Federal union now
Andrew Duff
Presidente dell’Unione dei Federalisti (UEF)
FEDERAL TRUST
Questo pamphlet è pubblicato da Federal Trust nell’intento di dare risalto al dibattito
pubblico su istanze che emergono dall’interazione dei livelli di governo nazionale,
europeo e globale. Fa questo alla luce dagli statuti che sanciscono il suo dovere di
”promuovere studi sui principi delle relazioni internazionali, della giustizia
internazionale e del governo sovranazionale”
Federal Trust pubblica questo pamphlet come rilevante contributo al dibattito. Il
pamphlet non è considerato una dichiarazione dell’opinione ufficiale del Federal
Trust.
Informazioni aggiornate su Federal Trust si possono trovare su Internet:
www.fedtrust.com.uk
@Federal Trust for Education and Research 2011
ISBN 978-1-903403-90-7
Il Federal Trust è una Registered Charity No. 272241
31 Jewry Sreet
London EC3N 2EY
United Kingdom
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Stampato nell’Unione Europea da John Drewe Graphic Design,
26 Alderburgh Way, Chelmsford, CM17PD
Indice
Riconoscimenti ...............................................................................................................................
Note sull’autore .............................................................................................................................
L’UNIONE FEDERALE OGGI ...........................................................................................................1
Un po’ di storia .............................................................................................................................2
La definizione di federalismo .......................................................................................................4
Oltre Lisbona ................................................................................................................................6
Un bilancio federale .....................................................................................................................7
Governo dell’Economia ..............................................................................................................12
L’Unione Fiscale .........................................................................................................................15
Presidenza Integrata ..................................................................................................................18
Una Nuova Convenzione ............................................................................................................18
La Riforma Elettorale ..................................................................................................................21
Assetto Costituzionale ...............................................................................................................22
Il Problema Britannico ................................................................................................................25
Riconoscimenti
Devo un caldo ringraziamento alle tante persone che mi hanno stimolato a scrivere
questo opuscolo. La maggior parte di loro ne conosce l’identità.
Brendan Donnelly ed il suo team al Federal Trust si sono messi rapidamente in azione
per produrre questa pubblicazione con la velocità che una polemica sull’odierno stato
febbrile dell’Unione esige.
Ringraziamo l’Unione dei Federalisti europei (UEF) per il suo sostegno a la sua
collaborazione.
La responsabilità del contenuto, comunque, è del suo autore. Spero che questo
pamphlet contribuirà ad arricchire il dibattito sulla Governance dell’economia e sulla
legittimazione politica dell’Unione Europea. Commenti e domande sono ben accette
presso: [email protected]
Andrew Duff
Cambridge,
August 2011
Note sull’autore
Andrew Duff è presidente dell’Unione dei Federalisti Europei dal 2008 e membro
Liberal- Democratico del Parlamento Europeo per l’Inghilterra dell’Est dal 1999.
Nel Parlamento, Duff è portavoce agli Affari Costituzionali dell’Alleanza dei Liberali e
Democratici per l’Europa (ALDE) e co-presidente dell’Intergruppo Federalista “Spinelli”.
E’ stato membro della Convenzione per la Carta dei Diritti Fondamentali e della
Convenzione Costituzionale sul Futuro d’Europa. E’ stato uno dei rappresentanti del
Parlamento alla stesura del Trattato di Lisbona, ed è ora il suo relatore sulla riforma
elettorale. E’ membro del Consiglio Europeo per le Relazioni con l’Estero.
Andrew Duff è stato Direttore del Federal Trust dal 1993 al 99.
Le sue pubblicazioni recenti includono:
Post-national democracy and the reform of the European Parliament (2010)
Making the Difference - Essays in honour of Shirley Williams (2010)
Saving the European Union - The Logic of the Lisbon Treaty (2009)
The Struggle for Europe’s Constitution (2005)
L’UNIONE FEDERALE OGGI
Andrew Duff
“ Che cos’è allora il federalismo? La sua essenza consiste, credo, in questo: che in un
sistema federale, le funzioni del governo sono divise in modo tale che la relazione tra
le giurisdizioni che hanno autorità sul’intero territorio e quei poteri che hanno autorità
su parti del territorio non è relazione una relazione tra superiori e subordinati…. Ma è
una relazione di partner coordinati nel processo di governo”
Kenneth C. What Federal Government is (1943)
L’Europa è in crisi. Gli stati singoli sono troppo deboli per uscire dalla crisi da soli e per
proprio conto. L’Unione Europea, che è stato il sistema preferito di governo collettivo
dell’Europa dal 1950, è troppo debole per risolvere la vasta complessità di problemi
comuni che ora assillano stati e cittadini.
Data la storia dell’Europa, l’Unione Europa ha avuto notevole successo nel promuovere
giustizia, armonia e prosperità. Tuttavia è stato sempre poco saggio credere che
l’Unione Europea fosse destinata ad avere successo. La UE era ed è tuttora un
esperimento: la disintegrazione è sempre possibile, e oggi più che mai, gli europei si
trovano nel mezzo di una grave crisi economica e finanziaria e sembrano essere
incapaci di completare il processo di integrazione in cui si sono imbarcati.
Le reazioni alle presenti difficoltà sono molteplici. Mentre i nemici dell’Unione, in
patria e all’estero, possono sentirsi gratificati, troppi tra coloro che si augurano il bene
dell’Europa hanno perso la direzione. Non è in programma nessuna azione incisiva ne’
a livello dell’Unione ne’ a livello del singolo stato. I governi degli stati membri
dell’Unione sono stati lenti a comprendere che non hanno più il controllo degli eventi.
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La loro prestazione poco brillante non è stata compensata da una ragguardevole
dimostrazione di unità di intenti in nome delle istituzioni europee.
Il solo tratto distintivo della crisi è la richiesta quasi universale di un governo più
consistente e migliore.
La gente vuole che qualcuno faccia qualche cosa prima che il collasso finanziario porti
ad una recessione ancora più profonda ed alle sue quasi inevitabili conseguenze,
disordine sociale ed estremismo politico. Il pubblico chiede anche, del tutto
ragionevolmente, di sapere chi è il responsabile. Chi è responsabile della confusione,
chi è nella posizione migliore per condurre l’Europa fuori dalla crisi e fare in modo che
non capiti più?
Questo pamphlet sostiene che soltanto un passo decisivo verso un governo europeo
federale può fornire risposte corrette a queste domande. Altri non saranno d’accordo,
e devono fornire ragioni per soluzioni meno radicali. Qui io sostengo categoricamente
che l’Europa si è inceppata perché non ha seguito con sufficiente vigore o chiarezza la
logica federalista della sua fondazione.
Un po’ di storia
Durante e dopo la seconda guerra mondiale molti eminenti pensatori nel Regno Unito,
come Wheare citato più sopra, furono lungimiranti e precisi nell’esporre quello che
intendevano per unione federale dell’Europa. Le loro opinioni avevano preso forma,
naturalmente, dall’esperienza di come la Gran Bretagna aveva governato e poi aveva
saputo ritirarsi dal suo Impero mondiale. Winston Churchill promosse l’idea di un’
Europa Federale, invocando fin dal 1946 “una sorta di Stati Uniti d’Europa” Nel 1948
Churchill parlò all’Aja al Congresso d’Europa che egli presiedeva:
“Dobbiamo proclamare la missione ed il progetto di un’ Europa Unita, la cui
concezione morale conquisterà il rispetto e la gratitudine del genere umano, e
la cui forza fisica sarà tale che nessuno oserà molestare la sua tranquilla
influenza…Spero di vedere un’Europa dove gli uomini e le donne di ogni paese
penseranno di essere europei come di appartenere alla loro terra nativa, e
dovunque vadano in questo ampio territorio sinceramente penseranno ”Qui
sono a casa. “
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FEDERAL UNION NOW
Jean Monet e Altiero Spinelli, i due eminenti padri fondatori della Comunità Europea,
furono entrambi grandemente influenzati dal contributo intellettuale inglese, che
essendo basato sull’esperienza pratica fu tanto utile all’elaborazione e sviluppo delle
idee che portarono ai Trattati di Parigi (1951) e Roma (1957). Quando Monet persuase
il Ministro degli Esteri francese Robert Schuman ad avviare l’integrazione delle
industrie del carbone e dell’acciaio di Francia e Germania, entrambi furono del tutto
espliciti riguardo i loro scopi a lungo termine. Il piano Schuman non era niente altro
che “un primo passo verso la federazione europea”:
“In questo modo verrà realizzata semplicemente e velocemente quella fusione
di interessi indispensabile all’instaurazione di un sistema economico comune;
può essere il lievito da cui può svilupparsi un più ampio e profondo senso di
comunanza tra popoli, da lungo tempo l’uno all’altro contrapposti da
sanguinose divisioni. Mettendo in comune la produzione di base ed istituendo
un nuova più alta autorità, le cui decisioni saranno vincolanti per Francia e
Germania, ed altri paesi membri, questa proposta porterà alla realizzazione
delle prime concrete fondamenta di una federazione europea indispensabile al
mantenimento della pace.”
Monnet sperava che gli Inglesi avrebbero voluto fornire la leadership in un’ Europa
federale. Ma fu deluso, prima dagli inglesi stessi e poi dal Generale De Gaulle, che vietò
l’ingresso del Regno Unito nella Comunità Economica Europea. De Gaulle inoltre si
mise contro quello che era diventato noto come il ”Metodo Comunitario” la cui
essenza consiste nella messa in comune della sovranità nazionale in certi definiti
ambiti e nel conferimento di potere a istituzioni sovranazionali per portare avanti e
rendere effettive soluzioni congiunte a problemi condivisi. Ma il metodo comunitario
sopravvisse a De Gaulle e infine fu rinforzato nell’Atto Unico Europeo (1986), che avviò
il mercato unico, e nel Trattato di Maastricht (1992), che gettò le fondamenta per la
moneta comune e cambiò il nome da Comunità ad Unione. A quel punto, erano stati
fatti anche altri passi chiaramente in senso federale, in particolare l’introduzione delle
elezioni dirette a suffragio universale al Parlamento Europeo, e il regolare sviluppo del
concetto di primato e immediata applicazione della legge europea.
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ANDREW DUFF
La dimensione dell’Unione continuò a espandersi dagli originari sei paesi. La Croazia, il
cui ingresso è fissato nel 2013, sarà il ventottesimo stato membro, portando la
popolazione totale europea ad oltre 506 milioni con un PIL di 12.500 miliardi di euro. Il
sistema di governance dell’Europa si è evoluto specialmente attraverso l’esperimento
della Convenzione Costituzionale sul Futuro dell’Europa che si è tenuta nel 2002-03,
sebbene molti governi nazionali mostrassero una continua predilezione per metodi che
erano più confederali che federali. La tensione tra il metodo comunitario da un lato e
la cooperazione intergovernativa dall’altro continua a rendere l’Unione meno efficace
di quanto altrimenti potrebbe e dovrebbe essere. Il progresso nel forgiare una politica
estera e di sicurezza è stato particolarmente lento, nonostante le sfide provocatorie
provenienti da eventi internazionali, per esempio nei Balcani e nel Medio Oriente.
Nessuno dei padri fondatori dell’Unione, e nessuno di noi oggi, può essere soddisfatto,
se non parzialmente, di ciò che è stato raggiunto. Come gli oppositori dell’Unione
sono desiderosi di mostrare, l’Unione che abbiamo costruito finora ha già molte
caratteristiche federali. Secondo me, tuttavia, la debolezza dell’Unione Europea nella
crisi oggi in atto è da attribuire in larga misura alla mancanza di un carattere
completamente federale. Soltanto un’Unione che è decisamente più federale nelle sue
strutture funzionerà in modo convincente nell’interesse del popolo europeo e negli
interessi dell’Europa nel più vasto quadro mondiale.
La definizione di federalismo
Così che cos’è il federalismo? E, in verità, che cosa non è? Non è l’orco del super-stato
centralizzato che tanto ossessiona quegli “euroscettici” affezionati allo stato sovrano
che sono avvinghiati allo stato nazione (ed ora imperversano nel Parlamento Europeo).
Ne’ il vero federalismo ha niente a che fare con le cosiddette federazioni del vecchio
blocco comunista che erano sostenute soltanto dalla forza militare.
L’Unione federale europea del futuro sarà una democrazia parlamentare complessa a
molti livelli.
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FEDERAL UNION NOW
Nessun corpo legislativo sarà subordinato a un altro, ma partner co-ordinati nel
processo di governo. Le delimitazioni di competenze tra l’Unione e i suoi stati, come
anche i poteri delle istituzioni, saranno definiti in una Costituzione scritta che
legalmente avrà valore supremo. L’UE non potrà interferire nell’esercizio dei poteri
dello stato e viceversa. Un’Unione Europea più federale non avrà e non cercherà di
avere il potere di competenza generale per fare qualsiasi cosa desideri. Sarà compito
della Corte Suprema arbitrare dispute tra stati o tra gli stati e le istituzioni europee.
Nessun emendamento della Costituzione sarà possibile per decisione unilaterale degli
stati o dell’UE, ma soltanto per accordo congiunto. Ogni livello di governo sarà esente
da impacci nell’esercizio dell’autonomia finanziaria.
Se il federalismo non è accentramento, non è neppure decentramento. Un’unione più
federale godrà soltanto delle competenze che le sono state conferite nella
Costituzione dagli stati membri, alcune delle quali saranno autonome oppure limitate
al livello federale. In aree di competenze non esclusive – cioè competenze condivise tra
l’Ue e gli stati – le parti rispetteranno il principio federalista di sussidiarietà per mezzo
del quale l’Unione dovrà intervenire soltanto se e fin tanto che gli obiettivi dell’azione
proposta non possano essere sufficientemente conseguiti dagli stati membri, o a livello
centrale o a livello regionale e locale, ma piuttosto, per ragioni di proporzioni o di
effetti dell’azione proposta, possano essere conseguite meglio a livello dell’Unione
(Art. 5,3) Trattato sull’Unione Europea). In altre parole, le decisioni verranno prese al
livello più razionale possibile ma al contempo più vicino possibile alle comunità locali
su cui si ripercuotono.
E’ ovvio che la nuova Costituzione federale sarà basata largamente sui trattati europei
esistenti, come sono stati recentemente revisionati dal Trattato di Lisbona (2007). Il
potere legislativo federale è bicamerale e comprende il Consiglio dei Ministri, che
rappresenta gli Stati, ed il Parlamento Europeo, che rappresenta i cittadini. La Corte
Suprema sarà una versione più potente della Corte di Giustizia europea a
Lussemburgo. La costruzione più difficile è quella del governo federale i cui poteri sono
al momento condivisi in modo poco confortevole tra la Commissione Europea, guidata
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ANDREW DUFF
da José Manuel Barroso ed il Consiglio Europeo dei capi di governo presieduto da
Herman Van Rompuy.
La natura precisa dei cambiamenti sostanziali che saranno necessari per trasformare il
Trattato di Lisbona in una costituzione federale richiede una stesura accurata e la
formazione di un ampio consenso tramite le deliberazioni di una nuova Convenzione.
Nessuno
dovrebbe
sottovalutare
il
significato
del
passaggio
dall’essere
un’organizzazione internazionale basata su un trattato pre-federale ad una federazione
costituzionale compiuta. E’ stato quel salto di qualità nell’integrazione tentato in modo
così ambivalente nel Trattato Costituzionale del 2004 e poi abbandonato nel 2005
malgrado l’opposizione dei cittadini in soli due stati (Francia e Olanda). L’Europa deve a
tutti i costi evitare di fare un altro tiepido tentativo di raggiungere un accordo per una
Costituzione su basi federali. E’ giunto Il momento di abbandonare l’oscurantismo
confuso e agitato che ha contrassegnato le protratte controversie che hanno
accompagnato stesura e ratifica del Trattato di Lisbona.
Oltre Lisbona
Tuttavia Lisbona è un buon punto di partenza, ed è pure inevitabile. Il Trattato di
Lisbona conferisce maggiore autorità all’Unione Europea, le cui istituzioni ora godono
di maggior potere e nuovi strumenti. Il Consiglio Europeo dei capi di governo si rafforza
come formale istituzione dell’Unione con proprie regole procedurali. Compito del
Presidente Van Rompuy è obbligare ogni primo ministro ad accettare responsabilità
individuali per le decisioni in politica economica ed in affari esteri prese
collettivamente nelle riunioni del Consiglio Europeo. Il metodo comunitario, per mezzo
del quale la Commissione Europea avvia linee politiche sulla base dell’interesse
comune di tutti gli stati, è esteso alle aree della giustizia ed affari interni. Sono stati
fatti importanti cambiamenti nelle politiche comuni degli esteri, della sicurezza e della
difesa. Il Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri è presieduto dal nuovo Alto
Rappresentante per le politiche estere e di sicurezza e Vice-Presidente della
Commissione, Catherine Ashton; che gestisce anche un nuovo servizio diplomatico
unificato costituito da funzionari della Commissione, degli stati e della segreteria del
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FEDERAL UNION NOW
Consiglio. Il Parlamento Europeo estende i suoi poteri in particolare per quel che
riguarda la sorveglianza, i trattati internazionali, gli affari costituzionali, la formazione
delle leggi ed il bilancio. Il Consiglio dei Ministri, come il parlamento, deve tenere
sedute pubbliche quando approva leggi. La Carta dei Diritti Fondamentali è vincolante.
Inoltre, come conseguenza del nuovo trattato, molte altre disposizioni consentono di
migliorare il governo della società europea.
La rinegoziazione del Trattato di Lisbona, necessaria per fare il successivo passo
decisivo verso l’unione federale sarà, complessa, specialmente perché l’attuale crisi
economica obbliga l’Unione a ripensare le disposizioni per l’unione economica e
monetaria che volta furono decise a Maastricht e riprese a Lisbona. Tuttavia anche se
la situazione economica fossero stata tranquilla, l’UE avrebbe dovuto affrontare la
grande sfida di rinegoziare il suo sistema finanziario ed il regolamento di bilancio. Dal
2014 è previsto che venga messo a punto un nuovo quadro finanziario pluriennale.
Questo piano a medio termine stabilisce i parametri entro cui avviene la conciliazione
annuale per il bilancio tra il Consiglio ed il Parlamento. I negoziati saranno difficili.
L’attuale sistema è opaco ed sfiancante. Lisbona ha ampliato l’ambito delle possibilità
di spesa per l’Europa in nuove aree importanti, come l’energia rinnovabile, lo spazio,
l’immigrazione e la politica estera. Così, inevitabilmente, è venuto il momento di una
riforma radicale dell’intero sistema finanziario dell’Unione.
Un bilancio federale
Attualmente, la dimensione del bilancio dell’UE smentisce l’asserzione dei fautori degli
stati sovrani secondo i quali l’Unione è già un superstato federale. Nel 2011 il bilancio
dell’Unione sarà di poco oltre i 143 miliardi di euro, o l’un per cento del reddito
nazionale lordo totale dell’UE. Esso ammonta a un cinquantesimo del potere di spesa
complessivo dei 27 stati membri. Inoltre, il bilancio dell’Ue è cresciuto molto meno
rapidamente dei bilanci nazionali dei singoli stati. Ciò detto, il bilancio dell’UE è maturo
per una riforma. E’ cresciuto nel corso degli anni in modo caotico; è un aggregato di
numerosi ma non coordinati programmi di spesa, il più ampio dei quali è la politica
Agricola Comunitaria. Il Trattato dice che l’UE dovrebbe essere “ finanziata
integralmente tramite risorse proprie,” ma ciò è in pratica lontano dalla realtà
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ANDREW DUFF
(articolo 311 Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea). Oggi l’85% della spesa
dell’UE è finanziato da contributi diretti derivanti dalle tesorerie nazionali, o sulla base
dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) o del reddito nazionale lordo. Questo significa
che i governi nazionali hanno importanti interessi acquisiti nella massimizzazione netto
del “ritorno” dei loro stessi contributi. Si è dovuto introdurre un gran numero di
complicati e non trasparenti ribassi correttivi per gli stati singoli in modo da ridurre la
disputa su quello che è giusto e ingiusto; il più famoso e consistente è lo “sconto” per il
Regno Unito. Di conseguenza, i ministri della finanza prestano scarsa attenzione ai
principi che dovrebbero ispirare un bilancio federale: coesione, solidarietà, valore
aggiunto, efficienza in termini di costi, economie di scala. Un altro problema è che,
mentre il Trattato dice che tutte le entrate e le spese dovrebbero essere incluse nel
bilancio UE, si è sviluppata la cattiva pratica di porre alcune voci importanti al di fuori
del quadro di riferimento finanziario come, ad esempio, il Fondo per lo Sviluppo
Europeo (che è uno strumento fondamentale della politica estera dell’Unione), il
progetto satellitare Galileo e il programma ITER sulla fusione nucleare.
Nel giugno del 2011 la Commissione Europea ha pubblicato le proposte per la riforma
del bilancio ed il proprio sistema di risorse. Vanno ampiamente nella giusta direzione.
La Commissione propone una modesta crescita della spesa totale europea fino
all’1,11% del reddito nazionale lordo (le stime per il 2020 sono di una spesa annua di
150 miliardi di euro). Propone di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie e una
nuova, più semplice e più diretta tassa sul valore aggiunto (IVA) per l’Unione che
complessivamente ridurranno (ma non elimineranno) la dimensione del contributo dal
reddito nazionale lordo (GNI) degli stati e ribassi degli “sconti” correttivi. Spiegando i
principi che sottendono le proposte la Commissione dice:
Il bilancio dell’UE non è come i bilanci nazionali. L’UE non finanzia il sistema
sanitario e l’istruzione. Non finanzia la polizia o le forze di difesa come fanno i
bilanci nazionali. Ha una logica pan-europea, non nazionale. La dimensione
relativamente piccola del bilancio europeo consente di concentrarsi dove può
fornire un alto valore aggiunto europeo. Il bilancio europeo non cerca di dare
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FEDERAL UNION NOW
fondi a interventi che gli stati membri potrebbero finanziare da soli. Esiste
perché vi sono attività che necessitano di ricevere fondi per permettere all’UE
di funzionare o perché possono essere realizzate in modo più economico ed
efficace tramite un finanziamento collettivo del bilancio europeo”
Il nuovo approccio si prefigge di aumentare la semplicità e l’affidabilità, come pure a
legare la spesa dell’ UE ad un programma concordato di ripresa economica (Europa
2020) e a finanziarsi con investimenti dal settore privato, specialmente tramite la
Banca Europea per Investimenti (BEI). La Commissione propone di spendere di più, in
particolare nella ricerca scientifica e nello sviluppo tecnologico, e di dare preminenza a
politiche designate a combattere il cambiamento climatico. In considerazione dei
programmi di austerità nazionali, la Commissione propone di tagliare il personale in
tutte le istituzioni dell’UE del 5% nel periodo 2014-2020.
Le proposte della Commissione saranno ora negoziate con il Parlamento Europeo ed il
Consiglio. E’ necessario raggiungere un accordo in un tempo ragionevole per
consentire alla nuova prospettiva finanziaria di entrare in vigore nel 2014. L’insistenza
degli stati durante i negoziati per il trattato di Lisbona ha comportato che l’accordo nel
Consiglio sia sul Quadro di Riferimento Finanziario Pluriennale (MFF) sia sulla riforma
del sistema delle risorse finanziarie richieda l’unanimità. Il Parlamento ha il potere
soltanto di dare il suo consenso al pacchetto finale – sebbene in base alla passata
esperienza ci si possa aspettare che quel potere venga usato per dare inizio ad un
effettivo processo di co-decisione. I membri del Parlamento europeo farebbero
reclutare bene a coinvolgere i colleghi dei parlamenti nazionali nel dibattito,
specialmente i membri delle commissioni di spesa e non semplicemente di quelle
competenti bilancio Ue.
In base alla situazione odierna, comunque, non è probabile che i negoziati per la
riforma finanziaria procedano abbastanza velocemente nella direzione necessaria per
produrre ciò che è realmente necessario: un bilancio federale più ampio in grado di
alimentare strategie che da lungo tempo hanno superato le dimensioni dello stato
nazionale in termini di rapporti di grandezza e complessità, quali il cambiamento
climatico, la stabilità finanziaria e la ripresa economica.
Quanto deve essere ampio un bilancio federale per produrre risultati ottimali? Al
presente, il bilancio dell’ UE non regge il confronto in ordine di importanza con il
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ANDREW DUFF
bilancio degli USA (con popolazione numericamente inferiore), che è trenta volte più
ampio. Già nel 1977 l’autorevole Rapporto McDougall raccomandava persino un
bilancio pre-federale dell’ UE (senza la difesa) del 2,5% del Prodotto Interno Lordo
(PIL). Oggi noi potremmo cercare di raddoppiare la dimensione dell’odierno bilancio in
un periodo di quindici anni - cioè nel quadro finanziario di tre accordi pluriennali di
cinque anni ciascuno. Questo implicherebbe il previsto aumento nella dimensione del
budget annuale del 2020 della Ue all’1,5% del Reddito Nazionale Lordo (RNL) rispetto
all’odierno 1%.
La federalizzazione della finanza dell’UE aiuterà a risparmiare il denaro dei governi
nazionali. In realtà, se c’è la volontà politica, è perfettamente possibile abolire
interamente i contributi diretti da parte delle tesorerie degli stati. Abbiamo notato più
sopra come la Commissione abbia già proposto due nuove fonti di reddito che
confluirebbero direttamente nel budget dell’ UE, cioè, una tranche precisa della tassa
sul valore aggiunto (IVA) e una tassa sulle transazioni finanziarie. Ci si può chiedere se
due strumenti fiscali siano sufficienti per avere un effetto in linea di massima neutro in
tutto il territorio dell’Unione. Altre opzioni possono essere necessarie per distribuire il
carico, e queste possono includere una tassa europea sull’energia, una tassa
sull’aeronautica, i proventi dell’asta abbuoni delle concessioni per l’emissione di gas
serra, un contributo sul contenuto di CO2 delle importazioni, una parte dell’imposta
sulle società ricostruita su una base comune. Una innovazione fiscale di questo tipo
non solo libererebbe la finanza dell’ UE dal controllo dei governi degli stati, ma anche
stabilirebbe una connessione diretta fiscale e democratica tra il livello di governo dell’
UE, i cittadini e il mondo degli affari. Nessuna ulteriore elezione al Parlamento europeo
opachi dovrebbe risultare noiosa. Le discussioni tra i partiti a livello europeo su quanto
tassare e dove spendere renderanno i membri dal parlamento europeo degli animali
politici più vivaci.
Un vero bilancio federale dell’ UE servirà a ridurre la pressione fiscale abbassando i
costi. Sarà molto più trasparente e affidabile dell’ibrido sistema presente, prevedendo
un alto grado di elasticità per permettere progressi nelle condizioni sociali ed
economiche. La tassazione da parte dell’ UE di alcune attività a dimensione europea
aiuterà ad alleviare le distorsioni nel mercato interno ed a riorientare il dibattito sul
bilancio in direzione dell’effettivo valore aggiunto dell’ UE in accordo con il principio di
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FEDERAL UNION NOW
sussidiarietà. Un bilancio federale sarebbe ovviamente molto più “equo” perché non
processi sarà il frutto di baratti intergovernativi. Invece il concetto di beni pubblici
europei avrà modo di emergere come obbiettivo primario nel processo di bilancio. I
rimborsi nazionali e la pletora di meccanismi correttivi saranno immediatamente
ridotti ed infine eliminati.
È possibile ottenere l’ampliamento della dimensione del bilancio europeo sulla base di
questa scala trasferendo alcuni articoli di spesa dal livello nazionale a quello europeo,
risparmiando così denaro del Tesoro nazionale. In tutti i settori della politica è
necessaria un’analisi coerente con le competenze dell’ UE per identificare voci che,
secondo il principio di sussidiarietà, possono essere valutate e progettate in modo più
efficiente ed economicamente vantaggioso se vengono finanziate dal bilancio dell’UE.
Le potenziali economie di scala, quando si evitano i duplicati e persino le
contraddizioni che si verificano lasciando gli stati europei ai loro meccanismi, o quando
si corregge il fallimento del mercato agendo a livello dell’ UE, sono più ampie di quanto
la Commissione Europea osi ammettere. Il lavoro dell’Agenzia di Difesa Europea, per
esempio, incomincia a mostrare ciò che può essere conseguito consorziando
l’approvvigionamento delle armi.
Un approccio più pienamente integrato per la soluzione dei problemi dell’educazione
superiore in Europa porterà grandi vantaggi, sia intellettuali che finanziari. La ricerca e
lo sviluppo (R&D) europei a stento faranno concorrenza in termini di scala con quello
degli USA, ma la rilevanza della ricerca per lo sviluppo culturale ed economico
dell’Europa si dovrebbe giustamente riflettere nel bilancio europeo. Alcuni programmi
nazionali di Ricerca e Sviluppo meritano di essere eliminati completamente a favore di
uno sforzo integrato europeo che metta fine a duplicati costosi e conduca a una
migliore scienza.
La super-rete dell’Europa per l’elettricità o il sistema ferroviario e tranviario ad alta
velocità hanno poca probabilità di essere costruiti, o le strutture esterne tra stati
confinanti sistemate senza un investimento diretto dal bilancio europeo molto più
ampio.
L’ UE è il più importante donatore del mondo in termini di aiuto per lo sviluppo ai paesi
poveri, ma gli effetti sono ridotti dall’incoerenza e persino dalla rivalità tra l’Ue e i suoi
stati, come pure dalla mancanza di un corretto controllo parlamentare. Come parte
della riforma che porterà ad un corretto bilancio federale per l’ UE, si dovrebbe
normalizzare il finanziamento del Fondo per lo Sviluppo Europeo.(EDF).
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ANDREW DUFF
Questi sono soltanto alcuni dei molti possibili esempi di come la federalizzazione
dell’Unione porterà buoni risultati pratici in termini di politica pubblica, in patria e
all’estero
Governo dell’Economia
Il crollo finanziario nel 2007-08, il suo ritorno nel 2011, accompagnato dalla crisi
economica, hanno inevitabilmente cambiato il contesto in cui si effettuerà la riforma
finanziaria dell’Unione. La sopravvivenza dell’euro è a rischio. L’economia dell’Europa
ha virtualmente cessato di crescere. Le strategie di uscita nazionali dai vari livelli di
debito pubblico insostenibile sono ampiamente scoordinate. Le pensioni e i risparmi
sono colpiti drasticamente. La disoccupazione sale in modo drastico negli stati e nelle
regioni meno competitive. Lo scontento sociale si diffonde ed i governi cadono. Se
l’Europa dell’euro dovesse andare in pezzi, inevitabilmente l’Europa ritornerebbe al
feroce protezionismo nazionale e alle guerre economiche (beggar-my-neighbour
policies) che segnarono gli anni 1920/30.
Di fronte alla durata e profondità della crisi, la leadership dell’Unione Europea ha
lottato per riassicurare sia i mercati finanziari che l’elettorato democratico. Invero, ha
lottato anche per evitare cacofonia tra attori primari all’interno della Commissione
Europea, del Consiglio Europeo, dell’Ecofin, dell’Eurogruppo, della Banca Centrale
Europea ed il Fondo Monetario Internazionale. dapprima Inizialmente si sono
manifestati segnali pericolosi: il presidente Sarkozy e la Cancelliera Merkel sembravano
voler ignorare le discipline collettive imposte dalla condizione di membri del Consiglio
Europeo. La perenne debolezza dell’Italia ed il crescente distacco del Regno Unito
corrono il rischio di essere usati come una scusa da parte di Parigi e Berlino per
formare un direttorio. Un tale sviluppo sarebbe l’antitesi dell’Europa Federale.
Dopo un inizio accidentato, perciò, è bene che una o due conclusioni ovvie siano state
raggiunte da tutti. Innanzi tutto, le forze di un mercato senza regole non servono più
gli interessi dell’Europa, o per meglio dire, gli interessi dell’Occidente in senso più
generale. Così è necessario operare sui mercati con una combinazione di regole severe
e sane politiche economiche comuni, che includa anche misure fiscali. Secondo, i
presenti accordi istituzionali dell’ UE stabiliti dai Trattati di Maastricht e recepiti da
quello di Lisbona non funzionano più.
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FEDERAL UNION NOW
Negli anni 2008-09 l’Europa si mosse velocemente in direzione del rafforzamento della
supervisione del settore finanziario tra gli stati. Sono stati istituiti (in città diverse) tre
supervisori europei della microeconomia per il sistema bancario, per il mercato delle
assicurazioni e dei titoli, un corpo di sorveglianza macro finanziaria, il Comitato
Europeo per il Rischio Sistemico, presieduto dal presidente della Banca Centrale
Europea si assumerà la supervisione prudenziale dell’intero sistema finanziario. Ma, in
parte a causa di una troppo zelante salvaguardia della sovranità nazionale, la struttura
così proposta dell’ UE si è sfilacciata e si è rivelata troppo debole per dare fiducia alle
banche europee ed impedire l’insorgenza di un’altra tempesta finanziaria. Anche il
secondo round di stress test (migliorati) delle banche nel 2011 non sono riusciti a
convincere gli scettici mercati della solidità delle regolamentazioni costanti dell’ UE. La
politica migliore – e veramente federale – sarebbe stata quella di creare un’autorità di
controllo europea completamente integrata, responsabile dei rischi sistemici di
valutazione e della supervisione delle operazioni bancarie transnazionali, titoli ed
assicurazioni.
Nel settembre 2010 la Commissione propose un pacchetto di sei proposte di legge –
colloquialmente chiamate “Six Pack” - che si proponevano di rafforzare il sistema di
governo dell’economia dell’Unione nel suo complesso ed in particolare dei 17 paesi
della eurozona. La Commissione si propone di estendere l’ambito delle procedure per
il deficit eccessivo e di rafforzare il Patto di Stabilità e crescita, rivedendo le procedure
sia nella fase preventiva che correttiva del processo. Verrà fatto una tabella di
indicatori e migliorato il controllo sul bilancio. Saranno applicate sanzioni in caso di
persistenti violazioni di concordate discipline macro-economiche, ed imposte multe nei
casi di frode. Durante i negoziati legislativi sul “Six Pack” tra il Parlamento e Consiglio e
al loro interno, un certo numero di questioni si sono rivelate particolarmente
controverse. Riguardano l’applicazione del principio di simmetria a tutte le fasi del
ciclo economico (in altre parole, obbligando gli stati con eccedenze a pagare debiti
arretrati); i poteri che dovrebbero essere dati alla Commissione per intervenire quando
la stabilità dell’euro è a rischio; l’emissione di eurobond per coprire il debito nazionale,
la forza legale del semestre europeo (in cui i bilanci sono sottoposti alla revisione dei
pari), il ruolo del Parlamento Europeo nell’obbligare i ministri delle finanze al
rendiconto del proprio operato; l’ammontare delle multe e la loro riscossione; e,
13
ANDREW DUFF
soprattutto, le procedure del processo decisionale nel Consiglio laddove la
Commissione propone una misura preventiva per un particolare stato. Quest’ultimo
problema verte sulla questione della coercizione: se sarà necessario stabilire una
maggioranza qualificata del Consiglio solo per bloccare o, all’opposto, effettivamente
per approvare la misura proposta. È inutile aggiungere che il Parlamento è avviato a
prendere una posizione massimalista (e molto incoraggiata dal presidente della Banca
Centrale Europea, Jean Claude Trichet), contro quella minimalista del Consiglio. Si
possono incolpare le agenzie di rating di nutrire sospetti sulle motivazioni di quei
governi (in questo caso la Francia) che cercarono di evitare una certa automaticità
nell’applicazione di misure disciplinari? Ricordiamo che furono la Francia e la
Germania, non l’Irlanda o il Portogallo, che per prime infransero le condizioni del Patto
originario di Stabilità e Crescita nel 2002/03 e ne causarono l’indebolimento.
Parallelamente a questo studio critico sulla legislazione, il Consiglio Europeo è
impegnato nella lotta per salvare Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro, Spagna e Italia dal
fallimento. I capi di governo continuano a manifestare la loro volontà di fare tutto
quello che occorre per salvare l’euro. Numerose decisioni di salvataggio
(costantemente in evoluzione) dal 10 maggio 2010 al 21 luglio 2011 sono state prese
per convincere i mercati che l’ UE ha veramente la capacità e la competenza per
salvare l’euro ed insediare un solido governo economico sostenuto da una politica di
bilancio credibile a livello europeo.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI)
ammonisce:
“Coloro che fanno politica a livello nazionale nella zona euro devono
necessariamente abbandonare l’illusione che un approccio nazionale a problemi
fiscali, finanziari e strutturali preservi la sovranità in un’unione monetaria.
Invece dovrebbero concentrarsi sul fatto che l’interconnessione richiede
maggiore riflessione comune e una prospettiva sovranazionale”
Anche Barroso manifesta la sua frustrazione per la “comunicazione indisciplinata e la
complessità ed incompletezza” del pacchetto del 21 luglio. Il Fondo – transitorio – per
la Stabilità Finanziaria Europea e il suo successore, il Meccanismo Permanente per la
Stabilità Europea, stanno per essere istituiti, di proposito, come meccanismi
intergovernativi, non meccanismi dell’Unione secondo il metodo comunitario.
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FEDERAL UNION NOW
Questo significa che ogni decisione legale deve essere ratificata da tutti i parlamenti
nazionali ed ogni decisione esecutiva –
per impegnare i fondi per lo scopo
programmato – deve essere approvata all’unanimità dal governi di ogni stato. Questa
non è una gestione rapida ed incisiva della crisi.
Così è necessario fare molto di più, e presto, compreso l’ampliamento del Fondo
Europeo per la Stabilità Finanziaria (EFSF) per fronteggiare tutte le possibili
contingenze. E’ incoraggiante il fatto che il Consiglio Europeo abbia invitato Barroso,
Juncker e Van Rompuy a presentare proposte concrete entro l’ottobre 2011 per
migliorare i metodi di lavoro e rilanciare la gestione della crisi nella zona dell’euro. E’
essenziale
la
trasformazione
del
Fondo
Europeo
per
la
Stabilità
Finanziaria/Meccanismo Europeo per la Stabilità da intergovernativo a fondo
Monetario genuinamente europeo di tipo federale, integrato completamente nei
Trattati dell’UE per consentire valide verifiche delle politiche nazionali di bilancio e
facilitare i trasferimenti per gli aggiustamenti strutturali dei paesi più deboli. La
ristrutturazione del debito deve essere una precondizione per l’accesso allo ESM.
L’ultimo riesame deve anche stabilire se il Patto di Stabilità e Crescita, anche nella sua
forma rinnovata e più coercitiva, può veramente continuare a lungo termine come
sostituto di un bilancio federale e come governo federale dell’economia. Il pericolo
evidente di continuare attraverso una prolungata crisi finanziaria con il puro e semplice
coordinamento da parte dei governi nazionali delle loro politiche economiche e fiscali
è che il coordinamento debba diventare ancora più stringente. C’è un rischio reale di
un’eccessiva centralizzazione delle politiche nazionali lungo le linee dettate dalla
Germania con conseguenze punitive per la ripresa delle economie più deboli
dell’eurozona. L’euro non era destinato a trasformare i paesi che lo sperimentavano in
satelliti della Germania. Il fatto è che la semplice politica economica di coordinamento
non è una soluzione federale e difficilmente genererà le misure necessariamente forti
e inevitabilmente impopolari che una situazione che si sta deteriorando richiede. Una
formula di governo intergovernativa ultra-centralizzata non potrà mai fondarsi su un
mandato democratico.
L’Unione Fiscale
Quindi, come dovrebbe essere un governo economico
europeo più federale?
Dovrebbe avere una capacità di azione molto maggiore dell’ attuale Commissione
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ANDREW DUFF
Europea e dovrebbe rendere conto maggiormente alle due Camere, il Parlamento e il
Consiglio. L’Unione avrebbe molto più trasparenza, vivacità di ‘leadership’ e velocità di
atti esecutivi. Essa diventerebbe meno tecnocratica e più democratica. Il suo profilo
internazionale sarebbe molto migliorato.
La Commissione trasformata in autorità
federale esecutiva diventerebbe il solo rappresentante dell‘UE al FMI, e potrebbe
assumere la guida nel processo di riforma del sistema monetario internazionale.
La riforma chiave sarebbe la decisione di mutualizzare il debito , come accadde nella
storia degli USA quando, in una sera nel 1790 durante una cena , Thomas Jefferson,
James Madison e Alexander Hamilton si accordarono per accollarsi le garanzie
collaterali e accettare un carico congiunto del debito dei tredici stati. Allo stesso modo
oggi, l’introduzione di un mercato sovrano degli eurobond consoliderebbe l’ eurozona,
livellando i costi dei prestiti per tutti e contemporaneamente producendo un incentivo
materiale per le economia più deboli al fine di portare i loro debiti e deficit in linea
con i criteri di convergenza del trattato. La gestione del mercato degli eurobond
potrebbe essere controllata da un istituto fiscale dell’ UE simile all’ Istituto Monetario
Europeo che prefigurò la BCE.
Come per la nascita dell’ unione monetaria
programmata in precedenza, un approccio graduale verso l’unione fiscale servirebbe a
creare fiducia, specialmente tra i contribuenti tedeschi. La Germania godrebbe di un
voto ponderato maggiore nel nuovo organismo di politica fiscale.
Inoltre, l’emissione di ‘project bonds’ (forse 100 miliardi) da parte della Banca Europea
per gli Investimenti avrebbe un impatto molto importante sugli investimenti pubblici
e privati.
The Struggle for Europe’s Constitution (2005)Vi è una quantità di progetti da sostenere
per adeguare l’Europa all’era digitale e delle basse emissioni di CO2. L’UE federale si
impegnerà certamente per invertire il lungo periodo di declino negli investimenti
pubblici dal 3.5 per cento nel 1980 al 2.5 per cento del PIL nel 2010.
In tal modo un’UE federale avrà acquisito una capacità molto maggiore di prestare e
prendere a prestito denaro, di ottenere prestiti ed emettere obbligazioni da investire
in beni pubblici europei. Questo richiederà la creazione di una ministero del Tesoro
dell’ UE con un ministro del Tesoro che abbia la doppia funzione di Vice- presidente
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FEDERAL UNION NOW
della Commissione per gli Affari Economici e Finanziari e di presidente dell’ Ecofin
(direttive sulle linee dell’ Alto Rappresentante per gli affari esteri). Egli, o ella,
promuoverà una politica fiscale che sostenga la crescita verde. Abbiamo già proposto
l’introduzione di una ‘carbon tax’ europea per incrementare le entrate e, a scopi
competitivi, l’imposizione di una imposta sul contenuto di CO2 delle merci importate:
una migliore regolamentazione del sistema di scambio delle quote di emissione di gas
serra che includa la definizione di un prezzo base è un obiettivo complementare. Un
altro passo per rafforzare la competitività sarà l’ armonizzazione della struttura delle
imposte sulle società, lasciando agli stati discrezionalità per quanto riguarda le tariffe.
Una Commissione rafforzata sarebbe messa in condizioni di trasformare il programma
di ripresa ’Euro Plus Pact’ (così sfortunatamente chiamato) in un reale piano di azione
, comprensivo di elementi legislativi. Questi potrebbero includere un approccio
condiviso alla riforma delle pensioni – alzando l’età pensionabile di comune accordoche ridurrebbe il l’onere prossima per la futura generazione di contribuenti in tutta
Europa.
La proposta della Commissione Europea per affrontare i problemi della bassa
occupazione e della scarsa produttività deve essere accolta positivamente. I suoi
obiettivi sono giusti. Nel conseguirli un governo economico federale riuscirà a fare a
meno dell’ insoddisfacente’ metodo aperto di coordinamento’
che conta sulla
pressione dei pari e sull’analisi comparativa tra governi nazionali per fornire piani di
ripresa nazionali. La Commissione dotata di nuovi poteri sarà in grado di far valere
un’analisi delle economie nazionali basata su fatti e su un dibattito aperto su come
rimuovere ostacoli burocratici e politici. In cambio potrà guidare la nuova politica di
bilancio dell’UE che abbiamo delineato in precedenza. E dovrebbe anche lanciare una
campagna concertata contro l’evasione fiscale, la corruzione nella pubblica
amministrazione e il crimine organizzato internazionale. Infine, un governo economico
europeo porterà a completamento il programma di mercato unico, secondo le
direttive del recente report di Mario Monti. Un più forte mercato interno,
specialmente nei settori dell’energia e dei servizi, renderà l’UE più competitiva
all’estero e allargherà la scelta dei consumatori all’ interno.
17
ANDREW DUFF
Presidenza Integrata
E’ inevitabile che un’ Unione più federale sollevi
alcune questioni sull’ attuale
equilibrio inter- istituzionale. Ci sono già troppi attori al vertice dell’UE? In particolare
esiste una reale giustificazione per mantenere un Presidente semi-permanente del
Consiglio Europeo? O non sarebbe meglio affidare il compito di presiedere il Consiglio
Europeo al Presidente della Commissione ( che è già un membro non votante dell’
organismo)? Quello che risulta chiaro è che se i presidenti Barroso e Van Rompuy
sono in disaccordo tra loro si crea una imbarazzante difficoltà. D’altro canto, se non
sono mai in disaccordo fra loro, perché averli entrambi? La possibilità di avere una
presidenza integrata fu sollevata nella prima Convenzione. La questione deve esser
posta nuovamente, almeno ai fini della semplificazione.
Mentre tutto il potere legislativo nella Unione Federale deve essere condiviso in parti
uguali tra il Parlamento e il Consiglio, allo stesso modo il potere esecutivo in materia
fiscale ed economica come di politica estera e di sicurezza sarà condiviso tra il
Consiglio e la Commissione. L’unificazione della presidenza dei tre rispettivi organismi
– Consiglio Europeo, Ecofin e Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri – nelle persone
del Presidente e dei due vice- Presidenti della Commissione (rispettivamente Ministro
del Tesoro e degli Esteri) sembra una faccenda molto razionale: veramente ‘ partners
coordinati nel processo di governo’.
Una Nuova Convenzione
Nel loro incontro
a metà d’ agosto del 2011 Angela Merkel e Nicolas Sarkozy
convennero che un più forte governo economico era essenziale e che ciò si poteva
ottenere tramite incontri semestrali dei capi di governo dell’ eurozona presieduti da
Van Rompuy oltre a quelli previsti dalla normale struttura del Trattato. I mercati
rimasero scettici: ancora una volta i mercati avevano ragione. A parte qualsiasi altra
considerazione, i capi di governo si sono già si incontrati regolarmente: dal crollo della
Lehmann Brothers nel settembre 2008, ci sono state 19 riunioni del Consiglio Europeo
più tre dei leader dell’ eurozona. Sarebbe incoraggiante, invece di un maggior numero
di summit, se i capi di governo francesi e tedeschi accettassero tre cose: primo, che il
mero coordinamento delle politiche nazionali non è un governo federale; secondo, che
18
FEDERAL UNION NOW
un sostanziale miglioramento della ‘ governance’ economica dell’Unione può essere
ottenuto con un’ accurata revisione dei Trattati UE; terzo, che il modo migliore di
rivedere i Trattati e di migliorare il carattere costituzionale dello statuto di base e
dell’UE è la convocazione di un’ altra Convenzione costituzionale.
Tempo fa e fin dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona molti di quelli che
dovrebbero saperne di più si son lamentati della loro ‘ fatica da trattato’. Si sarebbe
potuto pensare che la tempesta economica avrebbe spazzato via simili ubbie e che
pochi vorrebbero essere identificati con la stanchezza cronica all’ inizio del processo di
revisione del trattato. In ogni caso una maggioranza semplice in seno al Consiglio
Europeo può decidere di far partire il processo di emendamento del Trattato su
richiesta della Commissione , del Parlamento e di qualsiasi stato singolo. I membri del
PE possono insistere sulla necessità di tenere una Convenzione e lo faranno. La
Convenzione sarà formata da rappresentanti
del Consiglio Europeo, della
Commissione, del Parlamento Europeo e di quelli nazionali. Il compito della
Convenzione sarà di preparare per consenso (e pubblicamente) un testo per un
accordo unanime da parte di una conferenza intergovernativa. La Convenzione
dovrebbe saggiamente prestare più attenzione della volta precedente alle capacità dei
suoi stessi membri e a lavorare sodo per conquistare un ampio consenso pubblico del
suo operato e apprezzamento per i risultati.
Abbiamo già discusso parecchio dei punti essenziali dell’agenda della Convenzione. Nel
settore del governo economico, questi includono:
Introduzione della votazione a maggioranza qualificata inversa (NdR: significa
che una proposta dalla Commissione si considera approvata dal Consiglio a
meno che esso non la respinga con voto a maggioranza qualificata) per tutte le
decisioni rilevanti in materia di unione economica e monetaria:
Istituzione di un tesoro dell’UE;
Creazione di un Istituto Fiscale Europeo e di un Fondo Monetario Europeo;
Assegnazione a un Vice-presidente della Commissione responsabile per gli
affari economici e finanziari del compito di presiedere il Consiglio dei Ministri
delle finanze (Ecofin)
19
ANDREW DUFF
Inoltre, inevitabilmente, le necessarie riforme del sistema delle risorse proprie e del
Quadro Finanziario Multi-Annuale richiederanno, nelle procedure decisionali del
Consiglio, l’abbandono dell‘unanimità. Qui può essere saggio introdurre un super voto
a maggioranza qualificata – per es. il 75% degli stati che rappresentano almeno l’ 85%
della popolazione complessiva dell‘Unione ( contro la soglia normale , che sarà
operativa nel 2014, del 55% degli stati che rappresentano il 65% della popolazione).
L’ apparente attaccamento di Parigi e Berlino a iniziative neo-golliste che ignorerebbe
o, peggio, considererebbe meno importanti i Trattati UE, dovrà essere contrastato
direttamente dalla Convenzione. Sembrerebbe necessario innanzitutto fare un breve
promemoria sulla portata e la forza del diritto vigente. Senza entrare troppo in
dettaglio
qui,vale la pena ricordare che i trattati istituiscono
gli organismi per
garantire la coerenza, l’ efficacia e la continuità delle politiche e delle azioni dell’UE. In
particolare gli stati membri si impegnano a considerare le loro politiche economiche
come una questione di impegno comune e a coordinarle in seno al Consiglio. Per
qualsiasi gruppo di 9 o più stati che intendano rafforzare la loro cooperazione in una
particolare area, i trattati forniscono ampie disposizioni per farlo. In secondo luogo, la
Convenzione dovrebbe promuovere e trasformare l’ Eurogruppo ufficiale ( dei governi
degli stati membri dell’ eurozona) in un’ istituzione formale dell’ Unione, limitata da e
responsabile verso le normali pratiche interistituzionali.
Tra queste c’è la Corte Europea di Giustizia , il cui compito è semplicemente di
assicurare ‘il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati’
(Art. 19(1) TEU).
La Commissione Europea
supervisiona l’ applicazione deldiritto dell’UE
sotto il
controllo della Corte. Il PE ha anche il potere di portare in giudizio qualsiasi stato o
stati membri o l’intero Consiglio Europeo ‘ per incompetenza, violazione delle forme
sostanziali, violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro
applicazione, ovvero per sviamento di potere’ (art. 263, comma 3, TFUE). Uscire dai
Trattati non è un’ opzione facile- perfino per Francia e Germania.
20
FEDERAL UNION NOW
La Riforma Elettorale
L’istituzione
del governo economico federale
che mette a punto
misure che
interferiscono direttamente sul cittadino come contribuente accentua il bisogno di
affrontare il problema della diminuita legittimazione popolare delle istituzioni dell’ UE
e specialmente quella del Parlamento Europeo. Sfortunatamente, la triste esperienza
britannica è il peggiore, ma solo uno degli esempi di come i partiti politici nazionali
abbiano da tempo fallito nel sostenere l’integrazione europea in modo efficiente o
democratico. Finora, la gestione delle elezioni al Parlamento Europeo è stata lasciata
interamente ai partiti politici nazionali, che trattano la campagna elettorale europea
come una questione di secondaria importanza. L’opinione pubblica è giustamente
delusa: la partecipazione alle elezioni è diminuita dal 63% nel 1979 al 43% nel 2009.
I partiti nazionali sono largamente ignoranti degli affari dell’ UE o addirittura gelosi e,
se lasciati
incontrastati nei loro sistemi, non riusciranno mai a parlare adeguatamente della
dimensione europea della politica al loro elettorato. Come i rappresentanti del primo
Congresso degli USA scoprirono presto, una maggiore unione federale richiede anche
un cambio di direzione nelle politiche dei partiti. Nell’ età democratica, i partiti politici
sono un nerbo vitale del governo. Per essere ben governata, un’unione più federale
richiede un forte stimolo di partiti che facciano campagna a livello europeo per sfidare
l’area pigra e ristretta, ma comoda, della politica nazionale. La competizione nell’
emergente unico forum politico europeo è altrettanto necessaria quanto quella nel
mercato unico. La vigorosa politica dei partiti dello stesso
proiettata in una più ampia
PE dovrebbe essere
arena pubblica. Scelte significative devono essere
presentate all’ elettorato durante le elezioni parlamentari europee cosicché gli elettori
sappiano che il loro voto può fare la differenza per quello che accadrà in seguito. Non
si deve più tenere segreto che un cambiamento nell’ equilibrio di potere tra i membri
del Parlamento può modificare la direzione di politiche comuni chiave o della
dimensione o della forma del bilancio UE oppure del passo o della direzione dell’
ampliamento /allargamento. Come nel Congresso USA , il numero di federalisti e
21
ANDREW DUFF
nazionalisti nel PE è un fattore determinante per la velocità dell’ integrazione e
persino per la scelta del leader della prossima Commissione.
Di conseguenza, il PE sta ora considerando un audace pacchetto di riforme elettorali
che merita di essere inserito nel trattato di unione federale. La proposta chiave è
l’introduzione nelle elezioni del 2014 di una nuova circoscrizione pan- europea per
eleggere 25 parlamentari da liste transnazionali stilate dai partiti politici europei. Quei
partiti europei ( come il Partito Popolare Europeo, i Socialisti, i Liberali e i Verdi) che già
esistono ma non si sono mai sviluppati in vere e proprie organizzazioni partitiche in
competizione tra loro per idee, politiche, voti e seggi. La loro assenza dalla mischia è il
nesso mancante della democrazia parlamentare dell’ UE.
E’ sempre troppo facile, per una ragione o per l’ altra, rimandare le riforme elettorali.
Tuttavia, oggi,quando la legittimazione politica dell’ UE è debole, è proprio il momento
giusto per assumere un’azione necessaria per rafforzare la fiducia e l’interazione tra
governanti e governati. Infatti, a meno che il sistema UE non diventi più sensibile alla
pressione democratica, l’intero progetto europeo è a rischio. Sicuramente c’è un
elettorato post- nazionale emergente che, da tempo insofferente dei ristretti confini
dello stato nazionale e della politica tradizionale, merita di essere ascoltato e che si
dedicherà al nuovo sistema con vitalità. Come faranno anche i media.
Inoltre dai parlamentari pan- europei potrebbe emergere il successore di Barroso
come Presidente della Commissione, in tal modo rafforzando il carattere parlamentare
della stessa.
Assetto Costituzionale
Persino una valutazione preliminare dei punti di forza e di debolezza del trattato di
Lisbona suggerisce che, in pratica, altre questioni saranno affrontate da una nuova
Convenzione.
Catherine Ashton, in qualità di Alto rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza, e
primo Vice-Presidente della Commissione , ha avuto un compito inverosimilmente
difficile. Nel suo ruolo ha seriamente bisogno – e merita- uno o due sostituti politici
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FEDERAL UNION NOW
che possano rappresentarla all’ estero e alle riunioni con il PE. Questa questione fu
caldamente dibattuta quando fu istituito il Servizio di Azione Esterna. Alla luce dell’
esperienza, si spera che la Francia e il Regno Unito si impegnino in modo più pieno e
pragmatico per la creazione di comuni politiche estere, di sicurezza
e difesa
dell’Unione.
Con l’ eccezione della politica fiscale, il Trattato di Lisbona ha quasi sistemato la
questione del conferimento all‘Unione di tutte le competenze necessarie per agire
efficacemente da governo quasi federale. Quasi, ma non del tutto.. L’ area in cui l’UE
ha bisogno di maggior potere per una politica comune è quella delle forniture
energetiche, in cui, al momento, i governi nazionali sono lasciati liberi di determinare
quali fonti di energia sfruttare e come. In un’epoca in cui la politica energetica è l’
elemento trainante della lotta contro il riscaldamento globale, in cui il mercato
energetico europeo è frammentato, e le decisioni di un singolo stato in materia di
energia nucleare possono essere prese senza considerare gli stati vicini, la Convenzione
farebbe bene a
riconsiderare l’ equilibrio tra la competenza dell’UE e quella degli
stati. Una questione importante a ciò collegata concerne il trattato Euratom (1957)
sull‘ energia e la sicurezza nucleare che, insieme con le politiche economica e
monetaria, è stata lasciata fuori dal processo di riforma dei trattati nell’ ultimo
decennio. L’inserimento
dell’ Euratom nella moderna e più federale struttura
dell‘Unione è un atto dovuto da tempo.
Due ulteriori miglioramenti potrebbero essere apportati alle disposizioni istituzionali
dei Trattati. Uno riguarda la sede del PE. Senza entrare nella questione della località, la
Convenzione potrebbe affidare al Parlamento stesso il diritto di organizzare il proprio
lavoro.
L’ altro problema concerne l’ ulteriore miglioramento degli strumenti di democrazia
diretta a disposizione dell’ Unione. Lisbona ha introdotto la ICE (Iniziativa dei Cittadini
Europei) per cui un milione di firmatari possono appellarsi alla Commissione per
proporre un nuovo progetto di legge. Un altro passo potrebbe essere fornire la
possibilità di promuovere un referendum a livello UE. L’ esistenza di tale strumento
23
ANDREW DUFF
sarebbe perlomeno un appropriato contrappeso federale all’ uso eccessivo di
referendum statali unilaterali.
Infine, l’ assetto costituzionale dell‘ Unione Federale dovrà introdurre due nuove
caratteristiche essenziali. La prima novità importante deve riguardare l’ entrata in
vigore dei Trattati. Al momento, qualsiasi revisione dei Trattati, per quanto minima,
deve ottenere l’unanimità di tutti i governi dei paesi membri e deve essere ratificata
da tutti secondo le proprie esigenze costituzionali prima che il nuovo statuto entri in
vigore. Questa è una barriera troppo alta in un’UE di 28 o più stati.
Nessun’altra organizzazione internazionale si è imposta degli obblighi così rigidi. I
Trattati del Consiglio d’ Europa,dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro e
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità entrano in vigore quando i due terzi degli
stati firmatari li hanno ratificati. Anche gli emendamenti al trattato dell’ONU entrano
in vigore dopo che i due terzi degli stati membri e tutti i membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza li hanno ratificati. Al FMI la regola è tre quinti degli stati che
rappresentano l’ 85% dei voti ponderati. Per quanto riguarda gli stati federali,gli
emendamenti alla costituzione USA applicano entrano in vigore una volta ratificati dai
tre quarti degli stati: in effetti gli USA non si sarebbero trasformati da una costituzione
confederale a una federale nel 1787 se tutti i tredici stati avessero dovuto ratificarla. In
Germania e in Belgio due terzi di entrambe le camere sono sufficienti per ratificare un
emendamento costituzionale. Il Canada richiede due terzi delle province che
rappresentano più della metà della popolazione. In Australia serve una maggioranza
semplice di entrambi gli stati e una maggioranza semplice in un referendum. L’India,l’
altro grande sistema di governo federale multilingue, richiede una maggioranza
semplice in entrambe le Camere se votano i due terzi dei membri e così via.
Le regole per le modifiche costituzionali della UE sono perciò molto rigide, e lo sono
doppiamente perché richiedono l’unanimità
sia in fase di progettazione che di
ratifica. Non si pensa di alterare il primo processo costitutivo. Ma le lungaggini nel fare
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FEDERAL UNION NOW
entrare in vigore il Trattato di Lisbona firmato, con i
costosi ritardi causati dal
rabberciato referendum irlandese e dal comportamento eccentrico dei capi di stato
nella Repubblica Ceca e in Polonia, dovrebbero essere ampiamente sufficienti per
mettere in guardia sulla necessità di una maggiore flessibilità nel processo di ratifica.
Un cambiamento appropriato sarebbe fissare una soglia elevata per l’entrata in
vigore del trattato revisionato – diciamo, una volta che i quattro quinti degli stati
avessero completato le proprie procedure nazionali di ratifica. Sono possibili altre
variazioni su questo tema: dovrebbe essere presa in considerazione dalla nuova
Convenzione l’ istituzione di una nuova categoria di leggi organiche dell‘unione, anch’
esse con alte soglie ma ad esclusione dell’ unanimità.
La seconda importante modifica costituzionale implica l’ introduzione di una forma di
adesione associata per uno stato membro che desideri allentare i vincoli che lo
legano all’ UE o per uno stato non membro che per una ragione o per un’ altra
preferisca l’ associazione allo status di membro effettivo.
Il Problema Britannico
Quando, negli anni ’60, circostanze politiche ed economiche spinsero infine il Regno
Unito a cercare di diventare membro delle Comunità Europee, la questione federale
rimase un difficile ostacolo sul quale negoziare. Fin dall’entrata nell’ UE nel 1973, il
Regno Unito ha combattuto
una costante azione di retroguardia contro l’
avanzamento del processo federale. Tra i cittadini britannici si è fatta strada una
presunzione, ampiamente condivisa ma prevalentemente falsa, di essere entrati nel
mercato comune con la frode solo per poi trovarsi intrappolati in una vile trama
federalista. I successivi negoziati sui trattati sulle nuove competenze da conferire
all‘Unione e nuovi poteri da concedere alle istituzioni dell’UE hanno dovuto
contrastare l’ ossessione britannica delle “linee rosse” da non varcare. Come regola
generale, la provocazione britannica ha portato a risultati minimalisti che sono poi
pesantemente mascherati allo scopo di sfuggire alla feroce ostilità da parte della
stampa popolare inglese. La fobia britannica per il federalismo ha avuto alcune strane
conseguenze involontarie - la più seria quando il rifiuto di John Major (Primo Ministro
1990-1999) a Maastricht di accettare la parola che inizia con F nel nuovo trattato ha
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ANDREW DUFF
portato inevitabilmente a dover continuare , come stiamo ancora facendo, a
centralizzare perpetuamente (e quindi in modo non federale) la ‘ sempre più stretta
unione di stati e popoli’. Recentemente Sir John ha riassunto quella posizione: ‘ Per
scelta, e con l’ approvazione della maggioranza pubblica, siamo membri semidistaccati della UE’.
Nelle ultime elezioni al PE in Gran Bretagna (2009), il il nazionalista UK Independence
Party
ha spinto il Partito Laburista al terzo posto (e i Liberal-Democratici –
chiaramente pro-europei -
al quarto). Mentre la politica ufficiale
del Partito
Conservatore è mantenere l’ appartenenza britannica all’ UE, molti dei suoi membri
del PE e del Parlamento britannico e degli attivisti preferirebbero ritirarsi. Persino
Laburisti e Liberal- democratici sono molto reticenti sulla necessità di ‘ più Europa’ – e,
come Gordon Brown alla firma del Trattato di Lisbona, lenti nelle loro reazioni agli
avvenimenti europei. Come regola generale, i politici britannici
non hanno mai
desiderato conferire alla UE sufficiente autorità per metterla in grado di governare
efficacemente nell’ ambito delle aree di sua competenza. Né hanno contribuito a
collegare la politica sovranazionale della UE con le politica interna in patria. Ogni
tanto, Tony Blair ( Primo Ministro dal 1997 al 2007) ha parlato eloquentemente dello
scopo dell’ integrazione europea come reazione alla sfida della globalizzazione. Ma,
mentre da un lato voleva i fini, era riluttante a fornire i mezzi – e, come il suo
predecessore, rifiutava di accettare il terminie ‘su base federale’ nel preambolo del
Trattato costituzionale del 2004. La sua stessa presidenza del consiglio Europeo nel
2005 ha fallito nell’ affrontare in modo efficace il problema delle finanze dell’ UE.
(Dopo la sua caduta, Blair si è apparentemente convertito all’idea dell’ elezione diretta
di un presidente dell’ UE – una proposta che va oltre l’ orizzonte di questo opuscolo).
Il governo di coalizione dei Conservatori e dei Liberal- democratici ha superato i
laburisti nel cercare di placare l’opinione pubblica nazionalista senza riuscirci. Un
nuovo European Union Act (luglio 2011) ha efficacemente trasformato i termini dell’
appartenenza britannica all’ UE istituendo referendum popolari su tutti i principali
emendamenti dei trattati e su 56 modifiche minori alle procedure decisionali dell’ UE.
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FEDERAL UNION NOW
I ‘ veti’ sono ora radicati nella Costituzione britannica. Poiché né i Conservatori né i
Liberal-democratici hanno la più pallida idea di come qualunque di questi referendum
possa essere vinto , essi hanno imposto un veto unilaterale da parte della Gran
Bretagna contro l’ evoluzione costituzionale dell’ Unione. Questa imposizione
è
giustamente considerata intollerabile dai partner europei della Gran Bretagna: la
modifica dei Trattati è un mezzo di integrazione europea normale, regolare e, nell’
attuale situazione di crisi, addirittura vitale.
La nuova legislazione dell’ UK ha reso inevitabile che come parte della prossima
importante revisione dei trattati si debba fare qualcosa di drastico per evitare il veto
britannico sulle modifiche costituzionali. Grazie al Trattato di Lisbona, c’è già un
provvedimento che permette a uno stato dell’UE di staccarsi dall’ appartenenza. La
stessa logica federalista dovrebbe essere applicata nel nuovo trattato per introdurre
una nuova forma intermedia di adesione, in cui stati semi-separati possano godere dei
principali elementi di integrazione economica, ma evitare la vocazione politica e
ritirarsi in modo più o meno cortese dalla partecipazione istituzionale inerente alla
piena associazione. Una forma di associazione di seconda-classe deve essere creata
per l’UK e qualsiasi altro stato che desideri ritirarsi dall’ imperativo federalista gli
condiviso dagli stati membri che costituiscono il cuore della UE.
La ricaduta della deplorevole legge sull‘UE della coalizione britannica, unita al bisogno
di completare l’unione monetaria con un governo economico,
sospinge
inevitabilmente la Ue e il Regno Unito a prendere due strade diverse. Di questo sembra
persino essersi resa conto l’ attuale ‘ leadership’ del Partito Conservatore che, con
John Major, sembra ora richiedere che l’ eurozona si trasformi in unione fiscale.
Questa è ovviamente la scelta patriottica da fare: un fallimento
dell’ eurozona
rovinerebbe anche la Gran Bretagna, non foss’altro che per l’ ampia esposizione delle
istituzioni della City di Londra all’indebitamento sovrano e privato dell’ Europa.
Nessun federalista britannico può accettare il rischio che si crei un più ampio divario
politico tra l’UK e l’ Europa continentale. Ma il premio più grande a lungo termine è la
formazione di un forte, stabile e prospero gruppo di paesi nel cuore dell’UE al quale
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ANDREW DUFF
altri stati si dovranno alla fine unire. Un giorno, forse fra molti anni, quando l’UK si sarà
convinta del successo dell‘ Unione federale e la vedrà avere un ruolo potente negli
affari internazionali, probabilmente cambierà idea e vorrà dentro tornare a farne
parte.
C’è un legame, naturalmente, tra il mettere in vigore un emendamento costituzionale
prima che tutti gli stati siano d’ accordo e la proposta di creare, come valvola di
sicurezza, una adesione associata per gli stati che non sono, o non sono ancora,
attratti dall’ obiettivo federalista. Nessuno stato membro esistente può essere
costretto contro la sua volontà ad aderire a un’ unione più federale: serve pertanto un
piano speciale. Alla stessa maniera, nessuno stato membro esistente
dovrebbe
bloccare l’ emergere di un’ unione più federale se questo è il desiderio di una larga
maggioranza dei suoi membri. A Londra la coalizione di governo dovrebbe chiedersi se
ha l’autorità morale o la volontà politica di impedire al resto della Ue di fare ‘quello
che serve’. Persino i Conservatori britannici, che hanno sempre voluto ’l’Europe à la
carte’, non potranno lamentarsi quando finalmente l’ avranno.
Per il resto, la prospettiva di sollevare la posta della ‘governance’ dell’ UE è un premio
che vale veramente la pena di ottenere, per lo meno perché porterà stabilità
finanziaria e creerà le basi per la ripresa economica. L’ Unione Europea federale che si
propone qui è quello che Joshka Fischer ha definito ‘ una federazione snella’: non è
uno stato federale, non sostituisce gli stati europei esistenti, ma è un’ aggiunta ad essi;
è più democratica di quella che abbiamo ora e darà a un’ Europa più unita una
maggior capacità di agire per fare bene nel mondo.
Ora è tempo di agire.
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