NOTE N° 30
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MARZO 2010
Note del Presidente n°30
Carissime e carissimi,
sono state per me settimane
intense e piene di impegni e di
appuntamenti e dalle notizie che
ricevo, la stessa vitalità coinvolge
tante Comunità e tutte le Regioni.
Una vitalità destinata a crescere nei
prossimi mesi che ci dividono dalla
Assemblea Nazionale di ottobre a
Principina. Tutto questo fa crescere
in me la convinzione che la nostra
Assemblea sarà ricca ed impegnata,
riusciremo a raccogliere i frutti del
lavoro svolto in questo triennio e a
dar e nuo v o s lan cio al nostro
movimento. Tutto questo è "grazia
di Dio".
Come al solito desidero
parteciparvi le principali attività in
cui sono stato coinvolto.
l' 8 febbraio ho partecipato al 2°
SE.ME, appuntamento periodico
organizzato dalla Regione Lazio.
Questo appuntamento aveva per
tema "la responsabilità del laico
adulto" con particolare riferimento
alla vita familiare. La riflessione è
stata introdotta da SE mons.Luigi
Moretti Vice Gerente della diocesi
di Roma, vecchio AE scout con il
quale ho avuto la gioia di
condividere l'esperienza nel
Gruppo AGESCI Roma IX alcuni
anni fa.
il 13 febbraio ho assistito la
rappresentazione di un lavoro di
E. De Filippo organizzato da
ECCOMI per finanziare il
"progetto Batwa" in Burundi; una
bellissima iniziativa, un bello
spettacolo, hanno venduto più di
600 biglietti e di consequenza
anche la raccolta-fondi è stata
significativa.
il 16 febbraio ho incontrato con
Gregorio Arena i Responsabili
Regionali dell'AGESCI-Lazio ed il
nostro Aldo Riggio per valutare la
possibilità di realizzare un progetto
di "cittadinanza attiva"; l'idea è
molto bella dovranno valutare
l'effetiva realizzabilità
il 19 febbraio ho partecipato alla
riunione della redazione di Strade
Aperte che ha messo a punto il
programma dei numeri che
dovranno uscire da qui a fine anno,
anche in accompagnamento al
cammino verso l'Assemblea
Nazionale.
il 19-21 febbraio ho partecipate
alla riunione del Comitato
Esecutivo; il verbale del CE
illustrerà tutto il lavoro svolto, ma
mi sembra che il CE sia pronto ad
affrontare la gran mole di lavoro
che l'attende da qui all'Assemblea
Nazionale. In particolare ci si è
soffermati sul l'impor tanza di
r e a l i z z a r e t u t t e l e Is o l e
dell'Arcipelago previste quest'anno.
il 25 febbraio ho partecipato ad
una tavola rotonda (oltre a me
partecipavano la Responsabile
Na z i o n a l e S c o l t e Fr a n c e s c a
Loporcaro e Gerardo Mannoni
capo di un Gr uppo che sta
sperimentando una diversa
articolazione delle fascie d'età)
sulla Branca R/S organizzata da una
Co.Ca. del Lazio aperta ai Capi
delle altre Zone. A me era stato
chiesto di raccontare l'esperienza
della Branca negli anni della nascita
dell'AGESCI (vi allego il testo del
mio intervento). Un incontro molto
bello e partecipato.
il 7 marzo con Alberto abbiamo
incontrato
i
Pr e s i d e n t i
dell'AGESCI, come al solito si è
trattato di un incontro fraterno e
co r d i a l e , a b b i a m o p a r l a to i n
particolare delle nostre comuni
responsabilità nei confronti della
Comunità Foulard Blanc e del
Centro Studi Mario Mazza
il 10 marzo a Teramo in un clima
fraterno ed accogliente ho
i n co n t r a to i n s i e m e a l n o s t r o
Segretario Regionale Er nesto
Albanello la Comunità Teramo 2.
Questa Comunità stava vivendo un
momento di disagio nei confronti
di alcune scelte e comportamenti al
livello nazionale, ci siamo
confrontati con chiarezza e con
serenità in un clima di "scautismo
vero".
il 15 marzo ho incontrato un
responsabile della Compagnia di
San Giorgio per approfondire
alcuni aspetti del progetto "L'effige
della Madonna degli Scout e delle
Guide a Nazareth", un progetto che
sia pure con risorse limitate vede
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coinvolto anche il MASCI. Mi
sembra che abbiamo risolto con
disponibilità all'ascolto ed amicizia
tutti gli aspetti più controversi.
la settimana dal 15 al 20 marzo si
è svolta a Como la riunione annuale
del World Committee dell'ISGF,
riunione alla quale ha prestato tutta
l'assistenza possibile la Comunità
di Como ed altri Adulti Scout della
Lombardia coordinati dalla nostra
impagabile Vicepresidente Virginia.
Mercoledì c'è stata la riunione
congiunta del World Committee
con il nostro Comitato
Organizzatore per mettere a punto
tutti i dettagli organizzativi ed il
sopral luogo ai luoghi do ve si
svolgerà la Conferenza nella
stupenda cornice del lago di Como,
la sera si è chiusa con una cena di
fraternità offerta dalla Comunità di
Como. Mi sembra di poter dire che
la preparazione procede bene
anche se il lavoro ed i problemi da
risolvere sono tanti. Sarà necessario
il contributo di tutti.
il 18 marzo ho avuto la gioia di
incontrare a Varazze p.Giacomo
Grasso, nostro AEN per tanti anni,
ma sopratutto mio grande amico
con il quale ho avuto modo di
vivere momenti molto importanti
non solo della vita associativa ma
della mia vita personale.
il 18 marzo sono stato invitato
dall'AGESCI e dal MASCI di
Albenga a svolgere una riflessione
sull'attualità della "Populorum
Pr o g r e s s i o " , u n te m a c h e m i
affascina da tempo tanto è vero che
quello che ho detto prendeva
spunto da mie precedenti
riflessioni. Un incontro dove è
emerso ancora una volta è emerso
come questa enciclica rappresenti
ancora oggi un testo profetico per
"tutti gli uomini di buona volontà".
(vi allego il testo)
il 19-21 marzo si è svolto a Fara
Sabina il Workshop sullo Sviluppo
o r g a n i z z a t o d a l l a Pa t t u g l i a
Nazionale Sviluppo. Mi sembra di
poter dire che si è trattato non solo
di un incontro molto importante
ma anche ben impostato e ben
condotto. A me è stato chiesto di
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Note del Presidente
svolgere un intervento di apertura
che vi allego.
il 20-21 marzo in contemporana
con il workshop si è incontrata la
Commissione voluta dal Consiglio
Nazionale per predisporre il nostro
contributo in preparazione alle
Settimane Sociali 2010. Il testo
p r e d i s p o s to s i è co n ce n t r a to
sull'urgenza dell' "educazione degli
adulti" . Il testo è in questo
momento all'esame dei componenti
La Bottega artigiana
Vorrei soffermarmi un momento sul
titolo di questo incontro WORKSHOP, la traduzione corretta di questa
parola inglese è “bottega artigiana”,
bottega dove ogni cosa realizzata è oggetto di amorevole cura, dove si vende
direttamente ciò che si realizza; se accettiamo questa definizione il nostro
non è quindi un incontro di intellettuali, di studiosi, ma un incontro di
“artigiani” di una bottega dove si cerca
il modo migliore per realizzare preziosi
oggetti, una riunione operativa ed operosa.
Penso quindi che lo stato d’animo con
il quale metterci al lavoro è proprio
quello dell’ “artigiano” .
Venendo all’oggetto del nostro incontro “Lo sviluppo del MASCI” vorrei
sgombrare il campo da un equivoco, da
un falso dilemma, lo vorrei fare proprio nella logica della “bottega artigiana”.
Quando si parla di “sviluppo” c’è sempre qualcuno che con argomenti raffinati ci spiega che quando si parla di
sviluppo bisogna distinguere tra sviluppo qualitativo e sviluppo quantitativo, che ci dovrebbe interessare solo
lo sviluppo qualitativo e che , per evitare confusioni, sarebbe meglio usare
un altro termine per indicare lo sviluppo quantitativo.
Sono sempre riflessioni affascinanti ma
molto astratte e non colgono la realtà.
Se ci mettiamo nella logica della “bottega artigiana” le due cose coincidono:
l’artigiano è appassionato del suo lavoro, di ciò che realizza e propone, nel
suo lavoro mette non solo la sua abilità
manuale, la sua tecnica, ma anche la
del Consiglio Nazionale, non
appena approvato provvederemo
alla sua diffusione sul Portale e su
Strade Aperte
Ognuno di questi incontri è
stato apportatore di ricchezza. Se
saremo in grado di mettere insieme
le tante ricchezze diffuse, io sono
convinto che il MASCI potrà
veramente rappresentare un offerta
per le donne e gli uomini del nostro
sua cultura e la sua passione; e nello
stesso tempo ha presente i gusti ed i
bisogni, l’utilità per le persone alle quali offrirà il frutto del proprio lavoro;
l’artigiano non lavora mai per se: espone con orgoglio il risultato del proprio
lavoro sulla soglia della bottega perché
tutti i passanti possano ammirarlo, talvolta prende il carretto e gira per i
mercati e le fiere di paese ad offrire i
suoi preziosi prodotti, i suoi “gioielli”.
Questo è quello che oggi siamo chiamati a fare.
Tutto il lavoro fin qui svolto da molti
anni ci ha condotto a definire il nostro
specifico servizio, la nostra vocazione e
la nostra missione:
vogliamo offrire alla società ed alla
chiesa italiana una proposta di educazione per adulti, abbiamo scelto come
missione di mettere al servizio delle
donne e degli uomini del nostro tempo
ambienti dove consentire “qui ed ora”
ad ogni persona di vivere con pienezza, autenticità, capacità critica e responsabilità il proprio tempo e la propria condizione, abbiamo scelto come
nostra missione di accettare la “sfida
educativa” utilizzando gli elementi
fondamentali del guidismo e dello
scautismo come strada verso la felicità.
Negli anni più recenti con l’Arcipelago
delle Opportunità, con i Poli dell’Eccellenza, con il Sinodo dei Magister
abbiamo cercato di dare qualità, sostanza e contenuti a questa nostra
proposta; ovviamente , come nella bottega dell’artigiano, questo lavoro non è
mai finito, è sempre possibile mettere
mano ad un gioiello, ad un oggetto più
bello.
Ma questo è il tempo di offrire i frutti
del nostro lavoro a coloro i quali è destinato, occorre mettere il frutto del
nostro lavoro sull’uscio della nostra
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paese ed un servizio alla società
italiana e alla Chiesa
un abbraccio
Il Presidente
Riccardo Della Rocca
bottega perché chi passa possa apprezzarlo, ma soprattutto occorre andare
per fiere e mercati per offrirli a chi ne
ha bisogno: gli adulti, donne ed uomini
del nostro tempo..
E’ questa l’ “Operazione Sviluppo” alla
quale dobbiamo mettere mano.
Dobbiamo partire da una considerazione rassicurante: il MASCI conta
6000 Adulti Scout presenti in tutte le
regioni d’Italia distribuiti su più di 300
comunità: questo dato ci dice che
siamo una delle maggiori realtà associative italiane di “persone attive”, chi
è socio del MASCI non lo fa solo per
ricevere una rivista o per avere qualche
servizio o qualche sconto particolare
(come avviene per il Touring Club o
l’Automobil Club), ma per vivere
un’esperienza coinvolgente ed attiva.
E’ un buon inizio, vuol dire che la nostra proposta ha senso ed è riconosciuta.
Sappiamo allo stesso tempo che in
modo più o meno consapevole il bisogno di ambienti per adulti è estremamente vasto, ci sono praterie immense
da esplorare.
Il MASCI dalle sue origini è cresciuto
a salti: all’inizio erano poche centinaia
di adulti scout provenienti dalle Compagnie di San Giorgio, fedeli seguaci di
Mario Mazza, un primo salto si ebbe
quando il MASCI si aprì alle donne
provenienti dall’AGI raggiungendo
circa 1500 adulti scout, un altro negli
anni 70 quando con maggiore chiarezza si definì come movimento di “comunità di fede e di servizio”, intuì il
proprio specifico nell’”educazione
permanente”, inventò i “seminari
d’animazione” per aiutare le comunità
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ad essere ambienti educativi, si raggiunsero così circa 3000 adulti scout;
alla fine degli anni ’80 si ebbe un nuovo salto che portò al livello di 6000
aderenti e con oscillazioni più o meno
evidenti ci si è assestati su quel livello.
Ogni salto è stato giustificato da un
cambio di passo, è di quel cambio di
passo di cui oggi abbiamo bisogno per
un nuovo salto. Allo stesso tempo occorre ricordare che nel tempo abbiamo
assistito ogni anno ad un turn-over costante dei soci di circa il 10%.
Ci si è interrogati più volte su questo
fenomeno, ricordo le statistiche puntuali prima di Carlo Guarnirei ed oggi
di Dino Di Cicco che cercano di spiegare il fenomeno.
Dopo tanti anni io credo che la risposta sia più semplice di quello che abbiamo sin qui pensato.
Finora abbiamo affidato lo sviluppo
prevalentemente alla crescita del numero dei censiti; questo non funziona,
occorre guardare sopratutto al numero
di comunità.
Le nostre comunità hanno un ciclo di
vita, talvolta molto lungo, decine di
anni; nascono con un gruppo di persone che restano sempre le stesse, salvo
alcuni nuovi ingressi sporadici, prevalentemente nei primi anni di vita, e
qualche uscita per i motivi più vari non
esclusi quelli biologici.
Se guardiamo il nostro andamento
numerico da questo punto di vista
spieghiamo il fenomeno che abbiamo
osservato.
Questo tipo di sviluppo non solo pone
limiti oggettivi allo sviluppo quantitativo ma pone un importante problema
metodologico: un gruppo di persone
che vive così a lungo insieme tende a
riproporre sempre le stesse cose ed anche le comunità nate vitalissime ad un
certo punto si stabilizzano e poi si
esauriscono e la comunità vive più per
inerzia e per abitudine che per un reale
forte interesse, per una forte motivazione. Questo è un primo punto che
sottopongo alla vostra riflessione.
Il secondo punto è che se si vuole raggiungere l’obiettivo di uno sviluppo significativo, parlare di 30.000 Adulti
Scout è un gioco ma a mio avviso non è
un obiettivo impossibile, occorre puntare con decisione alla crescita del numero delle comunità; non ci si può accontentare di una decina di nuove comunità all’anno (meno del 3% che non
coprono neanche il numero di quelle
che si chiudono per fisiologica conclusione del “ciclo di vita”), occorre puntare a centinaia di nuove comunità
ogni anno.
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Questo comporta mettersi sulla strada,
andare incontro e non limitarsi ad
aspettare.
Per mettere mano ad un concreto
“progetto di sviluppo” non è poi sufficiente la generica affermazione che ci
rivolgiamo a tutti gli adulti uomini e
donne del nostro paese. Occorre individuare i bacini ai quali rivolgerci in via
preferenziale, quelli che è più facile avvicinare, quelli in cui l’interesse è più
esplicito, quelli con i quali esiste una
maggiore sintonia ideale e culturale.
Io penso che dovremmo oggi scegliere
come bacini preferenziali dove far nascere “nuove comunità”:
Lo scautismo giovanile: un mondo di
per sé vastissimo che include
le tante persone che hanno vissuto
l’esperienza dello scautismo e del guidismo (centinaia di migliaia di persone,
forse più di un milione) e che per i motivi più diversi hanno abbandonato
l’esperienza attiva,
i tanti adulti ancora presenti nelle associazioni giovanili dello scautismo (i
cosiddetti capi a disposizione in AGESCI o i Seniores nel GEI) che non
svolgono servizio educativo diretto
come capi o come quadri,
i tanti gruppi di vecchi scout e guide
che, pur avendo lasciato l’esperienza
diretta nelle associazioni giovanili, si
ritrovano come gruppi, piccole associazioni per riflettere insieme, per fare
esperienza di preghiera, per svolgere
uno specifico servizio.
A tutte queste realtà dovremmo trovare il modo di avvicinarci usando un
linguaggio adeguato, facendo leva su
sentimenti e ragionamenti che parlino
al cuore ed alla mente della loro esperienza. Sono questi linguaggi, queste
parole che dovrebbero rappresentare la
prima attenzione di questa nostra
“bottega artigiana”
Per questi mondi dovremmo trovare
forme di intesa con i responsabili delle
associazioni scout a tutti i livelli. Non
dobbiamo solamente spiegare la condivisione di valori e di metodo che ci
unisce, questo mi sembra un fatto ampiamente condiviso. Quanto piuttosto
dovremmo dire che orientare verso un
movimento di scautismo degli adulti è
nell’interesse stesso delle associazioni
giovanili, perché rappresenta un mondo nel quale si conservano motivazioni
ed idealità, sentimenti comuni e dal
quale, superate certe difficoltà temporanee potrebbero rinascere vocazioni
al servizio di capo educatore; allo stesso tempo si potrebbe evitare che capi
senza responsabilità educative dirette
continuino a rappresentare talvolta anPAGE 3
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che un peso nella vita delle Comunità
Capi.
Forse, se e quando decideremo di rimettere mano al nostro Statuto, dovremo anche ripescare quella proposta,
troppo frettolosamente rigettata a
Rimini, che individua percorsi particolari per gruppi esistenti di vecchi scout
e guide. Nella mia esperienza ho verificato la resistenza di questi gruppi a ritrovarsi nei percorsi di adesione al
MASCI che oggi le nostre regole prevedono, legittimamente desiderano un
più forte riconoscimento della loro
esperienza, dei loro percorsi, in un certo modo della loro autonomia. La nostra natura di movimento, tante volte e
spesso impropriamente rivendicata, ci
richiede maggiore flessibilità e capacità reale di “fare rete” con tutti coloro
che si riconoscono nei nostri valori
fondamentali (almeno quelli espressi
nella Costituzione dell’ISGF)
Famiglie e amici; intorno ai gruppi
scout si crea quasi sempre un interesse,
una curiosità, un rimpianto di non aver
potuto vivere l’esperienza giovanile,
l’apprezzamento per la proposta in
termini di valori. Per tutti costoro la
proposta, in accordo con i capi dello
scautismo giovanile, di dar vita ad una
Comunità del MASCI può essere accolta con grande favore ed interesse.
Anche qui occorre trovare linguaggi,
occasioni di incontro che non siano
saltuari ed occasionali, significa individuare un percorso preciso
Gli adulti dei nostri ambienti: nelle
parrocchie, nei nostri paesi e quartieri,
negli ambienti in cui svolgiamo il nostro servizio comunitario esistono persone e molto più spesso gruppi che ricercano, magari inconsapevolmente,
attese meno settoriali, prospettive più
ampie. Faccio l’esempio di molte parrocchie dove vivono “gruppi della Parola”, gruppi di catechisti dell’iniziazione cristiana che proprio dall’ascolto
della Parola e dal proprio apostolato
avvertono ad un certo punto l’esigenza
di ambienti dove dare “attualità” non
solo individuale ma comunitaria a
quanto “ascoltato e vissuto”, una ricerca che non trova spesso riscontro nella
realtà parrocchiale e nella comunità
civile, avvertono infatti l’esigenza di
una catechesi per adulti, di un cammino educativo per adulti, di trovare occasioni reali di servizio.
Se solo ci dedicassimo con determinazione a questi bacini potremmo dar vita ad un grande sviluppo del movimento.
Non dobbiamo più pensare soltanto a
far crescere la comunità presente nella
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nostra parrocchia, ma dobbiamo pensare che nelle parrocchie possono esistere contemporaneamente tre o quattro Comunità MASCI in diverse fasi
del loro “ciclo di vita”, che nascono da
esperienze e da esigenze diverse: la
Comunità “storica”, la Comunità “dei
capi a disposizione”, la comunità “dei
genitori e degli amici”, la comunità
“degli operatori pastorali”,… .
Esistono ambienti dove il MASCI non
è presente o addirittura sconosciuto.
In Italia esistono migliaia di Comunità
Capi dell’AGESCI, dell’FSE e delle altre associazioni giovanili scout
In Italia esistono decine di migliaia di
parrocchie
La nostra presenza attuale è una percentuale molto modesta
Con ognuna di queste realtà occorre
entrare in contatto, occorre stabilire
un dialogo, presentare la nostra proposta; certamente talvolta saremo rifiutati, ma io sono convinto che in molte
occasioni saremo ascoltati con attenzione se sapremo parlare in modo convincente e documentato, usando il giusto linguaggio.
In ognuna di queste realtà dovremmo
essere in grado di trovare dei “semi”,
dei “poli di aggregazione” intorno ai
quali far nascere la nuova Comunità.
Per questo il nostro Statuto prevede la
Comunità Regionale: una rete che, sotto la responsabilità del Segretario Regionale, tiene uniti tutti questi “semi”,
questi “poli di aggregazione”, una rete
dinamica e propositiva, capace di penetrare nelle pieghe degli ambienti ai
quali rivolgiamo la nostra attenzione.
Se la Comunità Regionale non è questo è inutile e rischia di diventare dannosa.
Se quello su cui ho sin qui riflettuto è
anche solo parzialmente vero abbiamo
di fronte a noi spazi enormi, possibilità
al momento inimmaginabili. Si tratta
solo di darsi delle priorità concrete e
realistiche e di attrezzarsi adeguatamente.
Dobbiamo però ricordare sempre che
lo sviluppo non si annuncia, non si realizza dalla poltrona o dalla scrivania, lo
sviluppo “si fa”: lo sviluppo richiede
risorse dedicate, fatica, impegno e lavoro quotidiano ed alla fine anche
mezzi e strumenti adeguati
Lo sviluppo non si realizza se ci limitiamo ad aspettare, occorre andare,
presentarsi con umiltà ed autorevolezza
Lo sviluppo non si realizza se tutti
componenti del CN (a partire dal Presidente e dal SN); tutti i Segretari Re-
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gionali ed i Responsabili di Zona, tutti
i Magister non sentono come proprio
compito prioritario quello di essere
promotori di sviluppo
Un grande sviluppo è possibile, tuttavia dobbiamo avere una consapevolezza profonda: svilupparsi vuol dire
combattere l’istinto di conservazione,
occorre essere consapevoli che ogni
nuova persona cambia la vita della comunità e la vita del movimento, e se lo
sviluppo sarà impetuoso il MASCI sarà
chiamato a rivedere le proprie regole, i
propri comportamenti, il proprio metodo; perché non dovremo più limitarci a stringerci in una casa preesistente
che è la “nostra vecchia casa” ma saremo chiamati a costruire “una nuova casa” che sia di tutti. Nello stesso tempo
dovremo essere vigilanti perché le
nuove regole, i nuovi comportamenti
non modifichino radicalmente la “nostra missione”.
Finora la mia riflessione si è soffermata
sulla nascita di nuove comunità. Non
dovrà tuttavia mai venir meno l’attenzione alle Comunità esistenti.
Se analizziamo gli studi sull’elevato
turn-over vediamo che un numero significativo di abbandoni avviene nei
primi due anni: o perché la proposta
risulta più esigente di quanto ci si
aspettasse o per una sorta di delusione
rispetto alle attese. Un fenomeno per
certi aspetti fisiologico ed ineliminabile se limitato, ma se elevato denuncia
un’errata presentazione della proposta
ed una inadeguata vita comunitaria;
questo fenomeno chiama direttamente
in causa la Formazione. Le Isole della
Scoperta e le Isole della Responsabilità
del nostro Arcipelago diventano decisive nel tentativo di ridurre e circoscrivere questo fenomeno.
Per ogni Comunità inoltre, nel suo
lungo “ciclo di vita”, arriva il momento
della stanchezza, delle abitudini che si
ripetono, degli impegni che diminuiscono. E’ la fase dell’”invecchiamento”, anche biologico, ed è anche la fase
in cui cessano i nuovi ingressi e si ha
uno stillicidio di uscite
Di questa fase non bisogna sorprendersi, occorre saper prevedere, accorgersi in tempo, è il momento di affiancare e sostenere. Questo è il compito
fondamentale del Segretario Regionale
e degli eventuali Responsabili di Zona,
delle Pattuglie Regionali allo Sviluppo,
dovremo individuare dei “tutor” dedicati a questo compito. Se queste Comunità in fase di invecchiamento si
sentono abbandonate al loro destino, il
processo non potrà che accelerarsi,
quando invece da queste comunità poPAGE 4
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tremmo recuperare un immenso patrimonio di esperienze e di energie da
valorizzare.
C’è un punto infine che non possiamo
assolutamente trascurare riflettendo
sullo sviluppo dello scautismo degli
adulti: lo scautismo degli adulti aconfessionale o di diverse fedi religiose.
La proposta del MASCI è inequivocabilmente rivolta a credenti cattolici o
quanto meno a donne e uomini che in
un cammino di ricerca di fede accettano di vivere esperienze comunitarie all’interno di questa prospettiva.
Questo pone un limite oggettivo allo
sviluppo di una proposta di educazione
per adulti basata sul metodo scout.
Credo che dobbiamo allargare i nostri
orizzonti.
Personalmente sono convinto del
grande valore di proposte specifiche
legate ad una identità di fede come il
MASCI, perderemmo gran parte della
nostra ricchezza e della nostra spiritualità. Lo scautismo cattolico, ed in generale quello di matrice religiosa, ha
dato un contributo formidabile alla
qualità dello scautismo e del guidismo
nel mondo, una ricchezza assolutamente da non perdere.
Analogamente quindi, accanto allo
scautismo cattolico degli adulti, nel
rispetto delle diverse identità religiose,
ritengo che sarebbe una ricchezza se
esistessero proposte di scautismo per
adulti che fanno riferimento all’islamismo, all’ebraismo, all’induismo; come
pure riterrei di grande valore una proposta di scautismo per adulti di tipo
aconfessionale che tenesse conto della
sempre più ampia secolarizzazione della società occidentale.
Io credo che dovremmo aiutare queste
esperienze a nascere, i contatti da poco ripresi con il GEI vanno anche in
questa direzione, sappiamo di nascenti
esperienze di scautismo giovanile islamico che dovremo valutare con attenzione. Dovremmo impegnarci finalmente a far risorgere la FIAS (Federazione Italiana degli Adulti Scout), una
rappresentanza unitaria dello scautismo degli adulti italiani all’interno dell’organizzazione degli adulti del movimento mondiale dello scautismo e del
guidismo.
Questa dello sviluppo è la sfida che
attende il MASCI nel prossimo futuro,
siamo vicini alla conclusione di questo
triennio, ma noi siamo chiamati a consegnare questo impegnativo compito a
chi viene dopo di noi. Ma non possiamo limitarci a consegnare dei compiti,
dobbiamo anche offrire idee, mezzi e
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strumenti per realizzarlo nel migliore
dei modi. A questo dovrà rispondere
questa “bottega artigiana”.
Pensare ad un progetto per lo sviluppo
significa innanzitutto individuare i
protagonisti, le priorità, i tempi di realizzazione del progetto, i tempi di avvio del cantiere e della costruzione, individuare i mezzi e gli strumenti dei
quali dotarsi.
I protagonisti: non c’è dubbio che i
protagonisti principali saranno le Regioni e dove esistono le Zone. Sarà nei
consigli Regionali che si definiranno gli
obiettivi ed i piani d’azione. Nelle Regioni e nelle Zone dovranno nascere le
Pattuglie per lo Sviluppo, che non saranno cenacoli di pensatori, ma gruppi
di artigiani che offriranno la proposta
del MASCI secondo un piano concordato ed andranno, come “pionieri” nei
loro territori inesplorati, dovranno girare per paesi, quartieri, parrocchie ad
incontrare i gruppi dello scautismo
giovanile, i vescovi, i parroci, i responsabili di gruppi di adulti. Saranno viandanti sempre in giro per fiere e mercati, ma saranno anche gruppi di supporto che affiancheranno le comunità in
fase di invecchiamento per ridare loro
slancio e vitalità
I tempi: un’azione di sviluppo non potrà mai essere casuale ed occasionale,
dovrà essere in qualche modo programmata e pianificata, dovrà partire
da un’attenta analisi del territorio, delle realtà presenti, dovrà individuare dei
progetti pilota, gli ambienti in cui più
facile sembra l’opera di avvicinamento
e di dialogo, dovrà fissare momenti di
verifica seria ed accurata individuando
punti di forza e di debolezza della nostra azione, l’analisi critica delle difficoltà e dei correttivi da apportare.
I mezzi: infine una seria azione di sviluppo dovrà dotarsi di strumenti adeguati di supporto e di presentazione.
Questo sarà il compito principale del
Comitato Esecutivo seguendo le linee
indicate dal Consiglio Nazionale; dovremo rafforzare la Pattuglia Nazionale
Sviluppo incaricandola di mettere a
punto mezzi e strumenti di utilità generale.
"Quale il nuovo nome della
pace, oggi?"
La Populorum Progressio è l’Enciclica
del Regno e delle Beatitudini perché
parla ai poveri, agli oppressi, ai mansueti,
agli operatori di pace e di giustizia,… di
tutto il mondo.
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Dovremo pensare di dotarci di strumenti di comunicazione che parlino al
mondo al quale ci vogliamo rivolgere.
Una raccolta di strumenti che utilizzi
sia le nuove tecnologia che le tecniche
tradizionali, sappiamo infatti che per
le generazioni più giovani le nuove
tecnologie sono lo strumento più efficace, dovremo quindi potenziare il nostro Portale, la nostra Newsletter, le
nostre raccolte multimediali ma anche
le social community come Facebook o
Twitter, potremo rivedere i moduli
IEP dell’ISGF adeguandoli alle nostre
esigenze, arricchendoli e se necessario
modificandoli; ma sappiamo anche che
le generazioni più adulte continuano a
preferire la carta stampata, dovremo
quindi dotarci di brochure, di depliant,
di opuscoli. C’è poi una fase in cui il
progetto è più avanzato ed allora dovremo disporre di Pubblicazioni non
periodiche, di Quaderni e soprattutto
dovremo continuare a fare di Strade
Aperte una rivista di qualità che non
parli solo ai 6000 Adulti Scout oggi
presenti nel MASCI ma che sia in grado di parlare ai tanti (“30000” ?) che
potrebbero essere interessati ed arrivare. Tutti questi strumenti dovranno essere molteplici e plurali, non possiamo
pensa ad una brochure che vada bene
per tutti, dovremo differenziarla a seconda degli ambienti ai quali ci vogliamo rivolgere, cercando di incuriosirli sulla base delle loro attese, dei loro
bisogni, dei loro desideri. Ancora una
volta una Pattuglia Nazionale di “artigiani” operosi ed entusiasti.
I punti fermi: lanciarci in questo mare
aperto richiede però dei punti fermi,
delle bussole, delle stelle polari. Certamente abbiamo il nostro Patto Comunitario ed il nostro Statuto che rappresentano i nostri riferimenti certi,
ma forse abbiamo bisogno di qualcosa
di più. In questo triennio abbiamo
messo in cantiere tre lavori che dovrebbero rappresentare lo “stato dell’arte” del nostro movimento:
Le chiacchierate intorno al Caminetto
dello Scautismo per adulti
I sentieri di spiritualità e catechesi per
laici adulti basati sull’esperienza del
metodo scout
L’ enciclica di Paolo VI “Populorum
Progressio” insieme all’ enciclica di
Giovanni XXIII “Pacem in Terris” e
con al centro la grande Costituzione
conciliare “Gaudium et Spes”, che per
me resta il manifesto del laico credente,
rappresenta una grande trilogia unitaria
della “speranza”.
Questi documenti parlavano un linguaggio nuovo e profetico, parlavano
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I percorsi “Entra nella storia”
Di questi lavori abbiamo bisogno se
vogliamo evitare di disperdere il nostro
patrimonio sin qui costruito. Sappiamo bene che saranno sempre lavori “in
aggiornamento” perché ogni nuova
persona che entra, ogni nuova comunità che nasce apporta la ricchezza della
propria esperienza, ma se queste ricchezze non trovano il posto dove depositarsi tutto rischia di vanificarsi in
un magma senza valore.
Se ci incamminiamo con serietà e determinazione su questa strada attrezzandoci adeguatamente, dotandoci di
protagonisti, di tempi, di mezzi e di
punti fermi, sono convinto che riusciremo ad essere quel lievito di cui parlava B-P.
Nella nostra fraternità degli Adulti
Scouts in tutti i paesi del mondo, noi
abbiamo già il nucleo di questa attitudine. Se questa fraternità fosse meglio
organizzata, sia dal Movimento degli
Scout che dal Movimento delle Guide,
questa, con la sua continua crescita sarebbe molto di più di un piccolo nucleo, sarebbe piuttosto una lega mondiale di popoli dotati di ottimismo,
impegnati nel superamento delle difficoltà attraverso accordi amichevoli,
piuttosto che correre follemente verso
la guerra, o limitarsi solamente a discussioni di furbizia politica” (gennaio
1937)
“ I tanti milioni di coloro che sono stati Scouts o Guide in gioventù, ora rappresentano nei loro rispettivi paesi un
lievito di uomini e di donne che non
guardano alle piccole differenze e alle
discordie del passato, ma guardano
avanti ad un futuro di felicità e di prosperità per tutti attraverso l’aiuto vicendevole e sentimenti reali di amicizia. Noi abbiamo qui in embrione un
esercito universale, una forza di polizia
della PACE alla quale tutti gli eserciti
di guerra del mondo dovranno arrendersi” (luglio 1937)
dell’incontro della Chiesa con il mondo,
soprattutto con il mondo dei poveri, degli oppressi degli sfruttati; troppo spesso
il mondo cattolico ed anche il magistero
della Chiesa aveva letto il mondo come
il luogo dove si annida il male ed il maligno, e la Chiesa come l’unica forza capace di offrire la salvezza (anche con la s
minuscola). Qui è la rottura radicale che
il Concilio realizza vedendo il mondo
NOTE N° 30
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come il luogo dove si rivela la storia della
salvezza: il luogo della riconciliazione.
In quel momento la Chiesa cessava di
essere “la cittadella assediata” dal male
presente nel mondo per offrirsi alla condivisione dei dolori e delle speranze di
ogni uomo e di tutti gli uomini.
Questa solidarietà tra chiesa e mondo la
rileviamo fin dagli indirizzi dei destinatari di queste due Encicliche. Giovanni
XXII nella la Pacem in Terris innovando
rispetto alla tradizione si rivolge ai
fedeli di tutto il mondo, a tutti gli
uomini di buona volontà
Così pure Paolo VI nella Populorum
Progressio sente l’urgenza di rivolgere
l’appello finale ai cattolici, ai cristiani e
ai credenti, agli uomini di buona volontà,
agli uomini di stato, agli uomini di pensiero e dice “tutti all’opera”, perché la
costruzione del Regno appartiene a tutti.
Una prospettiva questa che presuppone
un più autentico, maturo ed originale
ruolo dei credenti laici, un ruolo che affida loro una grande responsabilità
nell’autonomia illuminata dalla fede.
Da queste novità occorre partire per
comprendere appieno l’appello della
Populorum Progressio, il grido accorato
di Paolo VI.
“Lo sviluppo dei popoli, in modo
particolare di quelli che lottano per
liberarsi dal giogo della fame, della
miseria, delle malattie endemiche,
dell'ignoranza; che cercano una partecipazione più larga ai frutti della
civiltà, una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane; che si
muovono con decisione verso la meta
di un loro pieno rigoglio, è oggetto di
attenta osservazione da parte della
chiesa. All'indomani del concilio
ecumenico Vaticano II, una rinnovata presa di coscienza delle esigenze
del messaggio evangelico le impone di
mettersi al servizio degli uomini,
onde aiutarli a cogliere tutte le dimensioni di tale grave problema e
convincerli dell'urgenza di un'azione
solidale in questa svolta della storia
dell'umanità.”
Tuttavia riflettere oggi su questo documento richiede un grande discernimento
per saper cogliere il cuore di quel messaggio nella consapevolezza di un contesto radicalmente cambiato, altrimenti
si fa solo un’operazione storica se non
addirittura nostalgica e non si assume responsabilmente quanto di impegnativo
questa lettera contiene ancora per gli
uomini di oggi.
• Erano gli anni della guerra fredda,
della rigida divisione in due sfere
di influenza, la pace era paradossalmente garantita dal deterrente
•
•
•
•
nucleare, per questo i conflitti erano limitati e controllati. Oggi, finito quel modello, la guerra è presente in moltissime parti del
globo, i contendenti confusi, alla
chiarezza degli schieramenti in
campo si oppone l’avversario multiforme e plastico del terrorismo di
diversa matrice
Erano gli anni in cui si affermava il
diritto all’autodeterminazione dei
popoli, si giustificava il valore
delle guerre di Liberazione dei popoli. Oggi si pone in primo piano il
tema del primato dei diritti umani
e quindi l’autorità della comunità
internazionale è legittimata ad intervenire laddove questi diritti siano violati. Ovviamente è un principio che vale quasi esclusivamente
per le nazioni deboli, non vale ad
esempio per la Cina.
Erano gli anni in cui si pensava ancora alla possibilità di uno sviluppo
senza limiti. Oggi si pone una
diversa idea di sviluppo, si è
consapevoli che beni e fonti di energia non rinnovabili o rinnovabili
molto lentamente si vanno rapidamente esaurendo e questo deve
condurre a modi diversi di produrre, di distribuire e di consumare, ma è anche questo che talvolta conduce al rafforzamento di
egoismi nazionali o regionali.
Con la caduta del Muro di Berlino
abbiamo assistito alla fine delle
ideologie ed in particolare alla fine
dell’ideologia comunista che aveva
influenzato per più di un secolo
popoli ed individui, creando
enormi speranze collettive tra i
poveri della terra ma anche imponendosi attraverso grandi tragedie.
La fine dell’esperienza del comunismo internazionale tuttavia ha
visto anche la fine dell’impegno
morale e politico a dare risposta a
quelle domande di giustizia e di
uguaglianza dalle quali il comunismo aveva tratto origine; abbiamo allora assistito all’affermarsi
di quel il pensiero unico basato sul
primato del mercato in tutti gli
ambiti della vita umana, per cui al
principio guida della solidarietà
collettiva, che apparteneva anche a
chi contrastava radicalmente il
comunismo, si è sostituito il principio della competizione dove si
afferma il valore delle disuguaglianze
In quegli anni i temi ambientali erano riservati a ristretti circoli di
studiosi, oggi la questione ambientale è diventata questione centrale
non per la sopravvivenza di qualPAGE 6
MARZO 2010
che specie animale o vegetale, è
diventata questione alla quale è
legata la sopravvivenza della Terra
e di tutti i suoi abitanti, riguarda le
piante, gli animali, l’aria, l’acqua, la
terra e riguarda soprattutto l’uomo
e le future generazioni
• In quegli anni la questione demografica presentava una sostanziale
stabilità relativa ed omogeneità di
crescita tra le diverse popolazioni ,
oggi la grande diversità dei tassi di
crescita tra paesi poveri e paesi
ricchi, accompagnata all’accrescersi delle disugua glianze
economiche ed al miraggio di un
mondo fantastico presentato in
tutto il mondo dalle nuove tecnologie della comunicazione produce fenomeni migratori di massa
quali forse l’umanità non ha mai
conosciuto.
In questi quarant’anni il mondo è radicalmente cambiato, se le disuguaglianze
e le ingiustizie continuano a crescere, altri fenomeni si presentano con i caratteri
di grandi opportunità ma anche di
enormi rischi..
A tutto questo viene spesso dato il nome
generico anche se evocativo di “globalizzazione” mettendo insieme fenomeni diversi e non sempre tra loro correlati; ma
non c’è dubbio che lo scenario della convivenza umana al livello globale si è profondamente modificato
• Ieri i frutti della scienza e della
tecnologia erano relativamente
stabili nei loro tassi di innovazione
ed erano prevalentemente a disposizione del mondo della ricerca e
dell’industria, oggi in particolare le
scienze e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione di
massa sono a disposizione di tutti,
almeno di chi se lo può permettere, con ritmi di innovazione
dell’ordine di pochi mesi. Questo
modifica profondamente il sistema
delle relazioni e i paradigmi culturali di tutta l’umanità, penetrando in modo irrispettoso nelle
culture popolari sedimentate nei
secoli. L’innovazione dell’ICT accanto ad altre innovazioni come
quelle relative alle scienze dei materiali hanno prodotto inoltre quel
processo che va sotto il nome di
“globalizzazione” dove si progetta,
si produce, si distribuisce senza
vincoli di spazio e di tempo e dove
le regole vengono dettate dai mercati finanziari, una globalizzazione
della finanza e dell’economia non
ancora accompa gnata da una
globalizzazione delle regole e dei
diritti soprattutto dei lavoratori e
dei consumatori. Quella globaliz-
NOTE N° 30
zazione che ha creato la crisi in cui
stiamo vivendo
• Siamo oggi chiamati a confrontarci
con una grande novità: occorre tener conto dell’improvviso sviluppo
in questi quarant’anni della bioscienza e delle biotecnologie (il
primo modello del DNA risale
solo al 1953) uno sviluppo che pone
improvvisamente problemi etici,
filosofici e culturali assolutamente
nuovi. Uno sviluppo radicale ed
improvviso che può trovare una
similitudine solo con gli anni di
Galileo, quando furono travolte
certezze radicate da secoli nel
campo delle scienze fisiche. Uno
sviluppo che può aprire orizzonti
eccezionali alla lotta dell’uomo
contro il dolore e la malattia, ma
nello stesso tempo pone interrogativi affascinanti ed inquietanti sulla
struttura fondamentale dell’essere
vivente e sui rischi dell’uso della
scienza nella manipolazione
dell’essere vivente e della persona
umana.
• Ed infine ieri vivevamo ancora la
stagione aperta con l’illuminismo,
la sta gione del primato della
ragione, dell’indifferenza della vita
civile e sociale collettiva rispetto al
fenomeno religioso; og gi nel
mondo si riscopre la grande rilevanza della coscienza religiosa e
delle “religioni” nella vita delle
persone e dei popoli. Non è solo la
grande influenza del cristianesimo
nelle sue varie declinazioni, non è
solo l’irrompere prepotente dell’islam, ma anche dell’ebraismo,
dell’induismo e del buddismo
(basta pensare ai monaci del Myamar). Ai credenti, a tutti i credenti
qualunque sia la loro fede, è
quindi chiesto un sovrappiù di responsabilità nella difesa della dignità della persona umana, nella liberazione dei poveri e degli oppressi, e di attenzione, di capacità
di dialogo e di tolleranza verso il
diverso.
Dobbiamo sempre valutare questi
segnali di cambiamento senza
nessuna nostalgia del “buon tempo
passato”, anzi con la capacità di
cogliere accanto ai rischi tutte le
opportunità che il nuovo propone,
ma questo richiede la consapevolezza della rapidità e della profondità del cambiamento globale e
delle responsabilità che questo
comporta.
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grande ottimismo; anche per questo l’enciclica si chiude con questo
appello accorato ma pieno di speranza
“Voi tutti che avete inteso l'appello dei popoli sofferenti, voi
tutti che lavorate per rispondervi, voi siete gli apostoli del
buono e vero sviluppo, che non è
la ricchezza egoista e amata per
se stessa, ma l'economia al servizio dell'uomo, il pane quotidiano distribuito a tutti, quale
sorgente di fraternità e segno
della Provvidenza.
Di gran cuore vi benediciamo, e
chiamiamo tutti gli uomini di
buona volontà ad unirsi fraternamente a voi. Perché, se lo sviluppo è il nuovo nome della pace, chi non vorrebbe cooperarvi
con tutte le sue forze? Sì, tutti:
Noi vi invitiamo a rispondere al
Nostro grido d'angoscia, nel
nome del Signore”
Oggi quel clima si speranza sembra essersi dissolto.
Ma resta inalterato il valore di quel messaggio ed in particolare restano alcune
indicazioni fondamentali:
• il mondo come luogo dove si rivela
la salvezza
• la piena responsabilità dei laici per
la costruzione di un mondo migliore nell’autonomia illuminata
dalla fede
• la convinzione che il nuovo nome
della pace è lo sviluppo
• soprattutto la lotta alle disuguaglianze e alle situazioni di ingiustizia
tra i popoli
Vale la pena di soffermarsi su questo ultimo punto: resta oggi dominante ed
ancor più aggravato il tema che sta più a
cuore al Pontefice: quello delle inaccettabili disuguaglianze e delle gravissime
situazioni di ingiustizia tra i diversi popoli della terra.
Su questo tema delle disuguaglianze e
delle ingiustizie dobbiamo soffermarci
con attenzione se vogliamo rendere attuale questa profetica enciclica.
Un rapporto del 1966 di un Osservatorio
mondiale legato all’ONU descrive così la
situazione economica e demografica delle diverse nazioni:
Anzitutto, esiste un blocco assai consistente di paesi il cui PIL pro capite
non supera i 500 dollari annui:2 tra
questi abbiamo molti paesi africani,
che si collocano ai livelli più bassi in
Negli anno in cui Paolo VI scriveva assoluto, tra i 100 e i 200 $; nello stesso gruppo sotto i 500 $ annui troviala sua enciclica i segnali che sembrava di poter cogliere generavano mo anche alcuni dei più popolosi paeun clima generale caratterizzato da si asiatici.
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MARZO 2010
C'è poi un esteso gruppo intermedio,
formato da paesi che hanno un PIL
pro capite tra i 600 e i 6.000 $ annui.
Nel segmento più basso, fino a 2.500 $,
troviamo i rimanenti paesi dell'Africa nera, i paesi arabi, gran parte dei
paesi latino-americani, diversi paesi
asiatici, alcuni paesi europei. Nel
segmento più alto
troviamo i più avanzati paesi latinoamericani, il resto dei paesi europei
dell'Est,e i meno sviluppati dei paesi
dell'Europa occidentale.
Nel gruppo dei paesi a PIL pro capite
elevato troviamo infine la massa dei
paesi europei occidentali e gli altri
pochi paesi del capitalismo avanzato:
abbiamo così ad esempio l'Italia
(15.000), la Francia (18.000), gli Stati
Uniti e la Germania (20.000 circa),
fino alla Svezia (21.500), il Giappone
(24.000) e la Svizzera (30.000).
Accanto alle disuguaglianze economiche va rilevato il differenziale
demografico.
Ora, se esaminiamo i dati a livello
internazionale in materia di natalità,12 possiamo notare agevolmente
come i tassi di natalità (nati vivi per
1.000 ab.) più elevati sono registrati
dai paesi con unquadro economicoorganizzativo tradizionale-arretrato
Ad esempio, il Burkina Faso è a livello 47,2 nati vivi per anno per 1.000
abitanti.
Viceversa, passando al gruppo dei
paesi a sviluppo intermedio e poi a
quelli a sviluppo avanzato, si nota
una decisa e progressiva riduzione
del tasso di natalità. Nel gruppo dei
paesi sviluppati, infine, si hanno tassi dell'ordine del 10-15 per 1.000: la
Germania è a 10,5; il Giappone a 11,4;
gli Stati Uniti a 15,4; l'Italia al livello
più basso in assoluto, 10,1.
Paolo VI non si nascondeva allora i
rischi legati a queste inaccettabili
disuguaglianze e lancia il monito
che resterà famoso sulla “collera
dei poveri”
«Una cosa va ribadita di nuovo: il superfluo dei paesi ricchi deve servire
ai paesi poveri. La regola che valeva
un tempo in favore dei più vicini deve
essere applicata oggi alla totalità dei
bisognosi del mondo . Ostinandosi
nella loro avarizia, non potranno che
suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili. Chiudendosi dentro la
corazza del proprio egoismo, le
civiltà attualmente fiorenti finirebbero con l'attentare ai loro valori
più alti, sacrificando la volontà di
essere di più alla bramosia di avere di
più. E sarebbe da applicare ad essi la
NOTE N° 30
parabola dell'uomo ricco, le cui terre
avevano dato frutti copiosi e che non
sapeva dove mettere al sicuro il suo
raccolto: «Dio gli disse: “Insensato,
questa notte stessa la tua anima ti
sarà ritolta”» (Lc 12,20). (Enciclica
Populorum Progressio, del 26 marzo
1967, n. 49)
Se veniamo ai giorni nostri, oggi
queste disuguaglianze sono ancora
più enormi, qualunque sia la fonte
alla quale si ricorra, tutte
mostrano che le disuguaglianze si
sono accresciute e sono sempre più
inaccettabili per la coscienza
umana. Userò ancora alcuni indicatori tradizionali della statistica
economica consapevole che non
rappresentano adeguatamente la
qualità di vita delle popolazioni,
ma comunque danno una misura
approssimativa ma significativa
delle enormi distanze nelle condizioni in cui versano i popoli.
Se confrontiamo alcuni indicatori
dell’Italia (PIL 25860 $/pc , nessun
cittadino che vive con meno di 2$
al giorno) con quelli di un paese
che noi del MASCI conosciamo
bene il Burundi (PIL 91 $/pc, il
58,4% vive con meno di 1$ al
giorno ed il 89,2% con meno di 2$
al giorno) la distanza è abissale, ma
anche se consideriamo i grandi
paesi di cui tutti parlano, anche
con una certa preoccupazione se
non allarme, per la fase di eccezionale sviluppo economico che
stanno attraversando, quegli stessi
indicatori ci dicono che il livello
delle disuguaglianze è inaccettabile
(Brasile PIL 3077 $/pc, il 8,2% vive
con meno di 1$ al giorno ed il
27,4% con meno di 2$ al giorno,
Cina PIL 1151 $/pc, il 16,6% vive
con meno di 1$ al giorno ed il
46,7% con meno di 2$ al giorno,
India PIL 557 $/pc, il 34,7% vive
con meno di 1$ al giorno ed il
79,9% con meno di 2$ al giorno) .
Cosa resta allora del messaggio della
“Populorum Progressio” che interpella
con forza la responsabilità dei credenti?
Tornando all’elemento centrale dell’enciclica: le inaccettabili disuguaglianze ed
ingiustizie presenti nel mondo possiamo
rilevare che non c’è stata la “collera dei
poveri” che la Populorum Progressio
paventava ma stiamo assistendo, spesso
con grande preoccupazione alla “rivoluzione mite del grande esodo” dai
paesi della povertà e della violenza ai
paesi opulenti: un fenomeno migratorio
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di popoli , un’esodo inarrestabile, che
forse può essere guidato e governato ma
certamente non arrestato. Questa è oggi
la inattesa reazione epocale ai drammi
della disuguaglianza.
Ai tempi dell’Enciclica gli stranieri presenti nel nostro paese superavano di
poco le centomila unità ed erano per lo
più studenti, operatori economici, rappresentanti di istituzioni; oggi le statistiche della Caritas stimano la presenza,
tra regolari ed irregolari, in più di 4 milioni e mezzo per lo più delle categorie più
povere ed emarginate.
Un fenomeno enorme e rapidissimo che
genera paura, violenza e rigetto, che fa
rinascere anche nei paesi cosiddetti civili
sentimenti di xenofobia e di razzismo
che pensavamo cancellati per sempre.
Una reazione che nasce dalla “paura del
diverso”, una paura profondamente
radicata nel cuore dell’uomo e che si può
combattere solo con forti investimenti
culturali ed educativi anche se la politica
e la buona amministrazione debbono
fare la loro parte. Una paura del diverso
che genera “fantasmi”, in particolare:
• la sicurezza, un tema vero ma va
rigettata con forza l’equazione
immigrati-criminalità, come noi
rigettiamo
l’equazione
meridionali-mafiosi o italiani corrotti; siamo chiamati a combattere
criminalità, mafia, corruzione con
tutte le nostre forze della legalità e
del diiritto ovunque si manifestano
senza pregiudizi. Dobbiamo
comunque essere consapevoli che
la criminalità, tutte le forme di
criminalità, ricercano la loro mano
d’opera dove maggiori sono le
condizioni di povertà, di esclusione, di marginalità. Per questo è
necessario che si riconosca che
solo nel riconoscimento dei diritti
, nel superamento delle situazioni
di esclusione marginalità si realizza
l’opera più efficace contro la
criminalità e contro le tentazioni
del terrorismo fondamentalista.
• il lavoro, dobbiamo dire con forza
che l’affermazione che “gli stranieri
tolgono lavoro agli italiani” è falsa;
fin dagli anni ’60 nelle regioni a
più alto tasso di disoccupazione (le
nostre regioni meridionali)
venivano arruolate stagionalmente
grandi masse di extracomunitari
per i lavori di raccolta: dei pomodori, degli agrumi,..; lavori che
nessun italiano voleva più fare perché ritenuto inadeguato alle condizioni scolastiche raggiunte, perché eccessivamente gravoso, perché svolto spesso in condizioni
disumane ed in assenza di ogni diritto; questa situazione non è camPAGE 8
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biata, Anzi forse è peggiorata e
genera talvolta fenomeni di rivolta
come è avvenuto a Castel Volturno
e a Rosarno. Risalendo la penisola
troviamo che gradualmente si va
assistendo che alcune tipologie di
lavori sono svolte solo da personale “straniero” (nel mondo dell’edilizia, nel mondo delle attività
alimentari, ..) in alcune zone del
nord si va affermando questa presenza nelle fabbriche e nelle officine; senza contare l’immenso
campo dei lavori di cura per i nostri bambini, i nostri anziani, i nostri disabili. Una forza lavoro, come
si sarebbe detto una volta, che
rappresenta un patrimonio ed una
ricchezza eccezionale per il nostro
paese:
• gli spazi ed i servizi: un’altra affermazione molto di voga è “ gli stranieri ci precedono nelle graduatorie scolastiche e degli asili, nell’assegnazione delle case, occupano
posati letto negli ospedali,…”. Il
nostro stato sociale, che ha rappresentato uno delle forme più avanzate al mondo, nasce dal rispetto
della Costituzione repubblicana.
Uno stato sociale che si fonda sulla
universalità delle prestazioni e
della qualità dei servizi e sulla
selettività della partecipazione ai
costi. Non c’è dubbio che nell’applicazione di questi due principi
spesso ci sia un elemento di vantaggio per chi si trova nelle condizioni di maggiore povertà. Ma
ciò che va combattuto con forza è
ogni tentazione di “guerra tra poveri”. Oggi dobbiamo trovare le
ragioni per rafforzare lo stato sociale, magari innovandolo, combattendo tutti coloro che suylla bvase
di un pensiero unico neo-liberista
e del dominio della legge di mercato tende a smontarlo, conservando i criteri di universalità e
selettività.
• l’identità: è l’ultimo e più insidioso
fantasma, quello che nasce
dall’idea che “il diverso” rappresenti un pericolo ed una minaccia,
invece che un opportunità. La nostra identità di 55 milioni di italiani
non è certo messa in pericolo da
4,5 milioni di stranieri appartenenti a decine di etnie culture, fedi
religiose diverse. E’ messa in pericolo dalla nostra debolezza culturale dalle nostre carenze educative, dall’incapacità a creare “coesione sociale” con vecchi e nuovi
cittadini, dal nostro rinchiuderci in
piccoli egoismi di gruppi sempre
più ristretti, quando non solo indi-
NOTE N° 30
viduali, dall’indebolirsi della difesa
della legalità, dall’aver smarrito
quel comune riferimento civile e
delle regole democratiche che
trova il suo fondamento nella Costituzione della Repubblica. Siamo
consapevoli di queste nostre debolezze, ma preferiamo crearci nemici immaginari. Non voglio nascondermi che il dialogo, l’accoglienza, l’integrazione non siano
processi complessi e presentino
gravi difficoltà, ma occorre guardarli con l’occhio sereno che sa
guardare alla società di domani,
occorre che la scuola, le istituzioni
pubbliche, i corpi intermedi siano
luoghi reali di incontro di dialogo e
di accoglienza.
Questo fenomeno delle migrazioni di
massa negli anni della P.P. era di dimensioni limitatissime anche se Paolo VI ne
parla con parole profetiche nei punti 6769
“Noi non insisteremo mai abbastanza
sul dovere dell'accoglienza - dovere di
solidarietà umana e di carità cristiana - che incombe sia alle famiglie,
sia alle organizzazioni culturali dei
paesi ospitanti. Occorre, soprattutto
per i giovani, moltiplicare le famiglie e i luoghi atti ad accoglierli. Ciò
innanzitutto allo scopo di proteggerli
contro la solitudine, il sentimento
d'abbandono, la disperazione, che
minano ogni capacità di risorsa morale, ma anche per difenderli contro
la situazione malsana in cui si
trovano, che li forza a paragonare
l'estrema povertà della loro patria col
lusso e lo spreco donde sono circondati. E ancora: per salvaguardarli
dal contagio delle dottrine eversive e
dalle tentazioni aggressive cui li
espone il ricordo di tanta «miseria
immeritata».(48) Infine soprattutto
per dare a loro, insieme con il calore
d'una accoglienza fraterna, l'esempio
d'una vita sana, il gusto della carità
cristiana autentica e fattiva, lo stimolo ad apprezzare i valori spirituali.”
E’ l’attuale Pontefice che riprende questo
tema ponendosi esattamente in continuità con la Populorum Progressio nella
sua bella Enciclica “Caritas in veritate”.
Un altro aspetto meritevole di attenzione, trattando dello sviluppo
umano integrale, è il fenomeno delle
migrazioni. È fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali,
economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazi-
WWW.MASCI.IT
MARZO 2010
onali e a quella internazionale. Pos- parlare alle coscienze con un linguaggio
siamo dire che siamo di fronte a un nuovo.
fenomeno sociale di natura epocale, Questi processi culturali ed educativi
• impongono un modo nuovo di
che richiede una forte e lungimirante
politica di cooperazione internazionpensare la pace e lo sviluppo, i vecale per essere adeguatamente affronchi modelli del pacifismo tradizitato. ….Tutti siamo testimoni del
onale, anche se coinvolgenti ed
carico di sofferenza, di disagio e di
appassionanti, sono oggi insuffiaspirazioni che accompagna i flussi
cienti, non bastano più le marce
migratori. Il fenomeno, com'è noto, è
anche se di milioni di persone, non
di gestione complessa; resta tuttavia
basta più dire no alla guerra, no ai
accertato che i lavoratori stranieri,
trafficanti d’armi; occorre pensare
nonostante le difficoltà connesse con
alle cause dei focolai di violenza in
la loro integrazione, recano un conSud America, nell’Est dell’Europa,
tributo significativo allo sviluppo
in Africa, occorre pensare alla vioeconomico del Paese ospite con il loro
lenza legata alle mafie , è di grande
lavoro, oltre che a quello del Paese
valore l’ultimo documento della
d'origine grazie alle rimesse finanziCEI su Chiesa e mezzogiorno, ocarie. Ovviamente, tali lavoratori
corre pensare al potere delle mafie
non possono essere considerati come
ed al narcotraffico in tutto il
una merce o una mera forza lavoro.
mondo che ogni hanno fa più vitNon devono, quindi, essere trattati
time di tante guerre guerreggiate,
come qualsiasi altro fattore di prosolo in Colombia muoiono ogni
duzione. Ogni migrante è una peranno, per violenza legata prevalensona umana che, in quanto tale, postemente al narcotraffico, più persiede diritti fondamentali inaliensone di quante ne muoiono nelle
abili che vanno rispettati da tutti e
guerre accertate o negli atti di terin ogni situazione
rorismo; occorre pensare al Sudan,
Parole severe ed impegnative
alla Somalia, al Burundi; occorre
E’ in questa prospettiva che il messaggio
pensare ai regimi di dittatura viofondamentale della Populorum Progreslenta presente, anche se non se ne
sio resta “il nuovo nome della pace è lo
parla, in tante parti del mondo,
sviluppo”, ma uno sviluppo che oggi va
sono stati necessari i monaci budconiugato con la lotta alle disuguaglidisti per rivelare al mondo la situaanze; non si può parlare dello sviluppo
zione del Myamar. Pensare alla
pensando solo alla crescita dei paesi più
pace, significa pensare a tutto
poveri, alla lotta alla povertà, alla fame,
questo e come questo è profondaalla malattia, all’ignoranza, all’assenza di
mente legato a condizioni di sotdiritti che assilla la gran parte dell’utosviluppo e all’affermazione di
manità e che chiede giustizia. Non si può
grandi interessi economici che non
parlare di sviluppo se non cresce la culriguardano solamente le èlites di
tura dell’accoglienza dell’integrazione e
pochi ma interessano milioni di
del dialogo e che è inarrestabile il campersone, e che impongono modelli
mino verso una società sempre più interculturali e di comportamento che
culturale, interetnica ed intereligiosa.
riducono l’uomo a “consumatore”
• impongono nuove responsabilità
Occorre dire con forza che non ci può
essere sviluppo globale dell’umanità
dei mondi vitali delle società civili:
senza una scelta di sobrietà e di accoglic’è bisogno che il mondo associaenza dei popoli ricchi ed opulenti. Una
tivo riassuma il gusto dello studio,
cosa facile a dirsi ma in effetti un operadella ricerca, della presa di coscizione molto difficile perché, solo ad evoenza e dell’assunzione di responsacarlo, risveglia tutti gli individualismi e
bilità in termini culturali ed educatutti gli egoismi individuali e collettivi.
tivi. Occorre che i testi e le testiL’elemosina è sempre possibile perché
monianze di Yunus e di Amartya
tocca il superfluo, la sobrietà e l’accogliSen non siano solo libri da tenere
enza tocca modi di essere, stili di vita
sul comodino, da sfogliare prima di
consolidati, mette in discussione la
addormentarsi, ma che divengano
speranza materiale dei singoli.
testi di studio e di riflessione perFino a quando una straordinaria moltisonale e comunitaria. Le associazitudine di Lazzaro busserà alla porta di
oni di promozione sociale, il vouna minoranza di ricchi senza ricevere
lontariato, le ONG hanno svolto
risposte, ma solo elemosine, la pace sarà
un ruolo fondamentale in questi
sempre lontana e in pericolo
anni ma molto spesso il loro imPer questo non basta la politica, neanche
pegno si è circoscritto al “progetse si avverasse il sogno di un’autorità
tare” ed al “fare”. E questo progetmondiale, occorrono grandi processi cultare e fare li ha condotti o ad un
turali e grandi processi educativi, occorre
nobile isolamento o a qualche
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NOTE N° 30
forma di dipendenza dal potere
politico ed economico; oggi è il
tempo dell’autonomia da ogni
dipendenza ma è anche il tempo
delle “relazioni forti” per creare un
pensiero nuovo capace di affrontare le sfide della cultura e dell’educazione civile nel XXI° secolo,
per rimettere al centro l’uguaglianza della dignità della persona e
dei suoi diritti tra tutti gli abitanti
del pianeta..
• impongono di rivedere i paradigmi
della politica: occorre che la politica assuma in pieno la responsabilità di guidare i grandi processi
di cambiamento senza subalternità
rispetto ad altri poteri a partire da
quelli economici e finanziari, che
sappia evitare i rischi di una mal
interpretata “democrazia del consenso” che rende la politica ostaggio di piccoli interessi particolari.
Al tempo stesso è necessario che la
politica abbia la consapevolezza
del “limite della politica” rispetto
alla cultura, alla scienza, ai movimenti della società civile e per
certi versi anche rispetto all’economia.
• impongono una nuova teologia politica: Giovanni Paolo II nella
“Centesimus Annus” parlava della
Dottrina Sociale della Chiesa
come teologia morale, e se è teologia ha i caratteri della ricerca, della
riflessione, dell’approfondimento e
dell’aggiornamento continuo, non
come ritiene qualche “laico devoto” come una gabbia, corpus rigido ed immodificabile di norme e
di prescrizioni. Abbiamo bisogno
di una teologia politica non eurocentrica ma globale che sappia assumere i temi delle gioie e delle
speranze, dei dolori e delle sofferenze di tutta l’umanità e di ogni
uomo in un mondo che cambia
…insomma ci riguardano tutti da vicino.
Diceva Paolo VI:
“…tutti.., vorranno, non ne dubit i a m o, a m p l i a re i l l o r o s f o r z o
comune e concertato allo scopo di
aiutare il mondo a trionfare dell'egoismo, dell'orgoglio e delle rivalità, a
superare le ambizioni e le ingiustizie,
ad aprire a tutti le vie di una vita più
umana, in cui ciascuno sia amato e
aiutato come il fratello dai fratelli.”
Concludendo, se questa è la sfida, io
credo che movimenti ed organizzazioni
come lo scoutismo giovanile ed adulto,
proprio per la loro vocazione educativa e
culturale, abbiano oggi grandi responsabilità.
Per questo come MASCI abbiamo inserito nel nostro Statuto e nel nostro Patto
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Comunitario la Mondialità come elemento caratterizzante il movimento.
Ma… dobbiamo fare di più.
C’è una profezia nell’educazione che non
è leggere il futuro, ma leggere il presente
in profondità per preparare un futuro
migliore.
Riccardo Della Rocca
Presidente Nazionale MASCI
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MARZO 2010
NOTE N° 30
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INCONTRO SULLA BRANCA R/S
25 febbraio 2010
riflessione di Riccardo Della Rocca
“la Branca RS nei primi anni
dell’AGESCI”
MARZO 2010
interrogativo che le due branche vivono
“Costruiamo il nostro tempo”
in quegli anni: La Branca R (o S) deve
rappresenta la felice sintesi alla quale si
essere soltanto una proposta educativa
giunge.
per i giovani o deve trasformarsi in un
Una sintesi che parte da un’idea
“movimento di giovani” che
fondante di educazione.
responsabilmente prende parte attiva
L’educazione non è un rinviare non è
nella vita della società e della Chiesa?
solo un preparare al futuro, ma è
Provo un certo imbarazzo perché “noi
Voglio soffermarmi su questo punto
soprattutto aiutare e consentire “qui ed
adulti” quando parliamo di cose che
perché è quello che più fortemente
ora” ogni persona, in particolare i giovani
abbiamo vissuto con grande intensità
determinerà gli sviluppi futuri non solo
ma non solo, a vivere con pienezza,
tanti anni prima, siamo portati sempre a della Branca ma di tutta l’Associazione.
autenticità, capacità critica e
dire con una punta di rimpianto “ai miei
responsabilità il proprio tempo e la
tempi” come se quelli fossero i tempi
propria condizione.
Da questo punto di vista le due
delle cose giuste, mentre ogni tempo è
Branche giovanili vivono vicende
Se questa definizione di educazione è
tempo delle cose giuste.
parallele, si sviluppa per ambedue un
vera, allora la Branca RS è un’esperienza
Per questo io preferirei parlare delle
confronto molto impegnativo talvolta
educativa che proprio per la sua natura
cose che mi appassionano oggi, vorrei
duro ed aspro, al loro interno, ma
chiama ad impegnarsi e a
parlarvi della proposta del MASCI e
sopratutto all’interno delle rispettive
compromettersi nella storia.
della sfida dell’educazione degli adulti.
associazioni.
Comunque vi ringrazio dell’invito,
La Branca rover trova il suo momento
Una conclusione molto impegnativa
non mi sottraggo al compito che mi
più significativo nella Route Rover delle
sulla quale tutto lo scautismo dovrebbe
avete assegnato e cercherò di svolgerlo
Camosciare dal Tema “Il mondo dei
tornare sempre a riflettere.
con il maggior equilibrio possibile.
giovani è il tuo mondo” che concludeva
E’ la conclusione che dà un senso
la cosiddetta “campagna d’apertura”, ma
anche a quell’ “educazione degli adulti”
Non si può parlare delle aspettative e poco tempo dopo l’allora Commissario
che oggi rappresenta il mio maggiore
dei progetti della nuova branca RS dopo Centrale alla Branca Nino Cascino era
impegno.
costretto alle dimissioni per un forte
la fusione ASCI e AGI se non lo si
dissenso all’interno del Consiglio
colloca all’interno del processo
Un approccio che nel tempo andrà
Generale ed il direttore della rivista dei
complessivo che ha condotto alla
modificandosi, già nella indimenticabile
rover “Strade al Sole” Romano Forleo
fusione.
Route ai Piani di Pezza nel 1986 qualcosa
veniva destituito.
Tutto questo lungo percorso che ha
era cambiato, lo stesso tema “Pronti a
La Branca scolte trova il suo
condotto alla scelta educativa della
partire: le scelte per un mondo che
momento più significativo nella Route
coeducazione e alla fusione AGI-ASCI
cambia” in qualche modo rinviava ad un
Scolte di Monterubbiano dal Tema
(due aspetti concettualmente separati
dopo per il quale prepararsi più che ad
“Scolte per un ordine nuovo”, ma poco
anche se non indipendenti) trova, alla
dopo per i forti dissensi sorti nell’ambito un oggi da vivere con pienezza.
fine degli anni ’60 primi anni ’70, le
Ma questo lo racconterà qualcun altro
dell’Assemblea Nazionale AGI a
Branche R e S come principali
io mi atterrò a quei primi anni ‘70
Mondragone tutta la Squadriglia
protagoniste, e questo non per meriti
Nazionale Scolte (Francesca Cantù) dava
particolari ma per tre motivi specifici:
La Branca quindi viveva due impegni
altrettanto forti: da un lato una ricerca
la condizione giovanile di quegli anni, le dimissioni e così pure tutta la
redazione della bella rivista delle scolte
rigorosa della proposta metodologica,
nella scuola, nell’università, nei posti di
“La
Tenda”
(Anna
Folicaldi),
forse
la
più
dall’altro l’attenzione costante al mondo.
lavoro e nei luoghi di incontro rendeva
bella
rivista
mai
prodotta
dallo
scautismo
sempre più difficile immaginare una
Sul piano del metodo la ricerca si
e
dal
guidismo
italiano.
proposta per giovani da realizzare in
mosse dalla convinzione che solo una
Questi eventi traumatici non
ambienti separati tra ragazze e ragazzi.
proposta impegnativa ed esigente sul
interrompono
questo
cammino
di
Un’esigenza sicuramente molto meno
piano delle esperienze e sul piano dei
riflessione
e
di
sperimentazione,
al
avvertita nelle fasce d’età più giovani
comportamenti potesse essere
contrario la riflessione e la ricerca
convincente ed attraente per i giovani.
Il metodo delle due Branche, salvo
proseguono più intense proprio mentre
alcuni aspetti marginali, si presentava
Non è un caso che in quel periodo per
sempre
più
forte
si
avvia
la
sostanzialmente uguale, lo confermava
la prima volta anche la Branca RS
collaborazione
tra
Branca
Rover
e
uno studio realizzato da un gruppo di
diventa opportunità di ingresso nello
Branca
Scolte
fino
a
giungere
nel
1973
lavoro congiunto della Branca R e della
scautismo e si ha il suo più alto tasso di
alla
Route
Nazionale
Capo
Clan-Capo
Branca S ai primi anni ’70. Cosa che non
crescita.
Fuoco
Napoli-Pompei
che
sancisce
si poteva dire nelle branche più giovani:
Per questo:
dove il metodo Jungla ed il metodo delle definitivamente, anche se
L’esperienza della Route era
Coccinelle presentavano grandi diversità, informalmente, la fusione delle due
l’esperienza centrale, una “strada”
branche; Route dove si affronta anche il
ed anche nella fascia d’età
impegnativa, dura, aperta all’avventura,
dell’adolescenza, mentre la Branca E, pur tema del Noviziato, riconoscendo pari
all’incontro esigente con l’altro
dignità a quello annuale e a quello
aggiornando il metodo e gli strumenti
biennale a condizione che si collochino
Anche l’esperienza della Comunità
restava fedele alle intuizioni originali di
all’interno della stessa esperienza RS.
tendeva ad essere una proposta esigente
B-P, la Branca G si muoveva verso una
Questo lungo travaglio trova alla fine il
sul piano dei comportamenti, dei ritmi
più radicale destrutturazione del
suo
momento
culminante
nel
1975
alla
di vita, delle esperienze, anche se
metodo.
Route Rover e Scolte della Mandria che
spregiudicata e aperta alla fantasia,
Ma l’elemento più significativo è
conclude questo lungo dibattito sulla
quindi un esperienza coinvolgente
rappresentato dallo stesso decisivo
natura della Branca e che nel tema
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NOTE N° 30
Il Servizio individuale era quasi
esclusivamente, fin dal primo anno,
“servizio associativo pieno”, non si
parlava di “rover in servizio” ma di
Aiuto-Capo a pieno titolo e con pienezza
di responsabilità. Allo stesso tempo il
servizio extra-associativo era di solito
servizio comunitario di tutto il Clan in
situazioni di particolare disagio: le
borgate, la case di rieducazione per
minorenni,…
Nella definizione permanente del
metodo si privilegiò la strada del Patto
piuttosto che quella delle Regole,
ritenendo che le Regole fossero spesso
una scorciatoia . Le Regole chiudono i
recinti, il Patto significa aprire la strada
per un cammino comune.
Per questo, in questa fase fu posta
pochissima attenzione al problema delle
“regole”: il metodo, ferme le sue
indicazioni fondamentali, maturava nella
vita stessa della Branca: le Route Capi
Cla-Capo Fuoco, incontro che si
realizzava circa una ogni 4-5 anni e
segnava dei punti fermi sia sul metodo
che sui contenuti , i Campi Scuola di 2°
tempo che non erano solo luoghi di
“trapasso delle nozioni” ma momenti
informali di elaborazione , gli incontri
della Pattuglia (spesso con gli IIRR), le
pubblicazioni, soprattutto la rivista
(prima Strade Aperte e La Tenda, poi
Camminiamo Insieme): la rivista era sì la
rivista dei ragazzi ma era anche il luogo
dove si costruiva e maturava
l’attualizzazione del metodo e per questo
era strumento fondamentale per i Capi.
Così si veniva realizzando una
comunità nazionale dei capi della branca
uniti da un comune sentire.
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anche le paure che nascono da questa
relazione (“ask the boy”).
Il mio racconto si interrompe qui in
questa fase che si conclude con la Route
Capi Clan Capo Fuoco del 1978 sulle
colline intorno a Firenze.
Ho continuato anche negli anni
successivi a mantenere rapporti con la
Branca, sia perché sono tornato a fare il
Capo Clan sia per il rapporto di amicizia
che mi legavano ai Responsabili alla
Branca e ai componenti la Pattuglia
Nazionale.
Un rapporto intenso fino alla Route
dei Piani di Pezza, un rapporto che è
divenuto più saltuario man mano che
aumentava il mio impegno nello
“scautismo degli adulti”, ma forse è
giunto il momento di trovare occasioni
più frequenti di riflessione comune tra la
Branca ed il MASCI.
Mentre si sviluppava la riflessione sul
metodo, contemporaneamente cresceva
l’attenzione al mondo nel quale i giovani
si trovavano a vivere la loro esperienza.
Per questo la prima grande iniziativa
che fu avviata dopo La Mandria fu il
progetto “Lettura del mondo dei
giovani”. Progetto che presentava due
aspetti: non solo una lettura scientifica
sul piano metodologico, realizzammo
infatti uno studio sul mondo dei giovani
insieme a Gioventù Aclista in
collaborazione con il PAS, ma
soprattutto sottolineando l’importanza
di quella lettura che nasce
dall’osservazione educativa e che va
aldilà degli stereotipi. Un progetto che
aldilà dei risultati del momento fu
importante perché ribadì che ruolo
primario del Capo è: leggere la realtà del
ragazzo e la sua relazione con il mondo
che lo circonda, leggere la realtà del
ragazzo con le attese, le speranze ma
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MARZO 2010
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Note n° 30 del 22 marzo 2010