E infine il vasto mondo della comunicazione si riduce a due soli segni: 0 e 1 di MASSIMO UGLIANO (parte quarta) L a singolarità di tutta la costruzione, come abbiamo visto, e gli elementi caratterizzanti del progetto elaborato da Shannon consistono in intelligenti ed acute deduzioni che ci sforzeremo di presentare e spiegare servendoci di osservazioni, esemplificazioni ed integrazioni per cercare di individuarne e comprendere la logica45. Telegrafia, telefonia, immagini, suoni, simboli o parole finiranno con l’avvicinarsi, incrociarsi, incontrarsi, unirsi ed infine identificarsi e verranno da un certo momento in poi ‘trattati’ alla stessa maniera, indipendentemente dalle caratteristiche specifiche e trasformati e codificati in ‘bit’46 ovvero in ‘dati’47 ormai quasi tutti ‘digitalizzati’48 (bi[nary] [digi]t = cifra binaria)49, con un ‘linguaggio’50 che L’analisi approfondita degli studi di Shannon e di Weaver, insieme ad una serie di ricerche condotte sugli alfabeti e sulla scrittura, sono stati il punto di partenza per arrivare ad un singolare ed esclusivo risultato in corso di elaborazione e di stampa che riteniamo interessante (vedi anche nota 77). Per una lettura critica cfr. M. UGLIANO, Riflessioni e deduzioni... op. cit.; Una nuova Corrispondenza Biunivoca. 46 Unità minima di informazione indirizzabile; la parola fu suggerita da John W. Tukey (cfr. A.A.V.V., An Undergraduate Program in Computer Science Preliminary Recommendations). I bit vengono generati e trasmessi con circuiti prevalentemente del tipo MOS (Metal-Oxide Semiconductor) in sostituzione dei Transistor. Cfr. N. NEGROPONTE, Essere digitali. 47 Per ‘dati’ si intendono gli elementi di una informazione costituiti da simboli (testuali, alfanumerici, musicali, etc.) che devono essere elaborati elettronicamente con appositi programmi. In Informatica si usano per indicare qualsiasi tipo di CIVILTÀ DELLA SCRITTURA 45 25 notazione acquisita, manipolata, trasformata, memorizzata o emessa da un calcolatore sotto forma di bit (vedi nota 95). Cfr. M. UGLIANO, Codici; Numeri; Bit; Dati; Sorgenti, Canali e Codici. 48 Digital = sistema per immagazzinare e trasmettere ‘fatti’ riducendoli a serie di “uno” e di “zeri”. Così modificati tutti i dati provenienti da voci, immagini, suoni, etc. diventano compatibili perché convergenti in un’unica tipologia coerentemente normalizzata e tali da poter essere inoltrati sulle “autostrade informatiche” (vedi nota 96). Cfr. J. JACOBELLI (a cura di), Dall’analogico al digitale; G. BETTETINI-F. COLOMBO, Le nuove tecnologie della Comunicazione. 49 Digit deriva dall’inglese = cifra. Il concetto di binario è ormai associato, da tempo, a quello di numerazione e senza dubbio questa è la veste in cui è maggiormente conosciuto ed adoperato. Tuttavia la nozione è di più vasta portata e ad essa vanno ricondotti una serie di scelte, di operazioni logiche tipo si-no, vero-falso e, soprattutto, passaggio-non passaggio di corrente [vedi Figure 15 - 21a - 23]. A tale proposito facciamo presente che anche questa cognizione non era, inizialmente, diffusa o comunque applicata all’elettronica almeno fino a quando non si capì (e si cominciò a sfruttare) che i due stati (interdizione e saturazione) di funzionamento limite dei semiconduttori (il transistor fu presentato il 22 giugno 1948; il circuito integrato di Jack Kilby il 12 settembre 1958; il microprocessore da 4 bit nel 1971, passati a 8 nel ’74, a 16 nel ’78 a 32 negli anni ’80, a 64 nel ’90…) si prestano molto bene a ‘rappresentare’ informazioni binarie (cfr. P.J. DENNING, Third Generation Computer Systems). Il principio era indirettamente adottato in alcuni settori della meccanica come il calibro passa-non passa per scegliere i pezzi di tolleranza accettabile. Un breve opuscolo del matematico G. Peano (18581932) del 1898 tratta della “Numerazione Binaria applicata alla Stenografia”, mentre notizie specifiche per l’ipotesi di un linguaggio scientifico internazionale (Interlingua) trovansi in Arithmetices principia novo metodo exposita del 1890. Il codice Morse era definito ‘binario’ nel senso che comprendeva due soli simboli senza inserimento CIVILTÀ DELLA SCRITTURA ha come rappresentazione delle informazioni la codifica in base due, che è – fra le altre cose – l’unica eseguibile dall’unità centrale di un computer. Per quanto concerne il sistema di numerazione binario, era già applicato da antichi popoli orientali. Il metodo è posizionale ed adopera due soli simboli (0, 1) oggi facili da associare ad altre situazioni di dualismo (aperto-chiuso, acceso-spento, in-aut, magnetizzato-non magnetizzato, su-giù, bianco-nero, etc. (vedi note 23 e 49) e venne adoperato per la prima volta nell’elaboratore EDVAC messo a punto per l’esercito degli Stati Uniti nel 1945. Sir Francis Bacon (cfr. La Nuova Logica, I; De Digitate et Augmentis Scientiarum, VI) nel sec. XVII, utilizzò un criterio analogo per formulare un cifrario dove con le sole lettere «a», «b» in combinazioni di cinque, si riusciva ad indicare tutto l’alfabeto (a = aaaaa, b = aaaab, c = aaaba, d = aaabb, e = aabaa, f = aabab, etc.); G. W. Leibniz (1646-1716) lo aveva ‘reinventato’ per i suoi calcoli, per i moduli del suo ‘moltiplicatore digitale’ capace di eseguire operazioni algebriche (1671) ed il 15 marzo 1679, per “... un metodo [logico] generale nel quale tutte le verità della ragione fossero ridotte ad una specie di scrittura universale infinitamente diversa da tutto...” (FONTE: Characteristica Universalis dove immaginava che l’unità rappresentasse Dio e lo zero il vuoto), effettivamente realizzato poi da G. Boole verso la meta dell’800. Sir I. Pitman (1813-1897) studioso di fonetica insieme con lo scienziato G. Ellis ed ideatore di un noto e diffuso sistema stenografico (Phonography, or Writing by Sound; Phonetic teacher; Manual of Phonographie; Phonographic Reporter) architettò un criterio duo-decimale per una notazione aritmetica al po- 26 di tecniche numeriche e le lettere venivano inviate ciascuna con la propria successione/combinazione di abbinamenti (oggi semplici programmi, come il Font Morse Code, permettono la conversione immediata). La nostra rappresentazione decimale è posizionale (unità, decine, centinaia, etc.) mentre quella romana era additiva e sicuramente molto più complicata e poco flessibile [Figura 17]. In un articolo apparso nella “Rivista degli Stenografi” n. 12/1926, G. Prete parla di Numerazione romana e stenografia. 50 Contesto simbolico di riferimento. I vari tipi di Fig. 17 ‘linguaggi’ adoperati per i calcolatori - ben distinti, per ovvi motivi, da quelli naturali (metalinguaggi) che l’uomo usa per comunicare con i suoi simili e che presentano un numero enorme di difficoltà (anche il più semplice Esperanto, vedi nota 91) - si suddividono, generalmente, in Linguaggi simbolici di programmazione di alto e basso livello, Linguaggi di controllo e Linguaggio macchina. Quest’ultimo è proprio quello che utilizza come simboli le cifre binarie ed è il solo all’altezza di leggere uno alla volta i due livelli logici in questione, interpretarne il significato, far eseguire istruzioni, controllare, attivare circuiti, svolgere funzioni varie, etc. Cfr. P. CASALEGNO, Linguaggi naturali e linguaggi artificiali; M. UGLIANO, Informazioni e Linguaggi; Bit e Parole; Dal bit al qubit (in preparazione). sto di quella a base dieci. Parallelamente si sviluppavano la logica formale classica e la Teoria del Sillogismo le quali prendono in esame i rapporti fra i concetti ed il ragionamento deduttivo e che oltre al Peano poc’anzi citato nella nota 49, avevano avuto nel passato ed avranno di lì a poco illustri sostenitori non solo fra i matematici puri (cfr. A. MAGNO, Opera Omnia, Voll. I e II; ARISTOTELE, Organon; T. D’AQUINO, Summa totius logicae Aristotelis; J. M. BOCHENSKJ, La logica formale; G. BOOLE, The mathematical analysis of logic; R. CARNAP, Sintassi logica del linguaggio; G. FREGE, Funktion und Begriff; J. FRÖBES, Logica formalis; G. W. LEIBNIZ, De formis sillogismorum mathematice definiendis; E. J. LEMMON, Beginning logic; J. LUKASIEWICZ, Aristotl’s Sillogistic from the Standpoint of modern Formal Logic; J. St. MILL, A System of logic rationative and inductive; A. PLEBE, Manuale di logica formale; W. QUINE, Manuale di logica; B. RUSSEL, I principi della matematica; B. RUSSEL A. N. WHITEHEAD, Principia matematica; A. TARSKI, Introduction to Logic; L. WITTGENSTEIN, Tractatus logicophilosophicus). Vedi anche nota 77 e Figura 23. G. Bettetini51 nel 1993, in “Tecnologia e Comunicazione” osserva che: “le variazioni simili di grandezze diverse (per esempio corrente elettrica e pressione esercitata dalla voce sulla membrana del telefono)52 sono state sostituite dalle loro quantificazioni numeriche”53. G CIVILTÀ DELLA SCRITTURA ià nel 1968 Peter Wegner sul modo di riprodurre, trasformare e riunire delle segnalazioni, diceva: “... le strutture informative possono essere costruite in termini di una singola unità 27 51 Gianfranco Bettetini (n. 1933), ingegnere e professore universitario di Teoria e Tecnica dei mezzi di comunicazione di massa oltre che regista teatrale, televisivo e sceneggiatore. È autore di saggi sulla informazione e narrazione audiovisiva e, fra i suoi lavori, un romanzo dal titolo: “Deserto sulla terra”. 52 I telefoni digitali codificano direttamente in bit la fonia, le note musicali e le immagini da trasmettere (vedi nota 46). 53 I suoni vengono ormai normalmente digitalizzati anch’essi secondo un codice ad elementi di- screti (DSP = Digital Signal Processing; MIDI = Musical Instrument Digital Interface. Trattasi di un protocollo di comunicazione seriale a 8 bit e velocità di trasmissione di 31250 bit/sec.). Negli ultimi tempi sono state lanciate in Europa ‘piattaforme digitali’ (0D2) e sono in arrivo ‘Tunes Music Store’ della Apple per rendere disponibile la musica su Internet via computer o telefonini, oltre alla tecnologia software decentralizzata peerto-peer che consente di cercare e condividere files musicali, video o testuali fra diversi utenti connessi direttamente senza la mediazione o intervento di un ‘server’ centrale e da applicare alla telefonia vocale (vedi nota 96). Di qui la nostra idea di un sistema completo per insegnarla ai non udenti privi della vista e della parola: l’effetto “V” riesce a dare alle note una forma apprezzabile con il tatto al pari delle animazioni per la vista (vedi nota 12). Fig. 18 Nella Figura 18 viene mostrato un esempio di musica digitale. Cfr. M. UGLIANO, Il Vibratempo; F. RAMPICHINI, Acusmetria, il suono visibile; M. MAIOCCHI, La Matematica dei fenomeni acusmetrici; D. HUBEL, Occhio, Cervello, Visione. R. CYTOWIC, The man who tasted shapes; A. TAMBURINI, Il Calcolatore e la Musica. Informatica Musicale. Nel 1964 S. Bussotti, elaborò uno dei più significativi esempi di musica gestuale (cfr. Tableaux vivants). Nell’occuparsi di varie questioni di acustica e di elettromagnetismo, il fisico francese Felix Savart (1791-1841) che si interessò in particolare delle vibrazioni delle corde e delle armoniche [nota la Legge di Biot-Savart del 1820 sui campi elettrici e magnetici generati da conduttori filiformi] e lo scienziato eclettico Charles Edouard Joseph Delezenne (1776-1866), procedettero per vie diverse ad una rappresentazione matematica dei suoni; quest’ultimo nel 1857 definì i Logaritmi Acustici (vedi anche nota 88) prendendo per base il rapporto comune 81/80 = 1,0125. Cfr. N. TANGARI, La codifica delle note. Analisi e diffusione dei dati musicali (1996). Maggiori dettagli, tavole e tabelle significative sono riportati nella nostra ricerca sui logaritmi e nel contributo su Coulon de Thevenot e la musica, nel quale, fra le altre cose, verranno indicati interessantissimi testi dove è possibile avere notizie di ‘macchine’ industriose e ricche di espedienti del 1500-1600 che si evita di riproporre. (Cfr. H. BUTTERFIELD, Le origini della scienza moderna; R. S. WESTFALL, La rivoluzione scientifica del XVII secolo). primitiva di informazione detta bit... raggruppando sequenze ordinate di bits in campi e raggruppando i campi in unità di informazioni via via più ampie...” 54, mentre nel 1970 E. F. Codd introduceva il ‘modello relazionale’ basato sul concetto di relazione fra insiemi, ma si dovrà attendere fino al 1978 per avere il «System R» dell’IBM che fu uno dei primi DBMS (Data Base Management System) per la creazione, ricerca, gestione, aggiornamento, consultazione e manutenzione di più archivi contenuti su memorie di massa. Sicuramente, a prima vista lo schema organizzativo e lo sviluppo portano ad una ‘spersonalizzazione’ del ‘messaggio’ ove inteso nell’accezione delle note 33, 34 e 72 [nelle Figure 19a, b viene rappresentato con un esempio la trasformazione di una parola in segnale elettrico Fig. 19a CIVILTÀ DELLA SCRITTURA Fig. 19b 28 ed un paragone con la lettera «r» del codice Morse con corrente semplice] ma vedremo che questo è vero solo in parte55 e che lo stesso continua, comunque, automaticamente a viaggiare insieme al suo contenuto (come in una espressione matematica o in un testo crittografato) e quindi significato56 ma in maniera com- Cfr. P. WEGNER, Programming Languages, Information Structures and Machine Organization; Research Paradigms in Computer Science; C. BÖHM, Formalizzare il buon senso. 55 Del resto già il mondo matematico di Cartesio (cfr. Discorso sul Metodo) era privo di odori, colori e sapori ed era tendente alla massima precisione rifuggendo il disordine. Cfr. J. R. VROOMEN, René Descartes; J. H. RANDALL, The making of the modern mind; S. FAETTI-L. FRONZONI, Comportamenti dei Sistemi Complessi: Ordine e Caos (vedi nota 81). Tuttavia, sostituendo – per semplificare – ‘0’ e ‘1’ con punti di due colori o puntini e trattini (orizzontali o verticali) ovvero din/don (oppure due note), si possono ricavare effetti acustici, fatture e ‘forme’ particolarissime ed a volte sorprendenti, finendo con l’ottenere risultati comunque in grado di generare sensazioni differenti in un ‘altro linguaggio’ non verbale che, in ogni caso, ‘dice’ qualcosa (vedi allegato B nel prossimo numero). Potrebbe, ad esempio, risultare interessante applicare tale criterio ai miliardi di componimenti di cui alla nota 77 quasi come written conversation ovvero face to face scripturality, in cui le nuove tecnologie ampliano i confini del dialogo e piegano la parola scritta al dominio dell'immediatezza costituendo un passaggio essenziale e coprendo uno spettro molto ampio di funzioni che in parte sostituiscono, in parte modificano o integrano i modi vecchi e nuovi di comunicare facendo scoprire le possibilità creative (MacKay, Bateson, Heinz von Foerster) del ‘rumore’ o del ‘disordine’ [cfr. N. POLLA-MATTIOT (a cura di), Arte, musica, poesia, natura fra ascolto e comunicazione]. 56 A n/s avviso le due cose restano comunque concettualmente ed idealmente coordinate, connesse ed unite: se l’inoltro procede secondo i crismi di buona esecuzione e non vi sono problemi oltre a quelli preventivati ovvero imprevedibili, la ‘ridondanza’ (vedi nota 68) aiuta alla ricostruzione e quindi il contenuto ed il relativo significato marciano parallelamente. È chiaro che – come del resto nella vecchia telegrafia (e anche nella ripresa stenografica) – una interruzione qualsiasi in un punto chiave del messaggio può alterarne il significato: la semplice frase “l’aereo non arriva alle 10.15”, ove mai venisse a mancare, erroneamente trasmessa o ricevuta la parola “non”, il senso del discorso cambia completamente. Teniamo tuttavia presente che nella fattispecie, per non partire detta negazione, poiché le tre lettere digitate o pronunciate sono diventate 24 bit (ASCII) con l’aggiunta di tre di controllo, più gli spazi, 54 CIVILTÀ DELLA SCRITTURA 29 pletamente indipendente, autonoma, distinta e sicuramente non identificabile a vista perché codificato e frammentato almeno per il tempo necessario alla riproduzione ed al trasferimento. In quel momento diventa una lunghissima sfilza di impulsi elementari che finiscono con il nascondere un mondo ed un caleidoscopio di emozioni, di parole, di colori, di segni, di suoni e di sfumature anche visive che normalmente influenzano la nostra vita; ricostruzioni fedeli (anzi in eccesso => ridondanza) ma senza ‘anima’ (cfr. P. FRIEDRICH, Interpretation and vision: a critique of cryptopositivism; G. LUSSU, Il trionfo di Gutenberg; M. UGLIANO, Oltre i segni, oltre le parole; vedi allegato A nel prossimo numero). Nella comunicazione per mezzo della scrittura i contenuti trasportati sono inscindibili dalla forma visibile mentre riteniamo che nell’«alfabeto digitale» vada perduta soprattutto l’«immagine della scrittura» divenuta ormai prassi consueta, alla stessa maniera in cui Mark Twain [Samuel Langhorne Clemens (1835-1910)], a proposito dello ‘Spelling Semplificato’ pensava con scetticismo che “vedere le nostre lettere messe insieme in un modo a cui non siamo abituati offende l’occhio e sottrae alle parole anche l’espressione… Non fa venire i brividi come succedeva prima” (cfr. M. COHEN, La grande invention de l’écriture et son évolution; D. DIRINGER, L’alfabeto nella storia della civiltà; J. G. FÉVRIER, Histoire de l’écriture; I. TAYLOR, The Alphabet). Solo in alcuni casi (per fortuna abbastanza rari) la ‘ricostruzione’ diventa difficile ma quasi mai impossibile (vedi nota 68). Un parlare ricco di contenuti, una importante formula, una nuova scoperta scientifica non fanno – dal punto di vista della trasmettibilità e tecnico – né aumentare né diminuire l’Entropia del sistema. Viaggiano in un’altra dimensione mediante ‘electrical signal’ alla pari di una scrittura qualunque [vedi Figure 19a, b]. L’intensità ed il valore intrinseco verranno compresi solo dopo la restituzione da bit in chiaro e, forse, un vantaggio tangibile è dato dalla ‘riscoperta’ degli addetti ai lavori in veste non di semplice ‘fattore aggiuntivo alla produzione’, che con le loro mansioni di coordinamento e supervisione rie- scono a ridurre, fra le altre cose, l’accumularsi del ‘disordine’. Di conseguenza, l’essere umano resta ancora essenziale, obbligatorio ed irrinunciabile perché avendo la competenza non solo sul funzionamento dell’impianto ma soprattutto sulla grammatica e sintassi della lingua può individuare e correggere mancanze ed errori57 nella fase di ricevimento-riassesto, mentre in quella di creazione-invio la sua figura rimane imprescindibile ed inalienabile per il prevedere, ponderare, decidere, stabilire e quindi poter vagliare e ‘distinguere’, ma soprattutto ‘pensare’ e ‘capire’ in qualunque momento ed in ogni circostanza. P iù difficile al momento (se non impossibile) il passaggio automatico dal linguaggio parlato a quello scritto, nemmeno con tendenza alla sola intelligibilità del discorso, anche perché, statisticamente, circa il 50% (per l’inglese => cfr. C. E. SHANNON, Prediction and Entropy of Printed English) delle (N=01001110, O=01001111, N=01001110) e quindi un numero di sufficienti ‘informazioni’ (vedi Figura 7a - nota 34) dovrebbero andare perdute tutte insieme e contemporaneamente, a meno che il blocco non provochi la caduta del ‘sincronismo’. Soltanto la presenza dell’operatore riesce ad ovviare o ridurre una serie di problemi altrimenti tuttora irrisolvibili nel caso dei molti impianti che funzionano in automatico. 57 Inoltre, al di là della Ridondanza e non potendo tener conto di tutti gli aspetti qualitativi non sempre facilmente definibili e/o soggettivi, normalmente si considerano soluzioni intermedie di comodo che comportano, comunque, notevole aumento di bit. Nel Vocoder (ed in altri casi) per il segnale fonico è necessario conservare almeno una serie di sfumature significative quali gradevolezza della voce, tono, timbro, intonazione, etc. C’è di sicuro un qualche aggravio associato alla gestione tecnica dell’attività comunicativa, tuttavia è innegabile la produzione di un forte impatto emotivo che messo insieme alla utilità ed alla facilità d’uso (poi anche all’estetica ed alla comodità), migliorano globalmente il servizio. Questo è il motivo per cui, allo scopo di contenere al massimo i registri di memoria (costi e dimensioni) e non sprecare nessuna serie di bit, eliminando il superfluo, alcuni moderni sintetizzatori o registratori hanno suono metallico ed atono (voci artificiali ottenute per sintesi). Analogamente si procede al restringimento della larghezza di banda per il segnale TV (immagine) a spese della ridondanza già superiore alla media ed in eccesso. lettere o parole che scegliamo per dialogare o scrivere (in media 24.000) sono sottoposte alla nostra libera scelta, mentre l’altra metà è in realtà controllata dalla struttura stessa del lessico. Per l’italiano (dove la pronuncia coincide con il testo compilato) si aggiunga il fatto che la Q è sempre seguita dalla u (ad esclusione della prima ‘q’ della parola soqquadro), i gruppi tipo SFR, SPR, SQ, etc. sono specifici, distinti ed isolati, le coppie TS, TZ ed altre non esistono, alcuni abbinamenti o unioni non hanno senso se non in rapporto ad una certa configurazione, più incongruenze ed eccezioni grammaticali e sintattiche rilevabili in misura maggiore o minore in tutte le lingue. Infine, tolte le cinque vocali, le lettere dell’alfabeto si riducono, etc. e tutto ciò si riflette in una diminuzione generalizzata e quindi del valore entropico in particolare (vedi nota 42). Diverso il problema – ormai praticamente risolto – del riconoscimento automatico dei caratteri ORC (per una breve storia dell’Optical Character Recognition, cfr. l’articolo di I. Neri “Tu scrivi e il Computer legge”, in Rivista degli Stenografi n. 68/2005). vedremo dettagliatamente nel prossimo numero. (4 - continua) Nella tecnica delle telecomunicazioni la ‘modulazione’ rappresenta una operazione di modifica che si effettua sul segnale da inviare per utilizzare nel modo migliore le caratteristiche e le potenzialità del mezzo di trasferimento. Teniamo presente che a tutto il 1934 (e per molti anni ancora) – ove conseguibili – le comunicazioni rapide a distanza erano affidate al telefono ed all’abilità dell’operatore, come ci testimonia un articolo di Arnaldo Cipolla (noto cronista de La Stampa, fece lunghi e numerosi viaggi e raccolse in diversi volumi le corrispondenze inviate) apparso sul Corriere Stenografico, Anno XVII, n. 11/1934 che si congratula con G. V. Cima (1893-1968) segretario di redazione de La gazzetta del Popolo di Torino, direttore de Il Corriere Stenografico, il quale in veste di giornalista aveva ripreso telefonicamente stenografando [Figura 20] e poi pubblicato fedelmente un testo in tutti i minimi particolari ivi compresa la punteggiatura. 58 Fig. 20 CIVILTÀ DELLA SCRITTURA C 30 ome abbiamo detto poc’anzi, H. Nyquist (1924) e R. V. L. Hartley (1928) avevano già messo a fuoco alcune problematiche nodali e di importanza estrema inerenti il tema con particolare riferimento ai metodi di modulazione58 applicati alle radiocomunicazioni, ma ipotesi e risorse, mezzi ed aspettative teoriche rimasero a lungo accantonate o rinviate, proprio a causa della mancanza di una regola o principio per ‘dimensionare’ le grandezze in gioco ed in movimento. Weaver riprese il discorso ed anzi riuscì ad andare ben oltre gli interessi puramente tecnici ai quali gli studi erano inizialmente rivolti; purtroppo la sua primitiva impostazione – che peraltro appare a tutt’oggi senz’altro sensata e corretta – non portava a risultati concreti e tantomeno alla definizione di un insieme di congetture per precisazioni quantitative e conteggiabili secondo criteri effettivi ed efficaci per i motivi appresso descritti59. Egli aveva classificato i problemi della comunicazione in tre livelli diversi ma fortemente interconnessi fra loro, come Cfr. C. E. SHANNON-W. WEAVER, The Mathematical Theory of Communication (1949); W. WEAVER, Recent Contributions to the Mathematical Theory of Communication; F. BONSACK, Si può oggettivare e matematizzare l’informazione?; J. R. PIERCE, La teoria dell’Informazione; B. MANDELBROT, È ancora utile la teoria dell’Informazione?; R. G. CALLANGER, Information Theory and Reliable Communication; F. JELINEK, Probabilistic Information Theory. 59