Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
PREMESSA
Quando nel Novembre 2006 lo scrivente ha presentato ufficialmente i risultati dell‘ultimo
censimento dei crostacei d‘acqua dolce nel Friuli Venezia Giulia (concluso nel 2004), nelle acque
regionali erano state rinvenute esclusivamente specie autoctone(G. De Luise, 2006. I crostacei
decapodi d‘acqua dolce in Friuli Venezia Giulia. Recenti acquisizioni sul comportamento e sulla
distribuzione nelle acque dolci della Regione. Venti anni di studi e ricerche. Marzo 2006, p 91. Ente
Tutela Pesca - Regione Friuli Venezia Giulia).
Purtroppo, a distanza di pochi anni, grazie anche all‘informazione personale divulgata nelle
opportune sedi, alcuni agenti di vigilanza ittico venatoria, hanno ripetutamente - e purtroppo rinvenuto la specie Procambarus clarkii anche nella nostra Regione.
Mi riferisco nella fattispecie alla seconda segnalazione ufficiale risalente al 27/09/07
Riferimenti cartografici inviati per email
ad opera di un agente della Stazione forestale di Monfalcone che ha rinvenuto casualmente
alcuni individui di questa specie lungo la strada SS. che porta a Monfalcone e che costeggia il
canale Brancolo, che verosimilmente si stavano spostando in altro luogo.
Dott. Giorgio De Luise
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immagini dei soggetti incontrati lungo la strada
Ulteriori segnalazioni su questa nuova fauna sono successivamente pervenute all‘ETP nel Giugno
2007 da parte di alcune guardie ittiche di dell‘Ente Tutela Pesca.
Bisogna giungere al 2009 quando, grazie alla sensibilità dell‘attuale Direzione, il problema è stato
finalmente affrontato con la presente iniziativa.
Seguendo i punti elencati nella lettera di incarico del 27 Marzo 2009 (Prot. 1752/UAG), di
seguito vengono presi in considerazione i diversi aspetti correlati alla sua presenza, iniziando da una
sua doverosa identificazione.
Caratteri biologici della specie
Procambarus clarkii (o gambero rosso della Louisiana conosciuto, anche con il nome di "gambero
killer) è una specie d‘acqua dolce originaria degli Stati centro-meridionali nordamericani che, per la
sua specifica biologia presenta una distribuzione praticamente cosmopolita, essendo stata introdotta
in tutti i continenti con esclusione dell‘Australia e dell‘Antartide.
Distribuzione del P. clarkii in Europa daSouty-Grosset et al. 2006
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P. clarkii è un gambero estremamente rustico e ―minatore‖ (vedi oltre), a sviluppo molto
rapido, proveniente in origine da corpi idrici lentici e lotici caldi, adatto alla vita anche in luoghi
dove le acque possono mancare per molti mesi all‘anno.
Per questo motivo trova l‘ambiente ideale nelle paludi ad allagamento stagionale, nei terreni
agricoli ad inondazione periodica come le risaie, e nel greto fangoso di corsi d‘acqua
periodicamente in secca, come pure in canali di bonifica e nelle loro innumerevoli diramazioni.
Negli ecosistemi dove è stato introdotto, tende a prendere il sopravvento sulle altre specie
presenti, diventando in pochissimo tempo - anche a causa dell‘assenza di predatori naturali –
l'anello più forte della catena ecologica.
Da prove condotte in laboratorio si è accertato che la vita di questo crostaceo può arrivare
fino 4 anni; in ambiente naturale, invece, il suo ciclo biologico generalmente non supera i 12-18
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mesi (SOUTY-GROSSET et al., 2006); è quindi una specie animale dalla vita breve ma dalla
eccezionale fertilità.
P. clarkii può essere considerata una specie r-selezionata, una strategia riproduttiva, questa,
tipica dei colonizzatori e delle specie che vivono in ambienti instabili. Presenta infatti un‘elevata
fecondità (300-600 uova), una crescita rapida, una maturità precoce (raggiunta a 3-5 mesi di età e ad
una lunghezza totale di 55-125 mm), associata ad una riproduzione annuale multipla.
Nella famiglia di appartenenza del Procambarus, quella dei Cambaridi, una volta raggiunta
la maturità biologica, si osserva1 l'alternanza di due differenti forme, definite forma I (F1) e forma
II (F2).
Due soggetti F 1catturati nel corso della presente indagine
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a differenza degli Astacidi (ovvero dei gamberi autoctoni europei)
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La forma I corrisponde al gambero sessualmente attivo e
viene mantenuta durante tutto il periodo riproduttivo; essa
comporta alcune importanti modifiche morfologiche
particolarmente evidenti nel maschio: le chele si allungano
e si irrobustiscono.
Comparazione delle diverse forme (F1 e F2) e colorazioni dei
chelipedi, riscontrata in alcuni soggetti catturati nel corso della
presente indagine
I gonopodi si induriscono e, particolarità esclusiva di questa famiglia, compaiono piccoli denti
uncinati alla base del 3 e 4 paio di pereiopodi, la cui funzione è quella di aiutare il maschio a
trattenere la femmina durante l'accoppiamento.
Veduta ventrale di un maschio catturato nel corso della presente indagine
La colorazione generale del corpo, prima dai toni tenui e smorti, talora di colore marrone cangiante
al verde, in F1 assume una tinta uniforme rosso scuro, su cui spiccano i tubercoli spinosi di tutto
l‘esoscheletro rosso rubino.
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Nella femmina invece, tali modifiche sono meno spettacolari e si limitano semplicemente ad un
ingrossamento delle chele.
Veduta ventrale di tre femmine catturato nel corso della presente indagine:comparazione tra le due forme
sessuali con l’evidente dimorfismo.
In condizioni normali, alcune settimane dopo l'accoppiamento (nelle femmine circa tre dopo
la schiusa delle uova) il gambero va incontro ad una muta passando nuovamente alla forma II,
sessualmente inattiva: chele più corte e sottili, colorazione meno accentuata, assenza di uncini, e
gonopodi poco sclerificati nei maschi.
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La forma I subentrerà nuovamente, con una muta, al successivo periodo riproduttivo.
In realtà, in specie come Procambarus si osserva frequentemente, una volta raggiunta la maturità
sessuale, solo la forma I caratteristica questa evidente soprattutto nei soggetti allevati in acque
costantemente calde.
F2
F1
Due P. clarkii, a dx forma sessualmente attiva (1), a sinistra la forma sessualmente inattiva(2).
Il ciclo di maturazione delle uova dura da 6 settimane a 8 mesi (in rapporto alla qualità del sito),
l'incubazione propriamente detta, invece, da 2-3 settimane a 2-3 mesi, sempre in rapporto alla
temperatura dell‘acqua.
Durante l'incubazione la femmina non tiene continuamente sommerse le uova in quanto,
nell'habitat caratteristico di questa specie, l'acqua (nel periodo riproduttivo, cioè nei mesi più caldi)
è frequentemente troppo povera di ossigeno, per cui è preferibile che le uova stesse siano esposte
spesso all'aria dove, grazie al movimento incessante dei pleopodi, trovano ossigeno sufficiente al
loro sviluppo.
La crescita è assai rapida, a temperature comprese fra 20°C a 30°C il giovane nato può
mutare ogni 5-10 giorni: in pratica, dall'abbandono della madre alla maturità sessuale occorrono
almeno 9 mute, per un totale quindi di 11 mute di cui 2 mentre è ancora attaccato alla madre.
In natura la maturità sessuale, come già visto, in condizioni ottimali del sito acquatico è raggiunta in
3-5 mesi, ovvero tra i 5 ed i 12 cm di lunghezza.
Alle nostre latitudini, quando l‘allagamento dei terreni ha una durata sufficiente, di solito
presenta almeno due generazioni all‘anno; in altre tipologie di corsi d‘acqua a carattere perenne,
invece, si è visto che questi crostacei sono in grado di raggiungere anche quattro successive
deposizioni annuali.
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Larve 0+ ancora sui pleopodi materni
Il ciclo biologico di questa specie si è rivelato altamente plastico in aree geografiche diverse,
principalmente in relazione alle condizioni idrologiche e alla temperatura dell‘acqua (GutierrezYurrita et al., 1999) e, in molti casi, si è visto che, a differenza di quanto detto a pag.7, la sua
lunghezza totale a maturità diviene estremamente plastica, potendo variare da meno di 45 mm a più
di 125 mm, eccezionalmente 150.
Un individuo di P. clarkii può superare i 50 g di peso all‘età di 3-5 mesi, ed una femmina di 10 cm
di lunghezza può produrre fino a 600 uova per deposizione.
giovane esemplare di c.a. 4 cm. catturato nel corso della presente indagine
Come già ricordato, lo sviluppo dei piccoli dipende molto dalla temperatura: esso avviene in
circa 2-3 settimane a 22°C, mentre risulta praticamente fermo al di sotto dei 10°C.
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Le femmine di questa specie, al pari di tutti gli altri crostacei acquidulcicoli, hanno estrema
cura della prole, che proteggono e trasportano anche per lungo tempo, permettendo ai piccoli di
completare il loro sviluppo, non appena le condizioni ambientali diventano favorevoli.
Come già più volte visto, Procambarus attua un dimorfismo ciclico contraddistinto da periodi
sessualmente attivi e inattivi, alternati durante tutto il suo ciclo di vita.
Dopo essersi allontanati dalla madre, le giovani larve – come già ricordato - mutano
frequentemente e per almeno due settimane si alimentano voracemente, assumendo nel mentre un
aspetto quasi da adulto (Hunter e Barr, 1994, in Ackefors, 1999).
Di norma dalla produzione di uova, e dalla loro incubazione e ―maturazione‖ trascorrono circa tre
settimane, mentre la fase ―adulta si completa in circa otto settimane.
Le temperature ottimali per questa specie si collocano tra i 21ed i 27C°, con una inibizione della
crescita a temperature inferiori a 12 gradi Celsius (Ackefors, 1999).
P. clarkii evidenzia due modelli di attività, una fase errante, senza alcuna periodicità quotidiana,
caratterizzata da picchi breve elevata velocità di locomozione e una fase più statica, durante la quale
il gambero si nasconde durante il giorno nelle gallerie delle sue tane, emergendo solo al crepuscolo
per alimentarsi. Durante la fase errante, i riproduttori maschi sono in grado di spostarsi fino a 17 km
in quattro giorni coprendo un'area estremamente vasta. Questa attività intensa aiuta senza dubbio la
dispersione di questa specie (Gherardi e Barbaresi, 2000. Infrastruttura nazionale biologica
dell'informazione (NBII) & IUCN/CSD invasive specie Specialist Group (ISSG) ).
Il loro successo come colonizzatori è dovuto anche a questa strategia di sviluppo
ritardabile2.
Quando arriva in un ambiente, il gambero della Louisiana ne prende rapidamente possesso,
occupando qualsiasi habitat molto in fretta, grazie anche al fatto che può adattarsi alle condizioni
ambientali più diverse, colonizzando persino le acque salmastre. Ha buona tolleranza alle variazioni
di temperatura ed a molti agenti inquinanti.
A differenza dei ―nostri‖ crostacei, nel clarkii ampia tolleranza viene mostrata nei confronti
della salinità (sopravvive fino a 20 ppt ma si riproduce solo se questa non supera i 5 ppt), acidità e
basse concentrazioni di ossigeno. La sopravvivenza in ambienti asfittici è infatti possibile grazie
alla capacità di sfruttare l‘ossigeno atmosferico (se in ambienti con ossigeno <2 mg/l).
La resistenza che la specie manifesta a moderate quantità di inquinanti è una caratteristica che può
rappresentare un rischio per la contaminazione dei
livelli superiori della catena trofica, uomo incluso, a
causa, ad esempio, dell‘accumulo di metalli pesanti
all‘interno dei tessuti dell‘animale, in particolare in
epatopancreas ed esoscheletro (vedi oltre).
La resistenza di P. clarkii a condizioni ambientali
estreme può essere messa in relazione sia ad
adattamenti fisiologici sia al suo comportamento di
scavo ed occupazione delle caratteristiche tane.
Tali strutture, infatti rappresentano per questa
specie una risorsa fondamentale, sia per la difesa da
predatori in momenti critici del ciclo vitale, quali la
muta e la riproduzione, sia per le condizioni di
assenza di acqua superficiale e di temperature
2
Tale comportamento è completamento diverso da quello dei gamberi autoctoni che, al contrario, seguono delle
precise tappe biologiche dettate, in questo caso, dai gradi giorno dell’acqua come peraltro avviene per le specie
ittiche.
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estreme. In ambienti idonei, lo scavo può essere intensivo e produrre danni, ben documentati nel
caso di aree agricole.
La plasticità comportamentale della specie è confermata anche dalle sue abitudini trofiche.
Infatti, a seconda degli ambienti si osserva a) il passaggio da una dieta detritivora a una basata sul
consumo di materiale vegetale fresco e viceversa e b) la variazione della proporzione tra il materiale
vegetale e quello animale ingeriti. Quando le risorse sono limitate, P. clarkii si nutre di ciò che è
maggiormente disponibile nell‘habitat.
Come già visto, può tollerare salinità fino al 20‰ e vivere a temperature comprese fra 0°C e 35°C,
con valori ottimali fra i 20°C e i 25°C. Sopporta condizioni ambientali estreme: basse
concentrazioni di ossigeno (valori inferiori a 2 ppm non sono dannosi se il gambero riesce ad
integrare la respirazione acquatica con quella atmosferica (Huner & Barr1984); tollera periodi di
disseccamento ed acidità dell‘acqua, (potendo vivere in un intervallo di pH compreso fra 5,6 e
10,4).
In caso di anossia, quando l‘ossigeno disciolto scende sotto i 3 mg/l, al pari di altri crostacei
d‘acqua dolce, anche il clarkii può venire alla superficie per utilizzare l‘ossigeno atmosferico.
Nel corso di eventi siccitosi o, comunque, durante i periodi asciutti si ritira nelle tane,
scavate fino alla profondità di oltre 2 metri (ma si segnalano rifugi fino anche a 5 metri). A tal
proposito si sono riscontrate sostanziali differenze di tali comportamenti tra le diverse aree
geografiche, sia nella durata del periodo di inattività trascorso all'interno della tana
(ibernazione/estivazione), sia nel periodo dell‘anno in cui questo si realizza, come pure nel numero
di eventi riproduttivi.
Uno studio condotto su una popolazione italiana (Gherardi et al., 1999b), ha mostrato ad esempio
che il periodo di ibernazione in tana si protrae per tutto l‘inverno (Novembre-Marzo), e che si
realizzano due eventi riproduttivi, uno in primavera e uno alla fine dell‘estate.
In ogni caso, anche in presenza di normale livello idrico, i gamberi utilizzano abitualmente le loro
tane come rifugio contro i predatori ed in ciascuna di esse possono coabitare anche 50 animali.
In base al comportamento sempre legato alla tana, i gamberi sono classificati come scavatori
primari, secondari e terziari.
Procambarus clarkii viene normalmente considerato uno scavatore secondario/terziario: questa
specie vive infatti in acque libere e si ritira nei rifugi durante condizioni ambientali sfavorevoli (fasi
di disseccamento e di gelo) e durante alcune fasi vulnerabili del suo ciclo biologico (es. femmine in
prossimità di ovodeposizione, od individui appena mutati) (Huner & Barr 1984); a questo proposito
Hobbs (1981) ha fornito un‘eccellente descrizione del comportamento di scavo di P. clarkii, oltre
che fornire una classificazione delle diverse categorie e tipologie di tali ricoveri.
Di solito la tana più semplice è una struttura sub-verticale completamente sommersa,
raramente più lunga di 15 cm e serve come rifugio temporaneo (Barbaresi et al. 2004a). Tane subDott. Giorgio De Luise
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verticali leggermente più complesse, inoltre, sono frequentemente associate a radici e grovigli di
vegetazione, e risultano lunghe da 40 a 90 cm e talvolta occluse da tappi di fango.
Queste tane possono accogliere da 4 a 10 gamberi.
Rifugi ancora più complessi sono orizzontali a forma di ―U‖ (Parker 1974; Huner e Barr 1984) e
presentano molti rami e camere laterali dove si possono trovare, come già accennato, fino a 50
esemplari riuniti assieme.
L‘attività di scavo si realizza prevalentemente di notte, ma alcune specie di gambero, incluso
P. clarkii, possono scavare anche durante le ore diurne (Gherardi & Barbaresi 2000). Un elevato
numero di studi (Grow & Merchant 1979; Grow 1982; Richardson 1983; Rogers & Huner 1985;
Hobbs & Whiteman 1991) a tal proposito, ha evidenziato che i gamberi sono incapaci di costruire
tane permanenti in suoli in cui il sedimento è costituito da frazioni di dimensioni maggiori di quelle
della sabbia (superiori cioè a 2 mm) e in cui non vi sia acqua libera (Gherardi 2002; Ilhéu et al.
2003).
In condizioni favorevoli di terreno e umidità, i gamberi di questa specie possono smuovere
fino a 40.000 Kg / ha di suolo, migliorando l‘ossigenazione dei terreni ma portando spesso alla
distruzione degli argini. Procambarus clarkii è infatti considerato una vera calamità in molti paesi,
a causa dei danni delle attività di scavo che produce alle coltivazioni agricole (Hobbs et al. 1989).
Quando lo scavo delle tane è intenso, può causare seri danni ai terreni agricoli (in particolare
a colture di riso) e sistemi naturali, causando il collasso degli argini (Correia & Ferreira 1995).
L‘impatto delle tane di questa specie sull‘habitat è scarsamente studiato, eccetto per l‘incremento
della torbidità dell‘acqua con la successiva riduzione della penetrazione della luce e produzione
delle piante (Anastácio & Marques 1997; Angeler et al. 2001).
Particolare dell’ingresso di tane di P. clarkii osservate in prov. di Gorizia
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Schema di una tana di P. clarkii
Tipologie costruttive di rifugi di
Procambarus con evidenziati i siti
di stazionamento del gambero
all’interno della tana e le diverse
strategie di estivazione sul fondo
dei bacini in secca durante i periodi
più caldi rispetto al livello idrico.
(da A. mancini 1986:Astacicoltura,
allevamento e pesca dei gamberi
d’acqua
dolce.
Edagricole,
Bologna- modificato)
Dove questo crostaceo si insedia provoca danni sia a livello fisico, minando la stabilità
degli argini dei corsi d'acqua e delle coltivazioni agricole, sia a livello faunistico, colonizzando pure
allevamenti ittici presenti anche a grandi distanze con tutte le conseguenze derivanti.
Nel caso di corpi idrici con livello più alto del piano di campagna, la perforazione di un gran
numero di tane può causare l‘indebolimento e il collasso degli argini (GHERARDI & HOLDICH,
1999: 35) con effetti analoghi a quelli causati dalle nutrie.
Esempio di crollo di un argine in una coltivazione agricola del bolognese
Quando P. clarkii avverte lo stimolo migratorio può percorrere lunghe distanze (anche 3 Km in una
notte), spostandosi senza apparenti problemi fuori dall‘acqua.
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Da Gherardi & Barbaresi (2001) modificato.
Stagno con massiccia presenza di P. clarkii con evidente intorbidimento
dell’acqua causato dalla intensa attività di scavo degli animali.
Un chiaro segnale della sua presenza è dato dalla diminuzione della vegetazione e
dall‘intorbidimento delle acque, causato sia dal continuo lavoro di scavo per le tane, sia dalla
maggiore densità del fitoplancton, dovuta all‘eutrofizzazione provocata dagli animali.
Per quanto sopravviva anche in acque occasionalmente coperte da ghiaccio, è stato appurato
che alle nostre latitudini è in grado di acclimatarsi anche in siti montani fino a circa 1200 m s.l.m..
Come per altre specie invasive, il successo di P. clarkii dipende inoltre dalla capacità di
resistere a stress ambientali, quali temperature estreme, assenza di acqua superficiale, salinità, basse
concentrazioni di ossigeno e presenza di agenti inquinanti.
La presenza di popolazioni riproduttive in alcune aree dell'Europa centro-settentrionale
(Gherardi e Holdich,1999) sembra indicare che le basse temperature non costituiscono, come
riportato in letteratura, un fattore limitante il successo riproduttivo e la distribuzione della specie.
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Esperimenti di laboratorio hanno inoltre mostrato la capacità di P. clarkii di sopravvivere e
mantenere elevati tassi di accrescimento a temperature maggiori di quelle tollerate dal gambero
autoctono (Austropotamobius pallipes), indicando una maggiore possibilità della prima specie di
occupare ambienti soggetti a inquinamento termico (Paglianti e Gherardi, 2004).
Non va infine dimenticato che questa specie alberga facilmente sia in pozze e canali, sia
negli stagni come pure nei fossi e torrentelli, estendendo il proprio areale fino alla collina e alle
medie montagne.
La sua dieta è alquanto variegata, cibandosi di ogni sostanza organica disponibile, animale e
vegetale. E' anche in grado di catturare e manipolare molto più velocemente le prede rispetto alla
specie italiana e di cibarsi di alimenti nuovi mai visti prima.
Pur essendo fondamentalmente onnivori e sovente – al pari di tutti i crostacei - anche
cannibali, gli adulti di P. clarkii si cibano prevalentemente di macrofite (ad es. Potamogeton e
Nymphaea) mentre i giovani preferiscono i macroinvertebrati.
Un'altra caratteristica negativa del gambero della Louisiana è che, se presenti, preda
attivamente soprattutto girini e piccoli anfibi, ivi compresi i sempre più minacciati tritoni, ma anche
piccoli pesci e loro avannotti.
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P. clarkii mentre si alimenta di un pesce
appena catturato
resti di pesce adulto preda di P. Clarkii
Il gambero della Louisiana è spesso portatore sano della peste dei gamberi, portata dal fungo
Aphanomyces astaci (Schikora), e di forme virali che possono rivelarsi dannose negli allevamenti
ed essere trasmesse ai gamberi autoctoni, ma che non risultano efficaci per controllare le
popolazioni naturalizzate di P. clarkii.
Oltre ad essere un vincente competitore dei gamberi ―nostrani‖, come l‟Austropotamobius
pallipes italicus Faxon, esso ne favorisce il contagio, sia direttamente che indirettamente, in quanto
i pescatori ed i pesci e gli uccelli che si cibano di P. clarkii possono contribuire alla diffusione dei
rispettivi agenti eziologici, spore in primis.
Analisi bibliografica sulla diffusione della specie in Italia e in Europa e
le eventuali misure atte al suo contenimento e/o eradicazione
-
Consultazione del materiale bibliografico
Durante la prima fase del progetto è stata svolta un‘accurata ricerca bibliografica per
reperire le informazioni già esistenti sulla distribuzione della specie in esame nel territorio
nazionale ed europeo.
Da molti anni gli studiosi di tutto il mondo, ed in particolare quelli europei si stanno
confrontando sulle problematiche legate alla presenza nelle acque dolci di specie di crostacei
―aliene‖; a tal proposito grande attenzione è stata posta all‘invasione di una specie: il Procambarus
clarkii!
In particolare gli specialisti mondiali si sono riuniti per la prima volta nel 1972 fondando
l‘International Association of Astacology (I.A.A.). Questa organizzazione, è sorta con l‘intento di
promuovere studi e ricerche sui gamberi d‘acqua dolce, di raccogliere e confrontare quelli già
eseguiti e di divulgarne i risultati; è un organismo a carattere mondiale altamente specializzato, che
esamina, discute e presenta proposte atte a risolvere i vari problemi riguardanti i gamberi.
Da allora l‘I.A.A. ha pubblicato in undici volumi gli atti dei Simposi che si tengono ogni due
anni; grazie ai confronti e agli scambi delle numerose informazioni, ai successi ed insuccessi
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conseguiti da tutti gli scienziati, esperti ed allevatori di più di trenta Paesi di tutti i continenti, questi
atti costituiscono la ‗‗bibbia‘‘ dell‘astacologia ed astacicoltura.
Le vigenti normative nazionali in merito alla detenzione, commercializzazione e importazione
di crostacei vivi almeno nel nostro Paese sono tuttora insufficienti per una tutela del gambero
d‘acqua dolce autoctono, in quanto non esiste una legge effettivamente chiara che regolamenti
questo specifico argomento.
A tal proposito è doveroso riportare qui di seguito il testo della deliberazione votata
all‘unanimità dagli stati membri dell‘IAA, ivi compresa l‘Italia, e recepita ormai dalla maggior
parte delle Nazioni aderenti.
«Gli astacologi dell‟Associazione Internazionale di Astacologia, riuniti
in Losanna, Svizzera, dal 3 al 5 Agosto 1987, in occasione del loro settimo
Simposio internazionale hanno rilevato:
— i pericolosi effetti sul mercato di gamberi vivi provocati dalla drastica
riduzione della produzione del gambero turco;
— la commercializzazione allo stato vivo di nuove specie di gamberi
provenienti dalle pià diverse contrade;
— la totale assenza di garanzia che tali gamberi non sono portatori di parassitosi e malattie contagiose;
— la comparsa di epidemie nei gamberi europei di aphanomicosi (peste
del gambero), specialmente dove prima non esisteva;
— l’accresciuto rischio di trasmissione di parassiti e malattie, particolarmente aphanomicosi, dalle popolazioni astacicole alloctone indesiderabili;
— infine la possibile esposizione dei pesci a parassitosi e malattie recate
dai gamberi.
Perciò, essendo necessario conservare e tutelare le specie e le
popolazioni indigene, si raccomanda ai Governi di trovare il modo per
bloccare le importazioni ed il trasporto di gamberi vivi nei loro Paesi a
qualsiasi scopo siano essi destinati (alimentazione, esca, acquarofilia, ecc.),
eccettuati quelli per iniziative di ripopolamento e popolamento approvate
dalle competenti autorità. Inoltre i Governi devono promuovere e favorire il
ripristino delle popolazioni astacicole indigene dovunque possibile.
Si auspica l‟immediata adozione internazionale della presente deliberazione».
Un quadro abbastanza esaustivo della distribuzione e presenza di questa specie, può fare riferimento
alla seguente descrizione presentata nel 1997 nel corso di uno specifico Convegno sull‘argomento e
parzialmente revisionata ed aggiornata nel 2008.
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G. De Luise, A. Sabbadini (1997.Conservation and Enhancement of native crayfish of Italy.
Roundtable The introduction of alien species of crayfish in Europe, How to make the best
of a bad situation? Firenze, 24-27 Settembre 1997. Aggiornato al 2008
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Alcuni aspetti della biologia di P. clarkii (HUNER & LINDQVIST 1995), quali la
respirazione subaerea (HUNER & BARR 1991), il comportamento alimentare generalista e
opportunista
Alentejo (Portugal)
Detritus
11%
Guadalquivir (Spain)
Animal
Material
15%
Sediments
27%
Animal
Material
42%
Detritus
0%
Sediments
38%
Plant
Material
58%
Plant
Material
9%
Osmannoro (Italy)
Massaciuccoli (Italy)
Sediments
13%
Animal
Material
10%
Detritus
32%
Sediments
5%
Animal
Material
10%
Plant
Material
20%
Plant
Material
45%
Detritus
65%
Composizione alimentare dei contenuti stomacali di P.clarkii in differenti siti geografici
(MILLS et al. 1994), l‘alta fecondità (HUNER 1988), la resistenza alle malattie (LINDQVIST &
HUNER 1999), e l‘estrema plasticità del ciclo biologico (GHERARDI et al. 1999) oltre ovviamente
alla sua palatabilità, lo hanno reso particolarmente adatto a esperienze di acquacoltura anche a
livello amatoriale.
Austropotamobius italicus
Weight Increment (%)
Weight Increment (%)
Procambarus clarkii
160
120
80
40
0
16 °C
Animal Diet n=20,20,18
20 °C
24 °C
Detritus diet n=18,20,14
160
120
80
40
0
16 °C
Animal Diet n=20,10,12
20 °C
24 °C
Detritus diet n=18,13,0
In allevamento P.clarkii presenta un tasso di accrescimento tre volte più veloce di A.pallipes italicus
(Paglianti et All.; 2004).
Grazie a queste caratteristiche è attualmente considerato il gambero di fiume più diffuso al mondo
in quanto si conoscono sue popolazioni acclimatatesi, come già ricordato, praticamente in ogni
Continente.
Dott. Giorgio De Luise
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Il suo allevamento a scopo alimentare inizia a partire dal 1950 nel Sud degli USA. Al
successo economico dei primi allevamenti americani, conseguono successive e ripetute introduzioni
nelle isole Hawaii, in Messico, in vari paesi del Sud America (Costa Rica, Repubblica Domenicana,
Brasile), Cina, sud – est asiatico, Africa (Uganda, Kenya, Sud Africa) e Europa. Come risultato, P.
clarkii è oggi il crostaceo più diffuso al mondo: si conoscono popolazioni naturalizzatesi in tutti i
continenti ad eccezione di Australia e Antartide.
Questa specie è tuttora oggetto di intensa coltura negli Stati meridionali degli USA (con
48.500 ettari di bacini di allevamento nella sola Louisiana (HOBBS et al. 1989), e una produzione
annua che supera le 60.000 tonnellate (HUNER & LINDQVIST 1995); recentemente è divenuta
oggetto di acquacoltura anche nella Repubblica Popolare Cinese con una produzione annua di
40.000 tonnellate (HUNER & LINDQVIST 1995).
L'introduzione della specie in Europa inizia nel 1972 dalla Spagna (ACKEFORS 1998) e,
successivamente si estende al Portogallo, a Cipro, in Inghilterra, in Francia, in Germania, a
Maiorca, in Olanda (HOBBS et al. 1989), fino alla più recente introduzione in Svizzera (STUCKI
1997).
1972
In Italia, questo gambero è stata importato dalla Spagna a partire dal 1987. L‘inadeguatezza
di molti stabilimenti di acquacoltura ha determinato la fuga di alcuni esemplari e la stabilizzazione
di popolazioni riproduttive in habitat naturali.
Attualmente, P. clarkii è presente in numerosi laghi e torrenti di diverse province dell‘Italia
settentrionale e centrale (GHERARDI et al. 1999), dove le popolazioni sembrano crescere
rapidamente, a differenza di quelle della specie nativa, Austropotamobius pallipes italicus.
Dott. Giorgio De Luise
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Province italiane in cui sono attualmente presenti in natura popolazioni di P. clarkii.
Nel periodo della pubblicazione di questa mappa,il FVG era ancora indenne(Dati letteratura et ex verbis)
In Italia, in cui la prima popolazione riproduttiva documentata è stata individuata in Piemonte nel
1989 (Del Mastro, 1992, 1999), ora la specie è ormai diffusa in molte Regioni: Lombardia, Liguria
ed Emilia Romagna (Mazzoni et al., 1996); Toscana (Baldaccini 1995; Gherardi et al., 1999);
Umbria (Dorr et al., 2003); Marche (Gabucci et al. , 1990); Lazio (Gherardi et al., 1999); Abruzzo
(Gherardi et al., 1999); Sicilia (D‘Angelo & Lo Valvo, 2003).
Nel 2005 la presenza di P. clarkii è stata pure accertata in alcuni corsi d'acqua della Sardegna
centrosettentrionale. Per la prima volta nel settembre 2006, esemplari della stessa specie alloctona
sono stati catturati all‘interno dell‘area SIC ITB041105. (Conservazione della biodiversità e specie
alloctone invasive: il gambero Procambarus clarkii nelle acque interne della Sardegna. F.Orrù,
Alessandria, 9 – 11 maggio 2008).
Attualmente la specie è stata rinvenuta anche nel territorio veneziano, ed ora anche in Friuli
Venezia Giulia.
Nella nostra penisola, il primo vero allevamento è sorto nel 1991 in Toscana, nel lago di
Massaciuccoli in provincia di Lucca.
Dott. Giorgio De Luise
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Da questo sito gli individui importati
direttamente dagli USA, hanno iniziato ad
espandersi dapprima nell‘omonimo lago, per
poi propagarsi rapidamente ad altre aree fino a
formare popolazioni stabili in alcune zone del
Lazio, del Piemonte, Emilia Romagna,
Marche, giungendo fino all‘Abruzzo.
Le vasche dell'allevamento da cui partirono i gamberi
(da G. De Luise (1996): attuazione di un intervento di bonifica di Procambarus clarkii, crostaceo alloctono
acquidulcicolo. Ente Parco Regionale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli)
A tal proposito merita ricordare la storia di questa prima immissione, estrapolata dal lavoro
condotto dallo scrivente condotto per conto del Parco Regionale di Massaciuccoli nel ‘96: “.. era
l'estate '95 quando iniziò, da parte di un agente del Parco, la prima indagine su questa specie
ricostruendo parzialmente, la verità sull'arrivo del crostaceo. Nel 1988, con finanziamenti europei,
nacque una società agricola a Massarosa con lo scopo di allevare anguille cieche". L'allevamento
era costituito da un magazzino e da diverse vasche larghe 5 metri e lunghe 20. L'allevamento
confinava con un canale comunicante con il padule e quindi con il lago, facile via di fuga per gli
animali. Tra il 1991 e il 1992, al posto delle anguille, vennero immessi gamberi americani d'acqua
dolce proveniente dalla Spagna. Nell‟autunno del‟92 a seguito dell'alluvione che colpì la Versilia,
l'allevamento rimase sommerso. Con la fuoriuscita dall'allevamento nelle acque del lago di tutti i
gamberi .Nel dicembre dello stesso anno, la società di cessò l‟attività. Nel giugno del „95 ci fu
l'esplosione del fenomeno gambero. Gli animali, raggiunta un'alta densità di popolazione, uscirono
persino dal lago per finire nelle case e nei giardini. Solo allora si cominciò a chiedersi da dove
provenissero ..‖ .
Dott. Giorgio De Luise
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Scattarono così le indagini del Parco. Dopo il personale coinvolgimento, si affiancarono
successivamente anche istituzioni scientifiche ma, ormai, il fenomeno era divenuto inarrestabile
anche se la vicenda terminò con l‘intervento della Magistratura.
Al dilà dell‘ingente danno ambientale sull‘intero lago, il problema toccò anche un‘ attività
produttiva di allevamento di fior di Loto (Nelumbo nucifera) presente a pochi chilometri da
Massarosa e a poche centinaia di metri dal lago di Massaciuccoli.
―..Nell'estate del 96, proprio in concomitanza del periodo del raccolto di questo prodotto, i
crostacei divorarono la gran parte della coltivazione estesa su otto ettari di un acquitrino.
Come si presentava l’allevamento a causa della predazione dei i gamberi:
Non solo, infatti, gli animali, perfettamente a loro agio in quell'ambiente, mangiarono i bulbi e le
foglie delle piante di loto, ma, con le loro tane ramificate, fecero crollare gli argini e i
camminamenti, gli stretti terrapieni da cui viene effettuata la raccolta. Il danno stimato superava i
400 milioni di Lire...‖
Anche da noi, questo processo di colonizzazione e adattamento - come è avvenuto negli altri Paesi è stato accelerato da introduzioni umane più o meno consapevoli (l'attività dei pescatori ed il
trasporto di animali vivi). Sebbene la prima introduzione del gambero in Spagna sia ben
documentata, non è completamente nota l'espansione della specie dalla Penisola Iberica agli altri
paesi Europei.
Si sa per certo che venne introdotto legalmente dalla Louisiana (U.S.A.) nella Spagna meridionale
nel 1972, con uno stock iniziale di circa 500 Kg per allevamento ad uso alimentare. Ben presto la
specie cominciò a diffondersi in Estremadura e nelle paludi del Guadalquivir (1974).
Entro una decina di anni questo gambero divenne in Spagna un redditizio prodotto
commerciale, ma in pari tempo si cominciarono ad osservare i suoi effetti devastanti per l‘ambiente.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Produzioni di P. clarkii a Siviglia comparate con quelle della Louisiana (J. Morales1987. Crìa del
cangrejo de rìo Hispano europea, 118.)
Ancor oggi in Europa la produzione è concentrata soprattutto in Spagna, dov‘è dell‘ordine
delle 5000 t/anno, poca cosa confronto alla produzione americana e cinese, valutate sulle 50.000 e
70.000 t/anno rispettivamente (SOUTY-GROSSET et al., 2006).
Produzione mondiale di P. clarkii dati FAO
Il successo economico invogliò altri allevatori nella Francia meridionale e in Italia,
comprese Sardegna e Sicilia, ad introdurre questo animale legalmente o illegalmente; come già più
volte ribadito, il suo allevamento fu incrementato soprattutto nella penisola iberica, Baleari, Canarie
ed Azzorre (SOUTY-GROSSET et al., 2006).
La sua diffusione in natura fù (ed è in pratica a tutt‘oggi) facilitata dall‘abitudine di venderlo vivo,
sia come cibo che come animale da acquario.
In alcune zone della Lombardia è ormai l‘invertebrato di grossa taglia più comune.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
E dove arriva il Procambarus la biodiversità cala radicalmente!
Ormai il gambero della Louisiana è ritenuto dalla maggior parte degli studiosi, la specie
alloctona più dannosa presente in Italia.
Più di una volta folti gruppi di gamberi usciti dall‘acqua hanno attraversato strade e
autostrade, bloccando o rallentando il traffico, nel corso delle loro improvvise migrazioni verso
ambienti più favorevoli. Episodi di tal genere sono stati ampiamente pubblicati su vari quotidiani
locali e nazionali; a tal proposito vengono riportati a puro titolo di esempio e di curiosità alcuni
articoli:
“..Fa talmente caldo che i gamberi killer, benché abituati alle calure della natìa Louisiana,
scappano dalle paludi del Massaciuccoli e vanno a cercare refrigerio sulla spiaggia come dei
comuni cristiani. E‟ quel che sta accadendo da qualche giorno sugli arenili dei bagni attorno alla
Fossa dell‟Abate: all‟alba i famelici gamberi d‟acqua dolce, portati dal fiumiciattolo, entrano in
mare dove l‟acqua dolce alleggerisce la morsa di quella salata e poi risalgono sull‟arenile. Ma
niente paura: appena vedono i piedi delle persone scappano. E a meno che uno non sia un
appetitoso animaletto di palude, non lo mangiano. Il fenomeno stagionale si sta ripetendo da
alcune mattine e ne sono già stati informati il dirigente dell‟ambiente Roberto Ferrari e l‟assessore
Pierluigi Cinquini, che ha anche la delega al turismo ed è comproprietario di uno dei bagni visitati
dai gamberi killer. Questi, della specie Procambarus clarkii, sarebbero anche prelibati se vivessero
in acque pulite. Invece, voraci come sono, hanno anche il vizio di rintanarsi nelle fogne. Comunque
non si esclude che su qualche mensa siano arrivati cucinati e spacciati come gamberi di fiume.”
Da: La nazione Viareggio, 2 luglio 2008
―..Pronto, vigili urbani? Ho aperto il frigorifero e ho sentito uno strano rumore. Poi ho visto su un
ripiano un animale, un gambero. È rosso e minaccioso. Che devo fare?». È l'estate del 1995: a
Massarosa, provincia di Lucca, i gamberi invadono le case come gli uccelli di Hitchcock. «In
diversi se li ritrovano nel giardino. Qualcuno nel lavandino. Qualcun altro, appunto nel
frigorifero», racconta Giovanni Cecchi, assessore all'ambiente del comune di Massarosa. Questi
esseri rossi e cheluti apparivano ovunque, anche per strada schiacciati dalle macchine, e la gente
era disorientata. Nascevano comitati per arginare la situazione e screzi con gli abitanti di Torre
del Lago, pure loro invasi, che accusavano quelli di Massarosa di aver importato questi animali. Al
momento in cui ci si accorgeva “dell'emergenza”, infatti, era ormai tardi: da Massarosa gli
animali si erano diffusi in tutto il lago e anche in diversi corsi d'acqua confinanti. Ora sembra che
questi gamberi rossi siano tornati e forse sono stati avvistati in Toscana..‖.
Da il Il Sussidiario.net mercoledì 20 maggio 2009
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―..Invasione di cosiddetti gamberi killer nello svincolo di Firenze nord dell‟A1 e la Società
Autostrade recinta l‟area per il rischio di incidenti. Al vaglio anche l‟ipotesi di installare cartelli
stradali che segnalino la presenza dei crostacei, per evitare incidenti, preoccupazione espressa
dalla Polstrada i cui agenti hanno provveduto anche a catturarne alcuni esemplari..‖
Da ANSA Firenze, 18 giugno 2000
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in Friuli Venezia Giulia.
La sua presenza è inoltre causa di implicazioni ecologiche di non poco conto e che non possono
essere trascurate.
La relativa abilità predatoria è, ad esempio, una minaccia per la specie tutelate dalle vigenti
normative di conservazione quali, ad esempio, gli anfibi.
Latency Time (min)
2000
1500
1000
500
0
Bufo bufo
R. kl. esculenta
R. italica
T. vulgaris
A. pallipes n=20,20,20,20 P. clarkii n=20,20,20,20
Comparazione sugli effetti predatori di due gamberi su tre specie di anfibi
I problemi per l‘ambiente, comunque, nascono – come già più volte ricordato dall‘immissione di esemplari vivi in natura, perché ―liberati‖ o sfuggiti agli allevamenti. Particolari
studi sulla valutazione del danno ambientale di P. clarkii sono stati eseguiti da ricercatori spagnoli.
Una chiara idea dei danni, per esempio, emerge dalle osservazioni quantitative effettuate sul lago
Chozas nella Spagna nordoccidentale, ambiente umido di alto pregio, dalle acque limpide
(RODRÍGUEZ et al., 2005).
A seguito dell‘introduzione del gambero (1996) le acque si fecero torbide e si registrò una
diminuzione del 99% delle macrofite acquatiche, del 71% dei macroinvertebrati, dell‘83% degli
anfibi e una sensibile diminuzione degli uccelli acquatici: ma mentre gli anatidi svernanti e gli
uccelli prevalentemente erbivori si ridussero notevolmente (perdita del 50% degli Anatidae), si ebbe
invece un aumento degli uccelli predatori di gamberi, soprattutto Ardeidae, nonché l‘insediamento
di una nuova specie di cormorano.
Nel Parco Nazionale di Doñana (SW Spagna) inoltre, a seguito dei rilievi condotti, si è attribuito
proprio al P. clarkii la scomparsa delle due specie di Gasteropodi Lymnaea peregra (Mull.) e L.
stagnalis (L.) (GEIGER et al., 2005) tutelate dalle locali leggi.
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Predatori naturali
Nella Regione di origine (America), la popolazione dei gamberi è tenuta sotto controllo
dalla grazie alla predazione non solo di vari uccelli, tra cui particolarmente efficienti i Cormorani,
gli Ardeidi, i Corvidi, i Falchi ed i Gufi, ma anche da una sempre ricca fauna di pesci predatori di
grande taglia, Lontre, Visoni, Procioni e Rettili, inclusi Tartarughe e Alligatori.
Non sono invece segnalati specifici nemici naturali a livello di parassiti o batteri.
In Italia non si può fare assegnamento su un‘altrettanto ricca fauna selvatica per la naturale
limitazione di P. clarkii. Siamo perciò praticamente senza difese, salvo l‘aiuto che ci possono dare
alcuni uccelli che hanno imparato a cibarsene (Aironi, Garzette, Tarabusi, ecc.), come dimostrano
gli abbondanti residui di gamberi lungo il perimetro dei luoghi umidi infestati.
Airone bianco (Casmerodius albus mentre preda un P. clarkii . fonte Rete
Ha pochi nemici naturali ed è evitato anche da svariati uccelli ittiofagi perché molto battagliero e
capace di difendersi con le chele e la coda e causare anche ferite e lesioni ai malcapitati predatori
soprattutto a livello gastro esofageo.
Ricerche di campo condotte per oltre un decennio anche nel
nostro Paese su alcune specie di pesci, hanno accertato che
alcune si cibano preferibilmente di questi gamberi,
soprattutto il Luccio (Esox lucius), il Siluro (Silurus glanis) e
il Lucioperca (Stizosteidon lucioperca).
Contenuto stomacale di un Siluro “ripieno” quasi
completamente di Procambarus
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Pure le Anguille (Anguilla anguilla) sono predatrici efficienti di forme giovanili di questo
crostaceo; non a caso in Svizzera si è tentato di utilizzarle per controllarne le popolazioni; ma è un
metodo da usare con cautela perché la loro voracità verso i macroinvertebrati e le uova di altri pesci
rischia di rendere il rimedio simile al male.
Risultati dell’introduzione di Anguille in 1,6 ha di stagni vicino a Zurigo, ha determinato una drastica
riduzione di P. clarkii (Frutiger 2002).
Nel lago di Massaciuccoli si è tentato di ridurre la densità dei gamberi introducendo il predatore
americano Persico trota (Micropterus salmoides) con buoni risultati.
Perfino i Ratti possono esserci d‘aiuto, dato che negli ambienti antropizzati sembrano mangiare
volentieri questi gamberi (FEDELI, 2002).
Aspetti sanitari
Un altro aspetto da prendere in seria considerazione legato alla presenza di questo crostaceo,
è la possibile contaminazione delle sue carni con ovvi effetti indesiderati sull‘uomo.
Consumati sovente crudi da umani o animali domestici, infatti, possono facilmente
contaminarli con vermi parassiti, come i Trematodi del genere Paragonimus, di cui si trovano
spesso larve incistate nell‘apparato digerente del gambero.
Metacercaria di Paragonimus. Questa è la fase infettiva per l'ospite definitivo e vertebrato ed è stata
rinvenuta in un P. clarkii (fonte Rete) 400x.
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Ciclo biologico del parassita
La specie è infatti poco o nulla sensibile alla maggior parte delle patologie che colpiscono i
gamberi e che, secondo Vogt (1999), possono essere distinte, in quattro categorie: malattie che non
provocano danni visibili all‘ospite (es. Psorospermiasi), malattie che risultano letali per gli individui
infetti, ma che non provocano particolari danni a livello di popolazione per la bassa prevalenza del
patogeno (es. malattia della Porcellana), malattie in grado distruggere le popolazioni infette (es.
Peste del gambero) e malattie che comportano perdita economica poiché rendono l‘animale non
commerciabile(es. ―burn spot‖).
Da indagini effettuate in tal senso su un campione catturato nel lago di Massaciuccoli, è
emerso che le patologie batteriche più comuni su questi soggetti erano identificabili come
appartenenti al Pseudomonas aeruginosa e fluorescens ed Aeromonas hidrophyla.
Nel medesimo lavoro dall‘esame microbiologico sono emersi ulteriori risultati:
―.. dai pool di organi sono state isolate molteplici specie batteriche appartenenti ai generi
Escherichia (60,7%), Citrobacter (17,86%), Proteus (46,4%), Plesiomonas (3,57%), Vibrio
(10,7%), Stenophyla (3,57%). In particolare sono state osservate, all‟esame istologico, lesioni di
tipo necrotico epatopancreatiche in concomitanza all‟isolamento di Citrobacter freundii e Proteus
spp. Mentre nessuna lesione macro o microscopica è stata osservata in associazione con
l‟isolamento di Vibrio 29nguilla rum, Vibrio parahaemoliticus e Plesiomonas shigelloides.
Per quanto attiene le specie batteriche isolate dagli organi di P. clarkii, di particolare interesse
risulta l‟isolamento di Citrobacter e Proteus. Per entrambi i generi infatti la letteratura riporta un
potere patogeno per il gambero (Toumanoff, 1967°, Alderman & Polglase, 1988; Vey, 1981;
Mancini 1989; Oidtmann e coll., 1999). Tra le specie batteriche isolate riveste un‟ importanza
particolare il genere Vibrio per il fatto che non risulta essere causa di patologia nel gambero che
può altresì risultare portatore asintomatico.
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Delle due specie isolate, Vibrio Anguillarum risulta fortemente patogena per Anguilla anguilla in
cui provoca lesioni esterne a carattere ulcerativo e forme setticemiche (Esteve & Garay, 1991) e
per la carpa (Ransom e coll.,1984), mentre Vibrio parahaemoliticus può risultare causa di
tossinfezioni alimentari nell‟uomo (Reali e coll., 1977). Anche Plesiomonas shigelloides, da noi
isolato in vari esemplari, è specie patogena per l‟uomo, ripetutamente isolata da acque e organismi
acquatici (Krovacek e coll., 2000). I dati relativi alla patologia riscontrata alla necroscopia e i
risultati dei controlli istologici e batteriologici effettuati sugli organi interni, se valutati alla luce di
quanto emerso dai dati relativi ai controlli microbiologici delle acque, evidenziano correlazione fra
stato dell‟ambiente e condizioni di salute di P.clarkii. Infine, considerato che nel lago di
Massaciuccoli P. clarkii è oggetto di pesca e di successiva commercializzazione nei mercati locali,
non deve neppure essere sottovalutato il rischio di tossinfezioni alimentari in quanto portatore
asintomatico di batteri dei generi Vibrio e Plesiomonas..‖ (SANITARY CONTROL OF
PROCAMBARUS CLARKII POPULATION (GIRARD 1852) LIVING IN MASSACIUCCOLI
LAKE; ENCOUNTERED PATHOLOGY IN RELATION TO WATER MICROBIAL CHARGE
AND ENVIRONMENTAL CONDITIONS. G. ROSSI et ALL).
Un ulteriore aspetto da non sottovalutare, è la reale possibilità di bioaccumulo nel Procambarus
clarkii di metalli pesanti; a tal proposito non bisogna dimenticare che gli elementi in traccia sono
presenti in natura in concentrazioni diverse a seconda della composizione geochimica dell'area.
A queste si aggiungono gli ‖input‖ causati dalle attività antropiche nell‘area, generati per la
maggior parte dai fenomeni di deposizione atmosferica, dal dilavamento delle zone limitrofe
urbane, agricole e industriali da parte delle acque meteoriche,e dagli scarichi civili non depurati
ecc..
In particolare la contaminazione da Piombo soprattutto nelle aree umide deriva per la
maggior parte (70- 80%, Scheuhammer e Norris 1995) dall‘attività venatoria che vi si svolge. E‘
noto infatti in letteratura che la caccia agli Anatidi nelle aree umide determina un accumulo di
pallini di piombo sul fondo, i quali possono essere ingeriti da diverse specie di uccelli acquatici:
Saturnismo (Grinell 1894; Bellrose1959; Scheuhammer e Norris 1995).
Come già detto, Procambarus è un crostaceo onnivoro che si nutre di uova di pesci, anfibi,
insetti acquatici e varie specie vegetali presenti (alghe e piante acquatiche); essendo a stretto
contatto con il sedimento e nutrendosi di organismi bentonici è quindi potenzialmente esposto ai
contaminanti legati al particolato; come altre specie di crostacei, anch‘esso è soggetto ad una
introduzione del sedimento durante le fasi di alimentazione..
Per questi motivi è stato, per l‘appunto, definito un buon bio indicatore in quanto l'accumulo
di elementi non essenziali nei suoi tessuti (epatopancreas, branchie, sangue e esoscheletro) in zone
umide contaminate da metalli pesanti, riflette i livelli nel sedimento (Anderson et al, 1997).
Seguendo le opportune metodiche di laboratorio, si riescono difatti a rilevare con estrema precisione
questi elementi i cui livelli (Mercurio, Cadmio e Piombo) determinati nell'epatopancreas, muscolo
ed esoscheletro forniscono utili elementi di diagnostica ambientale:
Da” Livelli di piombo, mercurio e cadmio nell'area umida del parco Migliarino- S.Rossore Massaciuccoli.
2006 N. Bianchi, et All.”.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Esiste quindi un reale problema di possibile non commestibilità legata evidentemente al
luogo dove questi gamberi sono stati pescati, con la conseguente possibilità che le sostanze
assorbite dall‘animale lo contaminino irrimediabilmente; utilizzato anche a scopo alimentare,
questo crostaceo potrebbe risultare un vettore (ad esempio di piombo) anche per l‘uomo.
In assenza di certificazioni sanitarie, quindi, la specie se utilizzata a scopo alimentare,
potrebbe costituire un pericolo per la salute umana, non quanto per i livelli di metallo pesante
accumulato nella parte edibile, ma soprattutto per le elevate concentrazioni presenti nel contenuto
intestinale (spesso difficile da eliminare), derivanti dal sedimento introdotto con alimentazione.
Un ulteriore problema è quello dell‘altrettanto reale possibilità per questi crostacei di
contaminare animali predatori (uomo compreso) con delle tossine.
A tal proposito negli ultimi anni, la crescente eutrofizzazione delle acque dolci ha causato la
formazione di consistenti fioriture di cianobatteri che, in determinate condizioni (pH, temperatura
dell'acqua), possono produrre tossine, che si accumulano nelle acque e nella fauna ittica,
determinando rischi elevati per la salute umana (Carmichael e Falconer 1993; Cox et al,, 2005).
Si tratta di sostanze che vengono accumulate nelle singole alghe, soprattutto nella loro
parete cellulare, e quindi rilasciate poi nelle acque a seguito del loro progressivo invecchiamento o
della loro morte. Queste tossine hanno in genere una funzione allelopatica nei confronti degli altri
organismi vegetali inibendone la crescita.
Attualmente, in Italia, 7 regioni su 20 sono interessare dal problema delle fioriture e l'elenco
stilato dal Ministero della Salute (1997) – pur datato - comprende 60 specie di alghe tossiche;
alcune di queste, però, rilasciano sostanze il cui effetto tossico può colpire anche organismi animali,
dai piccoli invertebrati acquatici, ai pesci, agli uccelli interessando anche l‘uomo.
E‘ questo il caso della Microcystis aeruginosa ed i connessi problemi che può causare.
La sua fioritura si manifesta solitamente a partire dalla seconda metà della primavera, per
tutta l‘estate e l‘autunno ma si sono registrati anche casi di fioriture invernali. Le tossine prodotte,
dette microcistine, hanno un effetto epatotossico su mammiferi, uccelli e pesci, ed effetti negativi
anche sull‘uomo.
A tal proposito una nota del Ministero della Sanità, la numero IX.400.4/13.1/3/1447 del 31
luglio 1998, indica le specie algali in oggetto come le responsabili nell‘uomo sia di intossicazioni
acute e croniche a carico del fegato per ingestione di tossine, che di dermatosi e polmoniti
allergiche per semplice contatto ed inalazione.
La stessa nota consiglia una soglia di 5.000 cellule/ml per interdire totalmente la
balneazione in acque dove siano presenti fioriture algali da Cianoficee in atto: oltre questo livello si
configura un rischio non accettabile.
Un fattore aggiuntivo di rischio è poi legato al fenomeno del bioaccumulo: da recenti studi si
è verificato che molte specie ittiche tendono ad accumulare la microcistina nei propri tessuti ed in
particolare nel fegato con ovvi pericoli per il consumatore (Ade e Funari I999).
Per questo motivo il consumo di pesci o crostacei può essere potenzialmente pericoloso
anche fuori dai periodi di fioritura algale producendo, se contaminati, danni cellulari accumulabili
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nel tempo; l‘organo bersaglio è il fegato ma la tossina sembra esercitare anche un'attività di
promotore tumorale (Ade e Funari I999).
A parità di peso, le microcistine sono 20 volte più potenti dell'acido cianidrico e della
stricnina (Bruno et al.,2004). Dal momento che non esistono antidoti per le tossine prodotte dai
cianobatteri (Morari 1999), risulta pertanto essenziale garantire e la sicurezza sanitaria del prodotto
pescato e commercializzato in aree con presenza di tale fenomeno algale.
E‘ quello che è accaduto qualche tempo fa nel lago di Massaciuccoli dove, proprio durante il
periodo estivo quando l'attività di pesca è più produttiva, nell'intero bacino sono stare messe in atto
misure cautelative di divieto di pesca a causa delle consistenti fioriture di M. aeruginosa (Simoni et
al., 2004). Sebbene non fossero stare osservate morie di pesci e di gamberi attribuibili a tali
―esplosioni algali‖(Simoni et al.,2004), le concentrazioni di microcistina rinvenute sono risultate
superiori al limite raccomandato dalla WHO, inducendo i Comuni del comprensorio a emanare nel
2002 e nel 2003, il divieto di pesca di entrambe le specie a Massaciuccoli (Simoni et al.,2004).
Alcuni recenti studi sull‘argomento, hanno
evidenziato la presenza della tossina in
organi/tessuti di questa specie, anche se in
concentrazioni basse (valori medi compresi
tra 0.45 ng/g nell'intestino e 0.06 ng/g nel
muscolo addominale).
Concentrazione (mediana e interquartili) di microcistina nei tessuti/organi analizzati. Le lettere
sopra le barre indicano la gerarchia dopo il Multiple Comparison Test (Simoni et al.,2004).
Da analisi effettuate su campioni dell'ittiofauna prelevati durante detto fenomeno, è risultato
che le maggiori concentrazioni di microcistina erano presenti, oltre che nel fegato dei Muggini,
nella parte anteriore (cefalotorace) di P. clarkii (Simoni et al.,2004). con concentrazioni medie di
218.9 µg/kg e le massime di 1092µg/kg.
Studi sull‘argomento hanno inoltre evidenziato e dimostrato che lo stesso P. clarkii, come altre
specie, può accumulare microcistina senza tuttavia manifestare cambiamenti nel comportamento o
nella vitalità (Liras et al.,1998; Vasconcel et al, 2001); la causa di questo accumulo è il regime
alimentare di questa specie: nelle acque basse infatti, il gambero è capace di nutrirsi attivamente del
microfilm e quindi dei cianobatteri che lo costituiscono (Gherardi e Lazzara 2006).
Non è stata osservata alcuna differenza tra sessi (intestino: U:6. 5, P:0.7 6; stomaco: IJ: 36, P :0.61;
addome: U= 11, P:0.81), tranne nel caso dell'epatopancreas, il cui contenuto di microcistina era più
elevato nelle femmine.
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confronto della concentrazione (mediana e interquarti) di microcistina significative tra sessi: I'asterisco
sopra le barre indica differenze.
Per quanto riguarda le classi di taglia, nel medesimo studio gli individui più piccoli
presentavano una concentrazione di microcistina maggiore rispetto agli individui di maggiori
dimensioni (intestino: U:0.00, p:0.04; epatopancreas: TJ :L7.j,P:0.03; stomaco: U:0.00, p<0.0001;
addome:U=0.00, p:0.02) in tutti gli organi/tessuti considerati:
confronto della concentrazione (mediana interquartili) di microcistina tra classi di taglia: gli asterischi sopra
le colonne indicano differenze significative.
Un dato rassicurante è comunque che nella parte edule del gambero, la tossina è stata
riscontrata in quantità minimali anche se l‘intestino, l‘organo che risulta il maggior accumulatore,
spesso viene ingerito dal consumatore assieme all‘addome, tuttavia, l'asportazione del telson del
gambero ne comporta la rimozione, escludendolo quindi dal consumo (Vasconcelos et al., 2001).
Le analisi hanno poi evidenziato un altro interessante dato, ovvero che la microcistina si
accumula in concentrazioni maggiori negli animali di piccola taglia rispetto ai grandi; tale risultato
può essere messo in relazione con la differente dieta dei piccoli: in media, il regime alimentare dei
gamberi di età inferiore a un anno contiene il 65% di sostanze di origine animale (che può essere
soggetto a intossicazione) (Arrignon 1996); probabilmente il fatto di ingerire un maggior
quantitativo di materia animare aumenta la possibilità ai bioaccumulo della tossina.
Gli animali di piccola taglia non sono comunque commercializzati e non dovrebbero
rappresentare un pericolo per il consumatore.
La differenza tra i sessi invece, soprattutto evidente nell'epatopancreas, può dipendere dal
periodo in cui è stata effettuata la pesca degli esemplari analizzati. A ottobre, infatti, le femmine
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intensificano la loro attività di alimentazione dopo il lungo periodo di digiuno durante la gestazione
dei piccoli nelle tane (Huner1988).
In definitiva, dal momento che la maggior parte della tossina viene accumulata nell'intestino
e nell'epatopancreas, si può escludere l'esistenza di rischi significativi per la salute umana, qualora
queste parti siano rimosse prima del consumo.
Permane comunque il rischio di trasferimento e di magnificazione della tossina lungo la
catena alimentare.
Metodi chimici atti al contenimento e all‘eradicazione del P. clarkii
Circa i metodi impiegati e testati per debellare e/o contenere le popolazioni di P. clarkii, in
letteratura vengono citati numerosi lavori sull‘argomento. La revue che segue fa riferimento
specificatamente ai crostacei acquidulcicoli.
Sviluppo e uso degli insetticidi dell'organocloro e dell'organofosfato (Matsumura
1985; Pedigo 1989).
Alcuni studi hanno indicato gli insetticidi dell'organofosfato quali il Fenthion ed il Parathion
metilico per essere altamente tossici nei confronti dei gamberi (Muncy ed Oliver 1963; Grigarick e
Lange 1965).
Uno dei primi studi sui pesticidi al fine dell'eliminazione dei gamberi data il 1967 quando due
ricercatori: Chang e Lange, hanno testato vari insetticidi atti a controllare il clarkii nelle risaie della
California.
L'uso indiscriminato degli insetticidi contro il clarkii soprattutto condotti in Spagna, tuttavia, ha
dimostrato la scomparsa di altra fauna, particolarmente gli uccelli (Mackenzie 1986).
l'Endrina, il Malathion (organofosfato) e il Propanil (ammide) sono risultati come tossici nei
confronti di questa specie invasiva Huner (1988).
Tra gli altri studi sperimentati negli Stati Uniti che coinvolgono il clarkii, meritano una menzione
quelli di Brown e di Avault (1975) di Ekanem (1979.1980) ed altri (1983) e di Gaude (1987) sul
Antimycin e su altri sugli effetti degli antiparassitari del riso su questo animale e sugli effetti termici
della tossicità dell'antiparassitario, Hyde ed altri (1975), nonché sull'effetto di un‘esca Mireximpregnata da ―offrire all‘animale; Eversole (1995) ed Eversole e Sellers (1997) hanno inoltre
testato ed elencato 97 residui chimici ed i loro rispettivi valori collegati di DLC50 per i Cambaridi.
Di questi prodotti chimici, il Hexachloroethano (un insetticida dell'organofosfato) ed il
Metossicloro (un insetticida a base d'organocloro) sono stati elencati come estremamente tossici
sugli astaci e sui cambaridi con 96 livelli di LC50 tra 1e10 μg/l.
Fra gli insetticidi, l'Organofosfato ed i residui a base d'organocloro sono risultati essere 17 volte più
tossici dei carbammati (una vasta gamma di insetticidi derivati da acido carbammico ( Pedigo
1989).
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Lo scopo di questi esperimenti era di valutare gli effetti degli antiparassitari agricoli sui
Procambarus; non vengono però riportate notizie sul loro effetto su altri organismi, anche se sono
probabili essere ugualmente efficaci sulla maggior parte degli altri artropodi.
A tal proposito Laurent (1995) ha provato i vari insetticidi dell'organofosfato sull‘ Orconectes
limosus dal lago Ginevra in Francia ed ha concluso che Baytex il PM 40 (Fenthion dell'ingrediente
attivo) era efficace già a bassi dosaggi che, a loro volta si sono dimostrati di bassa tossicità (e quindi
non letali) verso le specie Procambarus. Lo stesso Autore ha inoltre appurato che la tossicità
dell'insetticida rimaneva attiva per parecchie settimane nel sito trattato. Questo prodotto ( Baytex®)
atomizzato sulla superficie degli stagni era ugualmente efficace ai livelli bassi quanto 60 μg/l
(mortalità totale dei gamberi in 87 ore). Nel corso delle prove si è inoltre visto che i pesci, le rane ed
i mammiferi non sono sembrati essere stati influenzati dal principio attivo, ma gli insetti ed altri
crostacei sono stati uccisi con l'eccezione di qualche specie di Copepode, anche se molte specie di
Rotiferi sono sopravvissuti; verso i Molluschi le concentrazioni sperimentate pare che non abbiano
avuto effetti deleteri.
Sempre Laurent (1995) ha suggerito che il periodo necessario a provocare la mortalità totale dei
gamberi limitasse l'uso di Baytex® come astacicide in acque stagnanti, in quanto richiedeva
comunque parecchie ore per portare a morte i crostacei e, quindi, rischiava di compromettere (per la
loro lunga esposizione al principio attivo) anche le popolazioni ittiche. Sempre nel corso di questo
test, è stato infine dimostrato che il residuo di Fenthion provocava fenomeni di biomagnificazione e,
quindi, il suo impiego è stato saggiamente accantonato.
Fasi di trattamento contro il P. clarkii di uno stagno della Francia con l‘impiego di biocidi
In Francia, altri tentativi tesi ad eliminare una popolazione del P.clarkii transfaunata da uno
stagno hanno visto l‘impiego di un altro insetticida organofosfato: il Dipterex® (Roqueplo ed altri
1995). Tuttavia, questi gli esperimenti si sono limitati a semplici prove di laboratorio, dimostrando
che un'esposizione a minime dosi di Dipterex® sembra essere sufficiente ad uccidere la maggior
parte dei crostacei in poco tempo: esporre i giovani a 5 g/l per 30 minuti era sufficiente ad uccidere
il 50% dopo 20.5 ore; a 25 g/l, l'esposizione degli adulti per 30 minuti ha provocato la mortalità del
100% dopo 27 ore. Anche l'esposizione per 1 minuto a 25 g/l ha provocato la mortalità del 33%
degli animali dopo 60 ore. Nel corso delle prove in vitro è stato inoltre accertato che gli effetti del
prodotto su questi animali erano strettamente correlati alla temperatura dell‘acqua accelerandone
l‘effetto tempo di reazione all‘aumento di questo parametro.
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Malgrado l‘apparente efficacia del Dipterex®, gli Autori mettono comunque in guardia contro il
suo impiego poiché la molecola attiva persiste nell'ambiente ed uccide anche altri Artropodi.
Presumibilmente, come accade per il Mirex®, altro principio sperimentato, anche il Dipterex® può
bioaccumulare e biomagnificare attraverso il ciclo alimentare.
Fornstrom ed altri (1997) ha accertato che durante gli eventi della pioggia, gli antiparassitari
possono essere trasferiti negli ecosistemi acquatici attraverso i normali scoli agricoli.
Il Terebufol, un insetticida dell'organofosfato usato per controllare un parassita dei cereali, ha
causato un comportamento aberrante in P. clarkii già a concentrazioni 1000 volte inferiori a quelle
misurate nei ruscellamenti di campi coltivati vicino a corpi idrici.
Altri AA: Jarboe e Romaire (1991), Jarboe e Romaire (1995) nell‘intenzione di mettere a punto un
adeguata lotta verso il Procambarus, hanno testato ulteriori prodotti quali, ad esempio, il
Permethrin trovando che la DL50 variava fra 0.44 e 0.81 μg/l secondo la taglia degli animali,
osservando che gli individui più piccoli risultavano meno tolleranti, stabilendo che le
concentrazioni sufficienti a provocare effetti acutamente tossici sui gamberi variavano, a seconda
delle condizioni ambientali da 1.0 a 3.0 μg/l.
Nella spasmodica ricerca di una soluzione al problema dell‘invasione del Procambarus, l‘attenzione
del mondo scientifico si è rivolta anche agli agenti tensioattivi.
A questo proposito i vari scienziati stanno tuttora lavorando per mettere a punto
metodologie di lotta più rispettose dell'ambiente (Fonseca ed altri 1997) come, ad esempio, gli
agenti tensioattivi biodegradabili quali mezzo più ecologico. Gli agenti tensioattivi sono usati
normalmente per migliorare l'emulsione, la bagnatura e le proprietà di diffusione degli
antiparassitari (Pedigo 1989). Si è visto che un certo numero di agenti tensioattivi inibiscono il
consumo dell'ossigeno dai gamberi (Fonseca ed altri 1997) attraverso i cambiamenti morfologici e
fisiologici alla superficie delle branchie, provocando una marcata diminuzione (morte) dei soggetti
interessati dal prodotto; per contro, gli stessi animali si recuperano rapidamente da questo
trattamento.
In uno studio similare, Cabral ed altri (1997) hanno testato gli stessi agenti tensioattivi su tre
animali non-obiettivo: la Gambusia, la Physa (mollusco) e la Dafnia (cladocero) per valutare il
rischio, se applicato alle acque con presenza di clarkii; i risultati hanno portato a sconsigliare tale
metodo per la sua tossicità nei confronti della restante popolazione animale del sito acquatico; gli
Autori hanno quindi suggerito tale metodo solo nelle risaie con ―povertà‖ di fauna ittica,
Tossici non specifici
L'obiettivo di tutto il trattamento chimico è di realizzare la mortalità del 100% di questa
fauna alloctona: P. clarkii, evitando o minimizzando gli effetti sulle specie non-obiettivo.
Nel 2000, Stephanie Peay e Peter il D. Hiley hanno iniziato un progetto multi fase per dimostrare
che il 100% dei crostacei che abitano in uno stagno di limitate dimensioni può essere ucciso
economicamente in 48 ore.
Lo studio è stato suddiviso in tre fasi: una prova di laboratorio, una prova preliminare nel campo ed
un trattamento completo in un piccolo bacino idrico dell'azienda agricola. Nella fase uno, iniziata
nel 2001 sono state condotte prove nel laboratorio di Hiley e di Peay di avvelenamento con i
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prodotti chimici comuni che potevano essere degradati velocemente in almeno un'ora o due
dall'applicazione.
I test si sono concentrati sul Cloro (Ipoclorito di Sodio) a pH elevato (Idrossido di Sodio) e a pH
basso (acido Cloridrico), l‘allume di Potassa, l‘idrossido di Sodio del Solfato dell'Ammonio, la
Papaina (un enzima inteneritore della carne), la deossigenazione con la sospensione nel terreno di
Saccarosio, la deossigenazione con il Solfito di Sodio, ed il Permethrin.
Alcuni di questi inoltre sono stati testati in varie combinazioni; dette sostanze sono state
selezionate sulla base di altri lavori pubblicati da Rogers ed altri (1998) e sull'esperienza personale
in Pete Hiley (consulenti in materia delle risorse dello Scott Wilson). La metodologia impiegata da
Peay e da Hiley (2001) era ad in primo luogo mirata all‘impiego di un adiuvante in grado di
provocare una rapida fuga dei gamberi dai loro rifugi e quindi all‘uso successivo di un tossico per
ucciderli e, per ultimo, di un prodotto in grado di neutralizzare o denaturare il tossico stesso. I
risultati per ogni prodotto chimico saggiato hanno accertato che il Cloro (a concentrazioni di 10 e
100 mg/l) era in grado di uccidere gli animali esposti alla sostanza per 1 ora, in 24 ore.
La declorazione successiva è stata effettuata usando una soluzione saturata del Tiosolfato di Sodio.
Poiché il Cloro è inattivato dai sedimenti organici, gli Autori suggeriscono il Cloro soltanto in
acque pulite, con poca o nessuna materia organica.
Anche l‘impiego dell'Idrossido di Sodio per elevare il pH dell'acqua a 12 è risultato positivo,
conducendo a morte gli animali dopo un ora di esposizione. L'acqua è stata successivamente
neutralizzata usando l'acido minerale. Poiché l'aerazione dell'acqua a pH elevato contribuisce a
generare spuma, gli Autori suggeriscono in questo caso, la neutralizzazione prima dell‘ aerazione
finale.
Per quanto riguarda l‘Ammoniaca si è visto che non era efficace ad un pH neutro; al
contrario una concentrazione di 100 mg/l (dall'aggiunta del Solfato dell'Ammonio) a pH 9
(aggiunta seguente dell'Idrossido di Sodio) ha provocato l'uccisione, dopo un'esposizione di 1 ora,
del 100% dei crostacei in 24 ore. L'aggiunta di acido minerale per ridurre il pH a valori prossimi
alla neutralità ne riduce immediatamente la tossicità.
Un altro metodo sperimentato è stato quello della deossigenazione; concentrazioni maggiori
a 500 mg/l del Solfito di Sodio hanno prodotto valide risposte del comportamento dei gamberi P.
clarkii in 15 minuti dell'esposizione (affannoso tentativo di uscire dall‘acqua). Con la loro totale
morte in 12-24 ore.
Altri prodotti chimici come l‘Allume di Potassa a basso pH e la Papaina/sale sono invece risultati
inefficaci.
Sulla base dei risultati di queste prove gli Autori hanno identificato quattro metodi possibili, di cui
ciascuno potrebbero essere usato da sé per uccidere i Procambarus:
(1) pH 12 o più alto (Idrossido di Sodio);
(2) 10-100 mg/l del Cloro (candeggiante dell'ipoclorito di Sodio);
(3) un Permethrin di 10 μg/l;
e (4) ossigeno zero, dal Solfito di Sodio o dall'aggiunta organica (Saccarosio).
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Tuttavia, usando una combinazione di questi metodi si raggiungono i risultati migliori.
Peay e Hiley (2001) suggeriscono la seguente procedura: (1) stimolare i gamberi a muoversi
dall‘acqua e dalle tane tramite la deossigenazione con il solfito di sodio; (2) aggiungere una miscela
del solfato e della sostanza caustica dell'ammonio per fornire l'ammoniaca organizzata in situazioni
di pH elevato; (3) procedere con 1-24 ore di esposizione, rimuovere tutti gli animali che si
arrampicano fuori dall‘acqua; (4) neutralizzare il pH e l'ammoniaca tramite l'aggiunta di acido
minerale.
Durante la fase due, prove in loco preliminari effettuate nell'agosto 2003 hanno testato un
corpo idrico simile a quelle nel bacino idrico dell'azienda agricola, dove è stato provato l'uso dei
pesticidi selezionati al concentrazioni ed a combinazioni differenti. Successivamente si è cercato di
dimostrare le finalità della fase ovvero che l'estirpazione di questi animali potrebbe essere realizzata
tramite un processo ―..dell'aggiunta e della disintossicazione chimiche..‖, economicamente
conveniente, senza alcun'apparecchiatura specializzata e, soprattutto, senza causare alcun danno
ambientale al di fuori della zona di obiettivo. I trattamenti successivi hanno incluso la
deossigenazione che, usando il Solfito di Sodio, ha saturato la soluzione, l‘ammoniaca a pH
elevato,il Cloro a pH elevato ed il Piretro naturale (asperso dentro e fuori l‘acqua).
Gli Autori nel successivo lavoro hanno discusso sull‘utilizzo dei metodi atti ad impedire ai
crostacei di fuoriuscire dalla zona di trattamento, tracciando pure l'analisi dei costi di ogni
trattamento.
L‘impiego della Deossigenazione
il prodotto chimico primario usato per realizzare la deossigenazione era Solfito di Sodio in
soluzione acquosa, sempre a livello probatorio è stata anche testata una sospensione di letame di
bovino. Poiché il Solfito di Sodio denatura nella reazione con l‘Ossigeno, si è accertato che
l'aerazione può essere usata per ristabilire una zona trattata ad una condizione ossigenata.
La deossigenazione da sola è risultata efficace soltanto quando l'Ossigeno disciolto viene
ridotto a 0.5% , ed viene mantenuto a quel livello per un periodo prolungato; difatti anche dopo
quattro ore in queste situazione ambientale, ci si è accorti che gli animali potevano recuperare tutte
le loro funzioni biologiche una volta disposti in un ambiente meglio ossigenato.
Gli Autori suggeriscono quindi che per ottenere una mortalità del 100%, bisognava
provocare una deossigenazione completa del sito per un periodo di almeno20 ore.
In risposta alla deossigenazione, i gamberi hanno tentato di fuoriuscire respirando alla
superficie od arrampicandosi completamente sulle rive del bacino. In alcuni casi, i gamberi
impossibilitati a fuoriuscire, si sono posti galleggiando ventre all‘aria in superficie riuscendo così a
respirare.
Queste inaspettate reazioni confermano le osservazioni fatte dagli Autori su un certo
numero di esemplari che si arrampicavano dai fiumi durante episodi di inquinamento o nel corso di
inondazioni (Hiley e Peay 2003).
Questo studio ha quindi confermato l'efficacia della deossigenazione nell'ottenere una fuoriuscita
dalla tana dei gamberi ed una loro esasperata attività. Per le applicazioni di campo dove ci sono
parecchie tane di Procambarus, gli Autori suggeriscono un periodo di trattamento fino a 4 ore fra
l'inizio della deossigenazione e l'applicazione del tossico (Hiley e Peay 2003).
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Tra le varie prove sperimentali si sono inoltre osservati gli effetti del nitrato di ammonio (in
soluzione) impiegato usato per fornire l'ammoniaca associata, congiuntamente all'idrossido di sodio
(in soluzione) per aumentare il pH.
L'ammoniaca o può essere lasciata in sito e si degrada da sé, o il processo può essere accelerato con
aerazione. A pH elevato l'idrossido di sodio può essere denaturato anche con acido solforico. Le
concentrazioni nell'ammoniaca di 20 mg/l o più a pH 9.5 comportano una elevata mortalità anche
del 100% degli animali (Hiley e Peay 2003). Tenendo conto della variabilità degli stati ambientali,
gli Autori suggeriscono 30 mg/l a pH 10-12 per ottenere la mortalità del 100%. In situazioni dove è
difficile da realizzare un livello di pH di 9.5 o maggior, questo problema può essere superato
usando le concentrazioni molto più alte di ammoniaca.
Questo studio ha trovato che per essere efficace il trattamento di ammoniaca il pH deve essere di
almeno 9.5; evidenziando gli effetti tossici più veloci a valori di pH 11 (Hiley e Peay 2003).
Gli Autori riportano inoltre che le prove di questa sperimentazione sono state effettuate in
condizioni ambientali calde, con la temperatura dell'acqua di 22-30°C. Al contrario, in situazioni
più fredde, la dissociazione dell‘ ammoniaca appare molto più lenta.
Cloro
Il candeggiante domestico (Ipoclorito di Sodio al 5%), senza detersivo o altri additivi, è stato usato
come la fonte per cloro. Il solfito di sodio può essere usato per denaturare il cloro, come pure
tramite semplice aerazione si poteva rimuovere velocemente il cloro disponibile.
Si è accertato che il sempre cloro risulta efficace a concentrazioni maggiori di 15 mg/l se impiegato
in modo costante. La sostenibilità di cloro disponibile inoltre, è risultata essere un ostacolo
importante per la buona riuscita del trattamento (Hiley e Peay 2003).
Particolare attenzione deve essere posta all'efficacia del cloro, che viene inattivata dai sedimenti
organici, ed è notevolmente ridotta in acque che contengono torba, o in stagni con
un'accumulazione spessa di limo organico. In quest‘ultimo caso, gli Autori avvertono che vi è un
reale rischio che gli animali in tana non vengano esposti adeguatamente al tossico.
I Procambarus esposti a pH 10.5-11.0 per un periodo di tre ore non hanno sofferto effetti tossici
apparenti. Anche in presenza di dosi basse di ammoniaca, potevano sopravvivere ai livelli di pH di
11.5-12.0 (Hiley e Peay 2003).
Piretro naturale
Pyblast (Agropharm srl), un piretro naturale, è stato usato come tossico dentro e fuori dell'acqua.
Pyblast è una formulazione di 3.0% piretrine (30 mg/l) (piretro naturale). Questa formulazione è
utilizzata come insetticida nelle zone di immagazzinaggio dell'alimento e di trasformazione dei
prodotti alimentari ed inoltre è approvata per uso esterno, quale controllo degli insetti nei luoghi di
eliminazione dei rifiuti (Hiley e Peay 2003).
La degradazione del piretro naturale avviene in 48 ore dell'applicazione, più velocemente al sole.
Nell'acqua, la piretrina naturale è risultata essere estremamente efficace contro i gamberi, con un
tempo richiesto per ottenere una mortalità del 100%, che diminuisce sostanzialmente mentre la
concentrazione nel piretro è aumentato.
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Per l'acqua dello stagno testato in questo studio, le concentrazioni del piretro di 0.05 mg/l hanno
provocato la mortalità totale in solo 4 ore, mentre una concentrazione di 0.10 ha fornito gli stessi
risultati in metà di tempo.
Pyblast inoltre, è risultato essere un efficace tossico se asperso direttamente sugli animali o
impiegato per trattare preventivamente la terra prima del suo contatto con i gamberi.
Spruzzato direttamente sugli animali, Pyblast ha provocato la mortalità del 100%dei crostacei entro
dieci minuti.
Per le prove al suolo, una singola applicazione di Pyblast è stato utilizzata, applicandola con un
nebulizzatore manuale; tutti i Procambarus venuti a contatto con la striscia di terra trattata sono
morti in 1 ora. Gli Autori hanno inoltre evidenziato che Pyblast degrada velocemente sulla terra
trattata.
A fronte di un simile intervento, gli stessi ricercatori avvertono però di predisporre ogni misura tale
da impedire agli animali di fuoriuscire durante il trattamento; ciò perché intuitivamente gli animali
in presenza di condizioni ambientali sfavorevoli, tenteranno con ogni mezzo di fuoriuscire
dall‘acqua. È quindi estremamente importante approntare le misure preventive per impedire la loro
fuga durante tutto il tentativo di eliminare l‘intera popolazione.
Questi gamberi a volte lasciano l'acqua durante la notte sia per alimentarsi sul terreno, sia per
compiere migrazioni (Peay e Hiley 2001). I fuggiaschi pongono due problemi gravi: (1) se
fuoriescono dall'acqua prima o subito dopo il trattamento, sopravvivono, e successivamente
potrebbero nuovamente ritornarci non appena le circostanze migliorano, (2) se gli animali scappati
dal loro ambiente abituale non sono controllati, un tentativo di eradicazione potrebbe stimolare il
loro movimento terrestre conducendoli in altri siti acquatici limitrofi non ancora trattati.
Questo studio ha dimostrato che, lo spruzzare i margini di un canale o di uno stagno con il piretro,
risulta un efficace metodo per impedire ai gamberi di fuoriuscire dalla zona obiettivo
dell‘eradicazione. Gli Autori suggeriscono anche il modo più semplice per fare tale operazione,
ovvero uno spruzzatore a spalla, regolato in modo da generare una pellicola virtualmente completa
del tossico su tutte le superfici.
Per la spruzzatura di superficie, la raccomandazione dei fornitori è per un litro nella diluzione 10 di
Pyblast da applicarsi ad una concentrazione di 0.5 l di prodotto per 100 m2.
I risultati da questo studio indicano infine che, affinché il piretro sia efficace, bisogna
preventivamente inumidire la terra. Di conseguenza, le applicazioni ripetute sono necessarie fino a
che non sia evidente che tutti i gamberi siano stati uccisi. Oltre che l'azione diretta dello spruzzo del
piretro, anche le barriere fisiche che circondano la zona dell‘ obiettivo dovrebbero essere usate.
Hiley e Peay (2003) suggeriscono la recinzione provvisoria. I metodi descritti precedentemente da
Hiley e da Peay (2003) usano materiali facilmente reperibili ed impiegabili prontamente. E‘
comunque importante la velocità del trattamento.
Morrison (1988) ha esaminato anche l'effetto del Rotenone sui vertebrati concludendo che tale
prodotto ha una bassa tossicità nei confronti degli uccelli e dei mammiferi, mentre risulta tossico
per gli anfibi anche a dosi basse. Gli studi in Svezia hanno indicato che l'efficienza di Rotenone è
più alta in acque con una temperatura bassa ed una vegetazione acquatica sparsa (Almquist 1959;
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Osservazione personale del R. Gydemo). Marking e Bills (1976), tuttavia, ha accertato che la
relativa tossicità verso pesci risulta ridotta in acqua fredda. È stato inoltre visto che il limo e la
materia organica assorba il rotenone, riducendo così la relativa concentrazione (Lindgren 1960).
Leonard (1939) ha visto che in simili condizioni ambientali il rotenone perde velocemente la sua
tossicità. Il rotenone si degrada velocemente (alcuni giorni) anche in presenza di luce solare, ma
Bills e Marking (1988) citano un lavoro non pubblicato che suggerisce che i residui del rotenone
possano persistere per oltre 40 giorni in acqua fredda, mentre in acqua calda (24°C) soltanto cinque
giorni. Gli stessi ricercatori hanno inoltre trovato che, anche se Noxfish (rotenone al 5%) nelle
prove di laboratorio risultava tossico ad una bassa concentrazione (30 μg/l), il fornitore suggerisce
di usare concentrazioni ben più elevate 5 mg/l per i trattamenti sul terreno, attribuendo a questo
errato utilizzo la relativa tossicità nell'ambiente naturale.
Gli effetti del rotenone sugli invertebrati acquatici sono stati variamente segnalati da numerosi
ricercatori del settore. Gli invertebrati possono essere influenzati da rotenone in acqua libera
(Almquist 1959; Anderson 1970) al contrario degli invertebrati bentonici che sembrano essere
parzialmente protetti (Lindgren 1960). Almquist (1959), in una revisione dell'effetto di rotenone
sugli organismi fonte di alimento dei pesci in Svezia, ha rinvenuto che la maggior parte degli
invertebrati, compresi i crostacei planctonici, venivano uccisi da una concentrazione di 0.5-0.6
mg/l. Amey (1981) non ha trovato mortalità di invertebrati ad esposizioni di 2-4 mg/l del rotenone
(0.5 mg/l sono mortali a molte specie dei pesci). Pochi studi hanno osservato gli effetti di rotenone
sui crostacei bentonici. Tuttavia, Lindgren (1960) ha trovato che il pulex di Gammarus in gabbie
sperimentali in un lago non è stato influenzato dal rotenone per esposizione a 1-2 mg/l per 40 ore
ed Engstrom-Heg (1987) ha indicato che il gambero ed il granchio d‘acqua dolce erano tolleranti a
dosi rispettivamente di 1.8 e 4.0 mg/l di rotenone.
Poiché i gamberi sono anche bentonici, per ucciderli possono essere richieste alte concentrazioni,
provocando effetti deleteri sugli altri invertebrati.
Leonard (1939) ha indicato che il Propinquus del Cambarus ed un certo numero di altri invertebrati
d'acqua dolce potrebbero sopravvivere all'esposizione a 1 mg/l del rotenone per 96 ore.
Hamilton (1941) ha trovato i Cambaridi possono essere molto più tolleranti al rotenone che altri
crostacei d'acqua dolce.
Berzins (1962) ha effettuato una serie di esperimenti su Astacus ed ha concluso che una dose
normale, (0.7 mg/l), non risulta tossica per questa famiglia di Astacidi.
Bills e Marking (1988) hanno trovato che 10 mg/l Noxfish® (un prodotto rotenone-basato) a 12°C,
hanno ucciso il 100% di O.rusticus entro 96 ore.
Morrison (1988) fornisce i protocolli per l'applicazione del rotenone alle acque correnti a lento
deflusso tuttavia, avverte che è difficile da prevedere precisamente che cosa saranno gli effetti del
trattamento del rotenone. Come indicato sopra, le opinioni differiscono sull'effetto della
temperatura. Affinchè il rotenone sia efficace, è essenziale che la materia vegetale non sia
abbondante (Holdich ed altri 1999b).
Feromoni
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Il termine ' pheromone' è stato coniato in 1959 da Karlson e da Lüscher per descrivere i segnali
chimici trasmessi fra i membri della stessa specie (Agosta 1992). I metodi di controllo ideali hanno
un effetto massimo sulla specie obiettivo con un effetto minimo sulla specie indigena.
Con gli sviluppi recenti nel campo dell'ecologia chimica acquatica, l'applicazione potenziale dei
feromoni come metodo di controllo dei parassiti acquatici sta trasformandosi in una realtà (Stebbing
ed altri 2003).
I crostacei usano una gamma dei prodotti chimici: i feromoni, veicolati dall'acqua per molte forme
di comunicazione, specialmente durante il periodo degli accoppiamenti, l'aggregazione e altre
circostanze (Ameyaw-Akumfi e Hazlett 1975; Itagaki e Thorp 1981; Hazlett 1985; Rosa 1986;
Dunham 1988; Bechler 1995).
Recentemente, parecchie specie di crostacei d‘acqua dolce sono state indicate per utilizzare un
certo numero di feromoni in una vasta gamma delle attività, quali interazione aggressiva, il
riconoscimento inter- ed intra-species, scelta del riparo e l'evitare un predatore (Chivers ed altri
1998; Zulandt Schneider e Moore 2000; Hazlett 2000; Bouwma e Hazlett 2001; Nisikawa ed altri
2001; Breithaupt e Eger 2002; Gherardi 2002).
I gamberi di sesso maschile tendono ad essere molto attivi durante la stagione degli accoppiamenti,
ed impiegano proprio i feromoni per individuare le femmine.
Tuttavia, le prove tese a dimostrare la presenza di tali prodotti chimici su questi animali è
contraddittoria trovando riscontro solo in qualche specie ma non in altre (Dunham 1988, Bechler
1995).
In definiti casi, si è visto che i giovani staccatisi recentemente dalla femmina comunicano con le
loro madri con specifici feromoni usati per impedire di essere cannibalizzati dalla stessa madre.
(Piccolo 1975, 1976). Comunque né la fonte né la natura chimica di tali feromoni nei gamberi è
stata caratterizzata (Bechler 1995).
Tuttavia, il lavoro con gli anellidi ed i granchi ha indicato che questo è possibile (Zeek ed altri
1988, 1998, comunicazione personale di J.D. Hardege); se un feromone dell‘accoppiamento potesse
essere isolato e sintetizzato dai gamberi, potrebbe essere utilizzato come un attrattivo estremamente
efficace. Con un tal metodo, molti maschi potrebbero essere rimossi dalla popolazione all'inizio
della stagione di accoppiamento, in questo caso con ovvi benefici (Holdich ed altri 1999b).
Stebbing ed altri (2003) ha eseguito degli esperimenti sull'uso dei feromoni come metodo del
segnale di controllo dei crostacei d‘acqua dolce. Questa ricerca ha messo a fuoco quattro categorie
di feromoni: feromoni del sesso, di sforzo, dell'allarme e di fuga. Il feromone del sesso esaminato è
un prodotto chimico femmina-liberato che attrae e stimola il comportamento e l‘accoppiamento in
maschi durante la stagione di allevamento (Ameyaw-Akumfi e Hazlett 1975; Cowan 1991; Gleeson
1991; Bamber e Naylor 1997; Jones e Hartnoll 1997; L'Asia ed altri 2000; Kamio ed altri 2002;
Stebbing ed altri 2003). I feromoni di sforzo, dell'allarme e di fuga sono invece tutti repellenti,
secreti in casi estremi che stimolano per l‘appunto una risposta di fuga; la differenza fra le
categorie è la loro fonte di rilascio. I feromoni di sforzo sono liberati dal conspecifics positivo; i
feromoni dell'allarme sono liberati da un conspecific nocivo; mentre i feromoni di fuga sono liberati
direttamente da uno stimolo repellente, come ad esempio un pesce predatore (Zulandt Schneider e
Moore 2000).
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Alcuni ricercatori svedesi hanno testato feromoni da impiegare come valida trappola per la cattura
dei gamberi. Tutti i feromoni provati erano campioni liofilizzati, disposti in una scatola ad
emissione lenta del gel. Le trappole sono state adescate con l'uno o l'altro: acqua del feromone del
sesso (a), (b) sforzo o feromoni dell'allarme con un attractant (esca dell'alimento) che ha permesso
la prova delle cose repellenti contro un attractant conosciuto e misurato, (c) alimento e (d) una
tabella in bianco del gel (come controllo per i feromoni e le cose repellenti del sesso). I risultati
hanno indicato che il feromone del sesso ha adescato i maschi sensibilmente più delle femmine, con
una media di maschi (10.25%) contro uno 0.167% di femmine. Non ci erano differenze
significative, tuttavia, nel numero dei maschi nelle trappole del feromone del sesso una volta
confrontati allo sforzo, all'allarme o alle trappola adescate solo con alimento. Nessuna differenza
significativa è stata notata nel numero dei maschi confrontati alle femmine per lo sforzo o l'allarme.
Non ci era inoltre differenze significative nel numero totale di animali trovati in l'uno o l'altro dei
trattamenti (sforzo contro l'allarme).
Questi risultati preliminari indicano che il feromone del sesso può essere efficace sui maschi
soprattutto in allevamento. Anche se il feromone del sesso non è sembrato essere più efficace delle
trappole adescate con alimento, gli Autori suggeriscono che la purificazione e la concentrazione dei
feromoni del sesso possano probabilmente migliorare in futuro il loro indice di successo; sempre
secondo questi ricercatori, la futura ricerca metterà a fuoco le metodiche corrette di concentrazione,
di purificazione dei feromoni, in modo da migliorare l'efficacia per l‘impiego appena visto.
CONCLUSIONI
Bills e Marking (1988) dichiarano che non attualmente non si conosce nessun metodo efficace per la
soluzione dei problemi dei Procambarus e che tutte le situazioni ed i metodi multipli devono essere
ancora sviluppati.
Ogni popolazione invasiva deve essere considerata e valutata caso per caso, con le tecniche più adatte
applicate spesso profondamente dissimili da analoghe situazioni in siti acquatici diversi (Fernald &
Shepard 1955).
Nel valutare l'efficacia di tutta la metodologia per eradicare o controllare una popolazione di P. clarkii,
è comunque importante tenere presente il concetto di minima densità demografica possibile.
Per avere una buona riuscita, il controllo artificiale di una popolazione dovrà ridurre la densità di meno
del MVPD (minimo vitale) e mantenerlo. In caso contrario, la popolazione si espande sia nella densità
che nella gamma (Peay e Hiley 2001).
Le attuali leggi risultano tuttora inadeguate per impedire la diffusione della specie non-indigena,
compreso i gamberi (congresso 1993 degli Stati Uniti).
Secondo Peay e Hiley (2001), lo sviluppo delle esche più attraenti è stato effettuato in Svezia e negli
Stati Uniti, per contro dovrebbe essere effettuato un confronto per vedere se sono più efficaci che
usando pesci o altre esche a base di carne; queste tipologie di esche prodotte commercialmente
probabilmente risulteranno più valide economicamente per programmi di estirpazione o di controllo.
Electrofishing
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è stato usato con successo come metodo per raccogliere gamberi dagli stagni, ma non come metodo
di controllo. Electrofishing risulta efficace soltanto verso una limitata parte della popolazione e,
quindi, non è il metodo di controllo più valido.
Pesci predatori
In alcuni casi, confermati da esperimenti, sembra esserci una correlazione inversa fra i numeri dei
pesci predatori e il Procambarus nell'ambiente naturale. Tuttavia, non ci sono stati tentativi su
grande scala usando i pesci predatori per controllare le popolazioni dei P. clarkii. L'effetto che tali
pesci potrebbero avere sull'altra fauna selvatica, particolarmente quando hanno consumato tutti i
gamberi, probabilmente provocherebbero la forte opposizione a questo metodo.
Westman (1991) ha suggerito di usare le anguille perché può introdursi anche nelle tane dove si
rifugiano i Procambarus. Frutiger e Müller (2002) hanno inoltre evidenziato che il tipo di substrato
influenza l'effetto dei pesci predatori che è più alto se i ripari naturali sono limitati. Un'altra
possibilità per la prevenzione dei gamberi predatori introdotti, sarebbe l'uso di pesci sterili Peay e
Hiley (2001).
Dagli studi effettuati in condizioni semi-naturali è emerso pure che il numero di avannotti di
Gambusia affinis non sembra diminuire in presenza di P. clarkii, probabilmente perché prede
mobili e quindi difficilmente catturabili (D‘Abramo & Robinson 1989; Ilhéu &Bernardo 1993ab).
In base a quanto affermato da Ilhéu & Bernardo (1993ab) e Lowery & Mendes (1977), P. clarkii
cattura più velocemente i pesci morti e, in alcuni casi, i gamberi possono causare danni sub-letali
agli avannotti. In generale, comunque, i cambiamenti riscontrati nelle comunità di pesci a causa
dell‘introduzione di gamberi alloctoni (Lodge et al. 1994) sono associati alla capacità di queste
specie di predare soprattutto uova (Dean, 1969; Magnuson et al. 1975; Savino & Miller 1991;
Miller et al. 1992; Ilhéu & Bernardo 1993ab; Love & Savino 1993; Rubin & Svensson 1993; Guan
& Wiles 1997) e di alterare l‘habitat attraverso il consumo selettivo di macrofite (Serol & Coler
1975; Lodge & Lorman 1987).
Il bacillo thuringiensis ed una sua varietà quale l‘ israeliensis ( RTC) in grado di sopprimere vari
insetti come la zanzara,ad esempio, è stato sviluppato dai ricercatori per la ricerca contro i gamberi
invasivi. In definitiva tutti gli studiosi concordano, soprattutto in spazi confinati, che l'unica risposta
per una rapida soppressione del Procambarus, resta l‘impiego di pesticidi anche se ci sono
inevitabili conseguenze per altri organismi acquatici usando prodotti chimici (Hiley 2003b).
In Svizzera alcuni anni fa è stato proposto come programma per eliminare il Procambarus con un
insetticida dell'organofosfato e, al di là delle prove condotte a livello di ricerca, l‘uso si è rivelato
inefficace (comunicazione personale di A. Frutiger).
La più grande preoccupazione circa l'uso dei pesticidi è comunque il loro potenziale effetto di
bioaccumulo e di biomagnificazione attraverso il ciclo alimentare, meno evidente con i pyrethroidi;
Peay e Hiley (2001) hanno concluso che i pesticidi hanno offerto l'unica opzione pratica per
l'eliminazione delle popolazioni indesiderabili di crostacei.
Tuttavia, in molti Paesi è ormai troppo tardi ed in tali casi, il costo dell'eradicazione dovrebbe
essere valutato considerandone i relativi rischi (Gherardi e Holdich 1999). L'unica possibilità
rimane valida in piccoli stagni geograficamente isolati.
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Cosa fare in futuro
Molti ricercatori si sono chiesti cosa fare in futuro, senza però trovare valide risposte.
L‘eliminazione fisica dei gamberi non dà risultati duraturi. Non ci sono nemici naturali specifici da
introdurre, senza turbare drammaticamente gli equilibri ecologici. Difese chimiche o biologiche
selettive contro il P. clarkii per ora non se ne conoscono.
Sono in corso test di lotta basati sul rilascio di maschi sterili o sul possibile utilizzo di feromoni, ma
Fasi della sterilizzazione con 20 Gy Rx di maschi di P. clarkii
(da rete: The impact of Procambarus clarkii in Europe and attempts to its mitigation)
sono ancora lontani dall‘utilizzazione pratica su larga scala (F. Gherardi, ex verb.). Non resta che
proseguire nella sperimentazione di questi ultimi metodi di lotta e nell‘impiego di predatori non
specifici, per contenere il danno, ed organizzare rapidamente una strategia di difesa passiva,
richiamando sul problema la massima attenzione del mondo scientifico e politico. Cosa fare? Il
parere concorde di tutti gli studiosi dell‘argomento si può sintetizzare nei sei punti che seguono:
1) prevenire un‘ulteriore diffusione di P. clarkii con un‘attenta e martellante campagna di
informazione e pubblicazioni semplici ad elevata diffusione; emanare leggi e fornire regole pratiche
contro il dilagare di questa specie;
2) difendere con adatte barriere le poche aree indenni; evitare che i flussi idrici di bonifica e
irrigazione siano vettori di propagazione dei gamberi;
3) combattere severamente le manipolazioni di gamberi vivi prive dei necessari requisiti di
sicurezza, la vendita per uso di acquariofilia, il commercio di materiale vivo, il rilascio – spesso in
buona fede e con intenti ―animalistici‖ di esemplari vivi in natura e, una volta tanto, far sì che le
leggi vengano rispettate;
4) controllare che durante i rilasci di novellame di pesce per ripopolamento non vi siano larve e
giovani gamberi esotici;
5) creare zone di rispetto (quelle che gli inglesi chiamano ―no-go-areas‖) in certe regioni d‘Italia e
zone di massima sorveglianza attorno agli esistenti allevamenti di specie simili, già presenti in Italia
ma fortunatamente non ancora segnalate in natura, come l‘australiano Cherax destructor (Clark,
1936);
6) vigilare sui rischi di invasione da parte di altre specie americane, variamente devastanti e già
massicciamente presenti in alcuni paesi europei (Italia compresa), come ad esempio l‘ Orconectes
limosus (Rafinesque, 1817) già segnalato in molti siti nazionali (FABBRI & LANDI, 1999) ma
fortunatamente non ancora devastante come P. clarkii, e Pacifastacus leniusculus (Dana, 1852).
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Molti Paesi europei e Regioni italiane, da tempo si sono mosse legiferando in materia e,
non a caso, la UE ha certificato che il Procambarus rientra nella lista delle 100 specie invasive
più pericolose al mondo (Delivering Alien Invasive Species Inventories for Europe).
Per impedire la diffusione di questa specie, i limiti dell‘odierna legislazione ha dimostrato la
reale difficoltà nell‘applicazione delle misure adottate, soprattutto per la presenza di motivazioni
sociali spesso in conflitto con le leggi (come il desiderio di propagare le specie per scopi ricreativi o
commerciali).
Gli ostacoli politici, soprattutto in Europa, possono impedire gli obiettivi di conservazione;
ad esempio la politica di libero scambio sostenuta dalla Commissione europea ha ostacolato i
tentativi dei vari Paesi di vietare l'importazione di Procambarus vivi da altri Paesi all'interno
dell'Unione europea (Holdich et al ., 1999).
L‘Amministrazione federale della Svizzera ha predisposto un piano d‘azione nazionale per
salvare i gamberi di fiume ―indigeni‖- Berna, 21.02.2006 (UFAM)- in quanto soltanto tre delle sette
specie di gamberi di fiume presenti nelle proprie acque sono risultate autoctone. La loro
sopravvivenza è minacciata dall‘espansione delle quattro specie esotiche. Per porre un freno a tale
minaccia, l‘Ufficio federale dell‘ambiente ha promulgato un piano d‘azione nazionale volto a
proteggere le specie autoctone e a combattere quelle alloctone. Il piano nazionale propone una serie
di raccomandazione che mirano a modificare la situazione e a mettere a disposizione dei Cantoni
uno strumento pratico che permetta di agire in favore della conservazione dei gamberi autoctoni. Il
piano distingue due tipi d‘intervento: le misure di protezione delle popolazioni indigene
(rinaturalizzazione dei loro habitat, definizione di popolazioni ―serbatoio‖ e programma di
reintroduzione) le misure di lotta contro le specie indesiderate (confinamento delle popolazioni,
campagne di eliminazione e d‘informazione, monitoraggio della peste del gambero e misure di
gestione). Il piano d‘azione va a completare la recente pubblicazione di un nuovo atlante della
distribuzione dei gamberi in territorio svizzero. Non ha carattere vincolante, ma è uno strumento
operativo destinato ai Cantoni.
Distribuzione del P. clarkii nelle acque svizzere
Tra le misure di lotta verso questa ―piaga‖ faunistica, una delle Regioni italiane che ha
maggiormente legiferato in materia è stata l‘ Emilia Romagna che con la ―Modifica della
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Deliberazione regionale n. 3544 del 27/7/93. 74 (Deliberazione della Giunta regionale n.1574 del
3/7/1996, controllata dalla CCARER il 18/7/1996, prot. n. 884/818)‖, ha preso dei concreti
provvedimenti tesi a limitare e contenere oltre che la presenza del Siluro d'Europa (Silurus Glanis)
nelle acque interne regionali, anche il P. clarkii., comparso alcuni anni prima in territorio modenese
e ormai ampliamente diffuso in quasi tutte le aree planiziali della Regione. Colonizzando
recentemente anche le zone collinari.: “..Questa specie è oggetto di un notevole interesse da parte
dei pesca sportivi e ciò contribuisce probabilmente alla sua diffusione, ma assicura anche un
minimo di controllo sulle popolazioni presenti. Ha l'abitudine di scavare lunghe tane negli argini e
può quindi arrecare seri danni alla rete dei canali di bonifica. E' fondamentale avere dati
aggiornati sulla sua diffusione e verificare accuratamente l'impatto che può avere sugli ambienti
acquatici regionali. Sarebbe inoltre opportuno prevedere una norma che ne vieti il trasporto vivo, o
la realizzazione di un opuscolo per informare i pescatori del rischio derivante dall'introduzione di
questa specie, in particolare dove sono presenti popolazioni di gambero autoctono. Nelle aree in
cui la specie è particolarmente numerosa, si potrebbe inoltre prevedere anche un coinvolgimento
diretto dei pescatori di professione per il suo contenimento, al pari di quanto già avviene per il
Siluro…”.
Redazione di uno specifico questionario da indirizzare ai pescatori di mestiere
presenti in FVG
A supporto e ad integrazione dei dati ottenuti dai campionamenti diretti è stata realizzata
un‘indagine a mezzo di questionari, appositamente elaborati.
Di seguito si riporta integralmente il questionario, preparato ed indirizzato ai pescatori di mestiere
operanti nelle acque dolci del FVG, finalizzato ad una migliore conoscenza sulla eventuale presenza
della specie in oggetto in modo da ottenere un quadro generale più aggiornato; detto questionario
riporta quanto già in parte descritto nel presente lavoro a proposito della biologia del crostaceo:
Si informa la SSV che è in corso di esecuzione nelle acque interne della Regione uno studio sulla
presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii).
Al fine di integrare i dati e permettere una migliore conoscenza di eventuali siti non ancora
monitorati, ed inserirli così nel piano di ricerca, si invia l‘allegato questionario con preghiera di
inviarlo quanto prima, debitamente compilato, al mittente con eventuali ed auspicabili note
aggiuntive.
SCHEDA SINTETICA della specie
Procambarus clarkii o gambero rosso della Louisiana (anche conosciuto con il nome di "gambero killer‖), è un
animale d'acqua dolce originario del Centro-Sud degli Stati Uniti e del Nord-Est del Messico. A causa dell'uomo che lo
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ha trasportato, sia per venderlo sia casualmente, si è rapidamente diffuso in gran parte d'Europa. E' presente in
Portogallo, Spagna, Gran Bretagna, Francia, Germania meridionale, Paesi Bassi, Svizzera, Cipro. In Italia si trova,
oltre alla Toscana, in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo. Da poco
tempo è stato ritrovato anche in alcune delle nostre acque.
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QUESTIONARIO DI RILEVAZIONE PER LE IMPRESE DI PESCA DI MESTIERE
OPERANTI NELLE ACQUE INTERNE DELLA Regione Friuli Venezia Giulia
(in possesso della licenza di pesca di tipo A legge 20 marzo 1968, n. 433)
Indagine conoscitiva sulla presenza di Procambarus clarkii nei corsi
d’acqua del Friuli Venezia Giulia
Effettuate la pesca nelle acque interne in maniera esclusiva?
Sì
No
Quali specie di acqua dolce o salmastra pescate più frequentemente?
Anguilla
Spigola
Cefalo
Novellame
Altro …………………………………………………………………………………
Quali sono gli attrezzi che utilizzate più frequentemente nella vostra attività di pesca?
……………………………………………………………………………………………………….
Pescate in modo mirato le singole specie?
Sì
No
Nel corso della vostra attività di pesca, avete mai catturato crostacei ?
Sì
No
Avete mai catturato od osservato nei vostri attrezzi Procambarus clarkii ?
Sì
No
Se sì, da quanto tempo ? ……………………………………………………………………….
In quale corso d‘acqua (*) ?....................................................................................................
In che quantità?.............................................................................................................
Secondo la vostra esperienza, esistono altri siti dove questo crostaceo
è stato visto?
Dott. Giorgio De Luise
Sì
No
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Secondo la vostra esperienza, questo prodotto potrebbe assumere un valore economico interessante
per la vs. attività di pesca professionale?
Sì
No
Nell‘ambito della vs. attività di pesca, sareste disponibili ad effettuare catture di questa specie e
conferirla presso la sede dell‘Ente Tutela Pesca del Friuli Venezia Giulia?
Sì
No
NOTE:
(*)……………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
………
Recapiti telefonici utili per ulteriori segnalazioni e/o integrazioni sulla specie Procambarus clarkii:
Dr. O. Rossi
0432 5550246 - 3356407039
Dr. G. De Luise 3483191448
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Monitoraggio delle acque del FVG oggetto di segnalazioni ufficiali, con
particolare attenzione ai diversi corpi lentici anche minori
A seguito dell‘incarico allo svolgimento del presente studio (27 Marzo 2009 Prot.1752/UAG), la
ricerca ha interessato n. 20 Stazioni individuate sulla base della loro criticità valutata o presunta.
A tal scopo l‘indagine si è concentrata sui siti dove questo animale era già stato rinvenuto e
segnalato o direttamente, o tramite gli Uffici dell‘ETP, ovvero nei Collegi di Pesca n.2,3,12,14,15.
Cronistoria delle segnalazioni e della divulgazione a mezzo stampa del problema Clarkii
I primi due casi emersi si riferiscono ad un‘ acqua presente all‘interno di una proprietà privata
comunicante con sita nel Collegio n.12 , Udine, e ad un‘ area limitrofa al canale Brancolo nel
Collegio n.2 – Sagrado – Monfalcone – Trieste.
Nel primo caso, nel Giugno 2007 lo scrivente è stato direttamente coinvolto da due GG.
appartenenti al Collegio n.12 di Udine, che riferivano la presenza (appurata successivamente
osservando gli animali catturati direttamente dai due soggetti) di gamberi d‘acqua dolce in uno
specchio d‘acqua sito in un giardino di proprietà privata; l‘identificazione personale ha confermato
trattarsi di crostacei appartenenti alla specie Procambarus clarkii. Sempre su consiglio dello
scrivente, le due GG. hanno tempestivamente redatto (04/06/2007) ed inviato all‘U.P.G.A.
dell‘ETP un verbale sull‘accaduto, consegnando congiuntamente n. 33 soggetti prelevati in una
pozza situata all‘interno di una proprietà privata di Udine, adiacente alla Roggia di Palma.
Il 19/06/07 il responsabile dell‘ U.P.G.A.(Prot. d‘Uff/UPGA), trasmette al Direttore
dell‘ETP pari nota riferendo, tra l‘altro, quanto sempre lo scrivente gli aveva riferito: ―..il giorno 18
giugno u.s. il dott. De Luise ha fatto presente al sottoscritto che con tutta probabilità la colonia di
gamberi rossi americani del suddetto giardino..hanno raggiunto l‟acqua pubblica della roggia di
viale Palmanova. A parere del suddetto studioso è urgente pertanto mettere in atto un piano di
eradicazione..‖.
Il 21/06/2007 il Direttore dell‘ETP (Prot.4099/UPGA) a sua volta invia al Servizio Tutela
Ambienti Naturali e Fauna della Direzione Centrale Risorse Agricole, Naturali, Forestali e
Montagna della Regione FVG notizia della cattura e conseguente soppressione degli animali,
invitando: ―..quindi codesto Servizio a verificare la situazione e a mettere in atto gli eventuali
interventi che ritenesse più opportuni..‖.
La seconda segnalazione data il 27/09/07 ufficiale; dopo preventiva identificazione da parte
del sottoscritto, viene inviata dalla Stazione Forestale di Monfalcone all‘ETP dapprima una mail
notificando il rinvenimento di alcuni individui di questa specie lungo la strada SS. che porta a
Monfalcone e che costeggia il canale Brancolo, molto probabilmente per spostarsi in altro luogo
(pag.1).
Da quella data ad oggi, numerose sono state le iniziative personali atte a sensibilizzare i
competenti Uffici regionali sull‘imminente pericolo faunistico, producendo anche una specifica
raccolta multimediale consegnata direttamente anche al competente Assessore regionale.
Grazie anche a diversi articoli comparsi sui quotidiani regionali, le notizie di un avvistamento di
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
questi crostacei si sono moltiplicate, con le segnalazioni in parecchie zone friulane disseminate su
tutto il territorio, suscitando anche l‘interesse di istituti scolastici
e della Rai, che ha realizzato nel Luglio 2008 uno specifico servizio su questa emergenza friulana.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Quadro sintetico degli avvistamenti riferiti al luglio 08 (da G. De Luise 2008,
una nuova emergenza faunistica e ambientale in Friuli : Procambarus clarkii –DVD)
A ricerca già iniziata, ulteriori notizie si sono aggiunte alle precedenti con indicazioni certe di
ritrovamenti o avvistamenti da parte di personale qualificato di questo crostaceo alloctono in altri
siti come, ad esempio, lo Stella, la roggia di Mortegliano, un‘area limitrofa all‘Isola della Cona, il
fiume Torsa, i laghetti Pacher, il lago della Burida, di S. Valentino, l‘Ausa, il Natissa ed il Noncello.
Indicazioni sulla distribuzione e sulla quantità per singole aree
Materiali e metodi
Anche se nella maggior parte delle Stazioni individuate si è ricorsi quasi esclusivamente
all‘impiego di nasse, per la stima della popolazione di P. clarkii residente in alcuni dei molteplici
canali maggiori e minori dell‘area in loc. Alberoni, ci si è basati pure su specifici campionamenti,
finalizzati all‘acquisizione del maggior numero di dati, comunque riguardanti solo alcune porzioni
della popolazione astacicola locale (si ricorda la vasta estensione dei luoghi, associata ad aree
paludose e corsi d‘acqua principali di notevole importanza idraulica).
I metodi di campionamento sono stati tarati sulle caratteristiche morfologiche ed ecologicocomportamentali della specie (quali ad esempio la mobilità, la confidenza, i ritmi di attività, ecc.), la
densità della popolazione stessa, la distribuzione degli individui nell'ambiente nonché l'estensione e
la conformazione dell'area oggetto dell'indagine.
Tutti questi elementi influenzano infatti la contattabilità della popolazione di crostacei (dipendente,
tra l‘altro, dalla stagione), ovvero la possibilità di individuare e quindi contare i singoli individui
nelle arre scelte per il campionamento almeno durante tutto il periodo di tempo necessario al
rilevamento.
Nello specifico sono stai impiegati :
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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-
-
censimenti esaustivi (o assoluti, census) volti a determinare - quanto in modo approssimatoil numero totale di animali presenti all'interno delle singole aree, e conseguentemente la loro
densità;
censimenti campionari (sample census) finalizzati alla valutazione delle densità in alcune
zone campione il più possibile rappresentative delle realtà ambientali del luogo in modo da
poterle estrapolarle, pur con alcune precauzioni, all'intera area, integrati in alcune Stazioni
(che per la loro tipologia ambientale non permettevano di stabilire con sufficiente precisione
l'esatta consistenza astacicola), anche da conteggi indiretti relativi o per indici (count) volti
alla definizione di indici di abbondanza relativa della specie (al pari di quanto applicato per
le altre specie faunistiche acquatiche).
In quest‘ultimo caso si è utilizzato il conteggio diretto3 (remote sensing), compiuto mediante
osservazioni concentrate sulle aeree riparie, sulla quantità e qualità delle tane, sui fondali e
sull‘ avvistamento effettivo dei soggetti.
Nell‘interpretazione dei dati emersi (pag. 95) sono state adoperate le due seguenti
Tabelle
3
Il campionamento con nasse, pur fornendo immediatamente informazioni sulla specie, necessita di
molto tempo per coprire grandi aree. Inoltre, l'uso dei dati per una stima quantitativa della densità dello stock
può essere limitato da fattori quali la difficoltà di stimare l'area campionata o la proporzione dei soggetti
effettivamente catturati.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
LE STAZIONI DI CAMPIONAMENTO - RISULTATI
La Cartina che segue, riporta due tipi di informazioni: l‘areale presunto del P. clarkii sul territorio
regionale, ed i ritrovamenti accertati durante i campionamenti.
Viene riportato il reticolo relativo alla Carta Tecnica Regionale, dove ogni bollino rosso, indica il
foglio 1:5000 entro cui è compresa la località di ritrovamento.
Ciò al fine di uniformarsi alle operazioni di mappatura dei vertebrati condotte sul territorio
regionale da altri ricercatori.
I siti indagati sono stati georeferenziati secondo il sistema di coordinate geografiche Gauss– Boaga
utilizzando il sistema del GPS Magellan Meridian Platinum.
La nomenclatura dei corpi idrici, quando possibile, segue la cartografia 1:5.000, o semplicemente il
riferimento al corpo idrico principale.
In ogni caso, la georeferenziazione garantisce la perfetta individuazione del sito di indagine.
Le metodologie di censimento utilizzabili per l‘indagine conoscitiva della distribuzione delle
popolazioni di gambero nelle acque regionali sono state essenzialmente tre: censimento diurno
tramite osservazione diretta, cattura mediante nasse e cattura mediante elettropesca; le prime due
tecniche sono state quelle maggiormente impiegate.
Le indagini che seguono si sono orientate principalmente su comunicazioni personali (avvistamenti,
rinvenimenti, risposte ai quesiti) e su mirate osservazioni in campo.
Per quanto concerne gli strumenti di cattura, sono state impiegate (come già detto) delle
specifiche trappole (nasse) a doppio inganno, innescate con fegato suino (la cui efficacia si è
dimostrata particolarmente selettiva ed attrattiva nei confronti di questi crostacei).
Come è stato successivamente dimostrato, i limiti di questi strumenti, però, consistono nella
selezione dimensionale delle catture a partire da una taglia minima di 4cm.
Le nasse adoperate, in parte di fattura artigianale, ed in parte di fattura commerciale (acquistate in
Svezia e U.S.A.), nella maggior parte dei casi sono state posizionate la sera e recuperate la mattina
seguente nei corsi d‘acqua già visionati di notte con torce od oggetto di specifiche segnalazioni.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Nel caso dell‘area in località Alberoni (vedi oltre) la selezione dimensionale delle catture,
è stata corretta mediante censimento diretto.
Sempre nella medesima area, per limitare gli eventuali atti vandalici e/o di bracconaggio, è stato
ristretto il tempo di calata delle nasse nelle diverse stazioni a 4 ore diurne, con guardiania diretta da
parte degli operatori.
Solo nelle Stazioni 1 e 2 il tempo di permanenza si è limitato a due ore.
Per ogni esemplare catturato, è stata determinata la lunghezza totale (misurata mediante calibro dal
rostro al telson), il peso corporeo (mediante bilancia elettronica TEFAL, precisione + 0,1 gr), il sesso
mediante analisi morfologica ed eventuali manifestazioni patologiche.
Ogni soggetto catturato appartenente alla specie Procambarus, una volta sottoposto alle analisi, è
stato successivamente distrutto.
Nel testo successivo, vengono comunque indicati per esteso i corpi idrici ove la specie è
stata campionata, con il relativo riferimento al Collegio di pesca di appartenenza e della Stazione di
prelievo.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Aree di reperimento della specie P. clarkii
I dati descrittivi che seguono evidenziano le singole Stazioni a seconda del rispettivo
Collegio di pesca.
COLLEGIO N. 12 UDINE
Da: G. De Luise (2006) Recenti acquisizioni sul comportamento e sulla distribuzione
nelle acque dolci della regione venti anni di studio, ETP, modificato.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Area di campionamento in Udine, con evidenziato in blu il percorso della roggia di Palma
Immagini dello specchio d’acqua principale sito all’interno in una proprietà privata
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Immagini degli specchi d’acqua secondari all’interno della proprietà privata
Due piscine presenti sempre all’interno della proprietà privata
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Connessioni dirette degli invasi con la roggia esterna
(a sinistra).
Nasse utilizzate per la verifica con, all’interno, visibile un P. clarkii (a destra)
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
soggetto catturato (02/05/09)
L‘esemplare catturato in posizione ventrale per
evidenziare oltre che il sesso: maschio, la sua forma
sessuale attiva F1 che si evince, oltre che dalla
colorazione rossa aranciata e dall‘allungamento delle
chele, dalla presenza degli speroni in P3 e P4.
Nel corso dell‘esame di quest‘area, i dati
rilevati, oltre a quelli riportati nella prima segnalazione
di. 33 soggetti, è stata fatta un‘ulteriore cattura di n.4
esemplari seguita successivamente da un solo
esemplare di fianco riportato.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
COLLEGIO N. 2
Da: G. De Luise (2006) Recenti acquisizioni sul comportamento e sulla
distribuzione nelle acque dolci della regione venti anni di studio, ETP, modificato.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Nell‘area oggetto di esame, dopo la verifica della tipologia e dell‘idrografia del luogo, sono
state individuate 12 Stazioni di pesca ritenute le più rappresentative del vasto reticolo acqueo
presente.
Riferimenti coordinate geografiche delle singole Stazioni:
Stazione n.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Dott. Giorgio De Luise
45°46‘33‖
45°46‘40‖
45°45‘54‖
45°45‘49‖
45°45‘57‖
45°45‘52‖
45°45‘55‖
45°45‘44‖
45°45‘51‖
45°45‘50‖
45°45‘50‖
45°46‘06‖
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
13°29‘58‖ E
13°30‘23‖ E
13°30‘45‖ E
13°30‘54‖ E
13°30‘41‖ E
13°30‘38‖ E
13°30‘34‖ E
13°30‘47‖ E
13°30‘29‖ E
13°30‘42‖ E
13°30‘34‖ E
13°29‘21‖ E
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Con l‘ausilio di due squadre: una della Stazione forestale di Monfalcone ed una dell‘Ente Tutela
Pesca, si è provveduto al posizionamento di 46 nasse a doppio inganno di diversa foggia e con
diversa maglie di rete nelle Stazioni individuate, eccezion fatta che per la Stazione 1 e 2 dove sono
state calate n.2 nasse (una per sito) a maglie fitte (cm.0.5) appositamente concepite per questo
scopo.
Particolare attenzione è stata rivolta in questa zona oggetto di sequestro (12/02/2009) da parte di
agenti dalla Stazione forestale di Monfalcone di 42 nasse (impiegate nel presente studio) recuperate
in zona Alberoni (GO) con una successiva confisca e distruzione di ben Kg.12,60 di P. clarkii.
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Stazione 1
Stazione 2
Preparativi delle opere di cattura
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Stazione 5
Stazione 11
Stazione 9
Stazione 3
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Stazione 10
Stazione 6
Stazione 7
Stazione 4
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Stazione 8
Stazione 12
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Esemplare rinvenuto morto nel corso in un campo di frumento lontano dal corpo d’acqua recettore (in
Stazione 12); la probabile causa è da imputare alla migrazione del soggetto alla ricerca di altri siti.
Operazioni di verifica del pescato
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Stazione
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
totale
n. nasse animali catturati
totale
1
1
1
1
1
1
2
1-2
3
8
2-1-1-1-0-0-0-0°
4
10
1-3-1-7-2-0-8-0-1-1
24
9
2-0-0-2-3-4-3-4-2
20
4
5-0-1-2
8
2
1-2
3
3
1-4-4
9
4
2-3-2-4
11
2
0-0°
0
2
0-0°
0
48*
86
Quadro riassuntivo dei crostacei pescati
*= integrazione con n. 6 nasse
commerciali
°= esche consumate da animali di taglia
inferiore alla maglia della nassa
Su tutta l‘area indagata erano presenti lungo le strade e nei pressi dei vari canali numerosi
resti di Procambarus, imputabili verosimilmente a predazione.
Uno dei reperti meglio conservati degli animali predati
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Osservando inoltre i corsi d'acqua più piccoli intersecanti la proprietà coltivata, si potevano
chiaramente identificare sul fondale animali in piena attività diurna,
come pure alcuni soggetti morti.
Nella quasi totalità degli argini erano ben visibili tane di Procambarus più o meno isolate
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Particolare di alcuni degli argini interessati dall’attività di scavo dei crostacei
Evidente infiltrazione spondale interessante un tratto di c.a. 20 metri
L‘attività di scavo degli animali, unitamente alla loro elevata presenza, evidenziano i chiari
segni di demolizione degli argini, come pure le palesi infiltrazioni che preludono ad un prossimo
crollo arginale.
Come già ricordato, oltre all‘impiego delle nasse, si è ricorsi all‘elettrofishing e alla cattura
mediate bilancino che, oltre ad essere più selettiva, si è dimostrata migliore della pesca elettrica
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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anche a causa della parziale inefficacia di quest‘ultima dovuta al cuneo salino ben presente nello
strato acqueo inferiore di tutti i canali monitorati.
Particolare del bilancino artigianale impiegato per la pesca con un soggetto
saldamente ancorato all’esca
Operazioni di cattura con l’elettrostorditore
Al termine dell‘orario prestabilito per la permanenza in acqua delle trappole, si è proceduto
al loro recupero e alla verifica dei soggetti catturati e dello stato delle esche. A tal proposito, come
già visto nella tabella riassuntiva di pag.69, in molti casi pur non essendoci animali all‘interno delle
singole nasse, le esche erano state del tutto consumate; segno evidente della presenza di elevata
popolazione astacicola appartenente a classi di età sicuramente inferiori a quelle effettivamente
catturate.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Ad operazioni ultimate, tutti i soggetti sono stati trasportati in laboratorio per essere
identificati e sessati e sottoposti alle analisi del caso (vedi oltre).
Ad una successiva riverifica dell‘area effettuata
sette giorni dopo in 9 delle Stazioni precedentemente
monitorate (dalla n.3 alla n.11), si è proceduto alla posa nella medesima fascia oraria, ovvero dalle ore 10 alle ore
12- di n. 9 nasse a maglie di 0.5; la ricerca, in questo
caso, era finalizzata alla selettività di cattura di soggetti
di P. clarkii a favore di classi di età inferiori a quelle
precedentemente prelevate, ma osservate in gran numero
nel corso del primo sopralluogo.
Una delle nasse utilizzata nel secondo sopralluogo
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Due delle Stazioni più rappresentative in termini di percentuale di cattura
monitorate nel corso del secondo sopralluogo
Alcuni dei soggetti prelevati dalle nasse nel secondo sopralluogo
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Al temine del monitoraggio, sono stati
catturati 50 gamberi del genere Procambarus: 22
soggetti di lunghezza variabile da cm.2.5 a cm. 4, e 28
crostacei di taglia compresa tra cm.3.8 a cm.7.
Alcuni dei 28 esemplari catturati
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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COLLEGIO N. 14
Da: G. De Luise (2006) Recenti acquisizioni sul comportamento e sulla
distribuzione nelle acque dolci della regione venti anni di studio, ETP, modificato.
Su specifiche segnalazioni e, in un caso di rinvenimento di un soggetto intrappolato in un
bertovello, le indagini si sono concentrate in tre siti ricadenti all‘interno delle acque di questo
Collegio di Pesca.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Identificazione aerea del sito indagato
Il primo sopralluogo è stato effettuato sul corso d‘acqua denominato roggia di Mortegliano,
(o roggia di Udine). Dopo aver posizionato ed opportunamente mimetizzata una nassa in data
1/07/09, il giorno successivo, previa osservazione dell‘area prospiciente la stazione per circa 1 Km.
a valle e fino al ponte sovrastante la via degli Orti, si è provveduto a ―ritirare‖ la trappola.
Ubicazione del tratto soggetto all’azione di pesca della nassa
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Sulle sponde antistanti la Stazione di pesca cerchiata in rosso, risultano ben evidenti dei
cedimenti strutturali che, ad un più attento esame, hanno rivelato delle tane imputabili, per tipologia
ed analogia ad altri siti ―contaminati‖, al crostaceo oggetto della presente indagine.
In effetti, la segnalazione ricevuta ha trovato conferma anche se la cattura con la nassa (a
maglie da cm.3) ha fruttato un solo esemplare di sesso maschile di cm. 9 (peso gr.19).
Successivamente, sempre seguendo le indicazioni ricevute, si è proceduto in pari data alla
verifica ambientale di altri due siti con calo di una nassa per Stazione, salpata dopo due ore di
permanenza.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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La seconda area è situata in riva sinistra del f. Torsa ed è prospiciente il ponte che da Aris
porta all‘omonima località.
Identificazione aerea del sito indagato
F. Torsa monte del ponte e a valle (dx)
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Braccio laterale con probabile immissario secondario dove sono stati catturati i crostacei; a sin visibile un Cavedano
Nonostante la breve permanenza in acqua, anche in questo caso sono stati catturati due
esemplari di clarkii dei quali uno, al momento della verifica, risultava morto e parzialmente
divorato. Tale fenomeno è comunque abbastanza frequente quando in spazi ristretti si trovano
animali di questa specie soprattutto se si tratta di soggetti di una certa dimensione come quello
catturato.
P. clarkii in nassa e sull’erba
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Il soggetto ancora vitale era di sesso femminile, lunghezza totale cm.13, in evidente F1e di
peso pari a gr. 54; il secondo, i cui parametri non sono stati rilevati per mancanza di parti
anatomiche, è invece risultato essere un maschio F2.
P. clarkii rinvenuto da un agente ittico dell’ETP in data11/04/08 in un bertovello sul f. Torsa.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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La seconda area è situata in riva destra di una ―morta del f. Stella.
Identificazione aerea del sito indagato
Anche qui, l‘area è stata identificata grazie ad una segnalazione attendibile che ha portato
alla cattura di esemplari di P. clarkii.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Particolari di alcuni tratti del braccio del f. Stella oggetto della verifica
P. clarkii catturati nella nassa
Al pari del precedente caso, dentro la nassa sono stati rinvenuti tre soggetti di P. clarkii, di
uno dei quali erano rimasti praticamente solo alcuni resti.
I due soggetti vivi sono risultati entrambi delle femmine; la maggiore (cm.13,5; gr. 53) in
F1, l‘altra (cm.9; gr.17) palesemente F2.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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COLLEGIO N. 15
Da: G. De Luise (2006) Recenti acquisizioni sul comportamento e sulla
distribuzione nelle acque dolci della regione venti anni di studio, ETP, modificato.
Grazie alle risposte da parte di alcuni pescatori di mestiere contenute nei questionari, che
davano per certa la presenza del crostaceo in alcune acque di questo Collegio, sono stati monitorati
due specifici siti: l‘area limitrofa al parco pubblico del Comune di Cervignano comunicante con
l‘Ausa, e un tratto del Natissa all‘altezza dell‘abitato di Aquileia.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Identificazione aerea del sito indagato sul f. Ausa
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Veduta dell’area di indagine
I soggetti prelevati sul f. Ausa
La verifica ha portato alla cattura in meno di un ora di due esemplari di clarkii, ingannati
dall‘esca innescata sul bilancino. Entrambi i soggetti sono risultati essere delle femmine in F1 (cm.
13, gr.54; e cm.15 gr. 72).
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in Friuli Venezia Giulia.
Identificazione aerea del sito indagato sul f. Natissa
Nell‘area visitata numerose apparivano le tane presenti lungo gli argini del tratto,
particolarmente numerose in riva destra. La nassa ha catturato 4 esemplari adulti di clarkii di cui 2
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femmine e due maschi (uno dei quali visibili nell‘immagine seguente che, una volta liberato
dall‘attrezzo, si è posto nel tipico atteggiamento di difesa offesa.
Di seguito vengono riportate le principali misure biometriche rilevate sui soggetti catturati:
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Sesso
Lunghezza
cm
Peso gr.
Forma sessuale
maschio
maschio
femmina
femmina
11,5
39
13,5
12,5
9
18
53
36
F2
F1
F1
F1
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COLLEGIO N. 3
Da: G. De Luise (2006) Recenti acquisizioni sul comportamento e sulla
distribuzione nelle acque dolci della regione venti anni di studio, ETP, modificato.
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Identificazione aerea del sito indagato
Panoramica di uno dei due laghi Pacher
In questo specchio lacustre artificiale al momento del sopralluogo (9.15 am del17/07/09)
erano già in attività numerosi pescatori sportivi che, intervistati, hanno confermato la presenza del
crostaceo in oggetto che, a detta loro, ―sovente rubava le esche calate per la pesca….ed altrettanto
frequentemente veniva salpato a riva ancora attaccato al terminale dove l‟esca era più salda..‖
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Un‘unica nassa calata per meno di un ora nell‘area limitrofa ad uno dei tanti canneti
presenti, ha difatti ―fruttato‖ un soggetto di sesso maschile.
Zona della cattura
P. clarkii in acqua vicino alla riva
Una volta tratta a riva la nassa, un altro individuo è comparso in acqua, probabilmente
attratto dalla scia odorosa lasciata dall‘esca.
Considerata la tipologia del luogo, non è stato possibile osservare eventuali tane presenti sui
bordi del bacino; a lato del sentiero utilizzato per giungere sulla riva del Pacher, era invece ben
visibile un resto di P. clarkii costituito da una chela che, dalle dimensioni, dalla forma e dal colore è
attribuibile ad un soggetto di taglia elevata, probabilmente un F1.
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L’esemplare catturato: cm. 13, peso gr. 43, femmina F2
In data 24 Luglio 2009, a ricerche quasi ultimate, sono pervenute altre due segnalazioni che,
pur provenendo da fonti attendibili, andrebbero verificate: due specchi lacustri artificiali: il Lago S.
Valentino ed il Lago della Burida.
Le notizie su questi due corpi idrici artificiali danno per abbondante la specie che, a detta di
alcuni pescatori qui vive già da qualche anno e, quindi, questi due siti vengono d‘ufficio inseriti tra
quelli già monitorati dove la specie è data per presente.
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Identificazione aerea del sito segnalato ed ancora da indagare: S. Valentino
Lago di S. Valentino
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Identificazione aerea del sito segnalato ed ancora da indagare: Burida
Lago della Burida
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Di seguito si riportano i rispettivi Indici di abbondanza e di struttura (pag. 54, 55) delle
popolazioni di P. clarkii catturate, i cui valori sono stati assegnati in modo oggettivo in base al
numero e soprattutto alle classi di età e di lunghezza rilevate:
COLLEGIO N.
INDICE DI ABBONDANZA
INDICE DI STRUTTURA
12
2
14
14
14
15
15
3
4
5
2
2
3
3
3
3
1
1
2
1
1
1
1
1
Tabella riassuntiva degli Indici
Verifica dello stato sanitario
Nel corso del presente monitoraggio, su alcuni degli esemplari campionati nei vari Collegi
di pesca, è stata condotta un‘attenta verifica del loro stato sanitario apparente (De Luise, 2001).
Allo scopo, sugli esemplari catturati è stata effettuata un‘apposita analisi ispettiva; innanzi
tutto si è osservato il loro stato generale sia anatomico, sia funzionale, focalizzando poi l‘attenzione
attraverso un esame macroscopico esterno, l‘eventuale presenza di segni particolari, ectoparassiti
e/o di lesioni attribuibili a specifici agenti eziologici. In quest‘ultimo caso, laddove ritenuto
necessario (ovvero sugli esemplari che manifestavano evidenti anomalie od affezioni), sono stati
campionati anche tessuti interni utilizzati successivamente per analisi di altro tipo.
Il campione di Procambarus clarkii destinato agli esami di laboratorio era costituito, per
ciascuna delle zone di cattura, da individui maschi adulti,da femmine adulte e da giovani.
Ogni gambero è stato poi sottoposto ad un esame necroscopico e successivi controlli al
microscopio per osservare (se presenti) e classificare le lesioni all‘esoscheletro ed eventualmente
agli organi interni; è stato compiuto pure un esame parassitologico, su branchie e intestino, sia
tramite osservazione a fresco, che mediante tecnica per flottazione in soluzione sovra satura di
NaCl;
Per quanto attiene le lesioni riscontrate sui gamberi esaminati,queste sono state classificate
in tre gruppi: di tipo traumatico alle chele, di tipo traumatico all‘esoscheletro e di tipo primitivo.
Non è stata riscontrata invece
nessuna
lesione in associazione a processi flogistici
dell‘esoscheletro o di tipo primitivo, a stampo ulcerativo.
I danni più frequenti riscontrati si riferivano a lesioni parziali alle chele con, in molti casi, ablazione
completa dell‘appendice. Dette ferite sono per la maggior parte dei casi da ascrivere a predazione
con specifica e a lotte di territorio e di aggressività sessuale soprattutto delle F1 nei confronti dei
soggetti più piccoli od ancora in F2.
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Maschio vitale di P. clarkii con evidenti mutilazioni causate
da aggressioni da parte di soggetti della stessa specie, catturato in Stazione 10 del Collegio n. 2
Rigenerazione spontanea del chelipede sinistro in P. clarkii
A livello branchiale e sulla superficie esterna del carapace, dal raschiato cutaneo sono stati
evidenziati e classificati i seguenti protozoi, considerati comunque come commensali dei gamberi
d‘acqua dolce:
Cothurnia sp.
Si localizza a livello di branchie e superficie esterna del carapace
È un microrganismo filtratore che si nutre di materiale organico
e batteri; può causare la morte per ipossia in caso di infestazioni
massive delle branchie .
250x
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Epistylis sp.
Aderisce a livello di branchie ed esoscheletro
(in particolare telson, uropodi, addome
antenne e antennule) e conferisce un aspetto
lanuginoso bianco-grigiastro alla superficie
corporea del soggetto colpito; si nutre di
batteri e particelle presenti nell‘acqua e nel
sedimento e la sua infestazione si verifica in
ambienti acquatici di scarsa qualità.
300x
300x
Zootamnium
300x
Analisi dei risultati
Al termine del presente studio, prima di passare all‘analisi dei risultati ottenuti, sono state
esaminati i questionari restituiti (24 schede), che sono state valutate con finalità puramente
qualitative; tra di esse solo 2 riportavano la conoscenza diretta di questo crostaceo segnalandolo in
specifiche località, riferendo pure dei danni derivati (vedi oltre), nonché della sua presenza saltuaria
sui banchi del mercato generale di Grado.
Su un campione rappresentativo costituito da 86 soggetti, prelevati in 12 stazioni diverse ma
ricadenti all‘interno di una medesima e vasta area (zona Alberoni), sono state rilevate le principali
misure biometriche.
Su ciascun esemplare, oltre ai rispettivi pesi corporei (pag. 68),
sono state rilevate le misure della loro lunghezza totale (con un calibro: dall‘apice del rostro
all‘estremità del telson),
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nonché identificate le diverse forme sessuali, ovvero se soggetti già in attività (Forma I) od
ancora inattivi (Forma II) (vedi anche pag 4-7).
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F1
F2
Nel corso della identificazione dei rispettivi sessi, alcune femmine (n.7) apparivano già
fecondate con evidente presenza della placca delle spermatofore nella loro teca ventrale (dx).
Il rispettivo periodo sessuale è ben apprezzabile dalle successive analisi necroscopiche
effettuate che, come si nota dalle due immagini, evidenziano nei due precedenti soggetti, i rispettivi
ovari che, al di là della loro colorazione (più aranciata nella forma I) risultano molto più piccoli
nella Forma II della femmina di sinistra, non ancora pronta alla riproduzione.
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Di seguito vengono riportati i principali parametri biologici (peso/lunghezza) dei singoli
campioni suddivisi per sesso
correlazione del peso e della lunghezza dei
maschi di P. clarkii catturati
45
40
39
35
38
35
32 33
31
28
30
33
31
29 28
27
24 24
23
21
20
20
18
18
20
17
17 17
16
15
14 15
13
15 1211
11,5
11,5
11,5 10,5 11,5
11 11 11 11
10,5 11
10109,5
9 9 10 8,510 9 10 9 9,510 9 9 109,5 9 1010 8 10 10 8,5 9 91010 91089
10
76
5
25
2122
22
1920
1718
0
1
3
5
7
9
11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39 41
lunghezza cm.
peso gr.
correlazione peso e lunghezza delle femmine
di P. clarkii catturate
70
60
60
55 53
50
41
36
3331 33
31
40
46
43
4544
35
35
29
24 2424
4038
31
40
35
28
27 25
25
22
21
20
20
17
17
1716
1717
20
13,513,511,5
13 131311,511,5
12,5
12131013,5
1211 1110 1010 1010,5
11,5
11101210 11 12,5
1112910 99,5121010
10,5
10
10 1010 911,5
9,5
8 9
10
30
26
2422
21
21
0
1
3
5
7
9
11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39 41 43 45
lunghezza cm.
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peso gr.
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correlazione dei pesi dei maschi e delle
femmine (in blu) di P. clarkii catturati in
zona Alberoni (GO)
60
40
20
0
1 3 5 7
9 11 13
15 17 19
21 23 25
27 29 31
33 35 37
39 41 43
45
Come si evince dal grafico, le femmine sono risultate di taglia (e di peso) maggiore di quello
dei maschi, con una percentuale di forme sessualmente attive (F1) maggiore dei maschi.
50
45
45
41
40
F1
39
35
30
F2
25
21
20
femmine
maschi
20
15
10
6
5
0
1
2
3
Considerato l‘elevato numero di soggetti testati, su un sottocampione di 45 individui si è proceduto
alla verifica del contenuto stomacale; ciò anche al fine di verificare la biologia alimentare della
specie e compararla a quella riportata in letteratura.
Il contenuto di ciascun stomaco è stato analizzato allo stereo microscopio e suddiviso in tre
tipologie principali di alimento: animale, vegetale, detrito (inteso nel contesto come insieme di
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particolato organico in decomposizione non ascrivibile alle altre due categorie). Il contenuto dello
stomaco è stato valutato in percentuale rispetto ad un valore medio di volume stomacale – come
riportato in bibliografia - (circa 2ml).
Nella Tabella che segue vengono riportate in analitico le percentuali di ogni componente
rinvenuta e classificata secondo la sua probabile appartenenza:
indefinito
frazione vegetale
frazione animale
Insetti
Fibra muscolare
Reperti ittici
Crostacei
detriti
4
33
19
18
10
6
10
100
Dai dati elaborati emerge che il P. clarkii di questa zona si alimenta prevalentemente di
fauna acquatica (53%). Detti valori risultano comunque in linea con quanto riportato in letteratura
dimostrando, nel nostro caso, una netta preferenza per la componente animale (costituita per la
maggior parte da resti di piccoli invertebrati acquatici e terrestri e di pesci).
6
10
4
33
10
indefinito
vegetali
18
19
insetti
muscolo
pesci
crostacei
detriti
Rappresentazione grafica della composizione in percentuale del contenuto stomacale dei soggetti esaminati
La letteratura definisce questo crostaceo come una specie onnivora, principalmente
detritivora (di solito 54% del volume), ma con una considerevole componente vegetale (35%) nella
sua alimentazione. Il consumo di alimento di origine animale riportato dai dati bibliografici è
comunque rilevante (11%) ed è costituito principalmente da macroinvertebrati e pesci.
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I risultati emersi, al contrario,
confermano comunque che in presenza di
alimento di origine animale, questa specie,
come del resto altri crostacei acquidulcicoli
anche autoctoni, pur evidenziando una dieta
eterogenea, se disponibile prediligono
nettamente la frazione proteica animale, al di
là della loro taglia.
Alcuni esemplari catturati durante il giorno con
l’evidente intestino pieno
Ciò spiega l‘assenza, nelle aree indagate del comprensorio individuato a pag. 62, della
maggior parte dell‘ittiofauna tipica di queste acque, con al contrario una elevata presenza di
Gambusie e rari di Spinarelli. Tale fatto è comunque in linea con le esperienze dei ricercatori su
questo argomento che, come già detto a pag.43, riporta l‘estrema ―mobilità‖ di questa specie di
pesce a discapito dell‘altra ittiofauna.
A questo proposito, infatti, risultano assenti quegli animali predatori di questo gambero
come, ad esempio, il pesce Gatto od il Luccio. Sempre nella medesima area, la cattura di pochi
soggetti (proporzionalmente alle altre Stazioni) nella Stazione 8 è da ricercarsi nella accertata
presenza in situ proprio di questi pesci.
Al di là della difficoltà di elettrofishing dettata dalla componente salina dell‘acqua, è stato
possibile catturare infatti solo una Scardola di cm. 20, ed una moltitudine di Gambusie.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Alla luce di quanto fin qui esposto, preme rimarcare che il ritrovamento degli animali è stato
possibile solo grazie a specifiche ( e comunque esigue) segnalazioni di personale di vigilanza edotto
dallo scrivente sull‘argomento; quanto ai mezzi impiegati nella presente ricerca (nasse), giova
ricordare che, di norma e al di là di casi sporadici ed eccezionali, essi diventano attrattivi in
rapporto al loro periodo di permanenza in acqua che, solitamente, è di almeno 24 ore.
Nella maggior parte dei casi osservati, si è invece visto che già con un periodo in acqua di poche
ore e durante la fase diurna (i crostacei sono generalmente lucifugi), un rilevante numero - in
rapporto sempre al tempo di pesca - di soggetti è entrato in nassa. Ciò significa che la loro
consistenza numerica nei siti indagati è da considerarsi elevata, con percentuali stimate oscillanti
da 1,7 a 3 individui/m2 .
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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Risulta altresì importante sottolineare che:
I casi accertati nel Collegio n.2 (pag.62), pur limitati rispetto all‘effettivo areale di probabile
diffusione, ricadono all‘interno dell‘area SIC IT 333005 e, quindi, dovranno essere considerati
e gestiti secondo le vigenti e specifiche normative comunitarie.
Quelli invece monitorati nel Collegio n.14 e nella fattispecie il f. Torsa (pag.79), ma soprattutto lo
Stella (pag.82) pur non propriamente coincidenti con l‘area SIC IT 3320036, molto probabilmente
vedono il Clarkii presente anche in questa zona protetta.
Si ricorda infine che, quando vengono avvistati, segnalati od ancor meglio catturati esemplari
di P. clarkii sulla terraferma (come nel nostro caso su una strada) questo è un inequivocabile
segnale di una loro elevata presenza in quel territorio, e non bisognerebbe indugiare
nell’attivarsi con ogni mezzo!
Linee generali di indicazioni tecnico progettuali per l‘eventuale applicazione di
metodologie atte alla eradicazione e/o al contenimento della specie
Dai risultati fin qui esposti, nonostante che la verifica sia stata condotta solo su alcuni e precisi
punti, emerge uno stato di fatto che vede la presenza di questa specie purtroppo ben consolidata e
ben radicata con tutti gli effetti negativi (ambientali fisici e faunistici) derivanti, soprattutto
nell‘area del monfalconese.
A proposito di quest‘ultima zona (che si ricorda è compresa in un‘ area SIC, estremamente vasta e
solo in piccola parte indagata) bisognerà approntare delle soluzione tecniche e pratiche sul lungo
periodo, pena il futuro collasso dell‘intero territorio.
E‘ chiaro che la presenza anche nelle nostre acque regionali di questa fauna alloctona, deriva da una
sua introduzione volontaria a scopo sia di pesca sportiva, sia per utilizzarla come esca viva (a detta
degli esperti altamente attrattiva verso alcune specie ittiche), sia alimentare, e sia a scopo
amatoriale; tutti questi fattori rappresentano infatti, la principale causa della sua rapida espansione
osservata in tutta Europa negli ultimi anni; tali pratiche di transfaunazione attiva hanno sicuramente
contribuito alla rapida diffusione della specie amplificata anche dalla vagilità intrinseca di questi
animali.
Prima di passare ad indicare le linee generali per combattere e/o contenere la presenza e la
diffusione del P. clarkii anche nelle acque del FVG, giova ricordare alcuni scritti che, oltre ad
affrontare il problema, suggeriscono validi metodi per una sua soluzione anche se non definitiva.
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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A tal proposito viene di seguito riportato quasi integralmente un documento edito dalla UE che, per
l‘appunto, affronta l‘argomento specie aliene invasive (da: Da N O T I Z I A R I O N A T U R A
D E L L A C O M M I S S I O N E E U R O P E A D G E N V, Numero 25 – Dicembre 2008):
―..Ridurre l‟impatto delle specie alloctone invasive
Un efficace controllo alle frontiere può contribuire ad arrestare o a prevenire la diffusione delle
IAS.
In linea con quanto contenuto nei “Principi guida” adottati dalla Convenzione sulla diversità
biologica,la prevenzione, una diagnosi precoce e una rapida risposta sono gli strumenti migliori
per
affrontare il problema delle specie invasive. Un‟efficace applicazione di questi principi richiede
tuttavia una maggiore comprensione dei modelli che permettono ad una specie invasiva aliena di
insediarsi e di diffondersi in un determinato territorio. Varie strategie per debellare le IAS sono
state analizzate in un studio sulle modalità più efficaci e redditizie di gestione delle specie
predatrici invasive. Attraverso un sistema di modellizzazione, i ricercatori hanno individuato
cinque specifiche strategie:
l‟eradicazione immediata – tendere alla completa eliminazione dei predatori quanto prima
possibile;
il controllo a un numero fisso – eliminazione di un determinato numero di predatori (metodo
sovente scelto in caso di risorse limitate); può portare all‟eradicazione dei predatori se il numero
di esemplari è ridotto;
il controllo a tasso fisso – eliminazione annuale di una determinata percentuale di predatori in
modo da contenere la crescita della popolazione;
la cattura oltre la soglia massima – quando il numero di predatori supera una determinata soglia
(metodo utilizzato per mantenere la popolazione di predatori ad un livello accettabile);
la cattura al di sotto della soglia minima – quando il numero di predatori scende al di sotto di una
soglia prestabilita; metodo utilizzato per eradicare esigue popolazioni di predatori.
Secondo i ricercatori, qualora siano disponibili fondi sufficienti, l‟eradicazione immediata di
predatori alloctoni invasivi si è dimostrata la strategia più efficace per ridurre le minacce sulle
specie autoctone (persino in caso di non completa eradicazione della specie predatrice). Qualora
non sia possibile eliminare totalmente i predatori e vi siano limitazioni di bilancio, lo studio
suggerisce di ricorrere al metodo della “cattura oltre la soglia massima” poiché l‟impatto
maggiore sulle specie native si ha in presenza di elevate densità di popolazione di predatori
alloctoni.
La ricerca sulle specie invasive negli estuari e nelle aree costiere suggerisce che, in tali zone,
l‟eradicazione si rivela generalmente meno onerosa di un lungo programma di monitoraggio, a
condizione che il processo di penetrazione delle specie invasive sia ancora in fase iniziale.
Contenimento
Nei casi in cui l‟eradicazione si rivela inadeguata o non è più possibile, lo studio di cui sopra
suggerisce di limitare la diffusione degli alloctoni invasivi, in particolare se la varietà degli
organismi o della popolazione interessata è abbastanza esigua da rendere fattibili tali interventi di
contenimento. In questo caso sarà fondamentale assicurare un monitoraggio periodico, integrato
da
interventi tempestivi per eradicare eventuali ricomparse della specie.
Preallerta
Molti studi sulle IAS in Europa pongono l‟accetto sulla necessità di introdurre un sistema di
allarme rapido, il cui sviluppo è già stato previsto nel Piano d‟azione dell‟UE a favore della
biodiversità ed approvato dal Consiglio europeo dei ministri. Questo sistema dovrebbe agevolare
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107
Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
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un immediato scambio di informazioni tra paesi limitrofi sull‟eventuale comparsa di IAS, nonché
favorire la cooperazione su misure di controllo oltre i confini nazionali.
Un sistema di questo tipo dovrebbe prevedere una sorveglianza regolare delle aree più sensibili
quali: (i) principali punti di ingresso turistici o commerciali (aeroporti, porti, stazioni, ecc); (ii)
punti di entrata dei vettori di diffusione spontanea (ad esempio coste, sistemi idrici transfrontalieri,
ecc.); (iii) aree adiacenti a strutture di contenimento di potenziali IAS; (iv) aree altamente
disturbate dagli scavi (aree bonificate, costruzioni, aree danneggiate dalle intemperie); (v)
ecosistemi isolati e aree vulnerabili dal punto di vista ambientale.
A questi lavori contribuiscono anche diverse reti e svariati progetti di ricerca europei quali
DAISIE, SEBI 2010 (sostenuto dall‟AEA), NOBANIS e ALARM. La pubblicazione disponibile in
rete “Aquatic Invasions” , ad esempio, è una rivista ad accesso aperto sulle invasioni biologiche
nelle acque interne e costiere d‟Europa e sulle aree che potrebbero rivelarsi potenziali portatrici di
specie acquatiche invasive. Messa a punto da ERNAIS (European Research Network on Aquatic
Invasive Species) e finanziata nell‟ambito del progetto ALARM (PQ6), questa rivista promuove una
tempestiva pubblicazione dei dati più recenti sui bio invasori, utili per la valutazione dei rischi e
l‟attivazione di immediati sistemi di preallerta..”.
Molti studi sulle IAS (Specie Alloctone Invasive) in Europa pongono l‘accento sulla necessità di
introdurre un sistema di allarme rapido, il cui sviluppo è già stato previsto nel Piano d‘azione
dell‘UE a favore della biodiversità ed approvato dal Consiglio europeo dei Ministri.
Questo sistema dovrebbe agevolare un immediato scambio di informazioni tra paesi limitrofi
sull‘eventuale comparsa di IAS, nonché favorire la cooperazione su misure di controllo oltre i
confini nazionali.
Un sistema di questo tipo dovrebbe prevedere una sorveglianza regolare delle aree più sensibili
quali, ad esempio, iprincipali punti di contenimento delle colonie di gambero killer.
Da un lato c‘è la necessità di limitare la presenza di questa specie nelle aree più qualificate per
tutelare la fauna autoctona e la stabilità delle opere idrauliche di contenimento dei corsi d‘acqua.
Dall‘altro lato si può favorirne la pesca per tenerne sotto controllo la popolazione.
Occorre però verificare la salubrità delle aree di pesca perché, come evidenzia anche lo studio che
abbiamo reso pubblico, questi gamberi vivono tranquillamente anche in acque inquinate ed
accumulano nell‘organismo sostanze tossiche che possono essere nocive per l‘uomo.
Su questo problema, riferisce la commissione UE, sarà avviato un confronto con le associazioni di
pesca, professionali e sportive, per verificare quali interventi mettere in atto ed attivare eventuali
forme di collaborazione‖.
Dello stesso argomento si è anche interessato l‘ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale (Indagine conoscitiva sulle iniziative finalizzate alla prevenzione, monitoraggio
e mitigazione degli impatti delle specie aliene invasive in Italia) che riferisce testualmente:
―..L‟eradicazione delle specie alloctone, in particolar modo di P. clarkii, anche se auspicata da
molti ricercatori internazionali, alla luce dei fatti reali oggi risulta impraticabile, poiché richiederebbe
uno sforzo notevole sia da un punto di vista economico che di campo.
La rimozione manuale degli esemplari, infatti, dovrebbe avvenire contemporaneamente in ogni
area di diffusione, e parallelamente se ne dovrebbe impedire lo spostamento degli individui: ciò è
praticamente impossibile, soprattutto nel caso di una specie ad ampia vagilità come il gambero
rosso della Louisiana.
Purtroppo l‟attività indiscriminata delle pratiche di introduzione si è protratta per anni senza
alcuna limitazione, ed ha raggiunto una condizione pressoché irreversibile. A questo punto il
contenimento numerico delle popolazioni sembra l‟attività di conservazione che presenta le
maggiori possibilità di successo…‖.
Dott. Giorgio De Luise
Via XXIV Maggio 61, 33010 Reana del Rojale (UD)
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
Linee guida per il contenimento e/o l’eradicazione del P. clarkii nelle acque del FVG
I provvedimenti tecnici e politici che dovranno essere intrapresi, vengono di seguito sintetizzati per
punti e per priorità di intervento:
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proseguio del monitoraggio del P. clarkii in forma più mirata ed analitica di durata almeno
annuale;
tutoraggio degli agenti di vigilanza di ogni corpo di appartenenza (regionale, provinciale e
dello stato);
redazione di una pubblicazione divulgativa sulla specie in esame e sui pericoli ambientali
connessi;
pubblicità massima dei risultati ottenuti sugli organi di stampa e sui media locali in genere,
verifica della possibilità di estendere la cattura da parte dei pescatori sportivi di questa
specie, inserendola a titolo nel prossimo Calendario di pesca con le ovvie regolamentazioni;
tutoraggio di un limitato e scelto numero di soggetti in possesso della licenza di pesca al fine
di rilasciare una specifica delega atta alla cattura del Clarkii senza limiti temporali e con
ogni mezzo consentito; in questo caso, ovviamente, dovrà essere predisposto un apposito
piano di intervento con l‘obbligatorietà di istituire un punto di controllo del pescato;
nella reale impossibilità di eradicarla, messa a punto di un piano per rimozione meccanica
con catture selettive della specie nell‘area SIC, al fine di mantenere la popolazione a un
livello non virulento;
coinvolgimento dell‘ARPA per la verifica dei bioaccumuli e delle fitotossine con particolare
riguardo all‘area di transizione della zona Alberoni; ciò perché l‘utilizzazione del materiale
pescato deve essere valuta attentamente, soprattutto se il prodotto viene destinato a scopi
alimentari od immesso, come già accaduto sul mercato di Grado. In questo senso sono
necessarie analisi approfondite per capire se tali animali risulteranno commestibili;
coinvolgimento diretto della Protezione civile al fine di monitorate altre aree che presentino
caratteristiche di argini in fase di smottamento e che siano compatibili con la presenza di
questa specie;
sempre nell‘area SIC, redazione di un piano strategico tecnico atto alla sperimentazione
della immissione di specie ittiche predatrici almeno a stadio sub adulto (Luccio e pesce
Gatto in particolare) con il successivo monitoraggio degli incrementi ponderali delle stesse e
puntuale verifica dei contenuti stomacali di un campione (atti ad accertare l‘avvenuta
predazione dei crostacei), in contemporanea al proseguio del monitoraggio del P. clarkii,
Dott. Giorgio De Luise
Via XXIV Maggio 61, 33010 Reana del Rojale (UD)
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Studio preliminare sulla presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)
in Friuli Venezia Giulia.
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informazione e notifica della problematica ai competenti Organi del Ministero
dell‘Ambiente e della UE anche al fine di reperire adeguati finanziamenti necessari per il
proseguio del lavoro,
istituzione di un tavolo tecnico con le Amministrazioni pubbliche confinanti (già interessate
al problema), ampliando- se è il caso - anche la collaborazione transfrontaliera con la vicina
Slovenia e l‘Austria.
Dott. Giorgio De Luise
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gambero rosso 2009 - Ente Tutela Pesca