RS
RS
Anno XXXVI
RICERCHE STORICHE
Direttore
Ettore Borghi
Direttore Responsabile
Piergiorgio Paterlini
Coordinatore di Redazione
Glauco Bertani
Comitato di Redazione
Laura Artioli, Glauco Bertani,
Michele Belelli, Antonio Canovi,
Maria Nella Casali, Alberto Ferraboschi,
Cesare Grazioli, Francesco Paolella,
Marco Paterlini, Massimo Storchi,
Antonio Torrenzano, Lella Vinsani,
Antonio Zambonelli
N. 94 dicembre 2002
Rivista semestrale di Istoreco
(Istituto per la storia della resistenza e
della società contemporanea in provincia di Reggio Emilia)
In copertina foto di documenti provenienti dal Fondo «Archivi IstorecoEgidio Baraldi».
Le foto di Prampolini e Zibordi che
corredono il saggio di M. Festanti provengono dalla fototeca della Biblioteca
Panizzi di Reggio Emilia.
Direzione, Redazione,
Amministrazione
Via Dante, 11 - Reggio Emilia
Telefono (0522) 437 327 FAX 442 668
http://www.istoreco.re.it
e.mail: [email protected]
Cod. Fisc. 80011330356
Prezzo del fascicolo
Numeri arretrati il doppio
Abbonamento annuale
Abbonamento sostenitore
Abbonamento benemerito
Abbonamento estero
10,33
20
52
258
30,00
I soci dell'Istituto ricevono gratuitamente la
rivista
I versamenti vanno intestati a ISTORECO,
specificando il tipo di Abbonamento,
utilizzando il Conto Corrente bancario
BIPOP-CARIRE n. 11701 oppure il c.c.p.
N. 14832422
La collaborazione alla rivista è fatta solo
per invito o previo accordo con la redazione.
Ogni scritto pubblicato impegna
politicamente e scientificamente
l’esclusiva responsabilità dell’autore.
I manoscritti e le fotografie
non si restituiscono.
Stampa
GRAFITALIA - Via Raffaello, 9 Reggio Emilia
Tel. 0522 511.251
Fotocomposizione
ANTEPRIMA - Via Gramsci, 104/f Reggio Emilia
Tel. 0522 271185
Editore proprietario
ISTORECO
Istituto per la Storia della Resistenza
e della Società contemporanea
in provincia di Reggio Emilia
cod. fisc. 80011330356
Registrazione presso il Tribunale di
Reggio Emilia n. 220 in data 18 marzo 1967
Con il contributo della Fondazione Pietro Manodori
«E qui si è discusso e stiamo ricordando un evento centrale e terribile nella vita di questo secolo: la persecuzione e gli atti che
compì il nazifascismo nel cuore del secolo e contro cui io imparai
faticosamente, anche con errori, a combattere. Semmai il mio
dubbio è che noi che vivemmo quelle vicende e quegli orrori, non
riusciamo ancora a raccontare come dovremmo quello che abbiamo visto».
PIETRO INGRAO, 1999
Indice
Editoriale
Giannetto Magnanini, Istoreco e le sfide del nuovo millennio
7
Ricerche
Maurizio Festanti, Le lettere di Camillo Prampolini a Giovanni Zibordi.
1921-1929
«Camerati contadini» in Germania
Introduzione, e.b. – don Angelo Cocconcelli, 66 – Walter Cilloni, 72 – Peppino
Gatti, 84 – Leonardo Rossi, 93 – Postfazione, e.b. 101
11
63
I 1170 civili deportati in Germania dalla provincia di Reggio Emilia
Antonio Zambonelli, Qualche nota introduttiva
Egidio Baraldi, Deportazione dei civili: i nomi e i luoghi
103
Giovanna Caroli, Deportati a Kahla
133
Marco Paterlini, Mercato nero: colpa vostra! Una questione di morale e politica
137
107
Memoria
Maurizia Morini, Mi ricordo…
Voci dal fronte. Lettere inviate ad Annita Malavasi
171
177
Note e rassegne
Lucia Bonfreschi, Convegno: «La costituzione del consenso. Ordine, Legittimità e
Resistenza nei sistemi politici europei, secoli XIX e XX», Bologna, Dipartimento
di Politica, Istituzioni e Storia, 13-14 settembre 2002
183
Recensioni
187
Ultime acquisizioni della biblioteca di Istoreco
197
Istoreco e le sfide del nuovo millennio
GIANNETTO MAGNANINI
L'assemblea annuale di Istoreco del maggio scorso ha messo in evidenza l'acuto punto di
crisi in cui si è trovato l'istituto nel contesto della situazione politica e istituzionale, ma
anche nelle sue funzioni e nei suoi rapporti interni: tra comitato direttivo, soci fondatori,
soci ordinari, collaboratori, ricercatori, con il territorio e la società civile su cui siamo chiamati ad operare. Le difficoltà di Istoreco non sono peculiarità proprie ma a livelli diversi si
pongono in tutti gli altri sessanta istituti presenti sul territorio nazionale e anche nell'Insmli
(Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia).
Su queste cause esterne e interne siamo chiamati a misurarci. Per tale scopo abbiamo promosso un seminario programmatico per il 15 novembre aperto a contributi esterni e una
conferenza di organizzazione per l’11 dicembre.
Sul piano nazionale assistiamo ad una campagna aggressiva da destra che non basta più
definirla di revisionismo storico. C'è un'azione aperta per una nuova egemonia culturale che
si basa sul capovolgimento di valori e giudizi acquisiti da oltre cinquant’anni di studi, ricerche, riflessioni e su principi sanciti sin dal 1948 sulla Carta costituzionale.
Sono messi in questione i dati della storia (avvento del fascismo, fascismo, antifascismo,
vittoria della coalizione mondiale contro il fascismo e il nazismo) e dell'affermarsi e del
riconoscersi nei principi di libertà, di democrazia, di socialità e solidarietà con le categorie
più deboli, del valore del lavoro, della convivenza e emulazione pacifica tra i popoli, del
ripudio della guerra e del terrorismo per risolvere i conflitti fra gli stati e i conflitti sociali.
Il capovolgimento dell'interpretazione storica sta nel cancellare cosa è stato il fascismo,
nel rivalutarlo, nel promuovere il razzismo in una società sempre più multietnica e multiculturale. Tutto ciò avviene senza una rivisitazione documentata sulle vicende del passato, ma
solo miserevoli rivalutazioni di uomini e fatti del passato (Mussolini, Balbo, Anfuso, El
7
Alamein, ecc...) confidando sul possesso monopolistico dei mezzi d'informazione.
In questa condizione sono devianti i richiami ad una condivisione acritica della storia italiana. La condivisione sta solo nell'accettazione dei valori della democrazia e nei principi
fondamentali sanciti dalla Costituzione. Pertanto è bene continui la ricerca storica e il confronto su diverse opzioni storiografiche.
L'impegno di Istoreco non può che continuare con la stessa determinazione del passato,
ma deve soprattutto allargarsi e estendersi in un confronto esterno con altri istituti di ricerca.
Per quanto si riferisce al passato possiamo affermare di aver adempiuto a quanto stabiliscono gli articoli dello statuto di Istoreco: raccogliere, conservare, documentare, diffondere il
materiale e la memoria storica della Resistenza reggiana e nazionale promuovendone lo studio e la ricerca.
In questi trentacinque anni di esistenza Istoreco si è affermato svolgendo un importante e
grande lavoro con studi, pubblicazioni, favorendo la formazione e l'impegno di molti giovani ricercatori. Istoreco deve sempre più identificarsi come istituto culturale che svolge compiti di servizio e di ricerca.
In questi mesi non siamo stati fermi, non ci siamo solo macerati sull'interrogativo del che
fare. Vi sono atti che dimostrano le potenzialità che possiamo esprimere. Innanzi tutto, vi è
la convenzione con l'amministrazione comunale di Reggio che affida ad Istoreco la gestione
dei servizi del Polo archivistico, attiguo agli uffici della nostra sede. Nello stesso luogo dell'archivio storico del comune di Reggio si sono aggiunti gli archivi della Camera del lavoro,
dell'Udi, del Pci, della Federazione delle cooperative, dell'Anpi, dell'Istoreco, di altri enti e
personalità reggiane. Da ciò derivano compiti importanti che vedono impegnati collaboratori
dell'Istoreco e che favoriscono il formarsi di nuovi storici, documentaristi, archivisti e offrendo a tutta la cittadinanza la possibilità di fruire della memoria della città e della provincia.
Altre attività importanti sono: l'uscita del numero 94 di «Ricerche storiche», il programma
didattico per l'anno 2002-2003, l'attività della sezione esteri, già impegnata nelle celebrazioni e nelle iniziative del 25 aprile e del 60° della fine del fascismo e dell'inizio della lotta
armata per la liberazione del nazismo e fascismo. Inoltre, vi è il sito su Internet di tutte le
informazioni dell'Istituto. Altre iniziative di studi si sono intraprese (don Pasquino Borghi,
circoscrizioni, stragi nazi-fasciste, luglio 1960, centrale di Ligonchio e difesa delle strutture
economiche sul finire della guerra). In queste settimane si è aggiunta una convenzione con
la Legambiente e con organi cooperativi per salvaguardare materiali archivistici e stabilire
nuovi rapporti di collaborazione.
L'impegno che si impone ora è quello di definire una progettazione culturale complessiva
che intrecci le domande del presente per costruire il futuro con la conoscenza e gli insegnamenti che si possono trarre dallo studio di tutto l'arco del secolo scorso. Del resto l'Istituto,
già da anni, ha modificato il proprio statuto richiamandosi non solo allo studio della
Resistenza ma della società contemporanea. Sinora ha prevalso lo studio e la ricerca sul
periodo resistenziale ed è stato questo un lavoro ottimo. Deve essere perseguito ma deve
arricchirsi, ampliarsi. Temi centrali per le generazioni del Duemila sono quelli della pace,
del valore del lavoro, del rispetto di ogni nazionalità, diversità di razza, di religione, di patrimonio culturale.
Dobbiamo produrre studi sulle guerre del '900 (due guerre mondiali, guerre coloniali e
locali). Centinaia di milioni di morti: a cosa hanno servito? Centinaia di migliaia di giovani
italiani tra il 1915 e il 1918 e tra il 1940 e il 1945 sono morti senza conoscere e odiare chi li
uccideva e loro stessi venivano chiamati ad uccidere senza conoscere e odiare i giovani degli
altri paesi. Centinaia di migliaia di giovani durante la prima guerra sono stati colpiti dalla
8
follia, dalla nevrosi, da altre malattie, sono stati renitenti, disertori, processati, condannati e
anche fucilati.
Campagne nazionalistiche, l'avvento del fascismo, altre guerre portate dal fascismo in
Africa e in altri paesi dell'Europa hanno dato morte e distruzioni inenarrabili. Ora si cerca di
coprire e di cancellare l'opera nefasta del fascismo, germi diffusi dell'antisemitismo e del
nazionalismo.
Vanno studiati i processi culturali e ideali sulle radici dell'antifascismo, di una nuova concezione europea, del vivere in società multietniche che non possono nutrire germi razzisti e
nazionalisti.
Lo studio deve affrontare anche la seconda parte del secolo scorso, in particolare i processi di costruzione della democrazia, l'esperienza degli amministratori popolari negli enti locali almeno dal 1946 al 1970 all'atto della costituzione dell'Ente regione. Un vasto campo
riguarda lo studio delle profonde trasformazioni economiche e sociali dal '45 a fine secolo e
delle molteplici forme dell'associazionismo democratico.
Per operare in questo contesto Istoreco non può essere autoreferenziale, chiudersi in sé,
deve aprirsi in un ruolo propositivo e competitivo con altre istituzioni culturali presenti in
provincia (museo Cervi, Centro Prampolini, costituendo «R60» della CdL., altri centri culturali e riviste) ed in particolare con l'Università, ma anche sul piano regionale e nazionale e
con un coordinamento centrale dell'Insmli che con il primo gennaio del 2003 diventerà privato. Un rapporto si dovrà stabilire anche con altri istituti (Gramsci, Basso, Luigi Sturzo,
Fondazione Di Vittorio, Fondazione Feltrinelli).
Istoreco deve sempre più essere centro di ricerche e di servizio. Già offre notevoli funzioni sul piano didattico con le scuole, di collaborazione a enti locali nei momenti delle campagne celebrative. Offre un servizio alla cittadinanza con la sua ricca biblioteca specializzata
con l'archivio del movimento partigiano e della Rsi con la fototeca, l'emeroteca e la videoteca. Su questi temi (biblioteca, archivio, comunicazione, rivista «Ricerche storiche», comitato scientifico, sezione esteri, ecc...) si richiede una puntuale riflessione per corrispondere
sempre meglio alle esigenze pubbliche.
Infine, va ulteriormente riflettuto il rapporto con gli enti fondatori (Amministrazione
comunale di Reggio, Amministrazione provinciale, organizzazioni partigiane Anpi e AlpiApc, Istituto Cervi) e in particolare con i comuni della provincia sulle questioni che abbiamo posto e che riguardano il contributo che può ampliare l'Istoreco sul piano delle ricerche
e delle funzioni degli enti locali stessi.
9
Ricerche
Le lettere di Camillo Prampolini
a Giovanni Zibordi. 1921-1929
MAURIZIO FESTANTI
Con la donazione delle carte di Giovanni Zibordi, voluta con generosa sensibilità dalla
figlia Freja nel 1986, la Biblioteca Panizzi ha potuto acquisire una documentazione di
straordinario interesse su vicende e protagonisti della storia contemporanea della nostra
città. Le lettere che pubblichiamo in questa sede sono una concreta testimonianza dell’importanza che l’Archivio Zibordi riveste non solo per chi intenda approfondire lo studio di
una delle figure più rilevanti della storia del socialismo reggiano, ma anche per chi voglia
ricostruire alcune delle pagine più significative della nostra storia recente.
Tra i numerosi motivi di interesse l’archivio offre anche la possibilità di integrare la corrispondenza tra Prampolini e Zibordi, fino ad oggi nota solo attraverso le lettere inviate dal
secondo al primo, pubblicate da Renato Marmiroli nella sua edizione del carteggio prampoliniano1.
Tra la carte di Zibordi sono state invece conservate le lettere inviategli da Prampolini,
offrendoci così la possibilità di completare il quadro dei loro rapporti e di conoscere più a
fondo le loro personalità.
Le lettere di Prampolini abbracciano gli anni 1921-29: il periodo cruciale e drammatico
della dispersione, sotto i colpi dell’assalto fascista, del grande patrimonio politico, sociale
ed economico accumulato in trent’anni di lotte e di realizzazioni dal socialismo riformista
reggiano. Proprio uno dei colpi più violenti del fascismo, l’ostracismo a Zibordi ed il suo
definitivo esilio da Reggio, è all’origine di questo scambio epistolare. Per la prima volta
infatti, dopo i diciassette anni in cui Prampolini e Zibordi avevano lavorato fianco a fianco
quotidianamente, nella redazione della «Giustizia» in via Gazzata, si frapponeva tra i due
una distanza che richiedeva di essere colmata da una fitta corrispondenza.
L’urgenza dei problemi che questa forzata lontananza comportava, rischiando di compro-
11
mettere la sopravvivenza stessa della «Giustizia», la sola voce rimasta a contrastare la
sopraffazione fascista, mette a nudo le diverse personalità dei due leader del socialismo reggiano. La drammaticità del momento storico e il filtro costituito dal rapporto epistolare consentono ad entrambi di aprire il proprio animo con tutta la franchezza e la sincerità che solo
una forte e reciproca fiducia consente.
Così Prampolini può confessare apertamente la nevrosi che spesso gli paralizza la mente e
gli blocca il pensiero, lasciandolo inerte anche nei momenti in cui la sua parola sarebbe più
necessaria e soprattutto facendogli penosamente misurare lo scarto tra le sue reali possibilità
e le responsabilità politiche a cui è chiamato. Mentre Zibordi può dichiarare la propria inadeguatezza ad affrontare le situazioni di scontro e di conflitto, quando dalla parola si deve
passare all’azione e mettere a repentaglio non solo la propria, ma anche l’altrui incolumità.
Diversi dunque i caratteri e i temperamenti, ma identiche le convinzioni politiche, fondate
sulla stessa concezione «pragmatica» degli interessi del proletariato e sulla condivisione
dell’esperienza concreta di un riformismo che rifugge da promesse palingenetiche e che
risulta vincente nella sua strategia del passo dopo passo, dell’azione quotidiana, della propaganda continua, dell’organizzazione costruita giorno per giorno. Non ci sono divergenze o
difformità di vedute tra loro su questo terreno. Come non ci sono naturalmente nella profonda avversione verso ogni forma di massimalismo e nel disprezzo nei confronti delle «bestie
ubriache in camicia nera», come Prampolini definisce i fascisti.
Com’è naturale, nelle lettere gli argomenti e le valutazioni di natura politica si intrecciano
con i temi della sfera privata, finché questi ultimi prendono completamente il sopravvento
dal 1926, quando il timore di controlli e di sequestri chiude ogni possibilità di confronto
politico anche solo attraverso la corrispondenza privata. Nelle ultime lettere di Prampolini si
avverte, annidato tra i problemi e le incombenze della vita quotidiana, un senso inespresso
di angoscia per un’intera stagione politica ormai avviata ad un triste tramonto, a cui si
aggiunge il tormento per i disagi dell’esilio, per le ingiustizie subite, per l’incertezza del
futuro, per le sofferenze della malattia.
Anche nella sfera familiare, oltre che in quella politica, Prampolini e Zibordi si trovano a
condividere, come padri, le stesse ansie e preoccupazioni: il primo per le difficoltà e le delusioni incontrate dalla figlia Piera nella sua professione di cantante lirica, alla faticosa ricerca
di contratti e scritture; il secondo per la salute cagionevole della figlia Freja, costretta ad
interrompere gli studi a causa della fragilità della sua costituzione fisica.
La corrispondenza tra i due massimi protagonisti della storia del socialismo reggiano, nel
clima drammatico della nascita e dell’affermazione del fascismo, ci offre dunque uno spaccato delle loro personalità e dei loro rapporti assai ricco di spunti e di motivi di interesse2.
Anche se ci si deve rammaricare che essa non sia completa: le lettere intercorse tra loro
dovettero essere molto più numerose di quelle che ci sono pervenute. L’esame della sistemazione dell’archivio Zibordi mette in evidenza infatti come egli abbia operato una selezione
dei documenti da conservare.
L’organizzazione interna dell’archivio testimonia in modo chiaro l’estrema cura con cui
Zibordi, in un’epoca imprecisata ma certo tarda, dette un ordinamento organico alle sue
carte, raccogliendole in buste sulle quali appose di sua mano una titolazione e in molti casi
un preciso indice analitico del contenuto. È in questa fase di ordinamento complessivo che
Zibordi con ogni probabilità decise quale documentazione conservare e quale invece gettare
perché ritenuta scarsamente significativa.
Le lettere di Prampolini non fanno eccezione, tanto che in alcune di esse è rimasta la traccia fisica, dovuta all’umidità, di altri biglietti o di altre lettere che erano state conservate
12
assieme a tutta la corrispondenza, ma che poi Zibordi ha ritenuto di non dover conservare.
Certo si tratta di una prassi abbastanza abituale; meno consueta è invece l’operazione compiuta da Zibordi sulle stesse lettere conservate: allo scopo di risparmiare spazio, egli infatti
ha provveduto spesso a ritagliare brani più o meno lunghi di lettera, eliminando la parte
restante. A tali brani, quasi fossero schede utilizzabili in seguito, ha dato spesso un titolo,
come nel caso dei brani di lettera del 13 aprile e del 10 agosto 1921, intitolati rispettivamente «Il rogo» e «Corgini» 1921.
Zibordi giunge persino a rifilare i margini delle lettere di maggiore formato, cancellando a
volte dati significativi nel caso di carte intestate, e a tagliare a metà le cartoline illustrate, di
cui conserva solo la parte di sinistra con il testo. Si deve tuttavia al suo scrupolo di conservare ordinatamente il materiale documentario da lui raccolto a partire dal 1921 (la documentazione precedente andò quasi totalmente perduta nell’incendio del suo ufficio presso la
redazione della «Giustizia» da parte dei fascisti) se oggi è possibile aggiungere tasselli
importanti nella ricostruzione di vicende decisive della nostra storia recente.
1
Gli eventi del marzo-aprile 1921, che vedono i fascisti assaltare le sedi della Camera del
Lavoro e della «Giustizia» ed attentare all’incolumità fisica dei leader del socialismo reggiano, sono noti e ampiamente riportati in tutte le ricerche storiche relative al periodo3. Ne
richiamiamo solo i momenti essenziali, necessari alla comprensione del contesto in cui si
collocano le lettere.
Il 22 febbraio 1921 viene discussa alla Camera un’interrogazione di Zibordi sulla
«Situazione della pubblica Sicurezza a Reggio Emilia»: in risposta alle assicurazioni del
governo, il parlamentare reggiano denuncia le violenze fasciste che avevano provocato
poche settimane prima le prime due vittime a Correggio4. Lo stesso Zibordi sollecita al
ministero degli Interni l’invio di un ispettore che possa condurre un’indagine sulla situazione locale e tentare un’azione di pacificazione. Al ministero stesso inoltre erano giunte informative circa l’atteggiamento di acquiescenza, se non di aperto favore, verso i reati commessi dai fascisti tenuto dal vice-commissario di Pubblica sicurezza Marca e dal capitano dei
Carabinieri Umberto Cazzaroli.
Il ministero decide l’invio a Reggio dell’ispettore Trani e, viste le risultanze della sua
inchiesta, dispone il trasferimento dei due funzionari.
A questa notizia i fascisti, che attribuiscono la responsabilità del trasferimento allo stesso
Zibordi, decidono di inviare una delegazione di tre rappresentanti, tra cui i segretario politico Milton Lari, a parlamentare con Prampolini e Zibordi per ottenere la revoca del provvedimento. L’incontro avviene il 14 marzo nella sede della «Giustizia» e si conclude in modo
drammatico: all’uscita dalla redazione, i due parlamentari socialisti sono aggrediti da
gruppi di fascisti che si erano riuniti nelle vie adiacenti e che si mettono al loro inseguimento. Prampolini e Zibordi riescono a stento a sottrarsi agli inseguitori e a riparare all’interno
dell’abitazione di Prampolini, in Via Porta Brennone, mentre contro la porta d’ingresso vengono esplosi due colpi di arma da fuoco5.
Già il giorno successivo dunque Zibordi è costretto ad allontanarsi da Reggio e a riparare a Roma. Una sua fugace riapparizione in città, la vigilia di Pasqua, provoca l’immediata
reazione dei fascisti che continueranno a applicare l’ostracismo nei suoi confronti, informando le autorità che la presenza di Zibordi non sarebbe stata tollerata.
Con questa lettera Prampolini trasmette a Zibordi il messaggio ricevuto dal prefetto
Boniburini e vi aggiunge un proprio commento e l’annuncio di aver aderito alla sua richie-
13
sta anche a nome di Zibordi stesso.
[Carta intestata:] Il Prefetto di Reggio Emilia
26 marzo 1921
Onorevole,
Come sarà stato notato anche da Lei, il ritorno dell’On. Zibordi a Reggio ha ravvivato le
ire e provocato subito incidenti, che, ripetendosi, potrebbero determinare quel fatto grave,
che tutti temiamo e deprechiamo per la nostra Reggio.
Io ho continuato a parlare colle persone più influenti; ma ho creduto anche mio dovere di
avvertire oggi stesso il Ministero e rinnovargli la raccomandazione già fatta, per la pacificazione degli animi, di revocare il trasloco del vice commissario di P. S. Marca e almeno
sospendere quello del capitano dei carabinieri Cazzaroli.
Ma il mio telegramma non può avere l’efficacia che avrebbe la parola autorevole della S.
V. e dell’On. Zibordi, pronunciata nello stesso senso e per lo stesso scopo.
Mi permetto quindi di esprimerle il parere che sarebbe molto opportuno ed utile che le
Signorie Loro appoggiassero validamente la mia proposta presso S. E. il Ministro
dell’Interno (Gabinetto), al quale ho indirizzato il mio telegramma.
Col maggiore ossequio
Devotissimo
Boniburini
[a matita]
Carissimo Giovanni – Ieri sera, appena ricevuto questo … documento che potrai conservare, cercai del prefetto ma non lo trovai. Sono stato esitante e poi mi sono deciso a valermi
anche del tuo nome inviando al Ministero il seguente telegramma: Fermo proposito contribuire pacificazione animi, aderiamo pienamente proposta prefetto revoca trasloco Cazzaroli
Marca.
Non ho detto niente a nessuno e la responsabilità dell’atto è tutta mia.
Credo di non aver sbagliato. Non ho nessuna fiducia nell’intelligenza, dignità ed energia
del prefetto e non m’illudo che si sia resa di molto più vicina la pacificazione, ma sono convinto che sia nostro dovere cercarla con ogni mezzo, a costo di qualsiasi nostro sacrificio
d’amor proprio: e d’altra parte mi sembra che sarebbe stato anche poco abile contenerci in
modo da lasciar al prefetto la possibilità di dire che la pacificazione non l’abbiamo voluta
noi.
S’intende che al Prefetto stamattina, se gli potrò parlare, farò sapere che io e tu anche questa volta, come sempre, siamo pienamente d’accordo ed abbiamo decisa insieme la spedizione del telegramma.
***
Ho visto ora (9.45) l’uomo. Mi ha riferito che i dirigenti delle Associazioni patriottiche
(quelli della Battisti) gli promisero categoricamente di adoperarsi in ogni modo presso i giovani fascisti a portare la lotta su un terreno di civiltà, qualora fosse riparata la ingiustizia che
essi pure deplorano ed han preso l’impegno di cancellare.
Vedremo!
Ti mando la Giustizia dove è orribilmente mutilato un brano del Corriere della Sera
accennante a un tema sul quale noi dovremo molto insistere6.
14
Non ho il Giornale di Reggio, ma dirò alle tue donne di portartelo. Certamente parlerà
della giornata di ieri; e tu potrai, spero, rispondere in tempo per la Giustizia di martedì7.
Ricordati sempre: molta…didascalica, e niente ironia!
A costo di parer ingenui fino alla follia, bisogna fare lo sforzo inaudito di tentar di persuadere gli stessi giovani fascisti dell’iniquità e inciviltà della loro violenza.
Così si prepara la nostra rivincita nell’opinione pubblica.
Ciao. Tuo
Camillo
2
29/3/’21
Carissimo – Ho ricevuto le lettere. Corradini8 ha risposto telegraficamente che apprezza il
nostro atto e lo crede utile allo scopo della tranquillità cittadina; ma poi soggiunge che per
ragioni di disciplina e dopo tutto ciò che è avvenuto crede incompatibile la permanenza dei
due funzionari a Reggio.
Al prefetto, comunicandogli questo telegramma, ho osservato che egli avrebbe dovuto
chiedere non la revoca, ma un supplemento di inchiesta, con l’impegno però da parte di tutti
di considerare inappellabile quella qualsiasi decisione che avesse poi preso il Governo. So
che il prefetto ha avuto oggi in proposito un colloquio coi rappresentanti dei liberali:
Morandi, il vecchio, Petrazzani e Curti9; ma non so cos’abbiano concluso.
Il Giornale si mantiene assai più misurato di prima.
Ieri sono avvenuti incidenti a Fabbrico e S. Martino in Rio: molte revolverate a S.
Martino, ma nessun morto, nessun ferito grave e quasi nessun ferito legger[…]
3
L’8 aprile i fascisti, dopo una serie di incidenti in cui era rimasto ferito uno di loro, assaltano la sede della Camera del lavoro, in Via Farini, e devastano il negozio della
Cooperativa Stampa Socialista, situato al piano terra dello stesso edificio, e i locali del
Club Socialista in Via Monzermone. Anche la redazione e la tipografia della «Giustizia», in
Via Gazzata, sono distrutte e incendiate.
Due giorni dopo, da Roma, Zibordi scrive alla figlia Freja: «Non so dirti l’animo mio: mi
pare un sogno, e il dolore è aggravato dal rimorso della imprevidenza. Importanti incarti di
partito che erano nella mia scrivania, carte private, i miei registri tenuti in ordine scrupoloso … Ma quel che più mi duole perché è irreparabile, tutta la mia produzione politico-giornalistico-letteraria, ch’era nel famoso armadio che pareva la torre d’un orologio! Mi sta
bene, e non c’è che dire. Ben più importante che questi miei dolori privati è la situazione
politica, che io non vedo risolvibile»10.
Lo stesso giorno scrive a Prampolini: «Ho sfogato il mio dolore, in questo grigio pomeriggio, in questo scritto. Vedilo tu. Fanne quello che vuoi. Io non vedo chiaro in me; tutti i
sentimenti più tristi, i pensieri politici e privati, il dolore pel tuo dolore – prima e sopra
tutto – mi si confondono dentro. E insieme con questo, una umiliazione, un cruccio d’esser
qui, relativamente al sicuro, e il dubbio tormentoso che il mio posto fosse là, preso te e
voi… Sono giorni che, se vivrò, non dimenticherò mai»11.
Nel breve frammento di risposta conservato da Zibordi, è evidente in Prampolini il proposito di evitare ogni rischio di personalizzazione e di mantenere ben distinti i due piani: quel-
15
lo privato e quello politico. L’accorato scritto di Zibordi viene così per il momento accantonato e Zibordi stesso viene incoraggiato a impegnarsi sui temi generali di attualità politica.
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
[Di mano di Zibordi, a matita rossa:] «Il rogo»12
13 aprile [di mano di Zibordi:] 21
Carissimo – Ho messo da parte il tuo … grido di dolore, perché mi sembra che la sua
pubblicazione, in questo momento, potrebbe esporti all’accusa di esser troppo preoccupato
di te stesso.
Certo sarebbe assolutamente inascoltata e intempestiva l’auto-difesa che hai scritta così
bene e così veridicamente. Verrà l’ora per utilizzare il tuo sfogo. Intanto rivolgi tutte le tue
energie alla dimostrazione dell’opportunità, anzi della necessità morale, politica e materiale
di astenerci dalle elezioni, cioè di adattare la nostra tattica alle nuove condizioni createci dal
colpo di Stato.
Riflettendo meglio, io non oserei affermare che ci si debba astenere in tutta Italia13. Credo
anzi che sarebbe un errore generalizzare, come sempre dicemmo in materia di tattica.
Stiamo nel vero, nella realtà. Dove …
4
Zibordi scrive nuovamente a Prampolini la sera del 13 aprile14, esponendogli alcune
riflessioni sulla natura del fascismo sia a livello locale che nazionale, senza tuttavia manifestare quegli «scrupoli» sulla sua permanenza a Roma a cui Prampolini fa riferimento in
questo brano di lettera del 18. Evidentemente, la risposta si riferisce ad un’altra lettera
andata perduta o forse a colloqui telefonici intercorsi nel frattempo.
Il delicato problema del ritorno a Reggio agita la coscienza di Zibordi e, come si vedrà
nella corrispondenza successiva, lo tiene in grande apprensione. Alle considerazioni di
carattere personale, legate alla sicurezza della sua persona e dei suoi famigliari, si uniscono infatti anche valutazioni politiche, connesse alla sua funzione ed al suo ruolo nel partito
sia a livello locale che nazionale. Di qui le continue raccomandazioni alla moglie ed alla
figlia di non toccare con altri l’argomento, per non dare adito a quelle che potevano apparire come indebite pressioni. Scrive infatti alla figlia il 30 ottobre 1921: «I miei avvertimenti pel contegno da tenere non si riferivano solo a ciò che tu dici, ma anche e forse ancor più
al mio problema: tornare, restar via – parlando con Pramp., con Soglia, etc. E raccomandavo che vi manteneste neutrali affinché non appaia che i vostri personali e privati sentimenti
possano pesare su determinazioni politiche»15.
16
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
[A matita]
Reggio E. 18/4/921
Carissimo – Due parole soltanto per dirti che i tuoi scrupoli per la forzata assenza sono
semplicemente assurdi. Io te l’ho consigliata e sono ben contento d’averlo fatto, e non mi
sarei mai perdonato di aver o poco o tanto contribuito invece a trattenerti qui, dove la tua
presenza – ne sono certissimo, e gli stessi fascisti lo confermano cinicamente – non avrebbe
fatto che rendere più difficile e penosa la situazione per tutti.
Non aggiungere dunque dei dolori immaginari a quelli che purtroppo ci prodiga con tanta
abbondanza la realtà …
5
Il breve frammento della lettera di Prampolini si inserisce in un contesto che vede il riaccendersi sulla stampa locale della polemica su Zibordi e sul suo forzato allontanamento da
Reggio. Il «Giornale di Reggio», nel dare la notizia di una possibile candidatura di Zibordi
a Cuneo, coglie l’occasione per l’ennesima invettiva contro «lo stupefacente, piramidale
Zibordi» a caccia di medaglietta e per ribadire che il suo ostracismo non era stato deciso
dai fascisti, ma «dalla massa che si infischia di lui e della sua boriosa prosopopea16. «La
Giustizia» interviene a difesa di Zibordi con un articolo in cui si elencano tutti gli atti di
intimidazione di cui Zibordi è stato vittima e che si chiude con queste parole: «Diranno, ad
ogni modo, i fatti, se questa nuova edizione del pensiero fascista, sia una manovra ordita
per preparare imboscate, o risponda sinceramente a verità»17. La frase si prestava evidentemente ad essere interpretata come il preannuncio di un possibile ritorno di Zibordi a
Reggio, per tentare una prova di forza con i fascisti.
[Di mano di Zibordi:] 4-5-21. La frase della Giustizia circa
il tuo eventuale ritorno, fu, secondo me, una topica di Storchi18. Come prendere sul serio
le proteste del Giornale e le sue assicurazioni? Tanto più che i fascisti, come sai, negano
che quello sia il loro organo; e quando vogliono assumere impegni fanno parlare direttamente, sullo stesso Giornale, il loro Direttorio. Storchi doveva rilevar questo, invece di
esprimersi come se noi volessimo tentar la prova del tuo ritorno. Ma di questo incidente
nessuna parla più.
Ancora affettuosissimi saluti ed auguri
Camillo
6
La lettera di Prampolini è rivelatrice del clima politico che viene a crearsi a Reggio
all’indomani delle elezioni politiche del 15 maggio 1921. All’interno del Partito socialista,
si consuma la rottura tra l’ala riformista reggiana e la direzione massimalista del partito:
la Federazione reggiana è sciolta d’autorità per aver scelto l’astensione dal voto e viene
nominata una commissione d’inchiesta per indagare sul suo operato. Ai leader riformisti
non sono risparmiati anche attacchi personali, come quello dell’«Avanti!» contro Zibordi,
17
al quale fa riferimento Prampolini nella seconda parte della lettera.
In questi giorni Prampolini matura la consapevolezza che possano aprirsi spiragli al tentativo di «disarmare gli animi» e di eliminare la violenza come strumento di lotta politica. A
suo avviso, l’affermazione dei partiti del Blocco nazionale alle elezioni pone paradossalmente in difficoltà il movimento fascista. I finanziatori del fascismo, avendo ottenuto lo
scopo di frenare l’avanzata socialista, non avrebbero infatti più convenienza a mantenere
una situazione di disordine sociale che potrebbe alla lunga danneggiare i loro interessi economici. Prampolini prende dunque l’iniziativa di rivolgersi, attraverso una lettera aperta
pubblicata con grande risalto sulla «Giustizia», a Giuseppe Spallanzani, esponente di
primo piano del Blocco, chiedendogli di fare la sua parte per condannare ogni forma di violenza e per evitare una guerra civile. Nello stesso tempo gli conferma che «Io e i miei compagni sordi ai biasimi di chi ci accusa di quietismo, invincibilmente avversi a tutto ciò che
sa di violenza, di vendetta, di distruzione, di barbarie, proseguiremo … la nostra immutabile propaganda contro gli odi vecchi e nuovi e contro ogni spirito di rappresaglia»19.
Il problema di evitare rappresaglie in caso di pacificazione non ha solo una valenza etica,
coerentemente alla condanna della violenza che è uno dei principi fondamentali del socialismo prampoliniano, ma ha anche una motivazione politica. Si tratta infatti di rassicurare i
borghesi finanziatori e sostenitori del fascismo che la smobilitazione del movimento fascista
non provocherà ritorsioni e vendette e che «non ci sia niente da temere da un ritorno nella
legalità da parte di chi ne è uscito». È la tesi sostenuta da Zibordi in un articolo che compare anonimo sulla «Giustizia» e che Prampolini richiama esplicitamente per ribadirne la
validità.
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
1 giugno ‘21
Carissimo – Io non seppi tacerti il dolore che provo per l’insufficenza della mia opera, ma
non ti tengo il broncio – tu l’avrai capito – per il fatto che tu toccasti questa mia piaga.
Anche tu … non hai saputo tacere!
La lettera a Spallanzani, che sarebbe stata assai meno francescana se fossi riuscito a dire
quel che sentivo e che mi ero proposto di svolgere, ebbe tuttavia il risultato di far riunire a
consulto i pezzi grossi del Blocco (Saracchi, Salvarani, ecc.) i quali impiegarono circa quattro ore a combinar la risposta. E dopo, come avrai visto, Spallanzani si è ritirato prudentemente dietro le quinte, e il Giornale ha molto abbassato il suo tono. Certo a questo ha contribuito principalmente il contegno dell’autorità politica, che ha cominciato ad agire davvero
– sebbene con molta cautela – contro la violenza fascista. Il trasloco del questore20 è uno dei
sintomi di questo mutamento di rotta. Oggi Cocconi21 mi diceva che le parti stanno invertendosi, perché la paura passa nell’altro campo. Tre fascisti di Campagnola, dei quali il Blocco
dovrebbe liberarsi, chiedono – secondo narra Cocconi – 60 mila lire, ed hanno rifiutate le
15 loro offerte!
Sarà vero o no, ma indubbiamente la situazione va spostandosi in nostro favore.
Il pericolo nuovo contro il quale dobbiamo premunirci con una propaganda incessante ed
energica (pensaci anche tu!) è quello delle rappresaglie da parte dei nostri. Vengono già a
galla parole e propositi di vendetta. Specialmente le donne, e in parte anche gli adolescenti,
si mostrano animate da spirito… fascista. Bisognerà insistere molto sul tema che hai toccato
18
nell’ultima parte del tuo articolo sulla smobilitazione22. Oggi il Comitato Federale provinciale ha deliberato di invitare i Circoli ad una azione assidua per il disarmo degli animi.
L’articolo, o meglio l’attacco dell’Avanti! contro te è veramente nauseante. Se ti fossi stato
vicino, t’avrei consigliato a rispondere senza riguardi23. Non per ira personale e per ritorsione (sia pur legittimissima) ma perché quel trafiletto è esso pure, a mio giudizio, una prova
della partita doppia che l’Avanti! e la Direzione seguitano a giocare e che mi sembra sia
tempo di denunciare. Questi signori che fanno gli eroi ed ordinano e mandano, restandosene
a Roma od a Milano, ridendo delle nostre preoccupazioni per la vita e gli averi dei lavoratori, bisognerà che si decidano una buona volta, non pro o contro la collaborazione – che è
troppo poco – ma pro o contro la guerra civile.
Come si conciliano gli appelli della Direzione e gli articoli dell’Avanti! contro la violenza,
come si conciliano con le pose gladiatorie che rifanno capolino appena la tempesta sembri
cessare, e con l’obbrobriosa andata a Mosca, cioè alla glorificazione della guerra civile?
Adler24 diceva ieri – a proposito di Mosca – che i socialisti austriaci non vogliono essere
ospiti di gente che li vilipende nel modo più triviale. E noi, più vilipesi degli austriaci e
mentre gridiamo abbasso la violenza, andiamo a farci pigliare a calci nel sedere! … Perché,
se non sono dei pagliacci, i bolscevichi dovranno ben prendere a calci … morali i rappresentanti del nostro Partito, dopo tutto ciò che ne han detto e dopo l’atteggiamento degli stessi
massimalisti di fronte al fascismo.
È tollerabile moralmente ed è politicamente ammissibile questo funambolismo?
A me sembra un delitto.
Ravà non ha risposto. Forse non ricevette le lettere. Riscriveremo. Bellentani25 potrebbe
ritornare, credo, alla Reggio-Ciano.
Addio ancora. Spero che ci rivedremo qui più presto di quanto si poteva prevedere.
Tuo aff.mo
Camillo
7
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
[Di mano di Zibordi, a matita blu:] A Zibordi
Sabato, 18/6/21
Carissimo – Ieri fui dal Prefetto26 per le nuove gesta fasciste che avrai appreso dalla
Giustizia. Egli stesso verso la fine del nostro colloquio e senza che io l’avessi né informato
né interrogato in proposito, mi disse di aver ricevuto dal Governo sollecitazioni per il tuo
ritorno e di aver risposto che egli era pronto a difenderti con la forza pubblica, ma che solo a
patto di una continua ed energica vigilanza27 tu potresti ora star qui. Gli ho osservato che
non di questo si tratta, ma di una azione complessa, necessariamente lenta ma decisa per
affrettare la formazione di un ambiente nel quale tu possa liberamente svolgere la tua attività politica. Ed egli ne ha convenuto ed ha promesso. Ma temo sia uomo troppo stanco e
sfiduciato per fare veramente. Vedo che non si è ancora orientato: al punto che Iori28 gli
sembra, infine, un uomo generoso e che gli permane il dubbio (e forse in cuor suo crede)
che anche il movimento socialista della nostra provincia abbia meritata la reazione fascista,
sia pure men che altrove, e che davvero soltanto adesso anche nella nostra provincia sia
finalmente …
19
8
Lo scambio epistolare tra Zibordi e Prampolini del luglio-agosto 1921 non è solo un
documento di grande interesse sul piano storico-politico, ma è anche una testimonianza di
straordinaria intensità umana. Le quattro lunghe lettere, per fortuna in questo caso conservateci integralmente, intercorse tra loro sono rivelatrici di due personalità molto diverse,
ma unite da un tale rapporto di amicizia da consentire loro di mettere reciprocamente a
nudo il proprio animo ed i propri sentimenti più intimi. Anche le divergenze di vedute e persino le reciproche recriminazioni sono manifestate con l’animo di chi sa di non rischiare
incomprensioni, perché i vincoli della stima e dell’affetto sono tanto saldi da non temere
incrinature.
Le lettere affrontano un problema che il passare del tempo rendeva sempre più critico e
che, come abbiamo visto, era in questi mesi al centro della loro attenzione: quello del ritorno di Zibordi a Reggio29. Il problema contingente diventa però l’occasione per toccare temi
e riflessioni più generali, in un confronto franco e serrato.
Zibordi, nelle due lettere del 4 e 24 luglio30, illustra le motivazioni, personali e politiche,
per le quali riterrebbe opportuno un suo distacco da Reggio. Le sue argomentazioni possono essere così sintetizzate: in primo luogo, gli ultimi eventi hanno dimostrato ancora una
volta la sua inadeguatezza in situazioni di conflitto e di scontro («L’ansia della responsabilità mi fa impazzire» e perciò è «stretto dovere di ritirarsi dai posti a cui la fibra non
basta»); egli non ha «la forza serena», quasi sovra-umana, di Prampolini.
In secondo luogo, qualcosa si è spezzato nel rapporto tra lui e la città: «mi pare che quel
che mi è avvenuto a Reggio mi abbia tagliato qualche radice». Zibordi lamenta l’isolamento
in cui è stato lasciato, anche dallo stesso Prampolini: «Fin dall’inizio, la campagna coi
fascisti la condussi da solo: solo nel giornale, solo per le strade». Infine, sente che ormai si
è chiuso un ciclo e che la sua funzione a Reggio va esaurendosi: la sua attività giornalistica
potrebbe essere più proficua se svolta a livello nazionale e non più circoscritta alla ristretta
realtà locale. Zibordi non vorrebbe ripetere l’errore di Prampolini di voler limitare la sua
azione politica a Reggio, colpa che egli considera un «delitto imperdonabile, causa di grandi rovine pel Socialismo italiano».
Le lettere di Zibordi sono state cosparse da Prampolini di sottolineature, di punti esclamativi e interrogativi, di commenti a margine, a dimostrazione del fervore che lo animava
nel confronto a distanza con l’amico. Il tono delle sue risposte è invece, come sempre, più
pacato e più politico, anche se non mancano le annotazioni di carattere personale e psicologico.
Prampolini non nega la fondatezza di alcuni degli argomenti di Zibordi, riconoscendo ad
esempio la maggiore efficacia di una sua attività svolta a livello nazionale, ma non gli
nasconde le rovinose conseguenze che avrebbe per la situazione politica reggiana il suo
definitivo distacco. Né si trattiene dal rovesciare l’accusa di provincialismo che Prampolini
si è sentito rivolgere a più riprese, a cominciare dalle lettere che Arturo Labriola gli scrisse
quasi trent’anni prima, quando Prampolini gli manifestò le sue perplessità a trasferirsi a
Milano per dirigervi «La Lotta di Classe»31.
20
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
Millesimo 6 luglio ‘21
Carissimo – Ricevo ora la tua e spero che questa mia ti raggiunga costì.
Io credo, anzi son certo che, ritornando a Reggio in condizioni di libertà, tu riconquisteresti in brevissimo tempo anche di fronte agli avversari ed ai falsi compagni la posizione
morale che avevi prima: la qualità e la quantità del tuo lavoro s’imporrebbe indubbiamente
oggi come ieri. Se non ci fosse che questo ostacolo, ti risponderei dunque: preparati a ritornare appena giunta l’ora opportuna.
Ma non posso invece disconoscere la gravità dell’altro impedimento al quale tu accenni:
posso dirti soltanto che anch’io soffro dello stesso tuo male, anch’io ho le tue angosce, il tuo
morboso senso di responsabilità, le tue insonnie, e – più di te – l’impossibilità di lavorare,
quando l’animo è sconvolto dal timore di qualche sciagura. Ed anch’io – devo avertelo detto
più volte – sono da tanto tempo desideroso di … andar in pensione, appunto perché non so
reggere, fra altro, al dubbio continuo e tormentoso che lo stato patologico de’ miei nervi
influisca sul mio pensiero, sui miei consigli e sulle mie decisioni in modo nocivo alla nostra
idea.
Io quindi non solo comprendo benissimo i tuoi scrupoli, ma li provo da anni e li sento ora,
naturalmente, più che mai.
Devi tu cedere ad essi? Puoi tu, ancora così giovane, fare ciò che farò io? Non sarebbe una
diminutio capitis eccessiva? Non dovresti pentirtene domani?
Son tutte domande alle quali tu solo puoi rispondere, perché tu solo puoi veramente misurare le tue forze. Io non ho mai capito perché Dante l’avesse tanto con papa Celestino, il
quale a me sembra che fosse un galantuomo e non un vile. Se un uomo si sente incapace di
compiere una determinata funzione sociale, egli fa né più né meno che il proprio dovere
declinandola. Tutto sta che quell’uomo non giudichi male sé stesso diffidando delle sue
forze. E perciò tu dovrai stare ben in guardia, e riposarti e magari consultare il medico
prima di prendere una decisione radicale come quella che prospetti nella tua lettera.
Ma bisognerà pure che ad una decisione tu venga, e senza troppo ritardo. Tu comprendi
quale colpo sarebbe per il nostro movimento reggiano il tuo rifiuto definitivo. Un disastro,
al quale io non so pensare e che avverrebbe proprio nel momento in cui tanti dei nostri, a
cominciare da me e da Bellelli32, sono più o meno messi fuori di combattimento. Sarebbe
indispensabile, oltre che la ricerca di altri uomini, anche una lunga preparazione morale per
attutire il colpo. E per questo penso che, se mai tu fossi deciso al gran rifiuto, non dovresti
tardare a far conoscere ai più intimi la tua decisione.
Ripeto che tu solo puoi essere giudice; ma lasciami osservare che nella stessa tua lettera
d’oggi vi sono, non una sola, ma due notizie di fatto che smentiscono le tue affermazioni di
incapacità. Salute buona, tu dici, e attività ottima. Ed è vero per la salute, che ho constatata
co’ miei occhi, e vero pure per attività, documentata da’ tuoi scritti. Ora, se ti sono restate e
ti restano la salute e l’attività, non ostante ciò che hai patito e patisci, come puoi affermare
che ti manca la fibra per lottare? Io, qui, dormo peggio che a Reggio e stanotte neanche il
seronal mi ha dato il conforto usuale di qualche ora di riposo.
Certo tu non sei nato per la guerra; hai una sensibilità troppo squisita per non soffrirne;
ma non è vero che non ti bastino le forze per sopportarla. È vero invece che il tuo temperamento ti porta anzi volentieri all’attacco, quando anche non sarebbe proprio indispensabile,
come è vero che lo stato d’animo nel quale ti trovi ora non è il più propizio per farti cono-
21
scere a te stesso.
Io spero ancora che Reggio non ti perderà. Le mie vacanze sarebbero troppo inutili, se
non sperassi così.
Hai visto in quale polemica mi sono impegolato con Cerlini?33 Ora egli domanda un’inchiesta sulla sua vita, come se io avessi accennato ad atti disonesti nelle sue faccende private, e Storchi ha commesso lo sproposito di non pubblicare quest’altro documento. Gli ho
telegrafato oggi perché lasci pienissima libertà di parola al nostro censore.
Auguri e saluti affettuosi a voi tutti, anche a nome delle mie donne.
Tuo
Camillo
Bonomi nell’ultimo colloquio che ebbi con lui al Tesoro mi domandò notizie di Strozzi34.
Gliele diedi ed egli mostrò di non averle udite per la prima volta. Ma … a che servirà?
9
Millesimo 2/8/ ‘21
Carissimo – Dovrei scrivere chissà quante pagine per rispondere alla tua del 24 scorso; e
per scrivere tante pagine chissà quanti giorni o settimane mi occorrerebbero. Tu non puoi
immaginare, per esempio, quali sforzi m’è costata la polemica con Cerlini: ho temuto sul
serio di esserne congestionato al punto da morir d’accidente. Ed anche le mie donne si sono
accorte, malgrado tutte le mie cure per nasconderlo, ch’io stavo ostinandomi in un lavoro
che mi faceva molto male. Se tu fossi capace di farti un’idea abbastanza esatta di questa
malattia che mi tormenta fino da quando ero adolescente e che naturalmente è andata aggravandosi cogli anni, non staresti a fantasticare morbosamente sul fatto del mio mancato intervento scritto nei primi giorni dell’assalto fascista e su altri fatti consimili, e non chiameresti
delitto né frutto di pigrizia né campanilismo l’aver io confinata a Reggio la mia attività.
La realtà, durissima per me, è che il mio cervello moltissime volte assolutamente non funziona, o perché è vuoto e non ha nulla da dire anche nei momenti e nelle situazioni che più
dovrebbero stimolarlo, o perché non riesce ad esprimere ciò che sente e vorrebbe e dovrebbe
dire. Con una macchina così mal fatta sulle spalle, il solo rimprovero che mi si potrebbe fare
è agli antipodi con quello che mi fai tu; e me lo feci migliaia di volte io stesso pensando
che, anche rimanendomene rattrappito a Reggio, come tu dici, assunsi inconsciamente un
carico molto superiore alle mie forze.
Ma su questo terreno è impossibile che c’intendiamo: sarebbe come se un cieco volesse
discutere con chi ci vede e lo rimprovera di non agire e pensare come chi ci vede.
Dicevo, dunque, che non potendo risponderti, rinvio la conversazione a quando ci rivedremo. Noi rimarremo qui fino verso la metà o – se la canicola dura – verso la fine di questo
mese. Non abbiamo la possibilità di darti alloggio, ma potremo alla meglio darti il pane
quotidiano.
Debbo però dichiararti subito due cose:
che rinuncierò a considerare irreparabile la tua mancanza da Reggio appena tu mi avrai
detto chi potremo chiamare a sostituirti. Sai da quanto tempo cerchiamo invano non un
direttore, ma semplicemente un redattore della Giustizia e un segretario provinciale;
sono così poco campanilista che riconosco senz’altro la molto maggiore utilità di un tuo
lavoro, diremo così, nazionale e me lo auguro. Questo è il solo argomento valido, secondo
22
me, a favore del tuo distacco da noi. Ma rifletti bene: anche per quel più vasto e fecondo
lavoro non sarà forse assolutamente indispensabile, ma è certo utilissimo fare il possibile
perché non si dica che tu ci lasciasti per eccesso di precauzioni o d’amor proprio.
Quanto ai nei dai quali vorresti arguire, se ho ben inteso, che la nostra separazione potrebbe giustificarsi anche perché … noi non siamo del tutto contenti di te, come tu non lo sei di
te stesso e noi di noi stessi, lasciami dire, continuando il bisticcio, che io t’auguro di poter
essere per tutta la tua vita così soddisfatto di te quanto sei stimato ed amato da noi. Qui sei
proprio caduto col subcosciente nel campo dei pretesti. Ma … ne riparleremo.
Intanto, ti mando affettuosi saluti anche a nome delle mie donne. Tuo
Camillo
Potresti informarti se, quale giornalista e non ostante la mia qualità di senatore … ferroviario, io abbia diritto a qualche viaggio gratuito per la mia famiglia, e quali pratiche occorrano per fare valere questo diritto? Vorrei servirmi dei biglietti giornalistici per il ritorno a
Reggio.
10
Il 6 agosto 1921 Zibordi alla Camera dei Deputati veniva affrontato dal reggiano Ottavio
Corgini, mutilato di guerra e deputato fascista35, che lo insultava e lo minacciava, intimandogli di far cessare la campagna mossa contro di lui dalla «Giustizia». Zibordi non reagì
alla provocazione né raccolse l’invito del suo avversario a battersi «sul terreno cavalleresco». L’episodio fece un certo scalpore e fu ripreso da numerose testate giornalistiche,
anche perché avvenuto all’indomani del patto di pacificazione tra fascisti e socialisti, siglato sotto gli auspici del Presidente della Camera Enrico De Nicola.
Zibordi, di fronte alle critiche di avversari e di amici, dovette evidentemente manifestare
all’amico Prampolini dubbi e perplessità sulla propria condotta, venendo da lui rassicurato
sulla correttezza della sua scelta sia sul piano etico che su quello politico.
[Di mano di Zibordi, a matita rossa:] Corgini
Millesimo 10 agosto 1921
Carissimo – Sono senza carta da lettere e per non tardare a risponderti adopro questa.
Quel tale di Poggio ti scrisse che eri un gran lavativo; io ti dico che sei un gran salame, se
ti senti «turbato ed umiliato».
Hai agito benissimo e spiegate magnificamente le ragioni della tua condotta36. Il mondo
ne trarrà motivo di ridicolo? E che importa, se anche la tua coscienza ti dice «che era
meglio fare così»?
Tu non vuoi i confronti con me, ma io non posso impedire alla mia memoria di ricordare
che io pure dovetti affrontare il ridicolo, quando, non una ma parecchie volte, rifiutai di battermi in duello37. Non era piacevole far questo, sebbene non fosse piacevole neppure correre
il rischio di ferire e farsi ferire anche gravemente! Ora io mi compiaccio di essere stato fra i
primi a ribellarmi al bestiale pregiudizio. Ed altrettanto avverrà per te.
Si dirà che è molto comodo dare esempio di civiltà a questo modo, cioè sfuggendo al pericolo d’esser percossi o sbudellati. Ebbene, sì, andando per questa strada, si ha questo van-
23
taggio, si evitano le busse e le uccisioni. Ma non è questo appunto un passo verso la civiltà?
che cos’è la civiltà se non un complesso di comodi, un crescente riguardo all’integrità personale ed alla vita?
Dà un’occhiata, se avrai tempo, alla Storia di Cristo di Papini38. È esagerata, paradossale,
falsa; ma è fondamentalmente vera, grande, immortale la tesi cristiana ch’egli svolge, e tu
potrai averne molti spunti per sostenere a viso aperto, senza turbamenti né umiliazioni, che
il meglio è veramente ciò che ti dice la tua coscienza, e che gli uomini sarebbero davvero
vicini al paradiso se tutte le coscienze parlassero così.
Vorrei saper scrivere come sai tu per sbandierare questo principio. Bisogna però cercare di
essergli coerenti sino alle estreme conseguenze ed astenersi quindi, per quanto è possibile,
dagli attacchi personali.
Qui è il difficile, soprattutto quando – come fu nel tuo caso sul Giornale di Reggio – la
provocazione viene dall’altra parte. Tuttavia la direttiva dev’esser questa. L’ho scritto anche
a Storchi: battere e ribattere ostinatamente contro la violenza, per la libertà, per la tolleranza, svolgere in tutti i toni questo tema, ma lasciar da parte quanto più si può le persone dei
fascisti ed anche le puntate ironiche o insolenti contro il fascismo in generale. Scartare
insomma tutto ciò che può irritare gli animi, anziché aiutare a persuaderli. Predica facile,
ma … vedi padre Zappata!39
Per i biglietti, siano i benvenuti se tu ne hai davvero disponibili; e in questo caso dovresti
farti regalare anche quattro boni per bagaglio, di cui c’è sovrabbondanza perché quasi nessuno dei nostri deputati se ne serve.
Salute ed umor buono (ancora padre Zappata!) per te e per le tue donne anche a nome dei
miei di casa.
Tuo Camillo
S’intende (ma … con te bisogna dirlo!) che questa cartella è affatto confidenziale.
Quell’articolo di Lazzari40 sul paradiso russo! Che roba! E che tiri può giocare al cervello
la … fede!
11
Le due lettere di Prampolini, la seconda sintesi della prima che egli teme smarrita o
sequestrata, costituiscono un’ulteriore testimonianza delle grandi difficoltà a mantenere in
vita «La Giustizia». La forzata assenza di Zibordi ha aperto un vuoto che la disponibilità di
Storchi non riesce del tutto a colmare e che, anzi, crea momenti di tensione e di incomprensione che Prampolini cerca di sopire. L’importanza e il significato di garantire la sopravvivenza del giornale sono del resto esplicitamente dichiarati nell’appello ai lettori che a più
riprese viene pubblicato sul giornale: «Fra una settimana il nostro giornale entrerà nel suo
39° anno di vita. Anche la sua esistenza – vittoriosamente passata attraverso la reazione
crispina e pellusiana – sta a dimostrare come sia stolta e vana la violenza contro le idee che
hanno nella necessità della storia la loro ragion d’essere e di propagarsi. In questo nuovo
momento di reazione, ricordino tutti i compagni e gli amici che il giornale è la più grande
arma di difesa ed il maggior segno di vita del partito. Dov’è il giornale è l’idea che sopravvive, che parla, che si diffonde ancora, che vince, malgrado l’odio nemico»41.
Di qui la necessità di trovare soluzioni, anche in vista della scadenza dell’impegno di
Storchi a riprendere il lavoro all’«Avanti!» con l’inizio del 1922. La proposta di trasferirsi a
24
Milano per dirigervi «Cuore»42 e collaborare con l’«Avanti!» viene accolta da Zibordi che il
2 gennaio 1922 scrive a Prampolini: «Caro Camillo, sono sulle mosse di partire per
Milano, dove spero poter far del bene a quel povero Cuore… Non escludo però che anche su
questo terreno apparentemente apolitico, io possa trovarmi in conflitto con Serrati.
Vedremo, e speriamo»43.
La soluzione adottata comunque risolve tuttavia il problema solo in via temporanea. Il
primo luglio 1922 «La Giustizia» quotidiana verrà infatti trasferita a Milano, dove, come si
annuncia sul giornale, «uscirà ingrandita di formato e ricca di collaborazione e di notiziario … La Giustizia sarà diretta dai compagni Turati, Prampolini, Treves e avrà una redazione composta dai compagni Mazzoni, Zibordi, Vacirca, Storchi»44. A Reggio continuerà invece ad uscire la «Giustizia» domenicale, diretta sempre da Prampolini.
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
Reggio E. 13/12/21
Carissimo – Per lo scatto di Storchi, comprendo il dispiacere e il risentimento della sig.a
Cesira45, ma non c’è da andar oltre. Storchi è il primo a riconoscere che, in senso assoluto, le
maggiori vittime del fascismo – in confronto a noi della Giustizia – siete voi. Ci vuol poco a
capirlo, e lo capisci anche tu malgrado l’autocritica eccessiva con cui ti tormenti nelle ore di
malumore. Ma Storchi parlava del giornale che pesa particolarmente sopra di lui, e in questo
senso aveva pienamente ragione, né tu né io possiamo dargli sulla voce. Figurati che la tua
lettera mi è stata consegnata, ieri, due minuti dopo ch’egli era alle prese col segretario del
Fascio di Rubiera venuto a minacciarlo, insieme ad un altro ceffo da galera, per la cronaca
della Giustizia circa l’aggressione della famiglia Zanti46. E la cronaca era stata fatta in
assenza di Storchi! Se egli sbuffa e se gli sfugge qualche lamento, non è il caso di aversene
a male né di rimproverarlo. Bisogna soltanto comprenderlo; e dobbiamo tutti comprenderci
in questi momenti che ci rendono anche irritabili, e compatirci a vicenda.
Intanto qui siamo agli sgoccioli. Col nuovo anno Storchi dovrebbe riprendere il suo lavoro
all’Avanti! e noi, per quante ricerche abbiamo fatte, non abbiamo trovato chi possa aiutarci.
Si è pensato ad una soluzione che temevamo incontrasse ostacoli insormontabili, ma che
potrà invece attuarsi se tu l’accetti.
Storchi ha proposto a Serrati 47 che tu sia provvisoriamente chiamato in vece sua
all’Avanti!: non a fare il capo-cronista, ché non saresti al tuo posto, ma a collaborare in
rubriche compatibili con la nostra tendenza e ad aiutare nella compilazione dei settimanali
centrali, specialmente del Cuore.
Serrati ha resistito un po’, ma infine ha accettato, come vedrai dalla sua qui acclusa.
Noi – parlo anche a nome dei compagni della Federazione provinciale adunati stamane –
abbiamo vivissime speranze che tu voglia accettare. Intendiamo il sacrificio che dovresti
fare lasciando Roma per Milano, ma calcoliamo sul tuo spirito di sacrificio: e dobbiamo
calcolarvi perché, se anche questa soluzione venisse a mancarci, saremmo costretti a cessare
la pubblicazione del giornale, vale a dire a spegnere quello che, pur mutilato e paralizzato, è
oggi l’organo più vivo e più necessario del nostro partito.
Noi crediamo che da Roma potresti trasportare a Milano anche la Terra48 e gli altri tuoi
lavori: cosicché dal punto di vista pecuniario la tua posizione migliorerebbe. E poi ti avremmo più vicino, ed anche per il fatto dell’andata e ritorno settimanale di Storchi potremmo
25
essere in più stretta corrispondenza.
Si fa? Attendiamo ansiosamente risposta.
***
Come avrai visto, qui domenica si inaugura la lapide ad … Amos Maramotti49. Mi pare
che sarebbe opportunissima una interrogazione di qualche deputato nostro torinese, anche a
cerimonia compiuta, per sapere che cosa ne pensino il ministro degli Interni e quello della
Giustizia di tale incredibile apologia di reato. E magari interverranno alla inaugurazione
anche il prefetto ed il procuratore del re! I torinesi, che sanno come morì Maramotti, potranno meglio d’ogni altro far rilevare tutto ciò che vi è di criminoso e provocatore in questa iniziativa.
***
Pierina è a Milano in cerca di contratti50. Forse non resterà disoccupata in carnevale. Io sto
… sempre allo stesso modo.
Saluti affettuosi, anche dalle mie donne.
Aff.mo tuo
Camillo
[Lettera di Giacinto Menotti Serrati a Prampolini, acclusa alla precedente]
[Carta intestata] Avanti! Giornale del Partito Socialista – Direzione
Milano, 12/XII/ 1921
Caro Prampolini,
Tu sai a quali condizioni l’«Avanti!» ha concesso al compagno Storchi di allontanarsi dal
giornale per adempiere i suoi doveri di deputato. Tu sai forse anche che quando egli non fu
più eletto, noi desiderammo subito che egli riprendesse l’opera sua al giornale, opera che ci
è sommamente necessaria. Attualmente poi noi siamo nella dolorosa necessità di concedere
un lungo riposo al compagno Bastiani, il quale è in condizioni di salute assai difficili. Tutto
il servizio di cronaca è affidato ad ottimi compagni, ma giovanissimi e poco al corrente
della situazione milanese. Abbiamo ritenuto pertanto assolutamente per noi necessario che
lo Storchi riprenda il suo posto presso la redazione dell’«Avanti!» e ne abbiamo parlato con
lui.
Lo Storchi ci ha dichiarato che egli è non solo disposto ma anche desideroso di ritornare
fra noi; ma in pari tempo ci ha fatto presenti le condizioni e le necessità della stampa vostra
e ci ha detto del tuo desiderio che egli rimanga a Reggio.
Allo scopo di non crearvi imbarazzi, con Storchi stesso abbiamo prospettato una soluzione provvisoria che potrebbe giovare ad entrambe le parti. Mediante la stessa Storchi dovrebbe restare provvisoriamente a Reggio e voi dovreste indurre Zibordi a venirsene a Milano.
Certo Zibordi, che non ha le conoscenze ambientali di Storchi, non potrebbe sostituire lo
Storchi stesso alla direzione della cronaca. Noi vedremmo di provvedere per questo diversamente e Zibordi potrebbe liberare qualcuno dei nostri da altro lavoro. Egli poi avrebbe modo
26
di aiutarci nella compilazione delle nostre pubblicazioni settimanali.
Naturalmente gli impegni reciproci dei due giornali verso i rispettivi redattori resterebbero
quelli di prima.
Ti prego di dirmi il tuo parere in merito, di interrogare lo Zibordi per ottenerne il consenso – quando voi siate d’accordo – e di credermi cordialmente tuo
G. M. Serrati
12
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
19/12/21
Carissimo – Da una tua che Bonaccioli51 riceve ora e che è (come sempre, dice lui) senza
data, arguisco che tu non ricevesti una lunga mia lettera di martedì scorso. Nella quale, dopo
averti spiegato che la frase di Storchi non aveva il significato attribuitole dalla signora
Cesira ma si riferiva soltanto al fatto indiscutibile che il giornale adesso pesa soprattutto
sulle spalle di lui (mentre anche per lui, come per tutti noi della Giustizia, è pacifico che le
maggiori vittime del fascismo siete voi e non noi) ti facevo a nome della Commissione
Federale provinciale la seguente proposta.
Storchi col 1 gennaio prossimo dovrebbe riprendere il servizio all’Avanti! o perdere il
posto. Se egli se ne va, noi dobbiamo cessare la pubblicazione della Giustizia, perché abbiamo inutilmente cercato chi possa, sia pure alla meglio, sostituirvi. E sospendere la pubblicazione della Giustizia in questo momento sarebbe dar la sensazione ai nostri, ed ai nostri
avversari, della nostra agonia.
Storchi ha proposto in nome nostro a Serrati che tu vada a dargli il cambio all’Avanti!:
non come capo-cronista, naturalmente, ma come redattore di articoli compatibili con la
nostra tendenza e come aiuto per le pubblicazioni settimanali dell’Avanti! e specialmente pel
Cuore.
Serrati ha accettato: e me lo scriveva in una lettera che ti spedii appunto martedì e che
sarà andata perduta (o sottratta?) anch’essa, con la mia.
Ti dicevo che noi aspettavamo con ansia una tua risposta affermativa. Che tu avresti percepito all’Avanti! lo stipendio di Storchi. Che noi credevamo possibile far trasportare a
Milano la Terra; che la tua residenza a Milano sarebbe stata vantaggiosa per noi sotto molti
rapporti, che comprendiamo il sacrificio che dovresti fare lasciando Roma per Milano, ma ti
chiediamo ugualmente di farlo, per aiutarci a sostenere una lotta che minaccia di travolgerci.
Scrivo a stento e non so perorare la nostra causa; ma tu non hai bisogno delle mie spiegazioni per intendere.
Ti dicevo anche, in quella lettera, che sarebbe stata opportunissima una interrogazione di
qualche nostro deputato (torinese possibilmente) sull’inaugurazione della lapide al
Maramotti. È avvenuta ieri e ne leggerai il resoconto nel Giornale. Oltre l’apologia di reato
(le spedizioni punitive sono bene un reato) quella cerimonia significa più precisamente l’apologia della guerra civile, l’esaltazione di chi va a distruggere ed uccidere non più contro
lo straniero ma contro il connazionale, il concittadino. E le autorità lasciano fare. Forse (lo
vedremo domani nel Giornale) parteciperanno esse pure alla festa?
Di me non ti parlo. Fisicamente non c’è male; ma moralmente …!
27
Anche le mie donne, di salute, stanno abbastanza bene. Pierina è a Milano: sperava di
occuparsi nella stagione di carnevale, ma ormai dovrà ricredersi.
Saluti cordialissimi. Scrivi subito, raccomandata. Tuo
Camillo
13
Nel novembre 1921, Taddeo Taddei, a nome della Commissione Amministrativa della
«Giustizia», scriveva a Zibordi che era stata presa in esame la situazione economica, non
certo florida, del giornale e che si era ritenuto necessario definire la sua posizione: «Tu sai
in quali difficoltà ci siamo trovati e ci troviamo specialmente ora che viene ad esaurirsi il
fondo della grande sottoscrizione “Pro ricostruzione”. Ma le Commissioni riunite non
intendono per ciò di rovesciare su te solo i sacrifici ai quali andremo incontro. Noi vogliamo conservare il giornale che è quanto dire il tuo posto, epperciò provvederemo col concorso delle nostre organizzazione ai mezzi necessari. Tu ci devi dunque dire con tutta schiettezza in quali condizioni ti trovi, perché intendiamo corrisponderti quel tanto di compenso che
sarà necessario a completare il tuo fabbisogno. Pei mesi di Novembre e Dicembre ti corrispondiamo lo stipendio di L. 1000 al mese; pel prossimo anno regoleremo lo stipendio stesso in base alle notizie che tu ci darai»52.
Evidentemente, stando a quanto afferma Prampolini in questo brano di lettera, Zibordi
aveva allora ritenuto di non dover avanzare nessuna richiesta. Ora tuttavia, il trasferimento
a Milano ed il conseguente aumento delle spese, lo induce a richiedere all’Amministrazione
del giornale un contributo di duecento lire mensili che gli viene riconosciuto.
[Carta intestata:] Cassa di Risparmio di Reggio nell’Emilia. Il Presidente
4 marzo 22
Carissimo – Tu ci scrivevi verso la fine dell’anno passato di aver aggiustate le tue cose in
modo che non ti occorreva nessun contributo dalla Giustizia; e noi credemmo quindi che il
tuo problema finanziario fosse ancor meglio risolto quando con la collaborazione all’Avanti!
ti procurasti le 1200 lire mensili che a Roma non avevi. Per questo a nessuno di noi venne in
mente che tu ti trovassi ora in più difficili condizioni economiche, sebbene sia facile immaginar quale spesa debbano costarti le tue attuali … tre case forzate!
Qui, come ti telefonai, si va male. Non sappiamo se e come la Giustizia quotidiana potrà
arrivare a fine d’anno e, per mio conto, ho gravi dubbi anche per la domenicale che pure si
trova in condizioni migliori. Ma la Commissione amministrativa, adunatasi finalmente ieri
sera, ha concluso che 200 lire mensili non possono sensibilmente influire a peggiorare la…
14
Il breve frammento conservato da Zibordi va probabilmente inquadrato nei tentativi condotti da alcuni settori sindacali di sondare le possibilità di stabilire un’intesa con l’ala sinistra del legionarismo fiumano per difendere le organizzazioni operaie dal fascismo. Scrive a
questo riguardo il Salierno: «Il 1° aprile (1922) arrivò (a Gardone), a titolo privato, l’on.
Baldesi della Confederazione Generale del Lavoro allo scopo di sondare le possibilità di
un’alleanza tra legionari e organizzazioni operaie; il 26 maggio fu la volta di D’Aragona, il
segretario generale della Confederazione che si recò invece ufficialmente con il medesimo
28
intento: usare D’Annunzio in funzione anti-Mussolini»53.
[Di mano di Zibordi:] 11-4-22
Una notizia strabiliante, ma segretissima. Baldesi54, parlando con D’Annunzio, citò ad
esempio i contadini del Reggiano, assaliti anch’essi dal fascismo al grido di «eja, eja,
alalà». E D’Annunzio scattò indignatissimo, tanto che Baldesi credette opportuno proporgli
una visita alle nostre organizzazioni a…
15
Dall’1° al 2 ottobre 1922 si svolge a Roma il Congresso nazionale del Partito socialista
in cui si consuma definitivamente la frattura tra massimalisti e riformisti: l’espulsione dei
«destri» della frazione di concentrazione viene approvata con 32.106 voti contro 29.119.
Gli esponenti del socialismo riformista, da Turati a Prampolini, da Treves a Matteotti, da
Modigliani a Baldesi, da Nofri a Mazzoni si riuniscono in un’aula della Università
Proletaria e, sotto la presidenza di Prampolini, decidono la costituzione del Partito
Socialista Unitario Italiano con segretario Matteotti e con la «Giustizia», diretta da Treves,
come organo di stampa.
Poche settimane dopo, la marcia su Roma e la presa del potere da parte di Mussolini
imprimono la svolta decisiva ad un quadro politico in forte fermento e mettono il partito
appena costituito di fronte a nuovi problemi di strategia politica che non mancano di far
sorgere contrasti interni, in particolare sul tema delle alleanze.
Per usare le stesse parole di Zibordi, i dissensi sono riconducibili alle due «ali» interne al
partito: «l’una che desiderava la scissione ritenendola ormai inevitabile e dolorosamente
utile a chiarire e a rifare da capo l’anima e la (dirò così) pedagogia socialista tra le masse,
così come fu espressa nel Manifesto prampoliniano; l’altra che subiva la scissione e l’avrebbe voluta deprecare, anteponendo e antevalutando, alla innegabile e riconosciuta differenza dottrinale, la necessità di un’unione proletaria da opporre al sormontante nemico».
Messe alla prova in occasione delle elezioni amministrative del 10 dicembre, le due anime
si scontrano «tra chi voleva, a Milano, il blocco dei partiti proletari contro il blocco borghese strettosi intorno al fascismo, e chi riteneva dovere il Partito socialista unitario scendere in campo da solo, con le sue idee, coi suoi programmi e con gli uomini suoi»55.
Zibordi appartiene naturalmente alla prima ala ed è contrario, dopo la chiarificazione
avvenuta attraverso una drammatica separazione, ad ogni possibilità di confondersi con i
massimalisti ed i comunisti. E dunque, come forma di protesta verso le diverse direttive che
Treves tende a imprimere al giornale, Zibordi rassegna le proprie dimissioni dalla redazione della «Giustizia» e naturalmente ne informa subito Prampolini.
Prampolini si dichiara d’accordo con le convinzioni di Zibordi, ma ancora una volta, nel
pregarlo di desistere dal proprio intento, manifesta con coerenza la sua concezione della
politica come servizio, in cui la posizione personale e l’amor proprio intellettuale devono
essere sacrificati al supremo interesse generale.
29
[Carta intestata:] Cassa di Risparmio di Reggio nell’Emilia. Il Presidente
29 novembre ‘22
Carissimo – Ho la tua. Non ti posso scrivere a lungo perché la testa non mi serve; e nemmeno posso recarmi subito costì. Sono dispiacentissimo della tua decisione, e spero che tu ti
sia ricreduto; in caso contrario, ti faccio le più vive preghiere di non insistere nelle dimissioni. Non abbiamo ancora ricevuto la Critica, ma sono pienamente d’accordo con te circa il
blocco: è un grosso errore sotto ogni punto di vista, e minaccia di distruggere tutto quel po’
di bene che abbiamo ottenuto con la separazione e che deve moltiplicarsi progressivamente.
Ma se è vero ciò che leggo stamane, che il blocco escluderebbe i comunisti e viceversa si
estenderebbe a destra verso i repubblicani ed i democratici, l’errore sarebbe assai meno
grave e diverrebbe anzi, anche a mio giudizio, discutibile. Ad ogni modo, qualunque esso
sia e ti sembri, e per quanto aspre ed inopportune possano essere le parole di Treves, tu devi
parlare liberissimamente, ma non dimetterti.
Un sacrificio che tu devi, che noi tutti in simili casi dobbiamo alla povera gente che è
rimasta fedele al nostro ideale, che è tanto dolente, smarrita, sconfortata e della quale assolutamente non dobbiamo accrescere il dolore e il disorientamento per un eccessivo amore
della verità: un amore che, in fondo, è anche amore del nostro Io.
Ripeto che io spero d’aver fatto inutilmente questo sforzo di scriverti, perché tu avrai già
rinunciato al tuo proposito.
E me ne congratulo teco, mentre ti auguro tutto il bene … possibile per noi in questi gravi
momenti.
Tanti saluti anche alla signora Cesira.
Tuo aff.mo
Camillo.
16
Al Convegno Nazionale del Psu, che si svolge a Milano dall’11 al 12 novembre 1923,
Camillo Prampolini tiene un applaudito discorso sui temi dell’unità della classe lavoratrice, della propaganda e delle prospettive politiche del socialismo. Il leader reggiano indica
in particolare due obiettivi prioritari: «vincere l’odio nemico; vincere il terrore da cui sono
prese le masse che ci seguono», da perseguire attraverso una propaganda che riesca a
«interpretare il bisogno di civiltà, di pace ch’è in fondo alle anime di tanti». Per questo è
necessario «riconfermare la netta separazione dal massimalismo, a meno che esso non
venga del nostro parere, rinunciando alla dittatura, al putsch, e accettando il principio
delle maggioranze». Perché appunto «il metodo democratico, lo “spirito” democratico
risponde non soltanto alle necessità contingenti ma alle necessità finalistiche. È lo spirito
democratico che occorre alle masse per attuare il socialismo»56.
Il giorno successivo sulla «Giustizia» quotidiana appare un articolo in prima pagina (ben
più quindi del «trafiletto» cui allude Prampolini) di plauso ad suo discorso e di celebrazione della sua figura di vecchio saggio, animato da una «forza serena», che «è il più giovane
di tutti noi perché la sua fede è la più fresca e la più pura». Ne è estensore lo stesso Zibordi,
che Prampolini, cercando di schermirsi dalle lodi, ringrazia con questa lettera «personalissima»57.
30
Reggio E. 16 nov. 23
personalissima
Carissimo Giovanni – Tu sai che gli elogi esercitano sopra di me un’azione deprimente,
quasi di sconforto, perché mi fanno sentire più forte il peso della mia insufficenza, tanto che
mi sembrano un po’ una derisione – involontaria, s’intende – da parte di chi me li fa, ed un
po’, da parte mia, uno scrocco; altrettanto involontario, si capisce! Tuttavia essi mi fanno
anche piacere, perché, indubbiamente, serve alla nostra battaglia il dir bene dei nostri uomini: tanto che io stesso, nella Giustizia di domenica, riporto quelle parole di De Amicis, delle
quali tu conservi il manoscritto, per contrapporle ad un attacco feroce della Rinascita58. Il
tuo trafiletto poi l’ho aggradito anche perché è scritto da te, che sei davvero sincero (sebbene io sia convinto che tu mi vedi con lenti eccessivamente benevoli e rosee) e perché ti è
stato suggerito da Treves, che io vorrei aderisse veramente ed appassionatamente alla tesi da
me sostenuta nel Convegno. A proposito del quale debbo dirti, che il tuo resoconto del mio
discorso è riuscito benissimo, ma dimostra come fosse fondato il timore che manifestai
quando incominciai a parlare. Mi era infatti mancata la forza di prepararne un brevissimo
schema, come comprendevo di dover far pensando che forse avrei dovuto intervenire nella
discussione. E così il ragionamento – te ne sarai accorto tu pure ripetetendolo – è riuscito
sgangheratissimo ed affatto incompleto.
Non sarei capace di accomodarlo ora, perché quei tre giorni milanesi mi hanno come
salassato il cervello; cosa che più o meno mi succede sempre quando sono lontano da casa,
fuori dalle mie abitudini, e soprattutto quando assisto ad un Congresso!
Ma il fatto è che non seppi dire quello che dovevo e pensavo; non seppi dimostrare come
dall’azione-fascismo, il quale poggia sull’odio antisocialista e sul terrore diffuso nelle
masse, si sviluppi (sempre nel campo psicologico) la reazione, nella quale si distinguono
due opposte correnti: quella che sorge dal sentimento dell’odio e della vendetta e che porta
alla guerra civile, e l’altra che sorge dal bisogno di pace e di tranquillità, che è fiancheggiata
dai calcoli della ragione, e che porta verso la democrazia, intesa come riconquista della
libertà e campo aperto a tutte le riforme mature nella coscienza della maggioranza; non
seppi spiegare abbastanza per quali motivi noi dobbiamo favorire lo sviluppo di questa
seconda corrente, e perché per favorirla sia necessario guardarsi da tutto ciò che direttamente o indirettamente va ad alimentare la corrente opposta, e perché favorendola si agisca nel
modo più sollecito e profondamente efficace contro l’odio antisocialista e contro il terrore
che paralizza il nostro movimento, ecc. ecc. Ed appunto perché mancò questa dimostrazione, il Levi59 ha potuto dire che il mio discorso era accademico e Nenni60 ha stampato che la
nostra tattica guarda «agli sviluppi lontani della lotta sociale e non alle sue esigenze immediate», mentre è proprio per le esigenze immediate, anzi immediatissime che noi dobbiamo
tener fermo il timone contro tutto ciò che sa di bolscevismo (cioè di fascismo), per stimolare
ed esaltare tutto ciò che vi è di più socievole e civile nell’anima delle moltitudini.
Ti ho inflitto questa zuppa, perché tu – che intendi così bene come la nostra lotta sia
innanzi tutto, e specialmente oggi, un’opera di propaganda che deve svolgersi ed attecchire
nel campo psicologico – possa tener conto nei tuoi scritti, e dir bene ciò che io non riesco
nemmeno ad accennare decentemente.
Sta in guardia però contro un pericolo: quello di essere troppo didattico (adopro la tua
parola). Ricordati che la propaganda dobbiamo farla in modo e con un tono che sia bensì
ricerca, spiegazione, istruzione, ma che nel tempo stesso sia anche incitamento a sperare, a
credere, a volere, ad agire. Il pensiero per l’azione.
31
Dopo di che mandami a quel paese: salutami tanto e ringrazia le tue donne; le salutano,
anzi vi salutano anche le mie.
Ed io ti stringo affettuosamente la mano, meravigliato che, dopo questi giorni di buio
pesto, il mio cervello sia stato capace stassera di scriverti queste paginette le quali, se non
sono proprio luminose, sono però per il sottoscritto una meraviglia di lunghezza.
Tuo
Camillo
17
Ritorna in questa lettera uno dei temi ricorrenti di discussione tra Prampolini e Zibordi,
quello del ruolo nazionale che Prampolini secondo molti avrebbe dovuto svolgere e della
critica al suo restringersi alla realtà reggiana. Prampolini, come già nelle lettere del 6
luglio e del 2 agosto 1921, ribadisce che una realistica valutazione delle sue capacità e
soprattutto della precarietà delle sue condizioni di salute non può che portare a conclusioni
opposte e far quindi considerare le responsabilità assunte come un peso eccessivo per la
sua fibra, spesso minata dalla psicastenia.
Sulla fragilità nervosa di Prampolini, in una situazione per giunta resa così tragica dalle
illegalità fasciste, sono significative le parole di Anna Kuliscioff: «Vidi Prampolini, venuto
qui per una seduta del Comitato di amministrazione del giornale, e lo trovai, poveretto,
enormemente depresso, tanto che pareva che il pensiero si formasse con gran lentezza, e l’espressione del pensiero fosse molto impacciata. Si vede che gli ultimi avvenimenti a Reggio
e nel reggiano, – diciotto cooperative bruciate, Camera del Lavoro in città id., egli stesso
insultato e oltraggiato con dichiarazioni che non gli avrebbero tolto un capello, perché ciò
verrebbe troppo sfruttato politicamente, – scossero fortemente il suo debole sistema nervoso»61.
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
Reggio E. 25 /11/ ‘23
Carissimo – Ti rispondo quasi esclusivamente per dirti che anche Pierina, dopo aver tanto
sofferto, può dirsi ormai del tutto guarita; tu hai quindi senza dubbio ragione di aver fiducia
nel tempo per la tua Freja, che guarirà – ve lo auguro di gran cuore – anche più sollecitamente.
Circa la mia funzione nel Partito, ne abbiamo discusso ancora e tu sai che non siamo d’accordo. Io non avrei potuto sopportare un peso maggiore di quello che mi cascò sulle spalle
per forza di cose, piuttosto che per mia volontà, e che infinite volte fu per me un tormento
indicibile. Avrò torto (non lo credo), sarò un papa Celestino, ma ho sempre sentito così e
nulla poteva mutarmi, e accrescermi fiducia in me stesso né diminuirmi la fobia della
responsabilità. Adesso poi – contrariamente a ciò che pensa Storchi – non solo non leggo,
ma vado rapidamente dimenticando anche quel che lessi in passato, e che fu una povera cosa
per mancanza di tempo e soprattutto di metodo. Di eccezionale in me c’è soltanto la dedizione al socialismo, come tu dici, che riconosco io pure completa, ma che non basta neppure
– in certe ore o giornate – per scrivere un gruppetto di cronaca della Giustizietta! È dunque
assurdo credere di poter ricavare da me qualchecosa più di quel poco che dò. E tu, insieme
32
agli arsàn, mi pare che vogliate prendermi in giro (so bene che non è vero!) quando fate
certi paragoni. Mi meraviglio soprattutto che li possa far tu, che hai tanto spirito critico e
tanta equità di giudizio, e che hai certamente notato come nel nostro partito, benché così
povero d’uomini, vi sia fortunatamente un buon numero di persone le quali, se per devozione non sono inferiori a me o mi superano, valgono poi per ingegno, per coltura, per esperienza, per senso politico incomparabilmente più di me. Chissà dove ci troveremmo, se non
fosse così. Lo stesso Treves – non ostante i suoi difetti – è una grande forza nostra, che tutti
[i] partiti possono invidiarci: ed io sarei addolorato se egli abbandonasse la direzione della
Giustizia. Pensaci bene, e vedrai che vuoto lascierebbero le sue dimissioni. Mazzoni?62 Un
valore, indubbiamente. Ma a parte anche le sue attitudini a diriger uomini (che non mi sembrano superiori a quelle di Treves, e che per certi riguardi sarebbero anzi inferiori) non ti
sembra che vi sia una grande distanza fra i due, in materia di coltura generale, di lingue, di
politica estera, di economia, ecc.? …
Non mi rispondere. Non mi è possibile trattare di questi argomenti per lettera. Faccio troppa fatica. Ne parleremo a voce.
Se verrà l’articolo a cui accenni, sarà benedetto. Se no, riporto quello del Lavoro sulla
rivoluzione col clistere63.
Ancora, auguri per Freja, e saluti affettuosi a voi tutti, compresi s’intende Storchi e compagni.
Tuo
Camillo
18
In vista delle elezioni politiche dell’aprile 1924, i fascisti scatenarono una violenta campagna di stampa contro Prampolini, rispolverando un’accusa di presunta speculazione
finanziaria sulla quale già quattro anni prima si era cercato di montare uno scandalo. I termini dell’episodio sono così riassunti dalla «Giustizia»: «Il 3 giugno 1915, la sorella di
Prampolini dava in mutuo ipotecario quinquennale ad un proprietario della bassa reggiana
27 mila lire oro che ella pagò versandone 30 mila di carta e col patto che alla scadenza il
mutuatario gliele avrebbe restituite in oro oppure in una somma di biglietti corrispondenti
al medesimo valore-oro da calcolarsi secondo i listini ufficiali. Alla scadenza il mutuatario
pretendeva restituire solo le 30 mila in carta (corrispondenti alle 11 mila in oro). Ne nacque
una lite giudiziaria. La Corte d’Appello di Modena nel giugno 1921 e la Cassazione di
Torino nel settembre ’22 diedero ragione alla sorella di Prampolini»64. Prampolini decideva
di querelare il «Giornale di Reggio» per diffamazione, ma in questa lettera si lamenta con
Zibordi dell’atteggiamento tenuto dalla «Giustizia» quotidiana che, non essendo ancora
intervenuta in sua difesa, dimostrava di sottovalutare i rischi politici connessi al tentativo di
screditarlo presso gli elettori.
23 marzo ‘24
Carissimo – Ho ricevuto in casa il tuo espresso e leggo ora, qui in ufficio, il trafiletto. A
me bastava sapere che fra voi non ci fu chi dubitasse. La cosa era meno impossibile di quanto tu supponi, poiché ancor oggi vi è chi non ha capito l’assoluta equità morale ed aritmetica
di quel 30.000 = 72.000. E non si tratta di ignoranti, ma di persone istruite e perfino di
avvocati, non socialisti, ma tuttavia equanimi ed onesti. Appunto perciò io – non solo per
33
me, ma per tutta la nostra lista, cioè per la nostra bandiera – ho creduto di dover insistere
nella mia difesa, che ha dovuto essere un’antipaticissima autodifesa poiché non c’era nessuno che volesse o sapesse scrivere per me65. E per lo stesso motivo mi aveva impressionato il
vostro silenzio. Se fossi stato bastonato anche leggermente, voi senza dubbio avreste parlato, e forse troppo! Ma l’attacco del Giornale era un colpo, almeno intenzionalmente, ben più
grave. Di qui la mia attesa, non di un trafiletto – che mi sarebbe parso eccessivo – ma di una
semplice nota redazionale alla corrispondenza, che dicesse anche soltanto ciò che mi scrivi
tu: essere comico curarsi di una simile accusa. Cosa che io non credo, per le ragioni che ti
ho accennate ed anche perché la campagna diffamatoria, questa volta, non restava nei limiti
della nostra provincia, ma si estendeva a tutta la circoscrizione emiliana ed alla Sardegna, ed
aveva quindi più larghe possibilità di far buona pesca fra i minchioni e gli ignari.
Voi non avete riflettuto che qui non si trattava di lodar me, che veramente sono molto
istrice, come tu dici, in fatto di lodi; ma si trattava di spiegare e difendere per la verità e nel
comune interesse morale, un mio atto. Insomma, io vi accuso … di avermi stimato troppo,
ritenendo che non ci fosse bisogno neppure di quel tanto di difesa che potevate fare solidarizzando con la corrispondenza reggiana! Quindi abbasso la direzione e la redazione della
Giustizia!
Ti ringrazio della pronta tua risposta che mi ha tranquillizzato su ciò che mi premeva, e
rinnovo a te ed a tutti cordialissimi saluti
Tuo
Camillo.
19
Alle elezioni politiche del 6 aprile, funestate a Reggio dall’assassinio del candidato massimalista reggiano Antonio Piccinini da parte di sicari fascisti, la lista dei socialisti riformisti ottiene nel reggiano 11.307 voti, contro i 1.647 dei massimalisti e 1.935 dei comunisti.
Prampolini viene rieletto deputato, assieme ad Agnini e Mazzoni. A livello nazionale, il
«listone» che riunisce i fascisti ed alcuni esponenti liberali e democratici ottiene quasi il 65
per cento dei suffragi. Il 30 maggio Matteotti denuncia alla Camera il clima di intimidazione in cui le elezioni si sono svolte e, dopo pochi giorni, viene rapito ed ucciso.
Della corrispondenza con Prampolini del periodo luglio-agosto 1924, Zibordi ha conservato uno stralcio di lettera ed un breve frammento, entrambi relativi in particolare alla
situazione professionale di Amilcare Storchi, diventata delicata in seno alla redazione della
«Giustizia». Non conosciamo le ragioni di quella che Prampolini definisce come una «crisi
d’anima» che gli procura «un senso di pena e di sconforto»; si può tuttavia presumere che
tali ragioni siano in qualche modo ricollegabili alla decisione di Storchi di espatriare in
Argentina, da cui farà ritorno nel 1926.
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
Moena 30 luglio 1924
Carissimo – Noi (parlo anche a nome di Lia ma non di Pierina, che è a Savona da Silvia)
non sapevamo che la vostra Freja avesse dovuto nuovamente troncare i suoi studi 66.
Immaginerai facilmente come partecipiamo al suo ed al vostro dolore, se penserai alle
34
nostre vicende che purtroppo ci han messo in grado di comprendervi perfettamente. Ma
anche per voi, come per noi, speriamo nell’avvenire che vi auguriamo di tutto cuore finalmente tranquillo. Almeno, se non potrò goderne io, ne godano le nostre figliole e voi che, in
confronto a me stravecchio, siete ancora giovani.
È vero che a Gaetani67 promisi di occuparmi di Storchi. Credevo però che le cose si fossero accomodate senza di me. Confesso ad ogni modo che mi mancò la forza di eseguire un
incarico tanto ingrato e che, riflettendoci meglio, mi sono persuaso che non spetta a me ma
alla Direzione ed all’Amministrazione del giornale giudicare e decidere nell’interesse del
Partito, che è l’interesse comune.
Io mi dimisi dalla presidenza del Consiglio amministrativo anche perché compresi che,
data la mia amicizia ed il mio affetto per Storchi e nell’impossibilità di apprezzare direttamente la sua opera, non potevo prendere una decisione serena ed imparziale a suo riguardo
… specialmente fra gli operai. Ma non ostante i suoi difetti e le sue lacune (io vorrei meglio
curata la propaganda specificamente socialista, che minaccia di scomparire fra le incombenti necessità della propaganda per la libertà e che dovrebbe forse avere una sua rubrica
particolare, dedicata anche al nuovo pubblico piccolo-borghese affatto ignaro delle nostre
idee ed ora orientatosi verso di noi) la Giustizia pare a me, ed a quasi tutti coloro che me ne
parlano, molto68 …
Non ti meravigliare se non ti scrivo. È un caso che oggi vi sia riuscito. Perché non andasti
a veder Pierina al Dal Verme? Hai avuto paura di non poterne dir bene?
20
[Di mano di Zibordi:] 30-8-24
…
Di Storchi non posso scriverti: dovrei andar molto per le lunghe e farci troppa fatica. Ti
dico soltanto che la sua crisi d’anima mi dà un senso di pena e di sconforto.
Del genero della signora De Giovanni69 posso dirti soltanto che tutti ne parlano molto
bene; ma i tutti sono la stessa sig.ra ed i co[…]in fondo, li riconosceva; ma, come io gli dissi
più volte, molti di quei difetti si convertivano in una utilità perché controbilanciavano i
difetti opposti assai radicati e diffusi nel nostro Partito. Era un bene che alla direzione di
gente troppo riguar[…]
21
[Cartolina postale]
On. Prof. G. Zibordi
Milano
Casella Postale 977
Reggio E. 11 sett. 24
Carissimo – Anche a nome di Lia, ricambio a te ed alla signora Cesira il saluto che leggiamo nella Giustizia, con mille rallegramenti e con altrettanti auguri affettuosi per voi e per
Freja.
Camillo
35
22
Le tre lettere che seguono si riferiscono alla situazione venutasi a creare in seguito alla
rottura nei rapporti, un tempo amichevoli, tra Zibordi e Renato Marmiroli70. L’antefatto può
essere così ricostruito: la sera del 20 settembre alcuni socialisti reggiani si riuniscono a
cena in casa di Amleto Ragazzi e decidono di inviare una cartolina di saluti e di auguri a
Zibordi, in occasione del suo cinquantaquattresimo compleanno. Zibordi nel ricevere il
biglietto augurale si stupisce di vedere comparire tra le altre anche la firma di Marmiroli e,
sdegnato, chiede spiegazione a Manlio Bonaccioli: «Ma come Le è venuto in mente di far
firmare anche R. Marmiroli? Per quanto io sia incline al perdono e alieno dal dar dispiaceri, non potevo in coscienza accogliere i saluti di costui insieme con quelli dei fedeli e
costanti amici. Glieli ho quindi dovuti “respingere” dicendogli che, invece che nel sett.
1924, doveva mandarmeli nell’estate del 1921, quando invece giustificava il mio bando
dipingendomi come bolsceviko!»71.
Prampolini interviene cercando la riconciliazione tra i due e rassicurando Zibordi sulla
buona fede di Marmiroli, ritornato alle antiche convinzioni politiche e, per questo, accolto
di nuovo nel partito. Anche altri compagni confermano a Zibordi la sincerità e la lealtà di
Marmiroli che, nel dicembre 1922, aveva richiesto l’iscrizione al partito e dichiarato la sua
intenzione di cessare la sua collaborazione al «Resto del Carlino»72. Una volta chiarita la
posizione di Marmiroli, Zibordi non avrà difficoltà a superare i passati contrasti e a riallacciare con lui rapporti di amicizia.
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
Reggio E. 26-IX-2473
Carissimo – Vedo la lettera che hai scritta a Bonaccioli, e ieri Marmiroli mi fermò in istrada mostrandomi, tutto umiliato e dispiaciuto, quella che hai scritta a lui.
Purtroppo il contegno di Marmiroli verso te fu tale da giustificare il tuo sdegno e la tua
ripulsa attuale. Ma è proprio vero che tu non possa perdonargli? Io non lo credo. A distanza,
avrei anch’io risposto come te, o probabilmente peggio. Ma se tu fossi qui; e avessi visto
come egli si è a poco a poco riavvicinato a noi, evidentemente pentito e non senza rischio,
mentre egli pure avrebbe potuto con suo vantaggio passare al fascismo; se lo avessi sentito
più volte prendere le tue difese con calore, direi con nostalgia, quasi volesse far tacere un
rimorso ed ottener perdono dalla sua stessa coscienza – scommetto, caro Zibordi, che tu
avresti… accolto il figliuol prodigo molto meglio e molto prima di quel che facemmo noi.
Peccato che non possiamo ora riaverti a Reggio nemmeno per una diecina di giorni, per
metterti alla prova!
Ad ogni modo, meglio o peggio, prima o dopo o mai, il fatto è che dobbiamo domandare
la tua assoluzione anche noi, perché evidentemente noi pure fummo colpevoli se accettammo di brindare con lui alla tua salute, e se quasi ogni giorno verso sera ci troviamo con lui
negli uffici della Giustizia.
Ci assolvi?
Tanti affettuosi saluti ed auguri a te, alla signora Cesira ed a Freja.
Tuo
Camillo
Bella Orta74, nevvero? L’ho vista dall’alto parecchi or sono [sic], passando in ferrovia.
36
23
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
Reggio E. 29 sett. ‘24
Carissimo – Io mi sarò spiegato male, ma certo tu non m’hai capito. Restìo a perdonare,
tu?! Ma la mia lettera voleva dirti precisamente il contrario. Ti scrissi infatti che tu, a Reggio
e testimonio del contegno di M., avresti perdonato più presto e meglio di noi.
Dimenticai forse qualche parola, in modo che il senso del mio discorso ne rimase capovolto? Ed è per questo che tu hai visto dell’ironia nella richiesta di assoluzione per noi,
mentre non c’era che dello scherzo amichevole, affettuoso, di gente che sa benissimo quanta
nobiltà d’animo e quanta bontà (talvolta perfino … minchiona) si nasconda sotto le apparenze e gli … urli di quell’uomo terribile che sei tu?
Ad ogni modo, protesto anch’io perché «dopo 17 anni di sodalizio» tu non dovevi prendere un granchio così grosso a mio riguardo: e non l’avresti preso se, oltre a conoscer meglio
me, avessi conosciuto meglio te stesso e la stima che tutti abbiamo di te… Perché dubitasti?!
Speravo di poter parlare ieri con Marmiroli, ma non lo vidi. Verrà forse oggi e gli comunicherò ciò che tu mi scrivi circa l’allusione al settembre 192475. Egli ne sarà molto contento,
perché la cosa che più gli era dispiaciuta fu che si mettesse in dubbio la sincerità del suo
atteggiamento attuale. Quanto alla sua colpa passata, credo che – malgrado «l’orgoglio
Marmirolesco» – non avrà vergogna a dolersene anche con te. Rinaldi anzi mi diceva ieri
che l’avrebbe già fatto, se noi non avessimo voluto precederlo per informarti dei rapporti
che aveva con noi. Io non gli ho taciuto che il suo contegno verso te e contro la verità fu un
errore gravissimo. Tanto grave che ancor oggi, qualche volta, mi domando se facemmo bene
a perdonarlo: non perché dubiti del pentimento di M., ma perché contro chi le fa così grosse
resta sempre il timore d’una possibile ricaduta. Quod Deus …! Io confido nel bene, perché
sono convinto ch’egli non sia cattivo.
Ancora saluti affettuosi a te ed alle tue care,
Camillo
24
[Cartolina postale]
All’on. Prof. G. Zibordi
Milano
Casella Postale 977
Reggio E. 1 ottobre 24
Carissimo – Ho riletto ora le mie parole che tu mi hai trascritto; ma nemmeno adesso
trovo giustificata la tua interpretazione, ed essa mi sembra anzi anche letterariamente insostenibile (mi perdoni l’ardire?): forse perché, come ti ho detto, è assolutamente agli antipodi
del pensiero e del sentimento che volli esprimere e che mi sembra infatti chiarissimamente
espresso nel mio: Io non lo credo. Ad ogni modo, qualunque sia il vero senso letterario di
37
quella frase (e qui tu sei un giudice mille volte più competente di me) il fatto è come te lo
spiegai, e mi dispiacerebbe molto se tu avessi anche il minimo dubbio in proposito.
Salutissimi
C.
Ieri fui a Milano; speravo di poter venire alla Giustizia, ma impegnato nel centro della
città, riuscii soltanto a fare una breve visita alla Kuliscioff.
25
[Cartolina postale]
All’on. Prof. G. Zibordi
Milano
Via Barbavara 6
11 aprile [di mano di Zibordi:] 1925
Carissimo – Ho ricevuto il tuo libro76. M’ero proposto di ringraziarti dopo d’averlo letto, e
volevo quindi leggerlo subito, ma vedo che sono ancora alle prime pagine … per la solita
causa che ti ho detto mille volte e che tu (fortunato!) non puoi capire. Ora Pasqua non deve
passare senza ch’io mi rallegri con te dell’… ovo che hai voluto mandarmi e del quale ti
sono veramente gratissimo. Lo farò gustare anche alle mie donne: ed esse pure leggeranno
con commozione, appena aperto il volume, la dedica alla Sig.a Cesira, così bella, così meritata. Evviva! Buona, buonissima Pasqua a lei ed a voi tutti. Tuo
Camillo
Vi ringraziamo anche dell’affettuosa accoglienza a Pierina. La quale capitò qui improvvisa martedì sera a salutarci ed è ripartita mercoledì mattina per … Cagliari!
26
Sulla «Giustizia» quotidiana del 1° maggio 1925 viene pubblicato in prima pagina un
lungo articolo di Ugo Brilli77, dal titolo Pascoli intimo, in cui sono rievocati gli anni giovanili del Pascoli studente universitario a Bologna e allievo del Carducci, negli anni tra il
1873 e il 1882. Anche Prampolini frequentava negli stessi anni la Facoltà di Giurisprudenza
dell’ateneo bolognese; il loro incontro è ricordato da Brilli con queste parole: «Per sdigiunarsi [Pascoli] andava, quando andava, al Foro boario, antica trattoria suburbana frequentata dagli studenti poveri. Là un giovine, che vedeva di solito appartato e solo e malinconicamente pensoso, attirò la sua muta simpatia, e benché con esso non avesse avuto a scambiar mai una parola lo ricordò sempre sino agli ultimi anni: era Camillo Prampolini».
Prampolini, prendendo spunto dall’articolo di Brilli, ricorda a Zibordi i suoi rapporti con
Pascoli ed in particolare descrive un episodio che Zibordi ha cura di ritagliare e di conservare, incollando il foglio su un cartoncino. Come si desume dal brano leggibile in trasparenza nel verso del cartoncino, Prampolini racconta anche all’amico come sia costretto
dalla presenza minacciosa dei fascisti a trascorrere la giornata tra casa e ufficio.
38
[1° maggio 1925]78
[Di mano di Zibordi, a matita rossa:] Pascoli
[Brano leggibile in trasparenza:] puntiglio di non volerla dar vinta ai fascisti recandomi
all’ufficio. Viceversa poi, non vado a fare una passeggiata per risparmiare alle mie sorelle
un’ora d’ansia, e quindi chi la vince davvero, in ultimo, sono proprio loro: le bestie ubriache
in camicia nera che scorrazzano per le vie della città e nei sobborghi minacciando e bastonando. Fin dove siamo …
Ho visto nella Giustizia d’oggi l’accenno di Brilli ai miei rapporti con Pascoli. Non è esatto. Vero che anche Pascoli capitava alla Trattoria del Foro Boario dove io cominciai ad andare durante il mio anno di volontariato e dove l’insuperabile Buggini scoperse sotto la mia
divisa di soldato il compagno socialista79. Ma io non ero quel solitario né quel malinconico
(almeno al Foro Boario) che Brilli descrive. E con Pascoli ci parlammo parecchie volte.
Indimenticabile ciò che egli mi disse nei corridoi, non so se del Tribunale o della Corte di
Assise di Bologna, un giorno nel quale si processava per reato di stampa Adamo Mancini,
gerente – mi pare – del Martello diretto da Costa. Quando passò l’imputato fra i carabinieri
ed ammanettato, Pascoli mi disse: Vedi? Un giorno faranno così anche a te! – ed imitò il
gesto di chi è in manette. – Purché non mi facciano male – io risposi scherzando – poco
importa! – Ed egli scattò, quasi scandalizzato e ancora fremente pel dolore e l’umiliazione
che aveva provato non nel carcere di S. Giovanni in Monte, ma il giorno del suo arresto
quando dovette appunto comparire ammanettato in pubblico80. «Pensavo al mio povero
padre! Se m’avesse visto in quel momento!» esclamò in dialetto. E mi raccontò che il suo
dolore era così grande che il brigadiere dei carabinieri, quando più tardi dalla caserma lo
condussero al carcere, non seppe resistere alla sua preghiera di non mettergli le orribili
manette.
Io veramente non mi davo ragione di tanta ripugnanza; mi sembrava anzi – e glielo dissi –
che fosse in certo modo un onore essere ammanettato iniquamente, per una causa così alta.
Ma credo di avergli fatta in quel momento la impressione di una insensibilità da ippopotamo!
Dopo di che, meravigliandomi di averti scritto così a lungo, saluti affettuosi a te e alla tua
famiglia, s’intende anche da parte delle mie sorelle. Pierina partirà da Cagliari per Milano
lunedì prossimo.
Rimarrà costì il meno possibile per gli affari suoi, poi verrà a riposarsi con noi e il 20 sarà
a Pavia per l’Anima allegra e per una nuova opera, pure del Vittadini81: Nazareth.
Povera Piera! Verrà davvero il sole alle sue finestre? – come direbbe Bellelli. Se lo meriterebbe.
Ancora saluti
Camillo
27
L’ondata di violenze fasciste che seguono l’attentato di Zaniboni a Mussolini costringe il
5 novembre 1925 «La Giustizia» quotidiana alla chiusura. Pochi giorni dopo Prampolini
scrive all’amico Anceschi : «Gli uffici della G[iustizia] sono ancora parzialmente aperti ed
io vi sono, in questo momento, solo e tristissimo al mio scrittoio, con la certezza che in un
modo o nell’altro anche quest’ultimo rifugio mi sarà tolto»82. La facile previsione si avvererà ben presto: il 5 dicembre la «Giustizia» domenicale (la Giustizietta come veniva fami-
39
liarmente chiamata) esce per l’ultima volta. Prampolini ne dà l’annuncio con queste parole: «Travolto dal turbine fascista, mentre stava per compiersi il suo quarantesimo anno, il
nostro periodico La Giustizia si trova costretto a sospendere le pubblicazioni. È per noi un
grande dolore, confortato soltanto dal pensiero che il fervido lavoro di questo quarantennio
non fu inutile né andrà perduto, e dalla fede incrollabile che, malgrado ogni avversità,
rimangono sempre insopprimibili e continuano ad agire dovunque quelle profonde ragioni
di vita che sospingono ineluttabilmente i popoli verso il nostro ideale di libertà, di giustizia,
di pace».
In questa lettera Prampolini si dichiara contrario al progetto di far rivivere il giornale a
Milano, soprattutto in vista della progettata uscita di un settimanale nazionale del partito.
[Carta intestata:] Camera dei Deputati
Reggio E. 22 dic. ‘25
Carissimo – Ti scrivo da casa, ove sono nuovamente imprigionato da una ripresa dei dolori
di schiena, sebbene meno forti di prima.
Non ho più visto Bellentani e non so perché egli non ti abbia fatto parola del colloquio
con Storchi. Mi sembra che io gliene accennassi; ma forse egli non ha dato importanza
all’annunciata pubblicazione di un settimanale del Partito83, oppure ha supposto che tu pure
nel frattempo ne fossi stato informato, e perciò si è limitato a parlarti dei miei dubbi, che
sono viceversa la mia profonda convinzione dell’impossibilità di far rivivere utilmente la
Giustizietta a Milano. Se infatti si volesse conservarle il suo carattere socialista, provvederebbero i sequestri e il resto a seppellirla una seconda volta; e se invece si volesse trasformarla in modo da sfuggire alla rappresaglia fascista e ricavarne lucro, allora – dato pure che
ciò fosse possibile – essa dovrebbe cessare di essere socialista. Niente dunque da sperare e
da fare, né per l’una né per l’altra strada. D’altronde, se un settimanale socialista deve tentar
di vivere, questo ha da essere quello che il nostro Comitato preannuncia da Roma. Là devono convergere tutte le nostre forze. Non vi può esser dubbio in proposito.
Resta invece a sapersi quale dovrà essere il suo indirizzo, cioè il nostro programma d’azione di fronte al fascismo. E mi pare che su questo punto capitale anche i nostri
Commissari abbiano delle idee molto confuse, oppure non abbiano o non vogliano manifestare alcuna idea, se nella loro circolare essi si mostrano tanto preoccupati dell’unità socialista, vale a dire di unirsi coi massimalisti … che, oggi come sempre, sono i più equivoci, reticenti e confusionari di tutti. Vedremo!
Hai parlato con Anceschi?84 L’avevo incaricato di dirti, se t’incontrava, che Pierina canterà
nei prossimi giorni la Mignon al Carcano e che a me, come a Lia, sarebbe molto piaciuto
che tu, che voi andaste a sentirla ed a vederla85. Sapevo però che, dati i tempi e le tue abitudini, la mia richiesta poteva essere importuna. Ora tanto dippiù, con la neve e il gelo che
imperversano: faccio quest’aggiunta per assolverti senz’altro come assente.
Tantissimi cordialissimi saluti e auguri a voi tutti. Tuo
Camillo
Pierina vi ricorda spesso e si era proposta di venirvi a trovare; ma essendosi ritardata troppo a Firenze, ora ha molto da fare per non perdere l’occasione di una scrittura. Al Carcano
non avrà che due recite. Io avrei dovuto e devo venire a Milano, ma chissà quando riuscirò a
40
liberarmi sufficientemente dagli attuali miei malanni, che per quasi tre giorni non furono
lievi, come ti fu detto, ma addirittura spasmodici e tali da costringermi al letto? Pierina sa
soltanto che sono reumatizzato.
28
Zibordi, aderendo all’invito rivoltogli da Prampolini nella lettera precedente, si reca al
Teatro Carcano per ascoltare l’interpretazione di Pierina Prampolini nella Mignon di
Thomas, per poi comunicare all’amico il suo giudizio: «Le mie impressioni di profano …
sui generis, sono: 1° – appena Pierina aperse bocca, la riconobbi, e scommetto che avrei
pensato a lei anche ignorando ch’era lei, perché ha la sua personalità di voce e di dizione;
2°– figura, fraseggio, interpretazione ottima. Purtroppo l’opera è fine ma vecchia e barbosa, e quel pubblico può poco apprezzare tali doti, mentre si entusiasma per un cane che urli
la Pira; 3° – voce, nelle mezze voci, gradevolissima; la preghiera della fine la disse squisitamente, eppoi nei punti dell’opera dove si canta piano, il fraseggio ha una parte più importante, ed ivi l’insieme dell’artista si rivela di più nel territorio dell’intelligenza interpretativa; negli acuti, bene o anche benissimo. Certi passaggi invece, un pochino oscuri. Si direbbe che ivi si riveli la conseguenza dei due registri pei quali, lungo il corso dei suoi studi, è
stata fatta passare. La voce poi “va lontano”, cioè è penetrante»86.
Prampolini si affretta a ringraziarlo per la sollecitudine e per le lusinghiere osservazioni
sulle qualità canore e artistiche della figlia.
[Cartolina postale]
On. Prof. Giovanni Zibordi
Milano
Via Barbavara 6
28 dic. [di mano di Zibordi:] 25
Carissimo – Il tuo espresso ieri non ci trovò in casa, e l’abbiamo ricevuto oggi. Tu sapevi
quanto piacere e conforto doveva recarci la tua impressione, e volesti comunicarcela subito.
Mille e mille grazie; s’intende, anche a nome di Lia. Ed ora auguriamoci che ai meriti sia
pari la buona fortuna. A Milano verrò appena sarò o crederò di essere assicurato contro una
ripresa del mio mal di schiena che non se n’è andato del tutto. T’avviserò, ma a patto che
non ci vada di mezzo la sig.a Cesira. Questa volta assolutamente non transigo. Saluti affettuosi a tutti voi
Camillo
29
La chiusura della «Giustizia» toglieva a Prampolini ogni spazio di agibilità politica,
anche quello della pura testimonianza. La vita a Reggio, come scrive lui stesso, gli era
diventata insopportabile: la «sua» Reggio gli era ormai estranea, troppo diversa da come
aveva voluto che fosse.
Di qui la sua decisione di trasferirsi a Milano: le lettere a Zibordi del 1926 si riferiscono
tutte ai problemi legati agli aspetti organizzativi della nuova sistemazione. Di politica non si
41
parla più, non per lettera comunque, e questo ripiegamento nella dimensione privata
aumenta il senso di sconfitta che si avverte in queste lettere, come se il distacco di
Prampolini dalla sua città venisse a contrassegnare la fine definitiva di un’epoca87.
A Milano gli amici di Prampolini, da Zibordi ad Anceschi, da Alberini a Mazzoni, si prodigano per trovargli un alloggio, che sia nello stesso tempo adeguato e alla portata delle
sue limitate risorse economiche, ed un’occupazione che gli consenta almeno di pagare l’affitto. Questa rete di rapporti e di amicizie sarà provvidenziale per rendergli meno duro
l’«esilio» e per sostenere lui e le «sue donne», Lia e Pierina, nell’imminente manifestarsi
della sua malattia.
La corrispondenza con Zibordi si interrompe appunto quando i due si ricongiungono a
Milano, verso la metà di maggio del 1926. Impiegato come contabile presso il negozio di
antiquariato di Mazzoni, Prampolini così descrive a Bellentani la sua nuova vita: «vecchio
albero sradicato dal suolo ove nacque e trapiantato in altra terra lontana, io ormai non
posso dar frutti e non esisto che per morire, come dico sempre agli amici». I soli momenti di
conforto sono rappresentati dagli incontri, predisposti con le dovute cautele, con Zibordi e
Storchi: «Anche Giovanni si difende alla meglio con qualche lezione e con gli sgoccioli dei
suoi risparmi … Amilcare conduce insieme a sua moglie una rivendita di sali e tabacchi frequentatissima … Di quando in quando, scegliendo l’ora meno importuna, vado a salutarli
nella loro bottega, che è poco distante dalla mia. E altrettanto fa Giovanni con me. È uno
dei pochissimi piaceri che godo, scambiare qualche parola con loro»88.
[Cartolina postale]
Al Prof. G. Zibordi
Milano
Via Barbavara 6
7 gennaio ‘26
Carissimo – Se non pioverà, verrò a Milano sabato prossimo. Ti dò appuntamento per le
11 all’amministrazione del giornale, dove farò a voce i ringraziamenti miei e di Lia a te, alla
sig.a Cesira ed alla Freja, e parleremo della tua lettera, del tuo magnifico articolo e di tante
altre cose. Ho avvisato anche Pierina, e non ci farai il torto di non rimanere a colazione con
noi. Tanti affettuosi saluti
Tuo
Cam
30
Reggio E. 13 marzo ‘26
Caro Zibordi – Fui a Milano la scorsa settimana dalle 10 del sabato alle 15 della domenica. L’avrai certamente saputo, e probabilmente avrai supposto ch’io non sia venuto a casa
tua per quel tal pregiudizio che altre volte mi rimproverasti. Ma non fu così. Desideravo di
passare un’ora con te e, dopo le tue proteste, l’avrei passata volentieri e senza scrupoli con
voi, alla vs. tavola. Ma avevo davvero i minuti contati e con Pierina in armi perché dedicassi
a lei e non ad altri quei pochi che mi restassero liberi. Così anche gli Storchi (coi quali mi
42
premeva di parlare nella speranza di poter contribuire a … pacificare gli animi) mi ebbero
soltanto a tarda sera. Questa volta dunque non meritai affatto i tuoi fulmini. E nemmeno mi
pareva d’essermi meritato di buscarmi una specie d’influenza; ma il fatto è che da lunedì ho
cominciato a non sentirmi bene ed oggi ti scrivo dal letto ove mi tiene una febbriciattola triduana (si dice così?).
Qui la vita (a parte l’influenza e il resto) mi diviene sempre più insopportabile. Se non
trovassi il modo di stabilirmi altrove, credo che scoppierei. Penso sempre a Milano, poiché
realizzeremmo anche una certa economia riunendoci a Pierina; ma c’è l’ostacolo del caropigioni che io potrò affrontare soltanto se riuscirò a trovare costì una qualsiasi occupazione
che mi frutti almeno da pagare il fitto di casa. Ho interessato diversi amici a far ricerche in
questo senso, pur non nascondendomi la grande difficoltà della cosa. Mi raccomando anche
a te. Turati mi diceva sabato che non c’è da disperare. Ricordami a lui quando lo vedi.
Affettuosi saluti a voi tutti anche da Lia. Tuo
Camillo.
31
20 marzo [di mano di Zibordi:] 26
Carissimo – Hai ficcata la testa in un vespaio! Fortunatamente, te la sei cavata abbastanza
bene, perché Pierina, scrivendoci stamane, ha parlato dell’incidente con una calma di cui
non la supponevo capace89. S’intende che tu non hai alcun bisogno d’essere perdonato o scusato. Rilevare reciprocamente a scopo di correzione i proprii difetti, dovrebbe essere più che
un diritto un dovere fra gli uomini: figurarsi poi fra amici! Ma la cosa non è liscia e semplice, come pare a prima vista, soprattutto in questi tempi agitatissimi di malessere e di ipersensibilità. Ne riparleremo a voce. Oggi no, perché sono ancora in casa, anzi in letto con
l’influenza; leggiera, ma ostinata (Pierina non lo sa). Oggi debbo dirti soltanto che, alla stazione, non m’accorsi degli atti che impressionarono sfavorevolmente Rinaldi: forse egli
trovò eccessivi i baci e gli abbracci, ma Pierina ci saluta sempre così: col pericolo di soffocarci ed anche di cader dallo sportello appena salita nello scompartimento!
Sono i difetti delle sue qualità e li porterà seco anche all’altro mondo!
Ciao. Saluti affettuosi, pure da Lia ed anche alla sig.a Cesira ed a Freja
Tuo
Camillo
32
[Cartolina postale]
All’on. prof. G. Zibordi
Milano
Via Barbavara 6
30 marzo [di mano di Zibordi:] 26
Carissimo – Tu interpretasti perfettamente il mio pensiero ed il mio desiderio. Oggi una
cartolina di P. mi annuncia che con Alberini90, per ciò che riguarda il lavoro, tutto è combinato: domani o posdimani me ne dirà a voce i particolari. Non dubito che Alberini avrà
43
tenuto conto delle tue parole. Intanto mille grazie anche a te per il tuo affettuoso interessamento. Cordialissimi saluti a voi tutti.
Tuo
Camillo
Sono del tutto sfebbrato già da parecchi giorni, ma ancora costipato e prigioniero in casa.
33
Reggio E. 27 aprile ‘26
Carissimo – Vi siamo molto grati della vostra premura (parlo anche a nome di Lia), ma
perché deve la signora Cesira prendersi tanto disturbo? E come contraccambiarvi? Intanto,
per cominciare, t’infliggerò un’altra seccatura, anzi due!
1. Ricorda ad Anceschi che la carta della camera da pranzo la desideriamo di color giallognolo chiaro.
2. Nella mia camera-studio, quando farete rimettere la carta nella parete di destra, avvertite che vi si dovrà lasciare una sola lampada elettrica presso il mio letto, che verrà collocato
(pure in senso trasversale, come i due che c’erano) alla distanza precisa di metri 1.20 dalla
parete attigua alla cucina. Il letto essendo largo m. 0.95, forse la lampadina di destra potrà
rimanere dov’è, e basterà togliere l’altra. Eccoti, se non mi sono spiegato chiaro, la mia
pianta:
[schizzo della stanza con la disposizione dei mobili e la nota:] collocamento calcolato al
centimetro; impossibile qualsiasi altra disposizione
Sei pregato di conservare il disegno!
Una terza seccatura. Mi sono accorto che nella mia Critica Sociale di quest’annata manca
il n° 6. Domanda a Turati se ne ha uno disponibile, e in caso affermativo digli che lo metta
da parte per me. Lo ritirerò quando farò rilegare l’annata costì.
Ancora tantissime grazie e saluti affettuosi a tutti.
Tuo
Camillo
Siamo ancora incertissimi sul mezzo di trasporto dei mobili: l’Agenzia costa un occhio
della testa, ma il camion ci fa paura. Decideremo a giorni.
34
28/4/’26
Caro Zibordi – Il giudizio del tappezziere mi ha molto impensierito. Se non c’è di mezzo
che l’estetica, poco male: noi dovremo rassegnarci a ben altro. Ma se fosse in gioco la salute, l’imbroglio sarebbe grosso. Io temetti fino dalla prima visita che la casa fosse umida, e
notai con qualche sospetto anche l’insistenza del Poggi nell’avvertire che entro quest’anno
sarebbe stata costruita la casa che deve sorgere a nord-est della nostra, e così il muro in questione avrebbe cessato d’essere esposto alle intemperie. Viceversa, la portinaia, durante la
44
mia seconda visita, assicurava che la nuova costruzione per ora non si farà. E allora? Sono o
non sono igienicamente abitabili le due stanze? Ecco il problema.
Mi pare che bisogna studiarlo bene, perché noi non abbiamo l’acqua alla gola e, se mai,
potremmo anche tentare di cedere ad altri l’alloggio, visto che altri lo desideravano e che
non dovrebbe essere impossibile, attendendo il S. Michele, trovare un nuovo appartamento
per noi. Calcolate le 10 mila lire che versammo all’ex-inquilino e delle quali io credo che,
alla scadenza della pigione, potrebbero esserci rimborsate non più di 2500 lire (compreso il
prezzo dello scaldabagno e delle lampade), noi verremo a pagare circa 6 mila lire all’anno
(piuttosto più che meno, tendo conto degli interessi): e per questo prezzo, quando non vi
fossero buoneuscite da sborsare, mi sembra che si dovrebbe trovare. Ad ogni modo, meglio
spendere per il padrone di casa che pel medico. Ma io spero che le parole del tappezziere
non debbano essere intese in senso così grave: e voi potrete accertarvene facendo interrogare o interrogando gli inquilini del primo e del terzo piano. E se non si tratta che d’estetica,
ripeto, la cosa non ha importanza.
Nella mia camera, il guasto potrà forse in gran parte essere coperto dalla libreria. Come ti
scrissi ieri, tutti i nostri mobili li abbiamo già messi matematicamente a posto e non è possibile nessuna variazione. Ti do la pianta completa della mia stanza:
[schizzo della stanza con la disposizione dei mobili e le relative misure]
La libreria è alta come quella più grande che tu conosci e che ho venduta; cioè m. 2.45.
Se non bastasse a coprir tutto lo spazio rimasto senza carta, occorrerebbe, secondo me,
provvedere con qualche rappezzo: se si staccherà, lo riattaccheremo, magari a chiodini!
Certo per drappeggi non v’è posto.
Per la camera da pranzo, si era prescelta la carta perché, secondo Anceschi, farla dipingere
sarebbe costato assai dippiù, essendo necessario raschiarla. Ma se la carta non va, niente di
male (a parte la maggior spesa) in una modestissima coloritura. Lasciar le pareti come sono,
mi sembra che darebbe l’impressione di sporcizia, poiché la credenza – che dovrà essere
collocata lungo il muro a nord-est – coprirebbe solo una parte delle macchie più vistose.
Ancora mille ringraziamenti e scuse per la serie di seccature che ti stanno venendo addosso e che finiranno, spero, prima della fine di maggio.
Saluti cordialissimi a tutti
Tuo
Camillo
35
Reggio E. 30 aprile 1926
Carissimo – Mi dispiace molto che Alberini abbia potuto pensare che io metta in dubbio, sia
pure per un momento, la sua «buona volontà». Mi ha trattato come non avrebbe forse fatto un
figlio od un fratello, ed io non dimenticherò mai questa sua prova d’amicizia e d’affetto.
Ma errare humanum est, e poteva ben darsi che nella fretta e nel timore di perdere una
fortunata occasione (anche della bontà «relativa» dell’affare, come tu dici, io non ho né ho
mai avuto il menomo dubbio) egli e Pierina non avessero diffidato abbastanza di quei sintomi di umidità che a me han fatta tanta impressione, dopo le conclusioni del tappezziere.
Alberini può quindi, anzi deve essere assolutamente tranquillo sul mio giudizio a suo riguardo e sulla mia gratitudine; e così tu pure. E voi dovete perdonarmi, anche se le mie paure vi
45
sembrano eccessive e sono infondate. Riconosco io stesso di non aver più i nervi a posto,
ormai da sei mesi. D’altra parte, se è vero che molte case hanno pareti esposte, è pur vero
che nella nostra casa d’oggi anche i muri esposti nelle posizioni più sfavorevoli non danno
segni d’umidità, benché siano di una sola testa. C’è dunque qualchecosa che se non giustifica il mio allarme, almeno lo spiega.
Per me, il fatto più rassicurante è quello degli inquilini degli altri piani; se costoro si trovano bene, non c’è da chiedere né da far altro.
Se no, convocheremo al più presto sotto la tua presidenza il consiglio degli amici e decideremo!
Per il trasporto si è offerto anche Cocconcelli (te lo ricordi? quello della Camera del
Lavoro, che oggi ha un servizio di camions): egli pure assicura che, malgrado la pessima
strada e il polverone, i mobili potranno arrivare in buono stato e s’impegnerebbe anche per
il carico, cosa che non so se sia compresa nell’offerta fatta ad Alberini. Ma di questo abbiamo ancora tempo a parlare.
Dovrei rinnovare scuse e ringraziamenti a te ed a tutti; ma poiché tu non vuoi saperne, mi
limito a rinnovarvi i saluti più cordiali. Tuo
Camillo
36
[Cartolina postale]
All’on. prof. Giovanni Zibordi
Milano
Via Barbavara 6
1 maggio [1926]
Carissimo – Felice della buona notizia, mando – ringraziamenti no! – auguri e saluti affettuosi.
Cam.
37
6 maggio [di mano di Zibordi:] 26
Carissimo – I capo-mastri non potevano compiere un più grande miracolo! Cent’ottanta
lire per rimettere la carta nella mia camera ed in quella da pranzo? Ma è proprio vero? E poi
anche il fregio? Badate a quello che fate! Non vorrei accumulare troppi debiti verso di voi.
E state attenti, voi, perché adesso è a Milano anche la padrona e occorrerà che non ve ne
dimentichiate e che v’intendiate con lei. Hai capito?
Voglio ad ogni costo che si dimentichi l’incidente e che si faccia una pace vera e completa. E tu devi aiutarmi in questa impresa. Sarebbe per me un dolore se fra tutti i membri delle
nostre due famiglie non ci fosse l’amicizia e l’affetto che ci fu sino a ieri. C’è tant’odio e
tanta ferocia fuori dalle nostre case, che si sente ancor più vivo il bisogno di volerci bene fra
noi. E la padrona, nell’intimo suo, sente ella pure così, perché è buona; ma madre natura e le
avversità, che sono state tante e talvolta atroci in questi ultimi anni, l’han fatta molto suscettibile, e bisogna ricordarsene e saperla prendere pel suo verso.
46
Per il trasporto io e Lia abbiamo deciso di servirci dell’Agenzia Fornaciari; l’ho scritto
ieri a Pierina che avrà forse già avvisato Alberini. La spesa è molto maggiore ma, tutto sommato e per diverse nuove ragioni che ti dirò a voce, noi abbiamo creduto di dover rassegnarci anche a questo salasso. Salvo imprevisti, caricheremo il furgone il 19 corr. E saremo
quindi nel nostro nuovo alloggio il 21 o il 22 al più tardi. Così almeno assicura Fornaciari.
Io probabilmente partirò nello stesso giorno 19 e chiederò ospitalità per dormire a
Prampolini91. Lia invece andrà da Silvia92 a Guastalla e verrà a Milano la mattina del 21.
Per Turati, puoi immaginare come saremmo lieti di poter risolvere il suo problema. Ma
anche Lia lo giudica di una difficoltà immensa, forse insuperabile in un ambiente come il
nostro, sia pure nel reparto che tu indichi. Tuttavia faremo e farem fare ricerche.
Saluti a te, a tutti. Ringraziamenti … a nessuno!
Camillo
38
9 maggio ‘26
Carissimo – Io sono meno pessimista di te e confido che i fatti mi daranno ragione. Per
mio conto, il discorso che tu mi consigli l’ho già tenuto a Pierina, e più d’una volta. Ma io
credo che la maggiore difficoltà non sia quella di persuaderla che il tuo rimprovero «non era
del tutto infondato» come tu dici. Riflettendo meglio, io mi sono anzi persuaso che ciò che
la offese dev’essere stata precisamente la sensazione, inconfessata, che nelle tue parole c’era
della verità. Lei aveva compreso benissimo, anche senza che io glielo spiegassi, il sentimento di stima e di affetto per me dal quale tu eri mosso; ma il dolore che deve aver provato
sotto il colpo inatteso della tua accusa che rivelava uno dei più intimi e spiacevoli difetti
della sua strana anima di donna-bambina, quel dolore e quella ferita al suo amor proprio non
le consentivano nessuna alternativa e, meno ancora, nessuna giustificazione per te: ella sentiva soltanto che le tue parole la facevano star male e quindi concludeva che tu, né altri, non
avevi il diritto di farla star male. È qui, secondo me, il punto da vincere. E poiché tutti i
dolori col tempo si affievoliscono, e Pierina non solo è buona, ma sa anche essere giusta …
quando non è irritata, io dico che lei ritornerà tua amica e saprà dare il dovuto valore anche
alla tua intenzione man mano che le passerà il bruciore di quel malaugurato incidente.
Tutt’al più potrà dire ancora, ma senz’ombra di rancore, che lei infine non è una bimba e
che certe cose, anche se si pensano e si credono vere, non si spiattellano in faccia alla gente.
Teoria tutt’altro che stoica, ma purtroppo professata, anzi sentita dalla maggior parte dei
bipedi implumi …
E basta!
Pierina ha dovuto improvvisamente partire per Torino dove canterà con la compagnia del
Regio al Rossini. Aveva, fra gli altri, l’incarico di provvedere per una donna che aiuti Lia nei
primi giorni di trambusto; spero abbia fatto in tempo ad avvisar Alberini. Nel dubbio ne
avviso te, pregandovi tutti – compresa la sig.a Cesira – di adoperarvi per la soluzione del
problema. So bene quanto sia difficile, ma per due o tre settimane io non guarderei alla
spesa pur di non affaticar troppo Lia, che mi sembra già stanca. Dopo, quando saremo a
posto e più pratici del nuovo ambiente, potremo ridurre al minimo il servizio. Salutissimi
Camillo
Per Turati, più si cerca e più si teme il fiasco!
47
39
[Cartolina postale]
On. Prof. Giovanni Zibordi
Milano
Via Barbavara 6
15/5/26
Carissimo – Faremo dunque martedì il carico del mobilio, ed io partirò lo stesso giorno
per Milano ove sarò ospite di Prampolini. Per la donna di servizio, Lia osserva giustamente
che è troppo indiscreta e poco pratica la mia preghiera di farcela trovare al nostro arrivo e
che la responsabilità della scelta può essere soltanto nostra, cioè … della stessa Lia.
Modifico quindi la mia istanza nel senso che voi ci aiutiate nelle nostre ricerche. Per i parquets c’intenderemo alla mia venuta: a me sembra sia lavoro sprecato farli ripulire prima del
collocamento dei mobili. Ancora tanti ringraziamenti – anche alla specialista per le porte!
– e cordiali saluti
Cam.
Arrivederci mercoledì. Attendiamo notizie di una possibile domestica p[er] Filippo:
dovrebbe procurarcela la Dimma93.
40
Già nel gennaio 1927 Prampolini, scrivendo a Bellentani, accenna al manifestarsi della
malattia alla bocca: «Non so adattarmi a Milano e, peggio ancora, a tutto ciò che mi
costrinse a venir qui ed a rimanervi. Senza contare i dispiaceri d’altro genere, come la
disoccupazione di Pierina e il mio mal di bocca che mi tormenta di nuovo, sebbene, per ora,
non così spasmodicamente come otto o nove anni or sono»94. Nell’aprile di due anni dopo, il
prof. Donati di Torino gli diagnostica l’insorgere di un tumore; in maggio viene ricoverato
in clinica a Milano per un intervento che tuttavia si rivela non risolutivo. In settembre subisce un secondo intervento a Bologna, ma il male progredisce inesorabilmente95.
Fino alla morte di Prampolini, avvenuta alle prime ore del 30 luglio 1930, Zibordi si fa
interprete delle testimonianze di affetto e di solidarietà che numerose giungono a lui ed ai
suoi familiari dagli amici.
Milano 3/5/ ‘29
Carissimo – Stamane sono stato con Pini dal prof. Perussia96. Mi hanno persuaso a tentar
la cura radio, assicurandomi che posso farlo in tutta coscienza senza preavvisarne Pierina.
Lia, sempre pari a lei stessa, ha accettato di prendere sopra sé tutto il peso della delicata e
penosa situazione. Povera Lia! Quando avrà un’ora di pace?
Io dovrò rimanere alla casa di salute circa un mese. In questo frattempo dormirà con Lia
la nostra donna di servizio, che è buona e a noi veramente affezionata. Così anche il problema di non lasciar sola di notte Lia è risolto. Dopo si vedrà.
Devo dirti quanto abbia aggradito e come mi abbiano confortato le prove di amicizia che
48
tu, che voi mi avete date in questa circostanza?
Ti abbraccio
Tuo
Camillo
41
Dizzasco 19 luglio ‘29
Carissimo – grazie dei ritagli, molto interessanti: in parte li ho fatti leggere anche al
nostro ospite, persona molto riservata – forse per timidezza di carattere – ma cortesissima
ed evidentemente lieta di scambiare qualche parola con noi.
Nostre notizie? I primi giorni dovemmo digerir l’aria: anche Lia era senza appetito. Poi,
di giorno in giorno, ci siamo sentiti sempre meglio. Ciò che più mi disturbava, insieme
all’ostinata stitichezza e al mal di schiena che mi portai quassù, era un senso di grande
debolezza: ora le forze ritornano e ieri l’altro, con Lia, facemmo una passeggiata di circa 4
chilometri, metà dei quali in salita.
Ritorna però anche la leucoplasia alla lingua, e questo mi preoccupa un po’: cane scottato
dall’acqua calda… Ma finora non si direbbe che vi sia altro di peggio in vista, ed anzi i
movimenti della bocca, dalla parte ov’era il tumore, seguitano a diventare – sia pure lentissimamente – sempre più liberi, e le bruciature del radio sono ormai quasi completamente
scomparse e non mi danno alcun dolore.
Qui abbiamo avuto l’insperata fortuna di trovare una donnina di servizio veramente brava,
tanto che Lia può riposare a suo agio. Basterebbe questo a farmi benedire la nostra venuta
quassù.
Pierina è ancora a Monaco e sempre ottimista circa i risultati definitivi dei suoi fortunati
approcci; ma le cose vanno per le lunghe ed io non so fino a qual punto potrà resistere al
suo ardente desiderio di rivederci. Anche noi … non ne possiamo più!
Abbiamo avuto due volte notizie dirette della vostra Freja. Tornatela a salutare e ad augurarle ottima campagna a nome nostro, quando le scrivete.
Qui la nostra più cara e frequente compagnia sono i figli di Storchi, due simpaticissimi
ragazzi a conoscerli bene.
Peccato che voi siate così lontani! Ce lo diciamo tante volte io e Lia: come sarebbe bello,
se ci fosse la possibilità di avervi qualche volta qui a colazione con noi, te e la signora
Cesira!
Ci dobbiamo invece contentare di rivedervi solo col pensiero? O, se i servizi pubblici non
sono utilizzabili per ragioni d’orario, non c’è qualche amico possessore d’automobile che
possa almeno una volta portarvi qui? Pensateci. Sarebbero ore deliziose quelle passate con
voi. E meglio ancora se ci fosse anche Pierina. Tanti e tanti affettuosi saluti … a entrambi da
entrambi. Tuo
Camillo
Saluti agli Storchi, agli Alberini, a Bianchi, a Mazzoni … Oggi qui abbiamo 30 centigradi
all’ombra e 26 in casa. Noi stiamo all’ombra degli alberi e tra i pini dell’orto-giardino, in
vista del lago che circonda la canonica.
49
42
[Di mano di Zibordi, a matita blu:] Rinviare subito
Dizzasco 9/8/ ‘29
Carissimo – Ti sono debitore di molte risposte, ma spero che tu mi avrai perdonato poiché
sai come per me lo scrivere sia difficile e spesse volte impossibile. D’altra parte, novità qui
non ne abbiamo, eccettuata la venuta di Pierina. Ci aveva scritto che sarebbe arrivata martedì o mercoledì della scorsa settimana e l’aspettammo ansiosi ad ogni corriera: niente il
martedì, niente il mercoledì, niente il giovedì. Il venerdì mattina, verso le undici, mi recavo
all’ufficio postale coll’animo in pena per telegrafare a Monaco, quando nel viottolo che
conduce alla nostra abitazione vidi due signore e un uomo che venivano verso di me. Non le
distinguevo, sebbene fossero a poca distanza, perché mi si è molto indebolita anche la vista;
e Pierina (una delle due signore era lei) che aveva già cominciato a corrermi incontro, si
arrestò incerta e temendo di aver equivocato, non vedendosi riconosciuta. Poi, io compresi:
«Pierina!?» e fummo nelle braccia l’uno dell’altro. Non puoi immaginarti la dolcezza di
quella sorpresa e la gioia di quell’abbraccio. Ma tutto passa, ed ora la presenza di Pierina,
che dovrà ritornare in settembre a Monaco, mi fa pensare di continuo al suo avvenire ancora
incerto, non ostante le speranze di lei che riconosco però abbastanza giustificate. Così, per
questo e … per tutto il resto, il mio umore è tanto pessimo che, malgrado ogni sforzo, non
riesco a nasconderlo del tutto alle mie donne.
La mia salute? Sono cresciuto di peso 2 chili e posso già fare passeggiate anche di due
ore. Della mia bocca però non sono contento, quantunque il prof. Perussia al quale ne ho
scritto mi abbia risposto dichiarandosi lieto delle mie buone notizie. Egli sarà qui fra pochi
giorni, ed io ti informerò subito dell’esito della sua nuova visita.
Dovrei parlarti della Tina, ma è un discorso che per lettera io non saprei fare. Ne parleremo a voce. A proposito: verrete dunque a trovarci tu e la signora Cesira? Noi lo speriamo e
ve ne preghiamo. Ricordatevi però di preavvisarci per la colazione. O pranzo che debba
essere, poiché qui, a non essere previdenti, c’è il caso di trovarsi anche senza pane.
Tantissimi affettuosi saluti ad entrambi: s’intende anche da Lia e Pierina. Saluti agli amici
comuni. Aff. Tuo
Camillo
Grazie dei ritagli e dei Problemi. Mi ha scritto il buon Anceschi e vorrei ringraziarlo, ma
a quale indirizzo? – Anche oggi piove e noi, costretti a rimanere in una stretta e buia camera
al pianterreno, brontoliamo. Se il tempo si mettesse al brutto, io non so come potrei avere la
virtù di rimanere ancora ad annoiarmi qui.
43
Dizzasco18/8/ ‘29
Carissimo – Ieri, verso sera, ebbi una nuova visita del prof. Perussia, qui di passaggio in
auto, con la moglie e i figli. Egli ha confermata la mia guarigione: il gonfiore e le doglie
della mia guancia destra sono fatti per lui di nessuna importanza che egli attribuisce ai tessuti cicatrizzati nei punti ove fui operato ed ove mi vennero infissi gli aghi. Mi ha trovato in
buon aspetto ed ha concluso che, passati i due mesi di soggiorno quassù, vale a dire l’11 set-
50
tembre, io potrò ritornare a Milano: cosa che comincio a desiderare molto vivamente! Siete
avvisati anche voi, se vi deciderete a fare una scappata a Dizzasco.
Abbiamo ricevuto una lettera di Freja, e siamo lietissimi di sapere che sta «proprio bene».
Vandalo!97 Se lo ricordo? E come me lo hai fatto rivedere!
Lia ha poco appetito, ma anche lei seguita a migliorare d’aspetto. Così pure Pierina.
Tantissimi affettuosi saluti da tutti noi e … venite, se potete!
Tuo
Camillo
Calligrafia bestiale: colpa della penna e del tavolo… che non c’è.
44
[Biglietto postale]
Prof. Giovanni Zibordi
Via Barbavara, 6
Milano
[Di mano di Zibordi, a matita blu:] (Bologna)
Milano via Zanolini, 12
30 sett. 29
Carissimo – Rispondo io alla tua lettera. È la prima volta che qui prendo la penna. Il vs.
telegramma arrivò, ma le mie segretarie credettero che per tutti gli amici potessero bastare
le notizie mandate a Storchi, considerando la rivendita di via S. Dalmazio come un luogo di
comune ritrovo.
Io vado migliorando. Sebbene l’atto operativo – dopo l’anestesia che per me fu alquanto
laboriosa – non sia affatto doloroso, finito l’effetto degli anestetici esso pure fa soffrire. Ieri
notte non potei chiudere occhio. Stanotte invece qualche po’ ho dormito e stamane mi sento
molto riposato. La temperatura massima, di sera, è stata di 37.5. Ora sono senza febbre. Il
prof. Masotti98 non dubita della guarigione. La biopsia ha confermato che il tumore, scomparso alla superficie, persisteva negli strati inferiori. Vedremo se ora sarà veramente estirpato. Ti scrivo dal letto, ma oggi mi alzo. Tanti affettuosi saluti a tutti voi anche da Lia e
Pierina qui presenti. Tuo
Camillo
51
1. R. Marmiroli, Socialisti, e non, controluce. L’epistolario di Camillo Prampolini con un’introduzione note e
commenti, La Nazionale, Parma 1966.
2. Sulla figura e sull’attività di Camillo Prampolini si rimanda all’esaustiva bibliografia recentemente approntata
da Giorgio Boccolari, nella quale sono elencate non solo le opere di Prampolini, ma anche i contributi su di lui
(G. Boccolari, La bibliografia prampoliniana, «L’Almanacco. Rassegna di studi e di ricerche sulla società contemporanea», 2001/37 (numero monografico su Prampolini e il socialismo reggiano), pp. 95-118. Sui rapporti
tra Prampolini e Zibordi nel periodo che qui è preso in esame, si veda in particolare: R. Chiarini, Il riformismo
socialista di fronte al fascismo. Il dibattito tra Prampolini e Zibordi, «Italia Contemporanea», 1995/199, pp. 221241.
3. Per una loro circostanziata ricostruzione si rimanda in particolare all’opera di G. Degani, La nascita del fascismo a Reggio Emilia, Edizioni Tecnostampa, Reggio Emilia 1986, pp. 67-103.
4. Cfr. Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Legislatura XXV, Prima Sessione, Discussioni, Tornata del 22
febbraio 1921, pp. 7933-7938 e La situazione di Reggio Emilia discussa alla Camera. Le dichiarazioni del
Governo. Il discorso del deputato Zibordi, «La Giustizia», 25 febbraio 1921(d’ora in avanti per «La Giustizia» si
intende quella quotidiana). I fascisti naturalmente ne traggono motivo per alzare ancor più i toni della campagna
condotta contro Zibordi dalle colonne del «Giornale di Reggio»: cfr. Vergognosa provocazione di Zibordi contro
i fascisti alla Camera e L’offensiva antifascista di Zibordi, «Giornale di Reggio», 24 e 26 febbraio 1921.
5. Si veda: I Fascisti in visita alla Redazione della «Giustizia», «Giornale di Reggio», 15 marzo 1921 e La iniziativa fascista di Lunedì sera verso i Deputati Zibordi e Prampolini, «La Giustizia», 16 marzo 1921. In quest’ultimo articolo sono riportate anche le minacce da parte dei rappresentanti del Fascio, i quali dichiarano che in
caso di rifiuto sarebbe stata applicata la legge dell’«occhio per occhio, dente per dente», facendo in modo che
«Zibordi dovesse “traslocare” da Reggio, rendendogli quivi impossibile la residenza».
6. Il riferimento è all’articolo apparso sulla «Giustizia» settimanale di domenica 27 aprile, dal titolo È tempo di
disarmare. Il monito della stampa borghese, in cui vengono riproposti brani di articoli di altre testate moderate,
tra cui «Il Corriere della Sera», che, dopo l’eccidio del Diana, invitano i partiti in lotta a ricercare la via della
moderazione in nome della comune civiltà.
7. Sulla «Giustizia» di martedì 29 aprile appare un lungo articolo di Prampolini (Vogliamo ragionare? A proposito di traslochi, a firma: «c. p.») che ricostruisce gli eventi precedenti e rivendica l’impegno suo e di Zibordi a
ricercare in tutti i modi la «pacificazione».
8. Il testo del telegramma di Camillo Corradini, sottosegretario agli Interni, è riportato in G. Degani, La nascita,
cit., p. 84.
9. Carlo Morandi fu Presidente della Deputazione Provinciale dal 1891 al 1902, sindaco di Reggio dal 1881 al
1882 e ancora, dopo essere stato eletto deputato, dal 1886 al 1889, Presidente del Consiglio di Amministrazione
della Banca Agricola Commerciale dalla sua fondazione e per venticinque anni presidente dell’ordine degli
Avvocati. Pietro Petrazzani fu per molti anni direttore dell’Istituto psichiatrico San Lazzaro; allontanatosi dal
socialismo per aderire al nazionalismo, ricoprì in seguito dal 1922 al 1925 la carica di sindaco di Reggio, il
primo del fascismo. Umberto Curti sarà nominato vice-podestà nell’ottobre 1927.
10. La lettera è conservata nell’Archivio Zibordi presso la Biblioteca Panizzi in Mss. regg. D 405/1, n. 3.
11. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. pp. 289-290.
12. La dicitura manoscritta di Zibordi si riferisce molto probabilmente al titolo dell’articolo inviato a Prampolini
e non pubblicato. Zibordi stesso si lamenterà con Soglia, qualche tempo dopo, della mancata pubblicazione della
sua autodifesa (cfr. la lettera di Giovanni Soglia a Zibordi del 19 ottobre 1921, conservata in Mss. regg. D
401/25). Sulla «Giustizia» settimanale del 17 aprile 1921 apparirà invece l’articolo Quel che è bruciato e quel
che non si può bruciare, già pubblicato dall’«Avanti!» il 13 aprile, in cui Zibordi rievoca con accenti accorati la
sua attività di giornalista e di scrittore e ricorda il patrimonio di documenti, frutto di quella attività, che era andato disperso nell’incendio del suo ufficio.
13. Dato il clima di terrore e di sopraffazione creato dalle violenze fasciste, i socialisti reggiani reputavano che
non sussistessero le condizioni per un corretto esercizio degli elementari diritti della democrazia. Il congresso
provinciale socialista, il 17 aprile, proclama dunque l’astensione dal voto nelle imminenti elezioni politiche del
15 maggio, attirandosi le dure critiche della Direzione del Partito, favorevole invece alla partecipazione alle elezioni.
14. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. pp. 290-291.
15. La lettera è conservata Mss. regg. D 405/1, n. 6.
16. Cfr. L’on. Zibordi candidato … a Cuneo!!! e Dagli amici mi guardi Iddio…, «Giornale di Reggio», 29 aprile
e 4 maggio 1921.
17. Cfr. L’ostracismo a Zibordi e la sua candidatura a Cuneo, «La Giustizia», 30 aprile 1921. Sull’origine e
sugli esiti finali della candidatura si veda la lettera inviata dallo stesso Zibordi a Prampolini e pubblicata dalla
«Giustizia» il 4 maggio (La candidatura Zibordi a Cuneo. Come nacque e come tramontò).
52
18. Amilcare Storchi (1877-1944), esponente socialista reggiano, fu segretario della Camera del Lavoro di Carpi
e di Ferrara, giornalista a «Il Lavoratore» di Trieste, al «Tempo» e all’«Avanti!» di Milano; eletto deputato nel
1919, subì per le sue convinzioni politiche varie volte il carcere. Nel 1921 veniva chiamato a sostituire Zibordi
alla redazione della «Giustizia», facendo la spola tra Milano e Reggio. Sui suoi rapporti con Prampolini, si veda:
Le lettere di Camillo Prampolini a Amilcare Storchi, a cura di R. Cavandoli, «Contributi», 1977/2, pp. 87-127.
19. Cfr. Dopo la lotta elettorale. Lettera aperta all’avvocato Giuseppe Spallanzani, «La Giustizia», 20 maggio
1921. La risposta di Spallanzani e degli altri esponenti del Blocco viene pubblicata sul «Giornale di Reggio» del
giorno successivo.
20. Il questore di Reggio Luigi Cocchi veniva trasferito nel maggio 1921 a Foggia; a sostituirlo viene chiamato il
questore di Foggia Giovanni Di Battista.
21. Probabilmente Antonio Cocconi, già assessore nella giunta socialista di Correggio.
22. Cfr. Il problema della smobilitazione, «La Giustizia», 22 maggio 1921.
23. Nell’articolo dell’«Avanti!» si insinuava che le posizioni politiche assunte da alcuni riformisti fossero condizionate dalla loro situazione personale di «esuli» in patria, come era appunto il caso di Zibordi. Il quale in effetti
rispose dalle colonne della «Giustizia» (27 maggio 1921) con l’articolo, La situazione politica e l’atteggiamento
del nostro partito. La parola a un «profugo», in cui da un lato rivendica al socialismo reggiano «il merito di aver
affrontato per primo, e da gran tempo avanti che si parlasse di Fascismo … la questione del come si dovesse
usare efficacemente la nostra enorme forza», conquistando il potere attraverso vie democratiche, e dall’altro
mette in dubbio che i membri della direzione del partito abbiano «visto coi loro occhi e sul posto» la reale situazione creata dalle violenze fasciste, per concludere infine: «Se i profughi non devon parlare, gli assenti non possono decidere».
24. Friedrich Wolfgang Adler (1879-1950), dopo aver ricoperto la carica di segretario del partito socialista
austriaco, era stato eletto nel 1919 presidente dell’Unione internazionale socialista del lavoro.
25. Francesco Bellentani (1898-1984), esponente socialista reggiano, fu segretario organizzativo della
Federazione socialista reggiana, consigliere comunale e redattore della «Giustizia». Per sottrarsi alle violenze
fasciste dovette rifugiarsi a Genova. Le lettere a lui indirizzate da Prampolini sono pubblicate in R. Marmiroli,
Socialisti, e non, cit., pp. 211, 317-321, 328-329.
26. Alla fine di marzo, il prefetto Boniburini era stato trasferito a Udine; lo sostituiva il prefetto di Pavia Roberto
Berti.
27. Le frasi in corsivo sono state sottolineate a matita rossa dallo stesso Zibordi.
28. Giacomo Iori, esponente di rilievo del fascismo reggiano, che proprio in quei giorni aveva subito un attentato
(cfr. L’aggressione dell’altra notte contro il fascista Iori, «La Giustizia», 17 giugno 1921).
29. Già in una lettera del 6 maggio Zibordi scriveva a Prampolini, a proposito del proprio esilio: «cerco prender
le misure come se dovesse durare a lungo», avvertendo tuttavia come ogni eventuale collocamento della sua attività non dovesse essere interpretato «dai nostri comp[agni] e lavoratori come un abbandono o un “provvedere ai
casi miei”» (in R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. p. 291).
30. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit., pp. 292-298. Nella trascrizione della prima lettera, di dodici pagine,
Marmiroli ne omette due (pag. 292). Ne riproduciamo il testo di seguito: «Strozzi s’è fatto includere nella
Direzione nazionale del Part[ito] Riformista, e ora che tale P[artito] va al potere – almeno nominalm[ente] –
nella persona di Bonomi, chissà cosa si crederà, tenterà, e farà! Triglia ha avvertito qualche riformista qui di
Roma di prendere notizie su Strozzi a Reggio, da persone oneste di qualunque Partito, ma preferibilm[ente] …
dal Procuratore del Re!
Forse per le medesime felici circostanze è qui alla piazza anche Borciani. Ero fermo con Turati nel corridoio dei
busti a pian terreno, quando me lo vidi venire incontro col suo sorriso che di solito è arguto, ma in circostanze
difficili diventa goffo (vedi notaio criminale dell’immortale Manzoni, quando vuol fare il furbo – egli furbissimo
– con Renzo, e resta minchionato). Quando si è accosto, mi saluta con queste … opportune parole: Esiliato in
Siberia! … Io lo guardo e non gli dò la mano, Turati, che non sa i precedenti, gliela dà così così, e lui se ne va
ostentando disinvoltura. Se ci fosse stata, per esempio, la Pierina, quell’uomo non si salvava da un rabbuffo
meritato. Mi è apparso più incosciente ancora che amorale: il che poi è lo stesso».
Giuseppe Strozzi, avvocato reggiano, animatore tra il 1902 e il 1903 del giornale anticlericale «Lo Stantuffo», fu
anche poeta e autore di studi storici e letterari. Cfr. L. Beccaluva, Un poeta reggiano. Giuseppe Strozzi, «Strenna
del Pio Istituto Artigianelli», 1941, pp. 61-63.
L’avvocato Alberto Borciani fu per pochi mesi, tra il dicembre 1899 e il luglio del 1900, il primo sindaco socialista di Reggio, carica da cui si dimise per la sua elezione a deputato nel collegio di Montecchio; rieletto nelle elezioni politiche del 1904, si dimise dal partito socialista nel 1919 e, costituito il gruppo riformista reggiano aderente al partito di Bonomi, aderì al Blocco nazionale nelle elezioni politiche del 1921. Cfr. R. Cavandoli,
Borciani Alberto, F. Andreucci-T. Detti, Il movimento operaio. Dizionario biografico 1853-1943, Roma, Editori
Riuniti, 1975, vol. I, pp. 357-362.
31. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit., pp. 110-112.
53
32. Arturo Bellelli (1871-1949), fondò la Camera del Lavoro di Reggio di cui fu segretario nel 1901 e successivamente dal 1912, fu eletto al Parlamento per il partito socialista nel 1919. Cfr. R. Cavandoli, Bellelli Arturo, F.
Andreucci-T. Detti, Il movimento operaio. Dizionario biografico 1853-1943, Roma, Editori Riuniti, 1975, vol. I,
pp. 221-226.
33. L’8 giugno 1921 la «Giustizia» settimanale pubblica con grande evidenza, sotto il titolo: Che fare? Ancora
l’astensione, una lunga lettera del professor Azio Cerlini, socialista reggiano residente a Roma, che dichiara il
proprio «assoluto dissenso» rispetto alla «tesi collaborazionistica» sostenuta dai leader riformisti reggiani,
disponibili a valutare l’opportunità di un appoggio esterno ad un governo che si proponesse di mettere fine alle
violenze fasciste e di ripristinare la legalità. Prampolini commenta sullo stesso giornale la lettera di Cerlini,
usando toni insolitamente aspri, che evidentemente risentono della tensione polemica nei confronti della direzione massimalista del partito e dell’«Avanti!». La polemica ha un seguito nella «Giustizia» settimanale del 25 giugno che dedica le prime due pagine ad un nuovo contraddittorio tra Cerlini e Prampolini, sotto il titolo: Ancora
da Roma a Reggio ossia dal dire al fare.
34. Vedi più sopra alla nota n. 30.
35. Sul Corgini si veda in particolare: G. Barazzoni, M. Paterlini, M. Morstofolini, La fronda agraria. Ottavio
Corgini e la Camera Provinciale d’Agricoltura di Reggio Emilia, «Contributi», 1986/19-20, pp. 287-384. Una
sua scheda biografica può essere consultata M. Del Bue, Il libro del secolo. Novecento. Cronaca, vicende e personaggi di Reggio Emilia, Olma Editrice, Reggio Emilia 2001, p. 84.
36. Prampolini si riferisce alle brevi interviste sull’episodio rilasciate da Zibordi a vari giornali, come ad esempio «L’Epoca» e «Paese». Zibordi ritornerà più distesamente sull’argomento nell’articolo Fatto personale apparso il 17 agosto sulla «Giustizia».
37. Si veda a questo proposito il capitolo Un duello accettato e una sfida rifiutata. Coraggio fisico e coraggio
morale della biografia di Prampolini compilata dallo stesso Zibordi (G. Zibordi, Saggio sulla storia del movimento operaio in Italia. Camillo Prampolini e i lavoratori reggiani, Bari, Laterza, 1930, pp. 41-44). Lo stesso
Zibordi era intervenuto sul tema del duello nel 1910 con una relazione al Congresso nazionale del Partito
Socialista Italiano (cfr. G. Zibordi, I socialisti e il duello, Roma, Cooperativa tipografica «Avanti», 1910). Più in
generale, cfr. G. Manfrin, I socialisti e il duello, «Critica Sociale», 1990/4-5, pp. 44-53.
38. L’opera di Papini era uscita nello stesso anno presso l’editore Vallecchi.
39. Vedi il proverbio: «Far come padre Zappata, che predicava bene e razzolava male».
40. Costantino Lazzari (1857-1927) fu tra i fondatori del Partito operaio e del Partito socialista, di cui è stato
segretario dal 1912 al 1919. Deputato dal 1919 al 1926, dopo il Congresso di Livorno e la scissione comunista
fu tra i più autorevoli fautori dell’adesione socialista alla Terza Internazionale.
41. Cfr. «La Giustizia» sett., 24 dicembre 1922.
42. Settimanale illustrato per ragazzi edito dalla casa editrice «Avanti!». Il giornalino, che uscì tra il 1921 e il
1923, rappresentò il tentativo da parte socialista di creare uno strumento per i ragazzi politicamente orientato,
nell’intento di contrastare l’influenza del borghese «Corriere dei Piccoli». Il 16 marzo 1922 Zibordi scriveva da
Milano alla figlia Freja: «Qui va bene: da 32 a 53.000 copie è salito Cuore « (Mss. regg. D 405/1, n. 10).
43. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit, p. 303. Il Marmiroli omette il restante testo della lettera che trascriviamo qui di seguito: «Ieri Lazzari mi tastò così alla larga sul caso Cerlini, mostrando di non conoscere il C., e
lasciandomi capire che questi ha ricorso alla Direzione, e che essa ha deferito a Lazzari la vertenza. Egli mi
accennava a un brano di tua lettera che è in sua mano, nella quale tu dichiari che non hai nulla da mutare qualunque sia il giudizio della Direzione. E questo al Lazzari pareva una ribellione anticipata alla disciplina … Io feci
completam[ente] l’Indiano. Ma in caso di bisogno converrà non aver riguardi. Non li merita davvero!
Conobbi qui a Roma in estate, alla trattoria, il magg. alpino Cottafavi Franc[esco], primogenito dell’on. C. Mi
manifestò simpatia (egli da anni è fuori dal suo paese e dalla politica, in certo dissenso pubblico … e privato col
padre reazionario … ed avaro verso i figli; si trova in disagio economico etc.) e di recente disse a Dall’Ara, a
Bussi, che è un’infamia che un buon’uomo come me deva esser bandito etc. E che egli intende far opera a
Reggio perché ciò finisca.
Credo che abbia scarsissima influenza. Dissi a Bussi e a Dall’Ara di fargli capire che io personalm[ente] posso
gradire il suo sentimento, ma che prima di tutto si tratta non del mio caso solo ma di tutt’una situazione; poi, che
egli personalm[ente] sarà sincerissimo nella sua iniziativa, ma si troverà contro … i suoi fratelli, primi importatori di fascismo nel Reggiano.
Io lo credo mosso da una certa simpatia per me (è un giovine franco, espansivo) ma anche dal pensiero delle
responsabilità della sua famiglia, alle quali egli vorrebbe fare da parafulmine con questa sua azione.
Naturalmente lasciava capire che io, tornando, dovrei metter da parte» [La lettera si interrompe a questo punto e
manca il foglio successivo].
44. Sulle vicende della «Giustizia» si veda in particolare Gli anni della Giustizia. Movimento operaio e società a
Reggio Emilia (1886-1925), Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia 1986.
45. Cesira Negrelli, moglie di Zibordi dal settembre 1899.
54
46. L’episodio è ampiamente descritto in Scene di brigantaggio. Famiglia malvagiamente aggredita per due
volte, «La Giustizia», 13 dicembre 1921.
47. Giacinto Menotti Serrati (1876-1926), dopo essere stato segretario della Camera del Lavoro di Oneglia e di
Venezia, fu chiamato nel 1914 alla direzione dell’«Avanti!». Capeggiò la frazione massimalista del partito socialista, fino alla rottura con l’ala riformista e l’adesione al Partito comunista.
48. Periodico di Roma, organo della federazione Nazionale lavoratori della terra e della Federazione nazionale
delle cooperative agricole. Zibordi ne aveva assunto la direzione con il n. 3 del 15 giugno 1921.
49. Il fascista reggiano Amos Maramotti trovò la morte a diciannove anni a Torino il 26 aprile 1921, durante
l’assalto alla Camera del Lavoro, e fu considerato il martire del fascismo reggiano. Una lapide con il suo ritratto
e con il testo della cartolina inviata alla madre la sera prima di morire («Mamma, vado forse a morire. Non piangere, ma sii orgogliosa di tuo figlio. Viva il Fascismo, W l’Italia») fu affissa alla facciata di casa Trabucchi, di
fronte a via Giuseppe Andreoli.
50. Piera Prampolini, figlia di Camillo e di Giulia Giovanna Segàla, cantante lirica con il nome d’arte Piera
d’Astra.
51. Manlio Bonaccioli (1887-1946), pubblicista socialista, fu redattore della «Giustizia» e, dal 1922 al 1928,
direttore del periodico di cultura e storia locale «La Provincia di Reggio».
52. La lettera è conservata in Mss. regg. D 402/8.
53. V. Salierno, D’Annunzio e Mussolini. Storia di una cordiale inimicizia, Mursia, Milano 1988, p. 91.
54. Gino Baldesi (1879-1934), organizzatore dei metallurgici, segretario aggiunto della Confederazione generale
del lavoro, fu eletto deputato nel 1921 e, dopo l’espulsione dell’ala riformista nel 1922, entrò a far parte del Psu
e della redazione della «Giustizia», cfr. L. Trentin, Baldesi Gino, Dizionario biografico degli Italiani, Istituto
della enciclopedia Italiana, Roma 1963, vol. V, pp. 458-460.
55. Cfr. G. Zibordi, Dissensi ed attese, «Critica Sociale», a. XXXII, n. 23, 1-15 dicembre 1922, pp. 356-358.
56. Cfr. l’ampio resoconto, non firmato, ma compilato da Zibordi come risulta dalla lettera di Prampolini, pubblicato sulla «Giustizia» quotidiana del 13 novembre 1923 con il titolo L’anima e le direttive del momento presente. Un chiaro discorso di Camillo Prampolini. Il resoconto si conclude con questo commento: «Una lunga,
interminabile ovazione da parte dei Congressisti levati in piedi e ripetute grida di: Viva Prampolini salutano il
discorso dell’amato compagno e maestro». Contro i metodi imbelli propugnati «nel suo candore» da Prampolini,
al quale viene tuttavia riconosciuta «un’onestà personale tanto leggendaria», si leva la voce polemica di Piero
Gobetti che accusa i socialisti unitari di togliere alle masse il coraggio di resistere alla violenza fascista. Cfr. P.
Gobetti, Gli unitari a convegno, «La Rivoluzione Liberale», 20 novembre 1923.
57. Cfr. Il più vecchio e il più giovine, «La Giustizia» 14 novembre 1923, non firmato.
58. In occasione del 2 novembre, «La Giustizia» settimanale aveva commemorato «i nostri compagni uccisi
nelle strade d’Italia o nelle stesse loro case, nient’altro colpevoli che d’essere socialisti». Il foglio fascista
«Rinascita» aveva commentato in proposito: «È Camillo Prampolini il vecchio maledicente, in nome dei morti
che non gli appartengono, poiché li spinse, ciechi, alla battaglia e fuggì, in attesa che il sangue fosse sparso e
facile il trarne moneta…». Contro questo attacco, il giornale socialista pubblica le parole che esaltano gli ideali
di fraternità predicati da Prampolini scritte da Edmondo De Amicis nel 1905 (vedine la riproduzione Gli anni
della Giustizia, cit., p. 88). Cfr. Due scrittori-Due profili. Tutto sta come si vede!, «La Giustizia» sett., 11
novembre 1923.
59. L’avvocato Nino Levi, che intervenne al Congresso subito dopo Prampolini.
60. Pietro Nenni (1891-1980), dopo essere stato nel 1922 redattore capo dell’«Avanti!», ne diventa l’anno successivo condirettore.
61. Lettera a Filippo Turati del 7 luglio 1923, F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, Vol. VI, 1923-1925. Raccolto da
A. Schiavi. A cura di F. Pedone, Einaudi, Torino 1977, p. 95.
62. Nino Mazzoni, redattore capo della «Giustizia» a Milano, diretta da Treves, e deputato socialista per quattro
legislature. Musicologo e antiquario, nel 1926 assunse Prampolini esule a Milano presso la sua «Casa Bella».
Cfr. a questo proposito A. Anceschi, Nino Mazzoni da uomo politico a «principale» di Camillo Prampolini, «La
Giustizia», 4 febbraio 1972.
63. Pochi giorni prima, il 22 novembre, «Il Lavoro» di Genova aveva pubblicato in prima pagina un articolo di
Zibordi dal titolo: Storia vecchia (Rivoluzionari col clistere), in cui, a difesa di Prampolini e del metodo riformista, si polemizzava contro i «massimalsemicomunisti» dell’«Avanti!».
64. Cfr. Il santone… strozzino!!!, «La Giustizia» sett., 9 marzo 1924.
65. Si vedano gli articoli: Ancora Prampolini strozzino!! Cosa disse la Corte di Cassazione. Il «Giornale di
Reggio» querelato e Miserie elettorali. Ancora Prampolini … strozzino!, «La Giustizia» sett., 16 e 23 marzo
1924.
66. La figlia di Zibordi frequentò la Facoltà di Magistero a Roma dal novembre 1917 al dicembre 1924.
67. Ettore Gaetani, consigliere delegato della «Società anonima editrice La Giustizia» di Milano.
68. Il foglio è stato tagliato da Zibordi a questo punto, ma le tracce della frase sottostante consentono di inter-
55
pretare il seguito come «ben fatta».
69. Luisa de Giovanni, amica di Prampolini residente a Bologna. Vedi alcune sue lettere a Zibordi, Mss. regg. D
395/19.
70. Renato Marmiroli (1893-1966) iniziò la sua attività giornalistica nel 1911, quando, a soli 18 anni, entrò a far
parte della redazione della «Giustizia» quotidiana diretta da Zibordi. Nel 1926, perseguitato dal regime fascista,
fu costretto a trasferirsi prima a Milano, dove trovò impiego in una grande industria e, successivamente, a
Modena. Dopo la Liberazione ritornò a Reggio ed assunse fino al 1950 la direzione della nuova «Giustizia».
Oltre all’attività politica e pubblicistica, si dedicò alle ricerche storiche, con studi sulla storia del Risorgimento e
del movimento operaio, e in qualità di Presidente dell’Ente provinciale per il turismo operò per la valorizzazione
della storia e della cultura cittadina. Il suo archivio, che consta di ben 592 fascicoli, è stato recentemente donato
dalla figlia Jole alla Biblioteca Panizzi.
71. Il testo della lettera fu pubblicato in «Il Socialista Reggiano», 1947/35, nel corso delle dure polemiche che
caratterizzarono la rottura tra il Psi e il Psli, dopo la scissione di Palazzo Barberini. Marmiroli aderì al Psli e
assunse la direzione della «Giustizia», organo del nuovo partito, e divenne quindi bersaglio di attacchi, anche
personali, da parte dei «nenniani». Sulla dura polemica che aveva contrapposto Marmiroli a Zibordi nel 1921, si
vedano le lettere dello stesso Marmiroli conservate nell’Archivio Zibordi, Mss. regg. D 398/21.
72. Cfr. la lunga lettera inviata il 28 settembre 1924 a Zibordi da Alfredo Tedeschi e R. Rinaldi, conservata nell’archivio Marmiroli della Biblioteca Panizzi. Prampolini, nel dare il suo assenso all’iscrizione di Marmiroli,
riteneva tuttavia «un errore lasciare il “Carlino”, in un momento che tutta la stampa ci era contro e falsificava ed
inventava fatti a nostro danno, quindi desiderava che rimanesse per fare almeno quella cronaca obbiettiva e giusta che avrebbe facilitata la smontatura della calunniosa campagna fatta a nostro riguardo. Si decise allora, tutti
d’accordo, di considerare il Marmiroli nostro compagno, di tenere pel momento la cosa segreta, informandone
solo il Rag. Carboni, Segretario della Sezione, e di lasciare al Marmiroli, nel limite del possibile, di svolgere la
sua opera al “Carlino”» (Biblioteca Panizzi, archivio Marmiroli, Fascicolo n. 534, «Giovanni Zibordi»).
73. La lettera è la sola del carteggio prampoliniano a non essere conservata nel Fondo Zibordi, ma in quello
Marmiroli. Essa infatti gli fu consegnata, assieme ad altri documenti, direttamente da Freja Zibordi, affinché
Marmiroli se ne potesse servire nella polemica avviata dal «Socialista Reggiano» (si vedano a questo proposito i
suoi due articoli Miserabile diversivo e L’uomo che fugge apparsi sulla «Giustizia» del 28 settembre e del 2
novembre 1947).
74. Zibordi in quei giorni si trovava in villeggiatura al lago d’Orta.
75. Evidentemente Zibordi nella lettera a Marmiroli lo aveva più o meno esplicitamente accusato di opportunismo, lasciando intendere che il suo riavvicinamento al socialismo aveva dovuto aspettare il settembre 1924,
quando cioè, dopo il delitto Matteotti, il fascismo poteva apparire in crisi. Ne è conferma la lettera di riconciliazione che Marmiroli invia a Zibordi il 6 ottobre 1924, nella quale accenna ad una frase «che particolarmente mi
aveva addolorato, appunto perché sembrava fosse in Lei il convincimento che io sia ritornato alle mie origini
oggi, in quanto l’aria è mutata, o accenna a mutare, o si spera e si desidera che muti. Ella che mi ha conosciuto
davvicino dovrà riconoscere che io non ho proprio la stoffa del “profittatore” od anche, più semplicemente, del
“calcolatore”. Ho errato, so di aver errato (e invoco il classico “errare umanum est”) ma sempre in perfettissima
buona fede» (Biblioteca Panizzi, Archivio Marmiroli, Fascicolo n. 534, «Giovanni Zibordi»).
76. Si tratta degli Studi e ricordi carducciani, edito nel 1925 a Milano dal Corbaccio, dedicato da Zibordi alla
moglie Cesira con queste parole: «Alla mia cara Cesira / fida compagna d’ogni fortuna, / fior di bontà / semplice, forte, serena».
77. Ugo Brilli fu allievo e collaboratore del Carducci, amico del Pascoli, provveditore agli Studi a Reggio nel
1904, poi a Grosseto, Massa e Lucca. Grande ammiratore di Prampolini (cfr. le sue lettere a lui in R. Marmiroli,
Socialisti, e non, cit., pp. 218-224), nel 1911 pubblicò in collaborazione con Zibordi il volume Il mondo lirico di
Giosuè Carducci presso l’editore Zanichelli di Bologna.
78. Il frammento della lettera non è stato datato da Zibordi, ma per i riferimenti interni è possibile riferirlo con
sicurezza al 1 maggio 1925.
79. Brilli definisce Teobaldo Buggini «cameriere bolognese, un eroe garibaldino di Digione». Prampolini fece il
servizio militare come «volontario di un anno» durante gli studi universitari.
80. Il Pascoli, amico di Andrea Costa e aderente al movimento internazionalista e rivoluzionario, fu arrestato nel
settembre 1879 per aver partecipato ad una dimostrazione contro la condanna di un gruppo di internazionalisti
imolesi. Dopo una detenzione di tre mesi, al processo, cui partecipò come teste a difesa lo stesso Carducci, fu
assolto. Cfr. M. Biagini, Il poeta solitario. Vita di Giovanni Pascoli, Corticelli, Milano 1955, pp. 56-59.
81. Franco Vittadini (1884-1948), compositore pavese, nella cui produzione figurano alcune Messe, varia musica
sacra, opere come Il mare di Tiberiade, Anima Allegra e Nazareth, l’oratorio Le sette parole di Cristo e il balletto
Vecchia Milano.
82. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. pp. 308-309.
83. Con la testata «Giustizia» uscirà a Roma il 14 marzo 1926 un periodico settimanale che, come reca il sottoti-
56
tolo, «Pubblica gli atti del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani», costituitosi nel novembre del 1925 dopo lo
scioglimento del Psu. Cesserà le pubblicazioni nell’ottobre dello stesso anno.
84. Alberto Anceschi, reggiano ma da lungo tempo residente a Milano, fece parte del gruppo di fedeli amici che
si prodigarono per assicurare a Prampolini le migliori condizioni di vita nel suo «esilio» milanese.
85. Cfr. la lettera di Prampolini ad Anceschi del 17 dicembre 1925, R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. p. 309.
86. La lettera, datata 26 dicembre 1926, non è stata pubblicata dal Marmiroli nella sua edizione del carteggio
prampoliniano per il suo carattere privato.
87. Sui motivi che indussero Prampolini ad allontanarsi da Reggio, si veda anche la testimonianza di Giuseppe
Giaroli pubblicata in «Ricerche Storiche», 1967/2, pp. 35-37 e ripresa dalla «Giustizia» del 1° settembre 1967.
L’avvocato Giaroli, antifascista, segretario del Comitato reggiano delle Opposizioni, di cui era presidente lo stesso Prampolini e suo amico intimo, denuncia la «vergogna dell’isolamento» a cui fu condannato Prampolini, il
quale «fu assai più indotto all’abbandono della tanto amata Sua Reggio dal silenzio dei compagni che dalle
minacce degli energumeni fascisti». Gli risponde, rievocando il drammatico clima di quegli anni, Francesco
Bellentani nell’articolo Perché Prampolini andò a Milano, «La Giustizia», 6 ottobre 1967.
88. Lettere del 29 gennaio e del 20 giugno 1927, in R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit., p. 318-319.
89. L’incidente a cui allude Prampolini si riferisce ad una discussione, evidentemente animata, tra Pierina
Prampolini e Zibordi che aveva lasciato entrambi amareggiati. Zibordi si era sentito in dovere di far presente a
Pierina che nel suo comportamento in pubblico avrebbe dovuto tener in maggior conto la delicatezza della situazione del padre. Lo stesso giorno, Prampolini scrive alla figlia: «Contemporaneamente alla tua di ieri, mi è arrivata oggi una lettera di Zibordi, addirittura desolato per il vostro incidente! ma che cosa c’è … nell’aria, che
tiene tanto agitata la gente? Mi chiede scusa e perdono, invoca le attenuanti, dice che si sente anche lui quasi mio
figlio (e in verità egli mi ama e mi ammira fino all’esagerazione), che teme di avermi dato un dolore mentre si
proponeva di alleviarlo, ch’egli non doveva entrare in cose tanto delicate, ma fu mosso dall’amore e dalla riverenza che mi porta e dalla schiettezza della sua indole, che la Pierina se ne sarà offesa, ed ha ragione per la confidenza che egli si è presa, ma ha torto perché nulla nelle parole di lui vi era che toccasse la sfera della sostanza
dei suoi sentimenti ed egli si riferiva soltanto alla forma, ecc., ecc.
Tanto rumore?! … So bene che tu non ammetti la mia massima: che fra uomini e soprattutto fra amici è, più che
lecito, doveroso trattare reciprocamente dei propri difetti; ma spero che, pur ostinandoti a negare questa grande
novità, tu stessa converrai che il confiteor del nostro Zibordi, confuso e dolente, è sproporzionato alla colpa. Ad
ogni modo, se neppur questo vuoi concedermi, mi preme tu sappia che Rinaldi non parlò con Zibordi ma con
Anceschi (e tu sai come passando di bocca in bocca i discorsi altrui vengano sempre inevitabilmente più o meno
deformati); e ad Anceschi, secondo ciò che scrive Zibordi, l’ottimo Rinaldi avrebbe riferito non già quella tal
«scena di baci e lagrime» di cui parli tu, ma che dal tuo contegno egli temette che certi avversari presenti potessero arguire malignamente che io lascio Reggio non per necessità di famiglia, ma per tranquillizzare te. Io non
mi accorsi di quegli avversari né capisco a quali atti abbia voluto alludere Rinaldi; chissà quale è stato esattamente il suo discorso; certo, anche se la sua impressione fu quella, non potrò mai pensare che l’abbia manifestata con cattive intenzioni, come non posso dubitare dell’affetto che egli nutre per me e per noi. Fossero pur molti
gli uomini come lui!» (Biblioteca Panizzi, Carte Prampolini, Lettera di Camillo Prampolini alla figlia Pierina, 20
marzo 1926).
90. Paride Alberini era stato sindaco socialista di Reggiolo, prima di essere costretto dalle persecuzioni fasciste a
trasferirsi anche lui a Milano. Sui suoi rapporti con Prampolini si veda: R. Marmiroli, Camillo Prampolini,
Barbera, Firenze, 1948, pp. 267-268. Si veda inoltre P. Alberini, Gli ultimi anni di Prampolini, «La Giustizia», 3
marzo 1946.
91. Amilcare Prampolini, medico di San Martino residente a Milano, assistette Prampolini durante la malattia.
92. Silvia Prampolini, sorella di Camillo e di Lia, residente a Guastalla con il marito Odoardo Paglia.
93. Probabilmente Dimma Fantesini, per molti anni addetta alla segreteria della Camera del Lavoro di Reggio; le
lettere di Prampolini a lei indirizzate sono edite in R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit.
94. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. p. 318.
95. Il progressivo peggioramento delle condizioni di salute di Prampolini e gli interventi da lui subiti sono
descritti da Zibordi in una lettera a Bellentani del 2 novembre 1929, edita in R. Serra, Una drammatica testimonianza su Prampolini nella corrispondenza di Zibordi e Bellentani, «Ricerche Storiche», 1981/44-45, pp. 89- 91.
96. Felice Perussia (1885-1959) fu professore di radiologia nelle Università di Pavia e di Milano e direttore
dell’Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano.
97. È il nome di un celebre cavallo da corsa al quale Zibordi dedica un capitolo del suo volume: Il cavallo rosso.
Memorie, figure, pensieri, Bietti, Milano 1933, pp. 129-133.
98. Il prof. Masotti, cancerologo, aveva ospitato Prampolini presso la sua clinica bolognese, tentando un intervento con il metodo della diatermocoagulazione.
57
58
59
60
61
«Camerati contadini» in Germania
«Il contadino (der Bauer) ha nella nostra Patria un peso politico come in pochi altri paesi
d’Europa». Questa rassicurante affermazione di Hitler, riportata nella Piccola guida del
lavoratore agricolo italiano in Germania*– prodotta dalla Confederazione fascista dei lavoratori dell’agricoltura – era l’incoraggiante benvenuto ai «camerati contadini» italiani,
avviati a compiere i doveri di Wanderarbeiter nelle aziende tedesche. Correva l’anno 1940
(XVIII) e l’accordo fra i due alleati per il trasferimento della forza lavoro era stato firmato
alla fine di febbraio. Va da sé che sette anni di «keynesismo militare», seguito dalla guerra
guerreggiata all’insegna del Blut und Boden, avevano distolto il Bauer tedesco dal mistico
contatto col suolo, sottraendo rilevanti quote di popolazione attiva al comparto rurale e
creando un possibile sbocco per le eccedenze italiane (significativa spia dei limiti della
«modernizzazione» fascista nel campo produttivo, e pertanto della nostra inadeguatezza in
vista di un micidiale confronto bellico).
La lettura della Piccola guida, coi suoi elementi di pedagogia individuale e di galateo
sociale, consente di mettere in luce alcuni importanti aspetti della fabbrica del consenso
fascista. Il tema manifesto è l’ostentazione dell’italiano nuovo, fiero «di sentirsi Italiano di
fronte a tutti i popoli più o meno civili del mondo». Il contenuto latente, ma facile da scoprire, è la preoccupazione che quell’immagine propagandistica sia smentita dai comportamenti
concreti. Ma la maggiore sorpresa, in questa sorta di manuale di istruzioni pratiche e di sermone sui diritti e sui doveri, è la singolare presenza-assenza della guerra (al momento dell’accordo già in atto per la Germania e comunque prossima anche per l’Italia).
*Fondo «Archivi Istoreco-Egidio Baraldi», Istoreco, Reggio Emilia
63
Invano si cercherebbe un riferimento esplicito al paese di destinazione come potenza belligerante. Lo stesso richiamo all’Asse Roma-Berlino è fatto per presentare la Germania
come «terra amica» e accogliente, in forza della «fede che proviene da una comune idealità», quasi rimuovendo il suo carattere di alleanza militare. E tuttavia la situazione bellica
aleggia in tutto il discorso, si insinua negli accostamenti, nelle metafore, nelle parole d’ordine tutte giocate sull’identificazione del lavoratore col soldato. Poche spigolature basteranno:
«tu parti da Soldato, da Italiano, da creatore e suscitatore di attività»; «tu non sei un emigrante, non sei un espatriato alla ricerca avvilente di un lavoro; sei un Soldato, con tutti gli
attributi che il Fascismo conferisce al grande concetto del “Cittadino-soldato”»; «questa
terra meravigliosa che ti ha dato i natali, accompagni e ti sproni sempre ad operare, a combattere, perché tu sia sempre degno di Lei». Il cardine dell’identificazione fra operaio e
milite si manifesta nel richiamo al concetto di gerarchia, principio regolatore della vita e
dell’ordine morale. «La disciplina è il segreto di ogni vittoria», recita il motto che precede il
paragrafo I tuoi superiori devono essere obbediti; dove l’apparentemente ovvia e tecnica
raccomandazione a considerare il capo squadra come «l’immediato superiore incaricato di
coordinare l’attività della squadra» poggia sul presupposto che «anche in questo, come
quando si è soldati, l’obbedienza deve essere pronta, assoluta, rispettosa».
Curioso, ma inevitabile corollario di questa identificazione è il fatto che il discorso, benché gli accordi riguardassero lavoratori di entrambi i sessi, appare rivolto soltanto ai maschi,
a cominciare dai frequenti richiami alla virilità e dall’esortazione Devi essere forte, devi
essere uomo, titolo del paragrafo che invita a non lasciarsi andare allo sconforto ed alla mormorazione.
Sul piano più strettamente politico, l’anonimo estensore sembra muoversi con un occhio
rivolto al passato prefascista e con l’altro alla recente alleanza, alla «salda e leale amicizia»
col popolo tedesco, tanto salda e leale da essersi rivelata «anche quando ci si è trovati di fronte, sul campo di battaglia, leali, cavallereschi, coraggiosi, entrambi» (lo stravolgimento propagandistico del tema della Grande Guerra – per di più in un discorso rivolto alla classe che
più aveva pagato nell’immane carneficina – meriterebbe un più approfondito commento).
Nei confronti dell’Italia liberale, il regime aveva buon gioco sottolineando i vantaggi di
un’emigrazione programmata e giuridicamente definita come accordo fra due Stati. Le
norme contrattuali per i lavoratori italiani, allegate al libretto di istruzioni, offrivano infatti –
almeno formalmente – la stessa tutela riservata ai lavoratori tedeschi quanto a retribuzioni,
orario di lavoro, assistenza. Allo stesso tempo, però, non poteva essere nascosta la difficoltà
di sostenere come materialmente paritetico il rapporto fra un paese rurale e scarsamente
industrializzato – dunque esportatore di manodopera – ed il paese che si accingeva, attraverso la guerra, ad accaparrarsi ingenti risorse di manodopera subalterna e non qualificata. La
cosa si dimostra palese nelle minuziose norme – esse pure allegate – per l’inoltro in Italia
dei risparmi attraverso il compartimento esteri della Deutsche Bank. La continuità con
l’Italietta umbertina e giolittiana è in questo caso totale: il buon vecchio metodo di far quadrare i conti e rimpinguare le riserve di valuta attraverso le rimesse degli emigranti.
Che poi la tesi di aver voltato pagina rispetto al passato liberale – creando l’italiano
nuovo, «di quelli voluti e forgiati nel tempo fecondo e glorioso di Mussolini» – fosse più
ostentata che convinta, è dimostrato dalle preoccupazioni che traspaiono nelle raccomandazioni sul comportamento, che forniscono in nuce un galateo ad uso dell’emigrante.
L’estensore sembra temere che gli italiani all’estero, come si suol dire, si facciano riconoscere. Che si mostrino poco virilmente familisti e piagnoni: «Non lasciarti prendere dalle
nostalgie, dai ricordi tristi, dai rimpianti. La tua voce sia sempre allegra, confortatrice, ras-
64
sicurante»; attaccabrighe: «Ricorda che il Paese che ti ospita è degno del massimo rispetto… Tu sei, in questo nobile Paese, un ospite… rispetta al sommo grado le sue donne, come
se fossero le donne di casa tua»; troppo inclini, oltre che al sesso, al bere: «Ricorda che l’alcool è un pessimo amico che ci espone, a volte, a delle figure indegne». Il timore della cattiva propaganda derivata dalle «figure indegne» emerge nettamente nel paragrafo sulla cura
della persona: «Non è più l’epoca dell’operaio trasandato e malandato, dalla roba sporca
addosso e dagli abiti combinati e rappattumati con gli stracci… Essere in ordine, non significa che si deve essere degli elegantoni [non passasse in mente ai «camerati contadini» di
conformarsi allo smidollato modello del gagà!], ma essere presentabili, cioè curati, puliti,
dignitosi… Il bagno, la pulizia personale, la cura del corpo, l’igiene, sono indizi di educazione e di buona salute».
Se simili paternalistiche esortazioni (rivolte, per di più, al supposto uomo nuovo, «rispettato, onorato, temuto in qualunque Paese») possono suscitare qualche impressione comica,
un’ombra ben diversamente tragica si insinua in queste paginette con le frequenti ed inequivocabili comparse del termine «razza» e dei suoi derivati, a cominciare dal motto: Rurali,
voi rappresentate la razza e dalla sequenza Popolo, Razza, Patria, di cui l’italiano all’estero
dovrebbe ricordarsi di essere il rappresentante. (e.b.)
65
Don Angelo Cocconcelli
Don Cocconcelli, mi dica, dov'è nato?
Io sono nato a Cavriago. Sono nato nel 1912. Ho potuto assistere un pochino a tutte le
lotte e le vicende politiche dell'immediato dopoguerra, e ricordo ancora, benché fossi ragazzo, molto bene il sorgere del fascismo, l'affermarsi violento del fascismo anche nel mio
paese di Cavriago, nel lontano 1921-22.
I suoi genitori cosa facevano, lavoravano nell'agricoltura...?
Mio padre era un operaio della Cremeria di Cavriago, mia mamma – anche lei aveva lavorato – ma negli ultimi anni aveva un po' di terra, faceva la contadina. Sono nato in una casa
dove si lavorava la terra, dove mio padre lavorava invece nell'industria casearia.
L'atteggiamento che c'era in casa verso il fascismo, che atteggiamento era?
I miei non sono mai stati fascisti, come non sono stati mai neanche socialisti. Erano dei
cristiani, dei cattolici, credevano nel movimento operaio delle leghe bianche, dei cattolici, e
mi hanno saputo sempre, direi, indirizzare con molta serenità a vedere tutti gli avvenimenti
politici in una chiave superiore, senza accondiscendere a tutte le intemperanze, le violenze
che venivano da ogni parte.
Questa è la verità. Insomma, io mi sono trovato ad un certo momento proprio a giudicare
con molta severità gli avvenimenti. Ho visto, da ragazzo, le intemperanze degli scioperi,
delle agitazioni socialiste, e sentivo la gente che era stanca di un clima di questo genere.
Si può dire, l'impressione che avevamo in casa era che purtroppo la reazione fascista era
stata provocata da tutte queste intemperanze, da questa mancanza di autorità dello Stato, di
questo caos che avveniva nelle fabbriche, con i continui scioperi, con le agitazioni a cui il
nostro popolo non era ancora abituato.
Anche se le rivendicazioni erano più che giuste, però tutta questa cosa, ancora, non andava, e allora si diceva purtoppo: «Adesso, vedrete che arriveranno i castigamatti, che purtroppo faranno... ad un certo momento ci toglieranno quella libertà, quella democrazia di cui
non sappiamo usare gli argomenti».
Io sono rimasto per questo sempre profondamente antifascista, anche perché in seminario
io ho avuto la fortuna di avere come insegnante il compianto mons. Tesauri, che poi fu vescovo di Lanciano e che venne anche lui a San Pellegrino a predicare la famosa predicatoria. La
sua figura è stata rievocata l'anno scorso a Cavriago, con un seminario di studi su questa
splendida figura, che era stata anche consigliere comunale del Partito popolare del comune di
Reggio Emilia. Da lui ho preso quel'antifascismo che poi mi ha sempre accompagnato.
Quando divenne sacerdote?
Io sono diventato prete nel 1936 e mi hanno lasciato a fare il coadiutore nella parrocchia
in cui sono nato, la parrocchia di San Terenziano di Cavriago, cosa che non avviene mai,
insolita ma appunto perché era un ambiente particolarmente difficile hanno pensato che un
cavriaghino, forse, poteva facilmente adattarsi ad una situazione come quella di Cavriago.
Già lì, io ebbi i primi screzi, i primi contrasti con il segretario del fascio di allora, perché
mi avevano già messo nella lista nera, proprio per quello che era il problema dell'educazione
dei ragazzi. Perché io avevo impostato un oratorio... i ragazzi venivano da me... si lamentavano che non andavano al sabato fascista, non andavano a fare le sercitazioni di avanguardisti, [eccetera, ndr]. Quindi già lì volevano delle celebrazioni per il 28 ottobre, per il 21 aprile. Il 28 ottobre, che era l'anniversario della marcia su Roma, che diventavano delle gazzar-
66
re, e allora io mi arrabbiavo, dicevo che non avevano proprio nessun significato in funzione
religiosa, funzione religiosa per esaltare certi principi che erano il pane del Vangelo.
Poi, insperatamente, mentre io proprio non pensavo a niente, fui ingaggiato per andare in
Germania. Da principio trovai anche difficoltà, io non sapevo la lingua, non sapevo neanche
dov'era la Germania, ma il vescovo tanto insistette, dicendo: «La Congregazione per l'emigrazione della Santa sede ha bisogno di un prete anche di Reggio, perché ci sono degli emigranti anche di Reggio, ed hanno chiesto qualcuno, ed io ho pensato che tu potessi andare
bene, sei abituato a stare in mezzo alla povera gente...». Son dovuto andare, son partito
senza sapere una parola di tedesco, solo che come succede a chi è ingaggiato militarmente,
all'ultimo momento mi ariva un telegramma per cui io devo andare a Breslavia. Vado a prendere un treno, vado a Breslavia e là non mi trovo con degli operai dell'industria com'erano i
reggiani, ma mi trovo con degli operai dell'agricoltura che errano tutti veneti, dalla provincia
di Treviso e di Vicenza. Ma io lo feci presente che avrei desiderato andare là, fra i reggiani,
[ma] il vescovo mi dice: «Tu ci andrai, adesso ormai tu sei lì, devi stare lì», e in qualunque
modo... sono restato. Perché tranne in quei quindici giorni che andai a Fallersleben (vicino a
Braunschweig, a quaranta chilometri da Hannover, nella Bassa Sassonia), a far conoscenza
con i nostri operai, sono rimasto sempre nella Slesia.
Il mio lavoro nella Slesia era molto facilitato dal fatto che c'erano buonissimi rapporti fra
il consolato italiano di Breslavia e le autorità tedesche. La Slesia era la meno nazista di tutte
le regioni tedesche, anche perché era metà polacca, anche l'Alta Slesia. Il nostro papa è nato
proprio sotto la Germania.
Ma poi mi trovai molto facilitato per il fatto che gli operai, i veneti, erano profondamente
religiosi, i veneti dell'agricoltura e quindi vado... Si può dire che è stato un ministero che
non dimenticherò mai per la corrispondenza, l'affezione che avevano verso di me, e poi
anche perché, nonostante che fosse un sacrificio terribile, perché avevo una parrocchia larga
come una regione ed ero sempre in viaggio, avevo più di diecimila operai, ma erano sparsi
in ottocento aziende... tutti mi chiedevano, volevano la visita appunto perché dovevo trattare
altri problemi, problemi sanitari, sindacali...
Quindi lei si occupava un po' di tutti i problemi?
Beh, sì. La confederazione fascista dei lavoratori dell'agricoltura aveva mandato là un
ispettore, il quale sapeva il tedesco meno di me, e si limitava a stare al Consolato italiano a
mandar fuori delle circolari e poco più. Ma a girare, a battere i passi, ad andare ad avvicinare questa gente, ad andare a sentire a volte i loro piccoli problemi che ha gente messa insieme così... e veramente non si poteva non sentire compassione per questa folla, per questa
gente che era in queste condizioni.
Dunque, lei partì nel 1939?
Partito nel 1939, son tornato nel novembre del '39, con l'intenzione del vescovo di Reggio
d'allora che era mons. Bretoni, di non mandarmi più via e difatti mi diede un sacco di incarichi qui a Reggio, ma nell'aprile del 1940, dietro le pressioni della Sacra congregazione di
Roma, sono dovuto ripartire per forza.
Ritornai ancora nella Slesia, là dove avevo lasciato i miei operai e i miei contadini, dove
ho fatto tutta la campagna del 1940 fino a novembre.
Nel novembre del '40 sono ritornato, e fui richiesto per andare in Austria, non più con gli
operai dell'agricoltura, ma con quelli dell'industria. In Austria i nostri operai lavoravano in
cave di pietra, lavoravano vicino a Linz, dove c'era la famosa fabbrica Santz Valentin, la fab-
67
brica degli aerei da combattimento tedeschi, i famosi «Messerschmitt». Lì c'erano più di tremila operai italiani, insieme ad operai, prigionieri di guerra, della Polonia, ed anche qualche
cecoslovacco ecc. I prigionieri polacchi erano trattati peggio delle bestie, dovevano lavorare
fino all'esaurimento delle forze, in attesa di essere poi eliminati. Io ho potuto avvicinare
questi poveri prigionieri polacchi, e veramente mi si rivoltava l'anima a vedere queste condizioni disastrose.
Tornando indietro, nel 1939, quando si trovò in mezzo a questi lavoratori italiani in
Germania, quali erano le condizioni a cui queste persone lavoravano? Come si trovavano in
genere?
Per quei tempi le condizioni erano abbastanza buone, perché erano trattati alla stregua
degli operai tedeschi. Già là il sindacato era molto più avanti che non in Italia, erano tutte
regolari le loro assunzioni sociali, avevano delle leggi anche favorevoli sul cottimo e sul trattamento alimentare, perché veniva provveduto loro né più né meno come fossero stati dei
soldati o qualcosa di simile.
Gli operai erano molto contenti perché alla fine della stagione portavano a casa un buon
gruzzolo; per quei tempi di miseria era già qualcosa, tant'è vero che l'anno dopo cercavano
tutti di ritornare.
Anche il Governo tedesco era contento di quest'opera perché le campagne erano state
abbandonate dagli operai tedeschi che lavoravano tutti nell'industria di guerra. La Germania
ne richiedeva ancora di più l'anno seguente, per rispondere al fabbisogno delle aziende agricole tedesche, e difatti l'anno dopo erano di più, erano duemila-tremila di più, gli operai italiani in Germania, ed erano considerati anche parecchio perché dicevano che avevano tre
qualità che non avevano gli altri: che erano intelligenti, erano molto diligenti, laboriosi, ed
erano molto risparmiatori, non spendevano in alcool, in niente quello che prendevano, mentre erano diversi quelli delle altre nazioni. Queste tre qualità le riconoscevano all'italiano,
perché loro risparmiavano, risparmiavano per portare a casa qualcosa, erano proprio povera
gente, erano i braccianti di qui.
Quindi si trovavano bene sostanzialmente, dal punto di vista lavorativo?
Se non fosse scoppiata la guerra, e non fossero venute tutte le limitazioni dei viveri, le tessere eccetera, questi operai si sarebbero trovati bene. Solo che nel 1940 scoppiò la guerra, e
allora tutto quello che era il nerbo dell'emigrazione, che erano i giovani, furono tutti trattenuti a casa, perché potevano avere obblighi di leva.
La vita come si svolgeva per gli italiani? Quali erano i problemi che dovevano affrontare
quotidianamente?
Nell'agricoltura grandi problemi non c'erano. Il problema più duro per loro era affrontare
il clima, perché i tedeschi lavoravano anche sotto l'acqua in campagna, cosa che in Italia non
ha mai fatto nessuno, perché se là in Slesia avessero dovuto aspettare di lavorare solo nei
giorni in cui non pioveva, là le piogge ci sono d'estate, loro non avrebbero mai lavorato.
Dover lavorare sotto quella pioggerella fredda, insistente, era proprio una pioggerella, là non
venivano temporali, ecco questa pioggerella era per loro una cosa, un fastidio.
Poi tolta la difficoltà della lingua per il resto l'assistenza era uguale a quella che davano
agli operai tedeschi. Certo era un regime... Mentre gli operai dell'industria si trovavano peggio da quel lato, perché sapevano di essere peggio ancora che in Italia. Erano continuamente
controllati, pedinati, si era in un regime veramente del terrore.
68
Quindi di attività politica non se ne poteva fare... era difficile.
Si sapeva che c'erano, io lo sapevo che c'erano delle cellule anche in mezzo a questi operai, ma qui le cose bisognava farle con estrema cautela, perché la Gestapo arrivava dappertutto, e poi soprattutto perché gli operai tedeschi erano stati quasi tutti ormai conquistati dall'ideologia nazista. Fino... ne parlavano i preti e gli altri che conoscevano bene la situazione,
fino allo scoppio della guerra con la Polonia il nazismo era accettato dalle masse popolari,
dopo la conquista della Polonia in venti giorni, ma soprattutto l'anno dopo, la campagna di
Francia fece perdere la testa a tutti. Dissero: «Mai abbiamo trovato un capo così. Abbiamo
trovato quello che salva la Germania, finalmente possiamo essere qualcuno, qualcosa». E si
erano votati quasi tutti al nazismo.
Questo spiega perché hanno tenuto duro ancora per degli anni.
E di gente che sia tornata di là... lei ha tenuto dei contatti?
Sì, io ho tenuto dei contatti con le autorità nostre che c'erano là, quelli che avevo potuto
trovare dopo, ad esempio questo rappresentante della confederazione dell'Agricoltura che
venne poi ad abitare qui a Bologna, un po' come perseguitato politico perché era stato fascista, sebbene là abbia svolto un'opera bella di aiuto, certo Tellarini...
Ma quegli altri, al di fuori di qualche console che mi ha scritto anche dopo... no. Invece
mantenni molte relazioni coi tedeschi che vennero via dalla Slesia, con quelli sì, perché
anch'essi profughi nella Germania Occidentale, messi di qua e di là. Mi raccontarono poi
quella che fu la tragedia a cui io, per fortuna, non assistetti, dell'invasione russa del 1944,
dell'espulsione di tutta quella gente, con tutte queste immigrazioni forzate da parte dei
polacchi, che erano dalla parte della Russia.
Quelli che rimasero durante gli ultimi anni della guerra finirono nei campi di concentramento, furono deportati?
Dopo l'8 settembre del 1943 vennero considerati dei nemici politici, e poi di questi ce ne
erano pochi, perché questi operai erano tutti anziani, i giovani dovevano restare in Italia.
Furono messi nei campi di concentramento e tanti continuarono a lavorare come internati
civili, non più come liberi operai, com'era stato fino al settembre del 1943. Fu una tragedia,
anche per loro, spaventosa.
Anche perché non è che potessero far arrivare delle notizie a casa...?
Allora io ero qui, la ragione per cui dopo l'8 settembre mi buttai subito a persuadere la
gente, andando fin davanti alle case, di non presentarsi ai tedeschi perché voleva dire finire
in un campo di lavoro, in un campo di concentramento. O entrare a combattere nella
Wehrmacht, oppure fare questa fine. Non mi credevano, non mi volevano credere, la gente
era stata ingannata tutta dalla propaganda. Non c'era mai stata informazione.
Cominciò così la mia Resistenza, perché proprio cominciai a dire ai giovani: «Non presentatevi, non presentatevi per carità, andate a finire in Germania in questi campi di sterminio».
Comunque, lei di attività ne aveva già fatta a suo tempo in Germania. Ci racconti un po'.
Posso raccontare solo un fatto, per dire sembra incredibile adesso, però in un paese dove
una coppia di sposi aveva avuto due gemelli... ma felici questi due semplici contadini, mi
hanno detto: «Vogliamo che ce li battezzi qui, subito lei, signor cappellano!», «Come li
chiamate?», dice: «Uno, Adolfo, e l'altro lo chiamiamo Benito». E allora io gli ho detto:
«State a sentire, gli mettiamo anche un secondo nome», «Perché?», «Ma dico, perché c'è il
69
caso che un domani gli possa servire un secondo nome».
Se ne ebbero cosi' a male, che ormai mi denunciavano. Per dire come era il clima di questa povera gente. Non capiva.
Comunque aveva fatto attività politica, anche se non politica nel senso di fondare
società?
No assolutamente. Ma io poi avevo il mio compito che era quello di assistere questa povera gente.
Cercava di metterli un po' in guardia, i giovani!
Ah sì, la cosa che dicevamo sempre fra noi, fra gli intimi: «Bisogna preparare il dopoguerra, bisogna che pensiamo». Eravamo già persuasi nel 1941 che dopo la prima campagna di
Russia alla fine del 1941, quando abbiamo visto che non si andava né a Mosca né a
Leningrado, ormai la guerra era perduta. E abbiamo sempre detto «Dobbiamo preparare il
dopoguerra, un'era diversa, un'era di democrazia, preparare la gente a questo».
Com'è che fu mandato a casa dalla Germania?
Fui mandato a casa perché una volta mi scappa detta una frase che non dovevo dire.
Credendo di essere con degli amici, e invece ero con degli agenti della Gestapo, mi scappò
detto che per noi era meglio perdere la guerra piuttosto che vincerla. Perché saremmo diventati degli iloti, saremmo stati un po' dei servi della Germania e niente di più. Era evidente
per chi aveva un po' di intelligenza, quale sarebbe stato il ruolo dell'Italia sotto un'ideologia
come era quella nazista, che proprio stava, come avevo detto, conquistando anche i tedeschi.
Perché per molto tempo i tedeschi sono stati davanti a quest'uomo incerti, poi l'aver scoperto
che avevano una potenza militare invincibile, l'aver visto queste campagne fulminee, il
Blitzkrieg che aveva promesso Hitler, aver visto... aver tutta questa organizzazione che a loro
piaceva moltissimo... dove arrivava la Germania arrivavano loro, li aveva un po' esaltati.
Seguirono questo capo sempre pensando che avrebbero saputo trovare il modo per saltarci
fuori, dalla guerra. Noi sapevamo bene dove saremmo andati a finire.
Ma poi soprattutto la crudeltà, i metodi e quando sono venuto qua in Italia parlavo solo
con gli amici, con gli intimi per non essere... dei campi di concentramento tedeschi. Non mi
credevano perché poi non lo sapevano neanche i tedeschi, non lo sapevano neanche loro. Io
queste notizie le avevo direttamente dal clero, e il clero era abbastanza ben informato.
Quindi lei tornò a Reggio nel 1941?
Sono tornato a Reggio nel 1941, mi preoccupai subito, me lo disse anche il vescovo, che
mi mettessero parroco, perché se fossero arrivati dei dossiers d'accusa dalla Germania, non
sarei più diventato parroco. Perché allora per diventare parroco bisognava ottenere il benestare del regime, il Concordato, quindi avrebbero potuto bloccare la mia elezione. Il vescovo
dopo qualche mese che ero a casa mi aveva messo parroco della parrocchia di San
Pellegrino, proprio per far perdere un po' le tracce di quella che era stata la mia attività.
Bene, la ringrazio dell'intervista.
70
71
Walter Cilloni
Come si chiama e dov'è nato?
Mi chiamo Cilloni Walter e sono nato a Cadelbosco Sopra l'11 settembre del 1914.
E i suoi genitori cosa facevano?
Mia madre era una casalinga, mio padre era un bracciante.
Sempre qui a Cadelbosco...
Sì. Sempre qui a Cadelbosco.
E il suo lavoro qual era?
Il mio lavoro allora... facevo il bracciante, in teoria, quando ce n'era. Ma purtroppo, il
lavoro in quegli anni era talmente poco, che dovetti decidermi a emigrare.
E quando partì?
Io partii nell'anno 1938... nell'aprile.
In generale la situazione come lavoro, era brutta?
Sì. Era molto scarso. C'era tanta disoccupazione.
Soprattutto fra i braccianti?
Fra i braccianti. Specialmente fra i braccianti. Ce n'era un po' fra i muratori, ma bisognava
proprio essere muratori per avere lavoro, altrimenti i garzoni... non c'era lavoro, ecco.
Questa gente che partiva allora erano giovani o anche padri di famiglia?
Ce n'erano. Non troppo anziani, c'era gente matura anche di quarant'anni. Generalmente
erano giovani.
Erano giovani che andavano via singolarmente...
Erano giovani che avevano già fatto il militare veramente, erano già uomini. Però era tutta
gente in cerca di lavoro.
Qui da Cadelbosco ne sono partiti molti?
Sì... non molti. Ma penso che in quel tempo una decina, tredici o quattordici ne siano partiti. Io ne conosco ancora di Villa Argine, eravamo partiti in due e uno c'è ancora; gli altri, di
Villa Argine, sono già morti perché erano più vecchi di me.
E come ha saputo di questa possibilità di lavoro, per andare in Germania?
Attraverso il sindacato di allora. Attraverso l'Ufficio di collocamento seppi che c'era questa richiesta di emigranti per l'agricoltura specialmente. Allora andammo là a fare questa
domanda... però non erano tutti accettati. Non tanto per un fatto politico, ma perché c'era un
determinato numero, e le domande erano tante. Venivano non scelti... ma anche scelti, si
faceva questo elenco, man mano che saltavano fuori venivano scelti, ma non tutti si poteva
andare perché erano più le domande che le richieste.
Allora non si sapeva come venivano scelti?
No. Pensava il Collocamento di quei tempi. Lì prendevano le prenotazioni, poi pensavano
72
loro. Ti mandavano a chiamare passavi le visite fisiche ed altre, e chi ritenevano fosse idoneo lo mandavano a chiamare e partiva.
Quindi lei è partito come bracciante?
Come bracciante. A quei tempi, ricordo che avevano fatto mettere in divisa apposita questi
operai braccianti. Avevo una sahariana celeste, con una etichetta qua, «Lavoratori agricoli»,
una placca gialla. Ci avevano anche dato dei giubbotti per la pioggia, impermeabili, perché
in quelle zone nordiche pioveva spesso e là anche quando piove si va fuori a lavorare.
Decidemmo anche allora... ci siamo fatti pagare col tempo il soprabito. Una sahariana tutta
uguale e questi giubbotti per l'acqua.
Il contratto di che tipo era per voi braccianti?
Per noi il contratto era stagionale. Le tariffe le faceva il paese dove si andava a emigrare.
Si sapeva che non si prendeva molto, ma si prendeva sempre di più che stare qua. Allora
come le dicevo si prendevano ventiquattro pfenning (centesimi di marco) all'ora, era una
paghina, ma... e si poteva mandare a casa non tutta questa somma ma una parte, non so se
fossero trenta marchi, cinquanta marchi, qualcosa del genere. Veramente non ce n'erano
tanti da mandare a casa, però c'era una misura, una quota.
Comunque era un lavoro stagionale, per un certo periodo, poi tornavate a casa?
A dicembre al massimo. Si faceva aprile, novembre-dicembre, e poi si ripartiva. Ad aprile
chi credeva, tornava a fare la sua domanda, oppure partiva anche con la richiesta di dove era
andato a lavorare, che valeva, la portava all'Ufficio di collocamento e poi poteva tornare
indietro.
Lei però mi ha detto che è tornato a casa in ferie solo per un certo periodo di tempo, dopo
è rimasto in Germania....
Son rimasto negli ultimi anni. Siccome io sono stato uno dei primi, perché ho fatto tutta la
campagna.
Ecco infatti lei è stato dal 1938...?
Dal 1938 al 1945. Fino a guerra finita. Però i primi anni – come le dicevo – si faceva questo periodo stagionale. Dal '42 in poi, sono rimasto bloccato e non si poteva... non si poteva!
Non ho neanche cercato di venire a casa perché infuriava la guerra. Le dirò anche di più.
Siccome io ero giovane, dovevo andare militare, perché ero richiamato, però essendo operaio civile richiesto da quella nazione, a me quando arrivava la cartolina del militare, veniva
trattenuta dai carabinieri locali. Cioè, il mio lavoro là era come il militare. Quando ai miei
genitori arrivava la cartolina di precetto per andare militare, qua il maresciallo locale la ritirava e non c'erano problemi, né ammende né niente. Io, il mio lavoro, lo facevo là ed ero
considerato come militare.
Quindi per quanto riguarda i soldi lei mandava via una certa somma attraverso dei vaglia
postali?
No. Si versavano alla banca là. Non so che giro facesse questa banca, si andava, veniva
rilasciata una ricevuta e si mandavano questi soldi.
Questi pochi soldi, perché come le dico con ventiquattro centesimi a far dei marchi ce ne
volevano. Essendo io giovane... non è che... quello che aveva famiglia a casa faceva anche
73
certi sacrifici. Ma io ero giovane, si andava fuori, c'erano anche là i divertimenti, perché nel
'38 ancora la guerra non c'era, la guerra scoppiò nel 1939. Noi si andava fuori, c'erano anche
là le trattorie, i caffè, c'era il cinema e dei gran soldi da mandare a casa non ce n'erano.
Quello sposato che aveva figli magari non veniva, faceva tutti i sacrifici, mandava quello
che poteva, ma noi giovani sa, a casa c'erano i genitori che non erano poi tanto vecchi allora
e si arrangiavano, ecco.
Dov'è stato mandato all'inizio, nel 1938?
Io nel 1938 sono stato mandato nella provincia di Braunschweig. Però ero nel comune di
Wolfenbuttel, e in una frazione che si chiamava Neindorf.
Erano vicino a Berlino, come zona?
Vicino a Berlino... noi a Berlino avevamo duecento chilometri. Facevamo parte della
regione di Hannover.
Lì, fino a che anno c'è stato?
Sono sempre stato in quella zona. Però da Neindorf, che ho smesso di fare il contadino
sono andato in una località a sette-otto chilometri che si chiamava Hediviesburg. Eravamo a
lavorare in una Konservenfabrik, era una piccola città, e non c'era il nome della padrona, era
una società per azioni in Hediviesburg. Era un piccolo paesino che aveva solo la stazione e
una grossa fabbrica, uno zuccherificio, però non c'era il paese, ma era una località, un centro. Un po' come qui si dice dei ducati, questo Hediviesburg era un ducato di questi paesi.
Era una zona ondulata, non pianeggiante e molto fertile.
Quando è andato a lavorare come bracciante, viveva nell'azienda, in case in muratura o
in baracche?
Era una grande azienda agricola e avevamo le strutture portanti in muratura. Dov'ero io
eravamo in dodici italiani, due o tre uomini tedeschi e delle donne tedesche. Gli uomini
erano quelli che dirigevano, c'era il capo macchinista, il caporale che dirigeva il lavoro e
c'era un padrone contadino, e ci mandava nei campi. Tutti i giorni si lavorava.
D'inverno nei mesi brutti, siccome là il frumento non si trebbia d'estate, ma si trebbia in
inverno, hanno dei capannoni – là, la mietitura avviene sempre in agosto, dopo di noi – e, in
questi capannoni, mettevano, avena, segale, frumento. Nei mesi invernali quand'è brutto si
trebbia al coperto dentro questi capannoni. Anche noi, negli ultimi mesi, quando si veniva a
casa in novembre e dicembre, e là al Nord sono mesi brutti, si andava là dentro, là c'era la
macchina e si trebbiava. Era un lavoro come qua in Italia, non pesante. Un lavoro, come
dicevano allora, abbastanza compensato, perché ci davano da vivere, da dormire, ci davano
tutto, come soldi però si prendeva poco, erano questi ventiquattro pfenning.
E i tedeschi come vi trattavano?
Posso dire che ci trattavano non male. Si viveva in una comunità non tanto grossa e pertanto si veniva trattati... dico, degli uomini ce n'erano pochi e noi – quei pochi italiani che
c'erano – eravamo rispettati, chi sapeva fare il suo lavoro...
Glielo chiedo anche per questo, perché da un'altra intervista, e poi lei là l'ha fatta l'esperienza di operaio nell'industria, risulta che c'era della differenza di trattamento fra operai
dell'industria e contadini. Cioè nell'industria si diceva che si stava peggio...
74
Sì. Come trattamento sì.
Anche perché alcuni forse erano in grandi fabbriche, in grandi città e quindi i rapporti
erano diversi.
Sì, infatti come le dico, c'erano questi braccianti che lavoravano presso questi piccoli contadini che venivano considerati come familiari, perché forse l'uomo non c'era, e questi due o
tre italiani che c'erano venivano trattati alla pari del marito. Perché era questo emigrato italiano che faceva tutti i lavori... la macchina, il cavallo, i lavori pesanti... era lui, e la donna
gli dava tutto per fare andare avanti l'azienda. C'erano anche purtroppo dei delinquenti italiani, perché ci sono dappertutto. Questi ragazzi cosa facevano? Io non sono mai stato d'accordo. Andavano dal piccolo contadino dove erano trattati col caffè, che non si trovava, con
le sigarette, che non si trovavano, col mangiare, che era quello che voleva, e approfittavano
di tutto, anche delle donne, ed a un bel momento rubavano l'orologio, la macchina fotografica e poi scappavano.
Dopo aver avuto tutto, perché anche là c'era la guerra, c'erano i bombardamenti – e stava
bene – non si accontentava, ne approfittava di tutto e poi a un bel momento rubava delle
coglionate e poi scappava. E dopo questa donna veniva e diceva: «È andato via, che mi avevi
detto che era così bravo!». Sembrava bravo, ma si vede... Poi purtroppo, come c'è anche qua,
si conoscono gli italiani del Nord da quelli del Sud, e questa differenza c'era anche allora. Io
non voglio togliere niente a quelli del Sud, ma c'era la differenza. Anche se i tedeschi non
sapevano cos'era Nord e Sud, conoscevano le persone, nel vivere assieme, nel lavorare... ce
n'erano anche dei bravi...
Noi fatte le otto ore nell'azienda grande... le dirò di più. Chi voleva andare, c'erano questi
piccoli contadini che non avevano uomini, che venivano là e dicevano: «Stasera, finito il
lavoro chi vuole venire là che devo portare a casa il fieno o il frumento...». Mi pagavano.
Bé, chi faceva quelle due ore, era ben pagato. Siccome si trovava poco pane, o salumi, la
famiglia gli dava la paga, gli dava da mangiare e poi gli dava questi salumi, un pezzo di
torta... e così. Delle volte si prendeva di più in quelle due ore che in tutta la giornata che si
faceva a ventiquattro centesimi che si prendevano allora. Posso dire solo che io sono stato
fra i fortunati, perché quando sono andato nella Konservenfabrik, c'era il paese e non c'era il
forno, non si faceva il pane lì, si vendeva ma non si faceva. Allora la nostra azienda che
aveva il camioncino, ecco perché ho dato la patente di guida là, c'era da andare a prendere il
pane oltre a dieci chilometri, c'era da andarci tutti i giorni. Facevamo due settimane noi e
due settimane un'azienda grande che aveva anche lei il camioncino. A quei tempi – io parlo
del '42-43 – il pane scarseggiava anche là, però per noi che si lavorava dentro, qualche filone di pane in più c'era, perché si lavorava... Diceva poi quel signore là: «Il pane ce l'hai?», si
pagava senza la tessera perché scarseggiavano anche le tessere. In quel modo io, facendo il
trasporto di questo pane, avevo anche il modo di avere del pane per aiutare anche quei
ragazzi. Ricordo quei prigionieri, soldati nostri, che sono venuti... che erano lì, che sgombravano le macerie chi lungo la ferrovia, chi lungo la strada, e io, siccome giravo, avevo
sempre dei pezzi di pane. Siccome lavoravo nella Konservenfabrik, dove si inscatolavano
frutta, cavolfiori... e avevo sempre di queste scatolette, quando vedevo questi poveri ragazzi
che erano lungo la ferrovia, che pativano la fame, gliene davo e allora basta scaldarle siccome è roba già cotta, si mangiavano anche fredde... però se si scaldava un po'... E li ho sempre aiutati come potevo, cioè ero in una posizione per cui potevo farlo, non da dire che ne
potessi dare... ma qualche cosa ho sempre dato.
75
Quindi quando stava in questa fabbrica di conserve stava abbastanza bene?
Sì.
Forse perché era in una fabbrica abbastanza piccola, in un paese...
E infatti c'erano circa venti-venticinque donne, tutte ragazze deportate, russe, polacche,
eravamo in due italiani, c'era il capofabbrica e il padrone. Io adoperavo il camioncino della
ditta, le donne dormivano nelle baracche, abbastanza igieniche, noi due dormivamo in una
casa di mattoni, una casa civile. Non ci mancava niente, il mangiare c'era perché si lavoravano prodotti alimentari pertanto noi non abbiamo tribolato. Lì pericolo non ce n'era perché
eravamo distanti dalla guerra e come vita siamo stati bene, non posso dire niente. C'è poi un
fatto. Quando uno è in un'azienda dove ci sono pochi uomini, e fa il suo dovere, perché bisogna fare il proprio dovere, io per principio sia in Italia che all'estero ho sempre cercato di
fare il mio dovere, perché ci sono dei diritti ma anche dei doveri. Io non ero un super uomo,
però quello che c'era da fare io lo facevo, e cercavo di farlo bene, con volontà. Allora anche
dove si lavora quando uno vede che fa il lavoro che deve fare, nello stesso tempo anche chi è
il capo fabbrica o il padrone... si è rispettati e riconosciuti. Lo mando là, so che lo fa bene.
Perché io lavoravo là come lavoravo qua. Perché qua mi rispettavano, mi davano quello
che volevano, tanto non c'era ragione... e io mi sono sempre trovato abbastanza bene in quegli anni, pensando che c'era gente che era là al fronte, c'era gente che faceva le schioppettate.
Lei ha detto prima che andavate fuori, andavate anche nei paesi, c'erano dei luoghi dove
potevate distrarvi?
Sì, infatti.
Incontravate anche degli altri italiani, oltre a voi che eravate in quell'azienda?
Sì.
C'erano buoni rapporti con questi altri italiani, s'era formata una...
Certamente. Noi cercavamo di andare dignitosi, di comportarci con dignità, perché là è un
po' differente che qui da noi, nei locali pubblici. Non è come da noi che si fanno degli schiamazzi che sembra come sia...
Là, c'erano dei locali che non prendevano italiani perché facevano rumore, e c'era scritto
davanti, gli italiani non li volevano. Perché? Questa gente non era corretta; noi siamo sempre andati in locali in cui non ci hanno mai detto «Mah... perché fate, fate del rumore...».
Perché sapevamo che per natura loro, quando vanno in un locale, in un'osteria, in una trattoria, in un albergo, là sembra di essere in chiesa. Là parlano piano, noi parliamo forte. E loro
mi dicevano là: «Ma perché bisticciate sempre?» ma non è che si bisticciasse, si giocava a
carte, sa a giocare uno si alza in piedi, batte forte... E in certi locali gli italiani non li volevano, perché vedevano che questi ragazzi si comportavano male, facevano del chiasso.
Come le dico, io episodi non ne ho mai avuti, posso solo dirle che essendo stato là tanti
anni, mi arrangiavo col parlare, sono stato chiamato qualche volta... Mi ricordo, c'era uno
qua di Cadelbosco che aveva avuto un incidente, lui adoperava due muli, due cavalli (?) e
c'era andata addosso una macchina. Il padrone dei cavalli aveva un'assicurazione, e voleva
sapere come era stato... questo qua non sapeva neanche una parola e andai io a fare da interprete.
Un'altra volta sono andati a pescare degli italiani, che non si poteva andare a pescare in
questo fiume, e hanno preso del pesce. Il gendarme lo impara, chiama questi due ragazzi e li
76
voleva mettere in galera. Per due pesci. Perché era anche in primavera, l'epoca in cui questi
lucci avevano le uova, ed era l'epoca in cui non si poteva pescare, ed avevano dato danno
perché avevano preso delle femmine che avevano dei piatti di uova così.
Per loro non si poteva pescare in quell'epoca lì, ma noi ci s'andava senza licenza, ed anche
lì ho fatto quello che ho potuto per dire che erano un po' matti, che non sapevano quello che
facevano. Perché il gendarme là... ce ne va uno solo, ma conta più che due carabinieri qui,
perché là non scherzano, eh... Così, piccoli episodi...
Quando voi vi incontravate, parlavate di come stavate lì in Germania?
Sì, si diceva: «Tu come ti trovi...?». C'era chi si lamentava, specialmente nelle grosse
industrie dove si andava a dormire in baracca, dove c'è una cucina che fa da mangiare per
cinque-seimila persone, dove succedeva anche questo, io ho trovato dei colleghi a cui davano il pane alla sera anche per il giorno dopo, succedeva che mangiavano il pane alla sera e il
giorno dopo non c'era più il pane. E questi qua dovevano fare certi salti per trovare il pane,
se non c'era la tessera non si trovava, e questi dovevano trovarlo come si poteva, o mangiare
quello che si poteva mangiare. Anche se non erano prigionieri di guerra, perché se c'erano i
bollini, se c'era la tessera si trovava il pane, altrimenti trovarlo al mercato nero non era tanto
facile. Se non era in un giro come me che poteva fare qualche favore, qualche pagnotta, non
dico vendere il pane, non era tanto facile.
Invece chi lavorava nei piccoli paesi, nelle piccole comunità, le cose cambiavano, si stava
meglio.
Questa gente, questi italiani, avevano una visione particolare della Germania, criticavano la Germania o l'Italia nel regime in cui erano, od andavano cauti a esprimere questi
pareri?
C'era poco da criticare perché c'era da stare molto attenti, però si diceva quasi tutti: «Eh,
se potessi lavorare in Italia! I tedeschi se lo facciano loro il loro lavoro!». Cioè oltre allo spirito nazionale che c'era, sa quando si va fuori di casa sia per la famiglia che uno lascia sia
per un ambiente che cambia, si diceva tutti: «Se io potessi, non vengo Germania, sto a
casa!».
Però le voglio raccontare qualche episodio... per i prigionieri che c'erano, questi ragazzi
che sono stati deportati ben giovani negli ultimi tempi.
Ecco voi avete avuto dei contatti?
Ho avuto dei contatti perché ce n'erano lì vicino, ma questi militari siccome c'erano i
bombardamenti, venivano a sgomberare.
Era già durante la guerra?
Durante la guerra, si parla del '43. Nei primi tempi questi ragazzi erano trattati un po' duri
dalle guardie tedesche, col tempo... Allora io avevo fra questi militari, uno che era mio cugino, che si chiamava Cilloni. Allora imparai attraverso gli altri italiani che c'era un Cilloni, ed
era dentro il campo di concentramento e non ci si poteva avvicinare. Allora siccome io
avevo occasione di avere qualche pezzo di pane...«Va là, gliene porto...», era giovane, aveva
19-20 anni, era appena andato militare e l'avevano portato via.
Ricordo che i primi tempi, perché era dentro ai reticolati, la guardia era lì fuori, mentre la
guardia era su, io gli buttavo il pacco. Ma rischiavo, perché se la guardia ti vede, ti spara
davvero.
77
Dopo ho detto: «È meglio che vada al corpo di guardia». Infatti andai al corpo di guardia
tedesco e dissi che qui dentro c'era un mio fratello; gli diedi delle sigarette che io avevo
modo di avere; portai questo pacco con il pane, dei pezzi; mi tagliò il pane nel mezzo per
vedere se c'era qualcosa dentro... questo qua lo ha fatto per le prime volte, le due prime
volte, perché ci andavo ogni otto-dieci giorni, poi col tempo mi conosceva, gli davo la sigaretta... Le cose erano cambiate, ma le prime volte erano rigidi; quando gli portavo la roba,
loro aprivano il pacchetto col coltello e guardavano quello che c'era.
Dentro questo campo di concentramento, direi, un migliaio di prigionieri militari, c'erano
i sottufficiali e la truppa. Cosa succedeva? Nel vitto che davano a questi ragazzi, questi giovani, lo davano ai sottufficiali italiani, i sottufficiali italiani lo distribuivano ai militari italiani sempre là dentro. Succedeva che i sottufficiali davano loro metà razione, l'altra metà...
Gliene davano poca. Quando succedeva che questo militare, dalla fame, rubava del pane
all'altro collega, veniva messo al palo, i sottufficiali, che erano loro che rubavano il pane,
mentre quello lo rubava per fame, dicevano: «Ecco vedete chi vi ruba il mangiare. Non
siamo noi». Succedeva anche questo. A me lo raccontava il Cilloni che viveva là dentro.
Questi ufficiali e sottufficiali allora com'erano stati presi?
Erano stati deportati dall'Italia. Quando l'esercito tedesco venne in Italia.
Allora quando è caduto Mussolini nel 1943...
Sì. Io ricordo, come ho già detto prima, siccome lavoravo alla Konservenfabrik, si lavorava anche la cipolla, cioè io col camion portavo la cipolla da pelare ai prigionieri. Ne portavo
un camion da pelare e ne portavo via un camion già pelate. Nelle carceri, non fra i prigionieri di guerra. Allora io andavo dentro in questo grande carcere. Fui chiamato in ufficio. Mi
dice questo alto ufficiale: «Lei è di Badoglio o di Mussolini?», «Io sono di Mussolini» «Lei
si ricordi, qua dentro non si vede niente e non si sente niente».
Allora io stavo sempre su, non potevo scendere dalla cabina. Io andavo, un cancello poi
un altro cancello... c'erano sempre le guardie nel cortile dove c'erano questi prigionieri civili. Sa, questi prigionieri venivano nella cabina a parlare... «Da dove vieni?», «Io sono il
macellaio di quel paese, dì a mia moglie che mi porti da fumare»; un altro «portami la liquirizia»... ma io non potevo parlare. A un certo momento viene la guardia e mi fa «Guardi che
la faccio smontare e le metto la giubba rigata come quelli là. Lei non deve parlare con nessuno» e io dico:«Ma non sono io, sono loro...», «Basta! La faccio star qua dentro...». Erano
i momenti in cui in guerra se la vedevano già brutta, e allora queste guardie erano ancora
più rigide.
A me al di fuori di quei rimproveri... Io facevo il mio lavoro, portavo cipolla da pelare, e
la facevano spelare a mano a questa gente. La nostra fabbrica poi la lavava, la tagliava, la
seccava, poi veniva imbustata in piccole buste. Di un chilo di cipolle ne rimaneva un etto.
In questi campi di concentramento c'erano anche altri di altre nazionalità, oppure in quella zona lì...
Lì dove c'era Cilloni erano tutti italiani. So che lui si lamentava perché... c'era un'infermeria in questo campo, succedeva che chi andava in infermeria non veniva curato e... si diceva:
«Chi va là muore».
A lui si gonfiavano i piedi, perché non mangiava abbastanza e diceva: «Ho paura ad andare in infermeria. Non si esce più». Gli dicevo «Lascia stare, domenica torno a venire e
vedrai che...».
78
Poi dopo, questi prigionieri li mandavano a sgombrare le macerie e giravano un po', poi
dopo li lasciavano anche girare senza le guardie. Questa gente non era più così soggetta, con
le guardie sempre alle calcagna, e si arrangiavano anche loro. Ma i primi mesi la situazione
era dura.
Tornando al lavoro suo, che problemi avevate quotidianamente, oltre ai problemi di lingua che all'inizio avrete senz'altro avuto... Prima accennava a problemi di clima...
Il problema che abbiamo avuto subito è stato questo: che noi siamo andati là vestiti leggeri. Là, nonostante fossimo in aprile, era ancora mezzo inverno. Perché là si era al Nord e
cosa succedeva? Vento sempre, ancora vento freddo, e acqua e neve... E noi non eravamo
attrezzati come loro. Avevano dei pastrani che può piovere otto giorni... Noi ci trovavamo
con delle scarpine basse, come qua le mie, là in campagna... si immagini. Ci arrangiavamo
con dei sacchi che trovavamo là, dei sacchi sulle gambe, sulle spalle, perché purtroppo noi
non eravamo vestiti. Con il tempo, con gli altri anni, saputo a cosa andavamo incontro
abbiamo cercato... ma il primo anno, i primi due anni, il problema c'era proprio per affrontare il clima. Perché là, piova o non piova, si va a lavorare. Io dicevo tante volte col capo: «Mi
lasci a casa...» e lui «Tu oggi mangi, resti a casa ma mangi, e il tuo mangiare chi te lo paga,
chi lo produce...» Allora si va... Anche loro, anche i tedeschi non solo gli immigrati, là il
costume è questo...
Con la lingua avevate problemi?
Con la lingua subito. Nei primi mesi è brutto perché... Ricordo un episodio, davano lo
zucchero ed era salato, e farsi capire, dire «Guardi questo zucchero è sale». Perché ci davano questi prodotti in natura, essendo agricoli, ci davano le patate, il burro, lo zucchero, il
sale, ci davano tutto. Questo problema dello zucchero che era salato, per farlo capire c'è
voluto una giornata intera.
Invece pian piano, siccome uno si deve arrangiare, c'è chi ci arriva prima, chi ci arriva
dopo, ci riescono tutti. Ma i primi tempi? Finché sei dentro al lavoro però tante volte il capo
ti diceva «Vai a prendere la zappa». Te lo diceva in tedesco e magari tornavi con la falce o
con la forca. «Ma cosa t'ho detto?» ... E la gente quand'è fuori cerca di impegnarsi a imparare almeno l'essenziale, non è che uno diventi un interprete, ma le cose principali deve impararle, se no...
Io so che insieme ai gruppi di italiani che andavano via mandavano sempre anche degli
interpreti, e dalle altre interviste, ho sentito che questi interpreti non servivano molto...
C'è poi un fatto – ricordo che era tutta gente dell'Alto Adige – questa pretendeva quelle
poche volte, ed invece erano apposta nella squadra per far da interprete a tutta la squadra,
volevano essere pagati da noi. Se uno aveva bisogno, cioè se uno parlava col padrone no, ma
quando dicevi «veh, vieni che vado dal bottegaio... vado a prendere della roba, vieni con
me», veniva se gli davi qualche cosa, se gli pagavi qualche cosa, altrimenti non venivano.
C'erano degli interpreti, gente da quelle zone che un po' la conosceva [la lingua]... perché
proprio in quegli anni non era come adesso. Io ho un figlio che ha 27 anni, ha fatto un corso
di tedesco, uno di inglese e uno di francese. Tre anni di seguito alla sera e allora si arrangiano quando vanno all'estero, ma allora non c'era nessuno che sapeva le lingue. C'era qualche
operaio che era stato in Francia... Siamo andati là al buio.
Dopo il '43 voi siete stati peggio, come vita? Vi trattavano peggio?
79
No. Anzi. Dopo il '43 io ci sono stato fin dopo la Liberazione, erano diventati forse... Io
essendo sempre stato in quella zona, ho fatto anche la guardia notturna, perché quando c'erano i bombardamenti, per vegliare questa gente durante le incursioni notturne, c'era la guardia che andava ad avvisare le case, perché era un piccolo paese. Allora, eravamo io e un
tedesco, che era un hitleriano prima, che quando ci chiamava diceva «Guarda che quando mi
saluti io voglio come saluto heil Hitler. Guai se mi dici buongiorno...» Gli ultimi tempi,
«Ah, quello che c'è è di tutti. Se c'è una pagnotta ce n'è un pezzo per uno...». Avevano cambiato, perché se la vedevano già brutta. Ma negli anni furenti... si andava dal tabacchino e
c'era scritto: qua si saluta heil Hitler.
Erano tutti convinti?
Ce n'erano una grossa parte. Ce n'erano ben pochi, c'erano ed erano chiamati socialdemocratici, non erano né socialisti né comunisti. Qualcheduno si confidava. Le dirò una cosa, il
mio padrone alla Konservenfabrik era un veterinario e andava nelle macellerie a timbrare le
carni. Poi avevamo, siccome ci sono tanti cavalli in quelle zone, per curare i cavalli, avevamo un cassone come questa stanza, ci si metteva dentro il cavallo, con la testa fuori e poi ci
si dava un gas. Io andavo col mio padrone e facevo il lavoro davo il gas, pensavo alla bombola, e lui veniva lì e «Fra mezz'ora torno». C'erano otto o dieci cavalli, li facevamo tutti...
Questo mio padrone era un socialdemocratico, e dopo la Liberazione, passata una settimana lo hanno fatto borgomastro, podestà del paese.
Lui mi diceva pianino: «In questa cassa bisognerebbe metterci Goering». Goering era uno
dei capi di quei tempi. Ma lo diceva piano, sa. Perché là c'era da sparire, se sapevano la
cosa. Se era un immigrante forse... Ma un cittadino che si fosse permesso di dire una frase
del genere, imparata da un poliziotto o dall'hitleriano, questo veniva prelevato da casa e non
si sapeva più nulla. Non si trovava più, non c'era nessuno che ti sapesse dire dov'era andato a
finire. E ce n'erano in paese, qualcheduno con noi... sa tra di loro forse andavano piano. Io
ci sono stato degli anni e qualcuno c'era, ma andavano piano perché era molto pericoloso.
Mi ricordo la nostra cuoca che era tedesca, gli era morto il figlio in Russia, e ad avvisarla
era venuto questo tabacchino che era il capo hitleriano del paesino. Lei piangeva nella cucina «Guarda che oggi è venuto il borgomastro, mi è venuto a dire che è morto mio figlio.
Non ho potuto neanche piangere a casa!». Era venuta a piangere nella cucina dell'azienda
perché non si poteva piangere davanti al borgomastro, perché era morto... al valor militare, il
dovere per la nazione... insomma.
Questo mi ricordo, erano caduti dei paracadutisti inglesi o americani, tre, sono stati proprio presi in quel paesino, in quel villaggio lì. Andavano su, c'erano questi campi... «Li porteranno in questi campi di prigionieri». Strada facendo li ha uccisi! C'era un bosco... sentimmo gli spari... poi tornò indietro. Quando venne la Liberazione, perché quei deportati russi
gliela giurarono, quando queste truppe si ritiravano, questo qua ha indossato una divisa militare poi si è infilato in mezzo a queste truppe che partivano.
Gliela volevano fare i deportati russi che avevano subito delle angherie ma... quando ha
visto l'avanzata degli americani, s'è infilato in mezzo alle truppe tedesche che si ritiravano.
Era un vigliacco, era hitleriano, era talmente convinto di quel che dicevano che lui dava
tutto...
E quando è venuta la Liberazione cosa è successo?
Da noi, dopo i primi giorni, ci sono stati tre giorni di mano bianca, si sono aperte le prigioni di Wolfenbuttel che è un grosso paese, un grosso comune, mentre io ero a Neindorf.
80
Hanno aperto tutte le prigioni e questa gente è scappata fuori e ha fatto l'assalto... ricordo
che è passato un camioncino del latte, l'han fermato e gli hanno preso tutte le bottiglie di
latte. C'erano delle pecore, uno veniva via con un agnello al collo... Poi in stazione hanno
aperto i vagoni dove c'era roba alimentare, sono state scassinate... sono andato anche io a
prendere delle camicie, perché c'erano magazzini pieni di camicie, pantaloni, maglie...
Là, caricavano con le carriole camicie, pantaloni, tutta quella roba anche se ne potevano
mettere solo una, ma sa la gente... Sono stati proprio tre giorni, e i tedeschi più cattivi si
sono nascosti, mentre l'han fatto solo gli stranieri, i deportati, i prigionieri, quella roba lì.
Passata questa atmosfera, sono arrivate le truppe che hanno calmato tutti, e non si poteva
toccare più niente...
Che truppe?
Le truppe alleate, gli americani. Hanno fermato questa ondata di svaligiamento e poi dopo
un mesetto, il borgomastro di quel paese, che aveva saputo, ha chiamato tutti, specialmente i
tedeschi, chi si era approfittato di sabotare, chi aveva portato a casa tutta questa roba, dicendo di riportarla indietro. C'è stato chi l'ha riportata indietro. E i tedeschi l'hanno riportata,
chi aveva approfittato... Noi avevamo preso otto o dieci camicie, io non so se le ho riportate
indietro... ma i tedeschi hanno portato lì al comune quella roba che avevano saccheggiato.
Gli stranieri, no ... Ricordo proprio in quei giorni che il paese sera rimasto senza patate, ci
dice il borgomastro «Bisogna che andiamo a prendere le patate in un altro paese». Erano
proprio i primi giorni di Liberazione. Allora andammo con un trattore ed un rimorchio a
prendere le patate da un'azienda per il paese. Traversando questi paesi, si vedevano le prime
fotografie dei campi di sterminio, che nessuno sapeva...
Ecco voi non sapevate che c'erano?
Nessuno sapeva che c'erano questi campi di sterminio, neanche loro. Lo poteva sapere il
borgomastro, l'ufficiale dei carabinieri [sic], ma il basso popolo lavoratore non lo sapeva.
Con me c'era un tedesco e ci fermavamo a guardare queste prime fotografie, questi disgraziati e si diceva «Guarda cosa c'era. Chi avrebbe detto che c'era questa roba?». Loro non
sapevano niente, si è saputo dopo la liberazione, quando sono venuti gli americani ed hanno
scoperto questi campi, e ce n'era uno poco distante da noi.
Lei quando è tornato indietro?
Io sono tornato indietro nel giugno del '45. Dopo la liberazione questi prigionieri, questi
civili, volevano venire a casa. Allora, ad esempio, io lavoravo in un'azienda che aveva un
camion abbastanza nuovo e mi dico: «Per andare in Italia in due giorni, prendo due fusti... –
perché c'era la nafta in azienda – e partiamo». C'era della gente che era partita col cavallo,
con dei carri, avevano fieno, biada, e andavano in Polonia, in otto o dieci giorni, abbiamo
dietro il fieno, la paglia...
C'era venuto un caos, perché tutti partivano chi con la moto, chi con il trattore per andare
a casa. Cosa succedeva? Facevi venti, trenta, cinquanta chilometri, là c'erano gli americani.
«Alt! dove andate?», «Siamo italiani. Andiamo a casa.», «Giù! Voi tutti nel mucchio degli
italiani, e i cavalli via...». Ci presero tutto, e gli italiani là, i francesi là, gli slavi là... Li
hanno fermati tutti. Questi campi non erano campi di concentramento, erano campi di profughi e di tanto in tanto ne partivano.
«Domani partono millecinquecento persone! Domani mattina ci sono i camion che vi portano alla stazione per tornare in Italia». E li spedivano, man mano che c'erano i mezzi dispo-
81
nibili, ci avranno messo sei mesi, perché io non sono andato in questi campi. Sono sempre
stato lì nella casa, mi ero allontanato, una volta gli americani mi sono venuti a prendere e io,
torna indietro! Mi trovavo bene lì, perché dovevo andare là, davano da mangiare però si dormiva per terra... Sono rimasto lì finché ho saputo che partiva un treno da Wolfenbuttel che
andava a casa, allora c'eravamo io e un certo Torreggiani di Villa Argine e «Vieni, che
domani andiamo a casa?». Infatti siamo montati su e siamo venuti in Italia, quando siamo
stati al Brennero perché ci hanno portato oltre il Brennero, c'è un camion che aveva la cisterna da vino, targato Bologna, monta su quel camion e torna a casa. Ci ha portato fino a qua a
Cadelbosco Sotto, veniva su di qua e siamo venuti a casa con un mezzo di fortuna.
Degli altri che erano là con lei, sono venuti a casa tutti?
Sì. In un primo tempo siamo partiti in tanti, nel '38-39, dopo ne sono partiti meno. Gli
ultimi tempi, nel comune eravamo io e Torreggiani di Villa Argine, siamo rimasti in pochi. I
primi anni si era in quattordici-quindici o diciotto quando siamo partiti da Cadelbosco, poi
man mano che la gente poteva sistemarsi, tornava indietro. Eravamo giovani, ma se poteva
rimanere e non lasciare sola la famiglia non tornava più.
Poi forse se non aveva rifatto la richiesta, era stato mandato militare.
Ma noi ci trovavamo bene. Cosa ci vado a fare [in Italia, ndr]? Perché c'era il pericolo del
militare. Io, ad andare là, non andavo militare, non andavo in guerra, quelli invece che rimanevano in Italia dovevano andare in guerra. Perché nel periodo '38-45 mi sono arrivate cinque cartoline di precetto, ma sono sempre state ritirate perché io figuravo lavorare là, tanto
chi lavorava là era considerato militare. Infatti quando ho fatto domanda della pensione che
ho mandato a prendere qui al distretto militare la mia scheda, c'erano queste cartoline... I
miei genitori quando arrivava andavano qua dal maresciallo che c'era allora, e: «Guarda mio
figlio è in Germania a lavorare» e gliela ritiravano. Invece la mia classe è andata in guerra.
Io piuttosto che andare soldato, là mi trovavo abbastanza bene, lavoravo, ero bravo...
Stava bene...
C'era poco da godere, ma la pelle si salvava. Anzi, io ero un po' privilegiato. Come le
dico, in questo paesino vicino alla città di Braunschweig, l'azienda aveva sempre bisogno
della città per le macchine, e allora io col camioncino di quel paese lì... la gente «Veh, vai là,
avrei un pacchettino da portare a mia sorella...». E mi davano sempre... mai soldi, perché
scarseggiavano, non si trovava niente, ci volevano le tessere, e le tessere erano poche, allora
o la torta, o il salame, o la bottiglia di birra così... Io, i soldi poi non sapevo dove spenderli
non si poteva compare niente, a casa non si poteva più mandarne dal '43 in poi...? Mi ricordo che quando sono venuto a casa a quei tempi avevo otto o novecento marchi, li ho lasciati
alla Banca d'Italia e non ne ho più saputo niente.
Meglio prendere la roba. Mi ricordo che io non fumavo, però avevo il modo di trovare il
fumare da quel contadino di là. C'era un olandese che fumava ma non aveva mai il tabacco,
e mi diceva «Se mi dai un pacchetto di tabacco ti do una gallina». Lui che lavorava nell'azienda contadina, avevano tante galline, si vede che aveva modo... andava nella stalla e... Io
mangiavo la gallina e lui fumava.
82
83
Peppino Gatti (presente la figlia, Franca)
Come si chiama e dov’è nato?
Gatti Peppino e sono nato a San Paolo del Brasile.
E in che anno?
25 febbraio 1897
In che anno è venuto in Italia?
Avevo cinque anni, quindi sono del 1897, nel 1903.
Coi suoi genitori?
Tutta la famiglia.
E dove siete venuti in Italia? A Praticello?
No, sono venuto a Casoni di Luzzara, un paesino sotto la provincia di Reggio.
Ha abitato sempre là?
No. Da Casoni sono venuto a vivere un paio d’anni a Reggiolo. E lì ho fatto le prime elementari. Da Reggiolo sono venuto a Rio Saliceto.
E a Praticello?
A Particello ci sono venuto nel 1925.
Il suo papà e la sua mamma?
Il papà e la mamma sono rimasti a Rio Saliceto. Ma dopo ci ho trovato un posto a
Fellegara dove si guadagnavano il pane meglio di là, [infatti] erano contadini, emigrati in
Brasile avevano lavorato nelle piantagioni di caffè… a Felegara di Parma.
Il suo lavoro qual era?
Il mio lavoro era il calzolaio, ma quando sono venuto a Praticello ho cominciato con un
negozio di alimentari, latte e gelati.
So che è partito per la Germania, in che anno è partito?
Nel 1941. Nel maggio 1941, il giorno prima che Hitler dichiarasse guerra alla Russia. Ci
hanno fermati a metà del tragitto, perché stavamo sul treno per andare in Germania a lavorare. A metà del tragitto ci hanno fatto scendere dal treno e ci hanno dato quella notizia. Da
oggi siamo in guerra con la Russia, con la Francia, il Belgio – avevamo già cominciato nel
1939 – e con la Polonia.
Perché qui in Italia non si trovava lavoro?
No, non si trovava più niente. Da calzolaio, non si trovava né il cuoio, né i chiodi, né lo
spago, niente. Tutti avevano le scarpe grosse, gli scarponi perché non c’era materiale.
Quindi, lei è partito e come ha saputo che c’era questa possibilità di lavoro in Germania?
Attraverso il sindacato.
Il sindacato dell’industria…
84
Sì, con un contratto di lavoro.
Questi contratti di lavoro, erano contratti di lavoro collettivi, per più operai?
Sì, collettivi. Dalla provincia di Reggio avevano chiesti un dato numero di operai, e il
comune di Gattatico ne forniva un gruppo di trenta.
Tutti da Gattatico?
Sì, tutti da Gattatico.
Quindi, queste partenze erano organizzate dalle Confederazioni…?
Dai sindacati di qui e di là.
Il contratto cosa prevedeva? Quanto tempo dovevate stare là?
Era per sei mesi, rinnovabile dopo i sei mesi. Però, in tempo di guerra, comandavano i
tedeschi, e dopo i sei mesi qui in Italia era come prima. Se uno voleva stare a casa poteva
starci, però le prospettive erano peggio di prima della partenza. Sono sempre peggiorate ed
allora valeva la pena di stare là. Se uno aveva un posto non so, un posto che gli avevano
offerto…, ma erano rari, non ce n’erano. Uno poteva stare a casa, ma allora non ce n’era,
non ce n’era di nessuna qualità.
E il salario che promettavano era buono?
Loro, là? Più che buono, perché se uno che lavorava qui in Italia prendeva dalle otto alle
dieci mila lire, la ne prendeva ventiduemila. Noi siamo andata là con settantasette centesimi
all’ora, e in agricoltura erano ventiquattro o ventinove, quelli che lavoravano in agricoltura.
In generale potevate mandare i soldi a casa?
Obbligatoriamente non c’era niente. Però, si poteva mandare un vaglia tutti i mesi di
ottanta marchi al mese, non un marco di più. Io ne avevo, ne mandavo sempre un po’ di più,
perché io, quando ero là, al pomeriggio che si veniva a casa dal lavoro alle cinque, dalle cinque andare a sera c’era del tempo da lavorare altre cose. E io mi mettevo lì, aggiustavo delle
scarpe per gli operai, e guadagnavo un altro po’. E ne avrei mandato a casa anche un altro
vaglia ma non si poteva. C’era l’obbligo di mandare a casa ottanta marchi e niente di più.
Lei ha detto prima che sono partiti in trenta…?
Sì, una trentina, ventinove o giù di lì.
Di queste persone che età avevano, erano giovani…?
Di tutte le età.
Anche sposati?
Non faceva distinzione, né sposati né non sposati. I validi al lavoro.
Là dov’è andato, subito?
A Stettino. Però, era il capoluogo Stettino; ad Arnswalde [campo di lavoro per civili, ndr]
(fermata del treno, zona boschiva «Piccolo bosco») precisamente ad Altdamm (paese più
vicino). Era una succursale della Mercedes-Benz di Berlino. Si fabbricavano i motori per
l’aviazione, i medesimi lavori che a Berlino. A Berlino si facevano anche i carri armati, noi
85
invece lì si faceva solo i motori e tanti altri pezzi per l’aviazione. Perché eravamo in novemila tra prigionieri di guerra, e tutti quei rastrellati in Italia, Belgio, Polonia. Perché a quei
tempi i tedeschi cercavano mano d’opera per la macchina bellica.
Quindi c’erano anche molti italiani, oltre quelli di Reggio?
Ce n’era. Lì ad Altdamm c’eravamo noi trenta, ma ce n’erano degli altri, degli altri paesi.
Eravamo in tanti.
Quando lei è stato a Stettino dove vivevate? In case o in baracche?
No, in capanne di legno, come quei garage che si vedono in qualche casa. Della capacità
di quindici persone circa. Una capanna di legno a un piano solo. Appena arrivati là ci trovavamo bene perché avevamo le lenzuola, le coperte, il riscaldamento, la disinfezione delle
camerate. Eravamo trattati umanamente, ecco. Anche come vitto ci trattavano non male. Il
peggio venne dopo. Perché ci sono stato tre anni e mezzo. Ad Altdamm ci sono stato dal
maggio al luglio, sui tre mesi e mezzo. Invece a Berlino cinque o sei mesi.
Con i tedeschi com’era, vi trattavano bene?
I tedeschi in fabbrica ci trattavano bene fino al periodo in cui è venuta la svolta politica,
che Mussolini l’hanno preso e portato sul Gran Sasso e al suo posto è venuto Badoglio. Fino
al 25 luglio 1943. Fino a quel periodo ci hanno trattato bene, ma dopo quel periodo lì… i
trattamenti, dicevano loro, erano uguali, però piano piano ci hanno preso le lenzuola, il
riscaldamento, la disinfezione delle baracche, perché quando erano un mese che non le avevano disinfettate saltavano fuori le cimici. Si stava male, molto trattati male. Come mangiare
su per giù gli operai, però sempre un po’ peggio.
La giornata di lavoro come si svolgeva?
Prima ci sono andato come impresa edile (un anno), abbiamo costruito i capannoni, cinque o sei capananni larghi meno di cinque o seimila metri quadri, ma larghi della capacità
che ci stavano dentro mille persone l’uno a lavorare, con tutte le macchine, e riscaldati.
Come paga si stava bene. I primi sei mesi ci siamo andati a settantasette centesimi l’ora,
dopo, l’ultimo anno, prendevo un marco e venti centesimi, e l’agricoltura era ancora al
medesimo punto, sempre ventotto-ventinove centesimi all’ora, però, anche [a noi, ndr]
davano il vitto; ma in campagna stavano meglio perché mangiavano quello che volevano, ne
avevano a sufficienza, anzi ne avevano da vendere a noi. Io ne prendevo sempre perché non
ero capace di mangiare il cibo che mi davano loro, tanto era una porcheria.
Quand'era là c'erano dei grossi problemi quotidiani?
Noi eravamo trattati bene, i problemi dovevamo crearceli noi. I problemi erano sempre
quelli, lavorare tutti i giorni, non interessarsi di politica, non ascoltare le radio clandestine.
Ma noi che eravamo tanto curiosi di sapere, e c'erano quelli che non si sa come l'avevano
avuta questa radio clandestina, ascoltavano un po'. Si ascoltavano le notizie più importanti
dal fronte, dal mondo.
Sono state scoperte queste persone?
Mai, non ci hanno scoperto mai.
Se no, vi avrebbero fucilato...?
86
Fucilato forse era la meno peggio. Li mandavano in campo di tortura; uno andava via che
aveva 25 anni dimostrava tutta la sua gioventù, ma dopo sei mesi di quelle torture non sembrava più lui. Cambiava fisicamente, diventava vecchio, sofferente.
Di politica non ci se ne occupava?
C'erano. C'erano di quelli che non ci badavano. Perché c'erano quei campi di punizione?
Perché c'era chi non osservava le leggi.
Questi che si occupavano di politica, facevano giornali o cose di questo tipo?
Non c'era bisogno di queste cose. Bastava che uno lo trovassero con un volantino che
aveva buttato giù l'aviazione inglese e americana, che facesse propaganda per loro, bastava
qualsiasi cosa, un'infrazione alle leggi di là era valida per mandarli in campo di punizione.
Con la lingua tedesca lei come se la cavava?
Il primo anno quando si andava fuori alla domenica, che si andava fino a Stettino, che è
una città grande, bisognava andare accompagnati. Una volta non si riusciva più a tornare a
casa. Perché nessuno sapeva insegnarci, e noi non eravamo capaci di domandare: «Dove si
va? Dove si prende il treno per andare ad Altdamm?». Eravamo arrivati ad un certo punto e
«Torniamo a casa ragazzi?» ci credevamo di infilare la strada giusta e invece era la strada
sbagliata. Nascevano dei problemi, chiunque si incontrava, un tedesco, si tentava di domandare dov'era la stazione del treno. Noi che non eravamo capaci di parlare facevamo ridere, ci
ascoltava un po', si metteva a ridere e poi se ne andava senza darci risposta. Dopo abbiamo
incontrato… perché c'erano italiani che erano tanti anni che erano là, e finalmente abbiamo
trovato un italiano che ci ha insegnato ed abbiamo trovato la strada.
E il clima com'era lassù?
Il clima d'inverno andava anche a quaranta gradi sotto zero. Non si lavorava. Ossia si
andava sul posto di lavoro, perché la prima volta che ho fatto i primi sei mesi sono andato a
casa, poi sono tornato indietro che era già d'inverno, in pieno inverno. Ci facevano lavorare
fuori con quei carrelli che vanno sulle rotaie… qui una volta c’erano quando si facevano le
bonifiche, carrelli da sterro. C'erano delle montagne di terra che avevamo occupato noi per
fare dei rifugi, delle costruzioni, e a noi ci avevano detto di portarla via. A quaranta gradi
sotto zero quella terra là che era tutta sabbia, ogni picconata, si dava una picconata a quella
montagna di terra e saltava via una scheggia, hai voglia a caricare con un badile su un carrello quella terra, non si poteva caricare. Allora noi, che avevamo costruito i capannoni avevamo preso tanta legna, però non era legna da bruciare, però con quel freddo non si chiedeva niente a nessuno, si facevano dei falò là in mezzo e poi ci si andava a scaldare; le ore passavano ma loro le marcavano lo stesso, anche se non si lavorava.
Qualche ricordo particolare di quel periodo a Stettino?
In particolare non saprei dire; ma i primi bombardamenti cominciarono il lunedì di
Pasqua del 1943, io andai a Stettino nel 1941.
Ma lei era ancora ad Altdamm?
Sì, a quattordici chilometri da Stettino. Però tutti gli operai della città venivano quasi tutti
a lavorare lì, con i pullman, in treno, venivano a lavorare ad Altdamm, ad Arnswalde è chiamata quella zona lì, perché la fabbrica era piantata proprio in mezzo a una pineta, alta venti-
87
venticinque metri. Un bosco di querce. I bombardamenti sono venuti il lunedì di Pasqua e
due giorni prima, la domenica prima, viene un aeroplano, uno solo ed ha buttato giù dei
manifestini in sedici-diciassette lingue. Dei quintali sparsi da un'altezza che l'artiglieria contraerea che c'era lì gli sparava ma non ci arrivava.
Cosa c'era scritto in questi volantini?
Dicevano: «Italiani», leggendo in italiano, perché erano in sedici-diciassette lingue, perché c'erano polacchi, francesi, bulgari, rumeni... «Italiani, per Pasqua abbandonate le officine perché chi non ci sarà lunedi sarà fortunato». Ci hanno mandato a dire di scappare via
dalle fabbriche. Allora noi ci si credeva fino ad un certo punto, se è possibile che siamo in
guerra, vengono per colpirci e ci avvertono di scappare. Una cosa un po' assurda. Viene la
domenica, la domenica non si lavora, e tutti eravamo a fare le nostre cose. Io o facevo il calzolaio o mi lavavo la camicia; così le mie faccende di casa le facevo. Avevamo la lavandaia
che veniva, ma io non le ho mai dato un fazzoletto, perché portavano la roba lavata, disinfettata, ma sporca più di prima. Se ci portavano le lenzuola, mi davano quelle di uno che le
aveva tinte perché andava a letto con le scarpe, era sporca.
Io ci pensavo da solo.
Beh, stavamo lì ad aspettare se veniva questo allarme, questi aeroplani a bombardare perché l'avevano detto. Vengono le undici, passa un'ora, passano le tre, non sono venuti.
Abbiamo creduto fosse una cosa solo, così, per spaventarci. Al lunedì preciso di Pasqua,
venivano su dalla parte di Danzica, da lì a dov'eravamo noi c'era l'Oder e poi il Mar Baltico
al confine con l'Inghilterra e c'erano i campi di aviazione americani e inglesi.
Ad un dato momento, mezz'ora prima, hanno dato l'allarme. «Ragazzi scappiamo che
hanno dato l'allarme». L'officina era nella pineta e dopo il bosco c'era l'agricoltura piana,
seminata a patate, segale, piselli, così, più che altro patate. C'era il largo. Allora chi è scappato al largo, non è scappato al largo: perché gli autobus si fermavano lì nel bosco ad aspettare gli operai, che quand'era ora uscivano dalle officine, caricavano gli operai e li portavano
alle loro case a Stettino, perché non si poteva abbandonare le case. Una cosa importante
questa, Hitler aveva dato ordine ai suoi cittadini di non abbandonare il luogo di abitazione.
Non potevano sfollare; diversamente che in Italia era tutto il contrario, qui se qualcuno
aveva la casa in campagna andava a vivere in campagna, là ce lo proibivano.
Si poteva solo andare al rifugio...
Il rifugio non c'era ad Arnswalde non ne abbiamo fatti, si scappava alla campagna larga.
Quando ci sono stati i bombardamenti sono scappato proprio al confine tra il bosco e la pianura. C'era una pianta grossa, che ci volevano cinque persone, di circonferenza grossa, e
quando, da lontano, ho visto gli aeroplani, che sembravano farfalline, luccicanti, e stavamo
guardando «Mah, ci bombarderanno?». Venivano su proprio come veniva il treno, lungo la
ferrovia. Quando sono arrivati lì che hanno scoperto questi capannoni, con una precisione,
c'era la ferrovia che passava lì a cinquecento metri, c'era un cavalcavia con un casellante,
una donna, non so se faceva servizio anche suo marito.
Un cavalcavia per dare passaggio all'officina ed al resto di fuori. Beh, dall'altezza di duemila metri piomba una bomba su quella casupola, il casello ferroviario. Hanno centrato
prima il casello perché era distaccato dai capannoni di cinquecento-seicento metri, ma quando sono arrivati ai capannoni ci hanno fatto una croce, così come questa tavola. Mi è passato
un colpo così, e sono planati giù, e io ero là al margine del bosco: volavano via dei pini
grossi e persone che sembravano barbagianni, sembravano falchi. Hanno fatto un'altra svol-
88
ta. Ho detto «Ci siamo salvati» quando hanno bombardato la prima volta. Poi vedo che tornano indietro, fanno un cerchio di due chilometri o più – ce ne saranno stati trecento – e un
colpo di qua e un colpo di là hanno bombardato tutto, non c'è rimasto niente, non uno in
piedi. L'officina, dopo, era un mucchio di rottami. Ci hanno dato un badile per uno, per
sgomberare un po'.
Di morti ce n'è stati... adesso non so dire perché dei nostri molti sono scappati, ma ce ne
sono stati. Un centocinquanta, così, dei feriti saranno stati anche di più, duecento.
Dopo questi bombardamenti lei è andato a Berlino?
Sì, dopo circa una settimana, dieci giorni, ci hanno divisi per gruppi, una parte li hanno
divisi nelle campagne. Nei dintorni delle campagne c'erano delle fattorie, in ogni fattoria ci
mettevano uno di quei gruppi lì a fabbricare un pezzo di motore come quello che si faceva
nella fabbrica. Così, quegli altri operai che lì erano rimasti senza lavoro... noi ci hanno mandato a Berlino.
Alla Mercedes sempre?
Sì, alla Mercedes Benz. La Mercedes Benz a Berlino quando siamo arrivati in treno, che è
nella periferia la fabbrica... adesso mi ricordo come si chiamava quella fabbrica dove c'era la
Mercedes, Marvenfeldt… tutte le case erano con le fondamenta per aria ed il tetto giù.
Berlino era tutta macerie quando ci siamo stati noi, immaginate lo spavento di noi operai
«Ma dove ci hanno portato?».
Quindi non dovevate lavorare nella città che era stata bombardata?
La città era stata tutta sconvolta, però la fabbrica era ancora in piedi, era l'unica rimasta in
piedi in tutta Berlino. Arriviamo in stazione, ci fanno scendere, mentre scendevamo arriva
l'aviazione anglo-americana a bombardare e da lì ci hanno portato in un sotterraneo, in un
palazzo che aveva lo scantinato sotto. Ci hanno porto lì, intanto che passasse l'incursione.
Hanno bombardato ma la fabbrica non l'hanno toccata, forse non l'avevano ancora scoperta. Fatto sta che ci hanno portato in fabbrica, nelle nostre capanne, quelle destinate a noi, le
solite capanne, a fianco ce ne erano tante bruciate.
Comunque lì si stava peggio?
Venivano due volte al giorno a Berlino a bombardare. Venivano dalle nove all'una del mattino, dopo venivano alla notte alle undici erano lì di nuovo, e guai ad abbandonare la casa, il
cittadino tedesco, noi dovevamo restare lì.
E tutte le volte che venivano a bombardare, noi – al pomeriggio che si veniva a casa dal
lavoro alle cinque, era ancora giorno – andavamo a vedere dove avevano bombardato.
C'erano delle file di camion per dei chilometri, carichi di morti e feriti tutti i giorni; quelli di
notte non si vedevano perché di notte non ci andavamo.
Quindi lavoravate solo al pomeriggio in pratica?
Ma non si lavorava più. Non c'era il tempo di dormire, non c'era il tempo di mangiare, non
potevamo stare sulla branda. Avevamo le brande, però non ci levavamo le scarpe, perché se
devo alzarmi, devo scappare… se stai lì c'è pericolo che bruci tutto. Dovevi scappare alla
larga, fuori. Perché di lì in periferia a un paio di chilometri c'erano già i campi tutti lavorati,
e allora andavamo là, nei campi; là in mezzo c'erano anche i camminamenti. I camminamenti sono come dei piccoli vicoli fondi due metri, dove ci si può riparare dalle schegge; da una
89
bomba, no. Da là si guardava il bombardamento, si vedevano le bombe cadere giù. Delle
volte, mentre scappavamo, ci pareva che le bombe ci cadessero giù, in testa, a noi, che le
stavamo guardando. Potevano cadere a dieci, venti, trenta metri ed anche sopra. Ma erano
bombardamenti a tappeto, ci si salvava nelle buche di dieci-quindici metri di larghezza.
Perché bombardavano il metrò – perché c'era anche allora la sotterranea – dal di sopra andare alla ferrovia sotto c'erano dieci metri di profondità, di terra, terriccio, cemento, perché
c'era la «metro» sopra e sotto. Beh, nella metro sotto c'era tanta gente delle città che scappavano nella «metro», ma delle volte le bombe, quando cadevano – quelle di duecento chilogrammi – non arrivavano a colpire quelle persone; ma con una bomba di due tonnellate non
c'era niente che tenesse, faceva un buco che arrivava fino alle rotaie.
E in queste condizioni, quanto c'è rimasto?
Ci sono rimasto fino all'agosto del 1944, quando sono venuto a casa. Ma dopo, quando mi
hanno riconosciuto inabile al lavoro, perché io sono venuto a casa prima che finisse la guerra – sono venuto a casa nel '44, la guerra è finita nel '45 – mi hanno mandato all'ospedale.
Ho marcato visita, mi hanno riconosciuto inabile al lavoro, però non mi hanno voluto mandare a casa. A Berlino mi avrebbero mandato a casa subito, ma io dipendevo da Arnswalde,
da Stettino, da quei sindacati là. Allora, mi hanno mandato là, a Stettino, dove c'era un
medico gobbo che mi diceva: «Ma tu vuoi andare a casa per questo?». Mi avevano trovato
un'ulcera gastrica, la gastrite ce l'avevo anche prima di andare via. Là, due ragazze, mi
hanno detto «Poveretto quant'è che state qua da noi?» gli ho detto «Tre anni» e mi hanno
fatto subito «Nix Arbeit? Italien» e allora quando mi sono sentito dire così mi si è aperto il
cuore.
Quindi da Berlino la volevano mandare a casa; a Stettino no...
Non mi volevano mandare a casa, però io ero inabile al lavoro e non ho più lavorato.
È stato ancora là?
Sono stato là un mese o due, non di più. Io ho fatto lo sciopero della fame, non mangiavo
più, ero diventato così. Non facevo mica fatica a non mangiare, perché era un mangiare che
io non riuscivo a mangiarlo, perché non l'ho mai mangiato, neanche prima. Perché io vendevo il fumare, vendevo il fiasco del vino che mi mandavano dall'Italia, lavoravo da calzolaio,
avevo i soldi per comperare tutte quelle materie che mi mancavano, come le uova, la farina,
lo zucchero, le patate le trovavamo lì sul posto in campagna. Tutte le domeniche venivano
quei lavoratori italiani che lavoravano nelle campagne, e allora lì passava il lager-führer passava sempre, il capocampo tedesco che era interprete da noi ai tedeschi, era un trentino, ma
era più tedesco che italiano. Allora, io lo fermavo, l'ho fermato due o tre volte: «Guardi io
sono malato, non voglio morire qui perché ho una famiglia a casa!». Perché, quello che
diceva quello lì lo ascoltavano, perché sapevano di parlare con uno che teneva per loro. «Ma
caro Gatti, io non so cosa farci, sono i sindacati che prendono queste decisioni» «Guardi ho
quaranta pacchetti di sigarette, glieli do tutti». «Ma non è questione di sigarette...». Ma io
sapevo che se lui diceva che mi mandassero a casa, mi mandavano. Da quella volta lì, per tre
o quattro volte che l'ho fermato, mi ha sempre detto che non poteva. Quella volta che è passato Calanchi – che era un italiano che non comandava niente, quello di Castelnovo Sotto
(Reggio Emilia) – allora ci ho dato un'impressione da matto, non più da uomo normale. Si
vede che lui è andato da quell'interprete e gliel'ha detto. Fatto sta che prima di mezzogiorno
arriva un gerarca del sindacato: «Dov'è Gatti?», «Sono qui», «Vieni là che ti facciamo i
90
documenti per rimpatriare». Mi hanno aperto il cuore. Sono andato subito nella mia baracca,
avevo della farina, dell'olio, ho fatto un bel cabaret di torta fritta (gnocco) da mangiare
lungo il viaggio, che poi l'han mangiata qui quando sono venuti a casa quei ragazzi della
mia baracca: toh! io vado in Italia, abbiamo fatto una festicciola.
In quel periodo che è stato a Berlino e poi ad Arnswalde riusciva a mandare a casa notizie?
Non era regolare la posta, neanche i vaglia che si mandavano non erano regolari. I vaglia
che si mandavano non arrivavano come normalmente si faceva nei primi tempi. Allora ci
pagano, si fanno i vaglia, con questa mano te li danno, con quest'altra se li prendono. Ho
tentennato un po' a mandare a casa i soldi, perché non avevo fiducia che arrivassero e mi
scrivevano da casa che non avevano ricevuto i vaglia, e allora niente sono stato un po' senza
mandarli, e invece sono poi arrivati quelli che avevo mandato e non ne è andato perso neanche uno. Anzi, c'è stata una certa regolarità di mandarli, non di appropriarsi anche del
vaglia, come pensavo io.
Quindi lei è tornato a casa di preciso?
Sono tornato a casa… mi avevano dato dei certificati tutti i documenti con cui potevo
entrare in Italia. Ma a trovare la strada non ci riuscivo.
Lei doveva tornare a casa per conto suo? L'ha fatto in treno?
Sì, in treno. Ho preso il treno da Arnswalde direttamente per Berlino. Anzi, sono dovuto
andare a mettere il visto a Stettino, che era la centrale dei sindacati, dove c'era il capo che
metteva il visto. Ma Stettino era un mucchio di rottami, non si capiva più dov'eravano le
strade. In una strada avevano bombardato questa colonna di case, c'erano le case ai due lati,
una città bella, ma era tutta bombardata e avevano praticamente chiuso tutte le strade. Io
volevo andare là, ma non ci riuscivo. Allora, c'era uno di Modena che faceva il contrabbando
di pane, di sigarette, di vino. Lui lavorava poco, solo il contrabbando e rischiava la vita a
fare quel mestiere: «Gatti, non pensarci che ti conduco io fino al visto». Partimmo da
Arnswalde, io avevo due valige lunghe così, piene di stracci perché io volevo portare a casa
tutto. Allora, lui ne prende una, io l'altra e ci infiliamo verso Altdamm, verso la stazione di
Arnswalde. Nel tragitto suona l'allarme, si sentiva già il rumore degli aeroplani che arrivavano; fa «Sono qua che vengono!». Io ero così entusiasta di tornare a casa... dice: «Tu fai
come vuoi. Se tu vuoi andare a casa… c'è il caso di rimanere bombardati anche in stazione».
Eravamo a metà tragitto, alla stazione mancavano due-trecento metri. «Se stiamo qui forse
ci salviamo, perché se bombardano la stazione...», «ma chi lo sa se bombardano o non bombardano». «Se vuoi andare, io ti accompagno anche a rischio di rimanerci». E siamo andati,
e non ci hanno bombardato. Siamo arrivati a Stettino, con il treno da Arnswalde. A Stettino
il treno faceva degli scrolloni perché bombardavano a destra e a sinistra, chissà dove bombardavano, sugli obiettivi scelti.
Arriviamo a Stettino, e giù dentro al rifugio, perché a Stettino, subito fuori dalla stazione,
c'era come una montagnetta alta centocinquanta metri: in fondo ci avevano scavato una galleria, che era il rifugio della stazione. Siamo stati lì due ore, perché loro circolavano sempre
lì nelle vicinanze e così... Da Stettino ho preso il treno per Berlino e arrivo in stazione. Già
qualcosa di tedesco l'avevo imparato, non lo sapevo, però lo capivo, mi difendevo lo stesso,
ma ho dovuto correre, perché a Berlino c'è la stazione sopra, la stazione sotto, gli uffici
sopra e sotto, tutte le rappresentanze degli Stati, italiano e degli alleati della Germania…
con due valige così come avevo non potevo andare...
91
Quanto ci ha messo a tornare a casa?
Sono partito da Berlino alle cinque del pomeriggio, alla mattina presto, che avevamo viaggiato tutta la notte, mi trovavo a Innsbrück, in Austria. Il nostro treno non è mai stato bombardato. A Innsbrück sono sceso, dovevamo mettere il visto delle ambasciate per entrare in
Italia, era il confine!
Bé, ho messo giù le valige lì, in stazione «e adesso come faccio con le valige?», perché
portavano via tutto, c'erano dei trafficanti che portavano via le valige, rubavano ai soldati –
anzi, quando scesi io c'era una tradotta di soldati tedeschi che andavano dal fronte francese
al fronte russo, perché sul fronte russo le cose andavano male, e in Francia non erano ancora
sbarcati – in maniera che metto lì le valige, prendo il coraggio – in stazione, in balìa di tutti
perché nessuno sapeva di chi fossero – e sono andato a piedi all'ambasciata per mettere il
visto per entrare in Italia.
Quando torno se le trovo le trovo... perché le ambasciate a Innsbrück erano fuori dalla stazione, lontane un chilometro e forse più.
Dopo, messo il visto, torno in stazione e la prima cosa che ho fatto ho guardato se le mie
valige c'erano ancora. E c'erano ancora.
E dopo da Innsbrück a casa quanto ci ha messo?
Sono venuto a Trento. Ma quando siamo arrivati a Trento il ponte era rotto e il treno non
passava, allora lo hanno fermato e abbiamo dovuto aspettare che aggiustassero la ferrovia
per riprendere il viaggio per Verona.
Abbiamo aspettato sei-sette ore o anche di più; avevano puntellato il ponte, siamo passati
a passo d'uomo e siamo arrivati a Verona. Quando siamo arrivati c'era un caldo che si bolliva, e là c'era un freddo... io sono venuto con un paltò grosso, di là in luglio ci voleva il paltò.
Allora lei è venuto in Italia in luglio?
In agosto.
Nell'agosto del...?
Nell'agosto del 1944. Da Verona volevo prendere il treno per Bologna-Modena-Reggio
Emilia, ma anche lì il ponte sul Po era rotto. E, allora, è passata una tradotta di soldati tedeschi, si è fermata, io prendo le mie valige e monto su. Non si poteva, se ti vedevano ti buttavano giù come un cane. Io butto su le valige e mi son nascosto. Quando è passata la ronda, a
guardare, io sono saltato fuori non potevo stare sempre nascosto, e gli ho fatto vedere i miei
documenti. Volevano buttarmi giù a metà strada. Gli ho fatto vedere il certificato medico,
tutti i documenti in regola, ma un civile con dei soldati non ci poteva stare… in maniera mi
hanno lasciato stare.
Sono saltato giù a Milano. A Milano dovevo prenderne un altro per Piacenza, Parma eccetera. Ho preso il treno fino a Piacenza, e a Piacenza, anche lì, c'è l'interruzione del ponte,
non si passa, però il Po era basso e c'era un traghetto di barche, bisognava fare duecento
metri, e il treno si è fermato a duecento metri dal Po. A piedi sono venuto con queste valige,
sono passato di là, al barcaiolo ho dato una mancia, ma di là ad andare sulla via Emilia c'era
un bel pezzo, le valige non riuscivo a portarle.
Ho trovato uno lì, con un carretto, «Buttala un po' qui» e una l'ho portata io, sono arrivato
sulla via Emilia. Quando, sono sulla via Emilia che mi porta a Reggio, c'era il via vai di
automobili tutte militari, dei camioncini tedeschi, ed erano sempre pieni così. Sono montato
92
su di un camioncino di fortuna, un camion di tedeschi che andava a Bologna. Gli ho fatto
capire che ero ammalato, che venivo dalla Germania, che ero un operaio, gli ho offerto delle
sigarette ma non le volevano, ne avevano. C'erano in tanti: «Non vedi che non so come fare
a caricarvi tutti?»; si vede che era un soldato cosciente, in maniera che ero ammalato e mi
hanno preso su. Monto su con le mie valige e sono arrivato a Sant’Ilario.
Poi da Sant’Ilario è andato a casa...?
Quando sono stato a Sant’Ilario, butto giù le valige che sembravano due sacchi. Il primo
che ho incontrato è stato Bruno Ferrari, il marito di una maestra che stava vicino a noi, perché mi avevano già dato per morto parecchie volte, perché si mandava la posta che non arrivava, e gli era venuto il sospetto: «È tanto che non scrivi...», «Beh, adesso sono qui, andiamo a casa».
Va da Montanari, che aveva una bottega di ferramenta, per vedere se ci dava una bicicletta
per andare a Praticello. Non ce l'ha data per paura, chissà...
E come è arrivato a casa?
Le valige le ho lasciate lì, son montato su con lui in bicicletta, sulla canna e mi ha portato
a casa.
Leonardo Rossi
Come si chiama e dove è nato?
Io mi chiamo Rossi Leonardo e sono nato a Taneto di Gattatico.
In che anno?
1916.
I suoi genitori che mestiere facevano?
La mamma era la donna di casa, aveva tanti figli, ne aveva otto, si immagini lei. Il babbo
faceva un duro mestiere, non saprei come chiamarlo meglio cioè lui qua... mi sembra anche
in italiano, se non erro, «ghiaino». Faceva la ghiaia a quei tempi per le strade, che doveva
essere di un determinato calibro.
E lei che mestiere faceva?
Beh, uno dei più umili, il garzone. Un po' ho fatto il garzone da cantiere, un po' ho fatto il
garzone da contadino fino all'età di andare a militare.
In Germania in che anno è andato?
In Germania sono andato via il 14 aprile del '38.
È andato via perché non si trovava lavoro?
Siamo andati via reclutati tramite il sindacato, abbiamo fatto un lungo viaggio. La poca
esperienza che si aveva... per lo meno io non ho dato importanza al disagio alla fatica del
viaggio; avevo poi ventun anni, non ne avevo quasi settantata.
Ho capito, ma qua in Italia di lavoro non se ne trovava quando è partito?
Beh, era difficile trovare un lavoro come il mio prima di andare via, cioè prima di andare
93
militare, ho fatto cinque o sei anni da garzone da contadino. Ci dovevo andare diciamo a
metà prezzo, o forse meno.
Qua in Italia?
Qua, parliamo dal '33-34 al '38.
E in Germania avevate un buon salario?
Per lo meno avevamo un salario che era superiore, direi, del doppio. Non parliamo di cottimo, perché nel loro contratto era supplementare, direi quasi il doppio che in Italia, come
tariffa...
Come tariffa oraria?
Come tariffa oraria, annuale, mensile o quello che era.
I soldi voi potevate mandarli a casa tramite...
Noi potevamo mandare a casa tutti i soldi che si voleva.
E il contratto di che tipo era? Era stagionale?
Stagionale. Siamo partiti di qua, da Praticello, con un contratto di lavoro che sino a fine
campagna, valeva dire a dicembre, non si poteva troncare il contratto. Disattendere il contratto voleva dire perdere per l'anno dopo la possibilità di tornare indietro.
Quindi, cos'era di sei mesi?
La durata non la ricordo bene, ma se non erro era di sette mesi, di più se c'era del lavoro.
Cioè il datore di lavoro era obbligato a dare sette mesi di lavoro.
E lei, quand'è andato in Germania che lavoro faceva?
Il contadino, lavoravo la terra... la stalla...
Dove l'hanno mandato?
A me sembra la Sassonia, perché eravamo ad Hannover a nord della Germania [Bassa
Sassonia, ndr]. Io ho potuto conoscere perché ero un ragazzo a cui piaceva girare, avevo
fatto delle amicizie, ero uno sportivo... ho potuto conoscere Braunschweig, Fallersleben,
Goslar, Hildesheim, Salzgitter... Berlino, la famosa partita del 2 ottobre del '38 ItaliaGermania con due a zero, l'ho vista. Io ero uno sportivo.
Là dove vivevate? In case oppure in baracche?
Il primo anno siamo stati accolti troppo bene. Il secondo, anno... dico quello che penso –
visto l'egoismo degli italiani – ed allora si sono limitati anche loro un po' di più di essere
generosi. Perché erano veramente generosi.
Cioè è stato nel '39? È tornato nel 39?
Nel '39 sono tornato ed ero in squadra, ed in squadra è tutta un'altra cosa, con tutti i ragazzi di Praticello fra i quali, appunto, il conoscente Amilcare Boni, il «Patan», Melli, Tondelli,
Tagliavini...
Invece il primo anno era andato singolarmente?
94
Singolarmente, però abbiamo avuto la fortuna di essere in un paese e c'eravamo in cinque
o sei, qua del comune. C'era Remo, Melli, Amilcare, c'era il povero Pannella.. poi c'era
Tondelli, Tagliavini. Insomma, tutti raggruppati in questo piccolo paese.
Oltre quelli di Praticello c'erano italiani anche di altre parti?
Ce n'era uno di Fabbrico, ma sempre della provincia qui di Reggio. Delle altre province
non ne ho conosciuto sia nel '38 che nel '39.
Comunque voi eravate in un'azienda agricola e vivevate nella casa, nell'azienda?
Sì.
Quindi avevate la casa in muratura, non erano delle baracche?
No, io avevo una stanzetta abbastanza ordinata, la signora me la teneva ordinata perché il
contratto prevedeva vitto, alloggio e via, solo che agli indumenti dovevo pensare io. Alla
pulizia degli indumenti dovevo pensare io.
E lei come si trovava in Germania, in questa nazione diversa dall'Italia? Così come contatti con i tedeschi, ad esempio...?
Io sono sempre stato, fin da ragazzo... mi piaceva poco vivere sulle spalle di un altro. E
quando li vedevo che offrivano, e io con il mio salario non potevo offrire quello che offrivano loro, cercavo di non essere in mezzo a quella combriccola che spendeva i propri soldi
in... ma i cittadini tedeschi si offrivano sempre di dare, dare mai chiedere.
Quindi, eravate trattati bene.
Io posso dire che sono stato trattato bene.
E come divertimenti, come amicizie che lei può aver fatto?
Il divertimento di un giovane di vent'anni era il ballo, in più io avevo questo hobby dello
sport. Quando uno andava dentro in una festa da ballo si era trattati bene. Si aveva della
buona compagnia, ma la rigidezza la adoperavano per loro ma anche per noi. Uno entrava in
una sala non c'era la biglietteria, si entrava in ballo, tendevano una corda, facevano un recinto poi dentro facevano pagare e attaccavano come una gemma, che voleva dire che si era
pagato. Ma se lei entrava in una sala solo per stare in compagnia e per sentire la musica, non
pagava.
Voi avevate conosciuto anche degli italiani, emigrati che lavoravano nell'industria?
Oppure quella zona era prevalentemente zona di contadini?
Ho conosciuto una zona distante da noi circa cinque chilometri, il famoso Fabrik della
automobile a Fallersleben. Ci ha portati il padrone quando è stata inaugurata questa famosa
Fabrik e c'era proprio Hitler in persona, e io ho avuto il piacere... le dico anche se è stato
quello che è stato, lei mi sta facendo un'intervista e io le dico... ho avuto il piacere di vederlo perché ero a venti metri dal palco dov'era. Per me oggi, ieri è sempre stato quell'uomo
rigido, serio, imponente...
Dopo, della gente che lavorasse...
In seguito, quando hanno cominciato la fabbrica, mi sarebbe piaciuto andare dentro lì, e
avevo fatto i miei giri, e lì ho incontrato circa un migliaio di italiani, muratori che stavano
95
costruendo questa fabbrica. E lì guadagnavano quasi il doppio perché... il doppio dell'agricoltura, perché l'agricoltura è sempre stata un po' così, cioè la manodopera...
Sì, perché come contadini vi davano anche dei prodotti? Cioè, vi davano la paga oraria,
poi vi davano anche prodotti alimentari?
Noi avevamo la cucina a carico del datore di lavoro.
E questi operai edili, come stavano?
Loro avevano una mensa, stavano molto meglio. Non vivevano come noi nelle case, ma
nelle baracche, delle vere e proprie baracche... sarei curioso di averle viste anche qui così.
C'era una precisione, una disciplina che lei non può immaginare.
Allora erano pulite, erano baracche vivibili?
Per l'igiene dobbiamo imparare molto, non parliamo individualmente. In generale, abbiamo da imparare molto dai tedeschi.
Quindi anche questi operai stavano bene anche quando vi trovavate, e discutevate di
come vi trovavate?
Come operai italiani, le dico, io ci sono andato parecchie volte dentro questa Fabrik, mi
sono incontrato con operai della bassa, più che altro erano di Pesaro e giù di lì, degli emiliani ce ne sono stati pochi. Gli emiliani dicevano che erano, ma era troppo lontano per andare
a far visita, erano circa un cinquecento, quel famoso paese di cui le ho appena parlato prima
perché ci sono stato a giocare una partita al pallone e c'erano centoventi chilometri, allora
non si poteva prendersi su e andare a fare queste gite.
Dov'era lei, avevate anche gente deportata dalla Polonia, non so... che lavorava nei
campi?
Allora dobbiamo andare nel '39. Nel '39 eravamo in questa grande tenuta, non ricordo
bene le migliaia di ettari che erano... c'eravamo noi che eravamo una squadra di trentaquattro italiani, poi c'era una squadra di circa cinquanta cecoslovacchi ed una squadra di ottanta
polacchi, quasi tutte donne.
Però loro lavoravano sempre distanti da noi. Noi si faceva dei lavori più fini, non per elogiare gli italiani, ma io mi sento italiano, e noi si faceva dei lavori più fini; in agricoltura ci
sono anche dei lavori tecnici, fini da fare, e noi più che altro si faceva quei lavori lì e ci si
trasferiva da una parte all'altra.
Forse li tenevano isolati, cioè voi eravate emigrati volontariamente...
Ecco, io penso anche questa, perché ogni squadra aveva il suo capo che lo chiamavano
chef dell'équipe, ed era difficile che uno di una squadra venisse ammesso in un'altra squadra.
Quindi di grandi contatti con queste persone non ne avete avuti?
Beh, nel '39 si sono avuti contatti con queste persone che abitavano lì nella tenuta, come
un piccolo villaggio dove c'erano delle famiglie cecoslovacche, delle famiglie polacche,
delle famiglie rumene. Lì si erano fatte delle amicizie, delle conoscenze...
Lei ha parlato prima dei capi-squadra, io so che venivano mandati anche degli interpreti
allora. Questi personaggi com'erano, erano persone più avvantaggiate di voi sotto certi
96
aspetti, oppure come modo di porsi nei vostri confronti erano autoritari?
L'interprete che partiva dall'Italia, ma non incluso nella squadra, faceva da interprete per
gli italiani distribuiti in una determinata zona singolarmente. Ne avevano bisogno per qualsiasi chiarimento e il padrone era costretto a chiedere al sindacato l'interprete.
Abitavano dove abitavate voi, oppure non so nei consolati?
Non so. Io ho avuto occasione solo nel '38. Credo che abitasse a trenta-quaranta chilometri da lì.
Erano isolati...
Sì.
Il suo mestiere era solo quello, cioè di fare da interprete...
Non le so dire proprio con precisione... ma non ci credo. Perché, io parlo del '39, son partite le squadre dall'Italia con gli uomini che erano dei volontari, che hanno saputo imparare
la lingua un po' meglio degli altri.
Quand'eravate là che problemi avevate, oltre a quello della lingua? So che c'è un clima
abbastanza infelice...
Beh, il problema del clima c'è stato specie nell'autunno. Io l'autunno del '38 non l'ho provato, perché come le ho detto alla fine di ottobre mi è venuto a mancare il babbo, lì è stata la
cosa più generosa che un padrone poteva fare.
Nel '39 ho avuto invece, proprio questo problema del clima. Noi italiani non eravamo preparati, non avevamo la possibilità di avere degli indumenti adatti al nord della Germania.
Quindi noi siamo partito dall'Italia con una sahariana di tela e là non poteva certo bastare
con le intemperie che ci sono ad Hannover.
Ecco, lei è stato in Germania nel '38 e nel '39. Anche in seguito?
No. In seguito io sono stato richiamato a fare il militare e non sono più riuscito a tornare
indietro, malgrado che il mio padrone avesse mandato un contratto telegrafico direttamente
all'esercito a Bologna. Ha mandato al mio reggimento direttamente a Bologna un contratto
telegrafico per avere l'esonero, ma non mi è stata concessa, perché era poco tempo che era
stata sospesa questa legge degli esoneri.
Qualche ricordo particolare di quel periodo?
Un ricordo particolare è quando mi è venuto a mancare il babbo. Ero in questa campagna,
mi è capitato là questo padrone, impersonalmente mi chiama e mi ha fatto capire qualche
cosa, poi mi ha detto: «Prendi su la tua roba, e vieni a casa». Io parlavo abbastanza bene il
tedesco, perché erano sette mesi ... c'era qualcuno; c'ero io, Amilcare, e Gandolfi Nando,
che in tre mesi era diventato un interprete spaccato, e mi difendevo bene anche io.
Allora mi sono difeso abbastanza bene con il padrone. Mi ha detto «Va a prepararti, fa il
bagno, prendi tutta la tua roba...». Così ho fatto il bagno, mi sono cambiato, sono andato
dove c'era il palazzo mi ha ricevuto e c'era già pronto un cesto di roba per il viaggio, per una
famiglia intera. Poi mi ha accompagnato personalmente dove c'erano i sindacati, a ottanta
chilometri. Di lì, ha parlato tutto lui, e sono stato consegnato in mano a loro, mi hanno portato in stazione e mi hanno detto: «Adesso tu prendi il treno per Hannover. Come scendi ci
sarà chi ti viene a prendere». Prendo il treno a Goslar per Hannover. Come scendo mi sento
97
chiamare: «L'italiano Rossi Leonardo...», mi fermo sul marciapiede e arrivano due SS, mi
hanno salutato come fossi un generale, mi hanno preso i miei bagagli e mi hanno portato in
una sala ristoro. Dopo poco mi hanno portato il caffè e mi hanno detto: «Tu rimani qua.
Quando arriva il treno ti veniamo a prendere noi». All'orario del treno sono venuti a prendermi e mi hanno spedito a Monaco di Baviera. La medesima cosa che è avvenuta da Goslar
ad Hannover è avvenuta a Monaco di Baviera. Mi hanno spedito per il Brennero; quando
sono arrivato al Brennero sono arrivato dentro a una pattumiera. Quando lei pensa che ho
fatto dodici ore di viaggio dalle sette della sera alle sei del mattino, dal Brennero per arrivare a Sant'Ilario d'Enza, quattrocentosettanta chilometri, dalle sei del mattino sono arrivato
alle cinque dell'altro mattino ancora.
Qua non si può più viaggiare nei treni speciali, qua bisogna viaggiare in economia. Ma la
più bella è questa, sono arrivato a casa....è morto mio padre, ho cinque sorelle, un fratello
più giovane di me... ho i soldi in viaggio, col vaglia, non posso pagare il biglietto a debito
del comune del Brennero; il Brennero lo manda qua, qua mi mandano a chiamare dopo due
mesi che se non riesco a pagare entro una tale epoca, mi mandano il sequestro a casa. Il
biglietto non l'ho ancora pagato però...
Poi è riuscito ad arrivare a casa normalmente?
Sono arrivato a casa in tempo, il babbo non lo avevano ancora... c'era ancora del tempo...
Ho fatto in tempo a vederlo.
Mi diceva prima che anche sua sorella è andata in Germania? Quando?
Sì. Nel '41.
È andata sempre nello stesso posto?
Nello stesso posto dov'ero io. Siccome era arrivato il contratto coi nominativi e io ero già
militare, allora il sindacato ha pensato di sostituire il mio nome con quello di mia sorella.
È andata solo quell'anno o ha continuato?
No, lei c'è andata solo quell'anno. Dopo, la guerra... ce ne sono stati tanti che non sono
più andati.
C'era fra di voi qualcuno che, non dico facesse dell'attività politica contraria ai fascisti o
ai nazisti, ma a cui non andasse bene il regime... oppure proprio perché eravate immigrati
per ragioni di lavoro, c'era molta più attenzione al lavoro, e ci si interessava poco della questione?
Le dico nel '38 ci siamo trovati in quel paese, io non li conoscevo bene quando siamo
andati via, là abbiamo fatto una stretta amicizia con tutti questi. Non mi sono mai accorto
che... di politica... Posso anche dichiararle questo, io nel '38 malgrado i miei ventuno anni
non sapevo distinguere cos'era politica da un tema... sapevo distinguere l'aritmetica perché
ero molto forte ma il rimanente... sapevo solo del lavoro, il più pesante e il meno pesante.
Era giovane....
Ero giovane, avevo un padre che la pensava... è sempre stato antifascista, diciamo, la pensava differentemente, però sono convinto che mio babbo non è mai stato collegato con la
politica qui in Italia, era così lui individualmente.
98
Questa storia dei campi di concentramento che là si sono trovati dopo la Liberazione, voi
ne avete sentito parlare, vi siete accorti che ci fossero oppure no?
A questo riguardo io credo che a quei tempi in Germania si parlasse solo di lavoro perché
anche allora i tedeschi non parlavano di politica, loro erano disciplinati e niente altro. Guai
se si andava fuori e si incontrava un cittadino tedesco se non si faceva il loro saluto.
Ma quando nel '39 ci furono questi deportati polacchi, li trattavano differentemente da
voi, li trattavano peggio?
Nel '39 io ho conosciuto un po' questa occupazione della Germania nella Polonia, l'abbiamo conosciuta subito, nel razionamento del mangiare e niente altro. Io non ho conosciuto
nessun prigioniero polacco, non sono al corrente che vi siano venuti dei deportati da là.
Quelle squadre che diceva, per quanto poteva vedere lei, erano trattate normalmente?
Quelle squadre che c'erano sono state trattate bene, lì nel villaggio dov'eravamo ce n'era
tre o quattro famiglie, polacchi che era da anni che erano lì ma penso che avessero quasi la
cittadinanza tedesca. Erano trattati bene. Si è visto specie dal sesso debole, la donna quando
ha visto la sua nazione in guerra certo ha pensato ai suoi familiari, ai suoi parenti, si è vista
qualcheduna con le lacrime agli occhi però si è rimessa. Quelli del villaggio venivano a
lavorare con noi e non c'erano dei problemi.
Quindi la data precisa di quando è tornato a casa nel '39?
Il 12 dicembre del '39
Il suo viaggio non ha avuto difficoltà?
No...
Era in gruppo quando è tornato a casa?
Sì. Ero in gruppo. Io ho tentato di rimanere là, proprio nel '39 e c'era un fornaio che veniva a rifornirsi da noi e mi aveva chiesto... e io gli avevo detto «Io ci rimarrei volentieri, se
mi lasciano».
Ma purtroppo quando mi sono presentato dal padrone che era un uomo abbastanza
cosciente mi ha detto: «Guarda tu sei un agricoltore e devi rimanere un agricoltore perché
sei uno straniero, non ti possiamo passare di qualifica. Tu vai in Italia, ti fai mandare dal fornaio un contratto se lui lo riceve dai sindacati, torni indietro e vieni a fare il fornaio».
Qualche altro ricordo?
Ricordo della fortuna che ha avuto Gandolfi; agricoltore come me, parla molto bene il
tedesco, aveva un patentino di conduttore di caldaie a vapore e da agricoltore è passato nell'industria che si prendeva, è che aveva le mani bucate e non si sapeva cosa si prendesse... a
condurre queste caldaie a vapore in fabbrica. Quando capitava lì era un milord. In virtù della
sua buona memoria e del fatto che sapeva il tedesco.
Per quanto riguarda i contributi che le sono stati versati, come funzionava la questione?
Noi avevamo la busta paga e c'erano tutte le trattenute. A me sono venuti meno i documenti nel trasloco.
99
Mi diceva prima che questi contributi del '38 e del '39 li ha avuti...
Io personalmente a Reggio Emilia nella mia cartella personale, alla Previdenza sociale ho
tanti contributi versati dalla Germania. Agli effetti della pensione percepisco anche quei
contributi.
Questo capitava per quali anni in particolare?
Io ho saputo da Reggio, che tutti i contributi del '38, '39, '40 degli agricoltori sono venuti
a Roma. Se l'interessato continua a scrivere in Germania non gli rispondono neanche perché
loro non hanno più niente.
100
Postfazione
Le interviste qui pubblicate – curate da Silvia Pastorini alla metà degli anni Ottanta e
parte della ricca documentazione promossa da Egidio Baraldi – testimoniano dell’emigrazione volontaria di lavoratori italiani in Germania negli anni della seconda guerra mondiale,
o immediatamente precedenti. Il loro interesse si consegna soprattutto agli elementi soggettivi, autobiografici, perciò rivelatori di personali processi di costruzione dell’identità e della
memoria. Ma non solo. In diverse forme, queste narrazioni non mancano di offrirci riscontri
oggettivi, dati di fatto crudi, perentori, la cui attendibilità, pur a distanza di quasi mezzo
secolo, si fonda sull’eccezionalità dell’esperienza vissuta (considerata in sé o al confronto
con le condizioni di provenienza) e dunque sulla facilmente ipotizzabile reiterazione del racconto, a se stessi e agli altri, lungo gli anni trascorsi.
Ovviamente vanno fatte distinte considerazioni sulla testimonianza di don Angelo
Cocconcelli rispetto ai racconti di Cilloni, Gatti e Rossi. Non tanto per la differenza di ruolo
o magari di consapevolezza culturale, quanto piuttosto perché per i tre lavoratori la migrazione costituì, con tutta evidenza, l’evento esistenziale chiave (i loro Wanderjahre furono a
tutti gli effetti Lehrjahre), mentre per il pur giovane don Angelo il fatto decisivo, cioè l’ascolto della vocazione sacerdotale, al momento dell’inopinato viaggio in Germania si era
già verificato.
Se si considerano le testimonianze dei lavoratori, la vicenda vissuta assume prevalenti
tratti di positività, dando luogo a giudizi di apprezzamento, talora di adesione, specialmente
nel confronto con la realtà italiana. Riguardo ai comportamenti, innanzitutto: la «generosità» dei tedeschi e «l’egoismo degli italiani» (Rossi); la correttezza dei modi, rispetto ai
«nostri» comportamenti chiassosi e senza riguardo: «in un’osteria, in una trattoria, in un
albergo, là sembra di essere in chiesa» (Cilloni); la pulizia e l’igiene (ancora Rossi).
Elementi «oggettivi», quali l’organizzazione, il trattamento economico, il rispetto dei contratti e la certezza delle retribuzioni si rivelano, agli occhi di precari a vita (braccianti, gar-
101
zoni) o congiunturali (il calzolaio Gatti) gli aspetti più rilevanti e memorabili dell’altro universo. Per Gatti il trattamento economico era «più che buono», il sistema burocratico e
postale efficiente e corretto (dei vaglia mandati a casa, contrariamente ai sospetti, «non ne
[era] andato perso neanche uno»). L’episodio del ritorno di Rossi in occasione della morte
del padre assume a questo proposito un valore per certi versi emblematico: «quando sono
arrivato al Brennero sono arrivato dentro a una pattumiera». Beninteso questi giudizi non
comportano dismissione del proprio senso di appartenenza e di dignità nazionale: «non per
elogiare gli italiani, ma io mi sento italiano» (Rossi). Il rispetto di sé si affida all’orgoglio
della propria abilità e competenza: «eravamo rispettati, chi sapeva fare il suo lavoro»
(Cilloni); «noi si faceva i lavori più fini; in agricoltura ci sono anche dei lavori tecnici, fini
da fare» (Rossi).
Dove l’ammirazione sfuma nel sospetto e nella più o meno dichiarata denuncia è sul tema
delicato ed ambivalente della «disciplina», di cui vengono colti anche gli aspetti ossessivi e
fanatizzati. «Guarda che quando mi saluti io voglio come saluto heil Hitler. Guai se mi dici
buongiorno», «negli anni furenti… si andava dal tabacchino e c’era scritto: qua si saluta heil
Hitler (Cilloni); «guai se si andava fuori e si incontrava un cittadino tedesco se non si faceva
il loro saluto» (Rossi); «un’infrazione alle leggi di là era valida per mandarli in campo di
tortura» (Gatti). Sotto questo profilo il più esplicito, anche per il suo più lungo percorso, è
Cilloni: la cuoca cui è morto il figlio in Russia non può piangere davanti al borgomastro
«perché era morto… al valor militare, il dovere per la nazione, insomma»; «il capo hitleriano del paesino… era un vigliacco, un hitleriano, era talmente convinto di quel che dicevano
che lui dava tutto».
Il nitido racconto di don Cocconcelli, «cavriaghino» figlio di lavoratori e cresciuto in un
ambiente che aveva alle spalle momenti di intenso confronto politico fra socialismo e cattolicesimo sociale, ci esime da ulteriori commenti, poiché ci offre un penetrante quadro della
situazione complessiva, fondato sulla cognizione diretta del mondo rurale e proletario italiano, e allo stesso tempo sull’attenta osservazione dell’altra realtà, compiuta non soltanto per
dovere di ufficio. È chiaro che, in questo caso, non ci troviamo di fronte ad un resoconto
«ingenuo», su cui non abbia avuto peso la riflessione post factum. D’altra parte non bisogna
dimenticare che la stessa missione di don Cocconcelli lo metteva nella condizione – e gli
imponeva il dovere istituzionale – dell’osservatore. L’interesse di questa intervista risiede
quindi specialmente nell’insieme degli elementi informativi, insomma più sul «meditato»
che sul «vissuto» (il che non esclude, tuttavia, l’utilità di queste pagine anche per confermare l’immagine di un protagonista della nostra storia, intransigente sul piano dei principi e
umanissimo su quello dei sentimenti: «veramente non si poteva non sentire compassione per
questa folla, per questa gente che era in queste condizioni»). Per queste ragioni abbiamo
voluto che la ricostruzione di don Cocconcelli – equanime, in grado di distinguere nella
concretezza le responsabilità e i meriti delle persone – assumesse, nella piccola antologia
qui pubblicata, il ruolo insostituibile di introduzione al tema e di ausilio interpretativo. (e.b.)
102
I 1170 civili deportati in Germania dalla
provincia di Reggio Emilia
Qualche nota introduttiva
Nell’estate ’44, quando i tedeschi perdono il controllo dell’Italia centrale e il fronte
arriva fino alla Linea Gotica, dilaga una situazione di forte incertezza da parte dell’occupante che scatena reazioni di sempre maggior radicalizzazione sia nei confronti
dei partigiani che delle popolazioni appenniniche emiliane e tosco-apuane. Anche in
Emilia è proprio in questo contesto che avvengono deportazioni di civili sino allora
inconsuete.
Così Lutz Klinkhammer sulle pagine di questa rivista (n. 76, 1995). Lo storico tedesco,
che al tema delle repressioni e delle deportazioni operate dalle forze armate di Hitler nel
nostro Paese ha dedicato un libro, L’occupazione tedesca in Italia (Bollati Boringhieri,
1993), indica in diecimila il numero dei civili deportati in quella fase della seconda guerra
mondiale. La provincia di Reggio, con ben millecentosettanta civili deportati e mandati al
lavoro coatto in Germania, detiene dunque un doloroso primato.
Un dato, questo, che si affianca a quello degli oltre ottomila militari reggiani catturati
dopo l’8 settembre ’43 sui vari teatri di guerra ed internati nei campi di concentramento.
Oltre ottomila reggiani che rifiutarono la collaborazione o l’adesione alla Rsi e che vengono
giustamente considerati, alla pari dei partigiani, resistenti.
I due dati sopra riportati, come è noto a chi da anni segue questa nostra rivista, sono il
frutto di una lunga ricerca condotta per molti mesi, nei primi anni Ottanta, dall’Istituto reggiano per la storia della Resistenza. Fu un lavoro compiuto in particolare, con passione e
certosina pazienza, da Egidio Baraldi, che trascrisse con scrupolo una serie di dati da circa
trentamila fascicoli (tratti dall’Archivio Ancr-Aned di Reggio) relativi agli iscritti
103
all’Associazione combattenti e reduci e alle Associazioni deportati (civili) ed internati (militari). Nel corso di tale lavoro vennero anche raccolte diverse interviste, oltre che fotografie e
documenti. Alcune delle interviste (come quelle che qui vengono pubblicate) riguardavano
un filone, per così dire, collaterale: quello dei lavoratori emigrati in Germania nella seconda
metà degli anni Trenta.
Sarà opportuno che si arrivi finalmente alla complessiva sistemazione e alla pubblicazione dei materiali raccolti. Anche perché sarebbe il primo caso, in Italia, di uno studio che tendenzialmente coglie l’intero universo dei deportati e degli internati di un provincia. In altre
province, del Piemonte in particolare, si sono prodotti studi di grande interesse su tali fenomeni, ma sempre relativi ad insiemi parziali.
Rastrellamenti e deportazioni
In questa sede ci occupiamo, sia pure sommariamente, dei millecentosettanta deportati
civili. Utilizzando una prima analisi compiuta anni addietro da Massimo Storchi, siamo in
grado di procedere ad alcune scomposizioni del dato complessivo. Per fasce di età: 207 di
quei deportati avevano meno di 20 anni. 636 – il grosso – si collocavano in una fascia compresa tra i 20 e i 39 anni. 304 avevano oltre 40 anni. Di una ventina non si è trovato l’anno di
nascita. Procedendo ulteriormente, sappiamo che il più giovane aveva 14 anni, il più vecchio
61 anni.
Quanto alla «geografia della deportazione», cioè ai luoghi di provenienza dei deportati, è
all’incirca vero anche per la nostra provincia quanto rilevato da Klinkhammer più in generale: cioè il territorio montano è quello che ha subito le maggiori deportazioni se il dato assoluto lo si rapporti alla popolazione residente. Precisamente 689 sono stati i civili prelevati
dalle truppe germaniche nella fascia che va dalla collina al crinale appenninico. Per quanto
riguarda la pianura, il maggior numero di deportati lo si ha nel comune di Reggio: 282 persone. Ma anche altri comuni minori della pianura, e in particolare della «media bassa pianura», hanno pagato un consistente prezzo. Ciò perché il movimento partigiano, e in ciò sta
una caratteristica particolare della nostra provincia, era molto presente e attivo non solo con
le bande dell’Appennino ma anche con le squadre sapiste e gapiste della pianura, ivi compreso il comune capoluogo di Reggio.
Se poniamo occhio alle date di rastrellamento dei civili poi deportati, notiamo una punta
massima tra fine giugno e primi di luglio del ’44 con la cifra di 253. Ciò coincide con il
grande rastrellamento compiuto dai tedeschi durante gli attacchi antipartigiani miranti a rendere di nuovo agibile il tratto montano della strada statale 63 del valico del Cerreto. L’arteria
era di vitale importanza per il collegamento tra la pianura padana e la Linea Gotica. «Il 30
giugno – scrive Guerrino Franzini – le truppe ammassate a Castelnuovo Monti, con una
potente puntata, sfondarono allo Sparavalle». All’obiettivo strettamente militare – antipartigiano – se ne aggiungeva poi uno di carattere, per così dire, economico: prelevare bestiame
per l’alimentazione e mano d’opera coatta per l’agricoltura e le industrie della Germania.
Ciò che d’altra parte tendeva a ridurre le possibilità di sussistenza delle stesse bande partigiane e il bacino di reclutamento di nuovi «ribelli». In un documento redatto dal generale
Flak e relativo al piano di operazione riguardante varie località appenniniche delle province
di Lucca, La Spezia, Parma e Reggio Emilia, si legge, infatti, tra l’altro: «Mi interessa particolarmente di spingere verso sud alla linea di chiusura [del rastrellamento, ndr] grossi greggi che si trovano in questo settore ed evacuare la popolazione maschile tra i 15 e i 55 anni».
Nelle giornate che vanno dal 30 giugno al 5 luglio ’44 le case di varie borgate vennero
date alle fiamme (così, per esempio, a Barazzone, Cortogno, Vercallo, Faieto), sette civili
vennero uccisi.
104
L’attacco alla «Repubblica di Montefiorino»
L’altra punta alta, ancora riguardante la zona montana, la si ebbe con l’attacco alla cosiddetta «Repubblica di Montefiorino», fine luglio primi di agosto 1944. In sostanza, nonostante i pesanti attacchi, le rappresaglie e le deportazioni di fine giugno-primi luglio, le
bande partigiane reggiano-modenesi si erano riorganizzate occupando e gestendo numerosi
comuni dell’alto Appennino.
Migliaia di soldati tedeschi, forniti di ogni mezzo (autoblindo, cannoni, mitragliere) salirono lungo tre direttrici fondamentali e, aprendosi a ventaglio in vari punti verso l’interno
del territorio, si diedero alla caccia degli oltre seimila partigiani che in quella fase si trovavano sull’Appennino, di qua e di là dalla Valle del Secchia. «La mattina del 30 luglio – racconta Caterina Caiti di Roteglia di Castellarano – ero in casa e sento sparare. Vado fuori per
vedere cosa succedeva e vedo, al di sopra della strada, i tedeschi che sparavano all’impazzata a dei partigiani che hanno poi ucciso, ed attaccarono fuoco ad alcune case in periferia…
Poi vennero alcuni tedeschi a prenderci… siamo stati rinchiusi fino alle ore 12 del giorno
dopo poi, noi donne, vecchi e bambini, ci hanno liberati e gli uomini sono stati deportati in
Germania dove ne sono anche morti di fame» (in A. Zambonelli, Castellarano dal fascismo
alla resistenza, 1982).
Roberto Torelli, che nel ’44 aveva 17 anni, fu a sua volta deportato in Germania ai primi
di agosto e sottoposto a duro lavoro coatto in condizione di semischiavitù. Venne catturato
di mattina nel comune collinare di Viano. «Nel pomeriggio arrivammo a Sassuolo – racconta Torelli (“Ricerche Storiche”, n.64/66, 1990) – vi erano dei recinti dove fu introdotto il
bestiame ed un altro recinto per tutti noi nel cortile del castello». Fu poi trasferito con altri
rastrellati, in camion, a Verona: «Qui c’erano già in tanti – continua il racconto di Torelli –
come noi catturati chi a Villa Fogliano, chi a Villaminozzo, Toano; altri ancora di Parma, e
precisamente di Fornovo, Borgotaro, Bardi, Bedonia, e altri ancora delle montagne del
Piacentino parte dei quali erano passati da un campo di concentramento di Bibbiano».
Le distruzioni, in vari comuni dell’Appennino, furono inaudite e le sofferenze della popolazione montanara si rinnovarono in misura spaventosa. Nel solo comune di Villaminozzo
furono distrutte completamente ottocentottantadue case. Distrutto anche il capoluogo di
Toano. I raccolti, ovunque, andarono perduti, le popolazioni disperse, in fuga su verso il crinale appenninico, lungo i sentieri antichi dei pellegrinaggi e delle migrazioni.
«Ai primi di agosto – racconta un testimone diretto (V. Benassi, Croci di legno nella resistenza) – cominciò l’operazione ritorno… cominciarono a scendere per primi non i tedeschi,
ma una interminabile coda di animali … Nell’abbacinante sole estivo, tra il polverone sollevato dalla marcia animale, in un confuso rumore di ruggiti, di belati, di nitriti, di ragli e di
urla dei pochi militari tedeschi che controllavano la povera gente che spingeva le mandrie,
quello spettacolo dava una stretta al cuore».
Passò anche qualche autocarro tedesco carico di biciclette e di attrezzi vari.
Cinquecento operai da inviare in Germania
Abbiamo già rilevato come tra gli scopi delle deportazioni di civili ci fosse anche quello
di procacciare mano d’opera che sostituisse gli ormai enormi vuoti prodotti tra i tedeschi
dall’impegno bellico. Vuoti che, come è tristemente noto, furono anche riempiti con milioni
di ebrei, prima del loro programmato sterminio. Tra questi ultimi anche dieci ebrei reggiani,
arrestati dalla polizia repubblichina ai primi di dicembre del ’43 e consegnati ai tedeschi per
la deportazione ad Auschwitz, da dove non sono più tornati.
Ma occorreva anche, naturalmente, mano d’opera specializzata. Che a Reggio non manca-
105
va avendo avuto, fino al bombardamento del 7 gennaio 1944, con le «Reggiane», uno dei
più grandi e importanti stabilimenti industriali dedicati alla produzione bellica (aerei, proiettili, ecc.). Il 31 luglio 1944 ventun operai convocati con un pretesto dalla direzione delle
«Reggiane» presso i propri uffici (posti in Via Toschi, dopo il citato bombardamento del
gennaio ’44) e provenienti dalle officine distaccate di Bibbiano e Barco, tutti specialisti del
famoso caccia «RE 2000», vennero catturati a mano armata da una ventina di soldati tedeschi, caricati su un camion e spediti in Germania.
L’episodio si inquadrava nella direttiva impartita alla direzione della fabbrica reggiana dal
capitano delle SS Korper e relativa alla deportazione di cinquecento operai specializzati.
«Il capitano Korper – leggiamo nella relazione dell’ing. Vischi datata 22 aprile 1944 – ha
detto di essere senz’altro d’accordo che i 500 operai vanno scelti tra i 4000 licenziati [su
circa 12.000, ndr], senza per ora comunicare nulla agli interessati».
Oltre ai documenti citati, presenti nell’Archivio Istoreco, esistono anche le testimonianze
di ex operai delle «Reggiane» che subirono la deportazione in Germania. Testimonianze
rilasciate nell’autunno 1945, al momento della iscrizione all’Associazione ex combattenti,
reduci e internati.
Gino Rosi dichiara di essere stato catturato dai tedeschi in Via Toschi. Dino Mazzuccato
precisa di essere stato «attirato in Via Toschi» e che la «ditta Reggiane fu la principale artefice del mio internamento». Per entrambi la data di cattura è indicata nel 31 luglio 1944.
Orlando Barbieri dichiara di essere stato «precettato con un gruppo di lavoratori» il 31
luglio 1944.
In conclusione con queste sommarie note intendiamo rilanciare l’esigenza di un approfondito studio sul fenomeno deportazione e internamento nella provincia di Reggio. I materiali
di base, accumulati in lunghi mesi di ricerche, già esistono. Accanto al tema delle stragi
nazifasciste di civili, quello della deportazione e dell’internamento, con le connesse complicità dei fascisti di Salò, merita una seria attenzione, in particolare nell’attuale clima di
cosiddetto «revisionismo».
Antonio Zambonelli
106
107
Comune
Albinea
Albinea
Albinea
Albinea
Albinea
Albinea
Albinea
Albinea
Albinea
Albinea
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Cognome
Barbieri
Botti
Botti
Branchetti
Fantini
Iori
Menozzi
Menozzi
Tincani
Tondelli
Bianchini
Carboni
Carnevali
Catellani
Dorazio
Folloni
Gatti
Gulon
Ligabue
Martinelli
Menozzi
Messori
Pergreffi
Tamagni
Bondi
Bonecchi
Borghi
Caluzzi
Costi
Favalli
Gambarelli
Ganapini
Lanzi
Lasagni
Lusoli
Manfredini
Marchi
Messori
Montecchi
Montecchi
Montecchi
Monzali
Nome
Alfeo
Analide
Giuseppe
Pietro
Walter
Alfeo
Armando
Giusto
Pietro
Ennio
Mario
Silvio
Riccardo
Enzo
Renato
Rosa
Domenico
Aristide
Antonio
Mario
Aristodemo
Francesco
Carlo
Afro
Pietro
Alessandro
Adolfo
Lorenzo
Giacomo
Luciano
Mario
Gino
Eugenio
Alfonso
Romualdo
Primo
Domenico
Gustavo
Fortunato
Francesco
Giuseppe
Enzo
Pietro
Romualdo
Ettore
Riccardo
Dante
Umberto
Antonio
Aronne
Romeo
Giovanni
Lodovico
Anaclerio
Guido
Augusto
Aldo
Angelo
Giovanni
Domenico
Italo
Luigi
Silvio
Marco
Mario
Ivo
Giovanni
Clemente
Celso
Alfonso
Raffaele
Costante
Lorenzo
Giuseppe
Alberto
Battista
di/fu
Francesco
Giuseppe
Fulgenzio
Giovanni
Gustavo
Giuseppe
Luigi
1899
1923
1926
1925
1903
1921
Cl.
1925
1925
1897
1921
1925
1923
1906
1918
1904
1927
1925
1924
1922
1924
1922
1923
1923
1923
1925
1923
1913
1925
1923
1914
1905
1901
1927
1924
1926
1902
1919
1908
1895
1905
1920
Contadino
Studente
Meccanico
Insegnante
Operaio
Casalinga
Operaio
Studente
Contadino
Manovale
Contadino
Meccanico
Meccanico
Bracciante
Esercente
Contadino
Operaio
Agricoltore
Studente
Contadino
Operaio
Contadino
Mugnaio
Mezzadro
Carabiniere
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Operaio
Contadino
Muratore
Bracciante
Contadino
Bracciante
Professione
Bracciante
Sarta
Muratore
Meccanico
Muratore
Catturato
23/11/44
Ago.'44
10-08-1944
23/02/44
22/11/44
15/03/44
1-02-1944
7-07-1944
5-08-1944
11-09-1944
1-12-1944
1-12-1944
17/09/43
1-12-1944
25/04/44
29/09/44
1-12-1944
19/05/44
1-12-1944
29/03/44
1943
1-12-1943
25/05/44
15/09/43
8-10-1944
5-08-1944
2-08-1944
30/07/44
12-10-1944
8-08-1944
8-10-1944
1-08-1944
30/07/44
6-08-1944
6-08-1944
8-10-1944
1-08-1944
6-12-1944
8-10-1944
8-10-1944
6-08-1944
10-05-1944
Baiso
Baiso
Bagnolo
Bagnolo
Bologna
Baiso
Bagnolo
Milano
Forlô
Bagnolo
Bruxelles (Belgio)
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Bagnolo
Villa Fogliano
Viano
Borzano Albinea
Reggio Emilia
Luogo
Albinea
Borzano Albinea
Borzano Albinea
Egidio Baraldi, deportazione dei civili: i nomi e i luoghi
14/05/45
1-03-1945
8-04-1945
Marzo1945?
Minatore
25/04/45
Operaio
14/04/45
Elettricista
15/04/45
Manovale
14/04/45
Bracciante
2-05-1945
Facchino
7-05-1945
Cond.locomotive 16/04/45
Operaio
15/04/45
Manovale
30/04/45
Muratore
25/05/45
Meccanico
15/04/45
Meccanico
15/04/45
Manovale
18/04/45
Manovale
3-05-1945
Operaio
Operaio
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Kahla (D)
Germania
Germania
Germania
Germania
Dachau - Monaco (D)
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
9-05-1945
9-05-1945
12-07-1945
9-05-1945
12-04-1945
mar-45
8-05-1945
24/04/45
7-05-1945
17/04/45
1945
9-05-1945
6-05-1945
Liberato
24/04/45
1-04-1945
6-04-1945
9-04-1945
9-05-1945
20/04/45
1-02-1945
5-05-1945
18/04/45
Meccanico
Manovale
Operaio
Manovale
Manovale
Montatore
Manovale
Manovale
Contadino
Manovale
Manovale
Montatore
Facchino
Giardiniere
Meccanico
Manovale
Meccanico
Fabbro
Manovale
Manovale
Attività
Dresda (D)
Luogo prigionia
Peschiera
Germania
Germania
Germania
Werderhof. Amburgo (D)
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania - Bruss (D)
Bruss (D)
Svizzera
Cecoslovacchia - Louny
Germania
Innsbruck (D)
Bruss (D)
Stoccarda (D)
Bruss (d)
Seedorf (D)
Internato in Svizzera
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
G.B.
G.B.
USA
USA
USA
URSS
USA
URSS
USA
Rimpatriata
URSS
USA
URSS
Inglesi
URSS
URSS
Da
Alleati
USA
USA
USA
Inglesi
USA
URSS
USA
USA
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato. In campo disciplinare per un mese. Deceduto
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
Ammalato
Internato in Svizzera
Per raprresaglia
Campo di punizione per rifiuto di lavorare.
NOTE
Sempre in campo di concentramento
108
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Baiso
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Bibbiano
Brescello
Brescello
Brescello
Brescello
Brescello
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Palladini
Prati
Prati
Schenetti
Tonelli
Zanni
Andreani
Bernardi
Bonazzi
Bronzoni
Casamatti
Colli
Colli
Fabbri
Fornaciari
Gualerzi
Pedroni
Prandi
Terenziani
Bonini
Magnani
Mittino
Mori
Mori
Alfieri
Annigoni
Azzolini
Beccari
Bolsoni
Bolsoni
Bolzoni
Borghi
Bucci
Bucci
Bucci
Bucci
Bucci
Bucci
Canedoli
Canedoli
Carpanoni
Casanova
Castagnini
Correggi
Correggi
Correggi
Iginio
Eugenio
Guglielmo
Celeste
Lodovico
Enzo
Adelmo
Domenico
Afro
Antonio
Luciano
Loris
Oliano
Aldo
Bruno
Luigi
Alfredo
Edmondo
Italo
Giovanni
Enrico
Mario
Narciso
Tomaso
Emilio
Domenico
Domenico
Giulio
Albino
Genio
Michele
Geremia
Domenico
Domenico
Erio
Ettore
Giovanni
Silvio
Oreste
Vito
Giovanni
Arcangelo
Erminio
Alberto
Battista
Battista
Sante
Enrico
Francesco
Giuseppe
Eugenio
GianDomenico
Giuseppe
Giacomo
nn
Guerrino
Giovanni
Antonio
Battista
Torquato
Sante
Sante
Ilaro
Alfredo
Silvio
Angelo
Arturo
Francesco
Vittorio
Giuseppe
Umberto
giovanni
Giuseppe
Giuseppe
Pellegrino
Domenico
Giuseppe
Emilio
Giuseppe
Silvio
Domenico
Francesco
Domenico
Francesco
Olinto
Alberto
Francesco
Riccardo
Giovanni
Giuseppe
Domenico
Ciro-Enio
1913
1903
1927
1892
1899
1901
1896
1896
1917
1906
1899
1925
1923
1928
1926
1924
1920
1914
1913
1895
1927
1924
1889
1916
1922
1916
1925
1899
1899
1907
1902
1907
1899
1904
1912
1922
1925
1907
1896
1898
1902
1895
1921
1925
1914
30/07/44
30/07/44
30/07/44
1-08-1944
30/07/44
6-08-1944
22/02/43
2-07-1944
19/03/44
1-08-1944
12-10-1944
16/02/44
13/05/44
18/10/44
8-09-1943
22/02/43
2-07-1944
18/10/44
15/12/43
24/06/41
17/04/44
Operaio
2-02-1944
Bracciante
4-10-1944
Contadino
23/06/44
Artigiano (Barbiere) 1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Mugnaio
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
30/06/44
Contadino
30/06/44
Contadino
3-07-1944
Contadino
1-06-1944
Pastore
1-07-1944
Contadino
30/06/44
Contadino
30/06/44
Contadino
1-07-1944
Impiegato
3-07-1944
Contadino
3-07-1944
Mugnaio
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
I nsegnante
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
1-08-1944
Contadino
Contadino
Contadino
Operaio
Operaio
Impiegato
Operaio
Contadino
Operaio
Impiegato
Meccanico
Operaio
Lattoniere
Tapezziere
Operaio
Operaio
Contadino
Operaio
Operaio
Commerciante
Brescello
Parma
Verona
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Cervarezza
Busana
Busana
Busana
Reggio Emilia
Barco di Bibbiano
Reggio Emilia
Poviglio
VillaMinozzo
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Brescia
Padova
Barco di Bibbiano
Grecia
Baiso
Cerredolo di Toano
Baiso
Ortolano
Manovale
Bracciante
Minatore
Manovale
Hannover (D)
Contadino
Regensburg (D)
Lattoniere
Varsavia.Koenigsberg (D) Manovale
Wurzen - Erfurt (D)
Barbiere
Magdeburg-Allenstein (D) Manovale
Wurzen - Harpstaed (D) Manovale
Erfurt (D)
Manovale
Wurzen - Erfurt (D)
Manovale
Wurzen - Erfurt (D)
Manovale
Erfurt - Nordhausen (D) Manovale
Carettiere
Operaio
Bracciante
Magdeburg (D)
Manovale
Magdeburg (D)
Operaio
Magdeburg (D)
Manovale
Manovale
Magdeburg (D)
Manovale
Bonn (D)
Magazziniere
Facchino
Manovae
Wurzen - Erfurt (D)
Manovale
Wurzen-Burg-Annaburg (D)
Burg - Magdeburg (D)
Manovale
Wurzen - Weimar (D)
Manovale
Kalau (D)
Erfurt (D)- Stettino (Pol) Manovale
Germania
Muratore
Manovale
Bruss (D)
Facchino
Germania
Meccanico
Operaio
Breslau (Pol)
Autista
Amburgo (D)
Manovale
Berlino - Nieder (D)
Manovale
Grecia - Germaia
Operaio (reggiane)
Germania
Muratore
Manovale
Berlino.Nieder (D)
Manovale
Salisburgo (Au)
Meccanico
Monaco (D)
Germania
Germania
24/04/45
9-05-1945
24/04/45
23/04/45
14/04/45
9-04-1945
24/04/45
28/04/45
22/12/46
4-05-1945
14/05/45
19/04/45
1-04-1945
10-04-1945
11-04-1945
11-04-1945
11-04-1945
11-04-1945
11-04-1945
11-04-1945
apr-45
1-04-1945
1-04-1945
24/04/45
24/04/45
6-05-1945
1-04-1945
11-04-1945
8-04-1945
30/03/45
24/04/45
11-04-1945
Manovale
24/04/45
11-04-1945
26/04/45
2-05-1945
2-05-1945
20/04/45
15/02/45
14/04/45
14/04/45
4-04-1945
9-05-1945
2-05-1945
Inglesi
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
24/04/45
URSS
USA
USA
USA
USA
G.B.
USA
USA
Deceduto
USA
Inglesi
USA
URSS
USA
Fuggito
URSS
Polacchi
URSS
USA
Inglesi
USA
URSS
Francesi
URSS
Lasciato dai Tedeschi
Prigioniero degli Inglesi. Deportato in Kenia
Deportato per lavoro
Rastrellato
Rastrellato
Rastrellato
109
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Busana
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Costa
Fiorini
Franchini
Friggeri
Galassi
Ghinoi
Giacomini
Giacomini
Guglielmi
Lombardi
Lombardi
Magnani
Manari
Manenti
Manenti
Monari
Pagani
Romei
Romei
Sacchini
Serafini
Simonelli
Simonelli
Simonelli
Simonelli
Simonelli
Simonelli
Sironi
Tevisani
Tincani
Torlai
Zanichelli
Zanichelli
Zanichelli
Azzolini
Baiocchi
Barbieri
Bertani
Boni
Boniburrini
Bonini
Bonini
Bonini
Caffarri
Caffarri
Cagnolati
Baldo
Aurelio
Vincenzo
Adelmo
Torquato
Renzo
Battista
Francesco
Remo
Cesare
Francesco
Giuseppe
Nello
Ettore
Giulio
Tommaso
Giuseppe
Gildo
Faustino
Ciro
Innocente
Adriano
Carlo
Emilio
Giuseppe
Settimo
Tullio
Ferdinando
Libero
Celso Sergio
Pasquale
Guglielmo
Renato
Ubrico
Ivo
Camillo
Osvaldo
Ormeo
Ero
Virginio
Imerio
Ivo
Leonardo
Clante
Walter
Gerardo
Ernesto
Paolo
Ernesto
nn
Davide
Guglielmo
Domenico
Domenico
Ambrogio
Attilio
Attilio
Battista
Ciro
Tommaso
Luigi
Ciro
Domenico
Giuseppe
Giuseppe
Pietro Achille
Giuseppe
Giuseppe
Primo
Mauro
Antonio
Antonio
Pilade
Luigi
Luigi
Adelmo
Pietro
Giovanni
Giuseppe
Battista
Ideo
Giuseppe
Pietro
Pompeo
Epinio
Vincenzo
Eugenio
Alfredo
Giovanni
Dominatore
Dominatore
Adelmo
1901
1893
1909
1901
1891
1914
1906
1906
1897
1917
1903
1901
1915
1903
1901
1896
1906
1925
1926
1924
1901
1898
1890
1925
1891
1913
1926
1891
1901
1907
1911
1924
1906
1924
1912
1927
1927
1905
1927
1922
1912
1919
1921
1910
1903
Contadino
3-07-1944
Contadino
30/06/44
Guardia Fili
30/06/44
Manovale
30/06/44
Operaio
1-07-1944
Marittimo
30/06/44
Contadino
1-07-1944
Pastore
1-07-1944
Sugheraio (artigiano)1-07-1944
Contadino
2-07-1944
Operaio
2-07-1944
Contadino
30/06/44
Calzolaio
30/06/44
Agricoltore
30/06/44
Agricoltore
30/06/44
Calzolaio
30/06/44
Contadino
1-07-1944
Contadino
29/06/44
Contadino
30/06/44
Falegname
30/06/44
Meccanico
2-06-1944
Contadino
3-07-1944
Contadino
9-07-1944
Contadino
30/06/44
Contadino
30/06/44
Contadino
30/06/44
Contadino
3-07-1944
Contadino
1-07-1944
Bracciante
30/06/44
Bracciante
1-07-1944
Calzolaio
1-07-1944
Contadino
25/06/44
Esercente
1-07-1944
Barbiere
1-07-1944
Operaio
8-03-1944
Autista meccanico 8-06-1941
Disegnatore
8-03-1944
Operaio
16/06/44
Manovale
4-10-1944
Operaio
4-10-1944
Bracciante
8-09-1944
Manovale
8-09-1944
Disegnatore
15/04/44
Bracciante
8-09-1944
Operaio
3-03-1944
Disegnatore
8-03-1944
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Collagna
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Cervarezza
Reggio Emilia
Busana
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Busana
Cervarezza
Cervarezza
Reggio Emilia
Aulla
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Busana
Reggio Emilia
Cervarezza
Busana
Marmoreto
Busana
Cervarezza
Cadelbosco
Africa
Cadelbosco
Villa Seta
Villa Seta
Reggio Emilia
Cadelbosco
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Cadelbosco
Reggio Emilia
Bracciante
Operaio
Operaio
Operaio
Berlino (D)
Manovale
Burg - Magdeburg (D)
Operaio
Manovale
Manovale
Wurzen - Halbertstadt (D) Manovale
Monaco (D)
Gotha - Monaco (D)
Manovale
Magdeburg (D)
Operaio
Operaio
Bracciante
Manovale
Operaio
Wurzen. Buchenwald (D) Manovale
Francoforte - Berlino (D) 29/04/45
Francoforte - Halle Saale (D)
Bracciante
Colonia (D)
Manovale
Operaio
Manovale
Manovale
Operaio
Bracciante
Cecoslovacchia
Operaio
Wurzen - Erfurt (D)
Manovale
Manovale
Magdeburg (D)
Manovale
Wurzen. Gommern (D) Calzolaio
Bielitz (Pol) - Danzica (D) Operaio
Erfurt - Weimar (D)
Manovale
Wurzen - Alpestedt (D) Manovale
Tornitore
Tanzania
Disegnatore
Gotenhafen (Pol)
Contadino
Ziegenhain (D)
Berlino (D)
Saldatore
Contadino
Contadino
Disegnatore
Contadino
Germania
Meccanico
Disegnatore
16/04/45 USA
URSS
URSS
USA
USA
USA
Rastrellato
URSS
Rastrellato
Partigiani Cechi
Partigiani Cechi
USA
USA
URSS
URSS
URSS
USA
USA
USA
Era in Africa Orientale per lavoro
USA
URSS
USA
URSS
USA
USA
Fuggito
USA
Francesi
Fuggito
Facchino
5-05-1945
15/04/45
30/03/45
6-05-1945
7-05-1945
9-05-1945
5-05-1945
5-05-1945
11-04-1945
1-04-1945
5-05-1945
5-05-1945
11-05-1945
11-04-1945
11-04-1945
21/04/45
28/12/46
7-04-1945
1-02-1945
10-05-1945
23/04/45
11-04-1945
11-04-1945
9-04-1945
11-04-1945
31/03/45
9-04-1945
Rastrellato
Comb. 15/18
USA
URSS
URSS
URSS
URSS
URSS
USA
USA
URSS
URSS
URSS
URSS
URSS
USA
URSS
USA
11-04-1945
9-03-1945
5-04-1945
9-03-1945
2-05-1945
5-05-1945
24/04/45
24/04/45
11-04-1945
10-06-1945
24/04/45
24/04/45
5-05-1945
5-04-1945
5-04-1945
5-05-1945
11-04-1945
110
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Cadelbosco
Campagnola
Campagnola
Campagnola
Campagnola
Campagnola
Campegine
Campegine
Campegine
Campegine
Campegine
Campegine
Campegine
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Cattabiani
Cavalchi
Conti
Corradi
Mainini
Mainini
Mussini
Pergetti
Quaiotti
Salsi
Sorani
Gasparini
Medici
Morellini
Parmiggiani
Righi
Bertani
Bettati
Davoli
Fornaciari
Fornaciari
Incerti
Pastarini
Barani
Benassi
Borghi
Bottazzi
Camastri
Casini
Casini
Casoni
Casoni
Corbelli
Croci
Croci
Dallari
Ferrari
Fontanesi
Fontanesi
Fontanesi
Franzoni
Ibatici
Lugari
Madini
Madini
Madini
Ivonne
Rino
Aldo
Vanillo
Guido
Roberto
Antonio
Giulio
Serio
Giacomo
Demos
Odelio
Lino
Luigi
Gino
Guido
Gino
Francesco
Eros
Giuseppe
Giuseppe
Mario
Italino
Angelo
Antenore
Renato
Enrico
Giuseppe
Rino
Daniele
Bruno
Fernando
Omero
Domenico
Silvio
Luigi
Gino
Alfonso
Ferdinando
Nello
Franco
Fernando
Carlo
Adorno
Bonfiglio
Giuseppe
Antonio
Giuseppe
Antonio
eneo
Severo
Leonardo
Giulio
Pio
Gregorio
Giuseppe
Antonio
Umberto
Aldo
Angelo
Aristodemo
Massimo
Enrico
Ernesto
Ostilio
Ernesto
Idraco
Giuseppe
Achille
Medio
Francesco
Emilio
Ludovico
Carlo
Arturo
Giovanni
Guido
Giovanni
Luigi
Ettore
Vincenzo
Giuseppe
Zefferino
Bartolomeo
Enrico
Enrico
Luigi
Giuseppe
Abramo
Giuseppe
Michelle
Michele
1908
1914
1925
1909
1927
1907
1921
1913
1928
1906
1900
1912
1926
1909
1916
1921
1914
1899
1914
1913
1901
1903
1912
1915
1915
1920
1909
1927
1887
1901
1924
1924
1904
1924
1922
1904
1924
1905
1916
1903
1920
1921
1925
19-24
1925
Muratore
Tornitore
Bracciante
Contadino
Barbiere
Pollivendolo
Contadino
Contadino
Contadino
Carrettiere
Muratore
Meccanico
Operaio
Operaio
Muratore
Meccanico
Carpentiere
Bracciante
Contadino
Calzolaio
Bracciante
Bracciante
Falegname
Contadino
Contadino
Operaio
Cascinaio
Commerciante
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Operaio
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Impiegato
Operaio
Contadino
Bracciante
Operaio
Operaio
25/08/44
7-03-1944
17/04/44
7-03-1944
13/03/44
13/06/44
13/03/44
20/04/44
25/04/44
20/04/44
30/05/44
1-12-1944
12-12-1944
13/04/44
8-05-1944
29/11/44
20/03/44
15/09/43
10-06-1944
3-06-1944
30/06/44
13/09/43
26/03/44
1-07-1944
12-10-1944
12-04-1942
1-07-1944
30/07/44
12-10-1944
6-08-1944
12-10-1944
12-10-1944
11-08-1944
1-07-1944
1-07-1944
6-08-1944
29/07/44
30/06/44
30/06/44
30/06/44
11-08-1944
30/06/44
6-08-1944
1-07-1944
1-07-1944
1-07-1944
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Reggio Emilia
Carpineti
Carpineti
Monza
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Castelnuovo S.
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Correggio
Campagnola
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Campagnola
Reggio Emilia
Brennero
Firenze
P.so del Cerreto
P.so del Cerreto
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Felina
Carpineti
Bebbio
Carpineti
Castellaldo
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Reggio Emilia
Carpineti
Carpineti
Muratore
Manovale
Operaio
Manovale
Contadino
Boscaiolo
Boscaiolo
Manovale
Koenigsberg (D)
Manovale
Manovale
Minatore
Bruss (D)
Meccanico
Manovale
Duesseldorf (D)
Operaio
Meccanico
Brieg (D)
Operaio
Carpentiere
lavora
Polonia
Manovale
Calzolaio
Norimberga (D)
Trasporti
Berlino (D)
Tornitore
Falegname
Germania
Calzolaio
Germania
Operaio
Cecoslovacchia- Vienna (A) Muratore
Agricoltore
Germania
Operaio
Germania
falegname
Germania
Operaio
Germania
Minatore
Innsbruck (D)
Minatore
Germania
Operaio
Operaio
Germania
Operaio
Meccanico
Germania
Operaio
Operaio
Francoforte (D)
Manovale
Francoforte (D)
Operaio
Germania
Operaio
Francoforte (D)
Operaio
Germania
Operaio
Meccanico
Operaio
Germania
Meccanico
23/04/45
2-04-1945
23/03/45
2-04-1945
22/04/45
20/04/45
20/04/45
21/03/45
7-04-1945
21/03/45
14/04/45
8-05-1945
22/04/45
16/04/45
8-05-1945
5-05-1945
20/03/45
28/07/45
27/03/45
2-05-1945
19/04/45
26/04/45
23/04/45
9-05-1945
24/04/45
28/05/45
26/04/45
28/04/45
25/04/45
15/04/45
26/04/45
25/04/45
12-04-1945
23/04/45
22/04/45
3-05-1945
18/04/45
8-04-1945
1945
3-03-1945
31/03/45
19/02/45
10-05-1945
2-05-1945
3-05-1945
2-05-1945
USA
URSS
URSS
USA
Inglesi
USA
USA
USA
USA
Ammalato / Rimpatriato
Inglesi
URSS
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
Fuggito-Rimpatriato
URSS
URSS
URSS
USA
URSS
USA
USA
URSS
Francesi
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
111
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Casalgrande
Casalgrande
Casina
Casina
Casina
Casina
Casina
Casina
Casina
Casina
Casina
Casina
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Montecchi
Monti
Munari
Olmi
Palladini
Paolini
Pignedoli
Pignedoli
Rivi
Rivi
Sassi
Serri
Silvestri
Tagliani
Vezzosi
Braglia
Mammi
Aldini
Comi
Dallari
Ferri
Gregori
Montanari
Scalabrini
Spallanzani
Vecchi
Zannetti
Anceschi
Bagnoli
Bagnoli
Barozzi
Battistessa
Bazzoli
Benassi
Bertoncini
Betalli
Bini
Bizzarri
Boni
Borghi
Borghi
Botazzi
Cagnoli
Campi
Cani
Canovi
Lepido
Ezio
Aristo
Vincenzo
Giuseppe
bartolomeo
Nelson
Pietro
Aldo
Gaudenzio
Giuseppe
Davide
Achille
Enrico
Ortensio
Silvio
Luigi
Umberto
Emidio
Gelsomino Eugenio
Sesto
Credo
Geminiano Carlo
Giovanni
Domenico
Giulio
Lorenzo
Carlo
Vito
Roberto
Riccardo
Marco
Paolo
Fermo
Luigi
Francesco
Pietro
Giuseppe
nn
Azio
Emilio
Giulio
Paolo
Guido
Antonio
Igino
Leandro
Pietro
Alberto
Cesare
Giovanni
Eliseo
amelio
Guido
Giuseppe
Saturno
Pio
Alfeo
Giovanni
Primo Giovanni
Orfeo
Giuseppe
Ezio
Alvenzo
Quirino
Giuseppe
Venerio
Vincenzo
Giovanni
Giuseppe
Luigi
Medardo
Vittorio
Federico
Marino
Ciro
Pietro
Ciro
Enrico
Lodovico
Angelo
Pasquino
Arturo
Gildo
Vito
Giovani
Domenico Giuseppe
1924
1893
1904
1919
1906
1922
1911
1921
1924
1901
1910
1925
1905
1893
1900
1925
1928
1901
1923
1912
1921
1917
1915
1913
1906
1924
1907
1925
1915
1899
1908
Riziero
1906
1926
1902
1910
1913
1906
1905
1910
1901
1900
1926
1909
1903
1901
Operaio
6-10-1944
Contadino
5-08-1944
Contadino
1-07-1944
Mugnaio
1-07-1944
Contadino
6-08-1944
Operaio
Calzolaio
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Operaio
8-03-1944
Contadino
1-07-1944
Operaio
7-08-1944
Contadino
giugno '44
Contadino
5-08-1944
Operaio
30/07/44
Contadino
30/07/44
Operaio
12-01-1944
Operaio
7-08-1944
Contadino mezzadro 7-08-1944
Contadino
22/08/44
Bracciante
7-08-1944
Tornitore
11-08-1944
Impiegato avventizio 10-05-1944
Autista
13/08/44
Contadino
30/09/44
Contadino
30/09/44
Contadino
12-05-1944
Bracciante
11-08-1944
Contadino
20/06/44
Contadino
8-10-1944
Muratore
5-10-1944
Contadino
8-10-1944
1896
Impiegato
Operaio
30/06/44
Operaio
30/06/44
Operaio
8-10-1944
Muratore
8-10-1944
Contadino
30/07/44
Operaio
8-10-1944
Contadino
2-07-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Cascinaio
lug-43
Contadino
6-10-1944
Contadino
8-10-1944
Contadino
1-08-1944
Commerciante
1-07-1944
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Polonia
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Carpineti
Piombino
Fogliano
Casina
Reggio Emilia
Casina
Casina
Reggio Emilia
Casina
Paullo - Casina
Paullo di Casina
Scandiano
Casina
Como
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
8-10-1944
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Villaminozzo
Cast.Monti
Cast.Monti
Felina
Felina
Felina
Cast.Monti
Cast.Monti
Villaminozzo
Cast.Monti
Contadino
Manovale
Operaio
Operaio
Manovale
Germania
Francoforte (D)
Francoforte (D)
Fichtelberg (D)Villach (A)
Brandenburg (D)
Germania
Germania
Francoforte (D)
Germania
Germania
Brandenburg (D)
Polonia
Berlino (D)
Germania
Brandenburg (D)
Brandenburg (D)
Francoforte (D)
Berlino (D)
Manovale
Autista
Meccanico
Bracciante
Manovale
Manovale
Manovale
Operaio
Operaio
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Operaio
Manovale
Manovale
Operaio
Manovale
Facchino
Operaio
Tornitore
Bracciante
Manovale
Schwerin (D)
Polonia
Magdeburg (D)
Operaio
Germania
Operaio
Germania
Operaio
Germania
Operaio
Germania
Minatore
Germania
Manovale
Germania
Manovale
Germania
Contadino
Wietzendorf - Limburg (D) Operaio
Monaco (D)
Meccanico
Wiesbaden-Aschendorf (D)Facchino
Manovale
Germania
Chimico
Manovale
Germania
Germania
Germania
1-04-1945
2-05-1945
marzo'45
29/08/45
14/05/45
23/04/45
16/04/45
28/04/45
30/04/45
14/04/45
24/04/45
16/04/45
1-05-1945
2-05-1945
26/04/45
3-05-1945
28/04/45
3-05-1945
30/04/45
8-05-1945
8-05-1945
30/04/45
21/04/45
3-05-1945
11-04-1945
5-05-1945
1-05-1945
22/04/45
7-04-1945
12-04-1945
apr-45
8-05-1945
24/04/45
18/04/45
28/04/45
2-06-1945
1-04-1945
22/03/45
16/04/45
5-04-1945
1-04-1945
14/04/45
23/04/45
22/04/45
4-04-1945
USA
URSS
URSS
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
Inglesi
URSS
USA
Inglesi
URSS
USA
USA
C.R.P.
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
Inglesi
USA
Inglesi
USA
USA
USA
USA
USA
Deceduto
USA
USA
URSS
URSS
USA
Deceduto
USA
USA
Data di nascita anche 15/08/1915?
112
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Canovi
Capanni
Capanni
Caretti
Carpigiani
Carubbi
Casini
Casoli
Castellari
Castellari
Colombari
Colombari
Conconi
Confetti
Corsi
Corsi
Costetti
Costi
Croci
Dallari
De Angeli
Del Rio
Di Mauro
Fabbiani
Ferrari
Ferrari
Gatti
Genitoni
Ghinoi
Giambi
Giansoldati
Giglioli
Giglioli
Giglioli
Giorgini
Giorgini
Giovanelli
Gregori
Guidetti
Guidi
Guidi
Iattici Romei
Magnani
Magnani
Magnani
Maioli
Ultimo
Giulio
Walter
Antenore
Remo
Cesare
Domenico
Nullo
Armido
Maurizio
Agostino
Pellegrino
Arnaldo
Lino
Attilio
Fernando
Costantino
Artemio
Nello
Severino
Andrea
Pierino
Antonio
Paride
Oreste
Pietro
Domenico
Probo
Virgilio
Francesco
Giulio
Giacomo
Valdemiro
Vittorio
Bernardo
Giovanni
Remo
Armando
Sergio
Giovanni
Giuseppe
Marino
Angelo
Giovanni
Ulderico
Ennio
Antonio
Antonio
Agostino
Agostino
Rinaldo
Giovanni
Clerenzio
Costante
Giacomo
Domenico
Ermenegildo
Ermenegildo
Pellegrino
Domenico
Silvio
Giulio
Ezio
Enrico
Domenico
Virginio
Raffaele
Giovanni
Alberto
Alberto
Leopoldo
Ferdinando
Ferdinando
Afronio
Ciro
Attilio
Secondo
Enrico
Francesco
Vergilio
Giuseppe
Remo
Sebastiano
Giuseppe
Armando
Pellegrino
Giuseppe
Michele
Francesco
Domenico
Domenico
1913
1915
1911
1910
1905
1923
1921
1899
1905
1903
1911
1897
1898
1901
1909
1914
1910
1926
1893
1929
1901
1900
1904
1897
1896
1925
1911
1912
1927
1909
1903
1901
1894
1903
1912
1917
1905
1906
1904
1909
1898
1909
1924
1908
1909
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Commerciante
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Carrettiere
Contadino
Macellaio
Calzolaio
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Bracciante
Contadino
Contadino
Macellaio
Geometra
Calzolaio
Contadino
Contadino
Operaio
Contadino
Muratore
Barbiere
Bracciante
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Bracciante
Bracciante
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
1-07-1944
6-10-1944
30/06/44
1-07-1944
2-07-1944
1-07-1944
8-10-1944
8-10-1944
1-07-1944
1-07-1944
1-08-1944
30/07/44
1-07-1944
1-07-1944
29/07/44
29/07/44
30/07/44
30/07/44
8-10-1944
1-08-1944
2-07-1944
28/06/44
5-08-1944
1-10-1944
1-07-1944
5-08-1944
1-07-1944
8-10-1944
1-07-1944
30/06/44
8-10-1944
29/06/44
2-08-1944
8-10-1944
8-10-1944
30/06/44
5-10-1944
8-10-1944
30/06/44
2-07-1944
2-07-1944
30/06/44
30/07/44
29/07/44
7-10-1944
8-10-1944
Felina
Cast.Monti
Cast.Monti
Felina
Cast.Monti
Felina
Cast.Monti
Cast.Monti
Felina
Felina
Villaminozzo
Villaminozzo
Felina
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Gatta
Cast.Monti
Villaminozzo
Cast.Monti
Cast.Monti
Montecchio
Cast.Monti
Felina
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Castelnuovo Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Rivaltella
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Monteduro
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Operaio
Fabbro
Manovale
Fichtenberg (D)
Meccanico
Germania
Manovale
Wurzen - Magdeburg (D) Muratore
Berlino (D)
Operaio
Brandenburg (D)
Operaio fonditore
Fichtelberg- Wittenberg (D)Manovale
Fichtelberg- Wittenberg (D)Manovale
Luebeck (D)
Manovale
Germania
Manovale
Cuciniere
Lipsia (D)
Manovale
Germania
Manovale
Germania
Manovale
Colonia (D)
Fabbro
Germania
Manovale
Brandenburg (D)
Manovale
Germania
Manovale
Lipsia (D)
Operaio
Germania
Operaio
Manovale
Germania
Meccanico
Francoforte - Oderberg (D) Meccanico
Germania
Manovale
Francoforte (D)
Manovale
Berlino (D)
Manovale
Manovale
Germania
Operaio
Berlino (D)
Contadino
Limburg (D)
Manovale
Germania
Manovale
Brandenburg (D)
Operaio
Brandenburg (D)
Manovale
Lipsia (D)
Operaio
Fossoli - Verona
Calzolaio
Brandenburg (D)
Manovale
Germania
Facchino
Lipsia (D)
Operaio
Lipsia (D)
Operaio
Germania
Germania
Facchino
Germania
Manovale
Manovale
Germania
Manovale
Erfurt (D)
Berlino (D)
10-04-1945
26/04/45
6-05-1945
21/04/45
5-05-1945
4-05-1945
26/04/45
20/04/45
1-05-1945
1-05-1945
28/04/45
1-03-1945
26/04/45
16/04/45
18/04/45
18/04/45
20/04/45
23/04/45
23/04/45
9-05-1945
29/04/45
1-04-1945
2-04-1945
26/04/45
23/04/45
14/04/45
21/04/45
23/04/44
16/04/45
1-05-1945
22/04/45
5-05-1945
14/04/45
25/04/45
26/04/45
29/04/45
12-04-1945
18/04/45
11-04-1945
20/04/45
29/04/45
30/04/45
18/04/45
18/04/45
12-04-1945
22/04/45
USA
USA
USA
USA
USA
Inglesi
Inglesi
USA
URSS
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
URSS
USA
USA
URSS
URSS
USA
USA
URSS
USA
URSS
USA
URSS
URSS
URSS
USA
USA
Evaso
motivi famigliari
USA
USA
Inglesi
Inglesi
anno di nascita 1894?
113
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Manfredi
Manfredi
Manfredi
Marastoni
Menichini
Mercati
Monti
Monti
Monticelli
Monticelli
Montipÿ
Moretti
Morini
Musi
Musi
Olmi
Olmi
Palladini
Palladini
Perazzoli
Pignedoli
Pioppi
Prampolini
Primavori
Rinaldi
Rinaldi
Romei
Romei
Romei
Romei
Romei
Romei
Romei
Romei
Romei
Rottini
Ruffini
Ruffini
Salati
Salati
Silvi
Simonazzi
Sironi
Sironi
Sironi
Sironi
Alderino
Giulio
Italo
Enzo
Leardo
Italo
Guerrino
Rinaldo
Alberto
Luciano
Giovanni
Amadio
Giuseppe
Bruno
Emilio
Delio
Giuseppe
Aldo
Rinaldo
Lamberto
Fernando
Adolfo
Seriglio
Giuseppe
Fioravante
Giuseppe
Ambrogio
Andrea
Domenico
Ennio
Giovanni
Giuseppe
Guido
Paolo
Peppino
Rino
Bonfiglio
Guido
Ernesto
Sergio
Salardo
Ercole
Battista
Ettore
Fortunato
Giulio
Giovanni
Gregorio
Antonio
Giuseppe
Prospero
Domenico
Antonio
Battista
Enrico
Primo
Egidio
Luigi
Orfeo
Luigi
Luigi
Icilio
Eliseo
Alfonso
Alfonso
Zino
Arturo
Giuseppe
Giovanni
Domenico
Cesare
Giuseppe
Luigi
Dario
Massimo
Luigi
Domenico
Francesco
Francesco
Luigi
Giovanni
Giuseppe
Quirino
Michele
Bernardino
Ernesto
Venanzio
Oreste
Ambrogio
Carlo
Paolo
Domenico
1914
1896
1913
1906
1912
1919
1926
1927
1901
1893
1925
1898
1905
1889
1910
1925
1927
1898
1918
1899
1926
1911
1906
1908
1907
1894
1926
1907
1916
1923
1919
1927
1895
1912
1916
1919
1927
1911
1891
1899
1899
1915
1927
1912
1897
Calzolaio
Macellaio
Sarto
Sarto
Contadino
Motorista
Contadino
Contadino
Ottico
Contadino
Bracciante
Artigiano
Meccanico
Operaio
Contadino
Contadino
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Meccanico
Operaio
Contadino
Commerciante
Commerciante
Esercente
Esercente
Contadino
Contadino
Commerciante
Autista (operaio)
Artigiano
Industriale
Agricoltore
Operaio
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Operaio
Contadino
Terazziere
Contadino
1-07-1944
29/06/44
1-07-1944
1-07-1944
2-07-1944
29/07/44
30/06/44
30/06/44
1-07-1944
8-10-1944
8-10-1944
8-10-1944
2-07-1944
8-10-1944
8-10-1944
1-07-1944
1-07-1944
30/06/44
2-07-1944
8-10-1944
1-07-1944
30/06/44
1-07-1944
8-10-1944
3-07-1944
1-07-1944
30/06/44
2-07-1944
2-07-1944
30/06/44
30/06/44
30/06/44
1-07-1944
1-07-1944
30/06/44
7-10-1944
1-07-1944
8-10-1944
1-07-1944
1-07-1944
2-07-1944
8-10-1944
30/06/44
30/06/44
30/06/44
30/06/44
Felina
Cast.Monti
Collagna
Cast.Monti
Monteduro
Montalto
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Colombaia
Cast.Monti
Cerreto
Monteduro
Felina
Cast.Monti
Cast.Monti
Felina
Felina
Cast.Monti
Cast.Monti
Garfagnolo
Sparavalle
Cast.Monti
Cast.Monti
Felina
Felina
Felina
Cast.Monti
Cast.Monti
Busana
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Felina
Felina
Garfagnana
Cast.Monti
Cast.Monti
Felina
Germania
Germania
Breslavia (Pol)- Lanslao?
Germania
Lipsia (D)
Germania
Lipsia (D)
Germania
Germania
Brandenburg (D)
Brandenburg (D)
Berlino (D)
Berlino (D)
Bochum - Essen (D)
Germania
Sassonia - Wurzen (D)
Wurzen - Fichtelberg (D)
Limburg (D)
Lipsia (D)
Berlino - Francoforte (D)
Stettino
Dresden (D)
Germania - Bochum (D)
Brandenburg (D)
Germania
Germania
Germania
Lipsia (D)
Lipsia (D)
Germania
Germania
Lipsia (D)
Brandis (D)
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Berlino (D)
Wurzen (D)- Polonia
Francoforte (D)
Brandenburg (D)
Lipsia (D)
Limburg (D)
Willich (D)
Germania
Manovale
Manovale
Manovale
Operaio
Calzolaio
Manovale
Manovale
Manovale
Fabbro
Manovale
Falegname
Manovale
Motorista
Manovale
Macchinista
Manovale
Manovale
Operaio
Operaio
Manovale
Manovale
Manovale
Autista
Manovale
Manovale
Facchino
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Operaio
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Operaio
Boscaiolo
Manovale
Manovale
terrazziere
Manovale
Manovale
2-05-1945
16/04/45
8-03-1945
1945
15/08/45
19/04/45
29/04/45
29/04/45
8-04-1945
25/4/19456
18/04/45
24/04/45
20/04/45
11-04-1945
11-04-1945
15/04/45
1-05-1945
6-05-1945
16/04/45
21/04/45
10-04-1945
1945
10-04-1945
24/04/45
3-05-1945
11-04-1945
16/04/45
29/04/45
29/04/45
16/04/45
16/04/45
16/04/45
16/04/45
16/04/45
16/04/45
9-05-1945
1-05-1945
14/04/45
7-05-1945
7-05-1945
2-05-1945
23/04/45
16/04/45
20/07/44
7-05-1945
21/03/45
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
Inglesi
Inglesi
USA
USA
USA
URSS
URSS
USA
USA
Fuggito
USA
Ammalato / Rimpatriato
Inglesi
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
URSS
USA
USA
114
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Sotto
Cast.Sotto
Cast.Sotto
Cast.Sotto
Cast.Sotto
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Sironi
Sironi
Sironi
Sironi
Sironi
Sironi
Sironi
Sironi
Spallanzani
Tagliati
Tapognani
Teggi
Tondelli
Ugoletti
Vanicelli
Vanicelli
Viappiani
Viappiani
Violi
Violi
Zanichelli
Zanni
Zannini
Zannini
Zini
Zini
Zuccoli
Benaglia
Bertani
Bertolotti
Braglia
Grassi
Antomani
Baroni
Benassi
Benevelli
Beneventi
Bertolini
Braglia
Braglia
Camellini
Campana
Cocchi
Coluzzi
Coriani
Corti
Giuseppe
Luigi
Luigi
Pellegrino
Prospero
Umberto
Virgilio
Vito
Nestore
Battista
Giuseppe
Nelson
Elvio
Giulio
Anchise
Giuseppe
Artemio
Quirino
Otello
Turno
Giuseppe
Guglielmo
Domenico
Paolo
Elmo
Isidoro
Odoardo
Vasco
Arnaldo
Renato
Walter
Carlo
Ettore
Mario
Ottorino
Alessandro
Alberto
Ottavio
Annibale
Luigi
Duilio
Saul
Gino
Aneto
Mario
Mario
Giovanni
Andrea
Francesco
Francesco
Giovanni
Giuseppe
Carlo
Carlo
Carlo
Ruggero
Attilio
Cirilio
Egidio
Antonio
Giuseppe
Anchise
Innocenzo
Adorno
Cesare
Giovanni
Cesare
Saverio
Giovanni
Mario
Antonio
Francesco
Giuseppe
Paradiso
Ernesto
Pietro
Raimondo
Eugenio
Ercole
Cutinio
Germano
Antonio
Flaminio
Vincenzo
Giuseppe
Romeo
Pancrazio
Ippolito
Raffaele
Emilio
Riccardo
Dario
1907
1924
1919
1926
1901
1927
1894
1922
1909
1927
1925
1925
1915
1908
1904
1926
1924
1896
1904
1904
1905
1925
1901
1925
1903
1902
1900
1922
1917
1916
1922
1924
1894
1927
1910
1925
1905
1912
1902
1899
1901
1909
1907
1901
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Bracciante
Insegnante
Operaio
Operaio
Operaio
Contadino
Operaio
Fabbro
Fabbro
Macellario
Impiegato
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Invalido
Falegname
Contadino
Operaio
Contadino
Impiegato
Muratore
Contadino
Meccanico
Studente
Bracciante
Contadino
Bracciante
Calzolaio
Contadino
Studente
Operaio
Contadino
Bracciante
Bracciante
Cast.Monti
Monteduro
Cast.Monti
Cast.Monti
Monteduro
Colombara
Sparavalle
Garfagnolo
Cast.Monti
Cast.Monti
Cast.Monti
Como
Busana
Felina
Cast.Monti
Germania
Berlino (D)
Germania
Kassel (D)
Halle (D)
Sassonia
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Berlino (D)
Berlino - Brandeburg
Brandenburg (D)
Cast.Monti
Berlino
Cast.Monti
Berlino (D)
Cast.Monti
Halle (D) - Sassonia
Cast.Monti
Germania
Cast.Monti
Germania
Cast.Monti
Wismar (D)
Cast.Monti
Germania
Cast.Monti
Magdeburg (D)
Gatta
Germania
Gatta
Germania
Germania
12-03-1944 Cast.Sotto
Brandenburg (D)
25/10/44
Cast.Sotto
Germania
26/02/44
Rodi
Rodi
17/03/44
Cast.Sotto
Baviera (D)
8-03-1944 Cadelbosco Sotto
Germania
30/07/44
Castellarano
Germania
7-08-1944 Prignano
Germania
20/07/44
Castellarano
Austria
20/07/44
Castellarano
Dachau (D)
4-08-1944 Roteglia
Germania
9-09-1943 S.Giovanni in Persiceto Hannover (D)
24/06/944 Castellarano
20/07/44
Castellarano
Velbert (D)
20/07/44
Castellarano
7-08-1944 Roteglia
Turingia
20/07/44
Castellarano
Germania
7-08-1944 Roteglia
Germania (Turingia)
4-08-1944 Toano
Turingia
20/07/44
Castellarano
Monaco (D)
30/06/44
30/06/44
30/06/44
30/06/44
30/06/44
29/06/44
30/06/44
30/06/44
8-10-1944
8-08-1944
26/06/44
18/04/84
30/06/44
1-07-1944
8-10-1944
8-10-1944
20/06/44
8-10-1944
8-10-1944
8-10-1944
7-10-1944
2-07-1944
8-08-1944
11-04-1944
1-08-1944
20/08/44
Minatore
Operaio
Minatore
Bracciante
Operaio
Contadino
Operaio
Muratore
Minatore
Meccanico
Meccanico
Bracciante
Bracciante
Bracciante
Operaio
Falegname
Operaio
Manovale
Operaio
Manovale
Manovale
Bracciante
Manovale
Manovale
Manovale
Operaio
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Minatore
Manovale
Manovale
Manovale
Manovale
Ammalato
28/03/45
lug-45
24/04/45
16/04/45
11-04-1945
2-05-1945
16/04/45
sett.1945
16/04/45
15/04/45
17/04/45
14/04/45
26/04/45
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
URSS
Inglesi
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
URSS
URSS
USA
USA
USA
URSS
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
apr-45
21/04/45
10-05-1945
6-05-1945
21/04/45
29/04/45
16/04/45
16/04/45
15/04/45
30/05/45
6-05-1945
20/04/45
5-04-1945
23/04/45
16/04/45
12-04-1945
14/04/45
8-03-1945
2-04-1945
25/04/45
25/04/45
12-04-1945
26/04/45
23/04/45
26/04/45
12-04-1945
11-04-1945
12-04-1945
13/04/45
3-05-1945
14/04/45
Deceduto nel febbraio 1945
115
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Cavriago
Cavriago
Cavriago
Cavriago
Cavriago
Cavriago
Cavriago
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Fontana
Frascari
Gaudenti
Ghirelli
Gianferrari
Incerti
Levrini
Lodesani
Lucenti
Lucenti
Magnani
Mammi
Medici
Meglioli
Munari
Nerucci
Paganelli
Paganelli
Paganelli
Palazzi
Pietri
Ravazzini
Ravazzini
Ravazzini
Rivi
Ruini
Secchi
Ternelli
Ternelli
Ternelli
Toni
Zanti
Cigarini
Lavecchi
Mori
Reverberi
Ronzoni
Sacchini
Sacchini
Albertini
Albertini
Azzali
Canovi
Deladonna
Delledonna
Donetoni
Massimiliano
Ettore
Giulio
Giuseppe
Arturo
Bartolomeo
Carlo
Giacomo
Giulio
Paolo
Enrico
Luigi
Gaetano
Stefano
Carlo
Armando
Artemio
Attilio
Nino
Giovanni
Entimio
Angelo
Carlo
Nello
Dante
Ildebrando
Domenico
Enrico
Giovanni
Guglielmo
Enrico
Ferdinando
Artemio
Galileo
Nicola
Guido
Pietro
Mario
Ultimo
Domenico
Pompilio
Giacomo
Stefano
Giovanni
Natalia
Bianca
Giuseppe
Emilio
nn
Giovanni
Luigi
Guglielmo
Benvenuto
Flaminio
Carlo
Lorenzo
Giuseppe
Domenico
Giovanni
Luigi
Domenico
Salustio
Domenico
Luigi
Domenico
Fedele
antonio
Enrico
Riccardo
Angelo
Giovanni
Pietro
Umberto
Ricciotti
Vito
Ricciotti
Pietro
Felice
Giovanni
Primo
Ferdinando
Gioacchino
Secondo
Giuseppe
Giuseppe
Umberto
Agostino
Costante
Pietro
Ireno
Giovanni
Giovanni
1899
1903
1902
1925
1896
1904
1927
1912
1925
1926
1906
1923
1904
1903
1904
1923
1920
1908
1923
1900
1921
1920
1925
1897
1911
1896
1899
1929
1927
1910
1899
1893
1914
1907
1911
1900
1919
1901
1918
1905
1898
1926
1893
1906
1918
Contadino
Bracciante
Bracciante
Bracciante
Contadino
Muratore
Muratore
Operaio
Falegname
Contadino
Contadino
Commerciante
Meccanico
Contadino
Contadino
Manovale
Coltivatore Diretto
Contadino
Contadino
Contadino
Operaio
Mutilato
Bracciante
Contadino
Bracciante
Bracciante
Manovale
Muratore
Meccanico
Decoratore
Contadino
Macellaio
Falegname
Falegname
Contadino
Contadino
Bracciante
Operaio
Meccanico
Contadino
Contadino
Contadino
Agricoltore
Contadino
Bracciante
Manovale
Castellarano
Castellarano
Reggio Emilia
Castellarano
Castellarano
Reggio Emilia
Roteglia
Roteglia
Roteglia
S.Valentino (RE)
Reggio Emilia
Roteglia
Castellarano
Roteglia
Isola d'Elba
Casalgrande
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Toano
Castellarano
Bassano
Cavriago
Villa Cella (RE)
Berlino
Cavriago
Cavriago
Ciano d'Enza
Compiano
Selvapiana
Traversetolo
Ciano d'Enza
Parma
Parma
3-08-1944
20/07/44
20/07/44
20/07/44
2-08-1944
20/07/44
2-06-1944
12-10-1944
15/09/44
8-09-1943
21/06/44
21/06/44
28/06/44
8-05-1944
6-10-1944
1-07-1944
8-05-1944
8-05-1944
8-05-1944
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Reggio Emilia
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
Castellarano
20/07/44
24/06/44
20/07/44
3-08-1944
20/07/44
7-08-1944
20/07/44
20/07/44
20/07/44
21/10/44
20/07/44
20/07/44
29/03/44
20/07/44
30/07/44
3-08-1944
4-08-1944
30/07/44
30/07/44
30/07/44
3-08-1944
30/07/44
20/07/44
30/07/44
8-09-1943
Germania
Germania
Magdeburg (D)
Innsbruck (A)
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Oldenburg (D)
Germania - Polonia
Dessau (D)
Germania
Monaco (D)
Germania
Germania
Germania
Lipsia (D)
Monaco (D)
Dachau (D)
Velbert (D)
Germania
Monaco (D)
Germania
Monaco (D)
Germania
Monaco (D)
Germania
Magdeburg (D)
Dachau (D)
Germania
Lipsia (D)
Turingia (D)
Germania
Germania
Monaco (D)
Germania
Monaco (D)
Germania
Barcaiolo
Manovale
Minatore
Operaio
Manovale
Contadino
Contadino
Fornaio
Contadino
Contadino
Bracciante
Meccanico
Muratore
Meccanico
Operaio
Manovale
Operaio
Elettricista
Carpentienre
Facchino
Operaio
Meccanico
Manovale
Manovale
Manovale
Bracciante
Operaio
Bracciante
Muratore
Fresatore
Bracciante
Bracciante
Bracciante
Facchino
Operaio
Bracciante
Operaio
Spazzino
Manov ale
Muratore
Muratore
Meccanico
Falegname
5-04-1945
21/04/45
8-05-1945
8-05-1945
19/03/45
1945
22/05/45
11-04-1945
1945
1945
1945
12-03-1945
23/04/45
30/04/45
15/04/45
8-03-1945
15/04/45
8-05-1945
6-04-1945
15/04/45
10-09-1945
24/04/45
3-05-1945
23/04/45
14/04/45
23/04/45
6-04-1945
24/04/45
24/04/45
23/04/45
16/04/45
11-04-1945
23/04/45
30/03/45
9-03-1945
16/04/45
1945
26/04/45
14/04/45
8-05-1945
7-03-1945
24/04/45
7-03-1945
27/04/45
USA
URSS
URSS
URSS
USA
URSS
USA
USA
URSS
URSS
URSS
USA
USA
USA
USA
Morto
USA
URSS
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
116
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Ciano Enza
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Ferrarini
Gibertini
Manini
Medola
Morini
Morini
Ruffini
Vasirani
Viani
Zannoni
Zavaroni
Zecchetti
Adorni
Bazzoli
Benetti
Bernardi
Bezzi
Bezzi
Bezzi
Bonetti
Borelli
Borghi
Bottazzi
Bottazzi
Bottazzi
Caccialupi
Camparani
Civiera
Cumer
Ferretti
Ferretti
Ferretti
Ferretti
Ferretti
Ferretti
Ferretti
Ferretti
Formentini
Furlani
Galassi
Galassi
Galaverni
Galeazzi
Galeazzi
Galeazzi
Gentili
Mario
Otello
Alfeo
Ferrante
Giuseppe
Sergio
Erio
Afro
Luigi
Bruno
Aimo
Nino
Bruno
Fioravante
Ettore
Sante
Armando
Emilio
Italo
Francesco
Cesare
Fernando
Alberto
Clemente
Nino
Armando
Arrigo
Andrea
Luigi
Egisto
Emilio
Giovanni
Iva
Lindo
Nino
Orio
Metello
Dante
Ramualdo
Domenico
Luigi
Wolfango
Agostino
Agostino
Cesare
Giuseppe
Aristide
Gisberto
Secondo
Fioravante
nn
Pierino
Geremia
Aldo
Pietro
Giovanni
Strauss
Giuseppe
Amerigo
Italo
Francesco
Domenico
Battista
Giuseppe
Battista
Ettore
Antonio
Giovanni
Agostino
Antonio
Clemente
Antonio
Pietro
Domenico
Giovanni
Domenico
Clemente
Romualdo
Arturo
Achille
Romualdo
Bartolomeo
Umberto
Giuseppe
Giulio
Giuseppe
nn
Guido
Antonio
Attilio
Attilio
Giovanni
1915
1927
1896
1922
1925
1927
1920
1924
1908
1910
1923
1916
1901
1901
1924
1924
1902
1908
1897
1901
1901
1912
1901
1899
1926
1919
1903
1903
1926
1904
1906
1893
1920
1924
1901
1905
1914
1903
1896
1905
1908
1909
1890
1902
1908
1908
Contadino
6-10-1944
Contadino
6-10-1944
Contadino
6-10-1944
Operaio
15/02/44
Bracciante
19/03/44
Operaio
1-07-1944
Contadino
6-10-1944
Contadino
11-08-1944
Contadino
6-10-1944
Contadino
6-10-1944
Commerciante ambulante
Agricoltore
29/05/44
Commerciante
30/06/44
Calzolaio
2-01-1945
Studente
30/06/44
Contadino
19/08/44
Muratore
1-07-1944
Contadino
30/06/44
Contadino
1-07-1944
Costruttore Edile 30/06/44
Contadino
20/07/43
Muratore
30/06/44
Contadino
30/06/44
Contadino
1-07-1944
Contadino
30/06/44
Contadino
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Muratore
30/06/44
Operaio
12-09-1943
Operaio
30/06/44
Operaio
1-07-1944
Muratore
31/06/44
Casalinga
26/06/44
Contadino
1-06-1944
Contadino
2-07-1944
Contadino
30/06/44
Insegnante
30/05/44
Esercente
5-07-1944
Carabiniere
2-07-1944
Contadino
30/06/44
Pastore
30/06/44
Manovale
3-07-1944
Operaio
30/06/44
Contadino
30/06/44
Operaio
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Reggio Emilia
Montecchio
Ciano d'Enza
Ciano d'Enza
Villaminozzo
Vetto
Reggio Emilia
Ciano d'Enza
Vedriano
Ciano d'Enza
22/03/44
Ciano d'Enza
Collagna
Collagna
Collagna
Cuneo
Acquabona
Acquabona
Acquabona
Collagna
Collagna
Collagna
Acquabona
Collagna
Acquabona
Collagna
Cerreto Alpi
Cerreto
Vicenza
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
S.Benedetto
Collagna
Collagna
Collagna
Gatta
Collagna
Acquabona
Acquabona
Busana
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Falegname
Bracciante
Operaio
Manovale
Operaio
Manovale
Erfurt (D)
Bracciante
Berlino (D)
Operaio
Germania
Manovale
Cerrè Sologno
Montatore
Manovale
Greifswald (D)
Operaio
Bolzano - Verona
Calzolaio
Germania
Facchino
Berlino.Marienburg (D) Meccanico
Erfurt (D)
Muratore
Germania
Manovale
Muenster (D)
Carrettiere
Germania
Manovale
Germania
Operaio
Muenster (D)
Manovale
Germania
Manovale
Muenster (D)
Carrettiere
Muenster (D)
Contadino
Stettino (Pol)
Contadino
Colonia (D)
Facchino
Germania
Manovale
Breslau (Pol)-Dachau (D) Minatore
Greifswald (D)
Operaio
Germania
Manovale
Stan-Krems - Berlino (D) Muratore
Hannover (D)
Operaia
Hannover (D)
Manovale
Teltow (D)
Manovale
Kassel (D)
Contadino
Greifswald (D)
Manovale
Germania
Manovale
Slesia (D)
Germania
manovale
Stolpe (D)
Operaio
Hindemburg (D)
Germania
Contadino
Dessau (D)
Facchino
Dessau (D)
Elettricista
Dessau (D)
Operaio
Austria - Germania
Vienna (A)
Brandenburg (D)
Germania
Linz (A)
Germania
2-05-1945
6-04-1945
28/04/45
28/07/44
8-05-1945
4-05-1945
5-04-1945
14/04/45
24/04/45
14/04/45
1-05-1945
11-04-1945
30/04/45
25/04/45
26/04/45
23/04/45
12-04-1945
7-03-1945
3-04-1945
9-03-1945
4-04-1945
1945
8-03-1945
2-04-1945
1-04-1945
1-05-1945
5-03-1945
5-04-1945
16/04/45
30/04/45
5-04-1945
3-04-1945
31/01/45
9-04-1945
24/04/45
5-04-1945
30/04/45
3-04-1945
3-04-1945
10-04-1945
9-03-1945
1945
1-03-1945
1945
25/05/45
24/04/45
Ammalato - rientrato
dal 04/07/1944 combatte con reparti RSI
URSS
Morto
URSS
URSS
URSS
USA
URSS
Morto
USA
URSS
USA
URSS
USA
USA
USA
URSS
Fuggito - rimpatriato
USA
URSS
Partigiani italiani
USA
URSS
USA
URSS
USA
URSS
USA
USA
URSS
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
Partigiani
Jugoslavi
USA
117
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Ghini
Mainoldi
Manenti
Manicardi
Montecchi
Monti
Natalini
Notari
Notari
Orandi
Orlandi
Orlandi
Orlandi
Orlandi
Orlandi
Orlandi
Pangos
Penserini
Penserini
Ricci
Ricci
Rivoli
Romagnoli
Saimini
Sentieri
Setti
Tacconi
Tranconi
Ugolotti
Versi
Verzi
Giansoldati
Lombardi
Tronconi
Bagni
Bedogni
Bigarelli
Bondi
Boni
Brunelli
Campani
Carretti
Catellani
Davoli
Gazzetti
Giuliani
Arcise
Edoardo
Aldo
Umberto
Vito
Prospero
Francesco
Carlo
Oliviero
Enrico
Ottavio
Domenico
Antonio
Giuseppe
Sveno
Francesco
Galileo
Leone
mario
Ugo
Eugenio
Rocco
GiandomenicoAngelo
Giovanni
Angelo
Marco
Rizieri
Secondo
Rizieri
Ugo
Giuseppe
Libero
Antonio
Domenico Pietro
Isidoro
Augusto
Mario
Francesco
Pietro
Aristide
Vito
Antonio
Orlando
Fortunato
Bartolo
Edoardo
Olindo
Geremia
Bruno
Diego
Primo
Giuseppe
Pilade
Palmiro
Alfredo
Ettore
Ruggero
Giuseppe
Dante
Francesco
Lodovico
Gerolamo
Ciro
Giuseppe
Efrem
Silvio
Marino
Giuseppe
Werter
Aronne
Aldo
Tito
Primo
Umberto
Bruno
Angelo
Valter
Bruno
Poppea
Clinio
Nello
Enrico
Efrem
Ermenegildo
Valdo
Armando
Secondo
Leandro
Bernardino Pietro
1904
1902
1906
1895
1894
1910
1909
1928
1916
1897
1913
1926
1919
1898
1905
1892
1904
1910
1912
1893
1913
1893
1892
1905
1910
1896
1904
1902
1891
1911
1914
1894
1900
1923
1926
1924
1914
1924
1921
1923
1924
1925
1929
1900
1911
Contadino
Operaio
Contadino
Bracciante
Postino
Bracciante
Contadino
Contadino
Bracciante
Contadino
Contadino
Operaio
Bracciante
Manovale
Contadino
Contadino
Barbiere
Muratore
Bracciante
Contadino
Manovale
Contadino
Boscaiolo (operaio)
Muratore
Bracciante
Esercente
Calzolaio
Contadino
Falegname
Muratore
Carabiniere
Contadino
Contadino
Contadino
Operaio
Barbiere
Meccanico
Operaio
Meccanico
Operaio
Esercente
Contadino
Contadino
Bracciante
Manovale
Impiegato
02/07/0944
30/06/44
2-07-1944
1944
30/06/44
30/06/44
30/06/44
2-07-1944
31/07/44
1-07-1944
30/06/44
1-07-1944
1-07-1944
30/06/44
30/06/44
1-07-1944
30/06/44
2-07-1944
2-07-1944
30/06/44
4-07-1944
30/06/44
29/06/44
30/06/44
2-07-1944
30/06/44
2-07-1944
1-07-1944
30/06/44
30/06/44
30/06/44
1-07-1944
30/06/44
30/06/44
13/09/44
1-12-1944
28/06/44
Agosto '44
8-05-1944
1-12-1944
22/07/44
1-12-1944
27/08/44
31/12/44
2-01-1944
5-10-1944
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Acquabona
Collagna
Collagna
Acquabona
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Cerreto Alpi
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Collagna
Cerreto Alpi
Gatta
Valbona
Cerreto Alpi
Acquabona
Collagna
Collagna
Collagna
Valbona
Cerreto Alpi
Correggio
Correggio
Gazzata
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Reggio Emilia
Correggio
Correggio
Marzabotto
Collagna
Collagna
Valbona
Dessau (D)
Manovale
Kolberg (D)
Cuciniere
Germania
Manovale
Germania
Gusen (D)
Manovale
Greifswald (D)
Manovale
Stettino - Rostock (D)
Cantoniere
Schwerin (D)
Manovale
Marienburg - Schwerin (D) Operaio
Schwerin (D)
operaio
Schwerin (D)
manovale
Pomerania (D)
Stettino (Pol)
Operaio
Schwerin (D)
Manovale
Schwerin (D)
Manovale
Stettino (Pol)
Operaio
Sassonia (D)
Manovale
Gotha - Goettingen (D) Manovale
Germania
Fonditore
Germania
Manovale
Pilsen (CZ)
Muratore
Goettingen (D)
Tuchow (Pol)
Boscaiolo
Pilsen (CZl)
Facchino
Pilsen (Csl)
Facchino
Germania
Meccanico
Lipsia - Paderborn (D)
Calzolaio
Munsedan?
Manovale
Wels (A)
Falegname
Erfurt (D)
Muratore
Germania
Operaio
Hindenburg (D)
Gotha (D)
Manovale
Germania
Manovale
Monaco (D)
Manovale
Manovale
Danzica (D) - Thorn (Pol) Manovale
Germania
Operaio
Germania
Motorista
Brieg (D)
Meccanico
Breslau (Pol)
Manovale
Brieg (D)
Ferroviere
Germania Facchino
Brieg (D)
Operaio
Hannover (D)
Manovale
Fresatore
USA
URSS
URSS
Ammalato
URSS
URSS
USA
USA
USA
URSS
Deceduto
23/05/45
URSS
2-05-1945 USA
2-05-1945 USA
1-05-1945 URSS
26/04/45
USA
6-04-1945 USA
13/04/45
USA
27/04/45
USA
5-05-1945 Partigiani Cechi
26/04/45
USA
1-05-1945 URSS
5-05-1945 USA
5-05-1945 Cecoslovacchi
8-04-1945 USA
1-04-1945 USA
29/04/45
USA
7-05-1945 USA
10-04-1945 USA
25/04/45
USA
8-05-1945 USA
17/04/45
USA
8-05-1945 USA
4-04-1945 USA
8-04-1945 USA
27/03/45
URSS
8-04-1945 URSS
20/05/45
USA
12-05-1945 URSS
14/04/45
USA
8-05-1945 URSS
8-05-1945 URSS
12-05-1945 URSS
9-04-1945 USA
22/04/45
URSS
5-04-1945
4-03-1945
4-03-1945
ott-44
30/12/44
1-05-1945
1-05-1945
2-05-1945
3-05-1945
1-05-1945
22/04/45
118
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Fabbrico
Fabbrico
Fabbrico
Fabbrico
Fabbrico
Fabbrico
Fabbrico
Gattatico
Gattatico
Gattatico
Gattatico
Gattatico
Gattatico
Gualtieri
Gualtieri
Gualtieri
Gualtieri
Gualtieri
Gualtieri
Gualtieri
Gualtieri
Gualtieri
Gualtieri
Gualtieri
Guastalla
Grazioli
Incerti
Lugli
Luppi
Luppi
Lusetti
Mantova
Marchi
Medici
Menozzi
Neviani
Nicolini
Panisi
Pisa
Rolla
Sedano
Simonazzi
Verzelloni
Vittori
Zoboli
Davoli
Copellini
Davolio
Menotti
Nicolini
Panisi
Vezzani
Vezzani
Artoni
Bigi
Ceci
Chiari
Ferrari
Mora
Alberti
Benatti
Bigi
Bonini
Garuti
Gianferrari
Gianferrari
Gualdi
Mori
Salvarani
Vergnani
Agosta
Don Mario
Attilio
Antonio
Anselmo
Guido
Viterbo
Osvaldo
Alfredo
Bruno
Celso
Don Enzo
Getulio
Veno
Giovanni
Alberto
Giovanni
Luciano
Flaminio
Leo
Riccardo
Giuseppe
Enzo
M. Rolando
Giannetto
Fabio
Giulio
Dino
Tristano
Ideo
Giuseppe
Macedonio
Ferruccio
Enzo
Luigi
Franco
Athos
Giuseppe
Afro
Otello
Bruno
Ivo
Faustino
Bruno
Guido
Vittorio
Ennio
1923
1923
1930
1925
1927
1925
1924
1922
1908
Paolo
Claudio
Abelardo
Giulio
Davide
Grisante
Luigi
Angelo
Romildo
Afro
Daniele
Grescenzio
Leone
Pietro
Carlo
Pietro
Pietro
Fiorigi
Arduino
nn
Luigi
Daccirio
1904
1913
1921
1891
1905
1905
1914
1908
1909
1922
1905
1923
1921
1922
1914
1899
1926
1923
1900
1920
1926
1924
1924
1923
1925
1919
1924
1925
1926
1917
1921
1923
1908
1925
1923
Giuseppe
Enrico
Giuseppe
Adeo
Antonio
Dionisi
Eugenio
Quirino
Roberto
Primo
Pietro
Alderigi
Ernesto
Umberto
Giovanni
nn
Renzo
Giuseppe
Vittore
Domenico
Enrico
Giovanni
Studente
Studente
Contadino
Disegnatore
Operaio
Barbiere
Ambulante
Autista
Meccanico
Contadino
Meccanico
Meccanico
Meccanico
Contadino
Casaro
Contadino
Meccanico
Contadino
Contadino
Fornaio
Meccanico
Bracciante
Manovale
Meccanico
Gelatiere
Sacerdote
Commesso
Manovale
Calzolaio
Bracciante
Operaio
Operaio
Impiegato
Macellaio
Operaio
Sacerdote
Bracciante
Bracciante
Meccanico
Bracciante
Ortolano
Meccanico
Gattatico
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Gattatico
Reggio Emilia
Africa
Reggio Emilia
Reggio Emilia
8-03-1944
10-08-1944
20/04/44
7-11-1944
17/06/44
22/05/45
10-08-1944
15/05/44
20/08/43
8-03-1944
26/11/44
5-04-1941
14/06/42
7-08-1944
8-03-1944
9-05-1944
8-06-1944
23/08/44
AddissAbeba
Reggio Emilia
Germania
Gualtieri
Udine
Guastalla
Pieve di Cadore
Gualtieri
Fabbrico
Fabbrico
Fabbrico
Canolo
Correggio
Correggio
Correggio
Bologna
Budrio - Correggio
Correggio
Correggio
Reggio Emilia
Sulmona
Correggio
Novara
S.Prospero
Firenze
Fosdondo
Correggio
Correggio
Correggio
Correggio
Reggio Emilia
Correggio
Fabbrico
29/11/44
29/11/44
28/11/44
22/07/44
22/07/44
1-12-1944
22/07/44
24/08/44
29/07/44
29/05/44
22/07/44
9-12-1943
15/09/43
22/07/44
23/04/44
2-07-1944
22/03/44
18/05/44
22/07/44
1-12-1944
24/06/44
1-12-1944
22/06/44
9-11-1943
12-10-1944
Germania
Facchino
Ebelsberg (A)-Polonia
Germania
Willich (D)
Colonia (D)
Germania
Germania
Germania
Rhodesia
Colonia (D)
Germania
Colonia (D)
Germania
Germania
Polonia
Giardiniere
Manovale
7-05-1945
Manovale
Manovale
Bracciante
Manovale
Manovale
Vetraio
Operaio
Manovale
Operaio
Manovale
Minatore
Operaio
Meccanico
Meccanico
Meccanico
Meccanico
Dachau(D) Mauthausen (A)
Fossoli
Brieg (D)
Manovale
Breslau (Pol)
Manovale
Monaco (D)
Barcaiolo
Monaco
Salumiere
Hannover (D)
Manovale
Breslau (Pol)
Interprete
Germania
Salisburgo (A)
Minatore
Mauthausen (A)-Dachau (D)Manovale
Germania
Meccanico
Germania - Breslau (Pol) Manovale
Meccanico
Limburg (D)
Muratore
Breslau (Pol)
Falegname
Brieg (D)
Bracciante
Manovale
Brieg (D)
Manovale
Germania
Manovale
Berlino (D)
Facchino
Manovale
3-05-1945
4-01-1947
5-04-1945
12-04-1945
5-04-1945
7-05-1945
1945
20/06/43
6-01-1947
14/04/45
USA
11-01-1945
5-04-1945
5-04-1945
URSS
USA
Fuggito
Francesi
USA
USA
USA
USA
USA
Fuggito durante il viaggio di deportazione 30/07/1944
8-05-1945 URSS
16/04/45
USA
29/04/45
USA
1-05-1945 USA
10-04-1945 Inglesi
22/02/45
2-04-1945
25/04/45
USA
29/04/45
USA
25/04/44
1-05-1945 USA
22/04/45
USA
9-04-1945 Inglesi
8-05-1945 URSS
8-05-1945 URSS
28/04/45
USA
21 giorni in campo di punizione 'Straflagheri'
8-05-1945 URSS
11-04-1945 USA
24/04/45
URSS
20/04/45
USA
Internato civile
30/06/45
URSS
9-05-1945 URSS
9-05-1945 URSS
23/04/45
URSS
Catturato dalla Brigata Nera
6-04-1945 USA
Catturato dai fascisti.
3-12-1944 Ammalato
5-04-1945
14/04/45
Inglesi
29/04/45
119
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Ligonchio
Ligonchio
Ligonchio
Ligonchio
Luzzara
Luzzara
Luzzara
Luzzara
Luzzara
Luzzara
Luzzara
Luzzara
Montecchio
Montecchio
Montecchio
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Benassi
Benatti
Bernini
Brozzi
Catellani
Catellani
Copellini
Cornacchia
Freddi
Gavassa
Mora
Mora
Mora
Morelli
Paluan
Pontiroli
Riva
Vallini
Verona
Zecchi
Scaruffi
Simonelli
Toni
Toni
Beltrami
Bertazzoni
Caramaschi
Cealti
Crema
Luppi
Malagoli
Marchi
Asioli
Denti
Ferrari
Bartoli
Becchi
Bellini
Bergamaschi
Berni
Bigliardi
Carretti
Castagnoli
Castellari
Corradi
Corradini
Ermes
Giovanni
Edolo
Angiolino
Cesare
Erminio
Ermelino
Adelmo
Enrico
Edoardo
Andrea
Mario
Vittorino
Gaspare
Guerrino
Bruno
Oliviero
Franco
Iudes
Dante
Mario
Antonio
Giacomo
Sauro
Pilade
Anselmo
Carlo
Nullo
Livio
Arrigo
Stefano
Loris
Cesare
Ezio
Aronne
Dario
Amedeo
Francesco
Paride
Ermes
Enrico
Arnaldo
Mario
Adelmo
Oscar
Calvino
Adelmo
Remo
Arnaldo
Armando
Errico
Achille
Giovanni
Guido
Leonida
Luigi
Ariodante
Erminio
Ariodante
Gaetano
Giulio
Ettore
Lono
Riccardo
Antonio
Ermes
Frigerio
Venanlio
Giovanni
Adolfo
Artemio
Luigi
nn
Antenore
Giovanni
Domenico
Gaetano
Carlo
Umberto
Giambattista
Antonio
Domenico
Luigi
Azio
Luigi
Demetrio
Umberto
Emerenzo
Vittorio
Luigi
Marino
Ennio
1925
1916
1915
1921
1914
1903
1914
1921
1925
1903
1928
1912
1926
1896
1916
1922
1904
1897
1924
1926
1921
1925
1920
1928
1903
1924
1926
1923
1926
1925
1925
1909
1923
1908
1908
1910
1923
1914
1916
1925
1913
1925
1920
1912
1923
1921
Meccanico
28/02/44
Meccanico
16/10/43
Bracciante
19/03/44
Maestro
9-09-1943
Idraulico
25/04/44
Operaio
10-10-1944
Bracciante
28/02/43
operaio
29/02/44
Contadino
8-03-1944
Impiegato
1-04-1944
Meccanico
5-01-1944
Falegname
16/08/44
Falegname
5-01-1944
Muratore
28/03/44
Falegname
25/03/44
Lattonaio
29/05/44
Meccanico
22/06/44
Calzolaio
7-06-1944
Operaio
17/03/44
Meccanico
19/01/44
Impiegato
10-05-1944
Bracciante
5-08-1944
Contadino
4-08-1944
Manovale
3-07-1944
Bracciante
12-04-1944
Commerciante
2-08-1944
Macellaio
17/06/44
Autista - Elettricista 24/02/43
Macellaio
17/06/44
Contadino affittuario 10-08-1944
Contadino
17/07/44
Bracciante
24/08/44
Operaio
17/06/44
Lattoniere
14/09/44
Muratore
15/05/41
Meccanico
5-07-1944
Contadino
22/04/44
Meccanico
26/06/44
Marmista
14/05/44
Manovale
6-12-1944
Meccanico
20/04/44
Contadino
1-12-1944
Meccanico
1-10-1944
Bracciante
10-04-1944
Operaio
17/09/44
Meccanico
29/03/44
Polonia
Asmara
Polonia
Codisotto
Casoni
Reggio Emilia
Imola
Berlino
Parigi
Alessandria
Genova
Novellara
Reggio Emilia
Novellara
Reggio Emilia
S.Giovanni Nov.
Valle d'Aosta
S.Giovanni Nov.
S.Maria Nov.
Novellara
Guastalla
Guastalla
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Francia
Germania
Reggio Emilia
Cast.Sotto
Guastalla
Guastalla
Guastalla
Modena
Guastalla
Reggio Emilia
Guastalla
Reggio Emilia
Guastalla
Guastalla
Reggio Emilia
Sadava
Cinquecerri
Ligonchio
Collagna
Codisotto
Meccanico
Facchino
Bracciante
25/04/45
23/04/45
16/04/45
18/04/45
Meccanico
22/04/45
Muratore
10-07-1944
Contadino
11-04-1945
Facchino
11-04-1945
Operaio
19/03/45
Meccanico
1945
Contadino
15/04/45
Falegname
6-04-1945
Contadino
10-04-1945
Muratore
15/02/45
Falegname
23/04/45
Bracciante
22/04/45
Operaio
7-04-1945
Manovale
12-04-1945
Meccanico
17/04/45
Meccanico
1-04-1945
Manovale
24/01/45
Manovale
1-04-1945
Facchino
31/03/45
Pilsen (CZ)
Manovale
5-05-1945
Germania
Fattorino
16/04/45
Germania
1945
Polonia - Hannover (D) Agricoltore
10-04-1945
Rhodesia
Dipendente Olivetti 4-01-1947
Polonia - Hannover (D) Agricoltore
10-04-1945
Berlino (D)- Cecoslovacchia Lavoro in ferrovia 8-05-1945
Berlino - Brieg (D)
28/05/45
Facchino
4-04-1945
Germania
Meccanico
4-04-1945
Berlino (D)
Tubista
3-05-1945
Berlino (D)
Muratore
22/04/45
Lipsia (D)
Meccanico
17/04/45
Brandenburg (D)
Manovale
21/04/45
Dessau (D)
Contadino
10-05-1945
Germania
Manovale
14/04/45
Germania
Manovale
19/04/45
Tornitore
2-05-1945
Brieg (D)
Manovale
9-05-1945
Germania
Operaio
1-04-1945
Berlino (D)
Manovale
10-05-1945
Breslau (Pol)
Tornitore
7-05-1945
Magdeburg (D)
Meccanico
11-04-1945
Germania
Buchenwald (D)
Fassberg (D)
Berlino (D)
Berlino (D)
Berlino (D)
Germania
Magdeburg (D)
Germania
Costanza
Innsbruck (D)
Germania
Innsbruck (D)
Berlino (D)
Kempten (D)
Germania
Langenbielau (D)
Berlino (D)
Lipsia (D)
Vienna (A)
Auschwitz (Pol)
Germania
URSS
URSS
USA
Francesi
URSS
URSS
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
Fuggito
USA
USA
URSS
URSS
USA
USA
USA
URSS
USA
URSS
URSS
USA
USA
USA
Inglesi
USA
Ammalato
Catturato dagli alleati
Con cartolina precetto.
USA
USA
USA
Autoliberatosi
USA
URSS
Inglesi
USA
120
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Poviglio
Poviglio
Q.Castella
Q.Castella
Q.Castella
Q.Castella
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Reggio
Reggio
Reggio
Fieni
Giordani
Iotti
Maccagnani
Mazza
Oliva
Piazza
Reggiani
Rondini
Rossi
Rossi
Sagradi
Sagradi
Spaggiari
Spaggiari
Spaggiari
Sagradi
Bertani
Colla
Aleotti
Bellesi
Panciroli
Tamagnini
Antonelli
Azzolini
Baisi
Borghi
Carlini
Catti
Cecchi
Cecconi
Cola
Dughetti
Dughetti
Ferrari
Ilariucci
Mappa
Menconi
Merlini
Morlini
Pedrini
Valli
Bragazzi
Adani
Aghinolfi
Alfieri
Giovanni
Franco
Adriano
Franco
Luigi
Ferruccio
Umberto
Cismo
Luigi
Adorno
Guido
Calvino
Romano
Amilcare
Guido
Mario
Luigi
Aldo
Ermes
Demetrio
Giovanni
Otello
Mario
Aldo
Alberto
Pellegrino
Luigi
Giuseppe
Leopoldo
Vittorio
Renato
Guerrino
Livio
Primo
Giuseppe
Antonio
Leonardo
Poerio
Giuseppe
Giovanni
Alfredo
Renato
Antonio
Claudio
Ivo
Gelmino
Giuseppe
Natale
Augusto
Davide
Licinio
Guido
Antenore
Augusto
Arnaldo
Antonio
nn
Casciano
Luigi
Ruggero
Licinio
Umberto
Luigi
Luigi
Massimiliano
Giovanni
Aristide
Sante
Marino
Giuseppe
Prospero
Simone
Guido
Pasquino
Raniero
Michele
Davide
Michele
Pellegrino
Antonio
Giuseppe
Arturo
Domenico
Ferdinando
Rizieri
Pellegrino
Eugenio
Michele
Romualdo
Antonio
Ilario
1890
1912
1892
1901
1911
1895
1928
1906
1924
1923
1918
1923
1926
1910
1926
1911
1924
1922
1923
1925
1914
1916
1883
1929
1912
1925
1925
1924
1917
1925
1927
1919
1920
1925
1913
1913
1890
1902
1900
1910
1892
1908
1910
1904
1905
Pastaio
6-04-1944
Meccanico
27/06/44
Muratore
22/06/44
Impiegato
5-10-1944
Bracciante
1944
Macchinista
18/08/44
Bracciante
1-05-1944
Fornaio
17/12/43
Contadino
15/11/44
Muratore
28/05/44
Casaro
27/04/44
Bracciante
12-10-1944
Bracciante
12-10-1944
Bracciante
12-04-1944
Contadino
9-08-1944
Contadino
9-10-1944
Bracciante
29/10/44
Bracciante
4-05-1944
Carabiniere
1-12-1944
Contadino
Autista
30/06/44
Meccanico
23/06/44
Contadino
23/04/44
Contadino
2-07-1944
Mugnaio
30/06/44
Contadino
2-07-1944
Contadino
2-07-1944
Impiegato comunale 30/06/44
Contadino
3-07-1944
Mezzadro
2-07-1944
Falegname
3-07-1944
Contadino
2-07-1944
Contadino
3-07-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
1-08-1944
Contadino
29/06/44
Muratore
17/11/42
2-07-1944
Contadino
2-07-1944
Operaio
20/11/44
2-07-1944
Cascinaio
2-07-1944
2-07-1944
Meccanico
22/06/44
Meccanico
8-09-1943
Barbiere
sett. 1943
Cervarezza
Villa Sesso
Vicenza
Ramiseto
Busana
Ramiseto
Ramiseto
Ramiseto
Reggio Emilia
Ramiseto
Reggio Emilia
Reggio Emlilia
Ramiseto
Castagneto
Gatta Cast.Monti
Ramiseto
Reggio Emilia
Ramiseto
Castagneto
Ramiseto
Reggio Emilia
Ramiseto
Ramiseto
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Novellara
Reggio Emilia
S.Bernardino
Novellara
Novellara
Torino
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
S.Maria Nov.
Novellara
Novellara
Novellara
Novellara
Poviglio
Torino
Elettricista
Contadino
Muratore
Manovale
Germania
Germania
Manovale
Lavora
Meccanico
Meccanico
Meccanico
Manovale
Boscaiolo
Germania
Facchino
Berlino (D)
Manovale
Manovale
Germania - Bochum (D) Manovale
Bochum (D)
Manovale
Germania
Operaio
Innsbruck (D)
Manovale
Innsbruck (D)
Manovale
Bochum (D)
manovale
Berlino (D)
Operaio
Bolzano - Germania
Germania
Germania
Manovale
Colonia (D)
Muratore
Germania
Manovale
Contadino
Magdeburg (D)
Manovale
Stettino (Pol)
Manovale
Contadino
Bracciante
Contadino
manovale
Manovale
Contadino
Contadino
Manovale
Manovale
Meccanico
Kiel (D)
Muratore
Falegname
Vari lavori
Peschiera
Manovale
Berlino (D)
Germania
Germania
Bremen (D)
Germania
22/04/45
21/03/45
21/01/45
1-05-1945
5-07-1945
1-04-1945
30/04/45
5-04-1945
4-05-1945
26/04/45
1-05-1945
11-04-1945
11-04-1945
16/04/45
8-05-1945
1945
11-04-1945
8-04-1945
1945
1945
11-04-1945
6-03-1945
4-04-1945
5-04-1945
30/04/45
22/04/45
16/04/45
13/04/45
12-04-1945
5-05-1945
3-05-1945
4-04-1945
11-04-1945
2-05-1945
14/04/45
5-05-1945
8-05-1945
28/04/45
30/04/45
29/05/45
6-07-1945
30/04/45
4-03-1945
28/03/45
12-04-1945
1945
Autonomamente rimpatriato
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
URSS
URSS
USA
USA
URSS
USA
USA
G.B.
USA
URSS
G.B.
Precettato
Rastrellato
USA
Autoliberatosi
URSS
Inglesi
USA
Francesi
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
Francese
USA
URSS
121
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Ariello
Aristarchi
Artioli
Ascari
Ascari
Badoni
Bagni
Bagni
Baiocchi
Baldi
Barazzoni
Barbarani
Barbieri
Barchi
Barilli
Bartoli
Bartoli
Bartoli
Battaglia
Battilani
Bedeschi
Belli
Benevelli
Bertani
Bertolini
Bertoni
Biagini
Biancolini
Bigliardi
Bigliardi
Biondi
Bizzarri
Bocedi
Bocedi
Boiardi
Bolognesi
Bolondi
Bonazzi
Bonazzi
Bondavalli
Bondavalli
Bondavalli
Bondioli
Boni
Boni
Bonvicini
Gino
Giacomo
Giglio
Azio
Viviana
Camillo
Alfeo
Gino
Mario
Renzo
Renzo
Franco
Orlando
Augusto
Giuseppe
Bruno
Giorgio
Livio
Irma
Mario
Gaetano
Nino
Azio
Pierino
Aldo
William
Olinto
Giovanni
Giulio
Guido
Sirena
Armando
Albano
Gino
Dante
Giovanni
Nello
Amedeo
Giuseppe
Amedeo
Bruno
Renato
Aldo
Alberto
Ercole
Orlando
Alfredo
Salvatore
Polivio
Oreste
Leopoldo
Giovanni
Aristide
Vincenzo
Luigi
nn
Adelmo
nn
Adelmo
nn
Antonio
Andrea
Alberto
Giuseppe
Luigi
nn
Dorindo
nn
Dario
Amedeo
Primo
Silvio
Alfredo
Giuseppe
Cesare
Aniceto
Alfredo
Girolamo
Davide
Domenico
Achille
Aldo
Camillo
Aldo
Giuseppe
Augusto
Luigi
angelo
Angelo
Angelo
1926
1924
1924
1915
1912
1912
1916
1916
1913
1925
1911
1919
1903
1888
1907
1912
1926
1899
1896
1926
1921
1908
1900
1903
1922
1926
1925
1926
1913
1913
1909
1903
1921
1908
1895
1922
1915
1925
1906
1916
1924
1914
1915
1902
1926
1925
8-06-1944
mar-44
29/09/43
31/07/44
12-03-1944
7-08-1944
25/02/44
15/04/44
Limidi di Soliera (MO) Berlino.Wittenberg (D) Meccanico Tornitore 2-05-1945
Reggio Emilia
Germania
Manovale
15/05/45
Reggiolo
Kempten (D)
Manovale
apr-45
Reggio Emilia
Colonia (D)Austria
Meccanico
19/09/44
Milano
Vienna (A)
Operaia
5-04-1944
Fogliano
Wiesbaden (D)-Stettino (Pol)Operaio
3-05-1945
Reggio Emilia
Germania
Tornitore
24/04/45
Reggio Emilia
Berlino (D)
Operaio
1-05-1945
Tunisia
Tunisia - Tripolitania
9-08-1946
25/01/45
Gonzaga
Gonzaga - Brennero
Bracciante
4-05-1945
1-04-1944 Reggio Emilia
Bruss (D)
Manovale
25/12/44
30/06/44
Cast.Monti
Villach (A)
Elettricista
10-05-1945
31/07/44
Reggio Emilia
Colonia (D)
Manovale
9-05-1945
5-04-1944 Reggio Emilia
Germania
Meccanico
5-05-1945
4-05-1944 Belgio
Berlino (D)
Retificatore
23/04/45
15/09/43
Verona
Germania
Manovale
3-04-1945
17/08/44
Reggio Emilia
Monaco (D)
Manovale
21/04/45
23/03/44
Correggio
Germania
Carpentiere
25/04/45
28/02/44
Reggio Emilia
Mosbach (D)
Manovale
11-05-1945
1-07-1944 Reggio Emilia
Manovale
16/04/45
5-09-1944 Reggio Emilia
Germania
Muratore
20/04/45
18/07/44
Toano
Operaio
18/04/45
29/06/44
Cervarezza
1-04-1945
27/07/44
Bassano (TV)
Praga (CZ)
Manovale
8-05-1945
16/02/44
Reggio Emilia
Germania
Operaio
28/04/45
7-08-1944 Fogliano
Berlino.Langlau (D)
Contadino
3-09-1944 Massenzatico
Cecoslovacchia
Operaio
9-05-1945
Contadino
21/08/44
Villa Bagno
Germania
Muratore
22/04/45
1944
Reggio Emilia
1945
Meccanico Operaio 30/07/44
Cavriago
Germania
Operaio
15/10/44
Operaia
25/03/44
Reggio Emilia
Wittenberg (D)
Trapanista
22/04/45
Manovale
22/04/44
S.Bartolomeo
Landau - Leimbach (D) Operaio
23/03/45
Operaio
22/06/44
Reggio Emilia
Kaischeim (D)
Manovale
1-04-1945
Operaio
5-08-1944 Regnano
Berlino (D)
Operaio
7-05-1945
Guardia Giurata
1-02-1943
Linz (A)
Operaio
4-05-1945
Studente
17/09/43
Svizzera
Svizzera
lavora presso privati 12-07-1945
Contadino
6-10-1944 Castellaro
Brandenburg-Magdeburg (D)Manovale
7-05-1945
Contadino
6-08-1944 Villa Fogliano
Duesseldorf- Hahn (D) Manovale
16/05/45
Operaio
21/08/44
Villa Bagno
Germania
Falegname
14/04/45
Autista operaio
8-01-1944 Bagnolo
Germania
Meccanico
12-04-1945
Operaio
10-01-1944 Reggio Emilia
Norimberga (D)
Spazzino
25/04/45
Verniciatore
30/05/44
Reggio Emilia
Germania
Facchino
30/03/14
Meccanico
4-01-1944 Bologna
Auschwitz (Pol)-Bruck (A)
12-04-1945
Operaio
15/05/44
Bologna
Breslau (Pol)
Imbianchino
8-05-1945
Studente
2-05-1944 Cast.Monti
Greucht (D)
8-05-1945
Studente
mar-44
Reggio Emilia
Moosbierbaum (A)
Manovale
26/03/45
Disegnatore
Operaio
Operaio
Casalinga
Operaio
Operaio
Manovale
Insegnante
Studente
Operaio
Studente
Operaio
Contadino
Operaio
Manovale
Fabbro
Operaio
Ricamatrice
Bracciante
Contadino
Contadino
Autista Meccanico
Bracciante
Operaio
URSS
URSS
URSS
USA
USA
URSS
USA
USA
Autoliberatosi
USA
Cartolina Precetto
URSS
USA
URSS
USA
USA
URSS
G.B.
R.
URSS
USA
Morto
URSS
USA
Fuggito
USA
USA
URSS
URSS
USA
URSS
Autoliberatosi
Autoliberatosi
Rimpatriato
URSS
USA
USA
USA
122
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Borciani
Borciani
Boselli
Bosi
Bottazzi
Bottazzi
Braglia
Braglia
Buffagni
Buratti
Caffagni
Campioli
Camurani
Caprari
Caroli
Carpegiani
Casadei
Casamatti
Casoli
Casotti
Castagnetti
Castagnetti
Castagnetti
Catellani
Cattani
Chiari
Chiesa
Chiessi
Cilloni
Cilloni
Consiglio
Corezzola
Cumis
Curtini
Dallari
Davoli
Davoli
Davoli
Davoli
Del Bue
Fabbi
Fantuzzi
Fantuzzi
Farioli
Ferioli
Ferrari
Enea
Nedo
Giacomo
Marino
Francesco
William
Guido
Senofonte
Marino
Virginio
Adalgiso
Franco
Aldo
Carmen
Filiberto
Aldo
Giuseppe
Giuseppe
Emore
Torquato
Bruno
Dante
Pasquino
Pompilio
Bruno
Giuseppe
Antonio
Lino
Corinto
Virgilio
Giovanni
Renzo
Riccardo
Giorgio
Mario
Angelo
Bruno
Giovanni
Paride
Angelo
Walter
Giuseppe
William
Aldo Carlo
Alessio
Andrea
Fernando
Rinaldo
Giovanni
Enrico
Alberto
Sesto
Giovanni
Emilio
Giacomo
Angelo
Giuseppe
Pietro
Ettore
Massimo
Alfredo
Andrea
Antonio
Prospero
Sante
Bruno
Dolfo
Vito
Clemento
Dante
Michele
Giovanni
Pietro
Effrem
Massimiliano
Narciso
Giuseppe
Arnaldo
Alfeo
Augusto
Pietro
Tarcisio
Luigi
Tarcisio
Aristide
Giuseppe
Giuseppe
Luigi
Giuseppe
Eugenio
Aldo
Aldelco
1917
1925
1925
1900
1924
1921
1887
1896
1923
1902
1884
1924
1908
1925
1899
1926
1885
1914
1923
1926
1923
1897
1901
1924
1925
1923
1916
1906
1909
1904
1902
1919
1908
1898
1894
1905
1914
1911
1926
1922
1925
1903
1925
1922
1922
1926
Marmista
12-06-1944
Meccanico
29/11/44
Aggiustatore
29/12/43
Operaio (sarto)
21/08/44
Contadino
30/03/44
Tecnico
2-02-1944
Manovale
30/04/41
Artigiano (sarto)
7-08-1944
Mezzadro
4-09-1943
Operaio
13/04/44
Bracciante
30/07/44
Bracciante
5-01-1944
Verniciatore
4-03-1943
Casalinga - Bracciante 13/10/44
Manovale
30/06/44
Agricoltore
1-07-1944
Operaio
19/11/43
Falegname
2-08-1944
Operaio
9-08-1944
Operaio
20/07/44
Operaio
2-02-1944
Fabbro
17/03/44
Bracciante
20/04/44
Operaio
22/03/44
Meccanico
25/08/44
Operaio
28/03/44
maggio '44
Bracciante
29/04/44
Meccanico
5-04-1944
Salariato (netturbino)7-08-1944
Calderaio
7-08-1944
Professore
30/06/44
Agente del Dazio 5-08-1944
Ragioniere
19/09/44
Verniciatore
30/09/44
Muratore
7-08-1944
Operaio
20/04/44
Salariato (dogarolo) 7-08-1944
Operaio
25/07/44
Falegname
31/07/44
Operaio
24/11/44
Impiegato
6-04-1941
Operaio
12-02-1944
3-08-1944
Operaio
8-03-1944
Meccanico Dentista 5-08-1944
Fogliano
Albinea
Cavriago
Sant'Ilario
Addis Adeba
Montecchio
Cerredolo
Reggio Emilia
Villa Fogliano
Francia
Fogliano
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Levizzano
Reggio Emilia
Eritrea
Scandiano
Baiso
Cast.Monti
Torino
Reggio Emilia
Novellara
Villa Masone
Reggio Emilia
Reggio Emilia
S.Bartolomeo
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Valle del Taro
S.Martino
Cadelbosco S.
Fogliano
Fogliano
Baiso
Viano
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Fogliano
Ravenna
Fabbrico
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Meccanico
Meccanico
Manovale
Priestewitz (D)
Facchino
Germania
Meccanico
Vienna (A)- Berlino (D) Elettricista
Germania
Manovale
Germania
Facchino
Minatore
Germania
Meccanico
Hannover - Goettingen (D) Facchino
Auschwitz (Pol)
Rhodesia
Fuerstemberg (D)
Manovale
Germania
Manovale
Germania
Colonia (D)
Montatore
Brandenburg (D)
Operaio
Germania
Tornitore
Germania
Manovale
Germania
Landau - Leimbach (D) Operaio
Dresden (D)
Manovale
Manovale
Menningen-Wiener-Neudorf (D)
Brieg (D)
Inabile
Germania
Bracciante
Boscaiolo
Benhausen (D)
Manovale
Facchino
Germania
Manovale
Verona
Operaio
Fossoli - Peschiera
Berlino (D)
Manovale
Germania
Facchino
Germania
Manovale
Goettingen (D)
Manovale
Dresda (D)
Fornaio
Colonia (D)
Falegname
Mauthausen.Gusen(D)
Meccanico
Kenya
Vienna (A)- Berlino (D) Meccanico
Boscaiolo
Magdeburgo (D)
Operaio
Colonia (D)
Manovale
C.P.per 45 gg. per sabotaggio
URSS
USA
URSS
USA
USA
Rimpatria ammalato
USA
URSS
G.B.
URSS
URSS
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
URSS
USA
Evaso
Rimpatriato nel 1944 per inabilità
11-04-1945 USA
10-05-1945 USA
8-04-1945 USA
4-05-1945 USA
5-05-1945 USA
7-05-1945 G.B.
apr-45
2-05-1945 URSS
9-04-1945 USA
17/12/44
Ammalato
8-04-1945 USA
apr-45
URSS
25/04/45
Autorità civili O.M.R
5-05-1945 USA
11-08-1946
20/04/45
Fuggito.
13/04/45
USA
11-04-1945 USA
5-02-1945 USA
13/04/45
17/05/45
15/05/45
26/04/45
20/04/45
15/04/45
20/04/45
4-04-1945
2-05-1945
7-05-1945
8-04-1945
10-04-1945
4-01-1947
12-04-1945
8-04-1945
6-05-1945
nov.1944
31/03/45
1-05-1945
9-04-1945
30/04/45
1945
24/03/45
9-05-1945
5-05-1945
20/04/45
123
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Ferrari
Ferrari
Ferrari
Ferrarini
Ferretti
Fiaccadori
Fiaccadori
Ficcarelli
Fieni
Fieramosca
Fomigoni
Fontana
Fornaciari
Fornaciari
Fossile
Francavilla
Frignani
Galeotti
Galloni
Gambetti
Gandolfi
Gargalli
Garlassi
Gasparini
Genestri
Ghidoni
Ghirondi
Giacchetto
Giacomuzzi
Giampaolini
Gianola
Gibertoni
Gibertoni
Giordano
Giorgi
Giudici
Gombia
Govi
Gozzi
Grandi
Grasselli
Grassi
Grisendi
Gualdi
Guatteri
Guidetti
Italo
Walter
Emore
Aldo
Primo
Battista
Dino
Attilio
Silla
Eros
Silvio
Primo
Guerrino
Ivo
Guglielmo
Michele
Ettore
Tullio
Guido
Dante
Giuseppe
Angelo
Oliviero
Amedeo
Cesare
Franco
Enzo
Gino
Luigi
Ottorino
Fernando
Armando
Cesira
Vincenzo
Giorgina
Terzo
Walter
Umberto
Benito
Luigi
Renato
Aldino
Roberto
Fiorigi
Carlo
Ettore
Pancrazio
Giuseppe
Umberto
Ermete
Calisto
Vincenzo
Luigi
Paolo
Luigi
Onesto
Giuseppe
Luigi
Adelmo
Giuseppe
Pietro
Giuseppe
Angelo
Teodoro
Antonio
Luigi
nn
Silvio
Autero
Clodoveo
Carlo
Guglielmo
Pietro
Giuseppe
Silvio
Achille
Eugenio
Dante
Fulgenzio
Angelo
Luigi
Angelo
Luigi
Leopoldo
Vittorio
Giuseppe
Alcide
Ettore
Egidio
Angelo
Sante
1899
1909
1920
1915
1908
1927
1914
1897
1924
1904
1910
1915
1891
1902
1915
1908
1919
1926
1922
1921
1916
1924
1910
1914
1928
1907
1923
1927
1913
1910
1898
1906
1918
1917
1909
1907
1924
1923
1914
1909
1896
1912
1901
1926
Manovale
17/11/42
Operaio
1-12-1944
Insegnante
15/03/44
Autista
7-05-1943
Operaio
21/06/41
Contadino
7-08-1944
Contadino
7-08-1944
Operaio
2-08-1944
Elettricista
5-01-1944
Operaio
2-08-1944
Falegname
3-08-1944
Operaio
21/03/44
Aggiustatore Meccanico 26/03/44
Falegname
5-09-1944
Ambulante
4-04-1944
Operaio
28/11/44
Meccanico
9-09-1943
Litografo
11-03-1944
Elettricista
21/08/44
Fabbro
20/04/44
Impiegato
28/02/45
Artigiano (fabbro) 7-08-1944
Manovale
8-03-1944
Sarto
27/12/44
Impiegato
6-01-1944
Pittore
21/12/44
Geometra
agosto '44
Barbiere
15/08/44
Manovale
8-09-1939
31/07/44
Impiegato
14/04/1444
Maniscalco
Operaio
22/06/44
Operaio
12-09-1943
Braccia nte
17/03/44
Contadino
6-10-1944
Rappresentante
27/11/44
Bracciante
21/08/44
Fresatore
31/01/44
Operaio
8-03-1944
Falegname
18/08/44
Falegname
23/02/44
Manovale
7-04-1944
Contadino
7-08-1944
Impiegato
10-12-1943
Collaudatore
10-08-1944
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Fogliano
Albania
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Caserta
Reggio Emilia
Ciano d'Enza
Padova
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Budapest
Reggiane (RE)
Fosdondo
Sabbione
Marocco Fran.
Reggio emilia
Fogliano
Fogliano
Montefiorino
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
S.Agata.Rubiera
Reggio Emilia
Parma
Udine
Reggio Emilia
Bagno
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Fogliano
Reggio Emilia
Parma
Reggio Emilia
Gavassa
Reggio Emilia
Pieve Modolena
Bolzano
Buchenwald (D)
24/04/45
5-03-1945
12-06-1944
13/04/45
1296/1944
14/02/45
4-05-1945
8-05-1945
30/03/45
20/12/46
Muratore
23/04/45
Facchino
18/04/45
Facchino
18/04/45
Meccanico
16/04/45
Elettricista
27/02/45
Facchino
2-05-1945
Facchino
19/04/45
1-05-1945
Manovale
1-04-1945
Manovale
22/04/45
Manovale
3-05-1945
20/05/45
Operaio
8-05-1945
Operaio
1-05-1945
Elettricista
28/04/45
16/07/45
6-05-1945
Manovale
2-05-1945
2-05-1945
10-05-1945
Manovale
30/05/45
Manovale
25/04/45
Laboratorio Chimico
Manovale
24/04/45
Meccanico
11-04-1945
15/09/44
7-05-1945
1945
Operaia
16/04/45
Falegname
01/3/21944
Operaia
6-05-1945
Contadino
6-05-1945
Manovale
29/04/45
Manovale
27/04/45
Meccanico
1-05-1945
Macchinista
Tornitore
Fabbro
Falegname
Manovale
Wiesbaden-Kuehben (D) Manovale
Germania
Berlino (D)
Brandenburg (D)
Schwerin (D)
Germania
Germania
Vienna (A)
Stuttgart - Augsburg (D)
Cecoslovacchia
Germania
Germania
Colonia (D)
Mauthausen (A)
Germania
Germania
Germania
Germania
Fossoli - Peschiera
Germania
Germania
Germania
Germania
Marocco
Danzica (Pol)
Wiesbaden (D)
Kuepper (D)
Germania
Auschwitz (Pol)
Breslau (Pol)
Lipsia (D)
Dachau (Monaco)
Wewelsburg (D)
Berlino
Berlino (D)
Bolzano
Brandeburg (D)
Brandenburg (D)
Wittenberg (D)
Marsiglia - Salon (F)
USA
Indesidera
URSS
URSS
Inglesi
Ammalato
URSS
Fuggito
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
22/04/45
URSS
USA
Rientrato
Morto.
Morto in Germania
USA
URSS
USA
USA
USA
Causa malattia
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
URSS
URSS
URSS
USA
USA
USA
Inglesi
Con cartolina precetto
URSS
Ammalato
124
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Guidetti
Guitti
Ilari
Incerti
Iori
Iori
Iori
Landini
Lasagni
Lasagni
Lazzaretti
Leoni
Lolli
Lugli
Lulli
Lusenti
Lusuardi
Maffei
Maiocchi
Malvestiti
Mancini
Mandrioli
Manfredi
Marani
Marmiroli
Marzolini
Maseroli
Mattioli
Mazzali
Mazzi
Mazzucato
Melioli
Menozzi
Menozzi
Mimi
Minari
Monarini
Montanari
Montanari
Montanari
Montanari
Montanari
Montanari
Montanari
Morellini
Morselli
Tristano
Tristano
Luca
Alcide
Giuseppe
Vivaldo
Armando
Alfredo
Angiolina
Valdomiro
Vittorio
Giuliano
Carlo
Idillo
Spartaco
Mario
Domenico
Lino
Antonio
Giuseppe
Gaetano
Agostino
Andrea
Amos
Luigi
Walter
Oreste
Edoardo
Veio
Ermes
Dino
Renzo
Emidio
Renzo
Paride
Paride
Sergio
Achille
Angiolino
Aroldo
Osvaldo
Pasquino
Remigio
Vinicio
Ferrante
Geminiano
Saulle
Luigi
Pietro
Edoardo
Faustino
Federico
nn
nn
Adelbraneto
Domenico
Francesco
Adolfo
Cesare
Ugo
Nino
Angelo
Pietro
Andrea
Bruno
Roberto
Massimo
Riccardo
Giuseppe
Alfredo
Renzo
Ema
Giuseppe
Giuseppe
Giovanni
Roberto
Giuseppe
Leonardo
Pietro
Giuseppe
Vincenzo
Cesare
nn
Ettore
Antonio
Angelo
Giuseppe
nn
Giovanni
Teodoro
1922
1922
1927
1916
1924
1909
1904
1921
1921
1914
1914
1925
1921
1922
1924
1906
1913
1920
1926
1894
1924
1922
1924
1909
1895
1926
1911
1924
1907
1924
1921
1924
1900
1926
1906
1901
1910
1917
1924
1916
1907
1916
1917
1924
1903
2-05-1944
27/05/44
6-08-1944
27/11/43
7-07-1944
20/03/44
15/03/44
15/04/44
3-01-1943
1-06-1944
1-08-1944
16/02/44
17/06/44
25/03/44
8-12-1943
19/11/44
mar-44
Operaio
1-07-1944
Operaio
3-03-1944
Operaio
26/11/43
Operaio
4-01-1944
Operaio
11/01/0944
Studente
25/05/44
Autista
19/02/44
Pensionato
16/06/44
Operaio
31/08/44
Operaio
27/04/44
Tornitore
15/06/44
Impiegato
1-04-1941
Operaio
1-02-1944
Operaio Reggiane 31/07/44
Operaio
9-12-1943
Bracciante
25/09/40
Operaio
17/06/44
Operaio
24/02/44
Impiegato
1-07-1944
Impiegato
1-07-1944
Vulcanizzatore
11-05-1944
Operaio
1944
Meccanico
23/11/44
Operaio
8-03-1944
Operaio
19/03/44
Contadino
1944
Tornitore
15/03/44
Conduttore Caldaie 12-06-1944
Militare (capitano)
Orefice
Operaio
Manovale
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Commerciante
Insegnante
Autista
Falegname
Operaio
Impiegato
Bracciante
Operaio
Commerciante
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emili
Reggio Emilia
Carpi
Reggio Emilia
Cerredolo
Asmara
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Gavasseto
S.Polo
Milano
Reggio Emilia
Felina
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Ponte Strambo (PR)
Mantova
Reggio Emilia
Traversetolo
Novellara
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Ligonchio
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Ciano d'Enza
Ciano d'Enza
Casa propria
Reggio Emilia
Bologna
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Dobrotê Cattaro
Reggio Emilia
Germania
Mauthausen (A)
Germania
Germania
Germania
Austria
Sassonia
Misburg (D)
Asmara
Colonia (D)
Colonia (D)
Vienna
Altenburg (D)
Amburgo (D)
Berlino (D)
Germania
Lipsia (D)
Colonia
Germania
Bergen - Belsen (D)
Vienna (A)
Vienna (A)
Austria
Innsbruck (A)
Mauthausen (D)
Wanne Eickel (D)
Wittenberg (D)
Vienna (A)
Germania
Uhde (D)
Germania
Hannover (D)
Germania
Kassel (D)
Vienna (A)
Magdeburg (D)
Germania
Germania
Germania
Magdeburg (D)
Germania
12-04-1945
12-04-1945
20/04/45
1-04-1945
29/04/45
10-04-1945
24/04/45
27/04/45
25/04/45
16/04/45
Nov.1944
Operaio
28/04/45
Contadino
15/04/45
Contadino
15/04/45
Saldatore
7-04-1945
Fornaio
3-04-1945
Contadino
15/04/45
Facchino
1945
Tornitore
13/04/45
mag-45
Meccanico
apr-45
Motorista
22/04/45
Manovale
8-05-1945
1-06-1945
2-07-1945
Saldatore Elettrico 13/04/45
Meccanico
22/04/45
Tornitore
22/01/45
10-07-1946
Operaio
31/03/45
Meccanico
1-04-1945
Saldatore
9-04-1945
Manovale
4-05-1945
Contadino
30/04/45
Saldatore
25/04/45
Manovale
19/04/45
Manovale
26/01/45
Meccanico
3-02-1945
1945
1945
Manovale
12-04-1945
Meccanico
21/04/45
1945
Sgombero macerie 15/05/45
Montatore Motori 12-04-1945
11-03-1945
Manovale
Bracciante
Facchino
Manovale
Manov ale
Imbianchino
Operaio
Manovale
Lavapiatti
Facchino
Morto in aprile 1945
Richiesto dalle Reggiane
USA
USA
Morto nel campo di Misburg
USA
Francesi
URSS
Polacche
Inglesi
URSS
USA
Fuggito
URSS
USA
URSS
URSS
USA
USA
G.B.
URSS
USA
G.B.
USA
USA
USA
URSS
URSS
USA
Fuggito
USA
USA
USA
Partigiani
USA
Tre mesi di punizione
USA
USA
USA
Fuggito.
125
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Moscardini
Negrini
Nizzoli
Nizzoli
Novach
Palmetto
Panciroli
Panciroli
Panisi
Patacini
Pedroni
Pedroni
Pedroni
Pianese
Picciati
Piccinini
Pietropaoli
Pignagnoli
Pini
Poli
Poppi
Porta
Prandi
Prandi
Prandi
Pregheffi
Preti
Provinciali
Ranculli
Rasori
Rebecco
Reggiani
Reverberi
Reverberi
Reverberi
Ricchetti
Ricchetti
Riccò
Ritz
Rocchi
Rocchi
Rosalini
Rosati
Rosati
Rosi
Rosi
Jon
Gianni
Umberto
Umberto
Augusto
Guerrino
Angelo
Fernando
Antonio
Brenno
Alessio
Alfredo
Carmen
Andrea
Servio
Riccardo
Alberto
Martino
Angelo
Bruno
Arrigo
Silvio
Aliano
Odino
Oscar
Enzo
Alfonso
Francesco
Domenico
Ugo
Edoardo
Domenico
Colombo
Giovanni
Ivan
Giacomo
Girolamo
Carlo
Antonio
Vasco
Eros
Massimo
Ercole
Francesco
Gino
Remo
Antonio
Gustavo
Flaminio
Flaminio
Giuseppe
N.N.
Giuseppe
Primo
N.N.
Ferruccio
Raimondo
Attilio
Oddone
Giuliano
Dante
nn
Francesco
Giuseppe
Giuseppe
Alfredo
Valmiro
Eusebio
Alberto
Remigio
nn
Bruno
nn
Ferruccio
Romeo
Cesare
Filippo
Eugenio
Aldo
Francesco
Giuseppe
Emilio
Riccardo
Quirino
nn
Italo
Italo
Luigi
Giovanni
Prospero
Emilio
Umberto
1912
1924
1920
1921
1908
1917
1914
1911
1902
1924
1925
1910
1912
1924
1927
1924
1917
1915
1910
1926
1917
1920
1923
1906
1926
1914
1919
1918
1914
1911
1916
1923
1926
1925
1923
1909
1914
1922
1894
1921
1925
1914
1928
1926
1911
1913
Meccanico
Operaio
Manovale
Operaio
Bracciante
Operaio
Cascinaio
Manovale
Falegname
Operaio
Meccanico
Operaio
Casalinga
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Bracciante
Meccanico
Operaio
Autista
Geometra
Operaio
Impiegato
Falegname
Operaio
Manovale
Perito industriale
Contadino
Calzolaio
Operaio
Impiegato
Operaio
Disegnatore
Operaio
Calzolaio
Operaio
Muratore
Ragioniere
Studente
Falegname
Muratore
Calzolaio
Operaio
Falegname
20/09/43
15/05/44
20/09/43
1943
7-01-1944
12-01-1944
27/05/44
22/04/44
18/04/44
28/11/44
19/06/44
25/08/44
2-09-1944
1-10-1944
1-07-1944
15/12/43
31/07/44
23/05/44
2-09-1944
13/08/44
5-01-1944
11-09-1943
1943
23/06/44
5-09-1944
30/05/44
29/11/43
1-06-1944
18/10/44
4-11-1944
25/04/44
1-04-1944
10-07-1944
12-01-1944
9-03-1944
25/05/44
30/05/44
8-03-1944
20/04/43
6-08-1944
6-08-1944
27/05/44
7-08-1944
19/06/44
31/07/44
6-04-1944
Fogliano
Villa Fogliano
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Villa Bagno
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Udine
Villa Coviolo
Piemonte
Torino
Reggio Emilia
Reggio Emilia
S.Bartolomeo
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Fossoli - Carpi
Lucca
Carpineti
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Vicenza
Villa Bagno
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Stabio
Reggio Emilia
Reggio Emilia
S.Martino in Rio
Reggio Emilia
Modena
Reggio Emilia
Barco Bibbiano
Bagnolo
Rivalta
Reggio Emilia
Torino
Reggio Emilia
Mantova
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Fonderia
Facchino
Manovale
Monaco (A)
Operaio
Germania - Brno (CZ)
Muratore
Hannover (D) Graz (A) Chimico
Landau - Leimbach (D) Operaio
Landau (D)
Falegname
Germania
Contadino
Innsbruck (D)
Facchino
Haselhorst (A)
Meccanico
Haselhorst (D)
Manovale
Germania
Manovale
Germania
Operaio
Germania
manovale
Polonia
Motorista
Bremen (D)
Saldatore
Germania
Manovale
Lipsia (D)
meccanico
Auschwitz (Pol)-Oderberg (A) Manovale
Berna - Basilea (CH)
Reggio (Servi)-Brennero Manovale
Mauthausen (A)
Manovale
Berlino (D)
Minatore
In polveriera
Germania
Meccanico
Germania
Minatore
Berlino
Bracciante
Monaco (D)
Trapanista
Hannover (D)
Manovale
Monaco
Manovale
Kalag (D)
Manovale
Vienna- Innsbruck (A)-Berlino (D) Operaio
Stoccarda (D)
Falegname
Brieg (D)
Manovale
Lueneburg (D)
Manovale
Germania
Operaio
Auschwitz (Pol)
Muratore
Colonia (D)
Manovale
Weisbaden - Sagan (D) Facchino
Germania
Manovale
Norimberga (D)
Facchino
Lipsia (D)
Calzolaio
Colonia
Manovale
Berlino (D)
Falegname
Berlino (D)
Polonia - Colonia (D)
Stoccarda (D)
25/04/45
mag-45
4-04-1945
24/03/45
22/03/45
7-05-1945
29/05/45
11-04-1945
11-04-1945
5-05-1945
29/04/45
20/04/45
26/04/45
28/04/45
7-05-1945
19/04/45
5-05-1945
19/07/45
6-05-1945
6-04-1945
22/04/45
18/04/45
8-04-1945
17/04/45
24/03/45
20/04/45
13/04/45
1-05-1945
14/04/45
22/05/45
13/04/45
8-05-1945
18/04/45
28/03/45
21/1//1945
16/05/45
7-05-1945
18/04/45
1-05-1945
20/04/45
26/03/45
23/04/45
60 gg. di C.P. per sabotaggio.
USA
URSS
URSS
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
URSS
USA
USA
Rimpatriato
USA
USA
URSS
G.B.
Rimpatriato
Inglesi
Autoliberatosi
USA
Inglesi
USA
USA
USA
Autoliberatosi
URSS
Inglesi
USA
URSS
USA
USA
Inglesi
USA
URSS
Rimpatriato
URSS
24/04/45
URSS
11-04-1945 USA
1915
126
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Rossi
Rossi
Ruozzi
Russi
Sacaggi
Saccardi
Sacchetti
Saksida
Sala
Salati
Sandrolini
Sasso
Schiatti
Schussler
Scolari
Silingardi
Simonelli
Simonini
Soliani
Songemani
Spaccani
Spalanzani
Sternieri
Stranieri
Tagliavini
Tagliavini
Tagliavini
Taglini
Teneggi
Torelli
Torelli
Trucchi
Turchi
Vaccari
Vacondio
Valli
Vanini
Varini
Verbeni
Veroni
Viani
Vicentini
Zafferri
Zanichelli
Zannoni
Zelioli
Fermo
Lorenzo
Felice
Luigi
Giuseppe
Inelzo
Remo
Alma
Ermes
Valter
Giuseppe
Felice
Leo
Ernesto
Marcello
Primo
Nella
Giovanni
Mario
Vincenzo
Remo
Giuseppe
Ildebrando
Demetrio
Giuseppe
Nello
Sebastiano
Adelma
Rina
Roberto
Rolando
Alberto
Arrigo
Alberto
Adelmo
Rino
Benvenuto
Enzo
Giuseppe
Arnaldo
Bruno
Oreste
Lionello
Aves
Gino
Alfredo
Ferdinando
Virgilio
Marino
Domenico
Andrea
Gaetano
Amedeo
Francesco
nn
Alicide
Vincenzo
Paolo
Antonio
Carlo
Giulio
Riccardo
Alpinolo
Lorenzo
Giovanni
Nazzarino
Angusto
Vincenzo
Francesco
Angelo
Arturo
Giuseppe
Riccardo
Bartolomeo
nn
Antonio
Cesare
Ettore
Romano
Giuseppe
Clemente
Claudio
Luigi
Aristide
nn
Ernesto
Luigi
Clarenzio
Agostino
Giovanni
Francesco
Albino
1908
1917
1914
1916
1903
1918
1924
1927
1916
1927
1912
1893
1921
1909
1924
1927
1905
1885
1924
1923
1928
1909
1909
1904
1923
1917
1926
1908
1928
1927
1898
1906
1924
1893
1890
1921
1884
1926
1905
1908
1913
1907
1928
1926
1914
1910
Manovale
22/05/44
Orologiaio
1-05-1944
Tornitore
1-06-1944
Contadino
8-09-1943
Bracciante
8-10-1944
Autista
11-05-1944
Operaio
15/12/43
Casalinga - bracciante
Manovale
29/04/44
Operaio
apr-44
Operaio
11-07-1944
Meccanico Motorista6-04-1941
Operaio
12-02-1944
Interprete
10-11-1943
Operaio
1-08-1944
Artigiano
7-08-1944
Impiegata
5-04-1944
Operaio
20/10/43
Operaio
1-12-1944
Fornaio
1-03-1944
Apprendista Operaio 16/04/44
Operaio
10-03-1944
Birocciaio
8-09-1943
Meccanico Autista 1-04-1944
Operaio
1-08-1944
Operaio
1-05-1944
Contadino
9-09-1944
Casalinga
27/12/44
Casalinga
14/09/44
Operaio
6-08-1944
Operaio
24/06/44
Operaio
8-01-1944
Operaio
2-08-1944
Cantoniere
7-08-1944
Contadino
5-04-1944
Contadino
3-09-1944
Falegname
17/03/44
Meccanico
3-08-1944
Lattoniere Artigiano 10-05-1944
Imbianchino
12-10-1944
Operaio
31/07/44
Cameriere
9-12-1943
Operaio
26/02/44
Motorista
5-04-1944
Stradino
10-05-1944
Autista
7-08-1944
Reggio Emilia
Verona
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Cast.Monti
Parma
Baiso
27/05/44
Villa Gazzata
Reggio Emilia
Villa Cadè
Addis Abeba
Reggio Emilia
Bologna
Reggio Emilia
Fogliano
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Fosdondo
Cerredolo Toano
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Asmara
Forlì
Reggio Emilia
Iano
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Viano
Venezia
Reggio Emilia
Padova
Fogliano
Reggio Emilia
Massenzatico
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Rivalta
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Germania
Koenigsberg (D)
Koeln (D)
Norimberga (D)
Lago di Costanza (D)
Oberdorf (D)
Bruss(D)Breslau(Pol)
Norimberga (D)
Mauthausen - Linz (A)
Berlino (D)
Berlino (D)
Eritrea
Germania
Germania
Brieg (D)
Germania
Vienna (A)
Norimberga (D)
Ratibor (D)
Freiburg- Dresden (D)
Polonia
Germania
Germania
Germania
Berlino
Lipsia (D)
Germania
Mauthausen (D)
Germania
Francoforte (D)
Dresden (D)
Muehlheim (D)
Prussia Orientale (D)
Monaco - Berlino (D)
Germania
Berlino (D)
Graz-Leibniz (A)
Gorizia
Landau - Leimbach (D)
Berlino (D)
Langensalza (D)
Luebben(D)
Berlino (D)
23/03/45
9-05-1945
9-04-1945
25/04/45
26/04/45
4-05-1945
23/04/45
Operaia
11-04-1945
1945
Manovale
12-04-1945
Coop
14/01/47
Tubista
28/04/45
Elettricista
3-05-1945
Manovale
15/09/44
Manovale
19/04/45
Operaia
22/04/45
Meccanico
27/01/45
25/06/45
Fornaio
15/4/194
Operaio
22/04/45
Facchino
1-05-1945
Manovale
16/04/45
Meccanico Autista 8-03-1947
Manovale
1-05-1945
Manovale
23/01/45
Facchino
10-05-1945
Fornaia
1-05-1945
Cucitrice
8-05-1945
Facchino
2-05-1945
Cuoco
7-05-1945
Meccanico
6-05-1945
Bracciante
8-05-1945
Facchino
19/04/45
Meccanico
12-03-1945
8-05-1945
Falegname
04/3/19454
Operaio
19/04/45
Operaio
1-05-1945
Bracciante
5-05-1945
Montatore
31/03/45
Manovale
22/04/45
Manovale
16/05/45
Motorista
24/04/45
Contadino
2-01-1945
Autista
17/04/45
Manovale
Orologiaio
Tornitore
Manovale
Manovale
Manovale
Tornitore
Grueneberg (D)
Manovale
USA
URSS
USA
URSS
URSS
USA
USA
Fuggito
Richiesto dalle Reggiane.
URSS
URSS
URSS
USA
URSS
Autoliberatosi
URSS
URSS
USA
Autoliberatosi
USA
USA
USA
USA
USA
Internato civile in Afr.
USA
USA
Richiamato dalle Reggiane.
Autoliberatosi
Francesi
Ammalato (precettato)
USA
USA
USA
URSS
URSS
G.B.
Jugoslavi
12-02-1945 URSS
USA
127
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggio
Reggiolo
Reggiolo
Rio Saliceto
Rio Saliceto
Rio Saliceto
Rio Saliceto
Rio Saliceto
Rio Saliceto
Rio Saliceto
Rolo
Rolo
Rolo
Rolo
Rubiera
Rubiera
Rubiera
Rubiera
Rubiera
Rubiera
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
Antonio
Giorgio
Gaudensio
Fausto
Cesarina
Sergio
Cornella
Cesarino
Giuseppe
Athos
Lino
Emilio
Umberto
Fausto
Pierino
Ezio
Annibale
Valseno
Gino
Alfeo
Fausto
Pierluigi
Anselmo
Riccardo
Egeo
Giovanni
Luigi
Arnaldo
Carlo
Angelo
Otello
Bruna
Ettore
Bruno
Dante
Arnaldo
Pietro
Aronne
Aldo
Giulio
Ermillo
Luigi
Nello
Rolando
Guglielmo
Zobbi
Zucchi
Fantesini
Valenti
Zafferri
Melli
Mori
Ascari
Berselli
Galantini
Gelmini
Lugli
Oleari
Pallicelli
Ascari
Bassoli
Mantovani
Scaltriti
Catellani
Codeluppi
Levoni
Pecorari
Stefani
Zoboli
Artoni
Avanzini
Bassi
Bocconi
Braglia
Carpi
Colli
Del Sante
Fiorani
Gallingani
Greci
Gualerzi
Iotti
Maccari
Margini
Meldi
Paterlini
Paterlini
Reverberi
Rosi
Spaggiari
Oreste
Pietro
Celso
Aldo
Agostino
Lazzaretti
Giuseppe
Pietro
Armando
Claudio
Fiorigi
Archimede
Dario
Giovanni
Luigi
Amilcare
Ennio
Costante
Olivo
Gianmaria
Alderigio
Sante
Augusto
Adelmo
Domenico
Tito
Orante
Pietro
Silvio
Ferdinando
nn
Quirino
Edigio
Andrea
Pietro
Luigi
Adamo
Alberto
Antonio
PierSante
Amilcare
Pietro
Casimiro
Alberto
Guglielmo
Edesio
1925
1927
1908
1914
1924
Valerio
1925
1922
1910
1912
1925
1925
1926
1902
1925
1922
1923
1924
1917
1897
1910
1926
1925
1920
1900
1924
1920
1904
1923
1921
1924
1906
1923
1903
1925
1906
1908
1926
1915
1894
1923
1912
1917
1913
1908
1896
Agente P.S.
1-08-1944
Impiegato
7-08-1944
Operaio
29/08/42
Impiegato
1-07-1944
Bracciante - Casalinga
1923
Bracciante
8-03-1944
Studentessa
18/12/43
Bracciante
8-03-1944
Meccanico
15/09/41
Bracciante
26/12/43
Agricoltore
26/09/44
Agricoltore
18/06/44
Operaio
15/03/44
Impiegato
27/08/44
Contadino
29/11/44
Contadino
29/11/44
Contadino
29/11/44
Contadino
5-09-1944
Impiegato
26/02/44
Operaio
23/03/43
Contadino
5-09-1944
Contadino
25/04/44
Meccanico
14/03/44
Operaio
20/06/44
Operaio
29/03/44
Meccanico
6-05-1944
Bracciante
9-08-1944
Calzolaio
22/11/44
Operaio
22/11/44
Operaio
27/01/45
Muratore
7-12-1944
Impiegata
23/12/44
Manovale
10-08-1944
Operaio
2-08-1944
Muratore
28/12/44
Bracciante
22/11/44
Studente
15/11/44
Sarto
16/11/44
Muratore
4-05-1943
Bracciante
22/03/44
Autista (operaio) 15/04/44
Meccanico
5-01-1944
Muratore
8-01-1945
Muratore
22/11/44
Bracciante
4-05-1943
Villaminozzo
Villa Fogliano
Reggio Emilia
Parma
1-01-1944
Idraulico
Reggiolo
Bolzano
Reggio Emilia
Africa
Reggio Emilia
Carcere S.Tommaso
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Fabbrico
Rolo
Rolo
Gazzata
Rubiera
Reggio Emilia
Sant'Agata
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
Reggio Emilia
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
Modena
Novara
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
Meccanico
Operaia
Manovale
Manovale
Modellista
Manovale
Dresden (D)
Coop. Mec.
Facchino
Berlino.Brux (D)
Materassaio
Schwetz (Pol)
per fortificare
Manovale
Berlino - Brux (D)
Facchino
Cecoslovacchia
Bracciante
Cecoslovacchia
Bracciante
Brieg (D)
Ferroviere
Berlino (D)
Operaio
Berlino (D)
Tapezziere
Lebenstedt (D)
Operaio
Malchow (D)
Manovale
Lublin-Czestokowa (Pol) Manovale
Germania
Meccanico
Langensalza (D)
Lavori forzati
Monaco (D)
Manovale
Muenchen
Meccanico
Monaco (D)
Manovale
Mauthausen (A)
Calzolaio
Germania
Meccanico
Bolzano
Manovale
Bolzano
Manovale
Bolzano
Operaia
Bonn (D)
Manovale
Koenigsberg (D)
Manovale
Bolzano
Bolzano
Manovale
Mauthausen-Gusen (A) Manovale
Mauthausen (A)
Polonia
Muratore
Fossoli-Dresda (D)
Manovale
Berlino (D)
Bracciante
Auschwitz (Pol)
Manovale
Bolzano
Muratore
Bolzano-Mauthausen (A) Manovale
Germania
Manovale
Addis Abeba - Kenia
Berlino (D)
Lipsia - Berlino
Reggio Emilia
8-09-1943
Hannover (D)
Dresda - Radebeul (D)
Berlino - Bremen (D)
4-04-1945
9-05-1945
7-04-1945
9-01-1947
22/04/45
8-05-1945
9-05-1945
9-05-1945
8-05-1945
8-05-1945
4-05-1945
9-05-1945
22/04/45
28/04/45
11-04-1945
22/04/45
9-05-1945
1-04-1945
11-04-1945
5-05-1945
17/04/45
3-04-1945
5-05-1945
5-05-1945
1-05-1945
1-05-1945
1-05-1945
27/03/45
4-04-1945
1-05-1945
7-05-1945
5-05-1945
2-04-1945
22/01/45
7-04-1945
30/04/45
29/01/45
1-05-1945
7-03-1945
22/01/45
5-05-1945
5-05-1945
25/04/45
29/05/45
Operaia
URSS
giu-45
Precettato e inviato in Germania con cartolina precetto
USA
URSS
USA
Francesi
URSS
USA
URSS
URSS
URSS
USA
USA
URSS
URSS
USA
USA
Dipendente Reggiane
USA
Autoliberatosi
USA
USA
Riconosciuto partigiano
USA
Il padre morto per cause di malattia il 15/4/1916
USA
USA
E' riconosciuto partigiano
USA
Sono riconosciuti partigiani
USA
USA
USA
USA
È riconosciuto partigiano
USA
È riconosciuto partigiano
Morto
URSS
Cartolina precetto
URSS
URSS
URSS
USA
Morto
URSS
USA
URSS
Inglesi
Inglesi
URSS
USA
16/04/45
128
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Ilario
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Martino R.
S.Polo
S.Polo
S.Polo
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Strozzi
Veloci
Zoppi
Mazzali
Adani
Bassoli
Bertocchi
Carnevali
Cocconi
Cocconi
Del Rio
Fantini
Ferrari
Fontanesi
Ghidoni
Ghidoni
Ghidoni
Gobbi
Maramotti
Messori
Prandi
Romagnoli
Severi
Silingardi
Varini
Zaniboni
Bigini
Dell'Evo
Margini
Annigoni
Bargi
Belli
Belli
Benassi
Bondi
Borghi
Borghi
Cantoni
Casolari
Colli
Fantuzzi
Ferri
Incerti
Mandreoli
Marzi
Notari
Mario
bruno
Guglielmo
Arnaldo
Geminiano
Romeo
Umberto
Adelmo
Angiolino
Bruno
Medardo
Anselmo
Leonildo
Nello
Rosina
Iside
Renato
Vinicio
Giovanni
Armando
Emete
Remo
Gaetano
Gustavo
Enea
Ezio
Fernanda
Aldo
Alberto
Domenico
Domenico
Palmiro
Orlando
Aldo
Guido
Lindoro
Mario
Aldo
Mario
Pelegro
Guglielmo
Cesare
Umberto
Giuseppe
Giovanni
Floringo
Giovanni
Alino
Artemio
Prospero
Sante
Vincenzo
Bruno
Pietro
Ovidio
ovidio
Bruno
Oreste
Celso
Giuseppe
Fernando
Fernando
Fernando
Luigi
Claudio
Ermenegildo
Massimo
Filippo
Ildebrando
Leucadio
Giovanni
Telesfero
Angelo
Pio
Giuseppe
Dionisio
Luigi
Battista
Adelmo
Alberto
Aldo
Geminiano
Geminiano
nn
Alberto
Sante
Romeo
Ferdinando
Ercole
Alberto
Pietro
Vittorio
1917
1921
1900
1886
1921
1892
1926
1900
1915
1912
1928
1910
1898
1907
1923
1924
1921
1926
1896
1901
1894
1919
1894
1897
1910
1900
1926
1903
1925
1914
1910
1907
1912
1912
1925
1906
1919
1913
1913
1920
1921
1910
1926
1926
1909
1888
Bracciante
Sarto
Autista (operaio)
Fornaio
Artigiano (Casaro)
Contadino
Contadino
Bracciante
Contadino
Contadino
Macellaio
Autista operaio
Bracciante
Bracciante
Operaia
Operaia
Operaio
Operaio
Muratore
Operaio
Contadino
Meccanico
Ambulante
Contadino
Manovale
Falegname
Casalinga
Artigiano
Bracciante
Operaio
Contadino
Contadino
Barbiere
Contadino
Bracciante
Muratore
Elettricista (operaio)
Meccanico
Meccanico
Meccanico
Disegnatore
Bracciante
Operaio
Contadino
Casaro
Muratore
Castelvecchio(MO)
Quara di Toano
Cà de Caroli
30/07/44
1-08-1944
6-08-1944
sett. 1944
8-08-1944
13/03/44
13/08/44
25/05/44
12-02-1944
21/04/44
17/04/44
6-08-1944
17/06/44
26/07/44
28/02/44
13/09/44
Scandiano
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Scandiano
Iano Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Reggio Emilia
Rondinara
Scandiano
Fellegara
Vetto d'Enza
S.Ilario
Africa
S.Ilario
S.Martino
S.Martino
Stiolo S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
S.Martino
Gazzata
S.Martino
Gazzata
S.Martino
Stiolo
S.Martino
Gualtieri
Traversetolo
Reggio Emilia
27/06/44
2-04-1945
4-03-1943
22/11/44
10-09-1944
17/06/44
5-09-1944
13/04/44
16/08/44
16/08/44
15/09/43
5-09-1944
13/04/44
5-09-1944
15/03/44
13/03/44
25/03/44
5-09-1944
17/07/43
10-07-1943
4-05-1944
13/04/44
5-08-1944
15/04/44
16/05/43
17/07/43
6-07-1944
1-07-1944
6-10-1944
Germania
Mauthausen (A)
Rhodesia
Bolzano
Germania
Wittenberg (D)
Assia (D)
Hannover (D)
Berlino (D)
Berlino (D)
Germania
Germania
Germania
Germania
Dessau (D)
Dessau (D)
Germania
Berlino (D)
Alta Slesia (D)
Germania
Germania
Germania
Berlino (D)
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Germania
Colonia
Stettino
Colonia
Chemnitz (D)
Colonia
Berlino (D)
Vienna (A)
Brieg (D)
Monaco (D)
Erfurt (D)
Brieg (D)
Goettingen (D)
Germania
Monaco (D)
Brandenburg (D)
Bruss (D)
Facchino
Barbiere
Operaio
Facchino
Carpentiere
Manovale
Meccanico
Facchino
Facchino
Facchino
Operaio
Facchino
Facchino
Facchino
Facchino
Operaio
Meccanico
Facchino
Contadino
Tornitore
Tornitore
Operaio
Meccanico
Contadino
Operaio
Cuoca
Cuoca
Minatore
Tornitore
Muratore
Operaio
Contadino
Contadino
Calzolaio
Contadino
Fuochista
Carpentiere
Domestica
Facchino
Facchino
Operaio
Manovale
1945
24/04/45
4-02-1947
1-05-1945
8-05-1945
1-05-1945
9-05-1945
6-04-1945
22/04/45
22/04/45
9-05-1945
22/04/45
10-03-1945
22/04/45
1-04-1945
7-04-1945
20/04/45
21/04/45
22/02/45
27/01/45
11-04-1945
8-04-1945
22/04/45
6-04-1945
11-04-1945
26/04/45
24/04/45
15/04/45
12-05-1945
1945
1945
24/04/45
1-03-1945
1-05-1945
8-04-1945
1-05-1945
30/04/45
25/04/45
3-05-1945
2-06-1945
28/04/45
8-04-1945
7-03-1945
30/04/45
2-05-1945
8-05-1945
Precettato
Precettato
Internato dagli alleati.
URSS
USA
USA
URSS
USA
URSS
USA
URSS
Inglesi
URSS
USA
Autoliberatosi
USA
URSS
URSS
URSS
URSS
USA
URSS
URSS
URSS
URSS
USA
URSS
USA
USA
USA
URSS
URSS
URSS
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
URSS
USA
URSS
URSS
Morto
129
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Scandiano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
Toano
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
Pulneri
Signorelli
Tarabusi
Vecchi
Vezzosi
Zini
Amorini
Barani
Belegati
Corbelli
Daviddi
Debbia
Ferrari
Fragola
Gazzotti
Gherardini
Giorgi
Giullari
Gualtieri
Lanzi
Lombardi
Lusetti
Marchi
Mareggini
Matioli
Mattioli
Mattioli
Monti
Ocarini
Ori
Ori
Ori
Paglia
Pancani
Santi
Silvestri
Sola
Veneselli
Bargiacchi
Borghi
Borghi
Canovi
Canovi
Casoni
Casoni
Castellini
Franco
Angelo
Pietro
Renzo
Firmino
Adriano
Secondo
Remo
Fortunato
Gino
Luigi
Giuseppe
Armando
Giuseppe
Giovanni
Emo
Giovanni
Giuseppe
Paolo
Nino
Antonio
Pasquino
Gherardo
Nino
Angelo
Armido
Giuseppe
Benedetto
Domenico
Onilio
Remigio
Umberto
Ladislao
Giovanni
Pietro
Flaminio
Bruno
Giuseppe
Bruno
Carlo
Emilio
Bruno
Pasquino
Delfino
Paolino
Guido
Riccardo
Giovanni
Amedeo
Adelmo
Giuseppe
Armando
Battista
Pellegrino
Pellegrino
Enrico
Riccardo
Francesco
Carlo
nn
Carlo
Romano
Battista
nn
Domenico
Gerardo
Carlo
Florindo
Domenico
Ernesto
Rinaldo
Angelo
Adolfo
Giuseppe
Leopoldo
Sisto
Sisto
Sisto
Teofio
Vito
Michele
Carlo
Bonfiglio
Luigi
Domenico
Giovanni
Battista
Giuseppe
Olivo
Arturo
Savino
Alessandro
1922
1928
1921
1916
1926
1888
1915
1921
1916
1925
1907
1925
1900
1902
1925
1898
1906
1898
1926
1919
1905
1908
1924
1924
1904
1915
1927
1922
1893
1928
1899
1893
1907
1912
1916
1924
1927
1926
1895
1902
1928
1904
1906
1904
1905
Operaio
Elettricista
Meccanico
Bracciante
Contadino
Commerciante
Contadino
Contadino
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Muratore
Autista - operaio
Contadino
Pilota professionista
Bracciante
Contadino
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Bracciante
Contadino
Birocciaio
Birocciaio
Bracciante
Contadino
Bracciante
Calzolaio
Contadino
Contadino
Falegname
Calzolaio
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Bracciante
Bracciante
Bidello impiegato
Contadino
8-08-1944
17/12/44
2-08-1944
8-08-1944
25/04/44
28/03/44
29/07/44
30/06/44
3-08-1944
1-08-1944
1-07-1944
31/07/44
1-05-1944
1-08-1944
27/07/44
4-08-1944
4-08-1944
1-08-1944
27/03/44
25/06/44
1-08-1944
21/08/44
2-08-1944
17/07/44
3-08-1944
4-08-1944
2-08-1944
31/07/44
2-08-1944
3-08-1944
4-08-1944
4-08-1944
3-08-1944
3-08-1944
29/07/44
3-08-1944
2-08-1944
2-08-1944
30/07/44
4-08-1944
3-08-1944
25/06/44
10-05-1944
1-08-1944
3-08-1944
6-05-1944
Cê de Caroli
Scandiano
Viano
Cà de Caroli
Ventoso
Scandiano
Toano
Toano
Cerredolo
Corneto
Cerre Marabino Toano
Toano Manno
Reggio Emilia
Manno di Toano
Alessandria
Cerredolo
Cerredolo
Manno di Toano
Toano
Cavola di Toano
Toano
Toano
Toano
Monzone
Cerredolo
Cerredolo
Lufazzo
Manno
Toano
Cerredolo
Cerredolo
Cerredolo
Cerredolo
Cerredolo
Corneto Toano
Toano
Quara
Mossa
Costabona
Villaminozzo
Villaminozzo
Villaminozzo
Reggio Emilia
Monte Prampa
Villaminozzo
Villaminozzo
Germania
Norimberga (D)
Meschede-Ruhr (D)
Wieda (D)
Fossoli - Verona -+
Danzica (D)
Rostock (D)
Germania
Fossoli-+
Bratislava (CZ)
Germania
Lubecca (D)
Lubecca (D)
Breslau (Pol)
Lubecca (D)
Cecoslovacchia
Germania
Wiesbaden (D)
Lubecca (D)
Bielefeld (D)
Lubecca (D)
Magdeburg (D)
Lubecca (D)
Erfurt (D)
Klagenfurt (A)
Eisenach (D)
Wiesbaden (D)
Germania
Koenigsberg (D)
Amburgo (D)
Germania
Bodenfelde (D)
Manovale
Manovale
Manovale
Casaro
Manovale
Manovale
Meccanico
Facchino
Meccanico
Operaio
Facchino
Facchino
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Minatore
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Facchino
Manovale
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Calzolaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
8-05-1945
23/04/45
1945
30/03/45
11-04-1945
3-05-1945
18/04/45
10-04-1945
16/04/45
3-05-1945
12-04-1945
2-05-1945
1-04-1945
2-05-1945
2-05-1945
14/04/45
14/04/45
2-05-1945
28/05/45
6-04-1945
25/04/45
14/04/45
5-04-1945
8-04-1945
16/04/45
5-04-1945
2-05-1945
2-05-1945
14/04/45
14/04/45
16/04/45
16/04/45
14/04/45
14/04/45
20/04/45
16/04/45
14/04/45
18/05/45
9-04-1945
14/04/45
14/04/45
11-03-1943
8-05-1945
14/04/45
24/10/45
30/04/45
Inglesi
Inglesi
Autoliberatosi
USA
USA
Canadesi
Inglesi
USA
USA
Inglesi
USA
Inglesi
USA
URSS
URSS
USA
USA
Inglesi
USA
USA
Inglesi
USA
USA
Ammalato
USA
8 giorni di campo punizione
USA
Inglesi
Inglesi
USA
USA
USA
USA
USA
USA
Inglesi
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
Inglesi
USA
Fuggito
USA
130
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
V.Minozzo
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Coli
Farioli
Farioli
Filippi
Fiocchi
Fontana
Fontana
Gatti
Ghini
Ghini
Governari
Governari
Govi
Ibatici
Incerti Parenti
Iori
Lanzi
Masini
Masini
Mercanti
Milani
Moderani
Pigoni
Pigozzi
Rossi
Sacaggi
Tacchini
Zambonini
Arlotti
Azzolini
Azzolini
Azzolini
Azzolini
Azzolini
Beretti
Campani
Cantarelli
Corti
Costetti
Costi
Crovi
Ferrari
Ferri
Ferri
Frali
Garofani
Antonio
Florindo
Pietro
Leonildo
Battista
Carlo
Ugo
Agostino
Renzo
Sante
Giulio
Pilade
Daniele
Bartolomeo
Attavio
Giovanni
Pietro
Pio
Renato
Flavio
Giovanni
Antonio
Agostino
Gino
Andrea
Carilio
Guido
Antonio
Giogio
Fermo
Guido
lepido
Manetto
Ostilio
Giuseppe
Ermete
Raoul
Francesco
Emilio
Pietro
Prospero
Gino
Pietro
Remo
Palmiro
Armeto
Buorato
Domenico
Domenico
Carlo
Giuseppe
Nicefero
Alberto
Pietro
Sante
Pietro
Luigi
Luigi
Battista
Olivero
Fortunato
Gesiro
Giulio
Renato
Quirico
Renato
Pasquino
Grispino
Domenico
Amedeo
Claudio
Angelo
Carlo
Silvestro
Egidio-Giusep
Alfonso
Alfonso
Innocente
Giuseppe
Luigi
Lorenzo
Fortunato
Carlo
Gildo
Domenico
Ipocleo
Luigi
Remondino
Alceste
Alceste
Giuseppe
Giuseppe
1925
1900
1926
1902
1928
1890
1903
1895
1913
1893
1924
1901
1893
1892
1905
1923
1909
1912
1903
1895
1900
1908
1901
1912
1913
1901
1925
1919
1921
1905
1915
1891
1904
1927
1911
1906
1926
1918
1906
1925
1924
1927
1892
1921
1925
3-08-1944
31/07/44
31/07/44
1-08-1944
30/07/44
30/07/44
13/01/45
11-01-1945
1-08-1944
31/07/44
1-08-1944
1-08-1944
30/07/44
2-08-1944
1-08-1944
1-08-1944
1-08-1944
Contadino
1-08-1944
Birocciaio
1-08-1944
Bracciante
3-08-1944
Contadino
1-08-1944
Contadino
30/07/44
Contadino
30/07/44
Meccanico
30/05/44
Contadino
3-08-1944
Stradino
1-08-1944
Contadino
1-08-1944
Contadino
1-08-1944
Impiegato
1-07-1944
Bracciante
25/07/44
Operaio
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
1-06-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
7-10-1944
Calzolaio
1-07-1944
Cascinaio
1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Commerciante
1-07-1944
Contadino
29/06/44
Contadino
30/06/44
Contadino
6-10-1944
Contadino
7-10-1944
Contadino
1-07-1944
Scarpellino (operaio)1-07-1944
Contadino
1-07-1944
Contadino
Contadino
Bracciante
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Villaminozzo
Monte Prampa
Villaminozzo
Villaminozzo
Lusignana Villa
Villaminozzo
Villaminozzo
Villaminozzo
Monte Prampa
Monte Prampa
Secchio
Villaminozzo
Villaminozzo
Secchio
Villaminozzo
Villaminozzo
Monte Prampa
Secchio
Secchio
Villaminozzo
Monte Prampa
Cast.Monti
Villaminozzo
Torino (Carabiniere)
Marsiano
Secchio
Monte Prampa
Monte Prampa
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Rosano vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Cola
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Rossano
Vetto
Rossano
Vetto d'Enza
Rosano Vetto
Germania
Facchino
Germania
Manovale
Germania
Manovale
Wiesbaden (D)
Manovale
Goettingen (D)
Manovale
Erfurt (D)
Vipiteno
Manovale
Vipiteno
Manovale
Germania
Operaio
Wiesbaden - Pomerania (D)
Westfalia (D)
Manovale
Cecoslovacchia
Manovale
Wiesbaden (D)
Bracciante
Wiesbaden (D)
Manovale
Lubberstedt (D)
Bracciante
Dachau - Buchenwald (D) Contadino
Wiesbaden (D)
Calzolaio
Germania
Manovale
Germania
Manuale
Wiesbaden (D)
Manovale
Lubecca (D)
Facchino
Germania
Facchino
Germania
Operaio
Flensburg (D)
Manovale
Erding (D)
Manovale
Bremen (D)
Facchino
Germania
Germania
Operaio
Turingia
Operaio
Cecoslovacchia
Operaio
Bibbiano-Suzzara-Verona Operaio
Cecoslovacchia
Operaio
Germania
Manovale
Bibbiano-Suzzara-Verona Operaio
Innsbruck (D)
Operaio
Berlino (D)
Calzolaio
Berlino (D)
Facchino
Germania
Manovalanza
Germania
Frankurt (D)
Operaio
Helmstedt (D)
Manovale
Meccanico
Berlino (D)
Operaio
Germania
Mutilato
Teltow(D)
Manovale
Erfurt (D)
Calzolaio
1-05-1945
1945
5-05-1945
21/04/45
14/04/45
13/04/45
07/5/945
8-05-1945
15/05/45
16/04/45
8-05-1945
26/04/45
30/04/45
27/04/45
16/04/45
23/03/45
27/03/45
11-04-1945
26/04/45
26/04/45
16/04/45
8-05-1945
10-05-1945
2-05-1945
5-04-1945
11-11-1944
14/04/45
8-04-1945
ott-44
3-05-1945
3-05-1945
3-05-1945
Manovale
30/03/45
12-04-1945
8-04-1945
15/04/45
5-05-1945
15/05/45
24/04/45
1-05-1945
4-05-1945
2-05-1945
2-05-1945
18/04/45
USA
USA
URSS
URSS
USA
USA
USA
Autoliberato
Inglesi
Inglesi
USA
Inglesi
Inglesi
Deceduto
Inglesi
Autoliberato
USA
Morto
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
URSS
URSS
USA
USA
Morto
Morto
USA
USA
Ammalato
USA
Ha il riconoscimento partigiano
USA
USA
3-05-1945 USA
USA
USA
USA
USA
USA
131
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Garofani
Giansoldati
Giansoldati
Guazzetti
Guazzetti
Guazzetti
Guazzetti
Guazzetti
Guidi
lambertini
Magenti
Malpedi
Mistrali
Nobili
Pinna
Predelli
Romagnani
Ruffini
Ruffini
Ruffini
Ruffini
Sassi
Azzali
Calegari
Canossini
Canovi
Canovi
Caprari
Caprari
Colli
Fontana
Franceschi
Orlandi
Prandi
Spadoni
Beneventi
Ferri
Romagnani
Valcavi
Arati
Benassi
Benevelli
Bertolini
Bocedi
Bonacini
Bonacini
Nando
Francesco
Marino
Augusto
Deglio
Dorindo
Giovanni
Oliviero
Ermanno
Bonfiglio
Giovanni
Settimo
Giuseppe
Pietro
Lionello
Prospero
Renato
Amato
Ettore
Renzo
Tito
Sante
Arnaldo
Bruno
Ferrante
Armando
Benedetto
Artemio
Zaccaria
Ildebrando
Benito
Enzo
Arturo
Dante
Domenico
Tullio
Antonio
Eugenio
Genesio
Giuseppe
Umberto
Angelo
Matteo
Paolo
Adolfo
Domenico
Giuseppe
Nicola
Giovanni
Ruffino
Gino
Agostino
Virginio
Pietro
Giampaolo
Luigi
Luigi
Luigi
Tito
Primo
Adolfo
Luigi
Rocco
Ettore
Felice
Giovanni
Ercole
Umberto
Seraffino
Ernesto
Giuseppe
Gaetano
Bonfiglio
Leopoldo
Romano
Alfredo
Galileo
Feodori
Modesto
Ettore
Modesto
Giovanni
Fortunato
Severino
nn
Alberto
Enrico
Giuseppe
Ambrogio
Gabriele
1896
1914
1921
1905
1891
1893
1910
1904
1907
1895
1905
1923
1925
1897
1900
1923
1908
1918
1903
1892
1906
1918
1919
1924
1914
1919
1907
1914
1920
1926
1909
1924
1906
1920
1923
1914
1914
1898
1914
1903
1910
1899
1907
1916
Muratore
Bracciante
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Falegname
Contadino
Sarto
Operaio
Contadino
Contadino
Bracciante
Operaio
Agrario
Contadino
Contadino
Contadino
Autista (operaio)
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Artigiano
Artigiano
Fabbro (artigiano)
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Autista (operaio)
Contadino
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Bracciante
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
1-07-1944
6-10-1944
1-07-1944
1-07-1944
1-07-1944
1-07-1944
7-10-1944
1-07-1944
1-07-1944
1-07-1944
15/07/44
15/07/44
1-07-1944
1-07-1944
19/08/44
6-10-1944
6-10-1944
1-07-1944
1-07-1944
1-07-1944
1-07-1944
12-07-1944
28/02/44
30/05/44
13/06/44
6-08-1944
6-08-1944
8-08-1944
6-08-1944
Sett.1944
15/03/44
6-08-1944
1-07-1944
1-05-1944
11-05-1944
11-05-1944
6-10-1944
10-05-1944
6-08-1944
6-08-1944
6-08-1944
5-08-1944
5-08-1944
5-10-1944
agosto '44
10-05-1944
Vetto
Vetto
Vezzano
Puianello
Torino
Montalto
Montalto
Sedrio Vezzano
Baiso
Montalto
Vezzano
Montalto
Vezzano
Paderna
Vezzano
Vezzano
Vezzano
Reggio Emilia
Montalto
Viano
Viano
Viano
Regnano
Viano
Viano
Albinea
Vetto
Rosano Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Rosano
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Vetto
Germania
Hannover.Heide (D)
Germania
Germania
Germania
Langlose (D)
Germania
Germania
Berlino (D)
Berlino (D)
Germania
Germania
Germania
Erfurt (D)
Bibbiano-Suzzara-Verona
Eilenburg (D)
Berlino (D)
Germania
Erfurt (D)Kahala
Eilenburg (D)
Germania
Goettingen (D)
Germania
Spandau (D)
Cecoslovacchia
Germania
Goettingen (D)
Germania
Kahla (D)
Muehlheim (D)
Magdenburg (D)
Germania
Wesermuende (D)
Wesermuende (D)
Innsbruck (D)
Germania
Kiel (D)
Dessau (D)
Germania
Schwerin - Amburgo (D)
Germania
Germania
Germania
Muratore
Contadino
Contadino
Manovale
Contadino
Facchino
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Contadino
Meccanico
Manovale
Meccanico
Manovale
Fresatore
Manovale
Manovale
Manovale
Meccanico
Facchino
Facchino
Operaio
Operaio
Operaio
Manovale
Facchino
Operaio
Operaio
Manovale
Manovale
Manovale
Facchino
Operaio
Bracciante
Operaio
29/01/45
28/01/45
7-05-1945
6-04-1945
4-05-1945
22/04/45
31/03/45
30/04/45
4-04-1945
15/04/45
20/08/44
9-04-1945
10-05-1945
26/04/45
9-05-1945
apr-45
1-04-1945
8-05-1945
15/04/45
9-05-1945
9-05-1945
7-05-1945
6-04-1945
4-04-1945
1-05-1945
8-05-1945
18/04/45
26/04/45
26/04/45
10-05-1945
30/04/45
8-04-1945
8-05-1945
6-04-1945
25/04/45
21/04/45
9-05-1945
4-05-1945
4-05-1945
5-05-1945
3-04-1945
3-05-1945
25/04/45
8-04-1945
4-05-1945
Morto
G.B.
URSS
URSS
URSS
Inglesi
Inglesi
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
URSS
USA
URSS
USA
USA
USA
USA
USA
USA
Inglesi
Inglesi
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
URSS
USA
Poi in Italia fino gennaio '45 - Villaminozzo coi partigiani
Carabiniere
132
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Buffagni
Cavazzoni
Codeluppi
Ferri
Ferri
Ferri
Ferri
Grassi
Grassi
Grassi
Mattioli
Medici
Montecchi
Montecchi
Moschetti
Notari
Piccinini
Sassi
Serri
Sforacchi
Sorrini
Sorrini
Arturo
Giuseppe
Renato
Antonio
Domenico
Enrico
Nante Nino
Bruno
Dante
Romeo
Giuseppe
Ottaviano
Alberto
Giovanni
Arnaldo
Enrico
Pietro
Pellegrino
Ettore
Fausto
Egidio
Franco
Luigi
Francesco
Egidio
Giuseppe
Giacomo
Giovanni
Giovanni
Francesco
nn
Primo
Angelo
Antonio
Germano
Antonio
Germano
Emilio
Anacleto
Emilio
Enrico
1901
1903
1927
1907
1901
1900
1903
1899
1898
1901
1911
1904
1903
1906
1917
1927
1923
1900
1904
1925
1909
1894
Operaio
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Esercente
Contadino
Bracciante
Bracciante
Agricoltore
Cascinaio (operaio)
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Contadino
Bracciante
Contadino
agosto '44
6-08-1944
5-08-1944
6-08-1944
5-08-1944
6-08-1944
6-08-1944
5-08-1944
6-08-1944
5-08-1944
1944
agosto '44
3-08-1944
25/07/44
5-08-1944
agosto '44
18/03/44
6-06-1944
6-08-1944
5-08-1944
6-07-1944
7-08-1944
Viano
Viano
Regnano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Viano
Regnano
Viano
Viano
Viano
Milano
Viano
Viano
Regnano
Viano
Viano
Goettingen (D)
Goettingen(D)
Innsbruck (A)
Butzbach (D)
Germania
Germania
Germania
Kalau
Bremen (D)
Wiesbaden (D)
Germania
Germania
Teltow (D)
Kahla (D)
Norimberga (D)
Halle (D)
Kalau
Wesermuende (D)
Weisbaden (D)
Germania
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Operaio
Facchino
Operaio
Inglesi
USA
Autoliberatosi
USA
USA
Francesi
Inglesi
Morto
Morto
15/03/45
30/04/45
7-05-1945
18/07/45
1945
7-05-1945
15/04/45
1-04-1945
10-04-1945
14/04/45
Morto
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
USA
9-02-1945
14/04/45
6-05-1945
7-04-1945
8-04-1945
7-04-1945
7-04-1945
14/04/45
14/04/45
14/04/45
Deportati a Kahla
GIOVANNA CAROLI
Kahla
C'è un nome che ricorre più spesso nell'elenco dei campi che hanno visto morire di fame,
consunzione e violenza molti di quegli abitanti della nostra montagna che i rastrellamenti
dell'estate e dell'autunno del '44 sorpresero nelle case, nelle strade, al lavoro, di ritorno da
un rifugio o da un'azione contro i tedeschi e che da altri tedeschi furono forzatamente avviati a Bibbiano, a Fossoli e infine nei lager di città grandi e piccole della Germania per sostituire la forza lavoro tedesca divenuta macchina da guerra in terra d'altri. È il nome di Kahla,
cittadina della Turingia a una quindicina di chilometri da Jena di cui è oggi un quartiere
esterno. Ad onta delle modeste dimensioni, Kahla rappresenta il grande cimitero dei deportati della montagna reggiana, in particolare di Toano (dodici, forse tredici, dei quattordici
«deceduti in deportazione», prevalentemente della frazione di Cerredolo), Villa Minozzo
(otto su dieci), Castelnovo (sette su quattordici), Casina (tre su quattro), Carpineti (due su
quattro), Busana, Ligonchio.
Insediato in una stretta valle, a sud-est del paese, al di là del fiume Saale, il campo di concentramento era interamente rivolto a nord: freddo in tutte le stagioni, diveniva gelido e invivibile nell’inverno. Il rigore del clima e quello della disciplina (articolata in più lager, Kahla
ne registrava anche esplicitamente uno come campo di disciplina) erano i naturali strumenti
di sofferenza e di morte del campo, unitamente alla scarsissima alimentazione e alla pesantezza del lavoro nelle gallerie sotterranee di una montagna distante pochi chilometri nelle
quali si fabbricavano e recuperavano aerei: seimila la cifra scolpita sul monumento innalzato
per ricordare le vittime. Le date dei decessi rinvenute nei registri dei morti si collocano
quasi tutte alla fine dell’inverno ‘44. Durante un recente viaggio organizzato dal comune di
Castelnovo ne’ Monti per deporre una lapide in memoria dei caduti, un reduce ha riconosciuto ai margini del campo, nella scarpata del bosco, un fossato e un incavo naturale nella
133
roccia dove venivano gettati quotidianamente i morti che un camion passava poi settimanalmente a «ritirare».
Il pastore della locale chiesa evangelica indica nello spazio più alto del cimitero evangelico, privato, di Kahla l’area delle fosse comuni che hanno ospitato le salme dei deportati.
Attualmente vi si trovano quattro lapidi: una della repubblica italiana a ricordo di tutti i
caduti italiani, una del comune di Castelnovo ne’ Monti con il nome dei sette cittadini vittime del campo di Kahla e due poste dai parenti di altri caduti. Gli uffici annessi alla chiesa
conservano gli elenchi dei nomi dei morti del campo di concentramento di Kahla; i reggiani
registrati sono trecentosettanta, tuttavia per i Comuni presi in considerazione dalla nostra
ricerca appare ampiamente incompleto. Se le indicazioni sono corrette, testimonia però che
a Kahla c’erano anche prigionieri militari. Vicinissimi Lindig, Erfurt, Nohra, Weimar, altrettanti campi citati dai testimoni; non distante Buchenwald, dove secondo alcuni venivano
inviati i malati più gravi e, forse, le salme per la cremazione.
Deportati di Castelnovo deceduti in prigionia a Kahla
Località
Monte
Maestà
Maestà
Maestà
Castelnovo
Cognome
Bezzi
Guidi
Ruffini
Toschi
Zuccolini
Nome
Inello
Anselmo
Pierino
Francesco
Ermete
Paternità
Silverio
Lorenzo
Michele
Nobile
Marzio Ageo
Nato
25/11/1902
27/10/1898
3/9/1901
28/8/1902
7/9/1909
Professione
Bracciante
Mezzadro
Bracciante
Per.Agr.
Falegname
Catturato
8/10/1944
-
Morte
14/3/1945
26/3/1945
27/2/1945
30/3/1945
1/4/1945
Nato
21/6/1899
8/9/1910
Professione Catturato
Colt.diretto
4/10/1944
Morte
9/1/1945
30/1/1945
Altri deportati deceduti a Kahla
Località
Carniana
Gombio
Cognome Nome
Gilioli
Dante
Tedeschi Ettore
Paternità
Antonio
Deportati di altri Comuni deceduti a Kahla
Baiso:
Tonelli Enrico (S. Cassiano)
Carpineti:
Battistini Vincenzo (Iatica), Meglioli Giuseppe (Pantano)
Casina:
Comi Vado (Migliara), Zanetti Cesare (Migliara)
Ligonchio:
Magliani Vittorio (Cinquecerri), Simonelli Lodovico (Cinquecerri)
Toano:
Bassissi Guglielmo (Cerredolo), Casoni Duendo (Cerredolo), Debbia Domenico Beniamino,
Gherardini Geminiano Afro (Massa), Giannasi Luigi (Stiano), Ibatici Agostino (Cerredolo),
Marchi Carlo (Cerredolo), Righi Aurelio (Cerredolo), Righi Lino (Cerredolo), Righi Romano
(Cisana), Romoli Domenico (Massa), Ruffaldi Celso (Cerredolo La Corbella), Gazzotti
Amedeo.
Vetto:
Giansoldati Mario (Rosano)
134
Villa:
Donadelli Gino (Carniana), Farioli Florindo e Pietro (Minozzo).
Deportati a Kahla rientrati in Italia
Castelnovo Monti:
Bini Giovanni (Lusoletta di Gatta), Tagliati Battista (Croce), Ferrari Giuseppe e Pietro (Gatta)
Baiso: Lusoli Romualdo
Carpineti: Zini Egidio, Corbelli Omero,
Toano: Ori Onilio (e altri 2 fratelli): Mattioli Armido (Ponte Dolo), Paglia Ladislao
(Cerredolo), Pancani Vito, Pancani Giovanni.
Viano: Sorrivi Emidio, (S.Giovanni di Querciola)
135
Mercato nero: colpa vostra!
Una questione di morale e politica
MARCO PATERLINI
Perché esiste il mercato nero?
Perché esistono venditori che trovano compratori
disposti a farsi menare per il bavero.
Soltanto gli ultimi possono eliminare i primi.
Le massaie specialmente brontolano perché
il fruttivendolo, il fornaio, il macellaio
non si attengono ai prezzi fissati dalle Autorità.
Perché le massaie stesse non denunciano
i trasgressori alla Federazione repubblicana,
alla Milizia, alla Questura?
(Il «Solco Fascista», 30 ottobre 1943)
Il dibattito sulla borsa nera è il tema attorno a cui, a Reggio Emilia, si muove la politica
economico-sociale del regime repubblicano fascista, non tanto per occuparsi e risolvere problemi che assillano i consumatori, ma per una questione morale che si connette con la misurazione del livello di obbedienza ai dettati delle autorità.
L'annoso problema del consenso/dissenso al fascismo diviene particolarmente importante
nel momento in cui il regime, passati i fasti imperiali, sta combattendo per una risicata
sopravvivenza all'ombra delle croci uncinate naziste. L'importanza della questione emerge
in modo evidente sia dallo spazio giornaliero che il quotidiano fascista locale, «Il Solco
Fascista», assegna agli avvenimenti annonari (a costo, a volte, di ripubblicare le notizie di un
giorno o di una settimana precedente), dai minori: «Distribuzione del sapone tipo unico da
bucato. Il prelevamento dello zucchero – Norme per gli esercenti del capoluogo. La prenotazione del sale per alberghi, istituti e convivenze varie»1 ai più importanti.
Non minore peso si deve attribuire alle continue sollecitazioni (ordini, inviti, minacce)
all'autodenuncia da parte di produttori, industriali e commercianti. Questa pratica, prende
piede sin dai primi giorni dell'occupazione tedesca: «La Sezione provinciale dell'alimenta-
137
zione, per disposizione del Comando militare germanico ha invitato tutte le ditte produttrici
di generi alimentari a denunciare con tutta urgenza i quantitativi di prodotti e materie prime
giacenti presso ogni azienda»2 ma verrà percorsa sino alla fine, con effetti spesso tragicomici.
Durante il viaggio di ritorno del bestiame requisito, effettuato il 29 settembre u. sc.
sono stati depositati presso singoli contadini capi di bestiame ammalatisi per strada,
mentre parecchi altri capi sono fuggiti. Allo scopo di completare il quantitativo di
bestiame necessario per il consumo della popolazione civile è necessario che i capi di
bestiame in parola siano subito reperibili e tenuti a disposizione della
Militaerkommandantur locale – Abteilung E. u. L. Pertanto tutti coloro che detengono capi di bestiame presso loro depositati, o che risultano non essere di loro proprietà, debbono farne denuncia al Comando dei Vigili Urbani entro e non oltre martedì p.v. 10 ottobre corrente. Dalla denuncia dovrà risultare chiaramente il cognome e
nome del detentore del bestiame di cui sopra, la sua precisa residenza, il numero dei
capi di bestiame non di sua proprietà e da quanto tempo il detentore ha presso di sé il
bestiame denunciato3.
Sin dall'autunno 1943 emerge l'incapacità, per il regime di Salò, di conoscere quanti prodotti alimentari esistano in provincia e dove si trovino. Il ricorso all'autodenuncia diviene,
così, uno strumento di necessità, ma anche il mezzo per testare il consenso che produttori e
commercianti intendono esprimere al regime4. In effetti questi due aspetti sono strettamente
legati, in un circolo vizioso, che porterà, ben prima della sconfitta militare al fallimento
della politica annonaria: solo con un alto tasso di consenso si sarebbe potuto contare su di
una spontanea adesione agli inviti alla collaborazione con le autorità per assicurare alla
popolazione i rifornimenti attraverso le strutture ufficiali. D'altra parte, solo concreti risultati nel campo del vettovagliamento della popolazione avrebbero potuto assicurare al regime il
consenso necessario perché il complesso ed assillante corpus di norme, decreti, obblighi e
soprusi che regolamentano il settore potesse trovare una qualche applicazione. Al fascismo
di Salò mancheranno sia l'uno che gli altri.
La questione alimentare si pone alle autorità già da subito: il 14 settembre lo affrontano
con una serie di provvedimenti, a cominciare dalla già citata sollecitazione a denunciare le
giacenze, che trova l'appoggio delle organizzazioni collaborazioniste: «l'Unione provinciale
degli industriali ha invitato tutte le ditte produttrici dipendenti per sollecitare tale doveroso
adempimento, specificando che ... i dati debbono essere esatti»5.
L'assicurazione del Capo della Provincia che le autorità germaniche avrebbero tutelato e
disciplinato il vettovagliamento della città seguendo le modalità e le misure stabilite precedentemente6 suona più come un monito che come quel segnale di normalizzazione che
avrebbe voluto essere.
Le norme da rispettare venivano precisate da un manifesto della «Sezione Provinciale per
l'Alimentazione», la Sepral: si dovevano continuare la produzione e la commercializzazione
del burro, attraverso raccoglitori autorizzati; si doveva conferire ai caseifici il latte prodotto;
gli allevatori avrebbero potuto presentare il bestiame ai raduni, che sarebbero stati organizzati a partire dalla settimana successiva, si ricordava il divieto di esportare bestiame dalla
provincia; sarebbero stati consegnati fieno e paglia agli allevatori che ne fossero sprovvisti;
gli agricoltori, che ne fossero sprovvisti per la semina o l'alimentazione familiare, avrebbero
potuto fare domanda alla Sepral per avere grano, la Sepral avrebbe valutato la misura dell'eventuale erogazione; non sarebbero state considerate richieste di duplicati delle tessere
138
annonarie; restavano in vigore il regime del tesseramento e quello dei prezzi al consumo.
«Tutti dovranno dare sublime ossequienza alle leggi della madre patria. Anche questo è un
nobile ed importante servizio che si rende alla medesima»7.
La pretesa di un ritorno alla normalità del periodo bellico precedente è di difficile realizzazione. La realtà quotidiana viaggia su altri binari e ritmi, in base ad aspettative che sono in
contrasto con le necessità del regime di occupazione: così, si spiega la necessità per la
Sepral di riconfermare che dal 1° settembre sono in vigore nuovi prezzi per i prodotti alimentari, prezzi che i commercianti sono tenuti a rispettare8.
Ancora all'inizio d'ottobre, pur potendo assicurare alla popolazione la distribuzione di tutti
i generi riguardanti il vettovagliamento, per quel mese, compresi 80-100 grammi di formaggio grana a testa, la Sepral lancia un primo esplicito invito alla fiducia.
La nostra popolazione che vede poco a poco tutto normalizzarsi della vita cittadina,
deve avere fiducia nelle nostre autorità che hanno lavorato per la tutela degli interessi
di tutti noi, primo fra tutti quello alimentare. Con l'avvento del Governo Fascista
Repubblicano questi interessi non mancheranno di essere poco a poco riassorbiti e
tutelati direttamente9.
In campo alimentare il potere repubblicano tenta, sin dall'autunno 1943, l'impossibile, pretendendo di coniugare i contrastanti interessi dei produttori e dei consumatori:
l'autorità è decisa a combattere a fondo la battaglia dei prezzi in difesa del consumatore. Viene fatto appello a tutti i cittadini indistintamente perché essi sono e debbono
rimanere i collaboratori diretti e più efficaci di questa campagna intesa a ristabilire la
integrale disciplina nel settore annonario. Essendo cessati i motivi che potevano spiegare, non giustificare, l'allentamento della disciplina in parola, è ovvio far capire a
tutti, indistintamente, che il Governo è deciso a ristabilire, senza ulteriori indugi, l'ordine in tale campo, ricorrendo anche a provvedimenti di carattere straordinario, se
sarà necessario. Ci si serve ancora una volta della persuasione: il comunicato della
Sepral è infatti di tale natura. Ma non si intenda generosità per debolezza. E d'ora in
poi ai trasgressori della disciplina dei prezzi verranno comminate pene severissime.
Istruzioni in proposito sono state date dal Capo della provincia in base alle recenti
disposizioni governative in materia10.
Da un lato il fascismo repubblicano si trova obbligato a risolvere i problemi più immediati
di sostentamento delle categorie sociali impossibilitate a sfamarsi con il proprio lavoro, per
ottenere da queste riconoscenza e sostegno11, nella sua ricerca di un consenso diffuso e consolidato.
La riorganizzazione statale procede alacre e sicura ... anche nel campo annonario si
ritorna all'integrale disciplina, richiamando al compimento di un importante dovere le
categorie dei produttori e dei consumatori. Risospinta la vita nazionale alla normalità
col fermo proposito di proseguire la lotta contro il nemico anglo-sassone, combattendo a fianco dei valorosi camerati tedeschi, ogni cittadino deve sentire il dovere di
contribuire alla efficienza alimentare, seguendo, con alto senso di comprensione, le
norme stabilite al proposito dagli organi competenti ... Allo scopo di combattere l'esoso mercato nero, il Governo repubblicano ha preso una serie di provvedimenti tra
cui ... l'aumento della razione del pane ai lavoratori ...12.
139
Dall'altra parte, impone alle categorie produttrici un'adesione, a parole ideale, ma nella
maggior parte dei casi forzosa, al proprio progetto:
dopo i tristissimi avvenimenti degli ultimi mesi, ne hanno tratto profitto le categorie
dei produttori e dei commercianti per evadere qualsiasi disciplina dei prezzi ... Ora
che faticosamente, ma con risultati positivi, si stanno riorganizzando tutti i settori
della vita nazionale, deve essere di nuovo instaurata anche la disciplina dei prezzi e
qualunque tentativo di evadere da essa deve essere prontamente ed energicamente
stroncato senza eccezioni di sorta ...13.
Questa incapacità di scegliere porta all'apertura di un confronto acceso tra il potere politico ed alcune categorie economiche: quelle che in modo esclusivo (come i bottegai) o parziale (come i contadini) commercializzano prodotti alimentari. Il potere la combatte servendosi
di un numero impressionante di obblighi e decreti, ampiamente pubblicizzati per dimostrare
alla popolazione civile il proprio impegno a risolvere il problema del suo sostentamento14.
Il vettovagliamento della popolazione viene affrontato, sotto il profilo materiale, ponendosi sia il problema di reperire una sufficiente quantità di derrate alimentari, che di distribuirle.
In questo sforzo c'è chi pare rendersi conto che è il sistema stesso dell'ammasso a non
funzionare: la pietra di paragone è ovviamente la Germania, dove si è convinti non esista il
mercato nero, ma un'esemplare, teutonica, disciplina. I tedeschi a partire dal ‘39 avrebbero
attuato l'integrale tesseramento dei generi di consumo, mentre in Italia la scelta di un tesseramento parziale avrebbe sottoposto ad ammasso solo i generi di prima necessità. Questa
scelta avrebbe consentito al mercato nero di sorgere e diffondersi, perché i prezzi dei beni
«liberi» si sarebbero gonfiati enormemente, oltre a render certi alimenti, come gli ortaggi e
le verdure, introvabili15.
La popolazione reggiana, sotto il profilo delle necessità alimentari, viene divisa tra cittadini e campagnoli: i primi sono oggetto delle attenzioni del potere, mentre gli abitanti delle
ville hanno la possibilità di rifornirsi sul luogo16. Alle necessità dei civili o dei consumatori
vengono dedicate le attenzioni verso il reperimento e la distribuzione dei cereali17, del vino18,
della legna19, di latte e latticini20, della carne21, attraverso provvedimenti coattivi, tesi a ridurre le quote di generi alimentari indirizzate verso il mercato libero e ad incrementare quelle
gestite dagli Uffici Annonari.
I generi di prima necessità vengono assicurati attraverso il ricorso alle carte annonarie ed
un sistema di prenotazioni – ritiri – pagamenti a prezzo fissato, che dovrebbe garantire una
base minima di sopravvivenza: i due etti di pane alla cittadinanza vengono mantenuti per
quasi tutto il periodo, come i tre chili mensili di pasta e/o riso; dal maggio ‘44 si riesce ad
aumentare la razione giornaliera di pane ai lavoratori, altri incrementi e supplementi vengono concessi e negati con rapidità ed una certa confusione; molto problematica sembra, invece, la distribuzione dello zucchero (che appare e scompare dal listino a seconda della disponibilità di mezzi di trasporto) o dei grassi vegetali e animali22.
Alla fine dell'estate 1944 il bilancio dell'attività annonaria avrebbe dovuto essere positivo
e le autorità si attendevano il riconoscimento dei loro sforzi per soddisfare le necessità del
popolo23.
Ogni famiglia, povera o ricca, è mai stata sufficientemente provvista in casa come
ora: dal frumento al burro, dalla pasta alle patate, dall'olio al formaggio, per citare le
principali tutto è stato saggiamente distribuito ed ognuno è sistemato in modo da
140
poter accingersi con animo sereno ad affrontare parzialmente per un lungo periodo il
problema alimentare. Manca la legna è vero, ma per questo le autorità hanno già
disposto il conferimento ... Altrettanto dicasi del vino ... Che la borsa nera continui
purtroppo a funzionare, non ostante i provvedimenti drastici e l'azione continua della
Commissione provinciale di Vigilanza sui prezzi, è inutile negarlo, anche se ridotta a
limitati campi della produzione, come quelli delle carni, dei grassi e dei tabacchi24.
Eppure è evidente che il tanto sospirato consenso all'attività del potere tarda ad arrivare.
Si era trovato, abbastanza facilmente, il modo per ribattere alle tesi sostenute dall'opposizione in un manifestino clandestino diffuso in giugno.
Che le riserve siano state scarse può anche essere vero, ma che la razione di pane sia
stata aumentata non lo può negare nessuno come nessuno può negare che i camerati
germanici ci abbiano abbondantemente aiutati con delle loro riserve.
A depredare gli ammassi non siamo stati né noi né i tedeschi, probabilmente i partigiani. Successivamente il manifestino invita in sostanza i produttori a disertare gli
ammassi ... attraverso questa renitenza [il Comitato di unità sindacale, ndr] costringerà l'amato popolo a morire eroicamente di fame, poiché le autorità repubblicane
hanno già preso le debite misure ... per ammassare il grano e per assegnarlo poi ...25.
Diventa, però, difficile combattere il malessere diffuso tra la popolazione dalla scarsità
delle razioni e dalla necessità di dover ricorrere al mercato clandestino per procurarsi il
cibo. Non basta certamente sostenere che se coloro che non sono contenti «pensassero che
al di là dell'Appennino ci sono milioni di italiani che non hanno nemmeno un tozzo di pane
nero per sfamare sé e i loro figli!»26 per negare che la situazione presenta enormi lacune
organizzative – che è illusorio continuare a pensare di risolvere facendo appello allo spirito
di sacrificio ed all'obbedienza ed alla disciplina «quelle file, interminabili o quasi, sparse un
poco ovunque nella città, di persone che si accalcano per ore e ore in attesa che il tal o talaltro negozio apra le sue porte per accontentare la gola, il gusto, le necessità più urgenti,
domestiche ovvero le passioni voluttuarie?»27. La fame e il freddo divengono ben presto un
incubo per i cittadini. È proprio il freddo che spinge i cittadini a rubare la legna degli alberi
dei giardini pubblici e dei viali: la reazione delle autorità, dettata dal comando tedesco, è
significativa della volontà di non ammettere, neppure di fronte all'evidenza, la propria incapacità di ristabilire un minimo di normalità nelle condizioni di vita.
Poiché in questi giorni si è avuto un cenno di ripresa dell'opera vandalica di distruttori
delle piante dei viali e dei parchi cittadini da parte della popolazione, il Comando
Militare germanico avverte la cittadinanza che è assolutamente vietato asportare e,
comunque, tagliare piante e rami che si trovino lungo i viali e nei parchi pubblici. ...
La popolazione di Reggio dev'essere gelosa custode del patrimonio pubblico e non
deturpare con atti di vandalismo viali. La deficienza di combustibile non giustifica
tali atti, tanto più che a tutti è noto come le autorità competenti stiano provvedendo
per l'approvvigionamento e la distribuzione della legna a tutti coloro che ne hanno
diritto28.
Se le autorità fanno tutto il possibile, con la fattiva collaborazione dei tedeschi, chi impedisce ai loro sforzi di avere l'atteso successo? E perché lo fa?
141
Il problema del ‘44 pare essere quello di identificare chi possa essere indicato come il
responsabile del fallimento della politica alimentare del regime: ovviamente la ricerca è
tutta tesa a scoprire chi sia il nemico esterno al regime.
Evitando le soluzioni politiche, per quanto sbagliate potessero essere, od assumendole
solo alla fine come provvedimento di imperio, come nel caso della socializzazione e della
cooperativizzazione – un argomento sollevato già nel marzo del '4429, ma solo per essere
accantonato e ritornare di attualità negli ultimi attimi di vita della Repubblica sociale30 – il
potere si ritrova in balia della spirale evasione/repressione.
A evadere, secondo «Il Solco Fascista», sono innanzitutto commercianti e agricoltori:
categorie sociali inaffidabili a cui ci si rivolge alternativamente con inviti pressanti ad aderire alle norme fissate dalle autorità o con minacce di ritorsioni terribili.
Nel luglio '44, è il Commissario confederale dei commercianti, Franco Mariani, a dichiarare:
per quanto la rarefazione delle merci sui mercati debba indubbiamente attribuirsi ad
altre categorie e ad altri fattori, tuttavia vi sono ancora commercianti che non rispettano le discipline e i prezzi in vigore ... taluni [commercianti] non hanno dimostrato ...
zelo nel difendere il buon nome del commercio ... Coloro dei commercianti che sono
orgogliosi della loro funzione e del loro nome sappiano che solo alla loro serietà, alla
loro maturità, al senso di solidarietà sociale, alla loro assoluta obbedienza alle leggi è
affidata la possibilità di avere anche per l'avvenire, un compito preminente nella
nuova economia in formazione ... i commercianti collaborino con decisione alla epurazione delle loro file additando i disonesti e gli speculatori31.
Sono, però, soprattutto i contadini ad essere nel mirino della propaganda fascista. Sono
loro che debbono essere disponibili a conferire i generi precettati agli ammassi
Agricoltori! La sollecita consegna agli ammassi del grano trebbiato renderà possibile
l'immediata distribuzione alla popolazione della provincia, assicurando così, in ogni
evenienza, il pane per tutti32.
Conferire il grano per solidarietà, ma soprattutto conferirlo per obbedienza all'obbligo
imposto dalle autorità: un obbligo che consente di contrastare l'egoismo e la cupidigia degli
individui
Nel consegnarlo agli ammassi voi dovete pensare che esso andrà a soddisfare i bisogni
dei vostri figli e dei vostri fratelli in armi e delle grandi masse dei cittadini ... che
nelle officine e negli uffici come voi s'adoprano, soffrono e sperano per la risurrezione e l'onore della patria ... opportune norme di legge permettono a voi, alle vostre
famiglie ed ai vostri lavoratori di essere sufficientemente approvvigionati di grano per
tutta l'annata ... il dovere religioso che voi tanto profondamente sentite e seguite v'impone, prima di ogni altro, di consegnare il grano agli ammassi, soltanto in quel modo,
infatti, potete assicurare il pane quotidiano ai vostri fratelli italiani non produttori ...
Agricoltori, nessuno fra voi può illudersi di poter assicurare il benessere alle proprie
famiglie sottraendo grano agli ammassi ... si indeboliscono le possibilità della resistenza nazionale ... si lavora insomma per il nemico. Ma voi sapete che dietro il nemico sta in agguato il bolscevismo .. Difender gli ammassi, conferire ad essi il grano
significa difendere dal bolscevismo le vostre case, le vostre famiglie, le vostre
142
aziende33.
È impossibile non notare l'utilizzo di alcuni elementi di propaganda politica che sarebbero
poi rimasti in tutte le battaglie di questi cinquant'anni nello scontro tra schieramento moderato e sinistre: il richiamo alla religione e lo spauracchio del bolscevismo dovrebbero portare gli utili, ma creduloni, lavoratori delle campagne a dare spontaneamente al regime i frutti
del proprio lavoro, ad un prezzo di almeno dieci volte inferiore a quello del mercato, clandestino e illegale che fosse.
È con ardite costruzioni idealistiche che si cerca di dimostrare la giustezza del regime vincolato dei prezzi, contorcimenti verbali – e mentali – che ben poco peso dovettero avere
presso gli agricoltori.
Se l'ammasso non fosse reso obbligatorio e non avesse preso consistenza su larga
scala in ogni comune, è indubbio che la ingordigia dell'individuo, eccitata dal miraggio del lucro a sfuggire alla disciplina, ostacolerebbe l'afflusso al consumo del minimo indispensabile all'equilibrio del prezzo. Infatti, l'alto prezzo, oltre a indisporre il
consumatore, non reca vantaggio reale e durevole neppure al produttore, giacché è
risaputo che il rialzo del prezzo porta, di conseguenza, al rialzo del costo, e l'uno e
l'altro sfociano nel deperimento monetario ... Gli agricoltori debbono persuadersi di
adempiere non soltanto un dovere patrio, ma anche un dovere profondamente umanitario, consegnando il loro prodotto ... La Nazione ha il sacrosanto diritto di vigilare,
con qualunque mezzo a conseguire lo scopo, affinché non venga minacciata la esistenza delle grandi masse dei cittadini ... Tutti i fratelli che non sono rurali hanno
anch'essi, alla pari dei rurali, il diritto alla vita, perché tutti contribuiscono, e ciascuno
col proprio apporto al conseguimento del benessere nazionale. Tutti indistintamente,
rurali e non rurali, rappresentano forze vive operanti nel grande ingranaggio dello
stato ...34.
Solo negli ultimi mesi di vita della repubblica, però, il malcontento dei contadini verrà
messo in luce: unico esempio, per così dire ufficiale, ci risulta essere questa lettera, pubblicata dal «Solco».
Bisogna condurre oggi un'azienda agricola, anche piccola, per capire bene quali e
quante siano le difficoltà. Sono state raddoppiate le imposte sui terreni, sui redditi
agrari, aumentate le relative complementari, le tasse d'irrigazione, le tasse sul bestiame, l'imposta straordinaria sui terreni, mentre è notorio anche ai più profani che i redditi agrari sono fortemente diminuiti per una infinità di fattori, fra cui l'insufficienza
dei concimi, la diminuzione sensibilissima del bestiame, la scarsità di sementi, la
carenza dei mezzi e l'insufficienza della mano d'opera. Ora il produttore assillato da
tutti questi doveri viene anche tacciato di dissoluzione morale? ... Senza voler discutere le cifre colle quali i produttori vengono retribuiti al conferimento di qualsiasi genere di prima necessità ... vorrei chiedere all'articolista se è proprio convinto che esse
possono reintegrare il costo di produzione. Tutti sanno ... che quasi tutti i fattori
necessari e fondamentali della produzione o scarseggiano o mancano e che essi sono
in certo qual modo approvvigionati dalla solerzia individuale dei produttori, solo a
prezzi vertiginosi, dato l'imperversare della borsa nera. Ora quando si spende 20 e si
ricava 5 com'è possibile seguitare a produrre? ... si convinca il giovane articolista che
143
se i produttori sono ben persuasi che la loro funzione non rappresentava verso il consumatore una benigna donazione, ma un dovere categorico, per cui sono impegnati
moralmente e categoricamente, essi sono altrettanto convinti, che la loro fatica diuturna, oscura e di sacrificio debba essere considerata un po' di più soprattutto da chi in
materia legifera o vocifera senza essere a quanto pare, ben addentro nelle reali difficoltà ...35.
Le parole di Ferrari rendono evidente la modificazione dei termini del problema, intervenuta nel corso del '44: non più di una questione di consenso si sta trattando, ma di una situazione di scontro aperto tra la categoria dei produttori e quella dei governanti, perché, di
fatto, i rapporti tra produttori e consumatori sono determinati dal mercato clandestino.
Due settori in cui l'evasione agli obblighi di ammasso è tanto evidente da dover essere
ammessa sul giornale sono quello vinicolo per la campagna 1944-45 e quello della requisizione della legna per lo stesso inverno. Nonostante i pressanti inviti al rispetto degli obblighi
di denuncia della produzione e delle giacenze di prodotti vinosi36, solo il 40 per cento dei
produttori denuncia le giacenze entro il 20 novembre e, tra quelle presentate, molte sono
volutamente erronee.
Causa unica e latente di questo stato di cose è quel senso di indifferenza e di apatia
che ci sembra riscontrare nella classe dei produttori e che conviene una buona volta
dichiarare apertamente e coscientemente ... Conseguenza unica di tale stato di cose
sarà il malcontento creato dai produttori nella popolazione civile e soprattutto la scarsità di tale alimento, di già per se stesso abbastanza esiguo in base alla percentuale
prefettizia ... Il produttore deve tener presente che non allineandosi ai suoi doveri, oltre
a fornire prova di un inqualificabile egoismo, non fa altro che alimentare il mercato
nero di cui si dichiara vittima, ma in realtà ne è la causa prima e il favoreggiatore37.
Non molto diversa è la situazione che viene a crearsi a proposito del conferimento agli
ammassi della legna per la città: quasi nessun contadino conferisce agli ammassi la quota di
legna precettata. In una prima fase si cercano giustificazioni ed espedienti per risolvere il
problema, si fa il solito appello alla disciplina
Tocca ora ai singoli una pronta obbedienza, sacrificando altri lavori e ricorrendo a
tutti i mezzi possibili perché la legna, il solo combustibile su cui si possa contare, non
manchi ad ogni famiglia per il necessario riscaldamento e spesso anche per cucinare
le vivande38.
Si ricorre poi alle diffide ed alle minacce di confisca per il prodotto39, ma è solo nella primavera del ‘45 che si ammette che la questione dei rifornimenti è un problema politico fondamentale.
Solo in marzo si trova il responsabile del mancato ottenimento del consenso: è la credulità
del popolino che non comprende la perfidia criminale del comportamento dei partigiani, che
non consentono alla città di ottenere i rifornimenti necessari. La situazione è effettivamente
drammatica: mancano 15.000 quintali di carbone vegetale rispetto all'anno precedente, ciò
impedisce alla popolazione la cottura del pane a domicilio. Si prevede che serviranno
60.000 quintali di fascine e 50.000 di legna forte per l'industria casearia senza i quali si perderanno 60.000 quintali di formaggio e 18.000 di burro. Occorre poi il combustibile per
144
forni, mense, enti e convivenze, forze armate, industrie e popolazione.
La legna c'è, lassù tra i partigiani, fra coloro che hanno contribuito e non poco alla
disfunzione di tutti i servizi, non del Partito Repubblicano, ma della popolazione che
deve subire, grazie alla loro funzione antisociale, ogni privazione40 ... ogni prodotto
che viene ceduto all'ammasso non viene ceduto o trasferito ad una fazione politica,
ma corrisposto all'enorme massa dei consumatori ... Le gesta dei ribelli della montagna che si sono accaniti a non permettere l'invio dei rifornimenti abituali della legna e
del carbone vegetale, pone le Autorità preposte a risolvere il problema dei rifornimenti, a dover intaccare, con conseguenze dannose per l'agricoltura, il patrimonio arboreo
della pianura ottenendo prodotti con caloria e qualità inferiori di gran lunga a quello
boschivo dei monti ... È tempo ed è bene che la popolazione si renda conto dell'azione
profondamente antisociale svolta dalle bande partigiane che accecate dall'odio di
parte, non sanno discriminare la rappresaglia politica dall'affamamento avverso la
popolazione civile operando minacce, vuotando gli ammassi, uccidendo il bestiame
destinato ai raduni e di conseguenza al consumo della popolazione medesima.
Tuttavia noi richiamiamo i produttori [a] ... spogliarsi una buona volta dalla deplorevole mentalità speculatrice acquisita durante la guerra attuale e ricordarsi ancora di
sentirsi cristiani non solo a parole41.
Si continua, così, anche nel momento in cui si deve ammettere la sconfitta militare della
propria politica annonaria, a cercare un nemico esterno, a non voler ammettere la propria
incapacità di gestire un settore tanto complesso e difficile.
Il regime non era mai stato in grado, indipendentemente dall'azione partigiana, di invertire
una tendenza all'impoverimento generale della nazione e della popolazione: impoverimento
economico – per i costi insostenibili degli alimenti a mercato libero o clandestino – e alimentare, per la penuria dei generi.
Un'analisi, per quanto veloce e limitata agli aspetti macroscopici del problema, del settore
lattiero e zootecnico – la spina dorsale dell'economia agraria della provincia sin dalla fine
dell'Ottocento – consente di comprendere quanti e quali danni avessero portato ai produttori
agricoli, ed all'indotto che attorno ad essi ruotava, la guerra e la politica alimentare fascista.
L'insufficienza delle razioni alimentari ufficiali è ancor più evidente per quanto riguarda
le carni. Già a dicembre 1943 la Sepral si trova in difficoltà nel reperire bestiame da macellare nei raduni, anche perché è il periodo in cui molte vacche sono gravide e, quindi, non
abbattibili. «Allo scopo di assicurare l'approvvigionamento alle costituende Forze Armate
Repubblicane si rende necessario adeguare il consumo carneo della popolazione civile alle
effettive disponibilità»42.
Il Capo della Provincia decide quindi di limitare la distribuzione di carne ai civili: 100
grammi una sola volta la settimana.
Di nuovo, con evidenza si scontrano tre esigenze: quella del ciclo produttivo e dei contadini (la riproduzione bovina è necessaria e deve avvenire secondo tempi stabiliti dalla natura,
dalle condizioni stagionali, dalla disponibilità dei foraggi e, quindi, dalla inopportunità di
lavorare il latte per farne formaggio), quella dei consumatori e quella dello Stato e della sua
macchina bellica. È una delle poche volte in cui così chiaramente sul giornale si ammette
che è quest'ultima esigenza a prevalere sulle altre.
Non molto diversa, però, sarà la situazione nell'anno successivo: i mercati ufficiali resteranno limitati e, anzi, la maggior parte dei provvedimenti sono tesi a deprimerli43. Con l'esta-
145
te arrivano gli obblighi del conferimento. A luglio un decreto del Maf obbliga gli agricoltori
a presentare denuncia del bestiame posseduto; si minacciano dure ritorsioni per chi omette
la denuncia44.
È evidentemente che queste minacce cadono nel vuoto se, in agosto, il giornale è costretto
a notare che nonostante, rispetto ai mesi precedenti, si sia ridotto il numero dei capi precettati per i raduni, la defezione dal conferimento continua45. Numerose aziende già in arretrato
con il conferimento non si erano minimamente preoccupate di mettersi in regola per cui le
necessità delle forze armate e dei civili avrebbero imposto provvedimenti drastici. Dal raduno successivo si annuncia che i bovini precettati e non conferiti sarebbero stati confiscati
dalla polizia senza procedere al loro pagamento.
L'elusione ai dettati delle autorità viene scusata con il fatto che in questo periodo gli allevatori dovrebbero conferire bestiame da lavoro o da latte, oppure capi non ancora convenientemente ingrassati, ma li si richiama a comprendere che le necessità della guerra obbligano al rispetto dei precetti.
La situazione non pare modificarsi molto se a settembre si starebbe provvedendo alla
requisizione del bestiame precettato e non consegnato ai raduni. L'appello agli allevatori
perché rinuncino al proprio capitale e alle proprie necessità produttive è, però, giustificato
con la necessità di sostentare la popolazione civile46.
Un indice significativo della penuria di rifornimenti carnei può essere identificato nella
cosiddetta bassa macelleria che raccoglie le carni degli animali abbattuti dopo incidenti,
previa visita veterinaria. Inizialmente ad usufruire dello spaccio della bassa macelleria presso il macello comunale erano ammesse solo le famiglie particolarmente bisognose e assistite
dal Comune, poi, col peggiorare della situazione generale, si concede l'accesso anche a
famiglie di salariati (operai e impiegati) in difficoltà finanziaria. I cittadini del Comune
ammessi ad usufruirne, per il 1944, erano 11.915 – su una popolazione di circa 60.00047.
Allo spaccio della carne morta, dunque, ricorre quasi un quinto della popolazione comunale
– e non cittadina: nel conto stanno anche i contadini del vasto forese del capoluogo, che, in
gran parte sono anche allevatori e quindi esclusi da questa possibilità. La vendita della carne
di bassa macelleria, in effetti avviene con una certa regolarità a partire dalla fine di ottobre
1943 al febbraio 194548, costituendo un'effettiva ancora di salvezza per la popolazione sempre più affamata. Anche, però, tra gli affamati si creano differenze: c'è chi ha diritto ad avere
più fame di altri. La città viene, per così dire, guardata con un occhio di riguardo: sono
molti i provvedimenti di questo genere, basati sul principio che chi vive in campagna avrebbe la possibilità di procurarsi il cibo da solo e sorvolando sul fatto che non tutti coloro che
non abitano nel capoluogo sono produttori agricoli. Agli inizi di gennaio 1945, non potendo
più ridurre la razione in città e, evidentemente, di fronte ad un ulteriore carenza di carne,
vengono stabilite nuove razioni: a Reggio vengono assicurati i 100 grammi settimanali,
mentre ai Comuni della provincia si assegnano tra i 100 e i 200 grammi mensili49.
Ancor più complessa era la situazione rispetto al rifornimento del latte. Se infatti la maggior parte della popolazione era abituata ad una dieta povera, se non priva, di carne, ben
maggiore era l'abitudine al consumo di latte: per non pochi la colazione e la cena consistevano in polenta e caffelatte, anziani e bambini ne avevano necessità. La spoliazione del capitale bestiame della provincia avviene nonostante le evasioni agli obblighi da parte dei contadini: i capi non consegnati agli ammassi, per non essere requisiti dovevano essere abbattuti,
o lasciati rubare dai partigiani o fatti ammalare. Il grande pregio della zootecnia reggiana, la
triplice attitudine delle bovine (da lavoro, da carne e, soprattutto, da latte) diviene anche il
suo limite: il forzato abbattimento dei capi riduce anche la possibilità di produzione lattea
146
sia per l'industria casearia che per l'alimentazione. Oltre a ciò si deve anche tener conto che
il contadino ha, tradizionalmente, tutto l'interesse a produrre per il caseificio e non per l'alimentazione: il formaggio grana è un prodotto di élite che assicura alte rese, ha un florido
mercato e dà prospettive per il futuro. Di tutto ciò si deve tener conto nell'analizzare l'andamento dei rifornimenti lattei alla popolazione. Un problema che si ripresenta ciclicamente
ad ogni inverno, quando a metà novembre le lattifere vengono asciugate per consentire la
riproduzione.
Già nel dicembre ‘43, un gruppo di cittadini denuncia sul «Solco» che a Rondinara, nonostante ci siano molti contadini con lattifere che possono essere munte, manca il latte alimentare: si insinua che i contadini lo nascondano per farne mercato nero e contro di loro si invoca l'intervento delle autorità50. Che non si tratti di ingordigia commerciale di qualche produttore diviene evidente dopo pochi giorni, quando vengono fissate norme che limitano i consumi di latte e ne disciplinano la raccolta e la distribuzione.
Il latte dovrà essere raccolto solo presso alcuni caseifici identificati dall'U.Co.F. e
dall'Ente zootecnia «tenendo presenti l'attrezzatura, l'ubicazione, l'igiene dei caseifici e la
correttezza e disciplina dimostrata in passato dai dirigenti o gestori degli stessi»51.
La titolazione del latte, per controllare che la percentuale di grasso non sia diversa da quanto prescritto, verrà eseguita presso quei caseifici, che siano dotati degli strumenti idonei.
Premesso che ogni comune deve considerarsi autoapprovvigionato attraverso il conferimento del latte fatto dai produttori locali, ai consumatori dovranno essere distribuiti
giornalmente non più di gr. 225 di latte pro-capite. Tale quantitativo, in relazione alle
disponibilità locali potrà essere ridotto limitando anche, ove occorra, la distribuzione
a determinate classi di consumatori (bambini, ammalati, vecchi) ... In tutta la
Provincia il latte dovrà essere ceduto al consumatore al prezzo di £.3,40 al litro52.
L'acquisto di latte dai rivenditori potrà avvenire solo su presentazione delle carte annonarie. Ai malati e alle madri allattanti saranno concesse carte per prelievi supplementari53.
La carenza di latte obbliga la Sepral ad importarne dalla Lombardia. La nuova disciplina,
che avrebbe dovuto garantire le quantità necessarie al consumo, non ha avuto successo perché gli allevatori non avrebbero rispettato l'obbligo di conferire all'ammasso un chilogrammo di latte al giorno: li si accusa di non essere in grado di produrlo perché non hanno programmato le monte delle vacche, così da avere lattifere in produzione anche in inverno. La
responsabilità del fallimento del razionamento del latte è quindi attribuito alla forza dell'abitudine: gli allevatori sono abituati, per la destinazione più industriale che alimentare del latte
reggiano, a far partorire le vacche a primavera, così da avere latte all'apertura dei caselli e
non tengono conto delle necessità alimentari della popolazione, sempre risolte con l'importazione. Si ammette che la differenza tra prezzo del latte per alimentazione e quello per uso
industriale non è stata sufficiente a stimolare un impegno seppur minimo dei contadini in tal
senso54.
Alla fine di febbraio la questione è ancora irrisolta: tutto il latte conferito ai centri di raccolta viene destinato all'alimentazione umana, mentre il suo prezzo supera quello del latte
destinato alla trasformazione55.
I tentativi di recuperare latte si indirizzano, poi, di nuovo, a provvedimenti d'imperio, si va
dal conferimento obbligatorio della produzione esclusivamente presso centri autorizzati, alla
concessione della distribuzione solo a lattai specificamente autorizzati56 al razionamento ed
alla scrematura integrale57.
147
La questione del latte alimentare si ripresenta, puntualmente, con il novembre 1944, quando, nel tentativo di reperire i quantitativi sufficienti alle necessità della popolazione cittadina il prezzo viene portato da lire 3,40 a lire 5 il litro, franco caseificio. La Sepral, ovviamente, ribadisce l'obbligo del totale conferimento del latte disponibile dopo le trattenute per
consumo familiare, così come conferma il divieto di diretta cessione ai consumatori. Il
«Solco» commenta l'aumento del prezzo giustificandolo con la cronica penuria di latte prodotto in provincia d'inverno, per i già ricordati motivi legati alla gravidanza delle mucche. In
normali situazioni di mercato la situazione sarebbe stata risolta con l'importazione dalla
Lombardia dove le stalle venivano tenute in rotazione grazie alla disponibilità di foraggio
delle marcite. Non potendo provvedere all'importazione per l'impossibilità di trasporto non
si poteva che tentare di stimolare i contadini a produrre latte con un prezzo equilibrato
rispetto ai costi: l'aumento dovrebbe rispondere a questa esigenza.
E se qualche infrazione o indisciplina essi dovessero ugualmente commettere, essa
risulterebbe ancor più delittuosa e tale da meritare le più gravi sanzioni penali che la
legge di guerra prevede. In questo campo le autorità fanno pertanto appello alla sorveglianza e alla collaborazione del consumatore, il quale non deve tacitamente accondiscendere, ma protestare e denunciare senza ritegno ogni abuso...58.
Il provvedimento pare non ottenere grandi risultati: già a novembre le autorità ricorrono al
razionamento, giustificandolo con la necessità di esportare latte nelle province vicine. Viene
istituita una tessera con quattro categorie di consumatori: bambini, vecchi, popolazione normale, ammalati59.
Già con il 1° di dicembre le Latterie cooperative riunite, «considerato il rallentato rifornimento di latte alimentare ai centri di raccolta»60, consegneranno giornalmente gr. 500 ai
bambini fino a tre anni, agli ammalati e le gestanti, gr. 250 per i vecchi oltre i sessantacinque anni: la razione normale, per gli altri consumatori, sarà stabilita di giorno in giorno
secondo disponibilità. La produzione raccolta non risulta sufficiente per le sessantamila persone che avevano prenotato il latte. Le Latterie ritengono di poter raccogliere circa 120
quintali al giorno: 60 saranno destinati alla città, 60 al forese.
La situazione precipita durante il mese di dicembre: la disponibilità di latte scende da 120130 quintali giornalieri a 12-13. Il latte fresco viene distribuito ai bambini, mentre agli altri
viene consegnato latte in polvere61. Le autorità sono costrette ad ammettere che i provvedimenti adottati non hanno ottenuto l'effetto sperato: aumento del prezzo e razionamento non
sono stati in grado di garantire i rifornimenti alla popolazione62. Il prezzo è stato addirittura
aumentato al punto che mentre a Parma si pagano lire 4,50 il litro, a Reggio il latte ne vale
cinque63. Come sempre, però, non sapendo più cosa fare, si ricorre alla demagogia: «solo il
cuore generoso del contadino con una pronta dedizione potrà colmare tale lacuna. Maggiore
e sollecita esortazione la forniamo per una pronta e proficua intensificata produzione di
latte, in quanto tale alimento è indispensabile per determinato numero di cittadini»64.
Appelli che paiono non ottenere alcuna risposta se, a fine mese, nel capoluogo il latte fresco continua ad essere distribuito solamente ai bambini e alle gestanti: oltre agli ammalati
anche i vecchi sono autorizzati a prelevare latte in polvere.
Si nota che, invece, i comuni della provincia riescono a soddisfare le necessità del razionamento65. I comuni del circondario sono una sorta di ultima spiaggia a cui ricorrere: a
marzo 1945 gli allevatori non solo di Reggio, ma anche di Bagnolo, Cadelbosco, Castelnovo
Sotto, Poviglio, Gattatico, Campegine, S. Ilario e Montecchio sono obbligati a conferire ai
148
caseifici due litri di latte per ogni vacca che abbia partorito: è il latte che dovrebbe alimentare la città ormai assediata dai ribelli66.
Gli esempi che abbiamo portato ci paiono sufficienti per sostenere la lontananza tra gli
interessi dei produttori di derrate e quelle che le autorità sostengono essere le necessità dei
consumatori. In effetti la questione ci pare molto più complessa di quanto chi gestisce il
potere pare comprendere: non si tratta solo di contrapporre gli interessi individuali dei contadini a quelli collettivi della popolazione civile. Il regime impone una situazione economica
in cui il mercato ufficiale non ha che sporadici rapporti con quello reale, anzi in cui l'inesistenza di un mercato libero dei prodotti pare essere una sorta di istigazione alla nascita, crescita e sviluppo di un mercato clandestino. Nel Reggiano i contadini non aderiscono agli
inviti del regime a collaborare per un'infinità di ragioni che vanno dall'elevato tasso di politicizzazione delle campagne (non tanto e solo di antifascismo – sarebbe semplicistico limitarsi a notare la forte presenza antifascista e, soprattutto, comunista – ma anche cattolica e,
perché no, fascista: Reggio fu la seconda provincia fascista dell'Emilia Romagna) – a cui
corrisponde un'aspettativa molto alta di partecipazione alle scelte di governo – alla volontà
di preservare un sistema agrario, sostanzialmente moderno (risaliva ai vent'anni tra fine
‘800 e primi ‘900), che basava sul mercato gran parte dei suoi equilibri. Il contadino reggiano produce latte per la lavorazione del formaggio grana: si aspetta che gli venga pagato a
fine annata o, sempre più spesso, di ricevere, sempre a fine anno, una quota di prodotto da
stagionare per altri dodici/ventiquattro mesi prima di venderlo. La differenza tra produzione
e vendita è, quindi, di due-tre anni. È un'abitudine che richiede una gestione rigorosa della
stalla e del podere, una rigida disciplina dei consumi, la mancanza di vincoli alla circolazione di un prodotto di qualità destinato ad una élite. Tutto ciò è negato dalla guerra, dai vincoli
al mercato, da una domanda di prodotti di bassa qualità e di immediato consumo. Le abitudini nel campo della produzione lattiera che si tenta di combattere per dare latte alla città
non sono semplici capricci dei produttori, ma dipendono da precisi calcoli sui tempi biologici delle fattrici che poi debbono essere pronte alla produzione lattea al momento in cui i
caseifici, a primavera, riprendono la produzione del formaggio. Si tratta di un atteggiamento
che, ovviamente, non può essere generalizzato per altre agricolture, ma che spiega il fallimento dei rapporti tra contadini e Rsi.
Meno significativa ci pare sia la vicenda dell'ammasso cerealicolo, che pure, su un piano
nazionale – e per quanto riguarda in genere la vicenda dell'ammasso di guerra – tanta
importanza assume. Intanto perché la Rsi si trova a dover gestire una sola campagna granaria (quella del 1944) e poi perché in questo campo il potere, a Reggio, pare arrendersi senza
combattere.
Per la campagna cerealicola 1944 vengono fissati, già nel giugno, nuovi prezzi molto più
alti dei precedenti.
La realtà di oggi ... è fatta di prezzi da cinque a dieci volte superiori a quelli del 1940
... Non crediamo che tutti gli agricoltori siano interamente soddisfatti dei prezzi di cui
sopra, ritenuti da essi ancora insufficienti a coprirli dalle spese di produzione. Quanto
al consumatore il problema del prezzo del pane e della pasta è più che superato da
quello generale del costo della vita e dei generi alimentari che ognuno è costretto a
procurarsi attraverso la borsa nera, per non ridursi alla morte per inedia: per il consumatore ... il vero problema ... è quello di procurarsi giornalmente una sufficiente
quantità di generi alimentari ... è stato un grave errore ... l'avere fissate razioni insufficienti e dei prezzi di conferimento agli ammassi non remunerativi per il produttore67.
149
L'adeguamento dei prezzi dei prodotti agricoli ai costi produttivi, avrebbe dovuto rendere
conveniente l'ammasso senza per altro avere un peso particolare sui consumatori, ormai abituati ai prezzi della borsa nera, che avrebbe dovuto essere combattuta sia con un aumento
delle razioni, sino ad eliminare i margini di richiesta che la alimentano, che attraverso una
dura lotta sul piano legale contro i contravventori
La questione fondamentale, però, pare essere quella della distribuzione del grano: è la
situazione dei trasporti a far dubitare della possibilità di ammassare cereali e poi portarli in
città. L'azione partigiana è già incisiva e gli aerei alleati sono già un incubo per autocarri e
treni implacabilmente mitragliati se sorpresi a circolare. La posizione ufficiale è inizialmente quella di negare l'evidenza del problema.
Siamo in grado di confermare in modo definitivo che a raccolto ultimato sarà effettuata la distribuzione del grano a tutti i consumatori che ne faranno richiesta e in
misura tale da fronteggiare agevolmente i bisogni alimentari, così da ridurre al minimo l'attività del mercato nero. Sono già predisposte le modalità per l'attuazione pratica del provvedimento, modalità che in linea generale non differiscono da quelle
seguite lo scorso anno ... non sono mancate proposte particolari tendenti a rendere più
sollecita la distribuzione, come quella ... di far prelevare il grano presso i singoli produttori. La proposta ... presenta diversi inconvenienti ... che si risolverebbero in danni
inevitabili tanto per il produttore quanto per il consumatore. A parte la questione fondamentale del controllo e della valutazione del prodotto conferibile (peso specifico,
impurità) ... che sarebbe impossibile eseguire sul posto in alcune decine di migliaia di
aziende, si deve considerare che presso ben poche di queste esiste l'attrezzatura
necessaria per ... [la] distribuzione68.
A luglio, però, la questione viene risolta in modo diametralmente opposto: tutte le necessità tecniche e di opportunità, quasi per magia, scompaiono e i produttori del capoluogo
sono autorizzati a cedere ai consumatori la prima parte (50 chilogrammi) della distribuzione
prevista su presentazione del relativo buono, anche intestato ad un ammasso, al prezzo di
lire 260 il quintale. Versando i buoni al Consorzio agrario i contadini avrebbero ricevuto lire
361,50 al quintale69. La possibilità di cedere il grano ai consumatori direttamente da parte
dei produttori incontra immediatamente il gradimento della popolazione, che lo considera
un vantaggio sia per gli acquirenti che per i venditori, che evitano il trasporto al magazzino
del Cap70. La proposta di estendere il provvedimento anche ai Comuni della provincia non
pare incontrare particolari difficoltà e la Sepral si preoccupa solo di precisare che è facoltà
del Podestà decidere la possibilità di far distribuire il grano ai consumatori direttamente dai
produttori, per i quali esiste il solo obbligo di aver denunciato le quantità prodotte71.
È la totale deregulation: una politica annonaria basata sull'ammasso dei generi di prima
necessità dovrebbe reggersi incaricando ogni produttore di distribuire i generi del proprio
lavoro. È evidente che una simile decisione corrisponde ad una resa incondizionata. Il produttore è di fatto autorizzato a vendere il proprio prodotto al mercato libero, ma formalmente gli si fissa un prezzo da dover applicare in modo rigoroso. Tutto ciò, però, non pare risolvere il conflitto in atto tra contadini e governo. Anzi, i contadini sembrano ancor più decisi a
non appoggiare in alcun modo la politica alimentare della Rsi.
Gli agricoltori, sono la categoria professionale maggiormente presente tra quelle segnalate per gli implicati in reati annonari72, anche se centotré agricoltori, su cinquecentoventidue
implicati di cui conosciamo il mestiere, sono una percentuale estremamente bassa in una
150
provincia in cui i contadini erano ancora all'incirca la metà della popolazione. In effetti i
reati annonari paiono appartenere più alle categorie nettamente commerciali (esercenti, fornai, commercianti, fruttivendoli, macellai, pollivendoli) o impegnati in attività – più artigianali che industriali – di trasformazione (mugnai, cascinai). È, però, significativo che questi
mestieri siano segnalati in modo dettagliato, mentre la categoria dei produttori agricoli è una
sola, pur con specificazioni.
Anche sotto questo aspetto non mancano le sorprese. In una provincia eminentemente
mezzadrile sono solo sei i mezzadri ed un colono di cui si dichiara l'attività, contro i ventun
fittavoli e, soprattutto, contro i settantadue agricoltori in genere, tra i quali sono senza dubbio inseriti i coltivatori diretti, anche se non abbiamo elementi che ci consentano di ascrivere l'intero numero ai conduttori fondi propri73.
Alcune sorprese riserva anche il confronto tra l'età degli agricoltori74 e quella del complesso degli implicati in genere75: i dati a nostra disposizione ci fanno pensare che i contadini implicati fossero in genere più anziani (sette su diciannove hanno tra i 50 e i 59 anni, tre
tra i 60 e i 69, tre tra i 40 e i 49) in rapporto alla generalità degli implicati (settantotto su
duecentoquarantuno tra i 40 e i 49 anni, cinquantacinque tra i 50 e i 59 anni e ventitré tra i
60 ed i 69).
La distribuzione geografica, per Comune, dei reati commessi dagli agricoltori76 in confronto con i dati generali77, si modifica in modo netto: il primato del capoluogo – per altro
del tutto logico vista la maggior concentrazione di abitanti di Reggio in rapporto con i
Comuni della Provincia – (centonovantasei reati su ottocentocinquantaquattro) cade e
Reggio è solo terzo (nove reati su novantasei) per i contadini, mentre lo precedono Guastalla
(ventuno reati) e Castelnovo Sotto (tredici reati). Si noti anche come la percentuale di agricoltori sui reati del capoluogo sia bassa (nove su centonovantasei), pur in un comune con un
forese estremamente ampio per superficie e popolato da contadini, mentre molto alta è la
percentuale per Guastalla (ventun contadini su quarantanove reati) e anche per Castelnovo
(tredici su trentaquattro).
Il reato più rilevato è la macellazione clandestina sia nei dati complessivi (centonove su
ottocentonovantuno)78 che in quelli relativi agli agricoltori (sedici su centotré)79. In particolare, però, settanta reati dei contadini su centotré sono relativi ai grassi (macellazione clandestina, mancato conferimento bovini, omesso conferimento latte e burro, ecc.).
Le segnalazioni di reati annonari connessi con l'alimentazione, che «Il Solco Fascista»
riporta, non debbono essere assunte come dati oggettivi, ma solo come un indice soprattutto,
ma non solo, del diffuso rifiuto popolare ad aderire alla politica annonaria della Rsi.
I dati che abbiamo riportato, innanzitutto, non consentono di definire né l'effettiva diffusione della borsa nera, né il suo radicamento in questo o quel ceto, ma permettono di verificare quanto il fenomeno dell'evasione alle norme sul vettovagliamento fosse diffuso e ramificato.
Permettono anche di comprendere come lo scontro in atto fosse una questione di morale e
politica.
Da un lato il potere richiamava i produttori ad una religiosa obbedienza ai dettati delle
autorità, dall'altro i contadini – in misura molto maggiore di quanto poi venga rilevato come
reato – gli altri produttori, i commercianti e la popolazione in genere si preoccupano di
mantenere vivo un mercato parallelo che consente la propria sopravvivenza.
Pare si crei un patto non dichiarato tra produttori e consumatori che permette di sopravvivere alla guerra, all'occupazione e alle norme cervellotiche e inapplicabili. Nella sostanza
pare che i tempi lunghi della produzione agricola prevalgano sulle contingenze belliche
151
gestite dalla Repubblica sociale, che diviene e resta altra rispetto alla popolazione reggiana.
Sarebbe sbagliato e pericoloso pensare che il mancato consenso alla politica annonaria del
regime possa essere generalizzato: l'Italia contadina aveva troppe sfaccettature e differenze
perché questi avvenimenti possano essere assunti come paradigmi complessivi: sta di fatto,
però, che tutta la cura, gli sforzi, le lusinghe e le minacce messe in atto dai fascisti non furono in grado di assicurare alla popolazione civile ed ai propri padroni nazisti, il cibo dei
campi reggiani, ma soprattutto non furono in grado di assicurare al regime collaborazionista
quel grado di consenso che era condizione indispensabile per potersi garantire le derrate.
I contadini reggiani scelgono la clandestinità annonaria piuttosto che cedere le proprie
bestie ai tedeschi, e questa clandestinità li porta in un'area di illegalità dalla quale diventerà
più facile appoggiare i partigiani che la Repubblica di Salò, prodiga di richiami alla morale,
ma povera di statura politica.
152
1. «Il Solco Fascista» 27 ottobre 1943, 4 novembre 1943, 30 novembre 1943.
2. La denuncia delle giacenze alimentari, «Il Solco Fascista» 14 settembre 1943.
3. Municipio di Reggio Emilia, Denuncia di Bestiame presso terzi, 3 ottobre 1944 in ACRE, Raccolta Manifesti,
b. 98.
4. Riportiamo questo esempio, tratto dai bandi ufficiali emanati dal Commissario Prefettizio del Comune di
Reggio Emilia, Rabotti.
TUTTI COLORO CHE, IN QUESTO COMUNE, SONO IN POSSESSO, ALLA DATA SUDDETTA
DEL 1° MARZO 1944 – XXII, DI UNO O PIÙ CAPI DI BESTIAME ... SONO OBBLIGATI A
FARNE DENUNCIA ... Saranno eseguiti rigorosi controlli, per accertare l'esattezza della denuncia,
presso tutti i detentori di bestiame ... Chiunque, soggetto all'obbligo di denuncia, si rifiutasse di fornire
le notizie richieste o le fornisse scientemente errate, oppure incomplete, è passibile delle gravi sanzioni
stabilite dal D.L. 22 aprile 1943 – XXI n.245. Il bestiame non denunciato sarà confiscato.
Municipio di Reggio Emilia, Denuncia obbligatoria del bestiame al 1° MARZO 1944 – XXII, 11 febbraio 1944 –
XXII in ACRE, Raccolta Manifesti, b. 98, lo stesso testo sarà ripetuto anche in Municipio di Reggio Emilia,
Denuncia obbligatoria del bestiame AL 20 LUGLIO 1944 – XXII, 14 luglio 1944 – XXII in ACRE, Raccolta
Manifesti, b. 98.
5. La denuncia delle giacenze alimentari, «Il Solco Fascista» 14 settembre 1943.
6. Cfr. Un manifesto del Commissario prefettizio sul vettovagliamento della città, «Il Solco Fascista» 14 settembre 1943.
7. Importanti informazioni della Sezione Provinciale dell'alimentazione, «Il Solco Fascista», 14 settembre 1943,
le stesse informazioni sono ribadite in Importanti comunicazioni della Sezione Provinciale dell'alimentazione,
«Il Solco Fascista» 15 settembre 1943.
8. I prezzi massimi dei cereali, farine, oli, sementi e foraggi «Il Solco Fascista» 26 settembre 1943.
9. Il vettovagliamento della popolazione assicurato per l'intero mese di ottobre, «Il Solco Fascista» 2 ottobre
1943.
10. Tutti i cittadini dovranno denunciare gli abusivi aumenti dei prezzi, «Il Solco Fascista» 31 dicembre 1943.
11. Ferma disciplina nel settore alimentare, «Il Solco Fascista» 30 novembre 1943.
12. Severo richiamo del Capo della Provincia alla disciplina dei prezzi, «Il Solco Fascista» 22 dicembre 1943.
13. Tutti i cittadini dovranno denunciare gli abusivi aumenti dei prezzi, «Il Solco Fascista» 31 dicembre 1943.
14. «L'Ufficio provinciale della zootecnia comunica che per il momento, finché cioè non saranno impartite dalle
autorità superiori disposizioni più dettagliate per quanto concerne le destinazioni del bestiame e le formalità di
pagamento, saranno attuati in Provincia soltanto raduni per il rifornimento della popolazione civile. Per tali raduni l'Ufficio Provinciale precetterà nuovamente gli allevatori prenotati per i conferimenti e, pertanto, tutte le cartelline di precettazione inviate loro precedentemente, per la consegna del bestiame ai raduni che poi non ebbero
più luogo per causa di forza maggiore, debbono considerarsi decadute», I raduni bovini da macello saranno
necessariamente limitati, «Il Solco Fascista» 24 settembre 1943.
«L'Ufficio provinciale della zootecnia comunica: i suini che abbiano raggiunto un peso minimo di kg. 140, devono essere prenotati presso l'Ufficio provinciale stesso per il conferimento ...», Conferimento suini, «Il Solco
Fascista» 24 settembre 1943.
Denuncia delle scorte di carni, «Il Solco Fascista» 10 dicembre 1943; Rilevazione delle giacenze dei generi
razionati, «Il Solco Fascista» 4 gennaio 1944; I trasgressori alla consegna del vino saranno arrestati, «Il Solco
Fascista» 14 gennaio 1944; Divieto di esportare uve e mosti dalla Provincia senza autorizzazione – La tempestiva denuncia delle giacenze, «Il Solco Fascista» 23 febbraio 1944; Denuncia obbligatoria del bestiame, «Il Solco
Fascista» 19 luglio 1944; La denuncia delle fascine ricavate dal taglio delle siepi, «Il Solco Fascista» 25 luglio
1944; Un decreto del Capo della Provincia pere il rifornimento del vino alla popolazione, «Il Solco Fascista» 3
novembre 1944; Le aziende grossiste e della produzione alimentare requisite con decreti del Capo della
Provincia, «Il Solco Fascista» 14 gennaio 1945; Il testo del decreto di requisizione delle aziende industriali alimentari, «Il Solco Fascista» 18 febbraio 1945; La requisizione delle aziende grossiste dei prodotti agricoli, «Il
Solco Fascista» 4 aprile 1945; Il blocco delle partite del vino, «Il Solco Fascista» 12 aprile 1945.
15. Cfr. Come si sta adeguando l'economia familiare, «Il Solco Fascista» 29 luglio 1944.
16. La legna continuerà ad essere distribuita come prima, «Il Solco Fascista» 15 settembre 1943.
17. «Le persone, famiglie ecc. che hanno asportato abusivamente e con la violenza il grano dagli ammassi
dovranno immediatamente restituirlo, tenendo presenti le disposizioni emanate dalle Autorità Militari
Germaniche su questo argomento, con cartelli appositi affissi lungo le vie degli abitati. Chi deterrà abusivamente
il grano sarà considerato saccheggiatore e punito come tale. Il grano degli ammassi verrà distribuito alla popolazione. 65 chilogrammi a testa per nove mesi corrispondenti a 250 grammi giornalieri. Agli addetti ai lavori
153
pesanti verrà concesso il supplemento. Per il riso e la pasta saranno distribuite le tessere», «Il Solco Fascista» 11
(ma 12) ottobre 1943.
Cfr. anche La distribuzione del grano alla popolazione, «Il Solco Fascista» 20 giugno 1944.
Il Capo della Provincia dispone, nel giugno ‘44, l'assegnazione di 1,50 q.li di grano ai non produttori della
Provincia (compresi gli sfollati), per l'annata agraria. Agli aventi diritto a supplementi saranno rilasciati quantitativi integrativi a parte. Ai produttori resta una quota di 2 q.li a testa. «È evidente che dopo di questo provvedimento qualsiasi intemperanza o indisciplina non potrà trovare alcuna giustificazione: atteggiamenti del genere
servirebbero solamente a provocare degli spiacevoli provvedimenti di repressione e metterebbero gli organi
distribuitori in condizione di non poter far fronte alla totale consegna del prodotto», Distribuzione di grano per
l'annata 1944-45, «Il Solco Fascista» 27 giugno 1944.
18. Si propone di agevolare il prelevamento del vino e della legna per gli sfollati, «Il Solco Fascista» 25 febbraio
1944; Le assegnazioni secondo il decreto del Capo della Provincia, «Il Solco Fascista» 30 novembre 1944; La
distribuzione del vino, «Il Solco Fascista» 27 dicembre 1944.
19. Listino dei prezzi massimi per i combustibili vegetali per il Capoluogo, «Il Solco Fascista» 15 novembre
1943; Razionamento della legna da ardere e del carbone vegetale, «Il Solco Fascista» 8 settembre 1944; Una
precisazione del Consiglio Provinciale dell'economia, «Il Solco Fascista» 26 ottobre 1944; Come funziona il servizio della legna, «Il Solco Fascista» 2 novembre 1944; Il combustibile per il fabbisogno del capoluogo, «Il
Solco Fascista» 20 marzo 1945; Come furono salvati trecento quintali di legna, «Il Solco Fascista» 20 marzo
1945.
20. Un chilo di formaggio grana produzione 1941-42 per ogni persona e vendita di carne due volte la settimana,
«Il Solco Fascista» 30 ottobre 1943; Un decreto prefettizio per l'incremento della produzione dei grassi, «Il
Solco Fascista» 9 dicembre 1943; Il razionamento del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 1° dicembre 1944;
Perché l'intera popolazione possa usufruire del prezioso alimento, «Il Solco Fascista» 5 dicembre 1944; Per il
rifornimento del latte al centro urbano, «Il Solco Fascista» 6 marzo 1945.
21. «Allo scopo di assicurare l'approvvigionamento alle costituende Forze Armate Repubblicane si rende necessario adeguare il consumo carneo della popolazione civile alle effettive disponibilità», L'approvvigionamento
della razione di carne, «Il Solco Fascista» 8 dicembre 1943; Distribuzione anticipata di olio, formaggio e burro.
Cento grammi di carne per persona in tutti i Comuni, «Il Solco Fascista» 25 giugno 1944.
22. Cfr. Doc.1 – Quantità di pane e generi da minestra distribuite dall'annona. Le tabelle sono nostre elaborazioni su notizie tratte da: Norme per il prelevamento dei generi alimentari nel prossimo mese di dicembre, «Il
Solco Fascista» 30 novembre 1943; Il prelevamento dei generi razionati, «Il Solco Fascista» 31 dicembre 1943;
Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di febbraio, «Il Solco Fascista», 23 gennaio 1944; Il
valore dei nuovi tipi di carte annonarie per pane e minestra, «Il Solco Fascista», 2 marzo 1944; Prelevamento
degli alimenti razionati per il prossimo mese di aprile, «Il Solco Fascista», 29 marzo 1944; La validità delle
carte annonarie e l'aumento della razione pane [La razione pane viene aumentata di gr, 50 a testa al giorno,
restano immutate le razioni dei supplementi e degli altri generi alimentari, ndr.], «Il Solco Fascista», 20 aprile
1944; Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di maggio. L'aumento della razione pasta, «Il
Solco Fascista», 30 aprile 1944; Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di giugno, «Il Solco
Fascista», 31 maggio 1944; Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di luglio, «Il Solco
Fascista», 28 giugno 1944; Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di agosto, «Il Solco
Fascista» 1° agosto 1944; Prelevamento dei generi razionati per il mese di settembre, «Il Solco Fascista» 29 agosto 1944; Prelevamento dei generi alimentari per il mese di ottobre, «Il Solco Fascista» 28 settembre 1944;
Prelevamento dei generi alimentari per il corrente mese, «Il Solco Fascista» 1° dicembre 1944; I generi alimentari destinati alla popolazione nel mese in corso, «Il Solco Fascista» 1° novembre 1944; Prelevamento dei generi
alimentari per il mese in corso, «Il Solco Fascista» 2 gennaio 1945; Prelevamento di generi per il mese di febbraio, «Il Solco Fascista» 3 febbraio 1945; I prelevamenti alimentari nel mese di marzo, «Il Solco Fascista» 1°
marzo 1945; Il prelevamento dei generi alimentari del mese in corso, «Il Solco Fascista» 4 aprile 1945.
23. Cfr. Il problema alimentare nell'imminenza della stagione invernale, «Il Solco Fascista» 4 ottobre 1944
24. La soddisfacente situazione alimentare della nostra provincia, «Il Solco Fascista» 22 ottobre 1944.
25. Il grano a tutti i cittadini, «Il Solco Fascista» 22 giugno 1944.
«Contadino, terroristi senza patria e banditi prezzolati dal nemico ti esortano a non assicurare il raccolto, ma a
farlo marcire, asserendo, come pretesto, di voler recare danno alle Forze Armate Germaniche. Per renderti docile
ai propri voleri, essi minacciano di usare la forza e di mettere a fuoco tanto le tue messi quanto le tue case.
Contadino! È il tuo raccolto, è il tuo pane, quello che dovrebbe imputridire sui campi. Il tuo raccolto è e rimane
il pane del popolo italiano.
Se ti presti al gioco dei fuori legge, non danneggerai le Forze Armate Germaniche, ma esclusivamente, te stesso!
È loro intendimento renderti maturo per un'Italia comunista. Privato di ogni tuo avere, tu, nullatenente e immiserito, cadrai più facilmente sotto l'influsso delle pestifere ideologie del comunismo. Anche il cittadino, che deve
fare assegnamento sul tuo raccolto, dovrebbe soffrire la fame, per lo stesso motivo.
154
LA SEDICENTE «BRIGATA GARIBALDI» È NOTORIAMENTE AL SOLDO DEL BOLSCEVISMO
STALINIANO.
CONTADINO, DIFENDITI DA QUESTI CRIMINALI, PENSA AI TUOI FIGLI!
Assicura a te stesso e alla tua famiglia il pane quotidiano, proteggendo la benedizione divina del raccolto dalle
insidie dei tuoi nemici», Contadino!, «Il Solco Fascista» 3 agosto 1944.
26. Quanti perché in questo arduo momento, «Il Solco Fascista» 18 ottobre 1944.
27. La psicologia della «coda», «Il Solco Fascista» 14 luglio 1944.
28. È vietato danneggiare gli alberi dei viali cittadini, «Il Solco Fascista» 18 novembre 1944; È vietato danneggiare gli alberi dei viali cittadini, «Il Solco Fascista» 15 febbraio 1945; Arresti per tagli abusivo delle piante, «Il
Solco Fascista» 21 febbraio 1945.
29. «[Su «La sera», il giornalista Alfio Setta sostiene di aver scoperto un sistema che risolverebbe il problema
dei prezzi attraverso la] ... socializzazione del consumo. Dice che l'economia del consumatore non può sfociare
che nel cooperativismo: un cooperativismo che giunga a diminuire, se non a sopprimere, i molti profitti intermedi che oggi hanno luogo attraverso una lunga serie di venditori e rivenditori, in modo da rendere il più possibile a
contatto produzione e consumo. Diamo atto che questo sistema, eliminando le categorie dei commercianti,
potrebbe ridurre i prezzi dei prodotti consegnati agli ammassi di una data percentuale che però riteniamo minima
e solo rispondente agli utili netti dei grossisti e dei dettaglianti, in quanto affidando la direzione alle cooperative
non va dimenticato che il funzionamento dei servizi stessi viene compiuto da individui a cui occorre pagare un
salario ... i prezzi si possono dominare solo se sono giusti, ossia corrispondenti alla realtà del risultato del lavoro
delle varie categorie ... Primo ... compito d'italiani è quello di produrre il più possibile. Per produrre molto vi
sono due mezzi: 1) la forza coattiva; 2) l'interesse immediato del produttore ... abbiamo il tempo e la possibilità
di adottare il primo sistema? No. Ed allora accettiamo il secondo, curiamo la giusta remunerazione dei prodotti
agricoli, e da questi stabiliamo i giusti prezzi industriali di tutti i prodotti interessanti la nostra economia ...
Diamo all'agricoltore la possibilità di poter produrre al massimo e facciamo sì che col ricavato del suo lavoro
possa acquistare quanto gli è indispensabile alla vita», Alla base di un problema, «Il Solco Fascista» 1° marzo
1944.
30. Cfr. Il nuovo ordinamento degli esercizi di panificazione, «Il Solco Fascista» 6 gennaio 1945; Norme e chiarimenti sulla istituzione ed il funzionamento del Consorzio Panificatori del Capoluogo, «Il Solco Fascista» 11
gennaio 1945; Il prelevamento dei generi alimentari fatto attraverso gli spacci cooperativi, «Il Solco Fascista» 3
aprile 1945.
31. La disciplina delle forniture, «Il Solco Fascista» 18 luglio 1944.
32. Agricoltori!, «Il Solco Fascista» 4 agosto 1944.
33. Conferire il grano agli ammassi è un dovere di fraterna solidarietà, «Il Solco Fascista» 7 luglio 1944.
34. Grano agli ammassi, «Il Solco Fascista» 11 agosto 1944.
35. dott. Sergio Ferrari, A proposito di legna di produttori e consumatori, «Il Solco Fascista» 5 aprile 1945; il
giovane articolista a cui Ferrari si riferisce, e verso cui polemizza è Dante Torelli, che troverà modo di avere l'ultima parola nel suo Criticomania superficiale, «Il Solco Fascista» 7 aprile 1945.
36. Cfr. Il termine per le denunce del vino della campagna 1944/45, «Il Solco Fascista» 12 novembre 1944; La
denuncia del vino deve essere effettuata entro il mese, «Il Solco Fascista» 19 novembre 1944.
37. Le denunce della globale produzione vinicola devono essere presentate sollecitamente, «Il Solco Fascista»
26 novembre 1944; La denuncia del vino, «Il Solco Fascista» 3 dicembre 1944;
«Le denunce pervenute non superano la metà del prevedibile quantitativo di vino prodotto quest'anno nella
nostra provincia, quantitativo che si fa ascendere a 850.000 quintali di vino. Perché è stata ritardata la distribuzione del vino alla popolazione», «Il Solco Fascista» 14 dicembre 1944.
«Si deve tener presente, all'uopo, che l'assegnazione ai consumatori di 50 litri di vino per persona è piuttosto
scarsa, soprattutto per gli operai addetti a lavori pesanti quotidiani», I termini definitivi per il conferimento dei
cereali e della legna, «Il Solco Fascista» 4 gennaio 1945.
38. Ci scrivono ... la questione della legna. Un'opportuna proposta, «Il Solco Fascista» 25 ottobre 1944; cfr.
anche Consegna della legna agli ammassi, «Il Solco Fascista» 12 novembre 1944; Ogni ulteriore ritardo non
può più essere giustificato, «Il Solco Fascista» 16 novembre 1944; Il dovere degli agricoltori, «Il Solco Fascista»
21 novembre 1944.
39. Cfr. Diffida per la consegna di legna agricola, «Il Solco Fascista» 23 dicembre 1944; L'approvvigionamento
della legna assicurato alla popolazione, «Il Solco Fascista» 3 gennaio 1945.
40. Dante Torelli, Pane, retorica e cifre eloquenti I , «Il Solco Fascista» 2 marzo 1945.
41. Dante Torelli, Legna, consumatori e partigiani, «Il Solco Fascista» 29 marzo 1945.
«Il partigiano rappresenta la forza oscura e antipatica che assedia la città e che attraverso la sua opera poco, invero, generosa riesce a mettere la popolazione in stato di orgasmo creando una situazione le cui responsabilità non
risalgono all'assediato, ma all'assediando ... E va bene! Le autorità avranno torto. Ma il popolo non si è mai reso
conto della deleteria opera ai suoi danni svolta dal cosiddetto comitato di liberazione nazionale...», Rifornimenti
155
e ribellismo, «Il Solco Fascista» 14 aprile 1945; Mercato nero e ribellismo, «Il Solco Fascista» 15 aprile 1945.
42. L'approvvigionamento della razione di carne, «Il Solco Fascista» 8 dicembre 1943.
43. Cfr. I raduni bovini da macello saranno necessariamente limitati, «Il Solco Fascista» 24 settembre 1943; La
nota commerciale – Il bestiame bovino, «Il Solco Fascista» 2 ottobre 1943; Il bestiame suino, «Il Solco Fascista»
2 ottobre 1943; I raduni del bestiame da vita si terranno solo a Reggio, «Il Solco Fascista» 18 ottobre 1943;
Nota commerciale – Bestiame bovino e suino, «Il Solco Fascista» 18 gennaio 1944; È proibita l'esportazione dei
lattonzoli, «Il Solco Fascista» 1° aprile 1944; Il commercio dei suini, «Il Solco Fascista» 12 aprile 1944; Il commercio dei suini, «Il Solco Fascista» 17 aprile 1944.
44. Cfr. Denuncia obbligatoria del bestiame, «Il Solco Fascista» 19 luglio 1944.
45. Confisca del bestiame agli agricoltori inadempienti, «Il Solco Fascista» 17 agosto 1944.
46. Cfr. Tutti gli agricoltori sono tenuti a consegnare il bestiame al raduno, «Il Solco Fascista» 8 settembre
1944.
47. Cfr. La «bassa macelleria», «Il Solco Fascista» 29 settembre 1944.
48. Cfr. Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 30 ottobre 1943; Per le massaie – Carne
di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 4 novembre 1943; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco
Fascista» 14 dicembre 1943; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, , «Il Solco Fascista» 18 dicembre
1943; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 5 gennaio 1944; Per le massaie – Vendita
carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 12 gennaio 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il
Solco Fascista» 12 febbraio 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 16 febbraio
1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 26 febbraio 1944; Per le massaie – Carne
di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 4 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco
Fascista» 8 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 11 marzo 1944; Per le
massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 18 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa
macelleria, «Il Solco Fascista» 25 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista»
29 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 1° aprile 1944; Per le massaie –
Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 8 aprile 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il
Solco Fascista» 15 aprile 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 29 aprile 1944;
Per le massaie – Oggi carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 13 maggio 1944; Per le massaie – Carne di
bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 27 maggio 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco
Fascista» 3 giugno 1944; Per le massaie – Oggi carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 11 giugno 1944;
Per le massaie – Oggi carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 17 giugno 1944; Per le massaie –
Distribuzione di carne, «Il Solco Fascista» 22 luglio 1944; Distribuzione di carne, «Il Solco Fascista» 26 luglio
1944; Per le massaie – Oggi carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 12 agosto 1944; Per le massaie –
Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 27 settembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di
bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 29 settembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il
Solco Fascista» 18 ottobre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 21 ottobre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 28 ottobre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 1° novembre 1944; Per le massaie – Vendita carne
di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 4 novembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria,
«Il Solco Fascista» 11 novembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista»
28 novembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 16 febbraio 1945.
49. Cfr. Per le massaie. Il prelevamento della carne, «Il Solco Fascista» 17 gennaio 1945.
50. Cfr. La voce del pubblico – Un inconveniente che deve e può essere eliminato, «Il Solco Fascista» 7 dicembre
1943.
51. Il nuovo prezzo del latte, «Il Solco Fascista» 12 dicembre 1943.
52. Ibidem.
53. Cfr. Razionamento del latte, «Il Solco Fascista» 15 dicembre 1943.
54. Cfr. La crisi del latte e le sue cause, «Il Solco Fascista» 4 gennaio 1944.
55. Il latte destinato all'alimentazione umana viene pagato £. 2,50 il litro (al consumo £. 3,40 il litro), dal 1° aprile il prezzo del latte per uso industriale sarà di £. 220 il q.le (£. 218 per i Comuni di Baiso, Carpineti, Castelnovo
Monti, Collagna, Busana, Ramiseto, Ligonchio, Toano, Vetto e Villaminozzo). cfr. I prezzi del latte, «Il Solco
Fascista» 29 febbraio 1944.
56. Possono essere trattenuti solo: a) gr. 250 pro capite al giorno per il consumo familiare; b) hl. 1,50 per ogni
vitello destinato ai raduni e hl. 6 per ogni vitello destinato al rinnovo della stalla. Chi non può raggiunger un
caseificio può chiedere l'autorizzazione alla lavorazione casalinga. Cfr. Totale conferimento e utilizzazione del
latte, «Il Solco Fascista» 19 marzo 1944.
57. Cfr. Il latte per l'alimentazione deve essere scremato, «Il Solco Fascista» 21 aprile 1944.
58. Il prezzo del latte alimentare portato a cinque lire il litro, «Il Solco Fascista» 5 novembre 1944.
59. Cfr. La prenotazione del latte per il periodo invernale, «Il Solco Fascista» 10 novembre 1944.
156
60. Il razionamento del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 1° dicembre 1944.
61 Cfr. Necessità di una maggiore e sollecita produzione del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 23 dicembre
1944.
62. Cfr. Perché l'intera popolazione possa usufruire del prezioso alimento, «Il Solco Fascista» 5 dicembre 1944.
63. Cfr. Necessità di una maggiore e sollecita produzione del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 23 dicembre
1944.
64. Necessità di una maggiore e sollecita produzione del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 23 dicembre 1944;
cfr. anche I termini definitivi per il conferimento dei cereali e della legna, «Il Solco Fascista» 4 gennaio 1945.
65. Cfr. Il latte in polvere sarà distribuito anche ai vecchi, «Il Solco Fascista» 30 dicembre 1944.
66. Cfr. Per il rifornimento del latte al centro urbano, «Il Solco Fascista» 6 marzo 1945.
67. Sulla buona strada, «Il Solco Fascista» 17 giugno 1944.
68. La distribuzione del grano alla popolazione, «Il Solco Fascista» 20 giugno 1944.
69. Cfr. I produttori autorizzati a cedere un acconto di cinquanta chilogrammi, «Il Solco Fascista» 20 luglio
1944.
70. Cfr. Una proposta per facilitare la provincia, «Il Solco Fascista» 22 luglio 1944.
71. Cfr. Una precisazione della Sepral, «Il Solco Fascista» 28 luglio 1944.
72. Cfr. Documento 2 – Implicati in reati annonari per professione. La tabella, come le successive, è frutto di
una nostra elaborazione su dati tratti da «Il Solco Fascista». In particolare segnaliamo i seguenti articoli: L'opera
di repressione dei reati contro la disciplina degli approvvigionamenti e dei consumi, «Il Solco Fascista» 7
dicembre 1943; La condanna di un mugnaio, «Il Solco Fascista» 11 dicembre 1943; Provvedimenti per infrazioni alla disciplina dei consumi, «Il Solco Fascista» 18 dicembre 1943; Casina – Brillante operazione di polizia
annonaria, «Il Solco Fascista» 20 dicembre 1943; In tribunale – Burro a prezzo maggiorato, «Il Solco Fascista»
22 dicembre 1943; Macellava clandestinamente, «Il Solco Fascista» 14 gennaio 1944; Il sale c'era ma ..., «Il
Solco Fascista» 13 febbraio 1944; Per omesso conferimento di legna, «Il Solco Fascista» 13 febbraio 1944;
Procura dello Stato di Reggio Emilia, «Il Solco Fascista» 13 febbraio 1944; Quattro pelli di vitello fanno scoprire una macellazione clandestina, «Il Solco Fascista» 19 febbraio 1944; Condanna per reato annonario, «Il Solco
Fascista» 23 febbraio 1944; Acqua per ... pane, «Il Solco Fascista» 23 febbraio 1944; Bollette di macinazione
alterate, «Il Solco Fascista» 25 febbraio 1944; Sottrazione di grano all'ammasso, «Il Solco Fascista» 25 febbraio
1944; Accaparramento Granoturco, «Il Solco Fascista» 25 febbraio 1944; Commercio abusivo di alimentari, «Il
Solco Fascista» 25 febbraio 1944; 74 chili di formaggio grana, «Il Solco Fascista» 27 febbraio 1944; Per avere
trattenuto carte annonarie, «Il Solco Fascista» 27 febbraio 1944; 1140 uova, «Il Solco Fascista» 27 febbraio
1944; Pollivendolo assolto, «Il Solco Fascista» 27 febbraio 1944; L'assoluzione di due fruttivendoli, «Il Solco
Fascista» 1° marzo 1944; Collezionista di tessere annonarie, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1944; Carne di illegittima provenienza somministrata in giorni di divieto, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1944; Sottrazione al normale
consumo, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1944; Quattro produttori di vino arrestati, «Il Solco Fascista» 1° marzo
1944; Sottrazione di granone al normale consumo, «Il Solco Fascista» 4 marzo 1944; Altri produttori di vino
inadempienti arrestati a Bibbiano, «Il Solco Fascista» 4 marzo 1944; Falsità di registri e sottrazione di granoturco al normale consumo, «Il Solco Fascista» 8 marzo 1944; Agevolazione nel reato di omissione di cereali
all'ammasso, «Il Solco Fascista» 8 marzo 1944; Le responsabilità di un mugnaio, «Il Solco Fascista» 10 marzo
1944; Trasportava abusivamente tre sacchi di fagioli, «Il Solco Fascista» 10 marzo 1944; 90 chili di farina e
ottanta uova, «Il Solco Fascista» 15 marzo 1944; In Tribunale – Accaparramento di burro e uova, «Il Solco
Fascista» 15 marzo 1944; Un'assoluzione, «Il Solco Fascista» 15 marzo 1944; La vicenda di 6 quintali di riso,
«Il Solco Fascista» 16 marzo 1944; Procacciamento di merci contingentate, «Il Solco Fascista» 21 marzo 1944;
Sottrazione di farina, «Il Solco Fascista» 21 marzo 1944; Due processi per macellazione clandestina, «Il Solco
Fascista» 23 marzo 1944; Due assoluzioni, «Il Solco Fascista» 25 marzo 1944; Commercio abusivo d'olio, «Il
Solco Fascista» 25 marzo 1944; Sottrazione al normale consumo di cereali, «Il Solco Fascista» 25 marzo 1944;
Condanne per macellazione clandestina, «Il Solco Fascista» 26 marzo 1944; Acquisto e macinazione clandestina
di un suino da ottanta chili, «Il Solco Fascista» 28 marzo 1944; Diversa destinazione di farina, «Il Solco
Fascista» 30 marzo 1944; Quattro panificatori condannati, «Il Solco Fascista» 30 marzo 1944; Procacciamento
di merci contingentate, «Il Solco Fascista» 2 aprile 1944; Abusiva macinazione, «Il Solco Fascista» 2 aprile
1944; Mancato conferimento di bovini, «Il Solco Fascista» 5 aprile 1944; Sottrazione di uova al normale consumo, «Il Solco Fascista» 6 aprile 1944; Sottrazione di formaggio, «Il Solco Fascista» 6 aprile 1944; Condanne per
commercio abusivo di zucchero, «Il Solco Fascista» 13 aprile 1944; Diversa destinazione di carni, «Il Solco
Fascista» 13 aprile 1944; Procacciamento di merci razionate, «Il Solco Fascista» 13 aprile 1944; Un autocarro
pieno di merce destinata al mercato nero sequestrata, «Il Solco Fascista» 14 aprile 1944; Trasportava abusivamente legna fuori dal Comune, «Il Solco Fascista» 14 aprile 1944; Aveva accaparrato ventidue scatole di conserva, «Il Solco Fascista» 14 aprile 1944; Contravventore al razionamento, «Il Solco Fascista» 15 aprile 1944;
Coppe e spalle di maiale sequestrate, «Il Solco Fascista» 15 aprile 1944; Mancata consegna di latte, «Il Solco
Fascista» 16 aprile 1944; Sottrazione di 278 chili di formaggio, «Il Solco Fascista» 16 aprile 1944; Per commer-
157
cio abusivo di alimentari, «Il Solco Fascista» 16 aprile 1944; Sanzioni e multe per £. 248.700 comminate dalla
Commissione Provinciale di vigilanza sui prezzi, «Il Solco Fascista» 17 aprile 1944; Suino macellato clandestinamente, «Il Solco Fascista» 19 aprile 1944; Tre condanne per macellazione e vendita di carne bovina, «Il Solco
Fascista» 19 aprile 1944; Non si deve trattenere il grano!, «Il Solco Fascista» 19 aprile 1944; Polleria e conigli
venduti fuori provincia, «Il Solco Fascista» 19 aprile 1944; Carico di legna sequestrato, «Il Solco Fascista» 20
aprile 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 20 aprile 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 23 aprile 1944; Numerose esemplari sanzioni a carico di contravventori alle leggi
annonarie, «Il Solco Fascista» 25 aprile 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 26 aprile
1944; A bordo dell'autocarro c'erano cento scatole di conserva, «Il Solco Fascista» 26 aprile 1944; Grano sottratto al normale consumo, «Il Solco Fascista» 27 aprile 1944; La condanna di un raccoglitore di polli, «Il Solco
Fascista» 27 aprile 1944; Macinazione irregolare di grano, «Il Solco Fascista» 27 aprile 1944; Due forme di formaggio grana, «Il Solco Fascista» 27 aprile 1944; Multe e sanzioni punitive a Ditte e a privati, «Il Solco
Fascista» 2 maggio 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 3 maggio 1944; Condannato
per aver alterato registri e bollette, «Il Solco Fascista» 11 maggio 1944; 84 chili di frumento, «Il Solco Fascista»
11 maggio 1944; Era disceso dalla montagna per vendere polli e uova, «Il Solco Fascista» 12 maggio 1944;
Numerose multe sanzioni e confische, «Il Solco Fascista» 13 maggio 1944; Una carta annonaria che costa otto
mesi di reclusione, «Il Solco Fascista» 14 maggio 1944 ; Avevano macellato clandestinamente undici vitelli e un
suino, «Il Solco Fascista» 18 maggio 1944; Per tenuta irregolare di registri, «Il Solco Fascista» 24 maggio 1944;
La razione non le bastava, «Il Solco Fascista» 30 maggio 1944; Severi provvedimenti a carico di inadempienti,
«Il Solco Fascista» 4 giugno 1944; Severe ammende per i violatori della disciplina annonaria, «Il Solco
Fascista» 6 giugno 1944; Arresto di un trafficante, «Il Solco Fascista» 6 giugno 1944; Esemplari provvedimenti
per evasioni annonarie, «Il Solco Fascista» 13 giugno 1944; Ulteriori provvedimenti per infrazioni alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 14 giugno 1944; La lotta alla borsa nera prosegue con ritmo inflessibile, «Il
Solco Fascista» 17 giugno 1944; Ammende denunce e confische per evasioni alla disciplina annonaria, «Il Solco
Fascista» 22 giugno 1944; Gravi sanzioni a carico di evasori alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 23 giugno 1944; Esemplari provvedimenti a carico di numerosi evasori, «Il Solco Fascista» 27 giugno 1944; Esemplari
provvedimenti a carico di numerosi evasori, «Il Solco Fascista» 28 giugno 1944; Esemplari sanzioni a carico di
numerosi evasori, «Il Solco Fascista» 29 giugno 1944; Esemplari provvedimenti a carico di numerosi evasori,
«Il Solco Fascista» 30 giugno 1944; Altre severe multe a carico di numerosi inadempienti, «Il Solco Fascista» 2
luglio 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 13 luglio 1944; Altre esemplari ammende
inflitte dalla Commissione dei Prezzi, «Il Solco Fascista» 13 luglio 1944; Infrazioni annonarie punite dalla
Commissione provinciale dei prezzi, «Il Solco Fascista» 23 luglio 1944; Dodici persone arrestate per abusivo
prelievo di burro, «Il Solco Fascista» 5 agosto 1944; Varie multe per infrazioni annonarie, «Il Solco Fascista» 11
agosto 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 20 agosto 1944; Cronaca giudiziaria – Le
cause in tribunale, «Il Solco Fascista» 15 settembre 1944; Multe e confische di merce a trasgressori alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 21 settembre 1944; Numerose multe e confische per infrazioni annonarie,
«Il Solco Fascista» 22 settembre 1944; Altre numerose multe e confische per infrazioni annonarie, «Il Solco
Fascista» 23 settembre 1944; Infrazioni annonarie punite con multe e confische, «Il Solco Fascista» 24 settembre
1944; Pene pecuniarie, denunce e confische ai frodatori della vigilanza sui prezzi, «Il Solco Fascista» 26 settembre 1944; Multe e confische a disonesti profittatori, «Il Solco Fascista» 27 settembre 1944; Profittatori esemplarmente puniti con multe e confische, «Il Solco Fascista» 30 settembre 1944; Multe confische e denunce stabilite dalla Commissione provinciale, «Il Solco Fascista» 1° ottobre 1944; Pene pecuniarie denunce e confisca di
merci a frodatori della vigilanza sui prezzi, «Il Solco Fascista» 8 ottobre 1944; Pene denunce e confisca di merci
a frodatori della vigilanza sui prezzi, «Il Solco Fascista» 10 ottobre 1944; Denuncia e confisca di merci a frodatori, «Il Solco Fascista» 11 ottobre 1944; Cronaca giudiziaria – Le cause in tribunale, «Il Solco Fascista» 12
ottobre 1944; Cronaca giudiziaria – Le cause in tribunale, «Il Solco Fascista» 13 ottobre 1944; In Tribunale.
Un'assoluzione e una condanna, «Il Solco Fascista» 26 ottobre 1944; Ladri neri presi in trappola, «Il Solco
Fascista» 21 novembre 1944; In Tribunale. Due condanne per reati annonari, «Il Solco Fascista» 30 novembre
1944; Quattro bovini macellati e venduti clandestinamente, «Il Solco Fascista» 1° dicembre 1944; In Pretura, «Il
Solco Fascista» 5 dicembre 1944; Numerose pene pecuniarie a trasgressori della disciplina annonaria, «Il Solco
Fascista» 6 dicembre 1944; Diversi processi per reati annonari, «Il Solco Fascista» 8 dicembre 1944; Sanzioni
pecuniarie a carico di contravventori della disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 9 dicembre 1944; Le cause
in tribunale, «Il Solco Fascista» 14 dicembre 1944; Gravi sanzioni a carico di contravventori alla disciplina
annonaria, «Il Solco Fascista» 16 dicembre 1944; Le cause in tribunale, «Il Solco Fascista» 20 dicembre 1944;
Speculatori e profittatori esemplarmente puniti, «Il Solco Fascista» 22 dicembre 1944; In Tribunale. Otto processi annonari, «Il Solco Fascista» 2 gennaio 1945; Le cause in Tribunale, «Il Solco Fascista» 11 gennaio 1945;
Gravi sanzioni a carico di contravventori alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 25 gennaio 1945;
Contravventori alla disciplina annonaria severamente puniti, «Il Solco Fascista» 27 gennaio 1945; Sanzioni per
infrazioni di carattere annonario, «Il Solco Fascista» 28 gennaio 1945; Gravi sanzioni a carico di contravventori
158
alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 31 gennaio 1945; Sanzioni per infrazioni di carattere annonario,
«Il Solco Fascista» 1° febbraio 1945; Pene pecuniarie per infrazioni di carattere annonario, «Il Solco Fascista»
14 febbraio 1945; Le cause in Tribunale, «Il Solco Fascista» 15 febbraio 1945; In Tribunale, «Il Solco Fascista»
16 febbraio 1945; Multe e confische a contravventori alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 20 febbraio
1945; In Tribunale, «Il Solco Fascista» 21 febbraio 1945; Pene per infrazioni di carattere annonario, «Il Solco
Fascista» 24 febbraio 1945; Sanzioni per infrazioni di carattere annonario, «Il Solco Fascista» 25 febbraio 1945;
Sanzioni pecuniarie della commissione prezzi, «Il Solco Fascista» 27 febbraio 1945; Pene per diverse migliaia di
lire a trasgressori della disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 13 marzo 1945; Pene e confische per infrazioni
di carattere annonario, «Il Solco Fascista» 17 marzo 1945; In Tribunale, «Il Solco Fascista» 12 aprile 1945.
73. Cfr. Doc. 4 – Agricoltori implicati in reati annonari. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67.
74. Cfr. Doc. 7 – Agricoltori implicati in reati annonari per età. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr.
nota 67.
75. Cfr. Doc. 5 – Età degli implicati in reati annonari. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67.
76. Cfr. Doc. 8 – Agricoltori implicati in reati annonari per Comune. La tabella è frutto di una nostra elaborazione
cfr. nota 67.
77. Cfr. Doc. 6 – Reati annonari per Comuni e frazioni. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67.
78. Cfr. Doc. 3 – Reati annonari segnalati per tipo. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67.
79. Cfr. Doc. 9 – Agricoltori implicati in reati annonari per tipo. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr.
nota 67.
159
Doc.1 - Quantità di pane e generi da minestra distribuite dall'annona
Qualità
giornaliero
pane normale
farina grano normale
farina gialla normale
pane suppl
farina grano sup
farina gialla sup
mensile
zucchero normale
zucchero bambini 0-3
minestra
minestra bambini
minestra supplemento
farina grano sup
olio
grassi
Qualità
giornaliero
pane lavoratori
farina grano lavoratori
farina gialla lavoratori
pane bambini 0-3
farina grano bamb 0-3
farina gialla bamb 0-3
pane giovani e altri
farina grano altri
farina gialla altri
pane normale
farina grano normale
farina gialla normale
pane suppl
farina grano sup
farina gialla sup
pane suppl spec
farina grano sup spec
farina gialla sup spec
pane suppl Sepral
far grano sup Sepral
far gialla sup Sepral
mensile
zucchero normale
zucchero bambini 0-3
minestra lavoratori
160
dic 43
gen 44
feb 44
250 gr
200 gr
375 gr
100 gr
80 gr
150 gr
200 gr
170gr
300 gr
50 gr
40 gr
75 gr
200 gr
160 gr
300 gr
50 gr
40 gr
75 gr
500 gr
1.000 gr
2.000 gr
3.000 gr
600 gr
500 gr
1.000 gr
2.000 gr
3.000 gr
600 gr
3.000 gr
500 gr
1.000 gr
2.000 gfr
2.600 gr
600 gr
100 gr
250gr
mar 44
apr 44
20-04-44 mag 44
giu 44
lug 44
325 gr
260 gr
487 gr
200 gr
160 gr
300 gr
225 gr
180 gr
337 gr
200 gr
160 gr
300 gr
325 gr
260 gr
487 gr
200 gr
160 gr
300 gr
225 gr
180 gr
337 gr
200 gr
160 gr
300 gr
100 gr.
80 gr
150 gr
150 gr
120 gr
225 gr
75 gr
60 gr
172 gr
375 gr
300 gr
560 gr
200 gr
160 gr
300 gr
275 gr
220 gr
412 gr
200 gr
160 gr
300 gr
100 gr.
80 gr
150 gr
150 gr
120 gr
225 gr
75 gr
60 gr
172 gr
375 gr
300 gr
562,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
275 gr
220 gr
410 gr
200 gr
160 gr
300 gr
375 gr
300 gr
562 gr
200 gr
160 gr
300 gr
275 gr
220 gr
412,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
375 gr
375 gr 375 gr
300 gr
300 gr 300 gr
562,5 gr 562,5 gr 562,5 gr
200 gr
200 gr 200 gr
160 gr
160 gr 160 gr
300 gr
300 gr 300 gr
275 gr
275 gr 275 gr
220 gr
220 gr 220 gr
412,5 gr 412,5 gr 412,5 gr
200 gr
200 gr 200 gr
160 gr
160 gr 160 gr
300 gr
300 gr 300 gr
50 gr
40 gr
75 gr
75 gr
60 gr
172 gr
50 gr
50 gr
40 gr
40 gr
75 gr
75 gr
75 gr
60 gr
112,5 gr
50 gr
40 gr
75 gr
500 gr
1.000 gr
3.000 gr
500 gr 500 gr
1.000 gr 1.000 gr
3.000 gr 3.000 gr
sosp
500 gr
sosp
1.000 gr
3.000 gr 3.000 gr
2.000 gr
500 gr
1.000 gr
2.000 gr
ago 44
sett 44
50 gr
40 gr
75 gr
minestra bambini
3.000 gr
minestra altri
2.000gr
minestra
2.000 gr
minestra supplemento
olio
grassi
burro
Qualità
giornaliero
pane lavoratori
farina grano lavoratori
farina gialla lavoratori
pane bambini 0-3
farina grano bamb 0-3
farina gialla bamb 0-3
pane giovani e altri
farina grano altri
farina gialla altri
pane normale
farina grano normale
farina gialla normale
pane suppl spec
farina grano sup spec
farina gialla sup spec
pane suppl lavoratori
far grano sup lavorat
far gialla sup lavorat
mensile
zucchero normale
zucchero bambini 0-3
minestra lavoratori
minestra bambini
minestra altri
minestra
minestra supplemento
olio
grassi
burro
3.000 gr
2.000gr
2.000 gr
600 gr
??
100gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
50 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
600 gr
100 gr
100 gr
100 gr
3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr
3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr
3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr
600 gr
600 gr
100 gr
100 gr
300 gr
200gr
400 gr
100 gr 100 gr
ott 44
nov 44
dic 44
genn 45
feb 45
mar 45
apr 45
375 gr
300 gr
562,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
275 gr
220 gr
412,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
375 gr
300 gr
562,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
275 gr
220 gr
412,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
375 gr
300 gr
562,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
275 gr
220 gr
412,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
50 gr
40 gr
75 gr
100 gr
80 gr
150 gr
375 gr
300 gr
562,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
275 gr
220 gr
412,5 gr
200 gr
160 gr
300 gr
50 gr
40 gr
75 gr
100 gr
80 gr
150 gr
375 gr
300 gr
375 gr
200 gr
160 gr
200 gr
275 gr
220 gr
275 gr
200 gr
160 gr
200 gr
375 gr
300 gr
375 gr
200 gr
160 gr
200 gr
275 gr
220 gr
275 gr
200 gr
160 gr
200 gr
325 gr
250 gr
0 gr
500 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
600 gr
100 gr
0 gr
500 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
100 gr
50 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
600 gr
100 gr
50 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
600 gr
100 gr
50 gr
150 gr
110 gr
225 gr
170 gr
150 gr
110 gr
100 gr
80 gr
500 gr
1.000
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
3.000 gr
600 gr
50 gr
100 gr
50 gr
500 gr
Doc. 2 - Implicati in reati annonari per professione
Professione
agricoltore
n. reati
103
Professione
agricoltore fittav
agricoltore mezz
agricoltore affitt.
n. reati
21
6
2
161
162
esercente
fornaio
casalinga
commerciante
86
30
26
25
mugnaio
possidente
cascinaio
fruttivendolo
macellaio
pollivendolo
ristoratore
impiegato
25
23
21
21
16
15
11
9
ambulante
meccanico
mediatore
industriale
produttore vino
autista
ditta
8
8
7
6
6
4
4
operaio
barbiere
bracciante
carrettiere
gelataio
macchinista
manovale
verniciatore
calzolaio
commesso
domestica
guardia comunale
muratore
parroco
sarto
allevatore
autotrasportatore
cameriere
cantiniere
cappellaio
carpentiere
corriere
4
3
3
3
3
3
3
3
2
2
2
2
2
2
2
1
1
1
1
1
1
1
agricoltore colono
agricoltore fattore
1
1
comm.bestiame
comm equini
comm. vino
3
1
1
cascinaio industriale
1
impieg. banca
impiegato IspAgr
1
1
industriale vino
1
ditta casearia
ditta commerciale
2
1
cuoca
dattilografa
dip.serv.sanit.prov.
dott.
falegname
fioraia
grossista vino
infermiere
lattivendola
magazziniere
mostatore
notaio
oste
presidente coop
ragioniere
saxofonista
suinicoltore
tipografo
trebbiatore
viaggiatore
vigile fuoco
vigile sanitario
Totale
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
522
Doc. 3 - Reati annonari segnalati per tipo
Reato
macellazione clandestina
mutata destinazione
procacciamento alimentari
procacciamento merce consumo familiare
omesso conferimento grano
maggiorazione prezzi
procacciamento merce vincolata
omesso conferimento bovini
omesso conferimento latte e burro
omesso conferimento grassi
commercio merci sottratte
ammanco generi razionati
taglio, danno o trasporto piante pubbliche
mancata esposizione cartellini prezzi
sottrazione al consumo generi alimentari
accaparramento
omessa denuncia vino
vendita vino prezzo maggiorato
commercio clandestino bovino
omesso conferimento frumento
n. Reato
109 omesso conferimento legna
81 omesso conferimento riso
65 omesso conferimento vino
61 sottrazione al consumo suino
37 tentata macellazione clandestina
30 trasporto abusivo farina
30 trasporto abusivo riso
29 trattenuta carte annonarie
26 vendita grani a prezzo maggiorato
24 alterazione bollette macinazione
19 annacquato latte da conferire
16 attribuzione illegittima tessere
16 comm carne clandest concorso
14 commercio abusivo conigli
14 commercio abusivo fagioli
11 commercio abusivo polli e uova
10 comm carne macellata clandestin
9 comm cland formaggio concorso
8 comm e accaparram formaggio
8 commercio generi razionati
n.
2
2
2
2
2
2
2
2
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
163
tentata macinazione clandestina
acquisto burro clandestino
commercio clandestino burro
contraffazione tessere
vendita frutta prezzo maggiorato
violazione disciplina commercio
acquisto clandestino carne
commercio clandestino carni
commercio clandestino formaggio
infedele denuncia bollini annonari
inosservanza norme conferimento latte
macinazione clandestina grano
omesso conferimento risone
vendita carne prezzo maggiorato
vendita merce a prezzo maggiorato
vendita pelli e cuoio
commercio abusivo alimentari
commercio clandestino generi ammassati
irregolare tenuta registri
vendita abusiva carne suina
violazione norme distribuzione olio e burro
acquisto olio clandestino
commercio abusivo salsa pomodoro
falsificazione bollette macinazione
infedele registrazione libri
infrazioni denuncia cereali
omesso conferimento burro
procacciamento
ricettazione di zucchero
rifiuto di vendere
sottrazione al consumo burro
sottrazione al consumo generi razionati
sottrazione al consumo grano
sottrazione al consumo mais
tentato commercio di uova
trasporto abusivo legna
vendita bevande sofisticate
vendita latte annacquato
violazione norme distribuzione generi raz.
commercio abusivo riso
commercio clandestino legna concorso
commercio clandestino merci vincolate
commercio generi monopolio
complicità
contravvenzione disciplina commercio
detenzione merce vincolata
esportazione clandestina fichi secchi
164
8
7
7
6
6
6
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
4
4
4
4
4
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
2
2
2
2
2
2
2
2
contravvenzione norme razionam
detenzione illecita bovini
distr quantitativi superiori burro
esportazione clandestina bovini
esportazione irregolare bestiame
falsa denuncia bestiame
favoreggiamento illecito comm
inesatta compilazione registri
infedele denuncia bestiame
irregolare bolletta macinazione
irregolare macinazione cereali
irreg registrazione formaggio
irregolare trasporto fagioli
irregolarità consegna bollini
macinazione cland grano e mais
mancanza registro carico/scarico
occultamento mais
omessa registrazione capi conferiti
omessa registrazione grano e mais
omessa registrazione in bolletta
omesso conferimento pelli coniglio
omesso conferimento carne
omesso conferimento farina
omesso conferimento fieno
omesso conferimento mais
omesso conferimento merci
omesso conferimento salumi
possesso illegale di carte annonarie
produzione alimenti sofisticati
ricettazione burro clandestino
sofisticazione farina per panificazione
somministrazione pasti senza tessera
sottrazione al consumo uova
sottrazione buono zucchero
sottrazione carta annonaria al padrone
sottrazione carta annonaria concorso
sottrazione merci vincolate concorso
tentata esport clandestina 15 bovini
trasporto abusivo burro
trasporto abusivo carne suina
uso indebito carte annonarie
utilizzo di carte non proprie
vendita a prezzo maggiorato
vendita abusiva
vendita abusiva burro
vendita alimentari a prezzo maggiorato
vendita burro a prezzo maggiorato
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
esportazione clandestina polli conigli
infrazione disciplina macinazione
macinazione clandestina farina
macinazione clandestina mais
omessa denuncia formaggio
omesso conferimento grani e salumi
2
2
2
2
2
2
vendita burro sofisticato
vendita dal proprio quantitativo
vendita pane troppo umido
vendita pranzi prezzo maggiorato
vendita verdura prezzo maggiorato
violazione norme distribuzione burro
TOTALE
1
1
1
1
1
1
891
Doc. 4 - Agricoltori implicati in reati annonari
Professione
agricoltore
agricoltore fittav
agricoltore mezz
agricoltore affitt.
agricoltore colono
agricoltore fattore
bracciante
trebbiatore
mostatore
Totale
n. reati
72
21
6
2
1
1
3
1
1
103
Doc. 5 - Età degli implicati in reati annonari
Età
19
20
21
22
24
26
27
28
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
numero
1
1
2
2
2
2
1
2
4
4
8
5
8
7
13
6
11
5
11
10
9
9
3
9
6
165
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
TOTALE
5
14
2
9
7
9
4
7
3
9
4
2
1
3
2
4
3
2
2
1
3
1
2
1
241
Doc. 6 - Reati annonari per Comuni e frazioni
Comune
Albinea
Bagnolo
Baiso
Bibbiano
Boretto
Brescello
Busana
Cadelbosco
Campagnola
Campegine
Carpineti
Casalgrande
Casina
Castellarano
Castelnovo Monti
Castelnovo Sotto
Cavriago
Ciano
Collagna
Corregggio
166
n. reati
4
4
14
3
9
5
2
16
4
6
7
6
5
4
7
34
56
16
3
34
frazione
n. reati
Barco
4
Salvaterra
3
Budrio
Fosdondo
2
1
Fabbrico
Gattatico
Gualtieri
Guastalla
4
9
3
49
Ligonchio
Luzzara
Montecchio
Novellara
Poviglio
Quattro Castella
Reggio
1
46
53
10
11
8
196
Reggiolo
Rio Saliceto
Rolo
Rubiera
S.Ilario
S.Martino in Rio
S.Polo
Scandiano
Toano
Vezzano
14
1
9
8
12
4
7
14
13
9
Lemizzone
Prato
Stiolo
1
4
1
Pieve
S. Rocco
S.Giacomo
S.Girolamo
S.Martino
8
2
1
5
1
Villarotta
Aiola
2
8
Bagno
Cadè
Canali
Codemondo
Fogliano
Gaida
Gavassa
Gavasseto
Mancasale
Masone
Massenzatico
Pieve Modolena
Rivalta
S.Bartolomeo
S.Pellegrino
S.Prospero
Sabbione
Sesso
Vill.Ciano
Vill.Mussolini
1
2
2
2
1
2
3
4
6
1
1
8
3
4
5
2
1
1
2
4
Arceto
4
167
Viano
Villaminozzo
Fuori Provincia
Totale
3
8
96
854
Doc. 7 - Agricoltori implicati in reati annonari per età
Età
56
69
64
60
57
55
54
53
50
47
43
42
38
36
34
33
31
20
Totale
n. agricoltori
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
19
Doc. 8 - Agricoltori implicati in reati annonari per Comune
Comune
n. agricoltori
Guastalla
21
Castelnovo Sotto
13
Reggio
9
Bibbiano
6
Reggiolo
5
Cavriago
4
Corregggio
4
Cadelbosco
3
Campagnola
3
Montecchio
3
Bagnolo
2
Baiso
2
Boretto
2
Campegine
2
Gattatico
2
Luzzara
2
168
Novellara
S.Ilario
S.Polo
Albinea
Carpineti
Casina
Castellarano
Gualtieri
Rubiera Fontana
Scandiano
Totale
2
2
2
1
1
1
1
1
1
1
96
Doc. 9 - Agricoltori implicati in reati annonari per tipo
Tipo di reato
n.reati
macellazione clandestina
16
mancato conferimento bovini
15
omesso conferimento latte e burro
14
omesso conferimento grano
11
omesso conferimento bovino
10
inosservanza norme conferimento latte 5
maggiorazione prezzi alimentari
3
omesso conferimento grassi
3
procacciamento merci
3
sottrazione carni normale consumo
3
commercio merci sottratte
2
infrazioni denuncia cereali
2
mancato conferimento grassi
2
procacciamento merce consumo fam
2
annacquato latte da conferire
1
diversa destinazione grano
1
macinazione abusiva grano
1
mancato conferimento latte
1
mutata destinazione merci
1
mutatata destinazione grano da seme
1
omessa consegna grano
1
omessa denuncia vino
1
omesso conferimento merci
1
omesso conferimento riso
1
omesso conferimento risone
1
vendita pelli e cuoio
1
Totale
103
169
Memoria
Mi ricordo...
MAURIZIA MORINI
«Come si richiama la memoria? Come si può ricordare il passato? Posso raccontare il
fatto, l’accadimento. Può essere elaborato come esempio, come analogia, ma in sé non trasmette risposte. Se vado al di là della cosa e ne cerco il senso, cioè il valore, il posto che ha
in un processo, forse riesco a trasmettere l’importanza della scelta. La memoria altrui ha un
senso solo se elaborata sulle domande proprie»1.
Queste parole di Vittorio Foa che hanno il fascino di una riflessione ad alta voce, trasmettono la percezione della storia come di qualcosa che attraversa la vita di ciascuno, anche se,
ovviamente, possiamo essere solo testimoni passivi e non protagonisti come è accaduto
all’autore e permettono di pensare al passato alla luce della propria memoria, delle domande
che ciascuno di noi si pone.
In questa prospettiva il ricordare è un’operazione finalizzata a comprendere e interpretare
il mondo attraverso un processo che riguarda la storia orale in quanto è uno sforzo di rielaborazione e trasmissione di significati del passato per il presente. L’atto narrante è nello
stesso tempo memoria autobiografica, trasmissione di un’esperienza di vita, e tradizione,
cioè riformulazione e innovazione di qualcosa che si è ricevuto da generazioni precedenti e
che si vuole passare a generazioni future2.
Nella mia attività professionale di docente e di storica avevo, da sempre, finalizzato questi
studi sull’importanza della memoria e del ricordare ad altri, in primo luogo agli studenti;
solo di recente ho dato spazio mentale al lavorio della mia memoria, ho proceduto ad una rilettura di ricordi personali nei quali compaiono i racconti di mio padre.
Considero oggi la sua vita, tutto sommato, una storia straordinaria di un uomo normale.
Vicende che affondano le radici negli anni del fascismo, della seconda guerra mondiale,
nella ricostruzione personale e sociale del dopoguerra.
171
L’idea, dunque, è quella di salvare una parte dei racconti, più volte ascoltati e che senza la
scrittura andrebbero probabilmente perduti.
Questo lavoro, come ogni lavoro sul passato, non consiste mai esclusivamente nello stabilire dei fatti, ma anche nello sceglierne alcuni come più salienti e più significativi di altri e
nel metterli in relazione fra loro: si tratta di un processo di selezione, cosciente e volontario.
Come afferma Todorov «… di tutte le tracce lasciate dal passato, sceglieremo di trattenerne
e di consegnarne solo alcune, giudicandole, per una ragione o per l’altra, degne di essere
perpetuate»3.
Ho scelto per questo, ancora una volta, di lasciare parlare mio padre, un io narrante che
elabora per esprimere un concetto o evocare un ricordo, così come lui ha voluto farlo intendere. Una fonte orale che richiede di essere trattata non come un duplicato della realtà sociale ma come una forma di racconto, di interpretazione del mondo, di conferimento di significati4.
Una testimonianza a cui ho attribuito una duplice funzione: la possibilità di dimostrargli
affetto, senza tuttavia essere in posizione di semplice ascolto ma con una specie di partecipazione che ha contribuito a definire l’identità personale.
La narrazione inizia da un momento cruciale: l’arrivo della cartolina precetto e la conseguente partenza per il fronte di guerra in Albania, ma si intrecciano frammenti di ricordi che
precedono e seguono quel periodo a segnare anni di una generazione «che non ha conosciuto la giovinezza».
Stavo lavorando in macello ed è arrivata «la cartolina», ho smesso, non ero per niente contento. Avevo iniziato a lavorare da ragazzo, 14, 15 anni senza essere in regola, mi davano una
pancetta, qualcosa, la portavo a casa, avevamo bisogno, la mia era una famiglia numerosa.
La povertà
«Non andavo nei campi estivi del fascio e mi hanno portato in sezione, hanno spaventato i
miei, mi hanno fatto bere l’olio di ricino, dicevano che erano coraggiosi, sarebbero andati a
combattere in Russia e avrebbero portato a casa la pelle di un russo. La gente e anche noi,
non avendo studio, non sapevamo cosa volesse dire Russia, ma io e altri da ragazzo lavoravo
dalla mattina alla sera, in famiglia eravamo mezzadri.
Ci dicevano, Mussolini ci aveva fatto credere che l’Italia era stretta, aveva bisogno di terreni, ci volevano convincere a fare la guerra».
Soldato al fronte
«Il 4 febbraio siamo partiti io e altri tre amici ci hanno assegnato alla Fanteria motorizzata
Trento, ci hanno vestito con la divisa militare. Il colonnello cercava un soldato-attendente e
mi sono presentato, lui mi ha fatto osservazione per i capelli lunghi ma ero pulito e ordinato
e mi ha mandato a casa sua, dalla moglie e dal figlio. Dicevano che ero un bel ragazzo, mi
hanno tenuto per le pulizie di casa, per far camminare un cane, per quello che c’era da fare,
fino a quando, dopo pochi mesi siamo partiti per Perugia, aggregato al Distretto militare.
In seguito ho raggiunto il generale Gatti, al seguito del Capo delle forze armate in Albania
Cavallero, sono partito con la tradotta militare da Udine, ho fatto in treno per ventisette
giorni i Balcani. Di notte ci fermavamo perché c’erano i partigiani del posto.
Arrivato a Tirana, ho preso servizio come porta-ordini, mi ricordo era nel marzo 1941, è
venuto Mussolini e gli hanno mitragliato l’apparecchio a Tirana. Erano spie che c’erano già
in giro. Ricordo ancora che hanno attentato al re, Vittorio Emanuele III girava in macchina
172
per Tirana già conquistata da tedeschi e italiani.
Questo borghese che ha attentato al re è stato preso ed impiccato, c’ero anch’io a vedere
insieme ad altri. E il fatto rientrava nella guerra, eravamo un po’ agitati, perché si andava in
casa d’altri e noi volevamo vincere, avevamo l’amor di patria.
Ma sono stati i tedeschi, perché noi come militari non eravamo troppo d’accordo.
I nostri rapporti con la popolazione non erano male, diverso per i fascisti e i tedeschi che
distruggevano tutto, ammazzavano senza badare a donne e bambini che, ad esempio, si
affacciavano alla finestra. Le Brigate nere [intendasi Camicie nere, ndr] in certe zone requisivano tutto, frumento e altro, scarpe e calze, tolte agli albanesi e tenute da loro, perché il
mangiare e il resto scarseggiavano e loro ne approfittavano.
Un’altra cosa che non ho detto è quando, dopo la capitolazione della Jugoslavia, a opera
dei tedeschi, siamo andati a prendere l’oro e l’argento che avevano dentro i pozzi “rasor”
dove buttavano la gente e lì l’oro era nascosto in cassette di cinquanta chilogrammi e l’argento era in stecche di trenta centimetri. Il Comando italiano sapeva che c’era ed è stato
caricato su tre apparecchi, arrivati dall’Italia, con scorta della Finanza, abbiamo saputo che
un aereo è stato deviato su Malta e poi in Inghilterra. Due sono arrivati in Italia».
La differenza con le Camicie nere
«Noi militari giravamo in Albania, in Grecia tranquilli, invece le Camicie nere no.
C’erano i partigiani locali che li prendevano e tagliavano loro i testicoli.
Le Brigate nere [intendasi Camicie nere, ndr] erano considerati come i tedeschi che,
comunque erano terribili, erano lì tutti i momenti con le moto, spuntavano dappertutto. Ci
consideravano poco, e anche dopo l’8 settembre, volevano che ci arrendessimo; il mio generale non capiva, avevano combattuto insieme in Russia.
Noi italiani capivamo, durante la guerra, che andavamo contro l’impossibile, perché per
tenere una città ci voleva una divisione, non si poteva tenere testa a tanti partigiani, perché il
nemico era dietro la casa, la siepe, dovunque.
La guerra è stata criminalità, i tedeschi e le Brigate nere [intendasi Camicie nere, ndr] ne
hanno fatte troppe, entravano nelle loro case, rubavano, ammazzavano i bambini, guai a chi
si rivoltava; noi non eravamo così, eravamo più mansueti, poi quella gente non aveva niente,
viveva di pomodori. In Grecia e in Albania lavoravano solo le donne, gli uomini fumavano
al tavolino tutto il giorno e una cosa che impressionava, alla sera, erano i musulmani che
cantavano dalle torri, fra di noi si diceva che adoravano il sole!».
I contatti familiari
«Di quel periodo ho frammenti di ricordi, perché quando si sta così male si pensa solo a
uscirne, inoltre a quei tempi si studiava solo fino alla quarta, alla quinta elementare. Si
andava a lavorare presto. Io mi considero anche fortunato, avendo tanti fratelli; la mia ultima
sorella è nata quando ero militare, mi hanno spedito il giornale che era nata la Romana! I
contatti con la famiglia c’erano, qualche lettera arrivava, lì in Albania avevo imparato a scrivere a macchina, ho voluto tranquillizzare la mia famiglia facendo vedere che avevo migliorato; essendo il figlio più vecchio ero la punta della famiglia».
L'attività bellica
«I battaglioni requisivano anche in Grecia, che aveva capitolato e dove siamo andati dopo
ad Agrinion, lì si impartivano gli ordini e avrei dovuto partire per la Russia ma per problemi
di cuore mi hanno fatto “meno atto” alle fatiche di guerra e sono arrivato fino in Moldavia,
173
poi mi hanno rimandato indietro in Grecia.
Poi siamo stati nelle isole Ionie, a Santa Maura, Corfù, Cefalonia, giravo in moto nei vari
comandi portavo ordini.
Ero aggregato al generale, andavo con lui, anche di notte, si partiva verso il fronte, ho
visto che degradava degli ufficiali …
Ricordo il generale Peloso che aveva sposato una greca e comandava gli italiani. Noi avevamo buoni rapporti con i greci, ricordo nella zona del Canale di Corinto, si cercava di parlare, gli abbiamo dato del nostro formaggio.
Diversi erano i fascisti e i tedeschi, guerrafondai, andavano, ammazzavano, distruggevano
tutto…
Ho ben presente: con due ragazze e un altro siamo andati al mare, mi buttavo in mare dall’alto, a Cefalonia, speravo di rompermi un braccio, da altezze enormi avevo un coraggio
enorme, volevo venire a casa, ma niente da fare!
Da mangiare non c’era molto, le gallette erano dure e i denti sono saltati quasi tutti».
L’ 8 settembre a Cefalonia
«Ancora… eravamo fuori in un campo al cinema, era settembre, e abbiamo sentito della
capitolazione.
In quel periodo non stavo bene, avevo delle febbri di malaria, e mi hanno mandato in un
ospedale da campo, stavo malissimo con le febbri.
Lì a Cefalonia eravamo tutti uniti e la nostra divisione aveva viveri per due mesi, e poteva
attaccare i tedeschi, abbiamo cercato di metterci in comunicazione con gli inglesi e gli americani che erano in mare e in Sicilia. Loro ci hanno risposto – lo ricordo bene come se fosse
adesso – di attaccare al mattino alle cinque e di buttare a mare i tedeschi poiché sarebbero
arrivati loro come rinforzo. Invece sono sbarcati due reggimenti d’artiglieria tedesca e finché ci trovavano, ci massacravano.
Gli inglesi e gli americani non hanno mantenuto quello che avevano promesso e ci hanno
tradito, se loro venivano noi eravamo liberi e saremmo venuti in aiuto all’interno dell’Italia,
invece ci hanno lasciato massacrare.
Gli inglesi erano terribili, ricordo che in precedenza, passavano con un aereo con la mitraglia e noi eravamo sotto, sapevano che la contraerea tedesca non c’era».
La paura
«Io ero da tempo in ospedale e quando sono sbarcati i tedeschi pensavo che morire lì o a
casa era uguale, la vita era finita per me; eravamo tutti rassegnati.
Ho visto scene terribili, quando i greci cercavano di rubare le assi dal campo, per fare
legna, i tedeschi con i mitra li hanno massacrati e – ricordo – mi sono voltato e ho visto
quella gente che moriva.
Invece, finiti i combattimenti e annientati gli italiani, è venuta la Croce Rossa internazionale e ci ha raccolti, ci ha portati verso Missolungi e Patrasso per inviarci in seguito verso
l’interno, essendo noi già considerati prigionieri dei tedeschi. Dovevamo andare verso Tebe
e Atene, se andavo in quei campi di raccolta sarei morto, stavo male.
Arrivati a Patrasso, tutti malridotti, ci dividevano fra malarici, considerati normali e
ammalati di tifo, infettivi.
Lì si decideva… nella mia cartella clinica sono riuscito, di nascosto a scrivere tifo, mi
hanno visto con la febbre, una coperta in testa, mi hanno mandato sulla nave ospedaliera
Gradisca e mi sono salvato. Sulla nave un infermiere tedesco mi ha derubato di tutto, anello,
174
orologio; quell’infermiere non l’ho più rivisto».
Mi vengono in mente altri particolari, immagini anche se non li colloco esattamente nel
periodo; per esempio, ricordo che durante un tragitto a piedi, ci siamo fermati in una specie
di castello, infestato da pulci, pidocchi, non si dormiva…».
Il ritorno
«La mia fortuna è stata a Patrasso sulla banchina, quando si sentiva dire che la nave
Gradisca andava in Italia e ho capito che era meglio andare lì per tornare.
Finalmente dopo un giorno o due siamo partiti, abbiamo impiegato ventiquattro giorni per
arrivare a Trieste, perché l’Adriatico era tutto minato. Ricordo che ci davano da mangiare
solo miglio pelato, era inumano.
Quando abbiamo messo i piedi a Trieste, abbiamo capito che in Italia in un modo o in un
altro saremmo arrivati a casa ma io stavo male, non mi reggevo in piedi, mi trasportavano,
avevo la febbre alta, era malaria perniciosa.
Sbarcato dalle nave, mi hanno lasciato lungo i binari della ferrovia, la gente ci buttava
fiori, poi con la tradotta ci hanno portato ad Alessandria in ospedale. Eravamo tutti soldati,
in ospedale non c’era posto, ci hanno portato nella Casa di riposo liberata per noi, e solo lì
ho avuto la possibilità di scrivere a casa.
A casa non capivano la mia scrittura, talmente stavo male, solo l’indirizzo. In precedenza,
avevano ricevuto una cartolina, inviata dalla Croce Rossa, in cui si diceva che ero morto,
non risultavo più, sapevano solo quello.
Non avevo più niente, al nostro arrivo ci avevano bruciato tutto, vestiti, tutto tranne la cartella clinica o una sua copia e quando, dopo la mia cartolina, la mia fidanzata e mia sorella
mi sono venute a trovare mi hanno portato un coniglio cotto nel latte, ero trentaquattro, trentacinque chilogrammi e hanno faticato a riconoscermi.
Pian piano con le iniezioni di chinino ho cominciato a migliorare.
Ma eravamo tenuti d’occhio, perché eravamo sempre prigionieri dei tedeschi che temevano che noi raccontassimo quello che avevamo visto in Grecia, quello che hanno fatto a
Cefalonia e da altre parti».
A casa
«Dopo, siccome il Capitano medico era di Reggio, mi ha aiutato facendomi dare una
licenza. Quando sono arrivato a casa, temevo di far ammalare per contagio i miei, dormivo
con mio padre e mia madre, avevo ancora di notte febbri alte, mi davano il chinino e pian
piano ho cominciato a rimettermi.
Avevamo seppellito una botte in campagna, perché mio fratello era nei partigiani, lì mi
potevo nascondere; c’erano ancora i tedeschi e avevano formato un comando a casa nostra,
mentre si stavano ritirando, credo nel '44, '45, in quel periodo. In un certo senso con i tedeschi ero al sicuro, perché chiedevano come mai ero a casa, ero malato e mi lasciavano in
pace.
Avevano, in quel periodo, fatto una strage a Canolo, uccidendo sette-otto persone che
erano sedute al bar, ho ricordi a frammenti: per esempio a mio padre i tedeschi hanno rubato
una bicicletta Bianchi, che per noi rappresentava un tesoro; a mio fratello hanno puntato una
pistola che ha fatto cilecca, lui è scappato e poi gli è saltata fuori l’itterizia per la paura, lo
sfogo di Sant’Antonio e da quel momento non era più lui.
Mio fratello ha fatto azioni partigiane, per esempio, al campo di aviazione a Reggio con
rivoltelle di legno ma dopo non ha preteso nulla, non come certi che hanno imbracciato il
175
fucile per un giorno e poi hanno preteso il riconoscimento di partigiani.
Noi pensavamo solo a lavorare per vivere, tanti fratelli, eravamo anche poco istruiti».
La Liberazione
«Nell’aprile del ’45, siamo andati, in tanti, nella caserma dei carabinieri a Correggio a
disarmarli per il timore che andassero contro i partigiani, anche se loro non avevano nessuna
colpa, poi ricordo che in seguito sono passati gli americani, ci davano la cioccolata, qualcosa e sono passati e andati.
In quell’anno mi sono poi sposato, e se penso a questa parte della mia vita posso dire di
non avere conosciuto la giovinezza!».
Di questi ricordi in transito si possono sottolineare alcuni elementi che intrecciano il privato con il sociale, il vissuto personale con la storia di un popolo. Nella testimonianza si
coglie la povertà di famiglie contadine negli anni Venti; la necessità del lavoro fin da giovanissimi e di conseguenza l’impossibilità dello studio e, a segnare una cesura profonda, la
partenza per la guerra.
In terra d’Albania e di Grecia, la precisione nel distinguere il proprio comportamento da
quello delle Camicie nere e dei tedeschi e il rapporto quasi amichevole con la popolazione
locale.
Inoltre, la malattia che paradossalmente lo ha salvato dall’eccidio di Cefalonia e finalmente il ritorno a casa e la liberazione.
Infine «l’orgoglio» di essere ancora oggi un testimone della propria vita.
1. V. Foa, Questo novecento, Einaudi, Torino 1996, p. IX.
2. L. Passerini, Storia e soggettività Le fonti orali, la memoria, La Nuova Italia, Firenze 1988, p.108.
3. T. Todorov, Memoria del male, tentazione del bene, Garzanti, Milano 2001, p. 104.
4. M. Rampazi, Memoria e biografia in Il senso del passato Per una sociologia della memoria, a cura di P.
Jedlowski e M. Rampazi, Franco Angeli, Milano 1991, p. 129.
176
Voci dal fronte
a cura di MAURIZIA MORINI
L'archivio di Istoreco si è recentemente arricchito con la donazione, da parte di Annita
(Laila) Malavasi, di numerose corrispondenze dai fronti di guerra italiani negli anni ’40. Si
tratta di lettere inviatele da amici in partenza per o già al fronte; il corpo più ampio è rappresentato dai testi di Sesto Montanari che dal 1941 al '43 è dapprima soldato italiano in
Africa e poi prigioniero degli inglesi.
Pur censurata, la corrispondenza «parla» e a distanza di anni documenta in modo vivo
esperienze straordinarie, nella «normalità», per la generazione che la vissuta.
Ne abbiamo scelte alcune, che qui riproduciamo, a partire dalla lettera datata 27 aprile
1941, che è la prima giunta dal fronte africano, nella quale il soldato dopo dieci giorni di
viaggio sottolinea le distruzioni e gli atti barbari commessi dagli inglesi in fuga:
«questo paese in che stato è ridotto dopo il soggiorno e la ritirata degli inglesi, forse il terremoto non causava tanta rovina e distruzione come hanno fatto loro. Oltre a questo altre
cose più gravi e più barbare hanno commesso i soldati che combattono per l’Inghilterra;
cose che al solo pensarle c’è da rabbrividire e che preferisco raccontarle a voce se avrò la
fortuna di ritornare».
Lettera 1
Dopo qualche settimana (5 maggio 1941) Sesto, ancora lontano dai combattimenti, pur
provando nostalgia di casa, riesce a trovare occasioni per divertirsi:
«qui si va sempre con maglietta e pantaloncini corti e qualche volta quando si è più allegri
177
del solito mi sembra proprio di essere ancora bambino. Per completare poi mi sono fatto una
fionda, così qualche giorno mi diverto ad andare a caccia su e giù per queste colline dove la
selvaggina è molto abbondante».
Lettera 2
Diversa la realtà quando ci si avvicina alle batterie nemiche, anche se il soldato riesce a
trovare definizioni di spirito per quel rombare di cannone sempre più martellante:
«Io hò [sic] cambiato nuovamente posto e dopo 3 giorni di viaggio sono arrivato alla
soglia del parco di divertimenti.
Tu certamente riderai per questa mia definizione ma cosa vuoi e due notti che sono qui e
non fa altro che vedere razzi da una parte e razzi dall’altra, di tutti i colori ed a prima vista
sembra proprio di essere ai baracconi. Per completare poi il parco e per renderlo più emozionante c’è il rombo del cannone che giorno e notte non smette mai di sparare. Pensa che
mi addormento alla sera al rombo del cannone e alla mattina appena si apre gli occhi la
prima cosa che si sente è di nuovo il tuono del cannone che mi accompagna poi per tutto il
giorno. Ancora mentre ti scrivo, spara più forte del solito e sebbene ci sia il sole, si à l’impressione che stia per avvicinarsi un grosso temporale tanto si sentono forte e continue le
scariche» (12 maggio 1941).
Lettera 3
Arrivato a Tobruc, il fronte, nella lettera all’amica Anita qualche consiglio sulle virtù «terapeutiche» della sabbia insieme a cenni sullo scontro bellico, con la certezza della vittoria:
«qui non c’è nulla, soltanto sabbia, sabbia, nient’altro che sabbia. Anzi tanto per farti
vedere la sabbia dell’Africa ne unirò un po' alla lettera sperando che essa ti giunga e se per
caso Anita soffri ancora di bruciori allo stomaco, prova a mangiarne un po' che ti farà molto
bene ed in breve guarirai.
Questo te lo posso assicurare perché anch’io ho già fatto questa cura e mi hà [sic] dato
ottimi risultati … Oggi è stata una giornata fuori dal normale perché tanto la sua artiglieria
come la nostra non hanno cessato un minuto di sparare ... credo che questo episodio di
Tobruc sia ormai alla fine e che cioè presto gli inglesi siano costretti a dichiararsi vinti. A
dirti il vero non so come abbiano fatto a resistere fino a oggi, dopo il continuo bombardamento dell’aviazione e special modo degli stucas [sic] che quando esplodono le sue bombe
si sente tremare la terra anche qui da noi» (4 giugno 1941).
Lettera 4
Nella corrispondenza c’è spazio anche per i sentimenti, dalla gioia per avere ricevuto
giornali e quindi notizie dall’Italia alla considerazione sul valore dell’amicizia che fa superare i sacrifici della guerra. Queste le parole:
«non puoi immaginare come la tua amicizia mi sia di aiuto e di conforto per superare gli
ostacoli e i sacrifici fisici e morali che abbondano nella vita di guerra» (30 luglio 1941).
Lettera 5
178
Passano i mesi e la guerra si mostra per quello che è. All’amico Armando, nei toni delicati
e con la consapevolezza di non potere essere esplicito, si accenna alle fatiche ed ai pericoli;
è la lettera datata 1° gennaio 1942:
«abbiamo viaggiato molto, anche di notte. Raccontarti la vita passata in quei giorni
Armando avrei da parlarti molto e perciò non conviene neanche cominciare, sappi solo che
ne ho passate di tutte le specie e ho provato tutti i pericoli che la guerra può portare. Tanto
per darti un’idea sappi che sono della gloriosa divisione Ariete e che se hai seguito lo svolgersi degli eventi, sai già come si è comportata».
Lettera 6
Nell’epistolario segue un lungo silenzio, Sesto è fatto prigioniero dagli inglesi e solo nel
novembre del 1942 può scrivere nuovamente e con poche notizie rassicura poiché sopporta
con coraggio e rassegnazione la vita di sacrifici, portata dal destino.
Riportiamo le parole della missiva datata 24 gennaio 1943, sulla monotona vita di prigioniero e sulla necessità di farsi forza per passare il tempo:
«Continuo la solita e monotona vita di prigioniero che, già da sé stessa tanto triste è ancor
maggiormente peggiorata dalle grige e interminabili giornate invernali. Solo con grande
sforzo di volontà e con grande forza d’animo, so vincere l’immensa malinconia che l’attuale
vita procura e così, unendo alle doti spirituali un’ottima salute, riesco a passar discretamente
il tempo».
Lettera 7
La raccolta completa della corrispondenza è disponibile presso l'Archivio storico di
Istoreco.
179
180
181
Note e Rassegne
Convegno: «La costituzione del consenso.
Ordine, Legittimità e Resistenza nei sistemi
politici europei, secoli XIX e XX»,
Bologna, Dipartimento di Politica,
Istituzioni e Storia, 13-14 settembre 2002
LUCIA BONFRESCHI*
Il 13 e 14 settembre si è svolto a Bologna un convegno su «La costituzione del consenso»,
in cui i membri del gruppo di ricerca del Dipartimento di Politica, Istituzioni e Storia hanno
inteso mettere a confronto i propri lavori con quelli di altri colleghi europei. Il percorso ed i
principali risultati del gruppo di ricerca bolognese, coordinato dal prof. Pombeni, sono stati
sintetizzati nella relazione introduttiva di Stefano Cavazza (Università di Bologna).
Ognuna delle tre mezze giornate del convegno è stata centrata su un periodo della storia
contemporanea aperto da una crisi con cui la politica europea fu chiamata a misurarsi e ad
elaborare un nuovo ordine: il 1848, la prima e la seconda guerra mondiale. A proposito del
concetto di «crisi» Fulvio Cammarano (Università di Bologna) ha proposto un nuovo
approccio mettendo in rilievo la centralità della componente soggettiva nella definizione del
concetto e recuperando la distinzione gramsciana tra crisi congiunturale e crisi egemonica.
In effetti, in tale definizione risultano essenziali, da un lato, la percezione, da parte del soggetto, di un determinato assetto politico come «ritardo», «situazione insoddisfacente», e,
dall’altro, la capacità di tale soggetto di imporre la propria narrazione di crisi all’opinione
pubblica. Il differente grado di legittimazione delle istituzioni è uno dei fattori che produce
differenti culture e tradizioni della crisi politica, studiate da Cammarano in Italia e Gran
Bretagna. Anche Michael Freeden (University of Oxford) si è occupato del caso inglese ed
ha analizzato le molteplici stratificazioni del concetto di legittimità e le sue correlazioni con
Dottoranda in Storia Politica dell’Età Contemporanea presso l’Università di Bologna, collaboratrice
della rivista «Ricerche di Storia Politica» (ed. Il Mulino)
183
altri concetti, quali «autorità» e «obbligazione politica», nel pensiero conservatore, liberale
e progressista della fine del XIX secolo, rappresentati rispettivamente da W.E.H. Lecky, J.
Stuart Mill e J.A. Hobson.
Mentre nella Gran Bretagna del XIX secolo le istituzioni sembravano solidamente legittime, la Francia della stessa epoca traduceva le differenti teorie sulla legittimità con altrettanti
cambiamenti istituzionali. Tra questi il più indicativo della difficoltà di stabilire basi durature di consenso fu il Secondo Impero di Napoleone III, studiato da Nicolas Roussellier
(Sciences-Po, Parigi). Questo tentativo costituzionale, a suo parere, cercò di unire, senza
successo, il consenso proveniente dalla tradizione monarchica a quello della modernità politica, incarnata dal suffragio universale.
Pierangelo Schiera (Università di Trento) si è occupato del costituzionalismo come complesso fenomeno che ha accompagnato la transizione dallo Stato di polizia allo Stato di
diritto e poi allo Stato sociale; tale transizione fu dovuta alla capacità dei nuovi ceti borghesi
di trasformare prima in valori condivisi, poi in norme sanzionate i valori e gli interessi a cui
si ispirava la loro ricerca di egemonia. Il liberalismo europeo fu capace di creare e conservare un consenso diffuso e praticato, attraverso la duplice fondazione dei testi costituzionali e
di quelli scientifici.
Sulla crisi di legittimità nella politica olandese tra le due guerre è intervenuto Henk Te
Velde (University of Groningen), che ha mostrato la tensione fra il sistema di legittimazione
pre-1918, basato sulla rule of law e sulla partecipazione democratica, ed i nuovi criteri di
efficienza con cui, in misura crescente, veniva giudicata una «democrazia piena», ma per i
quali il sistema parlamentare non era stato concepito. A proposito di questo dibattito sulla
riforma dell’organizzazione statuale, che coinvolse tutta l’Europa, Maria Serena Piretti
(Università di Bologna) ha fornito un quadro delle linee direttrici che esso assunse in Gran
Bretagna, Francia ed Italia.
Contro i vecchi modelli di descrizione del fenomeno totalitario, che tendevano a sottolineare la coercizione e la manipolazione che l’élite al potere attuava sulle masse, attraverso il
terrore e la propaganda ideologica, Roger Griffin (Oxford Brookes University) ha proposto,
invece, di considerare che l’apparato totalitario risulti dal tentativo di trasformare la società
per realizzare l’utopia dell’uomo nuovo. Dall’incontro tra la visione totalitaria di un movimento rivoluzionario e un popolo, che attraversa una profonda crisi di senso della propria
comunità, prende origine la «comunità politica palingenetica», che fornisce la legittimazione all’élite rivoluzionaria e genera diversi gradi di consenso alle sue politiche. In questo
modello la resistenza non è il frutto di una naturale e spontanea ribellione, quanto il prodotto di una reazione basata a sua volta su un’ideologia.
Horst Möller (Institut für Zeitgeschichte, München) e Christoph Kleßmann (Zentrum für
Zeithistorische Forschung, Potsdam) hanno ricostruito storicamente la disgregazione del
consenso della Repubblica di Weimar e la ricerca di una nuova legittimazione nella
Germania divisa, tutt’altro che scontata dopo la caduta del Terzo Reich. Per legittimare un
futuro politico ed un ordine sociale le autorità d’occupazione e poi i governi tedeschi dovettero far fronte ai problemi più urgenti delle popolazioni: alloggiare milioni di rifugiati ed
espulsi, trovare cibo da distribuire e ridare vita ad un’economia collassata.
Per quanto riguarda la legittimazione dei sistemi politici del secondo dopoguerra, Kenneth
O. Morgan (Queen’s College, Oxford) ha fornito una lettura delle modificazioni del consenso in Gran Bretagna, passata dall’unificante senso di comune appartenenza del tempo di
guerra, continuato, negli anni Quaranta e Cinquanta, dalle politiche di Attlee e poi di
Churchill, alla rottura di tale consenso nel 1979 ed al tentativo della Thatcher di crearne uno
184
nuovo, fino al (consensuale?) capitalismo umanizzato di Tony Blair. Paolo Pombeni
(Università di Bologna), infine, ha proposto di considerare il «miracolo economico» come
fattore che contribuì a legittimare il sistema politico italiano. Fino agli inizi degli anni
Cinquanta il rigorismo dell’impostazione costituente aveva prevalso; progressivamente, tuttavia, gli «standard di vita» divennero un elemento di legittimazione dei governi ed uno dei
temi su cui si giocavano le competizioni elettorali.
185
Recensioni
Giuseppe Mayda, Storia della deportazione dall’Italia 1943-1945: militari, ebrei e politici nei lager
del Terzo Reich, Bollati Boringhieri, Torino 2002, pp. 408, € 28.
Giuseppe Mayda è un giornalista che da anni si dedica allo studio del fascismo e del nazismo.
Nell’introduzione del volume che qui presentiamo, Nicola Tranfaglia espone le ragioni per cui
valga la pena leggere questa Storia della deportazione dall’Italia. Anzitutto le ricerche di Mayda
hanno cominciato a riempire una lacuna che durava da mezzo secolo. Tale «trascuratezza» ha permesso il diffondersi di una vulgata, presente in una parte della storiografia italiana, secondo cui esisterebbe una netta separazione tra fascismo e nazismo. Sarebbe cioè possibile riconoscere al fascismo
una sorta di «moderazione» nella persecuzione degli ebrei e nella repressione degli oppositori politici. Il progetto dello sterminio cadrebbe così sotto l’esclusiva responsabilità della barbarie nazista.
Ebbene, il lavoro di Mayda fa emergere il ruolo non solo di complicità attiva, ma anche di autonoma
iniziativa degli uomini di Salò. La ricostruzione dei rapporti tra gli occupanti tedeschi e la Repubblica
sociale italiana è senza dubbio uno degli elementi più interessanti del libro. Esemplare a proposito è
la posizione di Mussolini circa il destino di moltissimi italiani, non solo avversari del regime, ma
ebrei (molti dei quali di «fede fascista») e centinaia di migliaia di soldati, abbandonati ed anzi usati
per ragioni di mero calcolo politico.
Va subito sottolineato che uno dei pregi del volume è quello di essere stato compilato dedicando
molto spazio alle fonti, tra le quali si trovano certamente le testimonianze dei sopravvissuti, ma anche
atti, carteggi, rapporti del governo tedesco e del governo repubblichino, della Wehrmacht e delle SS.
Quello delle fonti è anzi uno dei problemi più importanti per gli storici impegnati in questo campo.
Furono proprio i tedeschi, sia nei loro uffici in Italia, sia nei Lager in Germania, a cercare di eliminare ogni prova, ogni documento. Così ogni tentativo di tracciare un bilancio definitivo del numero di
deportati e uccisi rimane infruttuoso.
Mayda premette alle vicende dei venti mesi che andarono dal settembre 1943 alla Liberazione, una
accurata trattazione sullo sviluppo della «galassia concentrazionaria» negli anni fra le due guerre.
Accanto all’edificazione in Germania dei Konzentrationslager per la «custodia preventiva» di tutti i
possibili «nemici dello Stato», il fenomeno riguardò anche l’Italia, con gli arresti, a partire dal 1938,
degli ebrei stranieri e che furono destinati a campi di concentramento e luoghi di confino. Ma non
bisogna dimenticare le deportazioni di centinaia di migliaia di civili nella repressione della resistenza
nella Cirenaica degli anni Trenta.
La parte più ponderosa del volume è riservata alla deportazione di più di ottomila ebrei, italiani ma
non solo, a partire dai primissimi giorni dopo l’otto settembre. I morti sono stati contati in 7557 persone, cui devono essere aggiunte le almeno trecentotré vittime delle stragi razziali in Italia. I tedeschi
ebbero subito gli elenchi degli ebrei, messi loro a disposizione da questure o prefetture. Molte furono
le delazioni, fatte anche senza lo «stimolo» di una ricompensa e questo a riprova della parziale efficacia della propaganda antisemita. Fin dall’inizio fu sistematica la collaborazione delle autorità di Salò,
che erano sicuramente a conoscenza della destinazione dei «treni speciali», alla «caccia all’ebreo»:
ad esempio Giovanni Preziosi, poi a capo dell’Ispettorato generale per la Razza scrisse a Mussolini
187
che «primo compito non è creare una Costituzione di Stato [di Salò, ndr], ma quella di eliminare gli
ebrei». I giornali non perdevano occasione per chiedere che tutti gli ebrei fossero messi al bando. In
poche settimane si verificò un inasprimento che non faceva che venire incontro alle richieste di
Eichmann, che da Berlino fu tra i promotori della «soluzione del problema ebraico» in Italia. Così al
congresso della Rsi di Verona si sanciva: «Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri, durante
questa guerra appartengono a nazionalità nemica». Non fu risparmiato nessuno: gli anziani nelle case
di riposo, gli ammalati negli ospedali, i figli di matrimoni «misti». Ogni comunità ebraica si vide
depredare di tutto, a cominciare dalle loro guide (vennero uccisi nove rabbini e sette hazanim).
Mayda ricorda poi il problema dell’atteggiamento degli ebrei nei confronti del pericolo incombente.
Si è parlato di una mancanza di informazioni da parte delle autorità ebraiche e del fatto che i primi
crimini furono ignorati o sottovalutati. È certo che la gran parte degli ebrei italiani fu catturata al proprio domicilio.
Allinearsi in toto alle posizioni naziste significava anche costruire un vero e proprio sistema concentrazionario, con diramazioni in tutte le province controllate, e con grandi «campi di transito»:
Fossoli (Modena) e Gries (Bolzano).
In questi ultimi due luoghi poi, accanto agli ebrei, attesero la deportazione verso il Reich i cosiddetti «politici». Si trattava soprattutto di antifascisti e di detenuti dei penitenziari militari, ma non
solo. La Polizia di sicurezza tedesca (Sipo) cercò di reprimere ogni moto di disobbedienza e dissenso
e fin dall’indomani dell’otto settembre circa 40.000 persone (non sempre altamente ideologizzate)
vennero deportate. Tra queste i diffusori di stampa clandestina, gli ascoltatori di «Radio Londra» e
«Voce dall’America», chi veniva fermato senza avere i documenti in regola o si dedicava al mercato
nero. In venti mesi i trasporti furono ottanta, con principali destinazioni Dachau, Mauthausen e
Buchenwald. I superstiti non superarono il 10 per cento. Significativa è la connessione tra atti di
rivolta e di resistenza e le partenze di nuovi convogli: anche in Italia i tedeschi vollero imporre una
feroce repressione, basata anche sulla intimidazione. In Germania i campi di concentramento
(Dachau fu aperto nel 1933) non venivano nascosti, ma erano anzi stati accettati dall’opinione pubblica come strumento di prevenzione. Sull’esempio tedesco, la Repubblica di Salò ricorse a minacciare
la deportazione degli operai, specie nel «triangolo industriale». Come a Milano, così a Genova il prefetto Basile dichiarò nel 1944 che sarebbero stati sorteggiati «un certo numero» di operai fra quanti si
astenevano dal lavoro e «deportati nei campi di concentramento tedeschi dell’estremo nord a meditare sul danno arrecato alla vittoria».
I religiosi italiani deportati furono sessantanove, di cui cinquanta sacerdoti cattolici, sedici ebrei,
due testimoni di Geova e un evangelico. Le loro colpe erano quelle di aver collaborato con i partigiani
o di aver nascosto renitenti alle leve di Salò e soldati sbandati dopo l’armistizio. Per i detenuti politici
la detenzione coincideva con il lavoro, quasi sempre in condizioni disumane.
Il lavoro «da schiavi» e lo sfruttamento in Germania furono ugualmente il destino di circa 809.000
militari italiani. Con l’armistizio l’esercito regio si frantumò, lasciando ai singoli reparti la decisione
sul che fare. Di sicuro i generali non fecero una bella figura. Non mancarono casi di comandanti che,
prima di scappare, consegnarono i loro uomini ai tedeschi. D’altra parte, proprio i tedeschi non persero tempo ed iniziarono ad attaccare, disarmare e rastrellare fino a 17.000 militari al giorno. Per chi
opponeva resistenza, era riservata la fucilazione. Mayda ripercorre la storia delle migliaia di soldati
italiani nei Balcani, in Grecia e nelle isole dell’Egeo. In particolare, 13.300 militari morirono su dei
piroscafi, caricati all’inverosimile, che li dovevano portare ai grandi «campi di transito» di Atene e
Salonicco. I militari giunti in Germania dovettero affrontare anche l’aperta ostilità dei vertici come
dei semplici cittadini. Erano «porci badogliani», «traditori», «carogne». Essi si trovarono di fronte
alla scelta di rimanere o meno «fedeli all’alleanza» con il Reich. A fine ’43 solo poche migliaia di italiani erano restati a fianco dei tedeschi. Lo status giuridico dei soldati italiani che non accettarono,
non fu più quello di «prigionieri di guerra», ma di «internati militari italiani» (Imi). Questa disposizione, priva di fondamento giuridico, li sottraeva al controllo della Croce rossa e toglieva loro la protezione della Convenzione di Ginevra. Gli Imi furono destinati a lavori vietati dalla Convenzione, in
particolare nell’industria bellica.
188
Gli ufficiali, che di norma rimanevano fedeli al re, vennero separati dalla truppa, per la quale fu
anzi predisposto un ufficio di propaganda a favore dell’alleanza nazifascista. I racconti dei sopravvissuti parlano di uomini messi all’asta: i «noleggiatori» – imprese private dei più svariati settori – non
garantivano per le buone condizioni fisiche del coatto. Basti pensare che per alcuni lavori (chimica,
miniere) la sopravvivenza non superava le tre-quattro settimane. E per tutti la «prova della fame». Dal
diario del tenente Giovanni Guareschi: «Cammino su e giù … e vado svelto ma la fame mi insegue
… Quante ore prima di poter masticare? Ancora cinque ore, poi avrò due patate e una scodella di
rape; e lo stomaco, compreso rapidamente l’inganno, riprenderà a spasimare più dolorosamente.
Sento la fame anche del dopo» (16 aprile 1944).
Francesco Paolella
Anna Rossi Doria, Memoria e storia: il caso della deportazione, Rubettino, Soveria Mannelli
1998, pp. 64, € 6,20.
Argomento di questo breve saggio è l’evoluzione della memoria delle deportazioni in Italia durante
la seconda guerra mondiale. L’autrice esordisce ricordando la differenza (talvolta il conflitto) esistente tra la memoria, che tende ad unire il presente al passato, e la storiografia, che invece ratifica la
irreparabile separazione tra i due. Riguardo alla deportazione, «la memoria non è riuscita a imporre il
passaggio alla storia»: questa tesi viene sostenuta ripercorrendo le tappe della formazione delle
memorie individuali e di quella collettiva, a partire proprio dalla materializzazione dell’incubo che
tanti deportati ebbero durante la prigionia: raccontare e non essere creduti.
Anna Rossi Doria ricorda i tanti episodi di indifferenza, se non di aperta ostilità, che i reduci dovettero subire al loro ritorno, non escluso il sospetto con cui erano viste dalle istituzioni le loro associazioni. Oltre che solitaria (di una solitudine morale, prima che materiale), la memoria collettiva si è
rivelata anche frammentata e questo prima di tutto perché le esperienze di deportazione furono molto
diverse tra loro. Devono infatti distinguersi tre soggetti (i deportati politici, gli ebrei e gli internati
militari), per cui si sono sviluppate «tre memorie», sia per le differenti cause delle rispettive tragedie,
sia per la percezione che ogni gruppo ha avuto di sé e ha subito dal resto della società.
La conclusione è riservata ad analizzare il silenzio della storiografia contemporaneistica italiana su
questo tema, tra le cui cause viene posta la sua politicizzazione della ricerca e sottolineando l’assenza
di un’opera di sintesi che andasse al di là delle testimonianze dei singoli. Una lacuna che negli ultimi
anni, ad esempio con la Storia della deportazione dall’Italia 1943-1945 di B. Mayda, si sta iniziando
a colmare. (f.p.)
Bruna Bianchi (a cura) Deportazione e memorie femminili (1899-1953), Unicopli, Milano 2002.
La brutale deportazione di grandi masse di civili (uomini, donne, bambini) non è accidentale nella
storia dell’Occidente, né rappresenta una tragica peculiarità del secolo appena trascorso. Basti pensare al ruolo strutturale assunto dalla tratta degli africani nel commercio triangolare, fattore principe
della mondializzazione capitalistica, o all’altrettanto essenziale spostamento coatto dei nativi
d’America durante l’espansione dei «bianchi» verso l’Ovest. Nella seconda metà del XIX secolo
sembrava emergere qualche segno di ravvedimento e di mitigazione nel rapporto fra le popolazioni
soggette ed il potere economico-politico. Simili speranze erano confortate da due importanti eventi
coevi (l’affrancamento degli schiavi in America e dei servi della gleba in Russia) e dal diffondersi
dell’evoluzionismo positivista, con l’illusione (coltivata dallo stesso H. Spencer) di poter sostituire la
pacifica concorrenza commerciale ai duri rapporti militari.
189
Malauguratamente quelle illusioni, di cui si faceva portatrice fra l’altro una parte consistente della
Seconda Internazionale, già all’affacciarsi del nuovo secolo caddero sotto la spinta di un’intensificata
corsa coloniale e del prevalere di ideologie nazionaliste sopraffattrici. Il passaggio tra i due secoli si
segnala per l’importante novità dei conflitti coloniali fra «bianchi»: guerra ispano-americana e guerra
anglo-boera. Quest’ultimo episodio, combattuto senza risparmio di colpi, si rivela, a distanza di
tempo, singolare prologo della Grande Guerra, trionfo di un militarismo indifferente all’enorme
sacrificio di vite umane e principale causa dell’ottundimento morale (la banalità del male) di cui
approfitteranno, con un più di paranoico sadismo, i regimi totalitari.
Il volume curato da Bruna Bianchi percorre, con saggi e testimonianze, la prima metà del
Novecento, soffermandosi sui due esempi più noti e quantitativamente vistosi (i campi nazisti e sovietici) e su due altri meno conosciuti, che addirittura rischiano di essere rimossi, ma non soltanto perché messi in ombra da più sconvolgenti catastrofi. Il crudele maltrattamento operato dagli inglesi
sulla popolazione civile boera perturba infatti la nostra certezza che solo il totalitarismo (quando non
la «barbarie» asiatica) possa sistematicamente infierire sugli inermi. Dal canto suo, l’internamento
degli sloveni nei campi fascisti stona clamorosamente con l’immagine autoassolutoria degli «italiani
brava gente» e con l’eterna nostra difficoltà di fare i conti col passato più scomodo.
Le studiose coordianate da Bruna Bianchi hanno dunque scelto quattro esempi molto significativi,
che tuttavia non esauriscono il tema (restano fuori, fra l’altro, l’aggressione del Giappone alla Corea
e ad altri paesi asiatici e l’internamento dei nippoamericani durante il secondo conflitto mondiale).
Ma il valore del libro, che non pretende la completezza, sta nel taglio tematico scelto: la realtà e il
vissuto delle donne (e conseguentemente dei bambini) vittime della deportazione e dello sterminio. Si
tratta, in un certo senso, di un atto riparatore nei confronti della colpevole sottovalutazione durata
decenni (le donne hanno voluto ricordare e scrivere, ma per lo più le loro voci hanno scontato sordità
e gravi ritardi). Il dato più profondo – e per il lettore non specialista più sorprendente – è in queste
pagine la rivelazione di un altro universo etico, emozionale ed antropologico. Fatica inumana, fame,
imminenza della morte avviliscono, ma non spengono, l’essenziale modo d’essere in relazione con
della donna. I saggi e le memorie mettono in luce (si dirà: confermano) un vissuto femminile rivolto
all’altro e capace di resistere proprio nel – e grazie al – rapporto con l’altro: madri e figlie, donne e
bambini (non necessariamente madri e bambini), compagne di sventura che praticano brandelli ancora possibili di solidarietà e di condivisione. Le autrici (la stessa Bruna Bianchi per il Sud Africa e,
con Adriana Lotto, per i campi nazisti, Marta Craveri per l’arcipelago Gulag, Maico Trinca per l’internamento di donne e bambini sloveni) hanno saputo cogliere questi aspetti comuni, senza sacrificare la peculiarità storica delle diverse vicende.
Una menzione a parte merita il tema scelto da Emilia Magnanini: le donne che in Urss, senza essere condannate al lager, hanno scontato l’unica colpa «di essere mogli, madri, figlie, sorelle di un condannato». Fra loro la grande poetessa Anna Achmatova. Questo argomento, parte altrettanto essenziale del vissuto femminile novecentesco, induce ad invocare un supplemento di indagine e di attenzione
per una non meno drammatica vicenda degli stessi anni. Intendiamo riferirci all’esilio dei repubblicani dopo la guerra civile spagnola (almeno mezzo milione di persone), messo in ombra dalla transizione morbida verso la democrazia. Solo oggi sembra che organi di stampa a grande diffusione, come
«El Paìs», abbiano intrapreso un’opera di ricomposizione della memoria e di restituzione ai «vinti»
del loro posto nella storia. Ed anche per l’infame periodo franchista il racconto delle esiliate in patria
(madri, mogli, figlie, sorelle di incarcerati) merita una riflessione più approfondita di quanto non consentano le effimere pagine di un supplemento settimanale.
Ettore Borghi
190
Ugo Dragoni, La scelta degli I.M.I. Militari italiani prigionieri in Germania (1943-1945), Casa
Editrice Le Lettere, Firenze 1997, pp 459.
Il dramma dei soldati italiani, 600.000 il numero, internati un Germania ha costituito una zona
d'ombra che ha riguardato anni e persone che parevano esser scomparsi dalla memoria storica collettiva. «Il fatto è che nel dopoguerra – scrive Giorgio Rochat – i reduci erano troppi e troppo diversi ...
L'Italia del dopoguerra voleva soprattutto dimenticare e ricominciare a vivere; e prendere in considerazione i diversi percorsi attraverso la guerra voleva dire affrontare un esame autocritico del passato
fascista, che solo una minoranza chiedeva. I reduci furono quindi dimenticati, salvo quando servivano
alle polemiche della guerra fredda, come nel caso prigionia di Russia».
A quarant'anni dalla fine della guerra gli studiosi e i ricercatori hanno iniziato ad indagare su questo passato che apparteneva solo al ricordo di chi aveva vissuto quei giorni di orrore preferendo la
fame disperata e il lavoro forzato alla colllaborazione con i nazifascisti.
Il testo di Dragoni costituisce una visione d'insieme organica e ricca fatta di testimonianze e di rievocazioni per voce dei testimoni che all'epoca subirono la prigionia.
Ricca ed estremamente documentata è anche la bibliografia che accompagna il volume, aprendo
nuove prospettiva di approfondimento e di informazione. (l.v.)
Per un ulteriore approfondimento dell'argomento si segnala anche Fra sterminio e sfruttamento, Le
Lettere, Firenze 1992, Atti del Convegno.
Cesare, Bermani, Al lavoro nella Germania di Hitler. Racconti e memorie dell'emigrazione italiana 1937-1945, Bollati Boringhieri, Torino 1998, pp 322.
Il volume di Bermani costituisce una preziosa testimonianza in relazione ad un aspetto della storia
sicuramente poco indagato.
I lavoratori italiani (ma anche di altre nazionalità come si vedrà poi dai ricordi e dalle lettere) emigrati in Germania, in cerca di lavoro, quel lavoro che nell'Italia poverissima degli anni Trenta e
Quaranta non era possibile avere in patria. Italiani in cerca di un futuro nei giorni foschi del consolidamento del nazismo e del fascismo; si partiva lasciando la retorica mussoliniana di un'Italia rurale,
di covoni e prole numerosa per la Germania di Hitler, di fabbriche ed efficienza, di campi da coltivare
sotto la pioggia costante che bagna i giorni e pare l'unico fattore che scandisca il tempo mentre si
cerca di accumulare qualche pfennig da mandare a casa, in Italia, alla famiglia, ai genitori anziani.
Sottolinea Bermani «le difficoltà incontrate da chi ha cercato di raccogliere testimonianze di
Fremdarbeiter ... Se non è stato facile risalire a questi lavoratori, lo si deve al fatto che la loro esperienza non è divenuta oggetto di affabulazione, ne hanno cioè discusso poco in tutti questi anni e questo dà ai racconti di questi testimoni un carattere di ricordo immediato, quindi una «veridicità» che
altri tipi di testimonianze non hanno. È come se molte delle domande che vengono loro fatte ora non
fossero mai state rivolte loro in passato e quindi i testimoni rispondessero a esse per la prima volta,
senza cioè aver avuto il tempo di abbellirle o «drammatizzarle», di «costruirle» secondo le «propensioni della loro affabulazione».
Leggiamo qui i racconti, i ricordi di stralci di vite che narrano dei rapporti con i nuovi datori di
lavoro tedeschi, le difficoltà create dalla lingua, per la maggior parte di loro sconosciuta e ostile, e
ancora filtrano da queste parole i ricordi minuti, del quotidiano, i piccoli fatti, le rare uscite dopo il
lavoro, il venire a conoscenza di concittadini o compaesani quando anche l'idea di casa é così lontana
da sembrare irraggiungibile.
E poi la guerra.
L'evento tragico che segna i destini di tutti, di chi rimane, perché ormai non è più possibile spostarsi in un'Europa occupata dove le difficoltà di espatrio diventano insormontabili e di chi tenta, dispera-
191
tamente un viaggio che in molti casi avrà termine solo dopo la primavera del '45.
È, questo del viaggio, del ritorno uno dei ricordi più amati, più dolorosi più epici. Nessuno lo ha
dimenticato.
E tante sono le testimonianze riportate che ricompongono il mosaico di quegli anni, di quelle vite,
a lavorare «fuori», a «casa dei tedeschi» con altri italiani, con polacchi, ungheresi.
Interessante anche l'apparato iconografico che correda il testo.
Lella Vinsani
Paolo Momigliano Levi (a cura di), Storia e memoria della deportazione, Giuntina, Firenze, 1996,
pp. 218.
Il volume raccoglie gli interventi svolti ad un convegno, nell’ambito del cinquantennale della
Resistenza e della guerra di liberazione, organizzato dall’Istituto di Storia della Resistenza in Valle
d’Aosta.
Il drammatico fenomeno della deportazione toccò solo marginalmente la piccola regione francofona: «solo» diciannove furono gli ebrei valdostani che vennero caricati sui vagoni piombati e mandati
ad Auschwitz.
Le persecuzioni si accanirono soprattutto sugli oppositori politici e sui partigiani.
Scopo del convegno, e del libro che ne è scaturito, è quello di capire quale contributo, alla storia
della deportazione, possono dare, oltre alle fonti ed alle ricerche tradizionali, anche le testimonianze
meno conosciute e sfruttate da questo punto di vista: le testimonianze orali, la fotografia e l’utilizzo
delle più moderne tecnologie audiovisive.
Storia e memoria della deportazione, rivolge la sua attenzione alla memoria dei campi ed alla loro
realtà; una memoria tenuta viva grazie anche a numerosi istituti, sorti proprio per garantire che il
patrimonio e le fonti sulla storia delle deportazioni non vada disperso quando, inevitabilmente scomparirà anche l’ultimo sopravvissuto ai lager nazisti.
Ecco, allora, l’importanza che rivestono, per la continuazione della memoria dei campi e dei deportati, anche le fonti e le ricerche non tradizionali.
Il volume, vuole essere un tentativo di riunire l’incontro di esperienze diverse, maturate in paesi
diversi, su quello che è stato, forse, il più grande dramma del ventesimo secolo; un dramma che ha
coinvolto decine di milioni di persone in ogni continente, durante tutto l’arco dei cento anni appena
trascorsi, basti pensare al genocidio degli armeni nella prima guerra mondiale, alla seconda guerra
mondiale, per terminare, negli anni più recenti, con la ex Jugoslavia o il Ruanda.
Pur essendo destinato ad un pubblico, per così dire, di addetti ai lavori, Storia e memoria della
deportazione si rivolge anche ad una «clientela» più ampia, allo scopo di far conoscere la realtà delle
deportazioni e dei genocidi al maggior numero possibile di persone, in particolare ai giovani che di
quei tragici eventi hanno solo una vaga conoscenza scolastica.
Due parole del titolo, «storia» e «memoria», racchiudono in sé le intenzioni degli studiosi che si
sono riuniti in quel convegno e l’oggetto delle loro ricerche, cioè la persecuzione e l’annientamento
deliberato di intere popolazioni per motivi politici, razziali o religiosi.
Chiunque sia stato colpito dal trauma della persecuzione e della deportazione, sa che è indispensabile creare una documentazione ed un programma per tramandare la loro storia.
«Scrivere e denunciare diventarono un dovere di giustizia nei confronti dei milioni di sommersi, da
parte delle poche centinaia di salvati: un atto di fedeltà dei vivi alla memoria dei morti».
Poiché l’eredità degli orrori passati non può esaurirsi in un ricordo passivo, ecco che, sin dai primi
anni del dopoguerra, sono comparsi diari e memorie dei sopravvissuti; in seguito, con il passare dei
decenni, convegni e libri come questo hanno dato il loro contributo a mantenere viva la memoria dei
campi, anche contro nuove e vergognose tendenze, come il revisionismo o il negazionismo. È una
responsabilità importante, perché «tutti i popoli hanno il diritto di conservare i propri caratteri, la propria personalità etnica e storica … le collettività umane devono poter sussistere serbando intatte le
192
caratteristiche della loro personalità. È l’unica garanzia per la pace in Europa».
Due citazioni, una di Primo Levi, l’altra anonima, rendono evidente quale sia, oggi, il compito che
spetta agli studiosi (e non solo a loro) che si occupano di deportazioni e genocidi: l’autore di Se questo è un uomo ebbe a dire «È avvenuto contro ogni previsione … quindi può accadere di nuovo: è
questo il nocciolo di quanto abbiamo da dire»; un uomo, rimasto sconosciuto, spiegò il compito dei
sopravvissuti e degli storici dicendo che «Nous sommes les heritiers de tous ceux qui sont morts, les
associés de tous ceux qui vivent, la providence de tous ceux qui viendront».
Michele Bellelli
Alessandro Natta, L’altra resistenza. I militari italiani internati in Germania, Einaudi Torino
1997, pp. 141.
L’8 settembre 1943 è, per la moderna storia italiana, una data di fondamentale importanza.
L’annuncio dell’armistizio di Cassibile, che sembrava essere il necessario, ovvio, corollario agli avvenimenti del 25 luglio precedente, si rivelò, in realtà, l’inizio di un calvario destinato a concludersi
quasi due anni più tardi con un’altra data simbolo, fondante della democrazia italiana: il 25 aprile
1945.
Fra queste due date, l’8 settembre 1943 ed il 25 aprile 1945, è racchiuso il periodo più critico ed
importante della storia del nostro paese.
L’armistizio, nell’immaginario collettivo dei soldati, doveva essere un gioioso ritorno a casa dopo
le fatiche ed i pericoli della guerra; si trasformò, invece, in una fuga generalizzata dalla furia vendicativa dei nazisti.
L’ordine che l’esercito tedesco ricevette dal comando supremo di Berlino era chiaro: disarmare e
catturare l’esercito italiano, ovunque esso fosse schierato, in Europa, in Francia, nei Balcani, nel
Dodecaneso e, ovviamente, in Italia. Milioni di uomini lasciati, in seguito al famigerato proclama del
maresciallo Badoglio, senza ordini precisi, senza sapere bene chi erano amici e nemici e, soprattutto,
senza un luogo sicuro nel quale potersi difendere dai tedeschi (si pensi solo alle truppe schierate
all’estero, per le quali mancava ogni minima speranza di poter ricevere aiuto dall’Italia).
A parte alcuni episodi eroici e tragici, come lo sterminio della divisione Acqui a Cefalonia, o la
battaglia a Porta San Paolo a Roma, quella del Regio Esercito nei giorni e nei mesi successivi all’armistizio è una storia poco nota.
La meno nota di tutti è, forse, la storia dei soldati italiani catturati dai nazisti nei giorni immediatamente successivi la resa agli alleati e internati in Germania: seicentomila militari italiani, appartenenti ad ogni arma e di ogni grado, passarono, nel volgere di pochi giorni, dalla condizione di alleato dei
tedeschi a quella di schiavi del Terzo Reich. Desiderosi di vendetta, per il presunto tradimento da essi
subito, i nazisti crearono una categoria di prigionieri ad hoc per i soldati italiani: nella folle gerarchia
dei lager essi divennero gli Imi (Internati militari italiani); appena un gradino al di sopra degli ebrei, a
causa della definizione di Imi per loro non furono valide le regole della Convenzione di Ginevra sul
trattamento dei prigionieri di guerra.
Alessandro Natta, era uno dei seicentomila Imi che per due anni sopravvissero al lavoro forzato, ai
soprusi ed ai lager nazisti. Il libro racconta l’odissea degli internati, in particolare di come, più di una
volta venne loro offerta la libertà in cambio dell’adesione alla Repubblica sociale di Mussolini o di
un giuramento di fedeltà ad Hitler. Con un atto spontaneo e collettivo, quest’esercito di sventurati
diede una prova, forse irripetibile, di dignità e di amor di patria rifiutando in blocco le offerte di
libertà dei nazi-fascisti. Non più di diecimila soldati italiani accettarono di giurare fedeltà al Duce ed
alla sua Repubblica fantasma. La stragrande maggioranza dei soldati deportati dopo l’8 settembre
scelse di rimanere nei lager, affrontandone tutte le conseguenze ed i rischi (a migliaia morirono di
stenti prima che la guerra finisse).
Fu questa, come indica il titolo «l’altra Resistenza», una resistenza silenziosa, fatta non di avvenimenti bellici o politici, come avvenne in Italia, bensì di sopportazione silenziosa e quotidiana di sten-
193
ti, umiliazioni ed angherie, in nome della dignità umana e della libertà; per questo motivo, centinaia
di migliaia di italiani, sentirono come loro dovere rispondere «no» alle lusinghe del fascismo.
Quella degli Imi, è una storia rimasta a lungo nascosta, quasi dimenticata, considerata, alle volte,
come una Resistenza di second’ordine rispetto a quella che si combattè in Italia. Il volume di
Alessandro Natta, restituisce agli ex internati la voce per raccontare la loro dolorosa, dignitosa, ma
soprattutto libera, scelta di resistere nell’allucinante arcipelago dei lager nazisti.
Michele Bellelli
Luca Baldissarra, Myriam Bergamaschi, Antonio Canovi, Alberto De Bernardi, Adolfo Pepe, (a
cura di), Un territorio e la grande storia del ‘900, il conflitto, il sindacato e Reggio Emilia. Dal
secondo dopoguerra ai primi anni ’70, Ediesse, Roma 2002, € 25.
Il sindacato è in Italia l’unica istituzione, tra quelle chiamate alla rappresentanza sociale e politica,
che abbia attraversato tutto il Novecento ed abbia assistito alla transizione dall’economia
agricolo–manifatturiera a quella industriale, a quella contemporanea. Riguardo a ciò si può parlare di
una «lunga durata», in cui il sindacalismo ha rivestito un ruolo fondamentale nelle vicende politiche,
dal consolidamento dello Stato–nazione al sostegno della democrazia. La nascita delle Camere del
Lavoro ha contribuito alla definizione delle diverse aree territoriali e, attraverso le strutture federali,
della stessa identità nazionale. La longevità del sindacato si spiega con il forte radicamento nel
mondo, complesso e stratificato, del lavoro. È un radicamento basato sulla originalità del sindacato
italiano, affermatosi su più livelli (orizzontale–territoriale, verticale–professionale, confederale–politico). Accanto alla pluralità della rappresentanza è sorta una universalità di ideali e di obiettivi politici. All’interno del «Laboratorio 2001» per le celebrazioni del centenario della locale Camera del
Lavoro, si è tenuto nel giugno scorso a Reggio Emilia un convegno, i cui risultati sono raccolti in due
tomi sotto il titolo Un territorio e la grande storia del ‘900, il conflitto, il sindacato e Reggio Emilia.
Qui ci occupiamo del secondo volume, Dal secondo dopoguerra ai primi anni ’70, già pubblicato a
cura di Luca Baldissarra, Myriam Bergamaschi, Antonio Canovi, Alberto De Bernardi, Adolfo Pepe,
mentre a breve uscirà per gli stessi tipi il resoconto degli interventi riguardanti il periodo che va dalle
origini all’avvento e consolidamento del fascismo. «Nel complesso, dunque, le ricerche hanno seguito principalmente due direttrici, tra loro complementari: la storia del sindacato e la storia del territorio. Ne è emerso un quadro articolato in cui spicca la caratteristica del “modello” reggiano, già delineatasi all’inizio del Novecento, costituita dallo stretto intreccio che si crea tra cooperazione, mutualismo, municipalismo e riformismo sindacale e politico … D’altro canto le vicende della Camera del
Lavoro e del movimento operaio di Reggio Emilia, hanno avuto, sin dall’inizio del secolo, una evidenza “esemplare” per la stessa costruzione della dimensione nazionale del sindacato confederale».
Oltre alla doppia continuità, cronologica e geografica, esiste ovviamente una peculiarità reggiana
(oltre che emiliana). La zona di Reggio Emilia ha conosciuto un forte legame tra sindacato, amministrazioni pubbliche e partiti di sinistra. Soprattutto in alcuni momenti la Cgil acquisì il ruolo di «attore politico decisivo». Questo dato, associato alla struttura economica del territorio, con piccole e
medie imprese, diede ai conflitti un carattere di «diversità», senza però togliere loro asprezza. Le
ricerche hanno coinvolto studiosi reggiani, ma anche rappresentanti del mondo accademico italiano.
Quattro le linee tematiche seguite: le vicende delle Officine Meccaniche Reggiane, i fatti del luglio
1960, la stagione dei conflitti sociali tra ’68 e ’73 ed infine il ruolo delle donne lavoratrici dal ’45 al
’70. Partiamo dalla lotta alle «Reggiane». Erano gli anni del «centrismo» e l’Italia viveva un periodo
carico di conflitti e attraversava un processo di consolidamento della democrazia postfascista. Reggio
era scossa da una radicale trasformazione economico-sociale e da una profonda crisi economica, di
cui le «Reggiane» risentivano grandemente: in sei anni, a partire dal 1945, si ebbe la smobilitazione
della fabbrica. Nel biennio ’50-51, davanti alla prospettiva di migliaia di licenziamenti, gli operai
scelsero la lotta con una occupazione durata più di un anno. La protesta si concluse con una sconfitta.
Ciò nonostante, quell’episodio può essere considerato come uno dei momenti fondanti di una identità
194
di classe nella provincia. Le «Reggiane» divennero un «crocevia per la modernizzazione» e la sconfitta sindacale si trasformò in una vittoria politica. La città riconobbe in quegli operai una «avanguardia» e li sostenne, non esclusi gli amministratori pubblici. La comunità si identificò con la fabbrica e
grande fu il peso di quegli eventi sulla memoria collettiva. I fatti del luglio ’60 presentano un incrociarsi di significati locali e nazionali. Come a Genova, a Roma e in Sicilia, anche a Reggio le manifestazioni antifasciste contro il governo Tambroni fecero emergere una volta di più il fatto che il sindacato, oltre le battaglie economico-rivendicative, sostenesse quelle per la difesa della democrazia. Il
decennio 1951-1961 fu segnato dalla modernizzazione, ma anche da forti tensioni sociali, di cui protagonisti furono i giovani. Questi erano più permeabili dalla nuova cultura della televisione e dei consumi, tutti fattori che facevano alternare al conflitto la ricerca di una inclusione nelle tradizioni politiche e sociali giunte agli anni ’50. Sempre i giovani entrarono nel vasto fenomeno di mobilitazione
collettiva nel periodo delle grandi lotte sociali tra il ’68 ed il ’73. Furono gli anni alla fine della
«grande trasformazione», contraddistinta dal boom economico e dal fordismo, ma anche da resistenze del mondo del lavoro ad inserirsi nella società consumistica. Accanto alla contestazione studentesca, la fabbrica divenne un luogo di rivolta. Il «miracolo economico» toccò anche Reggio, senza però
sconvolgere il tessuto sociale ed urbano. La sinistra politica e sindacale uscì rafforzata da quel periodo. Si affermò in particolare l’idea di una democrazia attiva e di una stretta interdipendenza fra rappresentanti e rappresentati. Se si aprirono nuovi spazi politici, nuove forme di azione al di fuori delle
tradizionali organizzazioni politiche e si assisté ad una radicalizzazione del clima politico e delle lotte
sindacali, non si può però enfatizzare lo «spontaneismo» in contrapposizione alla presunta staticità
dei vertici. Veniamo infine alla parte dedicata alla collocazione delle donne nell’ambito della politica
rivendicativa del sindacato. Dopo la fine della guerra molte donne vennero espulse dai luoghi di lavoro, per far posto ai reduci, ma anche perché venivano considerate «estranee» rispetto alla classe operaia vera e propria. Le donne erano viste mogli e madri, secondo un indirizzo ideologico cui non si
sottrassero per lungo tempo il Pci e lo stesso sindacato. Comunque la Cgil non venne mai meno ai
principi della parità salariale e della tutela. Negli anni ’60 il lavoro delle donne non poteva più essere
visto come un fatto occasionale. Le leggi sulle scuole materne statali e sugli asili comunali furono
alcuni tra i passi più significativi per uno Stato sociale che prescindesse dalla collocazione della
donna nella sola sfera familiare. A Reggio gli enti locali, il sindacato, l’Unione donne italiane (Udi)
contribuirono a stabilire criteri certi di rappresentanza e di tutela, specie per la maternità. L’attenzione
fu rivolta dapprima alla parità di accesso all’istruzione e all’assistenza all’infanzia (asili, colonie estive); in seguito alla protezione della salute ed alla eliminazione di ogni discriminazione di genere.
Spettava ora all’organizzazione del lavoro adeguarsi al soggetto femminile.
Francesco Paolella
Carlo Dionisotti, Un professore a Londra. Studi su Antonio Panizzi, Interlinea, Novara 2002.
Nei tempi grami di una riscrittura semiufficiale della storia che – dopo aver aggredito Rivoluzione
francese e Resistenza – sembra puntare i suoi nostalgici strali contro lo stesso Risorgimento, molto
opportunamente la Provincia di Reggio Emilia ha promosso l’edizione di questo prezioso volumetto
dedicato al grande brescellese, giovanissimo esule carbonaro in Inghilterra e là divenuto personaggio
di primo piano nell’organizzazione della cultura grazie al duro lavoro, al pieno dominio dell’inglese
parlato e scritto, alla straordinaria conversione dagli studi giuridici a quelli letterari e soprattutto,
come fa notare Carlo Dionisotti, alla decisione di «vivere una nuova vita e [di] fare dell’esilio un
espatrio». Tuttavia, prima professore di letteratura italiana all’università di Londra, assurto poi alla –
allora ben più importante – funzione di direttore della biblioteca del British Museum, insomma fattosi cittadino inglese a tutti gli effetti ed eminente personaggio istituzionale nell’Inghilterra vittoriana,
Panizzi continuò a mantenere fede, con la continua attenzione ed anche col fattivo impegno, agli
ideali risorgimentali che gli erano costati la condanna a morte, in quanto liberale e cospiratore, da
195
parte dei tribunali del «microscopico» duca di Modena, Francesco IV d’Este.
Nei due saggi dedicati rispettivamente a Panizzi esule e a Panizzi professore Carlo Dionisotti, indiscusso maestro nel situare testi e personaggi nei contesti geografici e storici, evoca, a maggior risalto
della figura del brescellese, tutto un mondo di esuli politici italiani delle varie ondate (dalla postnapoleonica a quelle seguite ai diversi moti antiassolutisti ed antiaustriaci). Soprattutto – essendo a sua
volta «professore a Londra» appunto nella cattedra di letteratura italiana inaugurata da Panizzi – il
compianto studioso traccia da par suo un penetrante quadro del mondo politico e culturale inglese,
indispensabile per comprendere il ruolo ricopertovi dal «principe dei bibliotecari».
Giuseppe Anceschi, che Dionisotti aveva in conto di confidente amico (come dimostrano le interessanti Lettere londinesi pubblicate da Olschki), completa il profilo panizziano con un’approfondita
analisi del rapporto fra i due «professori a Londra», e cura le informatissime annotazioni. Possiamo
perciò tranquillamente considerarlo un vero e proprio coautore dell’opera e giudicare la consueta formula «a cura di», in questo caso, una pura manifestazione di understatement, probabile conseguenza
del carattere «inglese» dell’argomento. (e. b.)
196
Ultime acquisizioni
della biblioteca di Istoreco
A. ALINOVI (a cura), Il secolo breve di Mario Palermo, Arti Grafiche Boccia, Salerno
2001.
L. BALDISSARRA, M. BERGAMASCHI, A. CANOVI, A. DE BERNARDI, A. PEPE (a
cura), Un territorio e la grande storia del’900: il conflitto, il sindacato e Reggio Emilia.2:
dal secondo dopoguerra ai primi anni ’70, Ediesse, Roma 2002.
G. L. BALESTRA, La formazione degli Ufficiali nell’Accademia Militare di Modena
(1895-1939), Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma 2000.
L. BERARDO, “Contro minacce o promesse”: la Camera del Lavoro di Cuneo 1902-2001,
CGIL – Cuneo, 2002.
L. BERTUCCELLI, C. FINETTI, M. MINARDI, A. OSTI GUERRAZZI, Un secolo di sindacato: la Camera del Lavoro a Modena nel Novecento, Ediesse, Roma 2001.
B. BIANCHI (a cura), Deportazione e memorie femminili (1899-1953), Unicopli, Milano
2002.
B. BIANCHI, A. LOTTO (a cura), Lavoro ed emigrazione minorile dall’Unità alla Grande
Guerra, Ateneo Veneto, Venezia 2002.
M. CALANDRI (a cura), Boves: storie di guerre e di pace, Primalpe, Cuneo 2002.
E. CECCHINI, Tecnologia e Arte militare, Uff icio Storico dello Stato Maggiore
dell’Esercito, Roma 1997.
P. CEOLA, Il labirinto: saggi sulla guerra contemporanea, Liguori, Napoli 2002.
C. CERESA, D. PESENTI COMPAGNONI (a cura), Nero su bianco: i fondi archivistici del
Museo Nazionale del Cinema, Lindau, Torino 2001.
A. CHIUSANO, M. SAPORITI, Palloni, dirigibili ed aerei del Regio Esercito 1884-1923,
Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma 1998.
V. DE GRAZIA, S. LUZZATTO (a cura), Dizionario del fascismo.1: A-K, Einaudi, Torino
2002.
N. DELLA VOLPE (a cura), Quinto Cenni: Piemonte 1814-1860 (album n° 2), Ufficio
Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma 2002.
G. DE LUCA, Le società quotate alla Borsa Valori di Milano dal 1861 al 2000, Scheiwiller,
Milano 2002.
A. DI NUCCIO, La va a pochi!…: diario di un prigioniero italiano nei Lager tedeschi,
Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002.
F. DOLCI (a cura), Economia e Società in Lombardia 1870-1899: gli opuscoli minori nella
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, FrancoAngeli, Milano 1995.
N. FASANO, M. RENOSIO (a cura), I giovani e la politica: il lungo ’68, EGA, Torino
2002.
V. GARBESI, N. GALASSI, Di là dal ponte, Cooperativa A. Marabini, Faenza 2002.
G. GAUDENZI, Ettore Tulli e la Banda Pisacane: una famiglia antifascista bergamasca,
197
Zadig, Bergamo 2002.
N. LABANCA (a cura), Un nodo: immagini e documenti sulla repressione coloniale italiana in Libia, Lacaita, Manduria Bari Roma 2002.
A. MANESSO (a cura), La Grande Guerra nel Trevigiano: dossier didattico, ed. della
Provincia di Treviso, 2002.
F. MANFREDI, Da Sacco a Sacco: 1939, 40, 41, 42, 43, 44, 1945, Osiride, Rovereto 2001.
I. MURACA, Resistenza e Guerra di Liberazione, Manfredi, Roma 2001.
A. OSTI GUERRAZZI, C. SILINGARDI, Storia del sindacato a Modena: 1880-1980,
Ediesse, Roma 2002.
D. PAOLINI, T. SEPPILI, A. SORBINI, Migrazioni e culture alimentari, Editoriale Umbra,
Foligno 2002.
M. G. PASQUALINI, Il Levante, il Vicino e il Medio Oriente (1890-1939): le fonti archivistiche dell’Ufficio Storico, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma 1999.
F. RUSSO, Tormenta: venti secoli di artiglieria meccanica, Ufficio Storico dello Stato
Maggiore dell’Esercito, Roma 2002.
S. SPREAFICO, I cattolici reggiani dallo stato totalitario alla democrazia: la Resistenza
come problema.3: dal collateralismo conflittuale al riscatto cruento: quale sacerdozio?,
Tecnograf, Reggio Emilia 2001.
198
Finito di stampare
nel mese di dicembre 2002
da Grafitalia - Reggio Emilia
Scarica

RS n. 94 ricerche storiche