Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLIII n. 196 (46.440) Città del Vaticano giovedì 29 agosto 2013 . Una questione mondiale Chiari segnali di un attacco imminente senza attendere gli accertamenti dell’Onu sull’uso di armi chimiche A prima vista l’immagine è quasi idilliaca: una giovane famiglia — padre e madre che stringe a sé un bambinetto — s’inoltra, cavalcando un asino, in un paesaggio desertico. L’asciutta didascalia della foto descrive invece, senza bisogno di commenti, una tragedia che sembra senza fine: sono profughi che lasciano la Siria diretti in Iraq, per mettersi in salvo da un conflitto già troppo lungo e feroce, ma che potrebbe essere ancor più aggravato da scelte le cui conseguenze sono imprevedibili. La foto scattata nel deserto siriano sembra anche una struggente e drammatica raffigurazione moderna di un’altra fuga: quella in Egitto della piccola famiglia di Gesù per scampare all’odio di Erode, descritta anch’essa con scarne parole nel vangelo di Matteo e nel corso dei secoli innumerevoli volte rappresentata in oriente e in occidente. A questa immagine se ne aggiungono tantissime altre, che arrivano quasi ogni giorno da molte parti del mondo, disegnando i contorni tragici di una vera e propria questione planetaria, quella delle migrazioni forzate. Fenomeno ricorrente e mutevole, nella seconda metà del Novecento i flussi migratori si sono fatti più drammatici e imponenti come conseguenza dei conflitti, al punto da indurre le istituzioni internazionali a mobilitarsi e a istituire organismi specializzati. In questo scenario, drammatico in diverse parti del mondo, la Santa Sede intervenne soprattutto con la costituzione apostolica Exsul familia pubblicata da Pio XII nel 1952. A questo ampio testo di riferimento — che si apre indicando appunto nella sorte della famiglia di Nazaret quella di ogni persona costretta a fuggire dalla violenza — hanno fatto seguito ripetuti interventi e provvedimenti. Tutti volti a sostenere l’impegno di moltissimi cattolici e cristiani per i quali la parabola del buon samaritano rimane «criterio di misura», come ha scritto Benedetto XVI nella sua prima enciclica e già in diversi modi ha mostrato al mondo Papa Francesco: scegliendo Lampedusa come meta del suo primo viaggio, annunciando la visita al centro Astalli di Roma e denunciando ripetutamente il crimine della tratta di persone, «la schiavitù più estesa» di questo secolo. Un impegno per la Chiesa irrinunciabile, ripete ora il documento Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate di due consigli pontifici (quello della Pastorale per i migranti e gli itineranti insieme a Cor unum) pubblicato nello scorso giugno. Per affrontare una questione dalle dimensioni mondiali e destinata a espandersi nei prossimi decenni, che richiede sempre più l’impegno internazionale e l’accoglienza delle comunità cristiane. Il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali rilancia l’appello del Papa per la pace g.m.v. Ore critiche per la Siria DAMASCO, 28. Nelle ore drammatiche che vedono moltiplicarsi i segnali di un possibile attacco militare in Siria — si parla di tre giorni di bombardamenti missilistici su siti militari a partire da domani — da parte di potenze occidentali e non solo, le voci di pace e persino i richiami al diritto internazionale minacciano di rimanere inascoltati. Eppure proprio in queste ore sarebbe ancora più necessaria una riflessione costruttiva sull’appello lanciato da Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa alla comunità internazionale perché «metta tutto il suo impegno per aiutare la amata Nazione siriana a trovare una soluzione a una guerra che semina distruzione e morte». In una dichiarazione rilasciata oggi al nostro giornale il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, afferma che «in queste ore di trepidazione si intensifica la preghiera per la situazione in Siria, che si è aggravata nel delicato contesto mediorientale, con ferite aperte in Egitto, Iraq e altre regioni». «L’ardente appello di Papa Francesco all’Angelus di domenica 25 agosto — continua la dichiarazione — ha portato conforto a tutta la popolazione siriana, come assicurano alla Congregazione per le Chiese orientali i pastori e i fedeli che continuano a invocare il dono della pace. Alle comunità della madrepatria si uniscono i molti orientali sparsi nel mondo nello stesso appello perché la riconciliazione sia più forte del clamore delle armi». Facendo eco al messaggio inviato in occasione della consacrazione episcopale del nuovo pastore dell’arcieparchia melkita di Bosra e Hauran in Siria, avvenuta il 25 agosto presso Beirut alla presenza del patriarca Gregorio III, la cui sede principale è a Damasco, e dei nunzi apostolici in Libano e in Siria, il cardinale continua affermando: «Preghiamo per la pace in Medio Oriente e nel mondo, chiedendo al Signore Gesù e al Cuore Immacolato di Maria di fortificare la speranza di tutti i fedeli orientali. I nostri cuori si volgono verso la Siria, immersa nella “grande tribolazione”. Che la violenza si fermi: che Dio onnipotente illumini la coscienza dei responsabili e consoli ogni dolore con la nostra carità». La dichiarazione ricorda altresì che «altri vescovi ordinati per la Siria faticano a raggiungere le loro sedi. I pastori con i loro fedeli sono costretti a continui trasferimenti nel territorio siriano per ovviare ai gravi pericoli purtroppo tanto diffusi e senza volto». «Con profonda amarezza e immensa tristezza — conclude la dichiarazione — ma insieme con altrettanta speranza, gli orientali cattolici si stringono in preghiera intorno al Papa nella certezza che il Dio della pace e di ogni consolazione mai abbandonerà la terra santificata dagli inizi della redenzione. Il cuore si Macerie e distruzione nella periferia di Damasco (Reuters) apre ai cristiani di ogni confessione e a quanti credono nell’unico Dio perché la superiore istanza di pace e di vita per il Medio Oriente prevalga su ogni altro interesse o risentimento di parte. Siano prioritarie su ogni altra ragione per la comunità internazionale la giustizia, la riconciliazione e il rispetto solidale dei diritti personali e sociali, anche religiosi, di tutte indistintamente le componenti della popolazione mediorientale». Alle voci delle comunità religiose e della società civile che chiedono ai responsabili governativi comportamenti in linea con quanto auspicato dal Papa, si è aggiunta oggi quella di Mairead Maguire, insignita nel 1976 del premio Nobel per la pace per l’impegno in Irlanda del Nord. Secondo Maguire, un intervento di potenze straniere potrebbe portare «alla morte di migliaia di siriani e alla frantumazione della Siria», alla fuga di altri profughi, alla destabilizzazione di tutto il Vicino Oriente, «lasciando l’area in preda alla violenza senza controllo». Quasi tutte le fonti di stampa danno per certo l’attacco — prospettato con termini come “limitato” o “chirurgico”, come tante volte fatto in casi che si sono poi tradotti in guerre pluriennali — e attribuiscono la stessa incertezza del presidente Barack Obama a valutazioni più di opportunità politica che di merito. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha comunque ribadito ancora ieri che Obama non ha preso alcuna decisione e che, in ogni caso, gli Stati Uniti non si prefiggono come obiettivo quello di intervenire nella guerra civile siriana e di rovesciare il presidente Bashar Al Assad. Sia Obama sia il primo ministro britannico, David Cameron, sono y(7HA3J1*QSSKKM( +%!z!:!$!} L’Iran avrà il suo primo ambasciatore donna TEHERAN, 28. Per la prima volta nella sua storia l’Iran avrà una donna come ambasciatore. La notizia è stata diffusa ieri da un portavoce del Governo, che però non ha precisato né il nome della donna né il Paese in cui sarà inviata. L’ufficializzazione della nomina avverrà la prossima settimana. Il portavoce ha poi tenuto a sottolineare — secondo quanto riportano i media locali — che i diplomatici donna possono svolgere «ruoli efficaci e di successo nel campo della politica estera». Inoltre — ha aggiunto il rappresentante governativo — sempre la prossima settimana sarà presentato il nuovo portavoce del ministero degli Affari esteri, anch’esso donna. Già questo mese il nuovo presidente iraniano, Hassan Rohani, aveva nominato una donna, Elham Aminzadeh, vicepresidente del suo Esecutivo, con delega per le questioni giuridiche e i rapporti col Parlamento. In una recente intervista Rohani ha dichiarato di opporsi alla discriminazione di genere nella società, ha criticato in generale la segregazione nelle strutture educative e ha fatto diverse promesse per migliorare la situazione dei diritti delle donne. impegnati in consultazioni con i rispettivi Parlamenti. Il punto cruciale è nelle presunte prove della responsabilità attribuita ad Assad di un attacco con armi chimiche sferrato il 21 agosto. Il segretario di Stato americano, John Kerry, ha parlato lunedì sera di prove fornite da fonti di intelligence, ma ha anche detto che le reazioni si sono basate su immagini diffuse dall’opposizione siriana sui social network. Sulla stessa linea sono Cameron e il presidente francese, François Hollande — che si è anche detto pronto a fornire più armi ai ribelli siriani — oltre che i Governi di Turchia, Australia e di altri Paesi. Accuse ad Assad ha mosso anche la Lega araba, in un comunicato diffuso ieri al Cairo. Secondo fonti diplomatiche a spingere per questa presa di posizione sono stati Arabia Saudita e Qatar. Nel comunicato si chiede il deferimento dei responsabili davanti alla giustizia internazionale. Né sembrano scalfire tali certezze i precedenti storici — prove rivelatesi false di armi chimiche in possesso dell’Iraq furono addotte per giustifi- Uccisi venti civili delle milizie di autodifesa Dilaga la violenza nel nord-est della Nigeria care l’intervento anglo-statunitense del 2003 — e le considerazioni avanzate da diversi osservatori e da alcuni Governi sulla possibilità di una manipolazione mediatica, oltre che le perplessità su una simile azione da parte del Governo di Damasco. A molti, infatti, sembra difficilmente comprensibile che quest’ultimo, proprio mentre l’esercito conseguiva successi rilevanti e per gran parte degli osservatori ormai decisivi, abbia varcato la “linea rossa” dell’uso di armi chimiche. In tutto questo, alcuni sembrano ritenere irrilevanti le ispezioni che l’Onu sta conducendo in Siria. Secondo quanto scrive oggi «The Wall Street Journal», già domenica scorsa Susan Rice, il consigliere di Obama per la sicurezza, avrebbe scritto a diversi ambasciatori all’Onu, compresa la statunitense Samantha Power, per sollecitare un ritiro degli ispettori. Il quotidiano pubblica una e-mail attribuita a Rice nella quale si legge che «l’indagine dell’Onu è tardiva e ci dirà quello che già sappiamo, ovvero che le armi chimiche sono state usate. Non ci dirà chi le ha usate». Il Governo siriano ha sfidato chiunque a fornire prove e ha sottolineato che l’azione dell’Onu è ostacolata nelle aree controllate dai ribelli, compresa quella del presunto attacco del 21 agosto. Il portavoce dell’Onu Farhan Haq ha dichiarato che «se qualche Stato ha informazioni al riguardo deve condividerle con la missione degli ispettori». Sulle gravi conseguenze di un attacco alla Siria insiste il Governo di Mosca. «Qualsiasi uso della forza militare contro la Siria non farà altro che destabilizzare ulteriormente il Paese e la regione», ha detto il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov in una conversazione telefonica con l’inviato in Siria dell’O nu e della Lega araba, Brahimi. I due, secondo il sito del ministero degli Esteri russo, «si sono detti d’accordo sul fatto che in questo momento critico tutte le parti, compresi anche i “giocatori” esterni, devono agire con la massima responsabilità, senza ripetere gli errori del passato». Il 29 agosto 1294 veniva incoronato Papa Celestino V Quanti indizi in un diadema FELICE ACCRO CCA A PAGINA 4 NOSTRE INFORMAZIONI In data 27 agosto, il Santo Padre ha ricevuto in udienza presso la Domus Sanctae Marthae l’Eminentissimo Signor Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio. Civili nigeriani nelle aree colpite dalle violenze (Afp) ABUJA, 28. Nel nord-est della Nigeria si susseguono le notizie di scontri armati sempre più sanguinosi. Secondo quanto riferito oggi dal quotidiano Daily Trust, sono stati uccisi in due differenti località dello Stato di Borno non meno di venti civili arruolati in milizie locali di autodifesa, che sostengono l’esercito in un’offensiva contro il gruppo di matrice fondamentalista islamica Boko Haram. Stando alla ricostruzione del giornale, presunti militanti di Boko Haram sono entrati in azione domenica e martedì a Ba- ma e a Damasak, località distanti tra loro circa duecento chilometri. il «Daily Trust» ricorda che «le milizie locali nate per sostenere l’esercito sono diventate un obiettivo per Boko Haram, finendo per trascinare ancora di più i civili nel conflitto». Contro Boko Haram, responsabile di attentati ed attacchi armati che negli ultimi quattro anni hanno provocato oltre tremila morti, l’esercito ha avviato nel maggio scorso un’offensiva in tre Stati nigeriani nordorientali: lo Yobe, l’Adamawa e appunto il Borno. Il Santo Padre ha ricevuto oggi in udienza presso la Domus Sanctae Marthae il Reverendo Monsignore Antoine Camilleri, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Il Santo Padre ha ricevuto oggi in udienza presso la Domus Sanctae Marthae il Reverendo Padre Fernando Vérgez Alzaga, L.C., Direttore della Direzione delle Telecomunicazioni del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 29 agosto 2013 La necessità evocata dal presidente del Parlamento di Strasburgo Bruxelles verso una norma comune sull’immigrazione BRUXELLES, 28. È «doverosa» una legge europea sul tema dei migranti perché c’è un vuoto legislativo, «manca una legge che regoli veramente l’immigrazione». Così Martin Schulz, presidente del Parlamento Ue, ha voluto sottolineare come in Europa ci sia «un vuoto legislativo», e quindi manchi una legge che regoli veramente l’immigrazione. «Se abbiamo creato il libero movimento delle persone in L’Ue giudica inaccettabili le pressioni russe sull’Ucraina BRUXELLES, 28. Il commissario Ue all’Allargamento, Štefan Füle, ha definito «inaccettabili» le pressioni esercitate ieri dalla Russia per impedire all’Ucraina di firmare un accordo di associazione e di libero scambio con l’Unione europea. In una conferenza congiunta al termine di un incontro a Bruxelles con Andriy Klyuyev, il coordinatore del Governo di Kiev per la firma di un accordo di associazione con l’Ue, Füle ha detto che ci sono stati molti progressi da parte dell’Ucraina, ma ancora restano questioni pendenti, incluse quelle della «giustizia selettiva e serie preoccupazioni commerciali» relative in particolare all’introduzione in Ucraina di una tassa sulle auto riciclate. Tutte queste controversie pendenti dovranno essere risolte prima del vertice di novembre a Vilnius, in Lituania, dove l’obiettivo di Bruxelles resta comunque quello di siglare l’accordo con Kiev. Il commissario europeo all’Allargamento ha poi ricordato che la firma dell’accordo con l’Ue non impedisce all’Ucraina di mettere in piedi un accordo costruttivo con Mosca e gli altri vicini euroasiatici (Unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakhstan), «fintanto che rispetta le regole dell’organizzazione mondiale del commercio e gli impegni assunti con l’accordo di associazione con l’Ue». L’accordo tra Kiev e l’Unione europea, ha sottolineato Füle, «non sarà a spese dell’isolamento dell’Ucraina con la Russia o con gli altri Paesi vicini, ma porterà benefici a tutti». Il Governo olandese sulla riduzione del deficit AMSTERDAM, 28. Il Governo olandese ha raggiunto un accordo tra i membri della sua coalizione per una nuova manovra da sei miliari di euro per ridurre il deficit e rispettare il limite del tre per cento, come richiesto da Bruxelles. Si tratta di un provvedimento che completa e riprende una precedente manovra da 4,3 miliardi, che era stata annunciata nel marzo scorso, ma poi sospesa ad aprile. Una crescita peggiore del previsto ha però resa necessaria la nuova manovra. L’Esecutivo comunicherà nel dettaglio i contenuti del pacchetto di misure il prossimo 17 settembre, in occasione della «Giornata del principe», in cui tradizionalmente vengono presentati ai deputati, dopo la pausa estiva, la Finanziaria e il programma politico per l’anno nuovo. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va Europa, i confini dell’Italia verso il Sud sono anche dei confini tedeschi; e la stessa cosa vale per i confini della Polonia verso Est; in altre parole — ha spiegato Schulz — il problema dei confini è automaticamente un problema di tutti i Paesi ed è per quello che non si può dire all’Italia, alla Grecia e alla Spagna che devono risolvere il problema da sole». Abbiamo bisogno di «distribuire l’onere tra i diversi Paesi» perché — ha aggiunto — «avere 20.000 profughi a Lampedusa è una catastrofe, ma avere 20.000 profughi sparsi tra 739 milioni di europei non è un problema». Per il presidente del Parlamento europeo «dovrebbe essere discussa» l’idea secondo la quale «i Paesi che non accettano i profughi devono contribuire almeno economicamente alla soluzione del problema», anche se, ha ammesso, «oggi è un’utopia pensare a una tassa europea sull’immigrazione». Meglio allora occuparsi delle ragioni per le quali i profughi lasciano i propri Paesi: «Le guerre civili, l’accesso all’acqua, per esempio. Sono cose che, come europei, possiamo già combattere nei Paesi d’origine e con ciò diminuire il numero dei profughi». E lavorare con i Comuni e gli enti locali: «La prima regola è che i Comuni che accettano profughi sul loro territorio debbano essere aiutati dai loro Governi, senza imposizioni» ha spiegato Schulz. «Anche il modello teoricamente migliore di integrazione non vale niente se è imposto in una realtà che non è pronta; si finisce per mettere le popolazioni le une contro le altre facendo percepire solo il costo dell’immigrazione». Per quanto riguarda la spinosa questione della regolazione dei flussi, «certamente come Stati europei non saremmo in grado di accettare tutti quelli che vogliono venire senza applicare alcun criterio — ha aggiunto il presidente del Parlamento Ue — per questo abbiamo bisogno del diritto di migrazione con norme chiare per consentire una immigrazione regolare, che è poi il modo migliore di combattere quella irregolare». Non dobbiamo dimenticare — ha concluso — «che dietro la problematica dei migranti spesso c’è anche quella del crimine organizzato; sappiamo che gli immigrati sono sfruttati, ma se non siamo in grado di agire su questo punto non faremo altro che mettere ancora di più la responsabilità di tutto sulle spalle dei poveri profughi che vengono in barca sulle nostre coste. Intanto, dalle coste italiane non si arrestano le notizie di nuovi sbarchi e soccorsi. Un barcone in difficoltà con a bordo 191 migranti, tra i quali donne e bambini, è stato soccorso questa mattina al largo di Siracusa in un’operazione alla quale hanno preso parte la nave «Foscari» della Marina Militare, due motovedette della Guardia Costiera e due della Guardia di Finanza. I profughi sono stati trasbordati sulle unità che in questo momento stanno facendo rotta verso il porto. Tra i migranti, in prevalenza siriani, c’è anche una neonata partorita a bordo durante la traversata. Ieri sera un barcone con a bordo 107 migranti, tra i quali una trentina di minori, tutti sedicenti siriani ed egiziani, si è arenato sulla scogliera di Punta Milocca, nella zona della Fanusa, a pochi chilometri da Siracusa. Scattato l’allarme è stato attivato il dispositivo interforze che vede impegnate polizia, carabinieri, guardia di finanza e guardia costiera. I migranti sono stati radunati nel piazzale di una stazione di servizio della zona — dicono fonti della stampa locale — dove sono stati effettuati i primi controlli sanitari e quindi è iniziato il loro trasferimento, a piccoli gruppi, verso la caserma di via Vittorio Veneto, ad Ortigia, dove sono state completate le operazioni di foto-segnalazione prima del trasferimento in strutture di accoglienza. Un’operazione di soccorso a largo delle coste siciliane (Ansa) Sulla riforma delle pensioni Oltre il quaranta per cento della popolazione è malnutrita Parigi cerca il sostegno delle imprese Accordo internazionale per rilanciare l’agricoltura ad Haiti Il presidente francese Hollande (La Presse/Ap) PARIGI, 28. Nel complesso rompicapo della riforma delle pensioni, il Governo francese cerca l’appoggio delle grandi aziende, offrendo misure per ridurre il costo del lavoro in cambio di un aumento dei contributi sui salari destinati a finanziare il sistema previdenziale. In particolare, riporta «Le Monde», l’Esecutivo starebbe lavorando a nuove misure per la competitività, dopo il credito d’imposta per sti- molare la creazione di nuovi posti di lavoro lanciato all’inizio dell’anno, e starebbe pensando a possibili «esoneri mirati» da alcuni prelievi fiscali. «Vi sarà uno sforzo da parte delle imprese, ma stiamo pensando a dei modi per compensarlo» ha detto al giornale una fonte vicina all’Esecutivo. La proposta della riforma pensionistica e delle misure di compensazione collegate sarà presentata nei prossimi giorni. PORT-AU-PRINCE, 28. Formare i contadini haitiani con il contributo di Taiwan e della Repubblica Dominicana per rilanciare l’agricoltura nel Paese più povero dell’America latina: è l’obiettivo dell’accordo firmato fra la missione tecnica di Taiwan ad Haiti, il ministero dell’Agricoltura di Port-au-Prince e l’Istituto dominicano di indagini agrozootecniche e forestali (Idiaf). La questione agricola resta infatti una delle principali emergenze del Paese. Sarà l’Idiaf a formare gli agricoltori di Haiti, cominciando con l’analisi di 7000 campioni di terra haitiana per determinare le caratteristiche del suolo e scegliere i metodi più validi per sfruttarlo. L’accordo punta a consolidare quelli che per il momento appaiono segnali positivi e comunque migliori delle previsioni iniziali per la stagione in corso sul piano della sicurezza alimentare ad Haiti. Secondo il ministro dell’Agricoltura Jacques Thomas, il raccolto 2013-2014 potrebbe comportare un aumento della produzione fino al sessanta per cento in più rispetto a quello 2012-2013, soprattutto per generi come yucca, patata e riso, «sempre che la stagione estiva e quella autunno-invernale mantengano le stesse condizioni climatiche favorevoli avute finora». Le zone dove la produzione agricola ha mostrato i risultati più posi- Si profila complessa l’intesa tra democratici e repubblicani Scotta il tetto del debito statunitense WASHINGTON, 28. L’Amministrazione Obama lancia un nuovo allarme sul tetto del debito. Entro la metà di ottobre, senza accordi con il Congresso che portino a un innalzamento del limite dell’indebitamento dello Stato, non saranno più possibili manovre straordinarie che consentano di contenerlo entro il livello fissato dalla legge di 16.700 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti saranno così esposti allo spettro del default e i mercati a danni «irreparabili». L’avvertimento viene in primo luogo dal segretario al Tesoro, Jack Law, che punta a evitare il ripetersi di pericolose battaglie politiche tra repubblicani e democratici in Parlamento. Ma l’intesa, rilevano gli analisti, sembra difficile da raggiungere. I repubblicani sembrano puntare proprio sul tetto del debito per ottenere concessioni alla loro agenda di austerità. E ieri, in quello che è stato visto come un nuovo capitolo del confronto tra democratici e repubblicani, il segretario al Tesoro ha scritto allo speaker repubblicano della Ca- GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO Carlo Di Cicco don Sergio Pellini S.D.B. vicedirettore Piero Di Domenicantonio caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione direttore generale mera, John Boehner. Il messaggio è chiaro: «Proteggere l’assoluta credibilità del credito degli Stati Uniti è la responsabilità del Congresso. Solo il Congresso può estendere la capacità del Governo di indebitarsi. E il mancato rispetto di una simile responsabilità provocherebbe danni irreparabili». Lew ha stimato che a metà ottobre il Governo avrà a disposizione solo 50 miliardi di dollari in contanti: ovvero spiccioli che potrebbero durare pochi giorni per rispettare obblighi e pagamenti. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va tivi sono Grand-Anse, Nippes (ovest), Artibonite (nord-est) e una parte dell’isola di Tortuga. In base a dati recenti forniti dalla Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, circa il 44,5 per cento della popolazione haitiana — circa dieci milioni di persone — soffre di malnutrizione. A ciò si aggiungono le cattive condizioni sanitarie e la recente emergenza legata al colera L’epidemia di colera ha infatti provocato finora 650.000 contagi e 8100 decessi; solo dall’inizio del 2013 si contano 184 morti e 18.000 nuovi casi. Nei mesi scorsi il Center for Disease Control and Prevention (Cdc) di Atlanta aveva accertato che il colera era stato introdotto nel Paese dai caschi blu nepalesi della base di Mirebalais, sul fiume Artibonite, veicolo della massiccia e veloce propagazione. Il palazzo di Vetro non ha mai ammesso la sua responsabili- tà, ritenendo impossibile determinare con precisione l’origine della malattia e ha respinto nuovamente una richiesta di risarcimento dichiarandola «irricevibile» in base alla sezione 29 della Convenzione sui privilegi e le immunità dell’O nu. Uno studio di Yale, condotto da studenti e insegnanti specializzati in diritto e sanità pubblica, ha confermato le ipotesi del Centro di Atlanta. Introducendo il colera e rifiutando di attivarsi a favore delle vittime dell’epidemia — si legge nello studio di Yale — le Nazioni Unite non hanno ottemperato ai loro obblighi in base al diritto internazionale umanitario. Inoltre, il rifiuto del palazzo di Vetro di accettare le richieste di ammissione di responsabilità e risarcimenti nei confronti delle vittime — sottolinea ancora lo studio — costituisce una palese violazione dei suoi doveri. Focolaio di colera a Cuba L’AVANA, 28. Un focolaio di colera ha colpito Cuba con 163 casi, tra i quali 12 turisti stranieri. È quanto riferisce la Organización Panamericana de la Salud (Ops) nel suo bollettino. Le zone più colpite al momento — stando all’ultimo bilancio, diffuso ieri, basato sui dati forniti dalle autorità cubane — so- no quelle della capitale L’Avana, Santiago di Cuba e Camaguey. I turisti affetti sono tre italiani, due tedeschi, due cileni, due spagnoli, due venezuelani e un olandese, di età compresa tra i trenta e i 74 anni. «In tutti l’evoluzione della malattia è favorevole» sottolinea l’O ps nel comunicato. Piano argentino sui bond BUENOS AIRES, 28. L’Argentina ha deciso di riaprire il pagamento dei bond per gli ultimi obbligazionisti (una quota residua del sette per cento) ed evitare così il secondo default in dodici anni. Ad annunciare la manovra straordinaria è stato lo stesso presidente argentino, Cristina Fernández de Kirchner, Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818, [email protected] Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, fax 06 698 85164, [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 che ieri, in un discorso alla televisione nazionale, ha sottolineato la volontà del Governo di «voler pagare i debiti» dei detentori di bond. Una decisione che segue la sentenza della Corte di Appello statunitense di venerdì scorso, con cui i giudici hanno ordinato il pagamento di 1,33 miliardi di dollari. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vicedirettore generale Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 Società Cattolica di Assicurazione [email protected] Banca Carige Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 29 agosto 2013 Violenti scontri nel sud dell’Egitto IL CAIRO, 28. Tensione crescente in Egitto. Almeno due sostenitori dell’ex presidente Mursi sono stati uccisi ieri nella città di Beni Suef, nel sud dell’Egitto, in scontri con forze dell’ordine. Il quotidiano locale «Al Ahram», citando fonti mediche, conferma che nell’area sono stati avvertiti colpi di armi da fuoco e sparatorie. Secondo le stesse fonti, i residenti di Beni Suef hanno iniziato ad attaccare i partigiani di Mursi che stavano compiendo una manifestazione attraverso il centro. Per fermare i tafferugli le forze di sicurezza sono intervenute e ne sono nati violenti scontri. Intanto, sono attese per oggi nuove manifestazioni dei sostenitori di Mursi nelle principali città egiziane, e in particolare al Cairo, per protestare contro la scarcerazione dell’ex presidente Hosni Mubarak. Sul piano internazionale, il segretario alla Difesa americano, Chuck Hagel, ha nuovamente escluso un taglio degli aiuti all’Egitto. Parlando ieri in un’intervista alla Bbc, Hagel ha sottolineato che Washington premerà sul Governo egiziano di transizione perché promuova la riconciliazione. «Il Governo di transizione deve impegnarsi per la riconciliazione, fermare la violenza e rimettere l’Egitto sulla strada delle riforme economiche e democratiche» ha dichiarato il capo del Pentagono. Gli Stati Uniti «non vorrebbero vedere la disintegrazione di un rapporto con un Paese grande e importante come l’Egitto». pagina 3 Il partito salafita Ansar Al Sharia dichiarato organizzazione terroristica Non si scioglie il nodo tunisino Il primo ministro tunisino Ali Laarayedh (La Presse/Ap) TUNISI, 28. Non si scioglie il nodo della crisi politica in Tunisia. Il partito di ispirazione salafita Ansar Al Sharia è stato classificato ieri come «organizzazione terroristica», perché ritenuto responsabile dell’omicidio di due deputati dell’opposizione. Lo ha reso noto il primo ministro, Ali Laarayedh, nel corso di una conferenza stampa convocata a Tunisi. È ancora presto per dire quali saranno le reazioni: di certo, la tensione è destinata a aumentare. Il capo del Governo ha accusato Ansar Al Sharia degli assassinii a febbraio e a luglio scorsi dei deputati nazionalisti Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, sottolineando che «chiunque faccia parte del gruppo dovrà affrontare conseguenze giudiziarie». Ansar Al Sharia è guidata dall’ex combattente di Al Qaeda in Afghanistan Saifallah Benahssine, conosciuto anche come Abu Iyadh, ricercato dalla polizia per avere incitato all’attacco contro l’ambasciata americana a Tunisi nel settembre del 2012. Proprio gli omicidi di Belaid e Brahmi hanno catalizzato le proteste dell’opposizione contro il Governo islamista di Ennahada, facendo piombare il Paese nella crisi. L’opposizione chiede infatti ampie riforme socio-politiche, tra le quali una nuova Costituzione. Secondo i mezzi di informazione tunisini, le dichiarazioni di Laarayedh vanno lette alla luce del difficile negoziato che gli islamici moderati di Ennahada, il principale partito di Governo, hanno avviato con alcune forze di opposizione per sbloccare lo stallo dei lavori dell’Assemblea costituente. Il partito è accusato di non avere saputo garantire la ripresa dell’economia e la sicurezza dopo la rivoluzione che, nel 2011, ha travolto il presidente Zine El Abidine Ben Ali. Da settimane, il Fronte nazionale di salvezza, che riunisce le forze dell’opposizione laica, chiede le dimissioni dell’attuale Esecutivo. Una lunga scia di sangue segna Baghdad BAGHDAD, 28. Anche oggi la capitale irachena è stata segnata dalle violenze. Una serie di attentati ha causato la morte di cinquantuno persone; più di 140 i feriti. Lo hanno riferito fonti di polizia e mediche. L’attacco più sanguinoso ha avuto luogo a Kadhimiya, un quartiere nel nordovest della capitale, dove diverse esplosioni hanno provocato la morte di cinque persone e il ferimento di altre trenta. Gli attentati, rileva la France Presse, sono stati compiuti mentre la gente si stava recando al lavoro: chiaro quindi l’obiettivo di causare un numero alto di vittime. Dunque anche oggi l’Iraq è segnato da una scia di sangue. Lunedì era stata per il Paese un’altra giornata drammatica. Attentati perpetrati in varie parti del territorio avevano provocato più di cinquanta vittime: le più colpite le province di Salaheddin e di Ninive. La recrudescenza degli attacchi, registratasi qualche mese fa, non accenna dunque a placarsi, e ciò a detrimento della sicurezza e della stabilità di un territorio già duramente provato da anni di conflitto. All’origine di queste violenze — rilevano gli osservatori internazionali — vi è il ridestarsi delle rivalità tra sciiti e sunniti. Questi ultimi, nel recente passato, hanno organizzato manifestazioni di protesta contro la politica, a loro dire «penalizzante e discriminatoria», del primo ministro, lo sciita Al Maliki. Si stima che dall’inizio dell’anno siano state uccise più di 3.500 persone. In missione a Islamabad il presidente Karzai invita il premier Sharif a Kabul Potranno votare a settembre anche i residenti all’estero Rinnovata intesa tra Afghanistan e Pakistan Intesa sulle legislative in Guinea ISLAMABAD, 28. La visita del presidente afghano Hamid Karzai avrebbe dovuto essere di un giorno: invece ne è durata due. Già questo dato è di per sé significativo della comune volontà dei due Paesi di rilanciare un’alleanza che nel passato, anche recente, ha sofferto troppo spesso di alti e bassi. E un altro dato, in tal senso, ha il suo peso: Karzai ha invitato il primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, a recarsi Casi sospetti di peste bubbonica in Kyrghyzistan BIŠKEK, 28. Tre persone sospettate di essere infettate dalla peste bubbonica — l’epidemia che imperversò in tutta Europa tra il 1347 e il 1353, uccidendo almeno un terzo della popolazione del continente — sono state ricoverate ieri in Kyrghyzistan, in Asia centrale, dopo la morte per la stessa malattia la scorsa settimana di un ragazzo di quindici anni. Si tratta di una donna e di due bambini, tutti abitanti del villaggio di Sara-Kamych, nel distretto di Ak-Souou, a est del Kyrghyzstan, non lontano dalla frontiera con Cina e Kazakhstan, dove le autorità sanitarie hanno già messo in atto una serie di misure per contenere l’eventuale contagio. Il quindicenne morto — informa la Bbc — è stato morso probabilmente da una pulce, animale spesso portatore di peste bubbonica dopo aver morso un ratto o un roditore infetto. Finora sono state isolate 131 persone che erano entrate in contatto con il quindicenne. L’ultima epidemia significativa di peste bubbonica — precisa in un comunicato l’O rganizzazione mondiale della sanità — è avvenuta in Perú nel 2010, quando vennero colpite dodici persone. in Afghanistan, ricambiando così l’invito rivoltogli da quest’ultimo a venire a Islamabad. Insomma vi sono tutte le premesse perché Afghanistan e Pakistan possano stabilire un legame sempre più solido così da raggiungere un obiettivo quanto mai importante: la stabilità nella regione che continua a essere segnata dalle violenze scatenate dai talebani e da altre cellule estremiste. Il presidente Karzai ha ribadito alle autorità di Islamabad la richiesta di aiuto per dare avvio ai difficili negoziati con i talebani. Dal canto suo il primo ministro pakistano ha confermato l’intenzione di sostenere con il massimo impegno la causa della riconciliazione afghana: e ciò nella consapevolezza che la sicurezza del Pakistan dipende anche dalla situazione in Afghanistan. Il dato problematico di questo scenario è rappresentato dai talebani, i quali non solo continuano a compiere attacchi e imboscate, ma sono inaffidabili, come sottolineano fonti diplomatiche, anche sul piano negoziale. Sembra che aprano qualche porta a trattative per poi fare marcia indietro, e ciò contribuisce a rendere ancor più fluida una situazione di per sé molto incerta. Gli Stati Uniti stanno cercando da tempo si stabilire contatti diretti con i miliziani, ma al momento sembra che progressi in tal senso non siano stati compiuti. Nel frattempo si segnalano nuove violenze. Riferisce la France Presse che in un agguato un gruppo di talebani ha ucciso dodici civili afghani, tra i quali figurano cinque membri di un’organizzazione non governativa (Comitato internazionale per i soccorsi) con sede a New York. Questo ennesimo fatto di sangue testimonia la difficoltà di stabilire contatti fruttuosi con i talebani sul piano negoziale: si tratta infatti di un interlocutore, evidenziano gli osservatori, che invece di sedersi al tavolo delle trattative, continua nella sua azione diretta a distruggere. CONAKRI, 28. È stato raggiunto in Guinea l’accordo per il voto dei cittadini residenti all’estero nelle elezioni legislative di fine settembre, cioè su un punto cruciale dell’annoso braccio di ferro tra maggioranza ed opposizione. I 123.000 guineani Lotta in Angola ai diamanti illegali LUANDA, 28. Il Governo dell’Angola sta preparando una stretta sull’estrazione illegale di diamanti, che non avviene sulla base di concessioni e coinvolge migliaia di migranti. L’impegno a contrastare l’estrazione illegale delle pietre preziose è in questi giorni al centro di una missione nella provincia centrale di Bié alla quale stanno partecipando esponenti del Governo e delle principali imprese di estrazione. Elevato il livello di gravità della perdita di acqua radioattiva Serio rischio a Fukushima TOKYO, 28. L’Agenzia sulla sicurezza nucleare del Giappone ha alzato ieri ufficialmente a 3 (serio incidente) il livello di gravità della abbondante perdita d’acqua radioattiva in mare avvenuta alla disastrata centrale atomica di Fukushima. L’aggiornamento, dal precedente livello 1 (anomalia), è il passo più serio finora intrapreso dall’Agenzia nipponica sull’impianto nucleare, gravemente danneggiato dal terremoto e dal successivo tsunami dell’11 marzo del 2011, che causò la crisi di livello 7, il più alto possibile. Nella falda acquifera sotto l’impianto nucleare, la radioattività è aumentata di quarantasette volte e oltre trecento tonnellate di liquido contaminato finiscono quotidianamente nell’oceano Pacifico, senza che il gestore dell’impianto, la Tepco (Tokyo Electric Power), sia in grado di contenere la perdita. Tecnici al lavoro nell’area di Fukushima (Reuters) all’estero andranno alle urne il 22 settembre, 48 ore prima dello scrutinio in patria, in 163 seggi elettorali in 17 Paesi, gli stessi dove erano andati alle urne alle presidenziali del 2010. La decisione è stata comunicata dalla Commissione elettorale nazionale indipendente, citata dal sito d’informazione AfricaGuinée. Le più folte comunità di guineani all’estero sono in Francia, Senegal e Angola. In Guinea la campagna elettorale è in corso da sabato scorso. Dalla città di Mamou, 350 chilometri dalla capitale Conakry, il leader dell’opposizione e capo dell’Unione delle Forze democratiche di Guinea (Ufdg), Cellou Dallein Diallo, ha invitato le popolazioni ad adoperarsi per «evitare le divisioni» e per «difendere l’unità nazionale». Nei primi comizi non sono mancate critiche sull’organizzazione del voto, in particolare su revisione delle liste dei votanti, mancata centralizzazione dei dati e lontananza di alcuni seggi. Inizialmente previste nel 2011, le legislative sono state rinviate più volte per motivi logistici, ma anche per contrasti tra maggioranza e op- Clima teso in Thailandia BANGKOK, 28. Si fa sempre più dura la protesta dei produttori di gomma nel sud della Thailandia. Dopo manifestazioni e scontri con la polizia la settimana scorsa, ieri il rappresentante governativo è stato costretto a lasciare precipitosamente la sede del negoziato, con il rischio di essere aggredito da alcuni produttori contrari al fragile accordo appena siglato con una loro rappresentanza. Centinaia di manifestanti hanno poi bloccato con i tir la linea ferroviaria che collega il sud — e per suo tramite Malaysia e Singapore — al resto della rete thailandese. Bloccata a intermittenza anche la superstrada, vitale per i collegamenti nazionali. Per il 3 settembre, i produttori di gomma minacciano di portare la protesta nella capitale Bangkok. posizione sulla loro organizzazione. Il voto rappresenta un appuntamento cruciale per concludere la transizione politica in corso da dicembre 2008, dopo un colpo di stato militare seguito alla morte del generale Lansana Conté che aveva guidato il Paese per 24 anni. Una tappa significativa è stata la prima elezione presidenziale democratica, vinta nel dicembre 2010 dall’attuale capo di Stato, Alpha Condé. Le ultime legislative ci furono a giugno 2002. Attualmente il potere legislativo è affidato al Consiglio nazionale di transizione, non eletto. Bambini sfruttati nelle miniere d’oro della Tanzania D OD OMA, 28. Migliaia di bambini, anche di appena otto anni di età, lavorano nelle miniere d’oro della Tanzania in assenza di misure di sicurezza e con grave rischio per la salute, secondo quanto denunciato in un rapporto dell’organizzazione internazionale Human Rights Watch (Hrw), al quale dà ampio spazio la stampa locale. Hrw afferma che questo avviene in miniere d’oro sia autorizzate sia illegali, per lo più di piccole dimensioni. Nel rapporto, frutto delle visite degli attivisti di Hrw in diverse miniere, si sottolinea che l’impiego dei minori nel settore estrattivo «costituisce una delle forme peggiori di sfruttamento ai sensi di leggi internazionali sul lavoro sottoscritte anche dalla Tanzania». In particolare, Hrw denuncia il pericolo di avvelenamento per l’utilizzo nell’attività estrattiva di quantità consistenti di mercurio. La produzione d’oro è la prima fonte di valuta estera del Paese, quarto produttore africano. Secondo la Banca centrale di Dar es Salaam, la principale città tanzaniana dove ha sede anche il Governo, nei primi sei mesi del 2013 le esportazioni hanno superato un valore di un miliardo e 800 milioni di dollari. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 Il 29 agosto 1294 veniva incoronato Celestino giovedì 29 agosto 2013 V Quanti indizi in un diadema di FELICE ACCRO CCA lla morte di Niccolò IV (1292), il primo francescano asceso sul soglio di Pietro, seguì una lunga vacanza della Sede Apostolica. Il collegio cardinalizio, spaccato in due, non riusciva a trovare una soluzione capace di mettere insieme Orsini e Colonna. Finalmente, dopo ventisette mesi di conclave e — come testimonia Jacopo Stefaneschi — dopo l’impressione suscitata da un’epidemia di peste che, tra le tante vite falcidiate, non risparmiò neppure il giovane fratello del cardinale Napoleone Orsini, i cardinali elettori compresero che si era giunti a una svolta. Su indicazione del cardinale Latino Malabranca, scelsero allora unanimemente quale nuovo Papa Pietro del Morrone, un santo eremita abruzzese fondatore di una piccola congregazione monastica, che accettò infine l’elezione assumendo il nome di Celestino V. Lo stesso Pietro, peraltro, aveva fatto giungere la propria voce ai cardinali riuniti a Perugia con una let- A tera che trasmetteva lo sdegno dell’uomo di Dio, turbato da una situazione che poco o niente aveva a che fare con il bene delle anime. Come Geremia, forse si sentì per un momento costituito «sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demo- gure comunque differenti da Celestino V, incapaci di suscitare gli entusiasmi e le attese che il vecchio eremita produsse invece nelle masse. E fin dalla sua prima decisione, il novello Pontefice parve confermare tali attese: vincendo le resistenze di chi voleva salisse sul cavallo che era stato Un’attenta analisi preparato per lui, egli scelse infatti di entradella lettera «Inter sanctorum solemnia» re a L’Aquila a dorso dimostra come il Pontefice fosse sottoposto di un asino. Crediamo si debba riflettere a numerose pressioni su questa decisione, Ma quella dell’indulgenza troppo spesso qualififu una scelta esclusivamente sua cata unicamente come gesto di umiltà o come l’assunzione di lire, per distruggere e abbattere, per un chiaro indirizzo escatologico. Più edificare e piantare» (Geremia, 1, 10). semplicemente, si trattava di una criIl 29 agosto 1294 Celestino V fu so- tica aperta alla mondanizzazione lennemente incoronato a L’Aquila. della Chiesa, evidenziata proprio dai Perché, alla fine, i cardinali furono superbi cavalli che in quella occasiod’accordo su quella elezione, senza ne erano montati da re e alti prelati. Va sottolineata, poi, anche la fordubbio inconsueta? Già con Urbano za di carattere di Celestino V, che fiIV (1261-1264) e Gregorio X (12711276) avevano finito per eleggere sul nì per prevalere su tutti: forse non soglio pontificio un uomo esterno al era poi così debole come ancora ogSacro Collegio, ma si trattava di fi- gi in troppi sono propensi a credere, Dal 2015 il giubileo aquilano entrerà fra i “patrimoni immateriali” dell’Unesco Un perdono lungo sette secoli Con una basilica di Santa Maria di Collemaggio inaccessibile fino alla sua ricostruzione post-terremoto, si rinnova il rito della Perdonanza Celestiniana, l’annuale giubileo che si celebra all’Aquila da 719 anni per volere di Celestino V; una festa che dal 2015 diventerà anche “patrimonio immateriale” dell’Unesco. Sarà l’Eni a finanziare i lavori in basilica così come quelli per il rifacimento del vicino Parco del Sole, come è stabilito nella convenzione con il Comune dell’Aquila; il 29 agosto è fissata la firma dell’accordo. Il rito della Perdonanza consente di lucrare l’indulgenza plenaria a chi, «sinceramente pentito e confessato», visiterà la basilica dai vespri della vigilia fino a quelli dell’anniversario dell’inizio del pontificato, come recita la cosiddetta Bolla del Perdono emessa da Papa Celestino nel 1294. Quest’anno la messa di apertura, il 28 agosto, viene celebrata all’esterno della basilica dal cardinale delegato Domenico Calcagno, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. «Erano tempi difficili — afferma il cardinale nell’omelia — per le tensioni in ambito civile e anche all’interno della Chiesa, non diversamente da quanto accade oggi. E l’ispirazione di Papa Celestino V, tradotta in concreto nella Bolla, dava una risposta di fede e di amore». E continua: «Il 29 agosto era il giorno in cui si commemorava il martirio di san Giovanni Battista, la festa della decollazione, ed era anche il giorno dell’inizio solenne del pontificato di Papa Celestino V. La Bolla del Perdono è molto chiara sia quanto alle circostanze che hanno suggerito l’istituzione della Perdonanza sia quanto alla finalità della stessa istituzione. Il Battista con la sua testimonianza fino al martirio è un esempio di fedeltà alla parola di Dio». A concelebrare insieme al cardinale sarà anche l’arcivescovo metropolita dell’Aquila, monsignor Giuseppe Petrocchi. «Papa Celestino — scrive il presule nel suo messaggio agli aquilani — fu dunque, e tale si mostrò al mondo, vero dispensatore della misericordia di Dio. È fondamentale, nella vita cristiana, imparare ad avere misericordia verso noi stessi, perché è proprio nel nostro circuito interiore che spesso si intrecciano nodi difficili da sciogliere, per cui diventiamo giudici spietati di noi stessi, incapaci di amarci perché incapaci di perdonarci. Nella misura in cui ciascuno di noi apprenderà l’arte di “volersi bene” nel Signore, diventerà pure idoneo ad avere misericordia verso gli altri». L’arcivescovo presiederà, la sera di giovedì 29, la messa conclusiva e il rito di chiusura della Porta Santa. La bolla della Perdonanza celestiniana o almeno non lo era quando vedeva in gioco aspetti per lui fondamentali. La gran folla — Tolomeo da Lucca riporta addirittura l’incredibile cifra di duecentomila persone, segno comunque di una calca che senz’altro impressionò i presenti — esprimeva certamente l’ansia del popolo cristiano per un rinnovamento della Chiesa. La cosiddetta Vita C, scritta da Bar«Allegoria tolomeo da Trasacco e Tommaso da Sulmona, due compagni di Pietro del Morrone, e che indubbiamente costituisce la più importante tra le fonti agiografiche celestiniane, parla di una turba maxima (Analecta Bollandiana, 16, 1897, p. 418), riferendo che pure nell’ottava si era radunata una maxima multitudo (ibidem, p. 419). Che tali ansie e attese venissero colte e recepite da Celestino V ne è prova la sua singolare decisione di concedere una perdonanza generale, sancita con la lettera Inter sanctorum solemnia: Edith Pásztor, in un suo studio, individuò una molteplicità di influssi intervenuti nella redazione del testo, steso «da qualcuno estraneo alla pratica cancelleresca pontificia» (Celestino V e Bonifacio VIII, in Indulgenza nel Medio Evo e perdonanza di Papa Celestino, a cura di Alessandro Clementi, L’Aquila, 1987, p. 65). Il testo papale, in definitiva, risente di un triplice influsso. Nella lettera si parla infatti della corona pontificia come di un diadema, termine estraneo alla terminologia dei segni del potere papale, e che sta piuttosto a indicare la corona imperiale o regale. Un notaio pontificio non sarebbe mai incorso in una simile confusione di termini, anomalia che si spiega invece con facilità se ipotizziamo un influsso della cancelleria angioina e tanto dell’incoronazione di Celestino V» (opera di attribuzione discussa, probabilmente del XVI secolo) più se si pensa che, in quello stesso anno 1294, a Napoli, Celestino V nominò notaio apostolico Bartolomeo da Capua, il quale fin dal 1290 era protonotario del re Carlo. Peraltro, non soltanto la cancelleria pontificia non sarebbe mai incorsa in un simile errore (“diadema” per “corona”), ma non vi incorsero neppure gli ambienti vicini al Pontefice, come dimostra un passaggio della Vita C in cui si afferma che Celestino V fece portare nella città abruzzese la «corona» papale e il «mantello apostolico» (Analecta Bollandiana 16, 1897, p. 418). Altrettanto inconsueto, nel linguaggio della Inter sanctorum solemnia, è il verbo utilizzato dal Pontefice (absolvimus), che immette in tal modo nel testo una straordinaria ansia pastorale, quella di un padre l’espressione «tesoro della misericordia», finisce per rivelarsi coerente con la terminologia pontificia (Analecta Bollandiana, 16, 1897, pp. 418-419). Un triplice influsso, dunque: dello stesso Pontefice, o di ambienti a lui vicini, della cancelleria angioina, di un’ulteriore fonte difficilmente determinabile; quel che risulta assente, in questa lettera papale, è proprio l’apporto della cancelleria pontificia. Non si può negare, tuttavia, che il nuovo Papa abbia assunto in prima persona la responsabilità di quell’insolita decisione; una tale larghezza — appunto, l’indulgenza plenaria — appariva del tutto estranea alla pratica indulgenziale papale. Al di là di un’affermazione di Buccio di Ranallo, che voleva Celestino V ispiratore delle decisioni di Carlo II d’Angiò (Cronaca Aquilana rimata, Un Papa di cui va sottolineata Roma, 1907, p. 40), è certo che, divenuto la forza di carattere Pontefice, il vecchio che finì per prevalere su tutti eremita finì per essere sempre più un ostagNon era poi così debole gio nelle mani del re come in troppi sono propensi a credere di Napoli; nondimeno, una volta resosi conto preoccupato del bene spirituale dei della situazione — e della propria inpropri figli. Infine, la lettera rivela capacità di poter imprimere agli l’influenza di una fonte ulteriore, eventi un corso diverso — Celestino tuttavia non individuabile con sicu- V non esitò a rinunciare. Ebbene, se rezza in una cancelleria specifica; si davvero in precedenza avesse agito parla infatti di «gemme della Chie- in ossequio alle direttive di Carlo II, sa, splendenti in doni spirituali», avrebbe avuto poi la forza di comladdove le lettere pontificie d’indul- piere un gesto simile? In realtà, se fu genza utilizzavano piuttosto termini strumento del sovrano angioino, Cequali «tesoro», «tesoro spirituale», lestino V lo fu più da morto che da «tesoro dei beni dei membri del cor- vivo, quando la sua persona fu inpo mistico di Cristo», in forza della dubbiamente utilizzata in funzione comunione dei santi. Estranee alla chiaramente antibonifaciana. Si deve cancelleria papale, tali espressioni ri- quindi a lui e alla larghezza del suo sultano avulse anche dall’ambiente cuore di padre quella straordinaria monastico celestiniano, poiché la Vi- Perdonanza che la comunità aquilata C, utilizzando per ben due volte na celebra ancor oggi. La figura del santo eremita Pietro da Morrone e gli insegnamenti di don Orione nell’opera dello scrittore abruzzese Silone conquistato da Francesco di SABINO CARONIA Ignazio Silone non dimenticò mai le parole dell’incontro con don Orione richiamate nel suo scritto raccolto in Uscita di sicurezza: «Ricordati di questo, Dio non è solo in chiesa. Nell’avvenire non ti mancheranno momenti di disperazione. Anche se ti crederai solo e abbandonato, non lo sarai. Non dimenticarlo». E certo una componente francescana, la Nell’«Avventura di un povero cristiano» tenta di stabilire una continuità fra la tradizione popolare della sua regione e le convinzioni morali di cui è portatore stessa che è alla radice del pensiero di don Orione, è anche alla radice del pensiero di Silone, testimoniata da scritti come, appunto, Uscita di sicurezza e L’avventura d’un povero cristiano. Per comprendere il valore di quest’ultima opera, che ricostruisce la vicenda di Celestino V, bisogna prendere le distanze da chi tende a identificare la personale posizione di Silone, quale risulta dai capitoli introduttivi, con quella del suo personaggio. Esiste invece una differenza tra i due punti di vista ed è significativo che il tono delle recensioni sulla stampa cattolica cambi quando, scomparsa la parte introduttiva, rimane il dramma vero e proprio. Celestino infatti dichiara di aver imparato a sue spese che «è difficile essere Papa e rimanere buon cristiano». Difficile dunque ma non impossibile. È pertanto legittimo sostenere che altri possa riuscire là dove Celestino ha dovuto dichiararsi sconfitto. Non a caso proprio il giudizio di un francescano, padre Ernesto Balducci, mette bene in evidenza quella componente francescana che è propria di Silone, quella condanna-privilegio all’estraneità, quell’attenzione alla profezia, all’utopia di quel Francesco che dicendo «Io non sono più il vostro superiore» si ritirò sulla Verna, il senso profondo di quell’eredità cristiana dichiarata in premessa da Silone come l’acquisto più importante della coscienza, pur nella consapevolezza di una sua personale irrimediabile sconfitta nel rapporto con la Chiesa: «Si capisce che l’ingenuità perduta difficilmente si recupera». «Dal giorno — scrive Balducci — in cui Papa Giovanni parlò per la prima volta della “Chiesa dei poveri” sembra si siano svegliati dai loro sarcofagi gli antichi contestatori medievali per prendere la parola in Concilio e in ogni angolo della cristianità». Il dramma di Silone appare a questo punto conforme allo spirito del cristianesimo anche a giudizio di Raffaello Lavagna che, in un articolo assai lusinghiero apparso su «L’Osservatore Romano» l’8 agosto del 1969, invita a considerare con rispetto il caso di uno scrittore che «della vita dello spirito nel suo più alto senso fa la sua vita, il suo scopo, la sua ansia, il suo tormento». Se è vero che in L’avventura d’un povero cristiano Silone tenta di stabilire una continuità fra la tradizione popolare della sua regione e le convinzioni morali di cui è portatore, la vicenda di Pietro da Morrone si pone come tappa emblematica verso l’attualità, verso quella condizione dei cafoni descritti da Silone con apparente realismo eppure guardati con occhi ancora simili ai loro, ma che guardano ormai da una grande lontananza, come giustamente ha scritto Sergio Quinzio. È importante ricordare che Aldo Moro nel 1945 pubblicò sulla rivista «Studium» uno scritto, “Ed Egli si nascose” di Ignazio Silone, che è la presa d’atto di «una fondamentale convergenza di indirizzi ideali» in nome di una identica volontà di dialogo con gli altri umanesimi che all’indomani della caduta del Ignazio Silone fascismo si proponevano come risposte, diverse ma non incompatibili con quella cristiana, alla stessa crisi di civiltà». Lo scritto di Moro richiamava la prefazione di Ed Egli si nascose: «La rivoluzione della nostra epoca promossa da politici ed economisti, prende così le sembianze di un “mistero sacro” in cui la stessa sorte dell’uomo sulla terra è coinvolta. I compiti dell’ordine economico e politico non vengono affatto nascosti e dissimulati; essi restano anzi preliminari. Ma è utile che gli uomini chiamati ad assolverli sappiano di venire da lontano e di andare lontano». Si trattava, come risulta dalle parole della presentazione al lettore di L’avventura d’un povero cristiano, di una risposta diversa ma non certo incompatibile con quella cristiana: «La riscoperta dell’eredità cristiana nella rivoluzione sociale dell’epoca moderna resta l’acquisto più importante della nostra coscienza negli ultimi anni». In particolare Moro rivolgeva la sua attenzione al personaggio del frate eretico Gioacchino che predica che Cristo è ancora e sempre in agonia sulla croce, con implicito riferimento alla lettera di Paolo ai Colossesi: «Ora io gioisco nelle mie presenti sofferenze e completo in me quel che resta alla passione di Cristo». Dunque, riflettendo sulla condizione dei personaggi del dramma di Silone, di fronte alla vicenda di quegli uomini che «vengono da lontano e vanno lontano» con la coscienza che Cristo è ancora e sempre in agonia sulla croce, che la sofferenza di Cristo continua in tutti coloro che servono e patiscono l’ingiustizia, Moro si chiedeva cos’altro si potesse desiderare per il nostro tempo se non la misura delle “distanze” che pone nella nostra vita l’esigenza implacabile dell’infinito. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 29 agosto 2013 pagina 5 Dieci anni fa moriva Dina Bellotti Sexto Canegallo «Specchio d’acqua» (1925) Pittrice della vita di JOSEF CLEMENS* arlo Bo amava definire Dina Bellotti la «pittrice della vita», una felicissima espressione che riassume in modo straordinario tutta la tipicità e l’unicità dell’artista. Per più di settant’anni la pittrice alessandrina ha potuto esprimere tramite innumerevoli opere questo suo amore per la vita. Un amore per la bellezza della natura “morta”, come i paesaggi e le marine, le piazze e i monumenti, ma particolarmente per la natura “viva” cioè fiori e animali, cavalli e gatti, pesci e anatre. E il suo amore per la vita si manifestava in modo particolare nella raffigurazione della natura viva per eccellenza, cioè uomini e donne e specialmente bambini e giovani. «La vita, questo è stato il suo primo tema e penso che non lo potrà più cambiare: fino all’ultimo dovrà cercare di esprimere al meglio il sentimento della grazia e del ringraziamento per Chi l’ha messa di fronte al miracolo quotidiano della luce e del colore», così scriveva lo stesso Bo nel 1992. Dina Bellotti non si è fermata a ricopiare la superficie o l’esteriorità (Schein) degli oggetti o delle persone, ma ha cercato di penetrare e di far vedere l’essenzialità delle cose (Wesen), in particolare gli aspetti del vero essere dei personaggi raffigurati (Sein). Non si è mai lasciata corrompere dalla bellezza “finta” e voleva arrivare con la sua pittura alla verità interiore. Il poter far vedere il senso autentico della vita presuppone uno sguardo profondo e incorruttibile, che era la singolare caratteristica della signora Dina. Pur avendo conosciuto e frequentato grandi personalità del mondo e della Chiesa non ha mai perso la forza e il coraggio di un proprio giudizio franco e sincero. Bellotti sapeva intuire la bellezza interiore della fondatrice di una congregazione religiosa o di un autentico uomo di fede e sapeva C estrarne lati essenziali della personalità che riusciva a far trasparire nei suoi inconfondibili ritratti, vero specchio dell’anima. L’amore per la vita e per il creato, in tutta la sua varietà e bellezza, porta in modo diretto alla gratitudine e alla venerazione per il Creatore (cfr. Salmi, 92), e a lei non risultava difficile raffigurare scene bibliche e anche uomini e donne della Chiesa. Era nata “pittrice della vita” e poté facilmente diventare la “pittrice dei Papi”, perché condivideva nel suo intimo il senso della Chiesa e in particolar modo l’inten- «Paolo VI accende il cero pasquale» (1975) to del ministero petrino: il Papa come pastore, maestro e responsabile dell’unità della comunità dei credenti in Dio, il Creatore del cielo e della terra. Ci sembra che sia più che dovuto — a dieci anni dalla sua scomparsa (Bellotti morì il 29 agosto 2003) — tener vivo il ricordo di lei, grande pittrice della vita e dei Papi, donna d’imparagonabile autenticità umana e artistica. *Vescovo segretario del Pontificio Consiglio per i Laici di BRUNO FORTE uomo è un cercatore di senso, qualcuno che anela alla parola che vinca il silenzio della morte e dia valore alle opere e ai giorni, offrendo dignità e bellezza alla vita. Perciò la condizione dell’essere umano è quella del pellegrino. L’uomo non è qualcuno che sia arrivato alla meta, è piuttosto un cercatore della patria lontana, che si lascia interrogare e sedurre dall’ultimo orizzonte, che chiama: come scriveva Rahner, un «uditore della Parola». Se l’uomo è per sua natura un pellegrino verso la vita, un mendicante del cielo, la tentazione mortale, che potrà assalirlo, sarà quella di fermare il cammino, di sentirsi arrivato, non più esule in questo mondo, ma possessore, dominatore di un oggi che vorrebbe fermare la verità del cammino. «L’esilio vero d’Israele in Egitto fu che gli Ebrei avevano imparato a sopportarlo». L’esilio non comincia quando si lascia la patria, ma quando non c’è più nel cuore la struggente nostalgia della patria. Martin Heidegger, parlando della «notte del mondo» nella quale ci troviamo, dice che la malattia dell’uomo moderno è l’assenza di patria, e che il dramma della nostra epoca non è la mancanza di Dio, ma il fatto che gli uomini non soffrano più di questa mancanza, e perciò non avvertano più il bisogno di superare l’infinito dolore della morte, considerando esilio e non patria il presente. L’illusione di sentirsi arrivati, il pretendersi sazi, compiuti nella propria vicenda, questa è la malattia mortale. Si sarà prigionieri di essa quando il cuore non vivrà più l’inquietudine e la passione del domandare, il desiderio del trovare, per poter ancora e nuovamente domandare e cercare. Questo vale anche per la via di Dio: pure nell’esperienza dell’incontro con lui la grande tentazione è quella di fermare la vita. Lutero, ispirandosi a san Bernardo, dice: «Sulla via di Dio non può darsi sosta, perfino l’indugio è peccato». Quando non si ha più il desiderio di cercare, quando ci si ferma, allora ci si allontana da Dio. È questo L’ La fede e il dialogo con i non credenti Cercatori di una patria lontana il senso più profondo della legge della Croce. Il cristiano annuncia un verbum Crucis, una parola scandalosa, che lo inquieta sempre, perché sa bene che la grande scelta è fra il crocifiggere le proprie attese sulla croce di Cristo o il crocifiggere Cristo sulla croce delle proprie attese. Nella Leggenda del Grande Inquisitore Dostoevskij racconta come sulla piazza di Siviglia, dove ardono i roghi degli eretici, un uomo venga trovato a guardare in silen- A Bressanone Pubblichiamo uno stralcio del discorso con cui l’arcivescovo di Chieti-Vasto apre a Bressanone, il 29 agosto, il congresso internazionale «Dio in questione: il linguaggio religioso e i linguaggi del mondo». Cristo smentisce la presunta verità di questo ragionamento: egli è libero e chiama alla libertà. Egli sa che anche se la libertà ha un prezzo grande, vale sempre la pena di essere vissuta. L’uomo acquietato dall’assenza di libertà sarà forse apparentemente felice, ma non sarà più uomo, perché essere e volersi umani vuol dire riconoscersi chiamati alla libertà, anche se questa chiamata ha un prezzo alto: la Croce. La Croce è il vangelo della libertà! È questo il messaggio che Dostoevskij ha voluto trasmettere: colui che si sente padrone della verità, colui per il quale la verità non è più Qualcuno da cui essere posseduto, ma qualcosa da possedere, quest’uomo ha ucciso in sé non solo Dio, ma la stessa dignità del suo essere umano. La condizione umana è una condizione esodale: l’uomo è in esodo, in quanto è chiamato permanentemente a uscire da sé, a interrogarsi, a essere in cerca di una patria. Martin Lutero avrebbe detto sul letto di morte: Wir sind Bettler: hoc est verum! (“Siamo dei poveri mendicanti, questa è la verità”). Sono parole pronunciate alla sera della vita, quando si è sulla soglia del mistero e tutto si vede nella verità che non mente. In realtà, però, è proprio della condizione umana stare ogni istante su questa soglia. Lo esprimono intensamente questi versi di Margherita Guidacci: «Come onde la tua riva tocchiamo, / ogni istante è confine tra l’incontro e l’addio. / Dal nostro mare in te fuggire, nel zio la scena aberrante di quei supplizi. Portato davanti al Cardinale Inquisitore, ne ascolta in silenzio le domande ed è il suo silenzio che fa capire al vecchio custode della fede che quell’uomo è il Cristo. La reazione dell’Inquisitore è dura: «Sei Tu, sei Tu? Non rispondere, taci. E che potresti dire? So troppo bene quel che puoi dire. Del resto, non hai il diritto di aggiungere nulla a quello che Tu già dicesti una volta. Perché Il dramma della nostra epoca sei venuto a disturbarci? Sei venuto infatti a dinon è la mancanza di Dio sturbarci». La scena si Ma è il fatto che gli uomini conclude con il bacio non soffrano più di questa mancanza con cui Cristo saluta il vecchio Inquisitore. Il senso di questa pagina si coglie quando si compren- nostro mare fuggirti: / non altro è de che l’Inquisitore crede di com- di noi labili il destino. / Né tregua piere il più grande degli atti mai ci è data, anche se amore / od d’amore. Togliendo agli uomini la altra arcana ansia più lontano ci libertà, egli pensa di renderli felici, spinse / sulle tue sabbie, in vista perché li solleva dal peso di dover delle torri / della superba tua città. continuamente cercare e scegliere. Ché ancora / indietro ci trascina il L’uomo è in cerca di un simile pa- nostro peso / nel mutevole abisso drone. L’Inquisitore ama “troppo” – / Siamo di nuovo desiderio e lagli uomini per dare loro la libertà! mento. In mostra a Basilea l’eccentrico surrealismo di Max Ernst Tra i sogni di un bimbo stregato dalla foresta tica di culture diverse e dall’appropriazione del suo inconscio di stimoli visivi derivati La grande retrospettiva che la Fondazione dall’ambiente naturale: le foreste, prima di Beyeler di Basilea ha dedicato a Max Ernst tutto. Né va dimenticato il goticismo in ge(fino all’8 settembre) ci offre l’occasione di nerale, l’irrazionalità dell’anima germanica scrivere di una fra le figure più poliedriche mista alle simbologie oniriche freudiane. Indell’arte moderna, instancabile ideatore di fi- somma, la poetica di Ernst, al di là della sua gure, forme e tecniche innovative (frottage, straordinaria tecnica pittorica, non è per nulla semplice. grattage, decalcomania e oscillazione), semMax Ernst (1891-1976) è considerato un pre sperimentate per trovare nuovi legami artista epocale e tanto più è importante fra le immagini e la coscienza dell’osservato- l’ampia retrospettiva che la Fondazione re. In una lettera a Breton del 1932, Freud Beyeler gli ha dedicato per la prima volta scriveva: «Nonostante voi e i vostri amici mi dall’anno della sua morte: oltre centosessantestimoniate tanto interesse in ragione delle ta dipinti, collage, disegni, sculture e libri ilmie ricerche, io stesso non sono in grado di lustrati, fra cui molte celebri opere facenti spiegare che cosa sia e che cosa voglia il capo a tutte le fasi della sua ricca produzioSurrealismo. Probabilmente non sono affatto ne. Quando l’artista era in vita lavorò spesso portato a capirlo, io che sono così lontano dall’arte». Del resto, saInstancabile ideatore di figure rebbe impensabile ricostruire l’essenza dell’arte di Max Ernst preforme e tecniche innovative scindendo dalla lezione surrealiPer trovare nuovi legami fra le immagini sta, dalla quale comunque la sua e la coscienza dell’osservatore personalità non può essere estrapolata. Si può, invece, dimostrare quanto fu “eccentrica” la sua partecipazione al surrealismo. Basta ricordare per Ernst Beyeler, componendo cartelle litochi sono gli altri protagonisti: Dalí, Tanguy, grafiche e lavorando a dipinti e sculture di Magritte, Delvaux e persino Masson. Tutti cui il primo è Fiori di neve, risalente agli ancostoro dipingono oggettivamente una “sur- ni 1920, e l’ultima opera è Nascita di una garealtà” inconscia e onirica, servendosi di una lassia, del 1969. tecnica pittorica accademica e tradizionale. Ernst appartiene a quel gruppo di artisti Nessuno degli artisti citati usa però, come poliedrici e sperimentatori che i critici fanno fa Ernst, i più spericolati ampliamenti speri- fatica a collocare. Di lui si sa che esordì a mentali. Nessuno raggiunge le stesse inven- Colonia quando era ancora influenzato dal zioni formali che portano a un allargamento Dadaismo e che nel 1922 si trasferì a Parigi, degli orizzonti della pittura e della scultura. dove si fece notare come uno dei maggiori Si può affermare, quindi, che è proprio rappresentanti del surrealismo. Quello che con Ernst che il Surrealismo ha potuto con- però si ricorda di rado riguarda il padre tribuire all’avanzamento del problema stori- dell’artista, Philipp Ernst, che era un inseco della pittura, intesa come strumento d’in- gnante di scuola per sordomuti e pittore diterpretazione del mondo. lettante. Aveva l’abitudine di condurre il Mai come per questo artista è importante piccolo Max nelle escursioni silvestri, dove si il luogo di provenienza, nel suo caso Brühl, fermava a dipingere puntigliosamente figure tipico posto di frontiera, dove si influenzano inesistenti o strani eremiti. Il bambino osservicendevolmente la cultura tedesca e la cul- vava il padre mentre lavorava e ne subiva le tura francese. Il cosmopolitismo tipico di suggestioni: per esempio il padre disegnava Max Ernst proviene sicuramente dalla dialet- con precisione ossessiva tutte le foglie di un di SANDRO BARBAGALLO albero, e questo rendeva irreale la scena. Per tutta la vita Max non dimenticò mai il senso di incantamento e di terrore che provava seguendo il padre nel bosco. Non è un caso che molte delle sue opere siano ispirate al tema della foresta. Il padre però era anche un devoto fervente, tanto da dipingere il figlio nelle vesti di Gesù Bambino (1896). E si deve probabilmente a un rigetto del misticismo paterno se Ernst tra il 1926 e il 1928 dipinse alcune tele “estreme”, tra cui La Santa Vergine castiga Gesù bambino davanti a tre testimoni (che erano André Breton, Paul Eluard e l’artista stesso). Dopo aver sposato nel 1918 una studentessa di storia dell’arte, Louise Straus, da cui divorzia dopo pochi anni, nel 1924 si imbarca per l’Estremo Oriente. Rientrato dopo tre mesi, si ferma a Parigi, dove si cimenta in varie sperimentazioni, usando la tecnica del frottage, ossia sfregare un supporto con matite o colori, lasciando affiorare i rilievi della superficie sottostante. La raccolta dei primi disegni con questa tecnica, derivati da reperti come foglie o legni o sassi, prende il nome di Storia naturale, e molti fogli di questa serie verranno pubblicati in una cartella con prefazione di Arp. Nel 1927 si risposa con Marie-Berthe Aurenche e nel 1929 esce il suo primo romanzocollage, dal titolo ambiguo: La femme 100 têtes (che pronunciato in francese significa sia “La donna cento teste” che “La donna senza testa”). Composto con illustrazioni tratte da romanzi, cataloghi, opuscoli di moda dell’Ottocento, con queste carte, spesso xilografie molto raffinate, riuscì a simulare nuove realtà visive che lo porteranno presto a lavorare con Luis Buñuel e Salvador Dalì nel film L’âge d’or, dove appare anche come attore. Il gusto della sperimentazione e l’abilità nell’usare le tecniche più insolite permisero a Max Ernst di non invecchiare. Questo pioniere dell’espressione multimediale, infatti, non ebbe mai una produzione datata, nonostante che il suo lavoro copra un arco temporale di circa sessant’anni, dal 1915 al 1975. Un periodo che fu al centro di enormi scon- volgimenti sociali, politici e artistici. Fin dai primi anni del Novecento si pensa a Max Ernst come a un nomade culturale e artistico. Per quanto riguarda la sua vita privata, dopo esser stato internato come “straniero ostile” e poi fuggito negli Stati Uniti, Max passa disinvoltamente dallo stato di profugo di guerra alla vita cosmopolita e mon«L’angelo del focolare» (1937) dana, al fianco della sua mecenate e poi moglie Peggy Guggenheim. Qualcuno dice bilmente non solo dagli studi di arte, psicomaliziosamente che Max Ernst è stato «l’ar- logia e filosofia, ma anche dalle suggestioni tista che non volle mai trovarsi», almeno fin- dovute all’espressionismo, nonché all’inconché non si innamorò di Dorothea Tanning, tro con Hans Arp in un momento di grandi anch’essa artista, con la quale condusse rivoluzioni cubiste e futuriste. Anche se sarà un’esistenza assorta e incantata nel deserto solo l’esperienza dadaista ad avvicinarlo ai dell’Arizona. surrealisti. Si è sempre detto che i surrealisti, più che La mostra della Fondazione Beyeler raccoper la tecnica pittorica, sono importanti per glie una nutrita serie di opere chiave, tra cui le idee che esprimono. Questo non è certo il le immagini di giungla della seconda metà caso di Max Ernst che, oltre a un mondo degli anni Trenta, dal tono misterioso e anonirico con radici nella psicanalisi, ha sem- gosciante. Opere, queste, in cui sono evidenpre cercato nuove tecniche, spesso divenute ti le influenze e la lezione sia del doganiere pioniere delle ricerche dell’informale. Sua, Rousseau, sia del romantico Caspar David ad esempio, è l’invenzione del dripping. Fa- Friedrich. Presenti sono anche le mutazioni antropoceva gocciolare il colore da un barattolo forato, sospeso a una lunga corda, che faceva morfiche, come quella della donna in animaoscillare con ampi movimenti sopra la tela. le o dell’animale in donna. C’è poi il trionfo Questo procedimento, chiaramente incon- del surrealismo con L’angelo del focolare trollabile, perfezionava l’automatismo tanto (1937) che, pur ispirata alla guerra civile spacaro ai surrealisti e ne nascevano composi- gnola, affronta la dimensione dell’impegno zioni reticolari, a cerchi e a punti, che richia- politico senza scadere nella propaganda. Per mano le orbite planetarie. La tecnica del quest’opera Ernst si avvale sia dell’inconscio dripping fu poi ripresa da Jackson Pollock, che del sogno: entrambi rivelati dalla psicadai più considerato il padre del drip-pain- nalisi ma sperimentati dal Surrealismo. Max Ernst morì il 1° aprile 1976, a Parigi, ting. La grande necessità di sperimentare che un giorno prima di compiere ottantacinque Ernst dimostrò per tutta la vita nasce proba- anni. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 29 agosto 2013 Il cardinale Gracias dopo l’ultimo grave episodio avvenuto a Mumbai Appello del patriarca di Babilonia dei Caldei a non vendere case e terreni La violenza contro le donne è declino sociale I cristiani in Iraq hanno radici da mantenere MUMBAI, 28. «Le nostre donne e le nostre bambine subiscono violenze e abusi persino nelle loro famiglie, oltre che nella società, che le umilia, le svilisce, le discrimina, le esclude e le sfrutta. La corrosione della morale, la sua corruzione, dimostrano che il nostro sistema di valori è stato seriamente compromesso». E il brutale stupro di gruppo compiuto contro una giovane fotoreporter di Mumbai «riflette il declino spirituale, sociale e culturale del nostro Paese». Non usa mezzi termini il cardinale arcivescovo di Bombay, Oswald Gracias, nel condannare il grave episodio avvenuto il 22 agosto scorso quando, nel capoluogo del Maharashtra, una ventiduenne è stata aggredita e violentata da cinque uomini, tutti arrestati. La vittima è una giovane fotoreporter, stagista di una rivista in lingua inglese con base a Mumbai. Accompagnata da un collega, quel giorno si era recata alla Shakti Mills (una ex fabbrica tessile ora in stato di abbandono) per realizzare un servizio fotografico. L’attacco si è svolto al termine del lavoro: mentre i due uscivano, sono stati circondati da tre uomini che hanno detto loro che non avevano il permesso di fotografare. Ai tre se ne sono aggiunti altri due che hanno picchiato e legato il collega e poi hanno trascinato la ragazza dietro a un muro. La giovane è in ospedale, ma non corre pericolo di vita. Il capo del Governo del Maharashtra ha ordinato un processo rapido contro i cinque, che hanno tra i 18 e i 23 anni. Il caso, che ricorda il grave stupro di gruppo avvenuto nel dicembre 2012 a New Delhi (una ventitreenne morì dopo una lunga agonia per le ferite riportate nell’aggressione subita su un autobus), ha colpito l’opinione pubblica indiana. Per l’arcivescovo di Bombay — riferisce AsiaNews che ha raccolto le sue dichiarazioni — «è urgente riportare Dio al centro delle nostre vite, in famiglia, in società, nei posti di lavoro, e comportarci secondo i valori del Vangelo». Gracias ha accolto la notizia «con profonda angoscia» poiché «è la peggiore aggressione che una donna possa subire: lo stupro è terrorismo fisico e psicologico, un crimine abominevole contro l’onore delle donne». Il porporato parla anche come presidente della Catholic Bishops’ Conference of India: «La Chiesa è uno strumento per servire la società e la nazione attraverso l’educazione e le nostre strutture. Ho già chiesto alle nostre scuole di inculcare i valori della giustizia e del rispetto di genere non solo agli studenti, ma anche ai genitori. È importante sensibilizzare madri e padri su come trattiamo le donne nelle nostre famiglie. La Chiesa di Bombay e di tutta l’India servirà per dare inizio a una cultura e una società nobile, co- struite sull’uguaglianza, la giustizia e il rispetto tra uomini e donne». Da decenni — informa AsiaNews — la Chiesa cattolica indiana dedica l’8 settembre, festa della Natività della Beata Vergine Maria, alle bambine. Proprio in conseguenza della tragica morte, a dicembre, di una giovane a New Delhi, il cardinale Gracias aveva proclamato il 27 gennaio 2013, nell’arcidiocesi di Bombay, «Giornata di solidarietà per la giustizia, la sensibilizzazione e l’uguaglianza di genere». Quel giorno la comunità cattolica ha partecipato a incontri e seminari e in ogni parrocchia e convento si è tenuta un’ora di preghiera. Gracias auspicò che la Giornata potesse «annunciare una trasformazione sociale» riguardo «il disprezzo contro le donne». BAGHDAD, 28. Ai fedeli delle due piccole diocesi di Amadiyah dei Caldei e di Zākhō dei Caldei, in Iraq, recentemente accorpatesi in un’unica circoscrizione ecclesiastica affidata al vescovo di Amadiyah, Rabban Al-Qas, e a tutti gli abitanti dei quaranta villaggi cristiani situati nel Kurdistan iracheno si è rivolto ieri, con una lettera, il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako. Il messaggio — riferisce l’agenzia Fides — contiene una sollecitazione forte ad «aggrapparsi ai propri villaggi» e a non vendere le case e i terreni ricevuti dai loro padri per non finire nella condizione di «emigrati stranieri della diaspora». Sako aveva incontrato gli abitanti durante una visita effettuata dal 15 al 23 agosto. Nella lettera, il patriarca esprime gratitudine per la manifestazione di «fede, fedeltà, perseveranza, pazienza e gioia» sperimentata nei suoi tanti incontri con i cristiani del Kurdistan iracheno, da lui definiti come «cittadini indigeni, con radici profonde che non possono essere estirpate e che risalgono a duemila anni fa». Dal riferimento a questo radicamento millenario, il patriarca ha preso le mosse per invitare tutti a seguire l’esempio di trentacinque famiglie «che erano a Mosul e si sono trasferite a Duhok, comprando un villaggio di nome Romtha, dove hanno fatto sorgere belle case, la chiesa, una scuola e tanti frutteti». Per favorire queste dinamiche di resistenza alla dispersione, il patriarca di Babilonia dei Caldei ha invitato anche le formazioni politiche animate da militanti e dirigenti caldei a portare avanti strategie condivise, mentre la compagine ecclesiale è stata sollecitata a coinvolgere di più i laici nella gestione di attività e risorse attraverso i consigli diocesani e quelli parrocchiali. Secondo le stime del patriarcato, alla nuova diocesi appartengono 14.500 cristiani, 13 sacerdoti e 34 chiese caldee. Il Kurdistan iracheno, tradizionalmente considerato un posto sicuro per i cristiani, negli ultimi anni — riferisce Fides — è diventato per molti solo “l’ultima fermata” in Iraq prima di emigrare all’estero. Secondo molti osservatori, proprio da tale fenomeno si può dedurre che la violenza non rappresenta l’unica ragione dell’esodo dei cristiani dall’Iraq. La decisione di accorpare le diocesi di Amadiyah e di Zākhō in un’unica sede, a Duhok, e di affidarla a monsignor Al-Qas, è stata presa da Sako durante il sinodo del patriarcato caldeo riunitosi a Baghdad dal 5 al 10 giugno, come informa il sito in rete «baghdadhope». La diocesi di Zākhō era sede vacante dal 3 novembre 2010, giorno della morte del vescovo Petros Hanna Issa Al-Harboli. Attuale amministratore patriarcale era l’arcivescovo di Arbil dei Caldei, monsignor Bashar Matte Warda. Resta alta la tensione fra Atene e Tirana per la vicenda di Përmet Chi vuole entrare nell’Ue deve rispettare le minoranze TIRANA, 28. Non accennano a placarsi le polemiche per la vicenda di Përmet, paese nel sud dell’Albania dove è esploso un conflitto tra la comunità ortodossa e le autorità municipali per la proprietà di un sito a lungo utilizzato dalla Chiesa per le proprie liturgie. Se non saranno tutelati i diritti delle minoranze etniche e religiose, potrebbe essere addirittura a rischio il processo di adesione dell’Albania all’Unione europea. L’avvertimento arriva dal viceministro degli Esteri greco, Dimitris Kourkoulas, in un’intervista al quotidiano ateniese «Eleftherotypia» ripresa dai media albanesi e dall’agenzia Agi. L’esponente del Governo ellenico ha spiegato quali saranno le politiche che la Grecia seguirà nel corso del semestre di presidenza dell’Ue (gennaio-giugno 2014) sottolineando che «l’ingresso nella famiglia europea esige il rispetto per le minoranze religiose, etniche e culturali, così come la difesa delle loro proprietà». Secondo Kourkoulas, quanto accaduto a Përmet «è inaccettabile» ma esiste la «volontà di approfondire la cooperazione con l’Albania» con l’auspicio che «la parte albanese sarà in grado di isolare coloro che minano le relazioni bilaterali». Nei giorni scorsi il console greco ad Argirocastro, Nikolas Kotrokoi, ha incontrato il sindaco di Përmet, Gilberto Jace, per chiarire la questione della costruzione del Palazzo della cultura su un terreno di cui la Chiesa ortodossa rivendica la proprietà e che ha portato a scontri tra religiosi e vigilantes che sorvegliano il sito. Il primate della Chiesa ortodossa d’Albania, l’arcivescovo di Tirana e Durazzo Anastasios (Yannoulatos), ha denunciato «le violenze contro clero e fedeli e gli atti di vandalismo e sacrilegio della chiesa della Vergine Maria al Pazar di Përmet». Consultazione a Bangalore del National Council of Churches in India Firmato accordo tra patriarcato di Mosca e distretto federale siberiano Nuove strategie per garantire pace e giustizia Una collaborazione a lungo attesa BANGALORE, 28. L’importanza di celebrare la vita pienamente, con vivacità, dinamismo e fervore, indipendentemente dalla casta, dal credo religioso, dal colore della pelle, dalla categoria sociale, dal sesso, dall’etnia: è quanto hanno sottolineato i partecipanti all’incontro del National Council of Churches in India (Ncci) tenutosi nelle settimane scorse a Bangalore, capoluogo del Karnataka. Si è trattato di una consultazione, di una pre-assemblea che il World Council of Churches (Wcc) ha voluto organizzare con l’obiettivo di riflettere sul tema della sua decima assemblea («Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace») in programma a Busan, in Corea del Sud, dal 30 ottobre all’8 novembre. Vi hanno preso parte una settantina di rappresentanti del Ncci, organismo che rappresenta circa tredici milioni di fedeli protestanti e ortodossi in tutto il Paese. «La giustizia e la pace devono essere garantite non tanto per una vita di benessere e prosperità quanto per dare pienezza alla vita dell’intera creazione di Dio», ha spiegato nel discorso d’apertura il suo vescovo presidente, Taranath Sagar, secondo il quale «la chiamata di Dio a essere partner della sua missione di stabilire la pace con la giustizia nel mondo è una chiamata a sostenere la dignità umana e l’integrità di tutto il creato». Ha preso la parola anche il preside del Bishop’s College in Calcutta, il reverendo anglicano Sunil Caleb: «Poiché ci troviamo a soffrire delle molteplici crisi che affliggono il mondo di oggi, noi che ci troviamo alla base siamo chiamati a mostrare nuovi modelli di vita e di azione». Alla potenza del male — ha aggiunto Caleb — si può resistere solo attraverso una profonda spiritualità e la dipendenza dal Dio della vita che cerca giustizia e pace per tutte le persone. L’incontro di Bangalore si è incentrato sulle preoccupazioni delle Chiese indiane e sulle sfide che il movimento ecumenico deve affrontare nei contesti locali. Erano presenti anche attivisti per i diritti umani che lavorano quotidianamente sui temi sociali. Dhirendra Panda, uno di questi attivisti, ha chiesto al National Council of Churches in India di appoggiare la lotta contro alcune compagnie sud-coreane che stanno investendo miliardi di dollari per alcuni progetti minerari (ferro e acciaio) in Orissa. Secondo Panda — riferisce un comunicato del World Council of Churches — «le nostre terre stanno per essere portate via da queste compagnie» e «sono state compiute diverse violazioni dei diritti umani». Alla consultazione ha partecipato anche Mathews George Chunakara, direttore della Commission of the Churches on International Affairs del Wcc, il quale, parlando del tema della prossima assemblea di Busan, ha detto che esso è «immensamente rilevante per contesti come quelli asiatici dove la lotta delle persone per la giustizia e la pace è pertinente e dove un gran numero di cittadini si vedono negati una pace giusta». Il reverendo Roger Gaikwad, segretario generale del Ncci, ha garantito il contributo dei cristiani indiani all’assemblea del Wcc. MOSCA, 28. La recente visita del patriarca di Mosca, Cirillo, nel distretto federale siberiano, in particolare nelle metropolie di Novosibirsk e di Kuzbass (sede di un importante bacino carbonifero), è stata l’occasione per firmare un accordo di cooperazione fra Chiesa ortodossa e Federazione russa. L’intesa, che riguarda le diocesi che si trovano all’interno di tale distretto, è in qualche modo “storica” poiché è la prima volta che patriarcato di Mosca e istituzioni statali locali sottoscrivono un atto formale di collaborazione. A sottolinearlo — si legge sul sito on line del patriarcato secondo una traduzione tratta dal magazine Eleousa — è stato lo stesso Cirillo: «Vi è una storia ben definita dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato in tutto il Paese, tra le regioni e i distretti federali, e questa storia ha un’ottima tradizione. Noi oggi non sviluppiamo da zero la nostra collaborazione su molti aspetti importanti. Viviamo in uno stato di diritto, ed è importante che le nostre intenzioni, così come l’esperienza di cooperazione siano registrati in un qualche documento, che da un punto di vista giuridico costituisce la base per le azioni che svolgiamo insieme». Il primate ortodosso ha ricordato il gran numero di progetti a livello nazionale: «Essi non riguardano solo il ripristino dei nostri santuari, il restauro dei monumenti architettonici e la costruzione dei templi. Riguardano molteplici programmi educativi e sociali. Forse siete al corrente del fatto che oggi la Chiesa è attivamente coinvolta in Estremo Oriente, che la Chiesa ha partecipato attivamente ai soccorsi per le inondazioni a Krymsk. Potrei elencare grandi eventi, noti in tutto il Paese, ma la maggior parte di tutte le opere buone avviene in collaborazione con lo Stato, che forse il Paese non conosce, come — ha spiegato Cirillo — l’affidamento e l’adozione degli orfani, il lavoro con i giovani, gli anziani, il lavoro con le forze armate, con il sistema carcerario e in molti altri settori della vita. Attribuisco grande importanza alla firma di questo documento e penso che costituisca un importante fondamento giuridico per l’ulteriore sviluppo delle relazioni tra la Chiesa e lo Stato nel vasto distretto federale siberiano». Gli ha risposto il plenipotenziario del presidente russo, Viktor Aleksandrovich Tolokonskij, il quale, ringraziandolo per la visita a Novosibirsk, ha detto a Cirillo che «le vostre parole e il documento firmato saranno molto importanti per il lavoro della nostra squadra, per i nostri colleghi dei dodici soggetti federali della Siberia». Durante la visita alla metropolia di Kuzbass, il patriarca di Mosca ha visitato la miniera di carbone «Berezovsky» a Prokopyevsk (Kemerovo). Di fronte agli uffici verrà costruita una cappella in onore di santa Barbara, patrona dei minatori. Cirillo ha benedetto la prima pietra. † Il Prefetto S.E. Monsignor Gerhard L. Müller, l’Arcivescovo Segretario Monsignor Luis F. Ladaria, S.I., il Sotto-Segretario Monsignor Damiano Marzotto, il Promotore di Giustizia p. Robert Oliver, insieme ai Capi Ufficio ed ai collaboratori della Congregazione per la Dottrina della Fede esprimono profonda partecipazione al dolore della famiglia per la morte di Monsignor MARCELLO BORD ONI per molti anni apprezzato Consultore della medesima Congregazione ed offrono le loro preghiere in suffragio del Defunto, chiedendo al Signore di accoglierLo, in attesa della resurrezione, fra i giusti che vivono alla Sua presenza. Città del Vaticano, 28 agosto 2013 L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 29 agosto 2013 pagina 7 Allo studio provvedimenti per la formazione dei giovani medici Pubblicato il messaggio integrale dell’episcopato degli Stati Uniti In Australia gli ospedali cattolici sono una risorsa Un Labor Day a tutela dei diritti SYDNEY, 28. La Catholic Health Australia (Cha) ha accolto nei giorni scorsi con favore l’impegno della coalizione di Governo a estendere il numero dei tirocinanti presso gli ospedali privati, le case di cura regionali e i grandi centri medici al fine di poter formare i giovani australiani durante l’importante primo anno post-laurea in medicina. Nell’annunciare la politica sanitaria della coalizione prima delle elezioni federali del prossimo 7 settembre, il leader del partito liberale Tony Abbott si è impegnato ad assicurare che in futuro ci saranno sufficienti posti di tirocinanti per i laureati in medicina per completare il loro ultimo anno di formazione clinica. Per conseguire la qualifica di medico, i laureati dovranno frequentare un anno di stage presso un ospedale o un centro medico accreditato. Martin Laverty, amministratore delegato di Catholic Health Australia, ha espresso soddisfazione per l’impegno della coalizione di investire quaranta milioni di dollari per i tirocini medici del settore pubblico così come per quelli non tradizionali, come gli ospedali privati o regionali. «Questa decisione — ha detto — consentirà di soddisfare ogni anno le richieste di un numero sempre più crescente di laureati in medicina e scongiurare la crisi che si è verificata lo scorso anno, quando i laureati erano molti di più rispetto ai posti disponibili presso gli ospedali pubblici australiani». Nel 2012 i posti disponibili per i tirocini erano 3.091, con molti studenti che non hanno potuto completare il loro ultimo e importante anno di formazione. La Australian Medical Association è intervenuta al riguardo invitando il Governo statale e federale ad affrontare con la massima urgenza e concretezza il problema, sottolineando che questo deficit ha costretto centinaia di studenti a cercare uno stage all’estero con il rischio di non tornare più in Australia e proseguire altrove la propria carriera medica. Il tentativo del Governo federale di trovare posti per i laureati si è fatto ancor più difficile lo scorso novembre dopo che i Governi del New South Wales e di Victoria si erano rifiutati di mettere a disposizione i fondi necessari per finanziare i posti aggiuntivi avendo appena dovuto affrontare gli enormi tagli dei finanziamenti destinati dal Commonwealth agli ospedali e al settore della salute. La Catholic Health Australia, che rappresenta settantacinque ospedali pubblici e privati in tutta l’Australia, ha da tempo sollecitato l’accreditamento degli ospedali privati e regionali come istituti di formazione medica. Anche lo scorso anno aveva proposto agli ospedali pubblici metropolitani di poter offrire tirocini per i laureati. «È stato un passo avanti — ha detto l’amministratore delegato della Cha commentando gli ultimi annunciati provvedimenti Convegno promosso dall’arcidiocesi di Asunción in Paraguay La famiglia e l’educazione alla sessualità — ma oltre a questo non è stato fatto quasi nulla per prepararsi al numero maggiore di laureandi di quest’anno. Tuttavia, grazie agli sforzi di grandi gruppi sanitari non governativi, oltre alla Cha e all’Australian Medical Association, sono stati messi a disposizione quaranta milioni di dollari per finanziare fino a cento posti all’interno di ospedali privati per i prossimi quattro anni, che si aggiungeranno agli impegni di finanziamento vigenti in materia di tirocini presso le strutture ospedaliere pubbliche, finanziati con il contributo dello Stato, nonché dal Commonwealth e che costa circa 35.000 dollari ogni anno per ogni laureato». Con il numero di laureati in medicina in continua crescita fino al 2015-2016, quando questo dovrebbe rallentare gradualmente, si dovrebbe dunque poter fare fronte alle carenze di tirocinio con la creazione di posti supplementari presso ospedali privati e regionali e in altri ambienti non tradizionali. Alcuni «politici e burocrati», ha spiegato ancora Martin Laverty, sono ostinati nel loro modo di intendere la formazione dei laureati in medicina, «ma abbiamo cercato di dimostrare quanto possa e debba essere prezioso il sistema ospedaliero cattolico, sia pubblico che privato, per la formazione dei medici di domani». Laverty si trova d’accordo con il leader dell’opposizione quando afferma che l’Australia dopo aver investito nella formazione medica e clinica degli studenti, dovrebbe compiere ogni sforzo per garantire che il loro lavoro venga utilizzato dentro i propri confini e che perciò i giovani medici non siano poi costretti a emigrare. Se dovesse vincere la coalizione di Governo, Abbott ha preso l’impegno di lavorare a stretto contatto con gli Stati, i territori, le università, gli ospedali privati e altri soggetti interessati per migliorare il coordinamento nazionale per la richiesta e l’assegnazione dei tirocini. Anche se verranno messi a disposizione solo 340 milioni di dollari in quattro anni, in un bilancio sanitario annuale di sessanta miliardi di dollari, molti dei progetti consentiranno di porre maggiore attenzione all’assistenza primaria e in particolare alla medicina generale. WASHINGTON, 28. «Individui, famiglie, Chiesa, organizzazioni, imprese, Governo, tutti abbiamo la responsabilità di promuovere la dignità del lavoro e di onorare i diritti dei lavoratori. L’unico modo per ridurre il divario tra i ricchi e i più poveri nella nostra nazione è la creazione di posti di lavoro di qualità adeguata che garantiscano una retribuzione equa e giusta che permetta ai lavoratori di vivere una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia». È quanto scrive in una lettera monsignor Stephen Edward Blaire, vescovo di Stockton e presidente del Committee on Domestic Justice and Human Development della Conferenza episcopale degli Stati Uniti in vista del Labor Day, la giornata nazionale dedicata ai diritti dei lavoratori, che quest’anno si celebra il 2 settembre. Negli Stati Uniti — si legge nel testo ora pubblicato integralmente sul sito della Conferenza episcopale, dopo che nei giorni scorsi ne era stata data un’anticipazione — più di quattro milioni di persone sono senza lavoro da più di sei mesi, un dato che per altro non tiene conto dei milioni di persone che hanno semplicemente perso la speranza di un impiego. Per ogni posto di lavoro disponibile, ci sono cinque disoccupati. Questo divario occupazionale spinge i salari verso il basso. La metà dei posti di lavoro in questo Paese rende meno di 27.000 dollari l’anno. Più di 46 milioni di persone vivono in condizioni di povertà, di cui sedici milioni sono bambini. «L’economia — spiega il presule — non sta creando un adeguato numero di posti di lavoro che consenta ai lavoratori di provvedere a se stessi e alle proprie famiglie. Lavoro, salari e povertà sono correlati». Secondo il vescovo di Stockton occorre ridurre prima possibile il crescente divario tra i ricchi e i più poveri nella nostra nazione, creando nuovi posti di lavoro ben retribuiti. «La disoccupazione e la sottoccupazione — aggiunge il presidente del Committee on Domestic Justice and Human Development — sono collegate all’aumento della disuguaglianza dei redditi, ce lo ha ricordato anche Benedetto XVI nella Caritas in veritate. In molti luoghi, la ricchezza e lo stato di necessità assoluta sono visibili molto spesso l’una accanto all’altra. Basta guardare sotto i ponti e nei vicoli delle città. La maggior parte delle persone aspira a vivere in una società più equa, che offra reali opportunità di crescita e di sviluppo. Gli attuali squilibri non sono inevitabili, ma esigono audacia nel promuovere un’economia più giusta che riduca la disuguaglianza, attraverso la creazione di posti di lavoro che forniscano un salario di sussistenza e la condivisione dei profitti con i lavoratori. Ma si richiede inoltre una forte rete di sicurezza per i lavoratori disoccupati e le loro famiglie e per coloro che sono incapaci di lavorare». Monsignor Blaire ricorda che dalla fine della guerra civile, «i sindacati sono stati una parte importante della nostra economia, perché forniscono tutele per i lavoratori e soprattutto un modo per i lavoratori di partecipare alle decisioni azienda- li che li riguardano. La Dottrina cattolica ha sempre affermato il diritto dei lavoratori di scegliere di costituire un sindacato. L’aumento della disuguaglianza del reddito ha rispecchiato il calo degli iscritti al sindacato. I sindacati, come tutte le istituzioni umane, sono imperfetti, e devono continuare a riformare se stessi in modo da rimanere concentrati sulle questioni importanti della vita, assicurando condizioni di lavoro sicure e promuovendo il bene comune. La Chiesa, coerentemente con i suoi principi sulla vita e la dignità della persona umana, desidera collaborare con i sindacati nel garantire i diritti e la dignità dei lavoratori». Infine, il vescovo pone l’attenzione sull’importanza degli immigrati per la società. «Dobbiamo sostenere le politiche di immigrazione che facciano uscire i lavoratori immigrati dall’ombra e che diano loro uno status giuridico. Accogliamo con favore lo straniero, il rifugiato, il migrante, e gli emarginati, perché sono figli di Dio». Il 28 e il 29 settembre in tutte le parrocchie del Paese Colletta in Canada a sostegno delle diocesi OTTAWA, 28. Il 28 e il 29 settembre prossimi si svolgerà in tutte le parrocchie del Canada la tradizionale colletta nazionale per i bisogni della Chiesa. Promossa dalla Conferenza episcopale (Cecc) sin dal 1975, il ricavato servirà a sostenere le diocesi canadesi nella loro missione pastorale. «Questa colletta — si legge in una lettera pastorale a firma dell’arcivescovo di Edmonton e presidente della Conferenza episcopale canadese, monsignor Richard William Smith — serve a sostenere il lavoro della Cecc e delle diocesi. La nostra Chiesa continua a essere chiamata alla missione e al servizio del nostro mondo. Papa Francesco, e Benedetto XVI, prima di lui, hanno sempre sottolineato l’importanza dell’impegno della Chiesa nella carità, il servizio e la solidarietà. Il ministero pastorale dei vescovi del Canada — prosegue la lettera — è parte della stessa dinamica. I vescovi sono testimoni e strumenti della carità e della solidarietà, ognuno di noi nella nostra Chiesa diocesana, e tutti insieme uniti nella collegialità episcopale, testimoniamo il Vangelo di Cristo, qui e all’estero». Con i fondi raccolti nella precedente colletta nazionale, la Conferenza episcopale ha provveduto a realizzare numerosi progetti, promuovendo in particolare la settimana nazionale per la vita e la famiglia, realizzando materiale di supporto per l’insegnamento della fede cattolica e aiutando circa un migliaio di ragazzi e ragazze canadesi a prendere parte alla passata edizione della Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro, in Brasile. Allo studio in Messico iniziative per impedire lo sfruttamento dei minori L’infanzia tradita dei bambini lavoratori ASUNCIÓN, 28. Si svolgerà ad Asunción, dal 7 all’8 settembre prossimo, il secondo Congresso della famiglia organizzato dalla pastorale familiare dell’arcidiocesi paraguayana di Asunción. L’evento, dal titolo: «Familia formadora de persona» (Famiglia formatrice della persona), ha l’obiettivo di affrontare al meglio la formazione delle famiglie paraguayane sulle tematiche relative alla sessualità e all’affettività, nonché quello di valutare attentamente gli ostacoli e le molteplici sfide per una crescita integrale e dignitosa per le generazioni future. Tra gli argomenti che verranno discussi durante le due giornate di lavoro vi sono: «Il quadro giuridico relativo al nascituro», «L’ideologia del genere» e «Sfide e creatività nell’educazione sessuale nella famiglia e nella scuola». Inoltre, si svolgeranno alcune conferenze su «Come educare i nostri figli nel campo dell’affettività» e «L’aborto e la sua relazione con la pillola del giorno dopo». CITTÀ DEL MESSICO, 28. In America Latina ci sono 14 milioni di bambini lavoratori. Tra questi oltre tre milioni vivono in Messico, piccoli e adolescenti che avrebbero diritto a una vita dignitosa, allo studio, a giocare con i loro coetanei, a godere pienamente della loro età e che invece in molti casi vengono costretti a lavorare. La Chiesa in Messico è in prima fila sia nella denuncia sia nell’azione concreta contro questo fenomeno. Nel corso del recente pellegrinaggio della diocesi di Tehuantepec presso la Basilica di Guadalupe, il vescovo, Oscar Armando Campos Contreras, è tornato sulla questione, affermando che «l’ingiustizia, l’impunità che si riflette nella criminalità, la povertà economica, che poi si trasforma in miseria, non danno alcuna speranza di sviluppo ai giovani, e li rendono facile preda della criminalità organiz- zata nella regione». E, nel corso del medesimo pellegrinaggio, il vescovo di San Cristobal de las Casas, Felipe Arizmendi Esquivel, ha rese note le denunce fatte dai giovani nelle parrocchie: «Vogliamo essere qualcuno nella vita e avere una vita sicura; vogliamo vivere in fraternità e cambiare questo presente». Il Governo, assieme alla Fundación Telefónica, è impegnato all’eradicazione di questo grave fenomeno e, attualmente, in diverse comunità tra le più remote e emarginate dello Yucatan sostiene oltre novemila bambini offrendo assistenza psicologica, alimentare, educativa con l’obiettivo che non lascino la scuola ed evitino di alimentare il lavoro minorile. Solo in Messico circa settantamila bambini tra i più vulnerabili lavorano o abbandonano la scuola. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 giovedì 29 agosto 2013 Il priore generale Robert Francis Prevost sottolinea il significato della visita del Papa Agostiniani sulle frontiere della missione di NICOLA GORI Ai 90 padri che si accingono a dare vita al 184° capitolo generale dell’ordine di Sant’Agostino si unisce questo pomeriggio un ospite di eccezione. Papa Francesco, infatti, celebra la messa con i capitolari alle 18 di mercoledì 28 agosto, nella basilica romana dei santi Trifone e Agostino in Campo Marzio. «Un gesto grande e generoso che sicuramente lascerà un segno in questi lavori» afferma il priore generale Robert Francis Prevost, che proprio in occasione del capitolo conclude il suo secondo mandato alla guida dell’ordine. Da sempre in prima linea in campo missionario, gli agostiniani attendono dal Pontefice conferme e indicazioni «per rinnovare la nostra vita — aggiunge padre Prevost in questa intervista al nostro giornale — ed essere più fedeli nella nostra risposta alla Chiesa e al popolo». Papa Francesco celebra la messa in occasione dell’inizio del vostro capitolo generale ordinario. Che significato ha questo gesto? Per noi si tratta di una vera e propria primizia: un Pontefice viene a celebrare l’Eucaristia in mezzo a noi. La sua presenza è un gesto grande e generoso, che sicuramente lascerà un segno in questi lavori capitolari. Confesso che siamo rimasti meravigliati quando, dopo aver domandato di essere ricevuti in udienza dal Santo Padre in occasione del nostro capitolo, abbiamo saputo addirittura che aveva deciso di celebrare la messa con noi nella chiesa di sant’Agostino, nel giorno della sua memoria liturgica. Con questa scelta il Pontefice ha voluto manifestare la sua vicinanza al nostro ordine e di questo evidentemente siamo molto grati. Ricordo che quando il cardinale Bergoglio veniva a Roma, si recava spesso nella chiesa di sant’Agostino, dove c’è la tomba di santa Monica. Come figli spirituali del grande vescovo di Ippona, siamo consapevoli che la presenza del Papa deve ricordarci anzitutto che essere agostiniani significa appartenere alla Chiesa. Noi abbiamo un legame molto speciale e grande con il Santo Padre, come dice il santo, perché siamo parte del corpo di Cristo. È ciò che caratterizza l’essere figli di sant’Agostino. Su quali temi si concentrerà l’attenzione dei padri capitolari? Il capitolo ha due aspetti molto importanti. Il primo è quello legato all’elezione del nuovo priore generale; l’altro, più sostanziale, riguarda l’elaborazione di un programma di lavoro destinato a orientare la vita dell’ordine per i prossimi sei anni, attraverso l’individuazione delle sfide che si pongono alla Chiesa e alla vita consacrata. La presenza del Pontefice in questo momento, in un anno veramente storico come quello che la Chiesa sta vivendo, è ricca di significato per noi e ha delle conseguenze pratiche. In primo luogo, ci richiama a vivere in questo mondo, con un’attenzione particolare al messaggio che Papa Francesco vuole trasmettere a tutta la Chiesa: vicinanza ai poveri, a quelli che soffrono, ai più bisognosi. Queste sono indicazioni che per noi religiosi, membri di un ordine mendicante, hanno un’importanza particolare. Dai gesti del Santo Padre, dalle parole delle sue omelie e dei suoi discorsi, capiamo che anche per noi agostiniani c’è una missione grande da intraprendere per rinnovare la nostra vita ed essere più fedeli nella Una missione agostiniana in Perú nostra risposta alla Chiesa e al popolo. Guardando al futuro, si possono già indicare prospettive e impegni alla luce di quanto emergerà nel capitolo generale? La prima cosa da tener presente è sempre la necessità di un rinnovamento continuo della nostra vita di consacrati. Siamo chiamati ogni giorno a cercare le strade per essere fedeli ai consigli evangelici che abbiamo professato. Quanto alle diverse missioni che abbiamo come agostiniani, dobbiamo valutare quello che stiamo facendo a livello di educazione, ricerca, promozione culturale e missionaria, per capire se abbiamo la capacità di rispondere con generosità alle rinnovate sfide che la Chiesa deve affrontare, anche nell’ambito della nuova evangelizzazione. Qual è il bilancio della sua esperienza di questi dodici anni trascorsi alla guida dell’ordine? Sto terminando il mio secondo mandato e devo dire che è stata un’esperienza veramente ricca. Ringrazio tutti i confratelli per questi anni e per l’opportunità che ho avuto di servire l’ordine. Ho potuto vedere la Chiesa da vicino e toccare con mano la multiforme realtà dell’ordine agostiniano nei cinquanta Paesi di tutti i continenti dove siamo presenti. Ho visto i luoghi e ho sperimentato le situazioni in cui la Chiesa forse ha più difficoltà nel far sentire il suo messaggio agli uomini di oggi. Ma ho potuto constatare anche la vitalità di quelle zone missionarie in crescita, laddove la Chiesa sta facendo veramente un servizio molto grande. Aver avuto la possibilità di partecipare a tutte queste realtà è stato un grande dono; e, allo stesso tempo, credo di essere riuscito ad accompagnare e incoraggiare i miei confratelli, perché siano capaci di rispondere in modo sempre più efficace alle sfide del nostro mondo. Benozzo Gozzoli, «Agostino consegna la sua regola ai monaci» (1465) Un programma di azione per i prossimi sei anni Il 184° capitolo generale ordinario dell’ordine di sant’Agostino vede la presenza di 90 padri capitolari (9 membri della curia generalizia, 21 provinciali, 53 definitori e 7 invitati senza diritto di voto) provenienti da diversi Paesi del mondo. Dopo la messa celebrata dal Papa nella basilica romana dei santi Trifone e Agostino, i lavori proseguiranno presso l’Istituto patristico Augustinianum. La conclusione è prevista intorno al 20 settembre. Uno dei temi di studio del capitolo sarà il documento approvato dal capitolo generale intermedio del 2010, svoltosi nelle Filippine sul tema «L’unità dell’ordine al servizio del Vangelo». Questo testo dovrà essere completato con le osservazioni delle varie circoscrizioni e delle comunità e con le risposte del questionario già inviato. Nelle sessioni plenarie — oltre all’elezione del nuovo priore generale e dei membri del consiglio — si definirà anche il programma dell’ordine per il prossimo sessennio. I capitoli generali ordinari si celebrano infatti ogni sei anni; tra una convocazione e l’altra, trascorsi tre anni, si svolge invece il capitolo generale intermedio, che secondo le Costituzioni viene celebrato «allo scopo di favorire lo spirito di aggregazione della Chiesa e dell’Ordine e perché le Province si conoscano meglio reciprocamente». A Bucarest il 31 agosto la beatificazione del sacerdote martire Vladimir Ghika Principe per nascita, mendicante per amore di IOAN ROBU* «Mamma, mamma, guarda laggiù come il cielo bacia la terra!». Benché bella e poetica, questa esclamazione legata alla scoperta dell’orizzonte non avrebbe nulla di speciale se non fosse per il suo autore, che all’epoca in cui la pronunciava aveva appena tre anni e mezzo, ossia l’età del gioco e della spensieratezza. Quel bambino che riusciva a esprimere in modo così efficace l’intuizione dell’amorevole presenza divina era Vladimir Ghika, poi divenuto sacerdote e quindi ucciso in odio alla fede a Bucarest il 16 maggio 1954, all’età di 80 anni. Il prete romeno sarà beatificato sabato 31 agosto, nel corso di una cerimonia nella capitale del Paese, dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Francesco. Il piccolo Vladimir non avrebbe mai perso di vista il costante “bacio” di Dio all’umanità. E quando l’amore divino divenne certezza incrollabile della sua vita, Ghika si trasformò in un testimone vivente del Deus caritas est. Nato il 25 dicembre 1873 in una nobile famiglia romena, ricevette i sacramenti dell’iniziazione cristiana nella Chiesa ortodossa. Durante gli studi effettuati in Francia subì l’influenza dell’ambiente protestante per poi approdare — dopo innumerevoli letture, studi e meditazioni — al cattolicesimo. Conseguì la licenza e il dottorato in filosofia e teologia nel collegio San Tommaso a Roma. Nel 1902 fece il suo ingresso ufficiale nella Chiesa cattolica, con l’atto di fede nella basilica romana di Santa Sabina all’Aventino. Resterà tuttavia in lui uno spirito profondamente ecumenico, fedele al sogno di un solo gregge e un solo pastore per il quale egli spese tutta la vita. Chi è stato Vladimir Ghika? Prima di tutto un grande dono che Dio ha fatto al popolo romeno e alla Chiesa universale. Se dovessi descriverlo in poche parole, direi che è stato un “principe” per nascita che ha seguito la via regale della Croce, diventando per scelta un “mendicante” di amore per Cristo, con la convinzione che non amiamo Dio come si dovrebbe se nel nostro amore verso di lui non riusciamo a farlo amare anche dagli altri. Ghika è stato un portatore della croce. Ma la sua via crucis era destinata a diventare una via resurrectionis, grazie all’esempio della sua vita e del martirio. Egli è diventato un faro non solo per la gente del suo tempo ma anche per le generazioni future. Quando divenne sacerdote, a 50 anni, aveva già percorso un cammino in cui, dopo aver conosciuto la misericordia di Dio, era diventato egli stesso una viva immagine dell’amore e della compassione divi- na. Prima di celebrare la liturgia eucaristica aveva già praticato intensamente la cosiddetta “liturgia” del prossimo, della carità cristiana e del sacrificio di sé. Infatti, il metro di misura di tutta la sua vita sacerdotale fu una domanda che arrivava nel proprio cuore dall’altare: «Oh, mio sacerdote, come ardirai a sacrificare Me, effettivamente e totalmente, se prima non hai sacrificato te stesso, effettivamente e totalmente?». Nel suo percorso verso il sacrificio eucaristico, Ghika non evitò mai i deserti dei tanti cuori umani afflitti o smarriti, in cerca di aiuto, consiglio, consolazione e benedizione. Il suo cammino umano e sacerdotale non fu progettato secondo calcoli o interessi terreni, bensì guidato da un unico pensiero: fare la volontà di Dio e rispondere alle sue attese, nel desiderio di raggiungere la salvezza propria e quella del prossimo. E Pio XI lo chiamava «il grande vagabondo apostolico» «Il grande vagabondo apostolico»: così Pio XI chiamava Vladimir Ghika per sottolinearne la instancabile attività missionaria. Non a caso lo stesso Pontefice gli aveva concesso il permesso di celebrare la messa sia in rito latino che in quello orientale, e la facoltà di svolgere il suo ministero in ogni parte del mondo, a beneficio delle più diverse categorie di fedeli. Da laico, già durante la prima guerra mondiale Ghika viaggiò continuamente tra Francia, Italia e Romania per assistere i prigionieri e i feriti. Nel 1915 prese parte alle operazioni di soccorso delle vittime del devastante terremoto nella Marsica, in Abruzzo. Dopo l’ordinazione sacerdotale, la sua scelta di povertà lo portò tra il 1923 e il 1939 a svolgere il suo ministero tra le baracche dei quartieri periferici parigini Gentilly e Villejuif. Fu nominato da Papa Ratti protonotario apostolico e in tale veste prese parte a molte missioni in diversi Paesi del mondo: viaggiò in Africa e in America latina, si recò in Giappone e in occasione dei congressi eucaristici fu tra l’altro anche a Sydney, Dublino, Buenos Aires, Manila e Budapest. Se da un lato potrebbe risultare relativamente semplice tracciare la mappa dei numerosissimi viaggi compiuti da quest’instancabile apostolo del XX secolo, non è altrettanto facile descrivere la ricchezza delle sue riflessioni dedicate al mistero di Dio in relazione all’animo umano. Tuttavia il comune denominatore delle sue meditazioni resta la continua ansia di scoprire l’intervento di Dio nella salvezza dell’uomo e di esserne strumento. Soltanto così si spiega l’instancabile andare in cerca delle anime perdute, lontane da Dio, unito alla speciale cura per gli ammalati e i bisognosi. Ghika aveva capito che l’autentico abbraccio del Cielo alla terra non avveniva all’orizzonte, ma nell’anima dell’uomo, per cui non bisognava tenere lo sguardo puntato lontano, bensì vicino, verso il prossimo bisognoso di aiuto e di speranza. Di lui parlano soprattutto i gesti e le azioni, la sua vita santa coronata da una morte da martire nel carcere politico di Jilava. Bisogna essere grati a Dio che ci ha donato l’esempio di questo “principe” della carità il cui insegnamento spirituale si potrebbe concentrare in tre temi: vita sempre consapevole e animata dalla presenza reale di Dio, preghiera continua e “liturgia” del prossimo. La sua ferrea convinzione era che «nulla ci può avvicinare di più a Dio che il prossimo». Va ricordato che il principale apostolato al quale si dedicò fu quello di riportare le anime smarrite alla casa del Padre, e per compiere tale missione non tenne conto né delle distanze geografiche, né del ceto sociale, né della nazionalità. Fu un grande apostolo della carità: non bisogna dimenticare che nel 1904 conobbe suor Vincenza Pucci, delle Figlie della carità di San Vincenzo de’ Paoli, e questo incontro lo aiutò a delineare il suo progetto per le opere di assistenza e solidarietà verso i più bisognosi, tanto che due anni dopo, nel 1906, aprì a Bucarest il primo ambulatorio medico gratuito. Ma la sua carità non si limitó ai poveri, agli ammalati e alle vittime delle calamità naturali, ma fu soprattutto rivolta a chi era lontano da Dio. Per lui la più grande povertà, malattia e calamità era l’assenza di Dio nella vita di una persona, l’abbraccio mancato di Dio, impedito talvolta dal rifiuto consapevole dell’uomo. Ghika era un sacerdote che — come direbbe Papa Francesco — è uscito dalla propria logica per entrare nella logica di Cristo, un pastore che stava in mezzo alle sue pecore tanto da prendere il loro odore. Va anche detto che le sue pecore — a forza di stargli accanto — hanno preso il suo profumo di santità, come testimoniano le numerose conversioni di persone che l’hanno conosciuto e i tanti figli spirituali che lo cercavano continuamente per avere i suoi consigli e il suo sostegno nelle difficoltà di tutti i giorni. Ghika fu padre spirituale di numerosi giovani affascinati non solo dalla sua personalità e cultura e dalle conoscenze che lo avevano portato a parlare numerose lingue: quello che li attirava era soprattutto la percezione della presenza di Dio in lui, quell’inconfondibile profumo di santità. I giovani, come tutti quelli che hanno conosciuto monsignor Ghika, non possono non rimanere affascinati da quest’uomo di nobili origini, con davanti delle prospettive favolose, destinato a una carriera diplomatica brillante, imparentato con le teste coronate di tutta l’Europa, stimato, accolto come un re in tutti i salotti culturali dell’Europa, che ha rinunciato a tutto per servire umilmente Cristo, fino ad arrivare a dormire sulla panca di una baracca a Villejuif, nella periferia di Parigi, per vivere da povero con i poveri. Un uomo che ha incontrato Cristo. E ha capito che con Lui si può anche non possedere niente, perché nel cuore risuona una certezza: io non manco di nulla. *Arcivescovo di Bucarest