(1818-1883)
a.a. 2010\2011
Prof. Vincenzo Romania
 Nascono nell’800 in una epoca di grande mutamento
sociale.
 Non cercano di spiegare le dinamiche di piccoli gruppi, o
le situazioni di comunicazione interpersonale, ma si
preoccupano piuttosto di studiare in generale cosa
significhi per un individuo vivere in una società.
 Il modello di riferimento è la psicologia delle masse, ma
anche lo sviluppo delle scienze mediche e dal ‘900 della
psicologia.
 Si sviluppano negli stati che vedono per prime il
consolidarsi degli stati nazionali: Francia, Germania,
Regno Unito.
 Seppure siano ancora lontane dallo svillupare una
riflessione sulle tecniche di raccolta dei dati, questi studi
sono una prima esplorazione nella metodologia delle
scienze sociali, ovvero nello studio di cosa sono e come
vanno analizzati i fatti sociali.
 In particolare si studiano: il mutamento sociale, la
differenziazione, il rapporto uomo/istituzioni.
 Il metodo più ricorrente è l’analisi storico-comparativa,
ma anche l’analisi statistica di dati di seconda mano.
 Alla pubblicazione di testi di sociologia non corrisponde
ancora una istituzionalizzazione della materia nelle
università europee.
Il suo pensiero è sicuramente filosofico;
La sua opera ha anche un importante rilevanza storica, poiché
innova il modo di fare storia;
 La sua opera scientificamente più importante e citata è Il
Capitale (1863) testo di economia politica;
Come vedremo, gli studi sull’ideologia, il capitalismo,
l’alienazione nel processo industriale, le classi sociali, fondano
la riflessione sociologica.
Pur tuttavia, nell’opinione pubblica è conosciuto soprattutto
per il Manifesto del partito comunista (1848), scritto insieme
ad Engels e per la teoria e prassi politica da esso desunta e
successivamente sviluppata. I cosiddetti marxisti sono spesso
persone che non conoscono Marx.
 Il pensiero di Marx è quindi attraversato da una
dimensione utopica e da una analitica-scientifica.
La dimensione utopica, parimenti ad una religione, ha
l’ambizione trascendentale di realizzare una società priva
di qualsiasi differenza di classe e di ceto.
Il Marx analitico si occupa invece: a) di comprendere le
ragioni storiche per cui avvengono le rivoluzioni; b) di
fornire un modello generale del capitalismo.
Il nostro interesse andrà ovviamente alla seconda
dimensione, indipendentemente dal valore storico-politico
della filosofia politica che ispira la prima.
 È uno dei suoi primi scritti giovanili, risale al periodo
liceale. In esso viene delineato l’idea comunitarista del
suo pensiero, espressa come realizzazione dell’individuo
nei fini collettivi condivisi.
 «Il criterio principale che ci deve soccorrere nella scelta
d’una condizione è il bene dell’umanità, la nostra
perfezione. Non si obietta che i due interessi potrebbero
contrapporsi ostilmente l’un l’altro, che l’uno dovrebbe
distruggere l’altro; la natura dell’uomo è tale che egli può
raggiungere la sua perfezione individuale solo agendo per il
perfezionamento, per il bene dell’umanità…La storia
chiama grandi uomini quelli che, mentre operavano per la
comunità, nobilitario sé stessi»
 Scopo dell’analisi di Marx è quello di confutare l’idealismo
che pregnava tutta la filosofia tedesca del suo tempo e di
scoprire, quello che egli chiama il vero soggetto della
storia.
 Si appoggia perciò su Hegel che individuava nella sfera
civiile un forte egoismo che non portava alla
partecipazione alle decisioni ed alla vita dello stato.
 L’individuo che agisce viene così subordinato agli ideali
della partecipazione politica incarnati dallo stato, che
diventa la forza motrice dello sviluppo sociale.
 Lo Stato, come la religione, afferma Marx, fanno
partecipare l’individuo ad un mondo irreale e fantastico di
armonia, bellezza e felicità, mentre la loro vita quotidiana
si svolge in un mondo di dolore e miseria.
 Secondo Marx, anche l’ideale della partecipazione
politica sostenuto da Hegel è illusorio. Per realizzare la
vera democrazia è necessario superare il contrasto fra
egoismo individualista e dimensione sociale dello Stato,
garantendo a tutti il diritto di partecipare attivamente alla
vita politica (suffragio universale).
 Sono l’opera marxista in cui più chiara è la critica contro
Stato e Chiesa. È questo il periodo in cui lo stato
prussiano lo espelle prima dalla Germania e poi dalla
Francia, a causa della sua fede ebraica e delle sue idee. La
sua posizione, quindi, non è ateistica ma antiistituzionale:
 «La soppressione della religione in quanto felicità illusoria
del popolo è il presupposto della sua vera felicità. La
necessità di rinunciare alle illusioni sulla propria condizione,
è la necessità di rinunciare a una condizione che ha bisogno
di illusioni. La critica della religione è quindi, in germe, la
critica della valle di lacrime di cui la religione è aureola»
 Con i Manoscritti del 1844, Marx si sposta verso il crinale
utopico, sostenendo che una vera e propria revisione del
modo di vivere assoggettato tipico degli abitanti degli
stati moderni non può essere superato se non da una
«prassi rivoluzionaria» e questa non può essere condotta
se non dalla classe che lui ritiene più universale, ovvero il
proletariato:
 «una classe con catene radicali…che, per la sua sofferenza
universale, possiede un carattere universale3, e non
rivendica un diritto particolare, perché non ha subìto un
torto particolare, bensì l’ingiustizia di per sé, assoluta»
 A differenza di come il marxismo ci è stato raccontato dai
libri di storia, Marx chiedeva alla classe dominata
soprattutto un azione di revisione intellettuale del modo
di vivere e non una rivoluzione violenta o antidemocratica. Il suo modello, in effetti, non prevedeva un
esito simile a quello prodottosi in Unione Sovietica o a
Cuba:
 « Quando il proletariato annuncia la dissoluzione
dell’ordinamento tradizionale, la dissoluzione effettiva di
questo ordine sociale…Come la filosofia trova nel
proletariato le sue armi materiali, così il proletariato trova
nella filosofia le sue armi intellettuali»
 Ma i Manoscritti sono soprattutto una critica alla
razionalità costi/benefici che informava l’economia
politica del tempo.
 Marx riteneva infatti disumano parlare allo stesso modo
di merci, capitale, prezzi e lavoratori, senza considerare
questi ultimi come esseri umani capaci di scegliere e di
creare autonomamente.
 In effetti, in tale riflessione, Marx è piuttosto un liberale:
la sua critica al capitalismo è infatti una critica al fatto che
i lavoratori (di fabbrica) vengono posti in una condizione
di completo assoggettamento, nella quale non possono
esprimere le proprie capacità.
 «L’economia politica non conosce, dunque, l’operaio
disoccupato, l’uomo operaio che trova al di fuori di questo
rapporto di lavoro. Il ladro, il mariuolo, il mendicante, il
disoccupato, l’affamato, il lavoratore miserabile e
delinquente, sono figure che non esistono per essa
economia politica, bensì solo per altri occhi, quelli del
medico, del giudice, del becchino..
 L’alienazione è quindi la perdita delle caratteristiche
intellettuali e creative di dominio sulla natura che
distinguono gli esseri umani dagli animali.
 L’individuo isolato che compie azioni di appropriazione
per la sopravvivenza è secondo Marx una invenzione
dell’economia capitalista che ne degrada la natura. (vedi
prossima slide)
La produzione diventa quindi una attività
volta al solo soddisfacimento dei bisogni
basilari dell’individuo:
“L’uomo torna all’abitazione in caverne, ma in una forma di
estraneità e di ostilità. Il slvaggio nelal sua caverna – elemento
naturale e sereno che gli dà gioia e protezione – non si sente
estraneo, o piuttosto si sente così familiarmente come il pesce
nell’acqua. Ma l’abitazione-sottosuolo del povero è una
abitazione ostile, che <<sta come una potenza estranea, che gli
si concede soltanto per il suo sudore di sangue>> (Manoscritti
economico-filosofici: 243).
 Anche il capitalista è alienato, poiché il capitale, le
leggi del denaro e la sua proprietà privata dominano
anche la sua esistenza:
“Il suo godimento è solo cosa secondaria, un riposo,
subordinato alla produzione, un riposo, subordinato alla
produzione, godimento calcolato, dunque anch’esso
economico, chè egli mette il suo godimento nel costo del
capitale, e quindi il suo godimento gli cosa solo quanto di ciò
che ha dissipato in esso è risarcito dalla riproduzione del
capitale con profitto. Il godimento è così sussunto sotto il
capitale, e l’individuo che gode sotto quello che capitalizza,
mentre prima (nella società feudale) avveniva il contrario”
(ibid., 229)
Nei Manoscritti Marx parla per la prima volta di comunismo, in
sostituzione del termine democrazia usato nei contributi
precedenti. Anticipando e prendendo in qualche modo le
distanze dalle applicazioni storiche successive del comunismo,
egli individua un comunismo rozzo dal quale si distacca ed un
comunismo proprio che si basa non sulla soppressione totale
della proprietà privata, ma soprattutto del suo carattere di
autoalienazione dell’uomo. Il comunismo viene quindi definito
come “ritrono completo, consapevole” alla ricchezza dello
sviluppo storico dell’uomo. Questo ritorno prevede un
superamento dell’egoismo capitalista e una tensione alla
comunità. Il modello originario di comunista non prevede
quindi un modello statale o sociale prevalente ma un intento
di accrescimento delle potenzialità umane.
 Sviluppata nella Ideologia Tedesca (1845-6), insieme
ad Engels, vede la storia come il processo in cui gli
uomini creano e soddisfano continuamente i loro
bisogni, generandone al tempo stesso sempre di
nuovi. Questo processo “creativo” differenzia la
società creando nuovi ruoli, nuove occupazioni,
nuove istituzioni.
 Questa concezione supera le altre visioni della storia
idealistiche e teleologiche, tipiche della filosofia
metafisica. In tal senso, anche il materialismo storico
ha una importanza propriamente “sociologica”.
“La storia non è altro che la successione delle singole
generazioni, ciascuna delle quali sfrutta i materiali, i
capitali, le forze produttive che le sono stati trasmessi da
tutte le generaizoni precedenti, e quindi da una parte
continua, in circostanze del tutto cambiate, l’attività che
ha ereditato; d’altra parte modifica le vecchie circostanze
con un’attività del tutto cambiata” (Ideologia Tedesca,
1845-6
 Come conseguenza del materialismo storico, Marx
produce una analisi storico-comparativa delle diverse
epoche storiche studiandole come “stadi” di
evoluzione del sistema di divisione del lavoro:
“ I diversi stadi di sviluppo della divisione del lavoro
sono altrettanto forme diverse della proprietà; vale a
dire, ciascun nuovo stadio della divisione del lavoro
determina anche i rapporti fra gli individui in
relazione al materiale, allo strumento e al prodotto
del lavoro” (ibid.: 9).
 Le società con il modello di stratificazione più
semplice sono quelli tribali, in cui la divisione più
importante è quella di genere, nelle quali le donne
non hanno un ruolo produttivo come gli uomini, ma
esclusivamente domestico\educativo.
 In queste società prevale lo scambio: non si produce
in eccedenza ai bisogni della comunità e la
differenziazione è minima; la proprietà è comune.
 Esempi: le società nomadi di caccia, raccolta,
pastorizia.
 L’aumento della popolazione nelle tribà, i conflitti fra le tribù che




entrano in contatto e l’assoggettamento dei più deboli vanno di aprti
passo all’aumento della divisione del lavoro. La prima forma di
stratificazione verticale è composta da capifamiglia patriarcali, al
vertice; membri della tribù al di sotto e infine gli schiavi.
Fra le tribù si sviluppano diversi sistemi di produzione ed
approviggionamento e questo dà vita sia al commercio che alla
guerra.
Lo scambio di merci, bestiame, metalli, schiavi si fonda dapprima sul
baratto e poi sull’uso del denaro.
Ciò da vita a relazioni di interdipendenza ed allo sviluppo di società
più ampie.
Marx sviluppa modelli di sviluppo differenziati per le società
europee e per quelle orientali, dalle società tribali a quelle classiche.
 L’indice più evidente della specializzazione nell’ambito del
lavoro che ha origine con il passaggio alle società classiche,
dice Marx risiede nel contrasto fra la città e la campagna, che
ha origine con l’urbanizzazione. La società antica, sorge in
effetti, come uninone di più tribù in una città, mediante patto
o conquista.
 La società antica, in quanto civiltà urbana, è la prima forma di
società divisa in classi.
 Le classi sorgono allorché il sovrappiù originato dalla ricchezza
appropriata privatamente diventa sufficiente perché un
gruppo si riproduca per cooptaizone e si separi nettamente
dalla massa dei produttori.
 Durante l’intera storia di Roma, la classe dominante è legata alla
proprietà privata della terra.
 La crescita della popolazione, e le imprese militari portano a
un’estensione della schiavitù e ad una concentrazione crescente
della proprietà terriera. Gli schiavi vengono così a reggere l’intero
peso della funzione produttiva e la classe patrizia detiene il
monopolio del bene pubblico e l’organizzazione militare.
 Con lo sfruttamento delle province del regno, il conflitto di classe
ha luogo fra patrizi e plebei e si basa soprattutto sulla pratica
dell’usura:
“Non appena l’usura dei patrizi romani ebbe rovinato
completamente i plebei romani, ossia i piccoli contadini, questa
forma di sftruttamento ebbe termine e l’economia schiavistica
pura subentrò a quella dei piccoli contadini”.
 Quando anche i piccoli contadini diventano schiavi, si
sviluppano grandi proprietà dette latifundiae, nei quali si
pratica la produzione agricola per il mercato.
 Alla fine però essi diventano antieconomici e la ricchezza
dei grandi proprietari decade. La stessa schiavitù comincia
ad essere abolita e i terreni spezzettati vengono assegnati
a piccoli terrieri.
 La schiavitù, secondo Marx, crea dal suo interno le ragioni
della disgregazione dell’impero, le quali verranno soltanto
accentuate dalle invasioni barbariche.
 I barbari, alle prese con il compito di amministrare i territori
conquistati accolgono l’eredità romana: il nuovo ordine sociale
si basa sulla posizione di predominio del comandante miliatre.
Più tardi questa direzione si trasformerà in vera e propria
monarchia.
 A partire dal IX secolo la servitù della gleba assume un ruolo
fondamentale in una e conomia che si basa sulla produzione
agricola su bassa scala. C’è, per Marx, un ritorno alla
campagna e “il signore non cerca di trarre il più possibile di
vantaggi dal suo possesso fondiario: piuttosto consuma ciò che
vi si trova, e lascia pacificamente la cura del raccolto ai servi
della gleba e ai fittavoli” (Manoscritti, p. 189).
 La disgregazione del feudalesimo e lo sviluppo del capitalismo
hanno, secondo Marx, origine nella crescita della città.
 Come nell’antichità, lo sviluppo delle cittàprocede
parallelamente alla formazione del capitale mercantile e
usuraio e ad un sistema monetario che ne garantisce la
sopravvivenza e disgrega l’economia agricola.
 Nel XIV secolo in Inghilterra la servitù della gleba viene abolita,
e in Italia sorgono i <<primi inizi della produzione
capitalistica>>. Tuttavia la forza delle corporazioni e la
autonomia dei contadini, ancora non alienati dai loro beni di
produzione, impedisce la formazione di un sistema
capitalistico moderno basato sulla accumulazione primaria.
 In tutte le società divise in classi, la classe dominante elabora o
riprende dal passato forme ideologiche per legittimare il suo
dominio: «La classe che dispone dei mezzi della produzione
materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della
produzione intellettuale (geistig), cosicché ad essa in
complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali
mancano i mezzi della produzione intellettuale» (Ideologia
tedesca, cit., 35-36).
 La coscienza ha, a sua volta, una natura sociale che è
influenzata da questa costruzione «ideologica» della realtà:
«Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere,
ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro
coscienza» (Per la critica dell’economia politica, p. 11)
 L’ideologia è quindi un complesso di idee che viene prodotto
per legittimare il dominio di classe, «in parte un abbellimento
e coscienza della dominazione, in parte uno strumento morale
di essa»
 Queste idee hanno una genesi che Marx non spiega: non si
comprende bene dai suoi studi, ad esempio, perché alcuni
valori più generali persistono nel tempo, trasversalmente alle
ideologie.
 Le ideologie, dice Marx, tendono a conservarsi nel tempo,
anche al mutare dei rapporti sociali: ancora una volta, tuttavia,
manca una spiegazione di come ciò accada.
 Infine, il modello è riduzionista: l’ideologia viene considerata,
al pari della cultura, come una «sovrastruttura».
 Secondo Marx, l’ideologia nasce da rapporti sociali..
 Si stratifica in particolari usi linguistici («il linguaggio è la
coscienza reale, pratica») che influenzano il modo in cui
ogni individuo percepisce il mondo.
 Ogni ideologia sorge dalle classe dominanti e si diffonde
alle classi dominate.
 La costruzione sociale della realtà dalla prima reificazione
linguistica si realizza in una reificaizone legislativa: il
diritto, come il linguaggio, «costruiscono» la realtà e
giustificano il dominio di classe.
 Il dominio di classe è un processo che secondo Marx è
stato accompagnato sempre nella storia da un complesso
ideologico. È solo grazie allo sviluppo della scienza
dall’Illuminismo in poi che è stato possibile metterlo in
evidenza e criticarlo.
 Tuttavia alcune scienze, ed in particolare l’economia
politica, sono esse stesse influenzate dalla ideologia
dominante e non riescono a scorgere il carattere limitato
delle loro teorie.
 Quando Marx parla di «illusione dell’epoca» anticipa un
tema fondativo della sociologia della conoscenza: la
scienza è sempre influenzata dai valori e della cultura
della società nella quale viene prodotta.
 E’ spiegata da Marx ancora a partire dal concetto di ideologia.
 1) in una società stabile, esiste equilibrio fra modo di
produzione, rapporti sociali e sovrastruttura.
 Quando i modi di produzione variano gradualmente, nasce
una tensione fra le nuove forze produttive e i rapporti di
produzione esistenti (caso del settore automobolistico in
Italia). Questa tensione dà origine a veri e propri conflitti di
classe.
 Questi possono portare o alla rovina comune di tutte le classi
(come a Roma) o alla trasformazione rivoluzionaria dell’intera
società (rivoluzione francese) che porta al dominio di una
classe ex subalterna.
 Questo dominio dà vita ad un nuovo periodo di stabilità.
 Per Marx esso sarebbe avvenuto quando, a causa dei
fattori tipici del sistema produttivo capitalista, il
proletariato si fosse impoverito al punto da rivoltarsi.
 A differenza di altre rivoluzioni precedenti, l’unico modo
possibile di rivoluzione per il proletariato sarebbe stata
l’abolizione del sistema capitalistico, e lo sviluppo di una
società comunista.
 Andiamo allora a vedere come Marx intendeva il
capitalismo, a partire dal suo testo più famoso, Il Capitale
(1863).
 È un sistema basato sulla produzione di merci.
 Per sostenersi esso deve non solo soddisfare ma anche
creare dei bisogni.
 Ogni merce ha secondo Marx due tipi di valore: un valore
d’uso e un valore di scambio.
 Il valore d’uso, che ha luogo nel consumo, riguarda la
capacità del bene di soddisfare i bisogni dei consumatori
 Il valore di scambio è invece un concetto relativo e
riguarda il valore che l’oggetto assume quando viene
scambiato con altre merci (esempio beni di lusso, capi
d’abbigliamento vintage).
 Sia valore d’uso che valore di scambio sono secondo Marx
determinati dalla forza lavoro necessaria a produrre un
prodotto.
 A differenza delle teorie economiche classiche egli non
considera l’importanza della domanda nella
determinazione dei prezzi delle merci.
 Questo processo è alla base dell’alienazione: «Ciò che
l’operaio scambia con il capitale è il suo stesso lavoro…rgli
lo aliena. Ciò che riceve come prezzo, è il valore di questa
alienazione» (Il Capitale, vol. 1, 188).
 Il profitto è dato dalla differenza fra ricavi e costi.
 I costi stessi vengono dati da una parte di capitale
costante, costituita dalle spese per la produzione fisse
(attrezzature, strutture, ecc.) e da una parte variabile data
dalla forza lavoro.
 Il plusvalore è tanto più alto quanto più alto è il ruolo del
lavoro e basso quello del capitale costante in una
produzione. Pertanto, secondo Marx gli imprenditori
cercheranno di spostare la propria produzione, al più
possibile, verso settori i cui costi fissi sono bassi ed il
saggio di plusvalore sarà dato dalla differenza fra il valore
di scambio dei prodotti ed il costo in termini di forzalavoro.
 Il capitalismo si basa sulla ricerca del profitto in una
situazione di libera concorrenza. Marx considera
l’importanza della del progresso tecnologico e della
meccanizzazione della produzione come armi per la
sopravvivenza dell’imprenditore alla concorrenza.
 La diffusione delle tecnologie a un numero sempre
maggiore di produttori porta però ad un aumento della
produzione, ad una diminuizione dei prezzi e ad un potere
di mercato che per le classi proletarie non aumenta.
 Ciò comporta quindi un calo del saggio di profitto a cui
l’imprenditore, secondo Marx, reagisce soprattutto
aumentando lo sfruttamento del lavoro.
 «Il vero limite della produzione capitalistica è il capitale
stesso, è questo: che il capitale e la sua autovalorizzazione
appaiono come punto di partenza e punto di arrivo, come
motivo e scopo della produzione; che la produzione è
solo produzione per il capitale, e non al contrairo: i mezzi
di produzione non sono dei semplici mezzi per una
continua estensione del processo di vita per la società dei
produttori» (IL CAPITALE, I, 219).
 Il capitale è quindi soggetto a crisi perenni dovute alle sue
contraddizioni interne fra cui per prima quella fra reddito
crescente del capitalista e invariato del proletariato.
 Erroneamente si crede che Marx aveva previsto una
rivoluzione guidata dal proletariato e connessa ad uno
sfruttamento crescente dello stesso.
 In realtà, quello che Marx aveva previsto era che
l’alienazione crescente avrebbe fatto ribellare i lavoratori,
poiché gli effetti della divisione del lavoro «mutilano
l’operaio facendone un uomo parziale, lo avviliscono a
insignificante appendice della macchina, distruggono con
il tormento del suo lavoro il contenuto del lavoro stesso,
gli estraniano le potenze intellettuali del processo
lavorativo»
 «Appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha
una sua sfera di attività determinata ed esclusiva che gli
viene imposta e dalla quale non può sfuggire: è
cacciatore, pescatore o pastore, o critico, e tale deve
restare se non vuol perdere i mezzi per vivere; laddove
nella società comunista, in cuoi ciascuno non ha una sfera
di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo
a piacere, la società regola la produzione generale e
appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi
questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a
caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame,
dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia; senza
diventare né cacciatore, né pastore, né critico» (cit., p.24)
 Marx è importante al nostro studio perché:
 Individua rapporti di dipendenza fra sfere diverse del




sistema sociale (economia, cultura)
Introduce il metodo storico-comparativo in sociologia;
Mette in relazione la produzione delle idee con i rapporti
sociali che persistono in una società;
Sottolinea come anche la produzione scientifica sia
influenzata dalla «illusione del tempo»;
Mette in luce gli aspetti disumanizzanti della produzione
culturale.
 Sceglie come proprio ambito di studio, inzialmente i
fenoneni macrosociali per allargarsi negli ultimi decenni
anche alla sfera della vita quotidiana.
 Ha un approccio che dà una importanza primaria alle
strutture e non dà nessuna possibilità di agency agli
individui: l’appartenenza di classe definisce infatti
ineluttabilmente le possibilità di vita dell’individuo.
 Nella sua versione originale, una attenzione secondaria
viene data alle forme di potere simbolico, studiate solo
come forme di giustificazione del potere economico.
 Non ha tenuto conto del ruolo che avrebbero avuto i
sindacati nel difendere i lavoratori;
 Non ha valutato in pieno gli effetti anche positivi delle
tecnologie sulla produzione;
 Non ha potuto prevedere l’effetto degli stati a supporto
dell’economia;
 Ha, più in generale, peccato di idealismo, contraddicendo
così il suo modello storicista.
Pierre Bourdieu
(1930-2002)
Immanuel Wallerstein
(1930- )
Antonio Gramsci
(1891-1937)
La Scuola di Francoforte
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