Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale
Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno,
Regione Abruzzo, Regione Basilicata, Regione Calabria, Regione Campania,
Regione Lazio, Regione Molise, Regione Puglia
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PIANO DI GESTIONE
DEL RISCHIO DI ALLUVIONI
– D.Lgs. per
n 49/2010
Scheda di (2007/60/CE
inquadramento
UOM– D.Lgs. n.219/2010)
R.4.1.F_1.1
AdB Interregionale Sele - UOM ITI025
Maggio 2015
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UNIT OF
MANAGEMENT
ITI_025 - Competent Autority - Regione Campania - Distretto Idrografico dell’Appennino
Meridionale - ex Autorità di Bacino Interregionale del fiume Sele
INQUADRAMENTO
TERRITORIALE
L'UoM rappresenta la ex Autorità di Bacino Interregionale del fiume Sele: ITI025;
L'Autorità di bacino interregionale del fiume Sele è stata una delle Autorità interregionali
istituite in conformità dell'art. 13 della legge del 18 maggio 1989, n. 183, con un'intesa fra la
regione Campania e la regione Basilicata. La sede amministrativa era a Napoli in via
Caracciolo.
La UoM ITI_025, quindi, campisce il territorio del bacino interregionale (Campania e
Basilicata) del fiume Sele e dei suoi affluenti con una superficie di 3.350 km² con 88
comuni, suddivisi tra i 62 comuni della provincia di Salerno, 5 della provincia di Avellino e
21 della provincia di Potenza: Albanella, Altavilla Silentina, Aquara, Atena Lucana,
Auletta, Avigliano, Balvano, Baragiano, Bella, Bellosguardo, Brienza, Buccino,
Buonabitacolo, Caggiano, Calabritto, Campagna, Campora, Capaccio, Caposele,
Casalbuono, Casaletto Spartano, Castel San Lorenzo, Castelcivita, Castelgrande,
Castelnuovo di Conza, Colliano, Controne, Contursi Terme, Corleto Monforte, Eboli,
Felitto, Gioi, Laurino, Laviano, Lioni, Magliano Vetere, Marsico Nuovo, Moio della
Civitella, Monte San Giacomo, Montesano sulla Marcellana, Muro Lucano, Oliveto Citra,
Ottati, Padula, Palomonte, Pertosa, Pescopagano, Petina, Piaggine, Picerno, Polla,
Postiglione, Ricigliano, Romagnano al Monte, Roccadaspide, Roscigno, Ruoti, Sacco, Sala
Consilina, Salvitelle, San Gregorio Magno, San Pietro al Tanagro, San Rufo, Sant'Angelo a
Fasanella, Sant'Angelo Le Fratte, Sant'Arsenio, Santomenna, Sanza, Sassano, Sasso di
Castalda, Satriano di Lucania, Savoia di Lucania, Senerchia, Serre, Sicignano degli Alburni,
Stio, Teggiano, Tito, Valle dell'Angelo, Valva, Vietri di Potenza, Abriola, Acerno, Bagnoli
Irpino, Cannalonga, Lagonegro, Moliterno.
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Con legge regionale 15 marzo 2011, n. 4, all’art.1, comma 255, le Autorità di bacino
regionali in Destra Sele e in Sinistra Sele e, d'intesa con la Regione Basilicata, l’Autorità
interregionale del Fiume Sele, sono state accorpate nell’unica Autorità di Bacino
Regionale di Campania Sud Sele ed Interregionale per il bacino idrografico del Fiume
Sele.
Per le finalità del PGRA nell’ambito dell’UoM ITI025, sono state individuate 5 Unità di
Analisi, come ambiti idraulici omogenei:
UA_Sele_UA_07;
UA_Bianco UA_08;
UA_Tanagro UA_09;
UA_Calore Salernitano UA_010;
UA_Costa UA_02_04.
La numerazione delle UA è stata definita di concerto tra le Autorità Regionali della
Campania (Autorità di Bacino Regionale della Campania Centrale e Autorità di Bacino
Regionale di Campania Sud ed Interregionale per il bacino idrografico del Fiume Sele)
individuando per la costa una discretizzazione in funzione delle ex AdB incidenti sul tratto
di rispettiva competenza a partire da nord.
L’UOM ITI_025, come già evidenziato, comprende i territori ricadenti nelle seguenti
Regioni:
• Basilicata in provincia di Potenza; questa parte del territorio caratterizza la zona nord
orientale del bacino in cui si ritrovano alcuni corsi d'acqua d'entità non trascurabile quali:
le Fiumare di Tito e di Picerno, di Muro e di Avigliano, i fiumi Melandro, Pergola e
Platano, tutti confluenti del fiume Bianco che si immette nel Tanagro.
• Campania in provincia di Avellino e Salerno, con una caratterizzazione morfo
idrografica che consente la suddivisione in alto, medio e basso Sele con un asta principale
che passa da una fase di completo confinamento ad una di semi confinamento e nella
parte bassa di non confinamento con arginature più o meno continue nella zona di foce.
Il fiume Sele, UA_07 questa UA caratterizza l'asta principale del F.Sele; ricordando che
tale corso d'acqua è il secondo della regione ed è tra i più importanti fiumi del Mezzogiorno
d'Italia. L’asta principale è lunga circa 64 km. Detto corso d’acqua nasce a Caposele (Av) e
da qui si sviluppa, con un percorso sinuoso, condizionato dalla tettonica quaternaria, in un
contesto geolitologico caratterizzato de terreni calcarei sui quali sono sovrascorsi termini
argillosi. Nel tratto montano, confinato, i maggiori affluenti del Sele sono il torrente
Temete, il vallone della Noce, il torrente Mezzana, il torrente Bisigliano, (a sinistra), il Rio
Zagarone, il vallone S. Paolo, il torrente Piceglia, il fiume Acquabianca, il vallone Grande,
il torrente Vanghia (in destra). Nel tratto medio, semi confinato, riceve invece da sinistra i
fiumi Bianco, Tanagro e Calore Lucano ed i torrenti Alimenta e Lama; da destra il fiume
Trigento, il torrente Acerra, il Tenza, il vallone Telegro; nella parte bassa i maggiori
contributi provengono dai canali consortili Acque Alte Lignara e Campolungo.
Per le analisi del PGRA si è preferito suddividerlo in alto e medio Sele e basso Sele; e ciò in
funzione degli aspetti morfoorgrafici in quanto la parte alta e media presenta, oltre a
caratteristiche idrografiche completamente diverse del tratto vallivo, anche una importanza
strategica del punto di vista della risorsa idrica, atteso che le sorgenti del Sele, a Caposele,
danno acqua anche alla Puglia e quelle di Quaglietta (Calabritto) hanno una importanza
strategica non solo per la Campania.
La parte valliva, basso Sele, invece, è caratterizzata da un ampio corso d’acqua
semiconfinato e non confinato con aree di pianura caratterizzate da un uso intensivo in
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termini agricoli e zootecnici (allevamento di bufale). Anche in questo tratto non mancano
insediamenti storico culturali e archeologici interferenti con una fitta rete di canali di
bonifica ed irrigui che solcano la piana sia in dx che in sx idraulica. Alla foce si segnala la
presenza di una estesa area naturale protetta Foce Sele Tanagro.
Il fiume Bianco UA_08, scorre in Campania, nella provincia di Salerno ed in Basilicata e
nasce dalla confluenza dei fiumi Melandro e Platano, da cui deriva, talora, anche il nome di
Platano-Bianco.
Dopo aver ricevuto le acque dei suddetti torrenti, questo si sviluppa per diversi chilometri
lungo una serie di bellissime gole e canyon, scavati nel corso dei millenni. Sul suo corso fu
edificato in età augustea, dagli abitanti di Volcei, un ponte, attualmente dedicato a San Cono
(bene culturale). Esso termina il suo percorso immettendosi, come affluente in destra del
fiume Tanagro.
Il Fiume Tanagro UA_09 nasce sotto forma di semplice torrente a monte del comune di
Casalbuono, in territorio Lucano e precisamente in località Cozzo del Demanio nel comune
di Moliterno (PZ); un apporto importante è dato dalle sorgenti del Calore nel comune di
Montesano sulla Marcellana (SA), tende poi ad ingrossarsi rapidamente grazie all'apporto di
numerose sorgenti, ruscelli e torrenti fino a diventare un fiume vero e proprio nei pressi di
Padula. Detto fiume fu canalizzato, rettificato e cementificato, negli anni ottanta a partire
dal territorio di Atena Lucana
Questo percorre l'altopiano del Vallo di Diano (450 m s.l.m.) uscendone poi attraverso la
gola di Campostrino, ove, prosegue attraverso un percorso naturale di estrema bellezza, nei
territori di Auletta, Caggiano e Pertosa, dove raccoglie anche le acque provenienti dalle
Grotte dell'Angelo. Da qui il corso d’acqua si sviluppa parallelamente ai monti Alburni ove
si ingrossa ancora grazie a numerosi altri tributari (fiume Platano-Bianco) fino a riversarsi
nel Sele nei pressi di Contursi Terme. Importante per questo corso d’acqua evidenziare
alcuni aspetti naturalistici connessi alla WFD 2000/60, come tutto il Sele, è classificato a
specifica destinazione dalla foce alla sorgente, per la presenza dell'Alborella lucana
(Alburnus albidus) e la Trota fario (Salmo trutta fario), e con numerosi ritrovamenti di
colonie di lontre.
Il Calore Salernitano UA_010, con 63 km di sviluppo e circa 770 kmq di bacino,
costituisce l'affluente principale del Fiume Sele; nasce alle pendici settentrionali del Monte
Cervati, da alcune grosse polle ai piedi di un'alta parete rocciosa, all'interno di un'estesa
faggeta, in una località chiamata Festole, non lontana dall'area forestale di Pruno.
Il suo corso si sviluppa interamente nella provincia di Salerno, all'interno del Cilento, , con
un bacino caratterizzato, soprattutto nella parte alta, da località impervie e di difficile
accesso.
Per lunghi tratti, infatti, il suo alveo si infossa tra strette e alte pareti rocciose, dando vita ad
escavazioni fluviali nelle rocce che prendono il nome di Gole del Calore, come accade
presso il centro abitato di Laurino e nella gola del Monte Pescorubino, tra le località di
Magliano Vetere e Felitto.
Anche in tale corso d’acqua viene riscontrata la presenza stabile della lontra.
Il tratto di Costa UA_02_04. Il tratto di costa riferito al territorio dell'ex Autorità di Bacino
Interregionale del Fiume Sele, si affaccia sul Mar Tirreno, in provincia di Salerno ed è
caratterizzato da una vasta area protetta bassa e sabbiosa, con una lunghezza complessiva di
circa 18 km.
In riferimento alle principali criticità idrauliche riscontrate si evidenzia:
Per l'UOM ITI_025:
SINTESI DELLE
CRITICITA’
vi è una ben localizzata fascia di esondazione nella zona prossima alla foce del
Sele, nella zona di pianura, caratterizzata da una storica area di soggiacenza ove
insiste il consorzio di bonifica di Paestum, in sinistra Sele;
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zone limitrofe ai corsi d’acqua, nell’ultimo tratto, risultano sottoposte al livello del
mare per cui in caso di esondazione necessitano di impianti idrovori per lo
smaltimento delle stesse.
non mancano fenomeni di esondazioni nelle aste secondarie in cui si evidenzia un
trasporto solido non trascurabile ( alto e medio Sele e per le famose fiumare
lucane);
altro aspetto da sottolineare è la difficoltà di drenaggio nella rete dei canali di
bonifica (vedi anche Tanagro – Vallo di Diano) ove il sistema naturale ed
artificiale di bonifica ed irriguo, progettato con vecchi criteri, non riesce a
soddisfare i deflussi attesa l'impermeabilizzazione delle aree e lo spinto utilizzo di
attività serricole.
Insufficiente conoscenza dei fenomeni idraulici sul reticolo idraulico secondario e
minore.
Per i bacini sopra citati si riscontrano:
• assenza di specifici piani di manutenzione e controllo dei corsi d’acqua e delle
opere idrauliche ad essi collegate, mancanza di un Presidio Territoriale;
• realizzazione di opere per la mitigazione e difesa del rischio idraulico spesso in
forma puntuale ed in assenza di un reale coordinamento tra gli Enti competenti;
• insufficienza delle sezioni di attraversamento al passaggio dell’onda di piena
spesso caratterizzata da trasporto solido anche in sospensione (detriti vegetali);
• consumo e usi non conformi di suolo nelle aree a pericolosità idraulica;
• scarsa vegetazione riparia nei tratti naturali dei corsi d’acqua e conseguente
degrado degli habitat fluviali.
In riferimento alle principali criticità costiere si riscontrano:
fenomeni di inondazione marina e di erosione che insistono su tutto il tratto di costa;
scomparsa degli habitat dunali, ove presenti.
La superficie delle aree di pericolosità idraulica è di circa:
P3=63,40 Kmq
P2=33,40 Kmq
P1=6,00 Kmq
In riferimento alle principali criticità costiere si riscontrano:
fenomeni di inondazione marina e di erosione che insistono su tutto il tratto di
costa;
scomparsa degli habitat dunali e degrado dei lembi residui.
Con riferimento ai dati elaborati dal Servizio Difesa delle Coste di ISPRA (ex-APAT)
nell’ambito del progetto SIGC – Sistema Informativo Geografico Costiero, la lunghezza
interessata da pericolosità costiera è circa 8,6 Km.
OBIETTIVI DI
GESTIONE
Gli Elementi Esposti in tali aree di pericolosità idraulica e costiera, come evidenziato nelle
mappe del danno, sono numerosi sia come popolazione, centri e nuclei urbani, case sperse,
infrastrutture e strutture strategiche, aree protette, beni culturali ed attività produttive
(industriali, energia, commerciali, artigianali, agricole).
Gli obiettivi di gestione del rischio, per tale UOM, in considerazione della presenza in aree
a pericolosità idraulica e costiera di una molteplicità di beni esposti, di seguito evidenziati,
sono i quattro previsti per l’intero DAM:
− Salvaguardia della vita e della salute umana;
− Protezione dell'Ambiente;
− Tutela del Patrimonio Culturale;
− Difesa delle attività economiche.
Tali obiettivi sono rivolti alla mitigazione e gestione del rischio da alluvioni e costieri
attraverso attività di previsione e prevenzione nonché di preparazione.
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In merito all’obiettivo della Salvaguardia della vita e della salute umana, si evidenzia
che, nella UoM, si intende salvaguardare la popolazione esposta a pericolosità pari circa
3500.
La popolazione presente in aree a pericolosità idraulica è distribuita nei diversi centri
urbani, tra cui la cittadina di Sala Consilina, ma non mancano centri abitati di una certa
rilevanza e di particolare interesse oltre a piccoli centri, nuclei urbani e case sparse.
Sono inoltre, da considerare a rischio : infrastrutture viarie, alcune strade statali e
provinciali di grande scorrimento ed alcuni tratti ferroviari.
Molti dei fenomeni rilevati si vanno a localizzare proprio lungo la rete idrografica non
indagata per la quale, in questa prima fase, sono state definite delle aree di attenzione.
La definizione di aree di attenzione, in questa fase della pianificazione, è utile a segnalare
l'indeterminatezza del sistema idraulico di riferimento, allorquando, si definiscono interessi
antropici nelle immediate vicinanze di corsi d'acqua, anche a carattere stagionale, o nelle
aree interessate da processi di versante attivi o quiescenti comunque interferenti con aree
alluvionali o alluvionabili (vedi DLgs 49/10) .
In merito all’obiettivo della Protezione dell'Ambiente, si evidenzia che, nella UoM, si
intendono proteggere le numerose aree protette presenti in area di pericolosità, in
particolare:
• Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano
• Parco Nazionale “dell'Appennino Lucano Val D'agri Lagonegrese (D.P.R. '8
dicembre del 2007)”;
• Riserva Naturale - "Foce Sele-Tanagro";
• Riserva Naturale - “ Monti Eremita-Marzano”.
Vanno inoltre segnalate tutte le aree protette di cui al dlgvo 152/06 nonché i numerosi
SIC e ZPS sparsi nella'ambito dell'intero bacino di competenza.
In merito all’obiettivo della Tutela del Patrimonio Culturale, si evidenzia che, nella UoM,
si intende tutelare i numerosi beni storico cultuali e paesaggistici presenti in aree di
pericolosità, in particolare:
Beni culturali di cui all'art. 10 del D.Lgs. 42/04 (ex l. 1089) in Campania e
Basilicata ;
Beni paesaggistici ai sensi del Decreto Legislativo 42/2004 e s.m.i.,:
Vanno segnalati, inoltre, alcuni beni appartenenti al patrimonio europeo ed ai beni protetti
dall'UNESCO come ad esempio la Certosa di Padula e le Grotte di Pertosa.
In merito all’obiettivo della Difesa delle attività economiche, si evidenzia che, nella UoM
ITI_025, si intende proteggere le attività economiche che sono presenti in aree di
pericolosità idraulica, ma nel contempo si ritiene opportuno monitorare anche l’eventuale o
possibile inquinamento che da esse potrebbe derivare in caso di danneggiamento, creando
per i fenomeni di diffusione in alveo la propagazione in altre aree, poste più a valle, con
conseguenze per le acque, suolo ed aree protette.
Le attività produttive rilevate sono:
attività industriali, di cui la maggior parte ricadenti in piccole aree industriali che
spesso sono ubicate lungo i corsi d'acqua principali e secondari;
attività turistiche che si distinguono in tre settori: costiero e balneare, storico e
culturale; agrituristico, queste ultime attività turistiche, presenti in modo diffuso in
tutto il territorio;
attività estrattive e attività di gestione rifiuti;
invasi anche a carattere irriguo;
attività agricole specializzate con seminativi e colture arboree, alcune di esse a
produzione biologica;
attività agricola non specializzate;
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attività di pesca lungo il tratto di litorale della UoM.
Oltre i quattro obiettivi di gestione del rischio, al fine della sostenibilità ambientale del
piano e della definizione delle priorità delle misure, in ottemperanza al comma 1 dell’art. 9
D.lgs 49/2010, si è tenuto conto anche degli obiettivi ambientali.
Tutti gli Obiettivi su esposti, considerati e valutati hanno costituito la guida alla definizione
del quadro delle Misure/Azioni nell'ambito degli indirizzi definiti a livello di DAM e per le
singole UoM.
In relazione agli aspetti di gestione del rischio di alluvioni, per l’UoM ITI_025, vengono
affrontati tutti gli aspetti (prevenzione, protezione, preparazione, recupero post evento),
declinati nelle misure, così come indicati dalla normativa comunitaria e nazionale.
Le misure di piano per tale UOM sono quelle considerate prioritarie nella programmazione
del primo ciclo (2016-2021) relative alla quasi totalità di tutte le misure di Prevenzione
(M2), di Preparazione (M4) ed alcune misure Protezione (M3).
Per le misure di protezione M3 (interventi strutturali e non strutturali) sono stati considerati
anche gli interventi già programmati o previsti da altri atti di programmazione e di
pianificazione di settore, per i quali è necessaria, tuttavia, sia una messa a sistema rispetto
alle strategie e agli obiettivi del PGRA, che una ricucitura dei piccoli interventi ed un loro
inquadramento in categorie definite rispetto ai contesti geomorfologi-ambientali-insediativi
e alle problematiche idrauliche.
Si precisa che l’attuazione delle misure è condizionata allo scenario economico di
riferimento, necessario per confermarne la concreta fattibilità delle misure, con particolare
riferimento a quelle di “tipo strutturale” di protezione e prevenzione oppure connesse alle
attività di protezione civile (interventi di somma urgenza), nonché al tempo necessario per
lo sviluppo della pianificazione e della progettazione, dettagliata in ogni sua componente
(anche di impatto sulla direttiva 2000/60/CE) e all’acquisizione dei restanti requisiti di
fattibilità, non dimenticando che i risvolti in chiave di protezione civile alla scala di bacino
possono essere solo di indirizzo e non operativi.
Sono di seguito riportati gli aspetti e lo sviluppo delle misure per l’UoM ITI_025
ASPETTI PRINCIPALI E
SINTESI MISURE
Aspetti legati alla prevenzione riguardano le attività volte ad evitare o ridurre la
vulnerabilità del valore (entità) dei beni esposti e sono riferite alla parte A del Piano
(pianificazione di competenza delle Autorità di Bacino). Le misure collegate a tale aspetto
sono definite come M2, intese come azioni generalmente non strutturali e che risultano
essere quelle predominanti sia in termini di definizione che di attuazione. Tali misure sono
quelle da promuovere ed attuare nel primo ciclo del PGRA (entro il 2019), come ad
esempio: migliorare o meglio definire i provvedimenti, già individuati nei PSAI vigenti,
finalizzati ad impedire la costruzione in aree allagabili, la diffusione di pratiche sostenibili
di utilizzo del suolo, l’incentivazione di programmi di manutenzione ordinaria dei corsi
d’acqua, l’estensione delle conoscenze sul reticolo minore e su fenomeni particolari quali il
trasporto solido, gli aspetti legati ai flussi iperconcentrati ed i fenomeni di run up lungo
costa. Talvolta tali misure richiedono limitate risorse economiche e, quindi, risultano meglio
attuabili rispetto ai più tradizionali interventi strutturali.
•
Prevenzione (Misure M2) riguardano le attività volte ad evitare o ridurre la
vulnerabilità del valore (entità) dei beni esposti, quindi la possibilità che si
verifichino danni conseguenti a calamità, catastrofi naturali o connesse con
l’attività dell’uomo anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle
attività di pianificazione e di previsione. Tra queste particolare rilevanza assumono
le azioni, generalmente, non strutturali quali: l’adozione di provvedimenti
finalizzati ad impedire la costruzione in aree allagabili, rendere i beni esposti meno
vulnerabili alle alluvioni, attenuare gli effetti al suolo previsti e promuovere un uso
appropriato del suolo. La misura volta ridurre la vulnerabilità si esplica
essenzialmente in aree classificate a rischio [R1- R4]e a livello di vincolo nelle
aree a pericolosità idraulica P1 - P3]
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Le Misure M20, proposte per la prima fase di attuazione (2016/2021), nell’ambito del
PGRA, in ambito DAM, sono così suddivise:
M21 Prevenzione queste AGISCONO SUL VALORE E SULLA VULNERABILITA' dei
beni, ed assumono la forma di vincolo in quanto tendono ad inibire o limitare “l’uso” di
aree inondabili ai vari livelli di pericolosità; si prevedono, quindi, misure (norme) per
evitare l'insediamento di nuovi elementi a rischio nelle aree allagabili che possono
concretizzarsi anche in politiche di gestione e pianificazione del territorio tese ad evitare
qualsiasi insediamento di attività antropiche o definire procedure per riconversione o cambi
di destinazione d’uso compatibili con le piene. Vanno altresì attivati studi ed
approfondimenti per la individuazione di interventi tesi a garantire la fruibilità in sicurezza
dei manufatti presenti in aree a rischio e servizi non delocalizzabili. L'esperienza maturata
negli anni ha evidenziato non poche difficoltà, da parte degli enti locali, a rendere la
pianificazione urbanistica “conforme” ai PSAI per cui vi è la necessità di individuare misure
per un adeguamento, progressivo, dei Piani urbanistici Comunali in funzione dei contenuti
del PGRA (norme ed indirizzi). La misura è applicabile a tutta la UoM
M22 Rimozione e ricollocazione; agiscono sempre sulla vulnerabilità, ma in questo caso
tendono a migliorare le condizioni di rischio relativamente ad infrastrutture esistenti;
anche in questo caso possono intendersi come forma di vincolo in quanto occorre definire
misure specifiche tese a rimuovere, anche progressivamente ed eventualmente con incentivi
a privati, gli elementi a rischio dalle aree allagabili o per ricollocare (spostare anche in
modo forzato) gli elementi a rischio in altre aree a minore probabilità di inondazione (previa
pianificazione di aree urbanisticamente sicure). Il tutto potrebbe essere definito con il
termine generico di: Politiche di delocalizzazione con norme regolamentari anche
urbanistiche.
La misura riguarderà solo alcune aree della UoM da individuare in una fase successiva
attivando intese anche con regioni ed enti locali.
M 23 Riduzione; agiscono sempre sulla vulnerabilità, ma in questo caso tendono a ridurre
la vulnerabilità degli elementi a rischio non delocalizzabili, anche per funzioni, (centri
urbani, edifici storici o di interesse pubblico ed anche infrastrutture e life lines) mediante
l’individuazione di specifiche misure/azioni di adattamento (manuali e linee guida per
interventi strutturali) dei manufatti e delle strutture.
Detta misura ha necessità di un adeguato approfondimento, per cui, nella prima fase, si
prevede l'individuazione degli edifici e l’attivazione di studi pilota su edifici pubblici o
strategici, nonché life lines, presenti in aree alluvionabili le cui funzioni non sono
delocalizzabili.
La misura riguarderà solo alcune aree della UoM da individuare in una fase successiva
attivando intese anche con regioni ed enti locali.
M 24 Altre misure per aumentare la prevenzione del rischio; con questo termine
generico si individuano altre azioni che agiscono sempre sulla vulnerabilità; in questo caso
possono essere individuate azioni tese ad una modellazione e valutazione del rischio di
alluvioni, valutazione della vulnerabilità dei manufatti, nonché programmi e politiche per la
manutenzione del territorio.
Detta misura ha necessità di un adeguato approfondimento per cui nella prima fase si
prevede l’attivazione di studi pilota su elementi a rischio presenti in aree alluvionabili.
Anche in questo caso detta misura ha necessità di un adeguato approfondimento, per cui,
nella prima fase, si prevede l’attivazione di studi pilota su edifici pubblici o strategici
presenti in aree alluvionabili.
La misura riguarderà solo alcune aree della UoM da individuare in una fase successiva
attivando intese anche con regioni ed enti locali.
Aspetti legati alla protezione riguardano le attività volte a ridurre la pericolosità
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(probabilità e intensità) di evento, la frequenza delle alluvioni e il loro impatto in specifiche
località; sono riferite alla parte A del Piano (pianificazione di competenza delle Autorità di
Bacino). Le misure collegate a tale aspetto sono le M3, che incidono sulla pericolosità da
alluvione e sono riconducibili sia ad interventi strutturali, che prevedono la realizzazione di
manufatti artificiali, che alcuni interventi non strutturali. Come evidenziato in premessa, nel
PGRA si è tenuto conto degli interventi già programmati o previsti da altri atti di
programmazione e pianificazione di settore, per i quali è necessaria, tuttavia, una messa a
sistema rispetto alle strategie ed agli obiettivi del Piano di Gestione, come evidenziato
all’apposita misura M 35.
L’attuazione degli interventi strutturali può comportare la realizzazione o la manutenzione
di opere o la modificazione della morfologia e della copertura del terreno. Pertanto, tali
interventi strutturali, possono creare impatti sugli ecosistemi fluviali e costieri e sulle aree
protette e, conseguentemente, sulle componenti acqua e suolo, ragion per cui sono previste
anche misure di mitigazione e compensazione.
•
Protezione (Misure M3) riguardano le attività volte a ridurre la pericolosità
(probabilità e intensità) di evento, la frequenza delle alluvioni e il loro impatto
in specifiche località. Esse si identificano con interventi strutturali e non
strutturali volti a ridurre la probabilità di alluvioni in uno specifico luogo. Gli
interventi strutturali sono volti ad una sistemazione attiva o passiva per ridurre la
pericolosità dell’evento, abbassando la probabilità di accadimento oppure
attenuandone l’impatto. Essi comportano la realizzazione o la manutenzione di
opere o la modificazione della morfologia e della copertura del terreno, attraverso:
la riduzione del deflusso in sistemi di drenaggio naturali o artificiali; interventi
fisici in canali d'acqua dolce, corsi d'acqua montani, estuari, acque costiere e aree
soggette a inondazione. La misura ove volta a ridurre la vulnerabilità si esplica
essenzialmente in aree classificate a rischio [R1- R4]e a livello di vincolo nelle
aree a pericolosità idraulica P1 - P3]
Le Misure M30 proposte per la prima fase di attuazione (2016/2021) del PGRA sono:
M 31 Protezione, AGISCONO SULLA PROBABILITA', per cui queste tendono ad agire
sulla gestione delle piene nei sistemi naturali/Gestione dei deflussi e del bacino – e
possono, quindi, concretizzarsi in misure per ridurre il deflusso nei sistemi di drenaggio
naturali o artificiali.
Tra le azioni che possono essere proposte nell’ambito dell'UOM si ritiene di poter proporre :
l’individuazione di superfici in grado di intercettare o immagazzinare il deflusso delle
acque, azioni per l’aumento dell'infiltrazione, azioni condotte in alveo e nella piana
inondabile con riforestazione delle aree golenali per il ripristino di sistemi naturali in modo
da facilitare il rallentamento del deflusso e/o l'immagazzinamento di acqua
Atteso anche il carattere estensivo, detta misura ha necessità di un adeguato
approfondimento, per cui nella prima fase si prevede l’attivazione di studi pilota tesi
all’individuazione di aree ove sperimentare tali azioni .
Non vanno trascurate azioni di coordinamento con i PSR (piani di sviluppo rurale) che
prevedono una serie di incentivi per cambi di destinazione d'uso, manutenzione di opere
agraria e di bonifica agraria e forestale, ecc.
La misura riguarderà solo alcune aree della UoM da individuare in una fase successiva
attivando intese anche con regioni (vedi settore agricoltura e foreste ) ed enti locali.
M 32 Regolazione dei deflussi idrici, agiscono sempre sulla probabilità di alluvione e
comprendono interventi fisici o strutturali per regolare i deflussi e che hanno un impatto
significativo sul regime idrologico. Tra questi si evidenziano : costruzione, modifica o
rimozione di strutture di ritenzione dell'acqua (quali dighe o altre aree di
immagazzinamento in linea o sviluppo di regole di regolazione del flusso esistenti), opere di
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regolazione in alveo, casse espansione, laminazione.
Anche in questo caso detta misura ha necessità di un adeguato approfondimento, in primo
luogo per l'individuazione e caratterizzazione di dette opere, soprattutto quelle di ordine
minore, realizzate anche con i sopra richiamati PSR; per cui, nella prima fase, si prevede
l’attivazione di studi ed indagini tese all’individuazione di aree ove sperimentare tali azioni.
La misura riguarderà solo alcune aree (ARS) della UoM da individuare in una fase
successiva attivando intese anche con regioni, enti locali e consorzi idraulici e/o di bonifica.
M 33 Interventi in alveo, sulle coste e nella piana inondabile , le misure agiscono anche
in questo caso sulla probabilità di alluvione e comprendono interventi fisici in canali
d'acqua dolce, corsi d'acqua montani, estuari, acque costiere e aree soggette a inondazione, e
possono concretizzarsi nella costruzione, modifica o rimozione di strutture o l'alterazione di
canali, gestione delle dinamiche dei sedimenti, argini, ecc.
Questo tipo di misura interessa il reticolo minore e le aree costiere con azioni che agiscono
sulla dinamica dell'evento e/o sugli aspetti morfologici.
Detta misura ha necessità di un adeguato approfondimento, per cui nella prima fase si
prevede l’attivazione di studi ed indagini tesi all’individuazione di aree ove sperimentare
tali azioni, operando anche una azione di ricognizione puntuale degli interventi presenti o
programmati lungo costa a breve termine.
La misura riguarderà solo alcune aree specifiche della UoM da individuare in una fase
successiva attivando anche intese con regioni ed enti locali.
M34 Gestione delle acque superficiali, anche questo tipo di misura agisce sulla probabilità
di alluvione e riguarda interventi fisici o strutturali per ridurre le inondazioni da acque
superficiali, generalmente, in ambiente urbano, ma non solo, e tendono ad aumentare la
capacità di drenaggio artificiale o realizzare sistemi urbani di drenaggio sostenibile (SuDS)
In questo caso la misura ha necessità di un adeguato approfondimento, atteso che si intende
intervenire sulla interconnessione delle reti urbane con le reti di drenaggio naturali
(tombamenti, alvei strada ecc.) comunque interferenti con gli abitati e/o elementi antropici;
per cui, nella prima fase, si prevede l’attivazione di studi tesi all’individuazione di ambiti
urbani ove sperimentare tali azioni, attese le varie situazioni morfo orografiche e strutturali
presenti (vedi le problematiche legate agli alvei strada).
La misura riguarderà fondamentalmente alcune aree urbane, sopratutto pedemontane, della
UoM da individuare in una fase successiva attivando intese anche con regione ed enti locali.
M35 altre tipologie questo tipo di misura, indefinito, agisce sulla probabilità di alluvione e
riguarda interventi fisici tesi ad aumentare la protezione dalle alluvioni; tra questi
segnaliamo programmi o politiche di manutenzione delle opere di difesa dalle inondazioni
nonché programmi o politiche di manutenzione di argini, rilevati, muri di contenimento,
ponti e pile.
Sicuramente tale misura riguarderà l'attivazione di un adeguato programma di
rifunzionalizzazione della rete di drenaggio naturale tenendo conto delle necessità di
disporre di adeguate a contenere almeno le piene ordinarie.
La misura ha necessità di un adeguato approfondimento, per cui nella prima fase si prevede
l’attivazione di studi tesi all’individuazione degli ambiti ove attivare tali azioni incentivando
e migliorando azioni di compensazione tra la rimozione di materiali dagli alvei e le attività
imprenditoriali necessarie per definire sezioni di deflusso adeguate, tenendo conto delle
varie situazioni morfo orografiche ivi presenti.
In questa misura rientrano buona parte degli interventi previsti nell'attuale programmazione
nazionale (ReNDiS) per cui si è preferito, in questa fase, prevedere una misura non
strutturale, attesa già la notevole quantità di quelli proposti dagli enti locali, finalizzata
nell'analisi e nella messa a sistema degli interventi proposti evidenziando eventuali criticità
e necessità di revisioni , implementazioni e/o aggiornamenti.
La misura per gli aspetti legate alla dinamica dei corsi d'acqua secondari e/o minori,
riguarderà fondamentalmente le problematiche legate alle aree sovralluvionate presenti nella
UoM, i cui punti di intervento sono da individuare e definire con precisione in una fase
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successiva, attivando specifiche intese anche con regione ed enti locali.
Aspetti legati alla preparazione:
Le misure relative a tale aspetto sono collegate alla gestione degli eventi - nell’UoM in
esame e si riferiscono alla parte B del Piano (sistema di allertamento, nazionale e regionale,
in capo alle strutture di Protezione Civile nazionale e Regionale). Le misure collegate a tale
aspetto sono le M4 che riguardano le attività volte a incrementare la capacità di gestire
e reagire agli eventi, a evitare o a ridurre al minimo la possibilità che si verifichino
danni conseguenti agli eventi. Queste attività, rientrano tra le azioni “non strutturali”
o tra gli “strumenti previsionali” o tra quelli
definiti come “strumenti di
informazione”.
Prima di entrare nel merito della disamina di tali aspetti si precisa che si è interloquito con
la struttura regionale di protezione civile della regione Basilicata e sono state acquisite le
misure proposte per altri bacini interregionali comunque interferenti con la Basilicata
(Ofanto e AdB Basilicata) ma si sottolinea come mostra la figura sottostante che l'attuale
sistema di allertamento, messo in campo dalla SORU Campania, include completamente il
bacino del Sele anche per la parte lucana. Per contro le zone di allertamento della Basilicata
escludono chiaramente la parte lucana del Sele.
Pertanto per le misure di cui alla parte B si è fatto fondamentalmente riferimento a quanto
trasmesso dalla Campania pur tenendo in debita considerazione quanto realizzato per altri
territori da parte delle strutture operative lucane.
Per la UoM le misure di preparazione, da tenere in considerazione, riguardano da un lato il
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completamento e l’aggiornamento degli strumenti di pianificazione dell’emergenza, ai vari
livelli istituzionali, dall’altro, azioni tesi a portare alla piena operatività i Presidi territoriali
già avviati in Campania e da avviare in Lucania a seguito del DPCM di seguito citato.
Le misure, di seguito individuate, quindi, sono essenzialmente di competenza del Centro
Funzionale di Protezione Civile Regionale, per cui queste vengono indicate a titolo di
indirizzo tenendo conto di quanto evidenziato anche nell'ambito del DPCM del marzo 2015
- Indirizzi operativi per la predisposizione della parte dei piani di gestione relativa al
sistema di allertamento nazionale, statale e regionale, per il rischio idraulico - 24 febbraio
2015 - Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.75 del 31 marzo 2015
Altri aspetti che dovranno essere affrontati nel primo ciclo del piano di Gestione
riguarderanno l'eventuale ampliamento della rete di monitoraggio, soprattutto per quei
bacini che attualmente sfuggono, per le loro dimensioni, al modello di allertamento vigente
e la predisposizione di specifiche campagne informative finalizzate alla conoscenza del
rischio da alluvione.
M41 Preparazione, azioni per la previsione delle piene e di allertamento della popolazione;
queste si concretizzano in misure per potenziare i sistemi di allertamento e per la previsione
delle piene nei bacini minori ed in quelli in cui l’attuale sistema esistente può non essere
sufficiente a garantire tempi di allertamento adeguati.
M42 Pianificazione dell’emergenza e della risposta durante l’evento, tali misure
tendono a istituire e/o migliorare la pianificazione della risposta istituzionale d’emergenza
durante l’evento e, quindi, a migliorare tutti gli aspetti che rientrano nella fase di
realizzazione dei Piani urgenti di emergenza, attualmente in itinere in Campania e da
realizzare/aggiornare in Lucania.
Tale fase, per essere attivata, ha necessità, in Campania, che vengano completati i PdE, in
via di aggiornamento, e che si possa procedere ad un valutazione dei prodotti definiti con
una messa a sistema del materiale prodotto a livello regionale.
Si auspica che tale iniziativa , quindi venga mutuata anche in Basilicata, in quanto al
momento per la stessa vengono utilizzate le Linee guida approvate con DPCM del 2007.
Vanno altresì migliorate le azioni definite in Campania per l'attivazione, messa in campo,
dei presidi territoriali e vanno meglio identificati e definiti con protocolli operativi che
precisino le modalità di ingaggio e di messa in campo.
In funzione del sopracitato DPCM del 24 febbraio 2015 vanno invece attivate le azioni
affinché si possa, a breve, disporre di un sistema di presidio pressoché analogo in quanto per
quanto noto, anche se il territorio è inserito come sistema di allertamento campano,
chiaramente i comuni e le attività di protezione civile per il territorio lucano attendono a
norme specifiche della regione Basilicata per cui sicuramente vanno avviate delle intese per
il coordinamento delle azioni.
M43 Preparazione e consapevolezza pubblica, afferiscono a tutte le misure ritenute
idonee per accrescere la consapevolezza e la preparazione della popolazione agli eventi di
piena, ivi compreso l'organizzazione di incontri informativi e formativi periodici finalizzati
ad accrescere la consapevolezza e la preparazione della popolazione agli eventi di piena –
prevedendo, oltre a programmi periodi di esercitazione, la predisposizione di materiale
informativo e campagne di divulgazione (opuscoli e materiale divulgativo/informativo
migliorando quello eventualmente già realizzato).
M44 in questa misura (altre) possono essere inserite tutte le azioni tese a migliorare la
preparazione della popolazione agli eventi di piena, in modo da ridurre le conseguenze
avverse; tra queste possono annoverate anche le intese con gli Ordini professionali e le varie
associazioni di volontariato ed ambientaliste, per effettuare una politica di dissemination ai
vari livelli sociali, incluse interventi nelle scuole, di ogni ordine e grado, ed anche periodici
seminari ai vari soggetti pubblici e privati inseriti nella filiera della protezione civile.
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Aspetti legati alle ricostruzione e valutazioni post-evento:
Le misure collegate a tali aspetti riguardano principalmente il ripristino delle condizioni
socio-economico ed ambientali a seguito di un evento calamitoso nonché l’aggiornamento e
rimodulazione delle mappe di pericolosità e rischio e delle misure atte a fronteggiare le
alluvioni.
•
Recupero delle condizioni pre‐evento (Misure M5) sono costituite da azioni
quali: sostenere la popolazione; verificare ripristinare i sistemi e servizi
compromessi dall’evento; installare, aggiornare o potenziare i meccanismi di
contenimento che non hanno funzionato o che mancavano; aggiornare le
capacità di monitoraggio perché aiutino nell'identificazione, e usarle per un
continuo controllo dei sistemi; aggiornare le mappe di pericolosità in funzione dei
nuovi dati del sistema di monitoraggio.
M51 Ricostruzione e valutazione post evento ; la misura tende a definire quali azioni
possono essere attivate per il ripristino delle condizioni pre-evento, sia private che
pubbliche; atteso che molte di queste si attivano in condizioni emergenziali (somma
urgenza) possono essere date solo indicazioni generiche e che possono riassumersi in
attività di ripristino e rimozione della funzionalità idraulica; supporto medico e psicologico
alla popolazione colpita; assistenza economica, fiscale, legale e lavorativa; ricollocazione
temporanea o permanente.
M52 Ripristino ambientale; la misura tende a definire quali azioni possono essere attivate
per il ripristino delle condizioni ambientale preesistente e la rimozione degli eventuali
elementi che costituiscono forme di detrazione ambientale. Le indicazioni nazionali
tendono ad individuare misure che possono essere programmate, quali ad esempio la
salvaguardia dei pozzi e la messa in sicurezza degli elementi e dei contenitori per materiale
pericoloso.
M53 tende a definire tutte le altre azioni che in funzioni delle esperienze pregresse possono
essere attivate, includendo in queste anche l'incentivazione di politiche assicurative
Le misure di recovering dovendo attendere a situazioni post evento esulano dalle
competenze specifiche di pianificazione di questa Autorità, per cui, in questa fase, riteniamo
opportuno, prevedere azioni tese esclusivamente a stimolare azioni legislative che portino
a definire una Legge regionale di protezione civile, in quanto solo con questo strumento
possono essere stabilite somme e quindi programmati interventi per il riavvio delle attività
in aree vulnerate in tempo di pace o al tempo differito; altrimenti tali azioni restano legate ai
provvedimenti eccezionali post evento legati strettamente all'emergenza e quindi non
individuabili ne pianificabili. Tale azioni và definita e concordata in entrambe le regioni
sfruttando anche il tavolo di coordinamento realizzato presso il DAM.
Avendo coscienza della elevata presenza antropica in aree ad alta vulnerabilità e la
concomitante impossibilità di delocalizzazione, soprattutto di centri residenziali e manufatti
privati, riteniamo sia utile che in tale misura siano previste azioni per stimolare e sollecitare
iniziative, sempre a livello regionale, tese a definire misure assicurative, attesa le
recessione economica e l'impossibilità che lo stato possa surrogare sempre e comunque i
danni derivanti da eventi calamitosi per il riavvio delle attività economiche e sociali in aree
vulnerate. Anche in questo caso le azioni vanno definite e concordate in entrambe le regioni
sfruttando anche il tavolo di coordinamento realizzato presso il DAM
Si precisa che le Linee Guida ISPRA, riportano anche la possibilità di definire una Misura
M11 (nessuna azione), ovvero nessuna misura particolare è prevista per ridurre il rischio
alluvioni nell’areale in esame o meglio le normali azioni di manutenzione poste in essere
dai vari soggetti sono sufficienti a scongiurare problemi da alluvioni. Tale misura è stata
ritenuta non sufficiente per tutti i bacini rientranti all’interno dell'UoM attesi i livelli
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di criticità presenti lungo ogni singolo corso d’acqua.
Per quanto attiene le misure legate essenzialmente alla Parte B, risulta determinante attivare
intese con le strutture di PC nazionali e regionali per cui non saranno redatte schede
specifiche per tali misure, atteso il livello meramente indicativo di tali misure e la loro
estensione, per questa UoM, a tutte le ARS, anche perché gli indirizzi nazionali definiti con
il DPCM sopra richiamato, prevedono pressoché esclusivamente:
previsione, monitoraggio, sorveglianza ed allertamento posti in essere attraverso la
rete dei centri funzionali;
presidio territoriale idraulico posto in essere attraverso adeguate strutture e soggetti
interregionali, regionali e provinciali;
regolazione dei deflussi posta in essere anche attraverso i piani di laminazione;
supporto all'attivazione dei piani urgenti di emergenza predisposti dagli organi di
protezione civile ai sensi dell'articolo 67, comma 5, del decreto legislativo n. 152
del 2006 e della normativa previgente;
sintesi dei contenuti dei piani urgenti di emergenza predisposti ai sensi dell'articolo
67, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché della normativa
previgente
Volendo sfruttare la possibilità della norma che, non richiamando i Piani di Emergenza, per
così dire ordinari di cui alla L. 100/12, ma quelli di cui al dlgvo 152/06, i quali debbono
essere considerati dei veri e propri interventi non strutturali si ritiene opportuno
mantenere in vita questa definizione, proprio per attivare azioni “urgenti di emergenza”
per quei siti ove si registrano maggiori rischi per la popolazione in attesa di interventi più
organici di messa in sicurezza. Tali azioni dovranno essere chiaramente previste come
misura generale ma loro eventuale attuazione rientra nelle specifiche competenze dei
soggetti di cui alla L.225/92.
Per tale specifica azione si dovrà prevedere ad incontrare le strutture regionali (Campania Basilicata) per attivare gli enti locali su tali specifiche azioni.
L'art.2 della direttiva alluvioni ha definito alla lettera a) l'alluvione come :
allagamento temporaneo, anche con trasporto ovvero mobilitazione di sedimenti anche ad
alta densità', di aree che abitualmente non sono coperte d'acqua. Ciò include le inondazioni
causate da laghi, fiumi, torrenti, eventualmente reti di drenaggio artificiale, ogni altro
corpo idrico superficiale anche a regime temporaneo, naturale o artificiale, le inondazioni
marine delle zone costiere ed esclude gli allagamenti non direttamente imputabili ad eventi
meteorologici.
ESTENSIONE
DELL’INONDAZIONi
Pertanto in funzione di tale indicazione sono state mappate tutte le situazioni relative a tale
definizione includendo per l'UOM le seguenti aree inondabili :
o fiumi e corsi d'acqua principali indagati;
o torrenti e reticolo minore o secondario;
o reti di drenaggio artificiale, ove individuabili;
o corsi d'acqua ad elevato trasporto solido e/o con trasporto di sediemnti ada alta
densità (colate rapide e debris-flows);
o conoidi;
o laghi ed invasi ove individuabili;
o le zone costiere;
o ogni altro corpo idrico superficiale anche a regime temporaneo, naturale o
artificiale garantendo in questo modo anche una coerenza con la WFD 2000/60.
Si precisa che sono stati definiti livelli di pericolosità variabili per quei corsi d'acqua già
individuati e definiti nei vigenti PSAI (indagati) ; mentre per tutti gli altri elementi
individuati e definiti nelle relative mappe di pericolosità sono state indicate delle specifiche
campiture (aree di attenzione) tese ad evidenziare la possibilità che i fenomeni che si
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verificano in tali contesti abbiano effetti dannosi, in caso di alluvioni; ma la mancanza di
studi specifici li rende non classificabili ai fini del rischio, ne rende possibile definire
livelli e/o classi di pericolosità secondo il modello concettuale di cui al dlgvo 49/10.
Tali forme saranno oggetto di specifici approfondimenti nei PSAI e sarà a breve
definita una specifica norma di salvaguardia, in linea con gli indirizzi ministeriali, da
attuare con le procedure del PSAI vigenti, per attenzionare tutti questi elementi in
caso di utilizzo antropico e/o di cambio di destinazione d'uso.
Per quanto attiene, quindi, la valutazione sulla estensione delle aree inondabili restano fermi
i valori di riferimento indicati nei vigneti PSAI mentre sono da individuare ed approfondire
tutti gli altri elementi sopra individuati, per cui, nelle misure sopra riportate, sono state
privilegiate le misure non strutturali , in linea con gli indirizzi generali dell'art.7, tesi ad
approfondire tali problematiche.
Per quanto attiene l'ubicazione delle aree a pericolosità idraulica le aree sono maggiormente
collocate nelle zone di fondo valle, le qauli spesso presentano significativi livelli di
urbanizzazione nella parte mediana o in zone ove si hanno rotture di pendenza significative
tra l’area di valle e la parte montana.
A causa di tale caratterizzazione idromorfologica spesso si hanno corsi d’acqua secondari
che interferiscono intensamente con ambiti urbani presentando alvei tombinati o tratti
coperti piuttosto estesi.
L’individuazione e la perimetrazione delle aree allagabili per diversi scenari di pericolosità
idraulica sono state effettuate conducendo analisi di tipo idrologico - idrauliche mediante
modellazione mono - bidimensionale in moto permanente e moto vario.
La superficie complessiva di pericolosità ammonta a circa 96,78 kmq (P2+P3).
Per le alluvioni costiere l’informazione ad oggi disponibile è piuttosto carente per cui si fa
riferimento ad informazione tratte da studi realizzati da alcuni enti (vedi Provincia, Parco
foce Sele).
In tali studi si evidenzia un trend negativo con una marcata erosione della fascia costiera che
avrebbe interessato in occasione di mareggiate anche non intense le dune fossili.
In funzione di quanto rilevato per la tipologia ed estensione delle aree di pericolosità e in
ottemperanza ai dettami e contenuti dell’art. 7 comma 3 della Direttiva 2007/60/CE si
evidenzia che la strategia di piano ha inteso dare evidenza e priorità, anche alla luce
della sostenibilità ambientale del piano, alle misure “non strutturali”, in particolare in
ambito di prevenzione M2 e di preparazione M4, da definire di concerto con le
strutture di Protezione Civile; che hanno valenza nel ridurre il livello di esposizione della
popolazione e dei beni esposti al rischio di alluvione a scala dell’intera UoM.
A tali misure viene, pertanto, attribuito un livello di priorità molto alta, a prescindere
dall’applicazione dell' analisi multicriteriale.
Inoltre, le Misure di prevenzione M2 sono quelle che si collegano, in maniera unitaria e
sinergica, alle misure del Piano di Gestione Acque ed alla Direttiva 2000/60. E' stata
sollecita anche a livello regionale, in fase di coordinamento la necessità di definire una
gestione delle acque e del suolo in modo unitario e coordinato; tale tematica è stata
valutata, soprattutto ai fini della prevenzione e quindi nella realizzazione degli
interventi .
La componente acqua, unitamente al suolo, risulta essere di fondamentale importanza nella
pianificazione dei Piani di Gestione dei bacini idrografici per tutti i distretti idrografici per
l’attuazione di quanto previsto nelle due Direttive : 2000/60/Ce (Acqua – WFD) e
2007/60/CE (Valutazione Rischio Di Alluvioni – FD). In merito alla gestione delle acque ed
dell’uso del suolo, per cui, il processo in corso, rappresenta le tematiche di correlazione
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dello scenario complessivo affrontato con il Piano di Gestione delle Acque..
Tra le priorità delle misure Piano di Gestione del Rischio di alluvioni vi è la
correlazione tra il Piano di Gestione Acque per la correlazioni con Acque superficiali,
Acque Sotterranee, Aree Protette stabiliti ai sensi della Direttiva 2000/60, (WFD),
come evidenziato al comma 1 dell’art. 9 D.lgs 49/2010 che recita: “i piani di gestione
distrettuali devono tener conto degli obiettivi ambientali di cui alla parte terza, titolo II, del
D.lgs. 152/2006, …. sono correlati a quelli della gestione acque”.
E’ necessario, alla luce della sostenibilità ambientale del piano, dare evidenza e priorità a
misure di prevenzione e di preparazione, sostanzialmente “non strutturali” che hanno
valenza nel ridurre la vulnerabilità degli esseri umani e dei beni esposti al rischio di
alluvione, ed a quelle che si correlano con il Piano di Gestione Acque che tengono conto
degli obiettivi ambientali stabiliti ai sensi della Direttiva Acque (WFD), i quali sono:
prevenire il deterioramento del corpo idrico, migliorare e ripristinare le condizioni delle
acque superficiali, ottenere un buono stato chimico ed ecologico di esse e ridurre
l'inquinamento dovuto agli scarichi e alle emissioni di sostanze pericolose;
proteggere, migliorare e ripristinare le condizioni delle acque sotterranee, prevenirne
l'inquinamento e il deterioramento e garantire l'equilibrio fra estrazione e rinnovo;
preservare gli ecosistemi acquatici, terrestri, le zone umide, le zone protette;
gestire in modo razionale la risorsa idrica, anche attraverso l’analisi economica degli
utilizzi idrici.
Una maggiore correlazione tra gli obiettivi dei due piani si riscontra per i seguenti obiettivi
del PGRA che possono fornire contributi integrati e sinergici, che sono:
SVILUPPI
Obiettivo Salvaguardia della vita e della salute umana OS1:
1. riduzione dei rischi per la salute e la vita;
2. mitigazione dei danni alle opere necessarie per la vita e per scongiurare epidemie
(reti elettriche, approvvigionamento idrico, schema fognario, ecc.);
3. difesa dei sistemi strategici e loro operatività (ospedali, scuole, caserme, ecc.).
Obiettivo Protezione dell’Ambiente OS2:
4. riduzione degli effetti negativi sull'ambiente derivante da inquinamento o danni ai
corpi idrici ed alle aree protette;
5. promozione della conservazione della naturalità dei beni ambientali e degli habitat
fluviali e costieri;
6. riduzione degli impatti negativi legati allo stato ecologico dei corpi idrici, dovuti a
possibile inquinamento in caso di eventi alluvionali, nel rispetto degli obiettivi
ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE e alla parte terza, titolo II del D.Lgs.
152/2006.
Anche per l’obiettivo del PGRA Tutela del Patrimonio Culturale OS3, si riscontrano
contributi positivi volti alla conservazione e salvaguardia, in considerazione che anche nel
programma di azioni del PGA sono state inserite misure volte alla tutela dei Beni culturali e
del Paesaggio che presentano una stretta interrelazione con il sistema acqua (AG21;
MGF09; MSF15; MSS21).
Per quanto riguarda l’obiettivo Difesa delle attività economiche OS4 si rileva
un’interferenza che potrebbe richiedere misure di compensazione/adattamento come
supporto delle attività economiche per gli eventuali effetti/impatti derivanti dall’attuazione
delle misure al comparto produttivo.
Nell’ambito delle aree a pericolosità da alluvioni e dei corrispondenti elementi a rischio
sono considerate prioritarie le misure che si correlano, nel perseguimento dei suddetti
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obiettivi, quelle del Piano di Gestione Acque (PGA) della Direttiva 2000/60/CE, che siano
in grado di rispettare gli obiettivi ambientali e di contribuire:
A.
B.
C.
D.
al miglioramento dello stato ambientale delle acque e delle risorse ad essa
connessa;
alla mitigazione degli impatti che su di essa insistono;
al mantenimento della biodiversità;
al rafforzamento della informazione e consapevolezza pubblica.
Vanno altresì individuate Misure di compensazione per le azioni di protezione che
prevedono la realizzazione di interventi strutturali di mitigazione del rischio volte:
COORDINAMENTO
CONSULTAZIONE
• alla compensazione/mitigazione gli effetti negativi delle misure di protezione,
derivanti da interventi, fornendo linee guida che identificano opportune modalità
di attuazione, che riducano la significatività degli impatti sulla componente acqua.
• alla compensazione/adattamento, come supporto delle attività economiche, degli
eventuali effetti/impatti derivanti dall’attuazione delle misure al comparto
produttivo.
•
Il coordinamento per la redazione del PGRA, tra le Regioni e Competent Authority afferenti
le UoM del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale, è stato effettuato
dall’Autorità di Bacino Nazionale Liri-Garigliano e Volturno, in qualità di Ente
coordinatore, attraverso l’istituzione del tavolo tecnico istituzionale ed un tavolo tecnico
operativo.
Mentre a livello regionale la Direzione Generale per la difesa del Suolo 53 08, in qualità di
Competent Authority, ha attivato uno specifico tavolo di lavoro tra le UOD coinvolte nelle
suddette attività e le due autorità di bacino regionali (CC e CS).
Nell’ambito degli incontri e riunioni afferenti i due tavoli è stata condivisa, nel rispetto dei
tempi stabiliti dalla normativa, la predisposizione:
A.
dei documenti di piano: linee guida; specifici format per l’omogeneizzazione dei
dati a livello distrettuale e la loro restituzione sia cartografica che documentale;
definizione degli obiettivi, delle misure, degli ambiti di applicazione e delle priorità delle
misure;
B.
della documentazione di inquadramento del Distretto inerente le relazioni generali,
di sintesi, di divulgazione e di informazione, la cartografia generale in scala 1:600.000;
C.
dell’ organizzazione della consultazione pubblica del PGRA DAM;
D.
di quanto necessario per la presentazione ai Comitati Tecnici e Comitati
Istituzionali;
E.
della procedura VAS: Verifica di Assoggettabilità, Fase di Scoping, Rapporti
Preliminari, Rapporto Ambientale, Sintesi non Tecnica, Allegati, Consultazioni SCA.
Si sono, inoltre, svolti incontri con la Protezione Civile Nazionale e Regionale per la
correlazione tra parte A e B del Piano delle relative misure di competenza.
Particolare cura dovranno avere glia spetti di coordinamento legati alle azioni di protezione
civile in quanto il sistema di allertamento in automatico attualmente predisposto in
campania tiene conto della parte di territorio lucano, chiaramente questo non può incidere
ne sulle norme di gestione della Basilicata, relativamente a tali aspetti nelle azioni di
specifica competenza della Regione, quali ad esempio lo sviluppo della pianificazione di
emergenza e di avvio/istituzione dei presidi territoriali.
Per cui sicuramente và sfruttata l'occasione del DPCM del marzo 2015 per avviare questa
fase di concertazione coordinamento in tali territori.
Il processo di partecipazione informazione e consultazione è un importante iter per il Piano
di Gestione del Rischio di Alluvioni e della relativa procedura VAS; esso rappresenta un
complesso insieme di azioni volte alla condivisione, concertazione, partecipazione e
consultazione dei contenuti del Piano e della VAS, espressamente indicate dalla normativa
comunitaria e nazionale.
Tale processo si è sviluppato sia a livello di distretto che di UoM. Le attività che sono state
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Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno,
Regione Abruzzo, Regione Basilicata, Regione Calabria, Regione Campania,
Regione Lazio, Regione Molise, Regione Puglia
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articolate secondo le seguenti forme e/o modalità di partecipazione che, in funzione delle
scadenze del processo di piano, ne delineano i cicli della partecipazione:
Informazione pubblica di presentazione avvio del processo del Piano di Gestione
del Rischio di Alluvioni ai soggetti interessati, tale step è stato considerato come 1°
Ciclo di consultazione nel 2012 per PGRA DAM, che si è espletato attraverso: Forum
di Informazione Pubblica - Caserta 18.10. 2012; Attivazione dell’area WEB dedicata
sul Sito del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale, dove sono stati resi
disponibili al pubblico tutti i documenti in consultazione e quelli di supporto.
Consultazione pubblica per informazione, partecipazione pubblicità e relativa
acquisizione di osservazioni delle fasi del processo del Piano dei vari soggetti
interessati e stakeholders, tale step è stato considerato come 2° Ciclo di consultazione
nel 2013 per PGRA DAM. Tale ciclo si è espletato attraverso tali strumenti i Forum di
informazione pubblica per la presentazione degli esiti delle diverse fasi in cui è
strutturato il processo di elaborazione del Progetto di Piano, strutturati nelle sedi delle 6
Competent Authority distribuite nel territorio del distretto Appennino Meridionale. In
particolare si sono organizzati: Forum di Consultazione pubblica Caserta, 17.04.2013;
Forum di Consultazione pubblica Napoli, 20 maggio 2013; Forum di Consultazione
pubblica Campobasso, 13.06.2013; Forum di Consultazione pubblica Valenzano – BA 14.06.2013; Forum di Consultazione pubblica Potenza 17.06.2013; Forum di
Consultazione pubblica Catanzaro 18.06.2013; Forum di Consultazione pubblica Roma
21.06.2013. Inoltre è stata effettuata la Pubblicazione nel Sito WEB del Distretto e nei
Siti delle Singole Competent Authority della documentazione prodotta: relazioni e
mappe della pericolosità, mappe del danno e del Rischio e degli esiti e contributi dei
forum.
Consultazione preliminare dei Soggetti Competenti in materia Ambientale, estesa
anche ad altri Enti del Distretto, per la Verifica di Assoggettabilità al VAS del PGRA
DAM, tale step è stato considerato come 3° Ciclo di consultazione nel 2014 del PGRA
DAM integrato con la procedura VAS. Il ciclo si è espletato attraverso tali strumenti:
Comunicazione avvio della consultazione 28/02/2014; Pubblicazione del Rapporto
Preliminare ed Allegati sul Sito del Distretto 28/02/2014; Recepimento delle
osservazioni inizio giugno 2014 e trasmissione al MATTM; Decisione della
Commissione Via VAS del MATTM per assoggettabilità del PGRA DAM a VAS 01/09/2014; Pubblicazione nel Sito WEB del Distretto delle Osservazioni e Decisione.
Consultazione preliminare dei Soggetti Competenti in materia Ambientale, per la
fase di scoping VAS del PGRA DAM, tale step è stato considerato come 4° Ciclo di
consultazione nel 2014 del PGRA DAM integato con la progedura VAS. Tale ciclo
si è espletato attraverso tali strumenti: Comunicazione avvio della consultazione
Scoping 15/10/2014; Pubblicazione del Rapporto Preliminare Scoping ed Allegati sul
Sito WEB del Distretto 15/10/2015; Recepimento delle osservazioni fine dicembre 2014
e trasmissione al MATTM; Decisione della Commissione Via VAS del MATTM per
l’integrazione delle osservazioni nel Rapporto Ambientale - 10/03/2015; Forum di
Consultazione pubblica per l’aggiornamento sviluppo integrato del Progetto di piano e
della procedura VAS - Caserta 28/11/2014; Pubblicazione nel Sito WEB del Distretto
delle Osservazioni e Decisione – marzo 2015.
Consultazione dei Soggetti Competenti in materia Ambientale, estesa ai vari
soggetti interessati e stakeholders, per il Rapporto ambientale e Sintesi non
Tecnica VAS del PGRA DAM, tale step, in corso, è considerato come 5° Ciclo di
consultazione nel 2015 del PGRA DAM integrato con la progedura VAS. Tale ciclo
si espleterà attraverso tali strumenti: Comunicazione della consultazione Rapporto
Ambientale e Sintesi non tecnica, maggio 2015; pubblicazione del Rapporto
Ambientale, Sintesi non Tecnica ed Allegati sul Sito WEB del Distretto e delle
Competent Authority, maggio 2015; Recepimento delle osservazioni fine luglio 2015 e
trasmissione al MATTM; Decisione della Commissione Via VAS del MATTM per
l’integrazione delle osservazioni nel Rapporto Ambientale; Forum di Consultazione
pubblica per l’aggiornamento sviluppo integrato del Progetto di piano e della procedura
VAS - Caserta 28/11/2014; Pubblicazione nel Sito WEB del Distretto delle
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Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno,
Regione Abruzzo, Regione Basilicata, Regione Calabria, Regione Campania,
Regione Lazio, Regione Molise, Regione Puglia
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Osservazioni e Decisione; Consultazione per Rapporto Ambientale, attraverso
comunicazione e la consultazione che durerà 60 giorni (da inizio marzo a maggio 2015).
Inoltre sono in corso l’organizzazione dei Forum di Consultazione Pubblica Integrata
PGRA DAM e VAS dei soggetti competenti in materia ambientale, estesa ai vari
soggetti interessati e stakeholders al pubblico interessato per consentire loro di
esprimere osservazioni sul progetto del PGRA DAM, sul Rapporto Ambientale e
relative misure per singola UOM, prima dell’adozione del Piano 22 dicembre 2015. I
Forum sono strutturati nelle sedi delle 6 Competent Authority distribuite nel territorio
del distretto Appennino Meridionale da organizzare in giugno e luglio 2015, ad
eccezione di quello già organizzato il 10 aprile 2015 dalla Regione Molise e Competent
Authority.
Consultazione pubblica per informazione, partecipazione pubblicità e relativa
acquisizione di osservazioni del progetto di Piano e VAS, prima dell’adozione dei
vari soggetti interessati e stakeholders e pubblico, tale step, da organizzare dopo il
recepimento osservazioni, è considerato come 6° Ciclo di consultazione nel 2015 del
PGRA DAM integato con la procedura VAS. Tale ciclo si espleterà attraverso tali
strumenti il Forum di Consultazione pubblica conclusivo del progetto di Piano e VAS
del distretto (AdB Nazionale dei fiumi Liri Garigliano e Volturno; AdB Interregionale
Basilicata; AdB Interregionale dei fiumi Trigno, Biferno e Minori, Saccione e Fortore;
AdB Interregionale Puglia AdB Regionale Campania Centrale e AdB Regionale
Campania Sud; Regioni: Abruzzo, Basilicata; Calabria; Campania; Lazio; Molise;
Puglia) novembre 2015.
La direttiva 2007/60/CE ed il D. Lgs 49/2010, sulle alluvioni, prevedono in merito al
monitoraggio del piano di gestione una “descrizione dell’ordine di priorità e delle modalità
di monitoraggio dello stato di attuazione del piano” intesa come una specifica attività di
individuazione delle misure di monitoraggio del piano e del reporting che comprende anche
informazioni circa lo stato di attuazione delle misure di Piano.
La Direttiva europea 2001/42/CE (valutazione ambientale strategica)e il D.Lgs 152/2006,
parte II, nel merito evidenziano che il monitoraggio della VAS dei piani è necessario in
quanto “assicura il controllo sugli impatti significativi sull'ambiente derivanti
dall'attuazione dei piani e dei programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli
obiettivi di sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti negativi
imprevisti e da adottare le opportune misure correttive.”
Al fine di garantire una razionalizzazione ed integrazione dei procedimenti e di evitare una
duplicazione delle valutazioni, sarà dunque necessario armonizzare le misure di
monitoraggio del piano e le misure di monitoraggio per la sostenibilità ambientale del piano
e le relative attività di reportistica.
PROGRESSI
La proposta del sistema di Monitoraggio è, dunque, integrata tra percorso del PGRA DAM
e procedura VAS ed è, attualmente, in corso di redazione. Essa è comunque organizzata
secondo due insiemi di indicatori: il primo, di carattere più generale, è dedicato alla
rappresentazione dello stato dell’ambiente ed è organizzato secondo le principali tematiche
ambientali; il secondo è, invece, strettamente legato alle azioni previste dal Piano e, quindi,
alla verifica dello stato di raggiungimento degli obiettivi.
Sulla base di tali considerazioni si suddivide il sistema di monitoraggio secondo i seguenti
macroambiti:
• Monitoraggio del contesto: studia le dinamiche complessive di variazione del contesto
di riferimento del piano e va effettuato mediante indicatori di contesto legati agli
obiettivi di sostenibilità e all’evoluzione del sistema ambientale.
• Monitoraggio del piano: interessa i contenuti e le scelte di piano in relazione al suo
contesto di riferimento e ha lo scopo di verificare in che modo l’attuazione del Piano
stia contribuendo alla modifica degli elementi del contesto, sia in senso positivo che in
senso negativo.
Gli indicatori, che sono in fase di definizione, hanno lo scopo di rappresentare in modo
quantitativo e sintetico il riferimento per lo stato di attuazione delle misure e al contempo
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Regione Abruzzo, Regione Basilicata, Regione Calabria, Regione Campania,
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per la valutazione degli impatti e per la verifica della sostenibilità ambientale.
Inoltre, sono da definire le modalità di raccolta dei dati, la periodicità della produzione di un
rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti; la produzione di questo ultimo
potrà avvenire solamente dopo la prima fase di attuazione allorquando si potrà avere una
reale contezza degli eventuali interventi eseguiti.
Lo sviluppo del programma di monitoraggio avverrà, quindi, attraverso la messa a punto di
una serie di indicatori di stato e di prestazione che possano essere aggiornati in modo
semplice con le risorse e le informazioni che via via si renderanno disponibili.
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Schede inquadramento per Unit Of Management (U.O.M.)