rogetto
olicoro
Diocesi
di Caserta
Il Progetto Policoro
speranza del Sud
per il Paese
1. IL SOGNO DI DON MARIO
Il Progetto Policoro è il sogno di don Mario Operti per i giovani disoccupati
del Sud. Questo sogno è diventato realtà, germogliando come speranza nei
cuori di tanti giovani del Paese. Don Mario amava ripetere che «non esistono
formule magiche per creare lavoro. Occorre investire nell’intelligenza e nel
cuore delle persone».
In questi anni, la Chiesa continua a dare ai giovani la stessa risposta data da
Pietro allo storpio seduto alla Porta Bella del Tempio di Gerusalemme: «Non
possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo,
il Nazareno, àlzati e cammina!» (At 3,6). La Chiesa dona il Vangelo che è
Gesù e, sull’esempio del suo Signore, il Buon samaritano della storia, si prende
a cuore queste forme, nuove e antiche, di povertà e inventa nuove forme di
solidarietà e di condivisione nella certezza che «è l’ora di una nuova fantasia
della carità» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 62).
Nella convinzione di «stare dentro la storia con amore» (Con il dono della
carità dentro la storia, 6), subito dopo il Convegno ecclesiale nazionale di
Palermo, l’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro, il Servizio
Nazionale di pastorale giovanile e la Caritas Italiana si incontrano a Policoro
(MT) il 14 dicembre del 1995 con i rappresentanti diocesani di Calabria,
Basilicata e Puglia per riflettere sulla disoccupazione giovanile nella sicura
speranza che «Il Paese non crescerà se non insieme» (La Chiesa italiana e
le prospettive del Paese, 8). Nasce così il Progetto Policoro, iniziativa ecclesiale
fondata sulla presenza ai vari livelli dei tre uffici promotori, che assieme alle
associazioni e con l’apporto competente degli animatori di comunità agiscono
in sinergia per evangelizzare, educare, esprimere gesti concreti (idee
imprenditoriali e reciprocità). Successivamente il Progetto coinvolgerà sempre
di più le seguenti regioni ecclesiastiche: Campania, Sicilia, Sardegna, AbruzzoMolise, Umbria e ultimamente l’Emilia Romagna.
Il Progetto è sostenuto dalla consapevolezza che i giovani risentono sempre
di più di un lavoro flessibile, precario o assente. Essi trovano nel Progetto la
fiducia finora negata, il segnale concreto di rinnovamento e di speranza che
ha loro per protagonisti. Anche l’enciclica Caritas in veritate ha sottolineato
il nesso diretto tra povertà e disoccupazione come «risultato della violazione
della dignità del lavoro umano», perchè l’uomo viene limitato nella possibilità
di esprimersi e vengono svalutati i diritti che scaturiscono dal lavoro, specialmente
il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua
famiglia. L’essere estromessi dal lavoro, mina la libertà e la creatività della
persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano
psicologico e spirituale. Anche nel Progetto, è importante ribadire che «il primo
capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità:
l’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economica–sociale».
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2. LA FIDUCIA DELLA CHIESA ITALIANA
La Chiesa italiana ha rinnovato più volte la sua fiducia verso il Progetto Policoro.
Ultimamente lo ha fatto nella Nota pastorale Per un Paese Solidale e nel
documento Chiesa italiana e Mezzogiorno citando come segnale concreto di
rinnovamento e di speranza che ha per protagonisti i giovani.
In precedenza, il Progetto era stato citato in una prolusione del Card. Camillo
Ruini, già presidente della Cei: «Continua inoltre, ormai da otto anni, l’esperienza
del Progetto Policoro, spazio di evangelizzazione, formazione e promozione
umana dove si mettono alla prova, con la necessaria umiltà, strade nuove e
soluzioni inedite intorno al grave problema della disoccupazione. Così le nostre
comunità ecclesiali investono sulle capacità dei giovani di promuovere un
autentico sviluppo e di dare una testimonianza cristiana caratterizzata dalla
solidarietà e dal rispetto della legalità».
Mentre in un’Assemblea Generale dei Vescovi italiani svolta ad Assisi fu
presentato un intero Ordine del Giorno che proponeva una valutazione del
Progetto: «è un’iniziativa che presuppone e promuove una cultura nuova fatta
di fiducia, di relazioni, di reciprocità, di legalità, di responsabilità».
Il Card. Angelo Bagnasco, attuale Presidente Cei, ha parlato ufficialmente del
Progetto in due circostanze. La prima volta in una prolusione: «Un pensiero
particolare va ai Confratelli del nostro Sud che da anni si stanno prodigando
attraverso intelligenti azioni di formazione e talora anche di sostegno concreto
per garantire ai giovani un futuro nelle loro terre. Tali iniziative – com’è noto
•'2d sono sostenute con convinzione dalla nostra Conferenza Episcopale
tramite il “Progetto Policoro”. Siamo certi che le devastazioni e le intimidazioni
che vengono inflitte dalla malavita locale non ostacoleranno il processo di
sviluppo nella legalità, e che non verrà a mancare il sostegno e la solidarietà
di tutti». La seconda volta in una lunga intervista: «La Chiesa non ha ricette
tecniche, ma il Papa ha bene evidenziato un principio, quello della dignità
della persona, che deve rimanere centrale. Nell’epoca moderna, poi, lo sforzo
della Chiesa è stato proprio quello di operare alla radice della povertà, indicando
criteri di intervento e sollecitando tutti alla cooperazione. Talvolta si è adoperata
anche per creare occasioni di lavoro. Penso alla promozione delle cooperative
e di piccole imprese. Penso al Progetto Policoro della Chiesa italiana, come a
tante altre iniziative delle associazioni cattoliche. Magari sono piccoli numeri
nel complesso dell’occupazione, ma rappresentano risposte concrete e linee di
indirizzo, una ricchezza offerta a tutto il Paese».
Questi riferimenti al Progetto esprimono la continua fiducia che la Cei ha avuto
nei confronti in questi 15 anni di esperienza. Questa fiducia si manifesta ancor
più concretamente con i finanziamenti annuali che la Presidenza della Cei
devolve a favore del Progetto Policoro attingendo ai fondi provenienti dal
gettito 8 per mille dell’Irpef.
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3. LAVORARE INSIEME NELLA CERTEZZA
DELLA SPERANZA
Nel realizzare il Progetto, la Chiesa non è mossa da ambizione di prestigio o
di potere, ma unicamente dalla «cura e responsabilità per l’uomo» (Centesimus
annus, 53), per ogni uomo concreto, amato e redento da Cristo. E dal mistero
di Cristo trae la luce per illuminare la vera identità dell’uomo e orientare il suo
cammino storico. Segnata dalla Croce di Cristo, la Chiesa annuncia a tutti gli
uomini che la passione di Dio è l’uomo vivente.
L’intuizione fondamentale del Progetto, ricchezza della Chiesa Cattolica offerta
a tutto il Paese, è la collaborazione tra soggetti diversi per un unico impegno:
l’evangelizzazione. Il metodo è quello di imparare a lavorare insieme (a livello
nazionale, regionale, diocesano) seguendo un progetto comune; lo stile è quello
di aiutarsi a crescere insieme nel rispetto reciproco delle specificità e competenze,
nella solidarietà e nella comunione; la virtù cristiana che lo sostiene è la
speranza. La collaborazione tra diversi uffici pastorali stimola la sinergia tra
associazioni e organizzazioni presenti sul territorio e li spinge a operare in
reciprocità con i diversi territori del Nord e del Sud. Attraverso un metodo
globale (evangelizzazione, formazione, gesti concreti di solidarietà e di
reciprocità) che investe la persona nella sua interezza e la società nelle diverse
realtà (ecclesiale, istituzionale, associativa) si realizzano così opere concrete,
capaci di far germogliare speranza e sviluppo.
In ogni diocesi il Progetto rappresenta una novità e un’opportunità per la diocesi
stessa, un lavoro di sinergia fra uffici diversi: l’Ufficio Nazionale per i problemi
sociali e il lavoro, il Servizio Nazionale di pastorale giovanile e la Caritas
Italiana, solitamente non abituati a lavorare insieme su un progetto di grande
respiro; novità per i territori che sperimentano una Chiesa locale presente
nell’ambito del lavoro nella prospettiva della speranza, del futuro, con
particolare riferimento ai giovani; novità per enti ed associazioni che ricevono
dalla Chiesa una proposta di collaborazione per operare ciò che fanno
ordinariamente, ma con una motivazione in più o, se si vuole, diversa. La
collaborazione tra le diverse pastorali e il coinvolgimento delle associazioni
laicali è un vero segno di novità, e va nella direzione di quella conversione
pastorale auspicata dai vescovi italiani a Palermo (1995) e sviluppata nell’ultimo
Convegno ecclesiale nazionale di Verona (2006). Il lavoro in rete è un concetto
fortemente legato alla natura pastorale del Progetto. Non si può essere legati
al proprio interesse, individuale o associativo, se ciò che ci muove a “fare” il
Progetto è il Vangelo e, quindi, uno spirito di comunità, ispirato alle prime
comunità cristiane in cui: «Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni
cosa in comune» (At 2,44).
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4. IL SERVIZIO DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE
ISTITUZIONI LAICALI
La partecipazione delle associazioni e delle istituzioni laicali nella realizzazione
del Progetto è sostenuta da una fondamentale intuizione: «Nel Sud è esigenza
primaria una nuova carica di fiducia per un cammino di speranza. Bisogna
moltiplicare i soggetti, i contenuti e gli spazi per una “ministerialità” di servizio
e di liberazione» (Chiesa italiana e Mezzogiorno, 29). Da questa esigenza di
soggetti impegnati nella ministerialità di servizio e di liberazione, situato nella
prospettiva della «finalità specificatamente religiosa dell’evangelizzazione»
(Evangelii nuntiandi, 32), prendono corpo le forme particolari di organizzazione
a rete, tra le varie aggregazioni laicali di ispirazione cristiana, chiamate filiere:
una prima filiera costituita dalle associazioni di evangelizzazione e promozione
umana e una seconda filiera specializzata nei vari settori economici e sociali
(cooperazione, impresa, microcredito).
Queste filiere di aggregazioni laicali sono per le comunità ecclesiali un grande
tesoro; «hanno permesso la formazione di persone che hanno saputo, nei vari
ambiti della vita, essere testimoni del Signore, nella fedeltà alla storia degli
uomini nella quale erano immersi» (Mario Operti, Laici adulti per un rinnovato
impegno sociale, p. 31).
Attualmente il Progetto può contare sulla fattiva collaborazione di associazioni
laicali che ispirano il proprio agire sul prezioso patrimonio della Dottrina sociale
della Chiesa: Gioventù Operaia Cristiana (GiOC), Movimento lavoratori di
Azione Cattolica (Mlac), Giovani delle Acli (GA), Associazioni Cristiane
Lavoratori Italiani (Acli), Confcooperative - Inecoop, Coldiretti, Cisl, Banche
di Credito Cooperativo, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti (Ucid),
Associazione Guide e Scout cattolici Italiani (Agesci).
Il Progetto nel riconoscere il ruolo del laicato e delle aggregazioni laicali in
una prospettiva di comunione e di sinergia, non soltanto apprezza la lunga e
ricca tradizione del movimento cattolico in Italia, ma pone le premesse
indispensabili per una comunità ecclesiale più coraggiosamente ispirata alla
tradizione apostolica e per una società civile animata e resa protagonista dal
basso.
Ogni associazione laicale partecipa, secondo il proprio carisma specifico,
«all’elaborazione e alla realizzazione dei progetti particolari, nella comune
volontà di dialogo superando incomprensioni e resistenze, nel riconoscimento
reciproco delle proprie tradizioni e peculiarità, nella disponibilità a comunicarsi
i rispettivi progetti ed interessi, nel consentire ad ognuno di approfondire il
proprio carisma, nella disponibilità a crescere insieme senza rivalità o gelosie,
nel sostenersi a vicenda con spirito di emulazione e di vera competizione nel
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bene» (Quaderni CEI, Anno IV, n. 3, febbraio 2000, Sesto vademecum, pp.
102-103).
A proposito dell’impegno delle associazioni, don Mario soleva affermare: «Se
tutti fanno tutto, alla fine si entra in rotta di collisione. Se ognuno fa ciò per
cui è nato e se ognuno mette a disposizione di tutti la propria identità e missione,
allora nasce veramente un mosaico che è icona della Chiesa» (Quaderni CEI,
p. 103). Bisogna convincersi che il futuro dell’associazionismo laicale è nella
collaborazione con i vari settori della pastorale.
5. GLI ANIMATORI DI COMUNITÀ
La formazione e l’educazione nei confronti del lavoro stimola i giovani a farsi
compagni di strada di coloro che sono in difficoltà. Gli animatori di comunità
sono laici responsabili che in profonda sintonia con le tre pastorali e le filiere
delle associazioni agiscono per un’adeguata promozione del Progetto nella
diocesi. Appare opportuno verificare che i giovani abbiano una formazione
valoriale di base e sensibilità umana e sociale per attivare reti sul tema del lavoro.
Il Catechismo degli Adulti ci propone un’immagine che descrive i cristiani
impegnati nel sociale e che ben si addice agli animatori di comunità: «La carità
li muove ad agire secondo una logica di servizio, con la maggior competenza
possibile, con attenzione costante alle persone, specialmente a quelle che non
contano, agli ultimi. Li fa disponibili al dialogo e alla collaborazione con tutti
gli uomini di buona volontà. La speranza li rende tenaci nell’azione, pazienti
nella sofferenza, modesti nel successo, aperti a ogni nuova possibilità di bene.
Così ciascuno per la sua parte concorre, “con l’energia ricevuta da Dio” (1Pt
4,11), a edificare la città dell’uomo, come concorre a edificare la Chiesa» (La
verità vi farà liberi, 1093).
Nell’arco temporale di tre anni, gli animatori sono formati attigendo a piene mani
dalla Sacra Bibbia e dal Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, presentato
nella sua interezza nei corsi annuali. Al Compendio si aggiungono riflessioni
tratte dalla Caritas in veritate e dal documento dei vescovi italiani Per un paese
solidale, Chiesa italiana e Mezzogiorno, al fine di declinare nella quotidianità
della vita la novità del Vangelo di Gesù e del Magistero della Chiesa.
La proposta formativa fondata sulla Dottrina sociale della Chiesa trova conferma
nella «caritas in veritate in re sociali: annuncio della verità e dell’amoredi
Cristo nella società. Tale dottrina è servizio della carità, ma nella verità». Gli
animatori sono formati dalla Dottrina sociale come: «elemento essenziale di
evangelizzazione, annuncio e testimonianza di fede, strumento e luogo
imprescindibile di educazione ad essa».
Nelle loro Diocesi, gli animatori svolgono i seguenti compiti:
- collaborare attivamente con le tre pastorali, di cui una svolge la funzione di
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tutor, al fine di rispettare la natura ecclesiale del Progetto e garantire il
coinvolgimento sinergico delle pastorali;
- curare reti per lavorare insieme con le associazioni presenti sul territorio e
che aderiscono alle filiere dell’evangelizzazione e della formazione;
- partecipare assieme agli altri animatori agli incontri formativi nazionali e
regionali per crescere insieme nella consapevolezza ecclesiale e per offrire un
servizio competente;
- acquisire informazioni utili per organizzarle e metterle a disposizione dei
giovani e far crescere una maggiore consapevolezza circa le opportunità
legislative (comunitarie, nazionali e regionali) relative alla possibilità di accesso
nel mondo del lavoro;
- contrastare il “mito” del lavoro dipendente e del posto fisso e operare negli
spazi dell’esclusione sociale e della disabilità per costruire nuova cittadinanza
verso i soggetti deboli;
- assicurare un raccordo tra i giovani e i diversi soggetti, pubblici e del mondo
associativo organizzato, in particolare di quelli coinvolti nel Progetto e orientare
verso la realizzazione di gesti concreti (idea imprenditoriale e rapporti di
reciprocità);
- scoprire e valorizzare le potenzialità dei giovani e delle risorse del territorio;
- coinvolgere negli scambi di reciprocità e solidarietà i gesti concreti già
sviluppati sul territorio;
- garantire il servizio di animazione territoriale presso scuole, parrocchie
e gruppi ecclesiali della diocesi, relativamente alle tematiche occupazionali;
- relazionare mensilmente e puntualmente sulle attività svolte in un’ottica
educativa: per rendere conto del proprio operato (livello personale - trasparenza
e legalità), per condividere ciò che si realizza e sviluppare nuove partecipazioni
al Progetto (livello diocesano - collaborazione e condivisione), e per facilitare
l’acquisizione complessiva del lavoro svolto sul territorio (livello nazionale solidarietà e reciprocità);
- accompagnare l’animatore di comunità successivo in un graduale inserimento
nelle attività della diocesi trasmettendogli il bagaglio relazionale ed esperienziale
acquisito, a tal fine appare più utile partire con un impegno di 12 ore nel primo
anno e di 24 ore nel secondo e nel terzo, ciò permette di valorizzare adeguatamente
l’esperienza acquisita dall’animatore nella fase centrale e finale del suo percorso
di formazione.
6. EVANGELIZZARE IL LAVORO E LA VITA
Nell’evangelizzazione dei giovani disoccupati si parte da una constatazione di
fondo: se anche non avessimo altro da offrire ai giovani in cerca di lavoro, il
Vangelo è sempre una grande speranza e ci incombe l’obbligo, ma soprattutto
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la gioia di annunciarlo ai giovani con forza, per rigenerare in loro la vita e far
loro sperimentare la liberazione e la salvezza. Anche se i giovani non lavorano,
in quanto cristiani sono chiamati da Dio alla speranza, alla santità, alla generosità,
a farsi prossimo (cfr Primo vademecum del Progetto Policoro, giugno 1996,
pp. 5-9).
La priorità dell’evangelizzazione nel Progetto risponde all’esigenza di un autentico
annuncio evangelico e di una formazione catechistica adeguata alle varie età e
situazioni della vita, che tenga conto dei problemi quotidiani delle persone, prima
di tutto del lavoro o della disoccupazione, e che ha come centro la persona di
Gesù Cristo: «Al centro stesso della catechesi noi troviamo essenzialmente una
persona: quella di Gesù di Nazareth» (Catechesi tradendae, 5).
«L’evangelizzazione non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco
appello, che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale
e sociale, dell’uomo. Per questo l’evangelizzazione comporta un messaggio
esplicito, adattato alle diverse situazioni, costantemente attualizzato, sui diritti
e sui doveri di ogni persona umana, sulla vita familiare senza la quale la crescita
personale difficilmente è possibile, sulla vita internazionale, la pace, la giustizia,
lo sviluppo» (Evangelii nuntiandi, 29).
Il Progetto è un piccolo segno che si spinge sulle frontiere avanzate
dell’evangelizzazione: disoccupazione, usura, minori sfruttati, disabili, lavoro
nero. In questi luoghi, dove la dignità delle persone è calpestata, il Vangelo
realizza il cambiamento, libera dall’oppressione, conduce nella direzione della
gioia e della speranza. Il Progetto è motivato dalla certezza che: «La
disoccupazione tocca in modo preoccupante i giovani e si riflette pesantemente
sulla famiglia, cellula fondamentale della società. Non è facile individuare
quali possano essere le migliori politiche del lavoro da realizzare nel Mezzogiorno:
certamente, però, si deve onorare il princio di sussidiarietà e puntare sulla
formazione professionale. I giovani del Meridione non devono sentirsi condannati
a una perenne precarietà che ne penalizza la crescita umana e lavorativa».
Evangelizziamo i giovani e gli adulti perchè diano un nuovo senso al lavoro
quotidiano nella testimonianza che è «presenza, partecipazione, solidarietà»
(Evangelii nuntiandi, 21), con uno sguardo positivo sul tempo attuale, con la
capacità di osservare l’evoluzione del lavoro nella sua complessità e raccontando
nuovi cammini di speranza nel lavoro. Annunciamo il Vangelo della vita e
testimoniamo il Risorto nei luoghi del lavoro, raccogliendo dalla festa, che
vive della domenica, una ragione e un senso rinnovato.
Lo stile è quello di essere incarnati sul territorio nella fedeltà al Vescovo, alla
diocesi (alle sue tradizioni e alla sua storia), alla Dottrina sociale della Chiesa
nel tentativo di coniugare insieme la testimonianza delle opere di giustizia,
legalità e solidarietà con l’annuncio del Vangelo, in un processo in cui le
presenze laicali dialogano tra loro, entrano in rapporto fecondo con le diocesi
per superare la tentazione dell’autoreferenzialità, dello spirito di conquista, e
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nella continua tensione tra memoria del passato, impegno nel presente e apertura
al futuro coscienti che: «I cristiani dimorano sulla terra, ma sono cittadini del
cielo» (Lettera a Diogneto, V,9).
6.1. EDUCARE E FORMARE LE COSCIENZE
Nelle iniziative per la formazione e l’educazione delle coscienze, al fine di superare
la disoccupazione, il lavoro nero o precario, si avvalora la necessità di un radicale
cambiamento di mentalità e di cultura che porti il giovane ad attivare le sue
potenzialità in un’ottica di imprenditorialità personale. A tale scopo, si realizzano
corsi formativi e informativi per diffondere una nuova mentalità verso il lavoro,
ispirata ai valori umani e cristiani della solidarietà e della cooperazione. Ai corsi
collaborano le associazioni di ispirazione cristiana, che operano nel settore
cooperativo, della formazione professionale, dell’imprenditorialità giovanile e del
terzo settore (cfr Primo vademecum, pp. 9-12).
Le comunità cristiane sono particolarmente impegnate nel processo di educazione
e formazione a una nuova coscienza nei confronti del lavoro. In esse «si
sperimentano relazioni significative e fraterne, caratterizzate dall’attenzione
all’altro, da un impegno educativo condiviso, dall’ascolto della Parola e dalla
frequenza ai sacramenti. Sono luoghi “dove le giovani generazioni possano
imparare la speranza, non come utopia, ma come fiducia tenace nella forza del
bene. Il bene vince e, se a volte può apparire sconfitto dalla sopraffazione e
dalla furbizia, in realtà continua ad operare nel silenzio e nella discrezione
portando frutti nel lungo periodo”.
Il Progetto punta a rendere i giovani del Sud, spesso vittime della rassegnazione,
della violenza e dello sfruttamento, autentici protagonisti del rinnovamento
della loro terra nel «farsi costruttori di una nuova società» (Chiesa italiana e
Mezzogiorno, 30). Basandosi sull’educazione dei giovani e sul loro attivo
coinvolgimento nel processo educativo, il Progetto rende possibile un
cambiamento autentico di mentalità, che si esplicita nelle opere realizzate: il
Vangelo annunciato al cuore dei giovani, cambia la loro mente, e li spinge
ad agire.
In questo processo educativo, che attinge a piene mani nella Dottrina sociale
della Chiesa, si è sostenuti dalla convinzione che educare le coscienze è il
compito fondamentale della Chiesa e che spetta poi ai cristiani, singoli o
associati, particolarmente ai fedeli laici, inserirsi intimamente nel tessuto della
società civile e “inscrivere la legge divina nella vita della città terrena” (Gaudium
et spes, 43). I giovani bisogna educarli a «immettersi concretamente
nell’esperienza del sociale, attraverso forme di volontariato, di aggregazione
culturale, di cooperazione, perché propongano, esperimentino, incidano sul
futuro della loro terra» (Chiesa italiana e Mezzogiorno, 30).
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6.2. ESPRIMERE GESTI CONCRETI:
IDEE IMPRENDITORIALI E RECIPROCITÀ
Il Progetto si caratterizza per la capacità di innestare nella vita del giovane un
processo virtuoso, che parte dall’annuncio del Vangelo, passa attraverso un
impegno di formazione culturale e culmina nella capacità di mettersi insieme
per realizzare gesti concreti di solidarietà e rapporti di reciprocità. Ciascun
giovane, sorretto dalla comunità cristiana, rinvigorisce la speranza e smentisce
la sfiducia nella certezza che il futuro è «riposto nelle mani di coloro che sono
capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza»
(Gaudium et spes, 31).
Accogliendo le indicazioni dei Vescovi italiani, che invitano a percorrere «le
vie della comunione, della solidarietà e della cultura… per superare le
fratture esistenti tra Nord e Sud, nella Chiesa e nel Paese» (Chiesa italiana e
Mezzogiorno, 36), ma anche per sconfiggere «pregiudizi, polemiche, vittimismi,
presunzioni di superiorità, atteggiamenti di rigetto» (Chiesa italiana e
Mezzogiorno, 24) e risanare ferite antiche e nuove, le diocesi attraverso il
coinvolgimento attivo delle tre pastorali e delle associazioni realizzano gesti
concreti di solidarietà, per inverare nei fatti i principi della fede.
Tali gesti concreti non pretendono di risolvere i problemi che non sono di
competenza specifica della Chiesa, ma vogliono essere dei segni autentici da
intraprendere per giungere a soluzioni corrette, e stimoli adatti a risvegliare
nella coscienza di tutti gli uomini la responsabilità e le capacità al servizio
della collettività. Sono spazi d’impegno che rendono presente la pedagogia dei
segni, dove si intrecciano fatti e parole, insegnamento ed esperienza: «Si tenga
conto di alcune significative proposte emerse a Palermo: promozione del “terzo
settore”, forme di risparmio solidale, di cooperazione e di imprenditoria a
favore dell’occupazione giovanile, specialmente nel Sud del Paese; garanzie
e servizi fondamentali da assicurare a tutti; legge organica per l’accoglienza
degli immigrati; rilancio della cooperazione internazionale allo sviluppo;
alleggerimento del debito dei Paesi poveri; allargamento del servizio civile;
riconversione delle industrie belliche e divieto del commercio delle armi» (Con
il dono della carità dentro la storia, 35).
L’impegno attuale è di sviluppare sempre più la promozione dei gesti concreti
e incentivare i rapporti di reciprocità e di solidarietà tra le Chiese del Sud
e le Chiese del Nord.
I rapporti di reciprocità sono vissuti in un’ottica di scambio di doni nella
solidarietà che culmina nella comunione della carità, per superare i complessi
tra una Chiesa che si sente povera e chiede aiuto e un’altra che si sente
autosufficiente ma che dona e rimane sempre staccata dai problemi. «La
comunione, generata dal Vangelo della carità non può essere circoscritta entro
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l’ambito di ciascuna Chiesa particolare. Dobbiamo intensificare anche la
comunicazione e lo scambio dei doni tra le Chiese, a cominciare dalle nostre
in Italia. Particolarmente urgente si fa oggi la cooperazione tra il Nord e il Sud
d’Italia» (Con il dono della carità dentro la storia, 22).
Queste parole rappresentano lo scenario nel quale si muovono i rapporti di
reciprocità tra le Chiese e sottolineano il ruolo delle comunità ecclesiali nel
rispondere in modo creativo alle sfide del presente, sull’esempio di Cristo,
il quale «da ricco che era, si è fatto povero» per noi, perché noi diventassimo
«ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).
Le Chiese del Nord sono abituate a donare dalla propria ricchezza, ma potrebbero
ricevere da quelle del Sud valorizzando sempre più quella concezione conciliare
di Chiesa particolare intesa come comunione di comunità e crescere
nell’evangelizzazione reciproca e valorizzare la diversità e l’incontro tra
comunità di culture, mentalità e tradizioni diverse. «Le singole parti portano
i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, di maniera che il tutto e le
singole parti si accrescono con l’apporto di tutte, che sono in comunione le
une con le altre» (Lumen gentium, 13).
La reciprocità e la cooperazione fra le Chiese diventa un segno di
evangelizzazione nel Paese e rende visibile la carità che: «ha come frutti la
gioia, la pace e la misericordia; esige la generosità e la correzione fraterna; è
benevolenza; suscita la reciprocità, si dimostra sempre disinteressata e benefica;
è amicizia e comunione» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1829).
7. IL RILANCIO DEL PROGETTO NELLA CRISI
Il Santo Padre Benedetto XVI ci offre una puntuale riflessione sul tema
dell’attuale crisi: «Per superare la crisi economica e sociale che stiamo vivendo,
sappiamo che occorre uno sforzo libero e responsabile da parte di tutti; è
necessario, cioè, superare gli interessi particolaristici e di settore, così da
affrontare insieme ed uniti le difficoltà che investono ogni ambito della società,
in modo speciale il mondo del lavoro. Mai come oggi si avverte una tale
urgenza; le difficoltà che travagliano il mondo del lavoro spingono ad una
effettiva e più serrata concertazione tra le molteplici e diverse componenti della
società. […] nel libro del Qoèlet leggiamo: “Meglio essere in due che uno
solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica. Infatti, se cadono,
l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo
rialzi” (4,9-10). L’auspicio è quindi che dall’attuale crisi mondiale scaturisca
la volontà comune di dar vita a una nuova cultura della solidarietà e della
partecipazione responsabile, condizioni indispensabili per costruire insieme
l’avvenire del nostro pianeta» (Udienza ai Dirigenti della CISL, 31 gennaio
2009).
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Al fine di rilanciare l’intero Progetto, anche alla luce dell’attuale crisi
economica, appare prioritario per i tre Uffici nazionali promotori custodire il
Progetto da ogni strumentalizzazione e trasmetterlo nella fedeltà alle intuizioni
iniziali (evangelizzazione, formazione, gesti concreti e rapporti di reciprocità),
curando sempre più i rapporti con le sedi nazionali delle associazioni e con i
coordinamenti regionali e incentivare a un sempre maggiore coordinamento
ai vari livelli (nazionale, regionale, diocesano). Saranno effettuati gli incontri
con i direttori diocesani delle tre pastorali per regioni, con la possibilità di
partecipazione dei referenti delle filiere.
Elementi fondamentali del rilancio del Progetto ai vari livelli e nel rispetto
delle competenze delle tre pastorali, delle filiere delle associazioni e degli
animatori di comunità sono i seguenti:
- continuare ad annunciare il Vangelo della vita e della speranza ad ogni
uomo, rafforzando il lavoro sull’evangelizzazione con l’impegno di coinvolgere
sempre più associazioni ecclesiali, ridestando la fiducia nelle persone e nelle
istituzioni presenti sul territorio;
- incentivare la formazione attraverso i corsi base (Cisl-Gioc) e i corsi per
animatori di comunità (da eseguire anche a livello regionale e con l’aggiunta
di proposte per campi estivi), rafforzando il lavoro tra le filiere e con una
rinnovata presenza della filiera della formazione nelle regioni;
- rilanciare i gesti concreti a livello diocesano attraverso un corretto sviluppo
del coordinamento diocesano (tre pastorali, filiere, animatore), nella cura dei
gesti concreti già avviati dal Progetto, incentivare l’attenzione verso i servizi
alle persone e ai disabili, l’utilizzo di terreni confiscati, la creazione di musei
diocesani, la cura dell’ambiente, dei percorsi d’arte e del turismo sociale;
- ripartire con i rapporti di reciprocità tra Nord e Sud nella solidarietà e
responsabilità reciproca, coinvolgendo il coordinamento regionale e le
associazioni;
- rafforzare i coordinamenti regionali, che dovranno sempre più curare la
formazione degli animatori e rapportarsi con le diocesi e le associazioni, per
preservare l’autenticità del Progetto, sostenuti dalla presenza di un segretario
regionale che svolge il proprio mandato per tre anni;
- sviluppare il sito internet www.progettopolicoro.it
8. UN’IDEA CHE SI ORGANIZZA E DIVIENE IMPRESA
Il Progetto fa proprio l’invito a crescere insieme come unico Paese, proposto
con lungimirante lucidità dai Vescovi italiani nel 1981, con il documento La
Chiesa italiana e le prospettive del Paese, e rilanciato nel 1989, con la Nota
Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno.
L’iniziativa ecclesiale del Progetto Policoro si è radicata nella maggior parte
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delle diocesi del Mezzogiorno (Abruzzo-Molise, Basilicata, Calabria, Campania,
Puglia, Sardegna e Sicilia), grazie anche alla partecipazione di alcune diocesi
del Centro-Nord, coinvolte nei rapporti di reciprocità fin dall’inizio.
In questi anni il Progetto ha promosso la nascita di oltre 500 esperienze
lavorative (consorzi, cooperative, imprese…) che danno lavoro a circa 4000
giovani e che hanno il senso di tracciare una strada possibile, di ridare fiducia
alle persone, di proporre un modo diverso di vivere l’impegno civile, di
richiamare all’assunzione di responsabilità individuali e comunitarie.
I corsi realizzati e le centinaia di cooperative sorte in 15 anni di attività del
Progetto dimostrano il valore economico e sociale dell’iniziativa ecclesiale,
ma ancor di più le migliaia di giovani, soprattutto donne, coinvolte attivamente
sono testimonianza di crescita culturale nella speranza, nella legalità e nella
solidarietà. A tal proposito i Vescovi italiani affermano: «Il Progetto Policoro
costituisce una nuova forma di solidarietà e condivisione, che cerca di contrastare
la disoccupazione, l’usura, lo sfruttamento minorile e il “lavoro nero”. I suoi
esiti sono incoraggianti per il numero di diocesi coinvolte e di imprese sorte,
per lo più cooperative, alcune delle quali lavorano con terreni e beni sottratti
alla mafia».
Il Progetto continua a caratterizzarsi per la valorizzazione della donna come
protagonista della redenzione sociale nel Sud e profonda costruttrice di storia
quotidiana, nella pazienza dei giorni e nella fatica delle opere. «La donna ha
una “ministerialità” sociale straordinaria. Il Sud attende questa fecondità d’amore
contro gli artifici della società dell’intrigo, della violenza e del vuoto di valori»
(Chiesa italiana e Mezzogiorno, 31). La presenza di tantissime donne nei corsi
di formazione e nelle cooperative realizzate nell’ambito del Progetto fa fiorire
la pronta partecipazione, l’accoglienza delle diversità culturali, la promozione
degli umili, l’attenzione ai poveri, il dono di sé, il sapersi sprecare nei rapporti
umani, la capacità del dialogo e di solidarietà.
Nel corso del Convegno “Chiesa del Sud, Chiese nel Sud”, svolto a Napoli
nei giorni 12-13 febbraio 2009, con la partecipazione di vescovi e laici di
Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia radunati a vent’anni dal
documento della CEI. Chiesa italiana e Mezzogiorno per riflettere sul
Mezzogiorno e aprire nuove prospettive di futuro per il Paese in ascolto del
Vangelo, il Progetto ha avuto grande visibilità nelle relazioni e negli interventi.
Il prof. Piero Barucci, Componente Autorità Garante della Concorenza e del
Mercato, nel corso della sua relazione ha sottolineato l’importanza del Progetto:
«Un’idea che si organizza e diviene impresa, in grado di sopravvivere, se
può farlo senza favori particolari ed oscuramente ottenuti, è un fatto di libertà,
una palestra di indipendenza… bisogna far nascere e crescere non solo le
imprese, ma anche il tasso di imprenditorialità diffusa… speciale attenzione
da riservare nei confronti di alcuni segni di vitalità che si notano nell’agricoltura
di qualità e nel turismo. Sotto questo riguardo l’esperienza condotta nel “Progetto
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Policoro” merita di essere, in primo luogo, conosciuta e valorizzata, e poi
moltiplicata per cinque, dieci volte».
Di tono ugualmente forte sono le parole spese nei confronti del Progetto dal
Prof. Giuseppe Savagnone, Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale
della cultura della Diocesi di Palermo: «Acquista tutto il suo significato, in
questo contesto, quella che è probabilmente la più importante delle iniziative
promosse dalla Chiesa italiana in rapporto al documento del 1989. Ci riferiamo
al Progetto Policoro… Con la sua carica formativa – e non soltanto a livello
lavorativo, ma in quello ben più ampio di un’evangelizzazione dei giovani che
valorizzi e faccia sbocciare al tempo stesso le loro potenzialità umane, il
Progetto è stato forse il più brillante esempio di quello che, partendo dal
livello spirituale e culturale, si può ottenere anche sul piano sociale ed economico.
Ma il significato del Progetto Policoro va in qualche modo al di là della sua
funzionalità operativa… Rappresenta infatti un esempio di impegno pienamente
laico, in cui il Vangelo fa sentire la sua presenza non all’interno del tempio,
ma nella vita economica e sociale di un popolo, senza però per questo rinunziare
mai alla propria identità. Rappresenta, al tempo stesso, un atto di speranza
nel futuro, di fiducia nella storia del Meridione, perché punta sui giovani e
non in modo assistenziale, ma rendendoli protagonisti del loro riscatto e di
quello della loro terra. Infine, costituisce un bell’esempio di comunione tra le
Chiese italiane e di sinodalità» (Relazione del Prof. Giuseppe Savagnone,
Direttore Ufficio Pastorale della Cultura, Palermo).
Anche S.E. Mons. Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza - Muro Lucano
- Marsico Nuovo, vicepresidente CEI, nelle Indicazioni di percorso a conclusione
del Convegno non ha mancato di sottolineare l’importanza del Progetto, che
«ha permesso in questi anni a molti giovani di sperimentare il gusto di un
lavoro creato con la propria abilità». «Il Progetto Policoro, come è stato più
volte notato, costituisce una nota molto positiva in questi ultimi anni. Esso ha
saputo donare a molti giovani meridionali il riscatto dalla dipendenza e la gioia
della creatività nel lavoro… Dovrà costituire, infatti, un elemento di forte
cambiamento sociale affinché possano finalmente affermarsi, anche nel
Mezzogiorno, la cultura dell’impresa e lo spirito dell’autentica cooperazione».
Tratto da: A. CASILE, Quindici anni di progetto policoro. Gli animatori e i gesti concreti.
Ecra, Roma 2011.
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PROGETTO POLICORO A CASERTA
La nascita
Nella Diocesi di Caserta Progetto Policoro è partito ufficialmente il 1° Gennaio
2003, dopo sei anni dal suo inizio a livello nazionale (dicembre 1995) ed è
sorto grazie a S. E. Mons. Raffaele Nogaro nell’ambito del Centro Pastorale
Giovanile che ha messo subito a disposizione la struttura logistica, la disponibilità
economica e un giovane competente quale animatore di comunità.
In effetti la pastorale giovanile della Diocesi di Caserta ha seguito fin dal suo
nascere Progetto Policoro condividendone pienamente lo spirito e perseguendone
gli stessi obiettivi: evangelizzare il mondo del lavoro dei giovani mediante la
formazione, i gesti concreti e i rapporti di reciprocità tra le diocesi. Le altre
pastorali diocesane, Caritas e Pastorale sociale e del lavoro, hanno anche loro
condiviso subito questo progetto comune affidando il tutorato al direttore del
Centro Pastorale Giovanile Sac. Nicola Lombardi.
Gli animatori di comunità
Gli animatori di comunità sono stati la vera risorsa del Progetto Policoro a livello
diocesano. Ben sei giovani si sono avvicendati nell’animazione del territorio
della Diocesi di Caserta per far conoscere Progetto Policoro e mettersi a servizio
del mondo giovanile. Ognuno di loro ha dato il proprio contributo mettendo a
disposizione conoscenze e competenze personali. Ma tutti accomunati dal
medesimo desiderio dare un contributo notevole alla realizzazione del Progetto
Policoro a Caserta. La prima animatrice di comunità, anche se per pochi mesi
(1° gennaio – 31 luglio 2003), è stata la dott.ssa Pasqualina Pisanti, sociologa,
già inserita nell’ambito della pastorale giovanile diocesana in quanto curatrice
della ricerca sociologica “In cammino verso i giovani” (2002). Dopo pochi
mesi, per motivi personali, l’animatrice di comunità si è dovuta dimettere. A
lei ha fatto seguito la dott.ssa Giusy Di Palma (1 settembre 2003 – 2006),
architetto e capo scout, la quale ha contribuito a far conoscere e inserire il
Progetto all’interno dei vari movimenti e associazioni giovanili e della pastorale
diocesana (parrocchiale e foraniale). Dopo di lei è stata la volta di Lina Di Nuzzo
(2007 – 2009), ragioniera, ha continuato il lavoro svolto cercando di creare una
fitta rete di contatti con le parrocchie e le scuole medie superiori e i centri per
l’impiego. Il nuovo vescovo S. E. Mons. Pietro Farina ha confermato la validità
del Progetto Policoro nella Chiesa di Caserta e ha rinnovato l’impegno della
Diocesi per l’animatore di comunità. A partire dal 2009 e fino al 2011 il Progetto
Policoro ha avuto come animatore un giovane immigrato di origine albanese
Aurrel Lazri, laureando in giurisprudenza, che ha curato, in modo particolare,
il rapporto con la filiera. Dal 1° Gennaio 2011 l’animatore di comunità è stato
affiancato da un nuovo animatore Beniamino Coti, laureando in giurisprudenza,
che ha contribuito a far conoscere il Progetto all’interno delle scuole mediante
l’iniziativa del centro servizi “Giovani in lavoro” itinerante. Ma il nuovo
animatore è riuscito a svolgere il suo servizio fino al 31 Marzo 2012. Dopo di
che è subentrato il giovane Carlo Petrillo, laureando in economia ed esperto
di cooperative, che ha rilanciato il Progetto con l’iniziativa del microcredito.
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Iniziative
Tra le diverse iniziative di animazione del territorio, di ricerca e di formazione
compiute in questo decennio vanno ricordate: 1. presenza e informazioni
dell’animatore di comunità circa la natura, i compiti e le finalità del Progetto
Policoro presso i Meeting dei giovani del Centro Pastorale Giovanile, le diverse
consulte di pastorale diocesana e foraniale, presso associazioni e movimenti
ecclesiali; 2. diversi corsi di formazione per giovani a livello diocesano e
foraniale in collaborazione con la filiera (CISL, Confcooperative, AC, ACLI,
etc.); 3. ricerca sociologica “Giovani, lavoro, tempo libero e partecipazione”
i cui risultati sono consultabili in www.progettopolicoro.it; 4. convegno
diocesano “Nuove prospettive lavorative e strumenti di finanziamento” con
Inecoop e Concooperative; 5. centro servizi “Giovani in Lavoro” itinerante.
Il tutor e l’animatore di comunità incontrano ogni anno tutti i ragazzi delle
classi V degli istituti superiori della Diocesi di Caserta.
I gesti concreti
Il primo grande gesto concreto di Progetto Policoro è il Centro Servizi “Giovani
in lavoro” che il primo animatore di comunità ha attivato fin dal suo nascere.
Si tratta di uno sportello informagiovani e di orientamento a lavoro aperto tutti
i giorni dal lunedì al venerdì presso la sede del Centro Pastorale Giovanile e
ora presso l’ISSR “S.Pietro”. Lo sportello grazie alla disponibilità e alla
competenza dei diversi animatori di comunità ha accolto, informato, orientato
migliaia di giovani in questo decennio.
Da questa opera di accoglienza, di orientamento e di accompagnamento sono
sorte le diverse cooperative, società e ditte. Undici sono le imprese che, in
questo decennio, sono state promosse e sostenute dalla Diocesi di Caserta a
conferma della presenza del Progetto Policoro come concreto volano di sviluppo
imprenditoriale di matrice sociale sul territorio.
Il microcredito
E ora nasce la nuova iniziativa a sostegno delle imprese dei giovani per rilanciare
la loro occupazione: il microcredito. È il credito di fiducia che la Diocesi di
Caserta, ancora una volta, vuole dare a quei giovani, senza nessuna garanzia,
perché possano usufruire di un prestito (fino a un massimo di 25.000,00 euro)
a sostegno delle loro idee imprenditoriali. Sarà la Chiesa che è in Caserta a
garantire per loro mettendo a disposizione un fondo presso Banca Etica. Più
sostanzioso sarà il fondo, maggiori saranno i microfinanziamenti elargiti. La
Diocesi fa appello allora alla generosità e alla solidarietà di tanti che vorranno
non a parole ma concretamente aiutare i giovani.
Diocesi di Caserta - Fondo di garanzia "Progetto Policoro - Microcredito":
Banca Etica IT 70 T 05018 03400 000000149974
Nicola Lombardi
Info: Sportello "Giovani in lavoro" - Progetto Policoro di Caserta, c/o ISSR "S. Pietro" - Piazza
Duomo, 11 - 81100 Caserta - Tel. 0823 214592 - 347 0843177 - 393 2063281 - Fax 0823 214597
- e-mail: [email protected]
progetto.policorocaserta
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FONDO DI GARANZIA PER IL MICROCREDITO
“PROGETTO POLICORO” DELLA DIOCESI DI CASERTA
Regolamento interno per la gestione del fondo
Art.1. Finalità e tipologia del progetto.
La Diocesi di Caserta, in attuazione della Convenzione sottoscritta con la Banca Popolare
Etica, in data 16.10.2012, col presente regolamento intende disciplinare l’istruttoria
interna (diocesana) e l’erogazione di prestiti rientranti nella categoria del c.d. “microcredito”,
in favore dei giovani che vorranno “creare impresa”, nel territorio diocesano.
Questa iniziativa nasce dall’esperienza maturata all’interno del Progetto Policoro,
voluto e sostenuto dalla Conferenza Episcopale Italiana, che persegue scopi di solidarietà
sociale quali:
- offrire alla comunità diocesana nuove opportunità e risorse, per affrontare il problema
della disoccupazione giovanile, in una prospettiva di evangelizzazione e di promozione
umana;
- stimolare le varie pastorali e le aggregazioni laicali a lavorare “in rete”, in un’ottica
di sinergia, di collaborazione reciproca e di comunione ecclesiale;
- aiutare le Chiese locali ad interagire tra di loro con spirito di solidarietà e di reciprocità.
Principali linee di intervento:
1. Evangelizzazione dei giovani disoccupati o in situazione irregolare di lavoro;
2. Formazione e orientamento professionale, al fine di promuovere un’etica del lavoro
ispirata ai valori della Dottrina Sociale della Chiesa;
3. Promozione di “Gesti Concreti di Solidarietà” (sostegno alle imprese a conduzione
giovanile).
Le risorse finanziarie, provenienti dal bilancio diocesano, verranno impiegate per
garantire l’erogazione di finanziamenti a tasso agevolato, concessi dalla Banca di
competenza convenzionata, per la creazione di imprenditoria giovanile.
Art. 2. Requisiti di ammissibilità - soggetti beneficiari.
Destinatari dei finanziamenti saranno i giovani di età compresa fra 18 – 35 anni, che
vorranno intraprendere un’iniziativa imprenditoriale, nelle forme riconosciute dalla
legge (ditta individuale, società di persone, di capitali) o che l’abbiano iniziata da non
più di 24 mesi.
I beneficiari dei prestiti dovranno essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) essere residenti in uno dei Comuni che si trovano nel territorio della Diocesi di Caserta;
b) aver raggiunto la maggiore età;
c) essere esclusi dai finanziamenti bancari ordinari (cioè essere “non bancabili”);
d) aver compiuto il percorso di accompagnamento imprenditoriale gratuitamente offerto
dal “Centro Servizi” diocesano, partecipando ai seminari, corsi di formazione, ecc..
organizzati dalla diocesi;
e) non ricadere, inoltre, nei casi finanziabili mediante il fondo diocesano c.d. “antiusura”.
La Diocesi si riserva, comunque, in casi del tutto eccezionali, la facoltà di ammettere
al finanziamento anche soggetti che non siano in possesso dei requisiti di cui sopra.
Art. 3. Documentazione necessaria.
Per accedere al finanziamento, gli interessati dovranno compilare esclusivamente la
modulistica predisposta di concerto dalla Banca e dal Centro Servizi Diocesano; nello
specifico dovranno essere in possesso dei seguenti documenti:
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a) relazione di finanziamento del progetto;
b) documenti indicati e richiesti nella relazione di cui al punto a)
c) richiesta di accesso al “Fondo di garanzia – progetto Policoro”;
d) dichiarazione del “garante morale” (parroco, direttore ufficio di curia, responsabile
di associazioni, gruppi, movimenti, presenti in diocesi);
e) liberatoria ai fini della normativa sulla privacy.
Art. 4. Gestione del progetto e competenze dei vari organi.
Il compito di gestire materialmente il progetto è affidato alla “Equipe diocesana del
“Progetto Policoro”. Essa si riunisce periodicamente per verificare, supportare e
programmare gli interventi necessari al funzionamento del progetto. Il suo ruolo
principale attiene alla valutazione ed ammissione dei progetti al finanziamento, previa
verifica della congruità del fondo. Disciplina i criteri di ammissione al finanziamento
tramite un regolamento interno.
È costituita dai seguenti membri:
1. Direttori diocesani dei tre uffici coinvolti o loro delegati e delegato del Vescovo:
- avranno il compito di coordinare tutte le attività e le fasi dell’iniziativa, assicurando
il rispetto dei principi e delle finalità del progetto. Garantiranno un adeguato sostegno
all’AdC sia relativamente alla formazione dello stesso, sia nella fase
dell’accompagnamento imprenditoriale servendosi, ove necessario, dell’ausilio di
esperti in materia. Il delegato del vescovo presiede le riunioni, coordina i lavori e cura
di relazionare ogni decisione a S.E. il Vescovo.
2. Animatore di Comunità (per brevità AdC):
- unitamente ai compiti affidatigli e contenuti nel contratto e nel regolamento nazionale
del progetto, sottoscritti con Inecoop, gestirà lo sportello diocesano/centro servizi,
assicurando il sostegno ai giovani nella fase di accoglienza, ascolto e accompagnamento
imprenditoriale e dello start up d’impresa. Seguirà l’istruttoria delle pratiche e curerà
i rapporti con il funzionario della banca, incaricato della gestione dei finanziamenti,
come previsto nella convenzione;
3. L’economo diocesano:
- affiancherà i precedenti organi, per quanto di sua competenza, firmerà il nulla osta
della Diocesi, a seguito della compiuta istruttoria interna (diocesana) e avrà cura di
trasmettere la pratica di finanziamento alla banca competente convenzionata;
4. Eventuali esperti:
- la Diocesi affiancherà ai precedenti organi, oltre agli operatori Caritas, eventuali
esperti competenti professionalmente in materia.
Art. 5. Attività del “Centro Servizi-Progetto Policoro”.
L’animatore di comunità e/o gli operatori Caritas, hanno il compito di accogliere e
accompagnare il richiedente durante l’iter d’istruttoria e di concessione del prestito,
nonché durante la fase del successivo controllo di regolare restituzione, ponendo sempre
particolare attenzione all’aspetto formativo ed educativo, che contraddistingue sia il
microcredito sia l’agire della diocesi. Gli operatori, onde evitare confusione nei
beneficiari, non devono essere intesi o identificati come i soggetti preposti all’erogazione
dei prestiti, compito riservato esclusivamente ai funzionari della Banca.
I compiti principali in fase d’istruttoria sono i seguenti:
- accogliere ed ascoltare i giovani, con le loro storie e le loro aspirazioni. In un secondo
momento informarsi sul progetto che viene presentato illustrando le principali
caratteristiche del microcredito, avendo riguardo a non creare illusioni di sorta;
- nel caso in cui si convenga di ricorrere al microcredito, prestare supporto per lo
sviluppo del progetto, incontrare insieme al giovane il referente della filiera della
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formazione, ritirare la documentazione relativa all’iniziativa da intraprendere. In questa
fase va valutato l’equilibrato rapporto che deve sussistere fra possibilità effettive di
reddito, ammontare del finanziamento richiesto e tempi di rimborso, sulla base dei
possibili piani di ammortamento predisposti dalle banche convenzionate;
- concordare una serie di riunioni periodiche e di incontri formativi, sia precedenti che
successivi all’erogazione del finanziamento, destinati a valutare l’andamento della
situazione economico-finanziaria e personale del richiedente;
- lavorare in rete con il “garante morale”, affinché il giovane sia sempre supportato
dalla propria comunità parrocchiale/associativa di riferimento;
- verificare la sussistenza di tutti i requisiti, di cui ai precedenti articoli;
- verificare periodicamente la congruità del fondo di garanzia;
- comunicare la decisione di nulla osta al richiedente, accompagnare il giovane presso
lo sportello bancario individuato, verificare la regolare sottoscrizione del contratto
predisposto dalla banca e accertarsi della regolare erogazione del finanziamento;
- archiviare copia di tutta la documentazione presso lo sportello/centro servizi;
Nella fase di gestione ordinaria dell’impresa e di restituzione delle rate l’animatore
deve:
- effettuare gli incontri concordati in fase d’istruttoria, destinati a valutare l’andamento
della situazione economico-finanziaria e personale del beneficiario;
- constatare la puntualità dei pagamenti rateali ed eventualmente sollecitare il pagamento
di rate arretrate;
- coordinarsi con l’équipe diocesana per valutare le iniziative da intraprendere, in caso
di difficoltà oggettiva dell’impresa prendendo in considerazione o la rinegoziazione
del debito residuo dilatando i tempi di restituzione o il passaggio a sofferenza.
È compito dell’équipe diocesana, infine:
- valutare periodicamente il generale andamento del progetto in Diocesi, con particolare
riguardo agli obiettivi generali e sempre in una prospettiva socio-educativa;
- concordare con la banca eventuali modifiche al regolamento e alla convenzione;
- supportare la formazione degli animatori/operatori;
- organizzare seminari e convegni nel territorio;
- relazionare annualmente al Vescovo;
- vigilare sulla corretta amministrazione del Fondo di rotazione;
- promuovere il progetto con iniziative di comunicazione e di presenza sociale;
Art. 6. Fondo di rotazione. Garanzia.
I finanziamenti concessi ai giovani, a seguito dell’istruttoria diocesana e bancaria, sono
integralmente garantiti da uno specifico fondo istituito per il progetto e che si compone di:
- impegno della Banca coinvolta ad erogare finanziamenti e a sostenerne l’eventuale
perdita per insolvenza;
- creazione di un apposito conto corrente bancario o libretto di deposito, intestato alla
diocesi ed alimentato anche da eventuali liberalità di terzi, che ne condividano gli scopi;
Art. 7. Rinvio.
Per quanto non espressamente disciplinato in questo regolamento, si fa rinvio alla
normativa di settore vigente, alla Convenzione Diocesi – BE siglata in Caserta, il
16.10.2012, a tutti gli allegati e ad ogni altro accordo intervenuto fra le parti.
L’originale del presente regolamento, che consta di n. 6 pagine e suddiviso in 7 articoli,
viene approvato, protocollato ed archiviato, presso l’ufficio economato della Curia
Vescovile di Caserta, Piazza Duomo 11 – 81100 Caserta.
19
I GESTI CONCRETI NATI A CASERTA IN
COLLABORAZIONE DEL PROGETTO POLICORO
Cooperativa “Don Bosco”, 2001. Via Dei Ginepri 5 - c/o Parrocchia del Carmine
- 81100 Caserta. Tel. 0823/344857 - 0823/346975. Resp.: Rossella Iulianiello.
Mission: Formazione Produzione e Servizi al lavoro.
Coop. “Saletta dell’Uva”, 2002. P.za Matteotti, 3 - 81100 Caserta. Tel. 0823/323892
- 339/3685050. Resp.: Luigi Nunziante. Mission: Casa editrice, pubblicazioni,
eventi culturali. www.salettadelluva.it
Cooperativa “NewHope”, 2004. Via Kennedy 19/20 - 81100 Caserta. Tel.
0823.458465. Resp.: Mirella Macovei. Mission: Sartoria Etnica creazioni di
bomboniere, accessori e manufatti vari. www.coop-newhope.it
Cooperativa “Orione”, 2007. V.le Cappiello,50 - 81100 Caserta. Resp. Ida
Roccasalva. Mission: Sportello di ascolto, clown terapia, mediazione familiare,
counselling, realizzazione di audiovisivi, cortometraggi, docu fiction.
Cooperativa Istituto “Opus Angeli", 2009. Via Amendola, Puccianiello, 81100
Caserta. Tel. 0823/303616 - 393/2063281. Resp. Carlo Petrillo. Mission: Ludoteca
- Scuola dell’Infanzia, Baby parking - Attività extra-scolastiche - Servizi socio
assistenziali.
Cooperativa “Spazio Bianco”, 2009. Via Parrocchia, 34 - Mezzano, 81100 Caserta.
Tel. 0823/362532 - 338/3278804. Resp. Antonio Rivetti. Mission: Comunità alloggio
per minori. www.spaziobianco.org
Elma Servizi e Costruzioni s.r.l., 2011. P.zza Duomo, 11- 81100 Caserta. Tel.
0823/214545. Resp.: Marco Rossetti. Mission: Società di costruzioni e Centro
Servizi.
Cooperativa “Tempi Nuovi”, 2012. Via Parrocchia, 34 - Mezzano, 81100 Caserta.
Tel. 0823/362532 - 338/3278804. Resp:. Alessandra Menzione. Mission: Servizi
educativi e socio – assistenziali.
Cooperativa “Odos”, 2012. Via Redentore,58 - c/o Centro Pastorale Giovanile 81100 Caserta. Tel. 0823/214554. Resp.: Luigi Altieri. Mission: Viaggi Culturali.
Homo Viator – Viaggi e nuova Cultura s.r.l., 2012. Via Redentore, 64, c/o Palazzo
Vescovile - 81100 Caserta. Resp.: Antimo Castiello. Mission: Agenzia di Viaggi,
Turismo e Pellegrinaggi.
Ditta individuale Sanitaria “San Nicola”, 2012. Via L. Da Vinci, 162 - 81020
San Nicola La Strada. Tel. 0823/320021 - 347/8253804. Resp.: Aurrel Lazri.
Mission: Ortopedia, Parafarmacia, Cosmetici, Omeopatia, Erboristeria.
20
FONDAZIONE
Soggetti giuridici fondamentali per la crescita del territorio
In base alla definizione coniata dall’European Foundation Centre di Bruxelles,
le fondazioni sono "enti senza finalità di lucro con una propria sorgente di
reddito che deriva normalmente, ma non esclusivamente, da un patrimonio”.
Questi enti hanno il loro organo di governo e usano le loro risorse finanziarie
per scopi educativi, culturali, religiosi, sociali, o altri scopi di pubblico beneficio,
sia sostenendo persone o associazioni e istituzioni (fondazioni di erogazione),
sia organizzando e gestendo direttamente i loro programmi (fondazioni operative).
Le fondazioni sono disciplinate dal Libro I del Codice Civile (articoli 12 – 35).
Una fondazione è costituita da un fondatore - anche più persone congiuntamente
ovvero una persona giuridica - tramite un atto pubblico o una disposizione
testamentaria; la dell'ente deve essere sancita da un notaio tramite l'atto di
fondazione, mentre per poter operare necessita di un che sottopone tutti gli
atti della fondazione al controllo di legittimità di un'apposita autorità vigilante
(art. 12 e seguenti del Codice Civile).
Le principali norme organizzative per il corretto funzionamento dell'ente sono
raccolte nello , che costituisce parte integrante dell'atto di fondazione.
Il PATRIMONIO è un elemento necessario, in quanto la legge e la giurisprudenza
non ammettono fondazioni finanziate esclusivamente da contributi di terzi; la
costituzione di una fondazione, pertanto, può essere vista come un
immobilizzazione di risorse economiche da utilizzare efficacemente ed
efficientemente a beneficio della collettività. È per queste ragioni che l’autorità
preposta al riconoscimento giuridico della fondazione è legittimata a richiedere
un patrimonio minimo, tale da consentire l’effettiva possibilità di raggiungere
lo scopo.
Per il riconoscimento nazionale il Ministero dell’Interno ha imposto una soglia
minima di 100.000,00 euro, al di sotto della quale l’istanza di riconoscimento
non viene accolta dalla prefettura. È ammesso un capitale inferiore solo se la
fondazione dispone di beni immobiliari.
BOZZA
STRUTTURA ORGANIZZATIVA
- Soci Fondatori
La Fondazione sarà promossa dai Fondatori che interverranno all’atto della
costituzione e da soggetti che aderiranno e contribuiranno al patrimonio della
Fondazione successivamente all’atto costitutivo. I soci fondatori devono
sottoscrivere e versare un minimo di tre quote per un massimo di dieci quote.
La quota è stabilita in € 500,00.
21
- Soci Sostenitori – Università ed Enti scolastici
Alla Fondazione possono aderire Università, Istituti scolastici pubblici e privati,
in qualità di Sostenitori. I Soci Sostenitori aderiranno versando un minimo di
due quote.
- Soci Ordinari - Aziende e Privati
Possono divenire soci ordinari le persone fisiche e giuridiche pubbliche o
private e gli enti e organismi che ne facciano richiesta, condividendo gli scopi
della Fondazione ed impegnandosi a contribuire al suo finanziamento, previa
accettazione alla relativa domanda da parte del Consiglio di Amministrazione.
I soci ordinari contribuiscono con un apporto minimo:
di una quota per persone fisiche;
di due quote per enti non profit (parrocchie, congregazioni, fondazioni,
associazioni, comitati, etc.);
di tre quote per aziende e società;
di quattro quote per banche e istituti di credito;
di sei quote per enti locali.
ORGANI
Gli organi della Fondazione saranno:
- Consiglio Generale
- Il Presidente e il Presidente onorario
- Il Consiglio di Amministrazione
- Il Comitato Tecnico Scientifico
- Il Collegio dei Revisori dei Conti
CONSIGLIO GENERALE
La Fondazione è retta da un Consiglio Generale composto da un rappresentante
designato da ogni Fondatore, da ogni socio Sostenitore e da ogni socio
Ordinario. I Consiglieri rappresentanti hanno diritto ad un numero di voti pari
alle quote corrispondenti al valore dei beni immobili e mobili conferiti alla
Fondazione così come precisato nell’atto di conferimento.
Al Consiglio Generale spetta:
1. la nomina
- Consiglio di Amministrazione
- Comitato Tecnico Scientifico
- Collegio dei Revisori
2. l’approvazione del budget per l’esercizio, entro il mese di dicembre, e del
bilancio consuntivo, entro al successivo mese di giugno, e dei contributi annuali
di funzionamento versati dai Fondatori, Sostenitori ed Ordinari. Il contributo
annuale non può superare il 30% della somma delle quote di sottoscrizione.
22
3. approvazione dei programmi annuali di attività della Fondazione, visto il
parere favorevole del Comitato Tecnico Scientifico.
PRESIDENTE
Il Presidente ha la legale rappresentanza della Fondazione con, tutti i poteri
attinenti l’ordinaria amministrazione della stessa. Il Presidente è nominato
dal Consiglio di Amministrazione all’interno dei suoi membri.
CONSIGLIO di AMMINISTRAZIONE
Il Consiglio di Amministrazione è composto dal Presidente, dal Presidente
onorario (l’ordinario diocesano di Caserta), dal Presidente del Comitato
Tecnico Scientifico e da otto componenti eletti dal Consiglio Generale e
rappresentanti dei Soci Fondatori (5 consiglieri), Sostenitori (3 consiglieri),
Soci Ordinari (1 consigliere).
Al Consiglio di Amministrazione spetta:
- Amministrazione del Patrimonio della Fondazione e gestione delle attività
economiche per realizzare gli scopi della Fondazione.
- Le scelte relative alla costituzione o partecipazione ad enti o società che
perseguano gli scopi della Fondazione.
- Approvazione delle proposte di budget, di bilancio consuntivo e programma
annuale.
- Accettazione di domande di adesione alla Fondazione.
- Assegnazione di microcredito.
- Nomina del Presidente e del Vice Presidente.
COMITATO TECNICO SCIENTIFICO
Il C. T. S della Fondazione è composto da un rappresentante per ogni Ente o
Università sostenitrice e da tre ulteriori esperti di tematiche manageriali e
imprenditoriali. Nomina al suo interno un Presidente. Il C.T.S ha il compito
di elaborare proposte e programmi volti a definire le linee generali e strategiche
delle attività della Fondazione. Esprime valutazioni generali sulla qualità dei
risultati dei programmi annuali. È compito del C.T. S individuare e selezionare
i progetti per il microcredito, che saranno oggetto delle attività formative e
di sostegno economico della Fondazione. Sarà inoltre compito, costituire una
rete internazionale costituita da Università ed Enti.
IL COLLEGIO REVISORI DEI CONTI
Il Collegio dei Revisori dei Conti è composto da tre membri nominati dal
Consiglio Generale tra gli abilitati al controllo legale dei conti. Il Collegio ha
analoga durata del Consiglio e nomina al suo seno il Presidente. I revisori
controllano l’amministrazione della Fondazione, accertano la regolare tenuta
delle scritture contabili.
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Diocesi di Caserta
rogetto
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