Tesori dal passato.
Arte e storia in dieci anni di acquisizioni
Beni Artistici e Storici
Trentino
Q del
UADERNI
23
Della stessa collana
Beni Artistici e Storici del Trentino.
Quaderni
1. Dipinti veneti restaurati dalla chiesa di
Tiarno di Sotto, catalogo mostra a cura di
Elvio Mich, 1990.
2. Dalle chiese delle Giudicarie Esteriori.
Un esempio di catalogazione, catalogo mostra a cura di Ezio Chini, Floriano Menapace, 1991.
3. Una storia per immagini. La fotografia
come bene culturale, catalogo mostra a cura
di Floriano Menapace, 1996.
4. Le pitture murali della cappella di S.
Martino nel Castello di Stenico, a cura di
Giovanna Fogliardi, 1996.
5. Catalogazione e sistemi informatici
I.C.C.D.-P.A.T. Esperienze a confronto, Atti
della giornata di studio (Trento, 21 ottobre
1996) a cura di Daniela Floris, Luciana
Giacomelli, 1998.
12.Dalla testa ai piedi. Costume e moda in età
gotica, Atti del Convegno di Studi (Trento,
7-8 ottobre 2002) a cura di Laura Dal Prà,
Paolo Peri, 2006.
13.L’Officina dell’arte. Esperienze della Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, Atti
della Giornata di studio (Trento, 27 maggio
2004) a cura di Luciana Giacomelli, Elvio
Mich, 2007.
14.L’oreficeria d’Oltralpe in Italia, Atti della
Giornata di studio (Trento, 18 aprile 2005)
a cura di Daniela Floris, 2007.
15.“Figure a rilievo, e così al vivo”: sculture di
Maffeo e Andrea Olivieri, di Claudio Strocchi, 2008.
16.I disegni di Jacopo Antonio Pozzo: l’album
di Milano, a cura di Francesco Suomela Girardi, 2008.
6. Giuseppe Maria Crespi e altri maestri bolognesi nelle collezioni di Castel Thun, catalogo mostra a cura di Elvio Mich, 1998.
17.“Quadri a fiori e frutti”. Dipinti di natura
morta in Castel Thun e nei musei trentini, a
cura di Elvio Mich, 2009.
7. Giuseppe Garbari. Fotografie di montagna. 1893-1895, catalogo mostra a cura di
Floriano Menapace, 1998.
18.La quadreria dei Cappuccini. I dipinti dei
secoli XVI-XIX nei conventi della Provincia
Tridentina di Santa Croce, di Elvio Mich,
2010.
8. Le vie del Gotico. Il Trentino fra Trecento e Quattrocento, a cura di Laura Dal
Prà, Ezio Chini, Marina Botteri Ottaviani,
2002.
9. Affreschi medievali in Trentino. L’eremo
di S. Paolo a Ceniga e il suo restauro, a cura
di Laura Dal Prà, 2003.
10.I Giongo di Lavarone: botteghe e cantieri
del Settecento in Trentino, Atti della Giornata di studio (Lavarone, 1 ottobre 2004)
a cura di Morena Bertoldi, Luciana Giacomelli, Roberto Pancheri, 2005.
11.Argenti del Nord. Oreficerie di Augsburg
in Trentino, catalogo mostra a cura di Daniela Floris, 2005.
19.Affreschi medievali in Trentino. La chiesa
di San Pietro in Bosco di Ala, a cura di Claudio Strocchi, 2011.
20.Passaggi a nord-est. Gli stuccatori dei laghi
lombardi tra arte, tecnica e restauro, Atti del
Convegno di Studi (Trento, 12-14 febbraio
2009), a cura di Laura Dal Prà, Luciana
Giacomelli, Andrea Spiriti, 2011.
21.Francesco Guardi nella terra degli avi.
Dipinti di figura e capricci floreali, catalogo
mostra a cura di Elvio Mich, 2012.
22.Muse trentine. Materiali per la storia di
collezioni e di musei, a cura di Laura Dal Prà,
Marina Botteri, 2013.
Tesori dal passato.
Arte e storia in dieci anni di acquisizioni
a cura di
Laura Dal Prà
Luciana Giacomelli
Testi di
Innocenzo Bertoletti, Gianluca Bocchi, Laura Bragagna, Marina Carmignani,
Domizio Cattoi, Raffaella Colbacchini, Laura Dal Prà, Giovanni Dellantonio, Martina Dissegna,
Giuliana Ericani, Salvatore Ferrari, Daniela Floris, Stefania Franzoi, Guido Gerosa, Luciana Giacomelli,
Alberto Groff, Michelangelo Lupo, Elvio Mich, Roberto Pancheri, Antonello Pandolfo,
Alessandro Pasetti Medin, Stefanie Paulmichl, Paolo Peri, Roberto Perini, Ugo Pistoia, Maria Silvia Proni,
Francesca Raffaelli, Emanuela Rollandini, Giuseppe Sava, Patrizia Segatta, Claudio Strocchi,
Alessandra Tiddia, Maria Luisa Tomasi, Stefano Volpin
PROVINCIA AUTONOMA
DI TRENTO
– 2014 –
© 2014 - PROVINCIA AUTONOMA
DI TRENTO
Tutti i diritti riservati – Nessuna parte di
questo libro può essere riprodotta o trasmessa in
qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico,
meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta
dei proprietari dei diritti e dell’editore.
Provincia autonoma di Trento
Assessore alla Cultura
Tiziano Mellarini
Comunità della Val di Non
Presidente
Sergio Menapace
Dirigente generale del Dipartimento
Cultura, turismo, promozione e sport
Sergio Bettotti
Assessore alla Cultura
Laura Cretti
L’iniziativa è stata realizzata da
Soprintendenza per i Beni Storico-artistici,
librari e archivistici
Dirigente
Laura Dal Prà
Sostituto del Dirigente
Ermanno Tabarelli de Fatis
Direttore dell’Ufficio Beni librari
e archivistici e Archivio Provinciale
Armando Tomasi
Comune di Sanzeno
Sindaco
Marcello Bonadiman
Vice Sindaco
Paolo Pellizzari
Assessore alla Cultura
Alessandro Branz
Centro Culturale d’Anaunia Casa de Gentili
Coordinatrice
Lucia Barison
Direttore con incarico speciale per le
attività amministrative e giuridiche a
supporto della soprintendenza
Luigi Ferenzena
In collaborazione con
Servizio Attività Culturali
Dirigente
Claudio Martinelli
TESORI
dal passato : arte e storia in dieci anni di acquisizioni / a cura di Laura Dal Prà, Luciana
Giacomelli ; testi di Innocenzo Bartoletti ... [et al.]. – Provincia autonoma di Trento, 2014. –
448 p. : ill. ; 28 cm. – (Beni artistici e storici del Trentino. Quaderni ; 23)
ISBN 978-88-7702-369-8
1. Patrimonio culturale – Trentino – Esposizioni – Sanzeno-Trento – 2014-2015 2. Opere
d’arte restaurate – Trentino – 2004-2014 – Esposizioni – Sanzeno-Trento – 2014-2015 3.
Trento (Provincia) – Acquisizioni – 2004-2014 – Esposizioni – Sanzeno-Trento – 2014-2015
I. Dal Prà, Laura II. Giacomelli, Luciana III. Bartoletti, Innocenzo IV. Trento (Provincia)
702.8
Tesori dal passato.
Arte e storia in dieci anni di acquisizioni
Sanzeno, Casa de Gentili
20 giugno 2014 - 12 ottobre 2014
Trento, Torre Vanga
21 novembre 2014 – 1° febbraio 2015
Coordinamento e organizzazione
dell’iniziativa
Laura Dal Prà e Luciana Giacomelli
Mostra e catalogo a cura di
Laura Dal Prà e Luciana Giacomelli
Redazione del catalogo
Sonia Tamanini con la collaborazione di
Martina Dissegna
Stesura dei testi dei pannelli in mostra
Daniela Floris
Segreteria amministrativa della mostra
Maria Bertolini, Martina Dissegna con la
collaborazione di Annalisa Colanese e Paola
Zotta
Segreteria organizzativa della mostra
Patrizia Segatta con la collaborazione di
Martina Dissegna
Ricerche iconografiche
Martina Dissegna, Roberto Paoli, Stefanie Paulmichl
Elaborazione immagini
Marino Degasperi
Comunicazione e promozione
Katia Malatesta e Patrizia Pizzini con la
collaborazione di Giuliana Tavernini
Logistica e assistenza tecnica alla
movimentazione delle opere
Sergio Chini, Dino Franceschini, Vito
Mazzurana, Antonello Pandolfo, Roberto
Perini, Francesca Raffaelli, Paolo Poier, Maria
Luisa Tomasi con la collaborazione di Lorenzo
Odorizzi e Roberta Zuech
Progetto espositivo
Michelangelo Lupo
Allestimento
Magil snc Falegnameria – Civezzano (Tn)
Trasporti
Tomasi Arte - Trento
La Soprintendenza per i Beni Storicoartistici, librari e archivistici, la Comunità
della Val di Non e il Comune di Sanzeno
ringraziano per la collaborazione e le
preziose indicazioni: William Belli, Alessandra
Benacchio, Martina Bona, Marcello Bonazza,
Marco Bonifazi, Jarno Bontadi, Luciano
Borrelli, Michele Bortoli, Deborah Cagol,
Franco Cagol, Giuliana Campestrin, Neva
Capra, Monica Cavicchi, Barbara Cesaro,
Valentina Ciancio, Giuseppe Cirillo, Alessandro
Cont, Gianpaolo Daicampi, Doretta Davanzo
Poli, Alessandra Di Castro, Alessandra
Facchinelli, Serena Ferrari, Filippo Maria Ferro,
Alberto Finozzi, Luca Gabrielli, Alessandra
Galizzi - Kroegel, Guido Gerosa, Giovanni
Godi, Francesca de Gramatica, Gabriella
Graziadei, Mariano, Giorgio e Giacomo
Groppa, Marco Guida, Tanaka Kioko, Wolfram
Koeppe, Ute Küppers-Braun, Marco Leonardi
Scomazzoni, Maria Chiara Leonori, Anna
Lo Bianco, Stefano L’Occaso, Neri Mannelli,
Christine Mathà, Daniel Mascher, Hiroko T.
Mc Dermott, Massimo Merz, Eleonora Mich,
Alberto Mosca, Sergio Pelone, Michele Pilati,
Ugo Pistoia, Katia Pizzini, Clare Pollard, Sara
Retrosi, Francesco Rossi, Marcello Sardelli,
Giuseppe Sava, Annalisa Scarpa, Davide
Sestieri, Giancarlo Sestieri, Giandomenico
Spinola, Francesca Tancini, Andrea Tomezzoli,
Chiara Tozzi, Claudia Valeri, Luisanna Verdoni,
Claudio Vicenzi
Si ringraziano per la disponibilità
le seguenti istituzioni:
Bologna, Fondazione Federico Zeri
Bolzano, Archivio Provinciale
Venezia, Fondazione Querini Stampalia
Operatori di custodia
Annalisa Amurri, Lorenza Bovati, Irene
Clementi, Loredana Concas, Melania Dodic,
Pamela Ilabaca, Franco Parisi, Daria Pegoretti,
Danilo Saffer (Cooperativa Movitrento,
Coordinamento Antonella Sterni)
Servizio di valorizzazione di beni culturali ed
artistici - intervento 19/2014 Comunità della Val
di Non
Laura Dal Prà e Luciana Giacomelli
ringraziano in particolare
Monsignor Luigi Bressan, Arcivescovo di Trento,
Ermanno Tabarelli de Fatis
e Elvio Mich
La mostra dal titolo Tesori dal passato. Arte e storia in dieci anni di acquisizioni si colloca tra le iniziative che meglio testimoniano la stretta compenetrazione
tra le attività di studio, conservazione e promozione del
patrimonio culturale all’interno di una visione strategica dello sviluppo locale. Costituisce infatti l’esito di un
lavoro paziente e complesso, fondato su una conoscenza
profonda del territorio e della sua storia, ma anche su
oculate valutazioni per una gestione ottimale delle risorse pubbliche ai fini dell’incremento delle collezioni
provinciali e della loro fruizione da parte della collettività.
Oggetto del percorso sono per l’appunto le preziose
testimonianze d’arte e storia trentina che la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari e archivistici
ha acquisito in dieci anni di ricerche sul mercato antiquario, ma anche grazie a relazioni fruttuose con il
collezionismo privato, in uno spirito di fiducia e condivisione per i fini della tutela e della valorizzazione di
un’eredità culturale comune.
Si tratta in molti casi di oggetti sino ad oggi inediti, sottoposti a indagini multidisciplinari e a delicati
restauri che hanno contribuito in modo determinante
alla conoscenza del contesto culturale e della storia di
ogni manufatto, riportato all’antico splendore. Grazie
alla fattiva collaborazione tra storici dell’arte, chimici e restauratori, i beni vengono quindi ‘consegnati’ al
pubblico in condizioni di nuova leggibilità e con il corredo di puntuali schede critiche e di restauro, che non
di rado aggiornano e puntualizzano le precedenti ipotesi
cronologiche ed attributive, inquadrandone la genesi e
le vicende collezionistiche.
Sviluppandosi successivamente in due sedi, a Sanzeno presso il Centro Culturale d’Anaunia Casa de Gentili in collaborazione con la Comunità della Val di Non
e il Comune di Sanzeno, e quindi a Trento, presso Torre
Vanga, nel periodo invernale, la mostra offre un nuovo
contributo al dialogo e all’integrazione tra il capoluogo
e le valli, confermando la validità di quella logica di
rete che in questi anni si è imposta come metodo e linea guida delle politiche culturali trentine. Non vanno
sottovalutate inoltre le importanti ricadute educative e
divulgative connesse alla esuberante varietà tipologica
dei ‘tesori’ selezionati per la mostra: quadri e sculture,
ma anche libri, tessuti, oreficerie, arredi e oggetti di uso
quotidiano databili dal Rinascimento alla prima metà
del XX secolo, utili alla ricostruzione di quel complesso
mosaico di forme, significati, tecniche e saperi artigianali – in una parola, di civiltà – che ancora una volta
smentisce ogni classificazione gerarchica tra arti ‘maggiori’ e ‘minori’.
Dopo questa prima, significativa presentazione, le
opere verranno assegnate alle istituzioni museali provinciali, a cominciare dal Castello del Buonconsiglio,
vocato fin dalla sua fondazione nel 1924 al compito di
conservare ed esporre le tracce dello sviluppo culturale
della ‘piccola patria’ trentina. Sarà questo il coronamento di un processo che vede impegnata l’amministrazione
non solo sul fronte del controllo e della salvaguardia del
patrimonio culturale diffuso, ma anche nella formazione e nell’accrescimento di raccolte sempre più in grado
di rappresentare l’evoluzione della cultura e del gusto, e
così di incentivare, senza localismi, l’approfondimento
dell’identità storica della nostra comunità.
Assessore alla Cultura
Tiziano Mellarini
Il percorso espositivo intitolato Tesori dal passato.
Arte e storia in dieci anni di acquisizioni, ideato e curato dalla Soprintendenza per i Benti Storico-artistici, librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento,
non è ospitato casualmente nell’antica dimora gentilizia
comunemente chiamata Casa de Gentili, sede dal maggio
2012 del Centro Culturale d’Anaunia. Sotto l’egida di un
titolo che assicura un salto nel passato attraverso un percorso guidato e di rigore scientifico, che un ente deputato
alla salvaguardia, tutela e valorizzazione del patrimonio
culturale come la Soprintendenza può garantire, anche la
dimora gentilizia di Sanzeno non potrà che contribuire
all’evocazione di un tempo passato ricco di arte, storia e
tradizione. Ecco allora che, accanto alla Soprintendenza,
anche la Comunità della Val di Non e il Comune di Sanzeno, si muovono in sincronia verso la valorizzazione di
epoche lontane, allo scopo di restituire i beni prodotti in
un dato tempo, far rivivere le dimore gentilizie e creare
così percorsi di fruizione pubblica dedicati alla memoria e all’acquisizione d’una maggiore consapevolezza di
un’eredità comune. La rete di collaborazione che una
valle come la nostra non esita a promuovere - ove vi si
intravvede un guadagno che per la cultura non è solo di
natura economica ma sensoriale, emozionale e formativa - rende doveroso un saluto introduttivo che menzioni
chi ha investito e creduto nel progetto di promozione e
valorizzazione della cultura di Valle attraverso il Centro
Culturale d’Anaunia. La Provincia autonoma di Trento,
tramite il Servizio Attività Culturali, l’Associazione Culturale Giovanni Battista Lampi e il Bim dell’Adige, con
il Comune di Sanzeno e la Comunità della Val di Non,
sono giustappunto gli attori di un progetto che – siamo
consapevoli - dovrà mutare pelle, maturando e reinventandosi per sostenere le sfide future. Ma se l’eredità culturale acquisita grazie a tutte le iniziative, ideate, promosse
o sostenute dal Centro Culturale d’Anaumia– come la
mostra di cui sopra - hanno determinato il formarsi di
una splendida livrea, non possiamo che affrontare con
entusiasmo la stagione che verrà, sia essa estate o inverno.
La sfida della cultura è sempre aperta.
Assessore alla Cultura della
Comunità della Val di Non
Laura Cretti
Sindaco di Sanzeno
Marcello Bonadiman
Sommario
10
Laura Dal Prà
Perseveranza e patrimonio culturale.
Dal punto di vista dei beni mobili
Secolo XV-XVI
38
Luciana Giacomelli
Alessandro Vittoria. Conferme e ritrovamenti
48
Giovanni Dellantonio
Due di dodici con Giove Ammone: i falconetti di
Gregor Löffler per Sigismondo Thun datati 1554,
Carlo V e il rame di Ferdinando I d’Asburgo
72
Francesca Raffaelli
Sacri legni restaurati:
il caso di una Madonna in trono
81
Marina Carmignani
Merletti nell’abbigliamento
della prima metà del ‘600
177
Schede 23 - 69
Secolo XVIII
274
Daniela Floris
“Un calice d’argento mezo adorato con n. 3
patene…”. Elementi decorativi nelle opere sacre
di Filippo Sola (1683 - 1750)
280
Elvio Mich
Domenico Zeni ritrattista per i Wolkenstein
291
Schede 70 - 113
Schede 1 - 22
Secolo XVII
110
Elvio Mich
Opere di Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone
nella collezione Wolkenstein
114
Elvio Mich
“Il suo pennello era morbido e vigoroso”. Giuseppe
Alberti: precisazioni e nuove proposte attributive
128
Elvio Mich
Pietro e Marco Liberi a Trento
e l’esordio di Nicolò Dorigati
146
Domizio Cattoi
Un percorso a ritroso nella biografia di Lorenzo
Haili (con una postilla al coro dell’Inviolata
a Riva del Garda)
156
172
Secolo XIX
356
Alessandra Tiddia
Fra Neoclassicismo e Romanticismo,
fra Europa e America: Fraccaroli,
scultore dei due mondi
373
Schede 114 - 166
Secolo XX
428
Roberto Perini
Tra incisione e fotografia.
Luigi Ratini e le sue stampe
437
Schede 167 - 187
446
Referenze fotografiche
a cura di Stefanie Paulmichl
Paolo Peri
Costumi aristocratici del XVII secolo
9
Al personale tutto della Soprintendenza,
cui sono debitrice, come direttore dell’Ufficio Beni
Storico-artistici del Servizio Beni Culturali dal 1994,
e poi, dal 1° gennaio 2004 al 30 maggio 2014, quale
dirigente della Soprintendenza, della disponibilità a
maturare insieme ideali etici, impegno civile, spirito di
squadra, nella costante tensione a tutelare, conservare
ed incrementare il patrimonio culturale della nostra
terra.
Trento, venerdì, 30 maggio 2014
Perseveranza e patrimonio culturale.
Dal punto di vista dei beni mobili
Laura Dal Prà
Un dipinto, insolito non tanto per la sua connotazione stilistica quanto per il suo significato allegorico,
fa parte della selezione di opere presentate nel volume. Per quelle strane coincidenze alle quali mette
di fronte il ‘caso’, umanisticamente inteso, nella distribuzione tra i colleghi delle opere da studiare chi
scrive si era assunta il compito di decifrarne il significato (sch. 23), scoprendo alla fine che si trattava della personificazione della Perseveranza (fig. 1), nemica
dell’Instabilità e della Leggerezza1. San Tommaso d’Aquino vi riconosce un’importanza particolare, connessa alla Fortezza e alla Costanza, dal momento che
“nell’attendere lungamente a qualche cosa di difficile
c’è una speciale difficoltà; la perseveranza regge l’ani-
mo a questo, la perseveranza quindi è virtù ed è virtù
speciale.” (Summa Theologica, quaest. 137).
Apprezzando l’architettura allegorica della tela,
inevitabilmente il pensiero è passato a collegare tale
riflessione al lavoro di tutela, conservazione e valorizzazione che viene svolto dalla Soprintendenza,
sviluppando la propria azione nel tempo, o meglio,
nei tempi brevi e lunghi che vengono impressi dalle vicende del patrimonio culturale, oggetto sia di
degrado che di riscatto, di dispersione ma anche di
recupero, di poca attenzione e talvolta, alla fine, della giusta considerazione e notorietà. Bastino queste
poche righe per comprendere come la perseveranza
sia effettivamente una dote che le strutture di tutela
L’affiancamento per contrasto della perseveranza con i due
difetti citati è sviluppato in linguaggio simbolico da Antonio
Francesco Doni nelle sue Pitture (A. F. Doni, Pitture del Doni,
academico pellegrino, a cura di S. Maffei, Napoli 2004, pp. 227228), e poi nella Zucca nell’edizione definitiva del 1565: “La
Perseveranza, una femina la quale abbracci un lauro; e sta in
mezzo alla Instabilità et alla Leggerezza. Questa è tutta alliata,
alle mani, a’ piedi, agli omeri et alla testa, vestita di piuma finissima; e l’altra si siede sopra un drago che ha due stelle; nel capo
una e nella coda l’altra.” (A. F. Doni, Pitture del Doni, academico
pellegrino, cit., pp. 144-145).
1
11
Fig. 1 Pittore di ambito veneto, Personificazione allegorica della Perseveranza, particolare (acquisizione del 2012)
coltivano e praticano nell’ambito dei loro molteplici
compiti, raggiungendo traguardi magari individuati
da lunga pezza ma resi possibili tra tanti impedimenti
solo grazie alla continua tensione verso tali obiettivi
e a programmi di sviluppo a medio e lungo termine
che portano a individuare strade, a intessere rapporti,
a operare con sicurezza amministrativa e normativa.
L’incremento delle raccolte provinciali, normato
ai sensi della legge provinciale n. 1 del 17 febbraio
2003, art. 5, c. 2 e affidato alla Soprintendenza per i
Beni Storico-artistici, librari ed archivistici, rientra a
buon diritto in questo alveo di azione, dal momento
che la linfa vitale per la presenza efficace dell’amministrazione nel cogliere le migliori opportunità proviene proprio dalla capillare attività dei funzionari della
struttura di tutela del territorio, rafforzata costantemente dallo studio delle fonti, delle antiche collezioni
da tempo disperse, delle famiglie e delle personalità
più note che la terra trentina ha visto crescere nei secoli, e altrettanto ravvivata da quella curiositas colta
che li fa visitare depositi pubblici, dimore private,
raccolte amorevolmente composte da appassionati.
Una vicinanza al territorio e alla gente che ci vive che
non manca di stimolare anche quel fenomeno di donazione di materiali documentari che va letto quale
esito di un lavoro non occasionale e che talvolta viene
concretamente riconosciuto dalle persone più sensibili al bene comune tanto da contribuire direttamente
e liberalmente al loro incremento.
Ma non solo. In molti casi, alcuni dei quali presentati già in questo contesto espositivo, gli studi condotti dopo l’acquisto formale hanno potuto non solo
confermare la validità della decisione presa ma anche
giungere a scoperte storico-critiche che hanno addirittura incrementato la significatività dell’opera e con
essa – non va dimenticato - il suo stesso valore economico. Ma il vero valore aggiunto, nella considerazione a tutto campo della valenza e della potenzialità del
nostro patrimonio culturale, risiede nell’ampliamento
delle collezioni pubbliche il quale non deve essere
visto come mero fattore di accrescimento quantitativo della documentazione storico-artistica in nostro
possesso, bensì fattore moltiplicatore di possibili contestualizzazioni disciplinari allorché le nuove opere
sono messe in collegamento con esemplari già presenti nelle raccolte museali, e accrescono in maniera
esponenziale la capacità dell’istituzione che viene ad
accoglierle di progettare nuove iniziative allestitive
e nuove proposte didattiche. Come scrive Giovanni
Romano, “il passato è per tanta parte imprevedibile e
la ricerca storica ne va scoprendo ogni giorno aspetti
inesplorati, che urgono alle porte del museo.2” E pertanto l’incremento delle raccolte non va visto come
azione che può essere anche accantonata o privata di
continuità nel tempo, dal momento che il rischio è
quello di rendersi conto, troppo tardi, di aver trascurato di raccogliere elementi importanti per la nostra
storia culturale.
Proprio per questo suo radicamento nell’azione
della struttura di tutela svolta in settori talvolta non
immaginati – l’impegno alla tutela dei reperti mobili
della Prima Guerra Mondiale, per fare un solo esempio - la mostra e il volume che la correda hanno la peculiarità di presentare un insieme di opere di diversa
origine, natura ed epoca, rendendo ovviamente arduo
sia il lavoro di selezionare per exempla gli oggetti che
potessero ‘interagire’ secondo nessi di contiguità in
un’esposizione non strettamente tematica, sia l’impegno dell’allestitore, peraltro garantito dall’esperienza
di un Michelangelo Lupo: tutte disiecta membra, testimonianze materiali allontanate dal contesto per i
quali erano state create, con la sfida di rintracciare e
spiegare il perché esse esigevano di essere assicurate
alla fruizione pubblica.
G. Romano, Acquisti e doni per un museo, 1970-1995, in Il
tesoro della città. Opere d’arte e oggtti preziosi da Palazzo Madama,
catalogo della mostra a cura di S. Pettenati e G. Romano, Torino
1996, pp. 7-8: 7.
2
12
Alla ‘pubblica fruizione’
Tre iniziative analoghe precedono la presente
rassegna, a partire dalla storica mostra Restauri ed
acquisizioni 1973-1978, coordinata da Bruno Passa-
mani per conto del neonato Assessorato alle Attività
Culturali all’indomani del passaggio delle competenze dallo Stato alla Provincia autonoma di Trento in
materia culturale3. L’arco temporale che va dal 1979
al 1993 venne poi coperto dall’iniziativa dal titolo Un
museo nel Castello. Acquisizioni, contributi, restauri, curata dalla scrivente4, mentre quello successivo fino al
2003 venne affrontato dalla mostra intitolata Gli incanti dell’arte. Dieci anni di acquisizioni al Castello del
Buonconsiglio, promossa dal museo in collaborazione
con l’allora Ufficio Beni Storico-artistici del Servizio
Beni Culturali5.
In prospettiva diacronica, anche grazie alle mostre
appena ricordate, emerge evidente che l’incremento
delle raccolte è stato strettamente dipendente dalle
risorse economiche messe a disposizione del settore cultura da parte dell’amministrazione provinciale
senza beneficiare di altre fonti finanziarie, e in questa
sede non sono considerati i fondi acquisiti nell’ultimo decennio in particolare per l’Archivio Fotografico Storico. Dal confronto tra il ‘rapporto’ fornito
dalla mostra del 1978, e quello stilato per le mostre
del 1994 e del 2003, risulta altrettanto chiaro che
all’avvio della gestione autonoma delle competenze
in materia culturale le risorse furono sostanzialmente
consacrate all’attività di conservazione e restauro del
patrimonio diffuso nel territorio, mentre in seguito
l’impegno a favore del consolidamento delle collezioni del costituendo Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto compromise giocoforza
le potenzialità di acquisto per le raccolte d’arte antica. Di fatto, un vero e significativo incremento del
patrimonio museale d’arte antica, di arti applicate e
di testimonianze storiche è registrabile a partire dagli
anni Novanta del XX secolo.
L’attuale mostra rende conto dell’importante stagione di acquisizioni dal 2004 in poi, iniziando a subire una leggera flessione negli ultimi tre anni, a causa
non solo della contrazione delle risorse economiche a
disposizione ma anche del loro orientamento a sostegno prioritario delle attività connesse alle categorie
professionali gravitanti attorno alla struttura di tutela,
in primis i restauratori. Innegabilmente, a parte la disponibilità di bilancio che ha permesso la tempestività necessaria ad intervenire in situazioni di possibile
dispersione di importanti testimonianze culturali, il
fatto che tale periodo coincida con l’avvio dell’attività
della Soprintendenza per i Beni storico-artistici dal 1°
gennaio 2004 non è da considerarsi casuale. La combinazione tra azione di tutela, controllo del territorio,
attenzione al mercato antiquario, cui sopra si è già
fatto cenno, nonché la convinzione della bontà di sviluppare tale filone per garantire solide potenzialità future alle collezioni, hanno infatti posto le basi ad una
concreta operatività anche a favore dell’incremento
del patrimonio da rendere disponibile alla ‘pubblica
fruizione’.
Ovviamente, a fronte della continua evoluzione
degli orientamenti circa la mission da conferire alle
strutture museali, l’attività della Soprintendenza
nell’assicurare documentazione in pericolo di dispersione si colloca nel collaudato e ormai secolare alveo
tracciato a suo tempo a partire dalle prime collezioni pubbliche trentine fino alla fondazione del Mu-
Restauri ed acquisizioni. 1973-1978, catalogo della mostra a
cura di B. Passamani, Trento 1978. Il passaggio delle competenze è per effetto del D.P.R. 1° novembre 1973 n. 690. Per completezza va comunque ricordato il volumetto curato da Nicolò
Rasmo come responsabile della Soprintendenza ai Monumenti
ed alle Gallerie per le Provincie di Trento e Bolzano, nel quale
gli “incrementi alle collezioni pubbliche” sono citati in sintesi
entro una pagina: Restauri e nuove accessioni nella Regione Trentino-Alto Adige 1964, Trento 1964, s.p.
mento “acquisizioni, donazioni, restauri, fruizione” e musei: L.
Dal Prà, Un museo nel Castello del Buonconsiglio. Riflessioni, in
Un museo nel Castello del Buonconsiglio. Acquisizioni, contributi,
restauri, catalogo della mostra a cura di L. Dal Prà, Trento 1995,
pp. 11-29.
3
Per ulteriori approfondimenti mi permetto di rinviare alla
nota redatta al tempo dalla sottoscritta a proposito dell’argo4
5
Cfr. Gli incanti dell’arte. Dieci anni di acquisizioni al Castello
del Buonconsiglio, catalogo della mostra a cura di L. Camerlengo
e F. de Gramatica, Trento 2003. Il volume ospita tra l’altro l’interessante e pertinente contributo di L. Camerlengo, Dall’albergo
al museo. Le origini delle pubbliche raccolte d’arte a Trento, ibidem,
pp. 13-27.
13
seo Nazionale presso il Castello del Buonconsiglio,
investito fin dall’inizio del compito di accogliere e
rappresentare le testimonianze della cultura trentina
nel corso dei secoli. Questa convergenza e ‘perseveranza’ di obiettivi emergono tra l’altro dalla lettura
dei contributi raccolti nel recente volume miscellaneo
pubblicato nel 2013 dalla Soprintendenza con il titolo
Muse trentine. Materiali per la storia di collezioni e di
musei6, grazie al quale, partendo dalla ricca rassegna
di istituzioni museali trentine indagate nella loro storia evolutiva, si rafforza la convinzione che rivolgere
lo sguardo all’indietro per poi nuovamente orientarlo
verso il futuro è un esercizio critico di grande valore e
forse di insospettata proficuità, come insegnavano gli
antichi classici nei confronti dell’immagine allegorica
della Prudenza.
Alla base di tale operato sta il principio che almeno alcune delle istituzioni museali locali fungano da
centro di raccolta e di documentazione delle testimonianze storiche ed artistiche del relativo territorio
anche a prescindere dalla possibilità della loro ostensione permanente, ovviabile, in una moderna concezione museologica, con un’adeguata organizzazione
dei depositi quali luoghi non solo di custodia ma anche di studio e di documentazione, in una declinazione operativa che faccia operare l’istituzione quale
struttura aperta alle sollecitazioni esterne e dinamica
nelle proposte di valorizzazione.
In questo senso il ruolo dell’amministrazione pubblica, e provinciale in particolare, è cruciale e l’impegno non deve affievolirsi, peraltro ricordando doverosamente la parallela attività condotta a favore delle
acquisizioni documentarie7, rappresentate in questa
sede dai rari volumi di Jean Baptiste Du Halde poi
consegnati alla Biblioteca del Castello del Buonconsiglio (sch. 88-89), dal manoscritto seicentesco di Vigilio de Vescovi sulla vita del principe vescovo Carlo
Emanuele Madruzzo (sch. 39) e da una pergamena
del 1671- esiguo acquisto, certo - ma con la particolarità importante di essere strettamente correlata a una
seconda pergamena presente nell’archivio della famiglia a Prato custodito nell’Archivio Provinciale (sch.
40), struttura presso la quale ambedue i documenti
verranno conservati.
Il particolare contesto normativo, che conferisce
alla Provincia autonoma di Trento piena competenza nel settore culturale, ha finora agevolato l’azione
anche in questo delicato settore, dal momento che
ha reso possibile il tempestivo intervento di individuazione delle opere, valutazione, trattativa e conclusione finale, con un processo decisorio interamente
condotto e concluso all’interno del territorio8, diversamente da quanto accade per l’analoga attività condotta dalle Soprintendenze statali. Altrove, come un
semplice spoglio bibliografico alla ricerca di pubblicazioni similari alla presente fa capire, la parte del leone
nella raccolta di opere prestigiose spesso a difesa di
dispersioni irreversibili oltre confine viene condotta
in maniera occasionale dalle più importanti istituzioni
delle maggiori città e più di frequente dalle fondazioni bancarie, che fortunatamente rispondono ad un’esigenza di presidio altrimenti non facilmente assolvibile dagli enti locali.
I frutti del lavoro condotto nell’ultimo decennio
sono ora illustrati senza quella pretesa di esaustività
ostacolata dalla stessa quantità e varietà della docu-
6
Cfr. Muse trentine. Materiali per la storia di collezioni e di
musei, a cura di L. Dal Prà e M. Botteri, Trento 2013 (“Beni Artisti e Storici del Trentino. Quaderni”, 22). Circa le motivazioni
iniziali del lavoro e i suoi esiti mi permetto di rinviare al contributo della scrivente, Tra memorie di collezioni e realtà di musei.
Interpretazione di un progetto maturato nel tempo, ivi, pp. 9-18.
Cristofolini. Non sono pertanto compresi nel presente volume
gli incrementi del patrimonio archivistico condotti nel decennio
preso in esame, ad eccezione di quelli effettuati nel 2013.
Si fa notare in proposito che con il mese di gennaio 2013 è
stata creata la Soprintendenza per i Beni storico-artistici, librari e archivistici, accorpando alla struttura di tutela storico-artistica quella di tutela archivistico-libraria, già guidata da Livio
7
14
8
È giusto ricordare che per la presente introduzione si sono
utilizzate anche le notizie raccolte da alcuni funzionari della
Soprintendenza in occasione delle ricerche preliminari alle acquisizioni solo in parte confluite in questo volume. Si ringrazia
per l’attività a suo tempo espletata Daniela Floris, Luciana Giacomelli, Alberto Groff, Elvio Mich, Roberto Perini, Ermanno
Tabarelli de Fatis.
mentazione acquisita. La selezione offerta in questa
occasione non esaurisce la vasta gamma di testimonianze sia artistiche che storiche individuate e raccolte per la ‘pubblica fruizione’, bensì offre una campionatura rappresentativa della varietà di materiali e, in
taluni casi, una selezione ristretta di intere raccolte,
come nel caso della quadreria Wolkenstein, della collezione Thun, dell’arredo di Palazzo Crivelli di Pergine Valsugana, dei merletti Zerauschek Lewis. Con
grande disponibilità funzionari e restauratori della
Soprintendenza nonché specialisti che hanno accettato di partecipare a tale sforzo si sono fatti carico di
catalogare i materiali, con risultati tali che, a riprova di quanto sopra esposto circa il valore aggiunto di
nuove testimonianze accanto a quelle già conosciute
e musealizzate, qualche argomento è poi ‘trasmigrato’ in quei contributi che aprono ciascuna sequenza
cronologica nella quale è suddiviso il volume e ampliano il puzzle del nostro patrimonio culturale con
nuovi tasselli.
Si susseguono così testimonianze afferenti alla città capoluogo e antica sede del Principato vescovile
trentino, ma anche al territorio. Grazie alla loro varietà è stato possibile ideare e progettare un’iniziativa espositiva nelle sale di Casa de Gentili a Sanzeno,
con la collaborazione del Comune di Sanzeno e della
Comunità della Val di Non, secondo linee allestitive
già positivamente sperimentate con la mostra Arte e
potere dinastico, curata dalla Soprintendenza nel 2007
quale anticipazione di quanto si sarebbe potuto vedere tre anni più tardi nelle sale di Castel Thun9. Proprio
in virtù della vasta campionatura di beni acquisiti non
è stato difficile immaginare anche l’organizzazione di
una seconda e successiva tappa della mostra, sfruttando le sale di Torre Vanga a Trento, dal 2007 punto
di catalizzazione delle iniziative di valorizzazione della struttura rivolte alla città, e, in collaborazione con il
Comune di Trento, il sofisticato spazio della Cappella
Vantini in Palazzo Thun, dove mettere in scena una
inedita rassegna di opere focalizzate su quel periodo
importante ma ancora poco apprezzato dai più, che è
l’Ottocento trentino10. Anche la scelta delle sedi espositive, territoriale e in sinergia con le amministrazioni
comunali anziché in luoghi deputati più autorevoli,
suoni in linea con la ‘perseverante’ ricerca di un rapporto tra Soprintendenza – collettività – territorio che
sostanzia la conservazione del patrimonio culturale e
la sua fruizione.
Arte e potere dinastico. Le raccolte di Castel Thun dal XVI al
XIX secolo, catalogo della mostra a cura di M. Botteri Ottaviani
– L. Dal Prà – E. Mich, Trento 2007.
storici di proprietà dell’Associazione “Museo aeronautico Gianni e Timina Caproni di Taliedo” di Roma, affidata in comodato
alla Provincia autonoma di Trento con Convenzione n. 12931 di
data 27 settembre 1988, poi sostituita con l’analogo contratto di
comodato n. 14530 di data 31 luglio 1991, in cambio dell’impegno di realizzare a Trento una struttura museale denominata
“Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni”, che viene inaugurato
il 3 ottobre 1992 per poi essere affidato in gestione al Museo
Tridentino di Scienze Naturali (ora MUSE).
9
10
Si rinvia in proposito a quanto meglio specificato in nota 30.
Dopo una complessa trattativa curata dalla struttura a partire dal 2010, con deliberazione della Giunta Provinciale n. 1913
di data 7 settembre 2012, viene acquisita la collezione di aeromobili, parti di aerei storici, motori, armamenti, documenti e cimeli
11
Collezioni non più a rischio:
Crivelli, Wolkenstein, Thun
Come già detto, la capacità operativa dell’amministrazione provinciale a farsi carico di garantire alla
‘pubblica fruizione’ testimonianze culturali altrimenti
a rischio si è rivelata fondamentale nel corso degli ultimi anni, anche nel seguire strade altrove difficilmente battute. Se il recente caso dell’acquisizione delle
collezioni del Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni (fig. 2), seguita dalla Soprintendenza e sostenuta
in parte dal Servizio Attività Culturali, esula per tanti aspetti da questo contesto11, esemplare in questo
senso è invece la positiva vicenda rappresentata da
Palazzo Crivelli, storica dimora di via Maier a Pergine
Valsugana, acquisita nel 2003 dal conte Guido Crivelli de Kreutzberg (o Montecroce), tramite l’esercizio
del diritto di prelazione per finalità pubbliche. Già in
precedenza l’allora Ufficio per i Beni Storico-artistici
del Servizio Beni Culturali aveva condotto l’acquisto del Ritratto di Gerolamo Luigi de Crivelli di Gio-
15
Fig. 2 Innocenzo Fraccaroli, Dedalo e Icaro, calco in bronzo
realizzato dalla Fonderia Battaglia di Milano, 1913/1924,
Trento, Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni
(acquisizione del 2012)
vanni Battista Lampi, datato 177912, e di importanti
esemplari di mobilio della stessa proprietà13, ma in
tale circostanza si condivise la preoccupazione che
almeno l’arredo storico del palazzo specificatamente
concentrato nelle stanze del piano nobile non venisse disperso, scongiurando l’eventualità – non troppo
rara - di raggiungere infine l’auspicato restauro di un
immobile rimasto nel frattempo desolatamente vuoto, e potesse anzi essere riallestito integralmente in
una sorta di ‘casa-museo’ di grande valore espositivo
e didattico. Nel 2004 vengono quindi acquisite dal-
Cfr. Gli incanti dell’arte, cit., pp. 76-77, sch. 28 (R. Pancheri).
12
Cfr. Gli incanti dell’arte, cit., pp. 278-279, sch. 265 (R.
Perini), p. 281, sch. 267 (R. Perini), p. 282, sch. 268 (R. Perini),
p. 285, sch. 271 (R. Perini).
13
16
la Soprintendenza oltre cinquanta opere tra arredi
e dipinti14, tra i quali spiccano un gruppo di mobili
intarsiati - cassettone con ribalta, tavolino da gioco
e due angoliere in pendant -, le grandi specchiere del
salotto e della sala da pranzo - quest’ultima di manifattura veneziana del XVIII secolo con lacche e specchi originali - un gruppo di ritratti di famiglia (ancora
Crivelli e Gentili), nonché un nucleo di interessanti
arredi ottocenteschi, dal Neoclassicismo al Biedermeier, all’Eclettismo, e in particolare l’intero mobilio neorinascimentale della sala da pranzo, realizzato
appositamente per la dimora da valenti artigiani locali. Non appaia curioso che nel lotto sia stata compresa anche la grande stadera ottocentesca esposta
in mostra (sch. 139), appartenente a una tipologia di
manufatti che testimonia concretamente una cultura
materiale complessa alla quale volgiamo poco la nostra attenzione, magari senza distinguerla da quanto
solitamente esposto nei musei etnografici. In attesa
che il destino del prestigioso palazzo venga definito
dall’amministrazione comunale e da quella provinciale, le opere acquisite sono state oggetto di interventi
di restauro e di studio che in questa occasione si presentano per la prima volta.
L’impegno della struttura di tutela nella direzione
già aperta con l’operazione su Palazzo Crivelli non
era tuttavia destinata a chiudersi con il conseguimento di tale traguardo. Infatti, nello stesso torno
di tempo, si affaccia l’opportunità di risolvere in via
definitiva un’intricata quanto annosa vicenda tutoria
ed ereditaria che interessava la cosiddetta Collezione
Wolkenstein, custodita nel recente passato a Castel
Toblino, il cui innegabile interesse storico-artistico e
documentario era stato sancito dall’amministrazione
provinciale con una ripetuta serie di provvedimenti
di vincolo a partire dal 197815 (figg. 3 - 4). Grazie alla
ricostruzione attenta e meticolosa dell’assetto eredi-
In questo volume sono presentate per la prima volta le
opere di cui alle schede 55, 69, 74, 81, 96-98, 101-102, 105-106,
111, 115-119, 124-130, 135, 138-142.
14
A dimostrazione del costante interesse a tutelare la collezione e a far sì che rimanesse in territorio trentino, con la
positiva conclusione del recente acquisto, si riportano di segui15
Fig. 3 Flavio Faganello, Collezione e archivio Wolkenstein in Castel Toblino con la contessa Anneliese Margareta Hässy, moglie di Karl
Josef Wolkenstein Trostburg, 1971, Trento, Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari e archivistici, Archivio Fotografico
Storico, Fondo Faganello
tario compiuta anche con ricerche fuori del territorio
nazionale e alla trattativa condotta con i proprietari,
per le quali chi scrive nutre speciale debito di riconoscenza verso Ermanno Tabarelli de Fatis, che fin
dall’inizio se ne è assunto il delicato compito, si sono
potute acquisire tutte le quote indivise della collezione con un’operazione avviata nel 2006 e conclusa nel
2009 tramite l’esercizio del diritto di prelazione ai
to i provvedimenti citati: Delibera della Giunta Provinciale n.
10.994 del 17 novembre 1978, con la quale viene riconosciuto
l’interesse storico-artistico di n. 123 dipinti e arredi presenti a
Castel Toblino; Decreto del Presidente della Giunta Provinciale
n. 2.230 del 20 novembre 1978, col quale gli stessi oggetti vengono dichiarati di interesse particolarmente importante; Delibera della Giunta Provinciale n. 3.947 del 27 aprile 1979, con la
quale viene nuovamente riconosciuto l’interesse storico-artistico
di n. 121 dipinti e arredi (restano esclusi due dipinti nel frattempo acquistati dalla Provincia autonoma di Trento a favore
del Castello del Buonconsiglio); Decreto del Presidente della
Giunta Provinciale n. 311 del 9 maggio 1979 in base al quale gli
stessi oggetti vengono dichiarati collezione di interesse particolarmente importante; Delibere della Giunta Provinciale n. 6.924
del 10 luglio 1980 e n. 13.019 del 12 dicembre 1980, con le quali
ulteriori n. 24 oggetti rimasti esclusi dagli elenchi dalle delibere
precedenti, vengono riconosciuti di interesse storico-artistico e
appartenenti anch’essi alla collezione; Decreto del Presidente
della Giunta Provinciale n. 609 del 18 dicembre 1980, col quale gli stessi oggetti vengono dichiarati facenti parte della collezione. Infine, allo scopo di contrastare possibili furti e/o illecite
estrazioni di singoli pezzi la Commissione Beni Culturali emette
in data 9 luglio 1980 l’ordinanza di ricovero della collezione nei
depositi dell’allora Museo Provinciale d’Arte.
17
Fig. 4 Flavio Faganello, Sala di Castel Toblino, 1971,
Trento, Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, librari e
archivistici, Archivio Fotografico Storico, Fondo Faganello
sensi degli artt. 60 e ss. del D.lgs. 42 del 22 gennaio
200416.
Con determinazioni n. 333 di data 7 dicembre 2006 e n.
336 di data 12 dicembre 2006 si è proceduto all’acquisto di una
prima tranche di quote indivise della collezione tramite esercizio
del diritto di prelazione, e lo stesso è stato portato a termine
con ulteriori determinazioni (nn. 319 e 320 di data 20 dicembre 2007; n. 131 di data 19 maggio 2008; n. 363 di data 1° dicembre 2008), di cui l’ultima e conclusiva, la n. 326, è di data
19.11.2009.
16
In questo volume sono presentate per la prima volta le
opere della collezione, di cui alle schede 21-22, 26-31, 34-38,
41-53, 60-65, 78, 85-86, 93-95, 107, 112-113, 121-122.
17
18
In tal modo la Provincia autonoma di Trento si è
assicurata una collezione storico-artistica di assoluto
prestigio, la cui varietà e valore già sono rappresentate da numerose schede del presente catalogo in
attesa che l’intero complesso venga restaurato, studiato e valorizzato17. Infatti, come dimostrano i più
recenti studi condotti in merito avvalendosi del deposito del cospicuo materiale documentario presso
l’Archivio Provinciale di Bolzano dopo una lunga
permanenza presso l’Archivio di Stato di Trento18, la
casata Wolkenstein è annoverata tra le più importanti
del territorio trentino-tirolese e in particolare il ramo
Wolkenstein Trostburg ebbe notevole peso anche in
Trentino, imparentandosi con le più importanti famiglie nobili locali, fra le quali i Madruzzo, da cui ereditarono beni e diritti attraverso Giovanna Madruzzo,
moglie di Albrecht Wolkenstein e sorella del principe
vescovo Carlo Emanuele19. Con la morte di quest’ultimo nel 1658 e l’estinzione della casata Madruzzo, i
Wolkenstein entrarono in possesso di Castel Toblino,
per poi acquisire nel 1679 Castel Ivano, ricevuto dalla
Casa d’Austria inizialmente come feudo pignoratizio
e poi a titolo perpetuo, mentre a Trento la famiglia
possedeva l’omonimo palazzo ubicato nell’antico
quartiere di S. Maria Maddalena in prossimità del
Castello del Buonconsiglio (fino al 1826).
Gli studi in corso sull’intera raccolta confermano
fin d’ora la validità dell’acquisizione, non solo dal
punto di vista del recupero di testimonianze storiche
uniche e intimamente connesse al territorio trentino, ma anche da quello squisitamente artistico, secondo scelte di gusto e di collezione che si stanno
Per la ricostruzione delle complesse vicende tutorie si rinvia a C. Roilo, Das Archiv Wolkenstein – Trosburg im Südtiroler
Landesarchiv, in Die Wolkensteiner. Facetten des Tiroler Adels in
Spätmittelalter und Neuzeit, a cura di G. Pfeifer – K. Andermann,
Innsbruck 2009 (“Pubblicazioni dell’Archivio Provinciale di
Bolzano”, 30), pp. 401- 413.
18
19
Per gli aspetti di cui si tratta si rinvia in particolare al saggio
di M. Bonazza, I Wolkenstein di Trento (1578-1826). Clonazione e
innesto di un sistema famigliare aristocratico, in Die Wolkensteiner,
cit., pp. 259-293.
Fig. 5 Manifattura tirolese, Mobile-archivio Wolkenstein, 1633, Stenico, Castel Stenico (acquisizione del 2012)
progressivamente delineando ben oltre i confini territoriali20. Nonostante alcune accertate dispersioni
avvenute nei primi decenni del XX secolo21, complessivamente la raccolta comprende oltre 130 opere, con netta preponderanza di dipinti dal XVII al
XIX secolo, ma arricchita anche da significativi pezzi
di mobilio22, come un grande armadio recante la data
1633, riccamente decorato ad intaglio e ad intarsio,
di manifattura tedesca e il mobile-archivio, con ante
e cassetti dipinti con stemmi, ancora manifattura tedesca dell’inizio del XVII secolo (fig. 5), destinato in
origine ad accogliere quella nutrita serie di pergame-
20
Si rinvia in proposito ai contributi di Elvio Mich in questo
volume.
Questioni di immagine. Il Fondo fotografico del Castello del Buonconsiglio: testimonianze e riflessioni, a cura di F. de Gramatica - F.
Suomela Girardi – R. Zuech, Trento 2013, pp. 53-101: 78.
Circa la vendita a Ugo Ojetti di tre dipinti di Franz von
Lenbach e di un pannello di cassone nuziale diviso in quattro
scomparti, facenti parte della collezione Wolkenstein custodita a
Castel Ivano, al termine della Prima Guerra Mondiale si veda L.
Dal Prà, L’Archivio Fotografico quale specchio dell’attività di una
Soprintendenza. Note preliminari sugli anni di Giuseppe Gerola, in
21
22
Nello specifico si tratta di n. 133 opere dal XVI al XIX
secolo: 71 ritratti (26 raffiguranti personaggi della famiglia
Wolkenstein), 29 soggetti religiosi, 7 soggetti mitologici e allegorici, 10 soggetti di genere, 8 paesaggi, 8 arredi e beni mobili
di vario genere.
19
ne che normalmente attestava i diritti patrimoniali
delle grandi casate e i vincoli matrimoniali.
È innegabile il fatto che l’operazione di assicurare
al territorio un complesso di tale importanza storica
ed artistica ha potuto poggiare su una disponibilità di
risorse non facilmente ripetibile. Altrettanto evidente,
tuttavia, accanto alla bontà intrinseca della stessa nei
confronti della tutela del patrimonio culturale del territorio, è che essa rafforza in maniera rilevante le potenzialità di valorizzazione e di ostensione del museo
del Castello del Buonconsiglio - alveo di conservazione alla quale è destinata -, potendo ‘interloquire’ con
le collezioni già presenti, con le quali condivide molti
aspetti di carattere storico ed artistico. In più, gradita
sorpresa frutto delle ricerche fin qui svolte, non mancano nella collezione alcuni preziosi ‘pezzi erratici’ da
lungo tempo persi di vista e invece confluiti nel patrimonio Wolkenstein per effetto di quelle strane strade
di dispersione che inducono talvolta a ricerche lontane
anziché verificare situazioni più prossime: così Elvio
Mich individua uno degli anelli mancanti della decorazione della cappella di Castel Toblino nelle tele con
le storie antoniane che attribuisce a Nicolò Dorigati,
presenti appunto nella quadreria della nobile casata
trentino-tirolese, ma compie anche un vero e proprio
aggiornamento sul corpus pittorico di Giuseppe Alberti
e, dulcis in fundo, incrementa il catalogo sia di Pietro
Liberi sia del Nuvolone, quest’ultimo con un dipinto
inedito che dalla Lombardia raggiunse il Trentino tra i
bagagli di una giovane ed altolocata sposa (sch. 28)23.
Ma non basta. Negli stessi anni, così vicini ma apparentemente resi così lontani dall’attuale crisi economica, giunge al culmine la grande avventura del
restauro e dell’apertura pubblica di Castel Thun, che
affianca in un unico grande cantiere la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici, quella per i Beni
Architettonici, e gli operatori del Castello del Buonconsiglio, del quale il maniero anaune è destinato
ad essere sede distaccata. L’impegno per consegnare
alla pubblica fruizione un importante caposaldo del
patrimonio culturale trentino anche in virtù del fatto
che il suo acquisto, risalente al 1992, aveva compreso,
oltre all’intero complesso immobiliare, sia l’arredo sia
la biblioteca sia il prezioso archivio, non si esaurisce
con l’inaugurazione del 17 aprile 2010. Anzi: a indiretta dimostrazione del potere della casata e del peso
da essa esercitato sia sull’antico Principato vescovile
tridentino sia nel panorama europeo fino almeno a
tutto il XIX secolo, in merito al quale ancora molto rimane da approfondire, si affacciano tuttora molteplici le occasioni di recuperare testimonianze materiali
del gusto estetico, delle inclinazioni collezionistiche,
delle modalità di vita dei suoi appartenenti e di ri-aggregare progressivamente attorno al maniero avito
quanto di significativo era stato allontanato nel corso
dei secoli24. Assolutamente di rilievo sotto questa pro-
23
Si vedano i contributi dell’autore in questo volume. Per il
dipinto di Pietro Liberi con l’Apparizione di Maria col piccolo Gesù
a sant’Antonio da Padova della quadreria Wolkenstein va menzionata la prima segnalazione di R. Pancheri, Pietro Liberi e il rinnovamento dell’iconografia antoniana in età barocca: un’aggiunta, in Le
arti a confronto con il sacro. Metodi di ricerca e nuove prospettive di
indagini interdisciplinare, Atti delle Giornate di studio (Padova, 31
maggio - 1 giugno 2007) a cura di V. Cantone - S. Fumian, Padova
2009, pp. 147-151. Dalla stessa raccolta, è di poco precedente
l’indicazione di un dipinto di Stephan Kessler con il Ritorno dalla
caccia, ad opera di E. Mich, Committenti e collezionisti trentini di
Kessler, in Stephan Kessler. 1622-1700. Un pittore tirolese dell’Età
di Ruberns, catalogo della mostra a cura di L. Andergassen e H.
Stampfer, Bolzano - Bressanone 2005 pp. 79-93: 87-89.
un elenco di opere disperse si rinvia a L. Dal Prà, <<Dopo quello
del Buonconsiglio, Castel Thun è il più bello e grandioso di tutta la
provincia…>>. Note intorno a un’antica e nuova realtà, in Arte
e potere dinastico, cit., pp. 15-36: 19-21 e E. Rollandini, Matteo
Thun e le arti. Le collezioni, il palazzo e il castello attraverso il suo
epistolario (1827 - 1890), Trento 2008, pp.68-80. Giova in proposito rammentare come anche in tempi non lontani, nel 1926, due
capolavori vennero venduti dall’allora proprietario del castello, il
conte Matteo III Thun, ovvero il Cristo e san Giovanni evangelista
nell’Ultima Cena di Giannantonio Guardi, ora in collezione privata, e il Santo in adorazione dell’Eucarestia di Francesco Guardi,
acquistato da Giuseppe Fiocco e donato dallo stesso nel 1928 al
Museo Nazionale di Trento (grazie a tale atto ora esposto nuovamente a Castel Thun): per l’aggiornamento critico sui due dipinti
si rinvia a E. Mich, I pittori di Mastellina “che fiorirono in Venezia”,
in Francesco Guardi nella terra degli avi. Dipinti di figura e capricci floreali, catalogo della mostra a cura di E. Mich, Trento 2012
In questo volume sono presentate per la prima volta le opere di cui alle schede 16-17, 56-59, 70-73, 79-80, 83-84, 114. Per
24
20
Fig. 6 Coredo, fraz. Tavon, Santuario di S. Romedio,
Biblioteca, Amando Friedenfelds, Gloriosus sanctus
Romedius ex comitibus de Thaur Andek, & Altae Guardiae
Dominis, Vallis Annaniae in Tyroli apostolus, Magnus
Thaumaturgus, & anacoreta, Archi-Episcopalibus in
Collegio S. Norberti per Georgium Samuelem Beringer,
Praha 1699, particolare
spettiva l’acquisizione di undici dipinti su tela raffiguranti nature morte, che erano stati trafugati nel 1990
da Castel Thun e recuperati il 27 giugno 2005 dai
Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Monza. Anche in questo caso la Soprintendenza provinciale si era trovata davanti a un problema
piuttosto complesso, dal momento che le tele erano
(“Beni Artistici e Storici del Trentino. Quaderni”, 21), pp. 13-73,
mentre per la loro fuoriuscita da Castel Thun si veda L. Dal Prà,
L’Archivio Fotografico quale specchio dell’attività di una Soprintendenza. Note preliminari sugli anni di Giuseppe Gerola, in Questioni
di immagine, cit., pp. 53-101: 77-78.
La portata del recupero e la rilevanza storico-artistica delle
opere riportate a Castel Thun sono tali da suggerire l’organizza25
comprese nel dispositivo di vincolo della collezione
di Castel Thun, al tempo effettuato nei confronti dei
proprietari con notifica del Ministero della Pubblica
Istruzione, con decreto del 26 febbraio 1974 ai sensi
dell’art. 5 della Legge 1° giugno 1939, ma le stesse
erano state stralciate dal contratto di vendita, sottoscritto tra i privati e Provincia autonoma di Trento
molto tempo dopo il furto. A tale ‘cortocircuito’ tutorio, che reintegrava i dipinti all’interno di una collezione unica ed indivisibile ed ormai passata in mano
pubblica, ma nello stesso tempo li restituiva al legittimo possesso privato, si ovvia con una delicata trattativa di acquisto, basata su una perizia che accerta
come la raccolta fosse costituita da importanti opere,
quattro delle quali riconosciute di mano di Jacob van
de Kerckhoven, detto Giacomo da Castello (sch. 5659), e quattro di mano di Paolo Paoletti (sch. 70-73),
artisti entrambi attivi a Venezia e fra i più importanti
pittori di natura morta di età barocca25.
Dopo questa importante operazione prosegue
ancora con successo l’impegno di colmare le lacune
nel patrimonio di oggetti mobili thuniani prodottesi
nel tempo, mettendo a frutto anche l’attività di studio e catalogazione svolta a carico di tutte le opere
pertinenti all’antico maniero. È così acquisita nel
2007, insieme ad altre opere, una serie di quattro
grandi incisioni dell’ultimo scorcio del XVII secolo,
estrapolate dal volume di Amando Friedenfelds del
1699 (fig. 6) e riproducenti con estrema esattezza gli
spaccati dell’interno della fastosa Cappella di S. Romedio presso la residenza thuniana di Choltz/Choltice in Boemia, eretta tra il 1683 e il 1692 per volere
del conte Romedio Costantino Thun ed ornata dalla
pala dell’altar maggiore di Johann Michael Rottmayr
zione di un’apprezzata mostra di presentazione presso Torre Vanga, nella quale le tele, attentamente restaurate, sono per la prima
volta studiate e messe a confronto con analoghi lavori provenienti
da altri musei italiani: “Quadri a fiori e frutti”. Dipinti di natura
morta in Castel Thun e nei musei trentini, catalogo della mostra a
cura di E. Mich, Trento 2009 (“Beni Artistici e Storici del Trentino. Quaderni”, 17). Sul recupero in particolare si veda L. Dal Prà,
L’apprezzamento del creato. Nature morte in mostra, ivi, pp. 9-13.
21
e dagli affreschi con la vita del santo titolare, eseguiti
da Johann Steger di Augsburg26; seguono, nel 2008,
due dipinti di Anton Enzinger, artista attivo presso la
corte vescovile di Chiemsee e in contatto con la famiglia Firmian, nonché specialista in scene di caccia e
di animali su supporti di piccolo formato, riunendoli
così alla serie presente in Castel Thun cui in origine
appartenevano (sch. 83-84), ma anche un’interessante bottiglia in vetro con stemma vescovile di Domenico Antonio Thun (1730-1748) o di Pietro Vigilio
(1776-1796) inciso ‘alla ruota’ in pendant con una già
presente tra le suppellettili del maniero ed esposta
alla mostra Arte e potere dinastico. Le raccolte di Castel
Thun dal XVI al XIX secolo del 200727, e infine le due
stampe a bulino del 1722, raffiguranti rispettivamente Giovanni Sigismondo Thun, nato a Castel Fondo
nel 1594, e Cristoforo Simone Thun, trasferitosi in
Boemia nel 1629 (sch. 79-80).
Fondamentale come atto ‘risarcitorio’ nei confronti delle avversità della storia rimangono comunque
l’individuazione sul mercato antiquariale inglese, in
virtù di una visita di chi scrive allo stand di Peter Finer. Antique Arms & Armour – Londra presso la prestigiosa mostra Tefaf 2008 a Maastricht, e il conseguente tempestivo acquisto nel 2009 di due di dodici
falconetti fatti fondere nel 1554 per il maniero anaune dal conte Sigismondo Thun, nato il 22 ottobre
1487 e morto tragicamente nell’incendio del castello
il 31 marzo 1569 (sch. 16-17)28. Per comprendere appieno il valore dell’operazione a vantaggio del patrimonio culturale trentino, per la quale è stato chiesto
il parere autorevole di Francesco Rossi, già direttore
dell’Accademia Carrara di Bergamo e tra i massimi
specialisti in armi antiche, basti dire che già nel 1858
la serie presente a Castel Thun era ridotta a cinque
esemplari mentre altri erano migrati nella Repubblica
ceca, a Děčín/Tetschen, feudo dei Thun Hohenstein
(uno dei quali esportato negli Stati Uniti nel 1961),
che nel 1933 venne venduto un esemplare all’asta del
Dorotheum di Vienna, e infine che nel 1989 ulteriori due furono battuti all’asta Semenzato di Venezia29.
Peraltro, lo stesso fatto di non essere stati fusi per
altri impieghi, come sovente accade sia in pace che in
guerra, testimonia indirettamente l’alta considerazione goduta nel tempo da tali pezzi, anche grazie alla
decorazione di sapore squisitamente rinascimentale.
Proprio in virtù della qualità delle opere ricondotte a Castel Thun, i risultati raggiunti già costituivano ragione di grande soddisfazione, ma una grossa
sorpresa doveva ancora giungere. Infatti, nel corso
dell’autunno 2007, una normale attività di verifica
stimolata da una comunicazione riservata apre un
insospettato filone di ricerca tutto incentrato sulle
vicende ereditarie di un insieme di opere thuniane,
giunte a Firenze in virtù del matrimonio tra il conte
Leopoldo Francesco di Castel Thun (1846-1900) e la
contessa Maria Giulia Gori Pannilini (1862-1935), e
poi trasferite in territorio trentino dal conte Bertold
Thun Hohenstein in esecuzione della volontà della
contessa Eleonora Thun, scomparsa nella città toscana nel 2002. Con grande emozione non si tarda a riconoscere tra i numerosi materiali ancora conservati
26
Le incisioni, ora prive di cornici, costituivano il corredo
illustrativo del volume di Amando Friedenfelds, Gloriosus sanctus Romedius ex comitibus de Thaur Andek, & Altae Guardiae
Dominis, Vallis Annaniae in Tyroli apostolus, Magnus Thaumaturgus, & anacoreta, Archi-Episcopalibus in Collegio S. Norberti
per Georgium Samuelem Beringer, Praha 1699. Sulla cappella si
rinvia a P. Preiss, Muros Dei. Die Thun’sche Schlosskapelle des hl.
Romedius in Choltice, in “Der Schlern”, 44, 1970, pp. 229-236.
28
Per un approfondimento storico-artistico si rinvia al contributo di Giovanni Dellantonio in questo volume.
27
22
Arte e potere dinastico, cit., pp. 240-241, sch. 82 (R. Zuech).
29
Cfr. G. Gerola, Discerpta et disiecta. Pezzi erratici trentini,
II – in “Studi trentini”, 17, 1936, pp. 305-307, E. Egg, Der Tiroler Geschützguss 1400-1600, Innsbruck 1961, p. 155 e L. Dal
Prà, “Dopo quello del Buon Consiglio, Castel Thun è il più bello e
grandioso di tutta la provincia…”. Note intorno a un’antica e nuova
realtà, in Arte e potere dinastico, cit., pp. 20-21.
la loro ubicazione. Dopo la dettagliata ricostruzione
della questione, la verifica della proprietà, la tempestiva imposizione di vincolo di interesse culturale ai
sensi degli artt. 13 - 15 del D. lgs. 22 gennaio 2004,
n. 42, la stima approfondita di ogni pezzo e la trattativa con il proprietario, conte Bertold Thun Hohenstein, conclusasi nel 2013, anche questo patrimonio
erratico viene assicurato al territorio trentino ed è ora
sottoposto alle prime operazioni di restauro e ai primi studi specialistici, destinati a breve a confluire in
una prima iniziativa espositiva nella Cappella Vantini
in Palazzo Thun a Trento30. Nella stessa occasione,
con personale soddisfazione della scrivente che fin da
subito ha intrattenuto cordiali rapporti con il conte
Thun, ritorna a casa anche il Ritratto di Raimondina
Thurn-Hofer e Valsassina, il prezioso busto marmoreo
dell’amata sposa di Matteo Thun, eseguito da Luigi
Ferrari nel 1841 (fig. 7): a sua volta lontano da Trento
da molto tempo, è stato infatti liberalmente donato
dal proprietario all’amministrazione provinciale, affinché possa nuovamente far mostra di sè nelle stanze
abitate dall’illustre ed invidiata coppia31.
“acciuffare l’Occasione”
tra arredi, suppellettili e dipinti, che superano i 200
pezzi, importanti opere di cui si conosceva l’esistenza
attraverso vecchie fotografie ma era ignota da tempo
Mentre ciò che i classici insegnano su come si raffigura la personificazione dell’Occasio, posta su una ruota e connotata da una testa calva con un svolazzante
ciuffo sulla fronte che permette di catturarla solamente
a quanti la vedono sopraggiungere, potrebbe essere la
chiave interpretativa dell’azione della struttura di tutela dei beni storico artistici, giocoforza dipendente da
In collegamento alla presente iniziativa di valorizzazione
delle acquisizioni effettuate tra il 2004 e 2013 è stata infatti ideata, in collaborazione con il museo del Castello del Buonconsiglio e con il Comune di Trento, una specifica esposizione di
alcune prestigiose opere comprese in tale acquisto e collegate a
Matteo Thun e alla sua sposa Raimondina Thurn-Hofer e Valsassina, riportandole ‘a casa’, ossia a Palazzo Thun, luogo di dimora abituale della coppia ed attuale sede del Comune di Trento, ed allestendole nel prezioso spazio della Cappella Vantini (21
novembre 2014 - 1° febbraio 2015): cfr. Ritorno a casa. Opere
ritrovate della collezione Thun, a cura di S. Ferrari e E. Rollandi-
ni, di prossima pubblicazione nella collana “in filigrana”. Alcune
opere di tale complesso sono state comunque già pubblicate,
dietro cortese autorizzazione del proprietario, da E. Mich, Volti
di patrioti. Ferdinando Bassi e i ritratti della famiglia Thun, in Non
ancora Italia. Temi risorgimentali dell’arte in Trentino, catalogo
della mostra a cura di L. Dal Prà, Trento 2011, pp. 35-53: 46-53.
31
Nel catalogo della mostra del 2007 la scultura era stata
pubblicata sotto ubicazione ignota: L. Dal Prà, “Dopo quello del
Buon Consiglio, Castel Thun è il più bello e grandioso di tutta la
provincia…”. Note intorno a un’antica e nuova realtà, in Arte e
potere dinastico, cit., p. 21.
Fig. 7 Luigi Ferrari, Ritratto di Raimondina Thun-Hofer e
Valsassina, 1841 (donazione del 2013)
30
23
Fig. 8 Pietro Ricchi, detto il Lucchese, Adorazione dei pastori, olio su tela, metà del XVII secolo (acquisizione del 2010)
quanto affiora sul mercato privato o antiquariale, il ‘binario’ di incremento segue tuttora una vecchia ma ancora insuperata deliberazione della Giunta Provinciale
(n. 5420 del 27 luglio 1979) che indicava la strada di
acquisizione di “opere di artisti trentini, come di artisti
che operarono nel Trentino e che influirono in modo
specifico e diretto sull’arte trentina”, aggiungendo “anche al di là delle sole esigenze espositive”, ovvero un
significativo ‘lasciapassare’ rispetto all’accumulazione
di documentazione materiale della cultura e, non ultimo, rispetto a tuttora ricorrenti preoccupazioni nei
confronti di depositi spesso ritenuti dall’opinione pub-
blica colmi, ‘invisibili’, e anche per questo alla fin fine
inutili dal punto di vista del loro utilizzo in prospettiva
anche economica. Forti di tale indirizzo e, soprattutto,
convinti della bontà delle riflessioni che vi erano alla
base, è rimasta alta l’attenzione verso le opportunità
che il mercato privato e quello antiquariale offrono in
tal senso. In una sequenza a titolo meramente esemplificativo, basti citare il prestigioso acquisto del Ritratto
virile attribuito ad Alessandro Vittoria (sch. 18), che
offre il destro a Luciana Giacomelli a tentare un’ulteriore e affascinante nuova ipotesi, tutta trentina, per il
grande scultore che ebbe i natali nella nostra terra32, la
Per un approfondimento storico-critico si veda il contributo di Luciana Giacomelli dal titolo Alessandro Vittoria. Conferme
e ritrovamenti, in questo volume. Si deve ad Andrea Bacchi la
consuleza scientifica preliminare all’acquisto dell’importante
opera.
32
24
splendida Adorazione dei pastori33, eseguita in pieno
Seicento da quel Pietro Ricchi detto il Lucchese
(fig. 8), cui dobbiamo altrettanto levigati dipinti murali nella chiesa dell’Inviolata di Riva del Garda, a loro
volta oggetto di un recente e vasto restauro da parte
della Soprintendenza34, la Sacra Famiglia di Jacob Zanusi, valente allievo di Karl Loth (sch. 82) e il dipinto di Giovanni Battista Lampi junior, collegato alla
grande pala della parrocchiale di Romeno (sch. 120).
Anche il settore delle arti applicate ha tratto qualche
giovamento, grazie all’occasione di acquisire il calice
di Filippo Sola (sch. 90), studiato da Daniela Floris
nel contesto dell’attività di questo importante orafo
trentino35, i due candelieri (sch.91-92) e un raro manufatto della seconda metà del XVII secolo, probabilmente una chiusura di caminetto, in lamiera ritagliata a seguire un articolato disegno floreale in origine
policromato36, il bicchiere in vetro soffiato e smaltato
del 1616 (sch. 24), ma anche gli stampi in rame (sch.
143-166), utili a integrare l’allestimento museale di
Castel Stenico, orientato a illustrare aspetti domestici
nel contesto delle dimore nobiliari trentine.
Una digressione merita tuttavia l’Ottocento, secolo indagato meno di quanto sarebbe necessario per
conoscere appieno il contributo assicurato a questo
inquieto periodo dagli artisti trentini e non, di volta in volta impegnati per colti membri della nobiltà
e dell’alta borghesia locali, anche in vista di un impegno ‘strutturale’ di documentazione che si ritiene
debba esercitarsi anche in momenti in cui l’attenzione dei musei non è rivolta alle stesse tematiche e le
opere delle raccolte pubbliche del XIX secolo non
Acquisto da mercato antiquariale con determinazione n.
227 di data 26.10.2010.
33
Giova ricordare che i lavori di restauro della decorazione interna dell’Inviolata sono stati condotti in diretta amministrazione dalla Soprintendenza per i Beni Storico-artistici della
Provincia autonoma di Trento negli anni 2004-2009 sotto la direzione lavori dell’arch. Ermanno Tabarelli de Fatis, l’assistenza
del geom. Sergio Chini, il controllo del restauratore Roberto
Perini e il supporto tecnico-scientifico del dott. Stefano Volpin,
ed eseguiti dal Consorzio ARS di Trento. Per quanto riguarda il
dipinto, è stato esposto in anteprima dalla Soprintendenza pres34
Fig. 9 Innocenzo Fraccaroli, Atala e Chactas, 1853, particolare
(acquisizione del 2011)
hanno ancora trovato spazi ostensivi permanenti. A
parte le testimonianze ottocentesche presenti nelle
collezioni Wolkenstein e Thun già illustrate e l’intimistico Ritratto infantile di Giuseppe Craffonara, il
maggior esponente del Neoclassicismo trentino (sch.
123), i dipinti ad olio del 1835 con la Veduta di Piazza
Duomo e la Veduta del Castello del Buonconsiglio del
veronese Giuseppe Canella, a suo tempo volute dal
conte Girolamo Malfatti per la sua collezione, sembrano invece riflettere già le limpide certezze positivistiche (sch. 132-133), ancor più evidenti se confrontate con la ‘pittoresca’ Torre Vanga riprodotta in una
rara carta da parati (sch. 131). Solo due anni prima,
so Torre Vanga già nel 2010 per poi essere affidato al museo del
Castello del Buonconsiglio: cfr. Pietro Ricchi a lume di candela.
L’Inviolata e i suoi artefici, catalogo della mostra a cura di M.
Botteri e C. D’Agostino, Mori (Tn) 2013, pp. 122-124, sch. 5 di
S. Ferrari (con bibliografia precedente).
Si veda anche il contributo della studiosa dal titolo “Un calice d’argento mezo adorato con n. 3 patene…” Elementi decorativi
nelle opere sacre di Filippo Sola (1693-1750) in questo volume.
35
Acquisto da mercato antiquariale con determinazione n.
374 del 9 dicembre 2008.
36
25
in un’atmosfera di tragico romanticismo, Innocenzo
Fraccaroli aveva finito di levigare le giovani membra
marmoree della coppia di Atala e Chactas (fig. 9), che
entrò a far parte della collezione della famiglia Salvotti de Bindis di Mori dal 1867 (sch. 136): prova
di una spiccata attenzione collezionistica della nobile
casata, già malauguratamente dispersa dopo la scomparsa della baronessa Annamaria Salvotti nel 2004
che lasciò i propri beni all’Unicef che, senza informare la Soprintendenza, due anni dopo mise all’asta
gli arredi del palazzo per finanziare le proprie iniziative umanitarie, e poi dalla stessa struttura di tutela riportata nel territorio di provenienza, ad essa si
affiancava l’esito altrettanto alto di una committenza
diretta allo stesso scultore veronese, ovvero il Ritratto
di Anna de Fratnich, amata sposa di Antonio Salvotti
scomparsa nel 1837, tuttora presso Villa Salvotti a La
Vela di Trento37. Un afflato eroico e magniloquente
esprime invece quel Giuseppe Garibaldi a cavallo verso
Bezzecca dipinto, ovviamente all’indomani del 1866,
da Giulio Carlini, allievo di Odorico Politi e Ludovico
Lipparini38, che idealmente si affianca a quei pittori di
espressa fede garibaldina, taluni dei quali lasciarono
testimonianze pittoriche nelle nostre vallate sospinti
da ideali realizzati solo molto tempo dopo39.
Tornando alla coppia di tele di Canella, preme sottolineare come esse segnino con la loro qualità formale e la loro fedeltà documentaria anche un prestigio-
so arricchimento delle testimonianze di iconografia
urbana, la cui importanza nella conoscenza dello
sviluppo storico ed urbanistico dei centri abitati era
evidente già a Giuseppe Gerola, che ne aveva avviato
specifica raccolta per il Museo Nazionale al Castello
del Buonconsiglio40. Ed infatti a tale filone di ricerca
di materiali si collegano altri puntuali interventi di acquisto, come la rara veduta ottica a colori della città
di Trento Trient in Tyrol 41, la Veduta di Castel Toblino,
incisa da Dario Wolf nel 1965 da uno dei più consueti
punti di vista del maniero, ma traducendo il dato reale con grande poesia, oppure l’interessante incisione
di Luigi Bonazza, che riproduce la Sede dell’Istituto
Trentino-Alto Adige per Assicurazioni (ITAS), evidentemente eseguita per celebrare la fine dei lavori di
costruzione dell’edificio progettato dall’architetto
Efrem Ferrari con forte impronta razionalista e completato nel 195442.
Vale la pena sottolineare anche che per qualche
personalità artistica di origine trentina le collezioni
erano del tutto sguarnite di prove della loro perizia
formale e tecnica, come accade per quanto riguarda il
valente Lorenzo Haili di Fisto, val Rendena, che ebbe
fama e fortuna fuori del Trentino ma scarse committenze nella sua terra natale43. Come nella circostanza
fortunata occorsa per la coppia di falconetti Thun,
l’individuazione delle due sculture in legno intagliato
e dorato raffiguranti Ercole e Ciclope presso Artemi-
Sulla giovane signora, artista dilettante ed allieva di Bernardino Bison e Francesco Hayez, rinvio al breve cenno fatto
in L. Dal Prà, L’Archivio Fotografico quale specchio dell’attività di
una Soprintendenza. Note preliminari sugli anni di Giuseppe Gerola, in Questioni di immagine, cit., p. 75 nonché nel contribito di
Alessandra Tiddia in questo volume e nella scheda di Roberto
Pancheri (sch. 136).
lo studio di F. de Gramatica, “Io vagheggio che il nostro Museo
possa raccogliere tutte le stampe sue…” Collezioni grafiche al Castello del Buonconsiglio negli anni di Giuseppe Gerola: 1924 – 1938,
in Viaggio tra rocche e castelli. Collezioni grafiche del Castello del
Buonconsiglio. Valli del Sarca e del Chiese, catalogo della mostra
a cura di F. de Gramatica e R. Pancheri, Trento 2012, pp. 33-51
37
Acquisto su mercato antiquariale con determinazione n.
81 di data 27 aprile 2011. Sull’opera si veda M . Botteri, Non
ancora Italia, in Non ancora Italia, cit., pp. 15-32: 22 e p. 126.
38
Per un caso emblematico si rinvia a S. Ferrari, Due pittori
garibaldini a Bersone: Stefano Bardini e Alessandro Trotti, in “Studi
Trentini. Arte”, 92, 2013, pp. 289-302.
39
40
26
Si veda, sia pure con un obiettivo di ricerca più ampio,
Acquisto su mercato antiquariale con determinazione n.
322 di data 20 dicembre 2007.
41
Acquisto su mercato antiquariale con determinazione n.
322 di data 5 dicembre 2011.
42
Si veda in proposito il saggio di Domizio Cattoi in questo
volume, nonché il contributo di Antonello Pandolfo che correda la relativa scheda con annotazioni sulla particolare tecnica
esecutiva.
43
sia Arte-Antica di Madrid, deriva dalla visita di due
funzionari della Soprintendenza presso la prestigiosa
Mostra internazionale dell’Antiquariato di Firenze
del 2007, ossia Luciana Giacomelli e Elvio Mich, che
hanno subito portato all’attivazione della struttura
nella trattativa che ha avuto i risultati sperati (sch. 6667).
Se nel complesso tali acquisizioni assicurano alla
pubblica fruizione importanti testimonianze di artisti trentini o di artisti che lavorarono per committenti
locali, a maggior ragione sono da evidenziare i casi in
cui si tratta di ricondurre a casa opere che per svariati motivi sono fuoriuscite dal loro originario luogo di
provenienza. Eclatante in questo senso il caso delle
quattordici tavolette lignee policrome, delle quali una
datata 1499, pertinenti agli originari soffitti lignei di
Palazzo Geremia di Trento, finite sul mercato antiquario all’inizio del Novecento probabilmente in occasione di interventi edilizi sull’edificio e quindi utilizzate come oggetti di arredo in una villa nei pressi di
Como (sch.1-14). Se avulse dal loro contesto hanno
comunque un piacevole valore estetico, riportate alla
loro terra d’origine possono essere studiate in relazione al palazzo, alla cui prima fase edilizia esse appartengono, alla politica matrimoniale dei Geremia con
le più significative casate trentine del periodo in virtù
degli stemmi riprodotti, ai dati tecnici che provengono dall’intervento di restauro e di analisi tecnica eseguiti presso il Laboratorio della Soprintendenza. Ciò
vale ancor più per la misteriosa statua lapidea raffigurante san Rocco, che riporta alla base lo stemma della
famiglia Sardagna e la data 1634 (sch. 25). A lungo
opera custodita presso il negozio di Amalia Cappelletti, scomparsa nel 2012 e ultima rappresentante di
una famiglia di antiquari trentini che trattò opere in
uscita dalle dimore trentine per l’intero Novecento
(sch. 186-187)44, è scultura di grande qualità esecu-
tiva, scolpita per la committenza di una delle casate
trentine più in vista nel XVII e XVIII secolo, forse per
ornare una cappella di famiglia o una nicchia aperta su un luogo di frequentazione all’interno di una
residenza nobiliare, che però non è stata ancora individuata. E sempre nello stesso luogo di gelosa conservazione sono stati individuati e poi acquisiti, oltre
ad altre opere non selezionate per la mostra, i due
piccoli dipinti su tavola, raffiguranti un ignoto gentiluomo e il celebre Jacopo Aconcio, subito cogliendo il
particolare della scritta posta sul verso che ricordava
l’appartenenza degli stessi alla baronessa “de Lupis”,
ovvero l’antica proprietaria della fastosa dimora extraurbana di Villa Margone, dove era stata costituita
nel tardo Cinquecento una nota raccolta di ritratti di
personaggi illustri della storia e della cultura – ancora
visibile nell’edificio - secondo un filone collezionistico
molto apprezzato al tempo (sch. 32-33).
Rari, ma altrettanto tempestivi, sono stati gli interventi a favore dell’arte del Novecento, secolo formalmente ‘presidiato’ dalla politica di acquisizioni
del Mart di Trento e Rovereto. Ad evitare il rischio
di dispersione si sono recuperate le matrici create
dal calcografo veronese Luigi Cavadini per la riproduzione dei disegni che Luigi Ratini aveva eseguito
tra il 1925 e il 1934 per l’illustrazione dell’Eneide di
Virgilio (sch. 168-185), il cui interesse anche per il
procedimento tecnico di riproduzione viene illustrato
da Roberto Perini in questo volume. Accanto ad esse
va menzionato l’acquisto di due importanti dipinti su
tela di Dario Wolf (Trento, 1901- 1971), ossia I titani
del 1927 (fig. 10), e il Giorno del 1934, trittico costituito da il Mattino, il Meriggio e la Sera45. In tal maniera è stato rafforzato il nucleo già presente nelle collezioni pubbliche trentine di questo importante artista,
e nel contempo si è confermata anche la valenza del
palazzo sede dell’amministrazione provinciale (già
44
L’acquisizione di opere dagli eredi di Amalia Cappelletti
ha interessato complessivamente quindici opere di provenienza
trentina, sebbene non sia stato possibile appurare gli originari
venditori. In questo volume sono presentate le opere di cui alle
schede 15, 23, 25, 32-33, 186-187.
45
Acquisto dagli eredi dell’artista con determinazione n. 368
del 4 dicembre 2008. Le opere erano state generosamente concesse nel 1998 in deposito dalla famiglia ed esposte presso il
prestigioso Palazzo Sede della Provincia autonoma di Trento.
27
Fig. 10 Dario Wolf, I titani, olio su tela, 1927, Trento, Palazzo
Sede della Provincia autonoma di Trento (acquisizione del 2008)
Imperial Hotel Trento), quale luogo di conservazione
e di pubblica fruizione di selezionate opere delle più
grandi personalità trentine del Novecento46.
Una collezione ‘in costruzione’
Con grande dimostrazione di lungimiranza l’amministrazione provinciale, oltre a provvedere a salvaguardare collezioni del passato come quelle fin ora
descritte, ha ormai da tempo posto le basi per una
nuova collezione, che con la sua presenza ed importanza ‘risarcisca’ storicamente e culturalmente la sparizione di un intero ed importante settore economi-
In questo senso si ricorda la recente iniziativa che ha coinvolto la Soprintendenza nell’illustrare una serie di opere di proprietà provinciale normalmente utilizzate come arredo delle sale
di rappresentanza: si veda l’opuscolo edito per l’occasione dal
titolo Res publica. Itinerario d’arte a palazzo, a cura di D. Floris E. Mich - A. Pasetti Medin - R. Perini, Trento 2013.
46
28
co e sociale del Trentino, ossia quello collegato alla
produzione tessile, prima colpito duramente dalla pebrina nel pieno Ottocento poi dalle distruzioni della
Prima Guerra Mondiale.
Tra il 1992 e il 1993 viene infatti acquistata la preziosa e vasta collezione Viesi, proprietà di Lorenzo
Viesi di Cles, titolare dell’omonima manifattura tessile, chiusa nel 1986. Sono così divenuti patrimonio
provinciale innumerevoli esempi dell’arte tessile italiana, in particolare dell’Italia Settentrionale e Centrale, dal periodo medievale all’epoca Liberty. La
raccolta è forte di ben 2.300 esemplari di stoffe e ricami nonché di circa 4.600 fiocchi, frange, bordure,
queste ultime normalmente non presenti nelle collezioni tessili in numero così nutrito: vi compaiono velluti e broccati, paramenti liturgici completi, paliotti,
abiti mondani, con le più disparate decorazioni, dai
disegni barocchi di minuto disegno floreale alle sontuose composizioni a volute e fiori, alle decorazioni
a bizarre del primo Settecento di ardita originalità e
inconsueta fantasia, ai tessuti ‘a cineserie’ con alberi
rampanti, pagode, draghi, a quelli a bande strette e
verticali, alleggerite da mazzolini di fiori, fino ad arrivare ai manufatti ottocenteschi e Liberty47. Tra il 1994
e il 1995 viene condotta la campagna fotografica e
catalografica dell’intera collezione, con il contributo
del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, che
diviene la base di ogni ulteriore iniziativa scientifica.
Nel frattempo, verificate le difficoltà pratiche di
ipotizzare un’esposizione di tessuti che in continuità
occupasse - pur con iniziative temporanee - un congruo spazio all’interno del Castello del Buonconsiglio, l’amministrazione provinciale prende in considerazione ipotesi alternative, ivi compresa la possibilità
di trasferire la raccolta in un centro diverso dal capoluogo secondo una politica museale che favorisca
Una prima notizia in merito con la valorizzazione di ventotto esemplari dal XV al XIX secolo viene fornita da L. Dal Prà,
Tessuti, in Un museo nel Castello del Buonconsiglio, cit., pp. 105106, e per le schede, curate da Paolo Peri, pp. 107-129.
47
anche la circolazione dell’utenza culturale nel territorio. È così quindi che, grazie ad un contributo provinciale, nel 2001 il Comune di Ala, facendo proprio
il progetto di un centro di valorizzazione della cultura
tessile, acquista Palazzo Taddei, la fastosa residenza
della famiglia alense che per prima si dedicò alla produzione di tessuti e in particolare di velluti, ponendo
le basi di uno sviluppo economico che nel 1764 poteva registrare 33 imprese attive, 209 tessitori e 170
garzoni con ben 300 telai. Una volta terminati i lavori
di restauro, in parte finanziati con i fondi statali del
Gioco del Lotto, il palazzo è così destinato ad accogliere il museo dedicato alle arti tessili, con il compito
di fondare e promuovere in Trentino la conoscenza
di tale settore, muovendo dalla riscoperta dell’antica
tradizione locale e dalla raccolta di tante altre realizzazioni del territorio italiano e non, e trasformandosi
anche in concreti stimoli per la creatività nel moderno
comparto di riferimento. In tal modo Palazzo Taddei
diverrà non solo luogo di conservazione di raccolte
tessili ma anche garante tecnico-scientifico della conservazione e tutela delle testimonianze disperse nel
territorio e strumento di conoscenza di un settore un
tempo vitale dell’economia trentina, in costante collegamento con le altre realtà similari italiane ed estere.
Con tali antefatti risulta chiara la motivazione in
base alla quale nel corso degli ultimi dieci anni di acquizioni che si illustrano per exempla in questo volume un’attenzione costante sia stata rivolta a cogliere
occasioni di ulteriore accrescimento della documentazione già assicurata dalla collezione Viesi, individuando i settori meno rappresentati e le ‘lacune’ di carattere cronologico e geografico e puntando a rafforzarli
o a colmarle, ivi compreso qualche oggetto di produzione domestica, come il pregevole filatoio degli inizi
del XIX secolo (sch. 115). Anche rispetto alla quali-
Acquisto da mercato antiquario con determinazione
n. 52 del 11 marzo 2005. Un primo approfondimento dei
manufatti è in L. Dal Prà, Nord e Sud tra Quattrocento e Cinquecento. Il caso di due dalmatiche ricamate, in La pianeta Ar48
Fig. 11 Manifattura siciliana (?), Coperta a trapunto, 1561,
particolare con stemma (acquisizione del 2007)
tà complessiva della collezione Viesi, derivata senza
dubbio dalla consumata esperienza del suo artefice,
i manufatti che giungono a implementarla derivano
da una selezione puntuale, attenta alla significatività
intrinseca ma anche a quanto già rappresentato nella
raccolta trentina. Numerosi sono pertanto gli esemplari acquisiti da collezionisti, antiquari specializzati
nel settore e privati e, senza ovviamente indugiare
nella loro completa elencazione, basti almeno menzionare la splendida coppia di dalmatiche in velluto
tagliato alto basso rosso-cremisi su fondo di teletta
d’oro di produzione toscana, arricchita da preziosi ricami di manifattura fiamminga intorno al 148048, cui
chinto-Arcimboldi: un progetto di restauro. Incontrarsi per condividere studi ed esperienze nell’arte tessile ricamata del XV-XVI
secolo, Atti del Convegno a cura di F. Fiori, Comignano (No)
2008, pp. 65-76.
29
Fig. 12 Manifattura trentina, Abito maschile composto da marsina e calzoni, 1765-1775, particolare (acquisizione del 2008)
si sono poi affiancati ulteriori testimonianze a ricamo del periodo immediatamente successivo49, oppure
una bianca coperta a trapunto datata 156150 (fig. 11),
l’opulento conopeo siciliano incrostato di piccoli coralli (sch. 68), e il tessuto la cui balza a ricamo ricorda
l’unione matrimoniale tra le famiglie a Prato e Thie-
ne (sch. 20), senza dimenticare l’impegno, in onore
della secolare tradizione alense, a rappresentare le
migliori produzioni italiane di velluti con esemplari
variopinti genovesi (sch. 54,76), veneziani e toscani
dal XV fino al raro velluto del primo Novecento (sch.
167). Sebbene il settore dell’abbigliamento profano
Acquisto da privato con determinazione n. 277 di data 20
dicembre 2005. Sui manufatti si veda il contributo di P. Peri,
Ricami del nord Europa di primo Cinquecento nel museo trentino delle arti tessili di Ala, in La pianeta Archinto-Arcimboldi, cit.,
pp.77-89.
Acquisto da privato con determinazione n. 306 del 17 dicembre 2007.
49
30
50
sia meno documentato nella collezione Viesi, dal momento che essa è collegata dall’attività di produzione
e confezione di paramenti liturgici del suo artefice,
non si è trascurato di cogliere occasioni importanti,
come nel caso del vestito maschile settecentesco di
origine trentina (sch. 108-109), restaurato ed esposto
in questa occasione (fig. 12) assieme a una deliziosa
bambola abbigliata di tutto punto che immaginiamo
sia stata osservata con meraviglia da generazioni di
bambini di una qualche famiglia altolocata del nostro
territorio (sch. 104).
Se la raccolta tessile provinciale è stata ulteriormente ampliata anche grazie a donazioni di Maria
Cristina di Montemayor, editore della rivista “MCM.
La storia delle cose”, e di Paolo Peri di capi di abbigliamento di alta moda del primo Novecento, un ulteriore salto di qualità è stato compiuto con l’ acquisizione da due degli eredi di una quota preponderante
della storica collezione di Fulvia Zerauschek Lewis,
originaria di Zara e recentemente scomparsa, segnalata a suo tempo da Doretta Davanzo Poli: l’operazione ha permesso di assicurare alla pubblica fruizione
metà di una della più delle più significative raccolte
in quel momento ancora presente in Italia, con pezzi
selezionati uno ad uno da un’esperta riconosciuta ed
accreditata in ambito internazionale51. La collezione,
giunta così a Trento, di notevolissimo interesse storico-artistico, è composta da ben 674 merletti ad ago e
a fuselli sia d’arredo che d’abbigliamento, come bordure, tramezzi, fazzoletti, tovaglie, copriletto, scialli,
sciarpe, colletti, guanti, databili dal XVI al XX secolo
e realizzati nei più grossi centri di produzione italiani,
francesi, fiamminghi, inglesi, tedeschi, spagnoli, testimoniando in modo esemplare l’importante storia del
merletto e della sua evoluzione tecnico-formale52.
Anche grazie a quest’ultima acquisizione, di cui si
presentano per la prima volta in mostra alcuni esem-
plari in attesa di una specifica iniziativa di valorizzazione, si è reso possibile quel delicato lavoro di approfondimento tra manufatti tessili e ricami, moda,
e ritratti su cui vertono i contributi di Paolo Peri e
Marina Carmignani in questo volume. Sfruttando
appieno il circuito virtuoso scaturito dall’acquisizione della quadreria Wolkenstein e dalla compresenza
della grande collezione tessile provinciale in progress,
egli infatti si è cimentato ad analizzare ogni particolarità dell’abbigliamento di un nobiluomo e di due
nobildonne effigiati in pieno Seicento (sch. 29-31),
mostrando come ciascuna di essa corrisponda agli
orientamenti di gusto del tempo, ai manufatti allora
di gran moda e, nel contempo, alle produzioni delle più importanti manifatture dell’epoca, esposte a
fianco dei dipinti ed unicamente attinte dalla raccolta
tessile trentina.
Acquisto da privato con determinazione n. 374 e n. 380
del 21 dicembre 2006. Fulvia Zerauschek Lewis è tra l’altro autrice del volume Lace, Firenze 1980, nonché prestatrice di rari
esemplari di sua proprietà in occasione di mostre qualificate e di
successo: cfr. Cinque secoli merletti europei. I capolavori, Venezia
1984, I Mestieri della moda a Venezia- Secoli XII e XVII, Londra
1997, Modellari dei secoli XVI e XVII, Sansepolcro 2000.
51
Liberalitas e donazioni
Non si è infine inaridita quella vena sotterranea
che alimenta il patrimonio culturale pubblico attraverso le donazioni da parte di proprietari privati, desiderosi di consegnare quanto in loro possesso per
preservarlo da dispersioni ed assicurarlo presso le
istituzioni che più sentono rappresentarli. In questo
senso anche una donazione di ridotta entità lascia intendere che quel rapporto tra istituzioni culturali e
collettività e il senso di appartenenza delle prime alla
seconda è ancora vivo pur nella trasformazione odierna dei modelli museali, posti di fronte alle sfide della
rivoluzione informatica.
Se è giusto menzionare in questo contesto l’importante donazione delle opere grafiche dell’architetto trentino Natale Tommasi (Tavernaro di Cognola,
1853- Trento 1923) da parte dell’erede Udo Tommasi, residente a Innsbruck, formalizzata dalla struttura
52
Sia il saggio di Paolo Peri che quello di Marina Carmignani
in questo volume fanno riferimento a numerosi esemplari della
collezione acquisita.
31
nel 2008 ma affidata alla Soprintendenza per i Beni
Architettonici53, quella di alcuni documenti e di un
bozzetto di Giovanni Marchesi (Mocenigo di Rumo,
1804-1835), promettente artista scomparso prematuramente, raffigurante un miracolo di sant’Antonio
da Padova per la pala della chiesa di S. Vendemiano
in provincia di Treviso54, quella di un bozzetto bronzeo del Monumento a Dante di Trento, eseguito da
Arsace Boschi (nato a Firenze nel 1875)55, ma anche
quella di una raccolta di reperti bellici della Prima
Guerra Mondiale recuperati nel territorio trentino56,
merita anche ricordare quelle che sono state il risultato di un concreto intervento della struttura di tutela a
salvaguardia di importanti testimonianze a rischio di
distruzione o danneggiamenti. Così la donazione del
pregevole picchiotto da parte della Camera di Commercio, proprietaria di Palazzo Roccabruna a Trento,
sul cui portone era applicato il vistoso manufatto poi
sostituito da una copia (sch. 19), e la recentissima
donazione della statua lapidea raffigurante San Giovanni Nepomuceno57, già ubicata all’interno dell’omonima edicola a Povo di Trento, opera firmata e datata (1778) da Antonio Giongo (sch. 103): oggetto di
ripetuti sfregi, la scultura è stata in tal modo messa
al riparo da ulteriori possibili danni assicurandone la
valorizzazione come lavoro giovanile e documentato
di un artista trentino, mentre il segno cultuale in loco
è stato comunque garantito dalla collocazione di una
copia. Altrettanto valore di conservazione del patrimonio culturale diffuso nel territorio ed esposto alle
ingiurie del tempo riveste il caso delle vetrate istoriate di Remo Wolf, presenti in stato di abbandono
all’interno della “Colonia Degasperi” di Candriai,
complesso inaugurato nel 1959 per volontà dei Frati Minori Cappuccini, in particolare di padre Eusebio Iori, ed ora in mano privata58: entrambe datate
1962 e raffiguranti la Madonna del Rosario e Cristo
con cinque apostoli e fanciulli, recano la scritta in basso
“Vetreria artistica comm. Giuseppe Parisi – Trento”.
I due manufatti si collocano nell’ambito di un filone
di attività per la committenza ecclesiastica trentina
meno conosciuto del Wolf, ma con tale recupero e la
successiva donazione da parte del proprietario si sono
poste le basi per ulteriori attività di conservazione nei
confronti dell’opera di uno dei maggiori artisti trentini del Novecento59.
Il fondo archivistico, a suo tempo individuato dall’architetto Roberto Codroico presso gli eredi, viene depositato nei primi
anni ’90 del secolo scorso presso il Servizio Beni Culturali grazie
all’arch. Flavio Pontalti, quale direttore dell’Ufficio Beni monumentali e architettonici; nel 2008 chi scrive riprende la questione del deposito al fine di verificare la possibilità di acquisire
in via definitiva l’importante fondo documentario e, anche grazie la collaborazione di Giovanni Dellantonio e Roberto Perini,
nonché di Michela Cunaccia, attuale direttore dell’ Ufficio per
i Beni Architettonici, viene formalizzata la generosa donazione
dell’intero corpus da parte di Udo Tommasi con determinazione
n. 372 del 9 dicembre 2008. Esso consta di ben n. 693 unità
fra disegni a matita, a china e acquerellati, stampe, fotografie
e prove di stampa, databili dal 1896 al 1921: particolarmente
importanti per il Trentino i progetti approntati per il restauro del
Castello del Buonconsiglio, della chiesa dell’Inviolata a Riva del
Garda (1896), di Palazzo Pretorio e del Duomo di Trento (19031904) e di Torre Aquila (1911), oltre che per la costruzione di
alcune nuove chiese o ampliamenti di chiese a Panchià, Miola di
Pinè, e quella del Seminario Maggiore di Trento.
chesi accolta con determinazione n. 107 del 18 giugno 2004.
Sull’artista si rinvia a S. Weber, Artisti trentini e artisti che operarono nel Trentino, ried. a cura di N. Rasmo, Calliano (Tn) 1977,
p. 226 e Dizionario degli artisti trentini tra ‘800 e ‘900, a cura di F.
Degasperi - G. Nicoletti – R. Pisetta, Trento 1998, pp. 282-283.
53
54
32
Donazione da parte dei signori Marco e Gianluigi Mar-
Donazione da parte della signora Isabella Boschi accolta
con determinazione n. 102 di data 18 maggio 2011.
55
Donazione da parte del signor Nicola Cappellozza di Vicenza.
56
Donazione del signor Luigi Nicolini accolta con determinazioni nn. 414 e 415 di data 19 dicembre 2012.
57
Donazione del signor del signor Tullio Santoni accolta con
determinazione n. 321, di data 5 dicembre 2006.
58
59
Le opere sono state presentate in una conferenza di Luciana Giacomelli e Alberto Groff del 15 maggio 2007 in Palazzo
Roccabruna, dal titolo Il futuro della memoria attraverso tre donazioni: il picchiotto di Palazzo Roccabruna, i vetri di Remo Wolf, una
macchina tipografica.
Dinnanzi a una così capillare azione di tutela sul
territorio finora espletata dalla Soprintendenza non
stupisca quindi l’accettazione di donazioni che riguardano non tanto opere d’arte ma macchine di
produzione, segno evidente del fatto che sia l’ ‘offerente’ sia il ‘ricevente’ sentono l’esigenza di conservare segni tangibili di epoche appena trascorse ma
ancora poco coinvolte in programmi di conservazione
documentaria del patrimonio tecnologico in pericolo di sparizione altrettanto o forse più di quello artistico, nonostante i precisi riferimenti del Codice dei
beni culturali e del paesaggio ai “beni e gli strumenti
di interesse per la storia della scienza e della tecnica
aventi piu’ di cinquanta anni” (D. lgs. 42 del 22 gennaio 2004, art. 11, c.1 lett. h). Se il principio cronologico dei cinquant’anni è discrimine indicativo ma
anche ‘mobile’, lasciando comunque spazio all’accettazione della donazione di due macchine da maglieria
acquistate agli inizi degli anni ’50 del Novecento da
una ditta di produzione trentina recentemente chiusa, anche tenendo presente l’impegno nei confronti
del futuro Museo dell’arte tessile del quale si è già
fatto cenno60, nel 2006 è stata accolta la donazione
di una rara macchina tipografica a cilindri corredata da una targa - ‘’Fabbrica di macchine da stampa
celeri Mödling già figli di L. Kaiser società anonima
MÖDLING presso Vienna” - originariamente acquistata dalla ditta Miori di Riva del Garda tra la
fine dell’800 e l’inizio del ‘90061. La macchina è stata
poi affidata in comodato alla Biblioteca Civica di Rovereto che la espone attualmente nel piano interrato
di Palazzo Annona dedicato alla storia del libro ed
allestito con pregevoli esemplari di torchi e macchine
tipografiche restaurati e rimessi in funzione.
Una nota sui restauri
A parte casi di acquisti di opere in ottima condizione di conservazione, tutto il materiale esposto
Donazione da parte della signora Maria Andriollo accolta
con determinazione n. 230 del 24 luglio 2012.
60
61
Assieme a sette cassettiere di diversa misura con caratte-
e descritto nel presente catalogo è stato oggetto di
accurati restauri e, in qualche caso, di interventi di
manutenzione, puntualmente segnalati in calce a ciascuna scheda con i nominativi dei membri dei gruppi
di progettazione ed esecuzione dei lavori. Nel caso
della collezione Wolkenstein si tratta di un intervento
integrale, condotto con più tranche di lavoro a partire
dal 2011 tramite confronti concorrenziali tra ditte di
restauro qualificate, mentre per le altre opere è stato
massiccio l’impegno profuso da parte dei restauratori del Laboratorio interno della Soprintendenza per i
Beni Storico-artistici, librari e archivistici, attivati allo
scopo già dallo scorso anno.
Preme, proprio per questo, sottolineare come, sfogliando il volume anche con l’attenzione rivolta agli
elementi più tecnici che strettamente storico-artistici forniti, valorizzare l’ampia quota di approccio non
scontato in iniziative di valorizzazione così ampie,
che allarga la prospettiva conoscitiva sui manufatti
presentati con il coinvolgimento diretto, accanto e a
stretto gomito con gli studiosi incaricati di redigere
le schede di catalogo, di restauratori dell’amministrazione provinciale di grande e vasta esperienza, come
Antonello Pandolfo, Roberto Perini, Francesca Raffaelli, Maria Luisa Tomasi, coadiuvati da Dino Franceschini, Paolo Poier e Monica Bortolotti per i grafici,
ma anche di un chimico di altrettanta esperienza nel
settore dei beni culturali, come Stefano Volpin, sulla cui presenza, dopo una lunga carriera quale professionista esterno, si può contare ormai da qualche
anno nello stesso Laboratorio.
Il risultato di un tale lavoro di équipe, vero e proprio ‘atto critico’ su opere dalle mille sfaccettature,
si scopre innanzitutto in alcuni saggi: dal contributo
di Luciana Giacomelli che si avvale anche delle analisi chimiche sui busti che attribuisce ad Alessandro
Vittoria, a quello di Giovanni Dellantonio, che presenta i risultati circa la lega metallica dei falconetti di
Sigismondo Thun, mentre Francesca Raffaelli redige
ri in legno e in piombo, un’asciugastampe, un bancone porta
forme e un porta attrezzi con accessori per la macchina stessa.
Donazione da parte della Tipografia Tonelli di Riva del Garda,
accolta con determinazione n. 237 del 24 ottobre 2006.
33
il proprio intervento sulla base dell’esperienza diretta
del restauro e degli approfondimenti condotti con indagini chimiche, radiografiche e dendrocronologiche,
quest’ultime eseguite dagli specialisti dell’Istituto
per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del CNR-IVALSA di S. Michele all’Adige, con i
quali la Soprintendenza collabora da anni, e Roberto
Perini offre un contributo di taglio del tutto inedito
sulla tecnica incisoria di Luigi Ratini. La scheda di
catalogo relativa a significativi interventi conservativi
delle opere presentate in mostra comprende altresì
la Nota di restauro elaborata di volta in volta dall’esecutore materiale del lavoro, come nel caso del Ritratto di gentiluomo di Alessandro Vittoria (sch. 18)
ad opera di Roberto Perini, della statua di San Rocco
(sch. 25) ad opera di Maria Luisa Tomasi, del raro
piano in scagliola (sch. 55) e della coppia di sculture
di Haili (sch. 66-67) ad opera di Antonello Pandolfo,
di nuovo con l’ausilio di indagini chimico-stratigrafiche, radiografiche e dendrocronologiche particolarmente efficaci nell’approfondire la conoscenza di tali
complesse opere, e, infine del delicato intervento sul
pregiato paravento giapponese (sch. 142) ad opera di
Francesca Raffaelli e Maria Luisa Tomasi. Altrettanto significativa è la Nota tecnico-scientifica redatta da
Stefano Volpin circa le indagini sulla lega metallica del
picchiotto Roccabruna (sch.19), avviando un interessante filone di ricerca che ha già messo a confronto i
risultati con manufatti dello stesso periodo conservati
presso il museo del Castello del Buonconsiglio, alla
quale si aggiunge una seconda nel caso del dipinto di
Pietro Liberi (sch. 51), dove l’approfondimento sui
pigmenti utilizzati dall’artista ha indicato la soluzione
a un’insolita problematica di intervento.
L’orientamento impresso in questi anni di fervido
lavoro della struttura di tutela si dimostra così, grazie a questi interventi tecnico-scientifici condotti nel
Laboratorio (allo stesso modo di quelli seguiti nei
cantieri del territorio) e in frequente collaborazione
con altri istituti operanti nel settore62, di indubbio significato. In un periodo di grande effervescenza nel
settore, che velocemente va verso una definitiva normativa sulla qualificazione dei restauratori, ma anche
verso una chiarificazione sui ruoli da riservare ai direttori lavori, ai restauratori e ai tecnici, l’esperienza
condotta durante la preparazione della mostra, così
come durante le tante altre che si potrebbero annoverare nell’arco del decennio preso in considerazione in
questo volume, conferma come la strada più corretta sia quella di una collaborazione multidisciplinare
tra studiosi della materia, tecnici e restauratori, nella
quale ogni risultato scientifico, ogni osservazione autoptica, ogni dato storico ed artistico raccolto venga
proposto e fornito all’approfondimento congiunto tra
le figure coinvolte, in quanto portatrici di alte professionalità che agevolano l’osmosi conoscitiva necessaria alla massima comprensione dell’opera sottoposta
alle cure del restauro.
Basti qui ricordare, a titolo d’esempio, la collaborazione
con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, l’Istituto di Fisica
Applicata “Nello Carrara” del Consiglio Nazionale delle Ricer-
che (CNR) a Sesto Fiorentino, la Soprintendenza del Polo Museale Veneziano, la Soprintendenza ai Beni Culturali della Valle
d’Aosta, e la Galleria di Arte Moderna di Milano.
62
34
Secolo XV-XVI
38
Alessandro Vittoria.
Conferme e ritrovamenti
Luciana Giacomelli
Discutere di Alessandro Vittoria, entro breve spazio e a fronte dei numerosissimi interventi critici che
lo riguardano, è impresa davvero ardua: architetto e
scultore, plasticatore, bronzista e medaglista, fu uno
dei maggiori protagonisti della scena artistica veneziana
nel secondo Cinquecento. Dopo la prima ricostruzione
biografica e stilistica che dobbiamo a Francesco Cessi1
e l’imprescindibile analisi critica di Manfred Leithe-Jasper2, vanno segnalati almeno gli interventi di Andrea
Bacchi che - oltre alla mostra tenutasi a Trento nel 1999
che ha visto coinvolti i maggiori studiosi dell’artista3 - gli
ha dedicato, all’interno del suo fondamentale repertorio sulla scultura veneziana, quella voce che è a tutt’oggi
la più aggiornata e completa disamina della sua attività4.
Vorrei quindi solo provare ad aggiungere qualche
piccola tessera nella ricostruzione della sua formazione,
sia prima della partenza per Venezia nel 15435, sia negli
anni immediatamente seguenti che lo videro attivo a
Vicenza, tappa basilare per la sua maturità artistica.
Nello stesso 1543, forse proprio assieme a Vittoria
- all’epoca pressoché ventenne essendo nato nel 1525 anche gli scultori Vincenzo e Giangerolamo Grandi lasciarono Trento. Il giovane artista non poteva che aver
ricevuto una prima formazione all’ombra dei due vi-
centini, protagonisti dei maggiori cantieri della città, da
S. Maria Maggiore al Castello del Buonconsiglio. Non
ci aiutano in questa direzione i documenti e non era
consuetudine registrare i nomi dei giovani garzoni. Appare evidente, d’altra parte, che molti artisti dovevano
essere impegnati a fianco dei Grandi come denunciano le diverse soluzioni stilistiche che si riscontrano nei
cantieri grandiani e la presenza di Vittoria in quella
bottega rimane del tutto verosimile: forse proprio nelle
sontuose sale del Magno Palazzo o in S. Maria la sua
capacità potrebbe aver trovato visibilità agli occhi dei
maestri.
Certo Alessandro non mancò di osservare la coppia
di cariatidi – probabilmente, in origine, parte del caminetto della Camera da basso del torrione – così vicina
nella delicata modellazione dei volti, nelle pieghe morbide dei panneggi, alle terracotte dello Zacchi. Più che
giustificata la chiamata in causa dei Grandi da parte di
Francesca de Gramatica6, ma l’attento studio dei modi
del volterrano nelle sale contigue, e negli stessi anni,
è evidente in queste sculture che dimostrano come il
cantiere del Castello fosse all’epoca una fonte di studio
tra le più fervide.
Il taglio deciso e vigoroso delle plastiche grandiane
In “Collana Artisti trentini e artisti che operarono nel Trentino” a cura di R. Maroni, 1960-62, Trento rist. 1977, I.
La scultura a Venezia da Sansovino a Canova, a cura di A.
Bacchi, Milano 2000, pp. 800-805. In quell’occasione lo studioso notava come mancasse ancora (manca tuttora) una monografia su Vittoria completa di catalogo ragionato di tutte le opere.
1
2
M. Leithe-Jasper, Alessandro Vittoria, tesi di dottorato,
Vienna 1963.
“La bellissima maniera”. Alessandro Vittoria e la scultura veneta del Cinquecento, catalogo della mostra a cura di A. Bacchi –
L. Camerlengo – M. Leithe-Jasper, Trento 1999: tra i contributi
dedicati a Vittoria si contano gli interventi di Luisa Attardi, Victoria J. Avery, Lorenzo Finocchi Ghersi, Manfred Leithe-Jasper,
Thomas Martin, Loredana Olivato e Massimiliano Rossi.
3
4
Sull’argomento si veda L. Camerlengo, Alessandro Vittoria
trentino, in “La bellissima maniera”, cit., pp. 46-57.
5
6
F. de Gramatica, Vincenzo e Gian Gerolamo Grandi a Trento: aggiunte al catalogo, in “Paragone”, 1994, pp. 81-88, 529, 531533.
39
Fig. 1 Alessandro Vittoria, Ritratto di gentiluomo, particolare (acquisizione del 2005)
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