Punto Omega
Rivista quadrimestrale
del Servizio Sanitario
del Trentino
Nuova serie
Anno III/2001
numero 5-6
agosto 2001
Registrazione del Tribunale
di Trento n. 1036
del 6.10.1999
© copyright 2000
Provincia Autonoma
di Trento
Tutti i diritti riservati.
Riproduzione consentita
con citazione obbligatoria
della fonte
Direttore
Mario Magnani
Direttore responsabile
Alberto Faustini
Coordinamento redazionale
ed editoriale
Vittorio Curzel
Redazione
a cura del Servizio
Programmazione e ricerca
sanitaria
Hanno scritto
per questo numero:
Luigi Bertinato
Alberto Betta
Vittorio Curzel
Paolo Daini
Paolo De Pieri
Renzo De Stefani
Carlo Favaretti
Giovanni Martini
Enrico Nava
Monica Pisetta
Federico Schena
Angelo Stefanini
Erio Ziglio
Questo numero doppio
contiene anche la versione
italiana dei seguenti
documenti ell’Organizzazione
mondiale della Sanità:
La Carta di Ottawa per la
promozione della salute;
Le Raccomandazioni di
Adelaide sulla politica
pubblica per la salute;
La Dichiarazione di
Sundsvall sugli ambienti
favorevoli alla salute;
Le Linee guida di Heidelberg
per la promozione
dell’attività fisica per le
persone anziane;
La scuola che promuove la
salute - un investimento in
educazione, salute e
democrazia;
La Dichiarazione di Jakarta
sulla promozione della
salute nel 21° Secolo;
Accesso all’informazione,
partecipazione pubblica e
ricorso alla giustizia nelle
questioni riguardanti
l’ambiente e la salute;
La Dichiarazione di Verona
sugli investimenti in salute
Published in English by the
Regional Office for Europe
of the World Health
Organisation.
© World Health Organisation
Translation rights for an
edition in Italian have been
granted to the Servizio
Programmazione e Ricerca
Sanitaria, Provincia
Autonoma di Trento, by the
Director of the Regional
Office for Europe of the
World Health Organisation.
The Publisher alone is
responsible for the accuracy
of the translation.
La traduzione dei documenti
è stata curata da Luigi
Bertinato, Vittorio Curzel,
Paolo De Pieri,
Giovanni Martini,
Francesca Menna,
Federico Schena.
I traduttori sono
responsabili per
l’accuratezza del testo
e della traduzione.
Progetto grafico
Giancarlo Stefanati
Editing
Attilio Pedenzini
Stampa
Tipografia Alcione
Trento
Stampato su carta
ecologica
Fedrigoni Vellum white
Indirizzo
Provincia Autonoma
di Trento
Servizio Programmazione
e Ricerca sanitaria
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38100 Trento
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fax +39.0461.494073
e-mail:
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Sito Internet:
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sanita
3
5
Mario Magnani
Editoriale
Erio Ziglio
L’approccio della
promozione della salute
e il suo sviluppo
nella regione europea
Luigi Bertinato
13 Le nuove esperienze
regionali: il Veneto
Angelo Stefanini
20 Le nuove esperienze
regionali:
l’Emilia Romagna
Paolo Daini
32 Promuovere la salute
nell’ambiente:
la prospettiva della
valutazione d’impatto
Vittorio Curzel
41 Promozione della salute
e marketing sociale
57
67
75
84
92
100
Le esperienze in Trentino:
Giovanni Martini
Programmare
per promuovere la salute
Carlo Favaretti, Paolo De Pieri
Gestire
per promuovere la salute
Enrico Nava
Strategie di educazione
alla salute nel setting
scolastico
Alberto Betta
L’importanza di
(ri)costruire una sanità
pubblica moderna nel
quadro delle politiche
per la salute
Monica Pisetta
Creare ambienti
favorevoli alla salute
Renzo De Stefani
Rafforzare l’azione delle
comunità
5-6
anno tre numero cinque/sei
Federico Schena
113 Lo sviluppo dell’attività
fisica nella popolazione
anziana
Paolo De Pieri, Carlo Favaretti
124 Riorientare
i servizi sanitari
Schede
131 La Carta di Ottawa per la
promozione della salute (1986)
136 Le Raccomandazioni di Adelaide
sulla politica pubblica per la
salute (1988)
143 La Dichiarazione di Sundsvall sugli
ambienti favorevoli alla salute
(1991)
149 Le Linee guida di Heidelberg per la
promozione dell’attività fisica per
le persone anziane (1996)
157 La scuola che promuove la salute un investimento in educazione,
salute e democrazia (1997)
161 La Dichiarazione di Jakarta sulla
promozione della salute nel 21°
Secolo (1997)
166 Accesso all’informazione,
partecipazione pubblica e accesso
alla giustizia nelle questioni
riguardanti l’ambiente e la salute
(1999)
190 La Dichiarazione di Verona sugli
investimenti in salute (2000)
Editoriale
F
ino a pochi anni fa sarebbe stato
impensabile produrre una pubblicazione così ampia, diversificata e mirata sul concetto di promozione della salute e sulle applicazioni concrete di questo approccio: questa innovativa concezione metodologica e
contenutistica per affrontare con efficacia ed efficienza i problemi della
salute e della malattia ha infatti avuto in breve tempo un’incredibile diffusione e un progressivo radicamento nella mentalità e nell’azione di
chi, da un lato, definisce le politiche
per la salute e di chi, dall’altro, è incaricato della gestione e dei processi attuativi interni alla sanità.
Gli interventi contenuti in questo numero di PuntOmega danno un’idea
abbastanza esaustiva del livello a cui
è giunta la riflessione e l’estensione
pragmatica della promozione della
salute in vari contesti di riferimento.
La Provincia Autonoma di Trento ha
sicuramente avuto un ruolo di avanguardia nell’acquisizione e nell’interiorizzazione di questo approccio,
grazie soprattutto all’esperienza
condotta con l’Ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. In quell’occasione il Trentino è
stato scelto come realtà pilota in Europa per il progetto dimostrativo
“Investire in salute”; il successo di
questa iniziativa ha consentito un
suo progressivo ed ulteriore sviluppo, poi sistematizzato e formalizzato come area di intervento prioritaria all’interno del Piano sanitario
provinciale 2000-2002, attualmente
in discussione come disegno di legge presso il Consiglio provinciale.
Abbiamo già potuto constatare concretamente come il carattere “universalistico” di questa concezione
non si limiti a cercare e ad applicare
le modalità per produrre salute nel-
le società contemporanee, ma persegua anche concetti come equità e
sostenibilità, per raggiungere accettabili livelli di integrazione e coesione sociale ed elabori strategie che,
in aggiunta ai guadagni di salute,
possano fornire valore aggiunto allo
sviluppo economico e sociale. La
promozione della salute, dunque,
non può assolutamente prescindere da un impegno intersettoriale che
metta anche in discussione, rinnovandoli, sia le finalità proprie di questi ambiti, sia le metodologie di lavoro.
Si tratta di una sfida in primo luogo
di carattere culturale, una diversa
prospettiva dove la salute dei singoli e della collettività venga sempre considerata come orizzonte di
riferimento.
Anche nel contesto locale, in presenza di condizioni probabilmente più
favorevoli che altrove, siamo riusciti a vincere questa sfida, sebbene,
per ora, soltanto in alcuni specifici
e limitati ambiti di intervento.
Il coinvolgimento intersettoriale,
non solo dei livelli istituzionali ma
anche degli stessi cittadini e delle
loro associazioni, che divengono
così protagonisti nel determinare la
propria salute, risulta comunque imprescindibile per perseguire questa
grande opportunità di cambiamento e di miglioramento delle politiche
sociali nelle realtà a sviluppo avanzato con riferimento alla dimensione locale o nazionale, come anche questo è l’intento finale dell’OMS ad un livello che coinvolga e unisca
l’intera area europea.
Mario Magnani
Assessore provinciale
alle Politiche sociali
e alla Salute
3
“Serrati gli uni contro gli altri dalla crescita del loro numero e dalla moltiplicazione
dei collegamenti, accomunati dal risveglio della speranza e dell’angoscia per il
futuro, gli uomini di domani lavoreranno per la formazione di una coscienza unica
e di una conoscenza condivisa”.
Pierre Teilhard de Chardin
“Punto Omega”, nel pensiero di Teilhard de Chardin, filosofo e teologo vissuto tra
il 1881 e il 1955, è il punto di convergenza naturale dell’umanità, laddove tendono
tutte le coscienze, nella ricerca dell’unità che sola può salvare l’Uomo e la Terra.
“Punto Omega” è anche il titolo scelto per la rivista quadrimestrale del Servizio
sanitario del Trentino ideata nel 1995 da Giovanni Martini, poiché le sue pagine
vogliono rappresentare un punto di incontro per tutti coloro che sono interessati ai
temi della salute e della qualità della vita.
Questo numero della rivista è dedicato
a Marco Mantovano (1964/2001), caro amico
e collega del Servizio Programmazione e Ricerca
sanitaria della Provincia Autonoma di Trento.
2
L’approccio
della promozione
della salute
e il suo sviluppo
nella regione europea
Erio Ziglio
La promozione della salute come parte
integrante e strumentale allo sviluppo
economico e sociale dei paesi europei
Introduzione
Nell’ultimo decennio quasi tutti i 50
paesi membri della Regione Europea dell’OMS hanno avviato processi di riforma dei servizi sanitari.
Benché vi sia molta differenza nell’organizzazione, nel finanziamento
e nella storia dei sistemi sanitari
dei paesi europei, le riforme in atto
hanno molti elementi in comune sia
ad est che ad ovest - sia a nord che
a sud - del continente europeo.
Infatti, analizzando le varie riforme, si può notare che il contenimento dei costi e la ricerca di modalità alternative di finanziamento
del sistema sanitario sono di gran
lunga gli elementi trainanti dei vari
processi di riforma in atto in Europa. L’aumento della qualità delle
prestazioni e l’equità dell’uso dei
servizi sanitari da parte della popolazione sono altri elementi che caratterizzano le spinte di riforma in
molti paesi Europei.
Bastano questi elementi per forgiare una politica per la salute per
il 21esimo secolo? Sicuramente no!
La maggior parte dei processi di ri-
forma in atto nel continente europeo sono viziati, a mio parere, da
due punti deboli:
- l’incapacità di orientarsi alla
promozione della salute con
solide strategie;
- la debolezza strategica che non
consente una seria politica intersettoriale ed integrata capace di influenzare i fattori che
determinano la salute della popolazione.
Con queste debolezze non si può
pensare di avere una base solida per
una politica di promozione della
salute per il nuovo millennio.
Non vi è dubbio che molte delle
riforme in atto nei paesi europei
possono apportare una migliore razionalizzazione all’interno del sistema sanitario. Di certo vi è, in moltissime realtà europee, la necessità
di aumentare l’efficienza e l’efficacia dei servizi sanitari con opportune misure manageriali, finanziarie e di formazione del personale.
Detto questo, un’analisi approfondita di queste riforme lascia perplessi sulla loro reale capacità di affrontare le grandi sfide per la promozione e il mantenimento della salute
delle popolazioni in Europa. Queste
sfide sono connesse con la necessità di supportare le popolazioni europee ed aiutarle ad avere un maggior controllo sui determinanti della salute sociali, economici ed ecologici. La sfida è complessa sia
perché questi determinanti vanno
oltre la tradizionale giurisdizione
delle politiche sanitarie, sia per la
dinamica dei grandi cambiamenti
politici, sociali ed economici attualmente in corso in Europa.
5
La promozione della salute in Europa
6
Di questo è ben conscia l’OMS.
La nuova politica per la “Salute per
Tutti” approvata dai Paesi Membri
della Regione Europea denominata
Health 21 (Salute 21: Salute per
Tutti nel 21esimo secolo*) è un
grande ed ambizioso sforzo per implementare misure efficaci che sviluppano servizi sanitari di qualità e
che producono salute attraverso
un’azione multisettoriale.
In aggiunta alla razionalizzazione del sistema sanitario (aumento
della sua efficacia ed efficienza), le
domande chiave che i paesi, le regioni ed i comuni devono porsi includono: come produrre salute in
una determinata popolazione? con
che strategie? con quali misure? con
che approccio settoriale ed multi-
* La traduzione in italiano è stata
pubblicata in Punto Omega n. 2/3 Agosto 2000.
settoriale? con quale sviluppo organizzativo? con quali incentivi?
Il bisogno
di un nuovo paradigma
La promozione della salute viene
definita dall’OMS (1986) come il
processo che permette alla popolazione di aumentare il controllo dei
fattori che determinano la salute al
fine di promuoverla e sostenerla. La
Carta di Ottawa definisce i campi
d’azione per lo sviluppo di una strategia di promozione della salute.
Questi campi d’azione possono essere elencati sotto cinque grandi
aree:
- Create Healthy Public Policy (creare politiche pubbliche che promuovono la salute della popolazione, per esempio orientare verso la promozione della salute le
politiche sociali, agricole, del
trasporto, del turismo, della pianificazione urbana, etc.);
- Strengthen Community Action
(rafforzare i processi di partecipazione dei cittadini nella formulazione, implementazione e
valuatazione di politiche che direttamente o indirettamente influiscono sulle opportunità di
promozione della salute in una
determinata popolazione);
- Build Supportive Environment
(costruire ambienti che supportano la promozione della salute,
per esempio la scuola, il contesto lavorativo, etc.);
- Develop Personal Skills (sviluppare abilità personali per meglio
affrontare decisioni inerenti la
salute individuale e della popolazione nel suo insieme);
- Re-orient Health Services (riorientare i servizi sanitari verso
la promozione della salute e non
solo sulla cura e riabilitazione).
Partendo dalla Carta di Ottawa, una
serie di conferenze e progetti internazionali promossi dall’OMS (fra cui
uno, fra i primi, anche con la partecipazione delle Province Autonome di Trento e Bolzano) hanno creato evidenza e documentazione di
come sia possibile innescare dei
processi di cambiamento ed innovazione in linea con il concetto di
promozione della salute sopra evidenziato. La decisione dell’OMS/Europa di realizzare prossimamente, in
cooperazione con la Repubblica Italiana e la Regione Veneto, l’Ufficio
Europeo per gli Investimenti per la
Salute e lo Sviluppo, a Venezia, va
nella logica di raddoppiare gli sforzi in questa direzione. Con questo
Ufficio, l’OMS potrà fornire maggio-
re contributo scientifico e servizi affinché i paesi membri possano aumentare la loro capacità di implementare politiche per la promozione della salute più integrate e collegate con uno sviluppo economico
e sociale più equo e sostenibile.
Posizionare la Promozione
della Salute come Investimento
L’Ufficio Europeo dell’OMS suggerisce di posizionare la promozione
della salute come una strategia di
investimento. Infatti, una robusta
strategia di promozione della salute, in aggiunta a benefici di salute
misurabili in una determinata popolazione, offre ritorni sociali ed
economici. È importante quindi che
la promozione della salute della
popolazione sia posizionata al centro dello sviluppo sociale ed economico di una nazione, regione o
area locale. Questo posizionamento
ha una valenza sia metodologica che
strategica.
Dal punto di vista metodologico
è disponibile una vasta letteratura
che dimostra che cambiamenti economici e sociali hanno un impatto
enorme sulle possibilità, o sulle
barriere, per la promozione della
salute. Dal punto di vista strategico, il concetto e i principi di promozione della salute, contenuti nella Carta di Ottawa, hanno maggiore
possibilità di essere implementati
in modo sostenibile ed efficace
quando si addotta un approccio che
l’OMS chiama “Investment for Health” (investire per la salute).
Ci sono quattro domande cruciali
a cui una politica di promozione
della salute, come strategia di in7
Le riforme dei sistemi sanitari in
atto in molti paesi europei dovrebbero ricercare risposte concrete a
questi tre interrogativi.
La strategia dell’OMS incoraggia
i Paesi Membri ad affrontare alle
radici gli ostacoli alla promozione
della salute. Non vi è dubbio che
esiste la necessità di intensificare
programmi che facilitano cambiamenti comportamentali individuali
su tematiche quali il fumo, l’alcol,
l’attività fisica. Per essere credibili
ed efficaci, questi programmi debbono essere implementati all’interno di una strategia quadro che riconosca e cerchi di influenzare le circostanze economiche, sociali e
culturali che determinano la salute.
Questo è il significato del termine
“determinanti della salute” usato
dall’OMS e più volte utilizzato nel
piano sanitario nazionale italiano.
Le politiche sociali, del lavoro, della casa, dell’istruzione, dell’ambiente sono da considerarsi determinanti
cruciali della salute. Esse determinano le condizioni di vita degli individui e possono facilitare ed au-
Programmi
Investire per la Salute
Politiche
La promozione della salute in Europa
8
vestimento, dovrebbe dare risposta:
- Dove si crea e si sostiene la salute di una determinata popolazione?
- Che tipo di investimenti (o disinvestimenti) danno il maggiorritorno in termini di guadagni di
salute per quella popolazione?
- Che tipo di investimenti e strategie diminuiscono le ineguaglianze di stato di salute e rafforzano i diritti umani?
- Quali investimenti danno valore
aggiunto allo sviluppo sociale ed
economico in modo equo e sostenibile e producono contemporaneamente guadagni di salute nella popolazione?
Comportamenti
Stili di vita
Settings
Condizioni di
vita
Investment for Health
Figura 2
Quale Investimento?
Tipo di
Investimento
Pubblico/
Pubblico/
Privato
Individuale
Condizioni
di vita
“Settings”
Stili di
vita
ü üüü üüü ü ü
ü
ü
üü
Comportamenti
ü
üüü
Investment for Health
Figura 1
mentare le opportunità concrete di
promozione della salute in una determinata popolazione. Oppure, se
non orientate verso criteri di salute, tali politiche possono rimanere
parte del problema e rappresentare
grandi ostacoli per la produzione di
salute.
La figura 1 dà visivamente l’idea
che l’approccio “Investment for Health” deve essere basato su politiche robuste che cercano di migliorare i determinanti sociali, ambientali ed economici che influiscono
sulle condizioni di vita della popolazione.
La figura 2 chiarisce che una strategia moderna di promozione della
salute richiede un “portafoglio di
investimenti”. Questi investimenti
sono connessi con misure di sviluppo - politiche pubbliche ed iniziative private (per esempio, investimenti per ridurre i livelli di pover-
tà) e misure individuali (investimenti in termini di motivazione personale per il cambiamento comportamentale inerente fattori di rischio
quali, per esempio, il fumo).
Il programma “Promozione della
Salute ed Investimento” dell’Ufficio
Europeo dell’OMS ha attivato una
serie di progetti innovativi che mirano a dimostrare sul campo varie
possibilità manageriali, finanziarie,
di sviluppo organizzativo, ecc., nell’affrontare le tre domande cruciali
sopra elencate. I primi risultati di
questi progetti indicano che i paesi
europei hanno la possibilità di innovare in modo significativo in questo campo.
In aggiunta ai progetti dell’OMS
accennati sopra, si è accumulata
una letteratura interessantissima sui
fattori sociali, economici, ambientali e culturali che determinano la
salute. Macro-tendenze come l’au9
La promozione della salute in Europa
10
mento della povertà, la precarietà
del lavoro ed altri fattori che determinano le possibilità di promozione della salute dimostrano che essa
non può essere sostenuta se non in
presenza di una solida strategia inter-settoriale. A questa conclusione arriva anche il lavoro pubblicato
da Richard Wilkinson “Unhealthy
Societies” in cui trend inerenti lo
stato di salute e fattori socio-economici in vari paesi sviluppati sono
analizzati con ammirevole creatività.
Conclusione
In queste brevi note si è cercato di
porre l’attenzione sulla strategia
OMS per la promozione della salute.
I paesi europei hanno un gran bisogno di adottare e sostenere una
strategia moderna di promozione
della salute. Non vi è dubbio che
l’OMS ha avuto grande lungimiranza quando nel 1948, nella sua costituzione, ha definito la salute
come stato completo di benessere
fisico, sociale e mentale, e non solo
l’assenza di malattia. Questa definizione ha evitato che la salute sia
vista solo come meccanico risultato di processi puramente biologici
o genetici. Per l’OMS la salute è un
concetto olistico. La promozione
della salute è vista come un processo che permette alle popolazioni di aumentare il loro controllo sui
determinanti della salute biologici,
social ed economici.
La promozione della salute rappresenta un “nuovo paradigma”.
L’OMS incoraggia i Paesi Membri a
riorientare le loro politiche verso
questo paradigma. Ciò è essenziale
per implementare politiche per la
salute capaci di affrontare le sfide
del nuovo millennio. La sfida principale non sarà confinata solamente al controllo della spesa sanitaria, bensì a sviluppare una strategia intersettoriale integrata che produca salute e dia dei ritorni aggiuntivi sociali ed economici; una strategia che risponda efficaciemente a
criteri di equità e sostenibilità.
A titolo conclusivo potremmo
chiederci che tipo di caratteristiche
dovrebbe avere una nazione, regione o area locale per essere in grado
di sviluppare una strategia di investimento per la promozione della
salute? Ovviamente la risposta meriterebbe molto spazio.
Alla luce dell’esperienza Europea,
una serie di caratteristiche sembrano di cruciale importanza, e possono essere sintetizzate nella capacità nazionale, regionale e locale di:
- capire ed agire sui fattori che
determinano la salute in una determinata popolazione;
- concentrarsi sulla “produzione”
della salute (non unicamente
sulla razionalizzazione interna
del sistema di assistenza sanitaria al fine di controllarne il
consumo);
- valutare i guadagni di salute per
la popolazione e assegnare responsibilità per il loro raggiungimento e mantenimento;
- analizzare i potenziali di investimento ed il loro impatto su
criteri di equità, sostenibilità e
guadagno di salute per tutta la
popolazione;
- aumentare la capacita di azione
inter-settoriale a livello nazio-
nale, regionale e locale;
- fornire incentivi per formare una
sinergia di interessi (pubbliciprivati) atti a promuovere e sostenere la salute e la qualità della
vita nella popolazione in esame;
- posizionare la promozione della
salute all’interno del processo di
sviluppo sociale ed economico
(ed influenzare tale processo affinché sia “sano”, equo e sostenibile);
- adottare un sistema informativo
integrato ed imperniato sui determinanti della salute;
- sviluppare una infrastruttura (all’interno e all’esterno del sistema sanitario) che favorisca quanto sopra.
Non vi è dubbio che vi sia un
grande bisogno in Europa di creare
opportunità di dibattito, apprendimento e di sviluppo di esperienze e
conoscenze sui temi sopra esposti.
Per questa ragione, l’Ufficio Europeo dell’OMS ha lanciato la “Verona
Initiative 1998-2000. Investing for
Health: The economic, social and
human context”
(www.who.dk/verona/main.htm).
L’idea è di creare un’arena di dibattito e di lavoro comune tra paesi e professionalità diverse. Il fine
è di capire meglio come attuare in
pratica una strategia di promozione
della salute solitamente basata sui
determinanti (in gran parte sociali
ed economici) della salute.
Vi è un gran bisogno di ricerca di
consenso sui criteri di investimento e sulle caratteristiche di infrastruttura e di gestione del processo
di cambiamento per posizionare ed
implementare la strategia di promo-
zione della salute come parte integrante e strumentale allo sviluppo
economico e sociale dei paesi europei.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Kickbusch, I. (1997) “Think Health: What Makes the Difference? Address given at the 4th
International Conference on Health Promotion”. Jakarta, Indonesia, 21-25 July 1997. Geneva: World Health Organization,
HPR/HEP/4ICHP/BR/97.3.
[2] Levin, S.L., McMahon, L. and
Ziglio, E. (Eds) (1994) “Economic Change, Social Welfare and
Health in Europe”. Copenhagen:
World Health Organization, Regional Office for Europe.
[3] Levin, S.L. and Ziglio, E. (1997)
“Health Promotion as an Investment Strategy: A Perspective
for the 21st Century” in M. Sidell, L. Johns, J. Katz and A.
Peberdy (Eds) “Debates and Dilemmas in Promoting Health”.
London: MacMillan Press Ltd.
[4] Milio, N. (1981) “Promoting Health Through Public Policy”.
Philadelphia: F.A. Davis.
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11
La promozione della salute in Europa
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(1984) “Health Promotion: A
Discussion Document on the
Concept and Principles”. Copenhagen: World Health Organization, Regional Office for
Europe.
cial and Human Development.
Copenhagen, Arena Meeting 1,
Verona, Italy, October 14-17.
Paper available through: World
Health Organization, Health
Promotion and Investment Programme.
[8] WHO, (1995) “Securing Investment for Health: Report of a Demonstration Project in the Provinces of Bolzano and Trento”.
Copenhagen: World Health Organization, Regional Office for
Europe, Health Promotion and
Investment Programme.
[13]WHO, (1998b) “Key Issues for
the New Millennium.” Promoting Health The Journal of Health Promotion for Northern Ireland, 2, pp 34-37.
[9] WHO, (1996a) “Investment for
Health in Slovenia”. Copenhagen: World Health Organization,
Health Promotion and Investment Programme.
[10]WHO, (1996b) “Investment for
Health in the Valencia Region:
Mid-Term Report”. Copenhagen:
World Health Organization, Regional Office for Europe, Health Promotion and Investment
Programme.
[14]Ziglio, E. and Hagard, S. (1998)
“Appraising Investment for Health Opportunities”. Copenhagen: World Health Organization,
Health Promotion and Investment Programme.
[15]Ziglio, E., Levin, L.S. and Bertinato, L. (1998) “Social and
Economic Determinants of Health: Implications for Health
Promotion” FORUM, (Special
Issue).
[11]WHO, (1997) “Investment for
Health in Hungary”. Copenhagen: World Health Organization,
Regional Office for Europe, Health Promotion and Investment
Programme.
[16]Ziglio, E., McMahon, L. Hagard,
S., Harvey, S. and Levin, L.S.
(2000) “Investment for Health”.
Technical Report. Proceeding
of the 5th World Conference on
Health Promotion. Mexico City,
5-9 June 2000. Washington:
Pan American Health Organization.
[12]WHO, (1998a) “Producing and
Sustaining Health: The Investment for Health Approach”. Key
Note Speech, The Verona Initiative - Investing for Health
in the Context of Economic, So-
Erio Ziglio è Responsabile del Programma
Promozione della salute ed Investimento
dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità - Ufficio per l’Europa,
Copenaghen, Danimarca.
Le nuove esperienze
regionali: il Veneto
Luigi Bertinato
La promozione della salute nella Regione
Veneto. “The Verona Initiative”.
Il mutato assetto organizzativo del
nostro Paese attuato con la riforma
Bassanini, il recente decentramento delle competenze socio-sanitarie, la crescita delle attività di integrazione tra le istituzioni dell’Unione Europea, hanno offerto
nuove opportunità alle Regioni nel
campo della promozione della salute.
La partecipazione della Regione
del Veneto al progetto triennale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità denominato: “The Verona Initiative” sulle strategie di “investimenti in salute”, ha aperto un
ampio dibattito sulla “politica sanitaria della Regione Veneto in favore dell’acquisizione di corretti stili
di vita e della promozione della salute” che ha portato alla recente
riorganizzazione della promozione
della salute secondo un sistema di
rete regionale diffusa sul territorio.
Questa nuova organizzazione prevede, tra l’altro, il coordinamento
tra le attività del Centro di Riferimento Regionale sulla Sicurezza nei
Luoghi di Lavoro (con sede a Vene-
zia presso l’Azienda ULSS Veneziana) e il Centro di Riferimento Regionale sulla Promozione della Salute (istituito a Verona presso la locale Azienda sanitaria territoriale)
con il compito di attuare le politiche regionali di promozione della
salute, utilizzando metodologie di
intervento nelle loro accezioni più
moderne derivanti dal confronto internazionale cui la Regione del Veneto ha fattivamente partecipato
con il progetto dell’OMS che si è
svolto a Verona.
“The Verona Initiative”
I principi che hanno ispirato “The
Verona Initiative” hanno tenuto
conto sia delle strategie nazionali
che di quelle dell’OMS.
Il Piano Sanitario Nazionale, infatti, ha introdotto due tendenze
sinergiche volte da una parte a realizzare una programmazione sanitaria centrata sulle compatibilità economico-finanziarie e ad una pro-
13
Le nuove esperienze regionali
14
grammazione imperniata su obiettivi di salute e dall’altra, sulla centralità della dimensione dello stile
e delle condizioni di vita.
L’OMS nel documento denominato “Salute 21 – salute per tutti nel
XXI secolo” ha posto la salute e il
benessere della popolazione come
l’obiettivo finale dello sviluppo economico e sociale dei singoli Stati.
Il dibattito di “Verona Initiative”,
sulla promozione della salute e sugli investimenti in salute, si è caratterizzato con tre importanti eventi definiti “arena meetings” organizzati dall’OMS a Verona dal 1998 al
2000, in stretta collaborazione con
la Regione del Veneto e le Istituzioni locali (Comune, Provincia,
Università, Azienda Ospedaliera,
Azienda ULSS n. 20 di Verona), con
la maggiore industria farmaceutica
ivi presente, con il Ministero della
Sanità e con alcune tra le più importanti Istituzioni Internazionali
quali la Yale University, l’Office for
Public Management di Londra, la
Mutualité Française, l’Università di
Edimburgo e l’United Nations University, in collaborazione con “The
European Committee for Health Promotion Development” e con i Centri collaborativi OMS sulla promozione della salute.
Il dibattito si è sviluppato sulle
seguenti tematiche:
1. “Investire in Salute – implicazioni e macro tendenze europee”,
1998.
2. “L’impatto delle macro-tendenze
europee sulla salute dei diversi
gruppi di popolazione, 1999.
3. “La promozione della salute nel
XXI secolo: la strategia di inve-
stimenti in salute”, 2000.
Questi cosiddetti “arena meetings”,
sia perché svoltisi a Verona, sia per
il modello di lavoro “open space”,
si sono inseriti in un contesto storico internazionale dell’ultimo decennio, rappresentato da grandi
mutamenti sociali, economici e politici spesso contrastanti, che hanno avuto grandi ripercussioni sulla
salute e sul benessere dei cittadini
europei.
Il particolare momento storico
dell’Europa di fine secolo ha suggerito all’OMS la necessità di aprire
questa nuova “arena” di dibattito,
al fine di definire quali strategie da
adottare per produrre salute e benessere per tutti nel XXI secolo, attraverso un’azione intersettoriale per
la salute.
Perché un’azione
intersettoriale per la salute?
La necessità di porre l’intervento
intersettoriale tra gli obiettivi prioritari della politica sanitaria discende dall’evidenzia che il benessere
sanitario di una popolazione dipende anche, se non soprattutto, da
determinanti che di regola sono ritenuti estranei o poco influenti sulla
“produzione” di quantità e di qualità di vita di una popolazione. Essi
sono: la cultura, intesa in senso
lato, la condizione socio-economica (fattori che a loro volta influenzeranno i comportamenti e gli stili
di vita) e l’ambiente inteso come
ecosistema.
Determinanti socio-economici
e promozione della salute
Il dibattito di “Verona Initiative” ha
voluto puntualizzare l’utilità e l’efficacia dei classici programmi di
educazione sanitaria e di educazione alla salute, che mirano a ridurre
i cosiddetti “fattori di rischio” delle malattie, o a promuovere comportamenti che abbiano un effetto
“protettivo” sull’insorgere delle malattie cronico degenerative più diffuse.
Non vi è oggi più alcun dubbio
sul fatto che i maggiori determinanti
della salute sono di tipo socio-economico e ambientale e che il modello biomedico dominante sullo
studio eziologico delle malattie, non
sia più sufficiente per comprendere
ed affrontare le vere priorità a livello di salute pubblica.
Tuttavia, i classici programmi di
educazione sanitaria che mirano ad
incoraggiare modifiche di comportamento e di stili di vita dimenti-
cano che i fattori al di fuori dal controllo individuale (legati quindi al
contesto socio-economico, a quello ambientale e legale) sono quelli
che in realtà influiscono sui comportamenti e gli stili di vita e susseguentemente sulle condizioni psicofisiche degli individui.
Il Verona Benchmark
Tra gli obiettivi del progetto “The
Verona Initiative” vi era quello di
creare maggiore ricerca e cultura su
come sia meglio investire in salute
e su quali siano le strategie necessarie per ottenere i migliori investimenti nei diversi livelli decisionali (quello internazionale, quello
nazionale, quello regionale e quello
locale) e con quali strumenti di valutazione. Allo scopo è stato prodotto il documento “The Verona Benchmark: il confronto di Verona sugli
15
Le nuove esperienze regionali
16
investimenti in salute”.
Questo documento chiarifica in
quale maniera una nazione, regione
o comunità locale può valutare la
propria capacità di investire in salute mobilizzando sia le risorse economiche e produttive del proprio
territorio sia migliorando le condizioni amministrative. Viene espressa la necessità che il dibattito europeo sulla salute non si limiti
esclusivamente al controllo dei costi della sanità e agli aspetti finanziari e manageriali relativi all’offerta dei servizi sanitari, ma entri in
una visione più ampia che includa
elementi innovativi quali i cosiddetti fattori determinanti di salute.
Il Verona Benchmark contiene le
caratteristiche necessarie affinchè
le strategie di promozione della salute siano realmente efficaci nel XXI
secolo in Europa. Contiene inoltre
i principi che permetteranno l’utilizzo delle moderne tecnologie nel
miglioramento della salute. Il testo
completo si può trovare sul sito:
www.regione.veneto.it/sanita/oms/
index.htm.
La sfida di Verona
Il documento finale di “Verona Initiative” è stato denominato “La sfida di Verona” (“The Verona Challenge”) ed è stato approvato nel luglio
2000.
Nel documento si affermano quattro principi:
1) La salute è un bene universale e
un diritto umano fondamentale
e come tale rappresenta un
obiettivo prioritario di sviluppo
e risorsa economica che merita
di trovare sostegno e supporto.
Chi gode di buona salute è più
produttivo nel lavoro, si rivolge
in misura ridotta al sistema sanitario e gode di maggiori opportunità di prendere parte alla
vita economica, politica e sociale
del paese. Gli investimenti in
salute non devono assolutamente
rappresentare un costo, ma devono essere considerati un investimento a favore del benessere
socio economico.
2) Ogni decisione politica si ripercuote sulla salute di un paese.
Per tale motivo, un investimento in materia di miglioramento
dell’istruzione o degli alloggi, o
a favore di ambienti più sani o
di un miglioramento dell’occupazione, è da considerarsi un investimento in salute. Questo documento di Verona è rivolto a chi
si occupa di decisioni politiche
ed economiche, di piani e progetti, ai leader di un paese, nonché abbia il potere di influenzare la salute e di favorirne lo sviluppo.
3) Se le autorità di governo potessero investire nell’aumentare le
risorse e le infrastrutture necessarie all’attuazione delle strategie dimostratesi più efficaci, si
aprirebbero le porte di un futuro
ancor più evoluto e progredito
in materia di salute pubblica. Un
impegno deciso da parte del governo in tale direzione, costituisce un requisito essenziale per
lo sviluppo e la promozione della salute.
4) La salute di un paese è senza
dubbio influenzata, sia positivamente che negativamente dai
cambiamenti sociali, dalle riforme in campo politico ed economico, dall’introduzione di tecnologie all’avanguardia nonché dalla comunicazione globale. Tuttavia, per coloro che detengono
il potere in campo politico, la
sfida consiste nello sfruttare le
opportunità offerte da simili
cambiamenti ed evoluzioni in
modo che tutti i cittadini possano godere di uno standard di
vita migliore.
Il testo completo si può trovare sul
sito: www.regione.veneto.it/sanita/
oms/index.htm.
Le ricadute strategiche
nella Regione del Veneto
Il dibattito sulla promozione della
salute che si è svolto a Verona, abbinato a quello inerente le nuove
esigenze di gestione del sistema sanitario regionale, che si è venuto a
sviluppare negli ultimi anni in Regione, hanno spinto molte istituzioni, sia pubbliche che private, ad
incorporare tra le priorità istituzionali la promozione e la salvaguardia della salute dei propri utenti.
Anche la scuola, il mondo del lavoro e altri settori della società, si
sono dotati di programmi di intervento e di strutture organizzative
finalizzate al raggiungimento di
questi obiettivi di promozione della salute.
L’esigenza di rendere più concreta ed incisiva l’azione preventiva a
livello regionale e locale ha richiesto la necessità di istituire, già da
tempo, in tutte le Aziende ULSS del
Veneto appositi Servizi per l’Educazione alla Salute nonché Centri di
Riferimento Regionali, con funzioni attuative delle scelte strategiche
e programmatorie regionali per le
attività di educazione e promozione della salute.
Un ulteriore obiettivo è quello di
creare occasioni di formazione congiunta di personale sanitario e non,
realmente efficaci nel settore della
promozione della salute, che sappiano, da un lato, integrare le conoscenze provenienti dall’ambito
scientifico ed educativo, e dall’altro che sappiano utilizzare in maniera organica i molti dati disponibili presso i Dipartimenti di Prevenzione, gli SPISAL e le Università,
utilizzandoli per la costituzione della strategia programmatoria della
Regione.
Il passaggio dalla semplice raccolta e divulgazioni di dati epidemiologici alla concreta realizzazione di programmi che coinvolgano
sempre più, oltre al settore sanita17
Le nuove esperienze regionali
18
rio nel suo complesso, anche gli
altri settori vitali per produrre salute, quali il settore educativo, abitativo, dei trasporti ecc. ha così
suggerito la necessità di istituire
nella Regione del Veneto, la “Rete
regionale di promozione e educazione alla salute” per mettere a frutto
quanto imparato da approcci quali
quello dello sviluppo integrato della salute e quello degli investimenti in salute dell’OMS.
La Regione, attraverso le attività
dei diversi livelli organizzativi del
sistema socio sanitario regionale,
vuole contribuire concretamente allo
sviluppo delle strategie di promozione della salute oltre che a livello
regionale anche a quello locale. Il
focus infatti sia sul livello regionale che locale, permette una migliore comprensione delle esigenze pre-
ventive e facilita la possibilità e
capacità di identificazione di azioni coerenti con i bisogni dei cittadini e di realizzare programmi con
possibilità di valutazione immediata delle ricadute a livello locale.
In questo senso quindi il livello
di partecipazione alle politiche regionali da parte delle Aziende sanitarie e degli Enti locali assumono
realmente un valore propositivo,
garantendo contemporaneamente un
buon livello di coerenza tra politica
socio-sanitaria regionali e politiche
locali.
Anche in quest’ottica risulta essenziale, in vista della valutazione
della funzionalità del nuovo assetto organizzativo regionale in tema
di Promozione della Salute, la verifica periodica del grado di organizzazione e di funzionamento delle
strutture che in Veneto si occupano
di questo settore. Ciò riguarda in
primo luogo l’ambito del Sistema
Sanitario Regionale che ha nel suo
mandato istituzionale il compito di
attuare servizi in grado di raggiungere gli obiettivi del Piano Sanitario Regionale, ma riguarda anche la
collaborazione con tutti gli altri
settori strategici regionali in particolar modo la scuola e gli enti locali.
I rapporti tra Servizi di Educazione alla Salute, i Centri di Riferimento
Regionali con i Dipartimenti di Prevenzione e la Medicina Territoriale,
vengono coordinati a livello regionale nell’ottica di riconoscere specificità funzionali ai settori di competenza e della complessità del sistema di produzione della salute.
I Servizi presenti nelle Aziende
sanitarie e i Centri regionali di Promozione della Salute garantiscono
l’attuazione dei programmi su scala
regionale e locale utilizzando i
nuovi strumenti specifici della Promozione della Salute, così come
delineati da “Verona Initiative”,
integrandoli con quelli forniti dall’educazione sanitaria o dall’educazione alla salute, mirando al sempre maggiore coinvolgimento intersettoriale di tutti quegli ambiti del
sistema organizzativo sociale in grado di incidere sul livello di salute
della popolazione.
Con questa nuova visione della
promozione della salute, anche il
contributo dei Dipartimenti di Prevenzione è legato non solo alla produzione di dati e alla identificazione di bisogni, ma anche alla integrazione delle azioni sanitarie di
competenza.
Il livello di complessità che si sta
via via delineando nel settore della
“produzione di salute”, e le profonde interrelazioni che essa ha con lo
sviluppo economico e sociale del
territorio, rende evidente come le
competenze preventive sanitarie
non siano da sole sufficienti a rispondere ai nuovi compiti attribuiti alle Regioni nel campo della promozione della salute.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Blane D et al. Health and Social Organisation – Towards a
Health Policy for the 21st Century. London: Routledge, 1996.
[2] Wilkinson RG, Unhealthy Societies, London: Routledge, 1996.
[3] Ziglio E et al. Social and economic determinants of health: implications for promoting the
health of the public., Forum
Trends in Exp. And Clin. Med.
8.3 (suppl. 4), Genoa: FSE,
1998.
Luigi Bertinato è responsabile del
Servizio per i rapporti socio sanitari
internazionali della Regione Veneto.
19
Le nuove esperienze
regionali:
l’Emilia Romagna
Angelo Stefanini
I piani per la salute in Emilia Romagna:
dalla erogazione di servizi alla promozione
della salute.
Uno dei temi forti contenuti nel
DLgsl 229/99, la cosiddetta Terza
Riforma, è quello che vede il crescente riconoscimento dell’importanza del governo locale nella salute della popolazione. Ciò è ribadito
non soltanto dalla riconferma della
funzione di programmazione sanitaria, verifica e controllo del comune, ma anche dal tema centrale al
PSN 1998-2000 (ripreso nella proposta di quello 2001-2003) costituito dalla necessità di alleanze e
collaborazioni, di un vero patto di
solidarietà tra i vari attori sociali,
per poter affrontare su fronti diversi i vari determinanti della salute.
La “novità” di questo approccio
consiste nello spostare l’impegno e
l’assunzione di responsabilità per il
miglioramento della salute della
popolazione dai ristretti confini del
sistema sanitario per portarli nel
contesto sociale, ambientale e politico dove la gente effettivamente
vive, lavora, si ammala e muore. Un
tale salto di paradigma ha una valenza politica sia riformista che facilitatrice in quanto riconosce l’im20
portanza delle strutture sociali nella creazione delle opportunità di
salute e malattia e il bisogno di dare
voce e partecipazione anche alla
popolazione riguardo ai propri problemi e bisogni.1
Il “nuovo” che viene portato
avanti dal movimento della “nuova” sanità pubblica sta nella
(ri)scoperta che i pericoli per la
salute della gente sono eterogenei,
multi-dimensionali e tra loro finemente articolati come dimostrano,
ad esempio, crisi recenti come l’epidemia di AIDS e BSE, problemi complessi come l’invecchiamento della
popolazione e, in genere, gli evidenti effetti patogeni derivanti dal
tipo di organizzazione economica e
sociale che ci siamo dati.2 Va chiaramente oltre le possibilità dei servizi sanitari poter neutralizzare questi pericoli. I cambiamenti necessari a questo scopo infatti si situano a tre livelli:
1. Un livello operativo, rappresentato da tutte quelle iniziative che
possono essere poste in campo
dagli operatori sanitari senza
mettere in discussione le istituzioni sociali esistenti;
2. Un livello politico, che si riferisce alle iniziative che hanno un
impatto sulla salute ma vanno
al di là della sfera convenzionale di influenza e di autorità del
settore sanitario. Un tale cambiamento necessita di interventi da parte dell’organo di governo, a tutti i livelli, ed esige maggiore coinvolgimento e responsabilizzazione delle istituzioni
sociali, che possono quindi in
qualche modo essere anche rivi-
ste nelle loro modalità di organizzazione;
3. Un livello strutturale, che presuppone una messa in discussione
radicale delle stesse strutture sociali che hanno un impatto sulla
salute ma sulle quali la possibilità di intervento degli operatori sanitari e dello stesso governo sono molto limitate. Un cambiamento strutturale richiede la
mobilizzazione di un supporto di
massa che, a sua volta, richiede
un’azione politica extra-parlamentare sostenuta e organizzata.
L’operatore di sanità pubblica si trova dunque a vivere un paradosso di
“collocazione”: situato saldamente
dentro il sistema (sanitario), gli è
impedito dalle regole e dalle procedure inter-professionali di perseguire “fuori” dal proprio sistema quei
cambiamenti politici e strutturali
che rappresentano la condizione sine
qua non per migliorare la salute. Un
tipico esempio che con prepotenza
sta evidenziandosi, sia a livello globale che all’interno dei confini nazionali, sono le profonde disuguaglianze in salute dovute alle crescenti differenze socio-economiche.
Tradizionalmente, tuttavia, la fedeltà di chi opera nell’ambito della
sanità pubblica, per quanto non
esclusiva, è sostanzialmente verso
il sistema piuttosto che verso il
mondo esterno.
Il salto culturale e normativo fatto in questi ultimi anni in Italia, e
di cui il PSN 1998-2000 e il Decreto
229 rappresentano i momenti più
significativi, ci consente finalmen-
te di identificare l’interfaccia, il raccordo concettuale e operativo tra
sistema sanitario e mondo esterno,
tra sanità e salute.
Sistema sanitario e mondo
esterno. Dove sta il raccordo?
L’attività principale di un servizio
sanitario universalistico come il
nostro è soprattutto di assicurare
servizi efficaci e accessibili sulla
base del bisogno clinico (e non, ad
esempio, della disponibilità economica). In questa prospettiva, la separazione tra acquirenti e produttori di servizi, caratteristica delle
varie di riforme sanitarie che si sono
susseguite a livello internazionale
nella prima metà degli anni 90, era
doppiamente motivata. Da una parte intendeva rendere autonomi i produttori di prestazioni sanitarie in
modo che potessero competere tra
loro in qualità e prezzo; dall’altra
parte tale separazione era vista come
un meccanismo per permettere alle
autorità sanitarie, le Aziende USL,
di concentrare le proprie forze nel
rispondere ai bisogni della propria
popolazione (la funzione di tutela
o, come viene chiamata nella regione Emilia-Romagna, di “committenza”) senza essere influenzate dagli
interessi di cui sono evidentemente
portatori i produttori, per loro natura mossi non tanto al soddisfacimento dei bisogni della popolazione quanto verso obiettivi essenzialmente autoreferenziali.
La Regione Emilia-Romagna ha
ritenuto che la collaborazione paghi di più della concorrenza e che
il lavorare insieme sia più efficace
dell’individualismo che produce e di
21
Il concetto di COMMITTENZA
Bisogni
di salute
Efficacia
e costo-efficacia
dei servizi
Le nuove esperienze regionali
Scelta delle
priorità su quali
servizi fornire
22
cui si nutre il mercato. Il Piano Sanitario Regionale 1999-2001, tuttavia, mantiene concettualmente
separate, pur all’interno di una
Azienda sanitaria unita, le due funzioni di committenza e produzione.
In questo ruolo ritagliato su misura, l’Azienda può quindi ugualmente fungere da agente e paladino della
popolazione e dei suoi bisogni. Per
raggiungere l’obiettivo di un ‘guadagno in salute’ è necessario porre
in atto una strategia di salute. È
attraverso questa strategia che la
funzione di committenza persegue
il suo fine di migliorare la salute
definendo il ruolo che i produttori
devono svolgere per concorrere a
tale scopo. È la chiarezza circa i risultati finali da raggiungere, e circa
i target da perseguire per ridurre e
prevenire la malattia, che permette
al committente di definire il ruolo
e le caratteristiche quali-quantitative dei differenti servizi necessari
per raggiungere questo fine.
Il concetto di committenza per
un guadagno in salute comprende
infatti tre aspetti:
- l’accertamento dello stato di salute della popolazione e dei suoi
bisogni;
- la verifica della efficacia dei trattamenti e del rapporto costo-efficacia dei diversi servizi;
- la scelta delle priorità tra i vari
servizi con una attenzione particolare all’importanza che il
pubblico attribuisce loro e la percezione che esso ha dei vari problemi di salute.
La funzione di committenza ha
in sé tutto il potenziale di forte leva
per il cambiamento. Abbinando saggezza a competenza scientifica, essa
può accelerare l’evoluzione di servizi efficaci ed equi, necessari a
migliorare la salute, oltre a chiarire
le necessità e le priorità della ricerca.
La sfida consiste nell’influenzare
Figura 1
la salute attraverso un processo che
porti alla produzione dei servizi sanitari più efficaci, erogati nel
modo più appropriato e che vadano
a rispondere a bisogni precedentemente identificati, spostando il sistema sanitario verso la produzione
di salute e non semplicemente verso la erogazione di prestazioni sanitarie.
Nel contempo mirando alla identificazione non soltanto del bisogno di servizi ma di salute, la committenza ha in sé il potenziale per
arrivare ad una vera e propria diagnosi di comunità, in cui i determinanti sociali, economici e ambientali vengono recepiti nell’impatto che hanno sulla salute della popolazione.
La risposta non può dunque essere articolata dal sistema sanitario ma dall’intera società e dal governo che si è data.
In Emilia-Romagna la funzione di
committenza trova il suo momento
di sintesi nei Piani per la Salute3
che affidano al Comune o, meglio,
alla Conferenza Sanitaria Territoriale 4 , compiti di programmazione,
verifica e controllo nel campo della
salute. Agli Enti Locali in pratica
viene chiesto di assumere la salute
al centro delle proprie politiche locali. Questa impostazione, intesa ad
assistere anche l’Azienda sanitaria
nel ragionare in modo più strategico in termini di miglioramento di
salute e non soltanto di erogazione
di servizi, non può che potenziare
la naturale dipendenza che essa ha
nei confronti dell’organo eletto di
governo per una effettiva implementazione di politiche di salute.
Un tale processo può concretizzarsi pienamente nella progressiva
responsabilizzazione dell’Ente locale
verso compiti come l’analisi dei bisogni di salute e di servizi, la esplicitazione delle proprie priorità e criteri di scelta, la identificazione di
accordi e contratti con i produttori
locali per soddisfare tali bisogni, la
produzione di una strategia integrata di promozione della salute che
incorpori aree diverse come istruzione, insediamento urbano, trasporti, sicurezza e tempo libero, con
un occhio speciale al loro possibile
impatto sulla salute dei cittadini.
Soprattutto, deve entrare in un dialogo genuino con la popolazione
come parte integrante del processo
di quella che viene così chiamata
“programmazione negoziata”. A questo scopo è necessario individuare
le modalità più appropriate con cui
la popolazione può effettivamente
essere coinvolta nei processi decisionali.
23
Le nuove esperienze regionali
La finalità ultima di una tale impostazione sta non soltanto nel limitare gli sprechi in interventi inutili, ma di ridurre la disaffezione
verso le amministrazioni locali e il
cinismo non di rado espresso riguardo alle loro intenzioni di reale coinvolgimento dei cittadini, di consentire ai cittadini stessi di partecipare e promuovere scelte informate su
varie questioni di grande interesse
pubblico e, soprattutto, di rafforzare il processo democratico migliorando la qualità delle decisioni prese sulla salute dei cittadini.5
24
I Piani per la Salute
in Emilia-Romagna
Un Piano per la Salute (PPS) può
essere definito come “un piano di
azione con la finalità di migliorare
la salute e l’assistenza sanitaria a
livello locale“. Questo non è un
obiettivo che l’Azienda USL, l’Ente
locale o qualsiasi altro soggetto possa raggiungere da solo. Esso richiede invece il coinvolgimento più vasto possibile, il rafforzamento delle
alleanze esistenti e la creazione di
nuove. Il PPS costituisce insomma
un patto locale di solidarietà per la
salute.
I PPS rappresentano uno strumento unificante volto ad evitare
la frammentazione di un sistema sanitario a seguito di tendenze concorrenziali, attraverso l’introduzione di un coerente processo di pianificazione che coinvolge attivamente gli Enti locali, i produttori
di servizi, i medici di medicina generale (MMG), le organizzazioni
pubbliche, private e del terzo settore. Ciò fa sì che la programmazio-
ne strategica venga indirizzata a
partire dalle prospettive locali e
dalle conoscenze apportate da tutti gli attori.
I PPS si concentrano sul miglioramento della salute, sulla riduzione delle disuguaglianze e sullo sviluppo di servizi moderni, rapidi,
accessibili e di alta e uniforme qualità.
Il processo che conduce ai PPS è
incentrato sull’azione e non su di
una produzione di documentazione
fine a se stessa. Unisce obiettivi
espliciti a seri impegni di lavoro,
target di miglioramento misurabili
e un chiaro monitoraggio del progresso compiuto, in modo da perseguire un effettivo avanzamento
nel miglioramento della salute, nella riduzione del divario di salute
esistente tra gruppi di popolazione
e nello sviluppo di servizi moderni
e affidabili. Ciascun PPS si delinea
lungo l’arco di tre anni e viene aggiornato e ri-sviluppato annualmente.
Figura 2
Per gli Enti Locali il PPS rappresenta una opportunità per impegnarsi nel miglioramento della salute nel suo significato più vasto, a
complemento del proprio compito
di promuovere il benessere economico, sociale e ambientale delle
proprie aree. Ciò impegna l’autorità
locale in modo istituzionale, in
quanto l’intervento sui determinanti
della salute si estende lungo tutta
la gamma delle sue responsabilità
come per esempio alloggi, trasporto, ambiente, istruzione, tempo libero, ecc. Esso offre inoltre alle
Autorità Locali una maggiore capacità di osservazione e una voce più
autorevole nelle fasi di preparazione dei programmi di erogazione dei
servizi sanitari. I PPS devono anche includere gli impegni del Servizio Sanitario Regionale su problemi
più vasti di competenza degli Enti
Locali come urbanistica, mobilità,
sicurezza, ordine pubblico, problemi dei giovani ecc. Lavorando insieme come partner, l’Azienda sanitaria e l’Ente Locale sono messi in
grado di sviluppare un’accresciuta
comprensione delle rispettive priorità e delle diverse dimensioni di
un’efficace azione comune.
L’assunzione formale di impegno
da parte di tutti partner è elemento
critico per il rafforzamento della fiducia del pubblico nei programmi
dell’Azienda e dei suoi partner. È importante a questo scopo investire
tempo nello sviluppo di relazioni,
fissare tempi realistici per i vari
contributi e, laddove necessario,
sviluppare nuovi approcci e attività
come ad esempio il coinvolgimento
della popolazione.
Diversi livelli di programmazione:
importanza del Distretto
I diversi livelli di programmazione
in cui si articola il percorso che
conduce al PPS é illustrato schematicamente dalla figura 2. Essa intende visualizzare chiaramente la distinzione concettuale esistente tra
la politica per la salute, compito
nobile e supremo del governo di una
comunità attuato attraverso i suoi
poteri costituzionali, e la politica
dei servizi, in particolare dei servizi sanitari che compete appunto al
sistema sanitario.6
Il primo momento di una politica
per la salute è quello di identificare, in base ai bisogni individuati
nella popolazione, obiettivi di miglioramento della salute da perseguire attraverso una strategia che
utilizzi l’importante apporto del sistema sanitario nella sue varie competenze di diagnosi (socio-epidemiologica, organizzativa) dei problemi della comunità, di “cura” (produzione di servizi preventivi, curativi e riabilitativi) e di verifica (ricerca valutativa sui sistemi sanitari).
Momenti puntuali di questa programmazione, che vede i due flussi
top-down e bottom-up entrambi essenziali, sono il Piano Attuativo
Locale, il quale specifica la configurazione organizzativa con cui i
servizi sanitari (e socio-sanitari)
contribuiscono, in sede aziendale,
al raggiungimento degli obiettivi di
salute. Il soggetto attore è l’Azienda, sono coinvolti tutti i componenti del Collegio di Direzione, viene approvato dal Direttore Generale
previo parere della Conferenza Sa25
Le nuove esperienze regionali
26
nitaria Territoriale e dà sostanza
organizzativa al Piano delle Azioni.
Quest’ultimo definisce operativamente il tipo, il volume, la diffusività degli accessi e la qualità (standard assistenziali) dei servizi la cui
realizzazione consente di raggiungere gli obiettivi di salute. L’Azienda ne è l’attore principale coinvolgendo tutti i soggetti, istituzionali
e non, che possono concorrere alla
erogazione di servizi, dando luogo,
per i non-profit, alla sussidiarità
orizzontale. Il Piano delle Azioni
analizza il fabbisogno di “offerta”
in rapporto alla valutazione dei bisogni reali e correla i servizi con le
risorse necessarie all’interno di un
limite di compatibilità economica.
Viene approvato dal Direttore Generale previo parere della Conferenza Sanitaria Territoriale e del Comi-
tato di Distretto.
In un percorso di questo tipo,
l’elaborazione del Programma delle
Attività Territoriali (PAT) (di cui all’Art. 3 quater del Dlgs 229/99) rappresenta il momento in cui il distretto può veramente “diventare
promotore dello sviluppo della comunità e della solidarietà locale…” e
“partecipare alla programmazione
regionale e aziendale.” come indicato nella proposta di PSN 20012003. Il PAT quindi non soltanto
sviluppa a dimensione distrettuale
il Piano delle Azioni, secondo la
logica della politica dei servizi, ma
attiva all’interno della comunità locale, nella sua qualità di livello di
programmazione più vicino alla popolazione e ai suoi bisogni, l’approccio intersettoriale e partecipativo
che costituisce il cardine della stra-
tegia dei PPS. Il soggetto attore è
il Direttore di Distretto che nella sua
funzione di committenza, in seno
al Comitato di Distretto e avvalendosi dell’apporto degli altri attori
sociali presenti in quella realtà, realizza un vero e proprio Patto territoriale per la salute.
Il Piano di Zona (di cui all’Art.
19 della Legge 328/2000) sintetizza i contenuti della programmazione socio-sanitaria del distretto
esplicando le modalità della integrazione organizzativa e operativa.
È evidente come PAT e Piano di Zona
rappresentino due strumenti a cui é
necessario garantire unitarietà e
contiguità temporale al processo
programmatorio.
Il distretto svolge un ruolo centrale nella programmazione aziendale soprattutto per il fatto di essere il livello organizzativo più vicino alla popolazione con il vantaggio quindi di poterne conoscere
a fondo i bisogni. Il distretto rappresenta il luogo in cui é maggiormente possibile identificare le connessioni esistenti fra le politiche di
salute ed il loro effettivo impatto
sulla realtà sociale. A questo livello, infatti, risultano immediatamente evidenti le importanti interdipendenze esistenti tra il governo locale con le sue decisioni politiche e
gli effetti pratici di tali decisioni.
Gli amministratori pubblici vivono
dove lavorano, sono direttamente
identificabili con le loro politiche;
essi stessi, le loro famiglie e i loro
amici e conoscenti sono coinvolti
dalle loro stesse decisioni. I processi e la burocrazia a questo livello sono meno complessi che in sede
regionale o anche aziendale ed esiste una maggiore possibilità di collaborazione intersettoriale. Le stesse motivazioni dei leader locali a
perseguire politiche di salute non
possono che rafforzarsi di fronte alla
consapevolezza che essi stessi ne
sono direttamente interessati.
Esistono inoltre prove7 8 di come
una comunità resa partecipe delle
scelte politiche locali con effetti
sulla salute possa indurre i cittadini a spostare il proprio atteggiamento e la percezione dai problemi di
malattia di singoli individui verso
l’effetto che programmi e politiche
possono avere sull’intera comunità,
rafforzandone quindi la capacità di
controllo sul miglioramento delle
condizioni locali che conducono ad
una società più sana.
Il PPS e il PAT rappresentano in
pratica gli strumenti di una esplicita strategia intesa a rafforzare la
responsabilità sociale dei principali soggetti, istituzionali e non, nei
confronti della salute e quindi stimolo al perseguimento di politiche
di salute a livello locale.
Lo scenario regionale
Le prime esperienze regionali di PPS
sono state avviate, in forma sperimentale, sul finire del 1999, nelle
Aziende Sanitarie Locali di Bologna
Nord e Imola. Entrambe hanno seguito, almeno nella prima fase, un
percorso comune per l’individuazione degli attori da coinvolgere: hanno infatti scelto di attivare da subito momenti specifici di formazione, in cui è stato possibile confrontarsi sui temi connessi alla promozione della salute ed acquisire un
27
Le nuove esperienze regionali
28
lessico comune. Ciascuna ASL ha poi
valorizzato maggiormente aspetti
diversi: sul coinvolgimento della
Conferenza Sanitaria Territoriale ha
insistito maggiormente Bologna
Nord, mentre Imola ha individuato
nelle “giurie dei cittadini” (ispirate
alle citizens juries anglosassoni) lo
strumento capace di far emergere le
problematiche di maggior evidenza
per i cittadini, quelle stesse su cui
stanno oggi costruendo progetti di
intervento mirato, avendo individuato come ambiti di attenzione prioritaria quello della popolazione anziana, degli incidenti stradali e del
disagio giovanile.
Si tratta di temi che, di fatto,
stanno emergendo un po’ in tutte
le realtà territoriali, pur con sfaccettature e accenti anche molto diversi: tutto questo è dovuto alla sostanziale omogeneità del territorio regionale e, per così dire, alla
diffusa percezione della rilevanza
sociale di questi temi. Motivi che,
supportati anche da dati di natura
epidemiologica, hanno fatto emergere queste ed altre tematiche anche dai documenti regionali di indirizzo in materia. Non stupisce
dunque la risonanza che queste tematiche hanno assunto, da Piacenza fino a Ferrara o Rimini, pur interpretate, come detto, con assoluta originalità. Ciò su cui è interessante soffermare l’attenzione sono
le interpretazioni locali dei medesimi temi, la loro traduzione in progetti diversi.
Dire anziani o giovani, infatti,
significa fare una macro scelta di
campo: ciò che segue, però, è ben
altra cosa; ciascuna realtà deve in-
fatti individuare precisi aspetti su
cui agire per conseguire i propri
obiettivi di salute, in stretta aderenza al proprio territorio ed ai suoi
peculiari problemi. Agire sulla condizione anziana in montagna può
voler dire, ad esempio, darsi l’obiettivo di ridurre l’isolamento, magari
intervenendo sui trasporti e la viabilità, o sulle reti telematiche, o
ancora sul decentramento dei servizi; lo stesso obiettivo in contesto
di pianura può assumere valenze
affatto diverse, ad esempio di promozione e sostegno alle reti comunitarie, alle associazioni di volontariato, di diversa organizzazione e
accessibilità di alcuni servizi e così
via.
Ma è significativo vedere anche i
diversi modi in cui le singole realtà
territoriali hanno interpretato il
percorso tracciato dalla Regione
(come indicato nella deliberazione
321/2000), valorizzando maggiormente alcuni aspetti rispetto ad altri: con modalità anche molto diverse e con esperienze di coinvolgimento delle comunità locali talvolta coinvolgenti e davvero avvincenti, ciascuna sta costruendo il
proprio, originale percorso di elaborazione di progetti condivisi.
A Cesena, ad esempio, si è deciso di privilegiare i focus groups come
strumento di coinvolgimento dei
vari attori sociali e, insieme, come
meccanismo utile a mettere a fuoco
e far emergere, in maniera ragionata ed approfondita, i problemi cui
assegnare carattere prioritario.
L’esperienza fin qui condotta, in
particolare, ha riscosso notevole
interesse e condivisione, ed ha na-
Figura 3
Modello
di Richmond
e Kotelchuck
applicato
alla promozione della salute.
turalmente creato stimolanti attese
sul percorso futuro e sui suoi sviluppi.
A Modena l’attenzione maggiore
è stata posta invece nell’analisi dei
bisogni di salute, in un confronto
allargato e molto partecipato, anche grazie all’ampia presenza di associazioni e gruppi organizzati. In
particolare sono stati attivati “gruppi di cittadini competenti”, composti anche da forti valenze tecniche, che hanno delineato gli ambiti di intervento prioritario e che
sono ora alle prese con la scomposizione e la descrizione dettagliata
del “cosa fare” e per quali precisi
obiettivi di salute.
Valorizzare anche il ruolo dei professionisti della sanità è invece una
delle strade tentate a Reggio Emilia: qui, aderendo al progetto dell’OMS denominato “Ospedali per la
salute”, si sta individuando l’ospedale come luogo deputato non solo
alla cura delle fasi acute della malattia, ma anche come luogo di promozione della salute. In tal modo
si vuole infatti sottolineare come il
lavoro clinico (ed i professionisti a
questo preposti) possa a pieno titolo assumere un ruolo importante
all’interno dei PPS; in quest’ottica,
infatti, gli ospedali stessi divengono un sorta di ponte che consente
all’attività di prevenzione di entrare negli ospedali ed al lavoro clinico di fare il suo ingresso nei PPS,
con un auspicato quanto atteso arricchimento per entrambi. Per parte sua Parma ha scelto invece di
privilegiare il ruolo del Distretto
(nella fattispecie quello di Langhirano), in ragione di un lavoro capillare di coinvolgimento e partecipazione già avviato con successo su
29
Le nuove esperienze regionali
altre tematiche: insomma un avvio
dei PPS in questo laboratorio già
strutturato, prima di allargare l’ambito di intervento ad altre realtà
territoriali.
Si tratta, come si vede, di un
universo in movimento, il cui coordinamento tecnico e progettuale è
naturalmente affidato all’Assessorato
Regionale alla Sanità, mentre l’Agenzia Sanitaria Regionale assicura, in
ogni fase, un prezioso supporto di
formazione, ricerca e sperimentazione.
30
Conclusione
Alla luce di quanto discusso sopra
appare evidente che la nuova strategia per la salute implica trasformazioni sostanziali quali:
- un nuovo stile di assistenza sanitaria il cui impatto andrà valutato sulla base di effettivi miglioramenti del livello di salute
e della qualità dei servizi prestati oltre che sulla loro efficienza economica;
- un ruolo più forte attribuito agli
Enti locali nella promozione della
salute attraverso i momenti della programmazione negoziata;
- la necessità di interventi che
tendano alla modificazione dei
fattori sociali, economici e ambientali responsabili della perdita della salute, attraverso iniziative politiche intersettoriali;
- la presa di posizione nei confronti del problema delle disuguaglianze in salute e della esclusione sociale.
La sfida principale che si presenta riguarda la necessità non soltanto di fondere le conoscenze disponibili con una strategia efficace, ma
anche e soprattutto di assicurare
l’adesione convinta dei decisori po-
litici che ne consenta la effettiva
attuazione. I PPS, così come elaborati in Emilia-Romagna, si propongono come uno strumento per dare
corpo a queste trasformazioni identificando nel livello locale (comunale e distrettuale) l’ambito ottimale per riuscire a combinare efficacemente questi tre requisiti essenziali: una teoria scientifica, una
strategia sociale e una volontà politica che supporti il cambiamento
(e generi le risorse necessarie a dar
luogo al cambiamento).9
NOTE
[1] Blane D, Brunner E and Wilkinson R. (1996), Health and Social Organisation: Towards a
health policy for the 21st century. London, Routledge.
[2] Wilkinson R, Marmot M. Social
determinants of health. The solid facts. Copenhagen: WHO;
1998.
[3] Regione Emilia-Romagna, Deliberazione della Giunta Regionale 1 marzo 2000, n.321. Piani per la Salute. Piano Sanitario Regionale 1999-2001. Primi provvedimenti di attuazione, Bollettino Ufficiale 2 maggio 2000.
[4] La Conferenza sanitaria territoriale, inserita nella Legge regionale n. 3/1999 sulla riforma
della autonomia degli enti locali, è formata dai sindaci dei
Comuni compresi nel territorio
di una azienda USL.
[5] Stefanini A. (2000), Politiche
di salute e la salute della politica. Qualità Equità n.19: 7482.
[6] Stefanini A. (2000), Politica dei
servizi e politica per la salute.
Prospettive Sociali e Sanitarie.
Anno XXX 15 febbraio 2000: 16.
[7] Landstingsforbundet (2000),
Health impact assessments of
proposed policy decisions at local and regional level. http://
www.lf.se/hkb/engelskversion/
enghkb.htm. Sito consultato il
02/11/00.
[8] Mittelmark MB (2000), Promoting social responsibility for health: health impact assessment
and health public policy at
community level. Washington,
Pan American Health Organization. Fifth global conference on
health promotion, Mexico City,
Mexico. 5-9 June, 2000.
[9] Atwood K, Colditz GA, Kawachi
I. (1997), From public health
science to prevention policy:
placing science in its social and
political contexts. American
Journal of Public Health 87
(10): 1603-1606.
Angelo Stefanini è Ricercatore presso il
Dipartimento di Medicina e Sanità
Pubblica della Università degli Studi di
Bologna e consulente dell’Assessorato
alla Sanità, Regione Emilia-Romagna.
31
Promuovere la salute
nell’ambiente:
la prospettiva
della valutazione
d’impatto
Paolo Daini
Dalla valutazione di impatto ambientale
alla valutazione degli impatti sociali
e sulla salute della popolazione.
Sanità, ambiente, salute e territorio sono quattro termini e concetti
che si intrecciano nel linguaggio da
diversi anni in modo sempre più
stretto. L’esigenza di conoscenza
che precede un piano, un programma o un progetto, insieme a quella
di comunicazione ed a quella di
partecipazione dei soggetti coinvolti durante la loro formazione, ha
prodotto l’utilità della valutazione
degli impatti nel tentativo di prevenire o almeno di limitare gli effetti indesiderati. Tale esigenza, attraversa anche le fasi decisionali per
finire con le verifiche a posteriori e
il monitoraggio.
La valutazione degli impatti, diffusasi a partire dagli anni settanta
per le problematiche legate all’ambiente fisico, ha presto coinvolto,
in alcune realtà, anche quello sociale e lo specifico che riguarda la
salute.
Nella Provincia di Trento, la determinazione e la valutazione degli
impatti sociali e di quelli sulla salute della popolazione non ha tuttavia avuto lo spazio accumulato in
32
un decennio dalla valutazione degli
impatti ambientali, nota con la sigla VIA, (ci si riferisce soprattutto
alle discipline ingegneristiche, delle scienze biologiche e della terra),
e sebbene il termine “impatto” figuri oggi con una certa frequenza
nei documenti inerenti la salute e
la sanità, le applicazioni concrete
di valutazione sono ancora modeste, in particolare se riferite in modo
integrato agli ambiti tradizionalmente distinti di ambiente, salute
e territorio.
Contemporaneamente si sta peraltro consolidando una visione allargata del sistema sanitario, inserito nel più ampio ambito della salute della popolazione, con l’obiettivo di considerare questa nella sua
interezza psico-fisico-sociale, e di
evidenziarne i suoi determinanti.
Fra i diversi, possibili modi di affrontare tali questioni, si trova l’approccio che qui si intende introdurre e la cui applicazione attraverso
un procedimento sequenziale (noto
anche come Health Impact Assessment o HIA) è in grado di gestire in
modo più integrato le problematiche della salute e dell’ambiente, rispetto alle quali ancora si lamenta
una eccessiva separazione.
Salute ed ambiente:
la stima degli impatti
Una definizione classica considera
gli impatti sulla salute come “quegli effetti complessivi, diretti o indiretti di una politica, strategia, programma o progetto sulla salute della popolazione”. In queste poche
parole si riesce a leggere come il
concetto di impatto si fonda su
quello di cambiamento e di stima
delle modificazioni attese tra un
“prima” ed un “dopo”. Per realizzare queste stime di previsione, l’attenzione al pragmatismo, indirizzato
ad incidere nei processi decisionali
reali, ha portato alla individuazione di un procedimento in cui convergono numerose discipline e diversi attori. Il fine ultimo è raggiungere una maggiore tutela dell’ambiente e migliori livelli di salute
nella popolazione, per contribuire
a quello che da alcuni anni viene
chiamato sviluppo sostenibile (SD).
L’intento di costruire un quadro
complessivo che chiarisca gli impatti e le loro relazioni con le scelte
antecedenti, sta progressivamente
spingendo la frontiera del “considerato” verso gli impatti indiretti,
come indica la definizione richiamata precedentemente nonché verso gli impatti “cumulati” (dovuti
cioè alla combinazione di più azioni simultanee) che non necessariamente si rivelano in una delle dimensioni singolarmente prese in
esame.
Per implementare la valutazione
d’impatto, tanto sull’ambiente quanto sulla salute, risultano quindi necessarie oltre alle conoscenze generali, spesso richiamate dalla manualistica, differenti competenze
professionali; limitandosi all’area
più direttamente legata agli impatti sulla salute, possono ricordarsi
oltre a quelle che rientrano nella
sfera medica e psicologica, l’economia e la sociologia. L’aumento della
complessità portato sia dalla stima
di impatti indiretti e cumulati sia
dagli impatti specialistici coinvol-
ti, determina anche la necessità di
un più robusto coordinamento interdisciplinare, a cui è affidato il
compito di realizzare una sintesi e
di comunicare il quadro complessivo, prodotto finale di tutto il processo. Queste riflessioni rimandano
anche, da un differente punto di vista, al paradigma di scambio (trade-off), presente sin dagli inizi nella
valutazione d’impatto. Nella accezione classica, tale paradigma indica che nella valutazione degli impatti sull’ambiente e sulla salute,
vanno identificati e resi evidenti, in
termini di gruppi di persone e di
elementi ambientali, quelli che ricevono benefici e quelli che subiscono perdite. In una accezione più
ampia, sul versante pratico, emerge
come tale paradigma sia continuamente presente, ad esempio come
scambio tra l’approfondimento dedicato agli impatti specifici e quello dedicato alla loro sintesi.
33
Salute e ambiente
La figura 1, basata sulla letteratura specialistica, riassume gli elementi delle triade su cui opera la
valutazione di impatto ambientale,
sociale e sulla salute. I tre ambienti rivestono importanza, e partecipano come determinanti della salute sia per gli impatti positivi che
per quelli negativi. Il differente peso
e l’attenzione prestata a ciascuno
sono legati necessariamente al caso
specifico; esiste una concreta difficoltà, ben presente nel dibattito teorico e nella pratica, a raggruppare
casi a diversi livelli di generalità per
problematiche ricorrenti. Nondimeno attraverso un lavoro che si traduce soprattutto nella predisposizione di linee guida, si sta ottenendo la condivisione delle metodologie e delle esperienze valide.
Nella figura, all’interno dei tre circoli, viene proposta una prima arti-
34
colazione di livello inferiore, che
indica alcune classiche aree dell’ambiente fisico, della sfera sociale e
di quella individuale. Rappresentano le aree principali in cui si è accumulata ricerca ed esperienza. È
anche evidenziato come l’educazione alla salute si collochi in qualità
di area cerniera tra la sfera del sociale e l’ambito individuale, presentando insostituibili valenze nel medio e lungo periodo per politiche
destinate sia a maggiori livelli di
salute che a comportamenti compatibili con la conservazione dell’ambiente.
Come ulteriore considerazione
generale, va ricordato che teoria e
pratica della valutazione ambientale stanno cercando di integrarsi con
la stima degli impatti sulla salute
derivata dalle diverse branche della
medicina e della psicologia. Alcuni
primi risultati sono stati ottenuti,
ma molto rimane ancora da fare, in
particolare quando ci si sposta verso il concetto di salute psico-fisica, che presenta intrecci di relazioni a minore livello di separabilità e
necessità di strumenti di misura
complessi.
Figura 1
I tre ambienti su
cui opera l’impatto
ambientale.
Il procedimento e i metodi
Come accennato, la valutazione degli impatti sulla salute si articola
sia nel procedimento complessivo,
applicabile a politiche, piani, programmi e progetti (i primi tre casi
sono spesso indicati con la sigla
PPP, e fatti rientrare nella valutazione d’impatto strategica, una più
recente estensione della VIA), sia
in alcuni metodi e strumenti specifici per l’applicazione concreta. Il
procedimento risulta oggi ampiamente condiviso a livello internazionale e, seppure spesso preveda
dei “ricircoli” (per cui i risultati o
le scelte ad un certo punto portano
a cambiare e ripetere uno o più dei
momenti precedenti) è organizzato
attraverso definiti passaggi successivi.
Come procedimento, lo schema
classico delle fasi è il seguente:
- screening
- scoping
- termini di riferimento
- studio di valutazione
- analisi e verifica dello studio di
valutazione
- negoziazione
- implementazione
- monitoraggio
Tale sequenza, viene anche ulteriormente articolata: così vi sono
proposte di opzioni che suddivido-
no il momento di valutazione in “rapido” o “accurato”, oppure vi sono
molti autori ed organizzazioni che
mettono in evidenza l’indispensabilità del confronto di alternative
differenti, in particolare nelle fasi
che vanno dallo studio alla negoziazione.
Nella Provincia Autonoma di Trento la valutazione degli impatti sulla salute trova uno spazio istituzionale all’interno delle vigenti normative di Valutazione di Impatto Ambientale, ma va sottolineato come
in senso più ampio i suoi concetti e
metodi possono essere utilizzati
nella programmazione sanitaria,
consentendo un maggior approfondimento analitico e decisionale.
Questo spazio relativamente meno
“formalizzato” ma diffuso nel concreto si trova nelle relazioni, negli
studi di fattibilità e nelle analisi
costi-benefici e derivate, oltre che
nella ricerca applicata, sia che esse
riguardino il momento programmatorio che quello delle modifiche
operative.
L’identificazione di massima dei
rischi e/o dei benefici per la salute
della comunità coinvolta attiene ai
momenti iniziali del procedimento,
essenzialmente le fasi di screening
e di scoping, mentre nella realizzazione dello studio valutativo vengono precisati i legami tra i programmi e le azioni con le categorie
proprie dell’epidemiologia, stimati
i rischi (o i miglioramenti), definito il profilo della popolazione soggetta ai cambiamenti con la sua
vulnerabilità ed infine valutato l’impatto per la salute.
Rispetto all’analisi dei rischi per
35
Salute e ambiente
36
la salute, che rappresenta in sè ormai una disciplina consolidata, va
notato come sia apprezzabile, ed
apprezzata, la variabilità nella valutazione del rischio effettuata da
esperti e non esperti. La collocazione di tale momento nel contesto
generale del procedimento che si sta
illustrando appare tutt’altro che trascurabile, poiché fra i criteri fondanti dell’HIA vi è la partecipazione, secondo modalità diversificate,
della popolazione coinvolta. I risultati della stima dei rischi per la salute, elemento determinante e profondamente incastonato nel tutto,
si riversano “in cascata” nelle fasi
successive di negoziazione e di decisione finale. Così può esserci una
differenza anche sensibile se alla
stima da parte degli esperti ne viene affiancata e comparata una prodotta dai non esperti. Negli stadi
successivi vengono considerate in
qualche misura entrambe. Tale linea
d’azione, che porta il “pubblico
coinvolto” nel “tecnico”, rappresenta una genuina e purtroppo assai
rara forma di partecipazione, riconducibile al paradigma che vede il
rischio per la salute come un impianto socialmente determinato.
Inoltre, il differenziale esperti-non
esperti nella valutazione del rischio
presenta altre importanti implicazioni di natura strettamente informativa e comunicativa, queste però
riguardanti in prevalenza le fasi finali del processo.
Tra i diversi metodi utilizzati nel
procedimento, i più diffusi sono gli
elenchi di analisi, conosciuti come
check-list e le matrici. Le prime servono per rendere più semplici i problemi affrontati, mediante la selezione degli aspetti e dei fattori ri-
tenuti più importanti. Le matrici invece puntano principalmente a sistematizzare ed analizzare le relazioni fra azioni o settori coinvolti
dal piano/progetto da una parte, ed
tipi di influssi sulla salute (come
malattie trasmissibili, malattie non
trasmissibili, infortuni, disagio mentale, ecc.) dall’altra.
Le matrici nel presentare le relazioni, per lo più col fine di riassumerle per consentire un apprezzamento simultaneo di aspetti differenti, mettono in risalto un problema classico di tutta la materia della valutazione d’impatto, che è l’articolazione qualitativo/quantitativo. Negli impatti sociali e sulla salute, ci si può aspettare, quasi con
certezza, che in uno studio di valutazione siano presenti sia stime di
carattere qualitativo che di carattere quantitativo. Così le matrici che
si incontrano presentano simboli
semplici (ad indicare presenza/assenza) o simboli per categorie ordinali (come basso, medio, alto), e
meno spesso valutazioni quantitative espresse numericamente. Non
di rado accade anche di incontrare
matrici contenenti numeri che esprimono in realtà scale ordinali di valutazione. Oltre ai due precedenti,
sono poi utilizzati anche altri metodi, come i network, o tecniche
specifiche come quelle per raggiungere il consenso in riunioni decisionali. Ancora, modellistica con
maggiore formalizzazione matematico-statistica si trova nella determinazione degli impatti per aspetti
specifici, come, ad esempio, nel
caso delle diffusione di inquinanti.
In generale, si può affermare che
passando dal fattore specifico alla
sintesi dei molti aspetti di un piano/progetto che coinvolgono la salute, si riduce progressivamente la
quantificazione, e la formalizzazione adotta “maglie” via via più larghe.
Infine, tornando agli obiettivi del
procedimento, è da ricordare quello
della gestione dei rischi per la salute; esso è presente soprattutto nella fase di negoziazione ed implementazione con interventi di tipo
regolamentare (come limitazioni
nell’uso di prodotti o l’obbligo di
protezioni durante certi lavori) o di
predisposizione di mezzi e procedure di emergenza, mentre già nella fase di studio dà luogo alla definizione di misure di mitigazione del
rischio, che si traducono, operativamente, in cambiamenti nella politica o nel progetto.
Alcune questioni applicative
Se la procedura per realizzare la valutazione degli impatti sulla salute, in termini di suddivisione del
percorso su fasi successive risulta
ben definita, una situazione di minor certezza si riscontra, quando i
diversi momenti vanno tradotti sul
piano applicativo, e gli impatti devono essere valutati nel segno e
nella grandezza. Questo sia per le
inevitabili semplificazioni, anche
drastiche, della situazione in esame
(che si rendono necessarie per ricondurla ad una dimensione maneggiabile) sia per le molteplici dimensioni sempre coinvolte. Un esempio
tra gli infiniti: una cosa è determinare in laboratorio l’intensità sonora (in dB(A)) che corrisponde alla
37
Salute e ambiente
38
soglia del dolore - la cui individuazione va poi fra l’altro a finire in
normative e standard per i costruttori di macchinari di tutti i generi un’altra è stimare il livello di fastidio acustico (noise annoyance) inteso come vissuto psico-fisico, indotto dal progetto di una nuova linea ferroviaria ad alta velocità sugli abitanti di un centro abitato.
Altro esempio, anche più complesso: il tema dell’attività fisica interessa da tempo la promozione della
salute, e tra i diversi tipi di esercizio viene studiato il ciclismo non
agonistico per i suoi benefici effetti sulla salute. Si ipotizzi un consistente piano di incremento, sull’intero territorio provinciale, di piste
ciclabili, e ci si chieda se e quali
impatti (ed eventualmente come
misurarli) questo piano potrebbe
produrre sulla salute della popolazione. A prescindere dalla quantità
di effettivo utilizzo delle piste progettate, va considerato se l’incremento riguarda lo svago e/o porta
ad una riduzione di altri mezzi di
trasporto. Poi potrebbero ridursi (o
intensificarsi) gli incidenti con i
conseguenti infortuni oltre ad effetti di miglioramenti sul piano dei
benefici per la salute. Se però la
ciclabile corre in prossimità di intenso traffico veicolare (come accade per un tratto esistente in via
Brennero a Trento) gli effetti sull’apparato respiratorio non è detto
che siano di segno positivo.
Guardando alla componente psicologica della salute, ormai difficile da ignorare, per passare ad esempio da un generico “impatto sostanzialmente positivo” ad una qualche
maggior precisazione, la questione
non sembra affatto semplificarsi. In
sintesi, collegare interventi affatto
ipotetici ai metodi e alle categorie
epidemiologiche, non è strada breve e piana.
I due spunti proposti sono deliberatamente tratti da interventi
“esterni” al settore sanitario, ma
volendo se ne trovano facilmente
moltissimi legati ad interventi su
quest’ultimo, tanto su strutture che
su programmi gestionali. A questo
punto preme evidenziare il denominatore comune di tali situazioni, al
di là delle specificità che contraddistinguono temi assai diversi fra
loro.
Questo può rinvenirsi nella chiarezza, nel dettaglio e nella capacità di argomentare i confini che vengono fissati per il problema in esame, ricordando che tali limiti, insieme ai vincoli propri dei metodi
che si utilizzano, caratterizzano l’acquisizione dei dati prima, e, successivamente, la spiegazione dei risultati che vengono presentati. Pertanto essi andrebbero dichiarati sempre e comunque in modo esplicito,
poiché ciò costituisce un elemento
di trasparenza culturale e, spesso,
scientifica. Che è poi riflettere su
quello che in economia viene considerato come “esternalità”, e nella
metodologia della ricerca, come i
diversi aspetti di validità.
Nella valutazione degli impatti
sulla salute, dove le relazioni di causalità sono mediate, sfumate, difficili da cogliersi e instabili sul piano temporale vi è un forte pericolo
che tali relazioni discendano da assunzioni piuttosto che da un pro-
cesso analitico e argomentativo supportato da impianti teorici precisi.
Un pericolo tutt’altro che raro nelle
applicazioni concrete, come messo
più volte in evidenza dalla letteratura specializzata, e come si è cercato di esporre in precedenza. Una
possibile spiegazione è che dichiarare le “condizioni di contesto”
spesso si scontra, con il desiderio,
immediato e di facile presa, tanto
di trovare certezze e spiegazioni che
di raggiungere significativi livelli di
relazione causale, presenti in particolare nelle fasi politiche, di transazione e di comunicazione dell’intero processo valutativo sugli impatti.
Per districarsi può essere quindi
opportuno spendere tempo e risorse all’inizio per ben collocare l’intervento di valutazione degli impatti
lungo alcune importanti dimensioni: una prima è rappresentata dai
due poli individuale e clinico da una
parte e sociale, di comunità dall’altra, soprattutto in termini dei costrutti e dei metodi a cui ci si riferisce per sviluppare il lavoro; un’altra è la dimensione di scala (in termini di orizzonte spaziale e temporale), importante perché qualsiasi
stima e valutazione necessita di
strumenti di misura in grado di raccogliere e discriminare i dati sui
quali opera, e la valutazione degli
impatti sulla salute non fa certo
eccezione. Una terza è quella definita dal continuum strategico-operativo, che aiuta a collegare le valenze conoscitive agli altri momenti in cui si articola l’azione di prevenzione e di promozione della salute.
Tali dimensioni, pur non esaurendo certo quelle di rilievo, possono
costituire una buona base per impostare correttamente un HIA da
effettuare, oppure per stimare il valore di uno già svolto.
Note conclusive
L’estrema sinteticità di quanto è stato presentato non evidenzia che in
minima parte le molte sfaccettature e le potenzialità che possiede la
prospettiva della valutazione di impatto applicata allo specifico della
salute. È però importante sottolineare come nella matrice che l’ha
prodotta siano ampiamente presenti i valori di equità, di eredità intergenerazionale e di condivisione partecipata delle scelte, valori riconosciuti da molti come fondanti e non
surrogabili della società umana.
Valori il cui spessore, nel concreto,
non può essere considerato in continua ed automatica espansione,
stanti le molte inevitabili ammissioni che le disuguaglianze sono in
rapido aumento, ed i legittimi dubbi sul livello di salute del pianeta
che verrà consegnato alle generazioni future. Sono sufficienti queste ragioni di fondo per comprendere l’importanza di fare passi in
avanti, anche se piccoli e faticosi,
nell’individuare e stimare le ripercussioni che i cambiamenti pianificati, progettati o realizzati nell’ambiente (sia fisico che sociale) producono sulla salute della popolazione. La valutazione d’impatto offre
un quadro, definisce un procedimento ed ha sperimentato un certo numero di strumenti operativi. Questo, come è noto, non garantisce
39
che la fase decisionale segua in toto
i medesimi valori, ma al minimo si
può sperare che la sua applicazione
pratica aumenti in una qualche misura l’adesione ad essi dei decisori,
dei tecnici e del pubblico, e che
l’outcome (cfr, APSS, Programma di
sviluppo strategico – Glossario) di
tutto il “sistema salute” ne consegua apprezzabili benefici.
[5] Stokols, D. (1992), Establishing
and Mantaining Healthy Environments – toward a Social Ecology of Health Promotion, in
American Psychologist, 47, 1,
6-22.
[6] Pershagen, G. (1999), Research priorities in environmental
health, in BMJ, 318, 16361637.
[7] Dean, K. (Ed.) (1993), Population Health Research – Linking
Theory and Methods. London:
Sage.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Salute e ambiente
[1] APSS (2001), Programma di sviluppo strategico – Glossario.
Trento (I): Litografica Editrice
Saturnia.
40
[2] European Centre for Health Policy, Gothenburg consensus paper December, 1999 (1999),
Health Impact Assessment –
Main concepts and suggested
approach, Brussels.
[3] WHO (2000), The World Health
Report 2000 – Health Systems:
Improving Performance.Geneva:
WHO.
[4] Kwiatkowski, R.E. and P. Gosselin (2001), Promoting human
impact assessment within the
environmental impact assessment process: Canada’s work in
progress, in Promotion & Education, VIII/1, 17-20.
[8] Department of Health, (1999),
Health Impact Assessment –
Report of a Methodological Seminar, Department of Health,
10311 IP 500 Dec 99 (CWP).
London.
[9] Terza Conferenza Ministeriale
della Regione Europea sull’ambiente e la salute (1999), Accesso all’informazione, partecipazione pubblica e accesso alla
giustizia nelle questioni riguardanti l’ambiente e la salute (traduzione in lingua italiana su
questo numero di Punto Omega
a pag. 166).
Paolo Daini è funzionario del Servizio
Programmazione e Ricerca sanitaria
della Provincia Autonoma di Trento.
Promozione della salute
e marketing sociale
Vittorio Curzel
Il ruolo strategico e i limiti del marketing
sociale e della comunicazione pubblica
nella promozione della salute.
Marketing e comunicazione
per la salute
Se la finalità primaria delle iniziative e delle politiche pubbliche di
promozione della salute è facilitare
l’adozione di stili di vita favorevoli
al conseguimento e al mantenimento del benessere fisico e psicologico dei cittadini non vi è dubbio che
il marketing e la comunicazione sociale sono strumenti primari per raggiungere tale obiettivo.
Infatti, mentre la funzione del
marketing tradizionale è promuovere e ampliare la vendita di beni e
servizi, veicolare l’immagine positiva di una ditta produttrice e “fidelizzare” i suoi clienti, il marketing sociale può contribuire significativamente al raggiungimento di
obiettivi di interesse collettivo (in
questo caso la salute) attraverso la
modifica di atteggiamenti e comportamenti di individui e gruppi
sociali.
Nel marketing e nella comunicazione sociale oggetto dell’offerta
non sono tanto i prodotti (beni o
servizi) quanto le idee e ciò che si
chiede al pubblico non è tanto di
acquistare qualcosa quanto piuttosto di cambiare un’opinione e di
modificare un comportamento che
si ritengono dannosi per l’interesse
individuale e/o collettivo. La concorrenza con cui ci si confronta non
è una marca o un prodotto (e nemmeno una particolare visione del
mondo, un sistema di valori, uno
status, di cui quel dato prodotto
rappresenta o vorrebbe rappresentare un simbolo), ma piuttosto una
ben determinata opinione, un ben
determinato stile di vita che si vogliono combattere o modificare.
Gli obiettivi del marketing sociale saranno dunque di cambiamento
cognitivo (per favorire attraverso una
maggiore conoscenza del problema
e delle sue soluzioni l’adozione di
un determinato comportamento),
d’azione (incentivando determinate scelte a scapito di altre), di comportamento (inducendo l’abbandono di abitudini pericolose e l’assunzione di comportamenti sani) e di
valori (creando, ad esempio, un atteggiamento favorevole della popolazione verso un disegno legislativo che disciplini o vieti il fumo nei
locali pubblici)1.
Differenze e analogie
con il marketing d’impresa
Nel considerare l’applicazione del
marketing all’azione della Pubblica
Amministrazione è necessario evidenziare alcune differenze.
Va innanzi tutto detto che alcune
organizzazioni come le Aziende sanitarie, pur non avendo fini di lucro, svolgono alcune attività produttive che le rendono del tutto si41
Il ruolo del marketing sociale
42
mili ad aziende private e, in questo
senso, potrebbero essere interessate ad utilizzare, per la promozione
della propria immagine e attività,
anche tecniche tipiche del marketing tradizionale. Parleremo in questo caso di marketing dei servizi
pubblici. Da questo punto di vista
la differenza con il marketing d’impresa non risiede nella natura pubblica del soggetto, ma piuttosto
nella responsabilità connessa ad
attività di marketing che hanno rilevanza sociale e finalità dettate
dalle esigenze della collettività.
Philip Kotler distingue fra marketing delle organizzazioni senza fini
di lucro (marketing for no profit organisations), marketing sociale (social marketing) e marketing dell’impresa dal punto di vista delle responsabilità sociali dell’azienda (societal marketing), che deve comunque operare secondo modalità che
preservino o rafforzino il benessere
del consumatore e della collettività2 .
In questa accezione “Il marketing
sociale è la progettazione, la realizzazione e il controllo dei programmi finalizzati ad aumentare l’accettabilità di una causa o di un’idea
sociale (presso uno o più gruppi
obiettivo). Esso utilizza i concetti
della segmentazione del mercato,
della facilitazione, degli incentivi e
della teoria dello scambio per massimizzare la risposta del gruppo
obiettivo”3.
Gli elementi che caratterizzano il
marketing sociale sono:
- la tipologia dell’offerta: i prodotti
che si offrono come oggetto di
scambio sono per lo più idee,
valori, atteggiamenti e comportamenti. Le idee rappresentano
il prodotto principale anche
quando siano associate a beni e/
o servizi (offerti per facilitare
l’adozione di quella data idea,
atteggiamento o comportamento);
- la finalità dell’offerta: l’obiettivo principale di una campagna
di marketing sociale è quello di
risolvere un problema di interesse collettivo attraverso il cambiamento di atteggiamenti e
comportamenti individuali e/o di
gruppo, sia prospettando benefici individuali di interesse collettivo (p.es. la salute) che benefici sociali derivanti da comportamenti individuali (p.es. il
risparmio energetico).
Alcuni Autori evidenziano anche
il fatto che le campagne di marketing sociale generalmente affrontano temi universalmente accettati,
distinguendosi in questo dal marketing politico o da campagne pubblicitarie d’opinione promosse da
associazioni, sindacati, movimenti
partiti, a favore o contro determinate idee oggetto di controversia.
Tale distinzione appare tuttavia labile e discutibile. Infatti, se è vero
che il marketing sociale può essere
impiegato per sostenere cause su cui
vi è un diffuso consenso, altre campagne di pubblica utilità4 potrebbero
essere non condivise universalmente
per motivi religiosi, morali o ideologici (si pensi ad esempio alla campagne per l’utilizzo del preservativo nella lotta all’AIDS).
Figura 1
Campagna per la
promozione di una
sana alimentazione
(cinque soggetti
diversi per
affissione murale,
m. 6 x 3; 5 soggetti
diversi per
manifesti cm. 70 x
100; un pieghevole
“Guida rapida per
la salute”).
Elaborazione e
realizzazione
nell’ambito del
“Progetto
Comunicazione per
la salute” Provincia Autonoma
di Trento - 2001.
Ideazione e Art
Direction V. Curzel.
Marketing per il cambiamento
Per ottenere un cambiamento nell’atteggiamento e nel comportamento, in senso più favorevole alla salute, sono possibili vari interventi,
riferibili sostanzialmente ai seguenti
approcci:
- “normativo” - interventi legislativi di restrizione o incentivazione rispetto alla produzione, alla
vendita e al consumo di determinati prodotti, ritenuti rispettivamente dannosi o utili per la
salute;
- “tecnologico” - innovazioni tecnologiche che possono aiutare le
persone nell’abbandonare un
comportamento dannoso o assumerne uno favorevole;
- “economico” - politiche di aumento o riduzione dei costi relativi a comportamenti indesiderati o auspicati nonché politiche di disincentivazione o incentivazione, per esempio attraverso l’eliminazione di sovvenzioni
o attraverso ricompense;
- “informativo-educativo” - elaborazione e diffusione di messaggi
per informare sui danni alla sa-
lute prodotti da un dato comportamento o sui benefici derivanti dal cambiamento.
Il marketing sociale trae origine
da quest’ultimo approccio, pur tenendo conto che campagne informativo-educative possono risultare
da sole inefficaci, per inadeguatezza del messaggio (rispetto al target) o perché i messaggi possono
essere recepiti in modo distorto e
riduttivo o perché gli individui
mettono in atto processi selettivi
rispetto all’esposizione, alla comprensione e alla memorizzazione dei
messaggi o infine per il fatto che
non di rado tali campagne forniscono informazioni sul rischio insito in
un comportamento dannoso (per es.
il fumo), ma non forniscono aiuti
concreti per modificare tale comportamento dopo l’esposizione al messaggio (per es. che cosa fare per
smettere di fumare e quali aiuti esistono).
La consapevolezza di tali limiti
ha fatto sì che il marketing e la comunicazione sociale adottassero un
approccio più esteso, integrando
43
Il ruolo del marketing sociale
vari strumenti di intervento e considerando, nello svolgersi del processo di pianificazione, che i massmedia sono certamente molto utili
per sensibilizzare, informare e creare consapevolezza, ma che la comunicazione interpersonale può essere determinante per favorire il
cambiamento comportamentale.
44
Nel fissare gli obiettivi di una
campagna è bene considerare la
possibilità di individuare anche più
obiettivi in successione, così come
potremmo darci obiettivi diversi per
diversi segmenti di popolazione o
gruppi-obiettivo.
Comunque sia si dovrà tenere presente le possibili tipologie di cambiamento per cui lavorare, che sono
state sopra accennate e che in ordine crescente di difficoltà di attuazione, sono le seguenti:
a) cambiamento cognitivo: lo scopo principale è quello di creare
conoscenza e consapevolezza su
un dato tema (per es. sul valore
nutritivo dei vari alimenti). Le
difficoltà maggiori in questo
caso risiedono nell’identificare i
segmenti che hanno maggior
carenza informativa in tale ambito, capire quali siano le loro
abitudini di consumo dei media,
decidere di conseguenza forme
e contenuti del messaggio, canali e tempi per la diffusione;
b) cambiamento d’azione: lo scopo
è quello di indurre il maggior
numero di persone possibile a
compiere una data azione entro
un tempo determinato (per es.
aderire a una campagna di vaccinazione antinfluenzale). Le
difficoltà sono non soltanto nel
fornire informazioni adeguate in
modo efficace, ma anche nel convincere le persone ad agire, tenendo conto che anche laddove
esista un atteggiamento favorevole, vi possono essere una serie di costi reali o percepiti (il
costo economico, la distanza, il
tempo, etc.) in grado di allontanare il potenziale utente.
L’azione di marketing dovrà dunque affiancare alle iniziative di
comunicazione facilitazioni e incentivi capaci di bilanciare i costi e stimolare attraverso tutti
gli elementi del marketing mix
l’azione desiderata;
c) cambiamento di comportamento:
lo scopo è quello di favorire la
modifica o l’abbandono di comportamenti dannosi (per. es. l’assunzione di droghe) e l’adozione di nuove abitudini favorevoli
alla salute. Anche in tal caso il
solo ricorso ai mass-media si è
rivelato solitamente insufficiente, quando non controproducente. È in ogni caso necessario effettuare ricerche di marketing
preliminari nonché pre-test per
verificare gli effetti del messaggio su un campione adeguato;
d) cambiamento di valori: lo scopo
è modificare valori e opinioni
profondamente radicati rispetto
ad alcuni temi o situazioni (per
es. i pregiudizi razziali e/o religiosi). È certamente il cambiamento più difficile da attuare,
dato che l’identità e il benessere individuale si basano anche
su un sistema di valori e su di
una “Weltanschauung” tenden-
zialmente dotati di forte coerenza interna e capaci di orientare
tanto la percezione della realtà
quanto le scelte di comportamento individuali. L’introduzione di elementi cognitivi dissonanti crea evidentemente tensione (fra il cambiamento auspicato e la tendenza generalmente
consistente alla conservazione)
per cui le persone cercheranno
spesso di evitare informazioni
incoerenti o di reintegrarle, distorcendole o negandole, nel proprio sistema di valori. Sono dunque necessarie intense e prolungate iniziative di informazione
e sensibilizzazione, ma non solo.
Talvolta sono indispensabili interventi normativi e in questo
caso l’azione di marketing può
servire per creare un clima favorevole all’approvazione della
nuova legge.
Figura 2
“Guide rapide per
la salute n. 1:
Escursioni sicure”.
Le guide, piegate,
hanno la
dimensione di una
carta di credito, da
portare e consultare
ovunque. Sono
dedicate alla
prevenzione dei
comportamenti a
rischio e alla
promozione della
salute.
Elaborazione e
realizzazione
nell’ambito del
“Progetto
Comunicazione per
la salute” Provincia Autonoma
di Trento.
Ideazione e
coordinamento
redazionale ed
editoriale V. Curzel.
La pianificazione di marketing
per il cambiamento
Qualunque sia il cambiamento che
si intende promuovere la pianificazione è una fase determinante per
il successo di un’azione di marketing sociale.
Il processo di pianificazione prevede queste fasi:
1) analisi del macro e micro-ambiente àcontesto socio-economico,
culturale, tecnologico, politico e
normativo all’interno del quale
agiscono le forze che sostengono le idee e i comportamenti
considerati favorevoli a una data
iniziativa di promozione della
salute (come ad esempio una
campagna anti-fumo) ma anche
le forze contrarie o antagoniste
nonché i diversi tipi di pubblico
ostili, alleati o neutrali, la situazione della domanda e della
concorrenza, etc5 ;
2) sviluppo del piano àdefinizione
degli obiettivi, segmentazione
della popolazione in gruppi omogenei e individuazione dei gruppi-obiettivo, elaborazione delle
strategie e dei programmi operativi;
3) attuazione;
4) controllo e valutazione dell’efficacia.
In ognuna di queste fasi l’attività di ricerca (sia primaria, con raccolta diretta dei dati, che secondaria, con l’analisi dei risultati di ricerche precedenti, svolte anche da
altri enti, sia quantitativa che qualitativa) potrà fornire elementi utili
per il processo decisionale, consentendo di definire il problema a cui
si intende dare una soluzione, di
45
Il ruolo del marketing sociale
individuare bisogni, opinioni e atteggiamenti preesistenti, di segmentare il pubblico in target –
groups.
46
Una volta definito il problema si
considerano le risorse disponibili e
si fissano gli obiettivi della campagna, coerentemente con la mission
dell’ente promotore e in relazione
ai bisogni espressi dall’utenza. Tali
obiettivi vengono normalmente descritti in forma alquanto generica
(p.es. “promuovere un uso corretto
dei farmaci in casa”). Tuttavia, per
poter effettuare il controllo e la
valutazione di una campagna, sarebbe opportuno fissare anche traguardi operativi misurabili ed elencarli in ordine di priorità in relazione alle risorse disponibili (p.es. ridurre entro tre anni del 15% il consumo di farmaci vendibili senza ricetta medica), tenendo presente che
tali obiettivi devono essere ragionevolmente conseguibili, in relazione ai gruppi che si intendono raggiungere e alle opportunità o agli
ostacoli che si presentano nell’ambiente di riferimento.
La successiva definizione delle
strategie e dei programmi operativi
implica la suddivisione del mercato
(segmentazione) in gruppi di consumatori/utenti omogenei per le
caratteristiche prescelte. Le variabili normalmente utilizzate (anche
in combinazione tra loro) per l’individuazione dei diversi segmenti
sono variabili geografiche (luogo di
residenza e sue caratteristiche climatiche, di densità di popolazione,
ambientali), demografiche (età,
sesso, reddito, livello di istruzione,
religione, razza, dimensione del
gruppo famigliare, etc.), psicografiche (classe sociale, stili di vita, interessi, opinioni, etc.), comportamentali (benefici ricercati, utilizzo
abituale o meno di un dato bene o
servizio e atteggiamento verso lo
stesso, costi percepiti, etc.)
I dati circa le variabili psicografiche e comportamentali sono certamente i più difficili da raccogliere ma possono aiutare a comprendere meglio perché, quando e a quali
condizioni un gruppo di persone
accetterà lo scambio di marketing
proposto (cambio di atteggiamento
o comportamento in cambio di benefici per la salute, sociali etc.).
Alla segmentazione seguirà
l’eventuale scelta di rivolgere l’azione solo ad alcuni gruppi ritenuti più
bisognosi o più interessati all’intervento, come pure la definizione di
programmi specifici per ogni segmento. Una strategia di marketing
indifferenziato (un unico programma di azione per l’intero mercato)
consente certamente maggiori economie, ma dà buoni risultati soltanto se vi è un’effettiva omogeneità
di bisogni e desideri nei diversi
segmenti.
Dopo aver selezionato i gruppiobiettivo si procede al posizionamento del prodotto offerto all’interno di ogni segmento, cioè vengono
individuati i vantaggi competitivi
(in relazione ai bisogni manifestati
o latenti) per poter comunicare al
consumatore e al target group il
valore dell’offerta in rapporto a prodotti concorrenti.
Anche nel marketing sociale si
possono infatti avere situazioni di
concorrenza, che possono interessare tanto i prodotti, quanto i soggetti produttori, ma soprattutto bisogni, comportamenti e idee contrastanti.
Per esempio in una campagna di
prevenzione di una data malattia
sarà opportuno verificare se altri
enti od organizzazioni pubblici o
privati stiano già attuando campagne analoghe, scegliere nel caso di
occuparsi di segmenti eventualmente ignorati, cercare alleanze e sinergie o modificare l’offerta occupandosi di un aspetto differente del
problema. Di fatto la presenza di più
soggetti operanti in uno stesso
ambito può creare problemi nel reperimento di fondi, di mancato coordinamento delle iniziative o addirittura di azioni contrastanti.
Tuttavia la principale forma di
concorrenza è rappresentata dalle
idee o dai comportamenti che si
vogliono modificare proponendo
l’adozione di comportamenti alternativi e ritenuti più favorevoli6 . Per
esempio in un programma per l’alimentazione sana la concorrenza sarà
rappresentata da comportamenti
alimentari che privilegiano il consumo abbondante di grassi, zucchero, sale, alcolici… Si tratta di una
forma di concorrenza più complessa e più difficile da individuare e
proprio per tale motivo è assolutamente importante l’analisi dei bisogni del target-group, per capire
quali bisogni un dato comportamento soddisfi, in modo da poter mostrare i vantaggi competitivi del
comportamento alternativo propo-
sto. Senza per questo dimenticare
che talvolta idee o comportamenti
nocivi per la salute possono essere
oggetto di sostegno da parte di organizzazioni portatrici di interessi
confliggenti, che pertanto si configurano come concorrenti espliciti e
ostili (p.es. le imprese produttrici
di sigarette in una campagna antifumo).
Segmentazione e posizionamento del prodotto consentono la scelta dei target-group più appropriati
nonché la definizione degli elementi
del marketing mix (prodotto, prezzo, promozione e distribuzione) adeguato agli stessi.
Nella definizione dei programmi
d’azione si dovrà rispondere a quattro domande: che cosa fare per attuare la strategia che è stata individuata sulla base dei bisogni e della
segmentazione del mercato? Quando? Chi lo fa? Quanto costa?7
Per quanto riguarda il marketing
mix si terrà conto che:
1) il prodotto, come si è detto, è
per lo più rappresentato da
un’idea che viene offerta per suscitare un cambiamento comportamentale. Tale idea è talvolta
associata a un prodotto tangibile o a un servizio offerto per facilitare l’abbandono di un dato
comportamento e l’adozione di
un altro, rendendo l’offerta più
attraente agli occhi del gruppoobiettivo. Nella gestione di questi prodotti tangibili si applicheranno i concetti e le tecniche tradizionali del marketing d’impresa (posizionamento, analisi del
ciclo di vita del prodotto, defi47
Il ruolo del marketing sociale
48
nizione del nome di marca,
packaging, etc.). Nella gestione
di prodotti/idee-comportamenti
si potrà far leva su alcuni aspetti (attribuibili peraltro anche ai
prodotti tangibili) che consentono la comparazione. In particolare si potrà fare riferimento a
questi aspetti:
a) vantaggio relativo: può essere misurato in termini economici, di convenienza, di
soddisfazione, di prestigio e
di approvazione sociale, e
indica in che misura un’idea/
comportamento innovativa
viene percepita come migliore di quella che intende sostituire. Più grande è il vantaggio relativo percepito e
più facile e rapida sarà l’adozione del nuovo comportamento;
b) compatibilità con il sistema
dei valori prevalente: un’idea
percepita come incoerente o
contraddittoria rispetto ai
valori dominanti in un dato
sistema sociale sarà accettata con difficoltà e più lentamente;
c) complessità: la facilità di
comprensione e di applicazione di un’idea innovativa ne
faciliterà l’adozione e la diffusione;
d) sperimentabilità: la possibilità di provare la bontà di
un’idea per un tempo e/o in
uno spazio limitato e la reversibilità della scelta, cioè
la possibilità di ritornare al
comportamento precedente
senza conseguenze, facilita
l’adozione di atteggiamenti e
comportamenti nuovi;
e) visibilità dei risultati: effetti
positivi facilmente osservabili
in tempi brevi favoriscono
l’adozione di nuovi comportamenti.
La presenza di un nome di marca che accompagna un’idea o una
proposta di cambiamento, consentendo la riconoscibilità e l’attribuzione di tale proposta a un
soggetto autorevole, rafforzandone la credibilità e la memorizzazione, può contribuire efficacemente alla sua adozione e diffusione. Poiché spesso il nome di
marca di una causa sociale coincide con il nome dell’ente promotore, anche per questo motivo è di fondamentale importanza curare l’immagine istituzionale.
Per quanto riguarda il ciclo di vita
di un’idea va detto che in esso
si possono riconoscere le stesse
Figura 3
infosanità 10: “Le
encefalopatie
spongiformi
trasmissibili”.
La collana
“infosanità” è
dedicata
all’informazione
istituzionale
riguardante il
Servizio sanitario
provinciale.
Elaborazione e
realizzazione
nell’ambito del
“Progetto
Comunicazione per
la salute” Provincia Autonoma
di Trento.
Coordinamento
editoriale V. Curzel.
fasi evolutive che caratterizzano i prodotti tangibili (introduzione, crescita, maturità, declino8) e che ognuna di queste fasi
comporta evidentemente problemi e opportunità diversi con
approcci, strategie e tattiche di
marketing differenziati9.
2) Nel fissare il prezzo per l’acquisizione di un determinato bene
o servizio si dovrà tener conto
che, agli occhi del cittadinoutente, esso è rappresentato dai
costi economici, ma anche psicologici e fisici e da qualunque
altro effetto legato allo scambio
e percepito come negativo (perdita di tempo, cambio di abitudini radicate, fatica fisica, timore
di effetti spiacevoli, etc.). Se
nell’impresa commerciale la determinazione del prezzo ha normalmente come obiettivo la massimizzazione dei profitti, nell’erogazione di servizi pubblici
più spesso si tende al recupero
di parte dei costi e non di rado
si sceglie il prezzo più basso
possibile, per facilitare l’acquisizione del prodotto e avere il
più gran numero possibile di utilizzatori. Nel marketing sociale,
dove il prodotto è spesso rappresentato da un’idea/comportamento da adottare, l’importanza
di controllare e diminuire i costi
non monetari (p. es. diminuendo i tempi di attesa) è determinante, essendo spesso i soli costi a carico della persona. Altri
costi percepiti, come il timore
di rischi o di possibili conseguenze negative per l’utente,
possono essere bilanciati con
l’introduzione di ricompense, rinforzi psicologici, prove gratuite
e informazioni rassicuranti da
parte di fonti autorevoli. Talvolta può essere invece necessario
aumentare anche notevolmente
il prezzo. Ciò si verifica quando,
nell’ambito di strategie di “demarketing” si vuole scoraggiare
il consumo di prodotti dannosi
(per es. di sigarette o superalcolici), diminuire lo spreco (p.es
di acqua o energia elettrica),
controllare l’abuso o l’uso improprio (per es. di farmaci).
3) Per quanto attiene alla distribuzione nel marketing sociale avremo probabilmente una serie di
enti o istituzioni che assumono
la funzione di distributori, tenendo conto che prodotti tangibili e servizi dovranno essere facilmente disponibili per gli utenti, mentre prodotti intangibili,
come idee e comportamenti, richiederanno una rete distributiva costituita essenzialmente dai
canali di comunicazione interpersonali e mass-mediatici. La
gestione del sistema di distribuzione richiederà in ogni caso l’individuazione e la selezione dei
canali più adatti nonché il coordinamento della rete da essi costituita, tenendo conto delle risorse disponibili, del tipo di prodotto che viene offerto all’utenza, delle caratteristiche dei gruppi-obiettivo, degli eventuali intermediari. Si noti a tale proposito che nella fase di distribuzione, sia che si tratti di prodot49
Il ruolo del marketing sociale
50
ti tangibili che intangibili, può
essere molto utile cercare la collaborazione di soggetti pubblici
estranei all’organizzazione del
servizio sanitario (per es. scuole
o biblioteche) o di imprese private (aziende, fabbriche, studi
professionali, esercizi pubblici)
per trasformare anche questi luoghi in punti di “distribuzione”
di un prodotto/idea (come p. es.
nel caso di una campagna di educazione alimentare o per la prevenzione degli infortuni). In
ogni caso si dovrà curare un’azione coordinata fra i vari canali e
intermediari utilizzati, evitando
che si creino conflitti per la presenza di obiettivi e/o interessi
contrastanti fra i vari soggetti
coinvolti, individuando di ciascuno l’atteggiamento verso il
prodotto, il grado di sostegno offerto, le motivazioni e le potenzialità per quanto riguarda la distribuzione. Un’attenzione particolare sarà rivolta agli “intermediari finali” cioè a coloro che
entrano direttamente in contatto con l’utente: operatori sanitari, farmacisti, personale di
sportello, volontari, poiché la
loro cooperazione è indispensabile nel rendere l’offerta credibile e accettabile.
4) La promozione attraverso le attività di comunicazione ha nel
marketing sociale un ruolo primario, poiché l’obiettivo primo
di una campagna è quello di informare e sensibilizzare su un
dato problema, per costruire i
presupposti cognitivi utili alla
modifica di idee e comportamenti. È importante considerare la
sostanziale differenza che intercorre in tal senso con il marketing d’impresa, laddove il consumatore, nell’atto di acquisire
un dato prodotto, generalmente
già ne conosce (almeno in generale) i benefici e i vantaggi
legati all’uso (per esempio di
un’automobile o di un elettrodomestico), limitandosi a scegliere una data marca o modello. Una campagna di marketing
sociale che promuova opinioni e/
o comportamenti (ad esempio
“non fumare perché fa male alla
salute”, oppure “collabora alla
raccolta differenziata dei rifiuti
a difesa dell’ambiente in cui
vivi”) devono associare a funzioni informative e persuasive anche le funzioni di produzione,
prezzo e distribuzione, necessarie per realizzare il processo di
scambio con l’utente. Ciò vuol
dire che, all’interno del messaggio, si dovranno sottolineare i
maggiori benefici derivanti dall’abbandono di una data abitudine dannosa per la salute a fronte dei costi (psicologici e/o materiali) da affrontare per adottare un nuovo comportamento.
Anche la strategia di comunicazione (come la definizione degli
altri elementi del marketing mix)
dovrà dunque fondarsi sui risultati di studi e ricerche ad hoc,
cercando di garantire continuità
e coerenza alle varie iniziative
di comunicazione, indirizzando
l’elaborazione dei messaggi e la
realizzazione creativa, nonché la
scelta dei mezzi, dei tempi e dei
luoghi di diffusione, utilizzando
anche pre-test sui target-goup e
sui gruppi di intermediari prescelti10 .
La strategia di comunicazione
dovrà inoltre tener conto del possibile appoggio di gruppi di influenza e di altre istituzioni pubbliche e private e valuterà l’eventuale utilizzo di tutti i canali
disponibili, sapendo che essi
sono fra di loro complementari,
che vanno integrati e coordinati
e ricordando che la comunicazione di massa è particolarmente
efficace nel diffondere in breve
tempo e presso un gran numero
di cittadini conoscenza e consapevolezza, mentre la comunicazione personale e selettiva
(come direct mail e telemarketing) possono fornire all’utente
informazioni più dettagliate e
stimolare più efficacemente il
cambiamento.
Il grado di difficoltà e di complessità della misurazione e della
valutazione dell’efficienza (rapporto costi/benefici) e dell’efficacia
(raggiungimento del risultato atteso) di una campagna di marketing
sociale dipende sia dal tipo di offerta (prodotto, servizio, idea/comportamento), sia dagli obiettivi
(cambiamento cognitivo, di atteggiamento, comportamentale, di valori).
Pur essendo l’attività di valutazione un processo a carattere tendenzialmente continuativo, essa
acquista particolare importanza nelle fasi iniziali di definizione del pia-
no e nella parte conclusiva di misurazione dei risultati conseguiti. Vale
a dire che prima dell’implementazione del piano è necessario fissare
obiettivi quantificabili (e raggiungibili) con relativi indicatori e tempi
di attuazione; durante lo sviluppo
si realizzeranno pre-test (sui singoli elementi del marketing mix) e
controlli periodici (generalmente su
scala ridotta e a intervalli prefissati) per apportare eventualmente
correzioni in itinere; a conclusione
della campagna verranno effettuate
rilevazioni approfondite e su larga
scala per misurare l’efficacia del piano in relazione agli obiettivi.
L’attività di marketing è a tutti
gli effetti un processo interattivo e
circolare, dove, nonostante la complessità e il costo della valutazione, il feed-back da essa fornito prima, durante e dopo, è indispensabile per apportare le correzioni necessarie e per la pianificazione delle campagne successive, mettendo
in luce problemi irrisolti, punti deboli ed opportunità da sfruttare.
Si deve comunque tenere conto
della obiettiva difficoltà nel misurare le modifiche cognitive, affettive e comportamentali, anche perché i cambiamenti riscontrati possono essere stati facilitati da altri
fattori esterni, legati all’azione di
altre forze sociali e ambientali11 che
agiscono contestualmente alla campagna, così come questi medesimi
fattori possono averla pesantemente contrastata. Allo stesso modo
non sarà facile individuare con precisione i processi psicologici individuali e/o sociali che possono de51
Il ruolo del marketing sociale
52
terminare effetti favorevoli o avversi
all’efficacia di una data iniziativa
di marketing sociale.
Certamente il grado di attenzione e di sensibilizzazione della popolazione rispetto ad un dato problema influisce direttamente tanto
sull’impatto di una campagna che
sui suoi risultati. Si potrebbe in
questo senso dire che anche per le
idee vi sono delle “tendenze di mercato”, e quindi che il presupposto
necessario per il successo di una
campagna è dato dalla presenza di
una domanda latente.
Ciò rende l’applicazione del
marketing ai problemi sociali ben
più complessa di quella del marketing di un’impresa commerciale, se
non altro perché, se nel secondo
caso l’obiettivo è normalmente convincere il consumatore ad aumentare il consumo (o a scegliere una
marca piuttosto di un’altra) di un
prodotto i cui benefici sono già noti,
nel marketing sociale si tratta solitamente di indurre un comportamento nuovo e più favorevole alla
salute, i cui benefici tuttavia non
sono ancora stati sperimentati direttamente dal cittadino utente.
I problemi aperti e i limiti
del marketing nella promozione
della salute
I problemi e i limiti da affrontare
nell’azione di marketing sociale
(tanto più nell’ambito della sanità
e della promozione della salute)
possono essere così riassunti, in
relazione alle varie fasi dell’attività
e di elaborazione delle relative strategie:
a) analisi del mercato: difficoltà nel
reperire dati utili per l’individuazione dei bisogni e delle caratteristiche del target-group (per
quanto riguarda atteggiamenti e
comportamenti, esposizione ai
media, etc.) per vari motivi. Fra
questi:
- difficoltà, per quanto riguarda le ricerche primarie di misurare le variabili più importanti perché molte persone
tendono a dare risposte vaghe, interessate o socialmente accettabili, su temi che
toccano i valori, ma anche le
ansie individuali;
- ricerche secondarie di qualità generalmente inferiore a
quelle disponibili nel settore
commerciale, per la eccessiva specializzazione settoriale di indagini pregresse e per
la scarsità di studi teorici di
ambito;
Figura 4
“Sicurezza e salute
nei luoghi di
lavoro: un impegno
comune”.
Nella collana
“Documenti per la
salute” sono
pubblicati atti di
seminari e convegni
nonché studi
e ricerche inerenti
l’assistenza
sanitaria,
la promozione
della salute
e la prevenzione
delle malattie.
Redazione
e realizzazione
nell’ambito
del “Progetto
Comunicazione
per la salute”
- Provincia
Autonoma di
Trento.
Coordinamento
editoriale V. Curzel.
- difficoltà nell’identificare il
peso dei vari determinanti
sociali del comportamento;
- difficoltà nel reperire le risorse finanziarie per analisi di
mercato ad hoc, in quanto
non portano risultati tangibili immediati;
- lentezza burocratica che allunga i tempi preliminari alla
attuazione della campagna;
b) strategie di segmentazione: necessità nell’intervento pubblico
di rivolgersi ad ampie fasce di
popolazione (quando non a tutti) in conformità ai principi di
egualitarismo ed equità (si realizzano programmi generici e di
scarso impatto per mancanza di
risorse sufficienti alla attuazione di programmi differenziati e
consistenti per ogni segmento);
non sono disponibili dati utili e
attendibili per la segmentazione a causa di ricerche di mercato inadeguate; i segmenti-obiettivo (per es. i fumatori) sono
spesso formati da soggetti predisposti negativamente, con livelli alti di coinvolgimento emotivo e più resistenti nei confronti
dell’offerta (cioè il contrario di
quanto avviene nel marketing
d’impresa);
c) strategie di prodotto: scarsa discrezionalità nella scelta dei
“prodotti” da offrire al pubblico
(soprattutto se si tratta di comportamenti attesi ben determinati, che non si possono modificare per renderli più accettabili al gruppo-obiettivo: per esempio “non fumare sigarette” non
può essere sostituito con “fuma-
d)
e)
f)
g)
re di meno” o “fumare la pipa”);
difficoltà nel formulare un concetto di prodotto semplice e significativo (soprattutto se si
tratta di un comportamento complesso) e di strategie di posizionamento di lungo periodo (le
campagne di marketing sociale
raramente lo sono); scarsa visibilità dei benefici personali percepiti o prevalenza di benefici
sociali;
strategie di prezzo: trattandosi
spesso di costi non monetari, ma
piuttosto di costi di tempo, psicologici, fisici, sociali, richiesti
per adottare il comportamento
desiderato, c’è la difficoltà di misurare tali costi percepiti e talvolta anche di ridurli effettivamente;
strategie di distribuzione: difficoltà nell’utilizzare e controllare i possibili intermediari, di fornire loro incentivi per ottenerne
la collaborazione; costi elevati
nell’istituire canali distributivi
autonomi; complessità di un sistema distributivo basato sul
volontariato e costi di formazione dei volontari;
strategie di comunicazione: difficoltà nel promuovere un nuovo
comportamento a causa delle numerose informazioni che bisogna
fornire a un pubblico che potrebbe avere conoscenze pregresse
scarse o eterogenee; difficoltà di
rappresentare benefici (individuali o sociali) intangibili; costi elevati dell’utilizzo dei mass
media;
valutazione: difficoltà nell’individuare indicatori efficaci e nel
53
Il ruolo del marketing sociale
misurare cambiamenti di comportamento (tanto più quando questi sono a lungo termine); difficoltà nello stimare l’effettivo
contributo della campagna al
raggiungimento dell’obiettivo.
54
La presenza di tali difficoltà e limiti oggettivi del marketing sociale, lungi dallo sconsigliarne l’applicazione alle attività di promozione
della salute, impongono piuttosto
da una parte di non sviluppare
aspettative esagerate e dall’altra di
promuovere formazione, competenze ed esperienza professionale specifiche e adeguate nel personale addetto, che deve essere capace di un
approccio analitico, progettuale,
realizzativo e organizzativo-gestionale differente da quello richiesto
nel marketing commerciale. Augurandosi che nel contempo si approfondiscano e amplino anche la ricerca e gli studi teorici nel campo.
Un ultimo aspetto certamente
non trascurabile riguarda la dimensione etica e della responsabilità.
Ciò vuol dire che da una parte è
necessario considerare l’impatto
sociale degli obiettivi che una campagna di marketing intende raggiungere (comprendendo in questa analisi anche i metodi e gli strumenti
utilizzati e gli eventuali effetti indesiderati nonché quelli di lungo
termine) e dall’altra si dovrà tener
conto che si stanno promuovendo
certi valori a scapito di altri. Ciò
vuol dire che ogni campagna di pubblica utilità non necessariamente è
sempre e comunque di interesse
collettivo (o, per meglio dire, che i
suoi obiettivi sono universalmente
condivisi), nel senso che promuovere i valori considerati (da chi promuove la campagna) socialmente,
moralmente ed economicamente
migliori, significa inevitabilmente
deprimere o annullare valori o interessi altri e confliggenti.
Questo implica evidentemente
consapevolezza e senso di responsabilità in chi deve decidere quali
siano gli atteggiamenti e i comportamenti congruenti agli interessi
della comunità e quali invece vadano modificati, tenendo peraltro conto che, come è stato più volte sottolineato, circostanze economiche,
sociali e ambientali possono essere
fattori determinati dello stato di
salute di un individuo o di una comunità in misura ben maggiore dei
comportamenti e che comunque il
contesto socio-economico-ambientale influisce pesantemente sui
comportamenti e gli stili di vita12 .
Va inoltre considerato il fatto che
l’utilizzo dei metodi e degli strumenti del marketing per promuovere cambiamenti di comportamento
può da qualcuno essere associato
con concetti di manipolazione e di
persuasione o di propaganda, poiché si potrebbe dire che, se di fronte alla pubblicità commerciale il
consumatore è consapevole degli
interessi di chi promuove il prodotto, nel caso di una iniziativa di comunicazione pubblica il cittadino
difficilmente metterebbe in dubbio
la correttezza e la buona intenzione della fonte del messaggio, grazie all’autorevolezza e alla credibilità di un Ministero, di un Assessorato o di un’Azienda sanitaria.
NOTE
[1] cfr. S. Tamborini, Marketing e
Comunicazione sociale, Editori
di Comunicazione – Lupetti, Milano, 1996.
[2] Le responsabilità sociali di
un’impresa interessano ovviamente la qualità, l’affidabilità
e la sicurezza del prodotto, ma
anche la salvaguardia dell’ambiente e della salute, il risparmio energetico, la correttezza
dell’informazione pubblicitaria
e altri aspetti dell’attività societaria. Le imprese più orientate al mercato hanno assunto
un atteggiamento proattivo,
concretizzando la loro responsabilità sociale anche in attività come sponsorizzazioni di
eventi culturali e di ricerche
scientifiche, donazioni a organizzazioni no-profit, partecipazione a campagne di marketing
sociale, viste come un’opportunità a beneficio della collettività che l’azienda può cogliere per migliorare il proprio rapporto con la comunità di appartenenza, rafforzando nel
contempo le proprie possibilità di sopravvivenza nel mercato.
[3] P.Kotler, Marketing for Non Profit Organisations, Prentice Hall,
Englewood Cliffs – New Jersey,
1982, cit. in S. Tamborini,
Marketing e Comunicazione sociale.
[4] Il concetto di “pubblica utili-
tà” o pubblico interesse è ovviamente relativo e collegato ai
valori presenti in un dato momento storico e in un dato contesto socio-culturale.
[5] Fra i metodi utilizzabili per raccogliere dati sull’ambiente possiamo ricordare le indagini tra
gli opinion leader, i sondaggi
d’opinione, l’analisi continuativa (per un dato periodo) dei
messaggi veicolati dai massmedia per individuare temi e
atteggiamenti emergenti nonché l’analisi degli orientamenti legislativi negli ambienti
politici.
[6] Vedi P.Kotler & E.Roberto, Social Marketing: Strategies for
Changing Public Behavior, Free
Press, New York 1989, trad. it.
Marketing Sociale. Strategie per
modificare i comportamenti collettivi, edizioni di Comunità,
Milano, 1991.
[7] ibid.
[8] P.Kotler (1982, op.cit.) chiama
queste fasi: fase di crociata, di
movimento popolare, manageriale, burocratica.
[9] vedi S.H.Fine, The Marketing of
Ideas and Social Issues, Preager, New York, 1981.
[10]Una ricerca svolta dall’Health
Message Testing Service sui
messaggi pubblicitari di interesse pubblico ha notato che
si dimostravano particolarmen55
Il ruolo del marketing sociale
56
te efficaci i messaggi:
a) che enfatizzavano sia il problema che la soluzione offerta;
b) dove l’eventuale testimonial
apparteneva al target group;
c) che evidenziavano un vantaggio o una ricompensa derivante dall’adozione del
nuovo comportamento atteso;
d) che comunicavano i benefici psicologici derivanti dal
cambiamento;
e) dove, se possibile, il nuovo
comportamento veniva mostrato concretamente;
f) dove il tono del messaggio
non faceva ricorso all’ironia;
g) dove lo stile del messaggio
era altamente o moderatamente emotivo.
(Cfr. P.Kotler & A.R.Andreasen,
Strategic Marketing for Nonprofit Organistions, III ed. Prentice-Hall, Englewood Cliffs, New
Jersey 1987). Altri studiosi
manifestano tuttavia forti perplessità circa l’utilità di messaggi a forte contenuto emotivo, soprattutto nel caso di messaggi ansiogeni, portando ad
esempio l’inefficacia di alcune
campagne proprio per l’alto livello di ansia e paura generato
nel target goup. Tali messaggi
attiverebbero infatti meccanismi di percezione selettiva con
i quali i soggetti esposti alla
comunicazione che si sentono
particolarmente a rischio tentano di sottrarsi al messaggio
e ne rimuovono il ricordo. L’utilizzo dei cosiddetti “fear ap-
peals” richiede anche considerazioni di carattere etico, valutando se i benefici che il cittadino destinatario dei messaggi
ne può trarre siano maggiori dei
costi psicologici che gli vengono imposti.
[11]P.Kotler & E.Roberto, op. cit.,
distinguono sei tipi di forze
esterne che influiscono sulla
capacità di una campagna di
sviluppare e mantenere un’efficace influenza sui gruppi
obiettivo: demografiche, economiche, fisiche, tecnologiche,
politico-legali, socio culturali.
[12]Cfr. Gianfranco Domenighetti,
Per una politica di sanità pubblica centrata sui bisogni della
popolazione e non su quelli dei
servizi, in Punto Omega, Quadrimestrale del Servizio sanitario del Trentino, Nuova serie,
Anno II, n.2/3, Provincia Autonoma di Trento, 2000. Vedi
anche, su questo numero della
rivista, gli interventi di Ziglio,
Bertinato nonché il documento OMS “La Dichiarazione di
Jakarta sulla promozione della
salute nel 21° Secolo”.
Vittorio Curzel è Direttore con incarico
speciale per la comunicazione e
l’informazione presso il Servizio
Programmazione e Ricerca Sanitaria
della Provincia Autonoma di Trento.
Programmare
per promuovere la salute
Giovanni Martini
La programmazione sanitaria
come strumento tecnico per realizzare
e sviluppare scelte politiche orientate
alla salute.
“Se si desidera un mare calmo,
non si può sopprimere
il mare agitato”
(Thich Nhat Hanh)
Una premessa “mitologica”
Durante la fioritura della civiltà ateniese in grande considerazione era
tenuta la protezione di Igea, che si
dice fosse l’emanazione di Atena,
dea della ragione. Igea impersonava e proteggeva la salute e non aveva nulla a che fare con la malattia.
Essa simboleggiava la credenza secondo la quale gli uomini potevano
star bene se avessero vissuto in armonia con la ragione.
In tutto il mondo classico Igea
ha continuato ad essere il simbolo
dell’importanza di una vita sana in
un ambiente sereno, l’ideale di mens
sana in corpore sano. Più avanti nel
tempo, mentre in Grecia veniva identificata con la salute mentale, a
Roma assunse il nome di Salus, la
dea del benessere. Più tardi ancora
il culto di Igea cominciò ad essere
sostituito da Asclepio, il dio della
medicina. Per prevenire le malattie
o per guarire, gli uomini ritennero
più facile fare affidamento ai medici e alle medicine piuttosto che
dedicarsi al difficile compito di vivere in modo saggio.
Secondo la mitologia greca Asclepio fu il primo medico che divenne
famoso non tanto per l’insegnamento della saggezza, ma per la conoscenza delle virtù curative delle
piante.
Presto Igea fu relegata al ruolo
di ancella, talvolta di figlia o di
sorella o di moglie di Asclepio, ma
sempre a lui sottomessa.
I miti di Igea e di Asclepio simboleggiano l’eterna oscillazione fra
due differenti punti di vista della
medicina. Per i seguaci di Igea, la
salute consiste nell’ordine naturale
delle cose, una caratteristica positiva che gli uomini possono raggiungere in seguito ad una condotta di
vita accorta. Secondo questo modo
di pensare, il ruolo più importante
della medicina è quello di scoprire
57
Le esperienze in Trentino
58
e di insegnare le leggi naturali che
consentono agli uomini di avere una
mente sana in un corpo sano. I seguaci di Asclepio credevano invece
che il ruolo principale del medico
fosse quello di curare le malattie e
di ripristinare la salute intervenendo sulle patologie congenite ed acquisite.
Anche se la mitologia classica
sembra mostrare la supremazia di
Asclepio, tuttavia Daniel Callahan
(2000) ritiene che la vittoria scientifica sia da attribuire ad Igea in
quanto ormai è accertato come la
migliore prescrizione per favorire la
salute di una popolazione sia un
buon sistema sanitario pubblico,
condizioni di lavoro e istruzione di
medio livello, uno stile di vita prudente.
La salute e la strategia
della salute per tutti
Quando nel 1948 fu costituita l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si ritenne che per troppo tempo
il pendolo della medicina aveva
oscillato a favore di una visione
asclepiadea e che era giunto il tempo di rivolgersi in maniera più convinta ad una maggiore attenzione
alla salute, vista anche come armonia fra la componente fisica, psichica e sociale.
La salute è stata definita dal documento costituente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1948)
come “stato di completo benessere
fisico, mentale e sociale e non come
semplice assenza di malattia”. Se
pensata in termini operativi, questa definizione rivela delle impor-
tanti implicazioni non solo per l’organizzazione dei servizi sanitari, ma
soprattutto per le politiche rivolte
alla salute della popolazione.
Pensare alla salute in termini di
benessere significa prima di tutto
introdurre nel ragionamento il concetto di equità. È però opportuno
operare una distinzione fra l’equità
nella distribuzione dell’assistenza
sanitaria e l’equità della salute, definendo quest’ultima come la modalità secondo la quale a tutte
le persone viene offerta la opportunità di raggiungere il massimo potenziale di salute. L’equità della salute si riferisce al livello di salute
effettivamente conseguito, tenuto
conto che i bisogni sanitari sono
diversi così come è diversa, per ciascuna persona, la suscettibilità alla
malattia.
Lo sviluppo di questi concetti con
l’introduzione della “Strategia della
salute per tutti” verso la fine degli
anni ’70 e con la diffusione dei principi della promozione della salute
formalizzati nella Carta di Ottawa
nel 1986 ha offerto contributi teorici innovativi. Per essere compiutamente sviluppati richiedono alcuni
prerequisiti fondamentali che si possono riassumere nella necessità di:
- perseguire un approccio olistico
alla salute, se intendiamo mantenere e sviluppare i miglioramenti nello stato di salute che
sono stati conseguiti nel secolo
appena trascorso;
- essere consapevoli che l’80%
della nostra salute è determinato da politiche assunte ed azioni svolte da settori esterni a
quello sanitario (ad esempio i
trasporti, l’istruzione, l’agricoltura, l’allevamento, ecc.).
In sostanza possiamo sostenere che
la nostra salute, individuale e collettiva, dipende:
- dalle condizioni in cui viviamo,
cioè dall’organizzazione sociale
in cui siamo inseriti;
- dalle interazioni umane che intratteniamo con gli altri, ossia
dalle relazioni sociali;
- dal modo in cui interagiamo con
l’ambiente costruito, con l’ambiente naturale e quindi con l’intero pianeta che ci ospita, in
altre parole dalle relazioni ambientali.
La promozione della salute
in Provincia di Trento
I principi della promozione della
salute e della strategia della salute
per tutti, pur se recepiti nella normativa e nei documenti di programmazione di molti Stati, inclusa l’Ita-
59
Le esperienze in Trentino
60
lia, e le Regioni europee, inclusa la
Provincia Autonoma di Trento, hanno trovato e trovano tuttora molte
difficoltà ad essere tradotti in pratica, cioè ad essere diffusi e acquisiti dalla cultura delle comunità e
soprattutto messi in pratica perché
possano produrre i loro effetti.
Anche per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha cercato
di colmare il gap fra teoria e prassi
attraverso la promozione, negli anni
’90, di una serie di progetti prototipali e sperimentali con lo scopo
di aiutare le Amministrazioni regionali a riflettere sulle modalità con
le quali le strutture, i processi e le
risorse da esse governate e gestite
avrebbero potuto essere utilizzate
per promuovere la salute.
Uno dei primi fra questi progetti
sperimentali, denominato “Investing
for Health”, ha avuto luogo fra il
1993 e il 1995 nelle Province Autonome di Trento e di Bolzano.
Il progetto dimostrativo “Investing for Health” si fondava sull’osservazione che i servizi sanitari mostrano evidenti limitazioni nella
capacità di produrre miglioramenti
significativi nello stato di salute
della popolazione dal momento che:
- non tutti i gruppi di popolazione beneficiano in modo uguale
dell’assistenza sanitaria;
- la domanda e le aspettative di
assistenza sanitaria sono in progressivo aumento a fronte della
contrazione delle risorse disponibili;
- l’assistenza sanitaria è, prevalentemente, incentrata sulla malattia anziché sulla salute;
- una parte sempre più consistente delle risorse per l’assistenza
sanitaria vengono utilizzate per
lo svolgimento di attività sanitarie di alta specializzazione, pur
nell’evidenza che è l’assistenza
di primo livello che produce i
maggiori benefici in salute per
unità di spesa rispetto all’assistenza specialistica di secondo
e terzo livello.
Il progetto si proponeva di:
- sviluppare e testare strumenti
politici (normativi, organizzativi, gestionali ed educativi) in
grado di aiutare ad accrescere
una maggiore comprensione di
come gli attuali e futuri investimenti di risorse pubbliche potrebbero essere riorientati per
garantire miglioramenti in salute;
- potenziare le capacità delle autorità e dei funzionari pubblici
a farsi responsabili per dare sostegno a tutto ciò che poteva
produrre benefici nella salute
della popolazione;
- mettere in grado le risorse locali
di intraprendere e compiere processi di analisi, sviluppo e attuazione di politiche per la salute.
Promozione della salute
e programmazione sanitaria
Una visione ecologica delle problematiche legate alla salute porta alla
considerazione che i diversi contesti in cui la gente vive e i modi di
relazionarsi ai contesti stessi sono
profondamente condizionati dalle
scelte delle comunità attraverso lo
strumento più potente che hanno a
disposizione: la politica.
Risulta pertanto evidente che la
politica deve diventare sempre di più
un approccio irrinunciabile per la
creazione delle condizioni e delle
relazioni che possono migliorare la
salute.
Le diverse politiche dovrebbero
facilitare le persone, singole o associate, nell’esprimere scelte orientate alla salute propria e della comunità nella quale vivono e rendere
più difficili quelle scelte che alla
salute nuocciono, anche nella consapevolezza e nella convinzione che
non vi è possibilità di cambiare gli
stili di vita senza cambiare contestualmente il contesto sociale della
vita di ogni giorno.
Diventa fondamentale in questa
prospettiva il ruolo della sanità pubblica che però deve porsi nella logica di vedere la salute secondo un
modello di relazioni di tipo ecologico che vede l’interazione dell’uomo con l’ambiente, sia quello costruito che quello naturale. Questa
visione nasce dall’evidenza che la
salute e la malattia sono strettamente interrelate con la famiglia, il
posto di lavoro, la scuola, l’ambiente, i trasporti, le relazioni sociali,
ecc.
Una nuova sanità pubblica deve
porre maggiormente l’enfasi sulle
strutture e sui processi per mezzo
dei quali si comprende, si salvaguarda e si promuove la salute della
popolazione attraverso gli sforzi
organizzati della società, più che
sugli aspetti giuridico-legislativi e
sui programmi finalizzati al controllo
delle malattie.
È in questo contesto che il ruolo
della programmazione sanitaria assume un ruolo importante, in quan61
Le esperienze in Trentino
62
to costituisce lo strumento tecnico
per realizzare e sviluppare le scelte
politiche.
A seguito della diffusione delle
idee della promozione della salute
e della salute per tutti anche la programmazione sanitaria ha subito
un’evoluzione per la quale se, a metà
degli anni Settanta, essa poteva essere definita come un processo a
medio-lungo termine culminante in
decisioni per il riequilibrio delle risorse tra assistenza domiciliare, ambulatoriale e ospedaliera (in modo
da diagnosticare curare ed assistere
tutti i bisogni percepiti dalla comunità), più recentemente la programmazione sanitaria è definibile
come programma di attività che
esprime la volontà complessiva e
condivisa della popolazione che vive
nella comunità locale, con lo scopo
di migliorare la qualità di vita e di
conseguenza lo stato di salute.
Nel corso dell’ultimo quinquennio la programmazione sanitaria
della Provincia Autonoma di Trento
si è progressivamente orientata ad
affermare con forza il ruolo importante della promozione della salute
e a concentrare i propri sforzi nello
sviluppo di una programmazione
diretta alla salute della popolazione, più che all’organizzazione dei
servizi. Tale situazione è stata facilitata oltre che dalla partecipazione al citato progetto “Investing in
Health” anche dal progressivo recepimento, da parte della programmazione sanitaria nazionale, a cui la
programmazione locale è tenuta a
fare riferimento, di una visione maggiormente tesa a privilegiare gli
obiettivi di risultato dell’azione sa-
nitaria. Progressivamente i progetti
di Piano sanitario provinciale elaborati nel corso degli ultimi cinque
anni in Provincia di Trento contengono sempre maggiori indicazioni e
obiettivi riferiti alla promozione
della salute e al coinvolgimento dei
settori esterni alla sanità in un processo finalizzato al miglioramento
della salute e della qualità della vita
della popolazione.
La proposta di piano sanitario
2000-2002, attualmente in discussione presso la competente Commissione legislativa del Consiglio della
Provincia Autonoma di Trento, dedica un quarto delle sue pagine alla
“promozione della salute” e alla
“prevenzione primaria delle malattie”.
Il progetto di piano sanitario assume fra i propri punti di riferimento l’adozione sistematica e continuativa dell’approccio della promozione della salute come modalità
importante per affrontare i problemi della salute e della malattia.
La parte relativa alla promozione
della salute propone l’avvio di un
processo di ampia portata, sotteso
ad ogni attività della vita umana,
individuale e sociale, attraverso il
quale la popolazione può giungere
a conoscere, valutare e indirizzare i
propri comportamenti e stili di vita,
e conseguentemente ad assumere il
controllo della propria salute al fine
di migliorarla; propone un approccio di tipo intersettoriale nella consapevolezza che la sanità, da sola,
non è in grado di controllare tutte
le variabili che hanno un impatto
sulle condizioni di salute e che quindi diventa fondamentale realizzare
“alleanze virtuose” con tutti i settori della politica e della società con
l’obiettivo di accrescere i guadagni
in salute dei cittadini; propone, infine, che la promozione della salute
venga a costituire una modalità di
approccio che deve attraversare l’intera organizzazione sanitaria ed essere consapevolmente interiorizzato da tutti gli operatori (anche gli
Ospedali e le Residenze Sanitarie Assistenziali, ad esempio, dovranno
promuovere la salute).
Gli obiettivi posti nella parte dedicata alla promozione della salute
prevedono di affrontare le seguenti
tematiche:
- comportamenti per la salute: si
fa riferimento alle iniziative connesse con gli stili di vita. In particolare la promozione di un’alimentazione equilibrata, la promozione dell’attività fisica, la
riduzione dell’abitudine al fumo,
la riduzione del consumo di alcol, la prevenzione di altre dipendenze e comportamenti a rischio;
- per una vita più sicura: si fa riferimento alle iniziative relative
alla riduzione degli incidenti
stradali, alla riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali e degli incidenti domestici;
- ambiente per la salute: si prendono in considerazione i principali aspetti ambientali che hanno un impatto sulla salute, quali la sicurezza degli alimenti, l’acqua, l’aria, il rumore, i rifiuti, le
radiazioni ionizzanti e non ionizzanti;
- fasi della vita e salute, come
aspetti fondamentali degli sforzi complessivi nell’affrontare i
63
Le esperienze in Trentino
64
problemi e i bisogni tipici e particolari di alcune fasce di età
(infanzia, adolescenza, anziani)
e di alcune condizioni specifiche (maternità).
Gli obiettivi della programmazione
sanitaria e l’organizzazione sanitaria in Provincia di Trento che ha previsto, all’interno dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, l’istituzione di una Direzione per la promozione della salute, hanno contribuito a favorire la realizzazione
di una serie di iniziative di cui si
parla in altre parti della presente
pubblicazione. Molto rimane ancora da fare, anche se ritengo che la
strada che si è imboccata sia quella
in grado di produrre gli effetti più
utili e duraturi.
Collateralmente all’attività di pro-
grammazione sanitaria la Provincia
Autonoma di Trento, dal 1995, ha
realizzato un programma di comunicazione volto a diffondere e a far
conoscere nella traduzione in italiano i principali documenti internazionali, gran parte dei quali prodotti dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità, relativi alla promozione della salute e alla strategia della
salute per tutti. I destinatari principali di tali pubblicazioni, che facevano parte della prima serie della
collana Punto Omega, erano, in primis, i politici (consiglieri regionali, sindaci, ecc.) e gli operatori sanitari (medici, infermieri, ecc.) della
provincia di Trento. Ben presto le
pubblicazioni hanno superato i confini del Trentino e il sito Internet
(www.provincia.tn.it/sanita/Cds/
Emeroteca/pomega/fr_omg_h.htm)
sul quale tali documenti sono stati
pubblicati ha riscosso notevole interesse.
Le prospettive
Il paradigma dei tempi attuali e del
prossimo futuro è quello di operare
in modo sinergico secondo un modello di rete in grado di connettere
tutti i soggetti che hanno la possibilità di svolgere un’azione per il
raggiungimento di obiettivi condivisi e utili a livello di comunità,
come può essere quello del miglioramento del benessere di una popolazione.
La metafora della rete sta pervadendo tutti i campi dell’agire umano e, in particolare, quello del perseguimento di guadagni in salute.
È una metafora culturale sostenuta
dal progresso delle telecomunicazioni che permette anche alle comunità più isolate di far parte di una
realtà in cui le informazioni, le esperienze, le progettualità, i risultati
possono essere condivisi e confrontati, riducendo in misura considerevole i fenomeni di marginalità culturale.
Utilizzando anche questi strumenti è auspicabile che la cultura
della salute possa diffondersi e radicarsi presso tutti gli strati della
popolazione e non solamente fra gli
“addetti ai lavori”, che potranno
svolgere un prezioso lavoro di leadership, in quanto la promozione
della salute non costituisce solamente un dovere professionale, ma
anche e soprattutto uno sforzo teso
a favorire il mutamento delle condizioni sociali, culturali e politiche
che esercitano un impatto nei confronti del benessere della popola-
zione. Le comunità locali dovranno
a loro volta farsi carico di creare e
far crescere ambienti sociali e naturali in grado di aiutare gli individui a operare scelte in favore del
miglioramento della salute, e in
questo senso si muove il disegno di
legge n.96/2000 di riordino del Servizio sanitario della Provincia Autonoma di Trento.
Sarà indispensabile sviluppare la
partecipazione degli individui e delle comunità alle scelte a favore della salute. Affinché queste scelte possano tradursi in risultati concreti le
decisioni delle Amministrazioni in
materia di salute dovranno essere
assunte “insieme” alla gente e non
“per” la gente in una logica che tenda a privilegiare la salute collettiva
rispetto a quella individuale nonché la responsabilità degli individui attraverso l’adozione di stili di
vita orientati a favorire la salute.
Solo in questo modo si potrà dar
vita ad un movimento di comunità
che faccia della salute un reale
obiettivo prioritario della vita sociale.
Tutto questo però con la consapevolezza dei limiti della natura
umana, in cui rientra la malattia, e
delle conoscenze scarse ed approssimative che possediamo sul rapporto fra le cause che minano la salute
e i loro effetti; di conseguenza della impossibilità di negare l’esistenza della malattia o di presumere una
vittoria totale nei suoi confronti. In
maniera poetica ciò è espresso dalle parole di René Dubos, medico ed
ecologista ante litteram, alle quali
è affidata la conclusione di questo
articolo:
65
“La vita è come un mare mosso
da correnti profonde e da brezze superficiali. Abbiamo compreso qualcosa del vento e abbiamo adeguato
le vele. Ma le forze profonde che determinano l’evoluzione dei popoli
sono le correnti che scorrono in profondità e delle quali conosciamo
poco, sono le leggi fondamentali che
governano il mondo della fisica e
della biologia, sono gli stili di vita e
la cultura dell’umanità che affondano in modo profondo le loro radici
nel passato”.
[6] Milio, N. (1991) “Making healthy public policy; developing
the science by learning the art:
an ecological framework for policy studies”. In: Badura, B. and
Kickbush, I., ed. Health promotion research. Copenhagen:
WHO Regional Publications.
European Series No. 37.
[7] Sen, A. (1999) “Uguali e diversi davanti alla salute”. In: Kéiron, n.1, giugno 1999.
[8] Skrabanek, P. McCormick, J.
(1992) “Follie e inganni della
medicina”. Venezia: Marsilio.
Le esperienze in Trentino
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
66
[1] World Health Organization, Regional Office for Europe, Health Promotion and Investment
Programme: “Securing Investment for Health: Report of a Demonstration Project in the Provinces of Bolzano and Trento”.
Copenhagen (1995).
[2] Provincia Autonoma di Trento(2000) - Disegno di legge
n.87/2000 “Approvazione del
Piano sanitario provinciale
2000-2002”.
[9] Stott, R. (2000) “The Ecology
of Health”. Totnes: Green Books Ltd. on behalf of the Schumacher Society.
[10]WHO Regional Committee for
Europe 48th session, Copenhagen, 14–18 September 1998 “Developing Public Health in
the European Region”,
w w w. w h o . d k / R c / d o c /
rc4813e.pdf. La traduzione italiana è disponibile all’indirizzo: www.provincia.tn.it/sanita/
C d s / E me r o t e c a / p o me g a /
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[3] Callahan, D. (2000) “La medicina impossibile”. Milano:
Baldini&Castoldi.
[4] Capra, F. (1997) “La Rete della
Vita”. Milano: Rizzoli.
[5] Dubos, R. (1959) “Mirage of
Health”. New York: Harper &
Brothers.
Giovanni Martini è Dirigente il Servizio
Programmazione e Ricerca Sanitaria
della Provincia Autonoma di Trento.
Gestire
per promuovere la salute
Carlo Favaretti, Paolo De Pieri
L’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari
e la promozione della salute.
La promozione della salute
Nonostante siano ormai passati 15
anni dalla “Carta di Ottawa sulla
promozione della salute”, che rappresenta l’atto conclusivo della 1°
Conferenza Internazionale sulla promozione della salute (Ottawa 1986)
è ancora opportuno esplicitare la
definizione di “promozione della
salute”, in quanto con questa
espressione non si indica una generica tutela della salute, ma ci si riferisce a una specifica strategia definita a livello internazionale. La
promozione della salute è “il processo che mette in grado le persone e le comunità di avere un maggior controllo sulla propria salute e
di migliorarla”: può essere quindi
considerata sia un processo globale
e sia una specifica tecnologia sanitaria.
Il processo globale, che deve essere attentamente pianificato e gestito, è orientato alla trasformazione, in senso favorevole alla salute,
delle condizioni sociali, ambientali, culturali, strutturali ed economiche e al rinforzo delle conoscenze, delle abilità individuali e dei livelli di autonomia delle persone
nelle scelte che hanno un impatto
sulla salute. Questo processo sociale
e politico riguarda soprattutto i livelli di governo delle comunità e il
ruolo delle aziende sanitarie è di
essere parte attiva nella necessaria
azione intersettoriale che ne consegue, sostenendo la causa della
salute nel dibattito civile degli interessi contrapposti.
La promozione della salute è però
anche una specifica “tecnologia”
che deve essere usata nel lavoro
quotidiano delle strutture sanitarie:
tutti i professionisti e gli operatori
possono infatti adottare comportamenti professionali, organizzativi e
relazionali che mettano in grado i
pazienti, i loro familiari, i dipendenti e la comunità di aumentare il
controllo sui fattori che influenzano la salute e di acquisire il maggior grado possibile di autonomia.
67
Le esperienze in Trentino
68
Le aziende sanitarie
e la promozione della salute
In termini generali, un’azienda può
essere definita come un insieme di
persone, di risorse e di processi coordinati, interdipendenti e che vengono finalizzati al raggiungimento
di determinati scopi. Nel caso delle
aziende sanitarie, è indubbio che tra
gli scopi principali vi sia la promozione della salute dei singoli e della comunità, anche se una mal intesa impostazione manageriale corre il rischio di trascurare il valore
dell’impatto sulla salute delle attività svolte e di favorire solo gli
aspetti amministrativi e gestionali.
D’altra parte è ormai un dato incontrovertibile che le aziende sanitarie
sono in grado di controllare solo una
piccola parte dei fattori che determinano la salute e che la promozione della salute è una competenza
che coinvolge tutte le componenti
di una comunità
La promozione della salute è
coerente con la missione delle
aziende sanitarie di gestire le strutture sanitarie nell’ambito dei rispettivi Servizi Sanitari pubblici? Le
aziende sanitarie hanno un ruolo nel
processo complesso della promozione della salute, che necessita dell’azione integrata di molti settori
della comunità?
Alle due domande si può dare fin
da subito una risposta positiva, in
quanto l’allineamento delle aziende
sanitarie alle strategie di promozione della salute risponde a precise
disposizioni di programmazione sanitaria. Infatti la promozione della
salute non solo è la strategia che
ha ispirato lo sviluppo complessivo
dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità negli ultimi decenni, ma è
anche una delle principali indicazioni del Piano Sanitario Nazionale
vigente e di numerosi Piani sanitari
regionali.
Una gestione delle aziende sanitarie che voglia essere coerente con
la promozione della salute deve necessariamente tenere conto delle
cinque aree prioritarie d’azione che
la Carta di Ottawa ha indicato a
sostegno delle tre strategie di fondo della promozione della salute (to
enable, to mediate, to advocate):
1. costruire una politica pubblica
per la salute;
2. creare ambienti favorevoli alla
salute;
3. rafforzare l’azione della comunità;
4. sviluppare le abilità personali;
5. riorientare i servizi sanitari.
In tutte queste aree d’azione prioritaria le aziende sanitarie possono
avere specifici compiti, in gran parte
già previsti dall’attuale normativa.
In generale le loro attività di gestione devono tradursi in programmi, politiche e altre attività destinate ai pazienti, al personale e alla
comunità che devono essere progettate, realizzate e valutate in accordo con i seguenti principi:
globalità: la multidimensionalità
della salute (fisica, mentale, sociale e spirituale) richiede che le iniziative adottate siano sempre coerenti con questa visione olistica;
intersettorialità: la collaborazione e
l’integrazione tra diversi settori e
strutture della comunità deve rappresentare la regola nelle strategie
di promozione della salute, sia per
favorire le sinergie operative e sia
per valorizzare la globalità della
persona di cui al punto precedente
(ad esempio, integrazione sociosanitaria);
empowerment per la salute: è il processo sociale, culturale, psicologico, educativo e politico attraverso
il quale gli individui e i gruppi sociali diventano capaci di riconoscere
i propri bisogni di salute, partecipano ai processi decisionali e realizzano specifiche azioni per soddisfare tali bisogni assumendo un
maggiore potere sui fattori personali, socioeconomici e ambientali
che li influenzano;
partecipazione: le iniziative che
puntano a promuovere la salute devono coinvolgere tutte le parti interessate (stakeholder) nella fase di
analisi dei bisogni, nella programmazione, nella realizzazione e nella
valutazione finale;
equità: la capacità di realizzare pari
opportunità di sviluppo per tutti
rappresenta il punto di partenza per
consentire a ciascuno di esprimere
il suo potenziale di salute;
approccio complesso: le attività che
si prefiggono di promuovere la salute devono adottare approcci multipli: ad esempio, la pianificazione
strategica, i cambiamenti strutturali e organizzativi, la legislazione
e la tassazione, l’educazione, la comunicazione.
L’APSS e la promozione
della salute
Come tutto ciò può tradursi nell’operatività gestionale dell’APSS? In che
modo la promozione della salute si
snoda nell’APSS e ne influenza il
funzionamento?
Per rispondere a queste domande, è opportuno esaminare in quale
modo la promozione della salute si
intreccia con i quattro macroprocessi
gestionali che le nuove norme ISO
Figura 1
“Programma di
sviluppo strategico”.
Azienda Provinciale
per i Servizi
Sanitari - Trento,
2001 (adottato con
deliberazione n. 66
del 24 gennaio
2001).
69
Le esperienze in Trentino
70
9000 pongono alla base dei sistemi
di gestione per la qualità di tutte le
organizzazioni e che sono stati ripresi dal Programma di sviluppo strategico adottato all’inizio del
2001(figura 2):
- Responsabilità della direzione;
- Gestione delle risorse;
- Realizzazione del servizio;
- Misurazione, analisi e miglioramento.
Responsabilità della direzione
Con la deliberazione n. 66 del 24
gennaio 2001 il direttore generale
ha adottato il Programma aziendale
di sviluppo strategico, che rappresenta il documento di riferimento
nel quale viene esplicitata la missione, la visione, i valori aziendali
e le tre linee strategiche lungo cui
deve muoversi l’organizzazione nei
prossimi anni. La prima delle tre linee strategiche è proprio la promo-
zione della salute, posta come punto di partenza e cornice più ampia
dentro la quale è opportuno collocare le altre due e cioè il miglioramento continuo della qualità e la
gestione aziendale.
Questa scelta è coerente con la
più moderna impostazione di sanità pubblica e con tutta la programmazione sanitaria nazionale e provinciale. Infatti, oltre ai riferimenti
programmatori nazionali, anche il
disegno di legge sul Piano Sanitario Provinciale 2000-2002 presentato dalla Giunta Provinciale al Consiglio contiene chiari ed espliciti
riferimenti alla promozione della
salute, che viene considerata una
delle quattro aree strategiche attraverso le quali il Piano si pone l’obiettivo del miglioramento dello stato
di salute della popolazione trentina
e della qualificazione del Sistema
sanitario provinciale.
Figura 2
L’esplicitazione da parte della direzione generale che la promozione
della salute rappresenta una delle
tre linee strategiche dell’azienda
rappresenta un elemento essenziale per il coinvolgimento dell’intera
struttura, cercando di superare l’impostazione manageriale che considera marginali le attività di promozione della salute e le ritiene competenze solamente di uno specifico
servizio.
Gestione delle risorse
In questo ambito non è importante
solo come vengono gestite le risorse per sviluppare programmi e attività che promuovono la salute, ma
anche come viene integrata la promozione della salute nella gestione
di tutte le risorse dell’intera azienda. È indubbio che il riorientamento di alcune risorse aziendali, a favore di specifiche attività che promuovono la salute dei pazienti, del
personale e della comunità nel suo
complesso, è un passo necessario
per sostenere meglio alcune iniziative. Tuttavia la promozione della
salute deve poter contare su un
modo nuovo di utilizzare le risorse
e i processi aziendali già esistenti
(assistenziali e gestionali). Le normali attività cliniche, gli sforzi fatti per tutelare la sicurezza dei collaboratori, la comunicazione e informazione dei pazienti e del personale, la formazione, ecc. devono
interfacciarsi tra di loro con l’obiettivo di promuovere la salute.
La presenza della Direzione per
la promozione e l’educazione alla
salute e delle strutture in cui si articola (Servizio Educazione alla sa-
lute e Servizio Osservatorio epidemiologico) è indubbiamente una
grande opportunità per l’APSS: tuttavia essa deve rendere sempre più
visibile il doppio ruolo di realizzazione di specifiche attività di promozione della salute e quello di
supporto all’intera organizzazione
per lo sviluppo di questa linea strategica.
Un punto particolarmente importante nella gestione delle risorse è
la necessità di orientare alla promozione della salute gli accordi contrattuali con i fornitori strategici e
con le altre componenti della comunità: ad esempio, i medici di
medicina generale e i pediatri di libera scelta, i comuni, i servizi sociali, le IPAB, il mondo della cooperazione, il volontariato.
Realizzazione del servizio
Le attività di promozione della salute che vengono già svolte dall’APSS sono numerose e non si limitano alle attività di educazione alla
salute. Tuttavia il punto critico è
dato dall’integrazione di queste attività con tutti e tre i livelli essenziali di assistenza (LEA). Infatti la
promozione della salute non può
essere una competenza esclusiva di
uno specifico servizio all’interno
dell’APSS, ma rappresenta un elemento che deve caratterizzare tutte
le strutture impegnate a garantire
ai cittadini i livelli essenziali di
assistenza previsti dalla programmazione nazionale e provinciale (figura 3).
L’integrazione della promozione
della salute nei livelli essenziali di
assistenza implica la necessità di
71
Le esperienze in Trentino
72
mettere in campo modalità organizzative differenziate.
Ovviamente le strategie attivate
nelle scuole o nei luoghi di lavoro,
per promuovere la salute di chi frequenta quei setting, dovranno essere tarate su di essi e sui fattori
specifici che determinano le condizioni di salute e di malattia. In quei
contesti gli operatori dell’APSS incontrano persone sane che, in modo
più o meno consapevole, modellano i propri atteggiamenti e comportamenti nei confronti della salute e
della malattia interfacciandosi con
una pluralità di voci non sempre
orientate in modo esplicito alla salute.
Anche negli altri due contesti
assistenziali (distrettuale e ospedaliero) è possibile attivare specifiche iniziative di promozione della
salute, rivolgendo l’attenzione in
questi casi a persone che mostrano
già i segni di una malattia, aumentando la loro capacità di tutelare e
governare la propria salute: i supporti dati in innumerevoli occasioni ai malati cronici (ad esempio: dia-
betici, alcoolisti, non autosufficienti, ecc.) rappresentano eccellenti
esempi di attività di promozione
della salute realizzate da operatori
non specificamente incardinati all’interno di specifiche strutture
aziendali che si occupano di promozione della salute. A conferma del
ruolo che anche le strutture curative possono giocare nella promozione della salute, esiste un’esperienza internazionale promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, chiamata “Rete degli Ospedali
per la promozione della salute”, che
incoraggia la realizzazione di attività di promozione della salute anche negli ospedali e con la quale
l’APSS sta perfezionando le procedure di adesione.
Una caratteristica fondamentale
delle attività di promozione della
salute che vengono svolte nell’APSS,
come del resto per tutti gli altri processi assistenziali, è che devono
essere efficaci, efficienti e appropriate, cioè che abbiano un reale impatto sui livelli di salute dei singoli
e della comunità, che utilizzino nel
miglior modo possibile le risorse disponibili e che si realizzino nei contesti organizzativi più adeguati.
Figura 3
Misurazione, analisi
e miglioramento
Quest’ultimo macroprocesso apre un
capitolo gestionale molto importante sul quale l’APSS sta lavorando da
alcuni anni: l’Osservatorio epidemiologico mette già a disposizione dell’Azienda e della comunità trentina
un ricco ventaglio di informazioni
relative allo stato di salute dei cittadini e all’erogazione delle prestazioni.
La misurazione delle attività di
promozione della salute rappresenta da sempre un passaggio oggettivamente difficile: non basta infatti
conoscere gli interventi educativi
fatti, il numero delle persone incontrate, dei dispositivi di protezione
individuale messi a disposizione o
dei corsi per smettere di fumare organizzati per sapere se tutto ciò ha
avuto un reale impatto sui livelli di
salute e di malattia della comunità. La promozione della salute ha
bisogno di indicatori di esito come
ad esempio, la mortalità, la morbosità, il livello di autostima; tuttavia questi indicatori sono a volte
difficili da misurare e, soprattutto,
evidenziano effetti solo a distanza
di tempo dall’intervento e non consentono di discriminare il ruolo di
tutti i determinanti in gioco. Ad
esempio, la riduzione della mortalità e della morbosità da fumo di tabacco in Trentino è attribuibile al
fatto che l’APSS ha organizzato specifici corsi di disassuefazione dal
fumo e, più in generale ha messo in
campo una strategia antitabagica
(ad esempio, corsi, counselling dei
MMG e negli ambulatori specialistici, educazione nelle scuole), oppure agli interventi legislativi connessi
al fumo passivo, alla politica dei
prezzi e della tassazione sui tabacchi, all’orientamento giurisprudenziale che tutela maggiormente chi
ha avuto un danno da fumo, alla
strategia pubblicitaria dei produttori, ai cambiamenti culturali che
attribuiscono nuovi significati allo
status di fumatore?
Sul versante gestionale è quindi
difficile collegare gli esiti sulla salute con le decisioni operative e ciò
impone due scelte indicate nel Programma di sviluppo strategico: a)
anche gli interventi di promozione
della salute (i grandi progetti formalizzati e le piccole attività quotidiane) devono rientrare nel grande capitolo dell’assistenza sanitaria basata sulla prove di efficacia,
in modo da non lasciare all’improv73
Le esperienze in Trentino
visazione un così grande capitolo
dell’assistenza; b) il sistema informativo aziendale e i meccanismi del
controllo di gestione devono trovare un maggiore allineamento con le
attività di promozione della salute
74
Conclusioni
La presenza esplicita della promozione della salute nella programmazione sanitaria implica che la gestione delle aziende sanitarie si adegui a questo compito.
Le attività di promozione della
salute devono essere sviluppate sul
piano globale e sul piano locale,
considerando che esse non sono solo
di competenza di una specifica
struttura all’interno dell’azienda, ma
rappresentano un valore da aggiungere a ciascun livello essenziale di
assistenza.
Lo sviluppo delle attività di promozione della salute richiede che
tutti i processi aziendali (assistenziali, gestionali e tecnico-amministrativi di supporto) vengano resi
sempre più coerenti con l’obiettivo
ultimo di “mettere in grado le persone e le comunità di avere un maggior controllo sulla propria salute e
di migliorarla”.
tion Glossary”. www.who.int/
hpr/archive/docs/glossary.pdf
[3] Organizzazione Mondiale della
Sanità (1986) “The Ottawa
Charter on Health Promotion”.
WHO/HPR/HEP/95.1. Ottawa.
www.who.int/hpr/archive/
docs/ottawa.html
[4] Ministero della Sanità (1998)
“Piano Sanitario Nazionale
1998-2000”. Roma.
www.sanita.it/psn/
[5] Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (2001) “Il programma di sviluppo strategico”. Trento. www.apss.tn.it/documenti/
pss/default.htm
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Baric L. (1994) “Health promotion and health education in
practice - The organisational
model”. 1st ed. Altrincham:
Barns Publications.
[2] Organizzazione Mondiale della
Sanità (1998) “Health Promo-
Carlo Favaretti è Direttore Generale
dell’Azienda Provinciale per i Servizi
Sanitari della Provincia Autonoma di
Trento.
Paolo De Pieri fa parte dello Staff del
Direttore Generale dell’Azienda
Provinciale per i Servizi Sanitari della
Provincia Autonoma di Trento.
Strategie di educazione
alla salute nel setting
scolastico
Enrico Nava
La scuola come occasione privilegiata
per instaurare un dialogo sulla salute
e sulla qualità della vita.
Quando si affronta il tema dell’educazione alla salute, il pensiero si
indirizza in modo naturale verso la
scuola, intesa come punto di incrocio principale di tutti gli interventi
finalizzati all’educazione degli individui di una collettività.
In realtà l’educazione alla salute
ha un potenziale bacino di ricaduta
molto più vasto potendo variamente coinvolgere gruppi allargati di popolazione dell’area “anti-scolare”
(ossia soggetti che pur rientrando
in fasce di età assimilabili a quelle
dell’età della scuola vengono per
così dire contattati attraverso momenti ed occasioni diverse, quali
gruppi di aggregazione giovanile,
momenti di comune interesse, luoghi di lavoro), gruppi di soggetti
accomunabili per una particolare
condizione sociosanitaria, lavorativa, di temporanea frequentazione di
uno specifico ambiente, oppure semplicemente popolazione generale,
senza una peculiare distinzione economica, di sesso, di lavoro, di collocazione nel contesto sociale allargato.
Qualora l’educazione alla salute
venga rivolta a questo secondo e
più eterogeneo gruppo risulta in un
certo modo più difficoltoso individuare una strategia efficace e, soprattutto, definire e valutare indicatori di risultato sufficientemente
validi ed esportabili in altre analoghe esperienze.
Lavorare con la scuola costituisce perciò per il servizio sanitario
un’occasione privilegiata (anche se
non si devono assolutamente tralasciare le altre strade di approccio)
per attivare quello che si può ben
definire come un dialogo con gli
individui sulle questioni della salute e della qualità della vita, per promuovere cioè quella cultura che valorizzi le capacità personali di autodifesa e di autodeterminazione
relative alla tutela o al recupero
delle condizioni di benessere all’interno del mondo sociale.
Le ragioni per le quali le attività
di educazione alla salute possono
integrarsi in modo armonico e coerente nel contesto formativo generale della scuola sono molteplici.
Anzitutto le attività di educazione alla salute rappresentano opportunità strutturate di comunicazione per sviluppare conoscenze e abilità personali necessarie per la salute individuale e collettiva. L’educazione alla salute è quindi lo strumento che permette alla popolazione di esercitare, attraverso le conoscenze, il diritto alla partecipazione.
I principi fondamentali ai quali
si ispirano le attività di educazione
alla salute nella scuola sono definiti in modo particolareggiato nella
75
Le esperienze in Trentino
76
Risoluzione della prima conferenza
della Rete europea delle scuole che
promuovono la salute1 tenutasi a
Salonicco l’1-5 maggio 1997: tra essi
spiccano il concetto di equità e
democrazia, il rinforzo e la capacità di agire e generare cambiamenti
per essere in grado di influire sulla
vita e le condizioni di vita, l’ambiente scolastico come risorsa di
promozione della salute, il programma dei corsi scolastici come strumento di arricchimento delle conoscenze e di incoraggiamento all’acquisizione di attitudini necessarie
all’apprendimento.
I concetti del “vivere il proprio
corpo” in modo consapevole, personale, critico, soddisfacente e creativo e della capacità di relazionarsi in modo corretto con le altre persone e l’ambiente, quali costituenti
fondamentali dell’equilibrio della
persona sono stati ulteriormente ripresi e sanciti dal documento di sintesi dei gruppi di lavoro per il riordino dei cicli di istruzione approvato dal Ministero della pubblica istruzione il 7 febbraio 20012.
In modo più specifico, questi
momenti possono essere ricondotti
a due aspetti che si intrecciano integrandosi in modo complementare. Quello formale, tipico impegno
della scuola, che si pone come
obiettivo la progettazione di situazioni formative che diano consapevolezza delle responsabilità individuali e sociali per il conseguimento
del benessere, e quello informale,
impegno comune allargato a più
operatori della società civile, finalizzato al benessere giovanile come
motivazione all’apprendimento, va-
lorizzazione della personalità, partecipazione alla vita e al lavoro collettivi.
In questo quadro di riferimento
generale anche la scuola trentina ha
operato per il raggiungimento di
obiettivi specifici3:
- facilitare la scuola nella scoperta dei fattori di rischio, fornendo alla stessa strumenti, metodi, procedure mirate alla riduzione delle situazioni di disagio e
di malessere;
- promuovere la diffusione del nuovo concetto di salute e di cultura della vita;
- elaborare e offrire metodi e progetti per la realizzazione della
prevenzione educativa;
- proporre e sostenere i cambiamenti e l’innovazione richiesti
dalla continua evoluzione del
contesto socioculturale in cui la
scuola opera;
- facilitare l’assunzione di consapevolezza e responsabilità nei
confronti della condizione giovanile;
- stimolare l’adozione di metodologie educative finalizzate all’apprendimento di situazioni di benessere;
- esplorare le dimensioni dell’educare in relazione alle problematiche connesse con la salute
onde evitare che il disagio “normale” si trasformi in disagio patologico.
Ulteriori aspetti che spingono inoltre a ritenere che interventi nel
mondo scolastico rappresentino una
scelta importante sotto il profilo
strategico sono costituiti dal fatto
che la scuola è la fucina educativa
dell’individuo, è momento di transito di tutta la popolazione giovanile, è caratterizzata dalla presenza
di soggetti in classi omogenee per
età, vi è una concreta possibilità di
un coinvolgimento globale, possono essere efficacemente concertate
le attività di programmazione e di
pianificazione degli interventi e vi
è garanzia di strutturare momenti
di valutazione rappresentativi.
Partendo da questi presupposti si
può quindi notare immediatamente
come l’educazione alla salute in
realtà rappresenti un’attività che
non possiede una precisa titolarità;
Figura 1
Concorso
provinciale per la
scuola “Chi non
fuma vince!”,
ideato e
organizzato dal
Servizio Educazione
alla salute
dell’Azienda
Provinciale per i
Servizi Sanitari in
collaborazione con
l’Assessorato
provinciale
all’Istruzione.
Locandina
elaborata e
realizzata
nell’ambito del
“Progetto
Comunicazione per
la salute” Provincia Autonoma
di Trento. Art
Director V. Curzel.
per quanto riguarda il mondo giovanile, scuola e servizio sanitario
vedono i loro obiettivi istituzionali
intrecciarsi in un percorso virtuoso
che, salvaguardano le rispettive specifiche competenze, ha moltissimi
punti in comune e necessita quindi
di forme di collaborazione assolutamente formalizzate e condivise.
D’altro canto, più in generale, la
promozione e l’educazione alla salute sono azioni collegiali che possono riconoscere momenti di profonda integrazione a livello di varie
istituzioni: servizio sanitario, scuola, mondo sociale e produttivo, famiglia, volontariato. L’asse portante è quindi quello dell’intersettorialità dal momento che la salute è
il risultato di una mediazione tra
opzioni individuali all’interno di un
determinato ecosistema umano4.
Informare, comunicare, educare
nel contesto organizzativo
locale e implicazioni
sulle strategie di intervento
Educare alla salute vuol dire essenzialmente instaurare un processo di
comunicazione con la popolazione
di riferimento. Pertanto differenziare
il processo di comunicazione da un
processo di informazione è essenziale per comprendere l’importanza
di definire fin dall’inizio strategie
progettuali che privilegino aspetti
dialogici comunicativi e modelli di
intervento fondati più su aspetti
esperenziali che cognitivi.
La comprensione di questa differenza rende anche ragione di un processo di cambiamento nelle strategie di approccio ai progetti di educazione alla salute rivolti alla scuo77
Le esperienze in Trentino
78
la che è ancora oggetto, nella nostra realtà locale, di continuo perfezionamento.
Infatti se in un percorso meramente informativo viene essenzialmente posto l’accento sul contenuto del messaggio che si vuol far
passare (intervenendo sulle singole
componenti strutturali in modo da
garantire la massima comprensione
dell’informazione o conoscenza dell’argomento) minore importanza viene data alla ricaduta e all’impatto
che questa azione produce sul destinatario.
Solo per fare un esempio, probabilmente in una popolazione di adolescenti di oggi non esistono soggetti che ignorino i pericoli del fumo
di tabacco e quindi si può dire che
l’informazione è corretta e generalizzata: tuttavia i fumatori tra i giovani sono molti.
Il processo comunicativo, per
contro, non si limita a fornire informazione, ma si preoccupa anche
del ritorno, cioè dell’impatto che
quest’azione produce sul soggetto
e questo ritorno è fondamentale per
l’operatore (sanitario o scolastico
che sia) per capire se il proprio sforzo comunicativo è stato in grado di
produrre oltre che un’implementazione delle conoscenze, anche un
cambiamento, perlomeno attitudinale.
Molti interventi di educazione
sanitaria scolastica condotti in passato si sono invece limitati ad essere interventi informativi, semmai
avvalorati dalla figura del cosiddetto esperto esterno il quale, sovente
in modo estemporaneo, si presentava su chiamata della scuola a par-
lare di aspetti attinenti alla sua
conoscenza professionale.
Ecco perché, analogamente al
fumo, in molte tematiche relative a
stili di vita (alimentazione, alcol,
dipendenza, infezioni a trasmissione sessuale, ecc.), spesso oggetto
di imponenti e costose campagne
informative, non si sono notati i risultati sperati, anche per la mancanza di obiettivi progettuali di
carattere educativo.
Invece i progetti educativi a valenza sanitaria devono anzitutto
essere integrati nel percorso curriculare e sottostare alle regole generali della formazione che prevedono l’interazione tra docente e discente, la valutazione dell’impatto
e la valutazione degli esiti prodotti
sia in termini di atteggiamenti che
di comportamenti.
Ecco perciò che il coinvolgimento attivo del mondo scolastico nei
percorsi di educazione alla salute è
indispensabile anche per avvalersi
nel modo più efficace di strategie
comunicative e formative delle quali
gli operatori scolastici sono i depositari istituzionali.
Nell’esperienza trentina l’intento
di lavorare in modo congiunto tra
scuola e servizio sanitario, per condividere obiettivi e responsabilità
nella progettazione degli interventi
di educazione alla salute e negli
aspetti procedurali relativi alla metodologia operativa, hanno trovato
coronamento nella stipula di un Protocollo di intesa tra Sovrintendenza
scolastica provinciale e Azienda provinciale per i servizi sanitari (31 gennaio 1996).
Tale documento sancisce un ac-
cordo tra scuola e sanità per gestire in forma comune e coordinata gli
interventi di educazione alla salute
rivolti alle scuole fissando, in modo
particolare per la sanità, anche le
basi per un’architettura organizzativa sia centrale che distrettuale. Nel
documento sono altresì definite le
rispettive competenze della scuola
e del servizio sanitario provinciale
e gli elementi di riferimento utili
per la progettazione degli interventi.
Sotto il profilo organizzativo si è
assistito nel corso degli ultimi anni
ad un riassetto strutturale che vede
vari livelli di competenza e responsabilità all’interno del contesto
strutturale dell’Azienda sanitaria
trentina.
In particolare il Servizio per l’Educazione alla Salute promuove, indirizza e coordina le attività di educazione alla salute su tutto il territorio provinciale, definendo i cam-
pi e le priorità di intervento e, d’intesa coi distretti, le modalità più
efficaci di supporto alla scuola nei
processi educativi finalizzati alla
promozione della salute. Vengono
attuate dal Servizio le iniziative di
tipo formativo rivolte agli operatori dell’azienda sanitaria per uniformare le metodologie progettuali e
gli obiettivi specifici delle attività
di educazione alla salute.
Vengono altresì definite le modalità operative di presentazione dei
progetti di educazione alla salute
ed individuate le risorse finanziarie
per la loro realizzazione.
Di rilievo è anche l’attuazione di
interventi di formazione del personale docente della scuola, nell’ambito di specifici progetti educativi
sia a livello locale (tramite la collaborazione del distretto) che a livello provinciale nonché la promozione di gruppi di lavoro multidisciplinari su tematiche specifiche.
79
Le esperienze in Trentino
80
Per quanto concerne il distretto
sanitario, a questo livello vengono
promosse e attuate le iniziative di
educazione alla salute nell’ambito
territoriale di propria competenza,
grazie all’apposita figura del referente per le attività di educazione
alla salute.
Il referente per l’educazione alla
salute è una figura di assoluto rilievo in quanto coordina le attività di
educazione alla salute a livello locale, valutando i bisogni e le richieste, confrontandosi con il personale insegnante delle scuole, attivando forme di collaborazione con
esperti, enti, associazioni o settori
sanitari o non sanitari che svolgono attività nel campo della promozione della salute. Spetta al referente il compito di proporre alla
scuola i progetti di educazione alla
salute, sulla base degli obiettivi
aziendali.
Infine, un gruppo di coordinamento distrettuale rappresenta il mo-
mento di confronto a livello distrettuale tra Azienda sanitaria e Scuola; coordinato dal referente per
l’educazione alla salute è composto
da referenti del personale docente
degli istituti scolastici presenti nel
distretto che dovranno ampiamente rappresentare in modo paritario i
vari ordini e gradi di scuole presenti. Compito del gruppo di coordinamento è quello di garantire la massima collaborazione tra tutti i soggetti che condividono le iniziative
di educazione sanitaria rivolte alla
scuola, favorendo la massima divulgazione e promozione degli interventi educativi in conformità agli
obiettivi aziendali. Il gruppo rappresenta una valida occasione per
il coinvolgimento attivo del personale docente sui progetti scolastici, sulla rilevazione dei bisogni
emergenti dall’ambiente scolastico
e dalla società, al fine di garantire
ad ogni soggetto la possibilità di
beneficiare di interventi mirati.
I progetti aziendali
e i risultati raggiunti
Una prima riflessione riguarda senza dubbio il processo di riorganizzazione dell’offerta in tema di educazione sanitaria attuato negli ultimi anni; la strada intrapresa è
orientata a fornire “pacchetti progettuali” integrati che si caratterizzino per un’uniforme ricaduta nell’ambito del territorio provinciale.
Questo graduale passaggio si è
reso necessario per ottimizzare le
risorse disponibili, ma soprattutto
per rendere più funzionale l’offerta
alle esigenze di promozione della
salute orientate alle problematiche
di forte impatto sanitario e sociale,
in modo da influire sugli stili di vita
e sui determinanti della salute.
Il punto di partenza per la scelta
di queste “priorità” è costituito dagli obiettivi di salute fissati dal Piano Sanitario Nazionale nonché dalle linee guida programmatiche formulate dalla Provincia nei propri
documenti di indirizzo. L’esigenza
inoltre di realizzare progetti le cui
ricadute e i cui effetti possano essere effettivamente valutabili in
termini di impatto, di processo e di
esito, ha reso necessaria un’azione
di revisione delle metodologie progettuali ad iniziare dagli interventi
rivolti alla scuola primaria.
In quest’ottica, si è andato modificando il ruolo degli operatori
sanitari mediante un passaggio da
una fase “paternalistica”, in cui
l’esperto andava in classe a parlare
di salute ad una fase in cui la scuola viene direttamente coinvolta nel
processo di educazione sanitaria
appropriandosi dei contenuti e delle metodologie tipiche della promozione della salute.
Questa metodologia di approccio,
maggiormente indirizzata agli insegnanti, ha anche un elevato valore
strategico in relazione alla ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse
umane.
Nel corso del tempo si sono andate così affermando le iniziative
di formazione promosse dal Servizio sanitario soprattutto in quei
campi per i quali l’insegnate può
assumere un forte ruolo educativo
(corretta alimentazione, igiene orale, fumo e alcol) lasciando ai cosiddetti esperti esterni il ruolo princi-
pale in quelle tematiche ancora difficilmente gestibili in forma autonoma dalla scuola (tossicodipendenze, educazione sessuale, primo soccorso).
La maggiore responsabilizzazione nei confronti della salute che si
è andata promuovendo a livello scolastico non va peraltro interpretata
come una delega, ma va piuttosto
vista in termini di interdisciplinarità del processo educativo nel quale
il servizio sanitario mantiene un
forte ruolo di pianificazione e programmazione (scelta delle priorità
di intervento, definizione del target, condivisione della migliore
modalità di approccio) e, soprattutto, di valutazione dei risultati in
termini non solo di incremento delle cognizioni ma di sviluppo di corrette attitudini e comportamenti che
potranno avere una significativa ricaduta individuale e collettiva.
Lo scenario che si delinea alla
luce di questo processo di rinnovamento è contraddistinto dall’introduzione dei “progetti aziendali” ossia quegli interventi caratterizzati
da una forte componente progettuale espressa da gruppi di lavoro multidisciplinari con partecipazione
attiva di esponenti del mondo scolastico. Dall’azione dei gruppi è derivata la realizzazione del materiale
progettuale e dei protocolli valutativi secondo una linea metodologica uniforme.
Solo a titolo esemplificativo vengono citati il progetto di educazione alimentare rivolto agli insegnanti
delle classi terze elementari, il progetto sull’alcol e fumo rivolto, secondo due forme modulari, rispetti81
Le esperienze in Trentino
82
vamente agli insegnanti delle classi quinte elementari e delle medie,
il progetto sul corretto uso dei farmaci per i ragazzi di seconda media
e, del tutto recentemente, quello
sull’educazione socio-affettiva e
sessuale.
Per quanto riguarda l’offerta educativa, essa è stata modulata sulla
popolazione scolastica bersaglio in
accordo con la scuola, con l’intento anche di razionalizzare la domanda.
La disponibilità di una metodologia basata sulla progettazione ha
permesso di poter esprimere una
valutazione sul reale impatto dell’intervento nella comunità destinataria.
Infatti, le relazioni accompagnatorie ai singoli progetti per la valutazione delle attività svolte hanno
consentito non solo di esprimere un
giudizio sulla validità delle iniziative, ma anche di poter individuare
le situazioni maggiormente critiche
e quindi di attuare eventuali azioni
di miglioramento didattico, contenutistico, metodologico o valutativo.
L’intervento di ottimizzazione
dell’offerta ha certamente rappresentato un vero e proprio obiettivo
di servizio, condiviso da tutti gli
operatori sanitari coinvolti nell’educazione alla salute, in quanto rispondente al criterio di garantire a
livello territoriale un livello uniforme di prestazione consona alle esigenze di salute espresse attraverso
l’analisi dello stato di salute della
popolazione.
L’esperienza sinora condotta si è
inoltre arricchita attraverso la col-
laborazione di enti e strutture di
tipo non sanitario, per effetto del
consolidamento di alleanze per la
promozione della salute.
Ne sono esempio la compartecipazione della Federazione Trentina
delle Cooperative alle iniziative di
educazione alimentare svolte nelle
scuole elementari. In questo caso,
particolarmente interessante è risultata la sinergia tra il momento sanitario-educativo gestito dagli insegnanti sulla base del progetto
proposto dal servizio sanitario (cognizioni e atteggiamenti) e il momento della scelta consapevole curato dalla dietista (comportamento) attuata “sul campo” attraverso
le animazioni condotte nel punto
vendita o, ove queste non realizzabili, nella classe stessa. Ed ancora,
la collaborazione degli operatori
dell’Associazione AMA Auto Mutuo
Aiuto di Trento nel campo della promozione della scuola libera dal fumo
e, in alcuni casi, sulla disassuefazione dall’abitudine al fumo.
Certamente la strada da percorrere è ancora lunga anche perché la
caratteristica modulare degli interventi è proprio quella di potersi sviluppare durante tutto il percorso
educativo dell’individuo, quindi con
momenti successivi e continui di
rinforzo e di approfondimento.
Per garantire tutto questo, è fondamentale un’attenta pianificazione delle azioni sia attraverso la revisione critica di ogni momento formativo, sia attraverso l’individuazione di target di età ben definiti, sia
mediante il pieno coinvolgimento
del corpo docente.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Conference resolution. First
Conference of the European
Network of Health Promoting
Schools: “The Health Promoting
Schools - an Investment in Education, Health and Democracy”,
Thessaloniki-Halkidiki, Greece,
1-5 May 1997.
[2] “Verso i nuovi curricoli” - Sintesi dei gruppi di lavoro della
Commissione di studio per il
programma di riordino dei cicli
di istruzione (legge 10 febbraio 2000, n. 30). Ministero della pubblica istruzione: Roma, 7
febbraio 2001.
[3] Scuola & Salute. Protocollo di
Intesa educazione sanitaria e
prevenzione. Opuscolo a cura di
Lucia Rigotti e Fabio Lorandi.
Provincia Autonoma di Trento anno 1995.
[4] G. Pocetta. Riflessioni sulle basi
teoriche dell’educazione sanitaria nella promozione della
salute. Educazione sanitaria e
promozione della salute:
23,1,2000; pag. 25-28.
[5] http://www.who.dk/enhps/
index.html (Rete europea delle
scuole che promuovono la salute).
Enrico Nava è responsabile del Servizio
Educazione alla Salute dell’Azienda
provinciale per i Servizi sanitari - Trento.
83
L’importanza
di (ri)costruire una sanità
pubblica moderna
nel quadro delle politiche
per la salute
Alberto Betta
Il ruolo della sanità pubblica
nel processo di formazione della salute.
Nella Carta di Ottawa, nel paragrafo
dedicato alla costruzione di una
politica pubblica per la tutela della salute, si legge1: “La promozione
della salute va oltre la mera assistenza sanitaria. Essa porta il problema all’attenzione dei responsabili delle scelte in tutti i settori, a
tutti i livelli, invitandoli alla piena
consapevolezza delle conseguenze
sul piano della salute di ogni loro
decisione e a una precisa assunzione di responsabilità in merito.
Nella politica di promozione della salute si fondono componenti
diverse ma complementari quali la
legislazione, i provvedimenti fiscali e la modifica dei criteri organizzativi, in un’azione coordinata diretta a imporre politiche sanitarie,
sociali e dei redditi ispirate ad una
maggiore equità. L’azione comune
contribuisce a garantire prodotti e
servizi più sani e sicuri, servizi pubblici più sani, e ambienti più igienici e accoglienti.
La politica di promozione della
salute richiede di identificare gli
ostacoli che impediscono l’adozio84
ne di una politica pubblica che tuteli la salute in tutti i settori non
sanitari, e i modi migliori per rimuoverli. Occorre far sì che anche
per i responsabili politici la scelta
della tutela della salute divenga la
scelta più facile.”
Dunque si ritiene che una serie
di iniziative politiche assunte nei
settori non sanitari (nel campo ad
esempio dell’istruzione, dell’occupazione, dello sviluppo sostenibile, dei
trasporti, delle scelte urbanistiche)
complementari peraltro a quelle attivate dal sistema sanitario, possano contribuire in modo determinante
alla modificazione dei fattori sociali, economici e ambientali che conducono al mantenimento o alla perdita della salute dei cittadini.
La sanità pubblica può svolgere un
ruolo nel processo di promozione
della salute?
Innanzitutto è utile definirne i
confini. A torto spesso il termine
“sanità pubblica” viene utilizzato in
senso riduttivo come “igiene pubblica”. In realtà il dibattito internazionale ha permesso di stabilire
alcuni criteri di identificazione, in
parte certamente innovativi2: la sanità pubblica esiste a prescindere
dal tipo di sistema sanitario in cui
le sue attività devono esprimersi;
concerne tutte le attività sanitarie
che non possono essere lasciate alla
responsabilità individuale dei cittadini e/o degli operatori e che devono essere esercitate sulla base di
decisioni assunte a livello collettivo; non concerne la salute individuale, bensì il tipo e le caratteristiche di prestazioni sanitarie che
devono essere assicurate alla popolazione nel suo complesso e i criteri in base ai quali le prestazioni sanitarie stesse devono essere assicurate; propone un modello di salute globale e sociale che richiede
un atteggiamento intersettoriale e
multidisciplinare; privilegia gli interventi di igiene e di prevenzione.
Ha inoltre la necessità di fondare le
decisioni su prove scientifiche di
efficacia, sicurezza, accettabilità,
economicità, eticità e di coinvolgere i cittadini nella conoscenza dei
problemi riguardanti la salute collettiva ed i rischi per la salute e
nelle azioni da intraprendere.
Questa “Nuova sanità pubblica”,
a prescindere da una non sempre
chiara definizione della propria funzione e della propria collocazione
sociale, è il risultato – come sopra
si accennava - di una profonda revisione della propria missione e dei
propri contenuti scientifici avvenu-
ta in questi ultimi anni in tutta
Europa (basti al riguardo ricordare
la serie di rilevanti editoriali ed articoli pubblicati negli ultimi cinque
anni in particolare – ma non solo dal British Medical Journal; ne cito
due per tutti3,4).
Attualmente le sottodiscipline
che costituiscono la sanità pubblica (igiene e medicina del lavoro,
igiene pubblica, igiene e sanità veterinarie, prevenzione ambientale)
hanno - e talvolta richiedono con
forza - autonome sfere di competenza e sembrano esplicare più facilmente le loro attività in ruoli
tradizionali (basati su norme fondate sul “demand and control”) piuttosto che giocare un ruolo di “accompagnamento” verso la prevenzione, di “partnership and innovation”5 con tutti gli attori del processo preventivo, che le leggi europee hanno individuato in quasi tutti i settori di interesse della sanità
85
Le esperienze in Trentino
86
pubblica. In effetti alcune normative (ad es. 626/94, 155/94 ) spostano “il luogo dove si fa salute”
dalle strutture della sanità pubblica a dove effettivamente le persone
acquistano o perdono salute o contribuiscono a questo processo: il
laboratorio di produzione alimenti,
la cucina, il luogo di lavoro. È lì
che i meccanismi di prevenzione
devono essere attivati per essere
efficaci e permanenti e lì devono
essere compenetrati alle modalità di
gestione delle strutture (autocontrollo, autocertificazione…). Conseguentemente si deve passare da
un atteggiamento del sistema pubblico del tipo “la salute si fa dove
ci sono io”, a quello basato sul concetto che “la salute si fa dove l’individuo vive, si muove, opera, interagisce con persone, ambiente,
agenti esogeni, strutture…”
Anche nel nostro Paese è comunque cominciato questo processo di
revisione, prima di tutto culturale
ma anche normativo, che, pur tra
contraddizioni e lentezze, sta portando le strutture pubbliche a capire che una società complessa, anche per quanto riguarda la salute
della popolazione, ha bisogno di
interventi articolati e complessi. La
loro efficacia, quindi, può dipendere non tanto dal fatto di poter “mettere in fila” tutti i servizi che si
occupano dei vari aspetti di tutela
della salute, ma piuttosto della capacità dei professionisti della salute di reimpostare la loro attività in
modo complessivamente orientato
per problemi, in modo coordinato
ed integrato.
Si fanno strada lentamente al-
cune importanti indirizzi: ad esempio quello che la “Nuova sanità pubblica” deve ridare ai cittadini il senso del “servizio” attraverso un maggiore radicamento nella comunità ed
una costante periodica opera di diffusione di ogni informazione e conoscenza dello stato della salute
collettiva; o quello che, oltre ad
effettuare i controlli tipici dell’assistenza sanitaria collettiva, deve
essere in grado di lavorare con decisione sulla disseminazione di
informazioni sui determinanti della
salute ad ogni livello, in considerazione che le maggiori potenzialità
di influenzare la salute pubblica si
trovano nel pubblico stesso.
La “Nuova sanità pubblica” può
quindi dare, nonostante le attuali
incertezze, un contributo certamente rilevante alla promozione della
salute, purché gli operatori abbiano chiarezza sul significato e le tappe del processo nel suo insieme, lo
spirito critico necessario per rive-
dere, ove risulti opportuno, le proprie attività e la capacità di orientarle al cambiamento.
Da questo punto di vista la nostra provincia offre interessanti condizioni di base: in primo luogo esiste uno strumento importante, costituito dal Programma di sviluppo
strategico dell’Azienda per i servizi
sanitari6 che traccia il quadro complessivo della promozione della salute e le azioni di adeguamento del
sistema sanitario, ivi compresa ovviamente la sanità pubblica. In secondo luogo, anche la sanità pubblica trentina, culturalmente partecipe del dibattito nazionale ed internazionale di questi ultimi anni,
ha già - pur faticosamente - iniziato un percorso di (ri)qualificazione
in questa direzione, puntando fondamentalmente su attività che qualifichino in senso professionale chi
le pratica, sul coinvolgimento dei
cittadini singoli e/o organizzati,
sulla diffusione dell’approccio multidisciplinare ai problemi di protezione della salute, sull’attivazione
di reti di interessi intra ed extrasettoriali, sull’educazione alla salute.
Educazione alla salute
L’esistenza di un’intersezione tra
promozione e educazione alla salute è evidente: la promozione della
salute richiede la costruzione di una
cultura della salute e l’empowerment
della popolazione (finalizzato tra
l’altro alla capacità di riconoscere i
determinanti della salute per averne il migliore controllo) ed il ruolo
dell’educazione è di rinforzare l’azione personale/sociale sul controllo
della propria salute come principa-
le strategia metodologica e sviluppare le competenze individuali per
indurre una efficace, consapevole e
responsabile partecipazione alla vita
sociale.
Le politiche per la salute devono
trovare sostegno in specifiche azioni
all’interno delle istituzioni dove
l’educazione alla salute è pertinente: nelle scuole, nelle imprese, nelle associazioni locali, ecc.
Nella nostra provincia l’educazione alla salute coinvolge soprattutto il mondo della scuola, attraverso
un protocollo di intesa tra Azienda
sanitaria e Sovrintendenza scolastica. Viene effettuata secondo gli
obiettivi di salute fissati dal Piano
sanitario nazionale e dalle linee
guida programmatiche formulate
dall’Amministrazione provinciale. La
Scuola è direttamente coinvolta nel
processo di educazione sanitaria
attraverso un processo di responsabilizzazione degli insegnanti circa
il proprio ruolo educativo, inteso
come sforzo per incidere non solo
sulle cognizioni dei ragazzi ma sulle loro capacità decisionali.
Nell’anno scolastico 1999/00
sono state impegnate in interventi
di educazione alla salute oltre 7800
ore, con il coinvolgimento di oltre
27.000 soggetti tra studenti, insegnanti e genitori. Gli esperti che
hanno collaborato alla realizzazione degli interventi sono stati circa
270 (medici igienisti, assistenti sanitari, infermieri professionali, medici rianimatori e addetti ai servizi
del primo soccorso, dietiste, psicologi, logopediste, pediatri, volontari del trasporto infermi e della
Croce Rossa) sia dipendenti dal87
Le esperienze in Trentino
88
l’Azienda sanitaria che esterni, con
rapporto di convenzione libero professionale.
Dalla collaborazione tra Azienda
e Farmacisti pubblici e privati si è
sviluppato il progetto “Farmaci e
salute”, che ha permesso di estendere ai ragazzi di seconda media su
tutto il territorio provinciale, con
uniformità di contenuti, la corretta
informazione circa l’uso dei farmaci
(nell’anno scolastico 1999/00: circa il 20% dei ragazzi dell’età target).
Nelle scuole materne è stato interessato alla formazione in materia di salute del cavo orale circa il
50% degli istituti (144 su 289),
mentre circa il 30% degli insegnanti nelle quinte classi elementari ha
avuto una formazione specifica (ed
ha attivato un percorso educativo)
sul consumo di alcol e di tabacco.
Sempre agli insegnanti delle scuole
elementari (terze classi) è destinato il progetto sulla corretta alimen-
tazione, che si avvale della collaborazione dei punti vendita alimentari della Federazione Trentina delle Cooperative, presenti capillarmente sul territorio provinciale e che
permettono una integrazione “dal
vivo” del percorso educativo condotto a scuola; nell’anno scolastico
1999/00 hanno partecipato 900
bambini.
Il lavoro interdisciplinare
L’Azienda Sanitaria ha iniziato ad
orientare alcune attività svolte nell’ambito dell’assistenza sanitaria
collettiva non “per competenza” ma
“per problemi” (i quali comunemente non afferiscono ad una sola disciplina, un ambito di competenze,
una funzione), nella consapevolezza che questo tipo di metodo –necessariamente interdisciplinare superando gli approcci settoriali
oggi prevalenti, possa meglio contribuire a raggiungere obiettivi di
salute e costituisca una premessa
importante anche per le attività di
promozione della salute.
E’ il caso, ad esempio, del “Piano
amianto” o del Piano per la sorveglianza e controlli in campo alimentare o del Piano per la sicurezza nella
Scuola, nei quali sono coinvolti professionisti di gran parte delle strutture “competenti”, con obiettivo
comune e condiviso e per i quali è
in atto una contemporanea campagna di comunicazione. Il lavoro dipartimentale permette alle varie discipline che afferiscono alla nostra
sanità pubblica di agire in maniera
integrata e su uno spettro più ampio rispetto a quello di propria pertinenza.
Alcune azioni di tutela e vigilanza, specialmente se orientate ad
interi comparti produttivi, vengono
preliminarmente illustrate e discusse
con i diretti interessati e con le loro
associazioni e tale metodo tendenzialmente dovrà divenire di diffusa
e comune applicazione.
I risultati ottenuti dalla collaborazione di varie discipline e servizi
verranno portati a conoscenza della popolazione generale attraverso
una periodica specifica informazione.
Il rapporto con i cittadini
Riteniamo che la comunicazione con
i cittadini sia un aspetto di vitale
importanza per la sanità pubblica.
Anche se moltissimo rimane da costruire, oltre alla diffusione di materiale informativo di supporto all’educazione alla salute e agli screening di massa relativi alla prevenzione dei tumori del collo dell’utero
e della mammella, in questi ultimi
anni è stata curata la messa a punto di strumenti telematici per la diffusione delle informazioni. Si è in
particolare cercato di dare una risposta organica e strutturata ai bisogni informativi e formativi di tutti
i soggetti che operano nell’ambito
della prevenzione e sicurezza in
ambiente di lavoro7 e di rendere disponibile materiale divulgativo e
percorsi didattici per l’ educazione
alla salute nella Scuola8.
La rete delle alleanze
per la salute
La sanità pubblica ha progressivamente stretto diverse intese con
settori extrasanitari per promuovere e sostenere iniziative di educazione alla salute e/o di prevenzione. Cito la sottoscrizione del protocollo di intesa tra l’Azienda sanitaria, l’Agenzia Provinciale per l’Ambiente e il Comune di Trento, avente ad oggetto la partecipazione istituzionale e la collaborazione nel
campo della tutela ambientale e
della salute dei cittadini residenti
nel Comune di Trento, nell’ambito
del progetto “Città sane” (1998);
quello tra l’Azienda sanitaria e le
Farmacie Comunali SpA di Trento e
l’Azienda Multiservizi di Rovereto per
la collaborazione nel campo della
educazione sanitaria e della tutela
della salute (1999) o con l’Associazione Titolari di farmacia di Trento
sempre per la collaborazione nel
campo dell’educazione sanitaria
(1999); quello con la Federazione
Trentina delle Cooperative per la
collaborazione nel campo dell’educazione alimentare (1999); quello
con il Consorzio Autoscuole Riuni89
Le esperienze in Trentino
90
te del Trentino per la realizzazione
del progetto “Alcol e guida” (1999)
ed inoltre la sottoscrizione del documento di intesa tra l’Azienda sanitaria, l’Associazione degli Industriali di Trento, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Trento,
le Confederazioni Sindacali C.G.I.L.
- C.I.S.L. - U.I.L. del Trentino, per
la promozione della salute nei luoghi di lavoro (1999), in cui si conviene che la costituzione di una “alleanza per la salute” possa permettere con maggiore efficacia l’impostazione di campagne su sani stili
di vita, la lotta al fumo e ai cancerogeni ambientali, la diffusione tra
i lavoratori di conoscenze per migliorare la capacità personale di
decidere come mantenere la propria
salute e come scegliere cure appropriate, la diffusione della conoscenza tra le lavoratrici delle campagne
di prevenzione gratuite per i tumori femminili.
Con il mondo del volontariato,
nello specifico con l’associazione
“Auto Mutuo Aiuto” di Trento, è stato invece sottoscritto un protocollo di intesa avente ad oggetto la
collaborazione nel campo della informazione e della promozione di
sani stili di vita, concordando un
approccio basato sulle tecniche di
auto mutuo aiuto (2000).
Il quadro normativo
e le esigenze di una nuova
formazione
Nella cosiddetta “riforma ter”
(D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229) il
dipartimento di prevenzione “promuove azioni volte ad individuare e
rimuovere le cause di nocività”.
L’obiettivo primario è rappresentato dalla costruzione dei cambiamenti che siano portatori di salute.
I processi con ricadute positive sulla
salute vanno attentamente promossi, seguiti, indirizzati e controllati
dall’ente pubblico (“orientare scelte, animare politiche, sostenere
comportamenti”) ed anche dalla
sanità pubblica.
Ogni disciplina fornisce le conoscenze scientifiche e tecniche necessarie ma lavora con tutte le altre, in condizioni di pari opportunità. Il “servizio pubblico” conserva una regia complessiva delle attività a valenza sanitaria, sulla base
di una migliore conoscenza dei determinanti sanitari della salute e
procede al raggiungimento degli
obiettivi prefissati, anche attraverso la ricerca della condivisione degli obiettivi e di ampie alleanze,
adottando un metodo di cooperazione. Ogni specifica professionalità sanitaria deve essere in grado di
interagire e creare sinergie con tutti i soggetti - anche non appartenenti al mondo sanitario – ai fini
del miglioramento della salute della collettività.
Il processo di integrazione, ma
anche della visione più ampia in cui
deve trovare collocazione la disciplina praticata da ciascun professionista, non nasce automaticamente da un nuovo assetto organizzativo, ma ha bisogno di essere supportato da una nuova “cultura dell’integrazione”; quest’ultima deve
essere creata negli operatori sanitari attraverso una accurata formazione specifica, che tenga conto
degli importanti mutamenti in atto.
In effetti, ancor oggi le politiche e le metodologie di formazione
in sanità pubblica risultano ampiamente inadeguate, con il risultato
di una produzione di specialisti con
competenze molto specifiche anziché di professionisti dotati di una
visione globale e capaci di integrare il proprio lavoro con quello degli
altri, sia all’interno che all’esterno
del settore sanitario. A questo proposito in tempi recenti l’OMS9 sollecitava la “formazione di una massa critica di professionisti forniti di
una visione più vasta della sanità
pubblica che tenga in dovuto conto anche le problematiche connesse alla formulazione di nuove politiche e strategie di salute”.
Da questo nuovo tipo di professionista ci si attende infatti un contributo tutto particolare nei cambiamenti attualmente in corso nel
settore sanitario ed un contributo
significativo alle politiche pubbliche per la salute.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Carta di Ottawa per la promozione della salute (1986) – Provincia Autonoma di Trento, Servizio Programmazione e Ricerca Sanitaria, Collana Promosan;
Punto Omega; 1996;4.
[2] Carreri V., Lagravinese D., Stefanini A., Montaguti U. – La
sanità pubblica in Italia: attualità e prospettive per l’ingresso
in Europa – Atti Convegno Nazionale SitI, 39° Congresso
Nazionale SitI, Ferrara, 24-27
settembre 2000, 25 – 30.
[3] Editorial – From public health
to the health of the public –
B.M.J. 1998; 317:550-551.
[4] Wylie I., Hunter D.J. – Everywhere and nowhere-a Socratic dialogue on the new public
health – B.M.J. 1999;319:839840.
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to health – BMJ 1998;316:300301.
[6] Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari – Provincia Autonoma di Trento – Programma di
sviluppo strategico – Saturnia
Ed., Trento, 2001.
[7] www.safetynet.it
[8] www.aziendasanitaria.trentino.it/direzioni/promosal/
promo_salute.htm
[9] WHO Regional Office for Europe – Training and Research in
Public Health. Policy perspective for a “New Public Health”
– Copenhagen: World Health
Organization and Karlstad
(Sweden): Centre for Public
Health Research -Training and
Research in Public Health Dialogue Series, 1991;1.
Alberto Betta è responsabile della
Direzione Promozione ed Educazione alla
Salute dell’Azienda Provinciale per i
Servizi Sanitari - Trento.
91
Creare ambienti
favorevoli alla salute
Monica Pisetta
L’intersettorialità come condizione
necessaria per promuovere la salute
negli ambienti di vita e di lavoro.
La promozione della salute
in Trentino
Dal 1993 al 1995 le Province Autonome di Trento e di Bolzano parteciparono attivamente al progetto
dimostrativo “Garantire gli investimenti in salute”, ideato ed attuato
dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità - Ufficio regionale per l’Europa - (OMS-Euro) con il fine di diffondere e di rafforzare la conoscenza e la comprensione culturale del
nuovo approccio della promozione
della salute, nonché di testare nei
singoli contesti locali la proposizione di politiche pubbliche incentrate sulla salute.
Le due province autonome della
regione Trentino-Alto Adige furono
scelte come situazioni pilota (dunque come primo laboratorio per tutta
la Regione Europea) soprattutto per
le positive condizioni strutturali
(economiche, sociali e ambientali)
di questo territorio, considerate
come terreno ottimale per sperimentare l’applicazione di questa innovazione di enorme portata, sia di
contenuto che metodologica.
92
Si intendeva dimostrare la necessità della promozione della salute e
i benefici della sua sistematica adozione, per affrontare, a tutti i livelli, da quello politico strategico fino
a quello più concretamente operativo, i problemi della salute e della
malattia, modificando su questa
base l’orientamento tradizionale alla
base dei processi decisionali in questo ambito.
La fase sperimentale si rivelò una
determinante ed “illuminante” esperienza formativa per chi vi partecipò e permise, da un lato, di porre la
nostra Provincia all’avanguardia in
Italia per l’acquisizione del nuovo
approccio, ma anche - e questa è la
cosa essenziale - di maturare e radicare la cultura della promozione
della salute fino al più recente risultato, il disegno di legge di Piano sanitario provinciale 2000-2002.
Questo, naturalmente, non significa che tutto sia stato acquisito in
modo definitivo e consolidato, per-
ché, come è noto, i processi culturali di grande portata innovativa richiedono tempo e graduale maturazione, ma la nuova mentalità si sta
diffondendo in modo evidente e
questo sicuramente, oltre che da
altri fattori generali e di contesto,
dipende in gran parte dall’azione
promozionale compiuta nell’arco di
questi ultimi anni dall’Assessorato
alle politiche sociali e alla salute,
fondata sull’apporto costruttivo sorto dalla partecipazione al citato
progetto dimostrativo dell’OMS/
EURO.
Un concetto chiave
nel nuovo approccio:
gli ambienti per la salute
Tra tutte le componenti di contenuto, di metodo, programmatorie,
organizzative e operative, tra di loro
interrelate in un unico e coerente
insieme compreso sotto la definizione di promozione della salute, ne
esiste una in particolare che, sebbene possa apparire come un’evidenza scontata, di fatto costituisce, assieme alla necessità dell’empowerment dei cittadini nei confronti della propria salute, l’elemento che segna maggiormente la portata innovativa e rivoluzionaria contenuta in questo approccio.
Ci si riferisce al fatto che la salute (e conseguentemente la malattia) si crea soprattutto al di fuori
dell’ambito sanitario, dunque in
ogni altro ambiente e nelle specifiche condizioni ambientali in cui si
svolge la vita di ciascuno di noi.
Il termine ambiente, nell’accezione sopra utilizzata, non può venir
compreso nel suo reale significato
se ci si limita al problema della relazione tra l’alterazione dell’ambiente naturale e la modifica delle condizioni di salute dell’uomo.
Sebbene questa costituisca indubbiamente una delle più importanti questioni, che si è diffusa storicamente molto prima e indipendentemente all’approccio della promozione alla salute, essa non costituirà il fulcro delle considerazioni qui esposte.
Questo essenzialmente perché la
complessità del legame di interdipendenza tra tutti i fattori che incidono sull’ecosistema richiede interventi incisivi a livello macro, addirittura planetario, quindi non attuabili unicamente nel contesto locale di riferimento, anche se naturalmente specifiche azioni avviate
sulle fonti di rischio o sul risanamento degli elementi ambientali a
questo livello (es. sulle acque, sui
rifiuti, sulle fonti radioattive, sulla
tutela del verde, ecc.) possono sicuramente assicurare almeno una
relativa, buona vivibilità e dunque
influenzare positivamente la salute
della popolazione.
Proprio per la conoscenza e la
consapevolezza “storica” di questo
problema, tale questione è quantomeno “monitorata” e “sotto controllo”, anche a livello locale.
In questa sede, invece, si focalizza l’attenzione su un altro concetto di ambiente, quello che genericamente può definirsi come “ambiente di vita”.
Chiarendone ulteriormente il significato, questa accezione di ambiente comprende i luoghi, in cui si
svolge la vita dell’individuo e della
93
Le esperienze in Trentino
94
collettività, luoghi intesi in senso
lato, sia di carattere strutturale-organizzativo (come la casa, la scuola, il luogo di lavoro, ecc.), sia sociali o comunitari (la tipologia e
l’espansione del sistema di sicurezza sociale, ecc.), sia economici (es.
il grado e la distribuzione della ricchezza, ecc.), sia culturali (es. il
modello e le abitudini di vita di ciascuna struttura sociale). La configurazione di ciascuno di questi
ambiti di contesto influenza ed incide sullo stato di salute dell’individuo, in diverso modo e su diversi
livelli.
Pensiamo, a titolo esemplificativo, ai diffusi e gravi problemi di
salute di carattere infettivo esistenti
nei Paesi sottosviluppati dell’Africa, oppure all’elevata percentuale di
depressione mentale grave, con conseguente aumento esponenziale del
tasso dei suicidi, tra le donne nell’Afghanistan dei talebani. Nel primo caso, il sistema economico-sociale, nel secondo quello socio-culturale influenzano lo stato di salute di determinate categorie di popolazione in preoccupante ed evidente misura.
Pur non dimenticando la necessità e l’impegno umano di agire su
vari fronti per modificare, nei contesti portati ad esempio, queste situazioni per molti versi drammatiche, si sottolinea che l’adozione di
un approccio altamente pragmatico, quale quello della promozione
della salute, prevede di agire all’interno di un contesto socio-politico-economico dato (privilegiando,
secondo quanto previsto dalla strategia dell’OMS, una dimensione regionale piuttosto che statale). Per
questa linea prioritaria di azione fi-
nalizzata alla creazione di ambienti
favorevoli per la salute, esso consiste nel porre il valore o il bene della salute come obiettivo guida e di
riferimento nello svolgimento dell’attività umana.
Questo significa, come si diceva
all’inizio, rendersi conto che le condizioni dell’ambiente di vita incidono e determinano buona parte
delle condizioni di salute degli individui.
L’intersettorialità
come condizione necessaria
La più importante conseguenza dell’agire per creare ambienti orientati
alla salute riguarda il coinvolgimento di tutte le componenti facenti
parte dei vari contesti di riferimento, adottando un’ottica intersettoriale nella pianificazione e nella realizzazione di interventi.
In questo frangente, quindi, si
pone la necessità che gli organi
politici o deputati alla tutela della
salute riescano ad instaurare vari
livelli di alleanze virtuose, in primo
luogo con tutti i settori della politica, ma anche con altre componenti
istituzionali o sociali o con espressioni della comunità civile, allo scopo di migliorare la salute e la qualità della vita della popolazione interessata.
Questo significa che ciascuno di
questi soggetti, nello svolgimento
della loro attività ordinaria, dovrebbero orientare i loro comportamenti o adottare esplicite misure finalizzate al miglioramento del contesto per assicurare e perseguire la
salute umana, come dimensione e
connotazione costante –e al tempo
stesso in dinamico adattamentoche funga da sfondo per la “mission” e per ogni attività “istituzionale” dell’ambiente di riferimento.
Gli esempi sono molteplici e di
diversa natura e dipendono spesso
dalla tipologia dell’ambiente considerato, comportando vari livelli di
impegno, di sforzo e di cambiamento organizzativo e operativo, ma
sicuramente non particolarmente
rilevante o dirompente rispetto all’assetto esistente, bensì assorbibile col tempo e comunque risultante
vantaggioso per tutti.
Pensiamo, per citare un esempio
tra i più apparentemente semplici
anche da attuare, alla creazione di
ambienti (scuole, ospedali, ambienti
comunitari, luoghi di ristorazione,
di lavoro ecc…) “smoke free”, ovvero completamente liberi dal fumo,
che significa con il divieto assoluto, compresi negli eventuali spazi
previsti, di fumare e le positive conseguenze sulla salute di tutti coloro che, come interni o esterni, frequentano il posto in questione.
Al di là delle apparenze e delle
indubbie conseguenze positive raggiungibili per tutti, la creazione di
ambienti favorevoli alla salute non
rappresenta un processo spontaneo
e di facile realizzazione, proprio
perché non è stata ancora interiorizzata a livello culturale la convinzione del porre come priorità il perseguimento della salute dei singoli
e delle comunità.
Manca infatti la percezione che
questo bene-valore costituisce il
principale fattore per un positivo
sviluppo socio-economico, non solo
per il presente, ma anche per il fu95
Le esperienze in Trentino
96
turo, divenendo l’interesse e la cura
di questo elemento un vero e proprio investimento anche per le prossime generazioni.
Attualmente esistono dunque
parecchi ostacoli alla collaborazione intersettoriale finalizzata al perseguimento della salute, che sono
resi evidenti dalla tradizionale e
ancora vigente impostazione delle
politiche sociali.
Ci si riferisce, in particolare, all’autoreferenzialità di ogni settore,
al conseguente scarso interesse per
il problema della salute (che si ritiene delegato esclusivamente all’ambito sanitario), alla difficoltà ad
accettare la “regia” e il coordinamento dell’ambito sanitario per incentivare la promozione della salute, percepito come una impropria direzione gerarchica sul proprio settore, alla concorrenzialità tra settori, che rende impossibile accettare eventuali maggiori investimenti
di risorse (a somma zero), direttamente o meno, per problemi riguardanti la salute pubblica. e così avanti.
Non ultimo, è pure da tener conto dell’incapacità di ciascun settore (per caratteristiche organizzative, gerarchiche, burocratiche e operative, per metodi di raccolta/elaborazione dati differenziati, per
l’uso di “linguaggi” diversi e incompatibili con l’esterno, ecc.) di rapportarsi ed interagire per un obiettivo comune.
Eppure, qualcosa già si muove...
Nonostante tali impedimenti, il processo verso questa nuova prospettiva si è quantomeno aperto, da cir-
ca una decina di anni, come componente essenziale della graduale
affermazione dell’approccio della
promozione della salute e conta
numerose esperienze, sia a livello
europeo che nazionale, così come a
livello locale; esso tende a svilupparsi, secondo i principi e le linee
guida dell’OMS, sul riconoscimento
della comune condivisione di determinati problemi di salute da parte
delle Regioni europee, che ha creato, di conseguenza, un interscambio costante e sinergico di proposte e soluzioni, attraverso la costituzione di vere e proprie reti formalizzate di collegamento, a cui la
realtà della provincia di Trento, vista l’esperienza maturata, ha spesso aderito.
Tra gli esempi più significativi
ricordiamo l’adesione del Comune di
Trento alla Rete Italiana delle Città
sane; nella prospettiva delineata,
infatti, anche la città costituisce un
ambiente, che, seppur complesso,
è anche tipologicamente ben caratterizzato e diverso da altri contesti
di riferimento, per cui è necessario
creare accordi di collaborazione con
i vari settori interessati, anche tramite intese formalizzate con appositi protocolli. Il Comune, in tal senso, ha stipulato uno specifico atto
con l’Azienda provinciale per i servizi sanitari e l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, individuando
dettagliatamente i campi di azione
comune per la promozione della salute dei cittadini.
Nel corrente anno, poi, l’Azienda
provinciale per i servizi sanitari,
anche sulla base di un obiettivo
assegnato da parte della Provincia,
aderirà alla Rete Europea degli Ospedali per la Promozione della Salute.
Anche in questo caso, pur essendo
l’Ospedale un luogo sanitario e di
cura, può essere identificato, da una
diversa ottica, come specifico ambiente con proprie caratteristiche e
pertanto possono essere messe in
atto in tutte queste situazioni determinate azioni a favore dei pazienti, ma anche degli operatori e di
coloro che entrano in qualsiasi veste in questa istituzione, per rendere più vivibile ed assicurare la
promozione della salute e la qualità
della vita indipendentemente dall’attività costitutiva di questo ambito. Ad esempio, il dichiararlo zona
“smoke free”, l’assicurare adeguate
misure di protezione per tutti dai
rischi radioattivi delle attrezzature
presenti, ecc.
Dal punto di vista metodologico,
per la creazione di ambienti favorevoli alla salute si tende ad utilizzare il “settings based approach”, ov-
vero si considera e si indirizza l’azione sulle caratteristiche non solo
strutturali, ma anche organizzative
in senso lato (che comprendono
anche gli aspetti relazionali, gli
obiettivi, i valori e le regole esplicite ed implicite, insomma tutti gli
elementi che definiscono l’organizzazione in quanto tale) di vari “set”
ambientali (quali, le scuole, i luoghi di lavoro, gli ambienti domestici, gli ospedali appunto, ecc.).
A seconda poi dell’angolazione
considerata, si può scendere nel dettaglio, dividendo i macro-ambienti
in sottogruppi e agire su di essi (es.
gli ospedali potrebbero essere considerati come luogo di lavoro, ma
anche come luogo di “soggiorno” di
individui, quindi le misure adottate
possono indirizzarsi, a seconda delle
esigenze e del momento, su uno di
questi aspetti oppure su entrambi o
anche su altre dimensioni). L’importante è riuscire ad individuare tutte
queste caratteristiche comuni e definenti il singolo set ambientale per
poter intervenire in senso favorevole alla salute, intersecando le suddette linee di azione.
Promuovere la salute
nell’ambiente lavoro:
l’esperienza della Provincia
Autonoma di Trento
Uno dei macro-ambienti più rilevanti
della vita sociale riguarda il luogo
di lavoro: il lavoro rappresenta infatti indubbiamente l’attività umana più diffusa a livello quantitativo
e diversificata a livello qualitativo,
per cui diviene prioritariamente necessario rendere le svariate sedi in
cui si svolge sane e sicure per chi vi
97
Le esperienze in Trentino
98
opera e per chi ne viene a contatto.
In considerazione dell’alto numero di incidenti, spesso gravi e mortali, che caratterizzano questo ambito, la Provincia Autonoma di Trento ha posto la lotta a questo fenomeno come una delle principali priorità della corrente legislatura.
Per attuare questo importante
obiettivo, la Provincia si è fatta innanzitutto carico di promuovere l’attenzione su questo problema (in
particolare, attraverso la realizzazione di uno specifico Convegno sul
tema), diffondendo la consapevolezza dell’evitabilità delle cosiddette
“morti bianche”, ma anche di quegli incidenti che provocano comunque una più o meno grave compromissione dello stato di salute dell’individuo coinvolto.
Ciò ha condotto ad una spontanea adesione ed un esplicito impegno da parte di tutti i settori coinvolti, interni e soprattutto esterni
alla sanità, per fornire, ciascuno per
la propria competenza, la disponi-
bilità a porre interventi nel proprio
ambito di riferimento al fine di prevenire gli infortuni e garantire la
salute e la sicurezza sui luoghi di
lavoro.
In questo caso, dunque, la chiara definizione dell’obiettivo da raggiungere e la condivisione esplicita
dello stesso, dovuta anche alla valutazione dei vantaggi diffusi per
tutte le forze in campo nel promuovere la sicurezza sul lavoro, ha permesso di superare facilmente le inevitabili divisioni ed incomprensioni dovute alle diverse prospettive
in cui si colloca la mission di ciascun soggetto (v. ad esempio, le
posizioni apparentemente contrapposte delle parti imprenditoriali e
sindacali), nonché di accettare anche specifiche limitazioni o momenti di compromesso a fronte della
convergenza sinergica verso il perseguimento dell’obiettivo di salute
posto.
Il risultato di questo fattivo accordo si è concretizzato nell’elaborazione di un Piano operativo per la
prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro (che costituisce il contenuto di un Protocollo-quadro d’intesa, sottoscritto da tutti i soggetti coinvolti in data 8 maggio 2001
e approvato con Deliberazione della Giunta provinciale n.1404 del 8
giugno 2001); esso, per i motivi
suddetti, rappresenta una concreta
applicazione dell’approccio di promozione della salute e in particolare incide in questa area prioritaria
di azione riferita alla creazione di
ambienti sani.
Composto da 8 progetti, il piano
operativo può essere letto su diver-
si livelli e contiene obiettivi e azioni
di diversa natura e portata, vista
anche l’eterogeneità della materia,
ma è comunque caratterizzato da
una immediata empiricità e concretezza; per assicurare la sua applicazione, sono previsti specifici momenti di valutazione e di verifica,
sia per la realizzazione delle azioni
previste, sia per il raggiungimento
dello scopo fondamentale, ovvero la
prevenzione e la riduzione degli incidenti da lavoro. Nel mese di giugno 2001, il Piano operativo è entrato nella fase propriamente attuativa.
sone implicate, improntati alla prevenzione e alla sicurezza.
Questo a dimostrazione che la
promozione della salute riguarda un
approccio complessivo, dipendente
da diverse azioni interrelate, ma che
non può mai trascurare l’importanza del cosiddetto “fattore umano”,
in quanto esso rappresenta sempre,
nelle sue diverse componenti, l’elemento determinante per perseguire
efficacemente la salute dei singoli
e della collettività.
Conclusioni
Questa esperienza ha aperto prospettive favorevoli per il futuro e
per altre problematiche emergenti
di salute, inducendo anche un’ulteriore riflessione.
Anche la creazione di ambienti
favorevoli per la salute non può prescindere, come rivela e dimostra lo
stesso piano operativo e le azioni
in esso contenute, dalla assunzione da parte delle persone coinvolte
e operanti in questo ambiente, in
questo caso dai lavoratori e dei datori di lavoro, di comportamenti
consapevoli e responsabili per prevenire questo tipo di infortuni. Detto in altri termini: la creazione di
condizioni ambientali favorevoli per
contrastare l’insorgere dell’evento
lesivo o patologico, seppur necessaria, non può assolutamente prescindere dal controllo e dalla assunzione di atteggiamenti e di comportamenti concreti, indotti da interventi di informazione ed educazione sanitaria, da parte delle per-
[1] World Health Organisation e
altri: “Securing Investment for
Health” – Demonstration Project in the Provinces of Bolzano and Trento- Final Report,
June 1995;
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[2] Provincia Autonoma di Trento,
Assessorato alle Politiche sociali e alla Salute, “I documenti
OMS sulla Strategia della salute per tutti”, Puntomega n.2/
3, Agosto 2000.
[3] Provincia Autonoma di Trento,
Assessorato alle Politiche sociali e alla Salute, “Sicurezza e
salute nei luoghi di lavoro: un
impegno comune - Atti della
Conferenza provinciale”, Collana “Documenti per la salute”
n. 7, Trento, 2001.
Monica Pisetta è funzionario del Servizio
Programmazione e Ricerca sanitaria
della Provincia Autonoma di Trento.
99
Rafforzare l’azione
delle comunità
Renzo De Stefani
Tre esempi di azioni per favorire
la solidarietà sociale e la partecipazione
della comunità alla promozione
della salute.
“È attraverso l’azione comunitaria
concreta ed efficace che la promozione della salute può stabilire priorità, prendere decisioni e progettare
e realizzare strategie tese al miglioramento della salute. Momento centrale di questo processo è il potenziamento della comunità, per renderla veramente padrona e arbitro
delle sue aspirazioni e del suo destino. Lo sviluppo della comunità attinge risorse umane e materiali esistenti nella comunità stessa per favorire l’autosufficienza e la solidarietà sociale e per elaborare sistemi
flessibili diretti al rafforzamento della partecipazione e della gestione
diretta per quanto riguarda i problemi relativi alla salute. Per questo
occorre garantire l’accesso libero e
costante a tutte le informazioni e
opportunità di conoscenza in tema
di salute, nonché un adeguato supporto finanziario.”
Carta di Ottawa per la promozione
della salute, OMS, 1986
La Carta di Ottawa compie quest’anno 15 anni, portati, mi pare,
100
molto bene. Infatti non si sente
tanto il bisogno di cambiarla, quanto quello di individuarne, finalmente, nelle nostre comunità i primi
segni di concreta applicazione.
Sono segni ancora spesso contraddittori e deboli. La promozione
della salute fa fatica a entrare nel
nostro quotidiano per quello che
dovrebbe essere, legata ai principi
della responsabilità personale, del
protagonismo sano, della partecipazione finalizzata.
Sono comunque segni in crescita, anche se spesso ancora non sufficientemente visibili o collegati
nella nostra percezione alla promozione della salute.
Del resto il radicato costume della
delega nonché quello della confusione tra domanda e offerta di servizi sanitari, prevenzione e promozione di salute induce ancora troppo spesso alla pratica di consegnare a terzi, soprattutto al mondo sanitario, la responsabilità prima del-
la nostra salute. E naturalmente il
costume della delega ben si sposa
con tutte le resistenze che ciascuno di noi poco o tanto tira fuori
quando si tratta di assumere in prima persona responsabilità e protagonismo, soprattutto quando si
“scopre” che questo significa modificare comportamenti e darne testimonianza.
Un circolo vizioso che si può
spezzare e si spezza tutte le volte
che esperienze concrete e importanti per le persone, le famiglie, i gruppi
che le vivono ci fanno cogliere l’importanza che il diventare responsabili e protagonisti ha sulla qualità
della nostra vita, e perciò sulla promozione della salute, sui grandi temi
delle aspirazioni, del benessere,
dell’adattamento o della modifica
dell’ambiente.
Perché tutto questo diventi patrimonio acquisito e consolidato
servono testimonianze, tali da modificare ogni giorno di più la nostra
cultura di riferimento.
In questo breve contributo vorrei portare 3 esempi che pur nella
loro diversità contengono elementi
comuni e coerenti con l’obiettivo di
rafforzare l’azione della comunità in
tema di promozione della salute.
1. ”Lamiacittà – vivere tutti
meglio a Trento”. Ovvero
come migliorare la nostra
QRI (=Qualità delle Relazioni
Interpersonali)
Dagli atti costitutivi de “lamiacittà”
“Sia nel comune sentire della vita
quotidiana che nelle riflessioni delle
grandi Agenzie internazionali che si
occupano di salute e di convivenza,
torna ricorrente una constatazione
preoccupata. Nei nostri paesi e nei
quartieri delle nostre città, mentre è
cresciuto il benessere materiale della maggioranza delle persone e delle
famiglie, è calato il senso di appartenenza alla comunità, le reti di
mutualità del buon vicinato, gli
scambi interpersonali significativi.
Spesso ci diciamo che la qualità
della vita è peggiorata. Ci capita di
sentirci smarriti ed estraniati rispetto ad una comunità di cui a volte è
difficile vedere il tessuto connettivo. Le relazioni interpersonali e sociali, nei condomini come nei luoghi di lavoro, appaiono grigie o assenti, ritrovarsi su valori condivisi
sembra un qualcosa di cui si sta
perdendo la memoria.
Nell’aprile 1999 l’Azienda provinciale per i servizi sanitari, per il tramite del Servizio di Salute Mentale,
e il Comune di Trento, attraverso
l’Assessorato alle politiche sociali,
hanno deciso di cercare assieme i
modi per passare dalla preoccupazione diffusa alla ricerca dell’azione condivisa.
In quel momento “lamiacittà” ha
fatto il primo passo, subito con un
obiettivo ambizioso: migliorare la
qualità complessiva delle relazioni
interpersonali e sociali nella città
di Trento. Un obiettivo importante
perché dalla qualità complessiva
delle nostre relazioni dipende la
qualità della nostra vita e quel bene
prezioso che è la salute mentale,
intesa come capacità costante nel
tempo di stare bene con noi stessi,
101
Le esperienze in Trentino
102
con la nostra famiglia, con la nostra comunità.
Perché “lamiacittà” potesse partire col piede giusto occorreva naturalmente coinvolgere e mettere assieme disponibilità e risorse delle
persone e dei gruppi variamente
organizzati e rappresentativi dei
mondi istituzionali, sociali, economici, culturali e del volontariato
presenti nella nostra città.
Per fare questo sono state contattate le 50 realtà associative più
rappresentative della città di Trento ed è stato spiegato e proposto
loro di partecipare a “lamiacittà”.
Circa 30 realtà hanno manifestato
interesse e disponibilità a passare
dalle parole ai fatti. Per fare questo
si è costituito un gruppo di lavoro
e di coordinamento.
Il gruppo di lavoro ha operato
intensamente per definire un progetto e alcuni percorsi.
“lamiacittà” è quindi diventata
una “proprietà” diffusa di Enti, Associazioni, rappresentanze molto diverse tra loro, garanzia fondamentale per poter costruire un qualcosa
di condiviso e di radicabile nella città.
È in questo spirito di condivisione tra soggetti diversi che lamiacittà ha iniziato a camminare, interessata a coinvolgere nel tempo sempre
più tutte le persone disponibili a
mettersi in gioco.
Hanno promosso “lamiacittà”:
ACLI, Amnesty International, ARCI,
Associazione Albergatori, Associazione Amici della Bicicletta, Associazione Artigiani e Piccole Imprese, Associazione “Famiglie Insieme”,
Associazione Mutilati e Invalidi Civili, Associazione Trentini nel Mondo, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari – Servizio di salute mentale di Trento, Casa per la Pace,
CGIL, Collegio degli infermieri professionali, Collegio dei periti industriali, Comitato Difesa Consumatori,
Comune di Trento – Assessorato alle
politiche sociali, Confederazione
Italiana Agricoltori, Conferenza dei
Presidenti di Circoscrizione, Confesercenti del Trentino, Coordinamento
Caritas delle Parrocchie del Decanato
di Trento, Coordinamento donne,
Federazione Trentina delle Cooperative, Istituto regionale di studi e
ricerca sociale, Ordine dei farmacisti, Ordine dei giornalisti, Ordine dei
medici, Ordine degli psicologi, Servizio Istruzione della Provincia autonoma di Trento, Rete “Radié Resch”, Unione piccoli proprietari immobiliari.
Su queste premesse sta crescendo “lamiacittà”.
Gli elementi che maggiormente la
caratterizzano quale laboratorio volto a promuovere salute sono i seguenti:
- l’obiettivo chiaro e condiviso è
quello di migliorare la qualità
delle relazioni interpersonali in
quanto determinati di salute
mentale;
- le proposte individuate sono
sempre frutto di una condivisione di un gruppo di lavoro che
rappresenta le principali realtà
aggregative e rappresentative
della città;
- le proposte cercano di essere
sempre il più possibile semplici,
accattivanti, sorridenti, stimolanti;
- le proposte sono aperte e perseguono sempre il maggior livello
possibile di coinvolgimento, di
responsabilizzazione e di protagonismo del singolo cittadino,
della sua famiglia, di un suo
eventuale gruppo di riferimento
- l’elemento di coinvolgimento e
di responsabilizzazione personale costituisce l’indicatore primo
e principale su cui misurare il
successo dell’iniziativa.
Le principali iniziative già realizzate nel 2000 e in corso di realizzazione nel 2001 sono le seguenti
Iniziative 2000
- Materiale informativo
- N. di telefono – 0461/230004
- Accordi con i media
- Il volantone sulla comunicazione
- I sabati di “lamiacittà” – Il Gazebo
- Le attività fatte con altre realtà
(8 marzo, bimbinbici, etc)
- Il laboratorio del lunedì
- Indice QRI
- Coinvolgimento e protagonismo
di…
- Altro e di più ...
Iniziative 2001
- Una fisarmonic-card per star
meglio con se stessi e con gli
103
-
-
Le esperienze in Trentino
-
104
-
Descriverò molto brevemente l’Indice QRI (QRI = Qualità delle Relazioni Interpersonali) per rappresentare con un esempio lo spirito informatore complessivo de “lamiacittà”.
Che cos’è. L’Indice QRI è un termometro che misura la temperatura
delle relazioni interpersonali e sociali nella città di Trento.
Come funziona. I rilevatori de “lamiacittà” misurano in 10 luoghi predefiniti della città, una volta al
mese, le relazioni interpersonali e
sociali utilizzando scale di valutazione numeriche. La rilevazione fatta
in ogni singolo luogo fornisce l’indice QRI di quel luogo in quel mese.
La somma delle dieci rilevazioni di
un dato mese costituisce l’indice
mensile del QRI della città di Trento.
L’obiettivo. L’obiettivo dell’Indice QRI è contribuire a dare visibilità e importanza al valore della qualità delle relazioni interpersonali, a
stimolarvi intorno riflessioni e pensieri.
La rilevazione e la pubblicizzazione dell’indice QRI non ha finalità dirette sulla qualità delle relazioni interpersonali nei luoghi dove
si effettua la misurazione.
L’attesa è quella di creare nella
città un clima di curiosità, di attenzione, di sensibilizzazione che
favorisca il più possibile la nascita
di iniziative dirette e/o che contribuisca comunque a movimenti spontanei di riflessione e cambiamento.
I luoghi della rilevazione. Sono
stati individuati 10 luoghi con caratteristiche diverse, ma che rappresentano sempre luoghi di passaggio, di incontro, di attesa, di richiesta di beni o servizi. I 10 luoghi
individuati forniscono un insieme
rappresentativo della quotidianità di
Foto G. Zotta - APT del Trentino
-
altri
Una carta di identità di “lamiacittà”
Il futuro del QRI a Trento, in Italia e oltre…
Un gazebo per tutte le stagioni
Sorrisi tra commercianti e soci
de “lamiacittà”
Inviti a personaggi famosi per
proporsi come veicolo dei temi
di “lamiacittà”
Partecipazione a iniziative di altri
Le feste di condominio
Attività con le scuole. Dal QRI in
avanti…
Laboratorio del lunedì
Ancora e sempre coinvolgimento e protagonismo di singoli e
gruppi
Altro e di più...
vita della città di Trento, per quanto riguarda i suoi luoghi “pubblici”.
Le variabili della rilevazione. Per
misurare la temperatura delle relazioni interpersonali e sociali nei 10
luoghi individuati utilizziamo 10
variabili. 5 variabili sono frutto dell’osservazione del luogo e della valutazione delle relazioni che vi si
svolgono, 5 variabili sono frutto
della valutazione di situazioni provocate dai rilevatori nell’ambito di
3 situazioni ricorrenti: esternazione di un complimento “soft”, richiesta di un “piccolo” favore, richiesta
di un’informazione “semplice”.
Dalla somma delle 10 misurazioni si ottiene il QRI del singolo luogo che potrà andare da un minimo
di 0 a un massimo di 100. Sommando i 10 QRI si ottiene il QRI generale che potrà oscillare tra un minimo di 0 ed un massimo di 1000.
I primi sei mesi di rilevazione
dell’indice QRI – dicembre 2000/
maggio 2001- permettono di tracciare alcune considerazioni.
Le persone che sono state coinvolte nella rilevazione nei diversi
luoghi hanno mostrato quasi sempre disponibilità e interesse.
Tutte le volte che è stato possibile spiegare loro il senso di “lamiacittà” e dell’indice QRI hanno
espresso vivo apprezzamento, condivisione, incitamento a proseguire.
Dalle circa 600 persone con cui
si è parlato più approfonditamente
(una media di 10 persone per luogo
per mese) si è percepito chiaramente
che il bisogno di migliorare le nostre relazioni interpersonali è molto sentito e condiviso. Molti hanno
dichiarato interesse a farsi coinvolgere in iniziative finalizzate a questo scopo. In questo senso “lamiacittà” e l’Indice QRI sono stati considerati stimoli efficaci e concreti.
Come abbiamo chiarito già all’inizio il principale obbiettivo dell’Indice QRI è quello di stimolare altre
iniziative che siano finalizzate al
miglioramento delle relazioni interpersonali e che partano dall’iniziativa di singoli cittadini o di loro
gruppi.
In questo senso questi primi 6
mesi di rilevazione hanno prodotto:
- un interesse “generico” delle
persone coinvolte nella rilevazione che ne hanno preso conoscenza e si sono mostrate interessate ad attivarsi;
- un interesse “specifico” di alcune persone per introdurre l’Indice QRI nelle proprie realtà di lavoro o di vita. È evidente che se
fatto in contesti di questo tipo
l’Indice QRI viene ad assumere
un valore specifico come modificatore della qualità delle relazioni interpersonali;
- in 3 scuole sono partite iniziative finalizzate agli obiettivi di
“lamiacittà”;
In particolare nelle scuole Bresadola e Tambosi alcune classi
sono state coinvolte direttamente nella rilevazione dell’Indice
QRI;
- è aumentata la frequenza al laboratorio di “lamiacittà”, aperto tutti i lunedì dalle 18.00 alle
19.00, con la finalità di raccogliere idee, proposte, progetti;
- da diverse persone che risiedo105
Le esperienze in Trentino
no fuori Trento, sia in provincia
che in altre regioni italiane, sono
venute richieste di materiale sull’Indice QRI per poterlo sperimentare nella propria realtà territoriale;
- alcuni media nazionali hanno riportato l’esperienza dell’Indice
QRI.
106
Naturalmente i “veri” risultati
sono rappresentati dai coinvolgimenti personali.
Un buon esempio ci viene dalle
Scuole medie Bresadola. Un gruppetto di studenti partecipa dall’inizio alla rilevazione del QRI. I ragazzi l’hanno presa giustamente sul
serio e sono molto attenti a studiare e a misurare quello che succede
nei luoghi, a coinvolgere chi transita in piccole e gentili provocazioni per poi trasformare in voto la
Qualità della Relazione che si è creata. Il “vero” risultato è che hanno
trasferito a scuola lo spirito dell’iniziativa cercando di individuare i
nodi, i problemi che nella loro scuola
pesavano sulla Qualità delle loro
Relazioni Interpersonali. E hanno
cominciato a discuterne. Non per
questo in quella scuola saranno diventati tutti angioletti, ma forse
qualcosa di positivo è successo e
qualche riflessione la possiamo fare,
visto che ci preoccupiamo sempre
di più dei comportamenti dei nostri
ragazzi e delle difficoltà a coinvolgerli. In questo modo è accaduto
che i ragazzi, acquisitane la responsabilità, si sono sentiti diretti protagonisti della Qualità delle loro
Relazioni, in altri termini della loro
salute mentale. Facile immaginare
che l’iniziativa si stia estendendo
in altre scuole.
Un percorso simile si sta verificando con altre iniziative, col risultato atteso che del laboratorio
de “lamiacittà” diventino responsabili e protagonisti il maggior numero di cittadini trentini.
2. Alcol, problemi alcolcorrelati
e promozione di salute. Tutti
più informati, tutti più
responsabili
Da circa 10 anni l’Organizzazione
Mondiale della Sanità ha modificato l’approccio nei confronti dell’alcol e dei problemi alcolcorrelati.
Fino alla fine degli anni ‘80 il riferimento costante era il binomio uso/
abuso. Da un lato i consumi consentiti/sociali/innocui, progressivamente in calo, e misurati in grammi/die, dall’altro quelli pericolosi/
dannosi e perciò sconsigliati/proibiti.
Su quest’approccio si era consolidata per anni la cultura del cosiddetto bere moderato/sociale/accettato. Una cultura che mescolava tradizioni radicate e fortemente condivise dalla comunità con posizioni
scientifiche sempre meno sostenibili come veicolatrici di salute.
Il fallimento di questo approccio
appariva sempre più evidente considerato che non riusciva a mettere
in campo nulla di significativo in
termini di “prevenzione” e neppure
in termini di “cura”. Vi era poi da
fare i conti con un dato epidemiologico ormai acquisito che dimostrava come il numero di problemi alcolcorrelati in una popolazione fosse
direttamente proporzionale ai con-
Documenti per la
salute 6:
“Le attività
alcologiche in
Trentino”, a cura di
L. Pellegrini e
C. Zorzi.
Coordinamento
editoriale V. Curzel.
Provincia Autonoma
di Trento, Azienda
Provinciale per i
Servizi Sanitari,
Centro Studi e
Documentazione sui
Problemi
alcolcorrelati
Trento.
sumi medi di quella popolazione e
che nel gruppo dei cosiddetti bevitori moderati, percentualmente maggioritario, si concentrasse il maggior numero di problemi alcolcorrelati.
Da qui il passaggio “epocale” che,
abolendo la storica distinzione tra
uso e abuso, riconduce il bere bevande alcoliche sempre e comunque
a consumo e lo colloca tra i comportamenti a rischio che in quanto
tali è bene il più possibile evitare.
Da qui lo slogan odierno dell’OMS
nei confronti del bere: Less is better, Meno è meglio.
In pochi campi come in quello
dell’alcol e dei problemi alcolcorrelati rafforzare l’azione della comunità è fondamentale, perché è proprio attraverso la disinformazione e
i relativi conseguenti comportamenti della comunità che si creano la
maggior parte dei problemi alcolcorrelati. Mentre è proprio attraverso una azione comunitaria che può
cambiare la percezione che la comunità ha dell’alcol e di conseguenza i comportamenti e perciò i
consumi e perciò l’incidenza e la
prevalenza dei problemi alcolcorrelati e perciò la nostra salute.
In Trentino poco più di 15 anni
fa approdarono i Club degli alcolisti
in trattamento, gruppi basati sui
principi della mutualità, composti
da 5-10 famiglie al cui interno vi
sono problemi alcolcorrelati. I membri dei Club si incontrano 1 volta
alla settimana con il fine dichiarato di smettere di bere e soprattutto
di cambiare il proprio stile di vita.
In questi 15 anni i Club si sono
diffusi rapidamente e in modo capillare tanto che oggi ve ne sono in
Trentino più di 160, 1 ogni circa
2800 abitanti.
I Club hanno ovviamente e primariamente dato risposte molto
importanti a centinaia e centinaia
di famiglie che sono uscite dal problema. Ma i Club hanno anche costituito un potente laboratorio che
ha contribuito a modificare nella
comunità il rapporto con l’alcol stabilendo principi e pratiche di promozione di salute.
Questo è avvenuto per 3 specifici fattori.
a) Il primo fattore riguarda la dichiarata visibilità dei Club. I
membri di Club non si nascondono, anzi, la loro testimonianza è dichiarata e assume un valore ovvio non solo per chi vi
partecipa direttamente ma anche
per quanti per motivi diversi ne
vengono a conoscenza e in contatto (amici, vicini di casa, colleghi di lavoro, operatori socio107
Le esperienze in Trentino
108
sanitari, amministratori, etc).
b) Il secondo fattore riguarda il particolare sistema che ruota attorno ai Club in tema di formazione
e di aggiornamento. In questo
sistema vi sono livelli e target
di riferimento diversi che interessano complessivamente tutta
la comunità.
- Il 1° livello riguarda “Il Corso di sensibilizzazione all’approccio ecologico-sociale ai
problemi alcolcorrelati e complessi”, Corso della durata di
50 ore e che è aperto a operatori, volontari, cittadini
con o senza problemi alcolcorrelati. Gli obiettivi dichiarati del corso sono due. Il
primo riguarda la messa in discussione del rapporto personale che chi partecipa al Corso ha con il bere, secondo
quelle che sono le attuali
posizioni OMS; il secondo
l’acquisizione di conoscenze
sulla metodologia e sulla pratica dei Club per entrare a farvi parte come operatore.
- Il 2° livello riguarda momenti di formazione e di aggiornamento dedicate alle famiglie che frequentano i Club,
all’inizio e durante il percorso.
- Il 3° livello riguarda momenti di informazione e di sensibilizzazione organizzati assieme ad associazioni e/o enti
di un dato territorio (quartiere, circoscrizione, paese) e
offerti alle persone e alle famiglie che abitano in quel
territorio.
c) Il terzo fattore riguarda la dichiarata volontà di collaborare con i
servizi pubblici coinvolti nei problemi alcolcorrelati, dai servizi
di alcologia ai servizi sociali, dai
medici di medicina generale a
tutte le figure e le aggregazioni
significative della comunità.
Chi ha memoria storica della nascita e dello sviluppo dei Club in
Trentino conosce bene queste cose.
Forse può apparire meno evidente il
legame che tutto questo ha avuto e
sempre più avrà in prospettiva con
la promozione della salute.
Ne ricordo i 2 passaggi principali.
- Il primo passaggio riguarda le famiglie che entrano nei Club e che
ricevono fin dal primo momento
una fortissima iniezione di responsabilità e protagonismo.
Tanto più forte se si pensa che
per decenni i problemi alcolcorrelati si riteneva fossero un prezzo da pagare senza soluzioni
possibili o con false soluzioni
come i ricoveri continui, i vari
passaggi tra servizi, i pellegrinaggi della falsa speranza. Più
di 5000 persone in Trentino attraverso la frequenza ai Club hanno “scoperto” che la responsabilità della loro salute era nelle
loro mani e che lì stavano trovando la risposta che per anni
avevano cercato invano anche
attraverso i circoli viziosi della
delega e della deresponsabilizzazione.
- Il secondo passaggio richiama i
percorsi di sensibilizzazione.
Nella tabella 1 si trova il numero
di famiglie entrate nei Club, il
numero delle persone residenti
in Trentino che hanno frequentato lo specifico Corso di sensibilizzazione e il numero approssimativo delle persone che hanno partecipato a serate di sensibilizzazione.
Sono numeri che colpiscono e che
contribuiscono a spiegare come mai
oggi in Trentino vi sia il maggior
numero di Club in rapporto alla popolazione, vi sia una percezione dei
problemi alcolcorrelati sempre più
corretta, pur in presenza di una cultura del bere ancora molto radicata, vi siano importanti iniziative mirate, validate scientificamente sulla base dei dettati dell’OMS, per stimolare attraverso programmi specifici di informazione e di sensibilizzazione una riduzione dei consumi
e perciò una riduzione dei problemi. In buona sostanza una chiara
azione della comunità che in modo
sinergico promuove salute, a chiara
dimostrazione di come muovendosi
Tabella 1
N. di famiglie
entrate nei Club
1985-2000
N. di Club
al 31.12.2000
3250
162
N. di persone che hanno N. di persone che hanno
frequentato i Corsi
partecipato a serate
di sensibilizzazione
di sensibilizzazione
1986-2000
1986-2000
964
8000 ca
109
Le esperienze in Trentino
in questa direzione la promozione
della salute esce dalle affermazioni
di principio per calarsi nel nostro
quotidiano di vita.
110
3. Dal disagio psichico
alla salute mentale. Lotta al
pregiudizio per fare assieme
Una famosa ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità documentò alcuni anni orsono che il
decorso delle malattie mentali più
gravi assume un andamento più favorevole nei paesi meno sviluppati
rispetto all’Occidente ricco e industrializzato, che pure ha servizi psichiatrici capillarmente diffusi.
La spiegazione di questo apparente paradosso è stata individuata
nel fatto che rispetto all’Occidente,
nei paesi del cosiddetto terzo mondo si registra solitamente una accettazione superiore nei confronti
dei malati di mente e che lo stigma
nei loro confronti assume forme
molto più blande quando non è del
tutto assente.
Su questa base da alcuni anni, e
a maggior ragione dopo le riflessioni culturali che la chiusura dei manicomi hanno portato in Italia, si
sta dando valore e significato ad
azioni di sensibilizzazione della
popolazione generale per raggiungere alcuni obiettivi specifici:
- abbassare lo stigma e il pregiudizio;
- migliorare il livello di accettazione e di integrazione solidale
- promuovere il protagonismo di
tutti sui temi della salute mentale.
L’esperienza che da alcuni anni sta
portando avanti il Servizio di salu-
te mentale di Trento rientra in questo contesto e si sta sviluppando in
questo modo.
Si è progressivamente costituito
per iniziativa del Servizio un “Gruppo sensibilizzazione” costituto da
operatori, utenti, familiari, volontari, rappresentanti di enti pubblici
e privati che si occupano a vario
titolo di disagio mentale (ad esempio vigili urbani ed operatori di cooperative sociali), Gruppo che si
colloca all’interno della Consulta
cittadina per la salute mentale.
Questo Gruppo che ha visto col
tempo crescere sempre di più la presenza e l’importanza di utenti e familiari riconosce una radicale parità di sapere e di esperienza a tutti i
suoi componenti.
Già questa acquisizione stabilisce un presupposto importante perché garantisce responsabilità e protagonismo in pari misura a soggetti
tradizionalmente separati. Da un
lato gli operatori dei Servizi o di
enti comunque attivi nel campo e
dall’altra gli utenti e i loro familiari.
L’attività di sensibilizzazione si
articola nel seguente modo.
Un operatore del Servizio che
svolge funzioni di segretariato organizzativo e di rete prende contatto con tutte le realtà variamente
organizzate che nel Comune di Trento hanno rappresentanza (Circoscrizioni, parrocchie, associazioni culturali, ricreative, sportive, etc.) nonché con alcune agenzie particolarmente importanti come le scuole.
In questi contatti si propone alla
realtà contattate di organizzare assieme una prima serata da proporre
ai cittadini che sono collegati a
quella realtà. Si usa a questo scopo
del materiale standard con locandine e manifestini o lettere personali
che richiamano lo schema illustrato
nel riquadro qui sotto riportato.
Figura 1
Locandina per la
promozione di
serate di
sensibilizzazione
sulle tematiche
della salute
mentale e della
sofferenza psichica.
Servizio di Salute
mentale di Trento.
Consulta
per la
salute
mentale
Il Circolo
culturale
di
Gardolo
Ti invitano ad una serata
di sensibilizzazione e di discussione
sulle tematiche
della salute mentale
e della sofferenza psichica
J salute mentale
J disagio psichico
J disturbo psichico/malattia mentale
J cosa hanno di diverso l’infarto e la schizofrenia
J Giovanni e la sua psicosi
J il Servizio di salute mentale di Trento
J ciascuno di noi è una risorsa
non cerchiamo eroi, ma……
Ci troviamo
il 21 ottobre alle ore 20.30
presso il Circolo dei Filosofi
in Via dei Rododendri 34
Introducono utenti, familiari, operatori
del Servizio di salute mentale di Trento
La Consulta è promossa dal Servizio di salute
mentale di Trento, Via Petrarca 1, tel 0461-985825
Questa forma organizzativa garantisce un coinvolgimento attivo
della realtà co-organizzatrice e che
si attiva per coinvolgere i suoi membri.
La serata si svolge di solito nel
modo seguente:
- un volontario introduce spiegando storia e senso dell’iniziativa;
- alcuni utenti e familiari raccontano la loro esperienza personale, che senza bisogno di esplicitarlo più di tanto si rivela sempre un ottimo modo per contrastare i pregiudizi e per fornire
agli intervenuti stimoli identificatori positivi;
- un operatore del Servizio sottolinea l’interesse che il Servizio
ha in queste attività e l’importanza del coinvolgimento e della responsabilizzazione di tutti
a partire da quanti sono presenti in quella serata.
Segue un dibattito solitamente
molto ricco di spunti personali da
parte di tutti e una prima riflessione su micro-iniziative che possono
essere prese assieme.
Dall’incontro si attendono alcuni
risultati.
- Il primo risultato atteso è che
gli intervenuti mettano in discussione stigma e pregiudizio
nei confronti della malattia mentale maturando un atteggiamento di disponibilità e di attenzione.
- Il secondo risultato atteso è che
le testimonianze di utenti e familiari con la loro carica di protagonismo e di responsabilità
suggeriscono modalità simili a
chi in vario modo si trova o si
troverà a vivere forme di disagio
o di disturbo o è vicino a chi
tali problemi vive.
- Il terzo risultato atteso è che
dall’incontro nel suo complesso
e da eventuali iniziative successive, la singola persona e/o il
piccolo gruppo sia stimolato a
cogliere l’importanza del coinvolgimento personale e della responsabilizzazione non solo in
riferimento al disagio e al disturbo ma anche alla salute mentale
nel suo valore positivo di star
bene con se stessi e con gli altri
a partire dalla qualità dei rapporti interpersonali (cfr. “lamiacittà”).
111
e di cui si cominciano a vedere i
tangibili risultati.
Le esperienze in Trentino
Un ultimo cenno sul supporto finanziario a queste iniziative a cui fa
esplicito riferimento anche la carta
di Ottawa.
Si tratta di cifre assolutamente
modeste, ma che spesso è assai faticoso reperire, così come è faticoso reperire quelle attenzioni e quel
consenso che ancor più delle risorse economiche permette a queste
iniziative di vivere e di moltiplicarsi. Oggi qualcosa più di ieri lo si
sta facendo e queste brevi testimonianze ne fanno fede. Per domani ci
aspettiamo che sensibilità e investimenti crescano un po’ più velocemente. Auguri a tutti noi!
112
Questo modello organizzativo ha
ormai raggiunto una sua stabilità
con circa 25-30 incontri all’anno a
cui partecipano da 10 a 50 persone
per incontro con un coinvolgimento su base annua di circa 7-800
persone.
Stanno inoltre maturando altre
iniziative collaterali quali ad esempio la pubblicazione sui giornalini
delle varie realtà locali (circoscrizioni, parrocchie, associazioni) di
contributi sul tema, così come la
presenza ormai abituale di gazebo
nelle feste di quartiere o nel Centro
storico, gazebo organizzati dal
“Gruppo sensibilizzazione” e in cui
si distribuiscono opuscoli informativi e omaggi floreali e si iniziano a
tessere rapporti con la comunità.
Un insieme di iniziative il cui
obiettivo è rafforzare l’azione della
comunità in tema di salute mentale
Renzo De Stefani è Direttore dell’Unità
Operativa di Psichiatria di Trento
dell’Azienda provinciale per i Servizi
sanitari e Coordinatore del Centro Studi
e Documentazione sui Problemi
Alcolcorrelati di Trento.
Lo sviluppo dell’attività
fisica nella popolazione
anziana
Federico Schena
Strategie e azioni di educazione motoria
per la popolazione anziana.
Attività fisica e salute:
un binomio non scindibile
Il legame tra attività fisica e salute
è immediato e intuitivo.
Un atleta durante una competizione o una qualsiasi persona impegnata in un gesto sportivo anche
di moderata intensità evocano in
tutti l’idea di un soggetto in stato
di buona salute, anzi, in uno stato
di ottima funzionalità psico-fisica
che consente di trarre il meglio dal
proprio corpo. Tuttavia proprio questa idea di esercizio fisico come attività “speciale” ha portato per lungo tempo a sottovalutare la rilevanza dell’esercizio motorio abituale
come strumento di salute per ogni
individuo e la necessità che questo
tipo di comportamento debba essere presente in tutte le persone, non
solo a scopo di prestazione sportiva e/o di attività ricreativa, ma anche per lo sviluppo, il mantenimento
ed il recupero di una condizione di
buona salute.
Il ruolo dell’attività fisica
nei documenti internazionali
Dalla fine degli anni ’80, in coincidenza con una maggiore attenzio-
ne verso la salute come elemento
globale della persona, inizia a intravedersi nei documenti internazionali anche l’esercizio fisico come
uno degli aspetti da considerare e
da promuovere in tutta la popolazione per migliorarne la condizione
di salute (vedi ad esempio la Carta
di Ottawa).
L’acquisizione di importanza è
completa nell’Health 21 dove l’attività fisica appare finalmente distinta
dal più riduttivo concetto di sport
ed è invece associata all’ambiente
(Obiettivo 10) e ad altri comportamenti positivi quali una corretta alimentazione o un moderato uso di
alcool (Obiettivo 11).
Un documento fondamentale per
il riconoscimento della relazione tra
attività fisica e salute è la relazione del ministero della sanità americano pubblicata nel 19961 che raccoglie i risultati di alcuni fondamentali studi epidemiologici compiuti
negli Stati Uniti2, per definire l’attività fisica come un requisito non
eliminabile da una politica sanitaria di promozione della salute. Si fa
strada inoltre l’attenzione a comprendere quali destinatari dello sviluppo dell’attività fisica anche le
fasce più deboli della popolazione,
in particolare gli anziani.
Il focus
sulla popolazione anziana
Il progressivo invecchiamento della popolazione mondiale è una delle emergenze sanitarie che negli
ultimi anni ha richiamato l’attenzione di tutti coloro che sono impegnati nella programmazione e
nella gestione delle risorse sanita113
Le esperienze in Trentino
114
rie. Di fronte al progressivo allungamento della vita l’incremento degli anni passati in buona salute e
la riduzione degli anni di disabilità
e dipendenza sono due obiettivi fondamentali.
Esistono molte evidenze che la
pratica dell’attività fisica è una condizione basilare per queste finalità3. Nel 1997 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recepito questi risultati pubblicando le “Lineeguida di Heidelberg” per la Promozione dell’attività fisica nella popolazione anziana (il cui testo è allegato a questa pubblicazione), che
individuano i presupposti e le modalità operative per raggiungere gli
obiettivi di salute sopra enunciati,
richiamando inoltre gli effetti dell’AF non solo sulle funzionalità fisica, ma anche su vari aspetti psicosociali cruciali per la vita dell’anziano.
Le strategie e le azioni
A livello nazionale esiste un vasto
consenso su questi punti-chiave fatti propri anche dal Piano Sanitario
Nazionale 1998-2000 che ha ripreso questi aspetti, identificando l’incremento dell’attività fisica nella popolazione anziana come uno degli
obiettivi primari, riaffermato anche
nell’attuale Piano recentemente definito.
Questo aspetto è valorizzato nel
Piano Sanitario Provinciale della PAT
che lo include chiaramente tra gli
scopi dell’obiettivo 1.
Le azioni concrete realizzate in
Italia in questo settore sono tuttavia meno numerose rispetto ad altri
ambiti, tanto che è nota e docu-
mentata una carenza di informazioni e di dati nazionali nel campo
dell’esercizio fisico per la popolazione anziana. Questa difficoltà dipende dalla già citata difficoltà di
separare attività fisica per la salute
da attività sportiva e forse anche
da specifiche carenze nei processi
formativi e culturali degli esperti,
responsabili e ricercatori, che nel
nostro paese hanno per lungo tempo portato a sottovalutare tutto ciò
che attiene all’ambito fisico e motorio. Si tratta certamente di una
situazione in cambiamento, anche
alla luce dei sempre più frequenti
confronti con gli altri paesi europei, ma rimane un ritardo non irrilevante da recuperare.
Le iniziative dell’ECUS/CeBiSM
a Rovereto
Il Laboratorio di ricerca dell’ECUS
(Centro interuniversitario Europeo
per le Scienze Sportive) è stato avviato a Rovereto nel 1996, per iniziativa delle università di Trento
Verona e Brescia, per condurre studi ed iniziative nel settore delle attività motorie e sportive. Dal 2000
gli interessi del Centro sono stati
ampliati verso il settore della Bioingegneria ed è stata modificata la
denominazione in CeBiSM (Centro
Interuniversitario di ricerca in
Bioingegneria e Scienze Motorie)
Tra gli ambiti di ricerca che sono
stati al centro delle attività in questi anni, lo studio delle relazioni tra
esercizio fisico ed invecchiamento ha
rappresentato senza dubbio il campo di maggior impegno. Sono stati
approfonditi aspetti diversi (fisiologici, psicologici, didattici) in re-
lazione alle modificazioni indotte
dall’invecchiamento sulle dimensioni della salute, per identificare gli
effetti che si possono ottenere attraverso programmi mirati di attività fisica.
Nonostante alcuni studi abbiano
riguardato gli effetti di programmi
individualizzati di allenamento (per
atleti cosiddetti “master”) o di recupero funzionale in malati cronici
(nel campo della riabilitazione cardiologica), l’interesse principale è
stato finalizzato alla definizione e
all’attuazione di programmi di attività motoria di gruppo, secondo
esperienze già iniziate in precedenza4, attuabili da un’ampia parte della
popolazione anziana, che è in grado di prendere in considerazione e
di modificare, in accordo con le linee guida di Heidelberg, tutti gli
ambiti della salute. Le iniziative
realizzate hanno seguito due linee
di sviluppo tra di loro interconnesse:
1. la definizione degli effetti scientificamente dimostrabili in funzione dell’attività fisica proposta e attuata;
2. la sperimentazione e la valutazione di iniziative concretamente realizzabili sul territorio in
collaborazione con le realtà
(enti, associazioni) esistenti.
Per ragioni di spazio verranno illustrati solo i risultati più significativi riguardanti le esperienze condotte in Trentino, rinviando al sito
www.form.unitn.it/CEBISM per una
completa panoramica delle attività
di ricerca effettuate in questo ambito.
115
Le esperienze in Trentino
116
Il programma di educazione
motoria per la popolazione
anziana a Rovereto
L’esperienza pluriennale dei corsi
promossi nell’ambito delle iniziative dell’Università dell’Età Libera del
Comune di Rovereto rappresentava
un patrimonio di grande spessore
che è stato integrato con le conoscenze scientifiche citate in precedenza, per trasformare i semplici
corsi di “ginnastica” in uno strumento di intervento globale mirato
ad una “migliore qualità di vita per
tutta la vita”.
La collaborazione, iniziata nel
settembre 1996, con un primo corso di formazione per gli insegnanti
di attività motoria dell’Università
dell’Età Libera, ha trovato in questi
anni continui spunti per rinforzarsi
ed ampliarsi attraverso una sinergia tra Comune di Rovereto e CeBiSM, che ha dato vita ad un concreto sviluppo di iniziative centrate
sull’educazione motoria per gli anziani con aumento della tipologia
di corsi di attività motoria, sviluppo di iniziative collaterali (formazione insegnanti, incontri di informazione su temi inerenti l’attività
motoria), realizzazione di ricerche
e studi specifici, iniziative di ricaduta diretta sulla popolazione anziana di Rovereto.
Il “Progetto di educazione motoria per la popolazione anziana” è un
programma di lavoro comune, rinnovato annualmente dal Servizio
Attività Sociali del Comune e dal Laboratorio di ricerca, che prevede la
possibilità di coinvolgere anche altre entità sociali a vario titolo interessate alla promozione della salu-
te, al benessere psico-fisico e al
miglioramento della qualità della
vita dell’anziano nell’ambito delle
tematiche che spaziano dall’attività fisica alla medicina.
Il progetto si è articolato in questi anni in 4 settori di attività:
1. Corsi rivolti alla popolazione
anziana;
2. Selezione formazione e coordinamento docenti;
3. Attività di ricerca scientifica e
didattica;
4. Iniziative di ricaduta sulla popolazione anziana e nel territorio;
secondo una precisa filosofia che
può essere così sintetizzata:
a) gli interventi sono finalizzati al
miglioramento complessivo della qualità di vita;
b) la ricerca è parte necessaria alla
definizione dei programmi;
c) gli insegnanti sono parte attiva
della didattica e della ricerca;
d) organizzazione, didattica e ricerca non possono essere momenti
separati.
Rinviando al già citato indirizzo
internet la completa elencazione
delle attività svolte e dei risultati
conseguiti, saranno qui illustrati in
modo sintetico le iniziative attuate
ed i risultati raggiunti negli ultimi
due anni.
Corsi rivolti alla popolazione
anziana
Questi corsi rappresentano la forma
più tradizionale di attività motoria
proposta, ormai diffusamente, alla
popolazione di età adulta avanzata
ed anziana. In genere i corsi si ri-
volgono a soggetti completamente
autosufficienti, in buone condizioni di salute con età media intorno
ai 60 anni. E’ stato fatto un tentativo concreto di ampliamento delle
tipologie di attività possibili anche
con integrazione tra forme diverse
(es. palestra + piscina) e promosso
iniziative dirette alle età più elevate, stimolando anche la partecipazione di persone con patologie croniche parzialmente disabilitanti (es.
cardiopatici).
La finalità dei corsi ha vissuto
una progressiva evoluzione: da occasione di movimento guidato, che
coniugava esercizio fisico e momenti
di socializzazione, si è passati ad
una progetto integrato di educazione al movimento, dove i momenti
di socializzazione trovano una cor-
retta collocazione all’interno di un
programma motorio indirizzato alla
prevenzione delle più comuni patologie degenerative, e al miglioramento delle abilità motorie necessarie alla vita quotidiana. La durata
dei corsi è tale (circa 6 mesi) da
permettere un consolidamento nel
tempo dei risultati ottenuti e coprire il periodo dell’anno dove è più
frequente la riduzione dell’attività
spontanea.
Nell’ultimo anno 2000-2001 sono
stati proposti i seguenti corsi seguiti da circa 500 persone:
- corsi di educazione motoria “da
55 anni ed oltre”;
- corsi di educazione motoria “Over
70”;
- corsi di educazione motoria “Almeno 80”;
- corsi di educazione sportiva;
- corsi di aquagym;
- corsi di nuoto;
- corsi di attività motoria estiva.
Ad integrazione dei corsi vengono proposte una serie “Conferenze
di informazione sanitaria” che mirano a fornire una informazione su
temi inerenti la salute, che rappresentano per l’anziano un momento
di grande attrattiva. Negli anni si è
passati dalle lezioni sulle malattie
ad incontri su temi più ampi, toccando anche argomenti alquanto
inconsueti come: l’economia e la
programmazione sanitaria; lo scoperta del genoma umano; le relazioni nonni-nipoti, per citarne qualcuno, perseguendo sempre una modalità di presentazione colloquiale ed interattiva che ha trovato una
risposta positiva ed interessata.
117
Le esperienze in Trentino
118
Selezione, Formazione
e Coordinamento insegnanti
Asse portante del progetto e reale
interfaccia con gli anziani sono gli
insegnanti dei corsi, verso i quali è
stata posta la massima attenzione
ottenendo una fattiva ed aperta
collaborazione. Il reclutamento degli insegnanti avviene tra i diplomati ISEF e comporta la loro adesione al progetto complessivo, in
quanto l’attività di conduzione dei
corsi ne costituisce solo una parte.
La motivazione è quindi un punto
prioritario in quanto proprio l’impostazione dei corsi richiede che
l’insegnante, che accetta di assumere la responsabilità di conduzione di attività corsuale, non possa
limitare l’impegno alle ore di palestra ma si impegni a sostenere le
iniziative di aggiornamento e di ricerca. In questo modo il gruppo di
docenti si è consolidato e sempre
più qualificato negli anni, anche attraverso gli incontri periodici di aggiornamento con esperti e di autoaggiornamento che hanno condotto alla produzione di una guida per
la programmazione e la conduzione
dei corsi, che rappresenta la sintesi
dell’esperienza didattica maturata in
questi anni di lavoro.
Ricerche scientifiche e didattiche
In questo contesto l’attività di ricerca è parte necessaria per la definizione dei programmi. Vengono
perciò attuate ricerche che si rivolgono all’indagine dei meccanismi di
base che permettono un positivo
adattamento all’esercizio fisico anche nel corso dell’invecchiamento
e alla sperimentazione di modalità
operative di trasferimento dei risultati in programmi di lavoro nonché
di successiva verifica delle variazioni
apportate.
La prima di queste due finalità
potrebbe sembrare fuori luogo in un
contesto di attività a prevalente
connotato ricreativo, ma così non
è se si riflette sulla grande opportunità di maggiore salute che una
attività motoria, svolta correttamente, offre ad una persona che affronta una fase della vita segnata in
genere da una pesante riduzione
della funzionalità personale. Per sfatare l’errata convinzione che sia sufficiente proporre una qualsivoglia
modalità di esercizio per fare una
buona attività per l’anziano è necessario raccogliere dati obiettivi e
quantificabili che, supportati dalle
necessarie osservazioni dell’insegnante, permettano di realizzare un
programma su basi scientificamente e metodologicamente corrette.
Gli ultimi studi eseguiti hanno
riguardato i seguenti temi:
Analisi della specificità
dell’intervento motorio
Il programma annuale di attività
motoria di quattro gruppi-palestra
omogenei per composizione è stato
differenziato per circa 1/3 del tempo (20’di ogni singola lezione) per
valutare l’efficacia di una parziale
finalizzazione del programma all’interno del progetto generale. Le tipizzazioni riguardavano la forza,
l’equilibrio, la reattività mentre il
quarto gruppo eseguiva un programma standard. Ogni gruppo ho eseguito all’inizio ed alla fine una serie di valutazioni in laboratorio che
della successiva sospensione, sulla
naturale evoluzione della forza muscolare in conseguenza dell’età.
Sono state analizzate diverse velocità di movimento con un ergometro isocinetico, ripetendo le misurazioni ad ottobre ed aprile di ogni
anno dal ’97.
I risultati ottenuti, alquanto complessi per una breve sintesi, mostrano un sensibile incremento della forza dopo il primo anno di corso
ed una riduzione durante il periodo
estivo che riguarda circa il 50% dei
soggetti. I corsi successivi hanno
dato un recupero quasi completo in
chi aveva perso forza nel periodo
senza training mentre un ulteriore
incremento limitato in coloro che
avevano mantenuto la forza durante l’estate. Chi abbandona i corsi
dopo 2 o 3 anni inizia a perdere forza
solo dopo circa 18 mesi. In conclu-
hanno evidenziato un miglioramento generalizzato in tutti gli ambiti
che si differenziava solo per il gruppo forza (figura 1) e per il gruppo
equilibrio, limitatamente ai compiti posturali più complessi.
È stato quindi evidenziato che il
programma generale dei corsi in
gruppo è in grado di modificare in
modo positivo la funzionalità motoria e che solo la forza muscolare
risente in misura significativa anche di interventi di durata modesta
mentre altre abilità richiedono esercizi mirati più prolungati.
Figura 1
Variazioni
percentuali della
forza misurata con
ergometro
isocinetico nella
flesso-estensione
del ginocchio a
180°. Valori medi
ricavati dal
rapporto tra il test
post ed il test pre
dei gruppi:
controllo (GrC),
Forza (GrF),
equilibrio (GrE) e
reattività (GrR)
suddivisi sulla base
del programma
svolto in palestra.
PT_flex = forza
picco in flessione,
PT_ext= forza picco
in estensione, flex/
ext= rapporto tra
flessione ed
estensione. ANOVA
* = p<0.05 ** =
p<0.01 post vs pre;
# = p<0.05 GrF vs
gli altri gruppi.
Studio longitudinale sulla forza
L’evoluzione longitudinale della forza muscolare è seguita da 4 anni in
un gruppo di circa 70 anziani, per
studiare l’effetto della partecipazione ai corsi annuali di attività motoria, che durano circa 6 mesi, e
VARIAZIONI PERCENTUALI FORZA
140
%
GrC
#
#
**
**
GrF
GrR
**
120
*
*
GrE
*
*
100
80
60
PT_flex
PT_ext
Flex/Ext
119
Le esperienze in Trentino
sione lo studio dimostra che la partecipazione ai corsi di educazione
permette di incrementare la forza
muscolare e di mantenere l’incremento nonostante l’aumento di età.
In una percentuale rilevante del
campione l’effetto permane anche
alla sospensione del training, indicando che la pratica costante induce delle modificazioni semi-permanenti del sistema neuro-muscolare.
120
Risposta cardiaca
all’esercizio in acqua
I corsi di ginnastica in acqua hanno avuto negli ultimi anni una
esplosione di consenso da parte
degli anziani. Le informazioni disponibili sulla reale efficacia di tali
attività è molto scarsa. Abbiamo
confrontato la risposta cardiaca allo
sforzo di un gruppo di anziani, che
svolgevano sia attività in acqua che
attività in piscina, confrontandola
con un test standard in laboratorio.
I dati raccolti indicano che in generale l’aquagym induce una minore risposta cardiaca rispetto alla
palestra. Si sono evidenziati livelli
di frequenza cardiaca allenante solo
temporanei con picchi anche eccessivamente elevati in soggetti meno
abili. Abbiamo tuttavia documentato che il trend può essere modificato opportunamente se l’insegnante
del corso cambia in modo finalizzato la tipologia dei movimenti proposti agli allievi.
Iniziative di ricaduta
Informazioni agli anziani
La necessità di un coinvolgimento
diretto degli utenti nelle attività di
studio e di ricerca trova evidente
giustificazione nel trasferimento dei
risultati ottenuti ai programmi dei
corsi in palestra; tuttavia richiede
anche una adeguato ritorno informativo agli anziani ed una coerente ed ampia pubblicizzazione delle
ricadute positive attese. Ogni anziano che prende parte agli studi
programmati riceve un quadro generale dei propri risultati, corredato da un opportuno commento che
li renda comprensibili e con un giudizio qualitativo che inquadri il dato
individuale nel contesto generale.
Inoltre ogni anno viene organizzato un incontro pubblico rivolto in
primo luogo ai partecipanti ai corsi
di attività motoria, ma aperto anche a tutta la popolazione, per illustrare le linee generali dei risultati
ottenuti ed il significato che essi
assumono nell’indirizzare le future
iniziative.
Opuscolo divulgativo
La presa di coscienza da parte della
popolazione anziana del valore dell’esercizio fisico per un buon invecchiamento non viene incrementata
solamente attraverso l’organizzazione di momenti attivi, ma anche favorendo la comprensione dei presupposti medici e delle ragioni scientifiche che sono a sostegno di queste affermazioni. La possibilità di
riscontri su esperienze percepite
come vicine e di immediata comprensione facilita questa consapevolezza e per questa ragione all’interno dell’opuscolo, che riporta le
informazioni relative all’università
dell’età libera, vengono inserite una
decina di pagine che riguardano al-
Figura 2
Valori medi di forza
isometrica misurata
nei tre gruppi di
anziani ospiti
coinvolti nella
sperimentazione. IT
= gruppo
allenamento
individuale, GT =
gruppo allenamento
di gruppo, Controllo
= gruppo di
controllo che non
ha svolto
programma
motorio.
La variazione
percentuale si
riferisce al
confronto primadopo le 12
settimane di
allenamento.
ANOVA: * = p<0.05
*** p<0.001
confronti pre vs.
post.
cune delle iniziative portate a termine l’anno precedente ed i risultati più significativi relativi alle ricerche ed agli studi eseguiti.
Convegni e seminari
Per focalizzare l’attenzione verso il
tema dell’attività motoria nell’anziano, nel giugno ’99 è stato organizzato a Rovereto un convegni di studi
con la partecipazione di esperti a
livello nazionale e locale che ha
rappresentato un momento di riflessione e di spunto per sviluppo di
nuovo iniziative. L’esperienza verrà
ripetuta nel 2002 con un workshop
di formazione a livello internazionale che sarà finalizzato alla definizione di procedure condivise ed
attuabili sulla valutazione della capacità motoria dell’anziano.
I progetti di attività
motoria per gli anziani fragili
Se le esperienze condotte a Rovereto si finalizzavano prevalentemente su persone in condizioni di buona autonomia personale non si può
ignorare che certamente anche gli
anziani fragili e/o disabili possono
trarre rilevanti vantaggi da una attività fisica regolare. Anche in questo settore la conduzione di esperienze, significative sul piano della
salute oltre che su quello della ricerca, deve essere legata all’ambito
territoriale. Nel corso del 2000 il
Laboratorio di Rovereto ha avuto
l’opportunità di sperimentare una
iniziativa all’interno delle strutture
protette per anziani. L’esperienza è
stata condotta in collaborazione con
l’Unità Operativa di Geriatria del121
Le esperienze in Trentino
122
l’Ospedale Santa Chiara (primario
dott. Gabriele Noro) e di tre case di
riposo situate a Trento, Gardolo e
Povo e con il supporto tecnico della Technogym che ha fornito una
serie di apparecchiature che sono
state collocate presso una delle
strutture.
Lo scopo della sperimentazione
era la realizzazione di un programma di attività fisica finalizzata all’incremento della forza muscolare
in anziani ospiti di case di riposo
e nel confronto di programmi di
esercizio diversi rispettivamente
basati sull’allenamento individuale
(IT) oppure sul lavoro in gruppo (GT)
con esercizi a corpo libero o con
piccoli pesi e bande elastiche. Gli
outcomes attesi riguardavano:
- l’aderenza al programma;
- gli effetti sulle capacità fisiologiche;
- gli effetti sulla performance motoria.
Lo studio è stato positivamente
completato circa 1 anno fa ed ha
rappresentato un’assoluta novità per
l’Italia trovando spazio di presentazione al Congresso nazionale di
geriatria e pubblicazione sul Giornale di Gerontologia5.
In sintesi i risultati più importanti hanno riguardato:
1. la realizzabilità del programma
di attività motoria anche in una
popolazione di anziani con forti
limitazioni psico-fisiche, con una
adesione complessiva di oltre il
90% alle sedute di training ed
un numero di drop out inferiore
al 5%;
2. l’incremento molto significativo
della forza muscolare in entram-
bi i gruppi allenati che ha riguardato in misura superiore il gruppo che ha svolto il training individuale con le macchine isotoniche;
3. il miglioramento di tutti i test
di performance, alcuni dei quali
sono stati sensibilmente più incrementati dagli anziani che
svolgevano lavoro di gruppo rispetto a quelli che si allenavano
individualmente.
In conclusione questa esperienza ha dimostrato che è possibile far
svolgere attività motoria anche agli
anziani in strutture protette osservando un’adesione alta e notevoli
benefici nelle funzioni motorie, che
possono trarre il massimo giovamento da un programma misto che comprenda sia un lavoro individualizzato con attrezzature per lo sviluppo
della forza che esercizi in gruppo
per migliorare la destrezza e le dimensioni psicologiche e sociali.
Le attività in corso
e gli sviluppi futuri:
a) Prosegue attivamente la collaborazione con il Comune di Rovereto che si è indirizzata anche
verso altre tipologie di anziani
che potrebbero beneficiare di
adeguati programmi di attività
motoria. È in corso una sperimentazione, presso il centro diurno, per verificare nuovi programmi di esercizio ed è intenzione
raggiungere anche gli utenti seguiti dai piani di assistenza a
domicilio;
b) È stata avviata una iniziativa
presso il centro servizi di Villa
Agnedo, in collaborazione con il
Comprensorio C3, dove si sta attuando un’esperienza simile a
quella condotta in casa di riposo a Trento;
c) È iniziato uno studio multicentrico per la validazione negli
anziani di un questionario per il
monitoraggio dell’attività fisica
già proposto a livello internazionale per la popolazione adulta
dall’OMS. Il CeBism, in collaborazione con l’Assessorato alle
Politiche sociali e alla Salute
della Provincia autonoma di Trento è uno dei partner del progetto che comprende 13 nazioni. Si
intende applicare lo strumento
validato per un’indagine conoscitiva sulle abitudine motorie
degli anziani del Trentino.
- È stato formato un gruppo di lavoro, sotto il patrocinio dell’UPIPA, per l’ampliamento a una decina di case di risposo (future
RSA) del programma di attività
fisica sperimentato a Trento.
NOTE
[1] U.S Department on Health and
Human Services. Physical activity and Health: A report of the
Surgeon General. International
Medical Publishing, Atlanta
USA, 1996.
[2] Pate R.R., Pratt M., Blair S.N.
et al., Physical activity and public health. JAMA, 273:402-407
1995.
[3] Shepard RJ, Ageing, Physical
Activity and Health. Human Kinetics, Champaign, USA, 1997.
[4] Schena F. The influence of physical activity on ageing: the
“Third Age Project” in Verona.
Advances in Rehabilitation
2:101-107, 1999.
[5] Schena F, Martinelli C., Noro G.
Il significato dell’attività fisica nell’anziano istituzionalizzato: un’esperienza italiana.
Giorn.Gerontol.48:597-607,
2000.
Federico Schena è Direttore del
Laboratorio di ricerca CeBiSM – Centro
Interuniversitario di ricerca in
Bioingegneria e Scienze Motorie,
Rovereto (TN).
123
Riorientare i servizi
sanitari
Paolo De Pieri, Carlo Favaretti
Il riorientamento dei servizi verso la
promozione della salute nei documenti
internazionali, nazionali e provinciali.
Il riorientamento dei servizi sanitari è una delle cinque aree prioritarie d’azione a sostegno delle strategie di fondo della promozione della
salute delineate dalla Carta di Ottawa e approfondite nel corso delle
successive Conferenza internazionali
sulla promozione della salute.
Le tre strategie di fondo indicate
dalla Carta di Ottawa per promuovere la salute, cioè per mettere in
grado le persone e le comunità di
avere un maggior controllo sulla
propria salute e di migliorarla sono
le seguenti:
a) difendere, sostenere la causa della salute (“to advocate for health”), affinché vengano modificati in senso favorevole i fattori
politici, economici, sociali, culturali, ambientali, comportamentali e biologici che hanno influenza sulla salute;
b) mettere in grado (“to enable”)
le persone e le comunità di esprimere al massimo il loro potenziale di salute;
c) mediare tra gli interessi contrapposti della società (“to media124
te”), perché la salute sia considerata un valore da tutti i settori della società stessa.
Da queste tre strategie si intuisce
come la promozione della salute non
possa essere una responsabilità
esclusiva del settore sanitario, ma
sia invece il risultato dell’azione intersettoriale tra tutte le componenti
di una comunità che agiscono in
maniera integrata per aiutare i singoli e la collettività nel suo insieme ad acquisire un maggiore controllo sui fattori che determinano
la salute e a fare scelte che la migliorino. All’interno di questa azione intersettoriale, fin dagli esordi
di questa strategia di sanità pubblica, è stata comunque evidenziata la necessità che i servizi sanitari
modifichino in maniera sostanziale
la loro direzione di sviluppo.
La relativa novità di questo approccio internazionale e la sua scarsa conoscenza nella realtà italiana
impongono fin da subito di esplicitare due possibili equivoci.
Il primo è che la promozione della salute possa essere identificata
con la prevenzione delle malattie,
cioè con l’insieme degli interventi
efficaci che mirano a evitare l’insorgenza delle malattie o a rallentarne l’evoluzione come, ad esempio, la riduzione dei fattori di rischio ambientali e comportamentali
o le diagnosi precoci. È infatti possibile aumentare il controllo sui fattori che determinano la propria salute ed esprimere al massimo il proprio potenziale (cioè promuovere la
propria salute) sia in assenza di
malattia che in condizioni di malattia, anche particolarmente gravi.
Man mano che ci si allontana dai
servizi dedicati all’urgenza e all’emergenza (nei quali il livello di
dipendenza dei pazienti dalla struttura è alto) e ci si sposta verso le
unità operative che sono a contatto con i malati cronici (curabili e
inguaribili), fino ad arrivare alle
strutture che si occupano di riabilitazione o di prevenzione, è sempre
più necessario attivare processi che
aiutino le persone ad avere un maggiore controllo sui fattori che determinano la propria salute, con
l’obiettivo di garantire loro la maggiore autonomia possibile.
Il secondo possibile equivoco è
la sovrapposizione che a volte viene fatta tra il concetto di promozione della salute e quello di educazione alla salute: l’espressione
“promozione della salute” non è la
maniera più moderna o più aggior-
nata di definire l’educazione alla
salute. Quest’ultima è l’insieme delle
opportunità di apprendimento progettate consapevolmente per migliorare le conoscenze, le abilità e
le motivazioni che possono influire
sui comportamenti individuali e comunitari rilevanti per la salute. È
una modalità di intervento molto
importante ed è uno degli strumenti che, tra gli altri, consente alle
persone di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla.
Verso quale direzione andare?
“Riorientare i servizi sanitari” è
un’espressione accattivante, moderna, dà l’idea del cambiamento magari verso un miglioramento, ma è
come una scatola vuota che deve
essere riempita. Perché non vanno
più bene i servizi precedenti? Cam-
125
Le esperienze in Trentino
126
biare per andare dove? Quali sistemi e punti di riferimento utilizzare
in questo cambiamento?
È sempre la Carta di Ottawa che
viene in aiuto per chiarire queste
domande e dalla quale sono estrapolabili alcune indicazioni precise:
- nell’ambito dei servizi sanitari la
responsabilità della salute deve
essere condivisa tra i singoli, i
gruppi della comunità, gli operatori, le strutture e i governi nazionali e regionali;
- i servizi sanitari devono operare
con un mandato più ampio: non
solo prevenzione, diagnosi, cura
della malattie e riabilitazione, ma
anche promozione della salute
(mettere in grado le persone e
le comunità di avere un maggior
controllo sulla propria salute e
di migliorarla), andando al di là
della responsabilità, già di per
sé impegnativa, di garantire nel
modo più efficiente possibile
servizi assistenziali efficaci e
appropriati;
- i servizi sanitari devono ricalibrare la loro attenzione sui bisogni complessivi dell’individuo
nella sua interezza e non sulla
parcellizzazione delle specializzazioni;
- i servizi sanitari devono stabilire efficaci connessioni con le
altre componenti sociali, politiche ed economiche della comunità per coordinare i rispettivi
impatti sulla salute dei singoli e
della comunità stessa.
Nel suo complesso, il riorientamento dei servizi sanitari richiesto dalla promozione della salute è sintetizzato dallo spostamento dell’en-
fasi dalla parola “malattia” alla parola “salute”: non si tratta di un
banale e inoffensivo gioco di parole ma è un salto culturale, professionale e organizzativo molto importante. Spostare l’enfasi dalla
malattia alla salute implica per le
organizzazioni sanitarie un profondo cambiamento della maniera stessa di strutturarsi e di operare: si tratta di passare dalla valutazione delle prestazioni per singole persone
malate alla valutazione degli esiti
sulla salute dell’intera popolazione
servita, dalla cura della malattia all’assistenza centrata sui bisogni e
sull’autonomia della persona, dalla
frammentarietà delle specializzazioni alla globalità dell’approccio, dalla
produzione delle singole prestazioni ai percorsi assistenziali integrati
tra i diversi professionisti e con le
altre componenti della comunità.
È un processo indubbiamente difficile, ma è consolante vedere oggi
che, anche nel nostro paese, questi
temi non sono più un’utopia di pochi idealisti, ma rappresentano uno
sforzo di molti: la stessa programmazione nazionale e regionale degli ultimi anni li ha recepiti in larga misura, anche se restano moltissime cose da fare per far camminare
i servizi sanitari lungo la strada segnata da questa nuova direzione.
Più che un allargamento delle
competenze, il riorientamento dei
servizi sanitari assomiglia a una radicale innovazione. Le persone ritornano a essere più importanti delle
malattie e diventano co-artefici della loro assistenza, le strutture sanitarie perdono l’esclusiva sulla salute e devono interfacciarsi con il resto della comunità: come è possibile che 20 anni fa gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si siano azzardati a ipotizzare
un quadro così radicalmente diverso da quello che ancora oggi sperimentiamo il più delle volte? La ragione di questo gap sta probabilmente nel fatto che le resistenze al
cambiamento sono tuttora molto
grandi e i servizi sanitari si stanno
adeguando con lentezza alle esigenze e alle aspettative che i singoli e
le comunità stanno maturando ormai da molto tempo.
Aziendalizzazione
e riorientamento
Appare interessante chiedersi se il
processo di aziendalizzazione che i
servizi sanitari pubblici stanno vivendo in questi anni nel nostro Paese sia coerente con il riorientamento richiesto ai servizi sanitari di
tutto il mondo per partecipare a
pieno titolo alla strategia globale
della promozione della salute.
Va subito detto che un’azienda
sanitaria territoriale e ospedaliera
non può “riorientarsi” da sola, cioè
cambiare in definitiva la propria
mission al di fuori della programmazione nazionale e regionale che
la ricomprende. Da questo punto di
vista, il complesso degli interventi
normativi e programmatori che l’intero Servizio Sanitario Nazionale ha
subito negli ultimi anni sembra consentire questa evoluzione; anzi, alcuni elementi come la centralità dei
cittadini, la globalità dell’approccio, l’interfaccia con i servizi sociali, i piani di zona da realizzare insieme ai comuni sembrano addirittura spingere le aziende sanitarie su
questa strada.
Se la programmazione consente
alle attuali aziende sanitarie di percorrere questa nuova direzione, la
stringente contingenza dei costi di
gestione, l’esasperazione della logica prestazionale (da parte dei pazienti e dei clinici), i fragili meccanismi competitivi non hanno finora
consentito a queste organizzazioni
di rendere visibile e sistematico
questo cambiamento. In molti casi
addirittura, le attività di educazione alla salute e di promozione della
salute sono state compresse, dal
momento che non sono finanziate
con meccanismi tariffari: la durata
delle degenze e i tempi di attesa
per una mammografia sono indicatori che meglio si adattano alla nostra balbettante capacità di formulare i budget aziendali e delle unità
operative, al contrario magari dell’estenuante lavorio di tessitura ne127
Le esperienze in Trentino
128
cessario per costruire la rete territoriale dei servizi socio-sanitari.
Il riorientamento dei servizi sanitari passa non solo attraverso una
maggiore definizione operativa dei
livelli essenziali di assistenza (LEA),
ma anche attraverso l’impegno a
spalmare le attività che promuovono la salute in ciascuno di essi.
Non basta attivare un efficace
piano di vaccinazioni, un coinvolgente programma di screening o una
strategia globale per ridurre il numero dei fumatori: accanto a queste iniziative ad hoc di promozione
della salute, è necessario tradurre
gli elementi di riorientamento indicati nel paragrafo precedente in tutta la normale attività assistenziale,
nella medicina generale, nella specialistica, nei ricoveri ospedalieri,
nell’assistenza residenziale e semiresidenziale, nella vigilanza sulle
attività produttive, ecc..
Come tutte le radicali innovazioni, anche il riorientamento dei servizi sanitari ha dei costi pesanti.
In prima battuta viene da pensare
ai costi economici dovuti all’aumento delle funzioni richieste alle strutture: informare, educare, badare
maggiormente ai bisogni delle persone, cucire le reti assistenziali richiede indubbiamente un maggiore
sforzo finanziario che male si concilia con le attuali esigenze di governo/contenimento dei costi. D’altra parte vanno considerati anche i
costi dovuti al mancato riorientamento dei servizi sanitari come, ad
esempio, il rinforzo della logica consumistica che punta solo alla prestazione e all’incremento dei servizi, il mancato coordinamento delle
risorse assistenziali presenti sul territorio, la non ottimale assistenza
erogata a pazienti non consapevolmente coinvolti nei processi assistenziali.
Si deve poi aggiungere che molte delle attività necessarie per riorientare i servizi sanitari non implicano risorse aggiuntive, ma un modo
nuovo di utilizzare le risorse esistenti: ad esempio, alcune esperienze
mostrano come una parte delle risorse finalizzate a garantire ad alcune categorie di malati cronici prestazioni specialistiche francamente
inappropriate possono essere riconvertite per aumentare l’autonomia
e la capacità degli stessi pazienti
di controllare meglio i fattori che
determinano la loro condizione.
I costi del cambiamento (professionale, organizzativo e relazionale) sono probabilmente altrettanto
importanti di quelli economici.
È indubbio che il riorientamento
dei servizi sanitari implica per l’organizzazione e per ciascuno dei suoi
membri un profondo ripensamento
del proprio modo di agire, una messa in discussione del proprio passato e delle proprie sicurezze, il confronto con aspetti professionali sconosciuti, una condivisione di alcune posizioni di potere consolidate
nel tempo, la perdita addirittura
della propria identità.
Da questo punto di vista, i nuovi
modelli di gestione aziendale che i
meccanismi di aziendalizzazione
hanno introdotto possono essere di
un qualche aiuto: l’integrazione dei
processi, la valorizzazione delle professionalità, la differenziazione delle
posizioni organizzative, la formazio-
ne mirata, il confronto con le altre
strutture, l’ascolto dei propri clienti possono contribuire a sostenere
il personale in questo momento cruciale di passaggio.
Il riorientamento nell’APSS
Anche l’Azienda Provinciale per i
Servizi Sanitari di Trento (APSS) sta
affrontando in questi anni il riorientamento imposto dalla promozione
della salute: è un’operazione non
solo consentita, ma addirittura richiesta dalla programmazione provinciale, che ha più volte reso esplicito l’orientamento alla promozione della salute del Servizio Sanitario Provinciale.
Molte sono le attività di promozione della salute che sono state
svolte nel campo dell’educazione,
della cronicità, dell’integrazione
socio-sanitaria, della sicurezza, della
dipendenza da sostanze, sostenute
sempre da professionisti illuminati
e preparati che hanno tenuto alta
la fiaccola del cambiamento; tuttavia anche l’APSS ha vissuto le contraddizioni che l’intero Servizio Sanitario Nazionale ha incontrato in
questi anni e il riorientamento dell’intera organizzazione, che conta
quasi 7000 dipendenti e serve l’intero territorio provinciale, appare
ancora un punto lontano all’orizzonte.
Il Programma di sviluppo strategico aziendale, adottato con la deliberazione n. 66 del 24 gennaio
2001 rappresenta un importante
momento di crescita, in quanto la
promozione della salute viene indicata come la prima delle tre linee
strategiche che devono guidare
l’Azienda nei prossimi anni, insieme al miglioramento continuo della
qualità e alla gestione aziendale.
Anche se ovviamente una deliberazione del direttore generale non
basta di per sé a cambiare un’organizzazione così complessa, la presenza della promozione della salute
nel Programma di sviluppo strategico sta a significare che essa non
deve essere più lasciata all’iniziativa dei soliti professionisti “illuminati e preparati” e che operano isolatamente, ma rappresenta un dovere di ogni membro dell’organizzazione.
Alla luce di quanto contenuto nel
Programma di sviluppo strategico
sarà allora possibile affrontare in
modo più articolato e integrato alcuni temi già all’ordine del giorno
come, ad esempio, l’unità valutati129
Le esperienze in Trentino
va multidimensionale per l’accesso
alle RSA e, più in generale, per l’accesso alle rete territoriale dei servizi, l’integrazione socio-sanitaria e
il rapporto con i comuni, il completamento degli screening oncologici, il consenso informato.
Nel 2001 l’APSS, sulla base di un
esplicito obiettivo annuale posto
dalla Provincia, aderirà alla Rete
Italiana degli Ospedali per la Promozione della Salute, con il duplice
obiettivo di sviluppare anche nel
contesto ospedaliero alcuni progetti
di promozione della salute rivolti ai
pazienti, al personale e alla comunità e di introdurre elementi di riorientamento complessivo basati
sul setting-approach tipico della
promozione della salute.
130
Conclusioni
Il riorientamento dei servizi sanitari rappresenta una necessità connessa allo sviluppo delle strategie di
promozione della salute.
Nel contesto delle riforme che si
sono susseguite negli ultimi anni
in Italia, tale riorientamento è sostenuto dalla programmazione, anche se nella fase realizzativa i cambiamenti non sono molto evidenti e
non sono quasi mai riusciti a coinvolgere le organizzazioni sanitarie
nel loro complesso.
Per agevolare questo cambiamento organizzativo, la direzione generale dell’APSS di Trento ha indicato
nel suo Programma di sviluppo strategico che la promozione della salute è una delle tre linee strategiche di riferimento, insieme al miglioramento continuo della qualità
e alla gestione aziendale.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Baric L. (1994) “Health promotion and health education in
practice - The organisational
model”. 1st ed. Altrincham:
Barns Publications.
[2] Organizzazione Mondiale della
Sanità (1998) “Health Promotion Glossary. www.who.int/
hpr/backgroundhp/glossary/
glossary.pdf
[3] Organizzazione Mondiale della
Sanità (1986) “The Ottawa
Charter on Health Promotion”.
WHO/HPR/HEP/95.1. Ottawa,
www.who.int/hpr/archive/
docs/ottawa.html
[4] Ministero della Sanità (1998)
“Piano Sanitario Nazionale
1998-2000”.
Roma, www.sanita.it/psn
[5] Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (2001) “Il programma di sviluppo strategico”. Trento, www.apss.tn.it/documenti/
pss/default.htm
Paolo De Pieri fa parte dello Staff del
Direttore Generale dell’Azienda
Provinciale per i Servizi Sanitari della
Provincia Autonoma di Trento.
Carlo Favaretti è Direttore Generale
dell’Azienda Provinciale per i Servizi
Sanitari della Provincia Autonoma di
Trento.
SCHEDA 1
Carta di Ottawa per la promozione della salute
(Ottawa Charter for Health Promotion)
Prima Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute
Ottawa, Canada, 7-21 novembre 1986
II primo Congresso Internazionale sulla Promozione della salute, riunitosi a Ottava il 21
novembre 1986, ha presentato questa CARTA propositiva per il conseguimento della Strategia della Salute per Tutti per l’anno 2000 e oltre.
La Conferenza è stata soprattutto una risposta all’esigenza sempre più diffusa di un nuovo
movimento mondiale per la salute. La discussione si è incentrata sui bisogni dei paesi
industrializzati, senza però trascurare le situazioni consimili nel resto del mondo. Punto di
partenza sono stati i progressi registrati grazie alla “Dichiarazione di Alma Ata sull’Assistenza Sanitaria di Base”, al documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla ”Strategia della Salute per Tutti” e al recente dibattito dell’Assemblea Mondiale della Sanità
sull’intervento intersettoriale per la salute.
PROMOZIONE DELLA SALUTE
Per promozione della salute si intende il processo che consente alle persone di esercitare
un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per conseguire uno stato di
completo benessere fisico, mentale e sociale, l’individuo o il gruppo devono essere in
grado di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di
modificare l’ambiente o di adattarvisi. La salute vista, dunque, come risorsa di vita quotidiana, non come obiettivo di vita: un concetto positivo, che insiste sulle risorse sociali e
personali, oltre che sulle capacità fisiche. Di conseguenza, la promozione della salute non
è responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma supera anche la mera proposta di
modelli di vita più sani, per aspirare al benessere.
Requisiti per la salute
Condizioni e risorse fondamentali della salute sono: la pace, la casa, l’istruzione, il cibo,
il reddito, un eco-sistema stabile, la continuità delle risorse, la giustizia e l’equità sociale.
Ogni progresso sul piano della salute dove essere necessariamente e saldamente ancorato
a questi requisiti.
Sensibilizzare
La salute è un bene essenziale per lo sviluppo sociale, economico e personale, ed è
aspetto fondamentale della qualità della vita. I fattori politici, economici, sociali, cultu131
rali, ambientali, comportamentali e biologici possono favorirla così come possono lederla.
L’azione di promozione si propone di indirizzarli in senso positivo attraverso un’intensa
campagna di sensibilizzazione.
Offrire i mezzi
La promozione della salute mira soprattutto all’equità nella salute. Il suo intervento si
prefigge di ridurre le differenziazioni evidenti nell’attuale stratificazione sociale della salute, offrendo a tutti eguali opportunità e risorse per conseguire il massimo potenziale di
salute. Questo comprende: un saldo radicamento in un ambiente accogliente, l’accesso
alle informazioni, le abilità necessarie alla vita, la possibilità di compiere scelte adeguate
per quanto concerne la propria salute. Non è possibile conquistare il massimo potenziale
di salute se non si è in grado di controllare tutto ciò che la determina: questo vale in
eguale misura per le donne e per gli uomini.
Mediare
I requisiti e le potenzialità della salute non possono essere garantiti dal solo settore
sanitario. Non soltanto: la promozione della salute impone il coordinamento dell’azione di
tutti gli organismi interessati: i governi, i settori sanitari, sociali e economici, le organizzazioni non governative, le autorità locali, l’industria e i mezzi di comunicazione. Il
problema riguarda tutti - indipendentemente dalla loro condizione - sul piano individuale,
familiare e comunitario. Compito imprescindibile dei gruppi professionali e sociali, e del
personale sanitario, è la mediazione dei diversi interessi presenti nella società ai fini della
promozione della salute.
Le strategie e i programmi di promozione della salute devono adattarsi alle condizioni e
alle esigenze locali dei singoli paesi o regioni, tenendo conto dei diversi sistemi sociali,
culturali ed economici.
PROMUOVERE LA SALUTE SIGNIFICA:
Costruire una politica pubblica per la tutela della salute
La promozione della salute va oltre la mera assistenza sanitaria. Essa porta il problema
all’attenzione dei responsabili delle scelte in tutti i settori, a tutti i livelli, invitandoli alla
piena consapevolezza delle conseguenze, sul piano della salute, di ogni loro decisione e a
una precisa assunzione di responsabilità in merito. Nella politica di promozione della
salute si fondono componenti diverse ma complementari, quali la legislazione, i provvedimenti fiscali e la modifica dei criteri organizzativi, in un’azione coordinata diretta a
imporre politiche sanitarie, sociali e dei redditi ispirate ad una maggiore equità. L’azione
comune contribuisce a garantire prodotti e servizi più salubri e sicuri, servizi pubblici più
sani e ambienti più igienici e accoglienti. La politica di promozione della salute richiede
di individuare gli ostacoli che impediscono l’adozione di una politica pubblica che tuteli
la salute in tutti i settori non sanitari e i modi migliori per rimuoverli. Occorre far sì che
anche per i responsabili politici la scelta della tutela della salute divenga la scelta più
vantaggiosa.
132
Creare ambienti capaci di offrire sostegno
Le società contemporanee sono complesse e interdipendenti. La salute non può essere un
obiettivo isolato. Il legame inestricabile tra l’uomo e l’ambiente costituisce la base di un
approccio socio-ecologico al problema della salute. Si tratti del mondo intero, di una
nazione, di una regione o di una comunità, il principio informatore generale deve tendere
sempre al sostegno reciproco - dobbiamo aver cura gli uni degli altri, della nostra comunità e dell’ambiente naturale. La tutela delle risorse naturali in tutto il mondo va ribadita
come responsabilità globale.
Il mutare dei modelli di vita, del lavoro e del tempo libero influisce in modo decisivo sulla
salute. Lavoro e tempo libero devono divenire fonti di benessere per tutti. Il modo stesso
in cui la società organizza il lavoro deve contribuire a renderla più sana. Dalla promozione
della salute derivano condizioni di vita e di lavoro più sicure, stimolanti, gratificanti e
piacevoli.
Una valutazione sistematica dell’incidenza sulla salute di un ambiente di vita in rapida
trasformazione - in particolare nei settori della tecnologia, del lavoro, della produzione di
energia e dell’urbanizzazione - risulta indispensabile e ad essa deve seguire un’azione tesa
a garantire sicuri benefici per la salute di tutti. Ogni strategia di promozione della salute
deve tener conto della tutela dell’ambiente naturale e degli insediamenti, nonché della
conservazione delle risorse naturali.
Rafforzare l’azione della comunità
È attraverso l’azione comunitaria concreta ed efficace che la promozione della salute può
stabilire priorità, prendere decisioni e progettare e realizzare strategie tese al miglioramento della salute. Momento centrale di questo processo è il potenziamento della comunità, per renderla veramente padrona e arbitro delle sue aspirazioni e del suo destino.
Lo sviluppo della comunità attinge alle risorse umane e materiali esistenti nella comunità
stessa per favorire l’autosufficienza e la solidarietà sociale e per elaborare sistemi flessibili diretti al rafforzamento della partecipazione e della gestione diretta per quanto riguarda
i problemi relativi alla salute. Per questo occorre garantire l’accesso libero e costante a
tutte le informazioni e opportunità di conoscenza in tema di salute, nonché un adeguato
supporto finanziario.
Sviluppare le capacità personali
La promozione della salute favorisce lo sviluppo personale e sociale fornendo informazione, istruzione sul problema della salute e preparazione generale. Aumenteranno così per
tutti le possibilità di esercitare maggiore controllo, e di operare scelte precise, riguardo
alla propria salute e all’ambiente.
È essenziale fare in modo che tutti possano continuare ad apprendere per tutto il corso
della vita, preparandosi ad affrontarne le diverse fasi e l’eventualità di malattie o invalidità croniche, apprendimento che dovrà essere favorito dalla scuola, dall’ambiente di lavoro
e dalle associazioni comunitarie. Occorre intervenire sugli organismi scolastici, professionali e commerciali, e su quelli del volontariato, nonché sulle istituzioni stesse.
133
Riorientare i servizi sanitari
La responsabilità per la promozione della salute all’interno dei servizi sanitari ricade ad un
tempo sugli individui, sui gruppi comunitari, sugli operatori della sanità, sulle istituzioni
del servizio sanitario e sui governi. Solo dalla loro collaborazione potrà nascere un sistema
di assistenza capace di contribuire al conseguimento degli obiettivi di salute.
Il settore sanitario dovrà agire in misura sempre maggiore nella prospettiva della promozione della salute, al di là della mera offerta di servizi clinici e curativi. Il mandato dei
servizi sanitari dovrà estendersi a comprendere la ricettività e la sensibilità alle esigenze
culturali, rispondendo al bisogno individuale e comunitario di una vita più sana, e aprendo canali di comunicazione tra il settore sanitario e le più vaste componenti sociali,
politiche, economiche e ambientali.
Riorientamento dei servizi sanitari significa anche più attenzione per la ricerca e per
l’innovazione nella preparazione e nell’addestramento professionale. L’atteggiamento e
l’organizzazione dei servizi sanitari dovranno cambiare, restituendo la priorità ai bisogni
globali della persona intesa nella sua totalità.
VERSO IL FUTURO
La salute viene creata e vissuta da tutti nella sfera della quotidianità: là dove si impara, si
lavora, si gioca, si ama. La salute si crea avendo cura di se stessi e degli altri, acquisendo
la capacità di prendere decisioni e di assumere il controllo delle circostanze della vita, e
facendo in modo che la società in cui si vive consenta la conquista della salute per tutti
i suoi membri.
L’impegno, una strategia organica di supporto e l’attenzione all’ecologia sono fattori essenziali allo sviluppo della promozione della salute. Per chi se ne occupa, il principio
ispiratore dovrà dunque essere che in ogni fase della progettazione, della realizzazione e
della valutazione della promozione della salute uomini e donne devono agire insieme su
un piano di assoluta parità.
L’impegno
per la promozione della salute
I partecipanti al Congresso si impegnano:
- a scendere in campo nella battaglia per una politica pubblica di tutela della salute,
chiedendo un esplicito impegno politico per la salute e la giustizia in tutti i settori;
- a reagire alle pressioni che favoriscono prodotti dannosi, spreco delle risorse, condizioni di vita e ambientali malsane e cattiva alimentazione; a richiamare l’attenzione delle
istituzioni su questioni di tutela della salute attinenti l’inquinamento, i lavori nocivi, i
problemi dell’alloggio e dei nuovi insediamenti;
- a colmare le disparità sul piano della salute all’interno di ogni società, e tra una società
e l’altra, lottando contro le diseguaglianze nella salute create dalle norme e dalle consuetudini delle società stesse;
- a riconoscere le persone come la maggiore risorsa per la salute; ad aiutarle e incoraggiarle a tutelare la salute propria, quella della famiglia e dei conoscenti, attraverso
finanziamenti ed altro; ad accettare la comunità come principale interlocutore per
134
quanto concerne la salute, le condizioni di vita e di benessere;
- a riorientare i servizi sanitari e le loro risorse in direzione della promozione della salute
e a condividere il potere decisionale con altri settori, altre discipline e, in particolare,
con gli stessi utenti dei servizi;
- a riconoscere nella salute e nella sua tutela un fondamentale investimento sociale e una
sfida decisiva nonché ad affrontare in modo globale il problema ecologico del nostro
modo di vita.
Il Congresso invita tutti gli interessati ad aderire al suo impegno in una solida alleanza
per la salute.
Appello all’azione internazionale
Il Congresso esorta l’Organizzazione Mondiale della Sanità e altri organismi internazionali
a sostenere la promozione della salute in tutte le sedi interessate, e ad aiutare i singoli
paesi a elaborare e realizzare strategie e programmi di promozione della salute.
II Congresso è fermamente convinto che se la gente di ogni condizione, le organizzazioni
non governative e di volontariato, i governi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e ogni
altro organismo interessato uniranno le loro forze per realizzare strategie di promozione
della salute, nel rispetto dei valori morali e sociali che costituiscono la base di questa
CARTA, la Salute per Tutti entro l’anno 2000 diventerà una realtà.
La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/docs/ottawa.html
Traduzione di Giovanni Martini.
135
SCHEDA 2
Le Raccomandazioni di Adelaide sulla politica pubblica
per la salute
(The Adelaide Recommandations)
Seconda Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute
Adelaide, Australia, 5-9 aprile 1988
L’adozione della Dichiarazione di Alma Ata, avvenuta dieci anni fa, ha rappresentato una
pietra miliare molto importante per il movimento della Salute per Tutti avviato nel 1977
dall’Assemblea Mondiale della Sanità. A partire dal riconoscimento che la salute è un obiettivo sociale fondamentale, la Dichiarazione di Alma Ata ha stabilito una nuova direzione per
lo sviluppo di una politica a favore della salute, enfatizzando il coinvolgimento delle persone, la cooperazione tra i diversi settori della società e l’assistenza sanitaria primaria quale
elemento che ne sta alla base.
Lo spirito di Alma Ata
Lo spirito di Alma Ata è stato riproposto nella Carta per la Promozione della Salute adottata a Ottawa nel 1986. La Carta ha lanciato la sfida di un movimento a favore di una
nuova sanità pubblica, riaffermando che la giustizia sociale e l’equità sono prerequisiti per
la salute e che l’azione di sostegno e la mediazione rappresentano i processi per il loro
conseguimento.
La Carta di Ottawa ha identificato cinque aree d’azione per la promozione della salute:
costruire una politica pubblica per la salute, creare ambienti favorevoli, sviluppare le
abilità personali, dare forza all’azione della comunità e riorientare i servizi sanitari.
Queste azioni sono interdipendenti tra di loro, ma lo sviluppo di una politica pubblica per
la salute costituisce le condizioni che rendono possibili le altre quattro.
La Conferenza di Adelaide sulla politica pubblica per la salute ha continuato nella direzione tracciata nei documenti di Alma Ata e Ottawa e ha approfittato del loro slancio. Duecentoventi partecipanti, provenienti da 24 paesi, hanno messo in comune le esperienze
fatte nel formulare e nel realizzare in concreto politiche pubbliche per la salute. Le strategie d’azione per una politica pubblica a favore della salute che sono raccomandate in
questo documento riflettono il consenso raggiunto nel corso della Conferenza.
LA POLITICA PUBBLICA PER LA SALUTE
Una politica pubblica per la salute è caratterizzata sia dall’interesse esplicito a favore
della salute e dell’equità in tutti i settori della politica, sia dalla assunzione di responsabilità nei confronti della salute. Lo scopo principale di una politica pubblica per la salute
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è quello di creare un ambiente favorevole che metta in grado le persone di condurre una
vita sana. Tale politica fa in modo che le scelte sane siano possibili o più facili per i
cittadini e trasforma gli ambienti fisici e sociali perché accrescano la salute. Nella ricerca
di una politica pubblica per la salute i settori governativi che si occupano di agricoltura,
commercio, istruzione, industria e comunicazioni devono considerare la salute come un
fattore essenziale quando formulano le loro politiche. Questi settori dovrebbero assumersi
la responsabilità delle conseguenze sulla salute derivate dalle loro decisioni politiche. Essi
dovrebbero fare attenzione tanto alla salute quanto alle considerazioni economiche.
IL VALORE DELLA SALUTE
La salute è contemporaneamente un diritto fondamentale dell’uomo e un buon investimento sociale. Per accrescere lo stato di salute di tutti i loro cittadini, è necessario che i
governi investano risorse nella politica pubblica per la salute e nella promozione della
salute. Il fatto che le persone possano accedere agli elementi essenziali per una vita sana
e soddisfacente è un principio fondamentale di giustizia sociale. Allo stesso tempo, ciò
accresce la produttività della società nel suo complesso, dal punto di vista sociale ed
economico. Come dimostrato dalle esperienze presentate durante questa Conferenza, una
politica pubblica per la salute realizzata nel breve periodo porta a benefici economici a
lungo termine. Devono essere fatti ulteriori sforzi per collegare in un’azione integrata la
politica economica, la politica sociale e quella a favore della salute.
EQUITÀ, ACCESSO E SVILUPPO
Le disuguaglianze in tema di salute sono radicate nelle ingiustizie presenti nella società.
Per colmare il divario esistente tra le persone svantaggiate sul piano sociale e culturale e
coloro che invece partono da una condizione migliore è necessario attuare una politica
che crei ambienti favorevoli e che migliori l’accesso ai beni e servizi che accrescono la
salute. Tale politica dovrebbe riconoscere una priorità elevata ai gruppi svantaggiati e
vulnerabili. Inoltre una politica pubblica per la salute riconosce la cultura caratteristica
dei popoli indigeni, delle minoranza etniche e degli immigrati. Un aspetto estremamente
importante dell’equità rispetto alla salute è rappresentato da un’uguale accessibilità ai
servizi sanitari, in particolare all’assistenza sanitaria di comunità.
Il rapido cambiamento strutturale provocato dalle tecnologie emergenti può comportare
nuove disuguaglianze in tema di salute. Il primo obiettivo stabilito dalla Regione Europea
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo cammino verso la Salute per Tutti è il
seguente: “Entro l’anno 2000 le reali differenze nello stato di salute tra la nazioni e tra i
gruppi all’interno di uno stesso paese dovrebbero essere ridotte di almeno il 25%, migliorando il livello di salute delle nazioni e dei gruppi svantaggiati”.
In considerazione delle grandi differenze esistenti tra i livelli di salute dei vari paesi, che
sono stati verificati da questa Conferenza, le nazioni sviluppate hanno l’obbligo di garantire che le loro politiche abbiano un impatto positivo sulla salute nelle nazioni in via di
sviluppo. La Conferenza raccomanda che tutti i paesi sviluppino politiche pubbliche per la
salute che si occupino esplicitamente di questo aspetto.
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LA RESPONSABILITÀ PER LA SALUTE
Le raccomandazioni di questa Conferenza si realizzeranno solo se i governi prendono
l’iniziativa a livello nazionale, regionale e locale. Lo sviluppo di una politica pubblica per
la salute è importante tanto ai livelli locali di governo quanto a quello nazionale. I
governi dovrebbero stabilire espliciti obiettivi che mettano in evidenza la promozione
della salute.
La pubblica assunzione di responsabilità nei confronti della salute è un nutriente essenziale per la crescita di una politica pubblica per la salute. I governi e tutti coloro che
hanno un controllo sulle risorse devono rispondere ai cittadini delle conseguenze sulla
salute provocate dalle loro scelte o dalla mancanza di esse. Un impegno a favore di una
politica pubblica per la salute implica che i governi devono misurare e riferire quale sia
l’impatto sulla salute derivato dalle loro scelte politiche, adottando un linguaggio che
possa essere compreso senza difficoltà da tutti i gruppi della società. L’azione della comunità è centrale per favorire una politica pubblica per la salute. Tenendo in considerazione
il livello di educazione e alfabetizzazione, devono essere fatti sforzi straordinari per comunicare con quei gruppi che sono maggiormente condizionati dalla politica interessata.
La Conferenza enfatizza la necessità di valutare l’impatto delle scelte politiche. E’ necessario sviluppare sistemi di informazione sulla salute che supportino questo processo. Ciò
incoraggerà l’assunzione di decisioni informate rispetto alla futura allocazione delle risorse per l’implementazione di una politica pubblica per la salute.
ANDARE OLTRE L’ASSISTENZA SANITARIA
Una politica pubblica per la salute rappresenta la risposta alle sfide per la salute poste da
un mondo sempre più dinamico e che cambia dal punto di vista tecnologico, con le sue
complesse interazioni ecologiche e con le crescenti interdipendenze internazionali. Molte
delle conseguenze sulla salute che derivano da queste sfide non possono essere risolte
dall’attuale assistenza sanitaria né da quella che si può prevedere in un prossimo futuro.
Gli sforzi della promozione della salute sono essenziali e richiedono un approccio integrato allo sviluppo sociale ed economico che ristabilisca i legami tra la salute e la riforma
sociale, principio riconosciuto come fondamentale dalle politiche sviluppate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel decennio scorso.
Gli alleati nel processo della politica
I governi hanno un ruolo importante nei confronti della salute, ma essa è molto influenzata anche dagli interessi delle aziende e del mondo degli affari, dagli organismi non
governativi e dalle organizzazioni comunitarie: dovrebbero essere incoraggiate le potenzialità offerte da questi soggetti nel preservare e promuovere la salute delle persone. I
sindacati, il commercio e l’industria, le associazioni accademiche e i capi religiosi hanno
molte opportunità di agire a favore della salute dell’intera comunità.
Per dare impulso a un’azione favorevole alla salute devono essere formate nuove alleanze.
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AREE D’AZIONE
La Conferenza ha identificato come prioritarie quattro aree chiave di intervento immediato
per sviluppare una politica pubblica per la salute.
Sostenere la salute delle donne
Le donne sono le principali promotrici di salute in tutto il mondo e la maggior parte del
loro lavoro viene svolto gratuitamente o in cambio di una retribuzione minima. Le reti e le
organizzazioni delle donne rappresentano dei modelli per il processo di organizzazione,
pianificazione e realizzazione della promozione della salute. Le reti di donne dovrebbero
ricevere un riconoscimento e un supporto maggiori da parte di chi compie le scelte politiche e dalle istituzioni costituite, altrimenti questo investimento del lavoro delle donne
accresce le disuguaglianze. Per una loro reale partecipazione alla promozione della salute
è necessario che le donne possano accedere alle informazioni, alle reti e ai finanziamenti.
Tutte le donne, in particolare quelle che appartengono a gruppi etnici, indigeni o minoritari, hanno il diritto di autodeterminare la propria salute e dovrebbero essere considerate
come soggetti attivi nella formulazione di una politica pubblica per la salute, per garantirne la rilevanza culturale.
Questa Conferenza propone che le nazioni diano avvio su scala nazionale a una politica
pubblica per la salute delle donne che metta al centro le questioni della salute delle donne
e che includa proposte per:
- l’equa distribuzione del lavoro assistenziale prestato nella società;
- la possibilità di partorire secondo le preferenze e i bisogni delle donne;
- i meccanismi di supporto al lavoro assistenziale, come il sostegno alle donne con figli
e i congedi per l’assistenza sanitaria dei genitori o delle persone a carico.
Cibo e alimentazione
La sconfitta della fame nel mondo e della malnutrizione è un obiettivo fondamentale per
una politica pubblica per la salute. Tale politica dovrebbe garantire a ogni persona la
disponibilità di adeguate quantità di cibo sano, secondo modalità culturalmente accettabili. Le politiche per il cibo e l’alimentazione devono integrare i metodi di produzione e
distribuzione del cibo, sia pubblici che privati, per ottenere un accesso equo al cibo a un
prezzo sostenibile.
Tutti i governi dovrebbero considerare come prioritario lo sviluppo di una politica per il
cibo e l’alimentazione che integri i fattori agricoli, economici e ambientali, per assicurare
un impatto positivo sulla salute a livello nazionale e internazionale. Il primo passo di tale
politica dovrebbe essere l’individuazione di obiettivi per l’alimentazione e la dieta. La
tassazione e le sovvenzioni dovrebbero essere articolate in modo da consentire a tutti di
accedere facilmente a un cibo sano e a una dieta migliorata.
La Conferenza raccomanda che i governi agiscano immediatamente e direttamente a ogni
livello, usando il loro potere di acquisto sul mercato alimentare, per assicurare che le
forniture di cibo che sono sotto il loro specifico controllo (come negli ospedali, nelle
scuole, nei servizi assistenziale e nei luoghi di lavoro) permettano ai consumatori un
pronto accesso a cibi sani.
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Tabacco e alcol
Il consumo di tabacco e l’abuso di alcol rappresentano due importanti pericoli per la
salute che meritano un’azione immediata attraverso lo sviluppo di politiche pubbliche per
la salute. Oltre al danno diretto provocato dal tabacco sulla salute dei fumatori, sono ora
più chiaramente riconosciute che nel passato le conseguenze sulla salute del fumo passivo, specialmente sui bambini. L’alcool contribuisce alla discordia sociale e ai traumi fisici
e mentali. Inoltre le importanti conseguenze ecologiche derivate dall’uso del tabacco
quale merce di scambio nelle economie impoverite, hanno contribuito all’attuale crisi
mondiale nella produzione e distribuzione del cibo.
La produzione e il commercio del tabacco e dell’alcol sono attività molto redditizie, specialmente per i governi attraverso la tassazione. I governi spesso considerano che le
conseguenze economiche di una produzione e di un consumo ridotti di tabacco e alcol,
provocate da un cambio delle scelte politiche, potrebbero costituire un prezzo troppo alto
da pagare se confrontato con i guadagni di salute che verrebbero ottenuti.
Questa Conferenza esorta tutti i governi a riflettere sul prezzo che stanno pagando in
termini di potenziale umano perduto, essendo complici delle vite perdute e delle malattie
provocate dal fumo di tabacco e dall’abuso di alcol. I governi dovrebbero impegnarsi a
sviluppare una politica pubblica per la salute che fissi a livello nazionale degli obiettivi di
riduzione significativa entro il 2000 della produzione, del commercio e del consumo di
tabacco e alcol.
Creare ambienti favorevoli
Molte persone vivono e lavorano in condizioni che sono pericolose per la loro salute e
sono esposti a prodotti potenzialmente pericolosi. Tali problemi spesso trascendono i
confini nazionali. La gestione dell’ambiente deve proteggere la salute umana dagli effetti
avversi che direttamente o indirettamente sono provocati da fattori biologici, chimici e
fisici, e dovrebbe riconoscere che gli uomini e le donne sono parte di un ecosistema
complesso. Le risorse naturali che arricchiscono la vita, estremamente diverse ma limitate, sono essenziali per garantire la sopravvivenza, la salute e il benessere della razza
umana. Le politiche di promozione della salute possono essere condotte solo in un ambiente che salvaguarda le risorse attraverso strategie ecologiche globali, regionali e locali.
È richiesto un impegno a tutti i livelli di governo. Sono necessari sforzi intersettoriali
coordinati per assicurare che le considerazioni sulla salute vengano assunte come prerequisiti integranti per lo sviluppo industriale e agricolo. A livello internazionale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe giocare un ruolo più incisivo nel far accettare
questi principi e dovrebbe supportare il concetto di sviluppo sostenibile.
Questa Conferenza ritiene prioritario che la sanità pubblica e i movimenti ecologici si
uniscano insieme per sviluppare strategie che perseguano sia lo sviluppo socio-economico
sia la conservazione delle risorse limitate del nostro pianeta.
Sviluppare nuove alleanze per la salute
L’impegno a sviluppare una politica pubblica per la salute esige un approccio che privilegi
la consultazione e la mediazione. Una politica pubblica per la salute richiede la presenza
di validi sostenitori che tengano viva l’attenzione di chi compie le scelte politiche sui
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temi della salute. Questo significa favorire il lavoro dei gruppi di sostegno e aiutare i
mezzi di comunicazione a interpretare le complesse questioni politiche.
Le istituzioni educative devono rispondere ai bisogni emergenti della nuova sanità pubblica, riorientando i programmi di studio esistenti, in modo da includere l’acquisizione di
abilità che consentano di mettere in grado le persone di costruire la propria salute, di
mediare e di sostenere la causa della salute. Nello sviluppo della politica deve esserci uno
spostamento di enfasi dal controllo al supporto tecnico. Inoltre è necessario creare occasioni di discussione per lo scambio di esperienze a livello locale, nazionale e internazionale.
La Conferenza raccomanda che gli organismi locali, nazionali e internazionali:
- istituiscano formali iniziative di stimolo e di confronto, per promuovere esempi di
buona pratica nello sviluppo di una politica pubblica per la salute;
- sviluppino reti di ricercatori, di formatori e di gestori di programmi che collaborino
all’analisi e alla realizzazione di una politica pubblica per la salute.
L’IMPEGNO PER UNA SALUTE PUBBLICA GLOBALE
I prerequisiti per la salute e lo sviluppo sociale sono la pace e la giustizia sociale, una
corretta alimentazione e la disponibilità di acqua pulita, l’istruzione e un alloggio decoroso, un ruolo utile nella società e un reddito adeguato, la conservazione delle risorse
ambientali e la protezione dell’ecosistema. La prospettiva della politica pubblica per la
salute è quella di raggiungere queste condizioni di base per una vita sana. Il raggiungimento di una salute globale poggia sul riconoscimento e sull’accettazione dell’interdipendenza esistente tra i diversi paesi e al loro interno. L’impegno per una salute pubblica
globale dipenderà dal trovare validi strumenti di cooperazione internazionale per agire nei
confronti delle questioni che superano i confini nazionali.
LE SFIDE FUTURE
1. Una sfida per tutte le nazioni è rappresentata dall’assicurare un’equa distribuzione
delle risorse anche in situazioni economiche difficili.
2. La Salute per Tutti sarà raggiunta solo se la creazione e la salvaguardia di condizioni di
vita e di lavoro favorevoli alla salute diventano una preoccupazione centrale in ogni
decisione politica pubblica. Il lavoro in tutte le sue dimensioni – il lavoro assistenziale, le opportunità di impiego, la qualità della vita lavorativa - influenza pesantemente
la salute e la felicità delle persone.
3. La sfida più importante che le singole nazioni e le agenzie internazionali si trovano di
fronte per raggiungere una politica pubblica per la salute è quella di incoraggiare la
collaborazione (o lo sviluppo di alleanze operative) tra i vari paesi sui temi della pace,
dei diritti umani, della giustizia sociale, dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile in
ogni parte della terra.
4. Nella maggior parte dei paesi la salute dipende dalla responsabilità di organismi a
diversi livelli politici. Nella ricerca della miglior salute è auspicabile trovare nuove
strade di collaborazione all’interno e tra questi livelli.
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5. Una politica pubblica per la salute deve assicurare che i progressi della tecnologia
sanitaria agevolino il raggiungimento di una maggiore equità, e non siano invece di
ostacolo.
La Conferenza raccomanda fortemente che l’Organizzazione Mondiale della Sanità continui
lo sviluppo dinamico della promozione della salute attraverso le cinque strategie descritte
nella Carta di Ottawa. La Conferenza incoraggia l’Organizzazione Mondiale della Sanità a
espandere questa iniziativa in tutte le sue regioni come modo integrante del suo lavoro. Il
supporto ai paesi in via di sviluppo rappresenta il cuore di questo processo.
RINNOVO DELL’IMPEGNO
Nell’interesse della salute globale, i partecipanti alla Conferenza di Adelaide esortano
tutti coloro che sono coinvolti a confermare l’impegno richiesto dalla Carta di Ottawa per
una forte alleanza a favore della salute pubblica.
La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/docs/adelaide.html
Questa traduzione, di Paolo De Pieri, è tratta dall’opuscolo “Dichiarazioni e documenti internazionali
sulla promozione della salute” edito dal Centro di Educazione alla Salute di Padova – Servizio regionale
di documentazione e dalla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute.
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SCHEDA 3
La Dichiarazione di Sundsvall
sugli ambienti favorevoli alla salute
(Sundsvall Statement on Supportive
Environments for Health)
Terza Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute
Sundsvall, Svezia, 9-15 giugno 1991
La 3a Conferenza internazionale sulla promozione della salute, dal titolo “Gli ambienti
favorevoli alla salute”, si inserisce in una serie di eventi che hanno visto il loro inizio nel
1977 con l’impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) a perseguire gli
obiettivi della Salute per Tutti. A questo impegno sono seguite la Conferenza internazionale
sull’assistenza sanitaria primaria, organizzata ad Alma Ata nel 1978 dall’O.M.S. e dall’U.N.I.C.E.F. (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia), e la 1a Conferenza internazionale
sulla promozione della salute nei paesi industrializzati svoltasi a Ottawa nel 1986. Il successivo incontro di Adelaide nel 1988 che si è occupato della politica pubblica per la salute
e quello di Ginevra del 1989 intitolato “Appello all’azione: la promozione della salute nei
paesi in via di sviluppo” hanno ulteriormente chiarito l’importanza e il significato della
promozione della salute. Parallelamente a questi sviluppi nel campo della salute, è cresciuto
enormemente l’interesse pubblico circa le minacce portate all’ambiente globale. Quest’ultimo fatto è stato chiaramente espresso dalla Commissione mondiale su ambiente e sviluppo
nel suo rapporto “Il nostro futuro comune”, che ha fornito un nuovo modo di comprendere
l’imperativo rappresentato dallo sviluppo sostenibile.
La 3a Conferenza internazionale sulla promozione della salute, dedicata agli ambienti
favorevoli alla salute, è il primo incontro globale sulla promozione della salute al quale
hanno partecipato i rappresentanti di 81 nazioni; la Conferenza ha convocato persone da
tutte le parti del mondo per impegnarsi attivamente nella realizzazione di ambienti più
favorevoli alla salute. Esaminando insieme le attuali questioni della salute e dell’ambiente, la Conferenza ha messo in evidenza che milioni di persone vivono in uno stato di
estrema povertà e di privazione, all’interno di un ambiente sempre più degradato che
minaccia la loro salute: questa situazione rende estremamente difficile da raggiungere
l’obiettivo finale della Salute per Tutti entro il 2000. Il cammino che ci sta davanti consiste nel trasformare gli ambienti fisico, sociale, economico e politico in modo che favoriscano e supportino la salute piuttosto che danneggiarla.
La Conferenza di Sundsvall ha identificato molti esempi e approcci per creare ambienti
favorevoli, che possono essere usati da chi definisce le politiche, da chi assume le decisioni operative e dagli attivisti che operano nella comunità nei settori della salute e dell’ambiente. La Conferenza ha riconosciuto che ciascuno ha un ruolo nel creare ambienti favorevoli alla salute.
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APPELLO ALL’AZIONE
Questo appello all’azione è diretto a coloro che definiscono le politiche e assumono le
decisioni operative in tutti i settori importanti e a ogni livello. Gli attivisti e coloro che
sostengono le cause della salute, dell’ambiente e della giustizia sociale sono esortati a
formare una grande alleanza per raggiungere l’obiettivo comune della Salute per Tutti. Noi
partecipanti alla Conferenza ci siamo solennemente impegnati a riportare questo messaggio alle nostre comunità, alle nostre nazioni e ai nostri governi per iniziare ad agire.
Inoltre ci appelliamo alle organizzazioni delle Nazioni Unite perchè rafforzino la loro
cooperazione e si stimolino reciprocamente per un reale impegno nei confronti dell’equità
e dello sviluppo sostenibile.
Un ambiente favorevole è di estrema importanza per la salute e le due questioni sono
interdipendenti e inseparabili. Noi raccomandiamo vivamente che il raggiungimento di
entrambi venga considerato l’obiettivo centrale nella definizione delle priorità per lo sviluppo e che venga data la precedenza nell’analisi degli interessi in competizione nella
gestione quotidiana delle politiche di governo.
Le disuguaglianze si riflettono in un crescente divario sia all’interno delle nostre nazioni
che tra la nazioni ricche e quelle povere. Questo è inaccettabile. E’ necessario e urgente
sviluppare azioni che realizzino la giustizia sociale in tema di salute. Milioni di persone
vivono in uno stato di estrema povertà e privazione all’interno di un ambiente urbano e
rurale sempre più degradato. Un numero di persone imprevisto e allarmante soffre a causa
delle tragiche conseguenze imposte dai conflitti armati sulla salute e sul benessere. La
rapida crescita della popolazione è la maggior minaccia a uno sviluppo sostenibile. Le
persone sono costrette a sopravvivere in mancanza di acqua pulita, di un’alimentazione
adeguata, di un alloggio o in condizioni igieniche precarie.
La povertà frustra le ambizioni delle persone e i sogni di costruire un futuro migliore,
mentre il limitato accesso alle strutture politiche indebolisce la base per l’autodeterminazione. In molti casi l’istruzione non è disponibile o non è sufficiente oppure, nelle sue
forme attuali, non riesce a fornire alle persone i mezzi e le opportunità e non attribuisce
loro un maggior potere. Milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione primaria e
hanno di fronte a loro una piccola speranza di un futuro migliore. Le donne, che rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale, sono ancora oppresse. Esse sono
sessualmente sfruttate e vengono discriminate nel mercato del lavoro e in molte altre
aree, nelle quali viene impedito loro di giocare un ruolo di primo piano per la creazione
degli ambienti favorevoli.
Più di un miliardo di persone in tutto il mondo hanno un accesso inadeguato all’assistenza sanitaria essenziale e, indubbiamente, i sistemi di assistenza sanitaria devono essere
rafforzati. La soluzione a questi enormi problemi sta nell’azione sociale per la salute, nelle
risorse e nella creatività degli individui e delle loro comunità. Per liberare questo potenziale è necessario un profondo cambiamento nel modo in cui consideriamo la nostra salute
e il nostro ambiente, ed è richiesto un impegno forte e chiaro a favore di politiche sostenibili per la salute e l’ambiente. Le soluzioni vanno trovate al di là dei sistemi sanitari
tradizionali.
Le iniziative devono provenire da tutti i settori che possono contribuire alla creazione di
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ambienti favorevoli alla salute e devono essere realizzate dalle persone nelle comunità
locali, dai governi e dalle organizzazioni non governative a livello nazionale e dalle organizzazioni internazionali su scala globale. L’azione dovrà coinvolgere soprattutto i settori
dell’istruzione, dei trasporti, degli alloggi, della pianificazione urbana, della produzione
industriale e dell’agricoltura.
DIMENSIONI DELL’AZIONE SUGLI AMBIENTI FAVOREVOLI ALLA SALUTE
Nel contesto della salute, il termine ambienti favorevoli è riferito sia agli aspetti fisici che
a quelli sociali di quanto ci sta attorno. Esso comprende il luogo dove le persone vivono,
la loro comunità locale, la loro casa, dove lavorano e si divertono. Il termine comprende
anche la struttura organizzativa secondo la quale sono determinate le modalità di accesso
alle risorse per la vita quotidiana e alle opportunità di accrescere le possibilità personali.
In questo modo l’azione per creare ambienti favorevoli ha molteplici dimensioni: fisica,
sociale, spirituale, economica e politica. Ciascuna di queste dimensioni è inestricabilmente legata alle altre in una interazione dinamica. L’azione deve essere coordinata a livello
locale, regionale, nazionale e globale per raggiungere soluzioni che siano realmente sostenibili.
La Conferenza ha messo in risalto quattro caratteristiche degli ambienti favorevoli.
1. La dimensione sociale comprende le modalità con cui le norme, le usanze e i meccanismi sociali influenzano la salute. In molte società tradizionali i rapporti sociali stanno
cambiando in modo minaccioso per la salute, per esempio aumentando l’isolamento
sociale, togliendo alla vita una coerenza e uno scopo che abbiano significato oppure
modificando i valori tradizionali e il patrimonio culturale.
2. La dimensione politica impone ai governi di garantire la partecipazione democratica al
processo decisionale e il decentramento delle responsabilità e delle risorse. Essa richiede inoltre un impegno a favore dei diritti umani, della pace e il trasferimento delle
risorse dalla corsa agli armamenti.
3. La dimensione economica richiede un riorientamento delle risorse per il raggiungimento della Salute per Tutti e di uno sviluppo sostenibile, compreso il trasferimento di
tecnologia affidabile e sicura.
4. Le capacità e le conoscenze delle donne devono essere riconosciute e utilizzate in ogni
settore, compresa la definizione delle scelte politiche e l’economia, allo scopo di sviluppare una infrastruttura più positiva per gli ambienti favorevoli. Il peso del carico
lavorativo delle donne dovrebbe essere riconosciuto e ridistribuito tra gli uomini e le
donne stesse. Le organizzazioni di donne presenti nella comunità devono contare di
più nello sviluppo delle politiche e delle strategie per la promozione della salute.
PROPOSTE D’AZIONE
La Conferenza di Sundsvall ritiene che le proposte per implementare le strategie della
Salute per Tutti debbano riflettere due principi fondamentali: l’equità e l’interdipendenza.
1. L’equità deve essere una priorità basilare nella creazione di ambienti favorevoli alla
salute e nel diffondere energia e potere creativo, accomunando tutti gli essere umani
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in questo eccezionale sforzo. Tutte le politiche che mirano a uno sviluppo sostenibile
devono essere soggette a nuovi modelli di procedure di responsabilità, per ottenere
un’equa distribuzione delle responsabilità e delle risorse. Tutte le azioni e l’allocazione
delle risorse devono essere basate su priorità trasparenti e sull’impegno specifico verso
i più poveri, alleviando le ulteriori avversità sopportate dagli emarginati, dai gruppi
minoritari e dalle persone con disabilità. Il mondo industrializzato deve pagare il
debito umano e ambientale che ha accumulato in seguito allo sfruttamento del mondo
in via di sviluppo.
2. L’azione pubblica per la creazione di ambienti favorevoli alla salute deve riconoscere
l’interdipendenza che esiste tra tutti gli esseri viventi e deve gestire le risorse naturali
tenendo in considerazione le esigenze delle generazioni future. I popoli indigeni hanno
una relazione spirituale e culturale caratteristica con l’ambiente fisico, che può rappresentare una preziosa lezione per il resto del mondo. E’ quindi essenziale che i popoli
indigeni siano coinvolti nelle attività a favore dello sviluppo sostenibile e che siano
avviati negoziati per il rispetto dei loro diritti connessi alla terra e al patrimonio
culturale.
DARE FORZA ALL’AZIONE SOCIALE È POSSIBILE
L’invito a creare ambienti favorevoli è una proposta pratica per sviluppare un’azione di
sanità pubblica a livello locale, focalizzando l’attenzione sugli ambienti organizzativi per
la salute che permettono un ampio coinvolgimento della comunità e il controllo. Nel corso
della Conferenza sono stati presentati esempi sviluppati in ogni parte del mondo sui temi
dell’istruzione, dell’alimentazione, degli alloggi, del supporto sociale e dell’assistenza, del
lavoro e dei trasporti. Questi esempi hanno chiaramente mostrato che gli ambienti favorevoli mettono in grado le persone di espandere le proprie capacità e di sviluppare la propria
autonomia. Nel rapporto e nel manuale della Conferenza sono disponibili ulteriori dettagli
su queste proposte operative.
A partire dagli esempi presentati, la Conferenza ha individuato quattro strategie chiave
nell’azione di sanità pubblica che promuovono la creazione nelle comunità di ambienti
favorevoli:
1. rafforzare il sostegno alla causa della salute attraverso l’azione della comunità, particolarmente tramite i gruppi organizzati delle donne;
2. mettere in grado le comunità e gli individui di esercitare un controllo sulla propria
salute e sull’ambiente grazie all’istruzione e all’attribuzione di un maggior potere;
3. costruire alleanze per la salute e per gli ambienti favorevoli, allo scopo di rinforzare la
cooperazione tra le campagne e le strategie a favore della salute e dell’ambiente;
4. mediare tra gli interessi che sono in competizione nella società, per assicurare un equo
accesso agli ambienti favorevoli alla salute.
In sintesi, il processo di attribuzione di un maggior potere e la partecipazione della
comunità sono stati considerati i fattori essenziali in un approccio democratico di promozione della salute e la forza motrice verso l’autonomia e lo sviluppo.
In particolare i partecipanti alla Conferenza hanno riconosciuto che l’istruzione è un
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diritto umano fondamentale ed è un elemento chiave per determinare i cambiamenti politici, economici e sociali necessari a rendere la salute una possibilità per tutti. L’istruzione
dovrebbe essere accessibile in ogni età della vita ed essere basata sul principio dell’equità, specialmente rispetto alla cultura, alla classe sociale e al sesso.
LA PROSPETTIVA GLOBALE
La specie umana costituisce una parte integrante dell’ecosistema terrestre e la salute delle
persone è profondamente concatenata con l’ambiente globale. Tutte le informazioni disponibili indicano che non sarà possibile sostenere la qualità della vita, sia degli esseri
umani che di tutte le altre specie viventi, senza dover attuare a tutti i livelli drastici
cambiamenti degli atteggiamenti e dei comportamenti connessi alla gestione e alla conservazione dell’ambiente.
La sfida del nostro tempo è costituita dalla realizzazione di un’azione concertata per
ottenere un ambiente sostenibile e favorevole alla salute.
A livello internazionale, le grandi differenze di reddito pro-capite creano delle disuguaglianze non solo nell’accesso alla salute ma anche rispetto alla capacità delle società di
migliorare la loro situazione e di sostenere un’adeguata qualità della vita per le generazioni future. Le migrazioni dalle zone rurali a quelle urbane fanno aumentare drasticamente il
numero delle persone che vivono nei quartieri poveri e ciò si accompagna a problemi quali
la mancanza di acqua pulita e le cattive condizioni igieniche.
Troppo spesso il processo decisionale politico e lo sviluppo industriale sono basati su una
pianificazione di breve periodo e sui guadagni economici, che non tengono in considerazione i reali costi imposti alla nostra salute e all’ambiente. Il debito internazionale sta
drenando in modo preoccupante le scarse risorse delle nazioni povere. Le spese militari
sono in crescita e la guerra, oltre a causare morti e disabilità, sta ora introducendo nuove
forme di vandalismo ecologico.
Lo sfruttamento della forza lavoro, l’esportazione e lo scarico delle sostanze e dei rifiuti
tossici soprattutto nelle nazioni più deboli e povere e lo spreco delle risorse mondiali
dimostrano la crisi dell’attuale approccio allo sviluppo. C’è la necessità urgente di andare
verso un’etica e un accordo globale nuovi, basati su una convivenza pacifica che permetta
una distribuzione e un utilizzo più equi delle limitate risorse del pianeta.
OTTENERE UNA RESPONSABILITÀ GLOBALE
La Conferenza di Sundsvall si appella alla comunità internazionale perchè instauri nuovi
meccanismi di responsabilità ecologica e nei confronti della salute, che siano basati sui
principi dello sviluppo sostenibile per la salute. Questo richiede nella pratica che vengano
predisposte dichiarazioni di impatto sulla salute e sull’ambiente per le maggiori iniziative
politiche e di programmi. È necessario che l’O.M.S. e l’U.N.E.P. (il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite) diano nuovo vigore ai loro sforzi per sviluppare codici di comportamento sullo scambio e la commercializzazione delle sostanze e dei prodotti dannosi alla
salute e all’ambiente.
L’O.M.S. e l’U.N.E.P. devono sviluppare linee guida basate sui principi dello sviluppo soste147
nibile che possano essere usate dagli Stati membri. Tutti i donatori multilaterali e bilaterali e le agenzie di finanziamento quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale devono usare tali linee guida nella progettazione, nella realizzazione e nella valutazione dei progetti di sviluppo. E’ necessario che venga intrapresa un’azione urgente per
supportare i paesi in via di sviluppo nella realizzazione di soluzioni proprie. Una stretta
collaborazione con le organizzazioni non governative dovrebbe essere assicurata durante
tutto il processo.
La Conferenza di Sundsvall ha dimostrato ancora una volta che le questioni della salute,
dell’ambiente e dello sviluppo umano non possono essere separate. Lo sviluppo deve
implicare un miglioramento della qualità di vita e della salute, preservando nel contempo
la sostenibilità dell’ambiente.
I partecipanti alla Conferenza quindi raccomandano caldamente che la Conferenza delle
Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, che si terrà a Rio de Janeiro nel 1992, tenga in
considerazione la Dichiarazione di Sundsvall nel dibattito sulla Carta della Terra e sull’Agenda 21, che sembra essere un piano d’azione che ci porterà nel 21° secolo. Gli
obiettivi di salute devono figurare in maniera predominante su entrambi i documenti. Solo
un’azione su scala mondiale, basata su una cooperazione globale, assicurerà il futuro del
nostro pianeta.
La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/docs/sundsvall.html
Questa traduzione, di Paolo De Pieri, è tratta dall’opuscolo “Dichiarazioni e documenti internazionali
sulla promozione della salute” edito dal Centro di Educazione alla Salute di Padova – Servizio regionale
di documentazione e dalla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione della Salute.
148
SCHEDA 4
Le Linee guida di Heidelberg per la promozione
dell’attività fisica per le persone anziane
(The Heidelberg Guidelines for promoting physical
activity among older persons)
Quarto Congresso Internazionale
su Attività fisica, Invecchiamento e Sport
Heidelberg, Germania, agosto 1996
TARGET: Persone anziane
Una regolare attività fisica giova agli individui durante l’intero arco della vita. Le seguenti
linee guida sono state messe a punto, tuttavia, per promuovere l’attività fisica nella
seconda parte della vita.
Nonostante la maggior parte dei contenuti possano ritenersi validi per tutte le età, il
comitato scientifico incaricato di sviluppare queste linee guida ha identificato come target più appropriato gli individui appartenenti alla fascia d’età superiore ai 50 anni.
I 50 anni segnano un momento della mezza età in cui una regolare attività fisica può
essere particolarmente efficace nel ridurre ed evitare i rischi fisici, psicologici e sociali
spesso associati all’avanzare del tempo.
Tali benefici riguardano la maggior parte degli individui a prescindere dal loro stato di
salute e/o di malattia.
All’interno di queste linee guida l’attività fisica è definita come tutto il movimento svolto
quotidianamente, incluse le attività lavorative, ricreative, sportive etc.
E’ noto che gli effetti preventivi e riabilitativi di una regolare attività fisica risultano
ottimizzati qualora l’esercizio viene iniziato in giovane età piuttosto che in età avanzata.
L’attenzione è focalizzata sull’impatto di una regolare attività fisica su entrambi i sessi.
Tuttavia, a causa delle differenze storiche nella pratica dell’attività fisica tra i due sessi, e
per la maggior percentuale di donne tra gli anziani, il Comitato scientifico è cauto nell’affermare che le linee guida siano universali ed applicabili a tutti gli individui allo stesso
modo.
È evidente che queste devono essere sufficientemente flessibili affinché siano significative per un’ampia gamma di gruppi sociali e culturali.
SCOPO: Fornire linee guida per facilitare lo sviluppo di strategie e politiche da adottare
negli interventi indirizzati alla popolazione finalizzati a mantenere e/o incrementare il
livello di attività fisica in tutte le persone anziane.
149
1. EVIDENZA
“Una attività fisica appropriata può essere divertente e vantaggiosa per tutti”
La maggior parte delle persone che pratica attività motorie ricreative lo fa perché è divertente e piacevole; tuttavia, è ampiamente dimostrato che l’attività fisica è associata ad
un significativo miglioramento nelle abilità funzionali e nello stato di salute e può
frequentemente prevenire alcune patologie o diminuirne la loro severità. E’ importante
notare, tuttavia, che molti di questi benefici richiedono una frequenza regolare e continua
e possono essere rapidamente perduti con un ritorno all’inattività.
Evidenza Scientifica
L’attività fisica regolare...
a. aumenta il generale stato di benessere
b. migliora globalmente la salute fisica e psicologica
c. aiuta a conservare l’autosufficienza
d. riduce il rischio di sviluppare alcune malattie non trasmissibili (es. cardiopatia ischemica, ipertensione...)
e. aiuta a controllare specifiche condizioni di vita (es. stress, obesità) e di patologia
(es. diabete. ipercolesterolemia)
f. aiuta a minimizzare le conseguenze di alcune disabilità e può aiutare nella gestione
delle condizioni di dolore cronico
g. potrebbe aiutare nel modificare l’immagine stereotipata della vecchiaia
2. BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA:
A. Per l’individuo
1. Fisiologici
I. Benefici immediati:
a. Glicemia: L’attività fisica aiuta a regolare i livelli ematici di glucosio
b. Attività catecolaminica: I livelli di adrenalina e noradrenalina sono stimolati
dall’attività fisica.
c. Sonno: È stato riportato che l’attività fisica migliora la qualità e la quantità del
sonno in individui di tutte le età.
II. Effetti a lungo termine:
a. Resistenza aerobica/cardiovascolare: sostanziali miglioramenti in quasi tutti gli
aspetti della funzione cardiovascolare sono stati osservati dopo un appropriato
allenamento fisico.
b. Resistenza e potenziamento muscolare: Individui di tutte le età possono trarre
beneficio da esercizi di rafforzamento muscolare. L’allenamento di forza resistente può avere un significativo impatto sul mantenimento dell’autosufficienza nell’anziano
150
c. Flessibilità: l’esercizio fisico aiuta a preservare e a ripristinare la flessibilità
d. Equilibrio/coordinazione: una regolare attività aiuta a prevenire e/o a ritardare
la diminuzione dell’equilibrio e del coordinamento legata all’età che rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio di caduta.
e. Velocità di movimento: una caratteristica dell’invecchiamento è il rallentamento funzionale. Attraverso una regolare attività fisica è possibile posticipare tale
inconveniente
2. Psicologici
I. Benefici immediati:
a. Rilassamento: una appropriata attività fisica favorisce il rilassamento
b. Riduzione dello stress e dell’ansia: è dimostrato che un’attività fisica regolare
può ridurre stress ed ansia
c. Miglioramento dell’umore: molte persone riferiscono un miglioramento dell’umore
dopo una appropriata attività fisica.
II. Effetti a lungo termine:
a. Benessere generale: Incrementi in quasi tutti gli aspetti delle funzioni psicologiche sono state osservate dopo periodi prolungati di attività fisica
b. Migliore salute mentale: L’esercizio fisico regolare può portare un contributo
rilevante al trattamento di numerose malattie mentali comprese la depressione
e le nevrosi
c. Incrementi cognitivi: L’attività fisica regolare può aiutare a ritardare il declino
correlato all’età della velocità del Sistema Nervoso Centrale e migliorare il tempo di reazione
d. Controllo e prestazioni motorie: L’attività regolare aiuta a prevenire e/o a ritardare il declino associato all’età nelle prestazioni motorie fini e grossolane
e. Acquisizione abilità motorie: Nuove abilità possono essere imparate ed abilità
esistenti possono essere affinate da tutti gli individui senza limiti di età.
3. Sociali
I. Benefici immediati
a. Rafforzamento degli individui anziani: Una grande percentuale della popolazione anziana adotta gradualmente uno stile di vita sedentario che con il tempo
costituisce una minaccia di riduzione dell’indipendenza e dell’autosufficienza.
La partecipazione a corsi appropriati di attività fisica può aiutare a rafforzare
151
gli individui anziani e assisterli nel assumere un ruolo più attivo nella società.
b. Aumentata integrazione sociale: I programmi di attività fisica, particolarmente
quando sono realizzati in piccoli gruppi e/o in ambito sociale, aumentano le
interazioni sociale e interculturali per molti anziani.
II. Effetti a lungo termine:
a. Aumentata integrazione: chi svolge una regolare attività fisica difficilmente
tende a chiudersi in se stesso e più propenso, invece, alla partecipazione attiva
alle attività sociali
b. Formazione di nuove amicizie: la partecipazione all’attività fisica, specialmente se svolta in piccoli gruppi o altri contesti sociali, offre l’opportunità di
nuove amicizie e conoscenze
c. Ampliamento dei rapporti sociali: l’attività fisica offre l’opportunità di ampliare
la propria rete sociale
d. Mantenimento del ruolo ed acquisizione di nuovi ruoli: uno stile di vita attivo
dal punto di vista fisico spinge a frequentare ambienti stimolanti necessari per
mantenere un ruolo attivo nella società e ad acquisire nuovi ruoli positivi.
e. Aumento delle attività intergenerazionali: in molte società l’attività fisica offre
l’opportunità di contatti intergenerazionali diminuendo così la percezione stereotipata dell’invecchiamento
B. Per la Società
I.
Ridotti costi di assistenza sanitaria e sociale: l’inattività fisica e la vita sedentaria
contribuiscono alla diminuzione dell’indipendenza e all’insorgenza di molte malattie
croniche. Uno stile di vita fisicamente attivo può aiutare a ritardare l’insorgenza della
disabilità fisica e della malattia riducendo conseguentemente in misura significativa
i costi dell’assistenza sociale e sanitaria.
II. Aumento della produttività degli anziani: le persone anziane sono in grado di
offrire un rilevante contributo alla società. Uno stile di vita attivo aiuta gli anziani a
mantenere un’indipendenza funzionale ed a ottimizzare l’entità del contributo che
essi sono capaci di apportare alla società.
III. Promozione di una immagine dell’anziano positiva ed attiva: Una società che
promuove uno stile di vita attivo per gli anziani raccoglierà più facilmente i benefici
della ricchezza di esperienza e saggezza propria degli anziani nella comunità.
152
3. CHI DOVREBBE ESSERE FISICAMENTE ATTIVO?
“Attività fisica e sport per tutti”
I.
Individui di tutte le età possono iniziare a trovare piacere nell’attività fisica ad ogni
età e trarne i benefici.
II. L’attività fisica regolare presenta significativi benefici fisici, psicologici, sociali e
culturali per individui di tutte le età, comprendendo le persone con specifiche limitazioni fisiche e disabilità.
III. Individui e gruppi con necessità specifiche possono avere particolari esigenze che
devono essere soddisfatte per ottimizzare l’efficacia dell’attività fisica, sia a breve
che a lungo termine (es. accessi speciali, riduzione delle barriere ambientali, programmi modificate ed attrezzature adattate). La messa in atto di strategie, politiche
e programmi educativi deve tenere in considerazione le particolari necessità e le
richieste di questi soggetti.
Le necessità di specifici programmi di attività fisica varierà in funzione della posizione del
singolo individuo lungo la scala Salute - Fitness (vedi fig.1)
SCALA SALUTE – EFFICIENZA
Fisicamente
efficienti
Sani
Non sani
Indipendenti
Fisicamente
non efficienti
Fisicamente
non effic. fragili
GRUPPO I
GRUPPO II
Non sani
Dipendenti
GRUPPO III
Figura 1
153
Gruppo 1 Fisicamente efficienti - Sani
Questi individui sono regolarmente inseriti in programmi appropriati di attività fisica,
possono essere ritenuti fisicamente efficienti e possono partecipare in tutte le attività del
vivere quotidiano.
Gruppo 2: Fisicamente non efficienti - Non sani, indipendenti
Questi individui non sono inseriti in programmi di attività fisica. Nonostante conducano
ancora una vita indipendente, stanno sviluppando patologie multiple croniche che pregiudicano la loro indipendenza. L’attività fisica regolare può aiutare a migliorare le capacità
funzionali e a prevenire la perdita di indipendenza.
Gruppo 3: Fisicamente non efficienti -Non sani, dipendenti
Questi individui non sono più in condizione di condurre una vita indipendente nella
società per una serie di ragioni fisiche e/o psichiche. Una appropriata attività fisica può
migliorare significativamente la qualità della vita e restituire indipendenza in alcune aree
funzionali.
4. PROMUOVERE E FACILITARE UN AUMENTO DI ATTIVITÀ FISICA
È necessario sviluppare strategie che portino ad un aumento del livello di attività fisica
all’interno di tutti i segmenti della popolazione. Un obiettivo di sanità pubblica di questo
genere può essere raggiunto solo influenzando:
I. Politica sanitaria
È necessario stimolare una maggiore considerazione per l’importanza di una attività fisica
regolare tra i responsabili politici a tutti i livelli di amministrazione.
1.
2.
3.
4.
Internazionale
Nazionale
Regionale
Locale
II. Educazione, informazione e creazione di ambienti che favoriscano l’attività fisica
Esiste anche la necessità di coinvolgere un ampio numero di settori nella disseminazione
dell’informazione sull’invecchiamento in salute e nel sostegno alla creazione di condizioni
ambientali favorevoli per la promozione dell’attività fisica, quali:
1.
la famiglia
2.
i gruppi di sostegno (es. Consigli Nazionali sull’Invecchiamento)
3.
i servizi sociali
4.
le associazioni non governative
5.
i mass media
6.
i gruppi di auto aiuto
7.
le strutture sanitarie
Team di assistenza primaria
154
8.
9.
10.
11.
12.
ospedali,
case di cura
assicurazioni
le università
i centri riabilitativi e terapeutici
le strutture residenziali
le organizzazioni private e pubbliche
i club sportivi e sociali
5. METTERE IN ATTO L’ATTIVITÀ FISICA
I. L’attrezzatura
1. Non è necessario avere attrezzature costose
2. L’attività fisica può risultare efficace anche in ambienti con spazi e risorse limitati
(es. in casa)
3. Il posto di lavoro può essere un luogo appropriato per fornire programmi di attività
fisica.
II. Indicazioni per la sicurezza
1. Un controllo medico può essere desiderabile per alcuni individui prima di iniziare un
programma di attività fisica
2. Un addestramento adeguato a tutti i livelli (Partecipanti, Istruttori, responsabili dei
programmi e delle valutazioni) è raccomandato.
3. Ambienti sicuri sono importanti (es. luci adeguate, scale)
4. Riduzione degli ostacoli ambientali
III.
1.
2.
3.
4.
5.
I fattori motivanti (le motivazioni)
L’attività fisica può essere un divertimento
L’amicizia
L’aumentato controllo sulla propria esistenza
Attività per tutta la durata della vita
Aumentato stato di salute e benessere
IV Gli ostacoli all’attività fisica
1. Mancanza di informazioni sull’attività fisica e l’invecchiamento:
a. tra gli anziani
b. tra i membri della famiglia
c. nelle strutture sanitarie
d. nella società
2. Immagini stereotipate dell’invecchiamento
3. Insufficiente supporto sociale
4. Inadeguato supporto ambientale (es. trasporti, accessi, pianificazione urbana)
5. Storie di vita, aspetti biografici incluse cattive esperienze con lo sport
6. Attitudine negativa verso lo sport e l’esercizio fisico
155
7.
8.
9.
10.
Squilibrio tra lo sforzo necessario e gli obiettivi raggiunti
Ostacoli di tipo sociale verso uno stile di vita salutare
Ambienti sociali e culturali inadatti
Determinate condizioni mediche che possono richiedere programmi di attività diversi.
6. TIPI DI ATTIVITÀ FISICA
Molti individui hanno uno stile di vita fisicamente attivo senza partecipare necessariamente in un programma formale di esercizio. Attraverso le attività usuali della vita quotidiana - come il lavoro, gli acquisti, le pulizie e la preparazione dei pasti una persona può
mantenere un adeguato livello di attività, anche senza un elevato livello di prestazioni
aerobiche.
Il primo messaggio da dare agli individui quando invecchiano è che essi devono rimanere
attivi nella vita di tutti i giorni. Tuttavia nelle società industrializzate, gli stili di vita
sono spesso associati con un livello di attività fisica inferiore a livelli adeguati.
Programmi strutturati di attività forniscono la possibilità alle persone di promuovere uno
stile di vita attivo. Le raccomandazioni per questi programmi includono:
I.
Attività in gruppo e/o individuale non hanno una assoluta necessità di essere eseguite con una supervisione
II. Ci sono benefici associati con i vari tipi di attività fisica che comprendono tra gli
altri: allungamento, rilassamento, esercizi a corpo libero, esercizi aerobici, rafforzamento
III. L’attenzione deve essere posta su forme di attività fisica semplice e moderata (es.
cammino, balli, salire le scale, nuoto, ciclismo, esercizi sulla sedia etc.)
IV. Componenti importanti da considerare in un programma di esercizi sono: attività
aerobica, rafforzamento muscolare, flessibilità ed equilibrio
V. Gli esercizi devono andare incontro ai bisogni ed alle aspettative individuali e di
gruppo.
VI. Gli esercizi dovrebbero essere rilassanti e gradevoli. Fateli divertire!
VII. Gli esercizi dovrebbero essere regolari, se possibile giornalieri.
7. RICERCA
Nuove ricerche per la promozione dell’attività fisica tra le persone anziane sono necessarie. Ciò implica la presenza di appropriati livelli di finanziamenti. Ricerche di particolare
interesse includono risultati e valutazione degli interventi che riflettono le differenti
dimensioni specificate in queste linee guida.
La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/ageing/heidelberg_eng.pdf
Traduzione di Federico Schena e Francesca Menna (CeBiSM - Università di Trento)
156
SCHEDA 5
La Scuola che promuove la salute - un investimento in
educazione, salute e democrazia
(The Health Promoting School - An Investment in
Education, Health and Democracy)
Prima Conferenza della Rete europea delle Scuole
che promuovono la salute - Salonicco, Grecia, 1-5 maggio 1997
Tutti i bambini e i giovani hanno diritto e dovrebbero avere l’opportunità di essere educati
in una scuola che promuove la salute.
È dimostrato che i determinanti dell’educazione e della salute sono inseparabilmente collegati.
Questa dinamica non può essere ignorata se si vuole proteggere, sostenere e sviluppare
l’educazione e la salute dei nostri giovani.
La Rete Europea delle Scuole che Promozione la Salute ha mostrato che il successo nella
realizzazione di politiche, principi, metodi per la promozione della salute nelle scuole può
contribuire in modo significativo all’esperienza educativa da parte di tutti i giovani che in
queste scuole vivono e apprendono.
È stato dimostrato che le scuole che promuovono la salute costituiscono un investimento
sia per l’educazione che per la salute. Inoltre la Rete ha un notevole impatto positivo nei
confronti di tutti coloro che insegnano, amministrano, sostengono e sovvenzionano le
scuole e le comunità in cui esse sono inserite.
Le scuole rappresentano un elemento fondamentale per la creazione di una generazione
che abbia grandi aspettative ed elevati obiettivi educativi. Le scuole che promuovono la
salute sono destinate a produrre un impatto sostanziale sulla riduzione delle disuguaglianze sociali, contribuendo in tal modo alla salute ed al benessere della popolazione nel
suo complesso.
La scuola che promuove la salute si fonda su un modello sociale di salute. Questo mette in
evidenza da un lato l’intera organizzazione scolastica dall’altro concentra la propria attenzione sugli individui. Al centro del modello vi è il ragazzo considerato in termini, all’interno di un contesto dinamico. Questo approccio crea un ambiente sociale di grande sostegno che influenza la visione, la percezione e l’azione di tutti coloro che vivono, lavorano,
giocano e imparano all’interno della scuola. Questo genera un clima positivo che influisce
sul modo in cui si strutturano le relazioni, su quello in cui i giovani assumono le decisioni, sviluppano i propri valori e gli atteggiamenti personali.
La presente Risoluzione, che sostiene la necessità che i governi realizzino azioni per la più
ampia diffusione in tutta Europa del concetto di Scuola che promuove la salute, è stata
condivisa nel corso della Prima Conferenza della Rete Europea delle Scuole che Promuovono la Salute. La Risoluzione si propone di incoraggiare l’adozione di politiche, nelle quali
157
rientra la produzione di leggi, e indica i meccanismi che è necessario attuare per poterle
realizzare. La Risoluzione definisce i principi e le azioni necessarie per sviluppare interamente il potenziale educativo delle scuole che promuovono la salute.
Questa Conferenza, che esprime le opinioni di un ampio numero di professionisti appartenenti a 43 Stati, sollecita i governi di tutti i Paesi europei ad adottare il concetto di
“Scuola che Promuove la Salute” e li invita a favorire le condizioni perché i principi di
seguito espressi possano essere tradotti in pratica.
1. DEMOCRAZIA
La scuola che promuove la salute è fondata su principi democratici che favoriscono la
promozione dell’apprendimento, dello sviluppo personale e sociale e della salute.
2. EQUITÀ
La scuola che promuove la salute assicura che il principio di equità sia collocato nell’ambito dell’esperienza educativa. Ciò garantisce che le scuole non siano condizionate dall’oppressione, dalla paura e dallo scherno. La scuola che promuove la salute offre a tutti
l’accesso equo a un’ampia gamma di opportunità educative. Lo scopo della scuola che
promuove la salute è quello di favorire l’evoluzione emozionale e sociale di ogni individuo,
consentendogli di sviluppare in modo completo le proprie capacità, in assenza di qualsiasi
discriminazione.
3. EMPOWERMENT1 E CAPACITÀ DI AGIRE
La scuola che promuove la salute migliora le capacità dei giovani ad agire e a generare il
cambiamento. Essa mette a disposizione un ambiente all’interno del quale gli allievi,
lavorando assieme ai loro insegnanti e ad altre persone, possano raggiungere gli obiettivi.
L’empowerment dei giovani, collegato con le loro visioni e idee, li rende capaci di influenzare la loro vita e le loro condizioni di vita. Questo obiettivo si raggiunge attraverso
politiche e metodi educativi di qualità, che offrono la possibilità di prendere parte a
processi decisionali riguardanti aspetti importanti.
4. AMBIENTE SCOLASTICO
La scuola che promuove la salute pone in rilievo l’ambiente scolastico, inteso in termini
1 Termine inglese di difficile traduzione con un singolo vocabolo italiano. L’empowerment è il processo
generale di rinforzo, crescita e responsabilizzazione delle persone e delle comunità perché diventino
sempre più capaci di svolgere la loro funzione sociale. Nel contesto della promozione della salute
l’empowerment è il processo sociale, culturale, psicologico, educativo e politico attraverso il quale gli
individui e i gruppi sociali diventano capaci di riconoscere i propri bisogni di salute, partecipano ai
processi decisionali e realizzano specifiche azioni per soddisfare tali bisogni. (Azienda Provinciale
per i Servizi Sanitari della provincia Autonoma di Trento - Programma di sviluppo strategico - Glossario,
Trento 2001).
158
fisici e sociali, come elemento critico per promuovere e sostenere la salute. Tale ambiente
costituisce una risorsa di valore inestimabile per promuovere in modo efficace la salute,
attraverso lo sviluppo di politiche che favoriscono il benessere. Ciò implica l’elaborazione
e il monitoraggio di provvedimenti orientati alla salute e alla sicurezza, nonché l’istituzione di strutture organizzative per la loro gestione.
5. PROGRAMMI DI STUDIO
Il programma dei corsi della scuola che promuove la salute offre ai giovani l’opportunità di
acquisire conoscenza ed intuizione e di impadronirsi delle capacità essenziali per la vita.
I programmi devono essere specifici per le necessità presenti e future dei giovani; devono
stimolare la loro creatività, incoraggiare allo studio e offrire loro le abilità necessarie
all’apprendimento. I programmi della scuola che promuove la salute costituiscono anche
una risorsa di ispirazione per gli insegnanti e per tutti coloro che lavorano nell’ambiente
scolastico. Costituisce altresì uno stimolo per la loro crescita personale e professionale.
6. FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
La formazione degli insegnanti è un investimento non solo per la salute, ma anche per
l’educazione. La legislazione, aiutata da appropriati incentivi, deve guidare le strutture di
formazione e di aggiornamento degli insegnanti, utilizzando il quadro concettuale della
scuola che promuove la salute.
7. MISURAZIONE DEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI
Le scuole che promuovono la salute valutano l’efficacia delle loro azioni nei confronti
della scuola e della comunità locale. La misurazione del raggiungimento degli obiettivi
viene percepita come strumento di sostegno e di empowerment nonché come processo
attraverso il quale i principi della scuola che promuove la salute possono essere applicati
nel modo più efficace.
8. COLLABORAZIONE
La condivisione delle responsabilità e la stretta collaborazione tra i Ministeri, in particolare tra quelli che hanno competenze in materia di istruzione e di sanità, costituisce un
requisito indispensabile della pianificazione strategica delle scuole che promuovono la
salute. La collaborazione tra partner provata a livello nazionale si rispecchia a livello
regionale e locale. Devono essere definiti e chiariti i ruoli e le responsabilità di tutte le
parti coinvolte.
9. COMUNITÀ
I genitori e la comunità scolastica svolgono un ruolo essenziale nel guidare, sostenere e
rinforzare il concetto di scuola che promuove la salute. Lavorando in collaborazione, le
159
scuole, i genitori, le organizzazioni non governative e le comunità locali costituiscono
una forza potente per un cambiamento in senso positivo. In modo uguale i giovani stessi
hanno maggiori probabilità di diventare cittadini attivi nelle comunità locali. Scuola e
comunità, cooperando, avranno un impatto positivo nella creazione di un ambiente sociale e fisico favorevole ad una salute migliore.
10. SOSTENIBILITÀ
Tutti i livelli di governo devono impegnare risorse per promuovere la salute nelle scuole.
Tale investimento contribuirà allo sviluppo sostenibile di lungo periodo della comunità
nel suo complesso. Come contropartita, le comunità diventeranno sempre più una risorsa
per le loro scuole.
INVESTIRE NEL FUTURO
Questi principi sono custoditi nel concetto e nella pratica della scuola che promuove la
salute. Essi offrono le basi per investire in educazione, in salute e in democrazia a favore
delle generazioni future.
La Conferenza invita la Commissione Europea, il Consiglio d’Europa e l’Ufficio Regionale
per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a mantenere il sostegno e la guida
di questa importante iniziativa. La Conferenza chiede alle tutte e tre le organizzazioni di
dare seguito a questa risoluzione.
Ogni bambino dovrebbe avere ora diritto a trarre beneficio dall’iniziativa di una scuola che
promuove la salute.
La versione originale è reperibile all’indirizzo http://www.who.dk/enhps/page/
intenglish.html#Resolution. Traduzione di Giovanni Martini.
160
SCHEDA 6
La Dichiarazione di Jakarta
sulla promozione della salute nel 21° Secolo
(Jakarta Declaration on Leading Health Promotion
into the 21st Century)
Quarta Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute
Jakarta, Indonesia, 21-25 luglio 1997
Le premesse
La 4° Conferenza internazionale sulla promozione della salute dal titolo “Nuovi attori per
una nuova era: introdurre la promozione della salute nel 21° secolo” giunge in un momento
critico nello sviluppo delle strategie internazionali a favore della salute. Sono passati
quasi venti anni da quando gli Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,
con la Dichiarazione di Alma Ata, si sono assunti l’ambizioso impegno di sostenere la
strategia globale della Salute per Tutti e i principi dell’assistenza sanitaria primaria. Dieci
anni fa si è svolta a Ottawa, in Canada, la 1° Conferenza internazionale sulla promozione
della salute. Il risultato di quella Conferenza è stata la pubblicazione della “Carta di
Ottawa per la promozione della salute” che, da quel momento, é stata una guida e una
fonte di ispirazione per la promozione della salute. Nelle successive Conferenze internazionali e in altri incontri sono stati ulteriormente chiariti l’importanza e il significato
delle strategie chiave della promozione della salute, che comprendono la politica pubblica
per la salute (Adelaide, 1988) e gli ambienti favorevoli alla salute (Sundsvall, 1991).
La 4° Conferenza internazionale sulla promozione della salute svoltasi a Jakarta è la prima
che viene organizzata in un paese in via di sviluppo ed è la prima che coinvolge il settore
privato a supporto della promozione della salute. La Conferenza costituisce un’opportunità per riflettere su quanto è stato appreso circa l’efficacia della promozione della salute,
per riesaminare i determinanti della salute e per identificare le direzioni e le strategie che
sono necessarie per orientare le sfide della promozione della salute nel 21° secolo.
LA PROMOZIONE DELLA SALUTE È UN PREZIOSO INVESTIMENTO
La salute è un diritto umano fondamentale ed è essenziale per lo sviluppo sociale ed
economico.
La promozione della salute viene considerata sempre più come un elemento essenziale per
lo sviluppo della salute. È infatti il processo che mette in grado le persone di aumentare
il controllo sulla propria salute e di migliorarla. La promozione della salute, attraverso
investimenti ed azioni, agisce sui determinanti della salute per creare il maggiore guadagno di salute per le persone, per contribuire in maniera significativa alla riduzione delle
iniquità rispetto alla salute, per garantire i diritti umani e per costruire il capitale sociale.
L’obiettivo finale é quello di aumentare la speranza di salute e di ridurre la differenza nella
161
speranza di salute che esiste tra i vari paesi e tra gruppi diversi.
La Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute descrive un’immagine e il punto
focale della promozione della salute nel prossimo secolo. Essa riflette la ferma determinazione dei partecipanti alla 4° Conferenza internazionale sulla promozione della salute di
ricorrere alla più vasta gamma di risorse per affrontare la questione dei determinanti della
salute nel 21° secolo.
I DETERMINATI DELLA SALUTE: LE NUOVE SFIDE
I prerequisiti per la salute sono la pace, una casa, l’istruzione, la sicurezza sociale, le
relazioni sociali, il cibo, un reddito, l’attribuzione di maggiori poteri alle donne, un ecosistema stabile, un uso sostenibile delle risorse, la giustizia sociale, il rispetto dei diritti
umani e l’equità. La più grande minaccia per la salute è soprattutto la povertà.
Tendenze demografiche quali l’urbanizzazione, l’aumento delle persone anziane e della
prevalenza delle malattie croniche, il comportamento sempre più sedentario, la resistenza
agli antibiotici e ad altri farmaci comunemente disponibili, l’aumentato abuso di droghe e
la violenza nella vita quotidiana e tra le mura domestiche minacciano la salute ed il
benessere di centinaia di milioni di persone.
Malattie infettive nuove e riemergenti, insieme a una maggiore consapevolezza dei problemi di salute mentale, richiedono una risposta urgente. È essenziale che la promozione
della salute si evolva per affrontare i cambiamenti nei determinanti della salute.
Anche i fattori transnazionali hanno un significativo impatto sulla salute. Essi comprendono l’integrazione dell’economia globale, i mercati finanziari e il commercio, l’accesso ai
mezzi e alle tecnologie della comunicazione, il degrado ambientale dovuto ad un uso
irresponsabile delle risorse.
Questi cambiamenti modellano i valori, gli stili di vita a ogni età e le condizioni di vita in
ogni parte del mondo. Alcuni di questi, come lo sviluppo tecnologico delle comunicazioni, rappresentano una grande opportunità per la salute; altri invece hanno un impatto
negativo rilevante, come ad esempio il commercio internazionale del tabacco.
LA PROMOZIONE DELLA SALUTE FA LA DIFFERENZA
La ricerca e gli studi applicativi svolti nei diversi paesi mostrano in maniera convincente
che la promozione della salute funziona. Le strategie di promozione della salute possono
sviluppare e modificare non solo gli stili di vita, ma anche le condizioni sociali, economiche ed ambientali che determinano la salute. La promozione della salute é un approccio
concreto per ottenere una maggiore equità nei confronti della salute.
Le cinque strategie descritte nella Carta di Ottawa sono essenziali per il successo:
- costruire una politica pubblica per la salute;
- creare ambienti favorevoli;
- dare forza all’azione della comunità;
- sviluppare le abilità personali;
- riorientare i servizi sanitari.
C’è ora la chiara dimostrazione che:
162
- gli approcci globali allo sviluppo della salute sono i più efficaci: gli approcci basati
sulla combinazione delle cinque strategie sono più efficaci di quelli che ne utilizzano
solo una;
- gli ambienti organizzativi offrono concrete opportunità per la realizzazione di strategie
globali: questi ambienti comprendono le megalopoli, le isole, le città, i paesi e le
comunità locali, i loro mercati, le scuole, gli ambienti di lavoro e le strutture sanitarie;
- la partecipazione é essenziale per sostenere gli sforzi: l’azione della promozione della
salute deve essere incentrata sulle persone e i processi decisionali che la sostengono
devono essere efficaci;
- le conoscenze relative alla salute favoriscono la partecipazione: l’accesso all’istruzione
e all’informazione é essenziale per ottenere una partecipazione efficace e per attribuire
maggiori poteri alle persone e alle comunità.
Queste strategie sono gli elementi chiave della promozione della salute e sono significative per tutti i paesi.
SONO NECESSARIE NUOVE RISPOSTE
Per affrontare le nuove minacce alla salute, sono necessarie modalità d’azione innovative.
La sfida per i prossimi anni sarà di liberare il potenziale per la promozione della salute
presente in molti settori della società, tra le comunità locali e all’interno delle famiglie.
Vi è la chiara necessità di abbattere le tradizionali frontiere all’interno dei settori governativi, tra il governo e le organizzazioni non governative, tra il settore pubblico e quello
privato. La cooperazione è essenziale. In modo particolare questa richiede, su basi paritarie e a tutti i livelli di governo, la creazione di un nuovo accordo operativo a favore della
salute tra i differenti settori delle società.
LE PRIORITÀ PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE NEL 21° SECOLO
1. Promuovere la responsabilità sociale per la salute
I decisori devono essere fermamente sostenuti da un alto senso di responsabilità sociale.
Sia il settore pubblico che quello privato dovrebbero promuovere la salute, perseguendo
politiche e attività che permettano di:
- evitare di danneggiare la salute di altri individui;
- proteggere l’ambiente ed assicurino un uso sostenibile delle risorse;
- limitare la produzione e il commercio di beni e sostanze pericolose per la salute, come
il tabacco e gli armamenti, così come i comportamenti di mercato che non favoriscono
la salute;
- salvaguardare i cittadini nei luoghi di mercato e gli individui nei posti di lavoro;
- includere valutazioni di impatto sulla salute focalizzate sull’equità, come parte integrante dello sviluppo politico.
2. Aumentare gli investimenti per lo sviluppo della salute
In molti paesi, gli attuali investimenti a favore della salute sono inadeguati e spesso
inefficaci. Aumentare gli investimenti per lo sviluppo della salute richiede un vero e
163
proprio approccio multisettoriale, che include risorse supplementari per l’istruzione, per le
politiche abitative e anche per il settore sanitario. I maggiori investimenti a favore della
salute e il riorientamento di quelli esistenti - sia all’interno dei paesi che tra paesi diversi
- possono far progredire in maniera significativa lo sviluppo umano, la salute e la qualità
della vita.
Gli investimenti a favore della salute dovrebbero essere coerenti con i bisogni di alcuni
gruppi come le donne, i bambini, gli anziani, gli indigeni, i poveri e le popolazioni
emarginate.
3. Consolidare ed espandere gli accordi operativi per la salute
La promozione della salute richiede la stipula di accordi operativi a favore della salute e
dello sviluppo sociale tra i diversi settori presenti a tutti i livelli di governo e nella
società. Gli accordi operativi esistenti devono essere rafforzati e deve essere esplorata la
possibilità di nuove forme di accordo.
Gli accordi operativi offrono un beneficio reciproco per la salute, grazie alla condivisione
delle competenze professionali, delle abilità e delle risorse. Ciascun accordo deve essere
trasparente, responsabile e deve essere fondato su principi etici condivisi, sulla comprensione e sul rispetto reciproci. Le linee guida dell’O.M.S. dovrebbero essere coerenti con
tutto ciò.
4. Aumentare le capacità della comunità e attribuire maggiori poteri all’individuo
La promozione della salute si compie per mezzo delle persone e insieme a loro, non è
un’attività che si realizza sopra le persone e non è destinata ad esse. La promozione della
salute migliora la capacità degli individui nel prendere l’iniziativa e quella dei gruppi,
delle organizzazioni o delle comunità di influenzare i determinanti della salute.
Per migliorare la capacità delle comunità di promuovere la salute sono necessari una
istruzione pratica, un addestramento ad assumere un ruolo di guida e l’accesso alle risorse. L’attribuzione di maggiori poteri agli individui necessita di un accesso più affidabile e
costante al processo decisionale, e richiede le abilità e le conoscenze di base per determinare il cambiamento.
Questi processi possono essere supportati sia dalle forme tradizionali di comunicazione,
che dai nuovi mezzi di comunicazione di massa. Le risorse sociali, culturali e spirituali
devono essere utilizzate in modi innovativi.
5. Garantire una infrastruttura per la promozione della salute
Per garantire una infrastruttura per la promozione della salute bisogna trovare nuovi meccanismi per finanziarla a livello locale, nazionale e globale. Si dovrebbero sviluppare degli
incentivi in grado di influenzare le azioni dei governi, delle organizzazioni non governative, delle istituzioni educative e del settore privato, per aumentare il più possibile la
mobilizzazione delle risorse per la promozione della salute.
“Gli ambienti organizzativi per la salute” rappresentano la base organizzativa della infrastruttura necessaria alla promozione della salute. Le nuove sfide per la salute implicano
che devono essere create nuove e diverse reti per ottenere una collaborazione intersettoriale. Tali reti dovrebbero fornire assistenza reciproca all’interno di una nazione e tra paesi
164
diversi e dovrebbero facilitare lo scambio di informazioni sull’efficacia delle diverse strategie realizzate in ambienti organizzativi specifici.
Per supportare le attività di promozione della salute, dovrebbe essere incoraggiata l’acquisizione, in teoria e in pratica, di abilità che permettano di assumere un ruolo di guida a
livello locale. Si dovrebbe migliorare la documentazione delle esperienze di promozione
della salute attraverso ricerche e rapporti dei progetti, al fine di migliorare la programmazione, l’implementazione e la valutazione delle stesse esperienze.
Tutti i paesi dovrebbero sviluppare gli appropriati ambienti politici, legali, educativi,
sociali ed economici di supporto alla promozione della salute.
APPELLO ALL’AZIONE
I partecipanti alla Conferenza si impegnano a condividere i messaggi chiave di questa
Dichiarazione con i propri governi, le istituzioni e le comunità, di mettere in pratica le
azioni proposte e di riferire su quanto realizzato alla 5° Conferenza Internazionale sulla
Promozione della Salute.
Al fine di rendere più spedito il progresso verso una promozione della salute globale, i
partecipanti sostengono la formazione di una alleanza globale per la promozione della
salute. L’obiettivo di questa alleanza é di portare avanti le priorità di azione per la promozione della salute che sono espresse in questa dichiarazione.
Le priorità per questa alleanza includono:
- aumentare la consapevolezza che i determinati della salute possono essere modificati;
- sostenere lo sviluppo della collaborazione e delle reti per la crescita della salute;
- mobilizzare le risorse per la promozione della salute;
- aumentare le conoscenze sul modo migliore di agire nella pratica;
- dare la possibilità di un sapere condiviso;
- promuovere la solidarietà nell’azione;
- favorire la trasparenza a la pubblica assunzione di responsabilità nella promozione
della salute.
I governi nazionali sono invitati a prendere l’iniziativa per stimolare e finanziare le reti
per la promozione della salute, sia all’interno del loro paese che tra paesi diversi.
I partecipanti alla Conferenza di Jakarta 1997 raccomandano all’O.M.S. di assumere un
ruolo di guida per costruire un’alleanza globale per la promozione della salute e per
mettere in grado gli stati membri di implementare i risultati della Conferenza di Jakarta.
Un aspetto chiave di questo ruolo è rappresentato dall’impegno dell’O.M.S. di coinvolgere
i governi, le organizzazioni non governative, le banche per lo sviluppo, le agenzie delle
Nazioni Unite, le istituzioni interregionali, le agenzie bilaterali, il movimento del lavoro e
le cooperative, come pure il settore privato, nel portare avanti le priorità di azione per la
promozione della salute.
La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.int/hpr/archive/backgroundhp/jakarta/
jakartadeclaration.htm. Questa traduzione, di Paolo De Pieri, è tratta dall’opuscolo “Dichiarazioni e
documenti internazionali sulla promozione della salute” edito dal Centro di Educazione alla Salute di
Padova – Servizio regionale di documentazione e dalla Rete Veneta degli Ospedali per la Promozione
della Salute.
165
SCHEDA 7
Accesso all’informazione, partecipazione pubblica
e accesso alla giustizia nelle questioni
riguardanti l’ambiente e la salute
(Access to information, public partecipation
and access to justice in environment
and health matters)
Terza Conferenza Ministeriale della Regione Europea
sull’Ambiente e la Salute - Londra, Gran Bretagna, 16-18 giugno 1999
Partecipazione pubblica e accesso all’informazione sono riconosciuti sempre più come elementi essenziali nel realizzare la necessaria transizione verso forme di sviluppo rispettose
dell’ambiente, favorevoli alla salute e sostenibili.
Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi nell’individuare i presupposti per
un efficace coinvolgimento della popolazione nelle questioni riguardanti l’ambiente e la
salute, anche se molto rimane ancora da fare. Questo documento si propone di identificare
le aree che richiedono ulteriori passi avanti.
La Convenzione di Århus, adottata nel Giugno 1998 e sottoscritta da 39 governi e dalla
Comunità Europea, costituisce attualmente la cornice più significativa per rafforzare i diritti
pubblici all’informazione, alla partecipazione nel processo decisionale e all’accesso al ricorso giurisdizionale, nel contesto della protezione dell’ambiente e della salute legata all’ambiente. I governi sono sollecitati ad accelerare l’entrata in vigore della Convenzione e, allo
stesso tempo, ad applicare i suoi articoli con la massima estensione possibile. Si raccomanda inoltre di dare una forte enfasi agli aspetti che riguardano la salute, nelle fasi di implementazione e ulteriore sviluppo della Convenzione.
Si riconosce anche che la questione dei diritti all’informazione, alla partecipazione e alla
giustizia, per quanto riguarda la sfera della salute, merita di per se una specifica attenzione. Si propone pertanto di istituire, con il patrocinio dell’Ufficio Regionale Europeo dell’OMS,
un gruppo di lavoro, formato da rappresentanti delle organizzazioni governative e non
governative, con il compito di esplorare le possibilità di rafforzare tali diritti.
Le tecnologie elettroniche della comunicazione, in primo luogo Internet, forniscono nuove
opportunità per fornire al pubblico informazioni sull’ambiente e la salute, in modo efficiente, a basso costo e in tempo reale. Per realizzare questo potenziale si propone di costituire
una task force che comprenda rappresentanti dell’OMS, del Programma Ambiente dell’ONU,
della Commissione Economica per l’Europa dell’ONU, dell’Organizzazione per la Cooperazione
Economica e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente nonché delle organizzazioni governative e
166
non governative. Questa task force dovrebbe essere finalizzata, fra l’altro, a stabilire e
sviluppare connessioni fra le banche dati esistenti; ad individuare lacune nei dati e a migliorare la loro comparabilità; a sviluppare e ad applicare i criteri allo stato dell’arte per realizzare accessi user-friendly e infine a estendere l’accesso a Internet nella Regione europea.
Una comunicazione efficace con la cittadinanza ed una efficiente diffusione dell’informazione sono elementi determinanti nello sviluppo e nell’implementazione delle politiche per
l’ambiente e per la salute.
I governi sono sollecitati ad applicare le misure opportune per incoraggiare l’utilizzo dei
media per promuovere gli obiettivi ambientali e di salute. Si propone di costituire un gruppo
di lavoro, guidato dall’Ufficio Regionale e di cui facciano parte i partners principali, per
valutare e comunicare i rischi e per elaborare linee guida sulla comunicazione del rischio.
Altre raccomandazioni indirizzano verso il rafforzamento e l’estensione dell’utilizzo della
valutazione di impatto ambientale e sulla salute; l’importanza di far crescere il coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali inerenti le questioni dell’ambiente e della
salute, compresi l’elaborazione e l’implementazione dei NEAPs (National environmental health action plans – Piani nazionali d’azione per l’ambiente e la salute) e il bisogno di un
manuale di buone pratiche nell’ambito della partecipazione pubblica alle questioni ambientali e di salute. Sono anche raccomandate varie misure per ridurre le barriere di accesso al
ricorso giurisdizionale. A livello internazionale si raccomanda infine di consentire alle organizzazioni non governative di partecipare efficacemente alla preparazione dei documenti e
degli atti giuridici che hanno rilevanti implicazioni per l’ambiente e la salute della popolazione.
INTRODUZIONE
1.
Man mano che ci si avvicina alle soglie del nuovo millennio appare sempre più chiaro
che non è certo isolandosi dal resto della società che i governi possono risolvere i
principali problemi inerenti l’ambiente e la salute nel nostro tempo.
2.
La transizione verso uno sviluppo fondato sul rispetto dell’ambiente, il miglioramento
della salute, la sostenibilità richiedono non soltanto una forte iniziativa da parte dei
governi ma anche un riorientamento dei comportamenti dell’intera società. Sono necessari cambiamenti negli stili di vita personali, così come mutamenti a tutti i livelli
dei processi decisionali, in ambito politico ed istituzionale.
3.
Questa transizione può essere attuata solo con l’impegno attivo ed il sostegno della
società civile. Questo implica una forma nuova e maggiormente partecipativa di democrazia: sia per incoraggiare un maggior coinvolgimento della popolazione nello
sviluppare i necessari cambiamenti, che per incrementare la trasparenza e la responsabilità delle istituzioni di governo e delle imprese. Accesso all’informazione, partecipazione alle decisioni e diritto di ricorso giurusdizionale contro le decisioni, sono
parti integranti di questo processo di cambiamento.
167
4.
Progressi significativi sono stati fatti in anni recenti nello stabilire i prerequisiti
necessari per un effettivo coinvolgimento della popolazione nelle questioni dell’ambiente e della salute. Ma molto resta ancora da fare. Questo documento evidenzia i
prossimi passi da fare.
IL QUADRO INTERNAZIONALE DI RIFERIMENTO PER L’AZIONE
5.
Il valore della partecipazione della cittadinanza nel processo decisionale nel settore
pubblico ha guadagnato negli anni recenti un crescente riconoscimento politico.
A livello globale, l’Agenda 21 ha sottolineato la necessità di coinvolgere l’intera
società nel processo evolutivo verso uno sviluppo sostenibile e la Dichiarazione di Rio
ha messo l’accento sulla necessità di informazione, partecipazione e possibilità di
adire al ricorso tramite la giustizia amministrativa quando si affrontano le tematiche
ambientali.
6.
La “Carta Europea sull’Ambiente e la Salute”, adottata dalla Prima Conferenza Ministeriale Europea sull’Ambiente e la Salute (Francoforte, 1989), ha riconosciuto che la
partecipazione pubblica è un elemento importante nel contesto delle questioni ambientali e della salute. Nella seconda Conferenza (Helsinki, 1994) questo riconoscimento si è riflesso sull’enfasi data, nell’ambito del Piano di Azione Europeo per la
Salute Ambientale, all’obiettivo di rafforzare il coinvolgimento delle organizzazioni
pubbliche e non governative (ONG) nei processi decisionali riferiti alla salute ambientale.
7.
La partecipazione pubblica è emersa come elemento prioritario anche in altri consessi, soprattutto quelli concernenti il tema “Ambiente per l’Europa”. Alla terza Conferenza ministeriale “Ambiente per l’Europa” (Sofia, ottobre 1995) i Ministri per l’Ambiente
di tutti gli Stati che partecipano alla ECE (United Nations Economic Commission for
Europe) hanno approvato le Linee guida ECE per l’Accesso alle informazioni sull’Ambiente e per la Partecipazione pubblica alle decisioni in materia ambientale.
8.
In ogni caso l’adozione, lo scorso anno, della Convenzione ECE sull’Accesso all’informazione, sulla Partecipazione pubblica nei processi decisionali e sull’Accesso al ricorso giurisdizionale nelle questioni ambientali, rappresenta senza dubbio lo sviluppo
internazionale più significativo in questo ambito.
Questa nuova normativa, adottata nella città danese di Århus dalla Quarta Conferenza
Ministeriale “Ambiente per l’Europa” (giugno 1998), molto probabilmente costituirà il
principale quadro di riferimento giuridico per il rafforzamento dei diritti ambientali
dei cittadini dei paesi aderenti all’ECE nel prossimo futuro. Ad oggi 39 Paesi e l’Unione Europea hanno firmato la Convenzione.
COSTRUIRE SULLA BASE DELLA CONVENZIONE DI ÅRHUS
9.
168
Mentre è competenza dell’Assemblea delle parti sorvegliare l’attuazione della Conven-
zione dopo la sua entrata in vigore, i firmatari di Århus decisero “di cercare di applicare la Convenzione nella misura massima possibile nell’attesa della sua entrata in
vigore”.
La Conferenza di Londra fornisce a questo proposito una tempestiva occasione per
delineare alcuni indirizzi per l’applicazione della Convenzione, specialmente per quanto
concerne gli obiettivi di salute, che in seguito potranno essere presi in considerazione anche dall’Assemblea.
La Convenzione di Århus, come risultato del processo “Ambiente per l’Europa”, si
sviluppò come convenzione per l’ambiente. Conseguentemente gli obiettivi di salute
in quanto tali non ebbero un ruolo centrale nell’ambito dei negoziati. Per questo
motivo la Conferenza di Londra, come parte del processo di crescita della cooperazione internazionale nei settori dell’ambiente e della salute, può contribuire a dare una
rilevanza maggiore agli obiettivi di salute all’interno della Convenzione.
10. Di fatto in molte parti del testo della Convenzione si fa esplicito riferimento alla
salute. L’art.1, che stabilisce l’obiettivo della Convenzione, fa riferimento al “diritto
di ogni persona, della presente e delle future generazioni, a vivere in un ambiente
adeguato alla sua salute ed al suo benessere” e questa affermazione è supportata
anche da altre enunciazioni simili presenti nel preambolo.
11. Più concretamente la definizione della Convenzione inerente l’informazione ambientale contiene un circoscritto ma esplicito riferimento alla salute e alla sicurezza
nonché alle condizioni per l’esistenza umana. Pur essendo questo riferimento correlato in modo più evidente alle direttive della Convenzione riguardanti l’informazione, è
logico e coerente interpretare il significato dei termini “ambiente” e “ambientale”
allo stesso modo, anche quando sono utilizzati negli altri ambiti della Convenzione.
Infatti è chiaramente auspicabile che l’intera Convenzione - e non soltanto la parte
che riguarda l’informazione - sia interpretata come un’applicazione, almeno nel senso
qui definito, degli obiettivi di salute.
12. Per quanto riguarda la gamma di obiettivi di salute considerati, pare ragionevole
assumere una definizione di salute che ricomprenda almeno gli elementi contenuti
nella definizione di “salute ambientale” utilizzata dall’Ufficio Regionale per l’Europa
dell’OMS (WHO/EURO).
Tale definizione include “sia gli effetti patologici diretti di agenti chimici, radiazioni
e agenti biologici che gli effetti (spesso indiretti) su salute e benessere, dell’ambiente, dal punto di vista fisico, psicologico, sociale ed estetico, comprendendo l’edilizia
abitativa, lo sviluppo urbano, l’utilizzo del territorio e i trasporti”.
13. Un’ulteriore questione è se la Convenzione debba anche stabilire i diritti all’informazione ed alla partecipazione in relazione a obiettivi di salute pubblica che non hanno
una connessione diretta con l’ambiente, o se tali diritti debbano essere tutelati in
altro modo. Le attività di produzione alimentare o di medicinali sono esempi di aree
con significative implicazioni per la salute pubblica, dove vi sono ragioni forti per
169
rispondere alle richieste di partecipazione pubblica e di trasparenza e che tuttavia
non necessariamente ricadono nel campo di previsione della Convenzione di Århus.
Dal punto di vista della ragione, è difficile comprendere perché i diritti di pubblico
accesso all’informazione nella sfera della salute pubblica dovrebbero essere più deboli
dei diritti di informazione ambientale e la stessa cosa si può dire per quanto riguarda
il diritto di partecipazione ai processi decisionali.
ACCESSO ALL’INFORMAZIONE
14. Un’efficace politica dell’informazione è fondamentale per coinvolgere la popolazione
nella promozione della salute ambientale. L’informazione non è soltanto un prerequisito per una partecipazione effettiva nei processi decisionali: è anche necessaria per
consentire ai singoli di fare scelte consapevoli nella loro vita, con beneficio alla loro
salute e all’ambiente.
15. Una politica dell’informazione dovrebbe mirare ad assicurare la responsabilità e la
trasparenza delle istituzioni pubbliche e a creare un’utenza più informata, attraverso
misure che favoriscano la crescita della conoscenza e della consapevolezza nella
popolazione. Le autorità pubbliche sono in possesso delle informazioni per conto dei
cittadini. Tali informazioni dovrebbero pertanto essere accessibili pubblicamente, salvo
alcune eccezioni, chiaramente definite in considerazione del pubblico interesse. Certe
informazioni, inoltre, dovrebbero essere prontamente fornite alla popolazione.
16. La Convenzione di Århus individua gli elementi essenziali di un sistema che soddisfi
le domande di accesso degli amministrati all’informazione posseduta dalle autorità
pubbliche. Vi è un orientamento generale a favore dell’accesso nonché definizioni di
“informazione ambientale” e di “autorità pubbliche” che delineano la gamma delle
informazioni riservate e gli elementi richiesti per la loro fornitura; sono individuate in
larga massima le modalità di accesso (limiti temporali, costi, modulistica, etc.) e le
condizioni per un limitato numero di esenzioni.
17. L’accesso alle informazioni riguardanti la salute è parzialmente contemplato dalla
Convenzione, per la parte che è interrelata con le problematiche ambientali. I dati
epidemiologici e tossicologici dovrebbero essere in via di principio disponibili al
pubblico, pur considerando la possibilità di esclusioni previste dalla Convenzione per
quanto riguarda, per esempio, dati personali, informazioni commerciali riservate ed
informazioni tutelate da diritti di proprietà intellettuale. Al fine di consentire il massimo grado di accesso pubblico ai dati epidemiologici, senza infrangere la privacy
personale, tali dati dovrebbero essere strutturati in modo tale che ogni minima informazione che potrebbe portare all’identificazione di un particolare soggetto possa
essere separata, fornendo soltanto l’informazione rimanente. In tali casi si dovranno
altresì prevedere accessi privilegiati ai dati riservati da parte di ricercatori nominati
da coloro che rappresentano interessi pubblici, essendo tale accesso comunque tutelato da un accordo di riservatezza.
170
18. Non dovrebbe essere possibile per un’Autorità pubblica avvalersi di una eccezione per
trattenere un’informazione la cui pubblicazione potrebbe prevenire una significativa
minaccia alla salute. Inoltre si dovrebbe considerare la possibilità di procedure veloci
o l’esenzione da pagamenti per ottenere l’accesso a questo tipo di informazioni.
19. Il cittadino dovrebbe avere sempre il diritto di accedere alle informazioni riguardanti
la propria salute, salvo casi eccezionali, previsti dalla legge, allorquando vi sono
buone ragioni per credere che l’accesso a tali informazioni, senza che vi sia alcun
effetto positivo, potrebbe recargli grave danno. Le informazioni sullo stato di salute
di una persona deceduta dovrebbero essere sempre disponibili per i parenti stretti.
20. È necessario dare urgentemente indirizzi precisi per quanto riguarda il problema delle
informazioni possedute dal settore privato, dato che la maggior parte delle norme
sulla libertà di informazione si applicano soltanto all’informazione posseduta dalle
autorità pubbliche. E’ essenziale prevedere meccanismi per assicurare un adeguato
flusso di informazione dal settore privato al dominio pubblico.
21. Si dovrebbe dedicare una speciale attenzione alle necessità di informazione dei lavoratori esposti a particolari rischi nell’ambiente di lavoro, dato che tali bisogni non
sono soddisfatti attraverso l’informazione pubblica generale. Accordi collettivi fra i
lavoratori e il management hanno incluso clausole relative all’informazione e un quadro istituzionale e legislativo in evoluzione hanno rafforzato i diritti dei lavoratori in
quest’area. Tuttavia è necessario un ulteriore progresso, come dimostra, fra l’altro, il
numero relativamente piccolo di paesi che hanno ratificato la Convenzione ILO del
1981 (No. 155) per la Sicurezza e la Salute sul lavoro.
I meccanismi di raccolta delle informazioni
22. Sia gli aspetti attivi che quelli passivi della politica dell’informazione, dipendono da
adeguati sistemi di produzione, raccolta, organizzazione e presentazione delle informazioni. Vi sono vari strumenti per produrre o raccogliere informazioni:
a) Reports sullo stato dell’ambiente e/o della salute forniscono un’utile base per una
analisi politica periodica. Il valore di tale attività di rilevazione come strumento
per guidare le scelte politiche aumenta se, oltre al fatto di rendere disponibili
informazioni fattuali sul presente e proiezioni sulla situazione futura dell’ambiente
e della salute, essa analizza i trends in atto alla luce di indicatori di sviluppo
sostenibile.
b) La valutazione di impatto ambientale (VIA) è ampiamente utilizzata per prevedere
il probabile impatto sull’ambiente e/o sulla salute di progetti e di attività proposti, e in minor misura anche per quanto riguarda programmi, piani o linee politiche. La valutazione di impatto sulla salute e la VIA stanno peraltro emergendo
anche come utili discipline accademiche.
171
c) Il controllo ambientale delle attività produttive e delle imprese, attraverso programmi come lo Schema dell’Unione Europea per la Gestione e la Certificazione
Ambientale (European Union’s Environmental Management and Auditing Scheme),
e l’analisi dell’intero ciclo di vita dei prodotti può contribuire alla crescita della
consapevolezza, nei produttori e nei consumatori, delle implicazioni ambientali
delle loro azioni. Tali schemi dovrebbero essere, per quanto possibile, vincolanti,
onde assicurare la massima copertura possibile e stabilire un “campo di gioco
uniforme”, comprendendo anche le implicazioni per la salute.
d) I registri inerenti gli scarichi e i trasporti di materiali inquinanti (Pollutant release
and transfer registers, PRTRs), aggiornati attraverso il rilevamento periodico degli
scarichi e dei trasporti di una gamma specifica di sostanze derivanti da attività
potenzialmente inquinanti, si sono dimostrati mezzi altamente efficaci e di costo
relativamente basso per la raccolta di informazioni ambientali dal settore privato
e per l’acquisizione delle stesse al dominio pubblico, esercitando in tal modo una
pressione atta a diminuire i livelli di inquinamento. Tuttavia , pochissimi Paesi
nella Regione europea, hanno istituito tali registri.
e) I sistemi di reporting dei dati sulla salute sono necessari anche per fornire una
base per la ricerca delle possibili relazioni causali fra problemi della salute e
fattori ambientali. Sono necessari una migliore sorveglianza delle malattie ed il
monitoraggio degli indicatori ambientali che possono essere correlati con la salute, inclusa la salute sul lavoro. Oltre ai dati sulla mortalità, che danno soltanto un
crudo e tardivo segnale d’allarme circa l’esistenza di problemi potenziali, i registri
sulle ricorrenze delle malattie tumorali e il monitoraggio di “eventi sentinella”
dovrebbero essere utilizzati e organizzati in modo da massimizzare l’accesso pubblico alle informazioni più significative, senza compromettere la tutela della privacy. Infine sono di grande importanza i registri pubblici delle sostanze con proprietà pericolose per la salute, come ad esempio il Registro Internazionale dei
Prodotti Chimici Potenzialmente Tossici.
23. Alcuni passi dovrebbero essere fatti per migliorare il valore combinato di questi
diversi sistemi di reporting.
a) Gli stessi sistemi dovrebbero essere attivati (laddove questo non è già stato fatto), rafforzati e ampliati. Nel caso dei PRTRs, la cornice legale offerta dalla Convenzione di Arhus, combinata con la considerevole esperienza accumulata in questo ambito da Istituzioni come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (OCSE / Organisation for Economic Co-operation and Development,
OECD), con la cornice del Programma Inter-organizzazionale per la Corretta Gestione delle Sostanze Chimiche (Inter-Organizational Programme for the Sound
Management of Chemicals), dovrebbe essere utilizzata per dare nuovo impulso
all’uso dei PRTRs nella Regione.
172
b) Al fine di incrementarne significativamente l’utilità dovrebbero essere rafforzate le
connessioni fra questi diversi sistemi informativi.
c) In terzo luogo, per consentire una maggiore comparabilità fra i dati, si dovrebbero
incoraggiare misure per armonizzare i sistemi di raccolta delle informazioni nella
Regione Europea.
d) Si dovrebbe rendere disponibile al pubblico l’informazione in modo facilmente
accessibile e “user-friendly”. Ciò comporterà, di consuetudine, la prassi di rendere
compatibili con i bisogni e gli interessi del pubblico l’interpretazione, l’organizzazione e l’analisi delle informazioni, senza che ciò comunque impedisca l’accesso ai
dati originali. Vi è un considerevole aumento dell’utilizzo pubblico delle informazioni quando le stesse sono offerte con modalità “user friendly”, attraverso applicazioni elettroniche “one-stop-shop”, come è dimostrato dallo stato dell’arte dei
siti web in Internet che connettono banche dati inerenti le emissioni nell’ambiente (nella forma di sistemi informativi su base geografica) con banche dati circa le
implicazioni sulla salute dei prodotti chimici tossici. Vi è inoltre la necessità di
fornire alle Organizzazioni non governative (NGOs) ed al pubblico maggiori informazioni su come interpretare i dati inerenti le problematiche dell’ambiente e della
salute.
LA COMUNICAZIONE PUBBLICA
24. La comunicazione con il pubblico e un’efficace diffusione dell’informazione sono elementi essenziali nello sviluppo e nell’implementazione delle politiche per l’ambiente
e per la salute. Una popolazione bene informata è maggiormente in grado di partecipare efficacemente ai processi decisionali e più interessata a sostenere politiche
rivolte alla creazione di un ambiente più salubre.
25. A livello individuale, una buona comunicazione può avere benefici diretti per l’ambiente e per la salute, sia avvertendo i cittadini su quando e come evitare l’esposizione ai rischi (p. es. l’esposizione ai raggi ultravioletti, l’ozono, lo smog), sia dissuadendo dall’adottare comportamenti dannosi per l’ambiente (p.es. utilizzando l’automobile in città, quando sono disponibili mezzi di trasporto pubblico meno inquinanti).
Chi comunica?
26. La comunicazione nell’ambito dell’ambiente e della salute non è semplicemente un
processo unidirezionale attraverso il quale un’informazione obiettiva passa da chi è
informato a chi non lo è. Essa può e dovrebbe comprendere momenti di dibattito,
dialogo e informazione di ritorno (feedback), specialmente nel contesto dei processi
decisionali.
27. I governi devono considerare con attenzione come gli organismi sotto il loro diretto
173
controllo comunicano con il pubblico. I media hanno un ruolo particolarmente importante nella comunicazione delle informazioni e nello sviluppo di una “alfabetizzazione per la salute”. Media liberi, indipendenti e critici sono elementi chiave di una sana
democrazia. Pertanto le istituzioni pubbliche che intendono diffondere i loro messaggi devono lavorare con i media con modalità proattiva, evitando la segretezza ed
incoraggiando la trasparenza. Entrambe le parti dovrebbero essere consapevoli della
loro responsabilità e della necessità di comunicare in modo aperto e professionale
l’uno con l’altro, in particolare in situazioni di calamità (quando la tempestività può
essere la cosa più importante e i protocolli di comportamento devono essere già stati
predisposti).
28. Altri attori importanti nella comunicazione delle informazioni sull’ambiente e la salute sono i medici, i professionisti della salute ambientale, le istituzioni educative, le
imprese, i sindacati e le ONG. La comunicazione delle politiche di sanità pubblica, le
idee e gli sviluppi dipendono anche dal loro coinvolgimento attivo e dal loro accordo.
29. Tutte queste componenti sono state invitate, insieme con gli uffici informazione
governativi, nel Network Europeo per la Comunicazione sulla Salute (WHO European
Health Communications Network), recentemente costituito presso il WHO/EURO (Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), che sosterrà lo
sviluppo di competenze e provvederà a diffondere le informazioni sulle buone pratiche, stabilendo anche un codice etico e linee guida per i professionisti.
I mezzi di comunicazione
30. Le tecnologie della comunicazione si stanno evolvendo rapidamente. E’ dunque necessario che i Governi adattino le loro politiche tenendo conto dei cambiamenti tecnologici, riconoscendo che essi portano con sé nuovi rischi ma anche nuove opportunità.
31. La televisione è diventata la maggior fonte di notizie e informazioni in Europa, come
nel resto del mondo. E’ un mezzo molto potente per trasmettere messaggi, sia positivi
che negativi, circa le problematiche dell’ambiente e della salute. La recente crescita
degli investimenti sulla televisione digitale e su altri canali televisivi significa che gli
spettatori hanno accesso ad una moltitudine di canali commerciali, oltre a quelli di
proprietà dello Stato, alcuni dei quali hanno una larga copertura satellitare, che non
tiene in alcun conto i confini nazionali. Questo ha inevitabilmente ridotto la possibilità dei governi di avere voce in capitolo per quanto riguarda i messaggi a cui le loro
popolazioni sono esposte. D’altra parte, l’arrivo della televisione digitale può portare
un grande numero di canali a basso budget rivolti alle comunità locali, accrescendo
le opportunità per i cittadini e per le Organizzazioni non governative, di partecipare
all’utilizzo del mezzo e alla diffusione di messaggi socialmente utili, ma aumentando
anche nel contempo, a causa della frammentazione dell’audience, la difficoltà di
raggiungere con un messaggio l’intera popolazione.
174
32. Nonostante la limitata influenza che i Governi possono avere sul contenuto della
programmazione televisiva, è importante che ciascun Paese, i cui cittadini costituiscono gli spettatori dei canali televisivi, manifesti con chiarezza ciò che ci si attende
per quanto riguarda la responsabilità delle emittenti TV. In passato alcuni governi
hanno stabilito il quadro di riferimento all’interno del quale le stazioni televisive
dovrebbero operare per ottenere la licenza di trasmettere. Questo può voler dire
stipulare l’accordo che una certa percentuale di programmi siano “socialmente utili”,
per esempio per la promozione della salute, o su problematiche sociali e ambientali.
Questa categoria può anche includere i “programmi dell’accesso”, o programmi che
incoraggiano gli spettatori a partecipare e ad esprimere la loro opinione. Gli annunci
di pubblica utilità sulle tematiche sociali o della salute, solitamente realizzati da
agenzie governative o da ONG facenti parte di campagne per la salute pubblica o altro
e inseriti fra un programma e l’altro, possono essere mezzi molto efficaci per lo
sviluppo della consapevolezza dei cittadini. Ci sono tutte le ragioni per incoraggiare
le emittenti nazionali a trasmetterli con regolarità, gratuitamente o a pagamento.
Così come ci sono forti argomentazioni morali per limitare la pubblicità di prodotti
dannosi per la salute o per l’ambiente.
33. Le tecnologie elettroniche della comunicazione, specialmente Internet, stanno rivoluzionando le modalità con cui la società tratta le informazioni. Inserire le informazioni su siti web o su homepages, utilizzando nel contempo i media convenzionali,
vuol dire utilizzare una via efficace per mettere a disposizione tali informazioni del
crescente numero di utenti del computer, risparmiando tempo e denaro sia da parte
del pubblico, che delle autorità e permettendo agli utenti di commisurare le informazioni ai loro bisogni ed ai loro interessi. La Convenzione di Århus richiede alle parti
interessate di produrre informazioni ambientali gradualmente fruibili anche in questa
forma, con particolare enfasi per alcune categorie di informazione. Tuttavia, molti
non sono ancora collegati con Internet, in forma diretta o indiretta, e c’è la necessità
di aumentare il numero dei contatti, per esempio attraverso punti di accesso situati
in centri pubblici di informazione.
34. Le agenzie educative costituiscono una fonte essenziale di informazione sulle questioni dell’ambiente e della salute e dovrebbero essere incoraggiate a includere con
decisione nei loro programmi didattici le tematiche dell’ambiente e della salute. Questo non solo migliorerà la qualità della partecipazione della popolazione ai processi
decisionali, nel breve e medio termine, ma produrrà anche benefici sul lungo periodo
per quanto riguarda la salute ambientale del futuro, attraverso la costituzione di un
“capitale di intelligenza” nella popolazione.
35. Le etichette dei prodotti sono uno strumento importante di informazione al pubblico.
Possono essere uno strumento neutrale (p.es. fornendo una lista obiettiva degli ingredienti) o valutativo (p.es. sottolineando il fatto che quel prodotto può nuocere alla
salute o all’ambiente). E’ essenziale che al pubblico siano fornite informazioni sufficienti e in forma appropriata, affinché tutti siano in grado di scegliere consapevol175
mente ciò che porta beneficio alla salute ed all’ambiente. Criteri minimi per la compilazione delle etichette dovrebbero essere stabiliti su base obbligatoria, per assicurare un minimo comun denominatore, con la possibilità di integrarli utilmente con
modalità di etichettatura supplementari e volontarie. In entrambi i casi, il contenuto
dell’etichetta dovrebbe essere coerente con i risultati delle analisi inerenti l’intero
ciclo di vita del prodotto, affinché il consumatore possa ottenere il quadro complessivo delle implicazioni del consumo di quel prodotto sull’ambiente e sulla salute. I
criteri di compilazione delle etichette dovrebbero inoltre tener conto delle preoccupazioni della popolazione, p. es. rendendo obbligatoria la menzione che il prodotto
contiene o trae origine da materiali geneticamente modificati.
La comunicazione dei rischi per la salute e l’ambiente
36. La comunicazione dei rischi e dei pericoli per la salute e per l’ambiente è una delle
aree più delicate e controverse della comunicazione pubblica. Fornire alla popolazione informazioni insufficienti o incomplete circa una situazione di rischio può privare
i cittadini della possibilità di prendere misure precauzionali o preventive e può avere
serie conseguenze, in qualche caso può costare letteralmente la vita. Quando un’informazione tempestiva può ridurre o eliminare una minaccia per la salute o per l’ambiente, dovrebbe essere obbligatorio, per chi possiede tale informazione, renderla
immediatamente disponibile alla popolazione potenzialmente interessata.
37. La comunicazione del rischio dovrebbe tendere a trasmettere alla popolazione potenzialmente interessata un’informazione obiettiva sul reale livello di rischio al quale è o
potrebbe essere esposta. Tuttavia ci sono molti ostacoli che rendono difficile il conseguimento di questo obiettivo.
38. Comunicare al pubblico situazioni di rischio per la salute vuol dire spesso riferirsi a
fatti tecnici complessi utilizzando una terminologia da profani senza perdere in esattezza dell’informazione. Talvolta ciò comporta la necessità di colmare una lacuna fra
percezione pubblica e fatto oggettivo, al fine di ristabilire la realtà della situazione.
In alcuni campi questo può significare anche comunicare incertezza o diversità di
opinioni. Questioni etiche e politiche possono essere messe in gioco. Ma tutte queste
non sono comunque buone ragioni per evitare la comunicazione; al contrario queste
sono le aree in cui si riscontrerà il maggiore interesse pubblico.
39. Se le autorità pubbliche sottostimano i rischi o i pericoli per la salute derivanti da
incidenti, attività o prodotti, o se semplicemente l’informazione non viene diffusa,
ciò può portare all’instaurarsi di un circolo vizioso di scarsa comunicazione e comporterà una perdita della fiducia da parte dei cittadini. La popolazione non crederà più
alle informazioni di fonte ufficiale, adottando le propria versione molto concreta del
principio di precauzione. Le autorità pubbliche saranno così rinforzate nella loro
credenza che il pubblico è irrazionale, e saranno sempre meno portate a condividere
con la popolazione le informazioni sui rischi per timore che esse provochino reazioni
sproporzionate.
176
40. Se il rischio è sovrastimato, ciò può causare un ingiustificato stress psicologico, che
può a sua volta essere costituire o essere causa di un significativo e misurabile
impatto sulla salute pubblica. Una comunicazione efficace del rischio dovrebbe perciò
percorrere la strada che passa tra il causare compiacenza (complacency) ed il causare
allarme. D’altra parte non si dovrebbero mai invocare i problemi per la salute indotti
dall’informazione come scusa per trattenere le informazioni, quando queste potrebbero consentire l’adozione di azioni precauzionali atte a ridurre una minaccia significativa per la salute o per l’ambiente.
41. Forse la maggior sfida nella comunicazione delle situazioni di rischio si attua nelle
situazioni di incertezza circa il livello o la natura del rischio. Sebbene la valutazione
possa basarsi spesso su alti livelli di certezza scientifica, tuttavia la valutazione di
rischio poggia su un’ampia gamma di modelli previsionali, e perciò il livello di incertezza - e la possibilità di produrre valutazioni di rischio ampiamente differenti - è di
gran lunga più grande. E’ dunque cruciale che la comunicazione di rischio rispetti
pienamente il principio di precauzione alla luce di ogni possibile incertezza, e che
ogni realistico dubbio e lacuna nella conoscenza siano comunicati alla popolazione.
La valutazione dei rischi
42. La comunicazione del rischio spesso equivale al comunicare i risultati della valutazione di rischio. Per questo motivo la questione di come i rischi vengono valutati assume
rilevanza centrale.
43. La valutazione del rischio può costituire uno strumento potente quando riguarda
sistemi ben delineati, dove i rischi sono ben definiti (p.es. il traffico). Ma in passato
è stata applicata troppo frequentemente anche a sistemi complessi, dove i rischi sono
scarsamente definiti e/o completamente imprevedibili (p.es peer gli organismi geneticamente modificati). Questo ha contribuito, in qualche modo, ad accrescere lo
scetticismo con cui la gente ha accolto negli ultimi decenni le informazioni sulla
salute e la sicurezza.
44. I Governi dovrebbero incoraggiare l’identificazione e la quantificazione del rischio
nella misura massima possibile in ogni valutazione di rischio, riducendo in tal modo,
per quanto possibile, il numero della valutazioni basate su modelli. Per quanto riguarda le valutazioni rimanenti è importante che siano chiaramente precisate e che il
principio di precauzione sia rigorosamente applicato.
45. A parte la difficoltà di quantificare i rischi in modo accurato e affidabile, la questione
della loro accettabilità dipende da un ventaglio di altri problemi che interessano i
giudizi soggettivi di valore. Ciò implica la necessità di un ampio apporto sociale nei
processi decisionali inerenti le situazioni di rischio. Il ruolo dei giudizi di valore e il
trattamento dell’incertezza scientifica nella valutazione di rischio sono sviluppati più
ampiamente nell’allegato 1.
177
La prevenzione dei rischi
46. La maggior parte dei rischi e dei pericoli nella società moderna non sono inevitabili,
piuttosto nascono come risultato, diretto o indiretto, delle attività umane. L’obiettivo di fondo di qualsiasi politica inerente la comunicazione dei rischi deve essere
quello di diminuire e, dove possibile, di eliminare i rischi evitabili. La comunicazione
del rischio non dovrebbe essere un processo attraverso cui il governo o l’industria
tentano di far apparire più accettabili per la popolazione rischi evitabili, presentandoli come “dati di fatto”.
47. La comunicazione di rischio dovrebbe essere vista nel più ampio contesto di un approccio preventivo. Un’efficace comunicazione di rischio dovrebbe in molti casi non
soltanto guidare gli individui a minimizzare la loro esposizione al pericolo, ma anche
esercitare una pressione pubblica per eliminare la fonte del pericolo.
48. Allo stesso modo, la valutazione dei rischi dovrebbe essere vista nel più ampio contesto di un movimento verso una società il cui sviluppo è sostenibile, basata su una
produzione pulita. Le valutazioni di rischio standard possono fornire informazioni,
con le sopracitate limitazioni, circa la probabilità del verificarsi di determinati eventi
e delle loro possibili conseguenze. Comunque questo dovrebbe costituire soltanto
uno degli elementi nel processo decisionale circa l’opportunità di continuare o meno
con un’attività che dà origine a situazioni di rischio. Un’eccessiva enfasi su questo
aspetto può diminuire la considerazione di altre problematiche quali i bisogni sociali,
la disponibilità di soluzioni alternative o l’irreversibilità degli effetti dannosi.
49. In fin dei conti la società ha bisogno di adottare un approccio completamente nuovo
ai rischi ed ai pericoli - un approccio preventivo e proattivo, piuttosto che reattivo e
basato sulla riduzione del danno dopo che l’evento si è verificato. Le tecnologie
pervasive, che si ritiene ragionevolmente abbiano la potenzialità di produrre effetti
dannosi sostanziali, irreversibili e incontrollabili non dovrebbero essere sviluppate
fino a quando non sia stato stabilito, senza ragionevole dubbio, che esse non produrranno tali effetti.
LA PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO E DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE
50. La partecipazione della popolazione e delle ONG ai processi decisionali di carattere
istituzionale per quanto riguarda le questioni della salute e dell’ambiente è auspicabile poiché tende a migliorare la qualità delle decisioni e ad accresce il livello del
consenso pubblico rispetto alle conseguenze di tali decisioni. In modo meno tangibile, ma non meno importante, ci si può aspettare che una società in cui la gente si
rende conto che può far sentire la propria voce e può influire sulle decisioni abbia un
morale più alto rispetto a una in cui la popolazione percepisce di non avere alcuna
voce in capitolo per quanto riguarda le condizioni di vita e di lavoro. Questo fattore
ha implicazioni numerose e di vasta portata che non dovrebbero essere ignorate,
anche se difficili da quantificare.
178
51. La Convenzione di Århus fornisce un’ampia cornice legislativa a tale partecipazione,
stabilendo i requisiti minimi per la partecipazione pubblica alle decisioni su iniziative specifiche (art. 6), su piani, programmi e politiche (art. 7) e in generale su norme
e regolamenti (art. 8) relative all’ambiente.
52. È necessario rafforzare ulteriormente le possibilità di partecipazione pubblica ai processi decisionali che hanno significative conseguenze per la salute, sia attraverso la
Convenzione che con altre iniziative. Per esempio, si dovrebbero compiere altri passi
avanti per contemplare la partecipazione pubblica nei processi autorizzativi inerenti
il trasporto delle scorie nucleari o di altri rifiuti pericolosi, un’attività che ha evidenti
implicazioni sulla salute. Analogamente le incertezze nel campo degli organismi geneticamente modificati rendono obbligatoria la scelta di prevedere una partecipazione pubblica nei processi decisionali riguardanti questo ambito quanto meno pari a
quella attuata per le altre attività (elencate nell’Allegato 1 della Convenzione).
53. Non si dovrebbe permettere che decisioni assunte in ambito imprenditoriale o di
investimento finanziario limitino la partecipazione pubblica in alcun modo, ma piuttosto si dovrebbero incoraggiare i governi a mantenere ed ampliare i meccanismi di
partecipazione già esistenti.
Le valutazioni di impatto sull’ambiente e la salute
54. Negli ultimi decenni, la valutazione di impatto ambientale (VIA) dei progetti ha
rappresentato un meccanismo particolarmente importante per coinvolgere la popolazione in alcune categorie di processi decisionali, in un numero crescente di Paesi.
Nondimeno si deve riconoscere che nella presente forma la VIA, come la correlata
disciplina della valutazione del rischio, non ha impedito la diffusione di tecnologie e
di pratiche pericolose per l’ambiente.
55. È possibile avvalersi dell’esperienza fatta con la VIA e incrementare la sua efficacia in
tre modi: in primo luogo assegnando alla valutazione di impatto sulla salute un
rilievo maggiore di quello attribuito fino ad ora; in secondo luogo allargando la
partecipazione del pubblico, specialmente quando si tratta di stabilire il campo d’azione
della VIA; in terzo luogo aumentando il numero delle categorie di processi decisionali
considerati, includendo quelli inerenti le politiche, i piani, i programmi, le leggi
sull’ambiente o sulla salute correlata all’ambiente. Limitare la VIA a livello dei processi decisionali sui progetti è come fidarsi di una soluzione sull’ultimo anello della
catena.
Buone pratiche
56. Vi sono precise condizioni, tutte altrettanto importanti, per raggiungere una vera
partecipazione pubblica, evitando un coinvolgimento che sia solo di facciata. Fra i
principali fattori di una efficace partecipazione vi sono:
a. la possibilità di un coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali,
179
nelle fasi preliminari e in itinere;
b. una comunicazione adeguata e tempestiva nei confronti delle parti interessate;
c. l’accesso pubblico alle informazioni rilevanti per il processo decisionale, con un’attiva diffusione delle informazioni chiave al pubblico interessato;
d. la dovuta attenzione agli input che provengono dal pubblico;
e. decisioni ponderate nei confronti di tutte le controversie sostanziali originate
dalla partecipazione pubblica;
f. la trasparenza nei processi decisionali, mettendo a disposizione del pubblico anche la raccolta di tutte le opinioni espresse e i resoconti delle riunioni tenute con
i soggetti decisori ;
g. la formazione dei funzionari pubblici al fine di sostenere la partecipazione pubblica;
h. una infrastruttura di supporto per la partecipazione del pubblico e delle ONG,
comprese le misure necessarie per superare gli ostacoli finanziari alla partecipazione;
i. la costruzione di competenze e capacità produttive a lungo termine che rafforzino
le ONG.
57. Non si dovrebbe considerare la partecipazione pubblica come una pura questione di
adempimenti procedurali e formali. Per quanto possibile il contenuto delle decisioni
dovrebbe rispecchiare gli input derivanti dalla partecipazione pubblica, specialmente
gli input di soggetti i cui diritti o legittimi interessi sono particolarmente coinvolti
dal processo decisionale in corso.
La partecipazione pubblica nei piani nazionali e locali per la salute ambientale
58. Sebbene il processo decisionale per quanto riguarda i piani nazionali e locali per la
salute ambientale (Ntional and Local Environmental Health Action Plans, rispettivamente NEHAPs e LEHAPs) si riferisca soltanto ai piani concernenti la salute e l’ambiente, si tratta evidentemente di un processo importante in questo contesto. La
risoluzione che accompagna l’adozione della Convenzione di Århus enfatizza indirettamente l’applicabilità della Convenzione ai processi decisionali riguardanti i piani
nazionali per la salute ambientale.
59. L’indicazione data dal gruppo di lavoro NEHAP del Comitato Europeo per l’Ambiente e
la Salute (European Environment and Health Committee’s NEHAP Task Force) contiene
varie raccomandazioni e suggerimenti per quanto riguarda la consultazione e la parte180
cipazione pubblica. Oltre a sottolineare la rilevanza delle Linee Guida di Sofia (vedi
paragrafo 7), l’indicazione fa riferimento alla necessità di una strategia della partecipazione pubblica e definisce come “assiomatico” il fatto che i pareri della cittadinanza siano influenti.
60. Un consulto dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità (VHO/EURO) sull’informazione e la partecipazione pubblica nelle questioni
della salute ambientale ha analizzato la situazione nei Paesi europei ed ha prodotto
un elenco di raccomandazioni su come affrontare questi problemi.
61. Lo studio di scenario diffuso dal Centro Regionale per l’Ambiente dell’Europa Centrale
e Orientale (Regional Environmental Centre for Central and Eastern Europe, REC) mostra che mentre alcuni paesi hanno dato alla popolazione ampie possibilità di partecipazione nei processi decisionali inerenti i NEHAP, in altri si verifica un coinvolgimento minimo o nullo. Nel caso dei piani locali LEHAPs (o di iniziative similari come
l’”Agenda locale 21” o le “Città sane”) sembra che si sia realizzato un più elevato
livello di partecipazione. Sebbene l’analisi REC abbia coperto una selezione di paesi
relativamente piccola e in una fase iniziale dei processi NEHAP/LEHAP, i suoi risultati
indicano che c’è ancora molto spazio per migliorare.
Forme di partecipazione
62. Nella maggior parte dei processi decisionali pubblici, lo scopo della partecipazione
pubblica è quello di assicurare che la popolazione sia stata adeguatamente consultata
e che i punti di vista espressi siano stati realmente presi in esame. Le decisioni vere
e proprie sono generalmente adottate dalle amministrazioni pubbliche operanti sotto
l’autorità di governi eletti.
63. In alcuni casi tuttavia, per esempio dove vengono utilizzati lo strumento referendario
o il diritto di iniziativa legislativa popolare, la cittadinanza o le ONG sono realmente
soggetti decisori o co-decisori. L’uso fruttuoso di questi strumenti di “democrazia
diretta” in un piccolo numero di Paesi non soltanto fornisce modelli interessanti da
seguire in altri Paesi, ma suggerisce anche che è necessario non circoscrivere la
partecipazione pubblica nella realizzazione di consultazioni pubbliche all’interno di
un processo decisionale in corso. Può anche voler dire esaminare le stesse strutture
del processo decisionale e svilupparne di nuove (p.es. opzioni a scelta multipla) in
grado di rafforzare la partecipazione della popolazione.
64. I computer aprono nuove possibilità per il coinvolgimento della popolazione nei
processi decisionali. Così come l’uso della tecnologia informatica ha trasformato la
modalità di trattamento delle informazioni, allo stesso modo potrebbe avere un impatto simile sui processi di formazione delle decisioni.
181
Chi ha il diritto di partecipare?
65. In linea di principio, l’obiettivo delle partecipazione popolare è dare a ciascuno dei
componenti la società l’opportunità di partecipare. I processi decisionali di livello
locale dovrebbero in generale permettere la diretta partecipazione del pubblico, e
dovrebbe essere lo stesso, per quanto possibile, anche negli altri processi decisionali.
66. In pratica normalmente i cittadini devono organizzarsi in gruppi per poter partecipare
efficacemente ai processi decisionali su larga scala. In tal modo la partecipazione
pubblica assume frequentemente la forma delle ONG. Questo può comportare qualche
ambiguità, dato che il concetto di ONG comprende un’ampia gamma di enti con
differenti interessi, motivazioni e risorse, alcuni dei quali sono autentiche organizzazioni di base dei cittadini.
67. È pertanto cruciale distinguere fra partecipazione pubblica e partecipazione di soggetti portatori di interessi, e fra le ONG che rappresentano interessi collettivi ed altri
soggetti. E’ auspicabile il coinvolgimento di tutti i soggetti portatori di interessi nei
processi decisionali riguardanti l’ambiente e la salute, tenendo conto dei loro differenti bisogni e motivazioni. In ogni caso un’attenzione particolare dovrebbe essere
dedicata a incoraggiare la partecipazione delle ONG che perseguono un interesse
pubblico promuovendo obiettivi inerenti l’ambiente e la salute e per superare gli
ostacoli alla loro partecipazione, compresa la ristrettezza di risorse. Dato che le donne sono i principali soggetti di cura dei bambini, malati e disabili, è importante
assicurare anche loro pari opportunità nonché il rispetto dei diritti dei bambini.
Trasparenza ed equità nei processi decisionali
68. La buona amministrazione richiede l’indipendenza inequivocabile delle istituzioni con
compiti regolamentari da coloro la cui azione le stesse cercano di regolare. Per questo
motivo, per una questione di correttezza, coloro la cui attività è controllata da un’istituzione non dovrebbero avere una rappresentanza nella stessa o avere con la stessa
relazioni finanziarie.
69. È altresì importante che l’influenza che i soggetti portatori di interesse hanno sia
esercitata in modo trasparente. Si dovrebbero pertanto redigere e conservare su un
registro pubblico i verbali di ogni riunione dei decisori competenti per la regolamentazione negli ambiti dell’ambiente e della salute con i rappresentanti di lobby di
qualsivoglia interesse, nonché la registrazione dei contributi finanziari ricevuti da
qualsiasi fonte e in qualunque forma.
70. Le considerevoli somme di denaro impiegate dalle grandi compagnie multinazionali
nel mantenere gruppi di pressione e staff di ricerca in tutti i maggiori centri di
governo superano ampiamente il finanziamento che può essere raccolto dalle ONG di
interesse pubblico. Mentre alcune parti in causa hanno consolidati canali di comunicazione con il governo, la stessa cosa non si può spesso dire per le ONG di interesse
pubblico. Perciò si dovrebbero intraprendere gli sforzi necessari per compensare l’am182
pia sperequazione fra le risorse e le capacità di influenza a disposizione delle differenti categorie dei soggetti portatori di interesse, al fine di creare un campo di
confronto maggiormente equilibrato.
71. Gli studi realizzati in occasione del rilascio di licenze per lo smaltimento di sostanze
potenzialmente inquinanti dovrebbero essere progettati e realizzati da enti indipendenti, e i costi relativi dovrebbero essere calcolati come parte dei costi di sviluppo ed
essere sostenuti dalle società interessate.
ACCESSO ALLA GIUSTIZIA
72. I diritti di partecipazione e informazione, o per meglio dire, il diritto ad un ambiente
salubre, sono di valore limitato se non vi è alcuno strumento che consenta di contestare le violazioni di tali diritti. Perciò l’accesso alla giustizia è un elemento chiave
nel promuovere un significativo coinvolgimento dei cittadini nelle questioni dell’ambiente e della salute.
73. La Convenzione di Århus fornisce una cornice legale minimale per quanto riguarda la
possibilità di rivolgersi alla giustizia per le questioni ambientali e la definizione di
“ambientale” contenuta nella Convenzione suggerisce che essa dovrebbe essere estesa alle questioni della salute collegate all’ambiente. La possibilità di rivolgersi alla
giustizia per le questioni più generali della salute, che attualmente esula dal campo
d’azione della Convenzione, dovrebbe essere incoraggiata, rafforzando anche la parte
inerente la salute e la sicurezza dei lavoratori.
74. Estesi diritti alla costituzione in giudizio dovrebbero essere garantiti laddove sono in
gioco interessi che riguardano l’ambiente e la salute pubblica, accrescendo in tal
modo, attraverso il sostegno pubblico, la forza della legge. Laddove possono essere
intaccati interessi di carattere generale o di varia natura (inclusi interessi non riguardanti il genere umano), si dovrebbe garantire alle ONG che rappresentano tali interessi di costituirsi come parte civile.
75. Si dovrebbe cercare di abbattere le barriere, di carattere pratico o finanziario, che
impediscono il ricorso in giudizio, p. es. attraverso la fornitura di meccanismi di
aiuto legale e di esenzione dai costi processuali qualora si tratti di casi di pubblico
interesse. Ci dovrebbe essere la possibilità di emanare decreti ingiuntivi per prevenire
azioni che potrebbero causare seri e irreversibili danni alla salute o all’ambiente.
76. Dato che le possibilità di garantire la facoltà di costituirsi in giudizio o di ottenere
un’ingiunzione dipendono spesso dal riuscire a stabilire un certo grado di probabilità
di nesso causa-effetto, è auspicabile definire chiare regole giuridiche per la determinazione del nesso causale e per l’ammissibilità della prova dinanzi alla corte nei casi
riguardanti l’ambiente e la salute, tenendo conto della necessità di applicare il principio di precauzione, qualora ci si trovi di fronte a situazioni di incertezza scientifica
183
o di divergenza degli standard.
77. Al fine di abbassare la soglia di accesso alla giustizia ed assicurare valutazioni specialistiche di merito nel corpo giudicante, i governi dovrebbero considerare la possibilità di istituire un ufficio di Difensore Civico, con competenze nelle materie inerenti
l’ambiente e la salute.
RACCOMANDAZIONI PER L’AZIONE
A. I Governi dovrebbero adoperarsi per accelerare l’entrata in vigore della Convenzione
ECE sull’Accesso all’Informazione, sulla Partecipazione Pubblica ai Processi Decisionali e sull’Accesso alla Giustizia nelle Questioni Ambientali (ECE Convention on Access
to Information, Public participation in decision-making and Access to Justice in
Environmental Matters/ Convenzione di Århus) e applicare quanto prevede la Convenzione con la massima estensione possibile in attesa della sua entrata in vigore. Gli
Stati non firmatari dovrebbero essere incoraggiati ad approvarla, ad accettarla o ad
aderirvi non appena se ne verifichi l’opportunità.
B. Si dovrebbe dare grande enfasi alle problematiche della salute nel corso delle prossime fasi di implementazione e ulteriore sviluppo della Convenzione di Århus. La Segreteria esecutiva dell’ECE dovrebbe essere invitata a prendere in considerazione gli
aspetti più rilevanti di questo documento, in preparazione della Prima Assemblea
delle Parti che hanno aderito alla Convenzione. VHO/EURO dovrebbe convocare un
piccolo gruppo di lavoro, che comprenda rappresentanti dei Governi e delle ONG
operanti nei settori dell’ambiente e della salute, per analizzare le varie opzioni possibili al fine di rafforzare i diritti della popolazione all’informazione, la partecipazione
e la giustizia nella sfera della salute, includendo anche la possibilità di assistere,
quando richiesto, all’Assemblea delle Parti che hanno sottoscritto la Convenzione di
Århus.
C.
Si dovrebbe utilizzare la tecnologia elettronica dell’informazione, compreso Internet,
per massimizzare l’accessibilità pubblica all’informazione sull’ambiente e la salute. A
livello nazionale, i governi dovrebbero identificare le categorie di informazioni sull’ambiente e la salute da rendere disponibili su Internet. A livello internazionale si
dovrebbe costituire una rete completa, integrata e “user-friendly” delle banche dati
riguardanti le questioni dell’ambiente e della salute, con lo scopo di fornire alla
popolazione, da un capo all’altro della Regione, un accesso continuo, tempestivo e a
basso costo, all’informazione sull’ambiente e la salute, tramite Internet. Si dovrebbe
istituire una task force formata da rappresentanti dell’OMS, UNEP/Infoterra, ECE, OCSE,
e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, dei Governi e delle ONG, per svolgere questo
compito, anche attraverso queste azioni:
a. realizzando e migliorando le connessioni tra le banche dati esistenti;
184
b. colmando le lacune nei dati e migliorando la loro comparabilità;
c. sviluppando e applicando i criteri più evoluti per definire quali siano gli elementi
costitutivi di un accesso “user friendly”;
d. identificando e, per quanto possibile, mettendo in atto misure per incrementare
l’estensione dell’accesso pubblico a Internet nella Regione Europea, inclusa la
fornitura di assistenza tecnica e finanziaria;
e. coordinandosi con altre iniziative similari mirate a soddisfare i bisogni di istituzioni scientifiche, organismi legislativi ed altri.
D. Pur rispettando l’indipendenza dei mezzi di comunicazione, i governi dovrebbero utilizzare la loro influenza per incoraggiare l’utilizzo dei media per la promozione di
obiettivi di protezione ambientale e di salute, attraverso modalità come, ad esempio,
annunci televisivi di pubblica utilità, condizionando la concessione di licenze con la
richiesta di inserire nel palinsesto una data percentuale di programmi socialmente
utili, limitando la pubblicità di prodotti dannosi per la salute o per l’ambiente.
E.
Si dovrebbe costituire un gruppo di lavoro guidato dall’Ufficio Regionale per l’Europa
dell’OMS, coinvolgendo i rappresentanti dei media, i professionisti della salute legata
all’ambiente, le ONG e altri partner che hanno un ruolo chiave nella valutazione o
nella comunicazione del rischio, per elaborare linee guida per la comunicazione fra
questi partners e con il pubblico in generale, per quanto riguarda le minacce all’ambiente o alla salute, comprese le calamità, tenendo in conto la necessità di:
a. coordinare tale attività con il rilevante lavoro che sta svolgendo il Network della
Comunicazione per la Salute in Europa dell’OMS ( WHO’s European Health Communication Network) e altri organismi come il Programma Internazionale per la Sicurezza Chimica (International Programme on Chemical Safety);
b. applicare il principio di precauzione nella valutazione dei rischi e adottare un
approccio più preventivo e pro-attivo nei confronti dei pericoli, fra l’altro trasferendo l’onere della prova su coloro che promuovono nuove tecnologie potenzialmente pervasive, chiedendo che sia stabilito, al di là di ogni ragionevole dubbio e
prima della loro implementazione, che tali tecnologie non comportano effetti contrari alla salute o all’ambiente rilevanti, irreversibili o incontrollabili.
F.
I Ministeri della Sanità e dell’Ambiente dovrebbero cooperare nello sviluppare sistemi
nazionali per la valutazione strategica dell’impatto sull’ambiente e sulla salute, che
prevedano il requisito della partecipazione pubblica. Si dovrebbe invitare l’Assemblea
della Convenzione ECE per la Valutazione di Impatto Ambientale in Contesto Transfrontaliero (ECE Convention on Environmental Impact Assesment in a Tranboundary
Context) a prendere in considerazione l’avvio di un negoziato per un Protocollo sulla
185
Valutazione Strategica di Impatto sull’Ambiente e la Salute in contesto tranfrontaliero
e non, che preveda la partecipazione pubblica e che sia in grado di affrontare le
conseguenze sulla salute umana.
G. Al fine di stimolare una maggiore attenzione nei confronti della partecipazione pubblica, nell’ambito della Regione Europea, l’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS
(WHO/EURO) dovrebbe provvedere alla produzione di un manuale di buone pratiche
per quanto riguarda la partecipazione pubblica nelle questioni inerenti l’ambiente e la
salute, avvalendosi delle esperienze già realizzate in quest’area.
H. I Governi dovrebbero mantenere e rafforzare i loro sforzi nel coinvolgere il pubblico e
le ONG nei processi decisionali in materia di ambiente e salute. Si dovrebbe dedicare
una particolare attenzione a incoraggiare la partecipazione delle ONG di interesse
pubblico che stanno perseguendo obiettivi di salute e di tutela dell’ambiente, al
superamento degli ostacoli alla loro partecipazione, compresa la limitata disponibilità di risorse. In particolare si dovrebbe prevedere la partecipazione pubblica nell’elaborazione e nell’implementazione dei Piani nazionali e Locali di azione per la salute
ambientale (NEHAPs e LEAPs) e delle iniziative correlate riferentesi all’Agenda 21.,
tenendo conto delle linee guida REC, delle raccomandazioni emerse dalla consultazione di Michelstadt e dalle indicazioni della Task Force NEHAP.
I.
Si dovrebbe assicurare la possibilità del ricorso alla giustizia affinché la popolazione
possa contrastare il mancato rispetto dei diritti di informazione e partecipazione e le
infrazioni delle leggi sulla tutela della salute e dell’ambiente. Si dovrebbe applicare
una interpretazione ampia del diritto di costituirsi in giudizio. Si dovrebbe garantire
alle ONG di pubblico interesse, che promuovono la protezione della salute e dell’ambiente, il diritto di costituirsi parte civile laddove gli interessi che le stesse tutelano
possano essere minacciati. Dovrebbero essere messi in atto gli sforzi necessari per
superare le barriere pratiche ed economiche che ostacolano l’accesso alla giustizia,
per esempio attraverso strumenti di supporto legale e attraverso la riduzione o l’esenzione da oneri finanziari. Inoltre dovrebbe esserci la possibilità di emanare decreti
ingiuntivi nel caso possano verificarsi danni gravi o irreversibili alla salute o all’ambiente. I Governi dovrebbero prendere in esame l’istituzione di un Difensore civico
competente per le questioni dell’ambiente e della salute.
J.
I principi della Convenzione di Århus dovrebbero essere applicati ai processi decisionali di carattere internazionale attinenti l’ambiente e la salute. In particolare si dovrebbe permettere alle ONG di partecipare efficacemente alla predisposizione, da parte delle organizzazioni intergovernative, dei documenti che hanno significative implicazioni sulla salute e sull’ambiente.
186
ALLEGATO 1
Alcune considerazioni chiave sulla valutazione del rischio
Introduzione
1. La metodologia di valutazione del rischio si è sviluppata rapidamente negli ultimi
decenni e su di essa si è fatto sempre maggior affidamento come strumento per
l’assunzione di decisioni circa le attività a rischio. Dato che le varie tecniche di
valutazione del rischio sono largamente utilizzate dai decisori, e considerando il fatto
che gli esiti della valutazione spesso formano la sostanza di ciò che viene comunicato
al pubblico, è importante che si riconoscano e si comprendano i limiti della valutazione del rischio così come essa viene correntemente svolta. Altrimenti il suo utilizzo
può portare a una fiducia mal riposta nei confronti di attività potenzialmente pericolose e la comunicazione del rischio così basata è fuorviante.
2.
La pratica della valutazione del rischio, come è stata esercitata negli ultimi decenni,
ha accompagnato, e in un certo senso legittimato, molte attività distruttive per
l’ambiente, per esempio l’introduzione nell’ambiente e la produzione di prodotti chimici tossici e non biodegradabili. Pertanto non è sorprendente che il processo di
valutazione sia guardato dalla cittadinanza con un certo scetticismo.
L’incertezza scientifica
3. Una delle questioni fondamentali nella valutazione del rischio consiste nel fare i conti
con l’incertezza scientifica. Con il crescere della complessità della società moderna,
crescono anche le difficoltà nel valutare in dettaglio e con cura i rischi e i pericoli. Ci
può essere incertezza sia sulla probabilità che un evento si verifichi che sulla dimensione e la natura delle sue conseguenze. Queste incertezze possono nascere o possono essere accresciute da vari fattori:
a. mancanza di dati: per esempio la sola quantità dei prodotti chimici che stanno
arrivando sul mercato rende utopistica la possibilità di eseguire dei test globali;
b. fonti dei dati non disinteressate: talvolta le principali informazioni disponibili
circa i rischi connessi con una tecnologia provengono da coloro che hanno interesse nel promuoverla;
c. la notevole complessità delle interazioni fra l’uomo e l’ambiente: ci sono troppe
possibili cause per ogni effetto e troppi parametri da considerare per ogni causa;
d. l’emergere di nuove tecnologie (p.es. l’ingegneria genetica) per le quali non c’è
ancora un corpus consistente e accumulato negli anni di esperienze e di dati;
e. la separazione di causa ed effetto nello spazio (p.es. nel caso di inquinamento
ampiamente diffuso) e nel tempo (p. es. per quanto riguarda gli effetti intergenerazionali) rende difficile provare le connessioni causali;
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f. gli effetti sinergici, aggiuntivi e cumulativi ( p.es. il non tener conto di un preesistente accumulo di sostanze tossiche nel corpo);
g. sorgenti di pericolo non previste o non identificate;
h. sensibilità variabili fra le popolazioni.
Nella misura in cui la valutazione del rischio manca di ammettere e sottolineare
esplicitamente queste incertezze, essa dà l’illusione di una precisione e di un’obiettività che non è giustificata.
4.
Ci sono vari gradi di incertezza in ogni valutazione del rischio. Questa incertezza
rende imperativa l’applicazione del principio di precauzione, tenendo conto globalmente dei bisogni della società. Storicamente si sarebbero potuti evitare un maggior
numero di danni per la salute e/o per l’ambiente attraverso una più stretta applicazione del principio di precauzione. Ciò vale tanto per gli eventi non pianificati e non di
routine (per esempio gli incidenti chimici o nucleari) che per i rischi connessi con
attività routinarie o con l’esposizione continuativa ai fattori dell’ambiente (p. es.
raggi ultravioletti, piombo, organofosfati, fumo del tabacco). Il principio di precauzione dovrebbe essere il fattore determinante nel valutare l’introduzione nell’ambiente di fattori inquinanti che possono avere un effetto dannoso per la salute della
popolazione.
5.
Il principio di precauzione richiede che i decisori tengano conto non solo della possibilità che un’ipotesi sia sbagliata (grado di incertezza) ma anche della natura e
della dimensione delle conseguenze, se tale ipotesi fosse sbagliata. Alcune situazioni
di rischio sono inaccettabili non perché abbiano un’alta probabilità di verificarsi, ma
perché le conseguenze, se dovessero accadere, sono gravi. Alla luce di tutto ciò,
l’eventualità di effetti irreversibili o duraturi (come nel caso di inquinanti organici
persistenti) richiede un approccio differente da quello necessario nel caso di situazioni che comportano effetti transitori.
I giudizi di valore
6. Un secondo elemento importante che deve essere considerato per quanto riguarda la
valutazione del rischio è il ruolo giocato dai giudizi di valore nei processi decisionali
inerenti le situazioni di rischio e di pericolo.
7.
188
La comunità scientifica ha una particolare responsabilità nell’effettuare al meglio la
valutazione del rischio e del pericolo e nell’identificare il livello di incertezza insito in
tale valutazione. Tuttavia, persino nel caso di valutazioni semplicemente quantitative, gli scienziati possono avere opinioni molto discordanti. La valutazione scientifica
non interviene in una situazione politicamente neutra. Quando si utilizzano, per descrivere un livello di rischio, attributi qualitativi come “improbabile”, “significativo”,
“apprezzabile”, o “rilevante”, viene chiamato in causa un giudizio che va ben al di là
della piena conoscenza dei fatti. Pertanto è necessario assicurare che , per quanto
possibile, i processi decisionali sui rischi si avvalgano di pareri scientifici indipendenti da ogni pressione economica o politica.
8.
Mentre la scienza fornisce la base di partenza per una valutazione del rischio, la
decisione su quale sia un rischio accettabile è essenzialmente un giudizio di valore.
L’accettabilità del rischio può dipendere da molti altri fattori oltre alla sua valutazione quantitativa, p. es. se si tratta di un rischio scelto o imposto, se si possa evitarlo
facilmente, se i vantaggi di una data attività o prodotto superano i rischi conseguenti, se la distribuzione di tali rischi sulla popolazione sia correlata alla distribuzione
dei benefici.
9.
Sebbene parte della valutazione del rischio sia di competenza della scienza, il fatto
che la valutazione coinvolga giudizi di valore rende essenziale la partecipazione in
tutte le fasi del processo decisionale di coloro che dovranno sopportare il rischio.
Sono stati adottati vari modelli per riunire esperti, legislatori e cittadini, al fine di
dibattere circa la gestione dei rischi: conferenze per la formazione del consenso,
comitati consultivi di cittadini (“juries and citizens” advisory committees). Tuttavia
l’utilizzo di tali metodi costituisce l’eccezione piuttosto che la regola. Dovrebbero
essere più ampiamente utilizzati e le esperienze fatte dovrebbero essere diffuse.
10. Al fine di assicurare la trasparenza nella valutazione del rischi, i particolari degli
studi presentati per la valutazione di rischio onde ottenere la concessione di licenze
dovrebbero essere resi di pubblico dominio ed essere completamente disponibili tramite Internet.
La versione originale è disponibile all’indirizzo www.who.dk/London99/PUBLICO2e.htm
Traduzione di Vittorio Curzel
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SCHEDA 8
La Dichiarazione di Verona sugli investimenti in salute
(The Verona Declaration on Investment for Healt)
Verona, Italia, 5-9 luglio 2000
LA SFIDA DI VERONA
Investire in salute significa promuoverne lo sviluppo
L’inizio del nuovo millennio offre un’occasione unica per promuovere la salute e lo stato di
benessere dei cittadini dei paesi di tutta Europa. Le tecnologie all’avanguardia, l’evoluzione dei sistemi di comunicazione e il desiderio di riforme socio economiche, costituiscono
i presupposti per migliorare lo stato di salute in modo nuovo ed efficace, un obiettivo
giudicato irrealizzabile in passato. “The Verona Initiative” accresce la conoscenza sulle
migliori strategie da utilizzare al fine di trarre i migliori vantaggi dalle opportunità che ci
offre questo nuovo dibattito.Ciascun settore socio economico può contribuire alla promozione della salute. Gli investimenti in salute, quindi, apporteranno vantaggi all’intera
società anche in termini di prosperità economica.
La Salute è il risultato delle condizioni socio economiche in cui viviamo, e al tempo
stesso, lo stato di salute gioca un ruolo di fondamentale importanza nella determinazione
del benessere socio economico. Salute e ricchezza economica sono quindi interdipendenti. “The Verona Initiative” è la testimonianza di come i corretti investimenti possano dar
vita alle risorse socio economiche, e determinare un evidente miglioramento della salute e
dello stile di vita dei cittadini.
La sfida di Verona, realizzata con il patrocinio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,
costituisce uno dei risultati di tre anni di attività attraverso cui, oltre 51 paesi, hanno
messo in comune le professionalità e le esperienze di molteplici settori e discipline.
Iniziata nel 1998, “The Verona Initiative” si è sviluppata con prospettive di livello internazionale, nazionale, regionale e locale, appartenenti a ciascun paese europeo e sostenute da un’esperienza trentennale nel settore sanitario relativa sia allo sviluppo delle politiche di salute sia alla loro attuazione nella pratica.
In virtù di quanto appena esposto, si conferma che:
1) La salute è un bene universale e un diritto umano fondamentale e come tale rappresenta un obiettivo prioritario di sviluppo e una risorsa economica che merita di trovare
sostegno e supporto. Chi gode di buona salute è più produttivo nel lavoro, si rivolge in
misura ridotta al sistema sanitario e gode di maggiori opportunità di prendere parte
alla vita economica, politica e sociale del paese. Gli investimenti in salute, non devono
assolutamente rappresentare un costo, ma devono essere considerati un investimento a
favore del benessere socio economico.
2) Ogni decisione politica si ripercuote sulla salute di un paese. Per tale motivo, un
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investimento in materia di miglioramento dell’istruzione o degli alloggi, o a favore di
ambienti più sani o di un incremento dell’occupazione, è da considerarsi un investimento in salute.
Questo documento di Verona è rivolto a chi si occupa di decisioni politiche ed economiche, di piani e progetti, ai leader di un paese, nonché a chi abbia il potere di
influenzare la salute e di favorirne lo sviluppo.
3) Se le autorità di governo potessero investire nell’aumentare le risorse e le infrastrutture
necessarie all’attuazione delle strategie dimostratesi più efficaci, si aprirebbero le porte di un futuro ancor più evoluto e progredito in materia di salute pubblica. Un impegno deciso da parte del governo in tale direzione, costituisce un requisito essenziale
per lo sviluppo e la promozione della salute.
4) La salute di un paese è senza dubbio influenzata, sia positivamente che negativamente
dai cambiamenti sociali, dalle riforme in campo politico ed economico, dall’introduzione di tecnologie all’avanguardia nonché dalla comunicazione globale. Tuttavia, per
coloro che detengono il potere in campo politico, la sfida consiste nello sfruttare le
opportunità offerte da simili cambiamenti ed evoluzioni in modo che tutti i cittadini
possano godere di uno standard di vita migliore.
La sfida di Verona si basa sui seguenti presupposti:
- riconoscere che qualsiasi decisione strategica, a prescindere dal settore della società di
appartenenza, ha il potere di migliorare e promuovere la salute;
- la valutazione di ciascun piano d’azione, riguardante sia il presente che il futuro, dovrà
essere effettuata in base all’influenza che esercita sui determinati della salute della
popolazione;
- la partecipazione dell’opinione pubblica nel processo decisionale;
- la determinazione effettuata in modo chiaro e preciso, degli obblighi e delle responsabilità soprattutto nei confronti dei cittadini.
La sfida per i governi nazionali:
- dare vita ad un impegno decisivo nei confronti degli investimenti in salute, al fine di
trasformarli in una componente essenziale delle politiche nazionali per garantire adeguate politiche di promozione della salute e di risanamento economico;
- assicurare che tutte le scelte politiche prese da tutti i ministeri, abbiano delle ricadute
positive sulla salute dei cittadini di ogni singolo paese;
- creare le basi di un meccanismo semplice e chiaro che permetta di coordinare l’evoluzione in campo politico nei diversi ambiti di governo;
- definire le responsabilità e gli obblighi allo scopo di favorire e promuovere la salute
all’interno di ciascun ambiente politico (non solo all’interno del Ministero della Sanità);
- stabilire una mirata strategia comunicativa che consenta di stimolare l’unione fra settori economici, ambienti politici e di governo, amministrazioni locali e regionali;
- predisporre un controllo dei ruoli e delle competenze professionali necessarie alla divulgazione delle strategie di “investimenti in salute”, nonché fornire adeguato sostegno ai programmi di sviluppo sociale e economico;
191
- creare le condizioni necessarie affinché le istituzioni regionali e locali mettano in atto
le politiche di “investimenti in salute”;
- provvedere alla regolare pubblicazione di una rivista relativa ai progressi compiuti per
migliorare la salute pubblica;
- riconoscere che “gli investimenti in salute” rappresentano una questione di tipo etico
e costituiscono un investimento nello sviluppo sociale ed economico.
La sfida per gli enti locali e regionali:
- creare leadership per la promozione della salute e sostenere l’impegno per investire in
salute;
- confermare l’esistenza di piani di investimento locali e regionali, rivolti allo sviluppo
economico, al miglioramento delle condizioni ambientali, alla fornitura di pubblici
servizi e all’accrescimento dello stato di benessere;
- stabilire una serie di precisi obiettivi legati allo sviluppo socio economico sostenibile,
al fine di migliorare le condizioni di vita della popolazione;
- determinare le procedure necessarie alla promozione della salute in ciascun ambito
governativo, sia a livello locale che regionale;
- coinvolgere i cittadini nelle decisioni in materia di salute pubblica e rispettare le
differenze culturali esistenti fra minoranze e gruppi etnici;
- pubblicare regolarmente i dati relativi agli investimenti in salute effettuati a livello
locale e ai loro risultati;
- realizzare un’infrastruttura al fine di coordinare e diffondere un programma esauriente
sugli investimenti in salute.
La sfida per l’industria e il commercio:
- cooperare con le autorità di governo a livello locale e regionale al fine di sostenere le
iniziative sociali che puntano al miglioramento della salute utilizzando i beni di cui la
società dispone per favorire le condizioni di vita dei cittadini;
- provvedere regolarmente alla pubblicazione di una rivista sugli investimenti in salute e
ai loro risultati;
- adottare le procedure migliori sfruttando l’esperienza di cui dispongono.
La sfida per le agenzie internazionali:
- riservare alla sanità pubblica un posto di primaria importanza affinché venga considerata un punto di riferimento importante col quale il progresso e l’evoluzione delle
società dovranno misurarsi;
- fornire supporto e raccomandazioni pratiche basate sui processi di sviluppo economico
e sociale;
- sviluppare gli strumenti per favorire il trasferimento delle conoscenze in questi settori
tra gli Stati Membri;
- fornire raccomandazioni sulla divulgazione dei parametri di successo, in particolare sul
modo migliore per definire l’impatto dello sviluppo sociale ed economico sulla salute;
- istituire attività di formazione che soddisfi in materia integrata le esigenze dei vari
settori della società;
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- offrire supporto agli Stati membri, evitando situazioni che producano ricadute negative
sulla salute delle popolazioni dei paesi;
- creare una partnership con altre agenzie internazionali, organizzazioni governative e
non governative, dei settori dell’industria e del commercio, che agevolino le integrazioni delle strategie nei confronti degli “investimenti in salute” tra Stati Membri e
all’interno dei singoli paesi.
La sfida per la società e le organizzazioni non governative:
- mobilitare le organizzazioni di un paese perché partecipino nel processo decisionale
sugli investimenti in salute;
- favorire l’inserimento della tutela della salute fra gli obiettivi politici;
- richiedere alle istituzioni preposte, le informazioni sullo stato di salute della popolazione e sulle azioni intraprese nel settore degli “investimenti in salute”;
- contribuire attivamente al processo di valutazione.
La sfida per i mass media:
- incoraggiare le organizzazioni e i diversi settori della società a cooperare tra di loro al
fine di perseguire l’obiettivo di promuovere lo sviluppo del territorio che sia sostenibile
e di conseguenza ottenerne il miglioramento dello stato di salute;
- fare in modo che i responsabili delle decisioni politiche giustifichino i progressi e gli
sviluppi ottenuti in ambito sanitario; fornire sostegno ed appoggio a coloro che hanno
preso provvedimenti positivi;
- sensibilizzare l’opinione pubblica sulle strategie di sviluppo economico e sociale legate alla salute che hanno più facilità ad attuarsi immediatamente.
La sfida per il Sistema Sanitario:
- riconoscere che la salute è determinata in gran parte, dalle politiche e dalle strategie
attuate al di fuori del sistema sanitario, confermare che il miglioramento della salute
della popolazione deve avere un ruolo di fondamentale importanza nel condizionare lo
sviluppo delle politiche di tutti i settori della società;
- coordinare e sostenere gli sforzi di altre associazioni con lo scopo di migliorare la
salute;
- contribuire, nel ruolo di partner, allo sviluppo locale, regionale e nazionale nonché a
progetti di risanamento;
- promuovere la ricerca e le informazioni al fine di sostenere lo sviluppo e la realizzazione politica, la quale focalizza l’attenzione sui determinanti fondamentali della popolazione;
- creare nuovi orientamenti nei confronti dei servizi sanitari al fine di attribuire maggior
importanza allo sviluppo economico sostenibile, alla promozione della salute e alle
azioni compiute in suo favore.
La sfida per la Salute Pubblica:
- creare leadership ed agire in favore dell’approccio agli investimenti in salute;
- rispondere al bisogno dei mass media di ottenere informazioni di rilievo;
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- controllare gli orientamenti e le tendenze dello sviluppo economico, valutando l’impatto delle politiche settoriali sulla salute;
- pubblicare regolarmente un rapporto sugli investimenti in salute destinato ai mass
media che confermi i risultati positivi ottenuti dagli interventi pubblici.
Investire in salute non è soltanto una scelta, bensì un obbligo sociale ed economico.
L’investimento in salute può portare ad ottimi risultati nel breve termine; i leader politici
e istituzionali di oggi, saranno giudicati anche sulla base dei miglioramenti dello stato di
salute e di prosperità che sapranno offrire alle future generazioni. E sono proprio queste le
basi su cui poggia “La sfida di Verona”.
Noi abbiamo il dovere morale, etico e sociale di non fallire nel nostro obiettivo.
La versione originale è reperibile all’indirizzo www.who.dk/Verona/Publications/challenge.htm
Traduzione di Luigi Bertinato.
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Le esperienze in Trentino - Ospedali per la promozione della salute