Erste europäische Internetzeitschrift für Rechtsgeschichte
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Rezension vom 29. Juli 2003
© 2003 fhi
Erstveröffentlichung
Zitiervorschlag:
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Aldo Mazzacane (Hrsg.),
Diritto economia e istituzioni nell’Italia fascista
(Das Europa der Diktatur - Wirtschaftskontrolle und
Recht, Bd. 2),
Nomos: Baden-Baden 2002, ISBN: 3-7890-7897-2, 52.- €
Rezensiert von: Carlotta Latini
Il volume Diritto economia e istituzioni nell’Italia fascista, a cura di Aldo Mazzacane,
Baden-Baden, Nomos, 2002, è il secondo dei tre tomi frutto della ricerca internazionale
progettata da Dieter Simon e promossa dal Max-Planck-Institut für europäische
Rechtsgeschichte di Frankfurt a. M.1
1
Interamente dedicato all’esperienza giuridica, economica ed istituzionale dell’Italia
fascista, il secondo volume di questa serie pone il lettore di fronte a varie e complesse
tematiche.
2
Primo dei dodici contributi presenti nell’opera è il saggio di Aldo Mazzacane, il cui titolo,
significativo, è La cultura giuridica del fascismo: una questione aperta. L’analisi
dell’autore, che è anche curatore del volume, parte da una fondamentale questione, e cioè
se è esistita una cultura fascista. Secondo l’autore, a questa domanda non è stata data, fino
ad oggi, una risposta esaustiva. Partendo dalla tesi di Norberto Bobbio - il quale ha
sostenuto che tale cultura non è mai esistita, in termini di una cultura originale cioè cultura
di fascisti - Aldo Mazzacane, propende per una soluzione diversa del problema, soprattutto
evidenziando il rapporto tra intellettuali e dittatura, ed alludendo alla relazione di
continuità del fascismo rispetto alle istituzioni dell’Italia liberale. Da questo quadro
emergerebbe una cultura fascista i cui primi germi potrebbero essere individuati, come
ricorda l’autore, nell’episodio dell’impresa libica.
3
Ma si tratterebbe di anticipare il fenomeno culturale del fascismo ad una data ancora
4
lontana da questo. Proprio dai rischi di letture di tale tipo Mazzacane avverte di rifuggire,
1 Band I, Das Europa der Diktatur, Steuerung - Wirtschaft - Recht, Gerd Bender , Rainer Maria Kiesow ,
Dieter Simon (Hrsg.), Band III, Rechtliche Wirtschaftskontrolle in der Planökonomie, Günter Krause
(Hrsg.); i volumi sono tutti compresi all’interno della stessa serie Das Europa der Diktatur,
Wirtschaftskontrolle und Recht.
quando ricorda, ad esempio, che il corporativismo fascista non fu e non può essere
interpretato come pluralismo, leggendovi delle anticipazioni o germi di un futuro non
troppo distante. Il discorso dunque varrà anche per le retrodatazioni, le quali, come le
anticipazioni, lasciano aperta la strada alla „sopravvalutazione di consonanze“ che
finiscono per spingere in avanti o indietro questioni che si collocano in contesti diversi 2.
E’ sulla scienza giuridica, sul ceto dei giuristi che l’autore fa ruotare il perno della
definizione di una cultura giuridica fascista, composta da forze eterogenee, che egli reputa
al contempo compatte ma differenti, provenienti dall’ambiente del positivismo, dello
storicismo e dell’idealismo. La scienza giuridica che Mazzacane descrive - i cui rapporti
col regime furono caratterizzati da un’opacità che si tradusse in responsabilità politica 3evidenzia un legame con la cultura dello Stato liberale attraversata da spinte di stampo
autoritario e conservatore 4.
5
Il fascismo fece infatti proprie molte tensioni culturali a sé antecedenti, come il
nazionalismo. Si pensi ad Alfredo Rocco che nel suo Che cosa è il nazionalismo e che
cosa vogliono i nazionalisti 5, scritto nell’anno precedente all’ingresso italiano nella prima
guerra mondiale, delinea i tratti distintivi del nazionalismo italiano: esso è innanzi tutto
reazione all’individualismo borghese; è anti-democratico, perché egli intende la
democrazia come la manifestazione politica dell’individualismo; è anti-pacifista, perché il
dovere nazionale richiede anzi impone l’intervento italiano in guerra. Nella lettura delle
pagine di presentazione dell’idea nazionalista emerge a chiare note tutta la forza di un
progetto autoritario in assenza della cornice ideologica del fascismo.
6
Attraverso questa lettura che pone l’attenzione sui profili di continuità con l’esperienza del
tardo Stato liberale appare ancora convincente la ricostruzione del fascismo - piuttosto che
la retrodatazione delle sue origini - come grande „calderone intellettuale“ 6 la cui
operazione creativa consistette sostanzialmente nell’utilizzo in termini politici di culture
(tra le quali anche quella giuridica) già in essere. Lettura ben inteso che non tende ad
attenuare la degradante tragicità del passaggio storico del Ventennio, ma semmai trova
7
2 Per i rischi di operazioni di questo tipo, anche se alludendo ad una periodizzazione differente, cfr. P.
Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, 3. La civiltà liberale, Roma-Bari, Laterza, 2001, p.
547.
3 Per una completa analisi sull’atteggiamento del penalista durante il fascismo (ma la valutazione in termini
generali si può estendere a tutti i giuristi più o meno compromessi col regime), cfr. M. Sbriccoli, Le mani
nella pasta e gli occhi al cielo - La penalistica italiana negli anni del fascismo, in Quaderni fiorentini, 28
(1999), to. II, pp. 848-849.
4 Parla di „vocazione autoritaria“ della giuspubblicistica ottocentesca M. Fioravanti, Dottrina dello Statopersona e dottrina della costituzione. Costantino Mortati e la tradizione giuspubblicistica italiana (Dallo
Stato liberale al regime fascista, ed oltre), in Il pensiero giuridico di Costantino Mortati, a cura di Paolo
Grossi e di Mario Galizia, Milano, Giuffrè, 1990, p. 47.
5 A. Rocco, Che cosa è il nazionalismo e che cosa vogliono i nazionalisti, opuscolo pubblicato in Padova
nel 1914 a cura di quella Associazione nazionalista, in Scritti e discorsi politici, La lotta nazionale della
vigilia e durante la guerra, (1913-1918), Milano, Giuffrè, 1938, to. I, pp. 69-89.
6 U. Eco, Totalitarismo „fuzzy“ e Ur-fascismo, in La rivista dei libri, luglio/agosto 1995, p. 4.
proprio nel carattere debole, sfumato e contraddittorio della sua dimensione culturale, la
pericolosità dell’ideologia fascista. L’abilità di questa fu tutta allora nel saper recepire ed
interpretare le rinnovate istanze sociali e nel dare ad esse una (apparente) risposta. Nel
compiere tale operazione, il fascismo superava la vecchia cultura giuridica liberale:
l’avvento della società di massa si verificava insieme al compimento del progetto di
riempimento del divario tra Stato e società 7, ed il processo si realizzava azzerando
l’individuo a favore di una società di corpi.
Accanto al discorso sulla questione dell’esistenza di una cultura giuridica fascista, Aldo
Mazzacane colloca quella del ritardo con cui gli storici del diritto si sono accostati allo
studio del fascismo. L’autore ricorda come il silenzio della storiografia giuridica non sia
dipeso (solo) dalla delicatezza del tema che „accende la passione civile“ e scuote la
sensibilità di ciascuno ma dalle scelte della „cultura giuridica“ di stampo tradizionalista.
La fondata valutazione dell’autore non deve però far dimenticare che negli ultimi tempi
alcuni autorevoli storici del diritto hanno, a ben vedere, rivolto la loro attenzione al
fascismo, ed in particolare a quei personaggi che sono vissuti ed hanno realizzato la loro
opera di docenti universitari, avvocati cioè di giuristi proprio durante il fascismo. Basti
pensare a Filippo Vassalli 8, Costantino Mortati 9, Alfredo Rocco 10. Ma si tratta di un
interesse anche ad ampio spettro, che si è sostanziato in pubblicazioni monografiche 11.
8
Il tema della cultura giuridica e dei suoi coinvolgimenti con l’esperienza fascista resta il fil
rouge che collega molti dei saggi raccolti nel volume in analisi. A questo proposito, nel
saggio sulle Teorie costituzionalistiche del fascismo, Ilse Staff ripropone il giudizio dei
due autori „fascistissimi“ 12, Sergio Panunzio e Carlo Costamagna, a proposito delle leggi
razziali del 1938-1939, che qualificano come al servizio „dei valori nazionali“. Ai due
9
7 P. Costa, Lo ‘Stato totalitario’: un campo semantico nella giuspubblicistica del fascismo, in Quaderni
Fiorentini, 28 (1999), to. I, p. 70.
8 Su questo importante giurista „padre“ del codice civile del 1942, cfr. P. Grossi, Il disagio di un
‘legislatore’ (Filippo Vassalli e le aporie dell’assolutismo giuridico), in Quaderni fiorentini, 26 (1997),
pp. 377-405. Si veda anche, da ultimo, U. Petronio, Filippo Vassalli e i suoi libri, in Catalogo del fondo
Filippo Vassalli, a cura di Sandro Bulgarelli e Alessandra Casamassima, Città di Castello, Olschki, 2000,
pp. XXXI-XL.
9 Sull’opera di questo importante autore è fondamentale il volume Il pensiero giuridico di Costantino
Mortati, cit., passim.
10 M. Sbriccoli, Rocco, Alfredo, in Dizionario del fascismo, a cura di Sergio Luzzatto, Torino, Einaudi,
2003, to. II, pp. 533-537.
11 Basti pensare al recente volume monografico dei Quaderni Fiorentini, 28 (1999), dal titolo Continuità e
trasformazione: la scienza giuridica italiana tra fascismo e repubblica, nel quale figurano contributi quali
quelli di Pietro Costa, Giovanni Cazzetta, Paolo Cappellini, Bernardo Sordi oltre che il citato saggio di
Mario Sbriccoli, come anche a P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, 4. L’età dei
totalitarismi e delle democrazia, Roma-Bari, Laterza, 2001, pp. 213 e ss. Ma si pensi anche al meno
recente libro di P. Costa, Lo stato immaginario: metafore e paradigmi nella cultura giuridica italiana fra
Ottocento e Novecento, Milano, Giuffrè, 1986.
12 Ilse Staff riprende la definizione di Livio Paladin, alla voce Fascismo (diritto costituzionale), in
Enciclopedia del diritto, Milano, Giuffrè, 1967, vol. XVI, p. 900.
viene affiancato anche Mortati che le avrebbe considerate „giuridicamente irrilevanti“ ai
fini della costruzione del totalitarismo statale. Sia pure evidenziando le differenze
concettuali tra i tre autori - scelti da Ilse Staff proprio in quanto espressione di indirizzi
dottrinali divergenti - l’autrice non sfugge alla tentazione di ridimensionare la figura di
Mortati avvicinandola a quella degli altri due autori, scelta, per molti aspetti, difficile da
condividere 13. La Staff accenna inoltre all’indirizzo „strettamente giuridico“ di cui Mortati
si sarebbe fatto portatore, separandosi, come „dietro a un muro“ dalle nefandezze della
politica del regime, ma sottolinea anche che tale scelta non fu un suo merito personale,
poiché questo sarebbe stato riconosciuto a quasi tutti i costituzionalisti coevi al regime.
Utilizzando come punto di partenza sempre la riflessione sul ruolo della cultura giuridica,
Alessandro Somma affronta la questione del diritto dei contratti durante il fascismo (Il
diritto fascista dei contratti: un confronto col modello nazionalsocialista). L’analisi verte
intorno ai lavori preparatori al codice civile del 1942 (in particolare, quelli relativi al
progetto del libro Obbligazioni e Contratti), alla dottrina e alla giurisprudenza italiane
durante il fascismo, realizzando contemporaneamente una comparazione con quanto
avveniva in Germania negli stessi anni. Ne risulta un quadro all’inizio abbastanza definito,
con una scienza giuridica privatistica italiana fortemente compromessa col regime, mentre
dalla comparazione con l’esperienza nazionalsocialista emerge progressivamente un
atteggiamento meno incisivo del potere politico italiano, che si traduceva nella
considerazione della priorità degli interessi dell’ordinamento giuridico rispetto a quelli
individualistici dei privati.
10
E’ possibile aggiungere al discorso di Alessandro Somma che questo processo rappresenta
il consolidamento di quella „pubblicizzazione del diritto privato“ i cui primi passi erano
stati mossi con l’esperienza della legislazione della prima guerra mondiale. Tale fenomeno
era stato „denunciato“ da Filippo Vassalli nel suo saggio del 1918, significativo sin dal
titolo, Della legislazione di guerra e dei nuovi confini del diritto privato 14.
11
Come ricorda del resto Guido Melis, nel suo contributo La storiografia giuridicoamministrativa sul periodo fascista, fu la prima guerra mondiale a segnare un processo di
tipo evolutivo, sia sotto il profilo istituzionale che sotto quello più stretto della produzione
normativa. Con tale processo „silenziosamente“ si attuava una grande rivoluzione: era
quella del cosiddetto „socialismo di stato“. La dottrina giuridica „alta“ - dopo una iniziale
attenzione per le riforme apportate dalla guerra sotto il profilo giuridico-istituzionale scelse la strada del disinteresse verso il nuovo diritto, e secondo Melis, preferì lasciarne lo
studio a „giuristi minori“, etichettandola come un’esperienza transitoria. Se questo è
quanto sarebbe accaduto per il diritto pubblico, occorre precisare che nel settore civilistico
le cose andarono in maniera diversa. Vi fu infatti un interesse per l’esperienza delle
12
13 Critica tale valutazione di Costantino Mortati P. Grossi, Scienza giuridica italiana. Un profilo storico
1860-1950, Milano, Giuffrè, 2000, p. 222.
14 F. Vassalli, Della legislazione di guerra e dei nuovi confini del diritto privato, in Rivista del diritto
commerciale, I (1919), pp. 1 - 22, ora in Studi giuridici, Milano, Giuffrè, 1960, vol. II, pp. 337-363.
riforme di guerra non solo iniziale, sia pure accompagnato da critiche verso questo „diritto
istantaneo“ apparentemente destinato a non durare 15. La riflessione della scienza giuridica
italiana sull’impatto del diritto di guerra in rapporto al diritto comune non è solo coeva alla
fine della guerra ma prosegue 16 anche attraverso l’attività della Commissione reale per il
dopoguerra - presieduta da Vittorio Scialoja - all’interno della quale inizierà il dibattito (ed
il processo) di riforma del codice civile del 1865, che proseguirà poi attraverso La
Commissione reale per la riforma dei Codici 17.
Altro profilo indagato nel volume è quello concernente le varie fasi dell’economia tra le
due guerre e la legislazione economica relativa. Antonio Cardini, Eugenio Zagari, Franco
Belli e Vittorio Santoro affrontano la problematica dell’economia durante il fascismo sotto
varie angolazioni. Il primo (Cultura economica e governo dell’economia nella dittatura
fascista) sviluppa l’importante tema della „dottrina economica nazionale“ attraverso la
connessione tra scienza giuridica ed economica, con una interessante analisi del
nazionalismo economico di Alfredo Rocco. Eugenio Zagari (Corporativismo e teoria
economica) analizza invece il rapporto tra economia e corporativismo inteso come „fattore
aggregante“ e come „terza via“ tra liberismo e socialismo, il che significava il controllo
dell’economia da parte della politica. Franco Belli e Vittorio Santoro (La legislazione
economico-finanziaria del fascismo) evidenziano invece come non si possa parlare di una
politica economica fascista, ma al contrario di „una pluralità di politiche economiche“: da
ricordare, per il rapporto di continuità con lo Stato liberale, il fatto che l’iniziale politica
economica fascista fu nel senso del laisser faire, almeno sul piano delle dichiarazioni di
principio.
13
Dedicato alla questione degli enti pubblici durante il fascismo, l’articolo di Carlo Bersani
(Gli enti pubblici tra Stato e società 1926-1943) sottolinea la peculiarità degli „istituti
Beneduce“ per la loro connessione all’esperienza nittiana, ed evidenzia la contrapposizione
tra „modello classico“ di ente pubblico, chiaramente di matrice liberale, e modello fascista.
14
Gli ultimi quattro saggi sono di stampo piuttosto eterogeneo: Stefania Dazzetti (Gli ebrei
italiani e il fascismo: la formazione della legge del 1930 sulle comunità israelitiche),
rilegge la questione delle leggi razziali del regime alla luce di una certa discontinuità tra il
regio decreto del 1930, con cui il regime conferiva un nuovo assetto giuridico alle
15
15 F. Ferrara, Diritto di guerra e diritto di pace, in Rivista del diritto commerciale, XVI (1918), I, p. 684.
16 Basta pensare al fondamentale saggio di Piero Calamandrei, Il significato costituzionale delle
giurisdizioni di equità, Discorso letto il 21 novembre 1920 per l’inaugurazione dell’anno accademico del
R. Istituto di Scienze Sociali in Firenze e pubblicato in Archivio giuridico „Filippo Serafini“, LXXXV
(1921), pp. 224-277.
17 Sarà Filippo Vassalli a far notare come „Il codice civile italiano, entrato in vigore il 21 aprile 1942 e
sostituitosi al codice del 1865 e a buona parte del codice di commercio del 1882, è frutto di un lavoro di
riforma compiutosi tra le due guerre mondiali, essendosi gli studi relativi iniziati ufficialmente nel giugno
1918 dalla Commissione per il dopo guerra, presieduta per le questioni giuridiche amministrative e sociali
da Vittorio Scialoja“; cfr. in F. Vassalli, Motivi e caratteri della codificazione civile, in Rivista italiana
per le scienze giuridiche, I (1947), p. 76 e ss., ora in Studi giuridici, vol. III, to. II, Studi vari (1942-1955),
Milano, Giuffrè, 1960, p. 605.
comunità ebraiche e le leggi razziali del 1938; in appendice, si trovano pubblicate alcune
lettere tratte dalle Carte di Mario Falco. Il contributo di Luigi Nuzzo (Italiani in Cina: la
concessione di Tien Tsin) riguarda l’accordo tra Italia e Cina con il quale, nel giugno del
1902, l’Italia otteneva in concessione il territorio di Tien Tsin ed i suoi sviluppi durante il
fascismo. Giovanna Tosatti dedica il suo articolo all’Archivio centrale dello Stato e alle
sue fonti e documenti sul fascismo (Le fonti dell’Archivio centrale dello Stato per la storia
del fascismo). Infine l’utilissima e corposa bibliografia a carattere giuridico-economico
degli ultimi trenta anni, di Sandro Mezzadra e Maurizio Ricciardi (Diritto ed economia nel
fascismo italiano. Bibliografia orientativa 1970-2000).
Come si nota da questo rapido esame, il volume è ricco di profili interessanti e suggerisce
al lettore non poche riflessioni su un periodo, quale quello fascista, ancora da approfondire
e chiarire sotto molteplici aspetti. L’assenza di un contributo di stampo penalistico e anche
un maggiore approfondimento delle problematiche a carattere civilistico limitano la
ricostruzione nel suo complesso; ma il curatore avverte sin dall’inizio che i profili ancora
mancanti verranno affrontati in un lavoro di prossima pubblicazione.
16
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