Guicciardini
L’Antimachiavelli
21/12/2015
Elettra Gambardella - IIS Tassara
(Sez.Pisogne)
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Guicciardini e Machiavelli
• In Machiavelli si avverte, pur sullo sfondo di una
visione pessimistica, l’entusiasmo di un pensiero
che crede nel controllo razionale della realtà
• In Guicciardini, di poco più giovane e testimone
del crollo definitivo della situazione italiana,
prevale il senso dello scacco, dell’impossibilità di
dominare gli eventi.
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La vita (1483-1540)
• Guicciardini iniziò ancora giovane una
carriera diplomatica di alto livello
• Fu ambasciatore della Repubblica
fiorentina presso il Re di Spagna
• Dopo la caduta della repubblica, ebbe
incarichi importanti dai i due papi
medicei, Leone X e Clemente VII
• Nel 1526-27 fu a capo dell’esercito
pontificio nella guerra della lega di
Cognac contro l’imperatore Carlo V che
si risolse nel disastro del sacco di Roma
• Dopo il 1530 si ritirò a vita privata in una
sua villa di campagna, dove scrisse la
Storia d’Italia
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I Ricordi
• Sono una raccolta di massime e brevi
riflessioni, destinate a trasmettere ai
figli il succo della propria esperienza
• come era d’uso nelle famiglie
mercantili fiorentine
• “Ricordo”, infatti, propriamente
significa “ammonimento”,
“consiglio”
• Il titolo si richiama a un genere di
scrittura privato
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Guicciardini e Machiavelli
• Guicciardini condivide con Machiavelli la visione realistica e
disincantata della realtà,
• ma non ha la stessa fiducia nella possibilità di formulare delle
leggi generali di comportamento
• “È grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente
e assolutamente e, per così dire, per regola; perché quasi tutte
hanno distinzione e eccezione per la varietà delle circustanze”
(Ricordi, 6)
• È impossibile dunque nell’insieme degli eventi cogliere regole
generali che siano di guida per l’uomo politico
• Un evento è irriducibile a ogni analogia e somiglianza:
l’eccezione è la norma, la condizione prevalente e comune
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Guicciardini e il mondo classico
• Non è possibile valersi degli
esempi storici perché le circostanze
non si ripetono mai uguali.
• “Quanto si ingannano coloro che a
ogni parola allegano e Romani!”
(Ricordi, 110)
• La storia romana dunque, a
differenza di Machiavelli, non
conserva per Guicciardini alcun
valore esemplare
• Non servono a nulla le conoscenze
tratte dai libri (“l’esperienza delle
cose antique”)
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Guicciardini e la “fortuna”
• La varietà e l’imprevedibilità dei casi rende il potere della
“fortuna” pressoché incontrastabile.
• “Nelle cose umane la fortuna ha grandissima potestà, perché si
vede che a ognora ricevono grandissimi moti da accidenti
fortuiti, e che non è in potere degli uomini né a prevedergli né a
scifargli (evitarli) (Ricordi, 30)
• Per Guicciardini dunque la “fortuna” esercita un dominio totale
sulle vicende umane: né la prudenza, né la capacità di adattarsi
alle situazioni consentono agli uomini di dirigere gli eventi o di
prevederli.
• I personaggi che nella storia hanno avuto successo non lo
devono alla loro capacità di dominare gli eventi, ma al fatto di
aver agito in circostanze storiche favorevoli
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La “discrezione”
• In mancanza di regole assolute e generali, non
resta che affidarsi alla “discrezione”
• Il termine deriva dal latino dis-cerno, “separo”,
“distinguo”
• Per Guicciardini la storia è del tutto
imprevedibile, le regole generali non servono a
nulla e così pure le conoscenze tratte dai libri
• La sola qualità da cui può scaturire una chiara
visione dei fatti politici e sociali è dunque la
discrezione, cioè la capacità di cogliere il
carattere peculiare – unico e irriducibile – di
ogni situazione e di adeguarsi ad essa
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“Discrezione” e “virtù”
• La “discrezione” è principio ben
diverso dalla “virtù” di Machiavelli
• La “virtù” machiavelliana è
costruttrice di nuove realtà
politiche
• Guicciardini non ha in mente
grandi disegni da realizzare.
• Il suo punto di riferimento non
sono tanto le sorti dello stato,
quanto quelle del singolo.
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Il “particulare”
• “Quegli uomini conducono bene le cose loro in questo mondo,
che hanno sempre innanzi agli occhi l’interesse proprio, e tutte
le azioni sue misurano con questo fine” (Ricordi, 218)
• E’ il criterio del “particulare”.
• Di fronte all’instabilità del mondo, è necessario mantenersi
aderenti alla situazione concreta, operando per il proprio
“particulare” (per il proprio personale e privato interesse), senza
affidarsi a valori o ideali astratti.
• Ciò è parso a moti puro cinismo,
• ma Guicciardini in fondo è un moralista, preoccupato di come
un individuo possa salvarsi materialmente e moralmente in
mezzo al fluttuare di eventi ingovernabili.
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La Storia d’Italia (1561)
• Lo stesso realismo disilluso dei Ricordi ispira
l’opera più impegnativa di Guicciardini, la
Storia d’Italia.
• L’opera narra in 20 libri le guerre che portarono
alla fine dell’indipendenza italiana, dalla morte
di Lorenzo il Magnifico (1492) a quella di papa
Clemente VII (1534).
• Sono eventi che l’autore aveva visto da vicino e
di cui era stato in parte protagonista
• Nell’opera domina il senso di una grande
tragedia politica e dell’inevitabilità degli eventi
che determinarono la fine dell’indipendenza
degli stati regionali italiani.
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La novità della “Storia d’Italia”
• L’opera si basa su un’attenta ricerca e valutazione
dei documenti.
• Questo segna uno sviluppo rispetto alla storiografia
precedente
• Incluso Machiavelli che non si preoccupava del
vaglio critico delle fonti.
• Guicciardini riduce al minimo gli ornamenti retorici
tradizionali nella storiografia (ampi discorsi messi
in bocca ai protagonisti – sull’esempio classico –
commenti e massime generali).
• Mira invece a ricostruire col massimo di lucidità lo
sviluppo di avvenimenti intricati
• La Storia d’Italia segna dunque una tappa
importante nella formazione della moderna
metodologia storica (cioè della raccolta e
dell’attenta indagine critica delle fonti)
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