CARLO VILLA
Figlio di Giacomo Villa e di Giulia Confalonieri,
era nato il 23 aprile 1901 a Cinisello.
Si sposa con Rosa Magni e va vivere a
Cinisello Balsamo in via Vittorio Veneto, 2 angolo vicolo San Michele (oggi numero
civico 6).
Carlo muore il 17 novembre del 1934 nel
Carcere di San Vittore a Milano, sette mesi
dopo la nascita della figlia Tiziana.
È sepolto nel cimitero vecchio di Cinisello
Balsamo.
Il profilo
Carlo Villa è culturalmente attento e curioso e politicamente attivo.
Lettore accanito, si reca spesso a Milano in una biblioteca dietro il
Duomo per prendere libri sugli argomenti più vari. La moglie ricorda
che ogni tanto di notte lo si sentiva battere con la macchina per
scrivere, forse per predisporre materiale di propaganda antifascista.
Persona molto generosa e sensibile, nonostante le ristrettezze
economiche di quegli anni, Carlo è sempre pronto ad aiutare il
prossimo, anche a costo di rinunce personali.
Lavora, prima alla Breda come meccanico, successivamente viene
assunto come magazziniere presso un’altra azienda, ma essendosi
rifiutato di fare la tessera del P.N.F. (Partito Nazionale Fascista), viene
licenziato. Sono gli anni della grave crisi economica dopo il crollo
della borsa a Wall Street e, Carlo, per mantenere la famiglia, è
costretto a lavorare in proprio. Inizia a girare per le vie della città in
bicicletta per vendere biancheria con un amico di nome Bellini.
L’antefatto
Carlo ha solo ventuno anni quando va al potere Mussolini. In poco
tempo, come altri antifascisti di Cinisello e di Balsamo, si rende conto
che con l’entrata in vigore delle leggi fascistissime1, l’istituzione del
Tribunale Speciale2, la reintroduzione della pena di morte e con le
opposizioni che vengono poste fuori legge, gli spazi per ogni attività
politica di opposizione al regime si riducono e diventa sempre più
rischioso agire alla luce del sole.
1
É socio della cooperativa La Previdente e, con altri antifascisti,
frequenta la bottega di ciabattino del Ginett, Luigi Pacchetti, situata
nella curt del popul (nell’area dove ora sorge la COOP Lombardia).
Dopo i primi arresti di Carlo Meani ed Egidio Pacchetti, ma in
particolare nel 1931, con la cattura di quasi tutti i componenti del
Gruppo del Carducci di Sesto San Giovanni e con la fuga di Loris,
Pietro Vergani, che fungeva da collegamento con altri gruppi, è
necessario agire con la massima attenzione e discrezione. I primi
incontri allargati, per discutere sulla situazione politica e sugli errori
commessi, diventano necessariamente riunioni più ristrette, che si
tengono nei cascinotti sparsi in campagna. Lì si organizza la
distribuzione della stampa clandestina, la propaganda all’interno
delle fabbriche, le azioni di infiltrazione nelle organizzazioni fasciste e
cattoliche per indebolirle dall’interno e gli aiuti al Soccorso Rosso per
le famiglie dei militanti in carcere, al confino o in esilio.
É amico di molti antifascisti, tra i quali anche i fratelli Casiraghi di
Sesto San Giovanni. Un giorno, uno di loro viene a Cinisello Balsamo
con un carretto di polli in cerca del Villa e, simulando una
compravendita, lo avvisa che si sospetta che tra il gruppo degli
antifascisti si nasconda una spia. Nonostante le sollecitazioni del
Casiraghi, Carlo non scappa dalla città.
L’arresto e la detenzione
Gli agenti dell’OVRA3 giungono ad arrestare venti persone, tra cui
Carlo Villa (il ventunesimo inquisito risulta latitante), seguendo precisi
indizi emersi da documenti sequestrati a seguito della cattura del
comunista milanese Ettore Borghi. Costui, fingendosi commerciante di
vini e utilizzando documenti falsi per muoversi con più tranquillità,
viene inviato nel settembre del ‘34 dal centro estero del PCI (Partito
Comunista Italiano) per collaborare alla riorganizzazione della
federazione giovanile comunista nel cosiddetto triangolo industriale
milanese (Cinisello Balsamo, Cusano Milanino, Niguarda, Bresso,
Sesto San Giovanni) e nella provincia di Novara e vicinanze. Dai
documenti sequestrati, gli agenti ricostruiscono parte dello schema
organizzativo comunista della zona. Il 15 settembre ’34 procedono al
fermo di Carlo Tabini, un socio della Cooperativa La Previdente
residente nella curt del popul. Tra i tanti nomi inseriti nella sua
agenda, spicca quello di un certo Ginett, il ciabattino Luigi Pacchetti.
Martedì 30 ottobre 1934, in pieno giorno, una macchina nera
dell’OVRA si ferma davanti all’abitazione del Villa. Gli agenti
2
perquisiscono la casa e lo arrestano. Viene condotto nelle carceri di
San Fedele e di San Vittore, insieme a Luigi Pacchetti e Giuseppe Trezzi
che vengono arrestati lo stesso giorno.
Il giorno seguente viene fermato Achille Rossetti, il 12 novembre è la
volta di Ambrogio Sironi e per ultimo, il 19 novembre, Natale Sala.
Tutti subiscono lunghi interrogatori, durante i quali gli agenti
ricorrono a violenze e torture per estorcere informazioni sulla rete
clandestina.
Il Villa rimane prigioniero diciotto giorni durante i quali è sottoposto a
pesanti interrogatori e torture di primo grado con l’intento di farlo
parlare (viene utilizzata una corda del diametro di cinque millimetri,
messa come una corona sul cranio e ruotata con il manico di un
martello stringendo sempre più forte). Qualcuno degli altri arrestati
testimonierà in seguito di averlo visto uscire dalla stanza delle torture
pieno di tumefazioni, in particolare in testa. Viene ricoverato in
infermeria dove gli diagnosticano un trauma cranico.
Questa
circostanza è confermata da alcuni detenuti che lo sentono invocare
la moglie e lo vedono insanguinato, in fin di vita su una barella nei
corridoi del carcere.
Il decesso
Carlo muore il 17 novembre 1934. La moglie viene avvisata solo
quattro giorni dopo e le viene detto che il marito si è suicidato. É
probabile che gli agenti, nel tentativo di occultare il crimine, abbiano
inscenato la finzione del suicidio. Rosa si reca in carcere e lo vede su
un lettino con un occhio pesto e una fascia in testa per nascondere le
ferite. Per la disperazione, inizia a urlare e i militi la minacciano con
un manganello intimandole di tacere.
Gli agenti sospettano che a Cinisello Balsamo si sia diffusa la voce che
la morte del Villa non è dovuta a suicidio. Quindi, per timore di
reazioni da parte della gente, non viene permesso alla moglie di
portare la salma al cimitero della propria città. Rosa protesta
vivacemente e le guardie la minacciano nuovamente con il
manganello. Il feretro viene trasportato per la tumulazione nel
cimitero di Musocco e il corteo funebre è scortato dalle guardie.
Alcuni amici sconsigliano Rosa di mettere garofani rossi sulla bara,
perché considerati un simbolo contro il regime. Al mazzo saranno
aggiunte delle viole per evitare ripercussioni.
3
L’epilogo
Gli altri antifascisti di Cinisello Balsamo arrestati con Carlo Villa,
sconvolti per la morte del loro compagno di lotta, ammettono le
proprie responsabilità, descrivendo in parte, nel corso degli
interrogatori, la struttura dell’organizzazione clandestina che aveva
iniziato a operare già dall’estate del ‘32.
Sono tutti deferiti al Tribunale Speciale e, con sentenza n. 34 del 20
maggio 1935, rinviati a giudizio con la motivazione di partecipazione
ad associazione comunista e, per Pacchetti, Rossetti, Tabini e Trezzi,
anche di propaganda sovversiva. Vengono condannati rispettivamente
a:
Pacchetti Luigi anni 7 - Rossetti Achille anni 5 - Sala Natale anni 3 – Sironi
Ambrogio anni 3 - Tabini Carlo anni 6 – Trezzi Giuseppe anni 3 (con la
stessa sentenza vengono condannati anche due di Cusano Milanino,
appartenenti alla stessa cellula: Marcellina Oriani anni 10 – Tagliabue
Sereno anni 3).
Rosa rimane sola con una bambina di pochi mesi e, a dicembre del
’34, chiede al Servizio Sanitario del Comune l’ammissione alla cura
medica e somministrazione di medicinali gratuiti, che si vedrà rifiutare
dal podestà.
Negli anni successivi gli altri detenuti confermeranno alla moglie che
il Villa non si era suicidato, ma era stato ucciso dai poliziotti
dell’OVRA. Solo a luglio del 1960, a seguito di istanza da lei presentata
nel 1952, corredata dalle testimonianza dei codetenuti Pacchetti,
Rossetti e Tabini, la Presidenza del Consiglio dei Ministri riconosce
ufficialmente che: il decesso è avvenuto nel carcere di S. Vittore in
Milano, Piazza Filangeri, mentre il Villa Carlo era detenuto per cause
politiche e la morte avvenne a seguito di frattura del cranio, a seguito di
percosse e sevizie sofferte e concede alla vedova il diritto all’assegno
vitalizio di benemerenza.
Quando viene riesumato il corpo, che da Musocco è portato al
Cimitero di Cinisello Balsamo, sul cranio sono ancora visibili segni
inequivocabili di tortura.
Riconoscimenti
• nel 1945 gli viene intitolata la via che costeggia la prima costruzione
della cooperativa La Previdente;
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• nel ventennale della Resistenza, il 2 giugno 1965, l’Amministrazione
comunale consegna alla moglie un attestato di riconoscenza alla
memoria;
• l’Amministrazione comunale gli attribuisce anche una medaglia
d’oro alla memoria;
• negli anni sessanta gli viene intitolata una scuola elementare, oggi
Scuola Primaria Carlo Villa in via Verga 4.
La libertà è una bella differenza…
Molti amici ricorderanno negli anni successivi di aver sentito dire da
Carlo Villa che, in caso di arresto, pur di non fare i nomi dei
compagni, si sarebbe fatto uccidere. E purtroppo così accadde.
Subito dopo la Liberazione, amici e soci de’ La Previdente proposero
all’Amministrazione comunale di intitolare una via a Carlo Villa, per
ironia della sorte la stessa via, già via del Ronco, che durante il
fascismo fu intitolata ad Andrea Furia. Ma chi era Andrea Furia?
Di soli sette anni più giovane di Carlo Villa, abitava nella stessa via al
numero civico 9. Possiamo ipotizzare che i due si conoscessero,
considerato che Cinisello Balsamo contava a quei tempi circa 10 mila
abitanti.
Ma siamo quasi certi che non si frequentassero. Furia era infatti un
noto fascista locale.
Nel ’35, un anno dopo l’arresto e la morte del Villa, Andrea Furia parte
volontario per la guerra d’Etiopia con il 180° Battaglione Camice
nere, Legione 28 ottobre della Milizia Volontaria per la Sicurezza
Nazionale. Muore a gennaio del 1936 nella battaglia Passo Uarieu a
Tembien in Etiopia.
Gli furono tributate solenni onoranze funebri e il suo nome verrà
inciso sul monumento per i caduti della Prima Guerra Mondiale a
Cinisello, e, a ricordo, della battaglia, verranno deliberate tre
intitolazioni:
via Andrea Furia, appunto – via Passo Uarieu (attuale via Mazzini) e,
nel 1940, la Scuola di avviamento professionale padre Reginaldo
Giuliani4 (cappellano che partì per la guerra d’Etiopia con le Camicie
Nere e, a gennaio del 1936, venne ucciso mentre impartiva
l’assoluzione ai morenti durante la battaglia Passo Uarieu). Il fatto che
il successo a Passo Uarieu fosse stato ottenuto da un’unità della Milizia,
fu ampiamente sfruttato dal regime fascista, che citò la battaglia nel
“Canto del Legionario” ed esaltò la memoria di padre Reginaldo
Giuliani intitolandogli un sommergibile.
5
Villa e Furia, due uomini, cresciuti nello stesso luogo, probabilmente
uniti nell’infanzia, divisi poi dalla storia. Molte cose li accomunano,
ma una diversità sostanziale li contraddistingue: Carlo Villa lottava per
la libertà di tutti, Andrea Furia si era schierato con coloro che quella
libertà avevano negato.
Come ebbe a dire don Gianfranco Bottoni , al Campo della Gloria nel
2007:
“Bisogna dare espressione civile e laica all'esigenza, che è di ogni
società, di rifarsi ai propri fondamenti. Un'esigenza indispensabile per
non perdere di vista l'unità nazionale e la coscienza democratica.
Indispensabile per rinsaldare il proprio cammino nella storia alla ricerca
della pace e del bene comune, in quella "casa di tutti", che è e deve
essere la "polis", la "città dell'uomo" con le sue istituzioni temporali.
Allora non possiamo e non dobbiamo confondere la "pietas" cristiana
con la "pietas" civile. Per la società civile è doveroso non mettere tutti i
morti sullo stesso piano. Non tutti infatti, nella loro vita e con la loro
morte, hanno voluto che la "polis" terrena fosse la "casa di tutti".
La casa è di tutti se nessuno se ne appropria, come invece aveva fatto il
fascismo e ancora potrebbe fare sotto mutate spoglie. Ma, in una società
pluralista, la casa non sarebbe più di tutti neppure qualora, per tentare
di risolvere problemi ancora aperti dell'unità nazionale o per guarire
ferite non sanate nel nostro paese, si cadesse nella tentazione di
sostituire alla "pietas" civile, che deve distinguere tra morti e morti,
quella specifica di una fede particolare. Non è accettabile l'idea di
mettere sullo stesso piano, di seppellire o di onorare gli uni accanto agli
altri, i caduti sugli opposti fronti.
Che gli uni e non gli altri siano onorati non è conseguenza delle ragioni
di forza di cui disponevano i vincitori sui vinti. È invece la civica "pietas"
ad esigerlo, perché la città libera e democratica ha tra i suoi padri
soltanto coloro che hanno scelto di combattere per liberarla e restituirla
alla sovranità popolare. Il pur apprezzabile desiderio di promuovere la
riconciliazione nazionale non dovrà portarci a mettere tutti i morti sullo
stesso piano, cadendo in una sorta di "relativismo della memoria".
a cura di Patrizia Rulli e Billie Lamorte
Ufficio Manifestazioni Istituzionali – Staff del Sindaco
6
Note
1
LEGGI FASCISTISSIME - note anche come leggi eccezionali del fascismo,
adottate tra il 1925 e il '26, sono gli atti giuridici che iniziarono la trasformazione di
fatto dell'ordinamento del Regno d'Italia nel regime fascista, ossia in uno Stato
totalitario dalla forte componente ideologica, di tipo nazionalista, centralista,
statalista, corporativista ed imperialista.
Il compimento, ancorché parziale, di tale processo sarebbe avvenuto, però, soltanto
nel 1939 allorquando, pur senza mutare direttamente gli articoli interessati dello
Statuto del Regno, la Camera dei Deputati sarà soppressa e sostituita dalla Camera
dei Fasci e delle Corporazioni, la cui composizione e la portata reale dei poteri ne
escluderanno i caratteri di effettiva titolarità della rappresentanza nazionale e di cotitolarità - condivisa con il Capo dello Stato e con il Senato - del potere legislativo.
L'adozione delle leggi seguì, paradossalmente, il periodo di maggiore crisi nella fase
iniziale del governo Mussolini: ossia il rapimento e l'uccisione del deputato socialista
riformista Giacomo Matteotti, seguiti dalla cosiddetta secessione dell'Aventino
dell'opposizione parlamentare.
2
TRIBUNALE SPECIALE - per la sicurezza dello Stato fu un giudice speciale del
regime fascista italiano, avente il compito di giudicare i reati contro la sicurezza dello
Stato e del regime. Fu istituito con la legge n. 2008 del 25/11/1926 (Provvedimenti per
la difesa dello Stato).
Il Tribunale Speciale ebbe il potere di diffidare, ammonire e condannare gli imputati
politici ritenuti pericolosi per l'ordine pubblico e la sicurezza del regime stesso. Con
la stessa legge di costituzione del tribunale venne reintrodotta la pena di morte per
alcuni reati a carattere politico.
Il Tribunale Speciale operava secondo le norme del Codice Penale per l'Esercito sulla
procedura penale in tempo di guerra. Contro le sue sentenze non era possibile alcun
ricorso o altra impugnazione.
Il Tribunale Speciale venne sciolto dopo il 25 luglio 1943, a seguito della caduta del
regime fascista. Nel dicembre 1943 nella Repubblica Sociale Italiana venne
ricostituito un tribunale omonimo che rimase operativo fino al 1945.
3
OVRA - polizia politica del regime fascista. La sigla, mai spiegata, è oggetto di varie
interpretazioni: «Opera Volontaria di Repressione Antifascista», «Organizzazione di
Vigilanza e Repressione dell'Antifascismo», «Organo di Vigilanza dei Reati
Antistatali». Probabilmente l'acronimo è stato scelto anche per l'assonanza con
"piovra" o con”Ochrana”, la polizia segreta zarista.
Compito dell’OVRA era la vigilanza e la repressione di organizzazioni sovversive.
Nata nel 1927 a Milano come Ispettorato speciale di polizia, nella fase sperimentale è
presente solo nelle sedi di Milano e Bologna. A partire dal 1932 si estende
gradualmente in tutto il Paese. E’ articolata in undici zone, la 1^ zona è quella riferita
alla Lombardia, Piemonte, Val d’Aosta, Liguria, Tre Venezie. Per i primi dieci anni
l’ispettore generale della 1^ zona fu Francesco Nudi, seguirono Francesco Peruzzi e
Tommaso Petrillo. Nudi, che presiedeva l’OVRA quando fu arrestato il Villa, fu
considerato il pioniere e il più capace dirigente; concentrò le energie verso i
comunisti, arrestando o tenendo sotto controllo molti appartenenti agli ambienti
proletari e controllando il rientro in Italia degli esuli. Gli arrestati venivano convinti a
7
confessare sia esponendo loro dati e informazioni frutto di indagini, che li inducevano
a pensare alla confessione di altri detenuti, che attraverso metodi brutali.
4
PADRE REGINALDO GIULIANI - cappellano militare, dopo aver combattuto nella
Grande guerra con gli Arditi della III Armata, meritando la Medaglia d’Argento e
quella di Bronzo, nel dopoguerra andò a Fiume con D’Annunzio e, nel 1922, prese
parte alla marcia su Roma. In seguito partì per la guerra d’Etiopia con le Camicie
Nere del Gruppo del Generale Diamanti e, a gennaio del 1936, venne ucciso mentre
impartiva l’assoluzione ai morenti durante la battaglia Passo Uarieu. Unico a trovare la
morte su 122 cappellani militari, divenne una sorta di mito dell’A.O.I. (Africa
Orientale Italiana). Medaglia D’Oro al Valor Militare, la Regia Marina gli intitolò un
sommergibile della classe Liuzzi. Alla sua vita Roberto Rossellini si ispirò per il film”
L'uomo della croce”.
Fonti
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Intervista a Tiziana Villa, figlia di Carlo, del 24 settembre 2008;
Documentazione messa a disposizione da Tiziana Villa;
Sentenza n. 34 del 20 maggio 1935, messa a disposizione dai parenti di
Marcellina Oriani;
Documentazione Archivio Comune di Cinisello Balsamo;
Intervento di don Gianfranco Bottoni (Responsabile del Servizio per
l’Ecumenismo e il Dialogo della Diocesi di Milano) al Campo della Gloria,
Milano, 1 novembre 2007;
Ezio Meroni, Antifascismo e Resistenza a Cinisello Balsamo, a cura della
Compagnia di Prosa “Ambrosiana”, Cinisello Balsamo 1990
Ezio Meroni, La Previdente – 90 anni di cooperazione a Cinisello Balsamo, a
cura della Cooperativa “La Previdente” Cinisello Balsamo
Mimmo Franzinelli, I tentacoli dell’OVRA. Agenti, collaboratori e vittime della
polizia fascista, Bollati Boringhieri 2000
Centro di Riproduzione Digitale Comunale
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