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Giovani, carine e bugiarde.
Incredibili.
Sara Shepard
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Questo è un lavoro di traduzione amatoriale, frutto di impegno e passione, ma da
prendersi come tale. Privo di qualunque fine di lucro, non finalizzato alla messa in
commercio, non vuole violare alcun diritto dell’opera originale, tanto meno
dell’autrice. Dunque non garantiamo un’attendibilità massima, ci siamo presi delle
piccole libertà nell’esprimere il testo in italiano, volevamo solo mettere il nostro
lavoro a disposizione di chiunque possa esservi interessato, senza pretese. Abbiamo
fatto del nostro meglio, speriamo di esserci riusciti.
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4
A Lanie, Les, Josh, and Sara
Nessuno può indossare troppo a lungo una maschera.
LUCIUS ANNAEUS SENECA
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COME SI SALVA UNA VITA
traduzione a cura di Dossier Pretty Little Liars (ita)
Hai mai desiderato poter tornare indietro nel tempo e cancellare i tuoi errori? Se solo non avessi
dipinto quel volto da pagliaccio sulla bambola Bratz che la tua migliore amica aveva ricevuto per il
suo ottavo compleanno, lei non ti avrebbe abbandonata per la nuova ragazza di Boston. E in terza
media, non avresti mai saltato gli allenamenti di calcio per andare in spiaggia con gli amici, se
avessi saputo che il coach ti avrebbe lasciata in panchina per il resto della stagione. Se solo non
avessi fatto delle scelte sbagliate, forse la tua ex-migliore amica ti avrebbe riservato quel posto in
prima fila per la sfilata di moda di Marc Jacobs. O forse avresti giocato come portiere per la squadra
nazionale di calcio femminile, a quest’ora, con un contratto per la Nike e una casa al mare a Nizza.
Potresti essere su uno yacht in giro per il Mediterraneo invece di stare nella classe di geografia,
cercando di trovare il tuo posto su una cartina geografica. A Rosewood, fantasticare sui propri
rimpianti è un destino comune tanto quanto è diffuso che le ragazze che ricevano dei ciondoli a
forma di cuore della Tiffany per il loro tredicesimo compleanno.
E quattro ex migliori amiche, ora farebbero di tutto per tornare indietro nel tempo e fare la cosa
giusta.. Ma che cosa accadrebbe se davvero potessero tornare indietro? Sarebbero in grado di
mantenere in vita la loro quinta miglior amica ... o quella tragedia fa inesorabilmente parte del loro
destino? A volte il passato contiene più domande che risposte. E a Rosewood, nulla è mai ciò che
sembra.
"Impazzirà quando glielo dirò," disse Spencer Hastings alle sua migliori amiche Hanna Marin,
Emily Fields e Aria Montgomery. Si raddrizzò il colletto della sua maglia verde acqua e suonò il
campanello della casa di Alison DiLaurentis.
"Perché devi dirglielo?" chiese Hanna, mentre saltellava dal portico sul marciapiede e poi viceversa.
Da quando Alison, la quinta delle sue migliori amiche, le aveva detto che solo le ragazze che
praticano del movimento dimagriscono, Hanna aveva iniziato a fare un sacco di movimento extra.
"Forse dovremmo dirglielo insieme, contemporaneamente," suggerì Aria, mentre provava a grattar
via quel finto tatuaggio a forma di libellula che aveva incollato dietro al collo.
"Sarebbe divertente". Emily portò i suoi capelli biondo rame, dal taglio scalato, dietro le orecchie.
"Potremmo improvvisare anche una coreografia e dire, 'Ta-da!' alla fine. "
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"Assolutamente no". Spencer raddrizzò le spalle. "E ' il mio granaio – devo dirglielo io." Suonò il
campanello dei DiLaurentis di nuovo.
Mentre aspettavano, le ragazze udirono il cigolio della porta accanto, il rumore dei tagliaerba dei
giardinieri al lavoro a casa di Spencer e il thwock-thwock dei gemelli Fairfield che giocavano a
tennis nel loro campo da cortile due case più in la. L’aria profumava di lillà, erba falciata, e crema
solare Neutrogena. Era uno di quei tipici momenti idilliaci a Rosewood in cui tutto ciò che riguarda
la città sembrava delizioso, compresi i suoi suoni, gli odori, e gli abitanti.
Le ragazze avevano vissuto a Rosewood per quasi tutta la loro vita, e si sentivano fortunate a far
parte di un posto così speciale.
Amavano le favolose estati a Rosewood più di ogni cosa. L’indomani mattina, dopo aver trascorso
il loro ultimo giorno di scuola al Rosewood Day, l’istituto che tutte loro frequentavano, avrebbero
preso parte alla cerimonia annuale del diploma. Uno dopo l'altro, il preside Appleton avrebbe
chiamato per nome di ogni studente, dall’asilo fino alla scuola superiore, e ogni studente avrebbe
ricevuto una targa dorata – quella delle ragazze aveva la forma di una gardenia, mentre quella dei
ragazzi, di un ferro di cavallo. Dopo di che, sarebbero stati lasciati a dieci gloriose settimane di
abbronzatura, grigliate, gite in barca ed escursioni, shopping a Philadelphia e New York.
Non vedevano l'ora.
Ma la cerimonia del diploma non era il vero rito di passaggio per Ali, Aria, Spencer, Emily e
Hanna. L'estate non sarebbe davvero iniziata per loro fino a all’indomani sera, al termine del loro
pigiama party. E le ragazze avevano una sorpresa per Ali, che stava andando a trascorrere questa
estate speciale fuori città.
Quando la porta principale di casa DiLaurentis finalmente si spalancò, apparve davanti a loro la
signora DiLaurentis, con indosso un abito corto color rosa pallido, che metteva in mostra i suoi
lunghi, muscolosi, polpacci abbronzati.
"Salve, ragazze", disse freddamente.
"E ' qui Ali?" chiese Spencer.
"E ' di sopra, mi sembra." La signora DiLaurentis fece strada. "Andate pure."
Spencer guidò il gruppo attraverso la sala, oscillando nella sua gonnellina a pieghe bianca da
hockey su prato, mentre la sua treccia color biondo cenere rimbalzava contro il centro della sua
schiena. Le ragazze amavano il fatto che la casa di Ali profumasse di vaniglia ed ammorbidente,
proprio come Ali. Fotografie dei viaggi passati dei DiLaurentis a Parigi, Lisbona, e sul Lago di
Como appese lungo le pareti. C'erano un sacco di foto di Ali e suo fratello, Jason, dei tempi della
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scuola elementare. Alle ragazze piaceva soprattutto quell’immagine di Ali in seconda elementare.
Ali indossava un cardigan rosa acceso che faceva risaltare la luminosità del suo viso. Allora, la
famiglia di Ali viveva nel Connecticut, e nella vecchia scuola privata che frequentava Ali non era
obbligatorio indossare quel soffocante blazer blu per le foto dell’annuario come era d’obbligo al
Rosewood Day, invece. Anche quando aveva solo otto anni, Ali era irresistibilmente carina - aveva
degli occhi azzurro chiarissimo, un viso a forma di cuore, quelle adorabili fossette, e un’espressione
così ammiccante, che rendeva a tutti impossibile rimanere arrabbiati con lei.
Spencer toccò, in fondo, sulla destra, la loro foto preferita, quella di loro cinque in campeggio a
Poconos il luglio precedente. Erano tutte e cinque in piedi accanto a una canoa gigante, bagnate
dell’acqua del lago in cui avevano navigato, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro,
felice come solo cinque dodicenni potevano essere. Aria mise una mano sulla spalla di Spencer,
Emily mise la mano sopra quella di Aria e Hanna poggiò la sua mano, a sua volta, su di lei.
Chiusero i loro occhi per una frazione di secondo, e poi si separarono. Le ragazze avevano preso
quest’abitudine di toccare la prima immagine che incontravano salendo verso la stanza di Ali, in
ricordo della loro prima estate come migliori amiche. Non potevano credere che Ali, la ragazza più
popolare del Rosewood Day, avesse accolto loro quattro nella sua cerchia.
Mentre attraversavano il soggiorno, notarono due toghe per il diploma appese al pomello di una
porta francese. Quella bianca era di Ali, e quella più simile al quella di un ufficiale della marina era
di Jason, che sarebbe andato a Yale in autunno.
Proprio in quel momento, notarono un movimento in salotto. Jason era seduto sul divanetto in pelle,
con lo sguardo fisso a sulla CNN.
"Heeyyy, Jason," lo chiamò Spencer, agitando la mano in segno di saluto. "Sei eccitato per
domani?"
Jason le guardò. Era la versione “hot boy “di Ali, con i capelli biondi e quegli occhi azzurri in grado
di farti sciogliere.
Lui sorrise e tornò alla sua televisione senza dire una parola.
"Oh-Kaay," mormorarono le ragazze all'unisono. Jason era un ragazzo esilarante, nonchè colui che
aveva inventato il gioco del "non è" con i suoi amici. Le ragazze lo avevano preso in prestito e lo
avevano reinventato per le proprie esigenze, che per lo più significava prendere in giro le ragazze
nerd in loro presenza. Ali invece, per i suoi stati d’animo al limite della depressione, lo aveva
soprannominato Elliott Smith, come il cupo cantautore che tanto piaceva a lui. Jason probabilmente
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non aveva alcun motivo per essere nervoso, dal momento che l’indomani, a quell'ora, si sarebbe
trovato su un aereo per la Costa Rica, dove avrebbe praticato kayak per tutta l'estate.
"Come vuoi..." Aria si strinse nelle spalle. Le quattro ragazze si voltarono e si diressero su per le
scale nella stanza di Ali. Quando raggiunsero il pianerottolo, notarono che la porta della camera di
Ali era chiusa. Spencer si accigliò. Emily inclinò la testa.
All'interno della stanza, Ali si lasciò sfuggire una risatina.
Hanna spinse delicatamente la porta aperta. Ali dava loro le spalle. Aveva i capelli raccolti in una
coda di cavallo alta, e aveva legato il suo top a righe di seta in un perfetto fiocco sul suo collo.
Fissava il suo notebook, che teneva aperto in grembo, completamente rapita da quello che stava
guardando..
Spencer si schiarì la gola, e Ali si girò di scatto, spaventata. "Ragazze, ciao!" Gridò. "Che c'è?"
"Nulla." Hanna indicò il notebook che Ali teneva in grembo. "Che cos'è?"
Ali chiuse notebook. "Oh. Niente. "
Le ragazze sentirono una presenza dietro di loro. La signora DiLaurentis si fece largo nella stanza
da letto di Ali. "Dobbiamo parlare ", disse ad Ali, con voce rotta.
"Ma, mamma ..." protestò Ali.
"Ora".
Le ragazze si scambiarono un'occhiata. Quello era il tono del “sei-nei-guai” della signora
DiLaurentis. Non si sentiva così spesso.
La madre di Ali si rivolse alle ragazze. "Perché voi ragazze non aspettare nel portico?"
"Ci vorrà solo un secondo", disse Ali in fretta, esibendo loro un sorriso di circostanza. "Vi
raggiungo tra un po’."
Hanna si fermò, confusa. Spencer strizzò gli occhi, cercando di vedere quale notebook Ali aveva in
mano. La signora DiLaurentis alzò un sopracciglio. "Andiamo, ragazze.".
Le quattro deglutirono a fatica e scesero giù per le scale. Una volta sul portico di Ali, si sedettero ai
loro soliti posti intorno all’enorme tavolo quadrato del patio, ovvero Spencer a una estremità, e
Aria, Emily, Hanna e ai lati. Ali di solito si sedeva alla testa del tavolo, accanto a suo padre. Per un
momento, le quattro ragazze rimasero a guardare mentre un paio di cardellini si abbeveravano in
un pozzanghera d’acqua fredda e chiara. Quando un passerotto aveva ha cercato di unirsi a loro, i
cardellini avevano gracchiato e rapidamente erano volati via.
"E 'stato strano al piano di sopra," sussurrò Aria.
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"Pensate che Ali sia nei guai?" disse Hanna. "E se lei fosse in punizione e non potesse venire al
pigiama party? "
"Perché dovrebbe essere nei guai? Lei non ha fatto niente di male », sussurrò Emily, che non
apprezzava il fatto che le altre chiamassero Ali “l’assassina”, e la difendeva per questo, come se
fosse il suo pit bull personale.
"Per nulla che noi sappiamo," Spencer mormorò sottovoce.
Proprio in quel momento, la signora DiLaurentis spuntò della porta del patio e scese in giardino.
"Voglio assicurarmi che abbia le giuste dimensioni ", urlò agli operai che stavano appollaiati
pigramente su un bulldozer enorme sul retro della proprietà. I DiLaurentis stavano costruendo un
gazebo per una ventina di persone per le loro feste estive, e Ali aveva detto che la sua mamma era
impegnata in prima fila per controllare che tutto procedesse per il meglio, anche se stavano appena
iniziando a scavare. La signora DiLaurentis si avvicinò ai lavoratori e ha iniziò a rimproverali. La
sua fede nuziale intarsiata di diamanti, brillava al sole mentre agitava le braccia freneticamente. Le
ragazze si scambiarono uno sguardo eloquente, sembrava chiaro da chi Ali avesse imparato a
comportarsi in modo autoritario.
"Ragazze?"
Ali era in piedi sul portico. Si era cambiata la camicetta. C'era uno sguardo perplesso sul suo viso.
"Uh ... ciao..", sembrava dire. Spencer si alzò in piedi. “Che diavolo è successo?"
Ali sbatté le palpebre. I suoi occhi guizzavano avanti e indietro.
"Ti sei messa come sempre nei guai senza di noi?" Aria gridò, cercando di mimare un tono
sarcastico. "E perche ti sei cambiata? La camicetta che avevi era così carina. "
Ali sembrava ancora agitata ... e quasi sconvolta. Emily si alzò per andarle incontro. "Vuoi che ce
ne ... andiamo?" La sua voce tradiva l'incertezza di quelle parole. Tutte le altre guardarono
nervosamente Ali - era davvero quello che voleva?
Ali torse il braccialetto blu che portava intorno al polso per tre giri completi. Fece un passo sul patio
e si sedette al suo solito posto. "Certo che non voglio che voi ve ne andiate. Mia mamma era
arrabbiata con me perché io ... ho lavato i capi da hockey con i suoi delicati, di nuovo. " Rivolse
loro una scrollata di spalle, quasi fosse imbarazzata, e alzò gli occhi.
Emily sporse il labbro inferiore. "Si è arrabbiata con te per questo?"
Ali alzò le sopracciglia. "Sai Em, è mia madre. Lei è più noiosa di Spencer. "Ridacchiò.
Spencer fissò Ali, mentre Emily corse il pollice lungo una delle scanalature del tavolo del patio.
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"Ma non vi preoccupate, ragazze, non sono in punizione, o altro." Ali strinse i palmi delle mani. "Il
nostro stravagante pigiama party può procedere come previsto! "
Le quattro tirarono un sospiro di sollievo, e l'umore inquieto cominciò ad acquietarsi. Solo, tutte
loro avevano la strana sensazione che Ali non stesse dicendo loro tutto, e di certo non sarebbe stata
quella la prima volta. Un minuto prima, Ali era la loro migliore amica, e quello dopo, prendeva le
distanze, faceva telefonate misteriose e inviava messaggi di testo segreti. Non avrebbero dovuto
condividere tutto? Le altre ragazze certamente condividevano abbastanza di loro stesse, avrebbe
vero dovuto conoscere anche loro quei segreti di Ali che nessuno, assolutamente nessuno, sapeva.
E, al contrario, così era stato con il grande segreto che tutte loro avevano condiviso su Jenna
Cavanaugh, quello che avevano giurato di portare sino alla tomba.
"Parlando del nostro party, ho una grande notizia," disse Spencer, rompendo quel momento di
silenzio. "Indovina dove lo faremo?"
"Dove?" Ali si sporse in avanti sui gomiti, sembrando lentamente ritornare ad essere quella di
sempre.
"Nel granaio di Melissa!" gridò Spencer. Melissa era la sorella maggiore di Spencer, e il signor e la
signora Hastings avevano ristrutturato il fienile nel cortile della famiglia e permesso a Melissa di
usarlo come suo personale pied-à-terre quando sera più piccola, durante gli anni del liceo. Spencer
avrebbe ottenuto lo stesso privilegio, una volta raggiunta anche lei quell’età.
"Magnifico" Ali esultò. "E come mai?"
"Volerà a Praga domani sera dopo il diploma," rispose Spencer. "I miei genitori hanno detto che
potremo usarlo, a patto di riordinarlo per bene prima che lei torni. "
"Bene." Ali si appoggiò allo schienale e incrociò le mani. Improvvisamente, i suoi occhi rimasero
fissi su qualcosa di po’ più a sinistra dei lavoratori. Era proprio Melissa, che camminava nel cortile
confinante con glii Hastingses ', sempre nella sua postura rigida e corretta. Portava il suo abito per
la cerimonia bianco su una gruccia che teneva in mano, e indossava la toga blu della sua scuola
sulle spalle.
Spencer si lasciò sfuggire un gemito. "E così odiosa per via di questa faccenda del miglior
diplomando”, sussurrò.
"Mi ha anche detto che sarà soddisfatta quando Andrew Campbell probabilmente prenderà quel
titolo di miglior diplomando della scuola al mio posto, perché sarebbe 'una responsabilità enorme'
per me".
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Spencer e sua sorella si odiavano, e Spencer aveva una nuova storia sulla stronzaggine di Melissa
quasi ogni giorno.
Ali si alzò in piedi. "Ehi! Melissa! " Iniziando ad ondeggiare.
Melissa si fermò e si voltò. "Oh. Ehi, ragazze. " Sorrise a mezza bocca.
"Entusiasta di andare a Praga?" Ali rivolse il suo luminoso sorriso a Melissa.
Melissa inclinò leggermente la testa. "Certo."
"Verrà anche Ian?" Ian era lo stupendo fidanzato di Melissa. Il solo pensiero di lui, faceva svenire
tutte ragazze.
Spencer strinse con le unghie il braccio di Ali. "Ali". Ma Ali tirò allontanò il braccio.
Melissa si riparò gli occhi dalla accecante luce del sole. La toga blu svolazzava nel vento. "No. Lui
non verrà."
"Oh!" Ali sospirò. "Sei sicura che sia una buona idea, lasciarlo qui tutto solo per due settimane?
Potrebbe prenderselo un'altra ragazza! "
"Alison," disse Spencer tra i denti. "Smettila. Ora. "
"Spencer?" Sussurrò Emily. "Cosa sta succedendo?"
"Niente," disse Spencer in fretta. Aria, Emily e Hanna si guardarono l'un l'altra di nuovo.
Melissa raddrizzò il mantello intorno al collo, raddrizzò le spalle, e si voltò. Guardò a lungo e in
modo intenso il gigantesco buco nel cortile DiLaurentis, poi entrò nel granaio, sbattendo la porta
dietro di sé così forte che ha fece piegare all’indietro il ramoscello sul retro della porta.
"Qualcosa deve renderla particolarmente nervosa", disse Ali. "Stavo solo scherzando, dopo tutto."
Spencer deglutì rumorosamente, e Ali iniziò a ridacchiare. Aveva un sorriso soddisfatto sul suo
volto. Era lo stesso sorriso che Ali sfoggiava loro ogni veniva a conoscenza di un nuovo segreto su
una di loro, e che avrebbe potuto spifferare a chiunque se avesse voluto.
"In ogni caso, chi se ne frega?" Ali guardò ognuno di loro, con gli occhi luminosi. "Sapete una cosa,
ragazze?" Tamburellava con le dita sul tavolo, tutta eccitata. " Penso che questa sarà l'estate di Ali.
L'estate di tutte noi. Me lo sento. Non sembra anche a voi? "
Si sentirono stordite per un attimo. Sembrava come se una nuvola di umidità stesse sospesa sopra di
loro, e appannasse i loro pensieri. Ma lentamente, le nuvole sbiadirono e un'idea chiara si fece largo
nelle loro menti. Forse Ali aveva ragione. Quella sarebbe potuta essere la migliore estate della loro
vita. Si sarebbe potuta evolvere così la loro amicizia divenire più forte di come era stata la scorsa
estate. Avrebbero potuto dimenticare tutte le cose spaventose, scandalose che erano accadute e
iniziare da capo.
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"Ne sono sicura anche io," disse Hanna ad alta voce.
"Lo sarà!," Aria ed Emily dissero all’unisono.
"Certo," disse Spencer piano.
Si afferrarono le mani e se le strinsero forte.
Piovve quella notte, una fitta, pioggia battente che riempì pozzanghere le strade private, allagò i
giardini, e ha creò tante piccole bacinelle sopra la copertura della piscina da nuoto degli Hastings.
Quando la pioggia si fermò, quella notte, Aria, Emily, Spencer e Hanna si alzarono e si sedettero sul
letto quasi nello stesso esatto momento. Un brutto presentimento le tormentava. Non sapevano se
fosse dovuto a qualcosa che avevano appena sognato, o all’entusiasmo per il giorno seguente. O
forse era dovuto a tutt'altro completamente ... qualcosa di molto più profondo.
Ognuna di loro si affacciò alla propria finestra sulla tranquilla Rosewood, sulle strade deserte della
cittadina. Le nuvole se ne erano andate e tutte le stelle erano uscite. Le strade brillavano per la
pioggia. Hanna fissava l’auto di sua madre, che era lì, solitaria, nel vialetto. Suo padre si era
trasferito ormai. Emily guardava nel suo cortile e nel bosco fitto al di là di esso. Non aveva mai
affrontato quei fantasmi che aveva sentito nei boschi che abitavano dentro di lei. Aria ascoltava i
rumori provenienti dalla camera da letto dei suoi genitori, chiedendosi se si fossero svegliati, o forse
stavano litigando di nuovo e non si erano ancora addormentati. Spencer guardava la veranda sul
retro dei DiLaurentis, poi il loro cortile, dove c’era l'enorme buco gli operai avevano scavato per la
costruzione del gazebo. La pioggia si era trasformata in fango. Spencer pensò a tutte le cose nella
sua vita che la facevano arrabbiare. Poi pensò a tutte le cose nella sua vita che voleva ottenere, e
tutte le cose che voleva cambiare. Frugò sotto il suo letto , e trovò la sua torcia rossa, così la fece
lampeggiare verso la finestra di Ali. Un lampo, due lampi, tre lampi. Questo era il loro codice
segreto per quando volevamo uscire di nascosto e parlare di persona.
Le parve di vedere la testa bionda di Ali seduto sul letto, ma Ali non rispose alla chiamata.
Tutte e quattro ricaddero sui loro cuscini, convincendosi che il quella sensazione non era nulla e
che avevano solo bisogno di dormire. Di lì a 24 ore, sarebbero giunte al termine del loro pigiama
party, la loro prima notte d'estate. L'estate che avrebbe cambiato tutto.
Come avevano ragione.
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1. LA FILOSOFIA ZEN A VOLTE E’ PIU’ POTENTE DI QUALUNQUE SPADA
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Aria Montgomery si svegliò di soprassalto, interrompendo il suo russare.
Era Domenica mattina, e lei stava rannicchiata su di una vecchia sedia in vinile azzurrognola della
sala d’attesa del Memorial Hospital di Rosewood.
Tutti la fissavano, i genitori di Hanna Marin, il Detective Wilden, la migliore amica di Hanna Mona
Vanderwaal e Lucas, un ragazzo della sua classe che aveva tutta l’aria di essere appena arrivato.
"Mi sono perso qualcosa?" chiese Aria.
Si sentiva la testa come un nido di animaletti di marshmallow Peeps.
Diede un occhiata all’orologio Zoloft appeso all’ingresso della sala d’attesa, faceva le otto e mezza.
Si era appisolata per quindici minuti appena.
Lucas prese posto accanto a lei e prese una copia della rivista Medical Supplies Today.
Stando alla copertina, parlava di tutti i più recenti modelli di borse per il drenaggio intestinale.
Chi diavolo metteva una rivista del genere nella sala d’attesa di un ospedale?
"Sono appena arrivato”, rispose. "Ho sentito dell’incidente al notiziario del mattino. Hai già visto
Hanna?”
Aria scosse la testa. "Ancora non ce la lasciano vedere."
Tra i due cadde un momento di silenzio.
Aria si mise a scrutare gli altri.
La signora Marin indossava un maglione in cachemire grigio stropicciato e un paio di jeans larghi.
Parlava con qualcuno nel suo piccolo auricolare Motorola, nonostante le infermiere avessero
proibito categoricamente l’uso dei telefoni.
Il Detective Wilden stava seduto accanto a lei, con il giubbotto del Dipartimento di Polizia
sbottonato fino a metà del petto, da cui si intravedeva una t-shirt bianca sfilacciata.
Il padre di Hanna stava accasciato sulla sedia più vicina alle grandi doppie porte d’ingresso del
reparto di terapia intensiva, tamburellando il piede sinistro.
In
un
vestito
rosa
pallido
di
Juicy
e
infradito,
Mona
Vanderwaal
sembrava
insolitamente spettinata, con il viso gonfio di pianto. Quando Mona alzò lo sguardo e vide Lucas,
gli tirò un occhiata infastidita, come a dire, “è solo per amici intimi e familiari. Cosa ci fai qui?”
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Aria non poteva certo prendersela con tutti per il suo essere irritabile. Era qui dalle 3:00 del mattino,
dopo che l’ambulanza era arrivata al parcheggio della scuola elementare Rosewood Day e aveva
trasportato Hanna all’ospedale.
Mona e gli altri erano arrivati mano a mano che la voce si era sparsa.
Le ultime notizie dai medici riguardavano il trasferimento in terapia intensiva. Ma questo tre ore
prima.
Aria non faceva altro che rivivere nella propria mente i dettagli raccapriccianti di quella notte.
Hanna l’aveva chiamata per dirle che sapeva chi fosse A, il tipo che aveva tormentato lei, Aria,
Emily e Spencer con i suoi messaggi diabolici nei mesi precedenti.
Non le aveva voluto dire niente per telefono, così aveva chiesto a lei ed Emily di incontrarsi alle
altalene della scuola elementare, il loro vecchio posto speciale.
Emily e Aria erano arrivate giusto in tempo per vedere un SUV nero travolgerla velocemente.
Mentre i paramedici accorsi sul posto le mettevano un collare cervicale e la sollevavano su di una
barella per portarla in ambulanza, Aria era rimasta come stordita.
Aveva anche provato a darsi un pizzicotto, senza provare alcun dolore.
Hanna era ancora viva, ma a malapena, e per miracolo.
Aveva lesioni interne, un braccio rotto, e contusioni ovunque. In più l’incidente le aveva causato un
trauma cranico e adesso era in coma.
Aria chiuse gli occhi, pronta a scoppiare di nuovo in lacrime da un momento all’altro.
La cosa più assurda era stato l’sms che lei ed Emily avevano ricevuto subito dopo l’incidente.
Sapeva troppo
-A
Cosa voleva dire? A sapeva cosa aveva scoperto Hanna, proprio come sapeva tutto, del resto, tutti i
loro segreti, o che fossero state lei, Ali, Spencer, Emily ed Hanna ad accecare Jenna Cavanaugh e
non il suo fratellastro Toby. Probabilmente sapeva anche chi aveva ucciso Ali.
Lucas le diede un colpetto al braccio.
“Eri lì quando quella macchina ha travolto Hanna, giusto? Hai visto chi è stato?”
Aria non conosceva Lucas molto bene.
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Era uno di quei ragazzi che s’interessano di tutte le attività scolastiche, membri di tutti i club
possibili e immaginabili, mentre lei era un tipo che si teneva decisamente in disparte rispetto alle
attività dei suoi coetanei lì a Rosewood.
Non sapeva che tipo di rapporto potesse avere con Hanna, ma trovava che fosse molto dolce che si
trovasse lì.
"Era troppo buio," mormorò lei. "E non hai idea di chi possa essere stato?"
Aria si mordicchiò il labbro inferiore.
Wilden e un altro paio di poliziotti di Rosewood erano intervenuti sul posto, quella notte, subito
dopo il messaggio di A.
Quando Wilden gli aveva chiesto cosa fosse successo, avevano insistito sul fatto di non aver visto il
conducente, né la marca del SUV. Avevano anche giurato che si trattava di un incidente, e di non
avere idea del perché qualcuno avrebbe dovuto far questo ad Hanna di proposito.
Forse era un errore nascondere le informazioni alla polizia, ma erano davvero terrorizzate da ciò che
A avrebbe avuto il serbo per loro, nel caso in cui avessero detto la verità.
A le aveva già minacciate prima, e Aria ed Emily avevano pagato le conseguenze per aver ignorato
i suoi avvertimenti.
Aveva inviato una lettera ad Ella, la madre di Aria, in cui svelava la relazione che il padre
intratteneva con una delle sue studentesse, rivelando anche come Aria ne fosse a conoscenza, ma
avesse tenuto il segreto.
Per quanto riguardava Emily, aveva detto a tutta la scuola della relazione che aveva con Maya, la
ragazza che era andata a vivere nella vecchia casa di Alison.
Aria guardò Lucas, e scosse la tesa.
La porta della terapia intensiva si spalancò, e il dottor Geist entrò nella sala d'attesa.
Con i suoi penetranti occhietti grigi, il naso spiovente e i capelli bianchi, assomigliava vagamente
ad Helmut, il tedesco proprietario della villetta a schiera che Aria e la sua famiglia avevano
affittato
a
Reykjavík,
in
Islanda.
Il
Dr.
Geist
fissava
tutti
proprio
come
Helmut aveva fatto con il fratello di Aria, Mike, quando aveva scoperto che Mike teneva Diddy, la
sua
tarantola addomesticata, in un vaso di terracotta che utilizzava per coltivare tulipani.
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I genitori di Hanna, nervosi, si alzarono e gli si avvicinarono.
“Vostra figlia è ancora incosciente” disse piano “La situazione è stabile. Le abbiamo sistemato il
braccio rotto e stiamo controllando la portata delle lesioni” "Quando possiamo vederla?", chiesero i
Marin.
"Presto," il Dott. Geist rispose. "Ma le sue condizioni sono ancora critiche."
Si voltò per andarsene, ma il signor Marin lo prese per un braccio. "Quando crede che si
sveglierà?".
Dr. Geist giocherellava con i suoi appunti. "Ha un ematoma al cervello, quindi è difficile per noi
stabilire esattamente l'entità del danno a questo punto. Potrebbe svegliarsi tranquillamente, così
come ci potrebbero essere complicazioni."
"Complicazioni?" La signora Marin impallidì.
"Ho sentito dire che le possibilità di recupero per le persone in coma diminuiscono, trascorso un
certo lasso di tempo ", disse la Marin nervosamente. "È vero?"
Dr. Geist si strofinò le mani sui camice blu. «È vero, sì, ma cerchiamo di non pensarci ,ok? "
Un mormorio attraversò la stanza. Mona scoppiò di nuovo in lacrime. Aria avrebbe voluto chiamare
Emily, ma a quest’ora si trovava già su un aereo per Des Moines, in Iowa, per ragioni che non le
aveva fatto in tempo a spiegare. Aveva solo detto che era colpa di A.
Poi c’era Spencer.
Prima di ricevere la chiamata di Hanna, Aria era giunta a delle ipotesi terrificanti che la
riguardavano, e averla vista rannicchiata nel bosco, con l’aspetto di un animale selvatico, subito
dopo l’incidente di Hanna, non aveva fatto altro che confermare i suoi peggiori sospetti.
La signora Marin prese la sua borsa oversize in pelle marrone da terra, distraendo Aria dai suoi
pensieri.
"Ho intenzione di andare a prendere un caffè," disse a bassa voce all’ex marito. Poi diede un bacio
sulla guancia al detective Wilden. Prima d’allora Aria non aveva mai sospettato che ci fosse
qualcosa tra i due. Poi, scomparve dirigendosi verso l’ascensore.
Il Detective si accasciò sulla sedia.
La settimana prima Wilden le aveva interrogate riguardo la scomparsa di Ali e la sua morte.
Durante il colloquio A aveva mandato un messaggio ad ognuna di loro, dicendo che se avessero
rivelato qualcosa inerente ai suoi sms, se ne sarebbero pentite amaramente.
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Ma non poter rivelare ciò che probabilmente A aveva fatto ad Hanna, non voleva dire che non
poteva parlargli dei timori che nutriva nei confronti di Spencer.
Posso parlarle? Fece segno a Wilden dall'altra parte della stanza. Lui annuì e si alzò.
Camminavano fuori dalla sala d'attesa, vicini ai distributori automatici di vivande.
Ce n’erano ben sei e offrivano una gamma non indifferente di bibite, piatti di vario genere, panini e
toast non meglio identificati, pasticci di carne, e ad Aria fecero venire in mente le cene che era
solito preparargli il padre, Byron, quando la madre, Ella, lavorava fino a tardi.
"Allora senti, se si tratta del tuo amichetto insegnante, lascia perdere." Wilden si sedette sulla panca
accanto al forno a microonde e le sorrise timidamente.
"Non lo abbiamo trattenuto. E, per la cronaca, lo abbiamo trattato bene. Non ci saranno
conseguenze se non verrà sporta denuncia, ma forse dovrei parlarne con i tuoi genitori”.
Aria arrossì. Naturalmente Wilden era a conoscenza di ciò che era successo la sera prima tra lei ed
Ezra Fitz, l’amore della sua vita, nonché suo insegnante di letteratura inglese.
Probabilmente al dipartimento si era sparsa la voce, dell’insegnante ventiduenne che aveva una
relazione con una studentessa minorenne, e di come fosse stato proprio il fidanzato della minore a
segnalarlo. Probabilmente erano stati oggetto dei pettegolezzi anche all’ Hooters, che si trovava
vicino alla stazione di polizia, tra alette croccanti, formaggio fritto e ragazze con grosse tette.
"Io non voglio sporgere denuncia," Aria farfugliò. "E, per favore, per favore non lo dica ai miei
genitori." L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era un’ulteriore discussione nella sua
famiglia disfunzionale. Aria spostò il suo peso da un piede all’altro. "Ad ogni modo, non è di
questo che voglio parlarle. Io ... Credo di sapere chi ucciso Alison. " Wilden alzò un sopracciglio.
"Ti ascolto".
Aria trasse un profondo respiro. "Prima di tutto, Ali si vedeva con Ian Thomas."
"Ian Thomas," ripetè lui ripetuto, sgranando gli occhi. "il ragazzo di Melissa Hastings?"
Aria annuì. "Ho notato qualcosa nel video trapelato alla stampa la scorsa settimana. Se si guarda
da vicino, si può vedere Ian e Ali sfiorarsi le mani” si schiarì la gola. " Anche Spencer Hastings
aveva una cotta per Ian, anche. Ali e Spencer erano sempre in competizione, e avevano litigato di
brutto la notte della scomparsa di Ali. Spencer era corsa fuori dal fienile subito dietro ad Ali, e non
ha fatto ritorno prima di buoni dieci minuti. " Wilden la guardò incredulo.
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Aria respirò profondamente. A le aveva inviato diversi indizi, per farle capire che l’assassino di Ali
era in realtà qualcuno di molto vicino, qualcuno che voleva qualcosa che Ali aveva, e che
conosceva bene il cortile. Con questi indizi, una volta scoperta la relazione tra Ian e Ali, Aria aveva
tirato le somme, e Spencer era l’unica risposta plausibile.
“Dopo un po’ sono andata a cercarle” disse “Non erano da nessuna parte…e … e io… ho questa
terribile sensazione riguardo a Spencer…”
Wilden si appoggiò allo schienale. “Spencer e Alison pesano all’incirca allo stesso modo, dico
bene?” Aria annuì. “ Si…credo di si…”
“E avrebbe potuto trascinarla fino al fosso e spingercela dentro secondo te?”
“Io… io non lo so” balbettò Aria. “Forse sto delirando?”
Wilden scosse la testa. Ad Aria si riempirono gli occhi di lacrime.
Ricordava quanto stranamente silenziosa fosse stata quella notte.
Ali era a poche centinaia di metri di distanza da loro, ma non avevano sentito nulla.
“Spencer inoltre avrebbe anche dovuto avere il tempo necessario per calmarsi e non destare sospetto
al suo ritorno” aggiunse Wilden “Ci vogliono grandi doti recitative per riuscirci, non credo che una
ragazza di seconda media possa riuscirci… Sono convinto che il colpevole fosse nelle vicinanze,
ma tutto ciò avrebbe richiesto molto più tempo”. Alzò il sopracciglio. “E’ questo che facevate alla
Rosewood Day ragazze? Accusarvi l’un l’altra d’omicidio?”
Aria fu sorpresa dal tono di rimprovero del detective. “E’…è solo che…”
“Spencer è un tipo competitivo, una leader vi tiene in pugno, ma non credo sia un assassina” la
interruppe Wilden. Poi le sorrise con tenerezza “Credimi, mi rendo conto di quanto debba essere
difficile per voi, volete scoprire a tutti i costi cosa sia successo alla vostra amica. Non sapevo che
Alison si vedesse di nascosto con il ragazzo di Melissa Hastings, però. Questo è interessante.
Wilden fece un cenno del capo, si alzò e si voltò verso il corridoio.
Aria rimase vicina ai distributori automatici, con gli occhi fissi sul pavimento in linoleum verde. Si
sentiva strana, disorientata e accaldata, come se fosse appena uscita da una sauna.
Probabilmente avrebbe dovuto vergognarsi per aver accusato una delle sue migliori amiche di
sempre. Le obiezioni che aveva sollevato il detective riguardo alla sua teoria avevano perfettamente
senso. Era stata sciocca a fidarsi degli indizi di A.
Un brivido le percorse la spina dorsale. Forse gliel’aveva inviati deliberatamente, per sviarle in
modo che il vero assassino la facesse franca. Forse l’assassino era proprio lo stesso A.
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Aria era persa nei propri pensieri quando sentì all’improvviso una mano sulla spalla.
Trasalì e si voltò di scatto, con il cuore a mille.
In piedi dietro di lei , con indosso una felpa della Hollis con un buco sulla tasca anteriore sinistra e
un paio di jeans, c’era suo padre, Byron. Si portò le mani al petto, in imbarazzo. Non parlava
davvero con suo padre ormai da qualche settimana.
“Gesù Aria va tutto bene?” le chiese “Ti ho vista al telegiornale”.
“Sto bene” rispose Aria con distacco “E’ Hanna ad esser ferita, non io”
Quando suo padre l’abbracciò, Aria non seppe se stringerlo o divincolarsi. Le era mancato da
quando se n’era andato di casa un mese fa. Ma era anche furiosa per aver dovuto aspettare un
incidente e di vederla in tv prima di lasciare da parte Meredith per un momento e mettersi in
contatto con lei.
“Ho chiamato tua madre stamattina, per sapere come stavi, ma mi ha detto che non vivi più lì”. La
voce di Byron tremò, era preoccupato. Si passò una mano sulla testa, su quei pochi capelli che gli
rimanevano.
“Dove vivi adesso?”
Aria distratta guardava oltre le sue spalle, sul vivace manifesto sulla manovra di Heimlich e il primo
soccorso nascosto dietro la macchina della Coca Cola. Qualcuno ci aveva scarabocchiato sopra
delle tette sulla vittima del soffocamento, e sembrava che il soccorritore gliele stesse tenendo su.
Aria era stata ospite a casa del suo fidanzato Sean Ackard, per un po’, ma lui aveva messo ben in
chiaro di come non fosse più la benvenuta dopo la spedizione in casa di Ezra e il battibecco nel
soggiorno di casa sua.
Chi aveva detto a Sean di lei ed Ezra? Ding ding ding A! Risposta esatta!
Non aveva avuto tempo di riflettere sulla sua condizione dopo gli ultimi avvenimenti. “Alla
pensione della Hollis?” aveva suggerito.
“Quel posto è infestato dai ratti. Perché non vieni a stare da me?”
Aria scosse la testa in modo deciso. “Tu vivi con…”
“Meredith” disse il padre con fermezza “Voglio che tu la conosca”
“Ma….” Protestò Aria. Il padre aveva il suo solito aspetto da monaco buddista. Aria conosceva
bene quello sguardo, era lo stesso di quando si era rifiutato di mandarla al campo estivo nel
Berkshires piuttosto che all’Hollis Happy Hooray, per l’ennesimo anno di fila, il che era significato
trascorrere lunghe settimane a costruire burattini di carta e fare gare di corsa con l’uovo nel
cucchiaio.
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Byron era ricorso a quell’espressione anche quando lei gli aveva chiesto di finire la scuola
all’Accademia di Reykjavik invece di far ritorno a Rosewood con il resto della sua famiglia.
In genere a quel modo di fare seguiva un detto che aveva sentito dire da un monaco durante la sua
specializzazione in Giappone: “l’ostacolo è il percorso”.
Il significato di quell’espressione, era in sostanza, che ciò che non uccide fortifica.
Ma pensandosi a vivere nella stessa casa di Meredith, le venne in mente un modo di dire più
appropriato: i rimedi a volte sono peggiori del male stesso.
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2. ABRACADABRA, ORA CI AMIAMO DI NUOVO.
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Ali si appoggiò su un fianco e guardò Spencer Hastings, che stava di fronte a lei sul sentiero
posteriore che conduceva dal fienile degli Hastingses nel bosco. “Tu provi sempre a rubarmi tutto,”
sibilò. “Ma non puoi avere anche questo.” Spencer rabbrividì alla fredda brezza della sera. “Non
posso avere cosa?”
“Lo sai” disse Ali. “Hai letto i miei diari.” Spostò i suoi capelli biondo miele dietro le spalle.
“Pensi di essere tanto speciale, ma sei così sciocca, fingere di non sapere che Ian stava con me.
Sicuramente tu lo sapevi, Spence. E’ questo anzitutto il motivo per cui ti piace, non è vero? Perchè
io sto con lui? Perchè tua sorella sta con lui?”
Gli occhi di Spencer erano allibiti. L’aria della notte era pesante, quasi un odore acre. Ali sporse il
labbro inferiore. “Oh, Spence. Davvero credevi di piacergli?”
All'improvviso Spencer sentì un impeto di rabbia, e le sue braccia scattarono improvvisamente,
spingendo Ali in petto. Ali vacillò all'indietro, inciampando sulle rocce scivolose. Solo che non era
più Ali— era Hanna Marin. Il corpo di Hanna volò in aria, e cadde a terra con un colpo secco.
Anziché veder volare tutti il suoi cosmetici e il BlackBerry dalla sua borsa come da una piñata rotta,
vide gli organi di Hanna balzar fuori dal suo corpo, e piovere sul cemento come grandine.
Spencer si alzò, i suoi capelli biondi erano bagnati di sudore. Era sabato mattina e lei era distesa nel
suo letto ancora nel vestito nero di raso e con indosso uno scomodo perizoma che avrebbe dovuto
indossare alla festa di Mona Vanderwall la sera precedente. Una tenue luce dorata batteva in
obliquo sulla sua scrivania, e gli uccellini cinguettavano sulla quercia gigante accanto la sua
finestra. Era rimasta sveglia quasi tutta la notte, aspettando che il suo telefono squillasse per avere
notizie sulle condizioni di Hanna. Ma nessuno aveva chiamato. Spencer non sapeva se quel silenzio
fosse un buon segno.. oppure terribile. Hanna. L’aveva chiamata proprio la sera prima, proprio
poco dopo che Spencer si era ricordata, dopo aver a lungo represso la sua memoria, di aver spinto
Ali nel bosco la notte che questa scomparve. Hanna le aveva detto di aver scoperto qualcosa di
importantissimo, e che si sarebbero dovute incontrare alle altalene del Rosewood Day. Spencer era
entrata nel parcheggio proprio nel momento in cui il corpo di Hanna era balzato in aria. Aveva
accostato l’auto sul ciglio della strada, e poi era corsa a piedi attraverso gli alberi, scioccata da
quello che aveva appena visto. “Chiama un’ambulanza!” urlava Aria.
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Emily singhiozzava dalla paura. Hanna restava lì, immobile. Spencer non aveva mai assistito a
niente di così terrificante in tutta la sua vita. Qualche secondo più tardi, il Sidekick di Spencer
aveva suonato con un messaggio di A. Ancora nell’ombra del bosco, Spencer vide Emily e Aria
tirar fuori i loro cellulari, e il suo stomaco sobbalzò non appena realizzò che tutte loro avevano
ricevuto lo stesso agghiacciante messaggio da A: Sapeva troppo. In qualche modo, A sapeva di
quello che Hanna aveva scoperto—qualcosa che A avrebbe voluto tenere nascosto—e l’aveva
investita per farla tacere?
Dev’essere stato così, ma era difficile per Spencer credere che tutto ciò era accaduto per davvero.
Era semplicemente diabolico. Ma forse Spencer, era lei stessa così diabolica. Poche ore prima
dell’incidente di Hanna, aveva aggredito sua sorella, Melissa, spingendola giù per le scale. E
finalmente aveva ricordato cosa era accaduto la notte in cui Alison era scomparsa, riportando alla
mente quei lunghi dieci minuti che aveva rimosso per così tanto tempo. Lei aveva spinto Ali a
terra—forse abbastanza violentemente da ucciderla. Spencer non sapeva cosa era accaduto poi, ma
sembra che A lo sapesse. A le aveva mandato un messaggio giusto un paio di giorni prima,
suggerendole che la morte di Ali era proprio davanti a lei.
Spencer ricevette il messaggio proprio nel momento in cui si stava guardando nello specchio…stava
guardando se stessa. Spencer non era corsa nel parcheggio per aiutare le sue amiche. Piuttosto, stava
scappando via da casa, con un disperato bisogno di pensare attentamente a tutta questa faccenda.
Poteva veramente aver ucciso Ali? Era stata lei? Ma dopo un’intera notte insonne, lei non era
ancora capace di distinguere cosa lei aveva fatto a Melissa ed Ali da cosa A aveva fatto ad Hanna.
Sì, Spencer aveva perso la calma, sì, Spencer poteva oltrepassare i limiti, ma nel profondo, non
pensava davvero di essere capace di uccidere qualcuno.
Perchè, allora, A era così certo che fosse Spencer la colpevole? Poteva sbagliarsi…o mentire? Ma A
sapeva del bacio appassionato tra Spencer e Ian Thomas, della sua relazione illecita con Wren, il
fidanzato del college di Melissa, e che loro cinque avevano accecato Jenna Cavanaugh—tutte cose
vere. A aveva così tante munizioni contro di loro, che era proprio il caso che loro iniziassero a fare
qualcosa.
Improvvisamente, mentre Spencer si asciugava il sudore dal volto, qualcosa la colpì, al punto da
sentir sprofondare il suo cuore ai suoi piedi. Riusciva a pensare alla vera valida ragione per cui A
avrebbe dovuto mentire sul fatto che Spencer avesse ucciso Ali. Forse anche A aveva dei segreti.
Forse A aveva bisogno di una scappatoia.
“Spencer?” La voce di sua madre le giunse improvvisa. “Puoi scendere di sotto?”
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Spencer saltò e osservò il suo riflesso nello specchio della toletta. I suoi occhi erano gonfi e rossi,
Le sue labbra erano screpolate, e i suoi capelli erano piene del fogliame dei boschi nei quali si era
nascosta la notte scorsa. Non poteva affrontare una riunione di famiglia in quel momento.
Il primo piano odorava di caffe Nicaraguan Segovia appena uscito, e delle calle appena portate dalla
loro governante, Candace, che ne comprava un mazzo ogni mattina. Il padre di Spencer era
appoggiato sulla penisola in granite della cucina, vestito con pantaloni neri da bici elasticizzati e la
maglia dell’US Postal Service.
Forse questo era un buon segno—non potevano essere tanto arrabbiati se suo padre era andato alla
consueta corsa in bicicletta delle 5 del mattino.
Sul tavolo della cucina c’era una copia dell’edizione domenicale del Philadelphia Sentinel.
All’inziò Spencer pensò che fosse lì perchè riportava notizie dell’incidente di Hanna. Ma poi vide
sulla prima pagina del giornale la sua faccia che la fissava. Indossava un abito elegante nero e si
rivolgeva alla fotocamera con un sorriso fiducioso. “Spostatevi, Gente” titolava la pagina. La
nominata al premio Golden Horchid per il miglior saggio, Spencer Hastings, sta arrivando.
Lo stomaco di Spencer si chiuse. Se ne era dimenticata. L’articolo era davanti le porte di tutte le
abitazioni, in quel momento. Una figura emerse dalla dispensa. Spencer fece un passo indietro per
lo spavento. C’era Melissa, che la stava fissando mentre stringeva una scatola di Raisin Bran così
forte Spencer pensò che avrebbe potuto schiacciarla. C'era un piccolo graffio sulla guancia sinistra
di sua sorella, un cerotto sopra il suo sopracciglio destro, il braccialetto giallo dell’ospedale che
forse aveva dimenticato di togliere dal suo polso sinistro, e un calco rosa sul suo polso destro,
chiaramente un ricordo della lotta della sera precedente con Spencer.
Spencer abbassò gli occhi, sentendosi invasa da una marea di sensi di colpa. La sera precedente, A
aveva inviato a Melissa le prime righe del suo saggio sull’economia, lo stesso che Spencer aveva
rubato dal computer di Melissa e spacciato per il proprio compito d’economia. L’insegnate di
Spencers, il signor McAdam, aveva candidato quello stesso saggio per un premio di saggistica, il
Golden Orchid essay, il più prestigioso premio di livello di scuola superiore di tutto il paese.
Melissa aveva scoperto ciò che Spencer aveva fatto, e sebbene Spencer le avesse implorato
perdono, Melissa le aveva detto delle cose orribili—molto più pesanti di quello che Spencer
pensava di meritare in quel momento. La lite si era conclusa quando Spencer, infuriata per le parole
di Melissa, l’aveva accidentalmente spinta giù per le scale.
“Allora, ragazze.” La signora Hastings poggiò la sua tazza di ceffè sul tavolo e fece cenno a Melissa
di sedersi. “Vostro padre ed io abbiamo preso un’importante decisione.”
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Spencer si preparò a quello che stava per accadere. Stavano per mettere dentro Spener per quello
che aveva fatto. Non sarebbe andata al college. Si sarebbe trasferita in una scuola di basso livello.
Avrebbe finito per lavorare come televenditrice nel canale di QVC, a prendere gli ordini per
tapiroulant e diamanti falsi, e Melissa l’avrebbe fatta franca, proprio come ha sempre fatto. In
qualche modo, sua sorella trovava sempre il modo di uscirne a testa alta.
"Prima di tutto, non vogliamo che voi ragazze vedate più il dottor Evans." La signora Hastings
incrociò le dita insieme.
"Vi ha fatto più male che bene. Capito? "Melissa annuì in silenzio, ma Spencer storse il naso per la
confusione. Il dottor Evans, lo strizzacervelli di Spencer e Melissa, era stato una delle poche
persone che non avevano cercato di leccare il culo a Melissa. Spencer provò a ribattere, ma notò il
disappunto che apparve su i volti di entrambi i suoi genitori. "Va bene," mormorò, sentendo in un
certo senso di non avere speranze. "In secondo luogo". il signor Hastings prese il Sentinel,
schiacciando il pollice sulla faccia di Spencer.
"Copiare il saggio di Melissa è stato un grosso sbaglio, Spencer."
"Lo so," disse Spencer velocemente, terrorizzata dal poter incrociare lo sguardo di Melissa.
"Ma dopo un' attenta riflessione, abbiamo deciso che non vogliamo rendere pubblica questa cosa.
Questa famiglia è stata sotto i riflettori fin troppe volte. Quindi, Spencer, continuerai a competere
per il Golden Orchid. Non diremo a nessuno di questo."
"Cosa?" Melissa sbattè la tazza del caffè sul tavolo.
"Questo è quello che abbiamo deciso", disse la signora Hastings in tono perentorio, tamponando
l'angolo della sua bocca con un tovagliolo.
"E ci aspettiamo anche che Spencer vinca."
"Vincere?" Ripeté Spencer, scioccata.
"La state premiando pe quello che ha fatto?" strillò Melissa.
"Basta." Il signor Hastings usò il tono di voce che di solito riservava ai praticanti del suo studio
legale
quando osavano chiamarlo a casa.
"Terza cosa," disse la signora Hastings. "Voi ragazze siete legate da un vincolo."
Sua madre tirò due istantanee dalla tasca cardigan. Il primo era di Spencer e Melissa a quattro e
nove anni, rispettivamente, sdraiato su un amaca della casa sulla spiaggia della nonna a Stone
Harbor, New Jersey. La seconda foto era quella di loro nella sala giochi della stessa casa sulla
spiaggia, a due anni dopo. Melissa indossava un cappello da mago e un mantello, e Spencer aveva
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su di lei un bikini arricciato di Tommy Hilfiger a stelle-e-strisce. Ai piedi gli stivali da moto neri
che aveva indossato fino a che non erano diventati così piccoli da bloccarle la circolazione delle dita
dei piedi. Le sorelline stavano eseguendo uno spettacolo di magia per i loro genitori; Melissa era il
mago, e Spencer era la sua bella assistente. "Ho trovato queste stamattina." La signora Hastings
passò le foto di Melissa, che le guardò rapidamente e gliele ridiede. "Ricordate come eravate
amiche da piccole? Le vostre continue chiacchiere sul sedile posteriore della vettura. Non volevate
mai andare da nessuna parte senza l'altra. "
"E 'stato dieci anni fa, mamma», disse Melissa scocciata.
La signora Hastings fissò la foto di Spencer e Melissa sull'amaca. "Vi volevate bene nella casa sulla
spiaggia. Eravate amiche in quella casa sulla spiaggia. Così abbiamo deciso di fare un viaggio a
Stone Harbor. La nonna non c’è più, ma noi abbiamo le chiavi. Iniziate a prendere le vostre cose."
I genitori di Spencer annuivano febbrilmente, i loro volti erano pieni di speranza.
"Questa è una cosa stupida," Spencer e Melissa dissero insieme. Spencer guardò la sorella, stupite
per aver pensato la stessa cosa. La signora Hastings lasciò la foto sul bancone e la portò tazza sul
lavandino. "Lo faremo, questo è quanto. "
Melissa si alzò da tavola, tenendo il polso sullo spigolo. Lanciò un'occhiata a Spencer, e per un
momento, i suoi occhi sembrarono addolcirsi. Spencer le rivolse un piccolo sorriso. Forse erano in
sintonia in quel momento, alla ricerca un accordo comune nel piano per odiare ingenuo dei genitori.
Forse Melissa poteva perdonare Spencer per quegli spintoni giù per le scale e per aver rubato il suo
saggio. Se l'avesse fatto, Spencer avrebbe perdonato Melissa per aver detto che i loro genitori non
l'amavano.
Spencer guardò la foto e pensò alla magia che teneva lei e Melissa unite.
Dopo la loro amicizia si era incrinata, e Spencer aveva pensato che se avesse mormorato alcune
parole magiche che lei e Melissa pronunciavano da piccole, sarebbero tornate ad essere le migliori
amiche di un tempo. Se solo fosse così facile.
Quando la guardò di nuovo, l’espressione di Melissa era cambiata. Strinse gli occhi e si voltò.
"Cagna," disse dietro le sue spalle mentre si dirigeva in fondo al corridoio.
Spencer chiuse le mani in un pugno, tutta la sua rabbia si scatenò in un istante.
Ci sarebbe voluto un bel po 'più di una magia perchè loro di andassero d'accordo.
Ci sarebbe voluto un miracolo.
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3. L’ “AMERICAN GOTHIC” DI EMILY
traduzione a cura di Magda Lucariello
In un tardo pomeriggio di Domenica, Emily Fields, seguita da un’anziana signora con un girello
sulle scale mobili dell’ Aereoporto Internazionale DesMoines, trascinava il suo logoro borsone da
nuoto blu dietro di lei. La borsa era piena di tutte le sue cose - i suoi vestiti, scarpe, i suoi due
trichechi di pezza preferiti, il suo giornale, il suo iPod, e varie lettere di Alison DiLaurentis piegate
con cura da cui non sopportava separarsi. Quando l’aereo era sopra Chicago, si rese conto di aver
dimenticato la biancheria intima. Ma in fondo, questo era dovuto al frenetico imballaggio di quella
mattina. Aveva fatto solo tre ore di sonno, traumatizzata nel vedere il corpo di Hanna volare in aria
colpito dal SUV.
Emily arrivò al capolinea principale e si recò nel primo bagno che riuscì a trovare, schiacciata da
una donna enorme che indossava jeans troppo stretti. Fissò il suo sguardo annebbiato riflesso nello
specchio sopra il lavandino. I suoi genitori l’avevano fatto davvero. L’avevano davvero mandata
qui, ad Addams, nello Iowa, a vivere con zia Helene e suo zio Allen. Questo perché A aveva
smascherato Emily per tutta la scuola , e perché la mamma di Emily l’aveva scoperta mentre
abbracciava Maya St.Germain, la ragazza che amava, alla festa di Mona Wanderwall la sera
precedente. Emily conosceva l’accordo – aveva promesso di seguire il programma “recupero-gay”
di Tree Tops per liberarsi dei suoi sentimenti per Maya o addio Rosewood. Ma quando ha scoperto
che anche la sua consulente, Becka, non ha potuto cambiare le sue reali pulsioni, tutte le scommesse
sono saltate.
L’Aereoporto Des Moines era piccolo, vantava solo un paio di ristoranti, una libreria e un negozio
che vendeva colorate borse Vera Bradley. Quando Emily raggiunse l'area ritiro bagagli, si guardò
intorno incerta. Tutto quello che ricordava dello zia e dello zio era la loro super-severità. Essi
evitavano tutto ciò che ricordasse impulsi sessuali – anche alcuni cibi. Mentre la gente veniva
analizzata, a Emily le era sembrato di vedere gli zii nel severo e lungo volto del contadino e in
quello della sua semplice e aspra moglie del quadro American Gothic che era appeso vicino al
nastro trasportatore.
“Emily”
Si girò di scatto. Helen e Allen erano appoggiati vicino una macchina Smarte Carte, con le mani
giunte alla vita. Allen nascondeva la sua pancia enorme ben visibile in una camicia da golf giallo-
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senape.
I capelli grigi di Helene sembravano gommalacca. Nessuno sorrideva.
"Hai controllato i bagagli?" Allen chiese burbero.
"Uh, no", disse Emily educatamente, chiedendosi se li avesse dovuti abbracciare.
Di solito gli zii sono felici di vedere i loro nipoti? Allen e Helene sembravano quasi infastiditi.
"Bene, allora, andiamo," disse Helene. "Ci vogliono circa due ore per Addams".
La loro macchina era una vecchia station wagon con i pannelli in legno. L’interno puzzava del pino
finto dei deodoranti per ambienti, un odore che faceva pensare ad Emily le lunghe guide per i campi
con il suo scontroso nonno. Allen guidava almeno quindici miglia sotto il limite di velocità – anche
una debole e anziana donna strabica al volante li passò. Né la zia, né suo zio dissero una parola per
tutto il percorso – né a Emily, né tra di loro. Era tutto così tranquillo, che Emily riusciva a sentire il
rumore del suo cuore che si rompeva in sette milioni di piccoli pezzi.
“ Lo Iowa è davvero grande” commentò Emily ad alta voce, indicando la pianura infinita intorno a
lei. Non aveva mai visto un posto così desolato, non c’erano neppure aree di sosta. Allen fece un
piccolo grugnito. Helene strinse ancor di più le labbra. Se le avesse strette un altro po’, le avrebbe
inghiottite. Il cellulare di Emily, immobile nella tasca della sua giacca, era come uno degli ultimi
ponti verso la civiltà. Lo tirò fuori e fissò lo schermo. Non c’erano nuovi messaggi, neanche di
Maya. Ne aveva inviato uno ad Aria prima di partire, chidendole cosa stesse facendo Hanna, ma
Aria non le aveva risposto. L’ultimo messaggio nella sua casella di posta era quello che A aveva
mandato la sera prima – Sapeva troppo. Era stato davvero A a investire Hanna? E per quanto
riguarda quello che Aria le aveva detto prima dell’incidente di Hanna – potrebbe essere Spencer
l’assassina di Alison? Gli occhi di Emily si riempirono di lacrime. Questo era sicuramente il
momento più sbagliato per stare così lontana da Rosewood.
Improvvisamente, Allen girò a destra fuori dalla strada, virando su un sudicio sentiero irregolare.
L’auto traballava sul sentiero pieno di buche, attraversando alcune staccionate di bestiame e
passando qualche casa dall’aspetto instabile. I cani correvano su e giù per tutta la strada, abbaiando
ferocemente al veicolo. Infine, si fermarono su un’altra strada sterrata e andarono al cancello.
Helene scese ed aprì, e Allen lo attraversò con la macchina. Davanti c’era una casa a due piani, con
ciottoli bianchi. Era grande e modesta, e ricordava una delle case Amish a Lancaster, in
Pennsylvania, dove Emily e i suoi genitori si fermavano a comprare l’autentica torta shoofly.
"Ci siamo," disse Helene in modo calmo.
"E’ bellissima", disse Emily e, cercando di sembrare ottimista come lei, scese dalla macchina.
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Come le altre case che avevano passato, la proprietà dei Weavers era stata circondata da una
recinzione, e c'erano cani, polli, anatre e capre dappertutto. Un’animosa capra legata alla staccionata
per il bestiame da una lunga catena, trotterellò fino a Emily. Lui la sollevò per le sue corna sporche,
e lei gridò. Helen guardò severamente la capra che andò via. “Non urlare così, ai polli non piace.”
Perfetto. I polli erano più importanti di Emily. Indicò la capra “Perché è legato in quel modo?”
“Lei” la corresse Helene “è stata cattiva, ecco perché.”
Emily si mordicchiò il labbro nervosamente mentre Helene la condusse in una piccola cucina che
sembrava non essere stata ristrutturata dagli anni ’50. Emily immediatamente ebbe nostalgia
dell’allegra cucina di sua madre, con la sua collezione di polli, asciugamani di Natale tutto l’anno, e
magneti del frigorifero a forma dei monumenti di Philadelphia. Il frigorifero di Helen era nudo e
senza magneti e puzzava di verdure marce. Quando entrarono in un piccolo soggiorno, Helene
indicò una ragazza dell’età di Emily seduta su una poltrona color vomito che leggeva un libro di
Jane Eyre.
“Ti ricordi di Abby?”
Abby, la cugina di Emily, indossava un maglione color cachi e una camicetta pudica con
l’occhiello. Aveva i capelli tirati alla nuca, ed era senza trucco. Con la sua maglietta “LOVE AN
ANIMAL, HUG A SWIMMER”, i jeans strappati Abercrombie, crema idratante colorata, e
lucidalabbra al gusto di ciliegia, Emily si sentiva una sgualdrina.
“Ciao Emily” disse, per prima, Abby.
"Abby è stata molto gentile da offrire a condividere la sua stanza con te," disse Helene. “E’ sopra le
scale. Ora te la mostriamo.”
C'erano quattro camere da letto al piano di sopra. La prima era quella di Helene e Allen, e la
seconda era per John e Matt, i due gemelli diciasettenni. “E questa è di Sarah, Elizabeth, e la piccola
Karen,” disse Helene, indicando una stanza che Emily aveva scambiato per un armadio delle scope.
Emily rimase a bocca aperta. Non aveva mai sentito parlare di tutti questi cugini. “Quanti anni
hanno?” “Beh, Karen ha sei mesi, Sarah due anni, ed Elizabeth quattro anni. Sono come una nonna
per loro in questo momento.” Emily cercò di nascondere un sorriso. Da persone che non parlano di
sesso, hanno certamente avuto un sacco di figli.
Helene portò Emily in una stanza quasi vuota e indicò due lettini in un angolo. Abby si sedette sul
suo letto, incrociando le mani in grembo. Emily non riusciva a credere che era una camera vissuta i mobili erano solo i due letti, una cassettiera normale, un tappeto rotondo, e una libreria quasi
colma di libri. A casa, la sua stanza era tappezzata di manifesti e immagini, la sua scrivania era
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piena di bottiglie di profumo, ritagli di riviste, CD e libri. D’altra parte, l'ultima volta che Emily era
stata qui, Abby aveva detto che aveva intenzione di farsi suora, quindi forse la vita senza fronzoli
faceva parte della sua formazione monacale. Emily guardò una scena fuori dalla grande finestra
alla fine della stanza e vide l’enorme campo dei Weavers, che comprendeva una grande stalla e un
silo. I suoi due cugini più grandi, John e Matt, stavano trascinando balle di fieno fuori dalla stalla e
su di un camioncino. Non c'era niente all'orizzonte. Nient’altro.
"Allora, quanto è distante la tua scuola?" Emily chiese ad Abby.
Abby si accese in viso. “Mamma non te l’ha detto? Studiamo a casa.”
“Ohh..” la voglia di vivere di Emily calò lentamente nelle ghiandole sudoripare dei suoi piedi.
“Domani ti darò l’orario delle lezioni.” Helene buttò sul letto di Emily alcuni asciugamani
grigiastri.
"Dovrai sostenere degli esami per vedere dove ti ho posto".
"Sono una ragazza del liceo," disse Emily. "sono nelle classi col corso avanzato."
"Staremo a vedere dove verrai collocata." Helene le rivolse uno sguardo duro.
Abby si alzò dal letto e scomparve nel corridoio. Emily guardò disperatamente fuori dalla finestra.
Se un uccello vola nei prossimi cinque secondi, torno a Rosewood entro la prossima settimana.
Proprio come un delicato passero svolazzò sul passato, Emily ricordò che non stava più giocando
coi suoi giochetti superstiziosi.
Gli eventi degli ultimi mesi – il corpo di Ali trovato sotto al gazebo, il suicidio di Toby, tutto quello
che riguarda A – tutto aveva fatto perdere la speranza che le cose accadono per una ragione.
Il suo cellulare suonò. Emily lo tirò fuori e vide che Maya le aveva appena mandato un messaggio.
Sei davvero nello Iowa? Per favore, chiamami appena puoi.
Aiutami, iniziò a scrivere Emily, quando Helene le strappò il telefono dalle mani.
“Non si usano i cellulari in questa casa.” Helene lo spense.
“Ma..” protestò Emily “..e se voglio chiamare i miei genitori?”
“Lo faccio io per te” disse Helene. Si avvicinò al viso di Emily “Tua madre mi ha detto un paio di
cose su di te. Io non so come si fanno le cose a Rosewood, ma da queste parti, noi viviamo secondo
le mie regole. E’ chiaro?”
Emily trasalì. Helene sputava quando parlava, e Emily sentì la sua guancia umida. “E’ chiaro”,
disse con voce tremante. “Bene” Helene uscì nel corridoio e lasciò cadere il telefono in un grande
barattolo vuoto su un tavolino di legno. “Dobbiamo solo mettere questo qui per motivi di
sicurezza.” Qualcuno aveva stampato le parole VASO DEI GIURAMENTI sul coperchio, ma il
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vaso era completamente vuoto, tranne per il telefono di Emily.
Emily guardò il suo telefono nel vaso dei giuramenti, ma non osò svitare il coperchio - Helene
probabilmente l'aveva collegato con un allarme. Tornò nella camera da letto vuota e si gettò sul
letto. C'era una barra dura al centro del materasso e il cuscino sembrava una lastra di cemento. Così
come il cielo dello Iowa cambiò da color ruggine al viola al blu notte al nero, Emily sentì il caldo
flusso delle lacrime sul viso. Se questo era stato il primo giorno del resto della sua vita, più in avanti
sarebbe certamente morta.
La porta si aprì un paio d'ore dopo con un creeeeaaak lento. Un'ombra allungata sul pavimento.
Emily si sedette sul suo letto, il suo cuore batteva forte. Pensò al messaggio di A. Sapeva troppo. E
al corpo di Hanna, che cadeva a terra.
Ma era solo Abby. Accese una piccola lampada sul comodino e si lasciò cadere con lo stomaco
vicino al suo letto. Emily si morse l'interno della guancia e fece finta di non accorgersene. Questa
era una qualche forma stravagante di pregare dello Iowa?
Abby si mise a sedere di nuovo, con un groviglio di stoffa tra le mani. Tirò il suo maglione color
cachi sopra la testa, sganciò il reggiseno beige, entrò in una minigonna di jeans e si infilò una top
senza spalline rosso. Poi si allungò di nuovo sotto il letto, prese una borsa col trucco rosa e bianca,
passò il mascara sulle ciglia e il gloss rosso sulle labbra. Infine, si sciolse i capelli dalla coda di
cavallo, abbassò la testa in giù e si passò le mani tra il cuoio capelluto. Quando tirò su la testa, i suoi
capelli erano selvaggi e voluminosi intorno al viso.
Abby incontrò lo sguardo di Emily. Le fece un largo sorriso, come a dire, Chiudi la bocca. Stai
lasciando entrare le mosche.
“Tu vieni con noi, giusto?”
“D-dove?” Emily farfugliò, una volta che le uscì la voce.
“Vedrai.” Abby si avvicinò a Emily e le prese la mano. “Emily Fields, la tua prima notte nello Iowa
è appena iniziata.”
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4. SE CI CREDI ALLORA E’ VERO
traduzione a cura di Martina Pace
Quando Hanna Marin aprì gli occhi, era sola in un lungo tunnel. Dietro di lei, c'erano solo
tenebre, e davanti a lei, solo la luce. Fisicamente, si sentiva fantasticamente libera di mangiare
troppi cheddar Cheez.
Improvvisamente, una luce svolazzò davanti ai suoi occhi. E poi un’altra, e un’altra ancora. Era
come vedere il lento caricamento di una pagina web.
Si ritrovò seduta con le sue tre migliori amiche sul portico posteriore di Alison DiLaurentis.
Spencer aveva i capelli biondi raccolti in una coda di cavallo alta, e Aria portava capelli ondulati in
una criniera intrecciata. Emily indossava un T-shirt color acqua e shorts con su scritto
ROSEWOOD SWIM.
Una sensazione di terrore travolse Hanna. Le sue bretelle avevano elastici verdi e rosa. Le sue
braccia sembravano stinco di maiale e le sue gambe erano pallide, flaccide pagnotte di pane. Così
tanto per sentirsi meravigliosa.
"Uh, ragazzi?"
Hanna si voltò. Ali era qui. Proprio di fronte a lei. Come Ali si avvicinò, Hanna poteva sentire la
gomma alla menta e il profumo Ralph Lauren.
Spencer si alzò in piedi. "Ti metti sempre nei guai senza di noi?"
Aria gridò. "E perché si cambia?”
"Vuoi che andiamo?" Chiese Emily spaventata.
Hanna ricordava il giorno esatto. Infilò la mano nella borsa di tela di Manhattan Portage messenger,
sentendosi il bordo del suo bianco berretto di cotone del Rosewood Graduation Day. L'aveva preso
in palestra durante la pausa pranzo, in preparazione per la cerimonia della laurea del giorno dopo.
"Ali," disse Hanna, alzandosi in piedi così bruscamente che ha rovesciato una candela di citronella.
“Ho bisogno di parlare con te."
Ma Ali la ignorò, quasi come se Hanna non avesse parlato affatto. "Ho buttato i miei vestiti di
hockey insieme a quelli nuovi e delicati della mamma.
"Si è arrabbiata con te per questo?" Emily guardò incredula.
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"Ali". Hanna agitò le mani davanti al viso di Ali. "Dovete ascoltarmi. Qualcosa di terribile sta
accadendo anche a voi. E dobbiamo fermarlo! "
Gli occhi di Ali guizzarono verso Hanna. Lei si strinse nelle spalle e scosse i capelli con la sua
fascia a pois. Emily la guardò di nuovo. "Sai mia madre, Em, è peggio di Spencer”!
"Chi se ne frega di tua madre?" Urlò Hanna. La sua pelle era calda e frizzante.
"Indovina dove faremo il nostro pigiama party domani sera?" Disse Spencer.
"Dove?" Ali si sporse in avanti sui gomiti.
"Nel Granaio di Melissa!" Urlò Spencer.
"Bello", disse Ali.
"No!" Urlò Hanna. Salì sul centro del tavolo, per farsi vedere. "Ragazzi, non possiamo. Dobbiamo
fare il nostro pigiama party da qualche altra parte. Da qualche parte dove ci siano altre persone".
La sua mente iniziò a lavorare freneticamente. Forse aveva la possibilità di cambiare le cose. Poteva
chiamare il PD Rosewood e dir loro che aveva l'orribile sensazione che qualcosa stava per accadere
alla sua migliore amica. Si poteva costruire un recinto di filo spinato attorno al buco nei cantiere
DiLaurentis.
"Forse non dovremmo fare un pigiama party ", disse Hanna. "Forse dovremmo farlo un’altra volta".
Infine, Ali afferrò i polsi di Hanna e la trascinò fuori dal tavolo. "Smettila," sussurrò. "Stai facendo
una tragedia per niente."
"Un grosso problema per niente?" Hanna protestò. "Ali, domani morirà. Era andata a correre
fuori dal granaio durante il nostro pigiama party ed è sparita. "
"No, Hanna, ascolta. Io non lo sono."
Una sensazione appiccicosa travolse Hanna. Ali la fissava diritto negli occhi. "Tu non sei ...?",
balbettò.
Ali toccò la mano di Hanna. E 'stata una carezza confortante, il tipo di gesto che il padre di Hanna
era solito fare quando era malata. "Non ti preoccupare," Ali disse piano all'orecchio di Hanna. "Sto
bene." La sua voce era così vicina. Così reale. Hanna sbatté le palpebre e aprì gli occhi, ma non era
più nel cortile di Ali. Era in una stanza bianca, sdraiata sulla schiena. Dure luci fluorescenti erano
appese su di lei. Sentì un bip da qualche parte alla sua sinistra, e il sibilo costante di una macchina,
dentro e fuori, dentro e fuori. Una figura sfocata china su di lei. La ragazza aveva un viso a forma di
cuore, luminosi occhi azzurri e denti brillanti. Lentamente accarezzò la mano di Hanna. Hanna fece
fatica a mettere a fuoco. Sembrava ...
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"Sto bene," la voce di Ali disse ancora una volta, il suo respiro caldo contro la guancia di Hanna.
Hanna rimase a bocca aperta. I suoi pugni aperti e chiusi. Si sforzò di tenere questo momento,
questa realizzazione, ma poi tutto svanì, tutti i suoni, tutti gli odori, la sensazione della mano di Ali
che toccava la sua. Poi ci fu solo il buio.
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5. QUESTO SIGNIFICA GUERRA
traduzione a cura di Martina Pace
Nel tardo pomeriggio di Domenica, dopo aver lasciato Hanna in ospedale, Aria non si era cambiata,
si avvicinò ai gradini irregolari del portico della vecchia casa dove Ezra viveva alla Hollis.
L’appartamento di Ezra era solo a due isolati di distanza dalla casa che Byron ora condivideva con
Meredith, e Aria non era ancora pronta ad andare. Non aveva programmato di andare a casa di Ezra,
ma lei gli aveva scritto una lettera, dicendogli dove si sarebbe trovata, e che sperava potessero
parlare. Mentre lottava per adattarsi alla nota nella fessura delle cassette postali di Ezra,
sentì uno scricchiolio dietro di lei. "Aria". Ezra emerse nel foyer, con indosso jeans scoloriti e una tshirt Gap color pomodoro. "Cosa stai facendo? " "Ero ..." la voce di Aria era tesa per l'emozione.
Alzò la lettera, che era un po 'spiegazzata durante il suo tentativo di spingere nella cassetta postale.
"Stavo per darti questa. "Fece un timido passo verso Ezra, con la paura di toccarlo. Odorava
esattamente come la notte precedente, quando era stata Aria lì l'ultima volta, un po ' di scotch, un
po' di crema idratante. "Non pensavo che tu fossi qui," Aria farfugliò.
Va tutto bene? " "Beh, io non ho dovuto passare la notte in prigione." Ezra rise, poi si accigliò. "Ma
... io mi sono licenziato. Il tuo ragazzo ha detto al personale della scuola tutto, che aveva delle foto
di noi per dimostrarlo. Dovrei andare lì domani e liberare il mio ufficio. Credo che
voi ragazzi avrete un nuovo insegnante per il resto dell'anno. " Aria strinse le mani al viso. "Io sono
così… mi dispiace." Afferrò la mano di Ezra. In un primo momento, Ezra resistuì
il suo tocco, ma lentamente, sospirò e dopo averla portata vicino a sé la baciò duramente, e Aria
lo baciò come non lo aveva mai baciato prima. Ezra fece scivolare le braccia sotto la chiusura del
reggiseno. Aria afferrò la camicia, strappandola via. Non importava che fossero al di fuori o che un
gruppo di fumatori e bambini del college stavano a fissarli dalla porta del portico successivo. Aria
baciò
Ma
il collo nudo di
quando
udirono
una
Ezra,
che cinse
sirena
di
a
un'auto
cerchio le
della
braccia
polizia,
si
intorno alla
girarono,
vita.
sorpresi.
Aria si chinò dietro il portico. Ezra era accovacciato accanto a lei, con il viso arrossato. Lentamente,
una macchina della polizia passò davanti alla casa di Ezra. Il poliziotto era al telefono, non prestava
attenzione a loro. Quando Ezra si voltò di nuovo verso Aria, l'umore sexy era svanito. "Entra," Ezra
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disse, tirando la camicia indietro e camminando verso il suo appartamento. Aria lo seguì, facendo
un passo verso la sua porta di casa.
L'appartamento puzzava come al solito, di polvere e maccheroni al formaggio Kraft.
"Potrei provare a trovare un altro lavoro," Aria suggerì. "Forse mio padre ha bisogno di un
assistente. "
"Aria ..." Era uno sguardo arrendevole quello sul volto di Ezra. E poi, Aria notò le macchine UHaul che stavano dietro lui. La vasca da bagno che si trovava al centro del salone era stata svuotata
di tutti i suoi libri. Le candele blu Blobby sulla mensola del camino non c'erano più. E Bertha, la
bambola gonfiabile vestita da cameriera francese che alcuni amici avevano acquistato per Ezra
come scherzo al college, non era più su una delle sedie della cucina.
Infatti, la maggior parte dei manufatti personali di Ezra mancavano. Solo pochi solitari, pezzi di
mobilia erano rimasti. Un freddo, una sensazione di viscido la attraversò. "Te ne vai."
"Ho un cugino che vive a Providence," Ezra mormorò contro il suo petto. "Ho intenzione di andare
lassù per un pò. Terrò un corso di ceramica alla Rhode Island School of Design. Non lo so."
"Portami con te," Aria sbottò. Gli si avvicinò a Ezra e tirò su l'orlo della camicia. "Sono sempre
voluto andare alla RISD. E 'la mia prima scelta. "Alzò nuovamente gli occhi a Ezra. "Sto vivendo
con mio padre e Meredith, che è praticamente un destino peggiore della morte. E ... e non mi sono
mai sentita come quando sono vicino a te. " Ezra strinse gli occhi chiusi, le mani di Aria oscillavano
avanti e indietro. "Penso che dovresti cercarmi tra un paio di anni. Perché, voglio dire, mi sento in
questo modo anch’io con te. Ma devo uscire di qui. Lo sai e lo so. "
Aria fece scivolare giù le mani. Si sentiva come se qualcuno avesse le aperto il petto e tolto il cuore.
Proprio la scorsa notte, per qualche ora, tutto era stato perfetto. E poi Sean e -A le avevano
strappato di nuovo tutto. "Ehi," Ezra disse, notando le lacrime che si rovesciano giù alle guance di
Aria. La tirò verso di lui e la tenne stretta. "Va tutto bene." Guardò in una delle sue scatole, poi le
porse la sua bambolina di William Shakespeare. "Voglio che tu abbia questo. "Aria gli fece un
piccolo sorriso. "Sul serio?" La prima volta che era venuta lì, dopo la festa di Noel Kahn, era
all’incirca all'inizio di settembre, Ezra le aveva detto che la bambolina era uno dei suoi oggetti
preferiti.
Ezra tracciò la linea della mascella di Aria con la punta dell’ indice, a partire dal mento e
terminando al lobo del suo orecchio. Brividi percorrevano la sua spina dorsale. "Davvero," sussurrò.
Poteva sentire i suoi occhi su di lei mentre si girava verso la porta. "Aria", disse, proprio mentre
stava scavalcando una grande pila di vecchi elenchi telefonici per uscire nel corridoio.
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Si fermò, il suo cuore si sollevò. Ci fu un saggio, sereno sguardo sul volto di Ezra. "Sei la ragazza
più forte che abbia mai incontrato ", disse. "Quindi ..., sai? Andrà tutto bene. "
Ezra si chinò, sigillando le scatole con un nastro adesivo trasparente. Aria era confusa, Era come se
Ezra stesse dicendo che lui era adulto, con responsabilità e conseguenze, e lei era solo una
ragazzina, con tutta la vita davanti a sé. Ed era esattamente quello che lei non voleva sentire in quel
momento.
"Aria! Benvenuta! " gridò Meredith. Si fermò sul bordo della cucina, con un grembiule bianco e
nero a righe che Aria stava cercando di immaginare come una divisa. Sorrideva come uno squalo
che sta per inghiottire un pesciolino.
Sapeva che Meredith aveva un gusto eccentrico, lei era un’artista, e aveva insegnato in acluni corsi
della Hollis College, lo stesso luogo dove lavorava Byron, ma il salotto di Meredith sembrava
decorato da uno psicopatico.
C'era un poltrona da dentista in un angolo, completa di un vassoio per tutti gli strumenti di tortura.
Meredith aveva coperto una intera parete con le foto dei bulbi oculari. C'era un grande ritaglio della
Strega Cattiva dell'Ovest incollato sopra il tavolo da cucina. Aria vide un procione all’angolo.
"Non ti preoccupare, non ti preoccupare», disse Meredith in fretta. "E ' imbalsamto. L’Ho comprato
in un negozio di tassidermia a Philadelphia. "
Aria arricciò il naso. Questo luogo rivaleggiava con il Museo Mütter di stranezze mediche a
Philadelphia, che il fratello di Aria aveva amato quasi quanto il museo del sesso che aveva visitato
in Europa.
"Aria" disse Byron, che apparve da dietro un angolo, asciugandosi le mani sui jeans. Aria vide che
era indossava jeans denim scuri con una cintura e un maglione grigio morbido. Forse la sua
uniforme abituale, ovvero una t-shirt macchiata di sudore e boxer logori in plaid, non era
abbastanza per Meredith. "Benvenuta!" Aria grugnì, sollevando il suo borsone nuovo.
Quando annusò l'aria, l'odore era un misto di lego bruciato e crema di grano. Guardò la pentola sul
fuoco con sospetto. "Allora ti faccio vedere la tua stanza." Byron afferrò la mano di Aria. La
condusse lungo il corridoio ad un grande stanza quadrata che conteneva un paio di grandi pezzi di
legno, alcuni ferri di branding, una banda con enorme vista e strumenti in saldatura.
Aria capì che quello era il suo studio, o quello di Meredith, la stanza dove piazzava le sue vittime.
"Di qua", disse Byron. La condusse in uno spazio nell’ angolo dello studio che era stato separato dal
resto della stanza da una tenda floreale. Quando spinse la tenda, egli cantò, "Taa-daaa!"
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Un letto matrimoniale e un cassettone mancante tre dei suoi cassetti occupavano uno spazio poco
più grande di una doccia. C'era una coperta, un cuscino ingiallito appoggiato alla testiera e
qualcuno aveva piazzato una piccola TV portatile sul davanzale della finestra. C'era un adesivo
sulla parte superiore di essa che diceva, in una vecchia, sbiadita, scritta anni settanta, SALVA UN
CAVALLO, DIVENTA UN SALDATORE. Aria si rivolse a Byron, con sensazione di nausea.
"Devo dormire nello studio di Meredith?" "Non lavora di notte," Byron disse in fretta. "E guarda!
Tu hai la tua TV e il tuo camino! "Indicò una mostruosità di mattoni enormi che occupavano gran
parte della parete in fondo.
Le case più vecchie di Hollis avevano camini in ogni stanza, perché i loro impianti di riscaldamento
consumavano troppa energia. "Si può rendere accogliente qui di notte! "
"Papà, non ho idea di come accendere un camino." Allora Aria notò una scia di scarafaggi andare
da un angolo del soffitto ad un altro. "Gesù!" Urlò, indicandoli e rannicchiandosi dietro Byron.
"Non sono reali," Byron la rassicurò. "Meredith li dipinse. E 'davvero personalizzato questo posto
con un tocco artistico. " Aria si sentiva come se stesse andando in iperventilazione. " A me
sembrano reali!"
Byron sembrava sinceramente sorpreso. "Ho pensato che ti piacerebbe questo posto. E 'stato il
meglio che abbiamo potuto fare con così poco preavviso. "
Aria chiuse gli occhi. Le mancava po ' lo squallido appartamento di Ezra, con la sua vasca da bagno
e migliaia di libri e la mappa della metropolitana di New York con la tenda doccia. Non c'erano
scarafaggi lì, -sia vero o falso. "Tesoro?" La voce di Meredith risuonò dalla cucina. "La cena è
pronta."
Byron fece ad Aria un sorriso tirato e si voltò verso la cucina. Aria aveva pensato che avrebbe
dovuto seguirlo. In cucina, Meredith stava mettendo su delle ciotole in ciascuno dei loro piatti. Per
fortuna, la cena non era una pappa, ma una zuppa di pollo dall'aria innocente. "Ho pensato che
questo sarebbe stato meglio per il mio stomaco", ammise. "Meredith sta avendo alcuni problemi di
stomaco," Byron spiegò.
Aria si voltò verso la finestra e sorrise. Forse era fortunata e Meredith avrebbe in qualche modo
contratto la peste bubbonica. "E 'a basso contenuto di sale." Meredith diede un pugno a Byron sul
braccio. "Quindi fa bene anche a te." Aria guardò il padre con curiosità. "Dal quando si mangia a
basso contenuto di sale? " "Ho la pressione alta," Byron disse indicando il cuore. Aria arricciò il
naso. "No, non lo sai."
"Sì, lo so." Byron infilò il tovagliolo nel colletto. "Da un po 'di tempo."
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"Ma ... ma non hai mai mangiato a basso contenuto di sale prima."
"Sono una schiavista," Meredith ha insistito. Meredith aveva posizionato Aria a capo tavolo da
perfida strega quale era. Aria fece scivolare la sua ciotola per coprire il viso della strega verde
pisello. "Lo sottopongo ad un regime," Meredith continuò. "Gli faccio prendere le vitamine, anche."
Aria si accasciò, avvertì una zampilla di terrore nel suo stomaco. Meredith stava già agendo come la
moglie di Byron, e ci aveva solo vissuto per un mese. Disse Meredith ad Aria "Guarda cosa sono
arrivati?" Aria fissò il grembo, rendendosi conto che aveva ancora in mano la bambolina di
Shakespeare che Ezra le aveva dato. "Oh. E 'solo una cosa ... da un amico. " "Un amico che ama la
letteratura, credo." Meredith allungò la mano su Shakespeare . Ci fu un lampo minuscolo negli
occhi.
Aria era congelata. Meredith avrebbe potuto conoscere Ezra? Guardò Byron. Suo padre gustava la
minestra, ignaro. Non stava leggendo al tavolo, cosa che faceva sempre a casa. Se Byron era
seriamente stato infelice a casa? Aveva onestamente goduto di pittura, amante di tassidermia come
Meredith che amava più della dolce, gentile, amorevole madre, Ella? E ciò Aria può solo stare a
guardare e accettare questo?
"Oh, Meredith ha una sorpresa per te", Byron convogliò. "Ogni semestre, si arriva a prendere una
classe alla Hollis gratuitamente. Lei dice che si può utilizzare il credito in questo semestre per
prendere una classe, invece. " "Proprio così." Meredith ha superato la Hollis College. "Forse
ti piacerebbe prendere parte ad uno dei corsi d'arte che sto insegnando? " Aria si morse con forza
sulla parte interna della guancia. Avrebbe preferito avere frammenti di vetro permanenti nella gola
piuttosto che trascorrere un momento unico complementare con Meredith. "Dai, scegli una classe,"
Byron la esortò. "Sai che le piacerebbe! " Così la stavano costringendo a fare questo? Aria iniziò ad
aprire il libro. Forse poteva scegliere qualcosa come cinema tedesco, o microbiologia, o discussioni
speciali a bambini trascurati e famiglie disadattate nel comportamento.
Poi qualcosa attirò la sua attenzione. Art Mindless: creare capolavori realizzati unicamente in
sintonia con i bisogni, e i desideri della vostra anima. Attraverso la scultura e il tatto, gli studenti
imparano a dipendere meno dai loro occhi e a concentrarsi di più sulla loro interiorità.
Potrebbe anche essere come una di quelle Lezioni di yoga islandesi dove invece di stretching, Aria
e il resto degli studenti avevano ballato ad occhi chiusi, facendo rumori di falco. Ma aveva bisogno
di liberare un po ‘ la mente in questo momento. Inoltre, era una delle poche classi di arte in cui
Meredith non aveva insegnato. Il che praticamente la rese perfetta. Byron si scusò dal tavolo e corse
via nel minuscolo bagno di Meredith. Dopo aver acceso il ventilatore a soffitto del bagno, Meredith
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fissò la forchetta e guardò dritto Aria. "So cosa stai pensando ", disse in modo serio, strofinando il
pollice lungo il tatuaggio di ragnatela rosa sul suo polso. "Tu odi che tuo padre stia con me. Ma è
meglio abituarsi a questo, Aria. Byron e io stiamo pensando di sposarci al più presto dopo il
divorzio dei tuoi genitori. " Aria accidentalmente ingerì un boccone di pasta senza masticare. Tossì
il brodo, sputando tutto sul tavolo. Meredith fece un salto indietro, con gli occhi spalancati.
Aria distolse bruscamente lo sguardo, sentiva un bruciore alla gola. Qualcosa non le era andato bene
ma non è stata la zuppa della perfida strega.
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6. EMILY E’ SOLO UNA DOLCE, INNOCENTE RAGAZZA DEL MIDWEST.
traduzione a cura di Martina Pace
"Avanti!" Abby esortò, tirando Emily dentro il cortile. Il sole stava tramontando sul piatto Iowa
all’orizzonte, e ogni sorta di insetto del Midwest dalle gambe lunghe veniva fuori a giocare.
A quanto pare, Emily, Abby, Matt e John, anche erano andati a giocare.
I quattro si fermarono sul bordo della strada. John e Matt avevano cambiato il loro normale
abbigliamento con T-shirt bianca e pantaloni da lavoro in jeans larghi e t-shirt con lo slogan di una
birra. Abby tirò il corpetto del suo top a tubino e controllò il rossetto nel suo piccolo specchio
compatto. Emily, negli stessi jeans e con una T-shirt di nuoto che aveva portato al suo arrivo, si
sentiva semplice. Emily guardò sopra di sé verso l’agriturismo. Tutte le luci erano spente, ma i cani
correvano ancora follemente intorno alla proprietà, e la capra era ancora incatenata alla barriera per
il bestiame, e la campana che aveva al collo fece rumore ondulando avanti e indietro. "Va bene,"
rispose Abby, i suoi orecchini a cerchio oscillavano. "Mamma e papà vanno a letto alle 20:00 come
un’orologeria. Questo è quello che succede quando ci si sveglia alle quattro. " "Lo abbiamo fatto
questo per mesi e non ci hanno preso nemmeno una volta," Matt la rassicurò.
Improvvisamente, un pick-up argento apparve all'orizzonte, sollevando una scia di polvere. Il
camion rotolò lentamente finché non si fermò. Una canzone hip-hop che Emily non riusciva a
distinguere, insieme al forte odore di sigarette al mentolo. Uno dai capelli scuri, il sosia di Noel
Kahn, sorrise ad Emily. "Così ... questo è tuo cugina, eh?" "È vero", ha detto Abby. «È della
Pennsylvania. Emily, questo è Dyson. " "Entra" Dyson accarezzò il sedile. Abby ed Emily salirono
nella parte anteriore, e John e Matt salirono sul retro del pickup. Mentre si allontanavano, Emily
guardò ancora una volta l'agriturismo sfuggire in lontananza, una sensazione di disagio che la
lacerava dentro. "Allora, cosa ti porta a Addams Glamour?" gli ingranaggi di Dyson si spostarono.
Emily guardò Abby. "I miei genitori mi ci hanno mandato".
"Ti hanno mandato via?" "Assolutamente," Abby interruppe. "Ho sentito che sei una cattiva ragazza
vero, Emily". Guardò Dyson. "Emily ama il bordo. "
Emily soffocò una risata. L'unica cosa ribelle che aveva mai fatto davanti a Abby era aver nascosto
un extra Oreo per dessert. Si chiese se i suoi cugini conoscevano la verità del perché i suoi genitori
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l'avevano mandata lì. In pochi minuti, seguirono un percorso irregolare , e c’era sull'erba accanto
una macchina parcheggiata con un adesivo con su scritto, io TIFO PER GLI HOOTERS.
Due ragazzi pallidi a bordo.
Abby strinse il braccio di Emily. "Il rapporto tra ragazzi a ragazze qui è di quattro a uno," sussurrò.
"Come potrai totalmente constatare stasera. Io lo faccio sempre. " Quindi Abby non sapeva di
Emily. "Oh. Grande." Emily cercò di sorridere. Abby strizzò l'occhio e saltò fuori dal camion.
Emily seguì gli altri verso il silo. L'aria puzzava di profumo Clinique Happy, luppolata, saponata di
birra e erba secca. Quando entrò, si aspettava di vedere balle di fieno, un animale da fattoria o
due, e forse uno nudo, una scala instabile che portava alla camera da letto di una ragazza
stravagante, proprio come in The Ring.
Invece, il silo era stato svuotato e le luci di Natale appese al soffitto. Peluche, color prugna
divani lungo le pareti, ed Emily vide un giradischi in un angolo e un gruppo di fusti enormi vicino.
Abby,
che
aveva
già
preso
una
birra,
spinse
un
paio
di
ragazzi
verso
Emily.
avevano tutti i capelli flosci, facce angolari e brillanti denti bianchi. "Brett, Todd,
Xavi ... questa è la mia cugina Emily. E 'della Pennsylvania. "
"Ciao", disse Emily, agitando le mani.
"Pennsylvania." I ragazzi annuirono in segno di apprezzamento, come se Abby avesse detto che
Emily era della terra del sesso sporco.
Come Abby si allontanò con uno dei ragazzi, Emily si fece strada verso il fusto. Il DJ si sciolse in
Timbaland. In realtà, le persone in Iowa non sembravano molto diverse da quelle della sua
scuola. Le ragazze indossavano gonne di jeans e zeppe, e i ragazzi indossavano felpe oversize e
larghi jeans, e sembravano essere la sperimentazione di peli sul viso. Emily si chiese dove tutti loro
erano andati a scuola.
"Sei tu la nuova ragazza?" Un uomo alto, in una tunica a righe e jeans scuri era in piedi dietro di lei.
Aveva le spalle larghe e la presa di posizione forte di un giocatore professionista di pallavolo, e
quattro piccoli orecchini serpeggiavano il suo orecchio sinistro. Ma c'era qualcosa di molto dolce e
aperto sul suo viso tondo, occhi azzurri, e piccole, belle labbra. Era diverso da praticamente ogni
altro ragazzo del silo. C’era una ragazza.
Disse a Em: “Sei tu la ragazza nuova”?
"Uh, sì," rispose Emily. "Sono appena arrivata, proprio oggi."
"E tu sei della Pennsylvania, giusto?"
"Sono stata lì una volta. Siamo andati a Harvard Square. "
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"Credo che tu ti riferisca a Boston, nel Massachusetts," Emily la corresse. "Ecco dove è Harvard.
Pennsylvania ha Philadelphia. La Liberty Bell, Ben Franklin, tutto questo. "
"Oh." Il viso della ragazza si raddrizzò. "Non sono stata in Pennsylvania, allora." Abbassò il mento
a Emily.
"Allora. Se fossi una caramella, che tipo saresti? " "Scusa?" Emily sbatté le palpebre. "Andiamo."
"Io, io sarei una M & M" "Perché?" Chiese Emily. La ragazza abbassò lo sguardo seducente.
"Perché si sciolgono in bocca, ovviamente." Indicò Emily. "Così come su di te? " Emily si strinse
nelle spalle. Quella era la cosa più strana su cui discutere e che nessuno le aveva mai chiesto, ma a
lei era piaciuta. "Non l’ho mai pensato. Una Tootsie Roll? "
La ragazza scosse la testa violentemente. "Non saresti una Tootsie Roll. Saresti così qualcosa di più
sexy. " Emily respirò molto, molto lentamente. Quella ragazza stava flirtando con lei? "Uhm, penso
che dovrei sapere il tuo nome prima di parlare di ... caramelle sexy. "
La ragazza tirò fuori la mano. "Sono Trista".
"Emily." si strinsero le mani a vicenda, Trista mise il pollice a spirale intorno alla parte interna del
palmo di Emily.
Non distolse mai gli occhi dal viso di Emily. Forse era solo una specie di modo tipico dell’Iowa di
salutare. "Vuoi una birra?" Emily farfugliò. "Assolutamente", disse Trista. "Ma fammela versare per
te, Pennsylvania. Probabilmente non sanno nemmeno come pompare un barilotto. "Emily guardò
Trista pompare il fusto, gestirlo un paio di volte e lasciare che il filtro della birra passasse
lentamente nella sua tazza, senza quasi fare schiuma.
"Grazie," rispose Emily, bevendo un sorso. Trista si versò una birra e portò Emily lontano, verso
uno dei divani che rivestivano le pareti del silo. "Allora, la tua famiglia è abbastanza ricca per
spostarsi qui?" "Io resto con i miei cugini per un po '." Emily indicò Abby, che ballava con un
ragazzo, e Matt e John, che fumavano sigarette con una ragazza rossa e minuta che indossa un
attillato maglione rosa e jeans skinny. "È una piccola vacanza?" Trista chiese, sbattendo le ciglia.
Emily non era sicura, ma sembrava che Trista si muoveva sempre più vicino a lei sul divano. Lei
stava facendo tutto quanto in suo potere per non toccare le gambe lunghe di Trista, che penzolavano
proprio a pochi centimetri da lei. "Non esattamente", ha sbottato. "I miei genitori mi hanno cacciato
di casa perché non riuscivo a vivere le loro regole. "Trista giocherellava con la cinghia dei suoi
stivali. "Mia madre e 'cosi'. Pensa che io sia in un concerto del coro ora. In caso contrario, lei non
mi avrebbe lasciato uscire. " "Ho mentito ai miei genitori per andare a troppe feste ", disse Emily,
improvvisamente ebbe paura di scoppiare a piangere di nuovo. Cercò di immaginare quello che
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stava succedendo a casa sua in quel momento. La sua famiglia si era probabilmente raccolta attorno
alla TV dopo cena. Solo sua madre, suo padre, e Carolyn, che conversavano felicemente tra di loro,
contenta che Emily non c'era più.
Trista guardò Emily con simpatia, come se avesse intuito che qualcosa non andava. "Così hey.
Eccone un’altra. Se tu fossi una festa, che tipo di festa vorresti essere? "
"Una festa a sorpresa," Emily sbottò. Sembrava come la storia della sua vita recentemente: una
grande sorpresa dopo l'altra. "Bella risposta". Trista sorrise. "Io sarei un toga party." Si sorrisero
l'un l'altra per un lungo istante. C'era qualcosa di Trista nella forma a cuore del viso e
nei grandi occhi azzurri che avevano fatto sentire Emily veramente... al sicuro. Trista si sporse in
avanti, e così fece Emily. Era quasi come se stessero per baciarsi, ma poi Trista si chinò molto
lentamente e fissò la cinghia sulla sua scarpa.
"Allora perche 'ti hanno mandato qui, comunque?" Trista chiese quando tornò seduta.
Emily fece un sorso enorme di birra. "Perché mi hanno beccato baciare una ragazza", confessò.
Quando Trista si appoggiò allo schienale, con gli occhi spalancati, Emily pensava di aver fatto un
terribile errore. Forse Trista aveva solo cercato di essere amichevole ed Emily aveva male
interpretato. Ma poi, Trista si aprì in un timido sorriso. Muoveva le labbra vicino all'orecchio di
Emily. "Tu non saresti per niente una Tootsie Roll. Se fosse per me, saresti un rovente cuore di
caramello.
"
Il cuore di Emily fece tre capriole. Trista si alzò e porse ad Emily la mano. Emily la prese, e
senza dire una parola, Trista la condusse sulla pista da ballo e cominciò a ballare in modo sexy con
la musica. La canzone cambiò velocemente, e Trista strillò e iniziò a saltare come se fosse su un
trampolino.
La sua energia era inebriante. Emily sentì come se potesse trovare con Trista la stabilità, cosa che
aveva sempre sentito che non poteva avere da Maya. Maya. Emily si fermò, respirando l'aria umida
del silo. Ieri sera, lei e Maya avevano detto di essersi trovate reciprocamente. Erano ancora insieme,
ora che Emily era forse definitivamente bloccata qui, in mezzo a tutto questo mais e concime di
vacca? E che cosa voleva dire che Emily non aveva pensato a lei neanche una volta quella sera, fino
ad allora?
Il cellulare di Trista fece un bip. Uscì dal cerchio dei ballanti e lo tirò fuori dalla tasca. "La mia
mamma stupida mi manda sms perché vuole sapere come va la serata, " urlò sopra la musica,
scuotendo la testa. Uno shock colpì Emily. Il suo telefono non c’era. Era a una festa in Iowa,
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migliaia di chilometri da Rosewood. A meno che A non fosse soprannaturale, non c'era modo di
sapere che cosa Emily stesse facendo.
Improvvisamente, l’Iowa non era così male. Non. per. Tutti.
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7. BARBIE … O BAMBOLA VOODOO?
traduzione a cura di Claudio Mandelli
Domenica sera, Spencer stava dondolando tranquillamente sull’amaca avvolta dal portico della casa
delle vacanze di sua nonna. Non appena vide un altro surfista sexy e muscoloso cavalcare un’onda
al Nun, la spiaggia per surfisti vicino alla strada che portava al convento, venne coperta da
un’ombra.
“Tuo padre ed io andiamo al club dello yatch per un po’,” disse sua madre infilandosi i pantaloni
beige di lino.
“Oh,” Spencer scese a fatica dall’amaca senza far impigliare i piedi nella rete. Il club “Stone
Harbor” si trovava in una baracca marittima che puzzava di salamoia in una cantina ammuffita.
Spencer sospettava che ai suoi piacesse andare lì perché erano ammessi solo i membri.
“Posso venire?”
Sua madre le prese il braccio. “Tu e Melissa starete qui.”
Una brezza che sapeva di cera da surf e di pisce colpì Spencer in faccia. Cercava di vedere le cose
dal punto di vista di sua mamma – doveva far schifo vedere le proprie figlie litigare così tanto. Ma
Spencer sperava che sua mamma capisse la sua, di prospettiva. Melissa era una bella stronza, e
Spencer non le voleva più rivolgere la parola.
“Bene,” disse Spencer con tono drammatico. Aprì la porta di vetro scorrevole ed entrò nella stanza
dei nonni. Nonostante lo stile artigianale della casa di Nana Hastings, c’erano otto camere da letto,
sette bagni, una strada privata per la spiaggia, una sala giochi, un home-theatre, uno chef e i mobili
Stickley, che la famiglia di Spencer chiamava “taco shack”. Forse perché il palazzo di Nana a
Longbot Key, in Florida, aveva affreschi, pavimento di marmo, tre campi da tennis, e una cantina a
temperatura controllata per il vino.
Spencer ignorava altezzosamente Melissa, che era su una sdraio ad abbronzarsi bisbigliando
qualcosa all’iPhone. Probabilmente stava parlando con Ian Thomas. “Sarò in camera mia,” urlò
drammaticamente Spencer dal fondo delle scale. “TUTTA-LA-NOTTE.”
Scivolò nel suo letto a slitta, felice di notare che la camera da letto era rimasta come l’aveva lasciata
cinque anni prima. L’ultima volta, ci era stata con Alison. Avevano passato ore a guardare i surfisti
col cannocchiale di nonno Hastings sul pontile.
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Era successo nel primo periodo dell’autunno, all’inizio della seconda media. Le cose erano ancora
abbastanza normali tra di loro – forse Ali non si vedeva ancora con Ian.
Spencer rabbrividì. Ali si vedeva con Ian. A lo sapeva? A sapeva anche della litigata tra Spencer e
Alison la notte in cui scomparve – A era lì? Spencer voleva dire la verità su A alla polizia, ma A
sembrava più potente della legge. Si guardò intorno altezzosamente, spaventata all’improvviso. Il
sole era sprofondato dietro gli alberi, riempiendo la camera con una misteriosa oscurità.
Il telefono squillò e Spencer sobbalzò. Lo tirò fuori dalla tasca dell’accappatoio e strizzò gli occhi
quando vide il numero. Non riconoscendolo, appoggiò il telefono all’orecchio cercando di salutare.
“Spencer?” disse una voce femminile tranquilla e ritmata. “Sono Mona Vanderwaal. “
“Oh, “ Spencer si mise a sedere troppo presto, perché la sua testa iniziò a girare. C’era solo un
motivo se Mona stava chiamando. “Hanna … sta bene?”
“Beh … no.” Mona sembrava sorpresa. “Non l’hai saputo? E’ in coma. Sono all’ospedale.”
“Oh, mio Dio,” Sussurrò Spencer. “Si riprenderà?”
“I dottori non lo sanno.” La voce di Mona era traballante. “Potrebbe non svegliarsi.”
Spencer iniziò a girare per la stanza. “Ora sono in New Jersey con i miei, ma tornerò domani
mattina, quindi … “
“Non ti ho chiamata per farti sentire colpevole, “ la interruppe Mona. Singhiozzò. “Mi dispiace.
Sono stanca. Ho chiamato perché so che sei una brava organizzatrice di eventi.”
Faceva freddo, e la camera era pervasa da un odore di sabbia. Spencer toccò il bordo della
conchiglia posata sulla sua scrivania. “Beh, sì.”
“Bene,” disse Mona. “Voglio organizzare una veglia a lume di candela per Hanna. Penso sia bello
unirsi tutto per Hanna, sai … “
“E’ una bella idea,” disse calma Spencer. “Mio padre stava proprio parlando di una festa a cui è
andato un paio di settimane fa in una tenda. Potremmo farla lì.”
“Perfetto. Organizziamoci per venerdì. Abbiamo cinque giorni per prepararci.”
“Andata per venerdì.” Dopo che Mona disse che avrebbe mandato gli inviti se Spencer potesse
assicurare che il posto sarebbe stato libero, riattaccò.
Si lasciò cadere sul letto, fissando il baldacchino di pizzo. Hanna potrebbe morire? Spencer si
immaginò Hanna sdraiata da sola in un letto d’ospedale. Si sentì lo stomaco stretto.
Tap … Tap … Tap …
Il vento si faceva sempre più calmo, e anche il mare lo era. Spencer si pulì le lacrime. C’era
qualcuno lì fuori?
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Si alzò in fretta. “Chi c’è?” Dalla finestra si vedeva la spiaggia. Il sole era tramontato così
velocemente che riusciva a vedere solo la vecchia guarda forestale. Andò all’ingresso. Era vuoto.
Corse in una camera degli ospiti e guardò verso il portico. Non c’era nessuno. Spencer si passò le
mani sulla faccia. Calmati, si disse. A non è qui. Si precipitò fuori dalla stanza inciampando e scese
le scale, cadendo quasi vicino ad una pila di asciugamani. Melissa era ancora sul divano con una
copia di Riassunti Architettonici nella mano buona, mentre teneva sollevato il polso su un enorme
cuscino di velluto.
“Melissa,” disse Spencer ansimando. “Penso che ci sia qualcuno fuori.”
Sua sorella si girò stringendo la faccia. “Eh?”
Tap … Tap … Tap …
“Ascolta!” Spencer indicò la porta. “Non senti niente?”
Melissa si alzò aggrottando la fronte. “Sento qualcosa.” Guardò Spencer, preoccupata. “Andiamo
nella sala dei giochi. C’è una bella visuale di tutta la casa da lì.”
Le due sorelle controllarono due volte le serrature prima di salire le scale per il secondo piano. La
camera puzzava di chiuso e di polvere, e sembrava come se la Melissa e la Spencer più giovani
fossero appena uscito per pranzare e sarebbero ritornate da un momento al’altro. C’era la città di
lego che avevano costruito in tre settimane. C’era la fabbrica dei gioielli, perline e fermagli ancora
stesi sul tavolo. Le buche del minigolf erano ancora sparpagliate e l’enorme cesto di bambole era
ancora aperto.
Melissa arrivò per prima alla finestra. Spostò la tenda con disegnata una barca a vela e sbirciò verso
l’ingresso, a cui facevano da panorama ciottoli di vetro provenenti dal mare e fiori tropicali. Il
braccio ingessato di rosa fece rumore quando sbatté contro la finestra. “Non vedo nessuno.”
“Ho già guardato davanti. Forse sono sui lati.”
All’improvviso, lo sentirono ancora. Tap … Tap … Tap … Diventava sempre più forte. Spencer
prese il braccio di Melissa. Sbirciarono entrambe fuori dalla finestra. Un tubo di scolo a terra fece
un tintinnio e finalmente qualcosa si mosse. Era un gabbiano. Si era incastrato nel tubo, in qualche
modo; il “tap” probabilmente era generato dalle sue ali e dal suo becco mentre cercava di liberarsi.
L’uccello volò via, agitando le piume. Spencer si sedette sulla vecchia roccia a forma di cavallo si
FAO Shwartz. All’inizio, Melissa sembrava arrabbiata, ma poi gli angoli della sua bocca tremarono.
Scoppiò in una risata.
Anche spencer rise. “Stupido uccello!”
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“Già.” Melissa emise un sonoro singhiozzo. Si guardò intorno. Prima guardò i lego e poi le sei
enormi teste di My Little Pony sul tavolo lontano. Le indicò. “Ti ricordi come truccavamo i pony?”
“Certo.” La signora Hastings le dava gli ombretti e i lucida labbra dell’ultima stagione di Chanel e
loro passavano le ore a colorare gli occhi e le labbra dei pony.
“Mettevi sempre l’ombretto nelle narici,” la prese in giro Melissa.
Spencer ridacchiò, pettinando la criniera viola e blu di un pony rosa. “Volevo che il loro naso fosse
carino quanto la loro faccia.”
“E ti ricordi di questi?” Melissa si spostò verso il cesto grande e ci sbirciò dentro. “Non posso
credere che avevamo tutte queste bambole.” Non solo c’erano centinaia di bambole, da Barbie a
Germana, che probabilmente non sarebbero dovute essere state sbattute con tutta questa non
curanza in una cesta, ma c’erano anche tonnellate di vestiti, scarpe, borse, macchine, cavalli e
cagnolini. Spencer prese una barbie con un look serio vestita con un vestito blu pastello. “Ti ricordi
come sembravano CEO? La mia lavorava in una fabbrica di cotone, mentre la tua in una fabbrica di
trucchi.”
“Questa era il presidente.” Melissa tirò fuori una bambola i cui sporchi capelli biondi erano tagliati
nettamente fino al suo mento, proprio come lei.
“E questa aveva molti fidanzati.” Spencer prese una bella bambola con lunghi capelli biondi e con
la faccia a forma di cuore.
Le sorelle singhiozzarono. Spencer si sentì un blocco nello stomaco. Quando erano piccole,
giocavano per ore. Per metà del tempo non volevano nemmeno andare in spiaggia, e quando era ora
di andare a letto, Spencer piangeva e implorava i suoi genitori per convincerli a farla dormire nella
camera di Melissa. “Mi dispiace per la faccenda dell’Orchidea d’Oro,” sbottò Spencer. “Vorrei che
non fosse mai successo.”
Melissa prese la bambola che Spencer aveva in mano – quella con tanti fidanzati. “Sai, ti vorranno a
New York. Parlerai della tua tesina di fronte a dei giudici. Dovrai conoscere tutto.”
Spencer strizzò CEO intorno alla sua stranamente sproporzionata vita. Nonostante i suoi genitori
non l’avessero punita per aver imbrogliato, l’avrebbe fatto la commissione dell’Orchidea d’Oro.
Melissa si strinse nelle spalle. “Ci ho messo una pietra sopra.” Si fermò un attimo e andò verso un
mobile che Spencer non aveva notato. Melissa prese in mano una bottiglia di vodka. La agitò, il
liquido cristallino si agitava all’interno. “Ne vuoi un po’?”
“S – sì,” rispose Spencer. Melissa si spostò verso il mini frigo e prese due bicchieri dal set in
miniatura di tè cinese. Usando solo la mano buona, Melissa versò goffamente la vodka in due tazze.
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Con un sorriso nostalgico, diede a Spencer la sua tazza blu pallido. Spencer avrebbe preferito bere
da un qualunque altro bicchiere. Si stupì che Melissa se lo ricordasse.
Spencer prese un sorso, sentendo la vodka bruciarle nello stomaco. “Come sapevi che la bottiglia
era qui?”
“Io ed Ian eravamo sgattaiolati qui dentro per la Settimana dei Senior, anni fa,” spiegò Melissa. Si
sedette su una sedia da bambini a righe viola e rosa, con le ginocchia che le arrivavano al mento.
“I poliziotti erano ovunque e non volevamo riportarla indietro, quindi l’abbiamo nascosta qui.
Pensavamo che saremmo tornati indietro, ma … non è successo.”
Melissa aveva uno sguardo distante. Lei ed Ian si erano lasciati improvvisamente dopo la Settimana
dei Senior – quella stessa estate Ali era scomparsa. Melissa quell’estate era super produttiva:
svolgeva due lavori part-time e faceva volontariato al Museo di Vino e Brandy. Nonostante non lo
avesse mai ammesso, Spencer pensava che cercasse di tenersi impegnata perché era distrutta dalla
rottura con Ian. Forse era il dolore sulla faccia di Melissa, o forse il fatto che avesse appena detto a
Spencer che avrebbe vinto l’Orchidea d’Oro, Spencer voleva dire la verità a Melissa.
“C’è qualcosa che devi sapere,” sbottò Spencer. “Ho baciato Ian quando ero in seconda media e
uscivate insieme.” Deglutì. “È stato solo un bacio privo di significato. Lo giuro.” Ora che aveva
tirato in ballo l’argomento, Spencer non riuscì a fermarsi. “Non è proprio come quello che c’era tra
Ian ed Ali.”
“Il rapporto tra Ian ed Ali,” ripeté Melissa fissando la barbie che aveva in mano.
“Già.” Spencer si sentì come un vulcano che brontolava, come se stesse per eruttare. “Ali me ne ha
parlato prima di sparire, ma devo averlo rimosso.”
Melissa iniziò a pettinare la barbie popolare, le labbra strette.
“Ho rimosso anche altro,” Spencer continuò insicura, sentendosi un po’ a disagio. “Quella notte, Ali
mi ha fatta arrabbiare – diceva che mi piaceva Ian, che cercavo di rubarglielo. Era come se volesse
che impazzissi. Poi l’ho spinta. Non volevo farle del male, ma ho paura di … “
Spencer si coprì la faccia con le mani. Ripetere la storia a Melissa era come rivivere quella notte.
I vermi della pioggia della notte scorsa strisciavano lungo il sentiero. La cinghia del reggiseno
rosa di Ali scivolò, e il suo piede brillava al chiaro di luna. Era tutto vero. Era successo. Melissa si
mise la barbie in grembo e diede un piccolo sorso alla vodka. “Sapevo che Ian ti aveva baciata. E
sapevo della relazione tra Ali ed Ian.”
Spencer restò a bocca aperta. “Ian te l’ha detto!?”
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Melissa aggrottò la fronte. “Ho tirato ad indovinare. Ian non riusciva a nascondere certe cose. Non a
me.”
Spencer fissò sua sorella, un brivido le serpeggiava lungo la schiena. La voce di Melissa era piatta,
come se stesse trattenendo una risatina. Poi guardò Spencer. Sorrise ampiamente, in modo strano.
“Per il fatto di essere preoccupata di aver ucciso Ali, non penso sia colpa tua.”
“Non … lo pensi?”
Melissa scosse leggermente la testa per poi farla scuotere anche alla barbie in grembo. “Ci vuole
una persona unica nel suo genere per uccidere, e non sei tu.”
Alzò la tazza di vodka verso il soffitto e la fece gocciolare. Poi, con la mano buona, portò la barbie
all’altezza del collo e le staccò la testa. La diede a Spencer, che aveva gli occhi spalancati. “Non sei
proprio tu.”
La testa della barbie entrava perfettamente nella cavità della mano di Spencer, le labbra serrate in
un sorriso da civetta e gli occhi di un blu zaffiro. Un’ondata di nausea attraversò Spencer. Non ci
aveva mai fatto caso, ma la bambola assomigliava incredibilmente ad … Ali.
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8. NON TUTTI PARLANO DI QUESTA ROBA IN UNA STANZA D'OSPEDALE?
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
Lunedì mattina, invece di correre alla lezione d'inglese prima che suonasse la campana, Aria stava
correndo verso l'uscita della Rosewood Day. Aveva appena ricevuto un messaggio di testo sul suo
Treo da Lucas. “Aria, vieni all'ospedale se puoi”, diceva. “Finalmente lasciano che la gente veda
Hanna.”
Lei era talmente assorta e concentrata, che non vide suo fratello, Mike, fino a che non stette in piedi
giusto di fronte a lei. Indossava una maglietta con un'icona del coniglietto di Playboy sotto la sua
giacca e un braccialetto blu da lacrosse universitario di Rosewood Day. Inciso nel braccialetto di
gomma c'era il suo soprannome nella squadra che, per qualche ragione, era Buffalo. Aria non osò
chiedere perché – probabilmente era uno scherzo riguardo al suo pene o qualcosa del genere. La
squadra di lacrosse stava diventando ogni giorno di più una confraternita.
“Hey,” disse Aria, un po' distratta. “come stai?”
Le mani di Mike sembravano saldate ai suoi fianchi. La smorfia sul suo viso indicava che non era
per una breve chiacchierata. “Ho sentito che adesso stai vivendo con papà.”
“Come ultima risorsa,” disse Aria rapidamente. “Io e Sean abbiamo rotto.”
Mike socchiuse i suoi blu ghiaccio. “Lo so. Ho sentito anche quello.”
Aria fece un passo indietro, sorpresa. Mike non sapeva di Ezra, vero? “Volevo solo dirti che tu e
papà siete degni l'uno dell'altro” Mike scattò, girandosi e quasi scontrandosi con una ragazza in
uniforme da cheerleader “Ci vediamo più tardi.”
“Mike, aspetta!” esclamò Aria. “Sistemerò tutto, lo prometto!”
Ma lui continuò ad avanzare. La scorsa settimana Mike aveva scoperto di come Aria avesse saputo
della relazione del loro padre per tre anni. In superficie, aveva fatto il duro e il freddo dinnanzi alla
dissoluzione del matrimonio dei loro genitori. Lui giocava al lacrosse universitario, facendo
commenti osceni alle ragazze, e cercando di dare ai suoi compagni di squadra scioglilingua di tette
nei corridoi. Però Mike era come una canzone di Björk – tutte felici, vertigini e divertimento in
superficie ma sotto gorgoglianti a causa delle turbolenze e del dolore. Non poteva immaginare ciò
che Mike avrebbe pensato se avesse saputo che Byron e Meredith stavano programmando di
sposarsi.
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Mentre tirava un gran sospiro e proseguiva verso la porta laterale, si rese conto che una figura in un
abito a tre pezzi la guardava dall'altra parte del corridoio.
“Sta andando da qualche parte, Sig.na Montgomery?” chiese il preside Appleton.
Aria sussultò, il suo viso sempre più caldo. Non aveva visto Appleton da quando Sean aveva parlato
al personale di Rosewood di Ezra. Ma Appleton non la guardava esattamente arrabbiato – più come
se fosse...nervoso. Quasi come se Aria fosse qualcuno che doveva trattare molto, molto
delicatamente. Aria cercò di nascondere un sorriso. Appleton probabilmente non voleva che Aria
sporgesse denuncia contro Ezra o che parlasse mai più dell'incidente. Ciò avrebbe attirato sulla
scuola attenzioni sconvenienti, e Rosewood Day non avrebbe mai potuto averle.
Aria si voltò, piena di energia. “C'è un posto dove dovrei essere” insistette.
Era contro la politica di Rosewood Day andarsene da una lezione, ma Appleton non fece niente per
fermarla.
Forse il casino di Ezra era utile a qualcosa, dopotutto.
Arrivò all'ospedale con rapidità e corse fino al reparto di terapia intensiva del terzo piano.
All'interno, i pazienti erano sdraiati in cerchio, separati solo da tende. Un'infermiera era seduta a un
lungo tavolo a forma di U al centro della stanza. Aria superò una vecchia donna di colore che
sembrava morta, un uomo dai capelli argentati con un collare, e una quarantenne dall'aspetto
stordito che stava borbottando fra sé. La sezione di Hanna era lungo una delle pareti. Con i suoi
capelli castani, lunghi, la pelle senza rughe, e il corpo giovane, teso, Hanna era sicuramente quella
che non apparteneva al reparto terapia intensiva. L'area recintata era piena di fiori, scatole di
dolcetti, pile di riviste, e animali di peluche. Qualcuno le aveva comprato un enorme orso bianco
che indossava una vestaglietta modellata. Quando Aria aprì l'etichetta nel braccio felpato dell'orso,
vide che il nome dell'orso era Diane von Fursten. C'era un gesso da inaugurare nel braccio di
Hanna. Lucas Beattie, Mona Vanderwaal e i genitori di Hanna avevano già firmato. Lucas era
seduto nella sedia di plastica gialla accanto al letto di Hanna con un Teen Vogue in grembo. “Anche
le gambe più pallide trarranno beneficio dalla mousse Lancôme Soleil Flash Browner, che dona alla
pelle una sottile lucentezza” lesse, leccandosi il dito per girare pagina. Quando notò Aria, si fermò,
uno sguardo timido che gli attraversava il volto. “I dottori dicono che fa bene parlare con
Hanna...che lei può sentire. Ma forse l'autunno è un periodo stupido per parlare di autoabbronzanti?
Forse al suo posto dovrei leggerle l'articolo su Coco Chanel? O quello sui nuovi stagisti di Teen
Vogue? Si dice che siano migliori delle ragazze Hills.”
Aria guardò Hanna, un nodo che cresceva in gola. Protezioni metalliche allineate ai lati del suo
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letto, come se fosse una bambina che rischiasse di cadere. C'erano lividi verdi sul suo viso e i suoi
occhi chiusi parevano sigillati. Questa era la prima volta che Aria vedeva un paziente in coma da
vicino. Un monitor registrava il battito del cuore e la pressione sanguigna di Hanna facendo uscire
un rumore costante di bip, bip, bip. Faceva sentire Aria a disagio. Non poteva fare a meno di
prevedere che il segnale acustico avrebbe tracciato una linea piatta, come faceva sempre nei film
prima che qualcuno morisse. “Quindi, i dottori hanno detto nulla sulla sua prognosi?” chiese Aria
con voce tremante.
“Beh, la sua mano si muove di tanto in tanto, vedi?” Lucas indicò la mano destra di Hanna, quella
con l'ingessatura. Le sue unghie sembravano essere state recentemente dipinte di corallo brillante da
qualcuno. “Ciò sembra promettente. Ma i medici dicono che può significare qualsiasi cosa, non
sono ancora sicuri se abbia qualche danno cerebrale.”
Lo stomaco di Aria cedette.
“Io però sto cercando di pensare positivo. Lo sventolio significa che si sta per svegliare.” Lucas
chiuse la rivista e la collocò sul comodino di Hanna. “E a quanto pare, alcune delle letture della sua
attività cerebrale mostrano che lei potrebbe essere stata sveglia la notte scorsa...ma nessuno l'ha
visto.” sospirò “Vado a prendermi una bibita. Vuoi qualcosa?”
Aria scosse la testa. Lucas si alzò dalla sedia e Aria prese il suo posto. Prima di andarsene Lucas
tamburellò con le dita contro il telaio della porta. “Hai sentito che venerdì ci sarà una veglia a lume
di candela per Hanna?”
Aria si strinse nelle spalle. “Non trovi bizzarro che sia al country club?”
“Una cosa del genere” sussurrò Lucas “O conveniente”
Rivolse un sorrisetto ad Aria e camminò lontano. Come ebbe colpito il pulsante della porta
automatica e fu uscito dal reparto di terapia intensiva Aria sorrise. Le piaceva Lucas. Sembrava
stanco delle stronzate pretenziose di Rosewood quanto lei. E certamente era un buon amico. Aria
non aveva idea di come fosse capace di mancare così tanto a scuola per stare con Hanna, ma era
bello che qualcuno rimanesse con lei.
Aria allungò una mano a toccare quella di Hanna, e le dita di Hanna si curvarono intorno alle sue.
Aria si allontanò, spaventata, poi rimproverò se stessa. Non era come se Hanna fosse morta. Non
era come se Aria avesse stretto la mano di un cadavere e il cadavere avesse ricambiato la stretta.
“Okay, posso trovarmi lì questa sera, e possiamo passare attraverso le telecamere insieme” disse una
voce alle sue spalle “Questo è fattibile?”
Aria si voltò, cadendo quasi dalla sedia. Spencer premette il pulsante OFF sul suo Sidekick e rivolse
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ad Aria un sorriso di scuse. “Mi dispiace.” Alzò gli occhi “L'annuario non può fare niente senza di
me.” Guardò Hanna, impallidendo un poco. “Sono venuta qui non appena il mio tempo libero è
iniziato. Come sta?”
Aria incrinò fortemente le nocche, l'articolazione del pollice fece un pop sconcertante. Era
stupefacente che in mezzo a tutto questo, Spencer continuasse a guidare ottomila comitati e avesse
trovato il tempo di finire sulla prima pagina del Philadelphia Sentinel. Benché Wilden avesse più o
meno scagionato Spencer, c'era ancora qualcosa in lei che dava da pensare ad Aria.
“Dove sei stata?” domandò Aria bruscamente.
Spencer fece un passo indietro, come se Aria la avesse spinta. “Sono dovuta partire lontano con i
miei genitori. Nel New Jersey. Sono venuta appena ho potuto.”
“Hai ricevuto una nota da -A sabato?” esigette sapere Aria “Sapeva troppo?”
Spencer annuì con la testa ma non parlò. Strinse le nappe della sua borsa di tweed Kate Spade e e
guardò con cautela tutti i dispositivi medici elettronici di Hanna.
“Hanna ti ha detto chi è?” la incitò Aria.
Spencer si accigliò. “Chi è chi?”
“-A” Spencer sembrava ancora confusa, e una sensazione nervosa tormentava l'intestino di Aria.
“Hanna sapeva chi fosse -A, Spencer.” Guardò Spencer con attenzione. “Hanna non ti ha detto
perchè ci voleva incontrare?”
“No.” La voce di Spencer si incrinò. “Lei mi aveva solo detto che c'era qualcosa importante che
voleva dirmi.” Si lasciò sfuggire un lungo respiro.
Aria pensò agli occhi folli e prudenti di Spencer facendo capolino dal bosco dietro Rosewood Day.
“Ti ho vista, lo sai” scattò lei “Ti ho vista nel bosco sabato. Tu eri lì...in piedi. Che stavi facendo?”
Il colore scomparve dal viso di Spencer. “Avevo paura” sussurrò “Non avevo mai visto niente che
mi mettesse tanta paura in vita mia. Non potevo credere che qualcuno avesse investito davvero
Hanna”
Spencer sembrava terrorizzata. All'improvviso, Aria sentì il suo sospetto abbandonarla. Si chiese
che cosa avrebbe pensato Spencer se avesse saputo che lei aveva pensato che fosse l'assassino di
Ali, e che aveva anche condiviso la teoria con Wilden. Ricordò le parole di giudiio di Wilden: E'
questo che fate voi ragazze? Dare la colpa alle vostre vecchie amiche di omicidio? Forse Wilden
aveva ragione: Spencer avrebbe potuto recitare in alcune delle recite scolastiche ma non un'attrice
abbastanza brava da aver ucciso Ali, entrare nel fienile, e convincere il resto delle sue migliori
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amiche che lei fosse innocente, senza malizia, e con la paura che tutte loro avevano.
“Non posso credere che qualcuno abbia fatto questo ad Hanna” disse Aria a bassa voce. Sospirò
“Allora, ho scoperto qualcosa sabato. Penso...io penso che Ali e Ian Thomas stessero uscendo,
quando eravamo in settimo grado.”
La bocca di Spencer si aprì “Anch'io ho scoperto questo sabato”
“Non lo sapevi già?” Aria si grattò la testa, presa in contropiede.
Spencer fece un altro passo nella stanza. Mantenne lo sguardo fisso nel liquido trasparente che
riempiva la sacca per endovena di Hanna. “No”
“Credi che lo sapesse qualcun altro?”
Un espressione indecifrabile attraversò il volto di Spencer. Parlare di tutto questo sembrava farla
sentire davvero a disagio. “Penso che l'abbia fatto mia sorella”
“Melissa l'ha saputo per tutto questo tempo, ma non ha mai detto niente?” Aria passò le mani lungo
il bordo del mento.
“Questo è strano.” Lei pensò a tre delle piste de -A riguardo l'assassino di Ali: che era vicina, che
voleva qualcosa che Ali aveva, e che lei conosceva ogni centimetro del cortile dei DiLaurentis. Tutti
e tre gli indizi insieme solo si potevano applicare a una manciata di persone. Se Melissa sapeva di
Ali e Ian, allora forse lei era una di quelle.
“Dovremmo dire ai poliziotti di Ian e Ali?” suggerì Spencer.
Aria si torse le mani. “L'ho menzionato a Wilden”
Un rossore di sorpresa passò sul volto di Spencer. “Oh,” disse con un filo di voce.
“Va bene?” chiese Aria, alzando un sopracciglio.
“Certo,” disse Spencer vivacemente, recuperando compostezza. "Allora...pensi che dovremmo
dirgli di -A?"
Aria spalancò gli occhi. “Se lo facciamo -A potrebbe...” si interruppe, con una sensazione di nausea.
Spencer fissò Aria per un lungo tempo “-A sta gestendo completamente le nostre vite” sussurrò.
Hanna era ancora immobile nel suo letto. Aria si chiese se davvero potesse sentire, proprio come
aveva detto Lucas. Forse aveva sentito tutto quello che aveva appena detto a proposito di -A e
voleva dire loro quello che sapeva, solo che era intrappolata dal coma. O forse aveva sentito tutto
quello che aveva detto ed era disgustata dal fatto che stessero parlando di questo, invece di
preoccuparsi se Hanna si sarebbe risvegliata.
Aria liscio le lenzuola sopra il petto di Hanna, portandogliele fino al mento come era solita fare Ella
quando aveva la febbre. Dopo, un riflesso tremolante nella piccola finestra dietro il letto di Hanna
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attirò la sua attenzione. Aria si raddrizzò, i suoi nervi tintinnavano. Era come se qualcuno fuori della
stanza di Hanna stesse in agguato accanto a una sedia a rotelle vuota, cercando di non essere visto.
Si girò di scatto, con il battito accelerato, e tirò la tenda.
“Cosa?” gridò Spencer, girandosi anche lei.
Aria trasse un profondo respiro. “Niente.” Chiunque fosse era svanito.
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9. NON E' DIVERTENTE ESSERE IL CAPRO ESPIATORIO?
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
La luce colpì gli occhi di Emily. Lei abbracciò il suo cuscino e sprofondò di nuovo nel sonno. I
suoni di Rosewood la mattina erano tanto prevedibili come il sorgere del sole, i latrati del cane dei
Kloses, mentre scappava durante la sua passeggiata intorno al blocco, il rombo del camion della
spazzatura, i suoni del programma Today, che sua madre guardava tutte le mattine, e il canto del
gallo.
I suoi occhi si aprirono di colpo. Un gallo?
La camera puzzava di fieno e vodka. Il letto di Abby era vuoto. Dato che i cugini erano voluti
restare più a lungo di Emily alla festa della scorsa notte, Trista l'aveva accompagnata al cancello dei
Weavers. Forse Abby non era ancora tornata a casa...
L'ultima volta che aveva visto Abby alla festa, stava addosso a un ragazzo che indossava una
maglietta dell'università di Iowa sul cui retro compariva, grande e accigliata, la mascotte Herky il
Falco.
Quando girò la testa, vide sua zia Helene in piedi sulla soglia. Emily gridò e tirò le lenzuola intorno
a lei. Helene era già vestita con un lungo maglione patchwork e una maglietta bordata con dei
volant. Gli occhiali le vacillavano pericolosamente sulla punta del naso. “Vedo che sei sveglia”
disse “Per favore, vieni di sotto”
Emily rotolò lentamente giù dal letto, mettendosi sopra una camicia, un paio di pantaloni del
pigiama della squadra di nuoto di Rosewood, e calzini a rombi. Il resto della notte precedente si
precipitò verso di lei, confortante come sprofondare in un lungo, caldo bagno. Emily e Trista
avevano passato il resto della serata a fare una pazza square dance, e un sacco di ragazzi si erano
uniti a loro. Avevano parlato senza sosta lungo la strada di ritorno verso la casa dei Weavers,
nonostante fossero tutte e due esauste. Prima che Emily scendesse dall'auto, Trista aveva toccato
l'interno del suo polso.
“Sono felice di averti conosciuta” sussurrò Trista. E anche Emily era felice.
John, Matt ed Abby stavano al tavolo della cucina, fissando assonnati le loro ciotole di cheerios.
Un piatto di pancakes se ne stava al centro del tavolo. “Hey ragazzi” disse Emily allegra. “C'è
qualcosa per colazione che non sia cheerios o pancakes?
“Non penso che la colazione debba essere la tua principale preoccupazione in questo momento,
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Emily”
Emily si girò, il suo sangue che si faceva freddo. Lo zio Allen stava al bancone, la sua postura
rigida, un espressione di disappunto sul suo viso dai lineamenti alterati. Helene si appoggiò alla
stufa, altrettanto rigida. Emily guardò nervosamente da Matt a John fino ad Abby, ma nessuno di
loro ricambiò lo sguardo.
“E così,” Helene iniziò a camminare per la stanza, le sue scarpe dalla punta quadrata che
ticchettavano contro le assi del pavimento “sappiamo cosa avete fatto voi quattro la notte scorsa.”
Emily si lasciò cadere su una sedia, con un calore che le stava strisciando dentro le guance. Il suo
cuore cominciò a battere più forte.
“Voglio sapere di chi è stata l'idea” Helene fece il giro del tavolo come un falco che si apprestasse a
lanciarsi sulla sua preda. “Chi voleva uscire con quei ragazzi della scuola pubblica? Chi ha pensato
che andasse bene bere alcolici?”
Abby infilò un cheerio solitario nella sua ciotola. John si grattò il mento. Emily teneva le labbra
incollate insieme.
Lei non avrebbe detto niente. Lei e i suoi cugini avrebbero creato un legame di solidarietà,
rimanendo in silenzio a vantaggio di tutti. Era così che Emily, Ali e le altre avevano operato anni fa,
nelle rare occasioni in cui qualcuno le aveva sorprese davvero a fare qualcosa.
“Allora?” disse Helene bruscamente.
Abby scosse il mento. “E' stata Emily” esplose “Lei mi ha minacciata, madre. Sapeva della festa
della scuola pubblica e ha preteso che ce la portassimo. Ho portato Matt e John perché così
saremmo state al sicuro”
“Cosa?” Emily rimase a bocca aperta. Si sentiva come se Abby l'avesse colpita al petto con la
grande croce di legno che era appesa sopra la porta. “Non è vero! Come avrei potuto sapere di
qualche festa? Non conosco nessuno a parte voi!”
Helene sembrava disgustata. “Ragazzi? E' stata Emily?”
Matt e John fissarono le loro ciotole di cereali e annuirono lentamente.
Emily si guardò intorno al tavolo, troppo arrabbiata e tradita per respirare. Voleva gridare quello che
era successo in realtà. Matt aveva bevuto dall'ombelico di una ragazza. John aveva ballato con
Chingy in boxer. Abby si era fatta cinque ragazzi e forse una mucca.
I suoi arti cominciarono a tremare. Perchè le stavano facendo questo? Non erano suoi amici?
“Nessuno di voi sembrava molto sconvolto di trovarsi là!”
“E' una bugia!” gridò Abby. “Eravamo tutti molto sconvolti!”
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Allen tirò la spalla di Emily, scuotendola ai suoi piedi “Questo non funzionerà”, disse a bassa voce,
portando il suo viso vicino al suo. Odorava di caffè e di qualcosa di organico, forse soia. “Non sei
più la benvenuta qui.”
Emily fece un passo indietro, il suo cuore sprofondò ai suoi piedi. “Cosa?”
“Abbiamo fatto ai tuoi genitori un gran favore” ringhiò Helene. “Avevano detto che eri
problematica, però non ci saremmo mai aspettati questo” Schiacciò il pulsante ON del telefono
cordless. “Li sto chiamando ora. Ti porteremo all'aeroporto, ma loro dovranno trovare un modo per
pagare per farti tornare a casa. E dovranno decidere cosa fare con te.”
Emily sentì gli occhi di tutti e cinque i Weavers su di lei. Non voleva piangere, prendere grandi
respiri, inghiottire l'aria stantia della fattoria.
I suoi cugini l'avevano tradita. Nessuno di loro stava dalla sua parte. Neanche uno.
Si voltò e scappò fino alla piccola camera da letto. Una volta lì, buttò di nuovo i vestiti nella borsa
del nuoto. La maggior parte della sua roba odorava ancora di casa – un mix di ammorbidente
Snuggle (quello che in Italia si chiama Coccolino) e di spezie casalinghe di sua madre. Si rallegrò
che non avrebbe mai odorato di quel posto orribile.
Giusto prima di chiudere la cerniera si fermò. Helene probabilmente stava chiamando i suoi
genitori, dicendo loro tutto. Si immaginò sua madre in piedi nella sua cucina a Rosewood, portare il
telefono all'orecchio e dire “Per favore non rimandate Emily qui. La nostra vita è perfetta senza di
lei.”
La visione di Emily venne offuscata dalle lacrime, e il suo cuore faceva male, letteralmente.
Nessuno la voleva. E quale sarebbe stata l'opzione successiva di Helene? Avrebbe cercato di
mandare Emily da qualche altra parte? Una scuola militare? Un convento? Esistevano ancora?
“Devo uscire di qui” sussurrò Emily alla fredda stanza degli ospiti. Il suo cellulare si trovava ancora
in fondo al vaso delle maledizioni, nel corridoio. Il coperchio venne via con facilità, e nessun
allarme suonò. Lasciò cadere il telefono in tasca, prese i bagagli, e strisciò giù per le scale. Se solo
fosse potuta uscire dalla proprietà dei Weavers era abbastanza sicura che ci fosse un minuscolo
negozio di alimentari a circa un miglio di distanza lungo la strada. Avrebbe potuto pianificare la
prossima mossa da lì.
Quando scoppiò a ridere sulla veranda, quasi non si accorse di Abby rannicchiata sull'altalena.
Emily era talmente spaventata da lasciar cadere il suo borsone ai suoi piedi. La bocca di Abby si
sistemò a formare una U rovesciata. “Non ci aveva mai scoperti. Quindi devi aver fatto qualcosa
che abbia attirato la sua attenzione.”
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“Io non ho fatto niente,” disse Emily impotente. “Lo giuro.”
“E ora, per colpa tua, saremo bloccati e rinchiusi per mesi.” Abby roteò gli occhi. “E per la cronaca,
Trista Taylor è una grandissima puttana. Cerca di montare qualsiasi cosa che si muova – ragazzo o
ragazza.”
Emily indietreggiò, a corto di parole. Afferrò la sua borsa e corse lungo il vialetto d'ingresso.
Quando giunse al cancello del bestiame, quella stessa capra era ancora legata al palo di metallo, la
campana che suonava soavemente intorno al suo collo.
La corda non era allentata sufficientemente da permetterle di sdraiarsi, e sembrava che Helene non
le avesse neppure messo dell'acqua. Nel momento in cui Emily guardò gli occhi gialli della capra
con le loro strane pupille quadrate, sentì un legame – capro espiatorio da capra “cattiva”. Lei sapeva
cosa volesse dire essere crudelmente, ingiustamente punita.
Emily fece un respiro profondo e fece scivolare la corda dal collo della capra, poi aprì il recinto del
bestiame e agitò le braccia. “Va', ragazza”, sussurrò. “Sciò.”
La capra guardò Emily, le labbra serrate. Poi fece un passo in avanti, e dopo ancora un altro. Una
volta attraversato il recinto, si mise a trottare, impettita lungo la strada.
Emily si chiuse alle spalle la porta del recinto del bestiame. Anche lei era maledettamente felice di
essere libera da quel posto.
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10. QUANTO DI PIU’ LONTANO DA CIO’ CHE ARIA SI SAREBBE ASPETTATA
DALL’ARTE CREATIVA
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Quel pomeriggio del lunedì era avvolto dalle nubi, che oscuravano il cielo, con folate di vento
impetuoso che trascinavano per tutta Rosewood le foglie gialle degli aceri.
Aria si tirò sulla testa il berretto di lana color fragola, fin sopra le orecchie e corse vero l’Edificio
d’Arti visive della Hollis, intitolato a Frank Lloyd Wright, per seguire la sua prima lezione di arti
creative.
I corridoi brulicavano di studenti, cartelloni che sponsorizzavano vendite d’arte, annunci di affittacamere infissi alle bacheche.
Aria notò un volantino che diceva: Avete visto lo Stalker di Rosewood? Con accanto una fotografia
in bianco e nero che ritraeva una figura sfocata nei boschi, sembrava uno di quegli scatti confusi e
poco nitidi del mostro di Loch Ness.
La settimana scorsa i notiziari non avevano parlato d’altro che di questo fantomatico stalker che
spiava la gente in ogni mossa e la inseguiva di soppiatto. Aria, però, non ne aveva più sentito
parlare già da qualche giorno, pensandoci bene esattamente da quando non avevano più avuto
notizie di A.
L’ascensore era fuori servizio, così dovette salire i freddi scaloni grigi fino al secondo piano.
Entrò nella sua aula e fu sorpresa nel trovarla buia e silenziosa.
Intravide una forma frastagliata, una sorta di tremolio contro la finestra sulla parete opposta, e
appena i suoi occhi si abituarono al buio, si rese conto che la stanza in realtà era piena.
“Entri pure” disse una voce roca di donna.
Aria si fece strada passando rasente al muro della parete, il vecchio edificio della Hollis era tutto
uno scricchiolio e non potè fare a meno di sobbalzare.
Qualcuno accanto a lei odorava di mentolo, qualcuno d’aglio, altri di fumo di sigaretta.
Le parve di sentire delle risatine.
“Ok credo che ci siamo tutti” disse la voce. “Il mio nome è Sabrina, benvenuti alla lezione d’arte
creativa. Probabilmente vi starete domandando perché abbiamo spento le luci. L’arte è una forma
visiva, va vista, giusto? Beh indovinate un po’: non è del tutto vero. L’arte è anche toccare,
annusare, sentire. Per lo più si tratta di lasciarsi andare. Prendete tutte le verità e le certezze che
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credete di avere, e buttatele dalla finestra per quanto mi riguarda. Abbracciate l’imprevedibilità
della vita, superate i vostri confini e ripartite da zero”
Aria cercò di soffocare uno sbadiglio.
La cadenza della voce di Sabrina era lenta e soporifera, e le aveva fatto venir voglia di rannicchiarsi
e chiudere gli occhi.
“Le luci spente sono un ottimo esercizio” disse “In genere ci facciamo un idea di qualcuno o di
qualcosa nelle nostre menti, basandoci su semplici elementi. Il suono della voce, la musica che
ascolta, ciò che crediamo di conoscere del suo passato, forse. A volte i nostri giudizi si rivelano
essere inesatti, del tutto distanti dalla realtà.
Anni fa lei ed Alison il sabato andavano a lezione d’arte assieme. Se Ali fosse stata in quella classe,
adesso, avrebbe cominciato a roteare gli occhi dicendo che Sabrina fosse una testa piena di
frumento dalle ascelle pelose.
Secondo Aria, però, quello che stava dicendo l’insegnante, aveva senso. E specialmente per ciò che
riguardava Ali.
Aria non avrebbe mai immaginato che lei avesse una relazione segreta col ragazzo della sorella
della sua migliore amica, anche se questo in effetti spiegava una serie di strane cose avvenute prima
della sua scomparsa.
Per esempio aveva detto di dover andare fuori città con i suoi genitori, il che sicuramente era
soltanto una scusa per passare del tempo con Ian.
O un'altra volta ancora, quando era andata in bici fino a casa Di Laurentis per farle una sorpresa e
l’aveva trovata in cortile che bisbigliava al cellulare con qualcuno “Ci vediamo questo fine
settimana, va bene?” stava dicendo “Ne parleremo allora”. Quando Aria l’aveva chiamata a voce
alta Ali si era girata di scatto, spaventata. Lei ingenuamente gli aveva chiesto con chi stesse
parlando, ma Alison aveva semplicemente chiuso il telefono in fretta e furia distogliendo lo
sguardo. Poi dopo un po’ le aveva chiesto.
“Allora, quella ragazza che baciava tuo padre? Scommette che era una di quelle ragazze del college
che si butta su tutti i ragazzi… certo che ci vuole coraggio per farsela col proprio insegnante!”
Aria le aveva voltato le spalle, mortificata. Si riferiva al giorno in aveva scoperto Byron baciare
Meredith, Ali era con lei quella volta, e non smetteva di darle il tormento.
Aria era già in sella alla bici di ritorno verso casa, quando aveva realizzato che non aveva risposto
alla sua domanda.
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“Questo è quello che voglio che facciate” continuò Sabrina a voce alta, distraendola dai suoi ricordi.
“trovate la persona più vicina a voi e tenetele le mani. Provate a farvi un idea del vostro vicino solo
dal modo in cui vi tocca. Poi accendete le luci e confrontate le impressioni reciproche rispetto a
quello che avevate immaginato”.
Aria frugò nel buio. Qualcuno le prese le mani. Riusciva a sentire le ossa dei suoi polsi e le pieghe
dei suoi palmi.
“Che viso associate al tocco di questa persona?” chiese Sabrina.
Aria chiuse gli occhi, cercando di pensare. La mano era piccola e fredda, la pelle un po’ secca.
L’immagine di un viso cominciò a prender forma nella sua mente. Prima degli zigomi pronunciati,
poi occhi di un azzurro acceso. Lunghi capelli biondi, labbra rosa a cuoricino.
Ad Aria si strinse lo stomaco. Stava pensando ad Ali.
“Allontanatevi dal vostro compagno adesso” diede istruzioni “Dovete fare uno schizzo adesso.
Accenderò le luci ma non guardate il vostro partner, prima disegnate in maniera più precisa
possibile l’immagine di lui che vi siete fatti.. poi vedremo se vi sarete avvicinati alla realtà o meno.”
La luce improvvisa delle plafoniere le fece male agli occhi, mentre prendeva il suo blocco da
disegno. Tiro fuori il carboncino e provò a mettere su carta. Ma più ci provava, più continuava a
disegnare il viso di Ali. Quando lo guardava, un groppo in gola l’assaliva.
C’era lo stesso accenno di sorriso di ali, e la scintilla subdola nel suo sguardo.
“Molto carino” disse Sabrina, che aveva esattamente lo stesso aspetto che suggeriva la sua voce,
con lunghi capelli castani arruffati, grosse tette, ventre abbondante e lunghe gambe.
Passò dal compagno di Aria. “E’ bellissimo” disse.
Aria si sentì infastidita. Perché il suo era solo “carino” e non “bellissimo”?
Qualcuno disegnava meglio di lei? Impossibile.
“Tempo scaduto” annunciò Sabrina. “Adesso giratevi e mostrate il vostro lavoro al partner.
Aria si girò. Aveva proprio voglia di vedere questo “bellissimo” disegno del suo compagno. E in
realtà… lo era davvero. Non assomigliava molto ad Aria, era di gran lunga più bello di quanto lei
stessa avrebbe mai potuto fare.
Gli occhi di Aria si spostarono sulla persona che le sedeva affianco.
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Il suo compagno, anzi compagna, indossava una magliettina aderente Nanette Lepore rosa.
Aveva lunghi capelli scuri che le cadevano sulle spalle. Una pelle liscia e chiara.
Poi Aria notò il familiare nasò all’insù e gli occhiali da sole Gucci.
C’era un cane appisolato, con una giacchetta blu, ai piedi della ragazza.
Aria s’irrigidì.
“Non posso vedere come mi hai ritratta” disse la compagna in modo dolce, indicando il suo cane
guida per non vedenti. “Ma sono certa che è bellissima”.
La lingua di Aria le si seccò in bocca.
La sua compagna era Jenna Cavanough.
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11. BENTORNATA… PIU’ O MENO
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Dopo aver avuto l’impressione d’essere avvolta da un turbinio di stelle, Hanna si ritrovò
all’improvviso alla luce, seduta sul portico di Ali. Di nuovo quella sensazione, come se stesse
cercando di uscir fuori dalla magliettina di American Apparel e i jeans che indossava
"Potremmo fare il pigiama party nel fienile di Melissa!" stava dicendo Spencer.
“Non male”, aveva sorriso Ali.
Hanna si ritrasse.
Era come bloccata, nel dover rivivere continuamente e ancora, e ancora, le immagini di quello
stesso giorno, come il tipo di quel vecchio film Il giorno della marmotta.
Forse davvero avrebbe dovuto riviverlo, sarebbe dovuta tornare indietro e convincere Ali in ogni
modo di come fosse in grave pericolo.
Ma.. l’ultima volta che aveva rivissuto quel ricordo, Ali era comparsa accanto a lei come in un
sogno, per dirle che stava bene.
Ma lei non stava bene, e niente andava bene.
“Ali” l’esortava Hanna “che vuoi dire, cosa è ok ?”
Ali le prestava attenzione. Stava guardando Melissa che attraversava il giardino egli Hastings
confinante, con la toga della laurea appesa al braccio.
“Ehi, Melissa!” le aveva detto “Sei contenta di andare a Praga?”
“ Chi se ne frega di lei” le aveva detto Hanna “Rispondi alla mia domanda”
“E’ Hanna che parla?” disse una voce lontana lasciandola a bocca aperta. Hanna aveva inclinato la
testa, non le sembrava si trattasse di una delle sue amiche.
Dall’altra parte del cortile, Melissa stava con una mano sul fianco. “Certo, sono entusiasta!”
“Ian verrà con te?” le aveva chiesto Ali.
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Hanna afferrò il viso di Ali. "Ian non ha importanza", disse con forza. Devi ascoltarmi, Ali!"
"Chi è Ian?" La voce lontana sembrava provenire come dall’altro capo del mondo.
Era quella di Mona Vanderwaal.
Hanna si guardò intorno nel cortile di Ali, ma non riusciva a scorgere Mona.
Ali si rivolse ad Hanna, ansante un sospiro esasperato. "Dacci un taglio, Hanna."
"Ma tu sei in pericolo," Hanna farfugliò.
"Le cose non sono sempre quello che sembrano," Ali sussurrò.
"Che cosa vuoi dire?" Hanna la esortò disperatamente.
Quando raggiunse Ali, la sua mano le oltrepassò il braccio, come se fosse una proiezione.
"Che cosa, che significa?" chiese la voce di Mona.
Hanna spalancò gli occhi.
Una luce intensa per poco non l’accecò, le facevano male gli occhi.
Era sdraiata su un materasso scomodo e c’erano tante persone attorno a lei: Mona, Lucas, sua
madre e suo padre.
Un attimo: suo padre????
Hanna cercò di aggrottare le sopracciglia, ma aveva i muscoli facciali indolenziti.
“Hanna” balbettò Mona “Oh mio Dio…ti sei svegliata!”
“Stai bene tesoro?” le chiese sua madre “Riesci a sentirmi?”
Hanna si guardò le braccia, erano di nuovo sottili e non assomigliavano più a dei prosciutti.
Poi vide il tubicino spuntarle dal gomito e ricaderle sul braccio.
“Cosa sta succedendo?” chiese, guardandosi attorno. La scena davanti ai suoi occhi sembrava finta,
solo un attimo fa era sul portico con le sue amiche, quello sì che le era sembrato reale.
“Dov’è Ali?” chiese.
I genitori di Hanna si guardarono inquieti. “Ali è morta” sussurrò la madre.
“Ci vada piano con lei” disse un uomo dai capelli canuti, il naso aquilino e un camice bianco
indosso, spostando le tendine accanto al suo letto.
“Hanna? Sono il Dr. Geist. Come ti senti?”
“Dove diavolo sono?” chiese lei, spaventata.
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“Hai avuto un incidente, eravamo davvero preoccupati per te” rispose suo padre, prendendole la
mano.
Hanna guardò le facce intorno a lei, e gli aggeggi che le spuntavano da ogni parte del corpo. Oltre
alla flebo, c’era una macchina che le misurava il battito cardiaco, e un tubo che le inviava ossigeno
dal naso. Aveva caldo, poi freddo, si sentiva intorpidita e confusa.
“Incidente?” sussurrò.
“Una macchina ti ha travolta.” Le disse la signora Marin “ Al Rosewood Day. Riesci a ricordarlo?”
Le lenzuola erano appiccicose, come se qualcuno ci avesse spalmato il formaggio dei nachos.
Hanna cercò di richiamare alla memoria, ma non riusciva a ricordare niente riguardo all’incidente.
L’ultima cosa che ricordava prima di trovarsi nel cortile di Ali, era il vestito color champagne di Za
Posen che aveva ricevuto per andare alla festa di Mona. Era stato venerdì, ovvero il giorno prima
della festa. Hanna si voltò verso Mona, che sembrava sconvolta e sollevata assieme.
I suoi occhi erano contornati di viola, aveva l’aspetto di chi non dorme da giorni.
“Non mi sono persa la tua festa, vero?”
Lucas tirò su col naso. Mona alzò le spalle “No…”
“L’incidente è stato dopo” disse Lucas “Davvero non ricordi?”
Hanna cercò di strappar via il tubo di ossigeno dal naso, nessuno poteva essere attraente con
qualcosa che gli penzolava dalle narici, ma era stato fissato.
Chiuse gli occhi cercando di trovare una spiegazione.
Ma l’unica cosa che vide fu lo sguardo di Alison che le sussurrò qualcosa prima di scomparire
nell’oscurità.
“No” sussurrò Hanna. “Non ricordo assolutamente nulla di tutto ciò”.
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12. IN FUGA
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Lunedì sera, sul tardi, Emily si sedette su uno sgabello blu sbiadito al bancone della tavola calda
M&J di fronte alla stazione di Greyhound ad Akron, Ohio.
Non aveva mangiato nulla tutto il giorno, e ora fissava la fetta di torta poco invitante che aveva
ordinato, sorseggiando un caffè dal retrogusto metallico.
Accanto a lei un uomo anziano mangiava sbrodolando del budino di tapioca e un uomo con una
spilla a forma di birillo assieme ad un altro con una specie di ferro da maglia addentavano
hamburger e patatine fritte.
Il juke-box suonava un pezzo country e la proprietaria stava sporta sul registratore di cassa, dando
una spolverata ai magneti in vendita a 99 centesimi.
“Dove sei diretta?” chiese qualcuno.
Emily guardò il cuoco alla friggitrice, era un omaccione, aveva tutta l’aria di essere un patito di
caccia e pesca quando non fosse intento a cuocere formaggio sulla griglia. Emily cercò la
targhettina con su il nome, ma non ne aveva una.
Il suo berretto rosso aveva una grande A stampata sopra.
Si leccò le labbra, tremando.
“Come fai a sapere che sto andando da qualche parte?”
Lui le lanciò uno sguardo d’intesa. “Non sei di qui. E la stazione è dall’altra parte della strada. Hai
un grande borsone….quindi… Clever, vero?”
Emily sospirò fissando la sua tazza di caffè. Ci aveva messo meno di venti minuti per percorrere il
miglio di strada da Helene al minimarket, nonostante il pesante borsone.
Una volta lì aveva trovato un passaggio fino alla stazione degli autobus e aveva acquistato un
biglietto per il primo diretto nell’Iowa.
Purtroppo era finita ad Akron, un luogo in cui non conosceva nessuno, il pullman puzzava di gas, e
il ragazzo accanto a lei teneva l’IPod al massimo volume, cantando per tutto il tempo le canzoni di
una band che lei detestava. Poi, stranamente, quando l’autobus era arrivato all’Akron, Emily aveva
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trovato un granchietto nello scomparto sotto al suo sedile. Un granchio, anche se non erano affatto
vicini all’oceano.
Dal terminal il tabellone partenze segnava un bus diretto a Philadelphia alle 22:00, si sentò in preda
al panico.
Non le era mai mancata così tanto la Pennsylvania.
Emily chiuse gli occhi, non riusciva a credere che lei, proprio lei, stava davvero scappando.
Altre volte prima aveva immaginato di farlo, Ali le aveva detto che sarebbe andata con lei.
Una delle loro prime cinque scelte erano le Hawaii, poi Parigi.
Ali le aveva detto che avrebbero potuto assumere identità diverse e quando lei aveva sostenuto che
lo riteneva abbastanza difficile, lei si era stretta nelle spalle dicendo “Nah, diventare qualcun altro è
più facile di quanto tu creda”.
Ovunque fossero andate, avrebbero trascorso tantissimo tempo assieme, ed Emily aveva sempre
sperato che allora forse, Ali si sarebbe resa conto di amarla, proprio come l’amava lei.
Ma alla fine Emily ci aveva sempre ripensato e le aveva detto “Ali, non hai bisogno di fuggire, tu.
La tua vita qui è perfetta.” Allora Ali scrollava le spalle e le rispondeva che probabilmente aveva
ragione e che la sua vita era abbastanza perfetta, in effetti.
Almeno fino a quando qualcuno l’aveva uccisa.
Il cuoco alle friggitrici alzò il volume del piccolo televisore tra il tostapane e una confezione di
pancarrè aperta. Quando Emily alzò gli occhi vide un reporter della CNN davanti al Rosewood
Memorial Hospital.
Emily lo conosceva bene, ci passava davanti ogni mattina con l’auto.
“Abbiamo appena saputo che Hanna Marin, diciassette anni, residente a Rosewood e amica di
Alison DiLaurentis, la ragazza il cui corpo è stato misteriosamente ritrovato nel giardino di casa
circa un mese fa, si è appena risvegliata dal coma in cui era entrata dopo il tragico incidente di
Sabato sera” stava dicendo il giornalista in camera.
Emily fece cadere rumorosamente la tazza di caffè sul piattino. Coma?
I genitori di Hanna apparvero sullo schermo dicendo che sì, Hanna era sveglia e sembrava stesse
bene.
Non c’erano notizie riguardo al responsabile dell’incidente o al motivo dietro al folle gesto.
Emily si coprì la bocca con la mano, che puzzava della finta pelle dei sedili del bus.
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Tirò fuori il Nokia dalla tasca dei jeans e lo accese. Lo aveva lasciato spento per conservare quel
poco di carica della batteria che le rimaneva, in quanto aveva dimenticato il carica batterie
nell’Iowa. Con le dita scorse la rubrica fino al numero di Aria. Le lasciò un messaggio vocale.
“Aria sono Emily” disse dopo il segnale acustico “Ho appena saputo di Hanna e…”
S’interruppe, e tornò a guardare il televisore. Nell’angolo in alto a destra vide il suo volto, una foto
dell’annuario dell’anno precedente.
“Un'altra notizia da Rosewood: un'altra delle amiche della DiLaurentis, Emily Fields, è scomparsa”
dissero “si trovava dai parenti nell’Iowa questa settimana, ma ha lasciato la loro proprietà in
mattinata”.
Il cuoco smise per un attimo di lanciare formaggio sulla griglia e guardò la tv. Uno sguardo
incredulo gli attraversò il volto.
Guardò Emily, poi di nuovo lo schermo.
La schiumarola di metallo gli cadde in terra con un colpo sordo.
Emily premette END senza terminare il suo messaggio ad Aria.
Nello schermo, i suoi genitori in piedi davanti casa.
Suo padre indossava la sua migliore polo a quadri e sua madre un maglione in cashmere
drappeggiato sulle spalle. Carolyn era di lato a loro, con in mano una foto della squadra di nuoto, a
favore di telecamera. Emily era troppo sconvolta per imbarazzarsi del fatto che fosse in diretta
nazionale con indosso soltanto il suo costume della Speedo.
“Siamo molto in ansia” stava dicendo la madre “Vogliamo far sapere ad Emily che le vogliamo
bene e desideriamo soltanto che torni a casa”.
Cominciò a piangere silenziosamente. Le parole non avrebbero potuto spiegare ciò che provava a
sentire sua madre dire solo quelle tre paroline magiche: ti vogliamo bene.
Scivolò giù dallo sgabello, infilandosi le maniche del giubbotto.
La parola PHILADELPHIA in rosso, capeggiava su un grande autobus blu e argento dall’altro lato
della strada.
L’orologio sopra il bancone segnava le 21:53. “Ti prego fa che non abbiano esaurito i biglietti”
supplicò Emily.
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Guardò lo scontrino accanto al suo caffè e disse alla cameriera “torno subito” afferrando la sua
borsa “devo solo andare a fare il biglietto”.
Il cuoco ancora sconvolto l’aveva preso e gettato vita “Tranquilla, offre la casa” disse debolmente.
“Grazie mille”. I campanellini all’ingresso della tavola calda tintinnarono mentre Emily usciva.
Corse, attraversò la strada ed arrivò alla stazione degli autobus, ringraziando le forze dell’universo
che non ci fosse la fila alla biglietteria.
Aveva una destinazione: casa.
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13. SOLO I PERDENTI VENGONO INVESTITI DALLE AUTO
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Martedì mattina, invece di trovarsi al corso di Pilates, nella palestra Corpo Tonic come avrebbe
dovuto, Hanna stava distesa sulla schiena mentre due infermiere grassocce la lavavano con una
spugna. Non appena se ne furono andate, il suo medico, il Dr. Geist, entrò nella stanza e accese la
luce.
“La spenga!” disse Hanna bruscamente, portandosi una mano sul viso.
Il medico la lasciò accesa.
Hanna aveva chiesto che il suo caso fosse assegnato ad un altro medico. Diamine, se davvero
avrebbe dovuto trascorrere lì tutto quel tempo, non potevano almeno darle un medico più
simpatico? Ma sembrava che in quell’ospedale nessuno le desse ascolto.
Scivolò sotto le lenzuola e si diede un occhiata nello specchietto Chanel.
Sì il suo orrendo viso era ancora lì, così come le occhiaie, le labbra gonfie e violacee e i lividi sulla
clavicola. Sarebbero passati secoli prima che potesse tornare a indossare i top scollati.
Sospirò e richiuse lo specchietto. Non vedeva l’ora di trovarsi in spiaggia, quando tutto sarebbe
finito.
Dr.Geist le controllò i segni vitali, in un computer che sembrava risalire agli anni 60.
“Ti stai riprendendo alla grande. Ora che il gonfiore sta scomparendo, sembra che non abbia
riportato gravi danni al cervello. Gli organi sono a posto. E’ praticamente un miracolo.”
“Ah…” brontolò Hanna.
“E’ davvero un miracolo” disse il padre comparendo dietro al medico “ci hai fatto stare davvero in
ansia, Hanna. Non riesco a credere che qualcuno ti abbia fatto questo e sia ancora in giro”.
Hanna lo scrutò.
Suo padre indossava un completo grigio antracite ed eleganti mocassini neri lucidi. Da quando 12
ore prima si era svegliata, era stato sempre lì, incredibilmente paziente, assecondando ogni suo
capriccio.
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La prima cosa era stata chiedere che Hanna venisse spostata in una camera privata. L’ultima cosa di
cui aveva bisogno era stare a sentire la vecchia signora dall’altra parte della tenda, in terapia
intensiva, parlare dei suoi problemi intestinali e dell’imminente operazione all’anca.
Poi Hanna si era fatta portare il lettore dvd portatile e alcuni film.
Il televisore dell’ospedale trasmetteva solo sei canali.
Poi aveva pregato il padre di farle dare più antidolorifici dalle infermiere.
Infine, aveva sostenuto di non trovarsi bene in quel letto d’ospedale e l’aveva costretto a recarsi al
negozio per delle federe e un coprimaterasso nuovi.
Dando un occhiata al sacchetto in plastica con i mammuth della Tempur Pedic che adesso reggeva
in mano, sembrava fosse riuscito nell’impresa.
Il dr. Geist continuava a leggere gli appunti nella cartella di Hanna “Sembra che potrai tornare a
casa tra qualche giorno. Hai delle domande?”
“Sì!” rispose Hanna, con la voce roca, indicando i tubicini attaccati al suo braccio. “Quante calorie
ha la roba che mi state dando?” le sembrava di esser dimagrita in realtà, nonostante i pasti
dell’ospedale (o forse proprio per quelli) ma voleva esserne sicura.
Il dr. Geist la guardò stupito, probabilmente neanche a lui piaceva averla come paziente. “Sono solo
antibiotici e roba simile, per idratarti” intervenne il padre “è tutto per aiutarti a star meglio”.
Mentre uscivano dalla stanza, il dottore spense la luce.
Hanna guardò in cagnesco la porta vuota, poi si rigettò sul letto.
L’unica cosa che avrebbe potuto farla stare meglio, adesso, era una sessione di massaggi di almeno
sei ore, possibilmente fatti da un modello italiano senza camicia indosso.
Oh si, e anche un nuovo viso.
Non riusciva ancora a crederci.
Continuava a chiedersi se, dopo essersi addormentata, si sarebbe risvegliata nel suo letto, con le sue
belle lenzuola di cotone, stupenda come sempre, pronta per un giorno di shopping con Mona.
Infondo, chi è che viene investito ormai?
Quello che le era successo non era nemmeno qualcosa di figo, come un sequestro di persona oppure
non so… uno tzunami.
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C’era qualcosa che la terrorizzava e a cui non voleva pensare.
Era il grande buco nella sua memoria.
Non riusciva nemmeno a ricordare la festa di Mona.
Proprio in quel momento due figure avvolte in una blusa blu apparvero sulla porta.
Vedendo che Hanna era sveglia e cosciente, Aria e Spencer le corsero incontro, con i volti
preoccupati.
“Abbiamo provato ad entrare la scorsa notte” disse Spencer “ma le infermiere ce l’hanno impedito”
Hanna notò che Aria aveva dato un occhiata fugace ai suoi lividi verdastri e alle sue occhiaie.
“Cosa?” sbottò, gettando dietro le spalle i capelli ramati che aveva appena sistemato con la lacca.
“Dovresti far tuoi un po’ dell’animo compassionevole e della dedizione di Florence Nightingale,
Aria. Non hai per niente l’istinto da crocerossina…è’ una cosa che Sean apprezza…"Provava
ancora del risentimento per il fatto che il suo ex, Sean Akard l’avesse lasciata per Aria.
Oggi, i capelli di Aria le contornavano il viso e indossava un vestitino a scacchi rosso e bianco sotto
la divisa della scuola.
Era un incrocio tra la batterista dei White Stripes e una tovaglia da tavola.
In più non sapeva che presentandosi senza la gonna a scacchi della divisa il preside Appleton
l’avrebbe immediatamente spedita a casa a cambiarsi?
“Sean e io abbiamo rotto” borbottò Aria.
Hanna aggrottò un sopracciglio, curiosa “Oh davvero? E come mai?”
Aria si sedette sulla sedia in plastica arancione accanto al suo letto. “Non ha importanza adesso. Ciò
che conta in questo momento… è questo. Sei tu” i suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Avrei voluto essere arrivata prima al parco giochi. Non faccio che pensarci. Avremmo potuto
fermare quella macchina, in qualche modo. Ti avremmo potuta far spostare dalla strada.”
Hanna la fissò con un nodo in gola. “C’eri anche tu?”
Aria annuì, poi guardò Spencer. “Certo, eravamo tutte lì, anche Emily. Ci avevi dato
appuntamento”. I battiti di Hanna accelerarono. “Chi? Io?”
Aria le si avvicinò. Il suo alito odorava di gomme da masticare alla menta, che Hanna odiava.
“Hai detto di sapere chi fosse A!”
“Cosa?” sussurrò Hanna.
“Davvero non lo ricordi?” strillò Spencer. “Hanna, ecco chi è stato!”
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Tirò fuori il suo Android e le mostrò un sms “Guarda!”
Hanna guardò il display.
Sapeva troppo. –A
Hanna iniziò a sbattere le palpebre, perplessa. La sua mente era come un’enorme borsa Gucci, più
raschiava il fondo, più non riusciva a trovare quello che le serviva.
“A ha cercato di uccidermi?” le si chiuse lo stomaco.
Per tutto il giorno aveva avuto l’orrenda sensazione che non si fosse trattato di un banale incidente,
ma aveva cercato di mettere a tacere quel pensiero, ripetendosi che fosse una sciocchezza.
“Forse A ti ha detto qualcosa?” provò Spencer “O hai visto qualcosa? Prova a ricordare. Temiamo
che se non ricordi chi sia A lui potrebbe…” si interruppe, deglutendo “…colpire ancora” finì la
frase Aria. Hanna rabbrividì e cominciò a sudare freddo. “L’ultima cosa che ricordo è la sera prima
della festa di Mona” balbettò. “E il ricordo precedente a questo è di noi sedute nel cortile di Ali, in
seconda media, il giorno prima della sua scomparsa, mentre organizziamo il pigiama party nel
fienile. Ricordate?”
Spencer strillò gli occhi “Uh…credo di si….”
“Ho cercato di mettere in guardia Ali, di dirle che sarebbe morta il giorno dopo” continuò Hanna
alzando la voce “ Ma non mi ha prestato intenzione. Mi ha guardata e mi ha detto di smetterla con
questa storia, che tutto andava bene….”
Spencer e Aria si scambiarono uno sguardo.
“Hanna, era un sogno” disse Aria.
“Beh si ovviamente” disse Hanna alzando gli occhi al cielo “Sto’ solo dicendo che era come se Ali
fosse davvero qui” indicò un palloncino rosa ai piedi del letto con scritto GUARISCI PRESTO.
C’era disegnata una faccina con delle braccia e delle gambe a forma di fisarmonica. Prima che una
della sue amiche potessero risponderle, una voce le interruppe.
“Ehy, dov’è la paziente più sexy di tutto l’ospedale?”
Mona si fermò sulla soglia, braccia conserte. Anche lei aveva il completo della Rosewood Day e un
paio di fantastici stivali di Marc Jacobs che Hanna non aveva mai visto. Mona guardò Aria e
Spenser sospettosa, poi lasciò un mucchio di riviste di moda sul comodino.
“Pour vous, Hanna. Non sai cos’è capitato a Linsday Lohan, ti devo raccontare tutto.
“Ti adoro” urlò Hanna. Era contenta di sapere che non si fosse trattato di un allucinazione, quando
svegliandosi l’aveva vista accanto al suo letto. I rapporti tra lei e Mona erano stati un po’ tesi la
settimana prima, ma l’ultimo ricordo che aveva Hanna era di aver ricevuto per posta un vestito per
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la sua festa. Si trattava di un gesto di pace, ma era strano che non ricordasse nulla di ciò che si
erano dette dopo. In genere lei e Mona, quando si scambiavano dei regali, come un nuovo IPod o un
paio di guanti, parlavano del trucco da abbinare e cose simili.
Spencer guardò Mona. “Beh ora che Hanna è sveglia credo che non si sia più bisogno di fare quella
cosa Venerdì”.
Hanna si rianimò “Cosa?”
Mona si mise a sedere sul suo letto. “Avevamo organizzato una veglia per te al Rosewood Country
Club” ammise. “Tutti a scuola avrebbero partecipato.”
Hanna si portò una mano alla bocca commossa. “Lo stavate facendo… per me?” incrociò lo sguardo
di Mona. Le sembrava strano che lei avesse organizzato qualcosa con Spencer. Mona detestava le
vecchie amiche di Hanna, ma in realtà sembrava eccitata e a suo agio. Hanna si sentì sollevata.
“Dal momento che il club è stato prenotato, però…. Forse potremmo organizzare una festa di
bentornato?” Hanna suggerì con voce esitante. Incrociò le dita sotto le lenzuola, sperando che Mona
non la considerasse un idea stupida.
Mona serrò le labbra. “Come posso dire di no ad una festa? Specie ad una in tuo onore Han !”
Hanna era raggiante. Quella era la notizia migliore di tutta la giornata, anche meglio di quando le
infermiere le avevano permesso di usare il bagno da sola. Avrebbe voluto saltare e dar un abbraccio
di gratitudine a Mona, uno di quegli abbracci in stile “sono-così-contenta-che-siamo-di-nuovoamiche”, ma era intrappolata a tutti quei tubi.
“Specialmente visto che non riesco a ricordare nulla della tua festa di compleanno” aggiunse
Hanna, imbronciata. “E’ stata super, vero?”
Mona abbassò gli occhi, tirando via un pelucchio dal suo maglione.
“E’ tutto ok” si affrettò a dire Hanna “Puoi dirmelo, posso reggerlo” lei ci pensò un attimo.
“Ho un idea fantastica! Visto che è quasi Halloween, e poiché non sfoggio il migliore dei look in
questo momento “ s’indicò il viso “Facciamo una festa in maschera!”
“Perfetto” rispose Mona “Oh Han sarà incredibile!”
Si presero le mani e iniziarono a emettere gridolini di gioia. Spencer si sentiva a disagio, esclusa.
Ma Hanna non avrebbe potuto mettersi a strillare anche con loro. Era una cosa riservata agli amici
del cuore, e c’era posto solo per una di loro nel mondo di Hanna.
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14. INTERROGATORIO… CON SPIA
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Martedì pomeriggio, dopo l’incontro per l’annuario e il solito allenamento di un ora di hockey sul
prato, Spencer si fermò sul suo vialetto, accanto all’aiuola di ardesia.
C’era una pattuglia della polizia parcheggiata accanto alla Range Rover da combattimento di sua
madre.
Il cuore le balzò in gola, come le accadeva spesso negli ultimi giorni.
Se fosse stato un errore quello di confessare il suo sentirsi in colpa riguardo ad Ali a sua sorella
Melissa? E se Melissa le avesse detto di star tranquilla, che non era un assassina, solo per
depistarla? E se invece avesse chiamato il detective Wilden per raccontargli tutto?
Spencer tornò a pensare a quella notte.
Melissa aveva un sorriso strano dipinto sul volto, mentre le diceva che non poteva esser stata lei ad
uccidere Alison.
Spencer non poteva aver ucciso Alison.
Le parole che aveva utilizzato erano state strane, molto strane, aveva detto che una persona
particolare, unica nel suo genere avrebbe potuto ucciderla. Perché non dire un pazzo, uno spietato?
Perché proprio il termine “unica”?
Spencer aveva dato di matto, per cui da quel momento sentendosi a disagio aveva evitato la sorella.
Appena scivolò all’ingresso e appese il suo trench nell’armadio, notò che Melissa e Ian erano seduti
in un modo un po’rigido, sulla poltrona del salotto degli Hastings. Avevano l’aria di chi stesse
subendo un sonoro rimprovero, convocato nell’ufficio del preside.
Il detective Wilden stava seduto davanti a loro, sulla poltrona di pelle.
“C-ciao” disse Spencer, cogliendoli di sorpresa.
“Oh Spencer” le fece un cenno Wilden “Stavo facendo due chiacchiere con tua sorella e Ian, se non
ti spiace” . Spencer fece un passo indietro. “D-di cosa parlate?”
“Oh qualche domanda riguardo alla notte della scomparsa di Alison DiLaurentis” rispose lui, senza
distogliere lo sguardo dal suo notepad. “Vorrei conoscere la versione dei fatti di tutti”.
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Nella stanza piombò il silenzio, salvo per il suono dell’ionizzatore che la madre di Spencer aveva
comprato quando l’allergologo le aveva detto che gli acari della polvere erano la causa delle sue
rughe. Spencer uscì dalla stanza lentamente.
“C’è una lettere per te sul tavolo” le gridò dietro Melissa non appena ebbe girato l’angolo. “Mamma
l’ha messa lì per te”.
Vi era infatti una pila di posta sul tavolo, proprio acanto ad un vaso in terracotta a forma di alveare,
presumibilmente un dono di Howard Hughes per la bisnonna di Spencer. La lettera era proprio in
cima al mucchio, in una busta già aperta con il suo nome scritto di pugno sul davanti.
Dentro c’era un invito in carta color crema. A caratteri dorati c’era scritto Il comitato Dell’Orchidea
Dorata ha il piacere di invitare i finalisti per una colazione e un intervista al Daniel Restaurant a
New York City, Venerdì 15 ottobre. All’angolo c’era un post-it rosa, scritto da sua madre “Abbiamo
già comunicato con i tuoi insegnanti. Abbiamo delle stanze riservate al W per Giovedì Notte.”
Spencer se lo premette sul viso. Aveva l’odore dell’acqua di colonia Polo, di Ralph Lauren, o forse
quello era Wilden.
I suoi genitori pur sapendo ciò che aveva fatto continuavano a incoraggiarla a competere? Era così
surreale. E sbagliato…
Oppure… era tutto vero? Fece scorrere le dita sulle lettere in rilievo dell’invito. Spencer desiderava
vincere un Orchidea D’oro sin da quando era in terza elementare e i suoi genitori lo sapevano
Se non fosse stata così fuori di testa, tra la storia di Ali e di A, sicuramente sarebbe stata in grado di
scrivere da sola un saggio per l’Orchidea D’oro degno di questo nome. Ma perché non era andata
così? Ripensò a quello che Melissa aveva detto, i suoi genitori sarebbero stati fieri di lei se avesse
vinto. E lei aveva davvero bisogno di essere gratificata in quel momento.
L’orologio a pendolo del soggiorno suonò sei volte.
Suppose che il detective stesse aspettando che lei salisse al piano di sopra, prima di iniziare a
parlare.
Fece risuonare in maniera vigorosa i suoi passi lungo la scalinata, poi si fermò a metà, continuando
a pestare i piedi per far finta si aver percorso anche i gradini restanti.
Da dove si trovava aveva una vista perfetta di Ian e Melissa attraverso la ringhiera, ma nessuno
poteva scorgere lei.
“Okey, dunque…” Wilden si schiarì la gola “Tornando ad Alison DiLaurentis”..
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Melissa arricciò il naso. “Non sono ancora certa di come abbia a che fare con noi tutto questo.
Dovreste parlare con mia sorella piuttosto”.
Spencer chiuse gli occhi. Ecco, la sua ora era giunta.
“Abbiate un attimo di pazienza” continuò l’ufficiale lentamente “voi volete aiutarmi a trovare
l’assassino di Alison, dico bene?”
“Certo” disse Melissa con tono scocciato, paonazza.
“Bene” continuò Wilden. Appena tirò fuori un taccuino ad anelli, Spencer si lasciò sfuggire un
sospiro.
“Allora” fece lui “eravate nel fienile con Alison e le sue amiche poco prima della scomparsa.
Vero?”
Melissa annuì “sì erano proprio sopra di noi. Spencer aveva chiesto ai nostri genitori di utilizzarlo
per il pigiama party. Credevano fossi a Praga quella sera, ma io ci sono andata il giorno seguente.
Le abbiamo lasciate, comunque. Abbiamo lasciato che andassero nel fienile “ sorrise con orgoglio,
come se il suo fosse stato un gesto immensamente caritatevole.
“Va bene…” Wilden scrisse qualcosa nel suo taccuino. “E non avete notato nulla di strano nel
vostro giardino quella sera? Qualcuno di sospetto…niente del genere?”
“No, nulla “ disse Melissa a bassa voce. Spencer le era grata, ma si sentiva anche confusa. Perché
Melissa cuore-di-ghiaccio non aveva ancora spifferato il suo segreto?
“E dopo, dove siete andati?” chiese.
Melissa guardò Ian sorpresa. “Siamo stati nella stanza di Melissa. Proprio lì” rispose Ian indicando
la camera infondo al corridoio. “Siamo stati solo…a rilassarci. Guardare la TV, cose del genere…”
“E siete rimasti assieme tuta la notte?”
Ian guardò Melissa. “Voglio dire, è stato quasi quattro anni fa, per cui è un po’ difficile ricordare
con certezza, ma sì, sono abbastanza sicuro di si.”
“Melissa?” chiese il detective…
Melissa giocherellava con il fiocco di uno dei cuscini sul divano. Per un attimo Spencer vide un
espressione di terrore attraversarle il viso, per poi scomparire. “Siamo stati assieme.”
“Va bene” Wilden continuava a fissarli, come se qualcosa lo turbasse. “E…Ian. C’era qualcosa tra
te e Alison?” Il viso di Ian si rilassò, si schiarì la gola. “Ali aveva una cotta per me. Ho flirtato un
po’ con lei, tutto qui”.
Spencer spalancò la mascella, sorpresa. Ian, mentire…ad un poliziotto??
Sbirciò in direzione della sorella, ma Melissa guardava dritta davanti a se, con un sorriso impresso.
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Era a conoscenza di Ian ed Ali, aveva detto.
Spencer ripensò a quello che Hanna le aveva ricordato in ospedale, di quando loro erano a casa di
Ali, sul portico, prima della sua scomparsa. I suoi riordi erano confusi, ma Spencer ricordava di
aver visto Melissa che tornava dal fienile. Ali l’aveva chiamata chiedendole se non fosse
preoccupata che Ian avesse potuto trovare un'altra ragazza mentre lei era a Praga.
Spencer aveva colpito Ali, dicendole di stare zitta. Dal momento che soltanto Ali sapeva che aveva
baciato Ian e l’aveva minacciata di dir tutto a Melissa, Spencer aveva dedotto che si riferisse a lei,
con quella frase, non che Alison stesse parlando di se’ stessa.
Era questo che stava facendo Ali, non è vero?
Non ne era più così sicura.
Melissa si era stretta tra le spalle, precipitandosi verso il fienile. Lungo il tragitto, però, Spencer
aveva notato la sorella che si fermava a guardare il buco che gli operai stavano scavando nel cortile
di Ali. Era come se ne stesse studiando le dimensioni.
Spencer si diede un colpo sulla bocca. Aveva ricevuto un sms di A, la settimana prima, mentre stava
davanti allo specchio. Il messaggio diceva che l’assassino di Alison si trovava proprio di fronte a lei
e proprio in quel momento Melissa era apparsa alla sua porta per annunciare che il giornalista del
Sentinel Philadelphia si trovava al piano di sotto. Melissa era stata davanti a Spencer, perché lo era
stato il suo riflesso.
Quando Wilden strinse la mano a Ian e Melissa e fece per andarsene, Spencer salì di corsa le scale
continuando a riflettere e ricordare.
Il giorno prima della sua scomparsa Ali aveva detto: “Sapete una cosa ragazze? Questa sarà proprio
la mia estate!” Le era sembrata così sicura di se, così sicura del fatto che avrebbe ottenuto tutto ciò
che voleva. Ma anche se Ali aveva sempre avuto il controllo su di loro quattro e le aveva sempre
convinte a far ciò che voleva, Melissa era tutta un’altra storia.
Perché Melissa, alla fine, vince sempre.
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15. INDOVINA CHI E’ TORNA-A-A-T-O-O-O?
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Mercoledì, di prima mattina, la madre di Emily si mise silenziosamente in moto col minivan dalla
stazione degli autobus Greyhound di Philadelphia, percorrendo la Route 76 in meno di un ora,
oltrepassando il fiume Schuylhill e le graziose villette a schiera, diretta al Rosewood Memorial
Hospital. Emily avrebbe avuto un bisogno disperato di una doccia, dopo un viaggio estenuante di
ben dieci ore in autobus, ma prima, doveva sincerarsi delle condizioni di Hanna.
Ma non appena raggiunse l’ospedale, iniziò a pensare di aver commesso un grave errore.
La sera precedente, prima di salire sul pullman delle 10 pm, aveva chiamato i suoi genitori, dicendo
di averli visti in TV, che stava bene, e che stava tornando a casa.
I suoi genitori erano sembrati entusiasti…poi però la batteria del suo cellulare era morta, per cui
non ne aveva avuto la certezza fino al suo arrivo.
Dal momento in cui era salita in macchina, la madre le aveva chiesto come stesse, le aveva detto
che Hanna si era svegliata dal coma, poi il silenzio.
La madre passò dall’entrata principale dell’ospedale, poi parcheggiò. Poi respirò profondamente,
appoggiando la testa sul volante “Mi terrorizza guidare fino a Philadelphia”.
Emily guardò sua madre, i suoi capelli grigi, il cardigan verde smeraldo, la solita collana di perle
pregiate che indossava ogni giorno, un po’ come Marge Simpson. Realizzò di non averla mai vista
guidare in quella zona, era sempre stata terrorizzata dagli incidenti, anche quando non c’erano
macchine all’orizzonte.
“Grazie per essermi venuta a prendere” disse.
La signora Fields la osservò con attenzione e le sue labbra scandirono “Eravamo così preoccupati
per te. L’idea che avremmo potuto perderti per sempre ci ha fatto ripensare ad alcune cose. Non è
stato giusto mandarti da Helene in quel modo. Emily, potremmo aver preso delle decisioni sbagliate
per la tua vita, ma cerchiamo sempre di fare il meglio per te. Lo dice anche il dottor Phil. Io e tuo
padre stiamo leggendo i suoi libri”.
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Fuori dalla macchina, una giovane coppia stava caricando una carrozzina Silver Cross su un
Porsche Cayenne. Due attraenti medici di colore sulla ventina spinsero un altro silenziosamente.
Emily respirò il profumo del caprifoglio nell’aria e notò un market Wawa dall’altra parte della
strada.
Era davvero tornata a Rosewood. Non era finita per caso nella vita di qualcun altro.
“Okey” rispose. Le prudeva tutto, specialmente le mani. “Ne sono davvero contenta”.
Sua madre frugò nella borsa e tirò fuori un sacchetto di plastica Barnes & Noble. Glielo diede.
“Questo è per te”.
Dentro c’era un DVD de Alla ricerca di Nemo. Emily alzò lo sguardo, confusa.
“La voce di Ellen DeGeneres è divertente” spiegò sua madre un po’ a disagio. “Abbiamo pensato,
beh insomma…che un po’ le somigli”. Emily all’improvviso trovò il nesso.
Ellen DeGeneres era un pesce, una nuotatrice lesbica, come Emily.
"Grazie," disse lei, stringendo il DVD al petto, stranamente toccata da quel gesto.
Scese dalla macchina e si avviò verso la porta automatica dell'ospedale ancora un po’ turbata.
Passò per il check-in, il bar, il negozietto di souvenir, cercando di assimilare e analizzare le parole
di sua madre. Davvero la sua famiglia l’avrebbe accettato?
Si chiese se non fosse il caso di chiamare Maya per farle sapere che era tornata, ma cosa avrebbe
detto? Ehy sono a casa! I miei genitori adesso sono davvero fighi e noi possiamo uscire assieme!
Sembrava così ...approssimativo.
La camera di Hanna era al quinto piano. Quando Emily aprì la porta, Aria e Spencer erano già lì,
sedute accanto al suo letto, con attorno tipo venti cartoni di caffè Starbucks.
Una fila di punti di sutura si distingueva chiaramente sul mento di Hanna, che era attaccata alla
flebo. C'era un enorme mazzo di fiori accanto al letto, e tutta la stanza sapeva di olio di rosmarino
dell’ aromaterapia.
"Ehi,Hanna," disse Emily, chiudendo piano la porta. "Come stai?"
Hanna sospirò, quasi infastidita. "Sei qui per farmi il terzo grado anche tu?"
Emily guardò Aria, poi Spencer, che stava accartocciando nervosamente l’involucro di cartone della
tazza del caffè.
Era stato strano vedere Aria e Spencer insieme. Aria non sospettava forse che Spencer avesse ucciso
Ali?
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Alzò un sopracciglio verso Aria, rivolgendole un cenno d’intesa, ma Aria scosse la testa, e le fece
segno di tacere, che le avrebbe spiegato tutto dopo.
Emily si girò a guardare Hanna. «Be ', volevo vedere come stavi, ma si' ..." iniziò.
"Che cosa?", disse Hanna altezzosa, arrotolandosi una ciocca di capelli attorno al dito. "Non mi
ricordo niente riguardo a cosa sia accaduto. Quindi, potremmo anche parlare di qualcos'altro. "
La sua voce vacillò con angoscia.
Emily fece un passo indietro. Guardò supplichevole Aria, come a dire davvero non si ricorda?
Aria scosse la testa.
“Hanna, se non continuiamo a parlarne e a farti domande, non riacquisterai mai la memoria” la
esortò Spencer. “Hai ricevuto un messaggio? Un bigliettino? Magari qualcosa che hai infilato in
tasca. Hanna la guardò in cagnesco, con le labbra serrate.
“Magari hai notato qualcosa durante la festa di Mona” provò a incoraggiarla Aria “Può aver
qualcosa a che fare con questo?”
“Forse A ha detto qualcosa di incriminante” disse Spencer “O magari sei riuscita a vedere la
persona alla guida del SUV che ti ha travolta?”
“Potreste semplicemente smetterla?” rispose, con le lacrime che sgorgavano sulle guance.
“Il dottore ha detto che forzarmi non è un bene per la mia guarigione”. Dopo una pausa, accarezzò
la sua coperta morbida in cashmere e fece un respiro profondo.
“Se voi aveste la possibilità di tornare indietro nel tempo, prima che Ali morisse, riuscireste in
qualche modo ad impedirlo?” Emily si guardò attorno. Le sue amiche sembravano sorprese tanto
quanto lei da quella domanda. “Beh, certo” mormorò Aria a bassa voce.
“Certo” le fece eco Emily.
“La rivorreste ancora?” azzardò Hanna. “Davvero rivorremo Ali in giro nelle nostre vite? Anche ora
che sappiamo che ci ha nascosto il segreto su Toby e che si vedeva con Ian alle nostre spalle?
Anche adesso che siamo cresciute abbastanza da renderci conto di quanto fosse stronza?”
“Certo che la vorrei ancora qui” disse Emily bruscamente. Ma voltandosi vide le sue amiche fissare
il pavimento in silenzio.
“Beh di certo non vorrei fosse morta” mormorò infine Spencer. Aria annuì grattandosi via lo smalto
viola. Hanna si era avvolta in un foulard di Hermes per mascherare le ferite riportate nell’incidente,
Emily pensò fosse un tentativo di migliorare il suo aspetto e sentirsi carina.
L’ingessatura era piena di firme, tutta Rosewood aveva già firmato, e n’era una gigantesca di Noel
Kahn, una ordinata di Melissa, la sorella di Spencer, una formale del signor Jennings, l’insegnante i
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matematica di Hanna. Qualcuno aveva firmato con KISS! e una faccina sorridente nel puntino del
punto esclamativo. Emily passò le dita sulla parola, come se fosse Braille.
Dopo qualche minuto in cui nessuno seppe cosa dire, Aria, Emily e Spencer uscirono dalla camera,
e rimasero in silenzio fino all’ascensore. “Da dove sono saltati fuori quei discorsi su Ali?” chiese
Spencer. "Hanna ha sognato Ali mentre era in coma.” Spencer si strinse nelle spalle e premette il
pulsante per far scendere l’ascensore. “Dobbiamo far ricordare in qualche modo ad Hanna” sussurrò
Aria “ che lei sa chi è A”.
Erano appena le 8:00 quando uscirono nel parcheggio. Mentre l’ambulanza passava a sirene
spiegate davanti a loro dal cellulare di Spencer partì la suoneria de Le Quattro Stagioni di Vivaldi.
Si frugò nelle tasche, infastidita. “Chi è che mi chiama a quest’ora del mattino?”.
Poi anche il cellulare di Aria prese a vibrare. E dopo quello i Emily.
Il vento freddo le travolse, gonfiando le bandiere dell’ingresso dell’ospedale. “No” Spencer rimase
a bocca aperta.
Emily diede un occhiata al messaggio. Diceva:
KISS! (proprio come sul gesso di Hanna)
Sentite la mia mancanza ragazze? Smettetela di cercare delle risposte, altrimenti dovrò cancellare
anche i vostri ricordi.- A
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16. UNA NUOVA VITTIMA
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Quel Mercoledì, nel pomeriggio, Spencer si trovava nel patio del Rosewood Country Club per
iniziare ad organizzare il party in maschera di bentornata per Hanna, assieme a Mona Vanderwaal.
Distrattamente aveva sfogliato il saggio del corso d’economia nominato per l’Orchidea D’oro.
Quando aveva rubato il saggio tra l’arsenale di vecchi temi e documenti di Melissa, non ci aveva
capito granchè, e non riusciva nemmeno adesso. Ma, dal momento che Venerdì a colazione i giudici
l’avrebbero torchiata ben benino, aveva deciso di impararlo a memoria. Quanto avrebbe potuto
essere difficile? Infondo aveva memorizzato tutti i monologhi per il club di recitazione. Inoltre, le
serviva per distrarsi dal pensiero di A.
Chiuse gli occhi e ripetè i primi paragrafi alla perfezione. Prese a immaginare il vestito che avrebbe
indossato per l’intervista, qualcosa di Chanel sicuramente, magari un look da intellettuale con gli
occhiali. Forse avrebbe potuto addirittura portare con se l’articolo che il Sentinel Philadelphia le
aveva dedicato e lasciarlo così, sporgere dalla borsa. Gli intervistatori l’avrebbero sicuramente visto
e pensato “oh! Lei è già sulla prima pagina di un importante quotidiano!”
“Hey” Mona stava sopra di lei in un bel vestito verde oliva e alti stivali neri.
Aveva una grande borsa color melanzana a tracolla sulla spalla destra, e teneva in mano un frullato
Jamba Juice. “Sono in anticipo?”
“No, in perfetto orario” Spencer spostò i suoi libri dalla sedia di fronte a lei, e mise il saggio di
Melissa nella borsa. La sua mano sfiorò il cellulare. Dovette resistere per non tirarlo fuori e
rileggere l’sms . Smettete di cercare delle risposte. Dopo tutto ciò che era accaduto, e tre giorni di
silenzio più totale, A aveva ripreso a tormentarle. Spencer moriva dalla voglia di raccontare tutto a
Wilden, ma aveva paura di ciò che sarebbe successo.
“Stai bene?” mona si sedette e la fissò preoccupata. “Cert.” Spencer giocherellò con la cannuccia
nel suo bicchiere vuoto di Diet Coke, cercando di allontanare A dai suoi pensieri.
Indicò i suoi libri. “Ho solo questa intervista per un concorso di scrittura Venerdì. E’ a New Yoik,
quindi sto dando di matto.
Mona sorrise. “Ah già, quella cosa dell’Orchidea D’Oro? L’ho sentito agli annunci”
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Spencer abbassò la testa timidamente. Amava sentire il suo nome tra gli annunci del mattino, a
scuola, tranne quando era lei stessa a leggerli. In quel modo sembrava presuntuoso.
Fissò Mona con attenzione.
Mona aveva fatto un lavoro incredibile trasformandosi dalla ragazzina sul monopattino alla favolosa
diva popolare che ora aveva davanti. Eppure lei non aveva mai pensato a Mona se non come a una
delle tante. Ali la prendeva in giro.
Questa forse era la prima volta che aveva una conversazione con lei.
Mona inclinò la testa. “Ho visto tua sorella fuori da casa vostra mentre andavo a scuola. Mi ha detto
che la tua foto era sul giornale di Domenica”
“Melissa ti ha detto questo?” Spencer spalancò gli occhi, sentendosi a disagio. Ripensò allo sguardo
impaurito di Melissa quando Wilden, il giorno prima, le aveva chiesto dove si trovasse la notte
della scomparsa di Ali.
Perché aveva avuto così paura? Cosa aveva da nascondere.
Mona sbattè le palpebre confusa, “Già. Perché? Non è vero?”
Spencer scosse la testa lentamente. “No, no…è vero. Sono solo sorpresa che Melissa abbia detto
qualcosa di carino su di me. Tutto qui.”
“Che vuoi dire” le chiese Mona.
“Beh, diciamo che non siamo grandi amiche” rispose guardandosi furtivamente attorno, con la
terribile sensazione che Melissa fosse nei paraggi e stesse ascoltando.
“Ad ogni modo” continuò “a proposito della festa. Ho appena parlato con il gestore del locale. E’
tutto pronto per Venerdì”.
“Perfetto” Mona tirò fuori una pila di carta e la fece scivolare sul tavolo. “Questi sono gli inviti.
Sono a forma di maschera, hai visto? Con la pellicola sul davanti, in modo che ci si veda
attraverso.”
Spencer guardò il suo riflesso leggermente sfocato nell’invito. La sua pelle era chiara e luminosa e
il suo nuovo gloss le illuminava il viso.
Mona aprì la sua agendina di Gucci, consultando degli appunti. “Credo anche che, per far sentire
Hanna davvero speciale, la sua entrata dovrebbe essere in grande stile come quella di una
principessa. Pensavo a quattro ragazzi sexy a torso nudo che la portano su un piedistallo, qualcosa
del genere. Ho organizzato un cast di modelli per domani, così li potrà scegliere lei stessa”.
“Oh è fantastico”. Spencer incrociò le mani sulla sua agenda di Kate Spade. “Hanna è fortunata ad
averti come amica”. Mona guardò mestamente fuori verso il campo da golf ed emise un lungo
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sospiro. “ Dopo il modo in cui si sono messe le cose tra noi negli ultimi tempi, è già un miracolo
che non mi odi”
“Di cosa stai parlando?” Spencer aveva sentito qualcosa riguardo ad un litigio tra Hanna e Mona
dovuto alla sua festa di compleanno, ma era stata così occupata e distratta da non averci prestato
attenzione.
Mona sospirò e si mise una ciocca di capelli biondissimi, dietro l’orecchio.
“Diciamo che ultimamente i nostri rapporti sono stati un po’ tesi” ammise. “E’ solo che, beh si
comportava in modo strano. Noi facciamo tutto assieme, mentre poi all’improvviso ha cominciato
ad avere dei segreti, disdire gli impegni e comportarsi come se mi odiasse”. Gli occhi le si
riempirono di lacrime. Spencer sentì un nodo alla gola. Sapeva come ci si sentiva. Prima della sua
scomparsa, Ali aveva fatto la stessa cosa con lei.
“Trascorreva un sacco di tempo con voi ragazze e questo mi ha fatta un po’ ingelosire” Mona
faceva dei cerchi con l’indice lungo il perimetro di un contenitore del pane vuoto sul tavolo. “A dire
il vero, non riuscivo a crederci quando in terza media ha voluto essere mia amica. Lei era della
cricca di Alison, voi eravate una leggenda. Ho sempre pensato che la mia amicizia con lei fosse
troppo bella per essere vera, e forse lo penso ancora”. Spencer la fissò. Era incredibile quanto
l’amicizia tra Hanna e Mona somigliasse alla sua con Ali. Anche lei si era sentita sorpresa e
onorata, quando Ali l’aveva scelta per far parte della sua ristretta cerchia di amicizie. “Beh Hanna
ha trascorso parecchio tempo con noi ultimamente perché abbiamo avuto dei problemi” disse “sono
sicura che preferisca la tua compagnia”.
Mona si morse il labbro. “Sono stata terribile con lei. Ho creduto che volesse scaricarmi…così mi
sono messa sulla difensiva. Ma dopo l’incidente, ho realizzato che sarebbe potuta morire ed è
stato… terribile. Siamo state amiche del cuore per anni” Si coprì il viso con le mani. “Non voglio
pensarci. Voglio che tutto torni alla normalità”.
I ciondoli di Tiffany del braccialetto di Mona tintinnavano assieme graziosamente. Aveva la bocca
increspata come se stesse per cominciare a singhiozzare. Spencer si sentì improvvisamente in colpa
per averla derisa. Ali la prendeva in giro per il suo colorito pallido, e anche per la sua altezza,
diceva che avrebbe potuto essere la ragazza di Mini Me di Austin Powers. Diceva che aveva la
cellulite e che una volta l’aveva vista negli spogliatoi del Country Club e per poco non vomitava.
Spencer però non le credette, così una volta, mentre dormiva da lei, di nascosto si erano dirette a
casa di Mona infondo alla strada, e l’avevano spiata mentre ballava nella sua camera i video su
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VH1. “Spero che le si alzi la maglietta, allora vedrai tutta la sua bruttezza. La camicia non si era
mossa.
Aveva continuato a ballare pazzamente, nello stesso modo in cui faceva Spencer quando pensava
che nessuno la potesse vedere. Poi Ali aveva bussato alla sua finestra.
Mona era arrossita ed era scappata via.
“Sono certa che si sistemerà tutto tra te e Hanna” disse Spencer dolcemente toccandole il braccio.
“Colpevolizzarsi non serve a nulla”
“Lo spero” Mona le sorrise. “Grazie per avermi ascoltata”
La cameriera le interruppe, portando il libretto in pelle con dentro il conto di Spencer al tavolo.
Lo aprì e aggiunse le sue due Diet Coke sul conto di suo padre.
Fu sorpresa quando guardando l’orologio realizzò che erano quasi le cinque. Si alzò in piedi,
sentendosi triste, le spiaceva concludere la conversazione.
Quando era stata l’ultima volta che aveva parlato con qualcuno di qualcosa di reale”.
“Sono in ritardo per le prove” emise un sospiro.
Mona la guardò per un attimo, poi spostò lo sguardo su un altro punto della stanza.
“Non esserne così sicura” Lei indicò verso la doppia porta e poi la guardò “Quel tizio laggiù ti sta
fissando da un po’” Spencer guardò da sopra la sua spalla. Due studenti in polo Lacoste seduti ad un
tavolo in un angolo bevevano Gin Bombay e altri drink. “Quale” chiese Spencer”
“Il signor modello Hugo Boss” disse mona indicando un moretto con la mascella scolpita.”
Uno sguardo malizioso le si dipinse sul suo viso. “Fallo impazzire!”
“Come?” chiese Spencer.
“Abbaglialo!” sussurrò Mona, sollevandole la gonna e lasciandole praticamente il grembo scoperto.
Spencer pudicamente si ricoprì. “Ci manderanno via!” “No non lo faranno” Mona fece un sorrisetto
“Scommetto che sarà un toccasana per il tuo stress . E’ come un trattamento di benessere con effetto
immediato.”
“Solo se lo fai anche tu”.
Mona annuì alzandosi in piedi. “Al mio tre”.
Per Spencer era troppo. Mona si schiarì la gola per richiamare la loro attenzione. Entrambi i ragazzi
si girarono verso di loro.
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“Uno…. Due….” Contò Mona. “Tre!!” fece Spencer. Si sollevarono rapidamente le gonne, e
Spencer mostrò la sua culotte di seta verde di Eres, e Mona le sue mutandine nere di pizzo.
Sicuramente non il genere di cose che indossa una ragazzina impacciata che guida il monopattino.
La alzarono solo per un attimo, ma fu sufficiente.
Il moretto finì la birra in un sorso. Il “modello di Hugo Boss” sembrava stesse per svenire. Spencer
e Mona lasciarono ricadere le gonne e scoppiarono a ridere.
“Porca Puttana” ridacchiò Mona trattenendo il fiato “E’ stato fantastico!”
Il cuore di Spencer andava a mille. I ragazzi le stavano ancora fissando.
“Credi che qualcun altro ci abbia viste?” sussurrò.
“Chi se ne frega? Come se davvero potessero mandarci via…”
Spencer era arrossita. Era contenta di essersi fermata con Mona.
“Ora sono davvero in ritardo” mormorò “ma ne valeva la pena”.
“Lo puoi dire forte” Mona le mandò un bacio soffiando “Promettimi che lo rifaremo?”
Spencer annuì e rispose al bacio, poi corse fuori dalla sala da pranzo principale.
Era la prima volta in quei giorni che riusciva a rilassarsi e divertirsi. Con l’aiuto di Mona aveva
dimenticato per ben tre minuti interi A, Melissa e l’Orchidea d’Oro.
Ma mentre camminava nel parcheggio, sentì una mano sul braccio. “Aspetta”.
Quando si girò si trovò davanti Mona che tormentava la sua collana di brillanti attorno al collo. La
sua espressione non era più allegra era come preoccupata.
“Senti so che sei in super ritardo” le stava dicendo “E non voglio disturbarti, ma mi sta succedendo
qualcosa e ho davvero bisogno di parlarne con qualcuno. So che non ci conosciamo bene, ma non
posso dirlo ad Hanna, lei ha già i suoi di problemi e idem per tutti gli altri a scuola”.
Spencer urtò il bordo di una grande fioriera in ceramica. “Dimmi “.
Mona si guardò attorno come per accertarsi che non ci fosse nessun giocatore di golf in tenuta
Ralph Lauren nelle vicinanze.
“Ho cominciato a ricevere degli strani sms…”sussurrò.
Spencer fu un attimo spiazzata. “Cosa hai detto?”
“Degli sms” ripetè Mona “Ne ho ricevuti due, ma non sono firmati per cui non so chi me li abbia
mandati. Dicono che…. Delle cose orribili su di me” Mona si morse il labbro “Sono un po’
spaventata a dire il vero.”
Un passerò svolazzò lì vicino per poi fermarsi su un melo. “Sono firmati A?” chiese sussurrando
Spencer.
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“C-come fai a saperlo?”
“Perché…” Spencer respirò. Questo non poteva star succedendo davvero. Non poteva essere.
“Anche Hanna io Aria e Emily li riceviamo.”
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17. CARINI I GATTI CHE SI AZZUFFANO, NON E’ VERO?
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Mercoledì pomeriggio, Hanna stava scendendo dal suo letto d’ospedale, temeva che, a quanto pare,
star troppo sdraiati provochi piaghe da decubito, una minaccia ancora maggiore di quella dell’acne,
sempre in agguato, quando qualcuno bussò.
Non aveva voglia di rispondere, era stufa di tutti i visitatori curiosi. E in particolare di Aria, Emily e
Spencer.
“E’ qui la fe-eesta?!” gridò qualcuno. Quattro ragazzi fecero irruzione: Noel Kahn, Mason Byers,
Mike, il fratello minore di Aria e, a sorpresa, Sean Ackard, l’ex fidanzato di Hanna e anche di Aria
a quanto pareva.
“Hey ragazzi!” Hanna fu colta di sorpresa e si sollevò la coperta di cashmere color avena che Mona
le aveva portato fin sul mento, lasciando scoperti praticamente solo gli occhi. Qualche secondo
dopo comparve anche Lucas, con un enorme mazzo di fiori. Noel lo guardò e alzò gli occhi al cielo
“Sai cosa dicono della compensazione?”
“Eh-h?”
Lucas era quasi completamente coperto dal bouquet. Hanna non riusciva a capire come mai Lucas
le continuasse a far visita. Si certo, ultimamente erano diventati amici, da quando lui l’aveva portata
sulla mongolfiera del padre e aveva lasciato che lei si sfogasse. Lei sapeva di piacergli, le aveva
aperto il suo cuore a bordo della mongolfiera, ma poi lei aveva ricevuto l’abito da Mona e gli aveva
mandato un messaggio molto crudele in cui diceva di essere fuori dalla sua portata.
Però ultimamente…Lucas era stato così carino, e utile. Era andato da Sephora a comprarle una
nuova pochette da trucco, le aveva letto Teen Vogue riga per riga e aveva convinto i medici a tener
le luci spente e utilizzare l’olio dell’aromaterapia, come lei gli aveva chiesto. Era stato bello averlo
attorno. Se solo lei non fosse stata così popolare e fantastica, lui probabilmente sarebbe stato un
fantastico fidanzato. Era anche molto carino, pure più di Sean.
Il suo sguardo si posò su Sean. Stava seduto su una poltroncina in plastica, sbirciando le cartelle
cliniche di Hanna. Lei avrebbe voluto chiedergli come mai aveva rotto con Aria, ma ad un tratto si
accorse che non le importava.
Noel guardò Hanna con curiosità. “Perché ti copri tutta con quell’affare?”
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“I medici me l’hanno detto” Hanna tirò ancora la coperta coprendosi il naso “E’ per…tenere lontani
i germi.. E poi così l’attenzione viene calamitata dai miei occhi stupendi!”
“Allora cosa si prova ad essere in coma?” continuò Noel arroccato sul letto di Hanna schiacciando
una tartaruga peluche che i suoi zii le avevano portato il giorno prima.
“E’ stato come un trip d’acido molto intenso?” “Ti stanno dando la marijuana medicinale adesso?”
chiese Mike speranzoso, con gli occhi azzurri che gli brillavano.
“Scommetto che l’ospedale ne possiede a tonnellate”.
“No credo che le stiano dando dei comuni antidolorifici” disse Mason. I suoi erano medici, quindi
aveva qualche nozione.
“I pazienti degli ospedali sono viziati e coccolati”.
“Le infermiere sono sexy?” chiese Mike “Si spogliano per te?”
“Hey ma sei nuda sotto?” chiese ad un tratto Noel. “Ragazzi date un occhiata!”
“Ragazzi!” disse Lucas con tono di rimprovero. I ragazzi lo guardarono e alzarono gli occhi al cielo,
tranne Sean che sembrava a disagio esattamente quanto Lucas. Sean probabilmente fa ancora parte
di quel gruppo contrario al sesso prematrimoniale, con anello della castità e tutto il resto insomma,
pensò Hanna con un sorrisetto.
"Va bene," Hanna cinguettò. "Sono in grado di gestirlo."
Avere i ragazzi lì era stato un tocca sana. Tutti gli altri ospiti in visita erano così terribilmente seri.
Non appena si riunirono attorno al suo gesso per mettere la firma, Hanna si ricordò di una cosa e si
mise a sedere. "Ci sarete alla mia festa del bentornata Venerdì, giusto? Spencer e Mona la stanno
organizzando assieme, quindi sarà grandiosa "
"Non ce la perderemo". Noel guardò Mason e Mike, che stavano guardando fuori dalla finestra,
discutendo se le gli arti di Hanna si sarebbero rotti se fosse caduta dal balcone del quinto piano.
“Cosa sta succedendo tra te e Mona, ad ogni modo?” chiese Noel. “Niente di che”. Hanna si
ritrasse. “Perché?”
Noel mise il tappuccio alla penna "Vi siete azzannate alla sua festa, come due gatti. RROW! "
"Davvero?" chiese Hanna senza capire.
Lucas tossì a disagio.
"Noel, non è stato poi così RROW!" sentenziò Mona facendo il suo ingresso nella stanza. Si soffiò
nell’ aria baci rivolti a Noel, Mason, e Mike, fece un sorriso gelido a Sean, e lasciò cadere un
raccoglitore enorme sulla parte inferiore del letto di Hanna.
Ignorò completamente Lucas.
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"E’ stata solo un po' di stronzagine tra amiche del cuore".
Noel si strinse nelle spalle. Si avvicinò agli altri alla finestra e prese a far la lotta con Mason.
Mona fece roteare gli occhi. “Allora, senti Han, ne ho parlato con Spencer, abbiamo stilato una lista
di cose che non possono assolutamente mancare alla festa. Voglio discutere con te dei dettagli.
Aprì il suo blocco blu di Tiffany. “Tu naturalmente avrai l’ultima parola prima di parlare con il
locale” Si leccò il dito e voltò pagina. “Dunque. Tovaglioli avorio o color biscotto?”
Hanna cercò di concentrarsi, ma le parole di Noel continuavano a ronzarle nella mente.
RROW?
“Di cosa abbiamo discusso noi due?” sbottò.
Mona si fermò, abbassando la sua lista e poggiandosela in grembo. “Davvero Han, nulla. Non
ricordi? Avevamo discusso anche la settimana prima a proposito della scritta in cielo con l’aereo.
Oppure ancora, ricordi la storia di Naomi e Riley?” Hanna annuì. Mona aveva chiesto a Naomi
Zeigler e Riley Wolfe di prender parte alla sua festa. Hanna aveva sospettato che fosse stata una
ripicca per la storia del loro “Amicheversario”.
“Ad ogni modo avevi assolutamente ragione. Sono delle grandissime stronze e non voglio più
averci niente a che fare. Mi pento averle ammesse nella cricca anche se solo per un secondo, Han”
“Va tutto bene” le rispose Hanna, avvertendo una lieve vertigine. “Ad ogni modo”
Mona tirò fuori due ritagli di giornale. Uno ritraeva un lungo abito a pieghe con una rosa di seta sul
retro, l’altro un abitino con delle stampe e lo spacco sulla coscia.
“collezione Phillip Lim o minidress Nieves Lavi?”
"Nieves Lavi," Hanna rispose. "Ha il collo a barca ed è corto, quindi metterà in risalto le gambe,
mettendo in secondo piano le mie clavicole e il viso tumefatto. "si tirò il lenzuolo di nuovo fino agli
occhi.
"A proposito” Mona cinguettò, "guarda cosa ho per te!" Infilò la mano borsa Cynthia Rowley color
burro e tirò fuori una maschera in delicata porcellana. Aveva la forma del volto di una bella
ragazza, zigomi prominenti, labbra imbronciate e un naso che era sicuramente tra i più richiesti dal
chirurgo plastico. Era così bella e piena di dettagli, molto realistica, sembrava quasi vera.
"Questo tipo di maschere sono state utilizzate lo scorso anno ad una sfilata di Dior di haute
couture," Mona sospirò. "Mia madre conosce qualcuno delle pubbliche relazioni di Dior a New
York, così ce ne hanno mandata qualcuna. " "Oh mio Dio". Hanna allungò la mano e toccò il bordo
della maschera. Sembrava un mix tra il raso e la pelle morbida di un bimbo.
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Mona mise la maschera sul viso di Hanna, che era ancora mezzo nascosto dalla coperta. "Coprirà
tutti i lividi. Sarai la più bella della festa. "
"Hanna è già stupenda" saltò su Lucas, emergendo dai vari macchinari e attrezzature mediche.
"Anche senza maschera. "
Il naso di Mona arricciò come se Lucas le aveva appena detto di infilarsi un termometro su per il
sedere. "Oh, Lucas," disse freddamente. "Non ti avevo visto."
"Sono stato qui tutto il tempo," Lucas sottolineò laconicamente. Quei due non facevano che
guardarsi in cagnesco. Per un attimo Hanna notò che Mona aveva un espressione preoccupata, ma
in un batter d'occhio, era scomparsa.
Mona mise la maschera di Hanna vicino al vaso di fiori, posizionandolo come se la stesse fissando.
“Sarà la festa dell’anno, Han. Non vedo l’ora”.
Detto ciò Mona le mandò un baciò e ballò fuori alla stanza. Noel, Mason, Sean e Mike la seguirono,
dicendo che sarebbero tornati il giorno dopo e che avrebbe fatto meglio a condividere con loro la
sua marijuana medicinale.
Lucas rimase, appoggiato al muro accanto ad un poster di Monet rilassante che raffigurava un
campo di denti di leone.
“Ma quel poliziotto, Wilden? Mi ha fatto un sacco di domande sul pirata della strada che ti ha
travolta, mentre aspettavamo che ti svegliassi, l’altro giorno” disse piano Lucas, sedendosi sulla
sedia arancione accanto al letto di Hanna.
“Cioè, come se pensasse che ti avessi vista quella notte. Chiedeva se ti fossi comportata in modo
strano, o se mi fossi sembrata preoccupata. Era come se non fosse convinto che si trattasse di un
incidente.” Lucas deglutì e alzo gli occhi nella sua direzione. “Ha per caso qualcosa a che fare con
quegli strani sms?”
Hanna fece un balzo. Non ricordava cosa aveva detto a Lucas durante il loro giro in mongolfiera. Il
suo cuore prese a battere forte. “Ti prego dimmi che non ne hai parlato con Wilden”.
“Certo che no” la rassicurò lui “E’ solo che…. Sono preoccupato per te. E’ terribile che qualcuno
possa aver fatto questo. Tutto qui.”
“Non preoccuparti” lo interruppe Hanna incrociando le braccia davanti al petto.
“E per favore, ti scongiuro, non gliene parlare. Ok?”
“Va bene” disse Lucas “Certo.”
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“Bene.” Borbottò Hanna. Bevve un lungo sorso d’acqua dal bicchiere accanto al suo letto. Ogni
volta che aveva provato a prendere in considerazione l’idea che potesse esserci A dietro al suo
incidente, l’aveva poi respinta categoricamente. Rifiutandosi di pensarci.
“Allora. Non è grandioso che Mona dia una festa in mio onore?” chiese Hanna provando in maniera
evidente a cambiare discorso. “E’ stata un amica favolosa, tutti lo dicono”.
Lucas stava armeggiando con i pulsanti del suo orologio Nike. “Non sono sicuro che debba fidarti
di lei” borbottò.
Hanna aggrottò la fronte. “Di cosa stai parlando?”
Lucas esitò. “Andiamo” disse di nuovo Hanna. “Cosa?”
Lucas si avvicinò e le calò giù il lenzuolo, esponendole il viso. Le prese le guance tra le mani e la
baciò. La sua bocca era morbida e calda, le sue labbra si adattavano perfettamente a quelle di lei.
Un brivido le percorse la spina dorsale.
Quando Lucas si staccò, si guardarono l’un l’altro in silenzio, per la durata di ben sette suoni della
macchina dell’ecocardiogramma. Hanna era sicura di aver dipinta in volto un espressione di puro
stupore.
“Ti ricordi?” chiese Lucas con gli occhi spalancati. Hanna si accigliò.
“Che cosa dovrei ricordare?”
Lucas la fissò a lungo, spostando lo sguardo da una parte all’altra. Poi si allontanò. “Io…io devo
andare” mormorò goffamente e uscì. Hanna continuò a fissare nella sua direzione, sulle labbra
aveva ancora il suo sapore ed era tutta un fremito. Cos’era successo?
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18. PER LA PRIMA VOLTA A ROSEWOOD, JESSICA MONTGOMERY
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Quello stesso pomeriggio, Aria si trovava fuori dall’edifico d’arte della Hollis, fissando un gruppo
di ragazzi che facevano capoeira sul prato. Non era mai riuscita a capirla. Suo fratello le aveva
spiegato, era un incrocio tra una danza e una lotta brasiliana, a lei continuava a dare l’impressione
di gente che si annusava a vicenda e marchiava il territorio alzando la gamba per far pipì come i
cani.
Sentì una mano sottile e fredda posarsi sulla sua spalla. “Sei qui per la lezione d’arte?” sussurrò una
voce all’orecchio di Aria.
Aria si irrigidì. "Meredith."
Meredith indossava la giacca di un completo verde gessato e jeans strappati, e aveva uno zaino
verde come quelli dell’esercito appeso alla spalla. Dal modo in cui la fissava, Aria si sentiva come
una formica, osservata attraverso una lente di ingrandimento.
"Stai seguendo Arti Creative, giusto?" Disse Meredith. Mentre Aria annuiva in silenzio, Meredith
continuò a guardarla.. “È meglio che ti avvii… inizia tra cinque minuti.”
Si sentiva in trappola. Stava davvero prendendo in considerazione l’idea di abbandonare questo
corso, l'ultima cosa che avrebbe voluto era stata passare due ore con Jenna Cavanaugh.
L’altro giorno solo vedendola aveva richiamato alla mente ogni brutto ricordo. Ma Aria sapeva
Meredith spifferato tutto a Byron, e Byron poi le avrebbe dato una lezione su quanto sarebbe stato
scorretto e sgradevole rifiutare un regalo di Meredith. Aria si tirò il cardigan rosa sulle spalle.
"Viene anche tu?" Scattò lei.
Meredith la guardò sorpresa. "A dire il vero ... non posso. Ho qualcos’altro da fare. Qualcosa di ...
importante ".
Aria alzò gli occhi. Non era molto educato, ma Meredith si guardava attorno come se stesse
nascondendo qualcosa.
Un pensiero terribile balenò nella mente di Aria: magari si trattava dei preparativi per il
matrimonio?
Non osava immaginarla accanto a suo padre davanti ad un altare, ripetendo i loro voti, eppure
l’immagine terribile le comparve davanti agli occhi.
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Senza salutarla s’incamminò lungo le scale, e prese a salirle due gradini per volta. Al piano di sopra,
Sabrina stava iniziando la sua lezione, dando istruzioni agli artisti perché prendessero posto. Era
come un grande gioco delle sedie, e, quando le acque si calmarono, Aria non era ancora seduta.
C’era solo un posto… accanto alla ragazza con il bastone bianco e il grande golden retriever guida.
Ovviamente.
Sembrava che Jenna la seguisse con lo sguardo, mentre Aria sentiva i suoi passi rimbombare sul
pavimento in legno diretta alla postazione. Il cane di Jenna ansimò in modo grazioso al suo
passaggio. Oggi Jenna indossava una camicetta scollata nera attraverso la quale spuntava un
reggiseno di pizzo. Se Mike fosse stato lì avrebbe adorato Jenna, in quanto avrebbe potuto guardarle
le tette senza che lei se ne accorgesse. Quando Aria si sedette, Jenna si girò verso di lei. “Come ti
chiami?”
“J-Jessica” sbottò Aria senza pensarci. Guardò Sabrina dall’altra parte dell’aula. Per fortuna gli
insegnanti d’arte in questi corsi non avevano l’abitudine di chiedere i nomi degli iscritti, e sperava
che Meredith non glielo avesse detto mettendo una buona parola per lei.
“Io sono Jenna” lei le porse la mano. Aria si staccò in fretta chiedendosi come diamine avrebbe
fatto con il resto della classe. Quella mattina mentre faceva colazione in quel museo degli orrori che
Meredith chiamava cucina, le era venuto in mente un altro ricordo, probabilmente ispirato dai nani
che incombevano sul frigorifero.
Ali, Aria e le altre chiamavano Jenna “Neve” dopo aver visto il film Biancaneve della Disney. Una
volta, quando erano andate in visita ai frutteti di Longwood per raccogliere le mele, Ali aveva
proposto di darle una mela che avevano inzuppato nella disgustosa tazza del WC di quel posto,
proprio come aveva fatto la strega cattiva nel film, dando a Biancaneve una mela avvelenata.
Ali aveva solo suggerito di dare la mela, come sempre lasciava fossero le altre a fare il lavoro
sporco.
“E’ una mela speciale” aveva detto Aria a Jenna, tendendole il frutto, mentre riusciva a sentire Aria
ridacchiare. “Il contadino ha detto che era la più dolce dell’albero e l’ho voluta dare a te”. La faccia
di Jenna era sorpresa e commossa. Non appena aveva dato un bel morso succoso, però, Ali si era
messa a canticchiare “Hai mangiato una mela piena di pipì direttamente dalla Toilet!” Jenna aveva
smesso di masticare e l’aveva sputata.
Aria cercò di mandar via quel pensiero e notò un gruppo di dipinti ad olio accatastati accanto alla
postazione di Jenna. Erano dei ritratti, tutti in colori vivaci con colpi energetici. “Li hai fatti tu
quelli?” chiese a Jenna.
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“Questi qui dici?” chiese Jenna, con le mani in grembo. “Stavo giusto parlando con Sabrina del mio
lavoro e mi ha chiesto di vederli. Potrebbe esporli in una delle sue gallerie d’arte.”
Aria strinse i pugni. Quel giorno sarebbe potuto andare peggio? Come diavolo aveva riuscito Jenna
a farsi esporre in una galleria? Come faceva a dipingere se non poteva vedere?
Infondo alla stanza Sabrina disse agli studenti di prendere un sacchetto di farina, qualche ritaglio di
giornale e un secchio vuoto. Jenna cercò di prendere da sola tutto l’occorrente, ma alla fine glieli
portò Sabrina. Aria notò come tutti gli altri stessero guardando Jenna con la coda dell’occhio, quasi
col timore di essere scoperti.
Quando tutti tornarono a posto, Sabrina si schiarì la gola: “Ok, l’altra volta abbiamo provato a
vedere le cose tramite il tatto. Oggi faremo qualcosa di simile, realizzando delle maschere della
faccia di qualcuno. Tutti in un modo o nell’altro ogni giorno portiamo una maschera, non è vero?
Fingiamo tutti. Cosa potremmo trovare guardando oltre all’immagine che pensiamo di dare di noi
stessi?
“L’ho già fatto prima” disse Jenna ad Aria. “E’ divertente. Vuoi farla con me? Ti posso far vedere
come si fa”. Aria avrebbe voluto gettarsi dalla finestra dell’aula, ma si ritrovò ad annuire,
rendendosi conto solo in un secondo momento che lei non poteva vederla. Poi disse “Si certo!”
“Faccio prima io te” appena Jenna si voltò qualcosa suonò nella tasca dei suoi jeans.. Tirò fuori il
suo LG con tastiera estraibile e lo mostrò ad Aria come se sapesse che lei la stava fissando.
“Ha un attivazione vocale, così posso finalmente mandare gli sms!”
“Non hai paura che ti ci vada la farina?” le chiese Aria.
“Lo pulirò. Mi piace tanto, non me ne separo mai”.
Aria iniziò a tagliare delle strisce dai giornali per Jenna, visto che non si fidava di lasciarle le
forbici. “Allora, dove vai a scuola?” chiese Jenna.
“Uhm alla Rosewood High” disse Aria, citando la scuola pubblica del posto.
“Ok” rispose Jenna “E’ il primo corso d’arte a cui partecipi?”
Aria s’irrigidì. Prendeva lezioni d’arte ancor prima di imparare a leggere, ma dovette mettere
l’orgoglio da parte. In quel momento non era Aria, era Jessica. Chiunque fosse Jessica.
“Uhm si” disse lei in fretta “E’ un gran cambiamento per me, di solito preferisco lo sport, per
esempio l’hockey sul prato”.
Jenna versò l’acqua nella sua ciotola. “In che ruolo giochi?”
“uhm, un po’ tutti” borbottò Aria. Una volta Ali aveva cercato di insegnarglielo, ma dopo cinque
minuti aveva smesso dicendo che Aria correva come un gorilla incinta. Aria si chiese perché aveva
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detto quelle cose, scegliendo come alter ego proprio quel tipo di ragazza che aveva sempre cercato
di non diventare, la tipica ragazza di Rosewood.
“Beh è una cosa positiva cimentarsi in qualcosa di nuovo” disse Jenna, mescolando acqua e farina.
“l’unica volta in cui le ragazze che giocano a hockey nella mia scuola hanno provato a cambiare e
fare qualcosa di nuovo, probabilmente è stata quando hanno comprato qualcosa di uno stilista
ancora emergente di cui avevano letto su Vogue” sbuffò lei sarcasticamente.
“c’era una squadra di hockey femminile nella tua scuola a Philadelphia?” sbottò Aria, pensando si
riferisse alla scuola per ciechi in cui i genitori avevano mandato Jenna. Lei si raddrizzò.
“Uh…no. Come fai a sapere che ho frequentato una scuola a Philadelphia?” Aria si diede un
pizzicotto. Come poteva dirle che era la stessa ragazza che le aveva dato una mela piena di urina in
prima media e che era stata coinvolta nella morte del suo fratellastro qualche settimana prima? O
ancora che era stata lei ad accecarla e rovinarle la vita?
“Ho tirato a indovinare”. “Beh intendevo la mia scuola di prima, si trova qui, la Rosewood Day la
conosci?”
“Ne ho sentito parlare” rispose Aria.
“Ci tornerò l’anno prossimo”. Jenna mise una striscia di carta nella farina, poi la intinse nella
miscela. “Non so se ne ho davvero voglia, però. Tutti sono così perfetti lì, se non sei un tipo giusto,
non sei nessuno” lei scosse la testa “Scusami, non credo tu abbia idea di cosa io stia parlando”.
“No! Sono assolutamente d’accordo! “ le rispose Aria. Non avrebbe saputo dirlo meglio. Una
sensazione fastidiosa la pervase. Jenna era bella, alta, elegante, un artista. Davvero brava. Se avesse
frequentato la Rosewood Day più a lungo le avrebbe rubato il posto da miglior artista della scuola.
Chi poteva dire cosa sarebbe diventata Jenna, se l’incidente non fosse mai accaduto?
Improvvisamente provò il desiderio di dirle chi fosse e quanto fosse dispiaciuta per quello che le
aveva fatto. Era una cosa orribile e dovette ricorrere a tutte le sue forze per non dir nulla.
Jenna le si avvicinò. Aveva il profumo della glassa dei cupcakes. “Stai ferma” le disse mentre le
avvolgeva le strisce attorno al viso. Erano umide e fredde adesso, ma presto si sarebbero indurite e
avrebbero preso la forma dei suoi lineamenti.
“Credi che utilizzerai la maschera?” le chiese Jenna. “Halloween?”
“Un amica sta organizzando una festa in maschera “ poi si chiese per l’ennesima volta se non le
stesse dando troppe informazioni. “probabilmente la metterò lì!”
“Fantastico” le rispose lei. “Io la mia la porterò a Venezia. I miei genitori mi ci porteranno il mese
prossimo e ho sentito dire che è la capitale mondiale delle maschere.”
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“Io amo Venezia!” squittì Aria. “Ci sono stata con la mia famiglia quattro volte!”
“Wow!” Jenna continuò a salire coprendole la fronte con le strisce di giornale. “Quattro volte eh?
La tua famiglia deve adorare viaggiare assieme.
“Beh una volta lo facevamo..” rispose Aria cercando di restar ferma per facilitarle il lavoro.
“Che intendi per una volta?” Jenna si spostò sulle guance. Aria si contrasse. Le strisce iniziavano ad
indurirsi e a pruderle. Poteva raccontare questo a Jenna? Infondo lei non sapeva niente della sua
famiglia. “Beh i miei genitori sono… come dire.. Credo il termine giusto sia divorziati. Mio padre
ha una nuova ragazza, che ora insegna arte qui e al momento io vivo con loro. Lei mi odia”
“E tu odi lei?” chiese Jenna.
“Assolutamente!” disse Aria. “E’ entrata nella vita di mio padre. L’ha convinto a prendere vitamine
e fare yoga. Lo ha convinto di avere problemi intestinali, anche se secondo me non è vero” Aria
gonfiò una guancia. Avrebbe tanto voluto che Meredith soffrisse davvero di gastrite o di qualunque
cosa si trattassi, e che ne morisse probabilmente. Almeno non avrebbe dovuto stare a pensare a
decine di modi per far saltare il loro matrimonio.
“Beh almeno si prende cura di lui!” Jenna fece una pausa. Poi abbozzò un sorriso. “Riesco a
percepire che sei accigliata, ma vedi, tutte le famiglie hanno dei problemi. La mia di sicuro”
Aria cercò di evitare qualsiasi movimento. “Magari dovresti darle una possibilità” Jenna si
allontanò “Guarda il lato positivo, è un artista”. Aria provò una fitta allo stomaco. Non riusciva a
controllare i muscoli attorno alla bocca. “Come fai a sapere che è un artista?” Jenna si fermo,
lasciando cadere un po’ di farina dalle mani sulle assi di legno consumate del pavimento. “L’hai
appena detto!”.
Ad Aria girava la testa. Lo aveva fatto? Jenna continuò a preparare delle strisce per le guance di
Aria. Mentre si spostava dalle guance al mento e poi al naso, Aria capì una cosa. Se Jenna riusciva a
percepire le sue espressioni accigliate, probabilmente si era accorta di altre cose attraverso il suo
viso. Poteva leggerle dentro.
La guardò con disagio, come se fosse stata scoperta.
La camera ad un tratto era diventata stretta e sentiva caldo. “Devo” Aria armeggiò sulla sua
postazione, quasi gettandosi addosso il grande secchio d’acqua inutilizzata.
“Dove vai?” la chiamò Jenna. Tutto ciò di cui Aria aveva bisogno era uscire per qualche minuto ,
ma inciampò vicino alla porta, la maschera s’irrigidì e le tirò il viso. Il suo cellulare emise un
segnale acustico. Infilò la mano nella borsa per prenderlo facendo attenzione a non riempire la
tastiera di farina.
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Aveva un nuovo sms.
Fa schifo restare al buio eh? Pensa cosa provi una persona non vedente. Se dirai qualcosa a
qualcuno metterò anche te al buio, per sempre! Mwah! – A
Aria lanciò un occhiata a Jenna. Era ancora alla sua postazione, teneva in mano il suo telefono
fregandosene di pasticciare tutto di farina. Un altro squillo del suo telefono la fece trasalire.
Abbassò lo sguardo sullo schermo nuovamente. Un altro messaggio:
PS Anche la tua futura matrigna ha un identità segreta, proprio come te! Vuoi una prova? Vai da
Hooters domani. –A
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19. LE MENTI VAGANTI VOGLIONO SAPERE
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Giovedì mattina, mentre Emily si alzava da una delle panche di legno nel bagno nello spogliatoio
della palestra, vestita con la solita t-shirt bianca del Rosewood Day, felpa con cappuggio e
pantaloncini da ginnastica blu tendenti al viola, un annuncio risuonò dall’altoparlante.
"Ciao a tutti!" Una voce allegra, di un ragazzo fin troppo entusiasta. "Qui Andrew Campbell, il
vostro rappresentante d’istituto, e voglio solo ricordarvi che la festa per il bentornato ad Hanna
Marin si terrà domani sera presso il Country Club di Rosewood! Siete pregati di venire e portare un
travestimento: si entra solo in maschera! E anche, vorrei fare un grande in bocca al lupo a Spencer
Hastings che questa sera partirà per New York per la sua intervista come finalista dell’ Orchidea
D’Oro! I migliori auguri, Spencer! "
Diverse ragazze nello spogliatoio gemettero. C'era sempre almeno un annuncio su Spencer.
Emily trovò strano, però, che Spencer non avesse menzionato il viaggio per l’Orchidea d’Oro ieri
all’ospedale, quando erano in visita da Hanna. Spencer di solito non faceva che vantarsi dei suoi
successi.
Superato il cartonato gigante raffigurante la mascotte degli Sharks entrò in palestra, entrò in palestra
e fu accolta da un fischio e degli applausi, come se si fosse ritrovata nel bel mezzo di una festa a
sorpresa in suo onore.
"La nostra ragazza preferita è tornata!" urlò Mike Montgomery, in piedi sotto il canestro da basket.
Ebbe l’impressione che tutte le matricole e gli studenti di ginnastica degli altri anni si fossero
radunati dietro di lui.
"Allora, era turismo sessuale, giusto? "
"Cosa?" Emily guardò avanti e indietro. Mike parlava a voce alta.
"Lo sai," cantilenò Mike, con il suo visino da elfo che era il ritratto di quello di Aria. "Per la
Thailandia o qualsiasi altra cosa simile." Aveva un sorriso sognante dipinto sul volto.
Emily arricciò il naso. "Ero in Iowa."
"Oh." Mike sembrava confuso. «Be 'in Iowa fa caldo, troppo. Ci sono un sacco di mungitrici là,
giusto?” Le strizzò l'occhio consapevolmente, come se le latterie avessero qualcosa di attinente al
porno.
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Emily avrebbe voluto rispondergli in maniera sgarbata, ma poi scrollò le spalle. Era abbastanza
sicura che Mike non la stesse prendendo in giro in modo mediocre. Gli altri ragazzi, allampanati,
rimasero a bocca aperta, come se Emily fosse Angelina Jolie, e Mike avesse avuto il coraggio di
chiederle l’ indirizzo di posta elettronica.
Mr. Draznowsky, il loro insegnante di ginnastica, fischiò. Tutti gli studenti si sedettero a gambe
incrociate sul pavimento della palestra, divisi per settori, che era il termine tecnico della palestra per
indicare le file.Mr. Draznowsky prese il registro e li divise, poi tutti si spostarono sui campi da
tennis. Appena Emily prese una racchetta Wilson tra le attrezzature, sentì qualcuno sussurrarle.
"Psssst."Maya si alzò da una scatola enorme di palle Bosu, cerchi per il Pilates e altre attrezzature
per gli esercizi a corpo libero. “Ciao,” strillò col volto roseo e gioioso.
Emily l’abbracciò timidamente, inspirando il suo odore familiare gomma da masticare alla banana.
"Che ci fai qui? "ansimò.
"Ho saltato Algebra per venirti a trovare," sussurrò Maya. "Quando sei tornata? Che cosa è
successo? Sei qui per restare? "
Emily esitò. Era a Rosewood già da un giorno intero, ma la giornata di ieri era stata un ricordo
sfocato, aveva fatto visita ad Hanna in ospedale, poi il messaggio di A, l’allenamento di nuoto, il
tempo trascorso con i genitori, non aveva avuto il tempo di parlare con Maya. L’aveva intravista nei
corridoi a dire il vero, ma si era infilata in un aula vuota e aveva atteso che passasse oltre, anche se
non riusciva a spiegarsi il motivo di quel gesto.
Non era come se si stesse nascondendo da Maya o altro.
"Sono tornata da poco", si giustificò. "E sono tornata per sempre. Spero. "
La porta che collegava ai campi da tennis fu chiusa con forza. Emily guardò verso l’uscita con
desiderio. Sicuramente tutti i suoi compagni di corso avevano già trovato un compagno. Avrebbe
dovuto colpire le palle con il signor Draznowsky, che, perché era anche un insegnante di
educazione alla salute, amava dare ai suoi studenti lezioni sulla contraccezione an plein air.
Poi, Emily sbatté le palpebre come se si fosse appena svegliata da un brutto sogno. Qual era il suo
problema? Perché sembrava aver a cuore quella stupida lezione di ginnastica quando Maya era lì
con lei?
Tornò a Maya. "I miei genitori hanno completamente fatto tabula rasa. Erano così preoccupati che
mi fosse successo qualcosa dopo aver lasciato la fattoria dei miei zii, che hanno rivisto le loro
posizioni e hanno deciso di accettarmi per quello che sono. "
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Maya spalancò gli occhi. "E 'fantastico!" Afferrò le mani di Emily. "Allora dimmi dei tuoi zii?
Erano disponibili con te? "
"Più o meno." Emily chiuse gli occhi, immaginando i volti di Helene e Allen. Poi, si immaginò con
Trista alla festa. Trista aveva detto ad Emily che, se fosse una danza, sarebbe stata sicuramente il
Virginia reel (una danza popolare scozzese). Forse avrebbe dovuto confessare a Maya quello che è
successo con Trista ... solo che…cos’era successo infondo? Niente, davvero. Sarebbe stato meglio
dimenticare tutto. "E 'una lunga storia.""Devi darmi tutti i dettagli più tardi, ora che possiamo
finalmente mostrarci in pubblico." Maya faceva su e giù sulle ginocchia, poi guardò l'orologio
enorme sul tabellone. "Probabilmente dovrei tornare", sussurrò. "Possiamo incontrarci stasera?"
Emily esitò, realizzò che quella era la prima volta che avrebbe potuto dir di si senza guardarsi
furtivamente attorno in cerca dei genitori. Poi si ricordò. "Non posso. Sto avendo cena fuori con la
mia famiglia. " Maya fece un espressione triste. «Domani, allora? Potremmo andare alla festa di
Hanna insieme ". "C-certo," Emily balbettò. "Sarebbe fantastico."
“E, oh! Ho una grande sorpresa per te. "Maya saltellò da un piede all'altro. "Hai presente Scott
Chin, il fotografo dell'annuario? E 'nella mia classe la storia e mi ha detto che tu ed io siamo state
votate come miglior coppia di quest'anno! Non è divertente? "
"La miglior coppia?" Emily ripetè. Si sentiva la bocca pastosa.
Maya prese le Emily mani e oscillò avanti e indietro. "Abbiamo un servizio fotografico nell’aula
dell’annuario domani. Non è una cosa carina? "
"Certo." Emily prese l'orlo della sua maglietta e se lo strinse nel palmo della mano.
Maya inclinò la testa. "Sei sicura di stare bene? Non sembri particolarmente entusiasta. "
"No. Lo sono. Assolutamente." Proprio mentre Emily prendeva fiato per andare avanti, il suo
cellulare vibrò nella tasca della felpa, scuotendole tutta la vita.
Saltò e lo tirò fuori, il cuore le batteva forte. Un nuovo messaggio, diceva il display.
Quando lo aprì e vide la firma alla fine, il suo stomaco si rigirò ancora una volta, ma per un motivo
diverso, stavolta. Chiuse il telefono senza continuare a leggerlo.
"Tutto bene?" Maya chiese, un po 'scocciata, o almeno così sembrò ad Emily..
"No". Emily scivolare il telefono in tasca.
Maya si voltò verso il corridoio, diede ad Emily un bacio veloce sulla guancia e uscì dalla palestra,
riusciva a sentire il rimbombo pesante dei suoi stivali Frye contro il pavimento di legno.
Appena Maya ebbe girato l'angolo nel corridoio, Emily tirò fuori il cellulare, fece un respiro
profondo, e guardò di nuovo lo schermo.
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Ehi, Emily! Ho appena saputo che sei andata via! Mi mancherai! Dove stai in Pennsylvania di
preciso? Se fossi un personaggio storico famoso storico di Philadelphia, chi vorresti essere? Io
quel tipo sul Quaker Oats box .... Vale, no? Potrò venire a trovarti qualche volta?
xxx, Trista
Il riscaldamento centralizzato della palestra attaccò con un rumore metallico. Emily chiuse il suo
telefono a conchiglie e, dopo una pausa, lo spense completamente.
Anni fa, proprio prima che Emily baciasse Ali alla casa sull’albero nel cortile dei DiLaurentis, Ali
aveva confessato di vedersi segretamente un ragazzo più vecchio. Non aveva mai detto come si
chiamava, ma Emily si rese conto che probabilmente si riferiva ad Ian Thomas. Ali aveva afferrato
le mani di Emily, tremanti. "Ogni volta che penso a lui, il mio stomaco comincia a girare come se
fossi sulle montagne russe ",le aveva detto. "Essere innamorati è la migliore sensazione del mondo."
Emily si tirò su la cerniera della felpa fino al mento. Pensava di essere innamorata, si, ma di certo
non si sentiva come se fosse sulle montagne russe.
Era più come all'interno della casa dei divertimenti, dove si nascondono sorprese ad ogni angolo, e
non aveva assolutamente idea di cosa sarebbe successo dopo.
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20. NIENTE SEGRETI FRA AMICHE
traduzione a cura di Lucia Bertollo
Giovedi pomeriggio, Hanna fissava il suo riflesso nello specchio polveroso della camera al piano
terra. Si tamponò un po 'di fondotinta sui punti di sutura sul mento, facendo una smorfia. Perché
punti dovevano fare così tanto male? E perché il dottor Geist doveva cucirle il viso con il filo nero
tipo Frankenstein? Non avrebbe potuto usato un bel color incarnato?
Prese in mano il suo nuovo BlackBerry, osservandolo. Il telefono la stava aspettando sull'isola della
cucina quando suo padre l’aveva portata a casa,quella mattina. C'era un biglietto sulla scatola del
BlackBerry che diceva BENVENUTA A CASA! CON AMORE,MAMMA.
Ora che Hanna non era sul punto di morire, la madre era tornata al suo tour de force al lavoro,
come al solito.
Hanna sospirò, poi compose il numero sul retro della sua bottiglia di fondotinta.
"Ciao,qui è la linea diretta di Bobbi Brown!" cinguettò una voce allegra dall'altra parte.
"Salve,sono Hanna Marin," disse bruscamente, cercando di canalizzare la sua Anna Wintour
interiore. "Posso prenotare Bobbi per un seduta di Makeup?" La ragazza dall’altra parte fece una
pausa. "Dovresti passare attraverso l’agente di Bobbi per una cosa del genere. Ma io
penso che sia molto occupato-"
"Puoi darmi il numero il suo agente?"
"Non credo che mi sia permesso…"
"Certo che puoi” tubò Hanna. "Non lo dirò..”
Dopo un po 'di giri di parole e titubazioni, la ragazza mise Hanna in attesa, e qualcun altro prese la
linea e diede ad Hanna un numero di telefono. Lei lo scrisse con il rossetto sullo specchio del bagno
e riattaccò, provando dei sentimenti ambivalenti. Da un lato, era scossa poichè poteva ancora
spingere la gente a fare esattamente quello che voleva. Solo la regina delle dive della scuola poteva
farlo. D'altra parte, che cosa poteva fare se Bobbi non fosse riuscito a sistemare il pasticcio che
Hanna aveva in volto?
Il campanello suonò. Hanna tamponò più fondotinta sui punti e si diresse all'ingresso.
Probabilmente era Mona, venuta ad aiutare per l’audizione dei modelli maschili per la sua festa.
Aveva detto ad Hanna che voleva prenotare i più belli che poteva trovare.
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107
Hanna si fermò nell'ingresso accanto al piatto gigante in ceramica raku di sua madre. Cosa voleva
dire Lucas in ospedale ieri, quando aveva detto che Hanna non doveva fidarsi di Mona? E più di
questo, ciò che cosa aveva significato quel bacio? Hanna ci aveva pensato poco ad altro da quando
era successo. Si era aspettata di vedere Lucas in ospedale quella mattina,che la salutava con riviste
e un cappuccino Starbucks in mano.
Quando non l’aveva visto, si era sentita ... delusa. E quel pomeriggio, dopo che suo padre l’aveva
lasciata, Hanna si era soffermata su “All My Children” in TV per tre minuti interi prima di cambiare
canale. Due personaggi della soap si stavano baciando appassionatamente, e lei li guardava, con gli
occhi spalancati, con brividi che correvano su e giù per la schiena, improvvisamente in grado di
relazionarsi.
Non che le piacesse Lucas o altro. Non era nella sua stratosfera. E solo per assicurarsi, ieri sera
aveva chiesto a Mona cosa ne pensava di Lucas, quando Mona aveva scelto i suoi vestiti per il
ritorno a casa dall’armadio di Hanna :jeans stretti, una giacca plaid Moschino, e un felpa
ultramorbida. Mona le aveva detto: "Lucas Beattie? Perdente enorme, Han. Lo è sempre stato. "
Quindi il gioco era fatto. Non più Lucas. Non avrebbe detto a nessuno del bacio, mai.
Hanna raggiunse la porta d'ingresso, notando il modo in cui capelli bianco-biondi di Mona
brillavano attraverso i pannelli satinati. E quasi cadde quando aprì la porta e vide Spencer in piedi
dietro a Mona.
E Emily e Aria che stavano camminando lungo il vialetto davanti casa. Hanna si chiese se avesse
accidentalmente detto a tutte loro di venirla a trovare nello stesso momento.
«Be ', questa è una sorpresa," disse Hanna nervosamente.
Ma fu Spencer che girò intorno a Mona ed entrò in casa di Hanna per prima. "Abbiamo bisogno di
parlare con te", disse. Mona, Emily, e Aria la seguirono, e le ragazze si misero sui divani in pelle
color caramello di Hanna sedute esattamente negli stessi posti che usavano per sedersi, quando
erano amiche: Spencer nella grande poltrona di cuoio in un angolo, Emily ed Aria sul divano. Mona
aveva preso la sedia di Ali, vicino alla finestra.
Quando Hanna strizzò gli occhi, notò che si poteva quasi scambiare Mona per Ali. Hanna lanciò
uno
sguardo Mona per vedere se fosse arrabbiata, ma Mona sembrava tipo ... ok.
Hanna si sedette sul pouf della poltrona di pelle. "Um, abbiamo bisogno di parlare di quello?"
Chiese a Spencer. Aria e Emily sembrava un po’ troppo confuse.
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"Abbiamo ricevuto un altro biglietto da A dopo aver lasciato la tua stanza d'ospedale," sbottò
Spencer.
"Spencer," sibilò Hanna. Anche Emily e Aria guardò a bocca aperta. Da quando parlavano di A
davanti ad altre persone?
"Va tutto bene," disse Spencer. "Mona sa. Ha ricevuto anche lei dei biglietti da A. "
Hanna si sentì improvvisamente debole. Guardò Mona per la conferma, e la bocca di Mona era tesa
e seria. "No," Hanna sussurrò.
"Tu?" Aria rimase a bocca aperta.
"Quanti?" Emily balbettò.
"Due," Mona ammise, fissando la sagoma delle sue ginocchia nodose attraverso il suo abito in
jersey arancio bruciato firmato C & C California. "li ho ricevuti questa settimana. Quando l’ho detto
a Spencer ieri, non avrei mai immaginato che anche voi ragazze li aveste ricevuti. "
"Ma questo non ha senso," sussurrò Aria, guardando gli altri. "Ho sempre pensato che A inviasse i
messaggi ai vecchi amici di Ali."
"Forse pensavamo tutti sbagliato", disse Spencer.
Lo stomaco di Hanna borbottò. " Spencer ti ha raccontato del SUV che mi ha colpito?"
"Che era A. E che sapeva chi era A." la faccia di Mona era pallida.
Spencer accavallò le gambe. "Comunque, abbiamo ricevuto un nuovo biglietto. A, ovviamente, non
vuole che tu ricordi, Hanna. Se continuiamo a spingerti a farlo, A farà del male a noi. "
Emily si lasciò sfuggire un piccolo gemito .
"Questo è davvero spaventoso," sussurrò Mona. Non aveva smesso di muovere il piede, cosa che
faceva solo quando era molto tesa. "Dobbiamo andare alla polizia."
"Forse dovremmo," accordò Emily. "Si, potrebbero aiutarci. È una cosa seria. "
"No!" quasi strillò Aria. "A saprà. È come ... A ci può vedere, in ogni momento. "
Emily serrò la bocca, fissando le sue mani.
Mona deglutì a fatica. "Credo di sapere cosa vuoi dire, Aria. Da quando ho ricevuto i messaggi, mi
sono sentita come se qualcuno mi spiasse. "Si guardò intorno, gli occhi spalancati e spaventati. "Chi
lo sa? A potrebbe guardarci proprio in questo momento. "
Hanna rabbrividì. Aria si guardò intorno freneticamente, porta a porta, nel soffocante soggiorno di
Hanna. Emily sbirciò dietro il pianoforte a coda di Hanna, come se A protesse essere accovacciato
in un angolo. Poi il Sidekick Mona vibrò, e tutte si lasciarono sfuggire dei piccoli guaiti spaventati.
Quando Mona lo tirò fuori, il suo viso impallidì. "Oh mio Dio.È un altro. "
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Tutte si riunirono intorno al telefono di Mona. Il messaggio più recente era una cartolina di
compleanno in ritardo. Sotto le immagini di palloncini felici e una torta glassata bianca ,che Mona
non avrebbe mai mangiato nella vita reale, il messaggio diceva:” Buon compleanno in ritardo,
Mona! Quando hai intenzione di dire Hanna quello che hai fatto? Io ti consiglio di aspettare fino a
quando non ti darà il regalo di compleanno. Si potrebbe perdere l'amicizia, ma almeno si riesce a
mantenere il dono!-A
Il sangue di Hanna si trasformò in ghiaccio. "Che cosa hai fatto? Di che cosa sta parlando? "
Mona impallidì. "Hanna ... va bene. Abbiamo litigato la notte della mia festa. Ma solo un pochino.
Onestamente. Dovremmo lasciar perdere. "
Il cuore di Hanna battè forte come un motore di un'auto. La sua bocca si seccò all'istante.
"Non volevo continuare il litigio dopo il tuo incidente, perché non pensavo fosse importante," Mona
continuò, la sua voce acuta e disperata. "Non volevo farti arrabbiare. E mi sono sentita malissimo
quando litigavamo la scorsa settimana, Hanna, soprattutto quando ho pensato di averti perso per
sempre. Volevo solo non pensarci più. Volevo farlo dando questa festa incredibile, e-".
Passarono pochi,lunghi,secondi. Il riscaldamento di accese, facendola sobbalzare. Spencer si schiarì
la gola.
"Voi ragazze non dovete litigare », disse con dolcezza. "A sta solo cercando di distrarti da capire
chi ci sta inviando questi terribili messaggi, in primo luogo."
Mona lanciò a Spencer uno sguardo di gratitudine. Hanna abbassò le spalle, sentendo tutti gli occhi
su di lei. L'ultima cosa che voleva fare era parlare di questo con gli altri intorno. Non era sicura di
voler parlare con tutti. "Spencer ha ragione. Questo è ciò che un fa A. "
Le ragazze rimasero in silenzio, a fissare la lampada di carta Noguchi a forma quadrata, che si
trovava sul tavolino. Spencer afferrò la mano di Mona e la strinse. Emily afferrò Hanna. "cosa
riguardavano gli altri messaggi di A?" chiese tranquillamente Aria a Mona. Mona chinò la testa.
"Solo alcune cose del passato."
Hanna si rizzò, concentrandosi sulla clip di capelli a forma di uccello azzurro nei capelli di Aria.
Aveva la sensazione di sapere su cosa A prendesse in giro Mona, circa l'intervallo di tempo prima
che Hanna e Mona fossero amiche, quando Mona era stupida e sfigata. Su quale segreto si era
focalizzata di più A ? Quando Mona aveva imitato Ali, cercando di essere come lei? Quando Mona
era oggetto di scherno di tutti? Lei e Mona non avevano mai parlato del passato, ma a volte Hanna
sentiva come se i ricordi dolorosi apparissero all’improvviso, che ribollissero appena sotto la
superficie della loro amicizia come un geyser sotterraneo.
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"Non c'è bisogno di dircelo se non vuoi," Hanna disse in fretta. "Molte nostri messaggi di A sono
stati circa il passato. Ci sono un sacco di cose che tutti noi vogliamo dimenticare. "
Incontrò gli occhi della sua migliore amica, sperando Mona avesse capito. Mona strinse la mano di
Hanna. Hanna notò che Mona indossava l'anello d'argento e turchese che Hanna aveva fatto per lei
nel corso “ Gioielli II”, anche se sembrava più simile a uno degli anelli che solo i nerd della
Rosewood Day indossavano che a una graziosa Pallina da Tiffany. Il cuore di Hanna si riscaldò,
vedendolo. A aveva ragione su una cosa: I migliori amici condividevano tutto. E adesso lei e Mona
potevano condividere anche quello.
Il campanello suonò, tre brevi bong di ispirazione asiatica. Le ragazze trasalirono. "Chi è?" Aria
sussurrò spaventata.
Mona si alzò, scuotendo i suoi lunghi capelli biondi. Si aprì in un sorriso grande e saltellò verso la
porta d'ingresso di Hanna. "Qualcosa per farci dimenticare i nostri problemi."
"Che cosa, come la pizza?" Chiese Emily.
"No, dieci modelli maschili dal ramo Philly della agenzia di modelle Wilhelmina, naturalmente,"
disse Mona semplicemente.
Come se fosse assurdo pensare che potesse essere chiunque altro.
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21. COME RISOLVI UN PROBLEMA COME EMILY?
traduzione a cura di Magda Lucariello
Giovedì sera, dopo aver lasciato Hanna, Emily camminava con le sue buste dello shopping - cariche
di profumi costosi - tra i clienti del centro commerciale "Re James".
Doveva incontrare i suoi genitori all' "All that jazz!", il ristorante a tema "Musical di Broadway"
accanto a Nordstrom. Era il suo ristorante preferito quando era piccola, e Emily immaginò che i
suoi genitori pensassero che lo fosse ancora oggi. Il ristorante sembrava lo stesso di sempre, il
tendone con una finta facciata di Broadway, una gigante statua del Fantasma dell'Opera accanto al
podio dell'assistente di sala, e foto di star di Broadway su tutti muri.
Emily fu la prima ad arrivare, così si sedette su un lungo sgabello vicino al ripiano in granito del
bar. Per un po', fissò le bambole da collezione della Sirenetta in una teca di vetro in prossimità
dell'assistente di sala.
Quando era più piccola, Emily avrebbe voluto essere Ariel la principessa sirena - Ariel poteva avere
le gambe umane di Emily, e Emily avrebbe avuto le pinne da sirena. Aveva l'abitudine di guardare
questo film con isuoi vecchi amici, fino a che Ali le aveva detto che erano storpi e infantili e
avrebbe dovuto smetterla.
Un'immagine familiare sullo schermo della TV del bar attirò la sua attenzione. C'era una giornalista
bionda e prosperosa in primo piano e una foto di Alison in seconda media in un angolo.
"Lo scorso anno, i genitori di Alison DiLaurentis hanno vissuto in una piccola città non lonatano da
Rosewood, Pennsylvania mentre il loro figlio, Jason, ha preso la laurea presso l'università Yale.
Tutti hanno condotto una vita tranquilla....fino ad ora. Mentre l'indagine per l'omicidio di Alison
continua senza nuove piste, come sta il resto della famiglia?"
Un maestoso edificio ricoperto di edera, lampeggiava sullo schermo con sopra la didascalia NEW
HAVEN, CONNECTICUT. Un'altra giornalista bionda insegue un gruppo di studenti "Jason"
chiamò "credi che la polizia stia facendo abbastanza per trovare l'assassino di tua sorella?" "E tutto
questo ha riunito la tua famiglia?" qualcun altro gridò. Il ragazzo con un cappello da baseball dei
Phillies si voltò. Emily sgranò gli occhi - aveva visto Jason solo un paio di volte dalla scomparsa di
Ali. I suoi occhi erano freddi e duri e gli angoli della bocca erano abbassati.
"Non parlo molto con la mia famiglia." disse Jason. "Sono troppo incasinati!"
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Emily appoggiò i piedi sotto il suo sgabello. La famiglia di Ali...incasinati? Agli occhi di Emily, i
DiLaurentis sembravano perfetti. Il padre di Ali aveva un buon lavoro, ma era in grado di tornare
nei weekend per un barbecue con i suoi figli. La signora DiLaurentis era solita mandare Ali, Emily
e le altre a comprare la farina d'avena per fare i biscotti all'uva. La loro casa era perfettamente pulita
e, ogni volta che Emily andava a cena da loro, si faceva sempre un sacco di risate.
Emily pensò al ricordo di cui aveva parlato con Hanna in precedenza, quello del giorno prima della
scomparsa di Ali. Dopo che Ali era uscita sul patio posteriore, Emily si scusò e andò in bagno.
Mentre passava attraverso la cucina, vicino a Charlotte, il gatto Himalayano di Ali, aveva sentito
Jason sussurrare con qualcuno sulle scale. Sembrava arrabbiato.
"Faresti meglio a smetterla" Jason sibilò. "Sai come li fa incazzare!"
"Non me ne importa niente," un'altra voce sussurrò.
Emily premette il suo corpo contro il muro dell'atrio, confusa. La seconda voce sembrava quella di
Ali.
"Sto solo cercando di aiutarti," Jason continuò, sempre più agitato.
Proprio in quel momento, la signora DiLaurentis girò velocemente attraverso la porta laterale,
correndo verso il lavandino per lavarsi le mani sporche. "Oh ciao, Emily", cinguettò. Emily si
allontanò dalle scale. Sentì dei passi salire al secondo piano.
Emily guardò di nuovo lo schermo del televisore. La notizia era stata rilasciata ai membri del
Country Club di Rosewood perchè lo Stalker di Rosewood era stato avvistato furtivamente intorno
al parco del club. La gola di Emily le prudeva. Era molto semplice associare lo Stalker di Rosewood
ad A.... e il Country Club? La festa di Hanna si sarebbe svolta lì. Emily era stata molto attenta a non
fare troppe domande ad Hanna da quando aveva ricevuto l'ultimo messaggio, ma si chiedeva ancora
se sarebbero dovute andare alla polizia - questa era un'idea alquanto lontana.
E se A non avesse colpito solo Hanna, ma anche ucciso Ali, come Aria aveva suggerito l'altro
giorno? Ma forse Mona aveva ragione: A era ovunque, osservava ogni loro mossa. A avrebbe
saputo se loro avessero raccontato tutto alla polizia.
Con un tempismo perfetto, il suo cellullare squillò. Emily saltò, quasi barcollando dalla sedia. Era
un nuovo messaggio, ma per fortuna, era solo Trista. Ancora una volta. "Ehi, Em! Che fai questo
fine settimana? Baci, Trista"
Emily voleva che Rita Moreno non cantasse "America" così forte, e avrebbe voluto non essere
seduta così vicino ad una foto del cast di Cats -tutti i felini la sbirciavano come se lei fosse stata uno
di quegli alberelli tiragraffi.
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Passò la mano sui tasti irregolari del suo Nokia. Sarebbe stato scortese non rispondere, giusto? Così
scrisse: "Ciao, vado ad una festa in maschera di una mia amica questo Venerdì. Sarà divertente!Em"
Quasi immediatamente, Trista rispose "OMG! Vorrei poter venire!"
"Anche io vorrei" Emily scrisse come risposta. "Evvai"Si chiese cosa Trista avesse davvero in
mente di fare quel fine settimana - andare ad un'altra festa del silo? Incontrare un'altra ragazza?
"Emily?" Due gelide mani si appoggiarono sulle sue spalle. Emily si girò di scatto, lasciando cadere
il suo telefono sul pavimento. Maya era in piedi dietro di lei. La madre di Emily, il padre, la sorella
Carolyn e il suo fidanzato, Topher, stavano dietro Maya. Tutti sorrisero.
"Sorpresa!" Maya cantò. "Tua madre mi ha chiamato questo pomeriggio per chiedere se volevo
venire alla vostra cena!"
"O-ohh" Emily balbettò. "E'...fantastico!" Prese il suo telefono dal pavimento e lo strinse tra le
mani, coprendo lo schermo come se Maya avesse potuto vedere quello che Emily aveva appena
scritto. Sembrava che ci fosse un caldo e raggiante riflettore su di lei.
Guardò i suoi genitori, che erano in piedi vicino ad una grande foto degli attori di "Les MisérablesAssalto alle barricate". Entrambi sorridevano nervosamente, comportandosi allo stesso modo di
quando avevano conosciuto il vecchio fidanzato di Emily, Ben.
"Il nostro tavolo è pronto", disse la mamma di Emily. Maya prese la sua mano e seguì il resto della
famiglia.
Tutti si sedettero su un'enorme panca porpora. Un cameriere effeminato, di cui Emily era
abbastanza sicura che indossasse mascara, chiese se volevano qualche cocktail.
"E' così bello conoscervi, finalmente signori Fields." disse Maya, una volta che il cameriere se ne
andò. E sorrise ai genitori di Emily.
La mamma di Emily sorrise. "E' un piacere anche per noi conoscerti." Disse con voce calda. Il padre
di Emily sorrise. Maya indicò il braccialetto di Carolyn. "E' così bello. L'hai fatto tu?"
Carolyn arrossì. "Già. Da Jewely III."
Maya spalancò gli occhi. "Vorrei fare dei gioielli, ma non sono molto brava con i colori. Invece, i
colori del tuo braccialetto stanno così bene insieme."
Carolyn guardò il piatto dorato. "Non è poi così difficile." Emily capì che fosse lusingata.
Parlarono del più e del meno, della scuola, dello Stalker di Rosewood, del mordi-e-fuggi di Hanna,
e della California - Carolyn voleva sapere se Maya conosceva dei ragazzi che andassero a Stanford,
dove sarebbe andata il prossimo anno.
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Topher rise quando Maya raccontò una storia riguardante la sua vecchia vicina a San Francisco, che
aveva otto pappagallini da compagnia e Maya le faceva da pappagallo-sitter.Emily guardo tutti,
infastidita.
Se Maya era così tanto simpatica, perchè non le avevano dato una chance prima? Perchè tutti quei
discorsi sul fatto che lei deve stare lontano da Maya? Aveva davvero avuto bisogno di scappare per
far sì che prendessero la sua vita sul serio?
"Oh, ho dimenticato di dirvi," disse il padre di Emily, quando tutti ricevettero la loro cena. "Ho
prenotato di nuovo la casa a Duck per il giorno del Ringraziamento."
"Oh, meraviglioso." disse la signora Fields. "Stessa casa?"
"La stessa", disse il signor Fields tagliando una piccola carota.
"Dove si trova Duck?" chiese Maya.
Emily rastrellò il purè di patate con la forchetta. "E' una piccola citta di mare nell' Outer Banks del
Nord Carolina. Si affitta una casa ogni giorno del Ringraziamento. L'acqua è ancora abbastanza
calda per fare una nuotata se hai una muta"
"Forse Maya vorrebbe venire!" disse la signora Fields, asciugandosi delicatamente la bocca con un
tovagliolo. "Hai sempre portato un amico, dopo tutto."
Emily rimase a bocca aperta. Ha sempre portato un fidanzato, veramente - lo scorso anno, aveva
portato Ben. Carolyn aveva portato Topher.
Maya premette il palmo della sua mano sul petto. "Beh...sì! Sembra fantastico!"
Sembrava che le pareti con la finta scenografia del ristorante si chiudessero intorno a lei. Emily tirò
il colletto della camicia, poi si alzò in piedi. Senza spiegazioni, andò verso un mucchio di camerieri
e cameriere vestiti comi i personaggi di Rent. Barcollò fino al bagno, si appoggiò contro il muro
con le piastrelle di mosaico e chiuse gli occhi.
La porta del bagno si aprì. Emily vide le scarpe Mary Janes dalla punta quadrata di Maya sotto la
porta del bagno.
"Emily?" la chiamò Maya dolcemente.
Emily sbirciò attraverso la fessura della porta metallica. Maya aveva la sua borsa a tracolla
all'uncinetto sul petto, le labbra strette insieme con preoccupazione. "Stai bene?" chiese Maya.
"Mi sento solo un po 'debole," Emily balbettò, goffamente uscì dal bagno e si diresse verso il
lavandino. Si piazzò davanti al lavandino, con la schiena rivolta verso Maya, e il suo corpo era
rigido e teso. Se Maya l’avesse toccata in quel momento, Emily era abbastanza sicuro che sarebbe
esplosa.
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Maya le si avvicinò, poi si allontanò, come se avesse avvertito la sensazione di fastidio di Emily.
"Non è dolce che i tuoi genitori mi abbiano invitata a Duck con te? Sarà divertentissimo! "
Emily strofinò un pezzo enorme di sapone schiumoso nelle sue mani. Quando erano andati a Duck,
Emily e Carolyn avevano sempre trascorso almeno tre ore al giorno in mare a fare bodysurfing. Poi,
erano solite guardavare maratone di caronti animati su Cartoon Network, fare rifornimento di cibo
ed energie, ed entrare in acqua di nuovo. Sapeva che a Maya non sarebbe piaciuto.
Emily si girò verso di lei. "Si tratta di tipi... strani. Voglio dire, i miei genitori mi odiavano la
settimana scorsa. E adesso gli vado bene. Stanno cercando di convincermi, mi sorprendono
invitandoti a cena, e poi ti invitano a venire in vacanza con noi. "
Maya si accigliò. "E questa è una cosa negativa?"
"Beh, sì," Emily sbottò. "O, no. Certo che no." Stava dicendo delle cavolate. Si schiarì la gola e
incrociò gli occhi di Maya nello specchio. "Maya, se potessi essere un qualsiasi tipo di caramelle,
quale saresti? "
Maya toccò il bordo di un intarsio di tessuto dorato che si trovava nel bel mezzo del ripiano per il
make-up della stanza da bagno. "Eh?"
"Quale ... saresti? Mike and Ike? Laffy Taffy? Una barretta di Snickers? Che cosa? "
Maya la fissò. "Sei ubriaca?"
Emily scrutò Maya attraverso lo specchio. Maya aveva una pelle incandescente, color miele. Il suo
lucida labbra al sapore di ribes rosso brillava. Emily si era innamorata di Maya dal primo giorno che
aveva posato gli occhi su di lei, e i suoi genitori stavano facendo un grande sforzo per accettarlo.
Qual era il suo problema, allora? Perché, ogni volta che Emily baciava Maya, si immaginava a
baciare Trista, invece?
Maya si appoggiò al mobile. "Emily, penso di sapere cosa sta succedendo."
Emily distolse lo sguardo in fretta, cercando di non arrossire. "No, non lo sai."
Gli occhi di Maya erano dolci e comprensivi. "E per la tua amica Hanna, non è vero? Il suo
incidente? C'eri anche tu, vero? Io ho sentito dire che la persona che l'ha colpita la stava
perseguitando. "
La borsa di tela della Banana Repubblic di Emily le scivolò di mano e cadde sul pavimento
piastrellato con un tonfo.
"Dove l'hai sentito?" sussurrò.
Maya fece un passo indietro, spaventata. "Io ... io non lo so. Non riesco a ricordare." Lei socchiuse
gli occhi, confusa. "Puoi parlarne con me, Em. Siamo in grado di dirci qualcosa di diverso, no? "
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Emily pensò al messaggio che A le aveva inviato quando lei e le sue tre amiche si erano incontrate
con l'Ufficiale Wilden la scorsa settimana: se dirai a qualcuno di me, te ne pentirai. "Nessuno sta
perseguitando Hanna," sussurrò. "E 'stato un incidente. Fine della storia. "
Maya fece scorrere le mani lungo il bacino del lavabo in ceramica. "Penso che sia meglio che io
torni a tavola ora. Io ... ti spetto fuori." Uscì dal bagno lentamente. Emily ascoltò il rumore della
porta che si richiudeva.
La canzone che trasmettevano ora gli altoparlanti veniva dalla Aida. Emily si sedette sugli specchi,
cullando la borsa in grembo. Nessuno ha detto niente, si disse. Nessuno lo sa tranne noi. E nessuno
sta per dirlo ad A.
Improvvisamente, Emily notò un biglietto piegato gettato nella sua borsa aperta. C’era scritto
EMILY sul fronte, a lettere grandi, tondeggianti e rosa. Emily lo aprì. Era un tesserino di
appartenenza al GALG- Genitori e Amici di Lesbiche e Gay. Qualcuno aveva compilato le
informazioni sui genitori di Emily. In fondo era appuntato a mano, in una calligrafia familiare
Felice giorno del coming-out, Em – i tuoi genitori devono essere orgogliosi! Ora che i Fields hanno
accettato questo amore e l’hanno accolto nella loro caso, sarebbe un peccato se succedesse
qualcosa alla loro piccola lesbica. Perciò ti conviene rimanere in silenzio ... e che anche gli altri lo
facciano!
-A
La porta del bagno stava ancora oscillando dall'uscita di Maya. Emily fissò la nota, le sue mani
tremavano. Ad un tratto, un profumo familiare riempiva l'aria. E 'odore di ... Emily aggrottò la
fronte e annusò di nuovo. Infine, mise il biglietto accanto al naso. Emily avrebbe riconosciuto quel
profumo ovunque. Era il profumo seducente di Maya di gomma all banana.
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22. SE I MURI DEL W&S POTESSERO PARLARE…
traduzione a cura di Magda Lucariello
Giovedì sera, dopo una cena allo Smith & Wollensky, un sofisticato ristorante di Manhattan
frequentato dal padre di Spencer, Spencer seguì la sua famiglia fino al corridoio con la moquette
grigia del W Hotel. La sala era rivestita da eleganti fotografie in bianco e nero di Annie Leibovitz ,
e l'aria puzzava come un mix tra vaniglia e asciugamani freschi.
Sua madre era al cellulare. "No, lei è sicura di vincere», mormorò. "Perché non possiamo prenotare
ora?" Fece una pausa, come se la persona all'altro capo del filo stava dicendo qualcosa di molto
importante. "Bene. Ci sentiamo domani ". Chiuse il telefono.
Spencer tirò il risvolto del suo vestito grigio tortora Armani Exchange – aveva indossato un abito
professionale a cena per entrare in modalità “saggista premiata”. Si chiese con chi sua mamma
stesse parlando al telefono. Forse stava organizzando qualcosa di incredibile per Spencer, se avesse
vinto il premio Orchidea D’oro. Un viaggio favoloso? Una giornata con una shopper personale
Barneys? Un incontro con l'amico di famiglia che ha lavorato presso il New York Times? Spencer
aveva pregato i suoi genitori di farla essere una stagista estiva al Times, ma sua madre non
gliel'aveva mai permesso.
"Nervosa, Spence?" Melissa e Ian apparvero dietro di lei, tirando le valigie scozzesi abbinate.
Purtroppo, i genitori di Spencer avevano insistito sul fatto che Melissa venisse al colloquio di
Spencer come supporto morale, e Melissa aveva portato Ian. Melissa aveva una bottiglia con
l’etichetta MARTINI TO GO! "Vuoi una di queste? Ne ho presa una per te, se avevi bisogno di
qualcosa per calmarti."
“Sto bene” sbottò Spencer. La presenza di sua sorella dava a Spencer la sensazione di avere
scarafaggi che strisciavano sotto il reggiseno Malizia. Quando Spencer chiuse gli occhi, vide
Melissa agitarsi quando Wilden ha chiesto a lei e Ian dove erano stati la notte della scomparsa di Ali
e sentì la voce di Melissa che diceva Ci vuole una persona molto particolare per uccidere. E non
sei tu.
Melissa si fermò, agitando la mini bottiglia martini. "Sì, probabilmente è meglio non bere. Potresti
dimenticare il succo del tuo saggio Orchidea D’oro".
"Questo è vero," mormorò la signora Hastings. Spencer rizzata si voltò. La stanza di Ian e Melissa
era proprio accanto a quella di Spencer, e si infilarono dentro, ridacchiando. Come sua madre
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afferrò la chiave della camera di Spencer, una bella ragazza circa l'età di Spencer le passò accanto.
Aveva la testa abbassata, e stava leggendo una scheda color crema che sembrava sospettosamente
simile all’invito a colazione della Golden Orchid che Spencer aveva infilato nella borsa di lana Kate
Spade.
La ragazza notò Spencer che la guardava e si aprì in un sorriso scintillante. "Ciao!" gridò
brillantemente. Aveva l'aspetto di una giornalista della CNN: pronta, vivace, simpatica. Spencer
spalancò la bocca e la sua lingua ciondolava goffamente. Prima che potesse risponderle, la ragazza
si strinse nelle spalle e guardò altrove. Il bicchiere di vino che i genitori di Spencer le avevano
permesso di bere a cena gorgogliava nel suo stomaco. Si rivolse a sua madre.
"Ci sono un sacco di candidati davvero intelligenti per l'Orchidea d'Oro," sussurrò Spencer, dopo
che la ragazza girò l'angolo. "Io non ho per niente la vittoria scontata."
"Sciocchezze." La voce della signora Hastings la zittì. "Stai per vincere." Lei porse la chiave della
camera.
"Questa è tua. Ti abbiamo preso una suite. " Poi, accarezzò il braccio di Spencer e proseguì lungo il
corridoio
nella sua stanza.
Spencer si morse le labbra, aprì la porta della sua camera, e accese la luce. La stanza puzzava di
cannella e moquette nuova, e il suo letto matrimoniale era pieno di una dozzina di cuscini.
Raddrizzò le spalle e mise la borsa nel guardaroba mogano scuro. Immediatamente, appese il suo
vestito nero Armani da colloquio e mise il reggiseno fortunato rosa di Wolford e il set di collant nel
primo cassetto della cassettiera adiacente. Dopo aver indossato il pigiama, camminava in giro per
la suite per assicurarsi che tutte le grandi cornici erano diritte e gli enormi cuscini celesti del letto
erano sistemati simmetricamente.
Nel bagno, aveva fissato gli asciugamani in modo che fossero appesi in modo uniforme sulle
griglie. Aveva posizionato il bagnoschiuma Bliss, lo shampoo, e il condizionatore in un motivo a
rombi intorno al lavandino. Quando tornò in camera sua, fissò con aria assente una copia della
rivista Time Out New York. Sulla copertina c'era Donald Trump dall’aspetto sicuro in piedi di
fronte alla Trump Tower.
Spencer fece i respiri del fuoco dello yoga, ma ancora non si sentiva meglio. Infine, tirò fuori i
suoi cinque libri di economia e un copia della carta di Melissa e sparpagliò tutto sul suo letto. Stai
per vincere, la voce di sua madre risuonava in un orecchio.
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Dopo le noiose ore di prove delle parti della carta di Melissa di fronte allo specchio, Spencer sentì
bussare alla porticina adiacente che portava alla suite accanto. Si mise a sedere, confusa. Quella
porta portava alla camera di Melissa.
Un altro colpo alla porta. Spencer scivolò dal letto e strisciò verso la porta. Guardò il suo cellulare,
ma era impassibile e bianco. "Chi è?" Spencer disse dolcemente.
"Spencer?" Ian disse con voce roca. "Ehi. Credo che le nostre camere siano connesse. Posso
entrare? "
"Uhm," Spencer balbettò. La porta adiacente fece un paio di rumori sferraglianti, quindi si aprì. Ian
si era cambiato la sua camicia e i suoi pantaloni cachi con una T-shirt e jeans Ksubi. Spencer
rannicchiò le dita, impaurita ed eccitata.
Ian guardò la suite di Spencer. "La tua camera è enorme rispetto alla nostra."
Spencer si strinse le mani dietro la schiena, cercando di non sorridere. Questa era probabilmente la
prima volta che aveva avuto una camera migliore di quella di Melissa. Ian guardò i libri divaricati
sul letto di Spencer, poi li mise da parte e si sedette. "Studi, eh?"
"Più o meno." Spencer rimase incollata al tavolo, aveva paura di muoversi.
"Peccato. Ho pensato che avremmo potuto fare una passeggiata o qualcosa del genere. Melissa si è
addormentata, dopo un solo un goccio di cocktail. E’ una mezzacalzetta." Ian strizzò l'occhio.
Fuori, una serie di taxi suonavano il clacson, e una luce al neon si accendeva e si spegneva.
L'espressione sul volto di Ian era la stessa di anni fa che Spencer ricordava, quando era in piedi nel
suo vialetto, e la baciò. Spencer si versò un bicchiere di acqua ghiacciata dalla brocca sul tavolo e
ne inghiottì un lungo sorso, mentre un'idea stava nascendo nella sua mente. Lei in realtà aveva
delle domande per Ian ... su Melissa, in merito ad Ali, riguardo alle parti che non ricordava, e sul
pericoloso sospetto, quasi un tabù, che si stava diffondendo nella sua mente da Domenica.
Spencer posò il bicchiere, il suo cuore batteva forte. Strattonò la sua T-shirt enorme dell’ Università
della Pennsylvania in modo che le cadde su una delle sue spalle. “Sai, io conosco un segreto su di
te”, mormorò.
"Su di me?" Ian si indicò il petto. "Di che si tratta?"
Spencer spinse alcuni dei suoi libri da parte e si sedette accanto a Ian. Quando inalò il suo scrub
viso di Kiehl a profumo di ananas e papaya - Spencer conosceva tutta la linea curativa di Kiehl a
memoria, le piacieva tanto - sentì girare la testa. "So che tu e una certa ragazzina bionda eravate un
po’ più che amici."
Ian sorrise pigramente. «E vorresti che la ragazzina bionda fossi ... tu?"
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"No ..." Spencer strinse le labbra. "Ali".
La bocca di Ian si contrasse. "Ali e io ci siamo sentiti una o due volte, questo è tutto." Accarezzò il
ginocchio nudo di Spencer. Spencer sentì un formicolio alla schiena. “Mi piace di più baciare te.”
Spencer si appoggiò allo schienale, perplessa. Nel loro ultimo incontro, Ali aveva detto a Spencer
che lei e Ian stavano insieme, e che Ian ha baciato Spencer solo perché Ali gliel’ha chiesto. Perché,
allora, Ian sembrava sempre così interessato a Spencer?
"Mia sorella lo sa che stavi con Ali?"
Ian rise. "Certo che no. Sai come è gelosa! "
Spencer guardò fuori su Lexington Avenue, contando dieci taxi gialli di fila.
"Così tu e Melissa stavate davvero insieme tutta la notte in cui Ali è scomparsa?"
Ian si appoggiò sui gomiti, emettendo un sospiro esagerato. "Voi ragazze Hastings siete strane.
Melissa ti ha parlato di quella notte. Penso che era nervosa perché il poliziotto poteva scoprire che
avevamo bevuto, dato che eravamo minorenni. Ma allora? E 'stato più di quattro anni fa. Nessuno di
noi è stato arrestato per ora. "
"Era ... nervosa?" Sussurrò Spencer, spalancando gli occhi.
Ian abbassò gli occhi in modo seducente. "Perché non ti dimentichi di tutta qusta roba di Rosewood
per un po'?" Sfiorò i capelli di Spencer dalla fronte. "Pensiamo a noi, invece."
Il desiderio brulicava dentro di lei. Il viso di Ian si avvicinò sempre di più, bloccando la vista di
Spencer verso edifici dall'altra parte della strada. La sua mano si appoggiò al ginocchio. "Non
dovremmo fare questo," sussurrò. "Non è giusto."
"Certo che lo è," Ian sussurrò.
E poi, si sentì bussare alla porta contigua.
"Spencer?" La voce di Melissa era alta. "Ci sei?"
Spencer saltò fuori dal letto, facendo cadere i suoi libri e gli appunti sul pavimento. "S-sì."
"Sai dov’è Ian?" Sua sorella, chiese.
Quando sentì Melissa girare la manopola della porta adiacente, Spencer indicò freneticamente a Ian
la porta d'ingresso. Lui saltò giù dal letto, si raddrizzò i suoi vestiti, e scivolò fuori dalla stanza,
proprio nel momento in cui Melissa aprì la porta.
Sua sorella aveva infilato la sua maschera nera per dormire di seta sulla fronte e indossava pantaloni
del pigiama Kate Spade con il fondo a righe. Alzò il naso un po' in aria, quasi come se stesse
annusando l’odore di ananas e papaya di Kiehl. "Perché la tua stanza è molto più grande della mia?"
Melissa disse infine.
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Entrambi sentirono il rumore meccanico della chiave di Ian strisciare nella sua porta. Melissa si
voltò, i capelli oscillarono. "Oh, ci sei. Dove sei stato? "
"Ai distributori automatici." La voce di Ian era burrosa e liscia. Melissa chiuse la porta adiacente,
senza neanche salutare.
Spencer si lasciò cadere sul letto. "Per poco," gemette ad alta voce, anche se, sperava, non
abbastanza forte da far sentire Melissa e Ian.
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23. DIETRO LE PORTE CHIUSE
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
Quando Hanna aprì gli occhi, si trovava al volante della sua Toyota Prius. Ma i dottori non le
avevano detto che non avrebbe dovuto guidare con un braccio rotto? Non sarebbe dovuta essere a
letto, con il suo dobermann in miniatura, Dot, al suo fianco.
“Hanna.” Una figura sfocata si sedette accanto a lei, sul sedile del passeggero. Hanna poteva solo
dire che si trattava di una ragazza con i capelli biondi – la sua vista era troppo sfocata per vedere
qualsiasi altra cosa. “Hey, Hanna” disse di nuovo la voce. Suonava come...
“Ali?” gracchiò Hanna.
“Proprio così.” Ali si chinò vicino al viso di Hanna. Le punte dei suoi capelli sfioravano la guancia
di Hanna. “Io sono -A” sussurrò.
“Cosa?” esclamò Hanna con gli occhi spalancati.
Ali si raddrizzò. “Ti ho detto che sto bene.” Allora aprì lo sportello e fuggì nella notte.
La vista di Hanna mise di nuovo a fuoco. Era seduta nel parcheggio del planetario della Hollis. Un
grande manifesto che diceva IL BIG BANG, si agitava nel vento.
Hanna si svegliò, ansimando. Si trovava nella sua cavernosa camera da letto, rannicchiata nella sua
coperta di cachemire. Dot era rannicchiato a palla nel suo lettino per cani Gucci. Alla sua destra
c'era il suo armadio, con i suoi ripiani e ripiani di splendidi abiti costosi. Prese dei respiri profondi,
cercando di orientarsi. “Gesù.” disse a voce alta.
Il campanello suonò. Hanna gemette e si sedette, sentendo come se la sua testa fosse piena di paglia.
Che cosa aveva appena sognato? Ali? Il Big Bang? -A?
Il campanello suonò di nuovo. Dot era ormai fuori dal suo letto per cani, facendo avanti e indietro
davanti alla porta chiusa di Hanna.
Era venerdì mattina, e quando Hanna controllò l'orologio sul suo comodino, si rese conto che erano
passate le dieci. Sua madre se ne era andata da un po', sempre che fosse tornata a casa la notte.
Hanna si era addormentata sul divano, e Mona l'aveva aiutata a mettersi a letto al piano di sopra.
“Arrivo” disse Hanna, infilandosi la sua vestaglia di seta blu navy, pettinando i capelli in una rapida
coda di cavallo, e controllando la sua faccia allo specchio. Fece una smorfia. I punti di sutura sul
mento erano ancora frastagliati e neri. Le ricordavano le cuciture incrociate di un pallone da calcio.
Quando sbirciò attraverso i pannelli della porta di casa sua, vide Lucas in piedi sotto il portico. Il
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cuore di Hanna accelerò immediatamente. Controllò il suo riflesso nello specchio del corridoio e
spinse indietro alcune ciocche di capelli. Sentendosi come una signora grassa al circo nella sua
vestaglia di seta svolazzante, considerò l'idea di correre al piano di sopra e mettersi degli abiti veri.
Poi si fermò, lasciandosi scappare una risata sprezzante. Che stava facendo? Non poteva piacerle
Lucas. Lui era...Lucas.
Hanna scosse le spalle, si lasciò sfuggire un respiro, e si apprestò ad aprire la porta. “Ciao” disse,
cercando di apparire annoiata.
“Ciao” disse Lucas di rimando.
Si guardarono a vicenda per quella che sembrò un'eternità. Hanna era sicura che Lucas riuscisse a
sentire il suo cuore battere. Voleva imbavagliarlo. Dot danzava intorno alle loro gambe, ma Hanna
era troppo pietrificata per chinarsi e mandarlo via.
“E' un brutto momento?” chiese Lucas con circospezione.
“Uhm, no” disse Hanna in fretta. “Entra”
Quando si voltò, quasi inciampò goffamente contro la parte superiore di un fermaporta con scolpito
Buddha che stava in corridoio da almeno dieci anni. Ruotò le braccia per tenersi in equilibrio,
cercando di non cadere. Improvvisamente sentì le braccia forti di Lucas avvolgerle la vita. Quando
mise Hanna di nuovo in piedi, si fissarono l'un l'altro. Gli angoli della bocca di Lucas si curvarono
in un sorriso. Si chinò verso di lei e la sua bocca fu su quella di Hanna. Hanna si fuse con lui.
Danzarono fino al divano e caddero sopra i cuscini, con Lucas che manovrava con attenzione
intorno alla sua fasciatura. Dopo alcuni minuti di nient'altro che il rumore dei loro baci, Hanna
rotolò sopra, trattenendo il respiro. Si lasciò scappare un gemito e si coprì la faccia con le mani.
“Mi dispiace.” Lucas tornò a sedersi. “Non avrei dovuto farlo?”
Hanna scosse la testa. Non gli poteva dire che per due giorni aveva fantasticato che tutto ciò sarebbe
successo. O che aveva la strana sensazione di averlo già baciato prima di mercoledì – solo, come
era possibile?
Si portò le mani davanti al viso. “Pensavo che avessi detto che facevi parte del club ESP a scuola”
disse a voce bassa, ricordando qualcosa che Lucas aveva detto durante il loro giro in mongolfiera.
“Non avesti dovuto sapere telepaticamente se avresti dovuto farlo o no?
Lucas sorrise e accarezzò il suo ginocchio nudo “Bene, allora, direi che tu lo volevi. E che vuoi che
lo faccia ancora.”
Hanna si leccò le labbra, sentendo come se le migliaia di farfalle selvatiche che aveva visto al
Museo di Storia Naturale pochi anni prima svolazzassero intorno al suo stomaco. Quando Lucas
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allungò una mano a toccarle lievemente l'interno del gomito, Hanna pensò che si sarebbe sciolta in
una sostanza appiccicosa. Abbassò la testa e si lasciò sfuggire un gemito “Lucas...non lo so.”
Lui sedette di nuovo. “Cos'è che non sai?”
“Io...voglio dire...Mona...” Agitò le mani inutilmente. Questo non sarebbe venuto fuori del tutto,
non che lei avesse alcuna idea di cosa stesse cercando di dire.
Lucas alzò un sopracciglio. “Che succede con Mona?”
Hanna prese il cane di pluche che suo padre le aveva dato in ospedale. Si supponeva che fosse
Cornelius Maximillian, un personaggio che avevano inventato quando Hanna era più piccola.
“Siamo appena tornate a essere amiche” disse con una voce flebile, con la speranza che Lucas
sapesse che intendeva dire senza che lo dovesse spiegare.
Lucas si appoggiò allo schienale. “Hanna...credo che dovresti fare attenzione a Mona.”
Hanna si lasciò cadere Cornelius Maximillian in grembo. “Che cosa vuoi dire?”
“Voglio solo dire...non credo che lei voglia il meglio per te.”
La bocca di Hanna si spalancò. “Mona è rimasta al mio fianco in ospedale per tutto questo tempo! E
sai, se questo ha qualcosa a che fare con la lite alla sua festa, lei me ne ha parlato. Va tutto bene.”
Lucas studiò Hanna attentamente. “Va tutto bene?”
“Sì” replicò Hanna.
“Quindi...sei d'accordo con quello che ti ha fatto?” Lucas sembrava esterrefatto.
Hanna guardò dall'altra parte. Ieri, dopo aver finito di parlare d -A, Hanna aveva trovato una
bottiglia di Stoli Vanil nello stesso armadio in cui sua madre nascondeva le stoviglie dalla Cina. Lei
e Mona l'avevano portata giù, avevano messo I passi dell'amore e avevano giocato al loro “gioco di
bevute” di Mandy Moore. Ogni volta che Mandy sembrava grassa bevevano. Ogni volta che Mandy
metteva il broncio bevevano. Ogni volta che Mandy suonava robotica. Non parlarono del messaggio
che -A aveva inviato a Mona riguardo la loro lite. Hanna era certa che loro avevano solo litigato per
qualcosa di stupido, come le foto della festa o per la questione se Justin Timberlake fosse o no
un'idiota. Mona diceva sempre che lo era, Hanna diceva sempre che non lo era.
Lucas sbattè le palpebre furiosamente. “Non te l'ha detto, vero?”
Hanna soffiò con forza dal naso. "Non importa, okay?"
«Okay», disse Lucas, alzando le mani in segno di resa.
"Okay," ribadì Hanna , raddrizzando le spalle. Ma quando chiuse gli occhi, si vide di nuovo nella
Prius. La bandiera del planetario della Hollis sventolava dietro di lei. I suoi occhi bruciavano di
pianto.
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Qualcosa, forse, il suo BlackBerry emise un beep in fondo alla borsa. Hanna cercò di ricordare, ma
fu inutile.
Poteva sentire il calore irradiarsi dal corpo di Luca, era seduto così vicino. Non odorava di acqua di
colonia o deodorante fantasia o di altre cose che i ragazzi si spruzzavano addosso, ma solo di pelle e
dentifricio. Se fosse vissuta in un mondo in cui avesse potuto avere sia Lucas che Mona... Ma lei
sapeva che se voleva stare chi era, non era possibile.
Hanna afferrò la mano di Lucas. Un singhiozzo sgorgò in gola, non poteva per ragioni
spiegare o comprendere completamente. Come mosse in avanti per baciarlo, cercò ancora una volta
di accedere alla sua memoria per sapere ciò che era sicuramente avvenuto la notte del suo incidente.
Ma, come al solito, non c'era niente.
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24. SPENCER OTTIENE LA GHIGLIOTTINA
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
Venerdì mattina, Spencer entrò da Daniel sulla sessantacinquesima strada tra Madison e Park, un
agglomerato tranquillo e ben curato da qualche parte tra Midtown Manhattan e l'Upper East Side.
Sembrava che avesse messo piede sul set di Marie Antoinette. Le pareti del ristorante erano di
marmo scolpito, ricordarono a Spencer la crema al cioccolato bianco. Lussuose tende rosso scuro si
gonfiavano, e piccoli, topazi elegantemente scolpiti rivestivano l'ingresso della sala da pranzo
principale. Spencer decise che quando avesse guadagnato i suoi milioni, avrebbe progettato casa sua
perché fosse esattamente così.
Tutta la sua famiglia era proprio dietro di lei, Melissa e Ian inclusi.
“Hai tutti i tuoi appunti?” mormorò sua madre, giocherellando con i bottoni del suo vestito rosa
Chanel: era vestita come se stesse per essere intervistata lei. Spencer annuì. Non solo li aveva, ma li
aveva anche in ordine alfabetico.
Spencer cercò di soffocare i sentimenti di agitazione nello stomaco, anche se l'odore di uova
strapazzate e olio al tartufo che si diffondeva dalla sala da pranzo non aiutava. C'era un cartello che
diceva Orchidea D'Oro CHECK-IN INTERVISTA nella banco della padrona di casa.
“Spencer Hastings,” disse a una sosia di Parker Posey con i capelli lucidi che stava prendendo i
nomi.
La ragazza trovò Spencer nella lista, sorrise e le porse una targhetta col suo nome laminato.
“Sei al tavolo sei” disse, indicando l'ingresso della sala da pranzo. Spencer vide camerieri vivaci,
composizioni di fiori giganti , e qualche adulto che gironzolava, chiacchierando e bevendo caffè.
“Ti chiameremo quando saremo pronti”, a rassicurò la ragazza del check-in.
Melissa e Ian esaminarono una statuetta di marmo vicino al bar. Il padre di Spencer era uscito in
strada e stava parlando con qualcuno al cellulare. Anche sua madre era al telefono, semi-nascosta
dietro una delle tende rosso sangue di Daniel. Spencer le sentì dire:
“Quindi siamo prenotate? Beh, fantastico. Lei lo adorerà.”
Adorerò che cosa? Avrebbe voluto Spencer chiedere. Ma si chiese se sua madre volesse riservarle
una sorpresa per quando avesse vinto.
Melissa scivolò in bagno, e Ian si lasciò cadere sulla chaise accanto a Spencer. “Eccitata?” Lui
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sorrise. “Dovresti esserlo. Tutto questo è incredibile.”
Spencer desiderò che per una sola volta, l'alito di Ian sapesse di verdure o di cane in
decomposizione, ciò le avrebbe reso più facile essere vicino a lui.
“Non hai detto a Melissa che eri nella mia stanza ieri sera, vero?”, sussurrò.
Il viso di Ian si fece serio. “Certo che no.”
“E lei non sembrava avere sospetti o altro?”
Ian si mise gli occhiali da sole da aviatore, nascondendo i suoi occhi. “Melissa non mette paura, lo
sai. Non ti morderà.”
Spencer tenne la bocca chiusa. In quei giorni, sembrava che Melissa non solo sembrava che stesse
per morderla...ma che le stesse per passre la rabbia Spencer.
“Non dire niente”, ringhiò.
“Spencer Hastings?” la chiamò la ragazza alla reception. “Sono pronti a riceverti.”
Quando Spencer si alzò in piedi, i suoi genitori si riunirono intorno a lei come api che sciamano
intorno a un alveare. “Non dimenticare di dire che hai interpretato Eliza Doolittle in My Fair Lady,
con l'influenza allo stomaco” sussurrò la signora Hastings.
“E non dimenticare di citare che conosco Donald Trump,” aggiunse il padre.
Spencer si accigliò. “Davvero?”
Suo padre annuì. “Ci siamo seduti l'uno accanto all'altro una sola volta da Cipriani e ci siamo
scambiati i biglietti da visita.”
Spencer respirava secondo le respirazioni yoga tanto di nascosto come poteva.
Il tavolo da sei stava in un piccolo, intimo angolo sul retro del ristorante. Tre adulti erano già
raccolti lì, sorseggiando caffè e mangiando cornetti. Quando videro Spencer, tutti si alzarono in
piedi.
“Benvenut”, disse un uomo calvo con la faccia da bambino. “Jeffrey Love. Orchidea d'Oro dell'87.
Ho un posto presso la Borsa di New York.”
“Amanda Reed.” Una donna alta, esile strinse la mano di Spencer. “Orchidea d'Oro 1984. Sono il
redattore capo di Barron.”
“Quentin Hughes.” Un uomo di colore in uno splendido Turnbull & Asser abbottonato annuì nella
sua direzione. “1990. Sono un amministratore delegato di Goldman Sachs.”
“Spencer Hastings.” Spencer cercò di sedersi con grazia per quanto possibile.
“Lei è quella che ha scritto il saggio 'mano invisibile'.” sorrise Amanda Reed ritornando a sedersi.
“Siamo rimasti tutti molto colpiti,” mormorò Questine Hughes.
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Spencer piegò e spiegò il tovagliolo di panno bianco. Naturalmente, tutti a quel tavolo lavoravano
nel campo della finanza. Se solo le fosse capitato uno storico d'arte, o un biologo, o un regista di
documentari, qualcuno avrebbe potuto parlare di qualcos'altro. Cercò di immaginare i suoi
intervistatori in mutande. Cercò di immaginare i suoi labrador, Rufus e Beatriz, saltarle sulle
gambe. Poi immaginò di dire loro la verità di tutto quello: che lei capiva niente di economia, che lei
la odiava davvero, e che aveva rubato il saggio della sorella per paura di rovinare la sua media del
4.0.
In un primo momento, gli intervistatori posero a Spencer delle domande-base in merito a dove
andava a scuola, quello che voleva fare, e quali fossero che le sue attività di volontariato ed
esperienze di leadership. Spencer rispose facilmente alle domande, gli intervistatori che
sorridevano, annuivano, e prendevano appunti nelle loro agende Orchidea d'Oro. Lei raccontò della
sua parte in The Tempest, come lei fosse l'editore dell'annuario, e di come avesse organizzato un
viaggio ecologico in Costa Rica al suo secondo anno. Dopo qualche minuto, si appoggiò allo
schienale e pensò Non sta andando male. Sta andando tutto bene.
E poi il suo cellulare squillò.
Gli intervistatori alzarono lo sguardo, la loro calma rotta. “Avrebbe dovuto spegnere il telefono
prima di venire qui” disse Amanda severamente.
“Mi dispiace, pensavo di averlo fatto.” Spencer frugò nella sua borsa, per mettere il telefono in
modalità silenzioso. Poi, la schermata di anteprima attirò la sua attenzione. Aveva ricevuto un
messaggio istantaneo da qualcuno chiamato AAAAAA.
AAAAAA: Consiglio utile per la non-così-saggia: Non prendere in giro nessuno. I giudici possono
vedere che sei più falsa di un'imitazione di Vuitton.
P.S. Lei l'ha fatto, lo sai. E non ci penserà due volte prima di farlo a te.
Spencer spense rapidamente il telefono, mordendosi forte il labbro. Lei l'ha fatto, lo sai. -A stava
suggerendo a Spencer ciò che lei pensava le stesse suggerendo?
Quando guardò di nuovo i suoi intervistatori, sembravano personecompletamente diverse - curve e
serie, pronte a dedicarsi alle domande reali. Spencer iniziò a piegare nuovamente il tovagliolo. Non
sanno che sono falsa, si disse.
Quentin incrociò le mani vicino al suo piatto. “E' sempre stata interessata all'economia, Signorina
Hastings?”
“Um, naturalmente.” La voce di Spencer uscì acuta e asciutta. “Ho sempre trovato...um...
l'economia, il denaro, e tutto ciò molto affascinante.”
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“E chi ti considera i suoi mentori filosofici?” chiese Amanda.
Il cervello Spencer si svuotò. Mentori filosofici? Che diavolo voleva dire? Solo una persona le
venne in mente. “Donald Trump?”
Gli intervistatori rimasero attoniti per un momento. Poi Quentin si mise a ridere. Poi Jeffrey, poi
Amanda. Erano tutti sorridenti, così Spencer sorrise. Fino a che Jeffrey ha disse, “Stai scherzando,
vero?”
Spencer sbatté le palpebre. “Certo che sto scherzando.”
Gli intervistatori risero di nuovo. Spencer voleva così tanto disporre i croissant al centro del tavolo
in una piramide più ordinata. Chiuse gli occhi, cercando di mettere a fuoco, ma tutto quello che vide
fu l'immagine di un aereo che cade dal cielo, il muso e la coda in fiamme.
“Ma per quanto riguarda le mie fonti d'ispirazione...beh, ne ho tante. E'difficile citarne solo una”
farfugliò.
Gli intervistatori non sembravano particolarmente colpiti. “Dopo il college, qual è il tuo primo
lavoro ideale?” chiese Jeffrey.
Spencer parlò prima di pensare. “Lavorare come reporter presso il New York Times.”
Gli intervistatori sembravano confusi. “Una giornalista nella sezione di economia, giusto?”
Spencer sbatté le palpebre. “Non lo so. Forse?”
Non si sentiva così a disagio e nervosa da quando...beh, da mai. I suoi appunti per l'intervista erano
rimasti accatastati in un bel mucchio nelle sue mani. La sua mente sembrava una lavagna bianca,
pulita. Una risata arrivava dal tavolo dieci. Spencer guardò e vide la ragazza bruna della W che
sorrideva facilmente, i suoi intervistatori che a loro volta sorridevano felicemente. Più in là c'era
una parete di finestre, fuori, che dava sulla strada. Spencer vide una ragazza guardare dentro,
era...Melissa. Stava lì, con lo sguardo fisso su di lei.
E non ci penserà due volte prima di farlo a te.
“Quindi” Amanda aggiunse più latte al suo caffè. “Quale reputa sia l'avvenimento più importante
che le è successo durante la sua carriera scolastica?”
“Beh...” gli occhi di Spencer tornarono alla finestra, ma Melissa non c'era più. Prese un respiro
nervoso. Il rolex di Quentin brillava alla luce del lampadario. Qualcuno aveva messo su troppa
colonia. Una cameriera dall'aspetto francese versò un altro giro di caffè al tavolo tre.
Spencer sapeva quale fosse la risposta giusta: competere in economia matematica in terza media. Lo
stage estivo di JP Morgan nella succursale di Philadelphia. Solo che quelli non erano i suoi successi,
erano di Melissa, avrebbe dovuto vincere lei quel premio. Le parole erano tutte ammucchiate sulla
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punta della sua lingua, ma all'improvviso, qualcosa di inaspettato uscì al loro posto.
”La mia migliore amica è scomparsa in seconda media,” sbottò Spencer. “Alison DiLaurentis? E'
possibile che ne abbiate sentito parlare. Per anni ho dovuto convivere con la questione di ciò che le
era accaduto, dove era andata. Questo settembre, hanno trovato il suo corpo. E' stata uccisa. Penso
che il mio più grande successo sia l'aver continuato a vivere. Io non so come nessuna di noi ce
l'abbia fatta, come siamo andate a scuola e abbiamo vissuto la nostra vita e come siamo andate
avanti. Io e lei potremmo esserci odiate a volte, ma lei era tutto per me.”
Spencer chiuse gli occhi, tornando alla notte in cui Ali era scomparsa, a quando aveva spinto forte
Ali, e Ali era caduta all'indietro. Una crepa terribile risuonò attraverso l'aria. E d'un tratto, il suo
ricordò diventò di un paio di pollici più ampio. Vide qualcosa di divers ... qualcosa di nuovo. Subito
dopo aver spinto Ali, sentì un piccolo, sospiro di ragazzina. Il sussulto sembrava vicino, come se
chiunque fosse stato si fosse trovato in piedi proprio dietro di lei, respirando sul suo collo.
Lei lo ha fatto, lo sai.
Spencer spalancò gli occhi. I suoi giudici sembravano essere in pausa. Quentin teneva un cornetto a
un centimetro dal suo volto. La testa di Amanda era piegata ad un'angolatura scomoda. Jeffrey
manteneva il tovagliolo sulle labbra. Spencer si chiese, improvvisamente, se avesse appena espresso
il suo nuovo ricordo ad alta voce.
“Beh” disse infine Jeffrey. “Grazie, Spencer.”
Amanda si alzò, gettando il tovagliolo sul piatto. “E' stato molto interessante.”
Spencer era abbastanza sicura che fosse un modo per dirle che non avrebbe vinto.
Gli intervistatori andarono via, come aveva fatto la maggior parte del resto dei candidati. Quentin
era l'unico che era ancora seduto. La studiò con attenzione, un sorriso orgoglioso sul suo volto. “Sei
stata una boccata d'aria fresca, dandoci una risposta onesta come quella “ disse a voce bassa e in
tono confidenziale. “Ho seguito la storia della tua amica per un po' di tempo. E' semplicemente
orribile. La polizia ha dei sospetti?”
L'aria condizionata sopra la testa di Spencer le mandò con forza dell'aria fredda, e l'immagine di
Melissa che decapitava una barbie comparve nella sua mente.
“No.” sussurrò.
Però io potrei averceli.
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25. QUANDO PIOVE, DILUVIA
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
Venerdì dopo la scuola, Emily strizzò i suoi ancora bagnati-dalla-pratica-di-nuoto capelli ed entrò
nella stanza dell'annuario, che era ricoperta delle istantanee più belle di Rosewood Day. C'era
Spencer all'ultima cerimonia del diploma, accettando il premio di migliore studente di matematica
dell'anno. E c'era Hanna, presentando la sfilata di beneficenza di Rosewood Day l'anno passato,
quando in realtà sarebbe dovuta essere lei stessa una delle modelle.
Due mani si posarono sopra gli occhi di Emily.
"Ehi," le sussurrò Maya in un orecchio. "Come è stato il nuoto?"
Lo disse scherzosamente, un po' come una filastrocca.
"Bene." Emily sentì le labbra di Maya sfiorare le sue, ma lei non riusciva restituire il bacio.
Scott Chin, un segreto-ma-non-proprio fotografo dell'annuario, irruppe nella stanza.
"Ragazze! Congratulazioni! " Baciò l'aria dove stavano entrambe, poi allungò la mano per girare
all'infuori il colletto di Emily e per allontanare un ricciolo ribelle dal viso di Maya.
"Perfetto," disse.
Scott fece un segno a Maya e a Emily verso il fondo bianco della parete di dietro.
"Stiamo facendo tutte le più foto dei Più Probabili Per lì. Personalmente mi piacerebbe vedere voi
due contro uno sfondo arcobaleno. Non sarebbe fantastico? Ma dobbiamo essere coerenti.”
Emily aggrottò la fronte. "Più Probabili Per...cosa? Pensavo fossimo state scelte come miglior
coppia.”
"No, siete state votate le più probabili per stare insieme alla riunione del quinto anno."
La bocca di Emily si spalancò. Alla riunione del quinto anno? Non era un po' estremo?
Si massaggiò la parte posteriore del collo, cercando di calmarsi. Ma non si sentiva calma da quando
aveva scoperto la nota di -A nel bagno del ristorante.
Non sapendo che altro farci, l'aveva nascosta nella tasca frontale della sua borsa. L'aveva
periodicamente tirata fuori durante le lezioni e ogni volta che se la premeva sul naso per
sentire il dolce profumo di gomma alla banana.
"Dite cheese!" Gridò Scott, ed Emily si mosse verso Maya e cercò di sorridere. Il flash della
fotocamera di Scott lasciò macchie davanti ai suoi occhi, e improvvisamente notò che la camera
dell'annuario puzzava di componenti elettronici bruciati. Nella ripresa successiva, Maya baciò
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Emily sulla guancia. E nella successica, Emily si inclinò a baciare Maya sulle labbra.
"Sexy!" incoraggiò Scott.
Scott diede un'occhiata alla finestra dell'anteprima della sua fotocamera. "Siete libere di andare",
disse. Poi, si fermò,
guardavoa con curiosità Emily. "In realtà, prima di farlo, c'è qualcosa che potresti desiderare
vedere."
Condusse Emily a un tavolo da disegno grande e indicò un gruppo di immagini disposte in due
layout di pagina. Ci manchi terribilmente, diceva il titolo nella parte superiore del modello. Un
ritratto familiare di settimo grado fissò Emily - non solo disponeva di una copia nel primo cassetto
del suo comodino, ma l'aveva anche visto per mesi quasi ogni notte nelle notizie.
"La scuola non ha mai fatto una pagina per Alison quando lei è scomparsa," spiegò Scott. "E ora che
lei ...beh... abbiamo pensato che dovremmo. Potrebbe anche esserci un evento commemorativo per
mostrare tutti queste vecchie foto di Ali. Una specie di retrospettiva Ali, se vuoi."
Emily toccò il bordo di una delle foto. Era di Emily, Ali, Spencer, Aria, e Hanna al tavolo della
mensa. Nella foto, tutte stringevano una Coca-Cola Diet, la testa gettata all'indietro in una risata
isterica. Accanto ad essa c'era una foto solo di Ali ed Emily, camminando lungo il corridoio con i
loro libri stretti al petto. Emily sovrastava la piccola Ali, e Ali stava appoggiata a lei, sussurrandole
qualcosa all'orecchio.
Emily si morse le nocche. Anche se aveva scoperto un sacco di cose su di Ali, cose che lei avrebbe
voluto che avesse condiviso con lei anni prima, le mancava ancora così tanto da farle male.
C'era qualcun altro sullo sfondo della foto che Emily non aveva notato in un primo momento. Aveva
lunghi, capelli scuri e un viso familiare dalle guance color mela. I suoi occhi erano tondi e verdi, e
le labbra rosa e a forma di arco. Jenna Cavanaugh.
La testa di Jenna era rivolta verso qualcuno accanto a lei, ma Emily non poteva che vedere il bordo
del magro braccio pallido dell'altra ragazza. Era strano vedere Jenna...in grado di vedere.
Emily guardò Maya, che era passata alla foto successiva, ovviamente, non vedendo il significato di
questa. C'era così tanto Emily non le aveva detto.
"E 'Ali?" Disse Maya. Indicò uno scatto di Ali e suo fratello, Jason, abbracciandosi nelle uniformi di
Rosewood Day.
"Uh, sì." Emily non riusciva a controllare il fastidio nella sua voce.
"Oh." Maya fece un passo indietro. "E 'solo che non sembra lei, tutto qui."
"Sembra come in ogni altra foto di Ali che c'è qui." Emily combatté la voglia di alzare gli occhi
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mentre lei guardava la foto.
Ali sembrava incredibilmente giovane, forse solo dieci o undici anni. Era stata fatta prima che era
diventassero amiche. Era difficile credere che un tempo, Ali era stato la leader di una cricca
completamente diversa - Naomi Zeigler e Riley Wolfe erano state le sue tirapiedi. Avevano anche
preso in giro Emily e le altre ragazze di tanto in tanto, prendendo in giro i capelli di Emily, che
erano venati di verde dalle ore trascorse nell'acqua al cloro.
Emily studiò la faccia di Jason. Sembrava così felice di essere abbracciato ad Ali . Che cosa aveva
voluto in quell'intervista di ieri, quando aveva detto che la sua famiglia era rovinata?
"Cos'è questo?" Maya indicò le foto sulla scrivania accanto.
"Oh, è il progetto di Brenna." Scott tirò fuori la lingua, ed Emily non potè fare a meno di ridere.
L'aspra rivalità tra Scott e Brenna Richardson, un altro fotografo dell'annuario, era roba da reality.
"Ma per una volta, penso che sia una buona idea. Ha preso le immagini dell'interno degli zaini delle
persone per mostrare ciò che un tipico studente Rosewood porta in giro ogni giorno. Spencer non ha
ancora visto, però, perciò potrebbe non approvare."
Emily si chinò sul tavolo accanto. La commissione annuario aveva scritto il nome del proprietario
di ogni borsa, accanto a ogni foto. All'interno del borsone da lacrosse di Noel Kahn c'erano
asciugamani carichi di batteri, lo scoiattolo portafortuna di peluche di cui parlava sempre, e lo spray
per il corpo Axe. Ick. La borsa a forma di elefante grigio-trapuntato di Naomi Zeigler conteneva un
iPod Nano, una custodia per occhiali Dolce & Gabbana, e un oggetto quadrato che poteva essere o
una piccola fotocamera o una lente di ingrandimento da gioielliere. Mona Vanderwaal portava in
giro un lucidalabbra M.A.C., un pacchetto di fazzolettini Snif, e tre diverse agende. Parte di una
foto mostrava un braccio sottile con un logoro polsino blu. Lo zaino di Andrew Campbell conteneva
otto libri di testo, un'agenda in pelle, e lo stesso Nokia aveva Emily. La foto mostrava l'inizio di un
messaggio di testo che aveva scritto o ricevuto,ma Emily non poteva dire ciò che diceva.
Quando Emily alzò gli occhi, vide Scott armeggiare con la sua macchina fotografica, ma non
vedeva Maya da nessuna parte nella stanza. Proprio in quel momento, il suo cellulare iniziò a
vibrare. Aveva ricevuto un nuovo messaggio di testo.
Tsk tsk, Emily! La tua fidanzata sa del tuo debole per le bionde? Terrò il tuo segreto...se
tu manterrai il mio. Baci!-A
Il cuore di Emily martellò. Debole per le bionde? E...dove era finita Maya?
"Emily?"
Una ragazza si fermò sulla soglia della stanza dell'annuario, con indosso un top rosa baby, come se
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fosse immune al freddo di metà ottobre. I suoi capelli biondi si muovevano come se fosse una
modella di bikini di fronte a un ventilatore.
"Trista?" Emily sbottò.
Maya riemerse dal corridoio, aggrottando la fronte, poi sorridendo. "Em! Chi è questa? "
Emily montata la testa intorno al Maya. "Dov'eri poco fa?"
Maya inclinò la testa. "Ero...in corridoio."
"Che cosa stavi facendo?" chiese ancora Emily.
Maya le lanciò uno sguardo che sembrava dire: Che importa? Emily sbatté forte le palpebre. Si
sentiva come se stesse perdendo la ragione, sospettando Maya. Tornò a guardare Trista, che stava
camminando a grandi passi attraverso la stanza.
"E 'così bello vederti!" Trista cantò. Diede ad Emily un abbraccio enorme. "Ho preso un aereo!
Sorpresa! "
"Sì," gracchiò Emily, la sua voce poco più di un sussurro. Sopra la spalla di Trista, Emily poteva
vedere Maya che la fissava. "Sorpresa".
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26. DELIZIOSAMENTE DI CATTIVO GUSTO, E ANCORA ROZZO
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
Venerdì dopo la scuola, Aria guidò in fondo Lancaster Avenue oltre la striscia di negozi, Fresh
Fields, A Pea in the Pod, e Home Depot. Il pomeriggio era nuvoloso, rendendo gli alberi
normalmente colorati che costeggiavano il ciglio della strada sbiaditi e piatti.
Mike era seduto accanto a lei, accigliato avvitando e svitando il tappo della bottiglia Nalgene più e
più volte.
“Mi sto perdendo il lacrosse, “ borbottò. “Quando hai intenzione di dirmi quello che stiamo
facendo?”
“Stiamo andando in un posto che farà sì che tutto vada bene” disse Aria rigida. “E non ti
preoccupare, lo amerai.”
Quando si fermò a uno stop, fu attraversata da un brivido di piacere. La pista di -A su Meredith –
che lei aveva un piccolo e sporco segreto da Hooters – aveva perfettamente senso. Meredith aveva
fatto la parte di quella felice quando l'aveva vista alla Hollis l'altro giorno, dicendo che doveva
trovarsi da qualche parte, ma senza dirle dove si trovasse quel da qualche parte. E proprio due notti
prima, Meredith aveva commentato che, poiché l'affitto della casa alla Hollis era aumentato e lei
non aveva ricavato molto dai suoi lavori artistici negli ultimi tempi, avrebbe potuto ottenere un
secondo lavoro per sbarcare il lunario. Le ragazze di Hooters probabilmente ricevevano ottime
mance.
Hooters. Aria tenne la bocca chiusa per non ridere. Non vedeva l'ora di rivelare questo a Byron.
Ogni volta che avevano guidato per di là negli anni passati, Byron aveva detto che solo i piccoli
borghesi infantili andavano da Hooters, uomini che erano legati più strettamente alle scimmie che
agli esseri umani. La scorsa notte, Aria aveva dato a Meredith la possibilità di ammettere i suoi
peccati con Byron di sua spontanea volontà scivolando verso di lei e dicendole: “Io so cosa stai
nascondendo. E sai una cosa? Lo dirò a Byron se non lo fai tu.”
Meredith aveva fatto un passo indietro, lasciando cadere l'asciugamano per asciugare i piatti dalle
mani. Così lei si sentiva in colpa per qualcosa! Eppure, Meredith chiaramente non aveva detto una
parola a Byron di esso. Proprio quella mattina a tavola avevano pacificamente masticato le loro
ciotole di Kashi GoLean, andando d'amore d'accordo come prima. Così Aria aveva deciso di
prendere in mano la situazione.
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Anche se era metà pomeriggio, il parcheggio di Hooters era quasi pieno. Aria notò quattro macchine
della polizia allineate – era noto che quel posto fosse un ritrovo dei poliziotti, perché stava proprio
accanto alla stazione di polizia. La civetta di Hooters stampato sull'insegna sorrideva loro
apertamente, e Aria poteva distinguere le ragazze in magliette attillatissime e pantaloncini arancioni
attraverso le finestre colorate del ristorante. Ma quando guardò verso Mike, non aveva la bava alla
bocca o stava avendo un'erezione o qualsiasi altra cosa normale facessero i ragazzi quando
venivano portati fin lì. Invece,
sembrava infastidito.
“Che diavolo ci facciamo qui?”, farfugliò.
“Meredith lavora qui,” spiegò Aria . “Volevo che tu fossi qui con me e così che potessimo
confrontarci con lei insieme.”
La bocca di Mike si spalancò così tanto, che Aria poteva vedere la gomma verde brillante
depositato dietro i molari.
“Vuoi dire...papà...?”
“Proprio così.” Aria infiilò la mano dentro la sua borsa di pelliccia di yak in cerca del suo Treo voleva scattare foto di Meredith, di prove, ma non era al suo solito posto. Lo stomaco di Aria si
agitò. L'aveva perso? Aveva lasciato cadere il suo telefono su un tavolo dopo aver ricevuto il
messaggio di -A al corso d'arte, era fuggita dalla stanza e si era staccata la maschera nel bagno
dell'atrio della Hollis. Aveva dimenticato di prenderlo? Fece nota mentale di fermarsi più a lungo
alla lezione successiva per cercarlo.
Quando Aria e Mike si trascinarono attraverso le doppie porte, furono accolti da una canzone a tutto
volume dei Rolling Stones. Aria fu sopraffatta dalla puzza di ali calde. Una ragazza bionda superabbronzata stava in piedi alla stazione delle hostess.
“Ciao!” Disse allegramente. “Benvenuti da Hooters!”
Aria diede il loro nome e la ragazza si voltò a controllare i tavoli disponibili, scuotendo il sedere
mentre lei se ne andava.
Aria diede di gomito a Mike . “Hai visto che tette? Gigantesche!”
Non riusciva a credere che quelle cose le fossero uscite di bocca. Mike, però, non accennò a
sorridere. Si stava comportando come se Aria lo avesse trascinato a una lettura di poesie al posto del
paradiso delle tette. La padrona di casa tornò e li accompagnò al loro tavolo. Quando si chinò per
sistemare la loro argenteria sul tavolo, Aria potè vedere il reggiseno fucsia brillante giusto sotto la
maglietta della ragazza. Gli occhi di Mike rimasero fissi sul tappeto arancione, come se questo
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genere di cose andassero contro la sua religione.
Dopo che la padrona di casa se ne fu andata, Aria si guardò intorno. Si accorse di un gruppo di
poliziotti dall'altra parte della stanza, a ripulire piatti enormi di cotolette e patatine fritte, fissando
alternativamente una partita di calcio in TV e le cameriere
che passavano al loro tavolo. Tra di loro c'era l'ufficiale Wilden. Aria scivolò al suo posto. Non era
come se lei non potesse essere lì - Hooters sottolineava sempre che si trattava di un luogo familiare
- ma lei non aveva davvero voglia di vedere Wilden in quel momento.
Mike guardò con amarezza il menù mentre altre sei cameriere passavano, ognuna delle quali
sculettava più delle precedenti. Aria si chiese se in qualche modo, improvvisamente, Mike fosse
diventato gay. Lei si voltò - se le cose stavano così, bene. Avrebbe cercato Meredith da sè.
Tutte le ragazze erano vestite allo stesso modo, le loro magliette e i pantaloncini otto taglie troppo
piccoli e le scarpe da ginnastica del tipo che indossava la squadra delle cheerleader per le partite. A
ragione avevano tutte anche la stessa faccia, cosa che avrebbe reso facile individuare Meredith in
mezzo a loro. Solo, non vedeva una sola ragazza dai capelli scuri lì, tanto meno una con un tatuata
una ragnatela. Quando la cameriera ritornò con il loro enorme piatto di patatine fritte, Aria
finalmente trovò il coraggio di chiedere.
“Sai se qualcuno di nome Meredith Gates lavora qui?”
La cameriera sbatté le palpebre. “Non riconosco quel nome. Anche se a volte le ragazze qui usano
nomi falsi. Sai, roba che sia più ...” Fece una pausa, alla ricerca di un aggettivo.
“Hooters-y?” suggerì Aria scherzando.
“Sì!” La ragazza sorrise.
Quando sfilò via di nuovo, Aria sbuffò e spinse Mike con una frittura. “Come credi si faccia
chiamare Meredith qui. Randi? Fifi? Oh! Che ne dici di Caitlin? E' davvero vivace, giusto?”
“Vuoi smetterla?” esplose Mike. “Non voglio sentir parlare...di lei, va bene?”
Aria sbatté le palpebre, sedendosi indietro.
Il viso di Mike era arrossato. “Pensi che sia questa la cosa grande che farà andare le cose bene?
Sbattermi in faccia ancora una volta il fatto che papà sta con un'altra?“ Si cacciò una manciata di
patatine in bocca e guardò lontano. “Non ha importanza. Io l'ho superato.”
"Ho voluto fare tutto da te," Aria squittì. "Ho voluto fare tutto questo meglio."
Mike si lasciò sfuggire una risata. “Non c'è niente che tu possa fare, Aria. Hai rovinato la mia vita.”
“Io non ho rovinato niente!” Aria rimase a bocca aperta.
Mike socchiuse gli occhi azzurro ghiaccio. Gettò il tovagliolo sul tavolo, si alzò in piedi, e spinse il
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braccio nella manica della sua giacca a vento. “Devo andare a lacrosse.”
“Aspetta!” Aria afferrò la cintura. Improvvisamente, si sentiva come se stesse per piangere. “Non
andare,” gemette Aria.
“Mike, per favore. La mia vita è rovinata troppo. E non solo a causa di papà e Meredith. A causa
di...di qualcosa di diverso.”
Mike la guardò da sopra la spalla. “Di che cosa stai parlando?”
“Risiediti,” disse Aria disperata. Un secondo tempo passò. Mike grugnì, poi Aria fissò il
loro piatto di patatine fritte, trovando il coraggio di parlare. Sentì due uomini parlare delle tattiche
difensive degli Eagles. Una pubblicità di auto usate sullo schermo della TV mostrava un uomo
travestito da pollo balbettando delle offerte più interessanti su cui investire.
“Ho ricevuto queste minacce da parte di qualcuno,” sussurrò Aria. “Qualcuno che sa tutto
su di me. La persona che mi sta minacciando anche ha fatto una soffiata a Ella in merito alla
relazione di Byron e Meredith. Anche alcune mie amiche stanno ricevendo messaggi, e pensiamo ci
sia questa persona dietro l'incidente di Hanna. Ho anche ricevuto un messaggio che Meredith che
lavora qui. Non so come questa persona sappia tutte queste cose, ma solo...fare.” Si strinse nelle
spalle.
Altri due spot passarono prima che Mike parlasse. “Hai uno stalker?”
Aria annuì miseramente.
Mike sbatté le palpebre, confuso. Indicò il tavolo dei poliziotti. “L'hai detto a qualcuno di loro?”
Aria scosse la testa. “Non posso.”
“Certo che puoi. Possiamo dirglielo in questo momento.”
“Ho tutto sotto controllo,” disse Aria a denti stretti. Si premette le dita alle tempie. “Forse non avrei
dovuto dirtelo.”
Mike si sporse in avanti. “Non ti ricordi tutta la strana merda che è successa in questa città? Devi
dirlo a qualcuno.”
“Perché te ne importa?” scattò Aria, il suo corpo che si riempiva di rabbia. “Pensavo mi odiassi.
Pensavo di aver rovinato la tua vita.”
Il viso di Mike si rilassò. Il suo pomo d'Adamo balzò come lui ingerì. Quando si alzò, sembrava più
alto di quanto Aria ricordasse. Più forte, anche. Forse era per tutto il lacrosse che faceva, o forse era
perché era il padrone di casa in quei giorni. Afferrò il polso di Aria e la tirò ai suoi piedi. “Glielo
dirai.”
Il labbro di Aria tremolò. “Ma se non è sicuro?”
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“Ciò che non è sicuro è non dire niente,” esortò Mike. “E...e ti terrò al sicuro. Okay?”
Aria sentiva il suo cuore come un brownie, uscito direttamente dal forno, tutto appiccicoso e caldo e
un po' fuso. Sorrise incerta, poi guardò l'insegna al neon lampeggiante sopra la sala da pranzo
Hooters . Diceva, DELIZIOSAMENTE DI CATTIVO GUSTO, E ANCORA ROZZO Ma il l'insegna
era stata rotta, tutte le lettere erano al buio tranne che per la A di cattivo che lampeggiava
minacciosamente. Quando Aria chiuse gli occhi, la A rimaneva, incandescente come il sole.
Fece un respiro profondo. “Okay,” sussurrò.
Mentre si spostava per andare dai poliziotti ritornò ancora una volta la cameriera con il conto. Dopo
che se ne fu andata, Mike aveva un'espressione subdola sul volto, sollevò le mani e strizzò l'aria,
imitando di strizzare il sedere della ragazza in pantaloncini arancioni. Attirò l'attenzione di Aria e le
fece l'occhiolino.
Sembrava che il vecchio Mike fosse tornato. Ad Aria era mancato.
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27. STRANO TRIANGOLO AMOROSO
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
Venerdì sera, poco prima che arrivasse la limousine per portare Hanna alla sua festa, Hanna era in
piedi nella sua camera da letto, girando intorno al suo nuovo vestito stampato Nieves Lavi. Era,
finalmente, una perfetta taglia due, grazie ad una dieta a base di fluidi via endovena e a punti sul
viso che rendevano troppo doloroso masticare cibi solidi.
“Sta benissimo su di te” chiamò una voce. “Solo che penso che tu sia un po' troppo magra.”
Hanna si girò di scatto. Nel suo abito di lana nera, cravatta viola scuro, e camicia a righe viola, suo
padre sembrava George Clooney Eleven in Ocean's Eleven.
“Non sono troppo magra” rispose in fretta, cercando di nascondere la sua emozione. “Kate è molto
più magra di me.”
Il viso di suo padre si oscurò, forse alla menzione della sua perfetta, ma incredibilmente malvagia
quasi-figliastra.
“Che cosa ci fai qui?” domandò Hanna.
“Tua madre mi ha fatto entrare” Entrò nella stanza di Hanna e si sedette sul letto. Lo stomaco di
Hanna si capovolse. Suo padre non veniva nella sua stanza da quando aveva dodici anni, proprio
prima di trasferirsi fuori. “Ha detto che mi sarei potuto cambiare qui per la tua grande festa.”
“Tu vieni?” gracchiò Hanna.
“Posso?” Chiese il padre.
“Io...credo di sì.” I genitori di Spencer sarebbero andati, così come alcuni docenti e il personale di
Rosewood Day. “Ma, voglio dire, pensavo volessi tornare ad Annapolis...e da Kate e da Isabel. Sei
stato lontano da loro per quasi una settimana, dopo tutto. “ Non riuscì a nascondere l'amarezza nella
sua voce.
“Hanna...” cominciò suo padre. Hanna si voltò. Improvvisamente si sentì così arrabbiata che suo
padre avesse lasciato la sua famiglia, che fosse lì ora, che forse amasse Kate più di quanto lui
amasse lei, senza contare che aveva cicatrici su tutto il viso e che la sua memoria su sabato sera non
era ancora tornata. Sentì le lacrime nei suoi occhi, cosa che la fece arrabbiare ancora di più.
“Vieni qui.” Suo padre mise le sue forti braccia intorno a lei, e quando premette la sua testa sul suo
petto, lei potè sentire il suo cuore battere.
“Stai bene?” Le chiese.
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Un clacson suonò fuori. Hanna tirò indietro le tende di bambù e vide la limousine che Mona aveva
preparato in attesa nel suo vialetto, i tergicristalli si muovevano furiosamente sul parabrezza per
tenere fuori la pioggia.
“Sono grandiosa” disse all'improvviso, tutto il mondo si capovolgeva ancora. Si calò la sua
maschera Dior sul viso. “Sono Hanna Marin, e sono favolosa.”
Suo padre consegnò nelle mani di Hanna un grosso ombrello da golf nero.
“Assolutamente”, disse. E per la prima volta, Hanna pensò che avrebbe potuto credergli.
Ciò che sembrò solo pochi secondi dopo, Hanna era appollaiato in cima a una piattaforma carica di
cuscini, cercando di impedire alle nappe del balcone di colpire la sua maschera Dior. Quattro
splendidi schiavi l'avevano sollevata, e stavano cominciando ora la loro lenta parata nel tendone
della festa del Rosewood Country Club.
“Presentiamo...nel suo grande ritorno a Rosewood...la favolosa Hanna Marin!” urlò Mona in un
microfono. Mentre la folla esplodeva, Hanna agitò le braccia intorno eccitata. Tutti i suoi ospiti
stavano indossando maschere , e Mona e Spencer avevano trasformato il tendone nel Salon de
l'Europe a Le Casino a Monte-Carlo, Principato di Monaco. Aveva finte pareti di marmo, affreschi
drammatici, roulette e tavolo da gioco. Eleganti e splendidi ragazzi vagavano per la stanza con
vassoi di tartine, avevano aperto due bar, e facevano da croupier ai tavoli da gioco. Hanna aveva
chiesto che nessuno del personale della sua festa fosse di sesso femminile.
Il DJ passò a una nuova canzone degli White Stripes e tutti cominciarono a ballare. Una magra e
pallida mano catturò il braccio di Hanna, e Mona la trascinò in mezzo alla folla e le diede un
abbraccio enorme.
“Ti piace?” gridò Mona da dietro la sua maschera senza espressione, che sembrava simile a quel
capolavoro Dior di Hanna.
“Naturalmente.” Hanna urtò il fianco. “E amo i tavoli da gioco. Qualcuno ha vinto qualcosa?”
“Vincono una notte bollente con una ragazza bollente - tu, Hanna!” Esclamò Spencer, pimpante
dietro di loro. Mona le prese anche la sua mano, e le tre tremolava con gioia. Spencer sembrava una
bionda Audrey Hepburn nel suo abito di raso nero a trapezio e adorabili scarpe a punta tonda.
Quando Spencer mise un braccio attorno alle spalle di Mona, il cuore di Hanna balzò. Per quanto
non lo volesse accettare sembrava che i messaggi di -A a Mona avessero fatto sì che lei accettasse le
vecchie amiche di Hanna. Ieri, tra un round del loro Mandy Moore gioco di bevute, Mona aveva
detto a Hanna, “Sai, Spencer è davvero forte. Penso che potrebbe essere parte del nostro gruppo.”
Hanna aveva aspettato per anni che Mona dicesse una cosa simile.
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“Stai benissimo”, disse una voce all'orecchio di Hanna. Un ragazzo in piedi dietro di lei, vestito con
pantaloni aderenti gessati, una camicia bianca a maniche lunghe abbottonata sul collo, un giubbotto
similmente gessato, e una maschera con un lungo becco di uccello.
I capelli biondi di Lucas fuoriuscivano dalla parte superiore della maschera. Quando allungò la
mano a stringere la sua, il cuore di Hanna ha cominciò a galoppare. La tenne per un secondo, stretta,
per poi lasciarla cadere prima che qualcuno potesse vedere.
“Questa festa è impressionante”, disse Lucas.
“Grazie, non era niente,” si intromise Mona. Diede una gomitata a Hanna. “Anche se, non lo so,
Han. Ritieni che quella cosa orribile che indossa Lucas si possa qualifica come una maschera?”
Hanna guardò Mona, desiderando che potesse vedere il suo viso. Guardò sopra la spalla di Lucas,
fingendo di essere stata distratta da qualcosa che stava succedendo al tavolo del blackjack.
“Allora, Hanna, posso parlarti un attimo?” chiese Lucas. “Da solo?”
Mona stava chiacchierando con uno dei camerieri. “Uhm, okay” borbottò Hanna.
Lucas la portò in un angolo appartato e si tolse la maschera. Hanna ha cercò di contrastare il
tornado di nervi dentro il suo stomaco, evitando di guardare da nessuna parte vicino alle super-rosa
e super-da-baciare labbra di Lucas.
“Posso togliere anche la tua?” Chiese.
Hanna si assicurò che fossero veramente soli, e che nessun altro sarebbe in grado di vedere il suo
scoperto volto sfregiato, e poi lo lasciò sollevare la maschera. Lucas la baciò dolcemente sui suoi
punti. “Mi sei mancata”, sussurrò.
“Ci siamo visti solo un paio d'ore fa.” Hanna ridacchiò.
Lucas sorrise storto. “Sembra un lungo periodo di tempo.”
Si baciarono per qualche minuto ancora, rannicchiata insieme su un cuscino di un divano letto,
incuranti della cacofonia di rumori della festa. Poi Hanna sentì il suo nome attraverso le tende
vaporose del tendone. “Hanna?”
La voce di Mona la chiamò. “Han? Dove sei?”
Hanna si spaventò.
“Dovrei ritornare.” Prese la maschera di Lucas per il suo becco lungo e la spinse verso di lui. “E tu
dovresti mettere di nuovo questa.”
Lucas si strinse nelle spalle. “Fa caldo sotto quella cosa. Credo che non la rimetterò.”
Hanna legò stretti i lacci della propria maschera.
“E' una festa in maschera, Lucas. Se Mona si accorge che te la sei sei tolta, ti butterà fuori per
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davvero.”
Gli occhi di Lucas erano duri. “Fai sempre tutto quello che dice Mona?”
Hanna diventò tesa. “No.”
“Bene. Non dovresti.”
Hanna tirò le nappe di uno dei cuscini. Guardò di nuovo Lucas.
“Che cosa vuoi che ti dica, Lucas? E' la mia migliore amica.”
“Mona ti già ha detto quello che ti ha fatto?” disse Lucas velenoso. “Voglio dire, alla sua festa.”
Hanna si alzò in piedi, infastidita. “Te l'ho detto, non importa.”
Abbassò gli occhi. “Mi preoccupo per te, Hanna. Non credo che lei lo faccia. Non credo che lei si
reoccupi di nessuno. Non lasciar perdere, okay? Chiedile di dirti la verità. Credo che meriti di
apere.”
Hanna lo fissò a lungo e duramente. Gli occhi di Lucas erano lucidi e il labbro gli tremava un po'.
C'era un succhiotto viola sul suo collo dalla loro precedente sessione di baci. Avrebbe voluto
raggiungerlo e toccarlo con il pollice.
Senza aggiungere altro, spostò la tenda aperta e tornò alla pista da ballo. Il fratello di Aria , Mike, si
stava esibendo nel suo miglior striptease per una ragazza della scuola quacchera. Andrew Campbell
e i suoi amici nerd della Ciotola della Conoscenza parlavano di come si contavano le carte nel
blackjack. Hanna sorrise quando vide suo padre chiacchierando con la sua vecchia allenatrice di
cheerleading, una donna che lei e Mona chiamavano privatamente The Rock, perché assomigliava
al lottatore professionista.
Finalmente trovò Mona seduta su un altro dei cuscini. Eric Kahn, il fratello maggiore di Noel,
ciondolava accanto a lei, parlandole in un orecchio. Mona notò Hanna e si mise a sedere.
“Meno male che quel perdente di Lucas è scappato,” gemette. “Comunque Perché ti girava intorno
in quel modo?”
Hanna graffiò ai suoi punti di sutura sotto la maschera, il cuore improvvisamente più rapido. A un
tratto, aveva bisogno di chiedere a Mona. Aveva bisogno di sapere con certezza.
“Lucas dice che non devo fidarmi di te." Lei si sforzò di ridere. “Lui dice che c'è qualcosa che non
mi stai dicendo, come se ci fosse mai qualcosa che non mi diresti.”
Lei alzò gli occhi. “Voglio dire, lui mi sta completamente prendendo per il culo. E' così poco
convincente.”
Mona accavallò le gambe e sospirò. “Credo di sapere di che cosa sta parlando.”
Hanna deglutì a fatica. Nella camera c'era una puzza troppo forte di incenso ed erba appena tagliata.
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Ci fu uno scoppio di applausi al tavolo del blackjack, qualcuno aveva vinto. Mona si avvicinò a lei,
parlando proprio all'orecchio di Hanna.
“Non te l'ho mai detto, ma uscivo con Lucas l'estate tra il settimo e l'ottavo grado. Mi ha dato il suo
primo bacio. L'ho scaricato quando io e te siamo diventate amiche. Ha passato sei mesi a
chiamarmi. Non sono sicura che l'abbia mai superato.”
Hanna si appoggiò allo schienale, stordita. Si sentiva come se fosse su una di quelle altalene al
parco divertimenti che improvvisamente cambiavano direzione a metà del giro.
“Tu e Lucas...uscivate insieme?”
Mona abbassò gli occhi e spinse una ciocca di capelli dorati fuori dalla maschera.
“Mi dispiace non averti mai detto niente prima. E' solo che...Lucas è un perdente, Han. Io non
volevo che pensassi che sono anch'io una perdente.”
Hanna si passò le mani tra i capelli, pensando alla sua conversazione con Lucas in mongolfiera. Lei
gli aveva detto tutto, e il suo volto era stato così innocente e aperto. Pensò a come si fossero baciati
intensamente, e ai piccoli gemiti che lui aveva fatto quando lei gli aveva passato le dita su e giù
lungo il collo.
“Allora, stava cercando di essere mio amico e dire cose brutte su di te...per vendicarsi di te per
averlo scaricato?” balbettò Hanna.
“Credo di sì,” disse Mona tristemente. “E' di lui quello che non bisogna fidarsi, Hanna.”
Hanna si alzò in piedi. Ricordava come Lucas aveva detto che era così bella, e come si fosse sentita
bene. Come aveva letto i suoi post del blog DailyCandy mentre le infermiere cambiavano la flebo.
Come, dopo che l'aveva baciata nel letto d'ospedale, la frequenza cardiaca di Hanna era rimasta
elevata per mezz'ora, l'aveva guardato sul monitor. Hanna aveva parlato a Lucas dei suoi problemi
alimentari. A proposito di Kate. Della sua amicizia
con Ali. A proposito di -A! Perché non le aveva mai raccontato di Mona?
Lucas era seduto su un altro divano, a parlare con Andrew Campbell. Hanna camminò dritta verso
di lui, e Mona la seguiva da vicino, tenendola per il braccio.
“Affronteremo questo discorso più tardi. Perché semplicemente non lo sbatti fuori? Ti dovresti
godere la tua gran notte.”
Hanna fece cenno a Mona di mantenersi alla larga. Tirò Lucas per il retro del suo gilet gessato.
Quando Lucas si voltò, sembrava sinceramente felice di vederla, dirigendole un dolce, sorriso
estatico.
“Mona mi ha detto la verità su di te,” sibilò Hanna, mettendo le mani sui fianchi. “Voi due eravate
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soliti uscire insieme.”
Il labbro di Lucas si contrasse. Sbatté forte le palpebre, aprì la bocca, poi la richiuse. “Oh.”
“E' di questo che si tratta, non è vero?” chiese. “E' per questo che vuoi che la odi.”
“Certo che no.” Lucas la guardò, le sopracciglia aggrottate. “Non facevamo sul serio.”
“Giusto,” schernì Hanna.
“A Hanna non piacciono i ragazzi che mentono,” aggiunse Mona, apparendo dietro di Hanna.
La bocca Lucas si spalancò. Un principio di rossore gli si diffuse dal collo alle guance.
“Però suppongo che le piacciano le ragazze che mentono, eh?”
Mona incrociò le braccia sul petto. “Non sto mentendo su niente, Lucas.”
“No? Allora hai detto a Hanna quello che è realmente accaduto alla tua festa?”
“Non importa,” strillò Hanna.
“Certo che gliel'ho detto,” disse Mona contemporaneamente.
Lucas guardò Hanna, la sua faccia sempre più cremisi. “Ti ha fatto qualcosa di terribile”
Mona si sistemò di fronte a lui. “E' solo geloso.”
“Lei ti ha umiliato,” aggiunse Lucas. “Sono stato quello che è venuto e ti ha salvata.”
“Cosa?” squittì Hanna con un filo di voce.
“Hanna”. Mona afferrò le mani di Hanna. “E' tutto un malinteso.”
Il DJ passò a una canzone di Lexi. Era una canzone che Hanna non ascoltava spesso, e in un primo
momento non fu sicuro di quando l'avesse sentita per l'ultima volta. Poi, d'un tratto, si ricordò. Lexi
era stata l'ospite speciale della festa di Mona.
Un ricordo improvvisamente prese fuoco nella mente di Hanna. Si vide che indossava un vestito
color champagne, che faticava a camminare fino al planetario senza il suo vestito scoppiando. Vide
Mona ridendo di lei, e poi sentì il ginocchio e il gomito colpire il pavimento di duro marmo. C'era
stato un lungo,doloroso rumore di riiiip di come il suo vestito si rompeva, e tutti in piedi intorno a
lei, ridevano. Mona rideva più forte di tutti.
Sotto la sua maschera, la bocca di Hanna si spalancò e i suoi occhi si spalancarono. No. Non poteva
essere vero. La sua memoria era impazzita per colpa dell'incidente. E anche se fosse stato vero, cosa
importava adesso?
Guardò in basso al suo nuovo braccialetto Paul & Joe, una catena d'oro con una delicata chiusura a
forma di farfalla. Mona gliel'aveva comprato come regalo di bentornata-dall'-ospedale, proprio dopo
che Mona aveva ricevuto un biglietto tentatore da -A.
“Non voglio più che siamo arrabbiate l'una con l'altra” aveva detto Mona quando Hanna aveva
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sollevato il coperchio della scatolina.
Lucas la fissò in attesa. Mona aveva le mani sui fianchi, in attesa. Hanna legò il nastro di chiusura
della maschera in un nodo stretto. “Sei solo geloso”, disse a Lucas, mettendo un braccio intorno a
Mona. “Siamo migliori amiche. Sarà sempre così.”
Il viso di Lucas sgualcito. “Okay.” Lui si voltò e corse fuori dalla porta.
“Che sfigato” disse Mona, facendo scorrere il braccio nell'incavo del gomito Hanna.
“Sì,” Hanna ha detto, ma la sua voce era così passiva che dubitava Mona avesse sentito.
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28. POVERA PICCOLA RAGAZZA MORTA
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Il cielo si stava oscurando quel Venerdì sera quando la signora Fields scortò Emily e Trista davanti
l’entrata del country club. “Allora, conosci le regole,” disse la signora Fields in tono severo,
allungando il braccio sul sedile di Emily.
“Non si beve. A casa per mezzanotte. Carolyn vi verrà a prendere. D’accordo?”
Emily annuì. Era come una sorta di sollievo per lei il fatto che sua madre stesse impartendo delle
regole. I suoi genitori erano stati sin troppo indulgenti da quando era tornata a casa, al punto che
stava iniziando a sospettare che fossero affetti da qualche malattia mentale o fossero stati
rimpiazzati da dei cloni alieni.
Non a appena sua madre si allontanò, Emily si sistemò il vestito nero in maglina che aveva preso in
prestito dall’armadio di Carolyn mentre cercava di non vacillare nei suoi tacchi rossi in pelle. In
lontananza lei riusciva ad intravedere l’enorme, movimentato tendone in cui si teneva il party. Dagli
altoparlanti suonava squillante la nuova canzone di Fregie, e Emily riconobbe l’inconfondibile voce
di Noel Kahn gridare, “E’ formidabile!”
“Sono eccitatissima per stasera,” disse Trista, stringendo il braccio di Emily.
“Anch’io.” Emily si strinse ancora di più il giubbotto, guardando il festone a forma di scheletro
sventolare all’entrata del country club. “Se potessi essere un personaggio qualsiasi di Halloween,
chi vorresti essere?” chiese. Più tardi Emily si sarebbe ritrovata a pensare alla stregua di Trista,
provando ad immaginare quale tipo di tagliatelle sarebbe stata, quale tipo di montagne russe del
Great Adventure, quale albero di Rosewood.
“Catwoman,” rispose Trista prontamente. “E tu?”
Emily guardò da un’altra parte. In quel momento, si sentiva una strega. Dopo che Trista l’aveva
sorpresa nella camera dell’annuario, le aveva spiegato che dal momento che suo padre era un pilota
della US Air, aveva ottenuto grandi sconti anche sui voli last-minute. Dopo il messaggio di Emily
del giorno precedente, aveva deciso di salire sul primo volo per poter accompagnare a Emily alla
festa in maschera di Hanna, e di accamparsi sul pavimento della camera da letto di Emily. Emily
non sapeva come dirle, “Non era necessario che venissi”…e non voleva farlo, in verità.
“Quando arriva la tua amica?” chiese Trista.
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“Um, probabilmente lei è già qui.” Emily si incamminò nel parcheggio, passando accanto a ben otto
BMV Serie 7 di seguito.
“Forte.” Trista si mise il ChapStick sulle labbra. Lo passò ad Emily, e le loro dita si sfiorarono
lievemente.
Emily si sentì attraversare da un formicolio, e quando incrociò gli occhi di Trista, lo sguardo
languido di lei le fece intendere che anche lei stava provando quella stessa sensazione.
Emily si fermò un istante accanto alla cabina del posteggiatore. “Ascolta. Devo confessarti una
cosa. Maya è, come dire… la mia fidanzata.”
Trista la fissò senza lasciar trasparire alcuna emozione.
“E io ho parlato di te a lei— e ai miei genitori —come della mia amica di penna,” Emily continuò.
“Ho detto loro che ci siamo scritte per molti anni.”
“Oh, davvero?” Trista le diede per gioco una gomitata. “Perchè non le hai detto semplicemente la
verità?”
Emily deglutì, schiacciando alcune foglie secche sotto la punta del piede. “Beh…voglio dire, se le
avessi detto ciò che è successo veramente…in Iowa…lei non l’avrebbe presa bene.”
Trista le accarezzò i capelli. “Ma non è successo niente. Abbiamo solo ballato.” Prese Emily sotto
braccio. “Accidenti, è davvero così possessiva?”
“No.” Emily fissò lo spaventapasseri di Halloween piazzato nel prato di fronte al country club. Era
uno dei tre spaventapasseri che si trovavano nel giardino, e tuttavia c’era un corvo appollaiato su un
pennone nelle vicinanze, e non sembrava per nulla spaventato.
“Non esattamente.”
“E’ un problema che io sia qui?” le domandò Trista, in modo schietto.
Le labbra di Trista erano esattamente dello stesso rosa del tutu che Emily indossava quando faceva
danza. Il suo vestito turchese fu mosso dal vento contro il suo petto formoso, mettendo in evidenza
anche il suo ventre piatto e la rotondità del suo fondoschiena. Era come un frutto maturo e succoso
che Emily avrebbe volute mordere. “Ma certo che non è un problema!,” Emily riprese fiato.
“Bene.” Trista indossò la sua maschera. “Allora manterrò il tuo segreto.”
Una volta entrate nel tendone, Maya vide subito Emily, si tolse la sua maschera a forma di coniglio,
e tirò a se Emily per stringerla in un bacio appassionato. Emily aprì gli occhi nel mentre, e notò che
Maya stava fissando con insistenza Trista, quasi a voler ostentare ciò che stava facendo con Emily.
“Quando hai intenzione di mollarla?” sussurrò Maya nelle orecchie di Emily. Emily distolse lo
sguardo, fingendo di non aver sentito.
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Non appena entrarono nella tenda, Trista si strinse al braccio di Emily e le disse in tono esaltato, “E’
bellissimo! Guarda tutti quei cuscini!” E, “Ci sono dei ragazzi bellissimi in Pennsylvania!” E,
“Quante ragazze che indossano splendidi diamanti!” Rimase a bocca aperta come un bambino
piccolo al suo primo viaggio a Disneyland. Quando una folla di ragazzini al bar le separò, Maya si
tolse la maschera. “Questa ragazza è cresciuta in una teca di vetro chiusa ermeticamente?” disse
incredula. “Onestamente, cosa trova di tanto strabiliante in tutto ciò?”
Emily guardò Trista e la vide appoggiata al bancone del bar. Noel Kahn le si era avvicinato e stava
sfiorando in modo provocante il braccio di Trista. “E’ solo felice di essere qui,” disse, pensierosa.
“Le cose sono abbastanza noiose in Iowa.”
Maya inclinò il capo e fece un passo indietro. “E’ una bella coincidenza che tu abbia un’amica di
penna esattamente nella stessa cittadina dell’Iowa dove sei stata spedita la settimana scorsa.”
“Non proprio,” Emily si schiarì la voce, fissando la palla da discoteca scintillante nel mezzo del
tendone. “Viene dallo stesso paese di mia cugina, così il Rosewood Day ha fatto uno scambio con la
sua scuola. Abbiamo iniziato a scriverci un paio di anni fa.”
Maya si morse le labbra, con la mascella tesa. “E’ veramente carina. Scegli i tuoi amici di penna
dalle loro foto?”
“Non è come su Match.com.” Emily alzò le spalle, tentando di sembrare disinteressata.
Maya le rivolse uno sguardo molto eloquente. “Avrebbe senso, invece. Alison DiLaurentis è stata il
tuo primo amore, e Trista le somiglia molto.”
Emily era tesa, non riusciva a tenere il suo sguardo. “No, non è vero.”
Maya guardò da un’altra parte. “Come vuoi.”
Emily pesò poi le sue parole con molta attenzione. “Dove hai preso il chewingum alla banana che
stai masticando, Maya?”
Maya sembrava confusa. “Mio padre me ne ha portato una pacco da Londra.”
“Si possono comprare da qualche parte negli States? Conosci qualcun’altro che le abbia?” Il cuore
di Emily batteva forte.
Maya la fissò. “Perchè diavolo ti interessa di un chewingum alla banana?” E se ne andò prima che
Emily potesse rispondere. “Allora, sto andando al bagno, ok? Non te ne andare. Parleremo quando
tornerò.”
Emily guardò Maya andare via tra i tavoli del poker, sentendosi come se avesse dei carboni ardenti
nello stomaco.
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Quasi immediatamente, Trista emerse dalla folla, reggendo il suo bicchiere di plastica. “E’ forte,”
sussurrò eccitata, rivolta a Noel, che era in piedi davanti al bar. “Quel ragazzo aveva un bottiglia di
non so cosa e me ne ha offerto un goccio.” Si guardò intorno. “Dov’è Maya?”
Emily scrollò le spalle. “In bagno.”
Trista si tolse la maschera, e la sua pelle del viso fu illuminata dalle luci della sala. Con le sue
labbra rosa, i suoi occhioni azzurri, e i suoi zigomi alti, forse assomigliava davvero ad Ali. Emily
scosse la testa e prese uno dei bicchieri—avrebbe volute bere il suo primo drink, e poi il resto più
tardi. Le dita di Trista sfiorarono in modo seducente il polso di Emily. Emily cercò di rimanere
impassibile, anche se si sentiva come sul punto di sciogliersi.
“Allora, se tu fossi un colore, ora, quale saresti?” chiese Trista sospirando.
Emily distolse lo sguardo.
“Io sarei un rosso,” disse Trista. “Ma…non un rosso acceso. Piuttosto un rosso cupo, scuro,
sensuale. Un rosso lussurioso.”
“Penso che sarei lo stesso colore anche io,” ammise Emily.
La musica rimbombava nelle tempie. Emily bevve un lungo sorso del suo drink, ne aveva bisogno,
e sentì il suo naso solleticato con il sapore piccante del rum. Quando Trista le strinse la mano, il
cuore di Emily sobbalzò. Si avvicinarono, poi sempre di più, finchè le loro labbra quasi non di
sfiorarono. “Non dovremmo farlo,” sussurrò Trista.
Ma Emily le si avvicinò ancora di più, il suo corpo ondeggiava sinuosamente.
Una mano colpì Emily alle spalle. “Ma che diavolo fai?”
Maya era piombata dietro di loro, infuriata. Emily si allontanò all’istante da Trista, aprendo e
chiudendo la bocca senza riuscire a dire nulla, come fosse un pesce. “Pensavo fossi andata in
bagno” fu tutto ciò che Emily fu in grado di dire.
Maya strabuzzò gli occhi, il suo volto era viola dalla rabbia. Poi, si voltò e uscì dal tendone,
spingendo con violenza le persone per farsi largo tra la folla.
“Maya!” Emily la seguì fuori vero all’uscita. Ma quando stava per raggiungerla, sentì una mano
bloccarle il braccio. Era un uomo, in divisa della polizia, che non riusciva a riconoscere. Aveva
capelli corti a spazzola ed era il classico spilungone.
Sulla sua targhetta c’era scritto SIMMONS.
“Sei tu Emily Fields?” chiese l’agente.
Emily annuì lentamente, col cuore palpitante d’agitazione.
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“Devo farti un paio di domande.” L’agente le mise un braccio intorno alle spalle. “Hai…hai per
caso ricevuto qualche messaggio minaccioso?”
La bocca di Emily rimase spalancata. Il tremolio delle luci stroboscopiche la stordiva. “P-perchè?”
“Ce ne ha parlato la tua amica Aria Montgomery questo pomeriggio,” disse l’agente.
“Che cosa?” disse Emily con voce stridula.
“E’ tutto ok,” la rassicurò l’agente. “Voglio solo sapere cosa sai in proposito, ok? Si tratta
probabilmente di qualcuno che conosci, qualcuno di molto vicino a te. Se parli con noi, possiamo
scoprire insieme chi sia.”
Emily guardò verso l’entrata annebbiata del tendone. Maya stava percorrendo il giardino a passo
svelto, e i suoi tacchi affondavano nel terreno. Una sensazione orribile travolse Emily. Pensava a
come Maya l’aveva guardata mentre diceva, Ho sentito che la persona che ha investito Hanna la
stava pedinando. Come faceva Maya a saperlo?
“Non posso parlare ora,” sussurrò Emily, sentiva un groppo in gola. “Davo occuparmi di un’altra
cosa, prima.”
“Ti aspetterò qui,” disse l’agente, facendosi da parte in modo che Emily potesse passare. “Prenditi il
tempo che ti serve. Ho altre persone da cercare.”
Emily poteva scorgere solo la sagoma di Maya correre verso l’edificio principale del country club.
Lei la rincorse, attraverso due porte di vetro alla francese e un lungo corridoio. Guardò attraverso
l'ultima porta in fondo al corridoio, che portava alla piscina coperta. La finestra era appannata dalla
condensa, e Emily poteva solo scorgere il piccolo corpo di Maya camminare sul bordo della piscina,
mentre guardava il suo riflesso nell’acqua. Lei entrò e girò intorno alla piccola parete piastrellata
che separava l'ingresso dalla piscina. L'acqua della piscina era piatta e morta, e l'aria era densa e
umida. Anche se Maya aveva sicuramente sentito Emily entrare, non si voltò. Se le cose fossero
andate diversamente, Emily avrebbe potuto spingerla scherzosamente in acqua, e poi saltare anche
lei. Si schiarì la gola. "Maya, la cosa di Trista non è quello che sembra.”
“No?” Maya la sbirciò da dietro la sua spalla. “Mi è sembrata molto chiara, invece.”
“E’ solo che…lei mi diverte,” ammise Emily. “Non mi fa pressioni di alcun tipo.”
“E io lo faccio?” strillò Maya, voltandosi. Il suo volto era rigato dalle lacrime. Emily deglutì a fatica
e raccolse del coraggio. “Maya…mi hai mai mandato…dei messaggi? Degli avvertimenti? Mi hai
mai…spiata?”
Maya aggrottò la fronte. “Perchè avrei dovuto spiarti?”
“Beh, non lo so,” cominciò Emily. “Ma se sei stata tu…la polizia lo sa.”
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Maya scosse la testa. “Ma questo non ha alcun senso!”
“Non dirò che sei stata tu,” la supplicò Emily. “Voglio solo sapere perchè!”
Maya also le spalle e si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione. “Non ho idea di che cosa tu stia
parlando!” Una lacrima le rigò il viso. Scosse la testa, disgustata. “Io ti amo,” le replicò. “E pensavo
che anche tu mi amassi.” Si voltò, tirò a se la portadi vetro della piscina, e poi la richuse
sbattendola. Le luci artificiali della piscina si attenuarono, trasformando i riflessi che uscivano dalla
piscina da bianco-dorate a giallo-arancioni. Gocce di condensa umida si raccglievano nella parte
superiore del trampolino. Tutto ad un tratto, Emily realizzò, colpita come dallo shock di tuffarsi in
acqua ghiacciata in un giorno già freddo. Maya non poteva essere A. A aveva fatto di tutto perchè
Maya sembrasse sospetta, in modo che le cose si rovinassero tra loro una volta per sempre.
Il suo cellulare vibrò, ed Emily lo afferrò tremando.
C’è una ragazza che ti aspetta nella vasca idromassaggio. Divertiti! —A
Emily lasciò cadere il telefono, il suo cuore batteva forte. La vasca idromassaggio era separate dal
resto della piscina da una parete, e aveva una porta che la collegava al salone. Emily strisciò
lentamente verso l’idromassaggio. Bolliva come un calderone, e dalla superficie dell'acqua si alzava
della nebbia. D’un tratto, notò qualcosa di rosso nell’acqua gorgogliante e fece un balzo indietro per
la paura. Guardando meglio, realizzò che si trattava solo di una bambola che galleggiava a faccia in
giù, il suo lunghi capelli rossi si aprivano a ventaglio nell’acqua.
Allungò la mano e tirò fuori la bambola. Era la bambola di Ariel da La Sirenetta. La bambola aveva
pinne squamosa verde e viola, ma invece del bikini a conchiglia, Ariel indossava una divisa sportiva
con “ROSEWOOD DAY SHARKS” scritto sul petto. C’erano delle “X” sui suoi occhi, come se
fosse annegata, e c’era qualcosa scritto con un pennarello rosso sulla fornte.
Parla e sei morta.—A
Le mani di Emily cominciarono a tremare, e lasciò cadere la bambola sul pavimento lucido
piastrellato. Mentre si allontanava dalla vasca idromassaggio, sentì una porta sbattere
violentemente.
Emily sobbalzò, gli occhi spalancati. “Chi c’è?” gridò.
Silenzio.
Uscì dalla stanza e si guardò intorno. Non c’era nessuno nei dintorni della piscina. Non riusciva a
vedere dietro il muro piastrellato che nascondeva la porta d’ingresso, ma vide un’ombra sulla parete
di fondo.
C’era qualcuno lì con lei.
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Emily sentì una risatina e saltò. Poi vide una mano dietro il muro piastrellato. Le apparve anche una
coda di cavallo bionda, e poi un altro paio di mani, più grandi e maschili, che indossavano un Rolex
d’argento su un polso.
Noel Kahn spuntò fuori per primo, sfrecciando da dietro il muro verso una delle sdraio vicine.
“Andiamo,” sussurrò. E la bionda corse verso di lui. Era Trista. Si sdraiarono insieme e ripresero a
baciarsi.
Emily era stordita, scoppiò a ridere. Trista e Noel la videro. Trista rimase a bocca aperta, ma poi
alzò le spalle, come per dire, Hey, tu te ne sei andata! Emily ripensò subito all’avvertimento di
Abby—Trista Taylor salta addosso a tutto ciò che si muove, ragazza o ragazzo che siano. Ebbe la
sensazione che Trista non si sarebbe accampata sul pavimento della sua camera quella note dopo
tutto ciò.
Noel sorrise divertito. Poi tornarono a ciò che stavano facendo, come se Emily non esistesse. Emily
si voltò a guardare la Ariel annegata lì a terra e rabbrividì. Di certo, se avesse detto a qualcuno di A,
A avrebbe davvero fatto in modo che lei non esistesse più.
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29. NESSUNO PUO’ SENTIRTI URLARE
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Aria costeggiò con la sua Subaru ammaccata gli edifici della Hollis. Una tempesta si stava alzando
all’orizzonte, e aveva già cominciato a piovere. Aveva finite di raccontare alla polizia di A solo da
pochi minuti, e nonostante avesse provato a chiamare le sue amiche dal telefono di Wilden, nessuna
di loro aveva risposto alla sua chiamata, probabilmente perchè nessuna aveva riconosciuto quell
numero. Ora lei stava andando all’istituto d’Arte della Hollis per vedere se aveva lasciato lì il suo
Treo; senza quello, non aveva prove concrete di quello che A le stava facendo. Mike si era offerto
di accompagnarla nell’istituto, ma Aria gli aveva detto che invece si sarebbero incontrati più tardi,
alla festa di Hanna.
Premuto il pulsante di chiamata dell’ascensore, Aria si strinse nella sua felpa del Rosewood Day—
non aveva ancora avuto tempo di cambiarsi. L’insistenza di Mike perchè lei dicesse a Wilden di A
l’aveva convinta, ma aveva davvero fatto la cosa giusta? Wilden aveva voluto sapere nei dettagli il
contenuto di ogni messaggio, sms, e-mail, and biglietto che A le aveva inviato. Le aveva chiestopiù
e più volte, “C’è qualcuno a cui una di voi può aver dato fastidio? C’è qualcuno che potrebbe voler
farvi del male?”
Aria si era presa del tempo e poi aveva scosso la testa, non voleva rispondere. A chi non avevano
dato fastidio, in passato, con Ali al comando del loro gruppo? Ce ne era una su tutti, pensò …Jenna.
Pensò al messaggio di A: Io so TUTTO. Sono più vicino diquanto possiate pensare. Pensò a Jenna
che giocherellava col suo nuovo cellulare, dicendo, Sono così entusiasta di poter inviare finalmente
dei messaggi! Ma Jenna sarebbe stata davvero capace di una cosa simile? Era cieca—A ovviamente
non lo era.
La porta dell’ascensore si aprì, e Aria entrò dentro. Arrivando al terzo piano, pensò a quello che
Hanna aveva accennato non appena si era svegliata dal coma—a propostito del pomeriggio prima
che Ali scomparisse. Ali si era comportata in modo strano quel giorno, prima leggendo quella
lettere che non voleva mostrare alle altre, poi quello che era avvenuto al piano di sotto più tardi,
sembrava così disorientata. Aria aveva indugiato sul portico di Ali per alcuni minuti, tutta sola,
dopo che le altre se ne erano andate, per lavorare le ultime maglie di uno dei braccialetti che aveva
pensato di dare ad ognuna delle altre come regalo per l’ultimo giorno d’estate. Quando tornò nel
retro della casa per prendere la sua bici, vide Ali in piedi nel cortile, immobile.
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“Ali?” Aria aveva sussurrato. “Stai bene?” Ali non si mosse. “A volte,” disse con voce ferma,
“Vorrei solo che lei uscisse dalla mia vita per sempre.”
“Cosa?” chiese Aria. “Chi?”
Ali sembrava stordita, come se Aria l’avesse spiazzata. Un flash provenne all’improvviso
dallafinestra di casa DiLaurentis—o forse fu solo il riflesso di qualcosa. E quando Aria guardò nel
cortile di casa Cavanaugh, vide qualcuno in agguato dietro il grande albero nella vecchia casa di
Toby. Ricordò ad Aria la figura che lei aveva giurato di aver visto nel cortile dei Cavanaughsla
notte in cui resero Jenna cieca.
L’ascensore fece un ding, e Aria saltò. Di chi stave parlando Ali quand disse, Vorrei solo che
uscisse dalla mia vita per sempre? In quel momento, lei pensò che Ali si riferisse a Spencer—
lirigavano di continuo. Ora però non ne era più così sicura. C’erano così tante cosec he non sapeva
di Ali. Il corridoio che conduceva all’ufficio di Arte Contemporanea era buio, salvo che per quei
brevi momenti in cui i fulmini compivano pericolosamente le finestre. Quando Aria raggiunse la
porta aperta della sua classe, accese la luce e fu accecata dall’improvvisa luminosità. Gli
appendiabiti della sua classe erano lungo la parete posteriore dell’aula, e sorprendentemente, il Treo
Aria era in un vano porta oggetti vuoto, apparentemente intatto. Corse a prenderlo e lo strinse tra le
sue braccia, emettendo un sospiro di sollievo.
Poi, notò che le maschere della sua classe erano state completate, ce ne era una ad asciugare in ogni
vano. Quello che portava il nome di Aria scritto su nastro adesivo sul fondo, era vuoto, ma quello di
Jenna non lo era. Qualcun altro doveva avere aiutato Jenna a terminare la maschera. Aria la sollevò
lentamente. Jenna aveva dipinto la maschera ispirandosi ad una una foresta incantata. Vitigni si
attorcigliavano intorno al naso, un fiore sbocciava sopra l'occhio sinistro, e c'era una bellissima
farfalla sulla guancia destra. I dettagli erano impeccabili, forse troppo impeccabili. Non sembrava
possibile che qualcuno che non poteva vedere fosse riuscito a rendere tanto minuziosamente gli
oggetti.
Un tuono sembrava che stesse per dividere la terra in due parti. Aria si spaventò, lasciando cadere la
maschera a terra. Quando guardò alla finestra, vide la sagoma di qualcosa riflessa in essa, oscillare
sul fondo della stanza. Sembrava una piccola ... persona. Aria si avvicinò. Era una bambola di
peluche della Strega di Biancaneve. Indossava un mantello lungo e nero e una corona d'oro sulla
testa, e il suo viso accigliato e pallido era spettrale. Aveva una corda appesa intorno al collo, e
qualcuno le aveva tacciato una grande X nera sugli occhi. C'era un biglietto appuntato sul lungo
abito della bambola.
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Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più cattivo di tutti? Hai parlato. Quindi sarai la
prossima. –A
I rami degli alberi raschiavano violentemente contro la finestra. Non appena risuonò l’ennesimo
tuono, le luci dello studio si spensero. Aria strillò.
I lampioni appena fuori dalla finestra si spensero anch’essi e da qualche parte, in lontananza, Aria
sentì un allarme antincendio urlare. Mantieni la calma, si disse Aria. Afferrò il suo Treo e compose
il numero della polizia. Un fulmine si scagliò contro la finestra come fosse un uomo che impugnava
una saetta tagliente. Il telefono di Aria le scivolò dalle mani e cadde a terra. Lo raccolse, poi cercò
di comporre nuovamente il numero. Ma il suo telefono non aveva più campo.
I fulmini illuminavano la stanza, delineando le forme dei banchi, gli armadi, la Strega che oscillava
sulla finestra, e, infine, la porta. Aria spalancò gli occhi, soffocò un urlo in gola.
C'era qualcuno lì.
"C-ciao?", gridò.
Con un altro colpo di un fulmine, l’estraneo era scomparso.
"Ciao?", disse. Un fulmine, di nuovo. Era una ragazza quella in piedi lì davanti, a pochi centimetri
dal suo viso. Aria scostò la testa per la paura. Era ...
"Ciao," disse la ragazza.
Era Jenna.
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30. TRE PICCOLE PAROLE POSSONO CAMBIARE TUTTO
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Spencer si sedette al tavolo della roulette, muovendo le fiches di plastica lucida del casinò da un
palmo all'altro. Mentre scorrevano i numeri 4, 5, 6, e 7, sentiva la pressione della folla che si era
raccolta in calca dietro lei. Sembrava che tutta Rosewood fosse lì quella sera, tutti quelli del
Rosewood Day, e in più altri studenti di altre scuole private che erano invitati di solito alle feste di
Noel Kahn. C'era anche un poliziotto, che controllava la situazione. Spencer si chiese perché.
Quando la ruota si fermò, la pallina cadde sul numero 6. Per la terza volta di fila aveva vinto.
"Bel lavoro", qualcuno le disse in un orecchio. Spencer si guardò intorno, ma non riusciva a trovare
chi fosse stato a parlarle. Sembrava la voce di sua sorella. Solo, ma perché Melissa sarebbe dovuta
essere lì? Non c’erano altri ragazzi del college, e prima dell'intervista di Spencer per il Golden
Orchid, Melissa aveva detto che la festa di Hanna le sembrava ridicola.
Scrutò la tenda. Qualcuno con i capelli lunghi biondi stava sgattaiolando verso il palco, ma quando
Spencer si alzò in piedi, la persona sembrava essere scomparsa tra la folla. Si stropicciò gli occhi.
Forse stava impazzendo.
Improvvisamente, Mona Vanderwaal le afferrò il braccio. "Ehi, tesoro. Hai un secondo? Ho una
sorpresa. "
Condusse Spencer tra la folla in un luogo più appartato, schioccò le dita, e un cameriere
magicamente apparve, consegnando una bottiglia di vetro scanalato e riempita di liquido frizzante.
"E 'vero champagne," disse Mona.
"Ho voluto proporre un brindisi per ringraziarti, Spencer. Per aver organizzato questa festa
fantastica con me e ...anche per essere qui per me. A proposito ... lo sai. Il discorso… ".
"Certo," disse Spencer in tono pacato.
Brindarono e bevvero un sorso. "Questa festa è davvero impressionante," Mona continuò. "Non ci
sarei riuscita senza di te. "
Spencer agitò la mano con umiltà. "Nah. E’ merito di entrambe. Ho solo fatto un paio di telefonate.
Tu sei un mostro invece in queste cose. "
"Siamo entrambi dei mostri in questo," disse Mona, posando lo champagne. "Dovremmo entrare in
affari insieme nel campo dell’organizzazione di eventi!"
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Spencer scorse il dito su e giù per la lunghezza del calice di champagne. Voleva raccontare a Mona
del nuovo messaggio di A- quello di Melissa. Mona avrebbe capito.
Ma il DJ partì con le canzoni movimentate, e prima che Spencer potesse dire una parola, Mona
strillò e fece una corsa verso la pista da ballo. Guardò verso Spencer, come per dirle, vieni? Spencer
scosse la testa.
Quel sorso di champagne le aveva fatto venire le vertigini. Dopo un paio di minuti di passeggiata tra
la folla, uscì dalla tenda e si immerse nella notte chiara. Fatta eccezione per i riflettori che
circondavano la tenda, il campo da golf era molto buio. I dossi erbosi artificiali e le buche nella
sabbia non erano visibili, e Spencer non poteva che vedere solo i contorni degli alberi spogli in
lontananza. I loro rami si agitavano come dita ossute.
Da qualche parte, un gruppo di grilli faceva un rumore fastidioso.
A non sapeva nulla dell’assassino di Ali, Spencer si rassicurò, guardando indietro le forme sfocate
dei partecipanti alla festa all'interno. E comunque, non aveva senso, Melissa non avrebbe rovinato il
suo futuro al punto di uccidere qualcuno solo per un ragazzo. Questa era solo l’ennesima tattica di
A per abbindolare Spencer.
Lei sospirò e si diresse verso i bagni, che erano fuori della tenda, in una zona più appartata.
Spencer salì la rampa per sedia a rotelle e spinse la fragile porta di plastica. Dei tre bagni, uno
era occupato, e due erano vuoti. Entrò in uno di questi e mentre si alzava il vestito, la
porta principale dei bagni si chiuse. Un paio di scarpe argento chiaro di Loeffler Randall si
avvicinarono al lavandino. Spencer si mise una mano sulla bocca. Aveva visto quelle scarpe un
sacco di volte prima, erano il paio preferito di Melissa.
"Uh, ciao?" disse Spencer quando uscì dal bagno. Melissa era appoggiato al lavandino, le sue mani
sui fianchi, un piccolo sorriso sul suo volto. Indossava un lungo abito nero con una arricciatura sul
lato.
Spencer cercò di respirare con calma. "Che cosa ci fai qui?"
Sua sorella non disse niente, continuava a fissarla. Una goccia d'acqua cadde nel bacino del
lavandino, facendo sussultare Spencer.
"Cosa?" Spencer farfugliò. "Perché mi guardi così?"
"Perché mi hai mentito di nuovo?" Melissa ringhiò.
Spencer premette la schiena contro una delle porte del bagno. Guardò avanti e indietro per cercare
qualcosa da poter usare come arma. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era il tacco delle sue
scarpe, e lei iniziò lentamente a far scivolare il piede fuori dalle decoltè. "Mentito?"
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"Ian mi ha detto che era nella vostra camera d'albergo la scorsa notte," Melissa sussurrò, le narici si
aprirono.
"Ti avevo detto che non era bravo a mantenere i segreti."
Spencer spalancò gli occhi. "Non abbiamo fatto nulla. Lo giuro."
Melissa fece un passo verso di lei. Spencer si coprì il volto con una mano e si sfilò il piede dalla
scarpa con l'altra. "Per favore" la pregò, tendendo la scarpa in mano come uno scudo.
Melissa aleggiava a pochi centimetri dal suo viso. "Dopo tutto quello che mi confessò in spiaggia,
ho pensato che avevamo raggiunto un livello di comprensione accettabile. Ma non ci credo più. "
Si girò di scatto e si precipitò fuori dal bagno. Spencer sentì il rumore dei tacchi correre giù per la
rampa e poi sul prato.
Si chinò sul lavandino e appoggiò la fronte sulla superficie fredda dello specchio. Improvvisamente,
una delle toilette si aprì. Dopo una piccola pausa, la porta del box terza si spalancò. Mona
Vanderwaal uscì. C'era uno sguardo di terrore sul suo volto.
"Era tua sorella?" Mona sussurrò.
"Sì," farfugliò Spencer, voltandosi.
Mona afferrò i polsi di Spencer. "Che cosa sta succedendo? Stai bene? "
"Penso di sì." Spencer rialzò. "Ho solo bisogno di un secondo, è tutto ok."
"Certo." Mona spalancò gli occhi. "Sarò fuori se hai bisogno di me."
Spencer sorrise con gratitudine. Dopo una pausa, ha sentì il rumore di un accendino, e vide una
scintilla, sentì la sigaretta prendere fuoco e Mona fece un tiro. Spencer di fronte allo specchio e si
sistemò i capelli. Le sue mani tremavano selvaggiamente mentre lei ha frugava nella sua pochette,
sperando che ci fosse un tubetto di aspirina all'interno. Le sue mani urtarono contro il suo
portafogli, i suoi lucidalabbra, le sue fiches ... e poi un'altra cosa, qualcosa di quadrato e lucido.
Spencer lo tirò fuori lentamente.
Era una fotografia. Ali e Ian stavano vicini, le braccia intrecciate. Dietro di loro c'era un edificio in
pietra circolare, e dietro una fermata di autobus scolastici. Aveva un taglio di capelli arruffato Ali, e
la sua polo a maniche lunghe J. Crew, e Spencer era abbastanza sicura che quella foto fosse stata
scattata durante la loro gita allo spettacolo di Romeo e Giulietta a Light Popoular Theatre in una
città limitrofa. Il gruppo di studenti del Rosewood Day era formato da Spencer, Ali, i suoi altri
amici, e una serie di junior e gli anziani come Ian e Melissa. Qualcuno aveva scritto qualcosa a
lettere cubitali sul volto sorridente di Ali.
Sei mora, cagna.
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Spencer fissò la calligrafia, identificandola immediatamente. Era praticamente l'unica cosa in cui
Melissa aveva ottenuto una B. La sua insegnante di seconda elementare di calligrafia aveva
castigata per quella scrittura arricciata e confusa, ma fu un difetto che Melissa non fu mai in grado
di correggere.
Spencer lasciò cadere quella foto dalle sue mani e si lasciò sfuggire un lieve gemito di dolore ed
incredulità. "Spencer?" Mona la chiamò da fuori. "Stai bene?"
"Bene," disse Spencer dopo una lunga pausa. Poi, guardò verso il pavimento. La foto era caduta sul
pavimento rivolta verso il basso. C'era una scritta sul retro.
Meglio guardarsi le spalle ... o sarai una cagna morta anche tu. -A
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31. ALCUNI SEGRETI DIVENTANO ANCORA PIU' CUPI
traduzione di Amelia Dalcumi
Quando Aria aprì gli occhi, qualcosa di umido e puzzolente passò la lingua sul suo viso. Si protese,
la sua mano sprofondò in una morbida e calda pelliccia. Per qualche ragione, ora si trovava sul
pavimento dello studio d'arte. Un lampo illuminò la stanza, e vide Jenna Cavanaugh e il suo cane
seduto a terra a fianco a lei. Aria balzò in piedi urlando. “Va tutto bene!” esclamò Jenna afferrando
il suo braccio “Non ti preoccupare! Va tutto bene!”
Aria arretrò, lontano da Jenna, battendo la testa su una gamba del tavolo vicino. “Non farmi del
male,” sussurrò “per favore.”
“Sei al sicuro.” la rassicurò Jenna “Penso che tu abbia avuto un attacco di panico. Ero venuta qui a
prendere il mio album da disegno, ma poi ti ho sentita e quando mi sono avvicinata sei caduta.” Aria
poteva sentire se stessa deglutire forte nell'oscurità. “Una donna nella mia classe di servizioaddestramento-cani ha attacchi di panico perciò ne so qualcosa. Ho provato a chiamare aiuto, ma il
mio cellulare non funzionava, quindi sono semplicemente rimasta con te.”
Una brezza soffiava attraverso la stanza, portando odore di umido, di pioggia sull'asfalto, una
miscela che di solito Aria trovava calmante. Aria certamente si sentiva come se avesse appena avuto
un attacco di panico; era sudata e disorientata, e il suo cuore batteva come un matto.
“Quanto tempo è passato?” gracchiò, lisciando la sua gonna a pieghe della divisa in modo che le
coprisse le cosce.
“Circa una mezz'ora” disse Jenna. “Potresti anche aver battuto la testa.”
“O potrebbe essere che abbia avuto davvero bisogno di dormire,” scherzò Aria, e dopo si sentì sul
punto di piangere. Jenna non voleva farle del male. Jenna si era seduta con lei, una sconosciuta,
mentre giaceva come un blocco sul pavimento. A quanto ne sapeva Aria avrebbe sbavato sulle
ginocchia di Jenna e parlato nel sonno. Improvvisamente si sentiva male, colpevole e provava
vergogna. “Devo dirti una cosa” sbottò Aria. “Il mio nome non è Jessica. E' Aria. Aria
Montgomery.”
Il cane di Jenna starnutì. “Lo so” ammise Jenna.
“Tu...lo sapevi?”
“Potevo solo...dedurlo. Dalla tua voce” Jenna suonava quasi come se si stesse scusando “Ma perché
non hai detto che eri tu?”
Aria strinse gli occhi e si premette con forza le mani sulle guance. Un altro lampo illuminò la
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stanza, e Aria vide Jenna seduta a gambe incrociate sul pavimento, le mani avvolte intorno alle
caviglie. Aria prese un respiro enorme, forse il più grande della sua vita. “Non te l'ho detto
perché...c'è qualcos'altro che dovresti sapere su di me.” Premette le mani sul pavimento di legno
grezzo, raccogliendo le forze. “Dovresti sapere qualcosa riguardo alla notte del tuo incidente.
Qualcosa che nessuno ti ha mai detto. Immagino che tu non ricordi molto di ciò che accadde quella
notte, ma...”
“Questo non è vero” la interruppe Jenna. “Mi ricordo tutto.”
Un tuono echeggiò in lontananza. Da qualche parte nelle vicinanze, scattò l'antifurto di una
macchina, iniziando un ciclo di rumorosi suoni penetranti che facevano ii-oo. Aria riusciva a
malapena a respirare. “Che intendi dire?” sussurrò, attonita.
“Mi ricordo tutto.” ripeté Jenna. Tacciò la suola della scarpa con un dito. “Io e Alison l'avevamo
progettato insieme.”
Ogni muscolo del corpo di Aria si afflosciò. “Che cosa?”
“Il mio fratellastro era solito far esplodere i fuochi d'artificio dal tetto della sua casa sull'albero tutto
il tempo” spiegò Jenna. “I miei genitori continuavano ad avvertirlo che era pericoloso; avrebbe
potuto sbagliare, spedire un fuoco d'artificio dritto contro casa nostra, e causa un incendio. Dissero
che la prossima volta che ne avesse fatto esplodere uno, lo avrebbero mandato in collegio. E quella
sarebbe stata la fine. Così Ali concordò di rubare i fuochi d'artificio di scorta di Toby e di far
sembrare che Toby ne avesse lanciato uno dal tetto della casa sull'albero. Ho voluto che lo facesse
lei quella notte perché i miei genitori erano a casa, ed erano già arrabbiati con Toby per qualcosa,
comunque. Lo volevo fuori dalla mia vita il più presto possibile”. La sua voce “Lui...lui non era un
bravo fratellastro.”
Aria aprì e richiuse il pugno. “Oh mio Dio” Cercò di capire tutto ciò che Jenna le stava dicendo.
“Solo che...le cose andarono male” spiegò Jenna, la sua voce vacillò “Ero con Toby nella sua casa
sull'albero quella notte. E giusto prima che accadesse, lui guardò di sotto e disse con rabbia C'è
qualcuno nel nostro prato. Anch'io guardai di sotto, fingendo di essere sorpresa...e poi ci fu un
lampo di luce, e allora...questo dolore orribile. I miei occhi...la mia faccia...fu come se si fossero
appena sciolti. Credo di essere svenuta. In seguito, Ali mi disse che aveva costretto Toby a prendersi
la colpa.”
“Proprio così.” la voce di Aria era poco più di un sussurro.
“Ali pensava in fretta.” Jenna spostò il suo peso, provocando uno scricchiolio del pavimento sotto
di sé. “Sono contenta che l'abbia fatto. Non volevo che lei finisse nei guai. E quello fece sì che tutto
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andasse come volevo. Toby partì. Lui era fuori dalla mia vita.”
Aria lentamente. Ma...sei cieca! Avrebbe voluto gridare. Ne era valsa davvero la pena? La testa le
faceva male, cercando di elaborare tutto ciò che Jenna le aveva appena detto. Tutto il suo mondo era
a pezzi. Si sentiva come se qualcuno avesse proclamato che gli animali potessero parlare, e i cani e i
ragni adesso governassero il mondo. Allora qualcos'altro la colpì: Ali aveva fatto apparire le cose
come uno scherzo che avessero messo in piedi per Toby, ma erano state lei e Jenna coloro che
avevano pianificato tutto...insieme. Non solo Ali aveva teso una trappola a Toby, lei aveva teso una
trappola anche alle sue amiche. Aria si sentiva male.
“Perciò tu e Ali eravate...amiche?” La voce di Aria suonava debole, incredula.
“Non esattamente” rispose Jenna. “Non fino a questo...non fino a quando le ebbi raccontato quello
che Toby stava facendo. Sapevo che Ali avrebbe capito. Anche lei aveva problemi con suo fratello.”
Un lampo di luce attraversò velocemente il viso di Jenna, rivelando un espressione calma e pratica.
Prima che Aria potesse domandare che intendesse dire Jenna, Jenna aggiunse “C'è un'altra cosa che
dovresti sapere. C'era qualcun altro quella notte. Qualcun altro ha visto.”
Aria rimase a bocca aperta. L'immagine. Il fuoco d'artificio scoppiava dentro la casa sull'albero,
illuminando il cortile circostante. Aria aveva sempre creduto di aver visto una figura scura
accovacciata vicino alla parte laterale della veranda dei Cavanaugh; ma Ali aveva insistito, più e più
volte, che si era immaginata tutto.
Aria voleva darsi uno schiaffo in fronte. Era così ovvio che l'avesse vista. Come aveva potuto non
rendersene conto fino ad ora? Sono ancora qui, stronzette. E so tutto. -A. “Sai chi era?” sussurrò
Aria, il suo cuore che martellava veloce. Jenna si voltò di scatto “Non posso dirlo.”
“Jenna!” strillò Aria. “Per favore! Devi dirmelo! Ho bisogno di saperlo!”
Tutto a un tratto, la corrente ritornò all'improvviso. La stanza fu inondata da una luce così intensa
che faceva male agli occhi di Aria. Le lampadine fluorescenti ronzavano. Aria vide una striscia di
sangue sulle sue mani e sentì di avere un taglio sulla fronte. Il contenuto della sua borsa era riverso
sul pavimento, e il cane di Jenna aveva mangiato la metà di una delle barrette Balance di Aria.
Jenna si era tolta gli occhiali da sole. I suoi occhi guardavano il nulla con aria assente, e aveva delle
raggrinzite cicatrici increspate da ustione sul ponte del naso e alla base della fronte. Aria trasalì e
distolse lo sguardo.
“Per favore Jenna, tu non capisci” disse piano Aria “sta succedendo qualcosa di orribile. Devi dirmi
chi si trovava lì!” Jenna si alzò in piedi, afferrando la spalla del suo cane per tenersi in equilibrio.
“Ho già detto troppo” gracchiò, la sua voce tremava. “Devo andare”
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“Jenna, ti prego!” supplicò Aria. “Chi altro c'era?”
Jenna fece una pausa, rimettendosi gli occhiali da sole. “Mi dispiace” mormorò, tirando
l'imbracatura del suo cane. Batté il suo bastone una volta, due, tre volte, annaspando goffamente
verso la porta. E poi se ne andò.
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32. L'INFERNO NON HA FURIA...
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
Dopo aver visto Trista darsi da fare con Noel, Emily corse fuori dalla piscina, cercando
freneticamente Spencer o Hanna. Aveva bisogno di dire loro che Aria aveva parlato alla polizia di A e mostrare la bambola che aveva appena trovato. Come ebbe per la seconda volta Emily sentì una
mano fredda sulla sua spalla e urlò. Spencer e Mona stavano in piedi dietro di lei. Spencer stringeva
saldamente nelle sue mani una piccola fotografia quadrata. “Emily, dobbiamo parlare.”
“Anch'io vi devo parlare” ansimò Emily.
Spencer senza dire una parola la trascinò attraverso la pista da ballo. Mason Byers era al centro,
facendo l'idiota fuori di sé. Hanna stava parlando con suo padre e la signora Cho, la sua insegnante
di fotografia. Hanna alzò lo sguardo proprio nel momento in cui Spencer, Mona ed Emily si furono
avvicinate, il suo viso. “Hai un secondo?”
Trovarono un tavolo vuoto e ci si sedettero. Senza dire una parola, Spencer infilò la mano nella sua
borsa di paillettes, e ne estrasse una foto di Ali con Ian Thomas. Qualcuno aveva disegnato una X
sopra la faccia di Ali e aveva scritto, “Sei morta, puttana”, in lettere appuntite, nella parte inferiore
della foto.
Emily si coprì la bocca con una mano. Qualcosa della foto le risultava molto familiare. Dove
l'aveva vista prima?
“Ho trovato questa nella mia borsa, mentre ero in bagno.” Spencer girò la foto. “E' meglio che ti
guardi alle spalle...o sarai anche tu una puttana morta”. Emily riconobbe, immediatamente, la
scrittura appuntita. L'aveva vista scarabocchiata su una richiesta PFLAG, giusto l'altro giorno.
“Era nella tua borsa?” Hanna rimase a bocca aperta. “Allora vuol dire che -A è qui?”
“-A, definitivamente, è qui” disse Emily, guardandosi intorno. I modelli maschi che facevano da
camerieri al cocktail si muovevano fra la gente. Un gruppo di ragazze in miniabiti a balze stava
mormorando che Noel Kahn aveva contrabbandato dell'alcol. “Ho appena ricevuto...un messaggio
che più o meno dice questo” continuò Emily. “E...ragazze, Aria ha parlato alla polizia di -A. Alcuni
poliziotti sono venuti per vedermi, per farmi delle domande. Credo che anche -A lo sappia”
“Oh mio Dio” sussurrò Mona, con gli occhi spalancati. Guardò ognuna delle ragazze. “Questo non
va bene, vero?”
“Potrebbe non andare davvero bene” disse Emily. Qualcuno le diede una gomitata nella parte
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posteriore della testa, e si strofinò il cranio, infastidita. Quella festa non era di sicuro il luogo
migliore per parlare di questo.
Spencer fece scorrere le mani lungo il cuscino del divano di velluto. “Okay. Cerchiamo di non farci
prendere dal panico. I poliziotti sono qui, giusto. Quindi siamo al sicuro. Dobbiamo solo trovarli e
stare attaccate a loro. Ma questo...” diede un colpetto alla grande X che c'era sopra la faccia di Ali,
dopo il “Sei morta, puttana”. “ So chi ha scritto questo.” Si guardò intorno pendendo un respiro
profondo “Melissa”
“Tua sorella?” strillò Hanna.
Spencer annuì grave, le luci stroboscopiche della festa tremolavano contro il suo viso.
“Penso...penso che Melissa abbia ucciso Ali. Ha senso. Lei sapeva che Ali e Ian stavano insieme. E
non ha potuto sopportarlo.”
“Riavvolgi.” Mona lasciò, sul tavolo, la sua lattina di Red Bull. “Alison e...Ian Thomas? Stavano
insieme?” Tirò fuori la lingua, disgustata. “Ew, voi ragazze lo sapevate?”
“L'abbiamo capito solo un paio di giorni fa” biascicò Emily. Si avvolse il cappotto intorno al corpo.
Improvvisamente si gelava.
Hanna confrontò la firma di Melissa sul suo gesso con la scrittura della foto.
“La scrittura è simile”
Mona fissò Spencer impaurita. “E lei si stava comportando in modo strano, in bagno poco fa.”
“E' ancora qui?” Hanna allungò il collo per guardarsi intorno nella sala. Dietro di loro, un cameriere
lasciò cadere un vassoio pieno di bicchieri. Una folla di ragazzi applaudì.
“L'ho cercata da tutte le parti,” disse Spencer “non sono riuscita a trovarla da nessuna parte”
“Allora, cosa hai intenzione di fare?” chiese Emily, il suo cuore batteva sempre più rapido.
“Dirò a Wilden di Melissa” rispose Spence, in tutta naturalezza.
“Ma Spencer,” replicò Emily “-A sa cosa stiamo facendo. E -A sa che Aria ha parlato. Che
succederà se questo, giustamente, è una sorta di gioco mentale?”
“Ha ragione” concordò Mona, accavallando le gambe. “Potrebbe essere una trappola”
Spencer fece di no con la testa. “E' Melissa. Sono sicura di questo. Devo consegnarla. Dobbiamo
farlo per Ali.” Infilò la mano nella sua borsa di paillettes e recuperò il suo cellulare. “Chiamerò al
commissariato. Wilden probabilmente si trova lì” Compose il numero e si portò il telefono
all'orecchio.
Dietro di loro il DJ gridò “Vi state tutti divertendo stasera?” La folla che si trovava nella pista da
ballo gridò “Sì!”
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Emily chiuse gli occhi. Melissa. Da quando la polizia aveva classificato la morte di Ali come
omicidio, Emily semplicemente non era stata capace di impedirsi di immaginare come aveva fatto
l'assassino. Aveva immaginato Toby Cavanaugh afferrare Ali da dietro, colpirla alla testa, e gettarla
dentro la fossa, scavata a metà, del gazebo dei DiLaurentis. Aveva cercato di immaginare Spencer
fare lo stesso ad Ali, sconvolta dal rapporto di Ali con Ian. Adesso era Melissa che vedeva afferrare
Ali per la vita e trascinarla verso la fossa. Solo...Melissa era così magra, che Emily davvero non
riusciva davvero a credere che avesse avuto forza a sufficienza per costringere Ali a fare quello che
voleva. Forse aveva usato un'arma, come un coltello da cucina o una taglierina. Emily fece una
smorfia di dolore nell'immaginare la taglierina sopra il delicato collo di Ali.
“Wilden non risponde.” Spencer lasciò cadere di nuovo il telefono nella sua borsa. “Quindi
scenderò al commissariato.” Fece una pausa, colpendosi la fronte. “Merda. I miei genitori mi hanno
portata qui. Siamo venuti direttamente da New York. Non ho la macchina.”
“Ti ci porto io.” Mona balzò in piedi.
Emily si alzò in piedi. “Vengo anch'io.”
“Andremo tutte.” disse Hanna.
Spencer fece di no con la testa. “Hanna, questa è la tua festa. Dovresti restare.”
“E' vero” disse Mona.
Hanna si aggiustò la fasciatura. “Questa festa è stata grandiosa, ma questo è più importante.”
Mona si morse il labbro. “Credo che dovresti restare ancora un po'.”
Hanna sollevò un sopracciglio. “Perchè?”
Mona dondolava avanti e indietro sui talloni. “Abbiamo ottenuto che venga Justin Timberlake”
Hanna si strinse il petto, come se Mona le avesse sparato. “Cosa?”
“E' stato un cliente di mio padre quando era ancora agli inizi, perciò gli doveva un favore. Solo che
arriva un po' tardi. Sono sicura che sarà qui a momenti, ma non vorrei che te lo perdessi.” Sorrise
timidamente.
“Wow” Gli occhi di Spencer si spalancarono. “Sul serio? Non me lo avevi detto.”
“E tu lo odi, Mon” sospirò Hanna.
Mona si strinse nelle spalle “Beh, questa non è la mia festa, no? E' la tua. Lui ti chiamerà dal palco
perchè balli con lui, Han. Non volevo che te lo perdessi.”
A Hanna piaceva Justin Timberlake, da tanto tempo, fin da quando Emily l'aveva conosciuta. Hanna
era sempre solita dire che Justin si sarebbe dovuto mettere con lei, invece che con Cameron Diaz,
Ali sempre scoppiava a ridere e diceva “Beh, con te lui avrebbe più o meno due Cameron al prezzo
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di una; sei il doppio di lei!” Hanna si girava, ferita, finchè Ali non insisteva che non doveva essere
così sensibile.
“Rimarrò con te, Hanna” disse Emily afferrando il braccio di Hanna. “Rimarremo per Justin. Ci
manterremo molto vicine l'una all'altra, a fianco di quei poliziotti lì. Ti va bene?”
“Non lo so” disse Hanna, titubante, anche se Emily capì che voleva restare. "Forse
dovremmo andare."
"Resta", la esortò Spencer. "Incontriamoci là. Andrà tutto bene qui. -A non può farti del male con un
poliziotto nelle vicinanze. Solo non andare in bagno o in qualsiasi altro luogo da sola. "
Mona prese il braccio di Spencer, e scivolò tra la folla verso apertura principale della tenda. Emily
rivolse a Hanna un sorriso di incoraggiamento, il suo stomaco in subbuglio. "Non lasciarmi", disse
Hanna a voce bassa, terrorizzata.
"Non lo farò," Emily la rassicurò. Prese la mano di Hanna e la strinse forte, ma non poteva evitarsi
di fare una scansione dela folla nervosamente. Spencer aveva detto che aveva incontrato Melissa in
bagno. Ciò significava che l'assassino di Ali era lì con loro in quel momento.
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33. IL MOMENTO DELLA CHIAREZZA
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
In piedi sul palco con il vero Justin Timberlake, non una figurina di cera al Madame Tussauds o un
impostore al Trump Taj Mahal di Atlantic City, sarebbe stato surreale. Sarebbe stata la vera bocca di
Justin a fare un gran sorriso a Hanna, i veri occhi di Justin a osservare il corpo di Hanna, mentre lei
ballava in giro, e le vere mani di Justin ad applaudirla per aver avuto la forza di tirare avanti dopo
un incidente tanto devastante.
Sfortunatamente Justin non era ancora apparso; Hanna ed Emily sbirciarono fuori una delle aperture
della tenda, tenendo gli occhi ben aperti in cerca di un convoglio di limousine. "Sarà così eccitante,"
mormorò Emily.
"Sì," disse Hanna. Ma si chiese se sarebbe riuscita a goderselo. Sentiva come se ci fosse
qualcosa di molto, molto sbagliato. Qualcosa dentro di lei la voleva sfondare, come una falena che
lotta all'interno di un bozzolo.
Improvvisamente, Aria emerse dalla folla. I suoi capelli scuri erano arruffati e c'era un livido sulla
sua guancia. Indossava ancora la giacca di Rosewood Day e la gonna a pieghe, e sembrava molto
fuori luogo in mezzo alle altre persone mascherate per la festa. "Ragazze," disse senza fiato. "Ho
bisogno di parlare con voi."
"E noi abbiamo bisogno di parlare con te," urlò Emily. "Hai detto Wilden di -A!"
Le palpebre di Aria tremarono. "Io ...l'ho fatto. Sì. Ho pensato che fosse la cosa giusta da fare. "
"Non lo era," Hanna scattò, il suo corpo che si riempiva di rabbia. "-A sa, Aria. E' un passo avanti a
noi. Che diavolo c'è che non va in te? "
"So che -A sa" disse Aria, sembrava distratta. "Devo dirvi un'altra cosa ragazze. Dov'è
Spencer? "
"Spencer è andata alla stazione di polizia", disse Emily. Le luci discoteca ritornarono facendo
diventare il suo viso da rosa al blu. "Abbiamo provato a chiamarti, ma non hai risposto."
Aria si lasciò cadere su un divano vicino, guardando un po' scossa e confusa. Prese una caraffa di
acqua frizzante e se ne versò un bicchiere enorme. "È andata alla stazione di polizia a causa...di -A?
I poliziotti faranno a tutte noi altre domande. "
"Non l'ha fatto per quello," disse Hanna. "E'andata perché sa chi ha ucciso Ali."
Aria aveva gli occhi vitrei. Sembrava ignorare tutto ciò che Hanna aveva appena detto. "Mi è
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successo qualcosa di veramente strano." Lei drenato il bicchiere d'acqua. "Ho appena avuto una
lunga conversazione con Jenna Cavanaugh. E...lei sa di quella notte."
"Che ci stavi a parlare con Jenna?" domandò Hanna. Poi, alla fine, registrò il resto di ciò che le
aveva detto Aria; allo stesso modo, aveva spiegato il suo insegnante di fisica, ci vogliono anni alle
onde radio per raggiungere lo spazio esterno. La bocca di Hanna si aprì, e tutto il sangue defluì dalla
sua testa. "Che cosa hai appena detto?"
Aria strinse le mani alla fronte. "Ho seguito queste lezioni d'arte, e anche Jenna è nella mia classe.
Questa sera, sono andata fino allo studio dell'arte e...e Jenna era lì. Ho avuto questa paura terribile
che fosse -A...e che stesse per farmi del male. Ho avuto un attacco di panico...ma quando mi sono
svegliata, Jenna era ancora con me. Mi aveva aiutata. Mi sentivo malissimo, e semplicemente le ho
rivelato quello che abbiamo fatto. Solo che , prima che potessi davvero dire qualcosa, Jenna mi ha
interrotta. Ha detto che lei ricordava ogni cosa di quella notte, dopo tutto." Aria guardò Hanna ed
Emily. "Lei ed Ali avevano architettato tutto insieme."
Ci fu una lunga pausa. Hanna poteva sentire il suo battito nelle tempie. "Non è possibile,"
disse
finalmente Emily alzandosi bruscamente in piedi. "Non può non essere".
"Non può essere," le fece eco Hanna debolmente. Che stava dicendo Aria?
Aria spinse una ciocca ribelle di capelli dietro le orecchie. "Jenna ha detto che andò da Ali con
l'intenzione di ferire Toby. Voleva che se ne andasse, sono sicura perché lui la stava...lo sapete. La
stava toccando. Ali disse che l'avrebbe aiutata. Solo, le cose andarono male. Ma Jenna ha mantenuto
il segreto in ogni caso, ha detto che le cose sono andate come
che voleva. Suo fratello non c'era più. Ma...ha anche detto che qualcuno era lì quella notte. Oltre ad
Ali, e a noi. Qualcun altro ha visto."
Emily rimase a bocca aperta. "No."
"Chi?" domandò Hanna, sentendo le ginocchia cederle.
Aria scosse la testa. "Non me l'ha detto."
Seguì una lunga pausa. La soave melodia di una canzone Ciara pulsava in sottofondo. Hanna si
guardò intorno alla festa, stupita di come tutti fossero così beatamente inconsapevoli. Mike
Montgomery era incollato a una ragazza della scuola quacchera, gli adulti si aggiravano tutti intorno
al bar, a ubriacarsi, e un gruppo di ragazze del suo corso bisbigliavano di come tutti sembrassero
tozzi nei loro abiti. Hanna aveva quasi voglia di dire a tutti di andare a casa, che l'universo era a
testa in giù e che il quel momento divertirsi era fuori questione.
"Perché fra tutte le persone Jenna è andata da Ali?" volle sapere Emily. "Ali la odiava."
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Aria si passò le dita tra i capelli, che erano bagnati per la pioggia. "Ha detto che Ali avrebbe capito.
Che anche Ali aveva problemi con suo fratello"
Hanna aggrottò le sopracciglia, confusa. "Problemi con suo fratello? Vuoi dire Jason? "
"Io...io credo," Aria rifletté. "Forse Jason faceva quello che faceva Toby."
Hanna arricciò il naso, ricordando il bello-ma-scontroso fratello maggiore di Ali. "Jason ha sempre
avuto qualcosa di ... strano."
"Ragazze, no." Le mani di Emily le caddero in grembo. "Jason era lunatico, ma non era un
molestatore. Lui e Ali sembravano sempre molto contenti quando erano vicini"
"Anche Toby e Jenna sembravano felice di trovarsi vicini," le ricordò Aria.
"Ho sentito che tipo un ragazzo su quattro molesta sua sorella"
"E' ridicolo," soffiò Emily. "Non credere a tutto quello che senti".
Hanna si bloccò. Ruotò rapidamente la testa verso Emily. "Che cosa hai detto?"
Le labbra di Emily tremavano. “Ho detto...non credere a tutto quello che senti".
Le parole si dispiegarono come i semicerchi concentrici di un ventaglio. Hanna le sentiva più e più
volte, sbattendo avanti e indietro dentro la sua testa.
Le fondamenta del suo cervello iniziarono a sgretolarsi. Non credere a tutto quello che senti. Aveva
visto quelle parole prima. Erano il suo ultimo messaggio. Da -A. Della notte che non riusciva a
ricordare.
Hanna doveva aver fatto un qualche rumore, perché Aria si voltò. "Hanna...che cosa?"
I ricordi cominciarono a piombarle sulle spalle, come una fila di tessere del domino che cadono una
dopo l'altra. Hanna vide se stessa barcollando alla festa di Mona in abito di corte, fuori di testa
perché non stava bene. Mona le aveva riso in faccia e l'aveva chiamata balena. Non era Mona che le
aveva mandato quel vestito, ma -A, aveva realizzato Hanna.
Si vide fare un passo indietro, torcendosi la caviglia, e crollare al suolo. Il devastante riiiippppp
delle cuciture. I suoni di risate sopra di lei, quella di Mona più forte delle altre. E poi, Hanna vide se
stessa molto più tardi, seduta da solo nella sua Toyota Prius nel parcheggio del planetario della
Hollis, che indossava una felpa e dei pantaloncini da palestra, con gli occhi gonfi di pianto. Sentì il
suo BlackBerry e si vide prendere il telefono. Oops, immagino che non fosse lipo! diceva il
messaggio. Non credere a tutto quello che senti! -A
Solo che il messaggio non era di -A. Era di un un numero di un normale telefono cellulare - un
numero che Hanna conosceva bene.
Hanna si lasciò sfuggire un grido soffocato. Le facce che la guardavano erano sfocati e
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scintillavano, come se fossero ologrammi.
"Hanna...che cosa c'è?" urlò Emily.
"Oh. Mio. Dio," sussurrò Hanna. "E'...Mona."
Emily aggrottò la fronte. "Che cos'è Mona?"
Hanna si tolse la maschera. L'aria era fresca e liberatoria. La sua cicatrice pulsava, come se fosse
un'entità separata dal mento. Non si guardò neanche intorno per vedere quante persone stessero
fissando la sua brutta faccia livida perché, in quel momento, non aveva importanza.
"Ricordo quello che stavo per dire a voi ragazze, quella notte, quando ho voluto incontrarvi a
Rosewood Day" disse Hanna, con gli occhi colmi di lacrime. "A è Mona."
Emily e Aria la fissarono senza capire tanto che Hanna si domandò se avessero sentito. Infine, Aria
disse "Sei sicura?"
Hanna annuì.
"Ma Mona è con Spencer ...", disse Emily lentamente.
"Lo so," sussurrò Hanna. Gettò la sua maschera sul divano e si alzò. "Dobbiamo trovarla.
Ora."
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34. VI PRENDERO' MIE BELLE
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
C'erano voluti quasi dieci minuti a Spencer e Mona per attraversare il prato del country club fino al
parcheggio, e salire sull'enorme taxi giallo Hummer di Mona, e uscire con un ruggito fuori dal
parcheggio. Spencer guardò di sfuggita il tendone della festa di Hanna. Era illuminato come una
torta di compleanno, e le vibrazioni della musica erano
quasi visibile.
"E davvero una cosa impressionante ciò che hai fatto, far venire Justin Timberlake per Hanna,"
mormorò Spencer.
"Hanna è la mia migliore amica," rispose Mona. "Ne ha passate tante. Volevo rendere tutto
speciale".
"Aveva l'abitudine di parlare di Justin per tutto il tempo, quando eravamo più giovani," continuò
Spencer, guardando fuori dal finestrino come una vecchia casa colonica, che apparteneva a uno dei
Dupont, ora fosse un ristorante; il tempo volava. Alcune persone che avevano finito la cena erano in
piedi sotto il portico, che chiacchieravano felicemente.
"Non sapevo che le piacesse ancora così tanto."
Mona sorrise a metà strada. "So un sacco di cose su di Hanna. A volte penso di conoscere Hanna
meglio di quanto si conosca lei stessa." Guardò Spencer brevemente. "Bisogna fare cose buone per
le persone a te care, sai?"
Spencer annuì debolmente, mordendosi le cuticole. Mona rallentò a uno stop e frugò nella sua
borsa, tirando fuori un pacchetto di gomme. L'auto subito odorò di banane artificiali. "Ne vuoi un
pezzo?", chiese a Spencer, scartando una striscia e spingendola in bocca. "Sono ossessionata da
questa roba. Apparentemente la si può procurare solo in Europa, ma questa ragazza nella mia classe
la storia me ne ha dato un pacchetto intero." Masticava pensierosa.
Spencer sventolò la mano verso il pacchetto aperto di distanza. Non era molto dell'umore di volere
una gomma da masticare in quel momento.
Come Mona ebbe superato la Fairview Riding Academy, Spencer colpì forte le cosce. "Non posso
fare questo", gemette. "Dobbiamo tornare indietro, Mona. Non posso far finire dentro Melissa"
Mona la guardò, poi si infilò nel parcheggio dell'accademia di equitazione. Stazionò nello spazio
per i disabili e Mona frenò l'Hummer dentro il parco. "Va bene..."
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"E 'mia sorella." Spencer guardò con aria assente davanti a sè. Era buio pesto fuori, e l'aria puzzava
di fieno.
Si sentì un nitrito in lontananza. "Se Melissa l'ha fatto, non dovrei cercare di proteggerla?"
Mona tirò fuori una Marlboro Light. Ne offrì una a Spencer, ma Spencer scosse la testa. Quando
Mona fu illuminata, Spencer osservò prima il bagliore arancione e il ricciolo di fumo intorno alla
cabina dell'Hummer, poi la leggera fenditura nella parte superiore della finestra laterale del
conducente.
"Che cosa voleva dire Melissa in bagno?" chiese piano Mona. "Ha detto che, dopo quello che vi
eravate dette alla spiaggia, pensava che voi ragazze aveste un accordo. Che cosa le hai detto? "
Spencer piantò le unghie nei palmi delle mani. "Questo ricordo che mi è tornato della notte della
scomparsa di Ali", ammise. "Io e Ali abbiamo avuto questo scontro...e l'ho spinta. La sua testa ha
sbattuto contro il muro di pietra. Ma lo avevo bloccato per anni."
Lei guardò Mona, per valutare la sua reazione, ma il viso di Mona era sbiancato. "L'ho raccontato a
Melissa l'altro giorno. Dovevo dirlo a qualcuno. "
"Wow," sussurrò Mona, guardando attentamente Spencer. "Pensi di averlo fatto?"
Spencer si premette i palmi sulla fronte. "Ero sicuramente arrabbiata con lei."
Mona si accomodò al suo posto, respirando il fumo fuori il naso. "-A ha messo la foto di Ali e Ian
nella borsa, giusto? Che cosa succede se -A ha fornito a Melissa qualche sorta di
pista,
convincendola parlare di te? Melissa potrebbe essere dalla polizia in questo momento."
Spencer spalancò gli occhi. Ricordava ciò che Melissa aveva detto su loro che non avevano più un'
intesa. "Merda," sussurrò. "Tu credi?"
"Non lo so." Mona afferrò la mano di Spencer. "Credo che tu stia facendo la cosa giusta. Ma se tu
vuoi tornare indietro e ripresentarti alla festa, lo farò."
Era la cosa giusta? Avrebbe voluto non essere stata lei a scoprire che Melissa era l'assassino.
Avrebbe voluto che qualcun altro l'avesse scoperto, invece. Poi, pensò a come aveva vagato per il
country club, cercando freneticamente di Melissa. Dove era andata? Che cosa stava facendo in quel
momento?
"Hai ragione," mormorò con voce secca. "Questa è la cosa giusta."
Mona annuì, poi cambiò la marcia e uscì dal parcheggio della scuola di equitazione. Gettò la
sigaretta fuori del finestrino e Spencer la guardò mentre si allontanavano, il guizzo di una piccola
luce in mezzo ai fili d'erba secca.
Quando furono più in fondo alla strada, il Sidekick Spencer suonò. Spencer aprì la borsa. "Magari
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questo è Wilden », mormorò. Invece, si trattava di un messaggio di Emily.
Hanna ha ricordato. Mona è A! Rispondi se ricevi questo.
Il telefono di Spencer le scivolò dalle mani in grembo. Lesse il testo. E ancora. Le parole sarebbero
potute pure essere state scritte in arabo - Spencer non riusciva a elaborarle tutte.
Sei sicura? Scrisse di rimando.
Sì, scrisse Emily. Vai via di lì. ORA.
Spencer fissò un cartellone del caffè Wawa, un segno pietra per una lottizzazione, poi un
enorme chiesa a forma triangolare. Cercò di respirare nel modo più regolare possibile, contando da
uno a 100 per cinque, sperando che ciò la calmasse. Mona stava guardando la strada con attenzione
e doverosamente. Il suo abito halter non le copriva abbastanza il petto. Aveva una cicatrice sulla
spalla destra, probabilmente da varicella. Non sembrava possibile che lei avesse potuto farlo.
"Allora è veramente Wilden?" cinguettò Mona.
"Uhm, no." La voce di Spencer uscì squawky e soffocato, come se stesse parlando con una lattina.
"E-era ... era mia madre."
Mona annuì leggermente, mantenendo la stessa velocità. Il telefono di Spencer si illuminò di nuovo.
Un altro messaggio in entrata. Poi un altro, un altro e un altro ancora.
Spencer, cosa sta succedendo? Spencer, per favore rispondi.
Spencer, sei in pericolo. Per favore dicci se stai bene.
Mona sorrise, i denti canini brillavano nella luce fioca fuori del cruscotto dell'Hummer. "Sei
certamente popolare. Cosa sta succedendo? "
Spencer cercò di ridere. "Uhm, niente."
Mona lanciò un'occhiata alla finestra dei messaggi di testo di Spencer. "Emily, eh? Justin è arrivato?
"
"Um..." Spencer deglutì rumorosamente, un nodo in gola.
Il sorriso di Mona evaporò. "Perché non vuoi dirmi cosa sta succedendo?"
"N-non sta succedendo nulla," balbettò Spencer.
Mona la schernì, gettando una ciocca di capelli dietro le spalle. La sua pelle pallida brillava nel
buio. "Che cos'è, un segreto? Non sono forse abbastanza buona per saperlo? "
"Certo che no," squittì Spencer. "E 'solo che... io..."
Arrivarono a un semaforo rosso. Spencer guardò avanti e indietro, poi lentamente premette il
pulsante di sblocco dell'Hummer. Mentre curvava le dita intorno alla maniglia della porta, Mona le
afferrò l'altro polso.
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"Che cosa stai facendo?" gli occhi di Mona brillavano nella luce rossa del semaforo. La testa ruotò
dal telefono di Spencer a Spencer un'altra volta con il panico dipinto in volto. Spencer vide il flusso
di consapevolezza attraversare Mona e fu come vedere il Mago di Oz passare da bianco e nero a
colori. L'espressione di Mona passò dalla confusione allo shock alla... gioia. Premette di nuovo il
pulsante di blocco della portiera dell'auto.
Quando la luce diventò verde, partì sparata e fece un'inversione attraversando l'incrocio per
immettersi in una strada accidentata a due corsie.
Spencer guardò il contachilometri salire da 50 a 60 a 70. Strinse la maniglia della porta
ermeticamente. "Dove stiamo andando?", chiese con vocefì flebile e terrorizzata.
Mona lanciò un'occhiata di traverso a Spencer, un sorriso sinistro stampato sul viso. "Non sei mai
stata paziente." Lei strizzò l'occhio e Spencer soffiò un bacio. "Ma questa volta non ti resta che
aspettare e vedere."
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35. CHE LA CACCIA ABBIA INIZIO
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
Dal momento che Hanna era arrivata alla festa in una limousine e la madre di Emily l'aveva portata,
la loro sola opzione era la goffa e imprevedibile Subaru di Aria. Aria portò le altre attraverso il
parcheggio, aprì manualmente lo sportello e si gettò sul sedile del conducente. Hanna sedeva nel
sedile del passeggero anteriore, e Emily mise da parte tutti i libri di Aria, le tazze vuote di caffè, i
vestiti di ricambio, matasse di filo, e un paio di stivali col tacco, e salì sul retro. Aria aveva il
cellulare incastrato tra il mento e la spalla - stava chiamando Wilden per sapere se Spencer e Mona
si fossero presentate alla stazione di polizia. Ma dopo l'ottavo squillo senza ricvere risposta,
riattaccò per la frustrazione.
“Wilden non è alla sua scrivania”, disse. “E non risponde al cellulare.” rimasero in silenzio per un
momento, tutte perse nei propri pensieri. Come poteva Mona essere -A? Pensò Aria. Come faceva
Mona a sapere tanto di noi? Aria ripensò a tutto ciò che Mona le aveva fatto: l'aveva minacciata con
quella bambola della Regina Cattiva, aveva inviato a Sean le foto di Ezra che era stato arrestato,
aveva spedito a Ella la lettera che aveva diviso la sua famiglia. Mona aveva investito Hanna con una
macchina, emarginato Emily a scuola, e fatto loro credere che Spencer avesse ucciso Ali. Mona
aveva avuto un ruolo nella morte di Toby Cavanaugh...e forse di Ali, anche.
Hanna guardava dritto davanti a sé, gli occhi spalancati e senza battere ciglio, come se fosse
posseduta. Aria le toccò la mano. “Sei sicurz di questo?”
Hanna annuì a scatti. “Sì.” Il suo volto era pallido e le labbra sembravano secche.
“Pensi che sia stata una buona idea aver mandato un messaggio a Spencer?” Chiese Emily,
controllando il suo telefono per la miliardesima volta. “Non ha risposto.”
“Forse si trovano alla stazione di polizia adesso,” rispose Aria, cercando di mantenere la calma.
“Forse Spencer ha il telefono spento. E forse è per questo che Wilden non risponde”
Aria guardò Hanna. C'era una grande, scintillante lacrima che scivolava lungo la guancia, passando
per i suoi lividi e i suoi punti di sutura. “E' colpa mia se Spencer è ferita,” sussurrò Hanna. “Avrei
dovuto ricordare prima.”
“Non è assolutamente colpa tua,” disse Aria in tono severo. “Non si può controllare quando si
ricordano le cose.” Lei posò una mano sul braccio di Hanna, ma Hanna lo strappò via, con le mani a
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coprirle il viso. Aria non aveva idea di come consolarla. Come ci si doveva sentire a rendersi conto
che la tua migliore amica era anche il tuo peggior
nemico? La migliore amica di Hanna aveva tentato di ucciderla.
Improvvisamente, Emily rimase a bocca aperta. “Quella foto”, sussurrò.
“Che foto?” chiese Aria, accelerando.
“Quella...quella foto che Spencer ci ha mostrato di Ali e Ian. Quella con la scritta sopra? Sapevo
che l'avevo già vista prima. Ora so dove.” Emily scoppiò in una risata di incredulità.
“Ero nella stanza dell'annuario un paio di giorni fa. E c'erano queste foto degli interni delle borse
della gente. Ecco dov'è che ho visto la foto.” Alzò gli occhi, guardando le altre. “Nella borsa di
Mona. Ma ho visto solo il braccio di Ali.”
La stazione di polizia era solo a un chilometro di distanza, proprio accanto a Hooters. Era
incredibile che Aria e Mike c'erano stati solo poche ore prima. Quando si fermarono nel parcheggio,
tutte e tre si sporsero in avanti sul cruscotto.“Merda.” C'erano otto auto della polizia nel parcheggio,
e quello era tutto. “Non sono qui!”
“Calmati.” Aria spense i fari della macchina. Tutte saltarono fuori in fretta, correndo per l'ingresso
della stazione di polizia. All'interno brillava intensamente una luce fluorescente verdastra. Diversi
poliziotti si fermarono e le fissarono, a bocca aperta. I piccoli banchi d'attesa verdi erano tutti vuoti,
a eccezione di pochi opuscoli su ciò che si dovrebbe fare in caso di furto d'auto.
Wilden apparve da dietro un angolo, il suo telefono cellulare in una mano, una tazza di caffè
nell'altra. Quando vide Hanna ed Emily nei loro abiti da festa con le loro maschere che penzolavano
dai loro polsi, e Aria nella sua uniforme di Rosewood Day con un grosso livido sulla sua testa,
socchiuse gli occhi per la confusione. “Ciao, ragazze”, disse lentamente. “Cosa sta succedendo?”
“Devi aiutarci,” disse Aria. “Spencer è nei guai.”
Wilden fece un passo avanti, indicando loro di sedersi sulle panche. “In che senso?”
“I messaggi che abbiamo ricevuto,” spiegò Aria. “Quello di cui ti parlavo prima, oggi. Sappiamo di
chi sono. “
Wilden si alzò in piedi, allarmato. “Davvero?”
“E' Mona Vanderwaal,” disse Hanna, la sua voce rotta da un singhiozzo. “Questo è quello che mi
ricordavo. E' la mia fottutissima migliore amica.”
“Mona...Vanderwaal?” gli occhi Wilden vagavano da una ragazza all'altra. “La ragazza che ha
organizzato la tua festa?”
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“Spencer Hastings è in macchina con Mona ora”, disse Emily. “Dovevano venire qui - Spencer
aveva qualcosa da dirti. Ma poi le ho mandato un sms, avvertendola in merito a Mona...e ora non
sappiamo dove sono. Il telefono di Spencer è spento.”
“Avete provato a chiamare Mona?” chiese Wilden.
Hanna fissò il pavimento di linoleum. Dentro la stazione di polizia un telefono squillò, e poi un
altro. “L'ho fatto. Neanche lei risponde.”
Improvvisamente, il cellulare Wilden gli si illuminò in mano. Aria intravide in anteprima il numero
sullo schermo. “E 'Spencer!” Gridò.
Wilden rispose, ma non disse ciao. Premette il pulsante del vivavoce, poi guardò le ragazze, un dito
sulle labbra. Shhh, mimò con la bocca. Aria e le sue vecchie amiche si radunarono intorno al
telefono. In un primo momento, c'era solo il rumore del. Poi sentirono la voce di Spencer. Sembrava
lontana. “Ho sempre pensato che Swedesford Road fosse bella,”
disse. “Tutti questi alberi, soprattutto in questa zona appartata della città.”
Aria e Emily si scambiarono uno sguardo confuso. E poi, Aria capì – l'aveva visto fare una volta in
tv in uno show che aveva visto con suo fratello. Mona doveva aver capito tutto e Spencer doveva
essere riuscita a chiamare segretamente Wilden per dargli indizi su dove Mona la stesse portando.
“Allora...perché stiamo scendendo Brainard Road?” chiese Spencer a voce molto alta e molto
chiara. “Questa non è la strada che porta alla stazione di polizia.”
“Duh, Spencer,” sentirono risponderle Mona.
Wilden aprì il taccuino e scrisse Brainard Road. Pochi altri poliziotti si erano riuniti intorno a
loro. Emily spiegò con calma quello che stava succedendo, e uno dei poliziotti tirò fuori una grande
mappa pieghevole di Rosewood, mettendo in evidenza l'incrocio di Swedesford con Brainard Road
con un evidenziatore giallo.
“Stiamo andando al torrente?” La voce di Spencer risuonò di nuovo.
“Forse,” mormorò Mona.
Aria spalancò gli occhi. Il torrente Morrell era più di un fiume che sgorgava.
“Adoro il torrente,” disse Spencer ad alta voce.
Poi ci fu un sussulto e un urlo. Sentirono un paio di percussioni, rumori di uno stridio di pneumatici,
i toni dissonanti di pulsanti del telefono premuti tutti in una volta...e poi più nulla. Wilden sbatté le
palpebre contro lo schermo del cellulare. Chiamata persa.
Aria lanciò di nascosto uno sguardo agli altri. Hanna aveva la testa fra le mani. Emily sembrava
stesse per svenire. Wilden si alzò in piedi, mise il cellulare nella fondina, ed estrasse le chiavi della
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macchina dalla sua tasca. “Cercheremo di tutte le entrate del flusso in quella zona.” Indicò un
poliziotto grande e grosso seduto dietro una scrivania. “Vedi se riesci a fare una traccia GPS su
questa telefonata.” Poi si voltò e si diresse verso la sua macchina.
“Aspetta,” disse Aria, correndogli dietro. Wilden si voltò. “Stiamo arrivando.”
Wilden spalle caduto. “Questo non...”
“Stiamo arrivando”, disse Hanna dietro Aria, la sua voce forte come l'acciaio.
Wilden alzò una spalla e sospirò. Fece un cenno verso la parte posteriore della macchina della
polizia. “Va bene. Saltate su.”
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36. UN'OFFERTA CHE SPENCER NON PUO' RIFIUTARE
traduzione a cura di Amelia Dalcumi
Mona tolse a Spencer il telefono di mano, schiacciò FINE, e lo gettò fuori dal finestrino, il tutto
senza modificare la velocità dell'Hummer. Poi fece una brusca inversione a U, fece marcia indietro
per la stretta e accidentata Brainard Road, e si immise nell'autostrada in direzione sud. Guidarono
per circa cinque chilometri e imboccarono l'uscita vicino alla clinica Bill Beach. Superarono
volando altri allevamenti di cavalli e complessi residenziali, e la strada degenerò in bosco. Non fu
fino a quando non superarono la vecchia, fatiscente chiesa quacchera che Spencer capì dove si
stavano dirigendo realmente - alla Scogliera Dell'Uomo Galleggiante.
Spencer era solita giocare nel grande lago alla base della Scogliera Dell'Uomo Galleggiante. I
bambini usavano tuffarsi in acqua dalle rocce superiori della scogliera, ma l'anno precedente,
durante un periodo di siccità in piena estate, un ragazzo della scuola pubblica si era tuffato dagli
scogli ed era morto, dando così quel nome inquietante e profetico alla scogliera. In quei giorni,
c'erano state voci che il fantasma del ragazzo viveva lungo il perimetro della scogliera, a guardia del
lago. Spencer aveva anche sentito delle voci che dicevano che lo stalker di Rosewood aveva il suo
nascondiglio lì. Guardò Mona, sentendo un brivido percorrerle la spina dorsale. Aveva la sensazione
che lo stalker di Rosewood fosse alla guida di quell'Hummer.
Spencer aveva le unghie talmente conficcate in profondità nel bracciolo centrale che era certa che
avrebbero lasciato segni permanenti. Chiamare Wilden e dargli la loro posizione era stato il suo
unico piano, e adesso era definitivamente in trappola.
Mona guardò Spencer con la coda dell'occhio. “E così suppongo che Hanna abbia ricordato, eh?”
Spencer fece un cenno appena percettibile.
“Non avrebbe dovuto ricordare,” cantò Mona. “Sapeva che ricordare avrebbe messo tutte voi in
pericolo. Così come Aria non avrebbe dovuto parlare alla polizia. L'ho mandata da Hooters come un
test per vedere se avrebbe davvero ascoltato i miei avvertimenti, Hooters è così vicino alla stazione
di polizia, dopo tutto. I poliziotti sono sempre lì, così sarebbe stata tentata di dire loro tutto. E
ovviamente, lei l'ha fatto.”Mona alzò le mani in aria. “Perché voi ragazze continuate a fare cose così
stupide?”
Spencer chiuse gli occhi, desiderando solo di poter svenire dalla paura.
Mona sospirò drammaticamente.
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“Da una parte, avete fatto cose stupide per anni, non è vero? A partire dalla buona e vecchia Jenna
Cavanaugh.” Strizzò l'occhio.
La bocca di Spencer si spalancò. Mona...sapeva?
Certo che lo sapeva. Era -A.
Mona lanciò una rapida occhiata al viso inorridito di Spencer e in cambio fece una finta faccia
sorpresa. Poi tirò giù la cerniera laterale del vestito smanicato, rivelando un reggiseno nero di seta e
una buona parte del suo stomaco. C'era un enorme ustione rugosa che faceva il giro della sua gabbia
toracica. Spencer la fissò per alcuni secondi fino a che non dovette distogliere lo sguardo.
“Ero lì la notte che feriste Jenna,” sussurrò Mona, la sua voce ruvida. “Io e Jenna eravamo
amiche, cosa che avresti potuto sapere se non fossi stato così fottutamente egocentrica. Andai a
sorpresa da Jenna quella notte. Vidi Ali...ho visto tutto...e ho anche ricevuto un piccolo souvenir da
lei.” Si accarezzò le cicatrici da ustioni. “Provai a dire alla gente che era stata Ali, ma nessuno mi
credette. Toby si prese la colpa velocemente, i miei genitori pensavano che dessi la colpa ad Ali
perché ero gelosa di lei.” Mona scosse la testa, i suoi capelli biondi che fluttuavano avanti e
indietro. Appena ebbe finito la sigaretta e la ebbe gettata fuori dal finestrino, ne accese un'altra,
aspirando duro dal filtro. “Provai anche a parlare con Jenna, ma lei si rifiutò di ascoltarmi. Continuò
dicendo Ti sbagli, è stato il mio fratellastro. “ Mona imitava la voce di Jenna più alta di un'ottava.
“Jenna e io non siamo state più amiche, dopo quello,” continuò Mona. “Ma ogni volta che mi trovo
davanti al mio specchio a casa e osservo l'altro mio lato ancora perfetto, mi ricordo quello che voi
stronze avete fatto. Io so quello che ho visto. E. Non. Lo. Dimenticherò. Mai.”
Sulla sua bocca comparve un sorriso inquietante.
“Quest'estate, ho trovato un modo per vendicarmi di voi stronzette. Ho trovato il diario di Ali in
mezzo a tutte quelle stronzate che i nuovi vicini stavano buttando via. Ho capito immediatamente
che era di Ali e lei ci aveva scritto tonnellate di segreti su tutte voi. Quelli veramente dannosi, in
realtà. E' come se avesse voluto che il diario cadesse in mano al nemico.”
Un ricordo tornò in mente a Spencer, il giorno prima della scomparsa di Ali, aveva trovato Ali nella
sua camera da letto, che leggeva avidamente un diario, un sorriso divertito e ingordo sul suo viso.
“Perché la polizia non ha trovato il suo diario, quando è scomparsa?”, farfugliò.
Mona portò la macchina sotto un boschetto di alberi e si fermò. C'era solo il buio davanti a loro, ma
Spencer sentiva acqua che scorreva e un odore di muschio odore e di erba bagnata.
“Chi diavolo lo sa? Ma sono contenta che non l'abbiano fatto loro e che l'abbia fatto io.” Mona
richiuse il vestito, poi si voltò verso Spencer, gli occhi lucidi. “Ali aveva scritto ogni cosa orribile
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che avete fatto. Come voi ragazze torturavate Jenna Cavanaugh, che Emily l'aveva baciata nella sua
casa sull'albero, che tu, Spencer, avevi baciato il ragazzo di tua sorella. Questo ha reso così facile
per me...non so, diventare lei. Mi è bastato procurarmi un
secondo telefono con un numero bloccato. E dovevo contattarvi come se si fosse trattato di Ali, non
è così?” Mona afferrò la mano di Spencer e rise.
Spencer si ritrasse dal suo tocco.
“Non posso credere che fossi tu tutto il tempo.”
“Lo so, giusto? Deve essere stato così fastidioso non sapere!” Mona applaudì allegra. “E' stato così
divertente guardare voi ragazze uscire fuori di testa...e poi il corpo di Ali è stato ritrovato e allora
siete davvero impazzite. Inviare messaggi a me stessa, quella è stata un'idea brillante...” Le si
avvicinò e le accarezzò la scapola sinistra. “Ho dovuto
fare un sacco di giri, anticipando le vostre mosse, prima ancora di sapere quali sarebbero state. Ma
l'intera cosa è stato fatto così elegantemente, quasi come un abito di alta sartoria, non credi?”
Gli occhi di Mona scrutarono Spencer in cerca di una reazione. Poi, lentamente, si allungò e diede
dei pugni scherzosamente a Spencer.
“Sembri così spaventata in questo momento. Come se avessi intenzione di farti del male o qualcosa
del genere. Al contrario non c'è motivo per cui le cosa debbano andare in questo modo, però.”
“Andare...come?” Sussurrò Spencer.
“Voglio dire, in un primo momento, ti ho odiata, Spencer. Più di tutte. Eri sempre la più vicina ad
Ali, e avevi tutto.” Mona accese un'altra sigaretta. “Ma poi...siamo diventate amiche. E' stato così
divertente, l'organizzazione della festa di Hanna, passare del tempo insieme. Non ti sei divertita ad
abbagliare quei ragazzi? Non era bello, seriamente parlando? Così ho pensato...forse potrei essere
un filantropo. Come Angelina Jolie.”
Spencer sbatté le palpebre, senza parole.
“Ho deciso di aiutarti,” spiegò Mona. “La cosa dell'Orchidea d'Oro è stata un colpo di fortuna. Ma
questo - onestamente voglio rendere la tua vita migliore, Spencer. Perché veramente, onestamente
mi preoccupo per te.”
Spencer si accigliò. “D-Di che cosa stai parlando?”
“Di Melissa, stupida!” esclamò Mona. "Di incriminarla come assassina. E' così perfetto. Non è
quello che hai sempre voluto? Tua sorella in carcere per omicidio e fuori della tua vita, per sempre.
Sembrerai così perfetta in confronto!”
Spencer la fissò. “Ma...Melissa aveva un movente.”
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“Ce l'aveva?” Mona sorrise. “O è solo ciò che volevi credere?”
Spencer aprì la bocca, ma nessun suono uscì. Mona aveva inviato il testo che diceva, l'assassino di
Ali è proprio di fronte a te. E il messaggio che diceva, l'ha fatto lei, lo sai. Mona aveva infilato, di
nascosto, la foto nella borsa di Spencer.
Mona rivolse a Spencer uno sguardo subdolo.
“Siamo in grado di cambiare questa situazione. Siamo in grado di tornare alla stazione di polizia e
dire a Hanna che si è trattato di un enorme malinteso, che non ha ricordato le cose per bene. Siamo
in grado di indicare qualcun altro come -A, qualcuno che non ti piace. Che ne dici di Andrew
Campbell? L'hai sempre odiato, non è vero?”
“Io...” balbettò Spencer.
“Siamo in grado di mandare tua sorella in carcere” sussurrò Mona. “E possiamo essere entrambe A. Siamo in grado di controllare tutti. Sei altrettanto connivente quanto lo era Ali, Spence. E tu sei
più bella, più intelligente e più ricca. Saresti dovuta essere tu la leader del gruppo, non lei. Ti sto
dando la possibilità, ora, di essere la leader che sei stata concepita per essere. La tua vita a casa
sarebbe perfetta. La tua vita a scuola sarebbe perfetta.” Le sue labbra si stirarono in un sorriso. “E
so quanto vuoi essere perfetta.”
“Ma tu fai del male alle mie amiche,” sussurrò Spencer.
“Sei sicuro che siano le tue amiche?” gli occhi di Mona scintillavano. “Sai chi ho incolpato
dell'omicidio prima di Melissa? Tu, Spencer. Ho riempito la testa della tua buona amica Aria di tutti
i tipi di piste che portassero a te, che ti avevo sentita litigare con Ali la sera in cui scomparve. E
Aria, la tua migliore amica? Ha creduto a tutto. Era totalmente pronta a incolparti.”
“Aria non lo farebbe mai,” strillò Spencer.
“No?” Mona alzò un sopracciglio. “Allora perché l'ho sentita dire a Wilden esattamente questo, in
ospedale, domenica mattina, il giorno dopo l'incidente di Hanna? Lei non ha perso tempo, Spence.
Per tua fortuna, Wilden non se l'è bevuta. Ora, perché dovresti chiamare qualcuno che ha fatto
questo tua amica?”
Spencer prese un paio di respiri profondi, non sapendo cosa credere. Un pensiero le vorticava in
testa.
“Aspetta...se Melissa non ha ucciso Ali, allora sei stata tu.”
Mona si appoggiò allo schienale del sedile, la pelle che si increspava sotto di lei. “No.” Lei scosse
la testa. “Però so chi è stato. Ali l'ha scritto nell'ultima pagina del suo diario, povera ragazzina
stolta, l'ultima cosa che ha scritto prima di morire.” Il labbro sporgeva in una smorfia. “Diceva, Io e
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Ian stasera abbiamo una riunione super segreta. "Mona imitò la voce falsa di Ali, ma la voce
suonava più come una bambola diabolica in un film dell'orrore. “E gli ho dato un ultimatum. Gli ho
detto che è meglio che rompa con Melissa prima di andare a Praga, o dovrò dire a lei e a tutti gli
altri di noi.” Mona sospirò, un suono annoiato. “E' abbastanza evidente quello che è successo - ha
portato Ian al punto di rottura. E lui l'ha uccisa.”
Il vento sollevò le punte dei capelli di Mona.
“Io stessa mi sono modellata come Ali: era la stronza perfetta. Nessuno era al sicuro dal suo ricatto.
E se vuoi, nessuno sarà al sicuro dal tuo.”
Spencer scosse la testa lentamente. “Ma...ma hai investito Hanna con la tua auto.”
Mona si strinse nelle spalle. “Ho dovuto farlo. Sapeva troppo.”
“Mi...mi dispiace” sussurrò Spencer. “Non c'è modo per cui voglia essere...-A con te. Per governare
la scuola con te. O qualunque cosa mi stai offrendo. E' una pazzia.”
L'espressione delusa di Mona si trasformò in qualcosa di oscuro. Aggrottò le sopracciglia insieme.
“Okay. Come vuoi, allora.”
La voce di Mona era come un coltello che fendeva la pelle di Spencer.
I grilli cinguettavano istericamente. L'acqua sotto di loro sgorgava in fretta come il sangue in una
vena. Con un movimento rapido, Mona scattò in avanti e avvolse le mani intorno al collo di
Spencer. Spencer urlò e fece un balzo indietro, agitando a colpire pulsante di sblocco. Diede un
calcio al petto di Mona. Come Mona strillò e si ritrasse, Spencer diede uno strattone alla maniglia
della portiera e spinse per aprirla, cadendo fuori dalla macchina nell'erba spinosa. Immediatamente,
si diede la spinta per mettersi in piedi e scattò nel buio. Sentiva l'erba sotto i suoi piedi, poi ghiaia,
poi lo sporco, quindi il fango. Il rumore dell'acqua cresceva diventando sempre più forte. Spencer
vedeva che si stava avvicinando al bordo roccioso della scogliera. I passi di Mona risuonavano
dietro di lei, e Spencer sentì le braccia di Mona avvolgersi intorno alla sua vita. Lei cadde
pesantemente a terra. Mona si arrampicò su di lei e strinse le mani intorno al suo collo. Spencer
scalciava e lottava per non soffocare.
Mona ridacchiò, come se fosse tutto un gioco.
“Pensavo che fossimo amiche, Spencer.” Mona fece una smorfia, cercando di trattenere ancora
Spencer.
Spencer faticava a respirare. “Penso di no!” Urlò. Usando tutta la sua forza, Spencer premette le
gambe sul corpo di Mona, scaraventandola indietro. Mona atterrò sul sedere a pochi metri di
distanza, vomitando fuori la sua gomma giallo brillante.
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Spencer si precipitò rapidamente ai suoi piedi. Mona si alzò, anche, con gli occhi che
lampeggiavano e i denti stretti. Il tempo sembrò andare al rallentatore mentre Mona avanzava su di
lei, la sua bocca formava una smorfia furiosa. Spencer chiuse gli occhi e solo ...reagì. Afferrò Mona
intorno per le gambe. I piedi di Mona uscirono da sotto di lei, e cominciò a cadere. Spencer sentiva
le braccia premere contro lo stomaco di Mona, spingendo più forte che potevano. Vide il bianco
degli occhi di Mona come ampliato, e sentì le urla di Mona nelle orecchie. Mona cadde all'indietro,
e in un batter d'occhio, scomparve. Spencer non se ne rese conto in un primo momento, ma anche
lei stava cadendo. Per poi toccare il suolo. Sentì l'eco di un urlo attraverso la gola, e pensò per un
momento che fosse suo. La sua testa colpì il terreno con un crack...e i suoi occhi si chiusero.
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37. VEDERE PER CREDERE
traduzione a cura di Magda Lucariello
Hanna se ne stava nel retro dell’auto della polizia di Wilden accanto ad Aria e Emily. Era il posto in
cui i criminali – non che Rosewood ne aveva molti – in genere, sedevano. Anche se lei riusciva a
malapena a vedere Wilden attraverso le griglie di metallo collegate al sedile anteriore, avrebbe
potuto dire, dal suo tono di voce nella ricetrasmittente CB, che era preoccupato e teso quanto lei.
“Qualcuno ha trovato qualcosa?” disse nel suo walkie-talkie. Erano fermi ad uno stop mentre
Wilden decideva da che parte andare. Avevano appena girato intorno all’imbocco principale di
Morrell Stream, ma avevano trovato solo un paio di ragazzi delle scuole pubbliche stesi sull’erba.
Non c’erano tracce dell’Hummer di Mona da nessuna parte.
“Niente” disse la voce nella radio CB.
Aria afferrò la mano di Hanna e la strinse forte. Emily singhiozzava in silenzio. “Forse intendeva
un’altra strada” disse Hanna. “Forse voleva dire la strada lungo la Pista Marwyn.” E mentre lei era
lì, forse Spencer e Mona erano semplicemente là fuori a parlare. Forse Hanna aveva sbagliato, forse
Mona non era A.
Un’altra voce gracchiò dalla radi CB “Abbiamo ricevuto una telefonata di una confusione alla
Scogliera dell’Uomo Galleggiante.”
Hanna piantò le sue unghie nella mano di Aria. Emily rimase a bocca aperta. “Andiamo” disse
Wilden.
“La Scogliera….dell’Uomo Galleggiante?” Hanna ripetè. Ma la Scogliera era un posto felice – non
molto tempo dopo la loro “trasformazione”, Hanna e Mona avevano incontrato lì i ragazzi della
Drury Academy. Avevano fatto una sfilata di moda in costume da bagno per loro lungo gli scogli,
pensando che era molto più allettante per stuzzicare un ragazzo piuttosto che concedersi a lui.
Subito dopo avevano scritto “HM+MV=migliori amiche” sul tetto del garage di Mona, giurando
che sarebbe stato per sempre.
Quindi questa era tutta una bugia? Mona aveva programmato tutto fin dall’inizio? Mona aveva
aspettato il giorno in cui avrebbe potuto investire Hanna con la sua auto? Hanna sentì un grande
bisogno di chiedere a Wilden di accostare in modo che potesse vomitare.
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Quando arrivarono all 'ingresso della Scogliera dell’Uomo Galleggiante,
l’Hummer giallo
raggiante di Mona brillava come la luce sulla cima di un faro. Hanna afferrò la maniglia della porta,
anche se la macchina era ancora in movimento.
La porta aperta barcollò, e lei uscì fuori. Hanna cominciò a correre verso la Hummer, le caviglie si
torcevano sulla ghiaia irregolare.
“Hanna no!” gridò Wilden “Non è sicuro!”
Hanna sentì Wilden fermare la sua auto, poi le porte sbattere. Le foglie scricchiolarono dietro di lei.
Appena raggiunse l’auto, notò qualcuno raggomitolato vicino al pneumatico anteriore sinistro.
Hanna vide un bagliore di capelli biondi, e il suo cuore fu sollevato. Mona.
Ma si trattava di Spencer. La sabbia e le lacrime strisciavano il suo viso e le sue mani, e c’erano
ferite su e giù per le braccia. Il suo vestito di seta era strappato e non indossava le scarpe. “Hanna”
gridò Spencer confusa.
“Stai bene?” Hanna rimase a bocca aperta, accovacciandosi e toccando la spalla di Spencer. Sentiva
freddo e umido. Spencer riusciva a malapena a tirar fuori le parole, singhiozzava così forte.
"Mi dispiace tanto, Hanna. Mi dispiace tanto. "
"Perché?" Hanna chiese, stringendo le mani di Spencer.
"Perché ..." Spencer indicò il bordo della scogliera. "Penso che sia caduta."
Quasi immediatamente, si sentì un'ambulanza dietro di loro, seguita da un'altra macchina della
polizia. La squadra di salvataggio e altri poliziotti circondarono Spencer.
Hanna indietreggiò intontita mentre i paramedici cominciarono a chiedere a Spencer se riusciva a
muoversi, che cosa le faceva male, e quello che era successo. “Mona mi minacciava,” disse Spencer
diverse volte. “Mi stava strangolando. Ho cercato di scappare via da lei, ma abbiamo lottato. E
poi…” Fece di nuovo un gesto verso il bordo della scogliera.
Mona mi minacciava. Le gambe di Hanna cedettero. Questo era vero.
I poliziotti erano posizionati a ventaglio intorno alla scogliera con
Pastori Tedeschi,
elettriche e pistole. In pochi minuti, uno di loro gridò: “Abbiamo trovato qualcosa!”
Hanna balzò in piedi e corse verso il poliziotto. Wilden, che era più vicino, l’afferrò da dietro.
“Hanna”, le disse in un orecchio. “No, non dovresti.”
“Ma io voglio vedere!” urlò Hanna.
Wilden avvolse le braccia intorno a lei. “Rimani qui, ok? Basta che resti qui con me.”
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torce
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Hanna osservò come una squadra di poliziotti scomparve dietro il bordo della scogliera, verso
l’acqua corrente. “Abbiamo bisogno di una barella!” urlò uno di loro.
Gli altri soccorritori
emersero con i rifornimenti.
Wilden accarezzò i capelli di Hanna, e usò parte del suo corpo per proteggerla da ciò che stava
succedendo. Ma Hanna riusciva a sentire. Sentì dire che Mona era in bilico tra due rocce. E che
sembrava che il suo collo fosse spezzato. E che avevano bisogno di essere molto, molto attenti
quando l’avrebbero tirata fuori. Sentì i loro grugniti di incoraggiamento mentre sollevavano Mona
dalla superficie, la misero su una barella e la caricarono sull’ambulanza. Mentre passavano, Hanna
vide un ciuffo dei capelli biondo chiaro di Mona. Si girò liberandosi da Wilden e cominciò a
correre.
“Hanna” Wilden urlò. “No!”
Ma Hanna non corse verso l’ambulanza. Corse verso l’altro lato dell’ Hummer di Mona, si chinò e
vomitò. Si asciugò i palmi delle mani sul prato e si rannicchiò come una piccola palla. Le porte
dell’ambulanza si chiusero, ma la sirena non si accese. Hanna si domandò se fosse perché Mona era
già morta.
Singhiozzò fino a che sembrava non ci fossero più lacrime nel suo corpo. Svuotata, si girò sulla
shiena. Qualcosa di duro premette sulla sua coscia. Hanna si alzò e prese in mano l’oggetto. Era una
custodia per cellulari in pelle scamosciata marrone chiaro, ma Hanna non la riconobbe. La portò
verso il viso e l’annusò. Odorava di Joy di Jean Patou, che era stato il profumo preferito di Mona
per anni. Solo che, il telefono situato all’interno non era il Sidekick di Chanel edizione limitata che
Mona aveva pregato il padre di portarle dal Giappone, né aveva in rilievo le iniziali MV di cristalli
Swarovsky sul retro. Questo telefono era un BlackBerry semplice e generico, da niente.
Il cuore di Hanna sprofondò, capendo il significato che aveva questo secondo telefono. Tutto quello
che doveva fare, per dimostrare a sé stessa che Mona aveva davvero fatto tutto questo, era
accendere il telefono e guardare. Il profumo dei cespugli di lampone arrivavano dalla deriva della
scogliera fin sotto il suo naso, e lei si sentì come se fosse tornata indietro di tre anni, nel suo bikini
Missoni e Mona nel suo costume un pezzo di Calvin Klein. Avevano fatto della loro sfilata di moda,
una scommessa – se i ragazzi della Drury sembravano solo leggermente divertiti, avevano perso.
Se, invece, i ragazzi sbavavano come cani affamati, si sarebbero regalate a vicenda un trattamento
termale. In seguito, Hanna scelse lo scrub alle alghe di gelsomino, e Mona unse il suo corpo con oli
al gelsomino e carota.
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Hanna sentì dei passi avvicinarsi alle sue spalle. Toccò col pollice lo schermo vuoto del
BlackBerry, poi lo lasciò cadere nella borsetta di seta, inciampando per trovare gli altri. La gente
parlava intorno a lei, ma tutto quello che riusciva a sentire era la voce nella sua testa che urlava
“Mona è morta!”
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38. L’ULTIMO PEZZO
traduzione a cura di Dossier Pretty Little Liars (ita)
Spencer zoppicò verso la portiera posteriore della macchina della polizia con l'aiuto di Aria e di
Wilden. Le chiedevano di continuo se avesse bisogno di un'ambulanza. Ma lei era abbastanza sicura
di non aver niente di rotto, e, per fortuna, era caduta sul prato, battendo la testa solo per un
momento, ma nulla di così grave o compromettente per il suo fisico. Si sitemò sul sedile posteriore
dell’autovettura della polizia, con le gambe a penzoloni fuori dalla portiera, e Wilden se ne stava
accovacciato davanti a lei, munito di un block notes e di un registratore. "Sei sicura di volerlo fare
ora?" Spencer annuì con decisione.
Emily, Aria e Hanna si erano raccolte dietro a Wilden non appena aveva premuto il pulsante
RECORD. I fari di un'altra auto della squadra della polizia avevano creato un alone intorno a lui, il
suo corpo era retroilluminato di rosso. A Spencer ricordava quando i suoi amici giocavano con il
falò per creare le silhouette dei loro corpi al campo estivo. Se solo fosse stata davvero al campo
estivo, in quel momento.
Wilden trasse un profondo respiro. "Allora. Sei sicura che ti ha detto che Ian Thomas ucciso Ali. "
Spencer annuì. "Ali gli aveva dato un ultimatum la notte in cui e 'scomparsa. Lei aveva organizzato
un incontro ... e aveva minacciato Ian che se non avesse rotto con Melissa quando lei era ancora a
Praga, Ali avrebbe detto a tutti quello che stava succedendo. " Si tolse quel pezzo di fango
incrostato nei capelli dal viso. "E 'scritto nel diario di Ali. Ce l’ha Mona. Non so dove, ma … "
"Stiamo andando a perquisire casa di Mona," la interruppe Wilden, mettendo una mano sul
ginocchio di Spencer. "Non ti preoccupare." Si voltò e parlò nel suo walkie-talkie, incaricando gli
altri poliziotti di trovare Ian di portarglielo per un interrogatorio. Spencer ascoltava, fissando la
sporcizia incrostata sotto le sue unghie.
Le sue amiche le stettero accanto per tutto quel tempo, stordite dall’accaduto. «Dio», sussurrò
Emily. "Ian Thomas? Sembra ... folle. Ma credo che abbia senso, in realtà. Era tanto più vecchio, e
se non ne ha mai parlato con nessuno, beh ... "
Spencer si strinse le braccia al petto, una crescente sensazione di pelle d'oca sulla sua pelle. Per lei,
non aveva senso questa storia di Ina. Spencer credeva che Ali lo avesse minacciato, e credeva che
Ian poteva essersi arrabbiato molto, ma abbastanza tanto da ucciderla? Era strano, inoltre, che per
tutto il tempo che Spencer aveva trascorso con lui, non avesse sospettato minimamente di Ian. Non
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le era sembrato mai nervoso, o preso dal rimorso, o pensieroso da quando l'omicidio di Ali era
venuto fuori.
Ma forse aveva male interpretato i segnali – e se ne era persi un sacco di altri. Era salita in
macchina con Mona, dopo tutto. Chissà chi altri aveva difronte a se che non era affatto chi pensava
fosse in realtà?
Un segnale acustico provenne dal walkie-talkie di Wilden. "Il sospettato non è nella sua residenza,"
disse la voce di una poliziotta. “Cosa vuole che facciamo?"
"Merda". Wilden guardò Spencer. "Riesci a immaginare dove altro Ian potrebbe essere?"
Spencer scosse la testa, sentì come se il suo cervello stesse annegando in una palude fangosa.
Wilden si accomodò sul sedile anteriore. "Ti accompagno a casa", disse. "I tuoi genitori sono sulla
strada del ritorno dal country club."
"Vogliamo venire a casa con te, Spencer." Aria fece segno a Spencer di spostarsi, poi salirono
anche Hanna e Emily, tutte stipate sul sedile posteriore. "Noi non vogliamo che resti da sola."
"Ragazzi, non c'è bisogno" disse Spencer piano. "E comunque, Aria, la tua auto." Indicò la Subaru
di Aria, che sembrava stesse per affondando nel fango.
"Posso lasciarla qui tutta la notte." Aria sorrise. "Forse sono fortunata e qualcuno me la ruba."
Spencer incrociò le mani in grembo, era troppo debole per protestare. In macchina regnò il silenzio
non appena Wilden proseguì oltre la Floating Man Quarry, poi lungo lo stretto sentiero che portava
alla strada principale. Era difficile credere che era trascorsa solo un'ora e mezza da quando Spencer
aveva lasciato la festa. Le cose erano così diverse ora.
"Mona era lì la notte che abbiamo fatto male a Jenna," Spencer borbottò distrattamente.
Aria annuì. "E 'una lunga storia, ma in realtà ho parlato con Jenna stasera. Jenna sa che quello che
abbiamo fatto. Solo, come dire, lei e Ali hano fatto un patto… ".
Spencer si raddrizzò. Per un momento, lei non riusciva a respirare. "Cosa? Perché?"
"Ha detto che lei e Ali avevano entrambi problemi simili o qualcosa del genere," Aria spiegò, non
sembrava molto sicura della sua stessa risposta, però.
"Io proprio non capisco," sussurrò Emily. "Ho sentito di Jason DiLaurentis l'altro giorno. Ha detto
che non parla nemmeno più ai suoi genitori, e che la sua famiglia è stata davvero dilaniata da questa
storia. Perche? "
"Ci sono un sacco di cose che non si possono sapere delle persone, se le si guarda solo dall'esterno,"
Hanna mormorò tra le lacrime.
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Spencer si coprì il viso con le mani. C'era così tanto che non capiva, tanto che non aveva senso.
Sapeva che le cose sarebbero dovute sembrare risolte ora – A non c’era più, l’assassino di Ali presto
sarebbe stato arrestato, ma lei si sentiva più ansiosa che mai. Si strinse le mani al ventre, fissando lo
spicchio di luna nel cielo. "Ragazze", Spencer ruppe il silenzio, "c'è una cosa che devo dirvi."
"Qualcos'altro?" gemette Hanna. "Qualcosa ... sulla notte in cui Ali è scomparsa." Spencer fece
scivolare il suo braccialetto d'argento su e giù per il braccio, continuando a sussurrare piano. "Spete
che usciì di corsa dalla stalla, per seguire Ali? E, io vi ho detto non aver visto dove stava andando?
Beh ... invece l’ho visto. Andò a destra, lungo il sentiero. Mi avvicinai a lei e ... e abbiamo litigato
quella notte. Si trattava di Ian. Io ... avevo baciato Ian non molto tempo prima, e Ali mi aveva detto
che mi aveva baciata solo perché lei glie aveva chiesto di farlo. E lei mi disse anche che lei e Ian
erano davvero innamorati, e mi prese in giro per essermi infatuata di lui. "
Spencer sentì gli occhi delle suoe amiche fissi su di lei. Raccolse la forza per andare avanti con il
racconto.
"Ero così arrabbiata ... l’ho spinta. E’ caduta contro le rocce. Avevo sentito questo terribile rumore
di un qualcosa che si era frantumato." Una lacrima cadde dalla coda dell'occhio e scivolò lungo la
sua guancia. Lei abbassò la testa. "Mi dispiace, ragazze. Io avrei dovuto dirveelo. Ma ... non
ricordavo molto. E poi, quando l'ho fatto, ero così spaventata. "
Quando alzò lo sguardo, le sue amiche erano incredule. Anche Wilden aveva la testa inclinata verso
il retro, come se stesse cercando di ascoltare. Se avessero voluto, avrebbero potuto lanciare la teoria
di Ian fuori dalla finestra. Wilden avrebbe potuto fermare la macchina e fare ripetere a Spencer
esattamente quello che aveva detto. La cosa avrebbe potuto prendere una brutta piega, in quel
momento. Emily fu la prima a prendere la mano di Spencer. Poi Hanna mise la sua sul dorso della
mano di Emily, e poi Aria a sua volta su quello di Hanna. Ricordarono di quando Spencer aveva
iniziato questo “rito” per ogni volta che incontravano la foto di loro cinque nel foyer Ali.
"Sappiamo che non sei stata tu," Emily sussurrò.
"E' stato Ian. Tutto ha un senso," disse Aria con forza, guardando negli occhi Spencer. Sembrava
che lei credesse a Spencer senza alcun dubbio, incondizionatamente.
Raggiunsero la via di casa Spencer, e Wilden accostò sul viale di casa Hastings. I genitori di
Spencer non erano ancora tornati, e la casa era al buio. "Volete che resti con voi fino a quando non
otrni qualcuno a casa? "Wilden chiese mentre le ragazze scendevano dall’aauto.
"Va tutto bene." Spencer si guardò intorno, verso le altre, improvvisamente sollevata dal fatto che
erano lì con lei.
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Wilden fece marcia indietro dal vialetto e si girò lentamente intorno al cul-de-sac, in primo luogo
passando davanti la vecchia casa dei Cavanaugh, poi dei DiLaurentis, e poi dei Vanderwaal, quella
abitazione mostruosamente grande con il garage indipendente in fondo alla strada. Non c'era
nessuno a casa di Mona, ovviamente. Spencer rabbrividì.
Un lampo di luce nel cortile di casa attirò la sua attenzione. Spencer inclinò la testa, il cuore le
batteva forte. S’incamminò lungo il sentiero di pietra che portava al suo cortile e scivolò con le
mani lungo il muro di pietra che circondava la loro proprietà. Lì, oltre il ponte, la piscina in pietra
alberata, la vasca idromassaggio gorgogliante, il cortile immenso, e anche il fienile ristrutturato,
verso il retro della proprietà, vicino a dove Ali era caduto, Spencer vide due figure, illuminate solo
dalla luce della luna. Le erano familiari.
Il vento si alzò, in dalla punta dei piedi fin sulla schiena di Spencer. Anche se non era la stagione
giusta, l’aria odorava lievemente caprifoglio, così come odorava quella notte orribile di quattro anni
e mezzo prima. Ad un tratto, la sua memoria si schiarì. Vide Ali cadere all'indietro contro il muro di
pietra. Una crepa risuonò nell'aria, forte come le campane della chiesa. Quando Spencer sentì un
rantolo nel suo orecchio, si voltò. Nessuno era dietro di lei. Non c'era nessuno da nessuna parte. E
quando lei si voltò, Ali era ancora accasciato contro il muro di pietra, ma aveva gli occhi aperti. E
poi, Ali grugnì e si spinse in piedi.
Stava bene.
Ali guardò Spencer, stava per parlare, ma qualcosa lungo il sentiero la distrasse. Si voltò di scatto,
scomparendo in un boschetto di alberi. In pochi secondi, Spencer sentì Ali ridacchiare. Ci fu un
fruscio, e poi vide due sagome distinte. Una era di Ali. Spencer non sapeva dire chi fosse l'altra
persona era, ma non sembrava Melissa. Era difficile credere che, pochi istanti dopo, Ian avrebbe
spinto Ali nel gazebo in costruzione dei DiLaurentis. Ali era sì una grande stronza, ma non
meritava per questo una fine del genere.
"Spencer?" Hanna disse piano, la sua voce suonò lontana. "Cosa c'è che non va?"
Spencer aprì gli occhi e rabbrividì. "Non sono stata io", sussurrò.
Le sagome vicino al fienile furono illuminate dalla luce. La postura di Melissa era rigida e Ian
aveva i pugni chiusi. Il vento portava le loro voci fino al cortile, e sembrava che stessero litigando.
Spencer sentì i nervi del suo corpo irrigidirsi. Si girò e guardò giù per la strada. L’auto di Wilden
era sparita. Freneticamente, frugò in tasca per cercare il cellulare, ma si ricordò che Mona l'aveva
buttato fuori dal finestrino.
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"Ho capito," disse Hanna, tirando fuori il suo BlackBerry e componendo un numero. Porse il
telefono a Spencer. Chiamata in uscita per WILDEN, diceva lo schermo.
Spencer dovette tenere il telefono con due mani, le sue dita tremavano tantissimo. Wilden rispose
dopo due squilli. "Hanna?" Sembrava confuso. "Cosa c'è?"
"Sono Spencer," Spencer tremava. "Deve tornare indietro. Ian è qui. "
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39. LA NUOVISSIMA MONTGOMERYS, INQUIETANTE COME SEMPRE.
traduzione a cura di Lucia Bertollo
Il pomeriggio seguente, Aria era seduta sul soggiorno di futon in camera di Meredith, stringendo la
bambolina di William Shakespeare che Ezra le aveva dato. Byron e Meredith si sedettero accanto a
lei, a guardare la televisione. C'era una conferenza stampa sull'omicidio di Ali in TV. “arrestato Ian
Thomas” diceva un enorme banner nella parte inferiore dello schermo.
" la Contestazione dell'accusa al signor Thomas è fissata per Martedì, " disse un giornalista, in piedi
di fronte ai grandi gradini di pietra del Tribunale di Rosewood County. "Nessuno in questa
comunità si sarebbe mai aspettato che un tranquillo ragazzo educato come Ian Thomas potesse
essere alla base di questo."
Aria tirò le ginocchia verso il petto. I poliziotti erano andati alla residenza Vanderwaal quella
mattina e aveva trovato il diario di Ali sotto il letto di Mona. Mona aveva detto a Spencer la verità
sulla ultima notizia- su come Ali avesse dato un ultimatum a Ian :o rompeva con Melissa Hastings o
lei avrebbe detto al mondo della loro relazione. Il serivzio mostrava la polizia che portava alla
stazione di Ian in manette. Quando gli chiesero di fare una dichiarazione, Ian rispose "Sono
innocente. Questo è un errore. "
Byron sospirò incredulo. Allungò la mano e afferrò quella di Aria. Poi, com'era prevedibile, la
notizia balenò alla successiva storia :la morte di Mona. Lo schermo mostrava la stringa di nastro
giallo della polizia aveva messo intorno alla Floating Man Quarry, poi una parte di casa
Vanderwaal. Un icona del telefono BlackBerry apparve in un angolo. "Miss Vanderwaal stava
perseguitando quattro ragazze di Rosewood da oltre un mese, e le minacce aveva raggiunto un
livello mortale", disse il giornalista. "C'è stata una colluttazione tra Miss Vanderwaal e un anonimo
la notte scorsa al bordo della cava, che è notoriamente pericolosa. La signorina Vanderwaal è
scivolata oltre il bordo, rompendosi il collo nella caduta. La polizia ha trovato BlackBerry personale
di Miss Vanderwaal nella sua borsa sul fondo della Cava, ma sono ancora alla ricerca di un secondo
telefono, quello che lei utilizzava per inviare la maggior parte dei messaggi anonimi. "
Aria strinse ancora la testa della bambolina di Shakespeare. La sua testa sembrava una valigia
imbottita. Troppo era successo negli ultimi giorni. E le sue emozioni erano tutte mescolate. Si
sentiva malissimo per la morte di Mona. Si sentiva fuori di testa e stranamente ferita per l’ incidente
che Jenna, non era stato davvero un incidente, ma qualcosa che Jenna e Ali avevano creato fin
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dall'inizio. E dopo tutto questo tempo, l'assassino era Ian .... Il giornalista con un espressione
sollevata e comprensivae disse: "Infine, l'intera comunità di Rosewood può mettersi questa storia
terribile alle spalle". Questo era qualcosa che tutti avevano detto per tutta la mattina. Aria scoppiò
in lacrime. Non lo sentiva affatto risolto.
Byron la guardò. "Cosa c'è?"
Aria scosse la testa, incapace di spiegare. Strinse la bambolina tra le mani, lasciando che le lacrime
sgocciolassero sulla parte superiore della testa di plastica di Shakespeare.
Byron si lasciò sfuggire un sospiro frustrato. "Mi rendo conto che è schiacciante. Hai avuto uno
stalker. E non hai mai parlato con noi. Dovresti averlo fatto. Dobbiamo parlarne adesso. "
"Mi dispiace." Aria scosse la testa. "Non posso".
"Ma ne abbiamo bisogno " esortò Byron. "E 'importante tirarlo fuori."
"Byron" Meredith sibilò bruscamente. "Gesù!"
"Cosa?" Byron chiese, alzando le braccia in segno di resa.
Meredith balzò in piedi, mettendosi tra Aria e suo padre. "Voi e le vostre discussioni," rimproverò
Meredith. "Non ne ha passate abbastanza in queste ultime settimane? Basta darle un po 'di spazio! "
Byron si strinse nelle spalle, guardandola intimidito. La Bocca di Aria si spalancò. Incontrò gli
occhi Meredith, e Meredith sorrise.
C'era un barlume comprensione nei suoi occhi che sembrava dire capisco quello che stai passando.
E so che non è facile. Aria fissò il tatuaggio della ragnatela rosa sul polso di Meredith. Pensò a
come era stata ansiosa di scoprire qualcosa di dannoso di Meredith, e Meredith era qui, a difenderla.
Il Cellulare di Byron vibrò, spostandosi sul tavolo da caffè consumato. Fissò lo schermo, accigliato,
poi lo raccolse. "Ella?" La sua voce si incrinò.
Aria si tese. Byron aveva le sopracciglia unite tra di loro. "Sì ... è qui." Passò il telefono Aria.
"Tua madre vuole parlare con te."
Meredith si schiarì la gola goffamente, alzandosi e andando verso il bagno. Aria fissò il telefono
come se fosse un pezzo di squalo putrefatto, che qualcuno in Islanda una volta aveva avuto il
coraggio di mangiare. Dopo tutto, i Vichinghi lo mangiavano. Mise il telefono timidamente al suo
orecchio. "Ella?"
"Aria, stai bene?" La voce di Ella gridò dall'altra estremità.
"Io sto ... bene," Aria disse. "Non lo so. Credo. Non sto male o niente. "
Ci fu un lungo silenzio. Aria tirò fuori piccola antenna di suo padre e riprese di nuovo.
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199
"Mi dispiace, tesoro," Ella sgorgava. "Non avevo idea che stavano attraversando questo. Perché non
ci hai detto
qualcuno ti stava minacciando? "
"Perché ..." Aria vagava nella sua minuscola camera da letto e prese Pigtunia, il suo maiale
burattino. Spiegare a Mike di A era stato difficile. Ma adesso che era finita, e Aria non doveva
preoccuparsi
su delle ritorsioni di A, si rese conto che la vera ragione non importava. "Perché sono state
coinvolte le tue cose. "Si lasciò sul letto bitorzoluto, e le molle emisero un gemito. "Ma ... Mi
dispiace, Ella. Per tutto. E 'stato terribile per me non dire nulla di Byron per tutto quel tempo. "
Ella si fermò. Aria accese la TV minuscola che si trovava nel davanzale della finestra. Le stesse
immagini CONFERENZA STAMPA emerse sullo schermo. "capisco perchè non l’hai fatto," Ella
disse infine. "Avrei dovuto capirlo. Ero solo arrabbiata, questo è tutto. "Sospirò. "Il mio rapporto
con tuo padre non era stato buono per un lungo periodo di tempo. L’Islanda era la fase di stallo
prima dell'inevitabile-che entrambi sapevamo che sarebbe successo. "
"Okay," Aria disse dolcemente, passando le mani su e giù sulla pelliccia rosa di Pigtunia.
Ella sospirò. "Mi dispiace, tesoro, e mi manchi."
Un enorme nodo a forma di uovo si formò in gola di Aria. Lei fissò gli scarafaggi Meredith aveva
dipinto sul soffitto. "Mi manchi anche tu."
"Le camere sono qui, se lo vuoi,» disse la madre.
Aria strinse Pigtunia al petto. "Grazie", sussurrò, e chiuse la comunicazione. Da quanto tempo era
in attesa di sentire questo? Che sollievo sarebbe stato dormire nel suo letto di nuovo, con il suo
normale
materasso e morbidi, lanuginosi cuscini, essere tra tutti i suoi progetti di lavoro a maglia e libri e il
fratello e Ella. Ma che dire di Byron? Aria lo ascoltava tossire nell'altra stanza. " hai bisogno di un
Kleenex?"
disse Meredith dal bagno, in tono preoccupato. Pensò alla scheda che Meredith aveva fatto per
Byron e appuntato sul frigorifero. Era un elefante cartone animato che diveva “ spero che tu abbia
un grande giorno” Sembrava il tipo di cosa che Byron-o-Aria avrebbe fatto.
Forse Aria aveva avuto una reazione esagerata. Forse Aria poteva convincere Byron a comprare un
letto decente per questa camera piccola. Forse poteva dormire qui ogni tanto un po '.
Forse.
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Aria guardò lo schermo del televisore. La conferenza stampa di Ian era appena finita, e tutti si
alzarono per andarsene. Mentre la telecamera girava, Aria notòuna ragazza bionda con un familiare
faccia a forma di cuore. Ali? Aria si mise a sedere. Si stropicciò gli occhi fino a quando non si fece
male. La fotocamera inquadrò la folla di nuovo, e si rese conto la donna bionda era almeno sulla
trentina. Aria era ovviamente allucinata per la mancanza di sonno.
Lei vagò nel soggiorno, Pigtunia ancora in mano. Byron aprì le braccia e Aria scivolò in loro. Suo
padre accarezzò Pigtunia distrattamente sulla testa, mentre stavano lì, a guardare la conferenza
stampa in TV.
Meredith uscì dal bagno, con la faccia un po 'verde. Byron fece scivolare il braccio dalle spalle di
Aria.
"Hai ancora male?"
Meredith annuì. "si." C'era uno sguardo ansioso sul suo viso, come se avesse un segreto che doveva
raccontare. Alzò gli occhi a tutti e due, gli angoli delle labbra si aprirono in un piccolo sorriso. "Ma
va tutto bene. Perché ... sono incinta. "
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40 . NON E’ TUTTO “ORCHIDEA D’ORO” QUELLO CHE LUCCICA..
traduzione di Magda Lucariello
Più tardi quella sera, dopo che la polizia aveva finito di perquisire la casa dei Vanderwaal, Wilden
entrò nella casa degli Hastings, per fare a Melissa le ultime domande. In quel momento, era seduta
sulla poltrona in pelle del proprio salotto, con gli occhi gonfi e stanchi. In realtà, tutti avevano l'aria
stanca - fatta eccezione per la madre di Spencer, che indossava un fresco chemisier di Marc Jacobs.
Lei e il padre di Spencer erano in piedi sul lato opposto della stanza, come se le loro figlie fossero
coperte di batteri.
La voce di Melissa era monotona. "Non vi ho detto la verità su quella notte", ammise. "Ian e io
avevamo bevuto, e mi addormentai. Quando mi sono svegliata, lui non c'era. Poi mi addormentai di
nuovo e, quando mi risvegliai, lui era lì."
"Perché non mi hai detto niente prima?" Il padre di Spencer chiese.
Melissa scosse la testa. "Sono andato a Praga la mattina dopo. A quel punto, ero sicura che nessuno
sapesse veramente che Alison era scomparsa. Quando sono tornata,era tutto frenetico ... beh, non ho
mai pensato che Ian sarebbe stato capace di una cosa del genere. " Prese l'orlo sul suo cappuccio
giallo chiaro Juicy. "Sospettavo che erano stati insieme qualche anno fa, ma non pensavo che era
una cosa seria. Non pensavo che Alison gli aveva dato un ultimatum. "Come tutti gli altri, Melissa
aveva saputo delle motivazioni di Ian. "Voglio dire, lei era in seconda media."
Melissa guardò Wilden. "Quando, questa settimana, ha iniziato a fare domande in merito a dove
eravamo Ian e io, ho cominciato a chiedermi se forse avrei dovuto dire qualcosa anni fa. Ma ancora
non pensavo che fosse possibile. E io non ho detto niente allora perché ... perché ho pensato in
qualche modo ai guai che ci sarebbero stati per aver nascosto la verità. E, voglio dire, non potevo
permetterlo. Che cosa avrebbe pensato la gente di me? "
Il volto della sorella era sgualcito. Spencer cercò di non mostrare il suo stupore. Aveva visto molte
volte sua sorella gridare un sacco, ma di solito per frustrazione, rabbia, collera, o come stratagemma
per ottenere ciò che vuole. Mai per paura o per vergogna.
Spencer si aspettava che i suoi genitori corressero per consolare Melissa. Ma si sedettero immobili,
con sguardo giudizioso sui loro volti. Si chiedeva se lei e Melissa, per tutto questo tempo, avessero
avuto a che fare con gli stessi problemi.
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Melissa aveva impressionato gli sguardi dei loro genitori così facilmente che Spencer non si era mai
resa conto di quanto anche lei aveva sofferto a questo proposito.
Spencer si lasciò cadere accanto a sua sorella e gettò le braccia intorno alle spalle di Melissa. "Va
tutto bene," le sussurrò in un orecchio. Melissa alzò la testa per un momento, osservando Spencer
confusamente, quindi appoggiò la testa sulla spalla di Spencer e singhiozzò.
Wilden diede a Melissa un fazzoletto e si alzò, ringraziandoli per la loro collaborazione in tutto
questo calvario.
Mentre se ne stava andando, il telefono squillò. La signora Hastings camminò meticolosamente
verso il telefono nel tinello e rispose. In pochi secondi, si affacciò con la testa in salotto. "Spencer,"
sussurrò, con il viso ancora serio ma con gli occhi brillanti per l'eccitazione. "E 'per te. E 'il signor
Edwards."
A caldo, una sensazione sgradevole travolse Spencer. Edwards era il capo della commissione della
Golden Orchid.
Una sua telefonata personale poteva significare solo una cosa.
Spencer si inumidì le labbra, poi si alzò. L'altro lato della stanza, dove era sua madre in piedi, le
sembrava a un miglio di distanza. Si chiedeva cose riguardo alle telefonate segrete di sua madre-il
grande regalo che aveva comprato per Spencer, perché era così sicura Spencer avrebbe vinto
l'Orchidea d'Oro. Anche se era la cosa più bella del mondo, Spencer non era sicura che sarebbe stata
in grado di godersela.
"Mamma?" Spencer si avvicinò e la madre e si appoggiò alla scrivania antica Chippendale accanto
al telefono. "Non pensi che sia sbagliato non dire che ho imbrogliato?"
La signora Hastings rapidamente coprì il portavoce del telefono. “Be ', naturalmente. Ma abbiamo
discusso di questo. " Spinse il telefono all'orecchio di Spencer. "Di 'ciao," disse.
Spencer deglutì a fatica. "Sì?" Finalmente gracchiò nel telefono.
"Signorina Hastings?" La voce di un uomo cinguettò. "Sono il signor Edwards, il capo del comitato
Golden Orchid. Lo so che è tardi, ma ho una notizia molto eccitante per lei. E 'stata una decisione
difficile, dato le nostre 200 candidate in circolazione, e sono lieto di annunciare che ... "
Sembrava come se il signor Edwards parlasse sott’acqua - Spencer aveva a malapena sentito il
resto. Guardò sua sorella, seduta tutta sola sul divano. C'era voluto tanto coraggio per Melissa
ammettere che aveva mentito. Avrebbe potuto dire che non si ricordava, e nessuno avrebbe saputo
nulla, invece, aveva fatto la cosa giusta. Spencer pensava, anche all’offerta di Mona – so quanto
vuoi dannatamente essere perfetta.
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La questione era, essere perfetta non sarebbe significato nulla se era tutta una farsa.
Spencer alzò la bocca verso il telefono. Mr. Edwards fece una pausa, in attesa che Spencer
rispondesse. Fece un respiro profondo, provando nella sua testa cosa avrebbe detto:
signor
Edwards, ho una confessione da farle.
Era una confessione che a nessuno sarebbe piaciuta. Ma che doveva fare. Doveva davvero farlo.
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41. PRESENTAZIONE DEL RITORNO DI HANNA MARIN
traduzione a cura di Melissa Anzelotti
Martedì mattina, Hanna era seduta sul suo letto, accarezzando delicatamente il viso di Dot e
fissandosi nel suo specchio. Aveva finalmente trovato il giusto modo per coprire i suoi lividi e i
punti e voleva condividere le buone notizie. Il suo primo istinto, ovviamente, fu di chiamare Mona.
Guardò nello specchio come il suo labbro inferiore si contrasse. Ancora non era reale.
Pensò che potesse chiamare i suoi vecchi amici, che aveva visto un sacco negli ultimi giorni.
Il giorno prima non erano andate a scuola ed erano nella vasca idromassaggio di Spencer, leggendo
gli articoli di Us Weekly su Justin Timberlake, che si era presentato alla festa di Hanna proprio
quando lei se ne era andata. Lui e la sua combriccola erano rimasti bloccati per due ore nel traffico
autostradale. Quando le ragazze andarono a leggere i consigli di bellezza e stile, Hanna stava
pensando a come Lucas le aveva letto un intero numero di Teen Vogue mentre lei era in ospedale.
Sentì una fitta di tristezza, chiedendosi se Lucas sapesse cosa le era accaduto nei giorni passati. Lui
non l'aveva chiamata. Forse non ha mai voluto parlarle di nuovo.
Hanna posò lo specchio. All'improvviso, con la stessa facilità con cui si ricorda un fatto casuale,
come il nome dell'avvocato di Lindsay Lohan o l'ultima ragazza di Zac Efron, Hanna ad un tratto
ricordò qualcos'altro della notte del suo incidente. Dopo che aveva strappato il suo vestito, Lucas
era apparso su di lei porgendole la sua giacca per coprirla. L'aveva portata nella sala lettura
dell'Hollis College e la teneva mentre lei singhiozzava. Una cosa condusse ad un'altra..e si stavano
baciando, altrettanto avidamente come si erano baciati la scorsa settimana. Hanna rimase seduta sul
suo letto per molto tempo, sentendosi intorpidita. Alla fine, prese il suo telefono e compose il
numero di Lucas. Scattò subito la segreteria telefonica. “Hey”, disse dopo il bip. “Sono Hanna.
Volevo sapere se..se possiamo parlare. Chiamami.” Quando riattaccò, Hanna accarezzò Dot sopra il
suo maglione. “Forse dovrei dimenticarlo,” sospirò. “Probabilmente c'è un ragazzo migliore per me
là fuori, non pensi?” Dot alzò la sua testa incerto, come se non le credesse.
“Hanna?” la voce della signora Marin arrivò al piano di sopra. “Puoi venire giù?”
Hanna si alzò, ruotando le sue spalle indietro. Forse era inappropriato indossare un Eriz Fetherson
rosso brillante per il processo di Ian – come indossare un vestito colorato per un funerale – ma
Hanna aveva bisogno di un po' di colore per tirarla su. Mise un braccialetto d'oro al polso, prese la
sua borsa rossa Longchamp e fece scendere i suoi capelli lungo la schiena.
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In cucina, suo padre era seduto a tavola, mentre faceva un cruciverba del Philadelphia Inquirer. Sua
madre era seduta accanto a lui, controllando la sua e-mail sul portatile. Hanna deglutì. Non li aveva
mai visti seduti insieme come adesso da quando erano sposati.
“Pensavo che ormai fossi tornato ad Annapolis”, mormorò.
Il signor Marin posò la sua penna a sfera, e la madre di Hanna mise da parte il suo laptop.
“Hanna volevamo parlarti di qualcosa di importante”, disse suo padre.
Il cuore di Hanna sobbalzò. Stanno tornando insieme. Kate e Isabel sono andate via.
Sua madre si schiarì la gola. “Mi hanno offerto un nuovo lavoro..e ho accettato”. Picchiettò le sue
lunghe unghie rosse sul tavolo. “Solo che..è a Singapore.”
“Singapore?” strillò Hanna, cadendo sulla sedia.
“Non mi aspetto che tu venga,” continuò sua madre. “In più con tutti i viaggi che dovrò fare, non
sono sicura che dovresti venire. Quindi queste sono le opzioni.” Tese una mano. “Potresti andare in
un collegio. Anche qui vicino, se ti va.” Poi, tese l'altra mano. “ O potresti andare da tuo padre.”
Il signor Marin stava roteando nervosamente la penna tra le dita. “Vederti all'ospedale..mi ha fatto
davvero capire un po' di cose, “ disse tranquillamente. “Vorrei esserti più vicino, Hanna. Ho
bisogno di occupare più spazio nella tua vita.”
“Non mi trasferirò ad Annapolis.” spifferò Hanna.
“ Non devi,” disse suo padre gentilmente. “Posso trasferirmi nel mio ufficio qui. Tua madre mi ha
proposto di trasferirmi in questa casa infatti.” Hanna rimase a bocca aperta. Sembrava un reality
show andato storto. “Kate e Isabel rimarranno ad Annapolis, giusto?”
Suo padre scosse la testa. “C'è molto a cui pensare. Ti daremo un po' di tempo per decidere. Voglio
venire qui solo se ci sarai anche tu. Okay?”
Hanna diede un'occhiata alla sua elegante, moderna cucina, cercando di immaginare suo padre e
Isabel in piedi a preparare la cena. Suo padre si sarebbe seduto al suo vecchio posto al tavolo da
pranzo, Isabel in quello di sua madre. Kate avrebbe avuto la sedia sulla quale normalmente
accatastavano giornali e spazzatura. Ad Hanna sarebbe mancata sua madre, ma lei comunque non
c'era molto. E Hanna aveva desiderato il ritorno di suo padre – solo, non era sicura che lo voleva in
questo modo. Se avesse permesso a Kate di venire lì, sarebbe scoppiata una guerra. Kate era magra,
bionda e bellissima. Kate avrebbe partecipato al Rosewood Day.
Ma Kate sarebbe stata la nuova ragazza. E Hanna...Hanna la ragazza popolare.
“Um, okay. Ci penserò.” Hanna si alzò dal tavolo, raccolse la sua borsa e andò in bagno.
Sinceramente, si sentiva come...eccitata. Forse sarebbe stato fantastico. Era in vantaggio. Nel corso
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delle prossime settimane avrebbe dovuto fare in modo che fosse la ragazza più popolare della
scuola. Senza Mona, sarebbe stato facile.
Hanna tastò nella borsetta di seta. All'interno due BlackBerries erano uno vicino l'altro – il suo e
quello di Mona. Sapeva che la polizia stava cercando il secondo cellulare di Mona, ma non poteva
ancora consegnarlo. Doveva prima fare una cosa.
Fece un respiro profondo, tirò fuori il cellulare, e premette il pulsante ON. Il dispositivo prese vita.
Non c'era nessun saluto, nessuno sfondo personalizzato. Mona aveva usato quel telefonino
esclusivamente per affari. Mona aveva salvato ogni messaggio che aveva mandato loro, ogni testo
con una particolare -A. Hanna scorse lentamente ognuno di loro, mordendo nervosamente il suo
labbro inferiore. C'era il primo che aveva ricevuto, quando era alla stazione di polizia per aver
rubato il braccialetto e la collana Tiffany – Hey Hanna, poiché il cibo in prigione fa ingrassare, sai
che dirà Sean? Non la voglio! E c'era l'ultimo messaggio che Mona aveva spedito da questo
cellulare, con queste gelide parole : E Mona?Nemmeno lei è tua amica. Guardati le spalle.
L'unico tra i messaggi di Hanna che non era stato spedito da questo cellulare era quello che diceva,
Non credere a tutto ciò che ascolti. Mona aveva accidentalmente mandato quel messaggio dal suo
telefonino. Hanna rabbrividì. Aveva appena comprato un nuovo cellulare e non aveva ancora
programmato tutti i numeri. Mona aveva creato confusione, e aveva riconosciuto il suo numero. Se
non l'avesse fatto, chi sapeva quanto tempo sarebbe andata avanti. Hanna strinse il BlackBerry di
Mona, volendolo schiacciare a terra. Perché? Voleva urlare. Sapeva che avrebbe dovuto disprezzare
Mona in quel momento – la polizia aveva trovato il SUV che Mona aveva usato per colpire Hanna
nascosta nel garage isolato dei Vanderwall. La vettura aveva un telo sopra, ma il parafango
anteriore era stato fracassato e il sangue – il sangue di Hanna – era schizzato sui fari.
Ma Hanna non poteva odiarla. Lei proprio non poteva. Se solo avesse potuto cancellare ogni bel
ricordo che aveva di Mona – le loro giornate di shopping, i loro trionfanti colpi di popolarità, i loro
Frenniversaries. Chi avrebbe consultato in caso di una crisi del guardaroba? Con chi avrebbe fatto
shopping? Chi sarebbe stato un finto amico per lei?
Premette contro il suo naso il sapone al profumo di menta, sperando di non piangere e sbavò tutto il
suo trucco applicato con attenzione. Dopo aver preso alcuni respiri calmi e profondi, Hanna guardò
di nuovo i messaggi di Mona. Evidenziò ogni messaggio che Mona le aveva mandato come A, e poi
premette CANCELLA TUTTO. Sicuro di voler cancellare tutto? Hanna cliccò SI. Un bidone della
spazzatura si aprì e si chiuse. Se non è riuscita a cancellare la loro amicizia, almeno avrebbe potuto
eliminare i suoi segreti. Wilden stava aspettando nell'atrio – si era offerto di accompagnare Hanna
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al processo. Hanna notò che i suoi occhi erano pesanti e la sua bocca era piegata all'ingiù. Si
chiedeva se fosse stanco del lavoro del weekend, o se sua madre gli avesse parlato del suo lavoro a
Singapore. “Pronta?” chiese tranquillamente ad Hanna. Lei annuì. “Ma aspetti.” Allungò la mano
nella borsa e tirò fuori il BlackBerry di Mona. “Un regalo per lei.” Wilden lo prese, confuso.
Hanna non si infastidì a spiegare. Era un poliziotto. L'avrebbe capito abbastanza velocemente.
Wilden aprì lo sportello del passeggero e Hanna entrò dentro. Prima che partissero, Hanna tirò
indietro le sue spalle, fece un profondo respiro e controllò il suo riflesso nello specchietto. I suoi
occhi scuri brillarono, i suoi capelli color rame erano corposi e il fondotinta stava coprendo tutti i
suoi lividi. Il suo viso era magro, i suoi denti dritti. La brutta e grassoccia Hanna che aveva
perseguitato il suo riflesso per settimane, ora era scomparsa per sempre. Iniziando da adesso. Lei
era Hanna Marin, dopotutto. Ed era favolosa.
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42. I SOGNI, E GLI INCUBI, POSSONO DIVENTARE REALTA’
traduzione a cura di Dossier: Pretty Little Liars (ita)
Martedì mattina, Emily strappò sul retro il vestito con le maniche a pois che le aveva prestato
Hanna, se avesse potuto avrebbe volentieri indossato i suoi pantaloni. Accanto a lei, Hanna era tutta
agghindata in un abito molto swing e retrò rosso, mentre Spencer indossava un elegante gessato che
le dava l’aria da intellettuale. Aria indossava uno dei suoi soliti abiti a maniche corte a falde larghe,
nero e a palloncino e sotto portava una camicia verde, collant a trecce bianchi e degli stivaletti
graziosi che aveva detto di aver comprato in Spagna.
Stavano in piedi, all’aria fredda del mattino, in uno spazietto accanto al palazzo di giustizia, lontane
dal turbinio dei media sui gradini principali.
"Pronte?" Spencer chiese, guardando le altre.
"Pronta" Emily rispose in coro con Aria e Hanna. Lentamente, Spencer allungò una grande borsa
della spazzatura Hefty, e le ragazze vi lasciarono cadere delle cose, una alla volta. Aria gettò una
bambola della regina di Biancaneve con una X sugli occhi. Hanna gettò un pezzo di carta
appallottolato che diceva Mi spiace, per me. Spencer invece lasciò cadere la foto di Ali e Ian.
A turno buttarono dentro tutta la roba che A aveva inviato. Il loro primo istinto era stato quello di
bruciare tutto, ma Wilden aveva detto di averne bisogno come prova.
Quando fu il turno finale di Emily, fissò l'ultima cosa che teneva tra le mani. Era la lettera che
aveva scritto a Ali non molto tempo dopo averla baciata alla casa sull’albero, non molto tempo
prima di morire. Lì Emily aveva professato il suo amore eterno per Ali, con sincerità, scrivendoci
tutto quello che sentiva, e che provava. A aveva scritto su alcune delle parole Ho pensato che ti
avrebbe fatto piacere questo ritorno. Con Amore, A.
"Preferirei tenerla", disse Emily piano, ripiegando la lettera. Le altre annuirono. Emily non era
certa che sapessero di cosa si trattasse, ma era abbastanza sicura che ne avessero una vaga idea. Si
lasciò sfuggire un lungo, sospiro sommesso. Per tutto questo tempo, una luce aveva bruciato dentro
di lei. Aveva sperato che in qualche modo, A fosse Ali e che Ali non fosse morta. Sapeva di non
esser razionale, il corpo di Ali era stato trovato nel cortile dei DiLaurentis assieme al suo anello con
le iniziali, messo al dito. Emily sapeva di dover lasciar andare Ali ... ma, mentre si aggrappava alle
sue parole d’amore, tenendole strette tra le mani, capì di non averlo mai fatto.
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209
"Dovremmo entrare," Spencer gettò la borsa nella Mercedes, e seguì Emily e le altre attraverso una
delle porte laterali del palazzo di giustizia. Quando entrarono nell’aula del tribunale rivestita in
legno, con i soffitti alti, lo stomaco di Emily si capovolse. Tutta Rosewood era lì, i suoi compagni,
i coetanei, gli insegnanti, il suo coach di nuoto, Jenna Cavanaugh con i suoi genitori, tutti i vecchi
amici di Ali dell’hockey erano a guardare. L’unica persona che non riuscì a scorgere ad una prima
occhiata fu Maya. In realtà non aveva notizie di Maya dalla festa di Hanna, Venerdì sera.
Emily abbassò la testa, intanto Wilden fece la sua comparsa tra un gruppo di agenti di polizia, e le
accompagnò ad un banco vuoto.
L'aria era tesa, la tensione si tagliava con un coltello, e c’era puzza di varie colonie e profumi
costosi. Dopo qualche minuto le porte si chiusero e l’aula cadde in un silenzio tombale.
Non appena gli ufficiali giudiziari portarono Ian lungo la navata centrale, Emily strinse la mano di
Aria e Hanna mise un braccio attorno a Spencer. Ian indossava la tuta arancione del carcere. Aveva
i capelli spettinati ed enormi occhiaie. Si avvicinò al suo banco.
Il giudice un uomo calvo dall’aria severa con un anello enorme, lo fulminò con lo sguardo. “Signor
Thomas, come si dichiara? "
"Non colpevole", disse Ian con un fil di voce.
Un mormorio attraversò la folla. Emily si morse l'interno della guancia. Mentre chiudeva gli occhi,
rivide ancora le immagini orribili, questa volta con un nuovo assassino, che avesse un senso: Ian.
Emily ricordava di aver visto Ian quell'estate, quando era stata ospite di Spencer al Country Club
Rosewood, dove Ian lavorava come bagnino. Si era seduto in cima alla sua postazione, facendo
roteare il fischietto come se non gli importasse nulla del resto del mondo.
Il giudice si chinò e guardò Ian. "A causa della gravità di questo reato, e poiché si ritiene sussista, il
rischio di una fuga, dichiaro che il signor Thomas debba rimanere in carcere fino alla data fissata
per l’udienza preliminare." Così dicendo sbattè il martelletto, poi giunse le mani. La testa di Ian si
lasciò cadere, e il suo avvocato gli diede una pacca sulla spalla di conforto. In pochi secondi fu
ricondotto fuori dall’aula. Era tutto finito.
I membri della comunità Rosewood si alzarono per andarsene. Poi Emily notò una famiglia ai primi
banchi, che non aveva visto in precedenza. Gli ufficiali giudiziari e le telecamere li trattenevano.
Riconobbe
la signora DiLaurentis con un taglio di capelli corto molto elegante, e il signor
DiLaurentis dall’ottimo aspetto, con un look da uomo maturo e leader.
Jason DiLaurentis si alzò accanto a loro, vestito con un abito nero e la cravatta scura. Tutti
abbracciavano la famiglia e avevano l’aria sollevata ma forse non completamente. Emily ripensò a
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210
quello che Jason aveva detto al telegiornale: “non parlo molto con la mia famiglia”. Sono troppo
incasinato. Forse si sentivano tutti colpevoli per aver fatto calare il silenzio così a lungo, senza
comunicare tra loro, o forse Emily stava solo immaginando le cose.
Tutti indugiavano fuori dal tribunale. Il tempo non era per niente simile a quello del giorno di
autunno senza nuvole in cui si era tenuta la commemorazione di Ali, solo poche settimane prima.
Oggi, il cielo era offuscato con scuri nuvoloni.
Emily sentì una mano sul braccio. Spencer le stava avvolgendo le braccia attorno alle spalle.
"E 'tutto finito," sussurrò Spencer.
"Lo so", disse Emily, abbracciandola.
Anche le altre si unirono all’abbraccio. Con la coda dell'occhio, Emily vide il flash di una macchina
fotografica. Poteva già vedere le immagini e le didascalie sui giornali: Le amiche di Alison affrante,
ma finalmente in pace. In quel momento, una Lincoln nera dall’altra parte del marciapiede attirò la
sua attenzione. Un autista seduto sul sedile del passeggero, in attesa. Il finestrino posteriore era
leggermente abbassato ed Emily da una fessura riuscì a vedere un paio di occhi che la fissavano.
La sua bocca si spalancò. Aveva occhi azzurri come quelli soltanto un'altra volta nella vita.
"Ragazze," sussurrò, premendo con forza sul braccio di Spencer.
Le altre si staccarono dall’abbraccio. "Cosa?" Spencer chiese, preoccupata.
Emily indicò la berlina. Il finestrino posteriore era ormai chiuso, e l'autista stava spostando
l'automobile in marcia. "Giuro che ho appena visto ..." balbettò, ma poi si fermò.
Avrebbero potuto pensare che fosse una pazza visionaria, magari credere che Ali fosse ancora viva
era solo un modo come un altro per non affrontare la sua morte.
Emily deglutì a fatica,"Non importa", disse.
Le ragazze si voltarono, andando incontro alle loro famiglie, con la promessa telefonarsi più tardi.
Ma Emily rimase dov'era, il suo cuore batteva forte, mentre la berlina si allontanava. La guardò
arrivare in fondo alla strada, girare a destra al semaforo, e scomparire. Il sangue le si raggelò.
Non può essere lei, si disse.
O forse si?
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COSA SUCCEDERA’?
Così, dopo che la perfida Mona ha lasciato questo mondo e il caro Ian è stato spedito in una cella
fredda, la nostre Graziose e Piccole Bugiardelle possono finalmente vivere in santa pace.
Emily troverà il vero amore allo Smith College; Hanna si insedierà come ape regina del Rosewood
Day e sposerà un miliardario; Spencer si laurerà come migliore studentessa della sua classe alla
Columbia School of Journalism ed proseguirà la sua cerrierà diventando direttore editoriale del
New York Times; Arià di diplomerà alla Rhode Island School of Design e si trasferirà in Europa
con Ezra. Stiamo parlando di splendidi tramonti, bambini in salute, e beata felicità. Nizza, eh? Oh, e
nessuno di loro dirà mai più bugie..
Ma stiamo scherzando? Svegliatevi, begli addormentati nel bosco. Non ci sono finali felici e
contenti a Rosewood. Voglio dire, non avete imparato niente? Chi è stata una piccola e graziosa
bugiarda una volta, sarà per sempre una piccola e graziosa bugiarda. Emily, Hanna, Spencer, e Aria
proprio non posso fare a meno di cacciarsi nei guai. Questo è quello che amo di più di loro. Allora,
chi sono io? Bene, diciamo solo che c'è un nuovo A in città, e questa volta le nostre ragazzine non
se ne libereranno così facilmente.
Ci vediamo presto. E fino ad allora, cercate di non essere troppo buoni. La vita è sempre più
divertente con un po 'di segreti, piuttosto.
Baci,
-A
Dossier: Pretty Little Liars (ita) – Who is –A?
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Hanno collaborato alla realizzazione di questa traduzione:
Magda Lucariello
Martina Pace
Claudio Mandelli
Amelia Dalcumi
Lucia Bertollo
Melissa Anzelotti
e lo staff di Dossier: Pretty Little Liars (ita) – Who is –A?
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