A=a b c.
Tutte le considerazioni
fatte valgono anche
quando si hanno bande
passanti ben più larghe.
Inoltre anche una banda
stretta è accompagnata
sempre da basse
intensità di altre
lunghezze d'onda (luce
diffusa).
64
All’atto pratico bisogna ricordare che più alto è il valore della
banda passante e più povero di informazioni risulta uno spettro.
Comunque è inutile utilizzare bande passanti inferiori a 1 nm
perché l’energia che arriva al fotomoltiplicatore è in tal caso
molto bassa, il segnale non è più ben distinguibile dal rumore di
fondo e viene peggiorata l’accuratezza dello spettro.
Se il picco di assorbimento è ampio, è possibile però usare una65
banda passante larga per avere una maggiore accuratezza.
2) Luce diffusa (stray light)
E’ dovuta a spettri di ordine superiore che non siano stati filtrati,
o a riflessioni spurie che accompagnano la radiazione utilizzata
in quel momento. Arrivando contemporaneamente al rivelatore,
che non è in grado di distinguere una radiazione dall’altra, ne
aumenta il segnale.
Assume importanza solo alle
estremità dell’intervallo di
lunghezze d’onda usate dallo
strumento.
A basse lunghezze d’onda
l’intensità della sorgente al
tungsteno è in genere bassa
mentre ad alte lunghezze
d’onda il fotorivelatore è poco
sensibile per cui in entrambi i
casi il contributo della luce
diffusa è importante.
66
IL BIANCO
Quando il raggio di luce monocromatica investe la celletta contenente il
campione, avvengono diversi fenomeni: riflessione, rifrazione,
assorbimento da parte delle pareti della celletta, del solvente e di tutti i
reattivi aggiunti per formare il composto colorato, e ovviamente della
sostanza in esame.
L'assorbanza effettivamente misurata risente quindi di numerosi fattori
non legati alla concentrazione della sostanza in esame, portando ad
errori nella determinazione della concentrazione di quest'ultima.
I0
BIANCO
IB
I0
CAMPIONE
IC
Per aggirare questo problema, prima di misurare l'assorbanza del
campione in esame, lo strumento lo confronta con il “bianco”, cioè una
celletta identica a quella del campione e che contiene una soluzione il
più possibile simile a quella del campione ma in cui è assente la
sostanza in esame. Lo strumento misura allora
T= IC /IB
67
Scelta della l di misura e accuratezza
di un’analisi
E’ sempre conveniente scegliere
una l corrispondente ad un tratto
orizzontale della curva. A parità di
accuratezza,
Dl,
gli
errori
sull'assorbanza, DA, sono ben
diversi. A tale scopo minimi e max
sono uguali ma il massimo
consente di abbassare la soglia
di rilevabilità.
Esempio
l1 da evitare perché assorbe la
matrice
l2 è un minimo ma la matrice da meno
problemi
68
l3 dà buoni risulati
Esaminando una qualsiasi soluzione alla l
scelta con i criteri descritti , si ottiene una
intensità (I) di luce emergente che il
rivelatore misurerà dando una risposta in
termini di A e quindi di concentrazione.
Qualsiasi
errore,
DI,
nella
misura
dell'intensità della luce che arriva al
rivelatore comporta di conseguenza un
errore, DA, nella valutazione dell'assorbanza
e quindi un errore, DC, sulla concentrazione.
Teniamo conto però che più che l'errore
assoluto, DA, ciò che interessa veramente è
la sua entità in rapporto al valore
dell'assorbanza che si sta misurando, cioè
l'errore relativo DA/A.
69
Da un punto di vista matematico
la
situazione
può
essere
visualizzata
osservando
l'andamento della funzione T/C.
Si supponga che lo strumento
abbia una incertezza sulla
trasmittanza (DT) pari all'1%. Per
tale incertezza corrisponderanno,
a seconda della trasmittanza a cui
si lavora , differenti valori di DC
visto che la funzione T/C è
esponenziale. Anche in questo
caso però è più importante il
rapporto DC/C.
Dovremo
pertanto
evitare
trasmittanze alte dove DC è
piccolo ma lo è anche C, o
trasmittanze basse dove DC è
troppo grande.
Ci si dovrà orientare verso valori
intermedi.
70
Una trattazione matematica
rigorosa dell'andamento di
DA/A contro A porta alla
formazione dell'ultimo disegno
riportato.
DI=0,01
Il
minor
errore
relativo
percentuale (100·DA/A) si
verifica per una trasmittanza
del 36,8% e una assorbanza
=0,4343.
E'ovvio
che
la
misura
DI=0,005
dipenderà dalle caratteristiche
strumentali (DI).
Il minimo cade sempre allo stesso punto, pur essendo di valore
diverso (errore relativo%=2,72 per una DI=0,01 ma solo
dell'1,36% quando l'incertezza strumentale è più bassa).
Da quanto detto si può concludere che il miglior campo per la
misurazione è per 15<T%<65 o per 0,2<A<0,8. L'operatore
dovrà pertanto, se le misure dovessero uscire dal campo
determinato, effettuare delle diluizioni oppure usare celle 71con
diverso spessore.
Determinazione della
concentrazione della sostanza
Una volta ricavata l'assorbanza, dopo il confronto con il bianco, della soluzione in
esame, per risalire alla concentrazione si possono seguire diversi metodi, sempre
ricordando che (per concentrazioni 'non troppo alte') assorbanza e concentrazione
sono direttamente proporzionali:
A=ε∙b∙C
Si preparano quindi un certo numero di
soluzioni contenenti la sostanza in esame a
concentrazioni diverse e si misura la loro
assorbanza.
Si avranno quindi una serie di valori di
concentrazione (C1, C2, C3, C4, ...) associati
ai rispettivi valori di assorbanza (A1, A2, A3,
A4, ...); riportando questi valori in un grafico
cartesiano si ottiene la curva (o retta) di
.
lavoro.
La retta di lavoro viene utilizzata per soluzioni
di qualsiasi concentrazione, purché comprese
nell'intervallo in cui la curva è stata tracciata.
72
Per calcolare Cx si misura Ax e graficamente
si risolve il problema.
Minimi quadrati
Quando si preparano delle rette di taratura si
possono commettere errori casuali nelle misure
dell’assorbanza, per cui il grafico sperimentale
consisterà in una serie di punti che si
avvicinano più o meno all’andamento lineare.
Nella pratica quotidiana dell’analisi si presenta
spesso il problema di adattare a una serie di
punti sperimentali la “retta migliore” che
consente di ricavare una relazione tra le due
variabili.
73
Il metodo che vediamo si basa sull’assunto che
la variabile x (la concentrazione) sia esente da
errori o, per lo meno, che gli errori commessi
su tale variabile siano trascurabili rispetto a
quelli che si verificano nelal determinazione
sperimentale dell’assorbanza.
Secondo il modello dei minimi quadrati la retta
che meglio si adatta ai punti sperimentali è
quella che consente di minimizzare i quadrati
delle distanze misurate lungo l’asse delle
ordinate fra i punti sperimentali e la retta
stessa.
74
La retta migliore ha l’equazione
dove
b1 
x y
i
i

y  b0  b1x
( x i )  ( y i )
2
x
 i
n
2
( x i )
n
è il coefficiente angolare o pendenza e
b0  y  b1x
è l’intercetta e in cui
y ex
sono i valori medi
75
76
Quindi l’equazione della retta di taratura interpolata è
A= 0,6701∙C + 0,0140
Per tracciarla bisogna trovare due punti che le
appartengono.
Per esempio,
per C=0 si calcola che A=0,0140 e
per C=1 si trova che A= 0,6701 + 0,0140 = 0,6841
Noti questi due punti è ora possibile tracciare la retta di
taratura che sarà utilizzata per il calcolo grafico della
concentrazione di un campione a partire dalla sua
assorbanza.
77
Analisi di miscele
Quando due specie chimiche, X e Y, assorbono nella stessa
regione spettrale e si trovano miscelate in una soluzione lo
spettro che si registra risulta essere la somma dei singoli spettri
relativi alle specie chimiche allo stato puro. L’assorbanza a una
certa l sarà
Atot= AX + AY
ovvero in forma più completa
Atot=
e lX  b  C X  e lY  b  C Y
78
A patto di conoscere gli spettri delle sostanze pure,
è possibile fissare due lunghezze d’onda l1 e l2 che
corrispondano a massimi caratteristici delle due
sostanze e impostare il sistema di equazioni relativo
alle due sostanze X e Y
Al1= e lX1  b  C X  e lY1  b  C Y
Al2= e lX2  b  C X  e lY2  b  C Y
dove le incognite sono soltanto due poichè:
Al1 e Al2 sono fornite dallo strumento
tutte le e devono già essere note
b è costante perché si usa sempre la stessa cella
Da questi dati ci si ricavano le due concentrazioni
incognite.
79
Questo metodo è applicabile
nel
caso
dell’analisi
contemporanea di Cr e Mn
negli acciai.
Dopo l’attacco con acido
nitrico del pezzo in analisi, si
passa all’ossidazione con
persolfato e periodato che
trasformano i due metalli nei
loro ioni fortemente colorati
Cr2O72- e MnO4- .
Essi hanno massimi di assorbimento in due zone
sufficientemente lontane nello spettro, rispettivamente a 440
nm e 525 nm, per cui è limitata la reciproca interferenza.
80
Si procede a ricavare i
quattro e necessari
usando soluzioni di Cr2O72a concentrazioni note e
misurandone l’assorbanza a
440 nm
usando soluzioni di Cr2O72a concentrazioni note e
misurandone l’assorbanza a
525 nm
usando soluzioni di MnO4a concentrazioni note e
misurandone l’assorbanza a
440 nm
usando soluzioni di MnO4a concentrazioni note e
misurandone l’assorbanza a
525 nm
81
Si misurano poi le assorbanze della soluzione incognita in esame a 440 nm e 525
nm, avendo cura di usare come bianco la soluzione ottenuta dall’attacco con acido
nitrico prima dell’ossidazione. In essa sono infatti presenti gli ioni Co2+, Ni2+ e Fe3+
che si ritrovano tal quali dopo l’ossidazione. L’uso di tale soluzione, come bianco,
assicura la sottrazione del contributo degli ioni detti alle assorbanze lette.
Ricavati i dati sperimentali e introdottili nel sistema indicato, è possibile
determinare le concentrazioni delle due specie ricercate.
82
Metodo delle aggiunte multiple
Per compensare le interferenze dovute a
matrici complesse, non riproducibili per
preparare il bianco, si ricorre al seguente
metodo.
Si preparano più soluzioni con uguali
aliquote di campione (VX) cui si
aggiungono differenti volumi di una
soluzione standard dell’analita (VSt).
Si calcola per ogni soluzione la
concentrazione aggiunta (CA) di analita
83
Si calcola per ogni soluzione la
concentrazione aggiunta (CA) di analita
VSt  CSt
CA 
VX
e il fattore di diluizione
Vtot VX  VSt
d

VX
VX
84
Volume
campione
VX
Volume
aggiunto
VSt
Vtot
d
CA
da usare
per la
retta
1
25
0
25,0
1
0
2
25
0,25
25,25
1,01
1
3
25
0,50
25,50
1,02
2
4
25
0,75
25,75
4,03
3
85
L’assorbanza letta per ogni soluzione viene moltiplicata per il
relativo d ottenendo così il segnale corretto.
Si mette in grafico Acorretto/CA. L’intercetta della retta ottenuta
con l’asse x, dopo cambio di segno corrisponderà alla
concentrazione dell’analita nel campione.
C aggiunta
C effettiva: tutte sfalsate di CX
0
CX
C1
C2
C3
CX + C1 CX + C2 CX + C3
86
In termini matematici
 C X  VX CSt  VSt
A  k

Vtot
 Vtot



e, moltiplicando ambo i termini per

Vtot
CSt  VSt
A
 k C X 
VX
VX




Vtot , si ha
VX
e cioè
A  d  k  CX  k  CA
che, per A=0, cioè all’intercetta con l’asse delle y, dà
 CX  k  C A
'
87
Non ci sono parti
in movimento!
88
89
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Powepoint Spettrofotometria Quinta