Indice
E d i t o ri a l e
Deus Caritas Est
M a g i s t e ro
3
di Aurelia Damiani
Re d a z i o n a l e
Senza Ambiguità
4
di Vito Cutro
U n o s g u a r d o a i P a d ri
Molti canali e pochissime vasche 5
a cura di Vito Cutro
Andiamo nel Suo nome
Euntes. Docete
Omnes Gentes
9
di Quinto Corelli
Dialogo e chiacchere
di Maurilio Manfredi
5
21
R i fl e s s i o n i
d a l l a R e s i d e n z a O rs i n i
10
SOS Anziani
Compagna di informazione 11
sulla sicurezza dell’anziano
di Michela Sciarrone
Vo c i d e l l a s o f f e r e n z a
G u a rd i a m o M a ri a
Quella sera a cena
di Andrea Gemma
Vescovo
F a t t i e f i g u re
Teresa Orsini nella sua terra
di Paola Iacovone
Direttrice
Suor Aurelia Damiani
Responsabile
Natale in ospedale
di Andrea
6
8
12
Segretaria di Redazione
Suor Annabelle Mamon
di Nino Maurizio Cantera
V a ri a U m a n i t à
In cammino per Betlemme
tra sapienza e fede
di Giuseppe Di Florio
Adozioni a Distanza
Eccomi…manda me
di Anna Olivieri
14
di Paola Iacovone
Dossier
Dal discorso di Benedetto XVI 15
ai partecipanti al IV convegno
nazionale della chiesa italiana
Il Volontario
24
25
26
I mercatini della solidarietà 26
di Federica Martufi
L’ a n g o l o d e i G i o v a n i
La nuova Eva
27
Marco Persichino: storia
di un giovane speciale
28
di Federica Martufi
di Concita De Simone
B i bl i o t e c a
Etica, religione e stato liberale 28
Coordinamento
Redazione
Dott. Domenico Di Virgilio
Suor Bertilla Cipolloni
Rosangela Cutro
Giuseppe Di Florio
Federica Martufi
Suor Rolanda Sabellaga
L’Ospedale di San Giacomo 23
e la cura del «mal francioso»
La Cometa
di Lorenzina Gentile
Vito Cutro
Suor Paola Iacovone
Concita De Simone
S p a z i o C u l t u ra
L’inferno e il Paradiso in vita 13
2006 “anno di grazia”
per le SOM
21
a cura di Giuseppe Di Florio
P u b bl i c a z i o n i
15
Salute e Sanità
Il medico e lo stregone
di Gerardo Corea
Segni del tempo
Scegli di servire
di don Angelo Pizzamiglio
Regalati o Regala…
19
20
Notizie
30
POLONIA
31
- Dal tevere al Baltico
via Cracovia
INDIA
31
- Tributo a un pastore,
un amico, un benefattore!
Re l ax
a cura di Concita De Simone 32
Piccola chiesa di basalto
festosa, guardi l’oceano infinito
dalla collina di terra bruciata
e sorridi all’isola di Brava
ai pescatori nella fatica del vivere
sognatori di miracoli.
La tua voce nel silenzio del vento
parla alla terra, al mare, al cielo
e forte lontano
sulle rocce, sulle onde,
il suono di pensieri eterni
al cuore dell’uomo che cammina
tra le ombre e le luci
teso verso un futuro di amore.
Ascolta il palpitare della preghiera
e nutri con le parole di vita
i giorni, i progetti, il dolore e le attese
di chi con te raccolto
si fida del Mistero.
Le luci del tramonto
raccolgono il grido di questo popolo
ed anch’io chiuso
ascolto il vibrare del Mondo
e prego tra le pieghe della mia vita
nutrita di speranza.
Riflessione di P.Ottavio Fasano ofm cap dedicata
alla chiesetta del Centro San Francesco - Capoverde
Editoriale
“DEUS CARITAS EST”
di Madre Aurelia Damiani
Superiora Generale
A
bbiamo iniziato questo anno ponendoci, in riferimento alle considerazioni che il Papa svolge nella
sua Enciclica “Deus Caritas est”, le domande: “Traspare
dalla mia vita la gioia del grande incontro fatto con
Gesù? Qual’è il nuovo orizzonte della mia esistenza?”
A conclusione della riflessione che ci siamo proposti sulla lettura, profonda e meditata, della citata Enciclica, credo che tutti noi dovremmo
avere, ormai, le idee chiare: vivere con maggiore intensità l’amore per Dio e per il prossimo.
Al n. 16 del testo della Enciclica sulla quale stiamo riflettendo, il santo Padre così si esprime:
“(…) nell’intero contesto della Prima lettera di
Giovanni, tale amore viene richiesto esplicitamente. Viene sottolineato il collegamento
inscindibile tra amore di Dio e amore del prossimo. Entrambi si richiamano così strettamente che l’affermazione dell’amore di Dio
diventa una menzogna, se l’uomo si chiude
al prossimo o addirittura lo odia.
Il versetto giovanneo si deve
interpretare piuttosto nel senso che l’amore per il prossimo è una strada per incontrare Dio e che il chiudere gli
occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a
Dio” .
Possiamo porre questo pensiero a base della nostra esistenza d’ora innanzi; vorrà dire certamente far trasparire
la gioia dell’incontro che abbiamo fatto con Gesù e,
soprattutto, potrà essere il filo d’unione per gli orizzonti
nuovi della nostra vita.
E’ questo l’augurio che voglio formulare nell’approssimarsi del santo Natale che, come certamente tutti sappiamo, sta a rinnovare l’evento di Gesù che viene e che
riscalda e vivifica la nostra vita sempre più buia e sempre più preda, come afferma Benedetto XVI, di relativismo e di povertà .
Buon Natale e buon Anno nuovo, cari lettori, consorelle, amici e benefattori! Il buon Dio che viene ci trovi
vigili e disponibili per accoglierLo tra noi nella Sua veste
luminosa di pace, di amore e di vita.
Redazionale
di Vito Cutro
Senza Ambiguità
T
utto l’Occidente sta vivendo,
all’insegna del consumismo,
del tecnicismo, dell’edonismo e di una
ipocrita laicità che spesso sfocia in perverso laicismo, una profonda crisi,
forse irreversibile, che impregna anche
le sue radici cristiane. L’Europa e
l’Italia non sono da meno, anche se da
più parti si sente la volontà di voler
riscoprire la propria identità in un particolare momento in cui essa viene
devastata soprattutto da due fattori. Da
un lato il materialismo ed il relativismo
etico e morale che dominano
la nostra civiltà
4 - Accoglienza che cresce
che, ormai, ha relegato anche la sola
idea di Dio in un angolo remoto del
proprio vivere quotidiano. Dall’altro il
terrorismo ed il fondamentalismo religioso, soprattutto islamico, che, proprio in nome di Dio, pretendono di
disaggregare i valori etici, sociali, culturali ed anche morali frutto di tanti
anni di cammino.
Ciò porta con sé, anche come frutto
di un mal inteso concetto di accoglienza, ad una prevaricazione sempre maggiore del forte sul debole, del disonesto
sull’onesto, del lupo sulla
pecora, della morte
sulla vita.
E’ da diverso tempo che, attraverso
questa pagina, mostriamo la necessità di
una conversione epocale che porti ad
una, anche se lenta ed attenta, lettura
dei segni dei tempi e ad una assunzione
di atteggiamenti che ne siano conseguenti. Per fare ciò è necessario lottare,
soprattutto per mettere al bando l’ipocrisia, l’egoismo ed il senso di onnipotenza che, nelle piccole, come nelle
grandi cose, si è appropriato delle
nostre coscienze.
Dobbiamo, inoltre, con fermezza e
coraggio, nel rispetto per le altrui credenze ed opinioni, ma nella ferma convinzione delle nostre, riappropriarci
della identità di cristiani e di occidentali. Pena la scomparsa della nostra bimillenaria cultura e della nostra evoluzione
cui - questo sì, purtroppo, è vero –
abbiamo attribuito ed attribuiamo una
valenza spropositata.
Ci sia di monito ciò che ha ricordato
Benedetto XVI durante l’inaugurazione
dell’Anno Accademico all’Università
Lateranense citando il “dramma di cui
parlava il mito antico: il giovane Icaro,
preso dal gusto del volo verso la libertà
assoluta e incurante dei richiami del
vecchio padre Dedalo, si avvicina
sempre di più al sole, dimenticando
che le ali con cui si è alzato verso il
cielo sono di cera. La caduta rovinosa e la morte sono lo scotto che
egli paga a questa sua illusione.
La favola antica ha una sua
lezione di valore perenne. Nella
vita vi sono altre illusioni a cui
non ci si può affidare, senza
rischiare conseguenze disastrose per la propria ed altrui esistenza”.
Il confronto è certamente
indispensabile: ma che sia un confronto dialettico e non supino, nel
quale ci si impegni a far sentire la
propria voce, consapevole e determinata, così come viene richiesto anche
da parte di molte voci autorevoli e qualificate. Che, purtroppo, rimangono inascoltate da buona parte del mondo politico ed anche da alcuni settori della
Chiesa.
Uno sguardo ai padri
Indice
a cura di Vito Cutro
Molti canali e
pochissime vasche
«S
e sei saggio, cercherai di
essere non un canale, ma
una vasca. Il canale, infatti, quasi con-
temporaneamente, riceve e riversa; la
vasca, invece,aspetta di essere piena e
così comunica dalla sua sovrabbondan-
BERNARDO DI CHIARAVALLE (1090-1153) Viene definito
“l’ultimo dei padri per nulla inferiore ai primi” e “dottore mellifluo” perché eccelle nel far ‘stillare’ il senso spirituale dalla lettera
della Scrittura, seguendo in ciò
l’esempio di Origene, Agostino,
Gregorio e di tutta la tradizione
patristica. Il suo capolavoro è il
commento al Cantico dei Cantici
in 86 sermoni. Il brano che trascriviamo è tratto dal “Sermone
XVIII sul Cantico dei Cantici”.
za, senza suo danno. Purtroppo oggi
abbiamo nella Chiesa molti canali e
poche vasche. Hanno tanta carità quelli
per i quali fluiscono a noi i doni celesti,
che vogliono trasmetterli prima ancora
di averli ricevuti, pronti più a parlare
che ad ascoltare, disposti ad insegnare
quello che non hanno imparato, bramosi di presiedere agli altri, essi che non
sono capaci di governare se stessi.
Impara anche tu a non dare se non
dalla tua sovrabbondanza, né voler
essere più liberale di Dio stesso. La
vasca imiti la sorgente. Infatti, la stessa
Fonte della vita, piena in se stessa e di
se stessa, erompendo e salendo prima
nei vicini segreti dei cieli, tutto riempì
di beni; e, finalmente, dopo aver riempito le parti superiori e segrete, sfociò
sulla terra e con la sua sovrabbondanza
salvò uomini e giumenti, moltiplicando
la sua misericordia. Prima riempì dentro e poi, traboccando nelle innumerevoli manifestazioni della sua misericordia, ha visitato la terra, l’ha inebriata,
rendendola oltremodo feconda.
Dunque, anche tu fa’ lo stesso.
Riempi te stesso dapprima e poi cercherai di effondere al di fuori. La carità
benigna e prudente scorre con abbondanza. Dice Salomone: Figlio, non
effonderti tutto al di fuori (Prov 3,21).
Accoglienza che cresce - 5
Guardiamo Maria
Quella sera a cena
di
A
nche stavolta, accingendomi a
trattare di quell’ “ultima cena”
che prelude ai grandi eventi della passione morte e resurrezione di Gesù,
ricorrerò ad un espediente che, oltre ad
essermi sempre tanto piaciuto, so che è
riuscito di
gradi-
@ Andrea Gemma
Vescovo
mento anche a diversi lettori. Metterò
sulle labbra di Maria, quasi sia Lei la
narratrice, il racconto dei momenti
salienti di quel convito pasquale a cui
tutti i pii israeliti erano tenuti in prossimità delle annuali feste pasquali.
Ho già prevenuto, nella nota precedente l’obbiezione di chi, attento alle
narrazioni evangeliche, vorrebbe escludere Maria dalla partecipazione agli
eventi stessi che ci accingiamo a narrare, salvo ritrovarla ai piedi della croce,
per raccogliere le ultime stille di sangue
del Figlio suo divino.
Come dicevamo sembra impossibile
che Maria , sempre nascostamente, in
silenzio, rifuggendo dal pubblico, non
seguisse con attenzione materna e
sovrumana, l’effettuarsi di quel “compimento” che avrebbe coronato la missione terrena del Figlio suo, e quindi, in
certo qual modo di Lei stessa.
D’altra parte contemplare gli eventi
della vita di Gesù con gli occhi di Maria
– l’espressione è del papa Giovanni
Paolo II – è una pia abitudine dei discepoli di Gesù e dei veri devoti di Maria.
***
Ormai era chiaro: Gesù stava per concludere la sua missione terrena. Più che
saperlo, io, sempre attentissima a cogliere gli atteggiamenti, gli sguardi, e persino le inflessioni del volto del Figlio mio,
lo avevo da tempo intuito (che cosa può
sfuggire ad una madre amorosissima?...).
Del resto Gesù stesso aveva detto ai
suoi: “Ecco, noi stiamo salendo a
Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà
consegnato ai sommi sacerdoti e agli
scribi, che lo condanneranno a morte e
6 - Accoglienza che cresce
lo consegneranno ai pagani perché sia
schernito e flagellato e crocifisso; ma il
terzo giorno risusciterà” (Mt 20, 18 –
19).
Questa terribile profezia mi era stata
immediatamente riportata dal carissimo
Giovanni, e, come sempre, la tenevo serrata nel cuore.
Per questo mi ero decisa a trasferirmi
anch’io a Gerusalemme, approfittando
della sempre generosa cortesia di parenti ivi dimoranti.
Avevo goduto di quello spontaneo
trionfo che il gruppo degli amici gli
aveva riservato al suo ingresso a
Gerusalemme ed ora attendevo con
ansia.
Approssimandosi la sera del giovedì
antecedente la Parasceve (venerdì di
passione), Gesù aveva inviato due suoi
discepoli a chiedere al solito amico, che
già ci aveva ospitato altre volte, di mettere a disposizione, per la grande cena
pasquale, la sua ampia sala, per l’occasione bene addobbata, al piano superiore. I due, dopo essersi accertati della
condiscendenza dell’interpellato, non
fecero altro che rivolgersi a noialtre
donne perché apparecchiassimo il tutto,
secondo il rito ed anche secondo quella
solennità che, non solo la Pasqua
richiedeva, ma la stessa volontà del
Maestro aveva fatto trasparire dalle sue
parole. La cosa non mi meravigliò e
anch’io e le altre donne occupammo i
locali adiacenti alla sala e ci demmo da
fare perché tutto si svolgesse, secondo
il desiderio di Gesù, nel più solenne dei
modi.
Naturalmente a noi donne non fu permesso assiderci alla mensa, quando
Gesù con i dodici entrò e si dispose a
Guardiamo Maria
iniziare quella che doveva essere l’ultima sua cena pasquale. Ormai la sua
famiglia – ed io lo sapevo – erano quei
dodici che avevano condiviso con Lui i
circa tre anni della sua vita pubblica.
Intuivo che in quella occasione stavano per verificarsi fatti eccezionali.
Rimasi perciò attentissima per tutta la
durata della cena per non perdere nessuna parola e nessun gesto del mio divin
Figlio.
La realtà non mi deluse. Ad un tratto
vedo il mio Figlio alzarsi dalla mensa,
prendere una bacinella e una brocca
d’acqua e dirigersi al capofila degli apostoli. Incredibile: il Figlio del Padre
celeste chinato ginocchioni a terra compiva verso i suoi discepoli il gesto che
gli schiavi erano soliti compiere nei
riguardi degli ospiti. Poi ascoltai dalle
labbra stesse di Gesù la spiegazione del
gesto: “Sapete ciò che vi ho fatto? Voi
mi chiamate Maestro e Signore e dite
bene, perché lo sono. Se dunque io, che
sono il Signore e Maestro, ho lavato a
voi i piedi, anche voi dovete lavarvi i
piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti
l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”. (Gv 13, 12- 15).
Che sublime lezione, caro Figlio mio.
Io mi domando se e in che misura i
discepoli di Lui l’ abbiano accolta e
soprattutto attuata…
La mia meraviglia era destinata a crescere. Subito dopo infatti Gesù, deposto
il grembiule di cui si era cinto, con un
volto luminoso come rare volte lo avevo
visto afferrò una delle schiacciate di
pane azzimo (senza lievito) che erano
sulla tavola e mostrandola ai discepoli
che nel frattempo erano divenuti muti
ed attoniti disse: “Prendete e mangiate,
condividendolo tra voi: questo è il mio
Corpo, offerto in sacrificio per voi” (il
mio cuore batteva forte forte…).
Quindi, con la stessa solennità Gesù
afferrò una grande coppa colma di vino,
prescritta dal rito della cena pasquale, la
sollevò leggermente e disse pacatamente e ad alta voce: “Prendete e bevetene
tutti: questo è il calice del mio sangue,
versato per voi e per tutti, in remissione
dei peccati. Fate questo in memoria di
me”. (Il mio cuore continuava a martellarmi in petto, mentre una luce dall’alto,
un bagliore di Spirito santo, mi fece
comprendere che in quel momento
Gesù regalava ai suoi per tutti i secoli il
dono più eccelso, che sarebbe stato
chiamato “eucaristia” che vuol dire ringraziamento per eccellenza; questo ringraziamento doveva perpetuare quel
sacrificio pasquale che avrebbe reso
ogni giorno la massima gloria a Dio e
distribuito la salvezza agli uomini ben
disposti…).
Contemplavo stupita le mani degli
apostoli che si passavano l’un l’altro,
trepidi, silenziosi e quasi frastornati,
quel calice benedetto, divenuto scrigno
del sangue prezioso del Figlio mio.
Come avrei voluto anch’io, rompendo
gli indugi e la riservatezza, appressare le
labbra a quella coppa! Capii però subito
che a me, madre fisica di quel Figlio
divino, era stato concesso da molti anni
assai, assai di più. Il mio sangue era
divenuto nel mio grembo il suo sangue,
quello che ora i dodici fortunati sorbivano da quella coppa.
Più tardi ad Efeso, insieme a
Giovanni, ho rivissuto tante volte quel
momento sovrumano, anticipazione del
mio paradiso.
(continua)
Accoglienza che cresce - 7
Fatti e Figure
Teresa Orsini
nella sua terra
di Paola Iacovone
Il gruppo di suore da Roma
G
ravina 27 settembre 2006: la cittadina pugliese ha assistito a una celebrazione di grande impatto, di elevato valore morale, spirituale e anche storico perchè riguardante una gravinese: la serva di Dio Teresa Orsini Doria, fondatrice delle Suore
Ospedaliere della Misericordia.
La manifestazione è stata organizzata dai gruppi di preghiera dell’Associazione Teresa Orsini, allo scopo di presentare nella
città natale di Teresa il recente libro ‘Da ricca che era..’ di Cristina Siccardi, delle edizioni S.Paolo. Tra gli invitati Sua Ecc.za
Mons. Mario Paciello, Vescovo di Altamura e Gravina, il Sindaco della città, l’autrice e Claudia Koll che con la sua testimonianza ha veramente suscitato interesse a questioni di fondo. Il migliaio di persone presenti sono
tornate alle loro case con interrogativi profondi sull’esistenza di Dio e il cammino della santità che non è qualcosa di astratto. La Koll ha tra l’altro detto:
“….La Parola prende vita quando noi la viviamo; cambiando io, di conseguenza
anche il mio essere con gli altri è cambiato!
La verità…cercare sempre la verità, dire sempre di più la verità, per rompere le barriere del peccato! La Misericordia, amore che copre i nostri peccati, che si piega
verso chi è debole. I frutti della Fede in Gesù, sono le opere. Ho capito che prima
di chiedere agli altri dovevo cambiare io.
Le nostre sofferenze non sono gettate via se noi le affidiamo a Cristo!”
Claudia Koll
L’intervento della superiora Generale della Congregazione Madre Aurelia Damiani, del
Sindaco, Rino Vendola, del Principe Domenico Orsini, di Mons. Carlo Caputo hanno
anche contribuito ad arricchire di contenuti la serata.
Il Sindaco ha detto tra l’altro:
Creare la consapevolezza di una comunità che ama: Teresa Orsini ha fatto una cosa così fresca, che ha attraversato i secoli, le
mode ecc. ed è tutt’ora attuale.
Poi le melodie di Concetta Aquila accompagnata dal violino di Chiara Dimaggio hanno coronato il tutto!
Partecipanti alla presentazione
8 - Accoglienza che cresce
L’arrivo del vescovo
Riflessioni
di Quinto Corelli
Euntes, Docete
Omnes Gentes
N
on è difficile comprendere, con
evidente chiarezza, ciò che
Gesù voglia da noi, quando ci raggiunge
direttamente con la voce di un’affermazione talmente impegnativa e forte, da
destare e richiedere la più meditata
riflessione dell’anima, per poterne valutare il profondo significato: “Mentre
andate camminando lungo le vie del
mondo, parlate di me a tutte le persone
che incontrate”.
Queste le parole, che tornano con
insistenza a far vibrare nella nostra
mente l’alto tenore del loro suono solenne.
Infatti, Egli intende ottenere la collaborazione diligente di coloro che siano
disposti ad impegnarsi, con entusiasmo e
spontanea volontà, nel continuare l’opera di evangelizzazione dell’intera umanità.
Qualora riusciamo, pur consapevoli
della nostra umile condizione, a corrispondere, con la migliore disponibilità
possibile, al suo categorico appello,
Gesù è ben felice e pronto ad accoglierci
con amore, ad arricchire le nostre capacità morali, spirituali, intellettuali, ele-
vandoci alla privilegiata dignità di poter
proseguire la sua azione divina.
Ci trasforma rendendoci l’intelligenza tanto chiara ed abile, da discernere la
scienza vera, assai diversa da quella
insegnata dagli uomini nelle scuole, che
ci permetta di intuire le trascendenti
ragioni della verità eterna, di gustare le
bellezze celesti e disprezzare le cose terrene, di rifiutare gli onori e di ascoltare
soltanto Lui, perché Egli solo è il maestro, che svela gli arcani divini, che
distribuisce i doni supremi, secondo la
diversa convenienza di ciascuno; che si
degna di suggerirci ogni utile consiglio,
parlandoci dall’intimo del cuore, dove
risiede in permanenza la cattedra della
sua sapienza infinita. Ma noi dobbiamo
sentire il dovere di mantenerci umili,
riconoscendo la necessità di aver piena
fiducia in Lui, del suo indispensabile
aiuto in ogni istante.
Imitare Gesù significa agire come
agirebbe Lui, trovandosi al nostro posto,
nelle stesse nostre condizioni, accostarci il più possibile allo spirito con cui Egli
intende perseguire la conquista di anime
al suo regno. Pertanto Egli adopera la
nostra voce, la nostra penna, le nostre
dita per diffondere, divulgare messaggi,
come scintille di fuoco, che facciano
divampare la fede cristiana, sia in mezzo
a noi sia fra i popoli di terre lontane,
sommersi nella più ostinata incredulità:
“Docebo iniquos vias tuas: et impii ad Te
convertentur” (Salmo 50).
Vuole con le nostre mani, sollevare
ancora chi cade, con la nostra amichevole compagnia confortare chi soffre, consolare le ansie degli afflitti mediante una
buona parola, un dolce sorriso; con il
nostro caritatevole, esemplare comportamento chinarsi sulla miseria, per redimerla, erudire gli stolti con saggi insegnamenti e consigli; vuole andare incontro ai peccatori con amore misericordioso, per indurli al pentimento e poterli
riabbracciare.
Vuole trasformarci in immagini
viventi della sua stessa bontà, facendo
vivere il nostro cuore del medesimo suo
amore, affinché con Lui e come Lui
andiamo in cerca dei nostri fratelli, in
particolare di coloro che ci hanno fatto
del male, pronti per la loro salvezza, a
dimenticare le loro grazie, poiché la
misura della misericordia usata da noi
verso il prossimo sarà identica a quella
che Egli userà verso di noi.
Il suo cuore intenerito dalle nostre
preghiere insistenti e fervide e commosso
dalla nostra generosa solidarietà, offerta
spontaneamente secondo le sue intenzioni, può donare la salvezza a tutti coloro
che abbiamo occasione di incontrare, di
conoscere, di amare, di vedere, di soccorrere nel corso della vita; può far scorgere
la luce benefica della fede a chi vive nell’oscurità, può destinare all’altare un giovane intelligente, ricco, di belle speranze,
ancora distratto, mentre prega nel silenzio propizio di una chiesa solitaria.
Carissimo Gesù, noi crediamo in TE,
siamo pronti ed onorati di poter contribuire alla conquista di anime per il tuo
regno, ma la tua continua, concomitante
presenza deve necessariamente guidare e
condurre il proseguimento di tale immane impresa.
Soltanto così, la tua missione redentrice in mezzo a noi, può compiersi, a Te
piacendo, con assoluta certezza incoronata di glorioso, eterno trionfo.
Accoglienza che cresce - 9
dalla Residenza Orsini
di Maurilio Manfredi
Dialogo e chiacchere
In un mondo di falsi cattolici che accettano
l'aborto, l'eutanasia, i PACS,l'affidamento di
bambini a coppie dello stesso sesso, la penalizzazione della Scuola cattoliche, le manipolazioni genetiche eterosessuali, mi trovo spesso in
imbarazzo nel dialogare, parola questa tanto
abusata nei nostri giorni. Per prima cosa perché
constato che il fondamento del dialogo fra cristiani, il Vangelo, é pochissimo conosciuto e
quindi sono ignorati gli elementi di riferimento
essenziali e irrinunciabili. Cito ad esempio la
sacralità della vita, l'amore per il prossimo, il
convincimento che non si è cristiani se non si
aiuta Cristo a portare la croce. Allora il dialogo
tanto auspicato non c' é o, per lo meno, non
porta a niente. Così i "cristiani", ignoranti nella
10 - Accoglienza che cresce
propria fede e magari "gran dottori” nella cultura laica, corrono dietro a dottrine che screditano
la nostra religione e " bevono " incautamente il
veleno della disinformazione. Prima di dire che
la Chiesa, offrendoci i quattro Vangeli canonici,
ci nega chissà quali verità, vorrei che Marco,
Matteo, Luca e Giovanni fossero di casa da noi
e non solo nomi di persona. Allora riuscirei a
dialogare con chi, per esempio, mi dice: “Ma le
Suore che cosa fanno in Convento?” Alla mia
istintiva risposta: “Pregano!", vedo un'alzata di
spalle e sento una parola: “Solo?". Vorrei loro
dire che la preghiera é la parte essenziale del
dialogo che conta veramente, quello con Dio.
Gli altri dialoghi sono, per lo più, chiacchiere che potranno far felici solo politicanti e simili.
SOS Anziani
di Micaela Sciarrone (Assistente Sociale)
Campagna di informazione
sulla sicurezza dell’anziano
L’
opportunità di guardare con rinnovata
attenzione e interesse alle problematiche
della terza età, rappresenta un dovere dinanzi alla tendenza, sempre più forte, all’invecchiamento della popolazione, un fenomeno che avanza nel nostro territorio e che
sollecita nuove risposte. La sicurezza, la tranquillità e la libertà di movimento sono diritti inalienabili anche per l’anziano.
A tale proposito il fenomeno della criminalità rivolta contro gli
anziani è dilagante, non si può chiamare microcriminalità perché
non c’è niente di piccolo o non significativo nelle azioni che sconvolgono l’intimità di una famiglia nella sua abitazione, né tanto
meno, nello scippo consumato in particolare contro i soggetti
più deboli e indifesi, cosi come neppure nella truffa a danno di
persone anziane, e via dicendo, l’elenco purtroppo potrebbe
continuare.
Questa forma di criminalità può essere contrastata migliorando la qualità della vita dell’anziano con una maggiore
socializzazione e con la prevenzione del disagio. In questa
prospettiva nasce la realizzazione di una campagna di informazione per la sicurezza che invita le persone di una certa età
a seguire alcuni consigli importanti. Tale campagna per la
sicurezza, come sopra detto, è essenzialmente informativa,
sarà infatti diffuso un opuscolo in cui saranno indicatati i consigli da seguire e i comportamenti che possono aiutare le persone anziane a difendersi dai malintenzionati ed evitare così di
restare vittime di rapine, furti e truffe.
La Campagna inoltre porrà l’attenzione sul fenomeno della
solitudine che spesso colpisce gli anziani. Secondo alcuni dati
infatti, sono numerosissimi gli anziani che vivono da soli nella propria abitazione; a tale proposito si è pensato, oltre all’opuscolo
che sarà distribuito negli ambulatori medici, nei consultori,
nelle parrocchie…, di preparare un manifesto sul tema della
solitudine che sarà affisso sui muri di tutta la città.
L’opera di sensibilizzazione sulle problematiche degli
anziani deve essere caratterizzata da una certa continuità, per questo è prevista una sinergia tra le Istituzioni,
le varie Associazioni di volontariato e le reti di solidarietà familiare.
Accoglienza che cresce - 11
Voci della sofferenza
Natale in
Ospedale
di Andrea - Letto 24 - Clinica Mater Misericordiae
A
spettando Natale nell'ospedale a lunga
degenza la piccola comunità per prepararsi spiritualmente al lieto evento ogni sera recitava il rosario. Alcuni pazienti avevano la tv in
camera, altri leggevano i giornali che i parenti
portavano loro.
Le suore ospedaliere erano prontissime a portare aiuto nelle necessità dei degenti; anche le
infermiere e le ausiliarie italiane svolgevano con
attenzione le loro incombenze.
Il corridoio, sufficientemente lungo, accoglieva i ricoverati, soprattutto donne, che socializzavano.
Avevano quasi tutti problemi motori, contro i
quali, nella palestra, intervenivano i fisioterapisti. I ricoverati seguivano un percorso articolato
ed adatto a tutte le esigenze.
Alessandra, una vegliarda di 96 anni, con una
rotula in disordine, suscitava l'attenzione del
Primario e dei medici. Sosteneva Alessandra di
avere un cimitero in testa e morti tutti, parenti e
amici, si sentiva malissimo.
Leggendo il catechismo dopo il Vaticano II si
soffermò con attenzione sulla presenza di Cristo
nella particola e alla messa seguente sentì particolare risveglio del palato, e disse a sé stessa che
erano due, lei e la particola; non era più sola,
anche Cristo l'assisteva. Ed esclamò: Grazie
Cristo, non sono più sola. Ed affrontò con gaudio
e speranza e senza timore l'alta età che le spettava.
Voci della sofferenza
L’inferno e il Paradiso in vita
di Lorenzina Gentile
I nostri lettori certamente ricorderanno la vicenda di
Lorenzina. Ne ha dato testimonianza ella stessa dalle
pagine di questa Rivista attraverso: “Un’avventura nell’avventura della mia vita”(1999) e “Ma…l’avventura
continua” nel 2003, attraverso cui ha esposto il cammino
della sua malattia fino alla diagnosi finale di cronica e
degerativa per cui, nel tempo, ha perso l’uso delle mani,
delle gambe,della parola…..
Il testo che segue è stato dettato dai suoi occhi per il tramite di una lavagnetta sulla quale sono disegnate le varie
lettere dell’alfabeto.
I
l titolo potrebbe sembrare paradossale, invece rispecchia la realtà che sto vivendo. La malattia progredisce,
le sofferenze aumentano sia per l’immobilità, sia per alcune
patologie che avevo in precedenza: scoliosi, spalle curve,
artrosi diffusa, ragadi, rinite. Anche quando non mi lamento,
ho dolori forti al collo, alle spalle, alle mani, alle anche ed ai
piedi.
La rinite è peggiorata; soprattutto al mattino è tragico… La
saliva mi tormenta: a letto, per i dolori alle braccia, sono
costretta a dormire ( si fa per dire) supina, ne ho la bocca
piena e non riesco né ad ingoiarla, né a mandarla fuori. E’ un
vero inferno. La testa si china sempre di più e il tentativo di
rialzarla mi procura dolore. Come ho detto alla dottoressa
(…), i dolori – come gli amici – si sono affezionati a me: non
mi lasciano mai sola.
Il paradiso è il pezzo di cielo che vedo dalla mia casa, le
piante e i fiori del mio balcone, la famiglia e i parenti tutti e
soprattutto i cinque frugoletti che sono venuti ad allietare i
nostri giorni. (allude ai cinque nipotini, figli di nipoti, ultimi
arrivati; Lorenzina è nubile. N.d.r. ) Quando vengono a trovarmi, il loro sorriso, la loro spontaneità, il chiamarmi timidamente zia Lori, la loro vivacità mi fanno riandare con la
memoria (anche visiva) all’infanzia dei loro genitori che ho
vissuto in prima persona.
Il paradiso sono gli amici che mi vengono a trovare costantemente. Nella, sempre premurosa, risolve i miei problemi
(insegna matematica) e riesce subito a captare le lettere che le
indico con gli occhi; Anna, sempre affettuosa, mi delizia con
le sue meravigliose poesie; Giulia, con il suo sorriso e con la
sua serenità, mi trasmette pensieri positivi; Dorina che si rammarica soprattutto perché non posso parlare; Antonietta e
Marinella che mi raccontano i loro viaggi e mi fanno sognare; Antonietta e Nicolina che, con le loro battute, mi tengono
su. Don Peppino: senza il suo sorriso e senza le sue parole
non riuscirei ad andare avanti.
Cosa dire di coloro che mi telefonano e mi scrivono? Non
basterebbe un foglio per elencarli. Li ringrazio tutti. Un grazie particolare a chi mi assiste in tutto e per tutto (il termine
badante non mi piace). In questi cinque anni se ne sono avvicendate diciassette: di ognuna ho un ricordo particolare.
Il paradiso è la preghiera che elevo al Signore nelle ore più
impensate, spesso in latino. Ogni giorno ripeto la domanda
che mi ha rivolto don Peppino: “ ti fidi di Lui?” e, oggi come
allora, rispondo “sì”, nonostante tutto.
Accoglienza che cresce - 13
Eccomi manda me
a cura di Paola Iacovone
2006 ‘anno di grazia’ per le SOM
A onore e gloria di Dio, desideriamo comunicare ai nostri amici,
conoscenti e benefattori il ‘bello’
che Dio opera, quel bello che è
sfuggito ai grandi riflettori di
questo nostro mondo ormai tutto
distratto da ben altre problematiche, ben altre statistiche, ben altri
bilanci! Un ‘anno di Grazia’ dicevamo, si perché , proprio facendo un
bilancio ci siamo accorte di aver
avuto in questo anno tutte le tappe del
cammino religioso - vocazionale ,
dall’inizio , ossia dall’entrata al noviziato alla bella e venerabile età di 75
anni di Professione religiosa! Ecco in
breve cosa Dio ha fatto per le SOM
nel mondo e per la Sua Chiesa:
Ammissione al noviziato :
In Filippine, Nigeria,
India, Madagascar
Professione Perpetua
In Filippine, Madagascar, Italia
Professione Religiosa :
In Nigeria, India, Madagascar
25esimo, 50esimo, e 75esimo
di Consacrazione Religiosa:
In Italia
Dossier
Dal discorso di Benedetto XVI
ai partecipanti al
IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana
a cura di Vito Cutro
Anche in questa circostanza pubblichiamo alcuni stralci, i più significativi, del testo. Invitiamo, come sempre,
i nostri lettori, dato che trattasi di un documento significativo, ed in questo caso, molto importante per la vita del
cristiano e della Chiesa, ad una lettura appassionata del testo integrale
Cari fratelli e sorelle!
(…)Questo IV Convegno nazionale è una nuova tappa del
cammino di attuazione del Vaticano II (…) Questo cammino la Chiesa in Italia lo ha percorso in stretta e costante
unione con il Successore di Pietro: mi è grato ricordare con
voi i Servi di Dio Paolo VI, che volle il I Convegno nell’ormai lontano 1976, e Giovanni Paolo II, con i suoi fondamentali interventi ai Convegni di Loreto e di Palermo(…).
Il Signore risorto e la sua Chiesa
Nello stesso spirito sono venuto oggi a Verona, per pregare
il Signore con voi, condividere – sia pure brevemente – il
vostro lavoro di queste giornate e proporvi una mia riflessione su quel che appare davvero importante per la presenza cristiana in Italia. Avete compiuto una scelta assai felice
ponendo Gesù Cristo risorto al centro dell’attenzione del
Convegno e di tutta la vita e la testimonianza della Chiesa
in Italia. La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella
storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo
creatori.(…) La sua risurrezione è stata dunque come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le
catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una
nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro
mondo, lo trasforma e lo attira a sé.
Il servizio della Chiesa in Italia alla Nazione, all’Europa
e al mondo
L’Italia di oggi si presenta a noi come un terreno profondamente bisognoso e al contempo molto favorevole per una
tale testimonianza. Profondamente bisognoso, perché partecipa di quella cultura che predomina in Occidente e che
vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita. Ne deriva una nuova ondata
di illuminismo e di laicismo, per la quale sarebbe razional-
mente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile, mentre sul piano della prassi la libertà individuale viene
eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare. Così Dio rimane escluso dalla cultura e
dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa più difficile,
anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi
sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non
compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed
estraneo. In stretto rapporto con tutto questo, ha luogo una
radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per
sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale.
(…)
È inoltre sentita con crescente chiarezza l’insufficienza di
una razionalità chiusa in se stessa e di un’etica troppo individualista: in concreto, si avverte la gravità del rischio di
staccarsi dalle radici cristiane della nostra civiltà. Questa
sensazione, che è diffusa nel popolo italiano, viene formulata espressamente e con forza da parte di molti e importanti uomini di cultura, anche tra coloro che non condividono o almeno non praticano la nostra fede. La Chiesa e i
cattolici italiani sono dunque chiamati a cogliere questa
grande opportunità, e anzitutto ad esserne consapevoli. Il
nostro atteggiamento non dovrà mai essere, pertanto, quello di un rinunciatario ripiegamento su noi stessi: occorre
invece mantenere vivo e se possibile incrementare il nostro
dinamismo, occorre aprirsi con fiducia a nuovi rapporti,
non trascurare alcuna delle energie che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia.
Rendere visibile il grande "sì" della fede
(…)Per parte mia vorrei sottolineare come, attraverso questa multiforme testimonianza, debba emergere soprattutto
quel grande "sì" che in Gesù Cristo Dio ha detto
all’uomo e alla sua vita, all’amore
umano, alla nostra libertà e alla
nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano
porti la gioia nel mondo. Il cristianesimo è infatti aperto a
tutto ciò che di giusto, vero e puro vi è nelle culture e nelle
civiltà, a ciò che allieta, consola e fortifica la nostra esistenza. I discepoli di Cristo riconoscono pertanto e accolgono
volentieri gli autentici valori della cultura del nostro tempo,
come la conoscenza scientifica e lo sviluppo tecnologico, i
diritti dell’uomo, la libertà religiosa, la democrazia. Non
ignorano e non sottovalutano però quella pericolosa fragilità della natura umana che è una minaccia per il cammino
dell’uomo in ogni contesto storico; in particolare, non trascurano le tensioni interiori e le contraddizioni della nostra
epoca. Perciò l’opera di evangelizzazione non è mai un
semplice adattarsi alle culture, ma è sempre anche una purificazione, un taglio coraggioso che diviene maturazione e
risanamento, un’apertura che consente di nascere a quella
"creatura nuova" (2Cor 5,17; Gal 6,15) che è il frutto dello
Spirito Santo.(…)
La persona umana. Ragione, intelligenza, amore
La persona umana non è, d’altra parte, soltanto ragione e
intelligenza. Porta dentro di sé, iscritto nel più profondo del
suo essere, il bisogno di amore, di essere amata e di amare
a sua volta. Perciò si interroga e spesso si smarrisce di fronte alle durezze della vita, al male che esiste nel mondo e che
appare tanto forte e, al contempo, radicalmente privo di
senso. In particolare nella nostra epoca, nonostante tutti i
progressi compiuti, il male non è affatto vinto; anzi, il suo
potere sembra rafforzarsi e vengono presto smascherati tutti
i tentativi di nasconderlo, come dimostrano sia l’esperienza
quotidiana sia le grandi vicende storiche. Ritorna dunque,
insistente, la domanda se nella nostra vita ci possa essere
uno spazio sicuro per l’amore autentico e, in ultima analisi,
se il mondo sia davvero l’opera della sapienza di Dio.
Sappiamo bene che questa scelta della fede e
della sequela di Cristo non è mai facile: è
sempre, invece, contrastata e controversa. La
Chiesa rimane quindi "segno di contraddizione", sulle orme del suo Maestro (cfr Lc
2,34), anche nel nostro tempo. Ma non per
questo ci perdiamo d’animo. Al contrario,
dobbiamo essere sempre pronti a dare
risposta (apo-logia) a chiunque ci domandi ragione (logos) della nostra speranza.(…). Dobbiamo rispondere "con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza", con quella forza mite che viene dall’unione con Cristo. Dobbiamo farlo
a tutto campo, sul piano del pensiero e dell’azione, dei comportamenti personali e della testimonianza pubblica. La forte
unità che si è realizzata nella
Chiesa dei primi secoli tra una
fede amica dell’intelligenza e
una prassi di vita caratterizzata
dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e
ai sofferenti ha reso possibile la
prima grande espansione missionaria del cristianesimo nel
mondo ellenistico-romano.
Così è avvenuto anche in seguito, in
diversi contesti culturali e situazioni storiche. Questa rimane la strada maestra
per l’evangelizzazione: il Signore ci
guidi a vivere questa unità tra verità e
amore nelle condizioni proprie del nostro
tempo, per l’evangelizzazione dell’Italia
e del mondo di oggi.
L’educazione
In concreto, perché l’esperienza della
fede e dell’amore cristiano sia accolta e
vissuta e si trasmetta da una generazione
all’altra, una questione fondamentale e
decisiva è quella dell’educazione della
persona. Occorre preoccuparsi della formazione della sua intelligenza, senza trascurare quelle della sua libertà e capacità
di amare(…). Un’educazione vera ha
bisogno di risvegliare il coraggio delle
decisioni definitive, che oggi vengono
considerate un vincolo che mortifica la
nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per
far maturare l’amore in tutta la sua bellezza: quindi per dare consistenza e
significato alla stessa libertà.(…)
Testimonianze di carità
L’autenticità della nostra adesione a
Cristo si verifica specialmente nell’amore e nella sollecitudine concreta per i più
deboli e i più poveri, per chi si trova in
maggior pericolo e in più grave difficoltà.(…). È quindi quanto mai importante
che tutte le testimonianze di carità presenti giù in Italia conservino sempre alto
e luminoso il loro profilo specifico,
nutrendosi di umiltà e di fiducia nel
Signore, mantenendosi libere da suggestioni ideologiche e da simpatie partitiche, e soprattutto misurando il proprio
sguardo sullo sguardo di Cristo: è importante dunque l’azione pratica ma conta
ancora di più la nostra partecipazione
personale ai bisogni e alle sofferenze del
prossimo
Responsabilità civili e politiche dei cattolici
(…) La Chiesa non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo
ha un interesse profondo per il bene
della comunità politica, la cui anima è la
giustizia, e le offre a un duplice livello il
suo contributo specifico. La fede cristiana, infatti, purifica la ragione e l’aiuta ad
essere meglio se stessa: con la sua dottrina sociale pertanto, argomentata a par-
tire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano,
la Chiesa contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa
essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato. A
tal fine sono chiaramente indispensabili le energie morali e
spirituali che consentano di anteporre le esigenze della giustizia agli interessi personali, o di una categoria sociale, o
anche di uno Stato: qui di nuovo c’è per la Chiesa uno spazio assai ampio, per radicare queste energie nelle coscienze, alimentarle e irrobustirle. Il compito immediato di agire
in ambito politico per costruire un giusto ordine nella
società non è dunque della Chiesa come tale, ma dei fedeli
laici, che operano come cittadini sotto propria responsabilità: si tratta di un compito della più grande importanza, al
quale i cristiani laici italiani sono chiamati a dedicarsi con
generosità e con coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo.
Una speciale attenzione e uno straordinario impegno sono
richiesti oggi da quelle grandi sfide nelle quali vaste porzioni della famiglia umana sono maggiormente in pericolo:
le guerre e il terrorismo, la fame e la sete, alcune terribili
epidemie. Ma occorre anche fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e
principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita
umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte
naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul
matrimonio, evitando di introdurre nell’ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale.(…).
Essere uniti a Cristo
(…) Siamo stimolati perciò a tenere sempre presente che
non siamo soli nel portarne il peso: ci sosteniamo infatti gli
uni gli altri e soprattutto il Signore stesso guida e sostiene la
fragile barca della Chiesa.(…). La nostra vera forza è dunque nutrirci della sua parola e del suo corpo, unirci alla sua
offerta per noi, come faremo nella Celebrazione di questo
pomeriggio, adorarlo presente nell’Eucaristia: prima di ogni
attività e di ogni nostro programma, infatti, deve esserci l’adorazione, che ci rende davvero liberi e ci dà i criteri per il
nostro agire. Nell’unione a Cristo ci precede e ci guida la
Vergine Maria, tanto amata e venerata in ogni contrada
d’Italia.(…)
Salute e sanità
di Gerardo COREA
Il medico e lo stregone
P
ossiamo asserire che la storia
della medicina inizia proprio
con la storia delle malattie; malattie
antiche come la vita stessa.
Altrettanto difficile è oggi, per noi,
ricostruire comunque le malattie degli
albori della storia, di cui la più antica
testimonianza resta quella di una
malattia in un corpo d’aspetto umano
(quello del Pithecanthropus Erectus),
dissotterrato a Giava nel 1891 dal Dr.
Dubois, in cui viene messo in evidenza, in questo nostro Avo, dalle sembianze ancora essenzialmente scimmiesche, un tumore osseo sull’estremità superiore del femore.
Il “Pithecanthropus erectus” è
estinto ormai da oltre un milione di
anni e difficile appare la datazione
della sua comparsa sulla terra, per cui,
nonostante le prove biologiche attendibili, non possiamo avere con matematica certezza la datazione della vita
sulla terra o almeno una datazione
definitiva.
Oggi, la testimonianza delle malattie di questo periodo storico, la si
riscontra essenzialmente nelle ossa,
poiché queste, in massima parte, possono sfidare i secoli.
Osteoartrite o Reumatismo cronico
è comune riscontro nelle mummie egizie, come pure depositi gottosi nelle
articolazioni o calcoli della vescica o
delle vie biliari, per non parlare della
tubercolosi ossea con localizzazioni
sulla colonna vertebrale. Alcune, poi,
mostrano a tutt’oggi i segni di tentativi di riduzione (per lussazione) o contenzione (per fratture).
Volendo però “necessariamente”
iniziare un racconto di un passato
ormai lontanissimo, si può scegliere
come inizio quello di un ritratto a noi
noto di un medico, rinvenuto sulle
pareti della grotta dei Trois Frères nei
Pirenei, risalente a circa 17.000 anni
fa, che raffigura un uomo avvolto nella
pelle di un animale, con gambe e brac-
cia a strisce colorate, il capo adorno
delle corna d’un cervo.
L’era di collocazione è quella
Aurignaciana e questo altro non è che
il ritratto di uno stregone, da cui senza
ombra di dubbi, discende il Medico
dei nostri giorni.
Viene logico supporre oggi che le
stesse armi fabbricate e gli utensili trovati negli scavi degli stessi luoghi,
siano caratteristici di un popolo ormai
abbastanza intelligente, non solo per
escogitare sistemi di caccia o di lavoro, ma sicuramente, per curare le ferite e le malattie. Quali che fossero i
rimedi in uso, sicuramente la magia ne
aveva una parte preponderante, ma,
rimane un errore ritenere che il nostro
progenitore medico fosse soltanto uno
stregone. Tale asserzione può essere
messa oggi in stretta relazione in
quanto possiamo notare, per esempio,
in popoli che ancora vivono allo stato
primordiale. È l’esempio dei Kai della
Nuova Guinea, che, oltre a valersi dell’opera dello stregone, usano rimedi
elementari, a livello domestico:
“impiastri di frutti di palma per le ferite, salassi per l’emicrania, sanguisughe per i dolori di vario genere, bagni
di vapore per reumatismi…”.
(continua)
Accoglienza che cresce - 19
Segni del Tempo
di don Angelo PIZZAMIGLIO
Scegli di servire
Ogni volta che cerco gli onori e tento di aggiudicarmi il primo posto, ogni
volta che cedo al desiderio di dominare, stimandomi superiore agli altri, ogni
volta che voglio farmi notare e mi rivesto di sufficienza, dimenticando di
ascoltare colui che mi chiama …
Vieni, Signore dell’umiltà e del servizio, a ricordarmi la Tua parola: se vuoi
essere grande, scegli di essere il servo di tutti.
Ogni volta che lotto per una maggiore giustizia, denunciando il male e la menzogna, ogni volta che difendo il debole facendo crescere la tolleranza e la pace,
ogni volta che dispongo il mio cuore all’ascolto, dimenticando me stesso per
aiutare gli altri, allora veramente, Signore, io scelgo di servire e la Tua parola
d’amore diventa in me una sorgente di vita !
Inutile cercare di assicurarsi il primo posto:
se vuoi essere grande scegli di servire.
Christine Reinbolt
È
con questo pensiero di Christine
Reinbolt che ho voluto aprire il
notiziario numero 235 della Parrocchia di
Sant’Alfonso Maria De Liguori in San
Vincenzo (Livorno), Diocesi di Massa
Marittima – Piombino, riflettendo sulla
presenza delle Suore Ospedaliere della
Misericordia di Roma in mezzo a noi. Ho
avuto il piacere di conoscere questa
Congregazione solamente lo scorso anno e
subito si è accesa in me una fiammella di
interesse e come un tarlo, che piano piano
lavora giorno e notte dentro un legno, così
questa presenza fugace, quanto inaspettata, ha lavorato dentro di me.
La consueta gita a Roma organizzata
dalla Parrocchia, dei primi giorni di gen-
naio, per la visita dei presepi, è stata l’occasione per poter rendere la visita alle
Reverende Suore. Un disguido ha compromesso l’incontro con la Superiora
Generale Madre Aurelia, che con la sua
presenza e discrezione mi aveva così colpito e lasciato un bel ricordo.
Non potete immaginare il piacere, la
sorpresa e la commozione, quando pochissimi giorni dopo il mio viaggio a Roma,
una sera ho sentito suonare il telefono e
nel rispondere si è presentata Madre
Aurelia che si scusava del disguido peraltro da lei non determinato.
Ero da poco tornato da una lunga degenza in ospedale in seguito ad un intervento
cardiaco per un infarto che mi aveva colpito
Don Angelo con le suore al termine della S. Messa
nella festa della dedicazione della Parrocchia (6 agosto 2006) e durante il mercatino
20 - Accoglienza che cresce
in Portogallo, a Fatima, durante un pellegrinaggio in ottobre e quella telefonata mi fece
capire che dovevo ancora andare avanti.
Don Angelo, non è ancora finita, mi
sono detto! Che cosa, Signore, debbo
ancora fare, mi sono chiesto?
Il dolce cuore di Maria mi ha protetto,
mi ha condotto fin qua per compiere chissà che cosa.
Con l’approssimarsi della primavera
2006 mi sono accertato che si provvedesse
ad invitare ancora per l’estate le suore a
Sant’Alfonso.
Un pensiero adesso al mese missionario;
la Parrocchia è missione, il mio apostolato è
missione quotidiana, ma che aria il Signore
mi ha fatto respirare in chiesa quando ho
avuto il 6 agosto 2006 ben nove suore attorno a me provenienti da tutto il mondo!
Contemplando la foto del mio
Vescovo, Monsignor Giovanni, appesa
alla parete del mio ufficio, rifletto sul mio
ministero e sul fatto che mi manca un
aspetto rilevante del mio essere sacerdote:
l’esperienza missionaria all’estero, tipica
della Congregazione. Non ho più la salute
per vivere questa forte esperienza ma
credo che la Casa del Padre Celeste,
un’Opera di misericordia e di accoglienza
che la Parrocchia sostiene moltissimo e
che tra pochissimo vedrà l’inizio dei lavori, mi darà la possibilità di vivere momenti forti di solidarietà e di comunione con i
“figli derelitti del Padre”.
Mi affido ai tanti gruppi di preghiera
sparsi in Italia, che guardano con affetto e
vivo interesse a quest’Opera, affinché le
loro preghiere accompagnino la fase della
realizzazione e quella che verrà della conduzione dell’attività di accoglienza e di
misericordia.
Un grazie grande a Madre Aurelia per
l’esempio di amore senza confini che fa
vivere alla Parrocchia di Sant’Alfonso con
il regalo della presenza delle Reverende
Suore; è questo un evento che sarà oggetto di discussione nel prossimo Consiglio
Pastorale Parrocchiale.
Un saluto amichevole a tutte le Suore
Ospedaliere della Misericordia: saranno le
benvenute ogni volta che vorranno farci
gioire della loro presenza.
E con la speranza di avervi vicine nella
celebrazione nella notte del Santo Natale,
quando tanto San Vincenzo si unirà numerosissimo in Parrocchia, porgo un caloroso
abbraccio a Voi tutte benedicendovi nel
nome del Signore e di Maria Madre di
Misericordia.
Magistero
Andiamo nel
Suo nome
In questa pagina riproponiamo alla comune riflessione alcuni brani
dell’Omelia che Benedetto XVI ha tenuto a Verona, Giovedì 19 ottobre scorso, in occasione del IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana.
Venerati Fratelli nell’Episcopato e
nel Sacerdozio!
Cari fratelli e sorelle!
(…) E’ significativo che il luogo
prescelto per questa solenne liturgia sia
lo stadio di Verona: uno spazio dove
abitualmente si celebrano non riti religiosi, ma manifestazioni sportive,
coinvolgendo migliaia di appassionati.
Oggi, questo spazio ospita Gesù risorto, realmente presente nella sua Parola,
nell’assemblea del Popolo di Dio con i
suoi Pastori e, in modo eminente, nel
Sacramento del suo Corpo e del suo
Sangue. Cristo viene oggi, in questo
moderno areopago, per effondere il suo
Spirito sulla Chiesa che è in Italia, perché, ravvivata dal soffio di una nuova
Pentecoste, sappia “comunicare il
Vangelo in un mondo che cambia”,
come propongono gli Orientamenti
pastorali della Conferenza Episcopale
Italiana per il decennio 2000-2010.
(…)Scrive l’apostolo Giovanni:
“Questa è la vittoria che ha sconfitto il
mondo: la nostra fede” (1 Gv 5,4b). La
verità di quest’affermazione è documentata anche in Italia da quasi due
millenni di storia cristiana, con innumerevoli testimonianze di martiri, di
santi e beati, che hanno lasciato tracce
indelebili in ogni angolo della bella
Penisola nella quale viviamo. Alcuni di
loro sono stati evocati all’inizio del
Convegno e i loro volti ne accompagnano i lavori.
Noi oggi siamo gli eredi di quei
testimoni vittoriosi! Ma proprio da questa constatazione nasce la domanda: che
ne è della nostra fede? In che misura
sappiamo noi oggi comunicarla? La certezza che Cristo è risorto ci assicura che
nessuna forza avversa potrà mai distruggere la Chiesa. Ci anima anche la consapevolezza che soltanto Cristo può pienamente soddisfare le attese del cuore
umano e rispondere agli interrogativi
più inquietanti sul dolore, l’ingiustizia e
il male, sulla morte e l’aldilà. Dunque,
la nostra fede è fondata, ma occorre che
questa fede diventi vita in ciascuno di
à
Magistero
segue da pag. precedente
noi. C’è allora un vasto e capillare sforzo da compiere perché ogni cristiano si
trasformi in “testimone” capace e pronto ad assumere l’impegno di rendere
conto a tutti e sempre della speranza che
lo anima ( cfr 1Pt 3, 15). Per questo
occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del Cristianesimo,
fulcro portante della nostra fede, leva
potente delle nostre certezze, vento
impetuoso che spazza ogni paura e indecisione, ogni dubbio e calcolo umano.
Solo da Dio può venire il cambiamento
decisivo del mondo. Soltanto a partire
dalla Risurrezione si comprende la vera
natura della Chiesa e della sua testimonianza, che non è qualcosa di staccato
dal mistero pasquale, bensì ne è frutto,
manifestazione e attuazione da parte di
quanti, ricevendo lo Spirito Santo, sono
inviati da Cristo a proseguire la sua stessa missione (cfr Gv 20,21-23).
“Testimoni di Gesù risorto”: questa
definizione dei cristiani deriva direttamente dal brano del Vangelo di Luca
oggi proclamato, ma anche dagli Atti
degli Apostoli (cfr At 1,8.22).
Testimoni di Gesù risorto. Quel “di” va
capito bene! Vuol dire che il testimone
è “di” Gesù risorto, cioè appartiene a
Lui, e proprio in quanto tale può rendergli valida testimonianza, può parlare di Lui, farLo conoscere, condurre a
Lui, trasmettere la sua presenza. E’
esattamente il contrario di quello che
avviene per l’altra espressione: “speranza del mondo”. Qui la preposizione
“del” non indica affatto appartenenza,
perché Cristo non è del mondo, come
pure i cristiani non devono essere del
mondo. La speranza, che è Cristo, è nel
mondo, è per il mondo, ma lo è proprio
perché Cristo è Dio, è “il Santo” (in
ebraico Qadosh ). Cristo è speranza per
il mondo perché è risorto, ed è risorto
perché è Dio. Anche i cristiani possono
portare al mondo la speranza, perché
sono di Cristo e di Dio nella misura in
cui muoiono con Lui al peccato e risorgono con Lui alla vita nuova dell’amore, del perdono, del servizio, della non-
22 - Accoglienza che cresce
violenza. Come dice sant’Agostino:
“Hai creduto, sei stato battezzato: è
morta la vita vecchia, è stata uccisa
sulla croce, sepolta nel battesimo. E’
stata sepolta la vecchia, nella quale
malamente sei vissuto: risorga la
nuova” (Sermone Guelf. IX, in M.
Pellegrino, Vox Patrum, 177). Solo se,
come Cristo, non sono del mondo, i
cristiani possono essere speranza nel
mondo e per il mondo.
Cari fratelli e sorelle, il mio augurio,
che sicuramente voi tutti condividete,è
che la Chiesa in Italia possa ripartire da
questo Convegno come sospinta dalla
parola del Signore risorto che ripete a
tutti e a ciascuno: siate nel mondo di
oggi testimoni della mia passione e
della mia risurrezione (cfr Lc 24,48). In
un mondo che cambia, il Vangelo non
muta. La Buona Notizia resta sempre la
stessa: Cristo è morto ed è risorto per la
nostra salvezza! Nel suo nome recate a
tutti l’annuncio della conversione e del
perdono dei peccati, ma date voi per
primi testimonianza di una vita convertita e perdonata. Sappiamo bene che
questo non è possibile senza essere
“rivestiti di potenza dall’alto” (Lc
24,49), cioè senza la forza interiore
dello Spirito del Risorto. Per riceverla
occorre, come disse Gesù ai discepoli,
non allontanarsi da Gerusalemme, rimanere nella “città” dove si è consumato il
mistero della salvezza, il supremo Atto
d’amore di Dio per l’umanità. Occorre
rimanere in preghiera con Maria, la
Madre che Cristo ci ha donato dalla
Croce. Per i cristiani, cittadini del
mondo, restare in Gerusalemme non
può che significare rimanere nella
Chiesa, la “città di Dio”, dove attingere
dai Sacramenti l’“unzione” dello Spirito
Santo. In questi giorni del Convegno
ecclesiale nazionale, la Chiesa che è in
Italia, obbedendo al comando del
Signore risorto, si è radunata, ha rivissuto l’esperienza originaria del Cenacolo,
per ricevere nuovamente il dono
dall’Alto. Ora, consacrati dalla sua
“unzione”, andate! Portate il lieto
annuncio ai poveri, fasciate le piaghe
dei cuori spezzati, proclamate la libertà
degli schiavi, la scarcerazione dei pri-
gionieri, promulgate l’anno di misericordia del Signore (cfr Is 61,1-2).
Ricostruite le antiche rovine, rialzate gli
antichi ruderi, restaurate le città desolate (cfr Is 61,4). Sono tante le situazioni
difficili che attendono un intervento
risolutore! Portate nel mondo la speranza di Dio, che è Cristo Signore, il quale
è risorto dai morti, e vive e regna nei
secoli dei secoli. Amen.
Spazio Cultura
L'ospedale di San Giacomo
e la cura del «mal francioso»
Prof. Nino Maurizio Cantera
L’
antico Ospedale San Giacomo
fu fondato - è noto - da papa
Benedetto XII nel 1339 a Roma. Esso
nacque come modesto fabbricato che
affacciava su via Lata, successivamente
chiamata via del Corso e poi via
Umberto I, con annessa la chiesetta di
San Giacomo. Nel 1500 ad opera dell'
architetto Giorgio da Coltre la struttura
ospedaliera fu ampliata con la costruzione di un corpo di fabbrica che guardava
sulla strada delle Tre Colonne, poi via di
San Giacomo ed ora Canova, fino a congiungersi con la costruzione della chiesetta di S. Maria Porta Paradiso sulla via
Populi o Leonina ed ora di Ripetta. Tale
costruzione comprendeva due reparti
separati, uno per gli uomini e l'altro per
le donne. La capacità dei posti letto
passò da 70 a 102, fino ad una capienza
massima di 204 degenti, ottenuta con
l'aggiunta delle «cariole» (letti supplementari). Il nuovo ospedale venne ultimato nel 1580. In seguito furono apportati ulteriori ampliamenti, tanto da
garantire fino a cento posti per gli uomini e quaranta per le donne. Dieci anni più
tardi, nel 1590, il cardinal Salviati fece
costruire le diverse officine dell' ospedale e cioè la «speziaria» ed abitazioni per
gli «offiziali» e ministri del pio luogo.
Tra la fine del '400 e l'inizio del '500
l'Arcispedale di San Giacomo fu altrimenti chiamato l' Arcispedale degli
Incurabili di Roma. Tale nome gli derivò
dall'afflusso sempre più numeroso di
persone affette da una malattia che, fin
dalla sua scoperta, colpì in America le
truppe spagnole e francesi, le quali ultime, condottevi da Carlo VIII, diffusero
in forma epidemica il morbo in Italia,
specie a Napoli. Il popolo napoletano
battezzò subito la malattia con il nome di
«mal francioso» e più tardi di morbo gallico. Ma i francesi non vollero subire
l'onta di sentirsi addossare la responsabilità della malattia, che di rimando chia-
marono «mal napolitain» o «italien».
Essa fu poi chiamata in vario modo: lue
americana, peste spagnola, morbo gallico, rogna francese e mal di Napoli. In
Italia fu chiamata «mal francese»; la si
contraeva specie per via sessuale.
Un medico filosofo, poeta e musicista, il veronese Gerolamo Francastoro
(1478-1553) nei suoi tre libri d'esametri
Siphilis sive de Morbo gallico descrisse
gli aspetti clinici di una malattia «portata da empie guerre dei Galli», la chiamò
sifilide ed è probabile che abbia tratto
tale nome dal greco «siflos» che vuoi
dire vergognoso, repulsivo, orribile.
In una lettera indirizzata al cardinale
Bembo così parlò della malattia:
«Incautamente pel corpo erompeano
informi ulcere e con orrenda sozzura il
volto e il petto deturpavano: l'imago
aveano di dura ghianda di pinguo marciume colme che, aprendosi in breve
tempo, lascian fluire e muco e umore
corrotto e sanie pestilenziali». Uhrich
von Hutter, il famoso letterato ed umanista tedesco amico di Lutero, a venti anni
si accorse di avere la sifilide, le cui ulcere aperte furono direttamente bruciate
con un unguento al mercurio. È per questo diffondersi del male che nella seconda metà del' 500 fu rivolta grande attenzione alla cura del «Legno Santo» o
Acqua del Legno. Von Hutter si considerò guarito dopo aver preso un decotto per
quaranta giorni. L'Acqua del Legno è il
decotto o infuso di guaiaco, «guaiacum
officinale». Il guaiaco è una pianta ad
alto fusto dell' America Centrale, Antille,
Colombia e Venezuela; dalle Antille fu
importata in Spagna nel 1508 dal medico
spagnolo Consalvo che ne diffuse la
conoscenza e cura in tutta l'Europa. Il
Tasso fu sottoposto a terapia con l'Acqua
del Legno per curare il suo «umor malinconico». Il cardinal de' Medici nel 1534
si sottopose per cinquanta giorni alla
cura con l'Acqua del Legno e successi-
1676 - Pianta di G. B. Falda
vamente, con indulto pontificio, fu concesso a Domenico Giacomo Longo,
sacerdote di Messina, di esercitare la
professione di «protomedico» e di «somministrare il salutifero decotto del Legno
Santo».
La cura del Legno Santo presso
l'Ospedale San Giacomo di Roma iniziò
nella seconda metà del '500 per durare
fino al 1636. Dopo il pontificato di
Innocenzo X (1644-1655) tale pratica
terapeutica fu ripresa in forma diversa e
cioè mediante l'uso delle stufe. La terapia veniva somministrata presso il San
Giacomo una volta all'anno, nel periodo
compreso fra la seconda metà di maggio
e la prima metà di luglio. Il maestro di
casa del San Giacomo faceva affiggere
alle porte delle chiese e in appositi luoghi pubblici un editto che così recitava:
«d' ordine delli Illustrissimi signori
Guardiani dello Archihospedale di San
Jacomo degli incurabili, a tutti che vorranno venire a pigliare l'acqua del legno:
come all'... di maggio (giugno) a hore 18
si riceveranno gli uomini et all'... detto si
riceveranno le donne, portando però la
fede d' essersi al presente confessati e
comunicati».
Al paziente, dopo essere stato visitato dal medico fisico con l'aiuto dello speziale, veniva prescritta la cura del legno.
L'acqua del legno veniva preparata da un
chirurgo coadiuvato da otto servitori.
Questi provvedevano a preparare la
«rasura» del legno che veniva risposta in
bidoni accuratamente ricoperti. L'acqua
santa veniva somministrata a temperatu-
à
Accoglienza che cresce - 23
Varia Umanità
In cammino per Betlemme tra sapienza e fede
di Giuseppe Di Florio
I
Magi erano sapienti, nutriti di esperienza e di cultura e, pur con tanta
sapienza ebbero bisogno di una cometa
che li guidasse verso la verità e la luce. È
questo un aspetto che, a distanza di millenni, ci invita ancora a riflettere. Non si
può dunque per la sola scienza attingere la
verità, ma è necessario una guida superiore che indirizzi – oltre dubbi ed errori – al
vero autentico. Ma se non basta da sola la
scienza, non basta da sola la fede! Ciò che
salva è l’armonia tra ragione e fede, perché la ragione da sola è cieca e la fede da
sola è vuota. I Magi potrebbero assumere
come guida la stella cometa perché la loro
cultura consentì loro d’interpretare quel
simbolo alla luce della fede come un
appello verso la nuova era che quella notte
inaugurava. E non solo i Magi, e cioè i
sapienti, ma anche gli umili e i semplici,
cioè i pastori, furono coinvolti da quella
notte, e se i Magi seguirono la Stella, essi
seguirono l’angelo che annunciava il
Salvatore, giacente in una mangiatoia, e
cioè in una stalla, l’ambiente del loro
lavoro quotidiano. E accorsero!
E se i Magi offrirono l’oro in pegno
della loro rinnovata sapienza che l’invitava a liberarsi del decorativo e del superfluo a pro dei miseri, i pastori offrirono i
prodotti della terra e della pastorizia, frut-
segue da pag. precedente
ra molto elevata e nelle corsie di degenza si provvedeva con grandi bracieri di
legno e carbone a surriscaldare gli
ambienti. All'una venivano servite
pozioni evacuative e lassative e poi l'infuso dell'acqua del legno. Tutte le finestre venivano chiuse ermeticamente per
circa due ore. Gli infermi, al buio e sotto
l'azione del farmaco, rimanevano immobili, ben coperti e surriscaldati. Di buon
mattino il chirurgo interveniva con salassi, applicazioni di coppette ed attacchi di
24 - Accoglienza che cresce
to della loro sapienza artigiana e contadina. Due ben diverse sapienze, quella della
ricerca e l’altra del lavoro, l’una della
mente e l’altra del braccio, si trovarono
quella notte unite e coinvolte dinanzi a
quel bambino nascente: due realtà, due
storie, una sola civiltà! La civiltà del cristianesimo che segnerà di sé i secoli che
verranno e renderà fratelli uomini e donne
in una stessa missione di bene e di pace.
mignatte. Al termine delle medicazioni
veniva servito il primo pasto con un cucchiaio di passerina, quattro once di gran
biscotto ed acqua del legno come bevanda. Alle dodici si ripeteva la cura come la
notte precedente, escludendo i lassativi.
Alle sedici il secondo vitto con tre
once di biscotto, una grande cucchiaio di
passerina ed acqua del legno. La cura
continuava tutto il mese di giugno. Alla
fine di giugno veniva chiusa l'accettazione degli infermi. Il 10- 12 luglio si riaprivano le finestre e si dimettevano tutti gli
infermi per la pulizia dell' ospedale.
La cura non era ben sopportata da
tutti, tanto che molti la abbandonavano
stremati nelle forze e nello spirito. Il
periodo di cura costringeva gli infermi a
respirare un' aria intrisa dei mefitici odori
provocati dalle sudorazioni profuse, dalle
abbondanti evacuazioni e dal respiro
affannoso di una grande moltitudine di
persone in grandi corsie impoverite di
ossigeno dai bracieri ardenti. Al di là di
queste considerazioni, i risultati si potevano considerare buoni e la percentuale di
decessi era limitata al 9-11 %, tanto che
l'acqua del legno otteneva quel «giovamento che altra medicina non era prestante a dare, e se ne trovavan molti guariti».
Adozione
a distanza
Adozione a distanza
Anche tu puoi fare l’adozione a
distanza… perché molti bambini
attendono ancora di essere aiutati.
Le nostre suore in missione
continuano a mandare appelli per
situazioni miserevoli.
Per informazioni sull’Adozione a Distanza:
Associazione Volontari LA COMETA onlus
Via Latina, 30 - 00179 Roma
Tel. 0670497270
Fax 0670452142
Cell. 338.5716399
e-mail:[email protected]
c/c postale n. 45938974
La Cometa
di Anna Olivieri (Volontaria)
IL VOLONTARIO
L’associazione Volontari “La Cometa” festeggia il suo
primo anno di Volontariato presso i malati: accendiamo
una candelina. Auguri e … grazie !
Che cosa significa Volontariato?
Volontà è la facoltà della coscienza rivolta a raggiungere un determinato fine con la conseguente scelte dei mezzi
adeguati per l’esecuzione pratica. Accanto alla concezione
della volontà come appetito razionale ne è stata introdotta
una opposta e diversa, che trae la sua origine dalla rivelazione cristiana, secondo la quale Dio non è primieramente
pensiero di pensiero ma essenzialmente Amore (Deus est
caritas); volontà. E da qui il termine di “Volontariato”,
cioè spontanea partecipazione ed azioni umanitarie.
Il Volontario “non è uno che ha niente da fare e per evitare la noia va in giro nella speranza di trovare qualcuno da
aiutare. Il Volontario è una persona con la vacazione e si
avvicina a chi ha bisogno per dargli una mano, senza fare
distinzione.” (Elisa Rosati Volontaria ARVAS).
Chi siamo noi? Un gruppo di persone che hanno deciso
di donare una piccolissimo parte del loro tempo (si tratta di
due ore a settimana) a coloro che sono soli, che hanno bisogno di una parola di speranza, di un gesto di amore, di un
sorriso.
E’ già passato un anno che lavoriamo tutti insieme e
credo che per tutti sia stata un’esperienza meravigliosa,
anche se talvolta gravosa. Ma ciò che noi abbiamo ricevuto è certamente molto di più di ciò che abbiamo dato.
Vivere accanto alla sofferenza dei nostri fratelli ed
ammirare come molti di essi riescano a sopportarla è un
insegnamento impareggiabile, che ci fa comprendere
quanto grande sia l’amore di Dio, specie se si riesce ad
entrare in sintonia con l’altro. La nostra forza sta nel
saper ascoltare con discrezione, sta in un sorriso fatto con
il cuore, sta in una parola di conforto formulata con tanto,
tanto amore.
Non sempre tutto ciò è stato facile, talvolta ne siamo
usciti con tanta amarezza nel cuore e preoccupati di non
essere all’altezza del compito cui Dio ci ha chiamati; ma
la nostra volontà ci dice di continuare a percorrere il cammino che ci è stato indicato e che ci siamo proposti di
seguire, sperando che anche altre persone si uniscano a
noi.
C’è tanto bisogno di aiuto:
VENITE! “La COMETA” vi indicherà la strada.
I mercatini della solidarietà
Oggetti di antiquariato, utensili originali e preziosi, vere e proprie rarità tutte da scoprire nel mercatino
all’Ippodromo delle Capannelle organizzato dall’associazione onlus “La Cometa” nata come supporto
all’attività missionaria delle Suore Ospedaliere della Misericordia. Un’associazione che desidera essere una
“luce tangibile” attraverso programmi di solidarietà nazionale e internazionale. Il mercatino de “La
Cometa”, già attivo da ottobre, rimarrà aperto al pubblico fino a maggio, dal sabato alla domenica dalle 8
alle 20. Ad accogliere i visitatori più curiosi e quanti vogliono aiutare chi ha meno di noi ci saranno gli stessi volontari
dell’associazione insieme alle suore. I ricavati raccolti verranno destinati alle missioni che le suore hanno in tutto il
mondo e aiuteranno i tanti progetti in favore dei poveri e dei
bambini a diventare realtà. Ormai da 4 anni poi, per chi ancora non lo sapesse, in Via Latina 30, la Cometa ha già attivo un
altro mercatino sempre aperto al pubblico e che in particolare
nel periodo natalizio offrirà tante sorprese, venire per credere!
Federica Martufi
26 - Accoglienza che cresce
L’angolo dei Giovani
La nuova Eva
La figura della donna
nell’ottica cristiana,
portatrice eletta dell’Amore
di Dio agli altri
di Federica Martufi
I
n questi ultimi tempi si riflette
molto sulla figura della donna, sui
suoi diritti e doveri nei diversi settori
della comunità civile ed ecclesiale. Per
quanto riguarda la Chiesa, il segno della
donna è più che mai centrale e fecondo e
prende continuo slancio da Maria che ne
diventa lo specchio e dalla tante figure
femminili che negli anni hanno segnato
la storia. L’esistenza di Maria in primis è
un esempio mirabile e sempre attuale da
seguire perché la sua fede infonde nei
cuori il coraggio di essere testimoni
anche nelle situazioni più difficile che il
nostro tempo ci chiede di affrontare.
Maria vive nella piena fiducia perché per
Lei “nulla è impossibile a Dio” (Gn
18,14; Lc 1,37) e lo dimostra mettendo la
sua vita nelle mani del Signore con profonda e umile devozione “Avvenga di
me quello che hai detto” (Lc 1,38).
Un esempio forse temporalmente lontano ma quanto mai moderno che invita
ognuno di noi a
conservare nella
vita di tutti giorni
le “grandi cose”
senza paure. La
disposizioni dell’animo all’ascolto,
all’accoglienza,
all’umiltà e alla
fedeltà, ma nello
stesso tempo le
azione per il nostro
“Altro” svolte nel
quotidiano. Queste
sono le qualità
caratterizzanti la donna che è chiamata ad
essere modello per tutti i cristiani di come
la Sposa deve rispondere con l’amore
all’amore dello Sposo. In tal modo le
donne svolgono un ruolo importante
nella vita ecclesiale perché contribuiscono a manifestare il vero volto della
Chiesa, sposa di Cristo e madre dei credenti. Tra i valori fondamentali collegati
alla vita concreta della donna vi è senza
dubbio ciò che è stato chiamato la sua
“capacità dell’altro”, ovvero la maternità.
Ma ci sono anche altri modi in cui la
donna “è per l’altro” come l’esistenza
della vocazione cristiana alla verginità.
Infatti non è accontentandosi di dare la
vita fisica che si genera veramente l’altro. La maternità trova forme di realizzazione piena in diversi modi come le tante
testimonianze delle missionarie che portano aiuto e consolazione nel mondo. In
questa prospettiva si comprende il ruolo
insostituibile della donna in tutti gli
aspetti della vita sia familiare sia sociale
e che coinvolgono le relazioni umane e
la cura dell’altro. “Il genio della donna”
come diceva Giovanni Paolo II si manifesta attivamente sia nella famiglia, perché è qui che si acquisiscono gli insegnamenti fondamentali per il futuro sia
nel lavoro, grazie al contributo che la
donna porta nella società.
Al riguardo infatti non si può dimenticare come l’intreccio delle due attività,
famiglia e lavoro, assuma per la donna
un impegno costante e non sempre facile
nella vita di tutti i giorni. In questo caso
la luce ci viene da due donne, particolarmente care. Beretta Molla, una Santa
madre di famiglia, come lo possono
essere molte donne, che ha vissuto nel
quotidiano la bellezza pura e feconda
dell’amore coniugale e dell’amore per i
figli in risposta alla chiamata di Dio.
E Teresa Orsini, nobildonna romana,
sposa e madre che si è fatta piccola per
stare in mezzo ai bisognosi, ai diseredati, ai
malati, agli ultimi
degli ultimi. Di qui si
aprono nuove prospettive per una comprensione più profonda
della dignità della
donna e del suo ruolo
nella società umana e
nella Chiesa come
testimone privilegiata
e portatrice eletta
dell’Amore di Dio
agli altri.
Accoglienza che cresce - 27
L’angolo dei Giovani
Marco Persichino:
storia di un giovane speciale
Dalla politica estremista al servizio in nome di San Francesco
di Concita de Simone
C
hi ci segue assiduamente, sa che, su queste pagine, può leggere,
di solito, le interviste della sottoscritta a vari personaggi famosi.
Stavolta però, vi parlerò di un giovane “illuminato” non dalle luci della
ribalta, ma da quella del Vangelo, quasi un moderno S. Paolo folgorato
sulla via di Damasco. E’ la storia emblematica di una conversione. Della
conversione di un ex skinhead. Letteralmente significa “testa rasata”, ed è
il soprannome con cui vennero identificati alcuni gruppi giovanili estremisti, nati a metà degli anni Settanta in Inghilterra.
“Adesso organizzo ritiri spirituali, prima mi ritiravo per preparare
cariche contro la polizia. Adesso ho un ragazzo musulmano in affido;
prima andavo a caccia di immigrati per derubarli e picchiarli.” A parlare
è lui, il nostro protagonista, Marco Persichino, ventitreenne di Latina, uno
che già a tredici anni era un uomo tanto velocemente ha vissuto la sua vita.
Vita che, come lui stesso, è stata stravolta dall’incontro con San
Francesco.
Ma facciamo un passo indietro. A tredicianni, appunto, Marco girava
con testa rasata, giubbotto nero e spranga di ferro a portata di mano. Uno
dei classici skinehead che meglio non incontrarli per strada. Spesso ricoverato in ospedale per enfisemi e broncopolmoniti. Dato per spacciato dai
medici, aveva provato la chemioterapia per sconfiggere il sarcoma, ma
senza grandi risultati. Ne è uscito vivo grazie a una sperimentazione con
un acceleratore nucleare. Vivo sì, ma morto dentro.
Pian piano forze ed entusiasmo gli sono tornati grazie alla politica. A
quindici anni aderisce al Movimento Sociale, ma quando questo, al bivio
di Fiuggi, si trasforma in Alleanza Nazionale, sceglie la strada dell’estremismo. La sua è un’adesione attiva: era il responsabile del reclutamento.
La strategia era andare nelle scuole e cercare i ragazzi più emarginati,
avvicinarli e portarli in sezione, dove avrebbero trovato un gruppo pronto
ad accoglierli. Anzi, più che un gruppo, un branco, sottolinea lo stesso
Marco ricordando che erano “tutti vestiti uguali, tutti rasati, tutti pronti a
scatenare una rissa se, in un pub, qualcuno guardava male uno di noi”.
I ricordi di Marco scorrono mentre ci fa rivedere le immagini più violente: “Il fuoco in riva al mare, una volta al mese. Prima però bisognava
sgomberare il campo degli extracomunitari che dormivano sulla spiaggia.
Li accerchiavamo, li picchiavamo, li derubavamo del loro piccolo tesoro
ambulante. Io organizzavo i pestaggi e le forze dell’ordine mi conoscevano bene. Mi fermavano, interrogavano. Mi faceva passare una notte dentro, ma questo per noi era solo un motivo di vanto. Una volta mi fermarono mentre stavo affiggendo alcuni manifesti contro la Chiesa e contro
28 - Accoglienza che cresce
L’angolo dei Giovani
Giovanni Paolo II, colpevole, secondo noi, di plagiare i giovani”. E, ancora, profanazione di cimiteri, risse alle manifestazioni, raid e tanto altro, in un’escalation di violenza e
abbandono.
Poi, la svolta a Pasqua del 1999. Alcuni amici riescono a
trascinarlo a una veglia, grazie alla complicità del padre e
lui, non sa ancora come, riesce a farsi convincere. “Quando
ho visto il grande cero pasquale acceso, ho pensato a me e
il mio branco intorno al fuoco sulla spiaggia. Ma la cosa
era completamente diversa e lo si capiva anche dagli sguardi delle persone che avevo intorno, così sereno. Non poteva
essere merito del prete, doveva esserci qualcosa di più”.
Cresce, nell’animo di Marco, un senso di inquietudine. “San
Francesco mi ha cambiato la vita e reso un uomo nuovo”
racconta ormai sereno. Decide infatti di andare a chiedere
ospitalità al Sacro Convento di Assisi. “Cercavo un posto
dove far chiarezza con me stesso, per meditare su quello che
mi era successo. Mi sono fidato e affidato. Ho seguito il
cuore e non la ragione. Prima di arrivare ad Assisi, non
sapevo neanche il Padre Nostro. Allora ho cominciato a fare
silenzio. Ho imparato a pregare attraverso il silenzio. E’
come in una relazione d’amore dove all’inizio ci si scambia
sguardi e poi dopo si comincia a parlare. Mi sono lasciato
abbracciare dal Crocifisso di San Damiano e ho deciso di
cambiare vita. Ho venduto la quota di azioni della società in
Biblioteca
cui lavoravo e ho addirittura iniziato l’anno di postulato per
capire cosa fare della mia vita. Ma poi, in quei mesi, ho
incontrato una volontaria, Chiara,
e ci siamo innamorati. Un padre
spirituale ci ha preparati al matrimonio ed ora il nostro cammino
prosegue nel centro di
Montefasce, la Piccola Città
dell’Immacolata in provincia di Genova dove c’è
un convento di frati
francescani minori conventuali
costruito
seguendo l’ispirazione di San
Massimiliano
Kolbe.
Chissà, forse se
i suoi ex compagni
di branco sapessero
che fine ha fatto
Marco, stenterebbero a
crederci. Eppure è tutto,
incredibilmente, vero.
a cura di Giuseppe Di Florio
Etica, religione e Stato liberale
Il volume riproduce integralmente il dialogo avvenuto il 19 gennaio 2004 alla
Katholische Akademie a Monaco di Baviera tra due dei più prestigiosi rappresentanti della
cultura contemporanea, l’allora cardinale ed oggi pontefice Benedetto XVI, Joseph Ratzinger
ed il filosofo Jurgen Habermas, degno erede della tradizione filosofica tedesca che annovera
tra i recenti nomi autorevolissimi Nietzsche e Heidegger. Tra l’atteggiamento laico, che oggi
spesso domina e che giudica ogni forma di cultura religiosa come irrazionale e regressiva ed
il radicalismo integralista che vuole imporre un’unica fede religiosa, i due interlocutori propongono invece il dialogo come metodo di elezione per una conversazione equanime e mediatrice. Hebermas sottolinea il patrimonio di concetti di cui la tradizione religiosa è portatrice ed
invita la filosofia - com’è proprio della sua tradizione classica - a “tradurre” quei concetti in
valori laici per fare in modo che il processo di secolarizzazione divenga un processo di
“apprendimento”. Anche Ratzinger conviene che “esiste una necessaria correlatività tra ragione e fede… e che hanno bisogno l’una dell’altra e debbano riconoscersi l’una con l’altra. E da
entrambi viene ribadita l’esigenza di un dialogo “come mutuo apprendimento e mutua purificazione”. E l’augurio da formulare è che la filosofia “traduca” assiduamente i concetti religiosi in
valori laici e che la religione sostenga assiduamente il dialogo con fede e culture diverse. Un saggio breve, lucido, denso, stimolante e che invita a capire l’altro all’incontro, al colloquio prima
di respingere e condannare.
Joseph Ratzinger – Jurgens Habermas, Etica, religione e stato liberale.
Morcelliana Editrice, Brescia, Euro 6
Accoglienza che cresce - 29
Pubblicazioni
Regalati o Regala
una di queste pubblicazioni
per meditare e pregare insieme a noi
“Sulle tracce della madre”
L’eredità spirituale di Teresa Orsini Doria Panphili Landi.
Di ricca e nobile famiglia, Teresa Orsini (1788-1829) ha lasciato una
grande eredità spirituale ai suoi posteri. Nel periodo di sfacelo morale e
spirituale della rivoluzione francese, in cui la fede cristiana venne vilipesa e calpestata, la
principessa della carità trovò un terreno fertilissimo per gettare i semi del suo magnanimo
amore per gli altri. Organizzò molteplici iniziative a favore dei diseredati, dei malati, dei
carcerati. Fu modello per le madri di famiglia e modello di carità per le suore che lei stessa
fondò: le Ospedaliere della Misericordia. In Teresa, l’amore naturale e istintivo verso il
prossimo si trasforma in carità, amore verso Dio attraverso il prossimo.
Titolo: “Sulle tracce della madre”
L’eredità spirituale di Teresa Orsini Doria Panphili Landi
Autore: Cristina Siccardi
“Da ricca che era…”
Editore: San Paolo Edizioni
Vita e opere della principessa
Data di pubblicazione: 2006
TERESA ORSINI DORIA
Collana: Piccola spiritualità
Perfetta nobildonna romana, corteggiata, stimata, ammirata e onorata
Pagine: 79
per la sua ricchezza. Donna di straordinaria bellezza e mirabile intelliPrezzo: € 8,00
genza da ricca che era, Teresa Orsini (1788-1829) si è fatta piccola:
piccola per stare in mezzo ai bisognosi, ai diseredati, ai malati, agli
ultimi degli ultimi. Sposa e madre, Teresa andò in cerca della sofferenza per soccorrerla e per risolvere i problemi della malasanità romana
con metodi moderni e fondando anche una congregazione religiosa, le
“Dio ama le cose semplici”
Suore Ospedaliere della Misericordia, attivissime ancora oggi in tutto
Madre Teresa Maria Capeccioni.
il mondo.
La vita della madre Teresa
Capeccioni che ha seguito, nel
Titolo: “Da ricca che era… ”
governo delle “Sorelle della
Autore: Cristina Siccardi
Misericordia” (ora Suore
Editore: San Paolo Edizioni
Ospedaliere della Misericordia),
Data di pubblicazione: 2006
la fondatrice Principessa Teresa
Collana: Fondatori e riformatori
Orsini Doria Panphili Landi.
Pagine: 144
Una biografia che narra la vita
“Parole di Dio” 2007
Prezzo: € 7,50
di una grande missionaria.
Il calendario delle Suore
Ospedaliere della Misericordia
Titolo: “Dio ama le cose semplici”
che scandisce i mesi del nuovo
Autore: Gioacchino Ferrini (1894)
2007 con frasi e immagini.
Editore: Suore Ospedaliere della Misericordia
Titolo: “Parole di Dio”
Editore: San Paolo Edizioni
Data di pubblicazione: 2006
Data di pubblicazione: 2004
Pagine: 47
Per acquistarle rivolgersi a:
Suore Ospedaliere della Misericordia - Via Alba, 39 Roma Tel. 06.7017096 - fax 06.7017133 o presso le migliori librerie cattoliche
30 - Accoglienza che cresce
Notizie
POLONIA
Dal Tevere al Baltico via Cracovia
Il 2 ottobre scorso si è finalmente concretizzata la tanto sospirata missione delle Suore Ospedaliere della Misericordia nella terra della Polonia. Le
tre sorelle assegnate a questa nuova apertura: Sr.Bertilla Cipolloni,
Sr.Annabelle Mamon e Sr.Anna Sadowska, sono state accompagnate dalla
Madre Generale, e da altri membri del consiglio. La missione si trova nella
cittadina di Koszalin nel nord della Polonia a pochi chilometri dalle rive
del Mar Baltico. Il Vescovo, Sua ecc.za Mons. Kazimierz Nycz, il parroco
e il P.Marius, sacerdote che ci ha sostenuto durante questo lungo iter, la
popolazione , sono stati molto accoglienti , promettendo tutto il supporto
morale per aiutarle in questa ‘avventura di Dio’, ci piace chiamarla così, in
quanto siamo convinte che Dio è presente in questa decisione. Le sorelle
si occuperanno di assistenza a domicilio nell’ambito e nel rispetto delle
esigenze della Chiesa
locale che le ha accolte.
La casa che verrà inaugurata la prossima primavera, è stata dedicata
al caro Papa Wojtyla. Rendiamo noto l’indirizzo per chi
desiderasse comunicare con queste sorelle che hanno
lasciato tanta testimonianza di bene qui tra noi.
Dla Siostr Szpitalnych Milosierdzia
Ul. Domanskiego 1°
75-016 Koszalin - Polonia
INDIA
Tributo a un pastore, un amico, un benefattore!
Si è spento dopo alcuni giorni di malattia il vescovo della diocesi di Bellary nel
Karnataka – India, Sua Ecc.za Mons. Joseph D’Silva . Da molti anni un sincero benefattore e amico della Congregazione in India. Già quando era amministratore della Diocesi di Bangalore accettò la nostra richiesta di ergervi il
noviziato e ha sempre dimostrato interesse per i nostri sviluppi nelle missioni.
Grande devoto della Madonna, è stato sicuramente da lei accolto nella gloria
del Paradiso
Accoglienza che cresce - 31
Relax
a cura di Concita De Simone
ORIZZONTALI
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1.Contenitori per il sale.
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7.Li usiamo per bere. 15
15.Il contrario del clima
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secco. 16. Pianta impie- 19
gata un tempo per la
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produzione di sciroppi 23
contro l’asma e la tosse.
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18.In mezzo a Getona.
19.Il più famoso sinda35
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co di Firenze, Giorgio
La…
20.Capoluogo
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della
Lombardia.
22.Così inizia la pre- 39
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ghiera a Maria. 23.
Acronimo di Ente 44
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Nazionale Idrocarburi.
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24.Se ne occupa la sarta 48
insieme
al
taglio.
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25.Sovrano
etiope. 52
27.Al centro della fifa.
28.Consonanti
delle
ruote. 29.Il tenore cui Lucio Dalla ha intitolato una nota canzone. 30.Il nome di questa rubrica. 32.Saluto giapponese. 34.Un altro
modo per chiamare le angurie. 36.La sedia del sovrano. 37.Focolare domestico. 38.Oca senza fine. 39.Dispari nella rosa. 41.Nome
maschile. 42.Antica arte marziale. 43.Nome femminile. 44.Producono il miele. 46.Notizia…diventata ballerina televisiva. 47.Metà
Cracovia. 48.I centurioni vi si giocarono le vesti di Gesù. 50.Promontorio laziale che ha dato il nome ad un’antica maga. 51.Li illustrano le tabelle con le ore di partenza e arrivo di un servizio di trasporto pubblico. 52.Il cognome del poeta Dante. 53.La celebriamo
il 24 dicembre.
VERTICALI
1. Strada di collegamento rapido simile all’autostrada. 2.Il nome di un’opera di Torquato Tasso. 3.Isola in provincia di Frosinone.
4.Nome di donna. 5.Vocali quando leggo. 6.Filosofo greco della felicità. 7. Fragore cupo e improvviso. 8. “Fratelli d’Italia” è quello
nazionale. 9.Pronome per indicare questa, quella cosa. 10.Cagliari. 11.Pari nelle rime. 12.Il numero di anni di una persona. 13.Piante
delle more. 14. Inidoneità, mancanza di incisività 17.Per lei compose Beethoven 20.Vicino Venezia, è famosa per il vetro. 21.Grande
sala per le feste. 24.Antonio, celebre, scultore italiano. 25. Rappresentazione di un’opera teatrale. 26.Isola dell’Egeo. 29. Canti eseguiti da più persone. 30. Dinastia imperiale russa, di antichissima origine nobiliare. 31.Le prime dello xeno. 33.Dispari nella yota.
34.Malattia dei denti. 35. Gianni, scrittore de “La Torta in cielo”. 37.Si danno al pallone. 40.Mezza Spalato. 42.Kerry senza fine.
43.Nome di un lago salato dell’Asia centrale. 45.Sono note quelle di marzo. 46.Strade. 47.Diminutivo di Cristina. 49.In mezzo alla
riga. 50.Pronome personale di prima persona plurale. 51.In mezzo al rogo.
Soluzione del cruciverba pubblicato nel n. 3/2006
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Sono risultati vincitori:
1. Gianfranco Di Pinto (Canada)
2. Marco Morini (Padova)
Tra tutti coloro che invieranno la soluzione corretta
entro il 31 gennaio 2007,
verranno sorteggiati graditi premi.
Potete inviare le vostre risposte ai seguenti indirizzi:
Concita De Simone, Via Latina, 30 - 00179 Roma.
Fax 06 70452142 - e-mail:[email protected]
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32 - Accoglienza che cresce
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2 Rivista.qxd - Suore Ospedaliere della Misericordia