Indice E d i t o ri a l e Deus Caritas Est M a g i s t e ro 3 di Aurelia Damiani Re d a z i o n a l e Senza Ambiguità 4 di Vito Cutro U n o s g u a r d o a i P a d ri Molti canali e pochissime vasche 5 a cura di Vito Cutro Andiamo nel Suo nome Euntes. Docete Omnes Gentes 9 di Quinto Corelli Dialogo e chiacchere di Maurilio Manfredi 5 21 R i fl e s s i o n i d a l l a R e s i d e n z a O rs i n i 10 SOS Anziani Compagna di informazione 11 sulla sicurezza dell’anziano di Michela Sciarrone Vo c i d e l l a s o f f e r e n z a G u a rd i a m o M a ri a Quella sera a cena di Andrea Gemma Vescovo F a t t i e f i g u re Teresa Orsini nella sua terra di Paola Iacovone Direttrice Suor Aurelia Damiani Responsabile Natale in ospedale di Andrea 6 8 12 Segretaria di Redazione Suor Annabelle Mamon di Nino Maurizio Cantera V a ri a U m a n i t à In cammino per Betlemme tra sapienza e fede di Giuseppe Di Florio Adozioni a Distanza Eccomi…manda me di Anna Olivieri 14 di Paola Iacovone Dossier Dal discorso di Benedetto XVI 15 ai partecipanti al IV convegno nazionale della chiesa italiana Il Volontario 24 25 26 I mercatini della solidarietà 26 di Federica Martufi L’ a n g o l o d e i G i o v a n i La nuova Eva 27 Marco Persichino: storia di un giovane speciale 28 di Federica Martufi di Concita De Simone B i bl i o t e c a Etica, religione e stato liberale 28 Coordinamento Redazione Dott. Domenico Di Virgilio Suor Bertilla Cipolloni Rosangela Cutro Giuseppe Di Florio Federica Martufi Suor Rolanda Sabellaga L’Ospedale di San Giacomo 23 e la cura del «mal francioso» La Cometa di Lorenzina Gentile Vito Cutro Suor Paola Iacovone Concita De Simone S p a z i o C u l t u ra L’inferno e il Paradiso in vita 13 2006 “anno di grazia” per le SOM 21 a cura di Giuseppe Di Florio P u b bl i c a z i o n i 15 Salute e Sanità Il medico e lo stregone di Gerardo Corea Segni del tempo Scegli di servire di don Angelo Pizzamiglio Regalati o Regala… 19 20 Notizie 30 POLONIA 31 - Dal tevere al Baltico via Cracovia INDIA 31 - Tributo a un pastore, un amico, un benefattore! Re l ax a cura di Concita De Simone 32 Piccola chiesa di basalto festosa, guardi l’oceano infinito dalla collina di terra bruciata e sorridi all’isola di Brava ai pescatori nella fatica del vivere sognatori di miracoli. La tua voce nel silenzio del vento parla alla terra, al mare, al cielo e forte lontano sulle rocce, sulle onde, il suono di pensieri eterni al cuore dell’uomo che cammina tra le ombre e le luci teso verso un futuro di amore. Ascolta il palpitare della preghiera e nutri con le parole di vita i giorni, i progetti, il dolore e le attese di chi con te raccolto si fida del Mistero. Le luci del tramonto raccolgono il grido di questo popolo ed anch’io chiuso ascolto il vibrare del Mondo e prego tra le pieghe della mia vita nutrita di speranza. Riflessione di P.Ottavio Fasano ofm cap dedicata alla chiesetta del Centro San Francesco - Capoverde Editoriale “DEUS CARITAS EST” di Madre Aurelia Damiani Superiora Generale A bbiamo iniziato questo anno ponendoci, in riferimento alle considerazioni che il Papa svolge nella sua Enciclica “Deus Caritas est”, le domande: “Traspare dalla mia vita la gioia del grande incontro fatto con Gesù? Qual’è il nuovo orizzonte della mia esistenza?” A conclusione della riflessione che ci siamo proposti sulla lettura, profonda e meditata, della citata Enciclica, credo che tutti noi dovremmo avere, ormai, le idee chiare: vivere con maggiore intensità l’amore per Dio e per il prossimo. Al n. 16 del testo della Enciclica sulla quale stiamo riflettendo, il santo Padre così si esprime: “(…) nell’intero contesto della Prima lettera di Giovanni, tale amore viene richiesto esplicitamente. Viene sottolineato il collegamento inscindibile tra amore di Dio e amore del prossimo. Entrambi si richiamano così strettamente che l’affermazione dell’amore di Dio diventa una menzogna, se l’uomo si chiude al prossimo o addirittura lo odia. Il versetto giovanneo si deve interpretare piuttosto nel senso che l’amore per il prossimo è una strada per incontrare Dio e che il chiudere gli occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a Dio” . Possiamo porre questo pensiero a base della nostra esistenza d’ora innanzi; vorrà dire certamente far trasparire la gioia dell’incontro che abbiamo fatto con Gesù e, soprattutto, potrà essere il filo d’unione per gli orizzonti nuovi della nostra vita. E’ questo l’augurio che voglio formulare nell’approssimarsi del santo Natale che, come certamente tutti sappiamo, sta a rinnovare l’evento di Gesù che viene e che riscalda e vivifica la nostra vita sempre più buia e sempre più preda, come afferma Benedetto XVI, di relativismo e di povertà . Buon Natale e buon Anno nuovo, cari lettori, consorelle, amici e benefattori! Il buon Dio che viene ci trovi vigili e disponibili per accoglierLo tra noi nella Sua veste luminosa di pace, di amore e di vita. Redazionale di Vito Cutro Senza Ambiguità T utto l’Occidente sta vivendo, all’insegna del consumismo, del tecnicismo, dell’edonismo e di una ipocrita laicità che spesso sfocia in perverso laicismo, una profonda crisi, forse irreversibile, che impregna anche le sue radici cristiane. L’Europa e l’Italia non sono da meno, anche se da più parti si sente la volontà di voler riscoprire la propria identità in un particolare momento in cui essa viene devastata soprattutto da due fattori. Da un lato il materialismo ed il relativismo etico e morale che dominano la nostra civiltà 4 - Accoglienza che cresce che, ormai, ha relegato anche la sola idea di Dio in un angolo remoto del proprio vivere quotidiano. Dall’altro il terrorismo ed il fondamentalismo religioso, soprattutto islamico, che, proprio in nome di Dio, pretendono di disaggregare i valori etici, sociali, culturali ed anche morali frutto di tanti anni di cammino. Ciò porta con sé, anche come frutto di un mal inteso concetto di accoglienza, ad una prevaricazione sempre maggiore del forte sul debole, del disonesto sull’onesto, del lupo sulla pecora, della morte sulla vita. E’ da diverso tempo che, attraverso questa pagina, mostriamo la necessità di una conversione epocale che porti ad una, anche se lenta ed attenta, lettura dei segni dei tempi e ad una assunzione di atteggiamenti che ne siano conseguenti. Per fare ciò è necessario lottare, soprattutto per mettere al bando l’ipocrisia, l’egoismo ed il senso di onnipotenza che, nelle piccole, come nelle grandi cose, si è appropriato delle nostre coscienze. Dobbiamo, inoltre, con fermezza e coraggio, nel rispetto per le altrui credenze ed opinioni, ma nella ferma convinzione delle nostre, riappropriarci della identità di cristiani e di occidentali. Pena la scomparsa della nostra bimillenaria cultura e della nostra evoluzione cui - questo sì, purtroppo, è vero – abbiamo attribuito ed attribuiamo una valenza spropositata. Ci sia di monito ciò che ha ricordato Benedetto XVI durante l’inaugurazione dell’Anno Accademico all’Università Lateranense citando il “dramma di cui parlava il mito antico: il giovane Icaro, preso dal gusto del volo verso la libertà assoluta e incurante dei richiami del vecchio padre Dedalo, si avvicina sempre di più al sole, dimenticando che le ali con cui si è alzato verso il cielo sono di cera. La caduta rovinosa e la morte sono lo scotto che egli paga a questa sua illusione. La favola antica ha una sua lezione di valore perenne. Nella vita vi sono altre illusioni a cui non ci si può affidare, senza rischiare conseguenze disastrose per la propria ed altrui esistenza”. Il confronto è certamente indispensabile: ma che sia un confronto dialettico e non supino, nel quale ci si impegni a far sentire la propria voce, consapevole e determinata, così come viene richiesto anche da parte di molte voci autorevoli e qualificate. Che, purtroppo, rimangono inascoltate da buona parte del mondo politico ed anche da alcuni settori della Chiesa. Uno sguardo ai padri Indice a cura di Vito Cutro Molti canali e pochissime vasche «S e sei saggio, cercherai di essere non un canale, ma una vasca. Il canale, infatti, quasi con- temporaneamente, riceve e riversa; la vasca, invece,aspetta di essere piena e così comunica dalla sua sovrabbondan- BERNARDO DI CHIARAVALLE (1090-1153) Viene definito “l’ultimo dei padri per nulla inferiore ai primi” e “dottore mellifluo” perché eccelle nel far ‘stillare’ il senso spirituale dalla lettera della Scrittura, seguendo in ciò l’esempio di Origene, Agostino, Gregorio e di tutta la tradizione patristica. Il suo capolavoro è il commento al Cantico dei Cantici in 86 sermoni. Il brano che trascriviamo è tratto dal “Sermone XVIII sul Cantico dei Cantici”. za, senza suo danno. Purtroppo oggi abbiamo nella Chiesa molti canali e poche vasche. Hanno tanta carità quelli per i quali fluiscono a noi i doni celesti, che vogliono trasmetterli prima ancora di averli ricevuti, pronti più a parlare che ad ascoltare, disposti ad insegnare quello che non hanno imparato, bramosi di presiedere agli altri, essi che non sono capaci di governare se stessi. Impara anche tu a non dare se non dalla tua sovrabbondanza, né voler essere più liberale di Dio stesso. La vasca imiti la sorgente. Infatti, la stessa Fonte della vita, piena in se stessa e di se stessa, erompendo e salendo prima nei vicini segreti dei cieli, tutto riempì di beni; e, finalmente, dopo aver riempito le parti superiori e segrete, sfociò sulla terra e con la sua sovrabbondanza salvò uomini e giumenti, moltiplicando la sua misericordia. Prima riempì dentro e poi, traboccando nelle innumerevoli manifestazioni della sua misericordia, ha visitato la terra, l’ha inebriata, rendendola oltremodo feconda. Dunque, anche tu fa’ lo stesso. Riempi te stesso dapprima e poi cercherai di effondere al di fuori. La carità benigna e prudente scorre con abbondanza. Dice Salomone: Figlio, non effonderti tutto al di fuori (Prov 3,21). Accoglienza che cresce - 5 Guardiamo Maria Quella sera a cena di A nche stavolta, accingendomi a trattare di quell’ “ultima cena” che prelude ai grandi eventi della passione morte e resurrezione di Gesù, ricorrerò ad un espediente che, oltre ad essermi sempre tanto piaciuto, so che è riuscito di gradi- @ Andrea Gemma Vescovo mento anche a diversi lettori. Metterò sulle labbra di Maria, quasi sia Lei la narratrice, il racconto dei momenti salienti di quel convito pasquale a cui tutti i pii israeliti erano tenuti in prossimità delle annuali feste pasquali. Ho già prevenuto, nella nota precedente l’obbiezione di chi, attento alle narrazioni evangeliche, vorrebbe escludere Maria dalla partecipazione agli eventi stessi che ci accingiamo a narrare, salvo ritrovarla ai piedi della croce, per raccogliere le ultime stille di sangue del Figlio suo divino. Come dicevamo sembra impossibile che Maria , sempre nascostamente, in silenzio, rifuggendo dal pubblico, non seguisse con attenzione materna e sovrumana, l’effettuarsi di quel “compimento” che avrebbe coronato la missione terrena del Figlio suo, e quindi, in certo qual modo di Lei stessa. D’altra parte contemplare gli eventi della vita di Gesù con gli occhi di Maria – l’espressione è del papa Giovanni Paolo II – è una pia abitudine dei discepoli di Gesù e dei veri devoti di Maria. *** Ormai era chiaro: Gesù stava per concludere la sua missione terrena. Più che saperlo, io, sempre attentissima a cogliere gli atteggiamenti, gli sguardi, e persino le inflessioni del volto del Figlio mio, lo avevo da tempo intuito (che cosa può sfuggire ad una madre amorosissima?...). Del resto Gesù stesso aveva detto ai suoi: “Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e 6 - Accoglienza che cresce lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà” (Mt 20, 18 – 19). Questa terribile profezia mi era stata immediatamente riportata dal carissimo Giovanni, e, come sempre, la tenevo serrata nel cuore. Per questo mi ero decisa a trasferirmi anch’io a Gerusalemme, approfittando della sempre generosa cortesia di parenti ivi dimoranti. Avevo goduto di quello spontaneo trionfo che il gruppo degli amici gli aveva riservato al suo ingresso a Gerusalemme ed ora attendevo con ansia. Approssimandosi la sera del giovedì antecedente la Parasceve (venerdì di passione), Gesù aveva inviato due suoi discepoli a chiedere al solito amico, che già ci aveva ospitato altre volte, di mettere a disposizione, per la grande cena pasquale, la sua ampia sala, per l’occasione bene addobbata, al piano superiore. I due, dopo essersi accertati della condiscendenza dell’interpellato, non fecero altro che rivolgersi a noialtre donne perché apparecchiassimo il tutto, secondo il rito ed anche secondo quella solennità che, non solo la Pasqua richiedeva, ma la stessa volontà del Maestro aveva fatto trasparire dalle sue parole. La cosa non mi meravigliò e anch’io e le altre donne occupammo i locali adiacenti alla sala e ci demmo da fare perché tutto si svolgesse, secondo il desiderio di Gesù, nel più solenne dei modi. Naturalmente a noi donne non fu permesso assiderci alla mensa, quando Gesù con i dodici entrò e si dispose a Guardiamo Maria iniziare quella che doveva essere l’ultima sua cena pasquale. Ormai la sua famiglia – ed io lo sapevo – erano quei dodici che avevano condiviso con Lui i circa tre anni della sua vita pubblica. Intuivo che in quella occasione stavano per verificarsi fatti eccezionali. Rimasi perciò attentissima per tutta la durata della cena per non perdere nessuna parola e nessun gesto del mio divin Figlio. La realtà non mi deluse. Ad un tratto vedo il mio Figlio alzarsi dalla mensa, prendere una bacinella e una brocca d’acqua e dirigersi al capofila degli apostoli. Incredibile: il Figlio del Padre celeste chinato ginocchioni a terra compiva verso i suoi discepoli il gesto che gli schiavi erano soliti compiere nei riguardi degli ospiti. Poi ascoltai dalle labbra stesse di Gesù la spiegazione del gesto: “Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, che sono il Signore e Maestro, ho lavato a voi i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”. (Gv 13, 12- 15). Che sublime lezione, caro Figlio mio. Io mi domando se e in che misura i discepoli di Lui l’ abbiano accolta e soprattutto attuata… La mia meraviglia era destinata a crescere. Subito dopo infatti Gesù, deposto il grembiule di cui si era cinto, con un volto luminoso come rare volte lo avevo visto afferrò una delle schiacciate di pane azzimo (senza lievito) che erano sulla tavola e mostrandola ai discepoli che nel frattempo erano divenuti muti ed attoniti disse: “Prendete e mangiate, condividendolo tra voi: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi” (il mio cuore batteva forte forte…). Quindi, con la stessa solennità Gesù afferrò una grande coppa colma di vino, prescritta dal rito della cena pasquale, la sollevò leggermente e disse pacatamente e ad alta voce: “Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti, in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”. (Il mio cuore continuava a martellarmi in petto, mentre una luce dall’alto, un bagliore di Spirito santo, mi fece comprendere che in quel momento Gesù regalava ai suoi per tutti i secoli il dono più eccelso, che sarebbe stato chiamato “eucaristia” che vuol dire ringraziamento per eccellenza; questo ringraziamento doveva perpetuare quel sacrificio pasquale che avrebbe reso ogni giorno la massima gloria a Dio e distribuito la salvezza agli uomini ben disposti…). Contemplavo stupita le mani degli apostoli che si passavano l’un l’altro, trepidi, silenziosi e quasi frastornati, quel calice benedetto, divenuto scrigno del sangue prezioso del Figlio mio. Come avrei voluto anch’io, rompendo gli indugi e la riservatezza, appressare le labbra a quella coppa! Capii però subito che a me, madre fisica di quel Figlio divino, era stato concesso da molti anni assai, assai di più. Il mio sangue era divenuto nel mio grembo il suo sangue, quello che ora i dodici fortunati sorbivano da quella coppa. Più tardi ad Efeso, insieme a Giovanni, ho rivissuto tante volte quel momento sovrumano, anticipazione del mio paradiso. (continua) Accoglienza che cresce - 7 Fatti e Figure Teresa Orsini nella sua terra di Paola Iacovone Il gruppo di suore da Roma G ravina 27 settembre 2006: la cittadina pugliese ha assistito a una celebrazione di grande impatto, di elevato valore morale, spirituale e anche storico perchè riguardante una gravinese: la serva di Dio Teresa Orsini Doria, fondatrice delle Suore Ospedaliere della Misericordia. La manifestazione è stata organizzata dai gruppi di preghiera dell’Associazione Teresa Orsini, allo scopo di presentare nella città natale di Teresa il recente libro ‘Da ricca che era..’ di Cristina Siccardi, delle edizioni S.Paolo. Tra gli invitati Sua Ecc.za Mons. Mario Paciello, Vescovo di Altamura e Gravina, il Sindaco della città, l’autrice e Claudia Koll che con la sua testimonianza ha veramente suscitato interesse a questioni di fondo. Il migliaio di persone presenti sono tornate alle loro case con interrogativi profondi sull’esistenza di Dio e il cammino della santità che non è qualcosa di astratto. La Koll ha tra l’altro detto: “….La Parola prende vita quando noi la viviamo; cambiando io, di conseguenza anche il mio essere con gli altri è cambiato! La verità…cercare sempre la verità, dire sempre di più la verità, per rompere le barriere del peccato! La Misericordia, amore che copre i nostri peccati, che si piega verso chi è debole. I frutti della Fede in Gesù, sono le opere. Ho capito che prima di chiedere agli altri dovevo cambiare io. Le nostre sofferenze non sono gettate via se noi le affidiamo a Cristo!” Claudia Koll L’intervento della superiora Generale della Congregazione Madre Aurelia Damiani, del Sindaco, Rino Vendola, del Principe Domenico Orsini, di Mons. Carlo Caputo hanno anche contribuito ad arricchire di contenuti la serata. Il Sindaco ha detto tra l’altro: Creare la consapevolezza di una comunità che ama: Teresa Orsini ha fatto una cosa così fresca, che ha attraversato i secoli, le mode ecc. ed è tutt’ora attuale. Poi le melodie di Concetta Aquila accompagnata dal violino di Chiara Dimaggio hanno coronato il tutto! Partecipanti alla presentazione 8 - Accoglienza che cresce L’arrivo del vescovo Riflessioni di Quinto Corelli Euntes, Docete Omnes Gentes N on è difficile comprendere, con evidente chiarezza, ciò che Gesù voglia da noi, quando ci raggiunge direttamente con la voce di un’affermazione talmente impegnativa e forte, da destare e richiedere la più meditata riflessione dell’anima, per poterne valutare il profondo significato: “Mentre andate camminando lungo le vie del mondo, parlate di me a tutte le persone che incontrate”. Queste le parole, che tornano con insistenza a far vibrare nella nostra mente l’alto tenore del loro suono solenne. Infatti, Egli intende ottenere la collaborazione diligente di coloro che siano disposti ad impegnarsi, con entusiasmo e spontanea volontà, nel continuare l’opera di evangelizzazione dell’intera umanità. Qualora riusciamo, pur consapevoli della nostra umile condizione, a corrispondere, con la migliore disponibilità possibile, al suo categorico appello, Gesù è ben felice e pronto ad accoglierci con amore, ad arricchire le nostre capacità morali, spirituali, intellettuali, ele- vandoci alla privilegiata dignità di poter proseguire la sua azione divina. Ci trasforma rendendoci l’intelligenza tanto chiara ed abile, da discernere la scienza vera, assai diversa da quella insegnata dagli uomini nelle scuole, che ci permetta di intuire le trascendenti ragioni della verità eterna, di gustare le bellezze celesti e disprezzare le cose terrene, di rifiutare gli onori e di ascoltare soltanto Lui, perché Egli solo è il maestro, che svela gli arcani divini, che distribuisce i doni supremi, secondo la diversa convenienza di ciascuno; che si degna di suggerirci ogni utile consiglio, parlandoci dall’intimo del cuore, dove risiede in permanenza la cattedra della sua sapienza infinita. Ma noi dobbiamo sentire il dovere di mantenerci umili, riconoscendo la necessità di aver piena fiducia in Lui, del suo indispensabile aiuto in ogni istante. Imitare Gesù significa agire come agirebbe Lui, trovandosi al nostro posto, nelle stesse nostre condizioni, accostarci il più possibile allo spirito con cui Egli intende perseguire la conquista di anime al suo regno. Pertanto Egli adopera la nostra voce, la nostra penna, le nostre dita per diffondere, divulgare messaggi, come scintille di fuoco, che facciano divampare la fede cristiana, sia in mezzo a noi sia fra i popoli di terre lontane, sommersi nella più ostinata incredulità: “Docebo iniquos vias tuas: et impii ad Te convertentur” (Salmo 50). Vuole con le nostre mani, sollevare ancora chi cade, con la nostra amichevole compagnia confortare chi soffre, consolare le ansie degli afflitti mediante una buona parola, un dolce sorriso; con il nostro caritatevole, esemplare comportamento chinarsi sulla miseria, per redimerla, erudire gli stolti con saggi insegnamenti e consigli; vuole andare incontro ai peccatori con amore misericordioso, per indurli al pentimento e poterli riabbracciare. Vuole trasformarci in immagini viventi della sua stessa bontà, facendo vivere il nostro cuore del medesimo suo amore, affinché con Lui e come Lui andiamo in cerca dei nostri fratelli, in particolare di coloro che ci hanno fatto del male, pronti per la loro salvezza, a dimenticare le loro grazie, poiché la misura della misericordia usata da noi verso il prossimo sarà identica a quella che Egli userà verso di noi. Il suo cuore intenerito dalle nostre preghiere insistenti e fervide e commosso dalla nostra generosa solidarietà, offerta spontaneamente secondo le sue intenzioni, può donare la salvezza a tutti coloro che abbiamo occasione di incontrare, di conoscere, di amare, di vedere, di soccorrere nel corso della vita; può far scorgere la luce benefica della fede a chi vive nell’oscurità, può destinare all’altare un giovane intelligente, ricco, di belle speranze, ancora distratto, mentre prega nel silenzio propizio di una chiesa solitaria. Carissimo Gesù, noi crediamo in TE, siamo pronti ed onorati di poter contribuire alla conquista di anime per il tuo regno, ma la tua continua, concomitante presenza deve necessariamente guidare e condurre il proseguimento di tale immane impresa. Soltanto così, la tua missione redentrice in mezzo a noi, può compiersi, a Te piacendo, con assoluta certezza incoronata di glorioso, eterno trionfo. Accoglienza che cresce - 9 dalla Residenza Orsini di Maurilio Manfredi Dialogo e chiacchere In un mondo di falsi cattolici che accettano l'aborto, l'eutanasia, i PACS,l'affidamento di bambini a coppie dello stesso sesso, la penalizzazione della Scuola cattoliche, le manipolazioni genetiche eterosessuali, mi trovo spesso in imbarazzo nel dialogare, parola questa tanto abusata nei nostri giorni. Per prima cosa perché constato che il fondamento del dialogo fra cristiani, il Vangelo, é pochissimo conosciuto e quindi sono ignorati gli elementi di riferimento essenziali e irrinunciabili. Cito ad esempio la sacralità della vita, l'amore per il prossimo, il convincimento che non si è cristiani se non si aiuta Cristo a portare la croce. Allora il dialogo tanto auspicato non c' é o, per lo meno, non porta a niente. Così i "cristiani", ignoranti nella 10 - Accoglienza che cresce propria fede e magari "gran dottori” nella cultura laica, corrono dietro a dottrine che screditano la nostra religione e " bevono " incautamente il veleno della disinformazione. Prima di dire che la Chiesa, offrendoci i quattro Vangeli canonici, ci nega chissà quali verità, vorrei che Marco, Matteo, Luca e Giovanni fossero di casa da noi e non solo nomi di persona. Allora riuscirei a dialogare con chi, per esempio, mi dice: “Ma le Suore che cosa fanno in Convento?” Alla mia istintiva risposta: “Pregano!", vedo un'alzata di spalle e sento una parola: “Solo?". Vorrei loro dire che la preghiera é la parte essenziale del dialogo che conta veramente, quello con Dio. Gli altri dialoghi sono, per lo più, chiacchiere che potranno far felici solo politicanti e simili. SOS Anziani di Micaela Sciarrone (Assistente Sociale) Campagna di informazione sulla sicurezza dell’anziano L’ opportunità di guardare con rinnovata attenzione e interesse alle problematiche della terza età, rappresenta un dovere dinanzi alla tendenza, sempre più forte, all’invecchiamento della popolazione, un fenomeno che avanza nel nostro territorio e che sollecita nuove risposte. La sicurezza, la tranquillità e la libertà di movimento sono diritti inalienabili anche per l’anziano. A tale proposito il fenomeno della criminalità rivolta contro gli anziani è dilagante, non si può chiamare microcriminalità perché non c’è niente di piccolo o non significativo nelle azioni che sconvolgono l’intimità di una famiglia nella sua abitazione, né tanto meno, nello scippo consumato in particolare contro i soggetti più deboli e indifesi, cosi come neppure nella truffa a danno di persone anziane, e via dicendo, l’elenco purtroppo potrebbe continuare. Questa forma di criminalità può essere contrastata migliorando la qualità della vita dell’anziano con una maggiore socializzazione e con la prevenzione del disagio. In questa prospettiva nasce la realizzazione di una campagna di informazione per la sicurezza che invita le persone di una certa età a seguire alcuni consigli importanti. Tale campagna per la sicurezza, come sopra detto, è essenzialmente informativa, sarà infatti diffuso un opuscolo in cui saranno indicatati i consigli da seguire e i comportamenti che possono aiutare le persone anziane a difendersi dai malintenzionati ed evitare così di restare vittime di rapine, furti e truffe. La Campagna inoltre porrà l’attenzione sul fenomeno della solitudine che spesso colpisce gli anziani. Secondo alcuni dati infatti, sono numerosissimi gli anziani che vivono da soli nella propria abitazione; a tale proposito si è pensato, oltre all’opuscolo che sarà distribuito negli ambulatori medici, nei consultori, nelle parrocchie…, di preparare un manifesto sul tema della solitudine che sarà affisso sui muri di tutta la città. L’opera di sensibilizzazione sulle problematiche degli anziani deve essere caratterizzata da una certa continuità, per questo è prevista una sinergia tra le Istituzioni, le varie Associazioni di volontariato e le reti di solidarietà familiare. Accoglienza che cresce - 11 Voci della sofferenza Natale in Ospedale di Andrea - Letto 24 - Clinica Mater Misericordiae A spettando Natale nell'ospedale a lunga degenza la piccola comunità per prepararsi spiritualmente al lieto evento ogni sera recitava il rosario. Alcuni pazienti avevano la tv in camera, altri leggevano i giornali che i parenti portavano loro. Le suore ospedaliere erano prontissime a portare aiuto nelle necessità dei degenti; anche le infermiere e le ausiliarie italiane svolgevano con attenzione le loro incombenze. Il corridoio, sufficientemente lungo, accoglieva i ricoverati, soprattutto donne, che socializzavano. Avevano quasi tutti problemi motori, contro i quali, nella palestra, intervenivano i fisioterapisti. I ricoverati seguivano un percorso articolato ed adatto a tutte le esigenze. Alessandra, una vegliarda di 96 anni, con una rotula in disordine, suscitava l'attenzione del Primario e dei medici. Sosteneva Alessandra di avere un cimitero in testa e morti tutti, parenti e amici, si sentiva malissimo. Leggendo il catechismo dopo il Vaticano II si soffermò con attenzione sulla presenza di Cristo nella particola e alla messa seguente sentì particolare risveglio del palato, e disse a sé stessa che erano due, lei e la particola; non era più sola, anche Cristo l'assisteva. Ed esclamò: Grazie Cristo, non sono più sola. Ed affrontò con gaudio e speranza e senza timore l'alta età che le spettava. Voci della sofferenza L’inferno e il Paradiso in vita di Lorenzina Gentile I nostri lettori certamente ricorderanno la vicenda di Lorenzina. Ne ha dato testimonianza ella stessa dalle pagine di questa Rivista attraverso: “Un’avventura nell’avventura della mia vita”(1999) e “Ma…l’avventura continua” nel 2003, attraverso cui ha esposto il cammino della sua malattia fino alla diagnosi finale di cronica e degerativa per cui, nel tempo, ha perso l’uso delle mani, delle gambe,della parola….. Il testo che segue è stato dettato dai suoi occhi per il tramite di una lavagnetta sulla quale sono disegnate le varie lettere dell’alfabeto. I l titolo potrebbe sembrare paradossale, invece rispecchia la realtà che sto vivendo. La malattia progredisce, le sofferenze aumentano sia per l’immobilità, sia per alcune patologie che avevo in precedenza: scoliosi, spalle curve, artrosi diffusa, ragadi, rinite. Anche quando non mi lamento, ho dolori forti al collo, alle spalle, alle mani, alle anche ed ai piedi. La rinite è peggiorata; soprattutto al mattino è tragico… La saliva mi tormenta: a letto, per i dolori alle braccia, sono costretta a dormire ( si fa per dire) supina, ne ho la bocca piena e non riesco né ad ingoiarla, né a mandarla fuori. E’ un vero inferno. La testa si china sempre di più e il tentativo di rialzarla mi procura dolore. Come ho detto alla dottoressa (…), i dolori – come gli amici – si sono affezionati a me: non mi lasciano mai sola. Il paradiso è il pezzo di cielo che vedo dalla mia casa, le piante e i fiori del mio balcone, la famiglia e i parenti tutti e soprattutto i cinque frugoletti che sono venuti ad allietare i nostri giorni. (allude ai cinque nipotini, figli di nipoti, ultimi arrivati; Lorenzina è nubile. N.d.r. ) Quando vengono a trovarmi, il loro sorriso, la loro spontaneità, il chiamarmi timidamente zia Lori, la loro vivacità mi fanno riandare con la memoria (anche visiva) all’infanzia dei loro genitori che ho vissuto in prima persona. Il paradiso sono gli amici che mi vengono a trovare costantemente. Nella, sempre premurosa, risolve i miei problemi (insegna matematica) e riesce subito a captare le lettere che le indico con gli occhi; Anna, sempre affettuosa, mi delizia con le sue meravigliose poesie; Giulia, con il suo sorriso e con la sua serenità, mi trasmette pensieri positivi; Dorina che si rammarica soprattutto perché non posso parlare; Antonietta e Marinella che mi raccontano i loro viaggi e mi fanno sognare; Antonietta e Nicolina che, con le loro battute, mi tengono su. Don Peppino: senza il suo sorriso e senza le sue parole non riuscirei ad andare avanti. Cosa dire di coloro che mi telefonano e mi scrivono? Non basterebbe un foglio per elencarli. Li ringrazio tutti. Un grazie particolare a chi mi assiste in tutto e per tutto (il termine badante non mi piace). In questi cinque anni se ne sono avvicendate diciassette: di ognuna ho un ricordo particolare. Il paradiso è la preghiera che elevo al Signore nelle ore più impensate, spesso in latino. Ogni giorno ripeto la domanda che mi ha rivolto don Peppino: “ ti fidi di Lui?” e, oggi come allora, rispondo “sì”, nonostante tutto. Accoglienza che cresce - 13 Eccomi manda me a cura di Paola Iacovone 2006 ‘anno di grazia’ per le SOM A onore e gloria di Dio, desideriamo comunicare ai nostri amici, conoscenti e benefattori il ‘bello’ che Dio opera, quel bello che è sfuggito ai grandi riflettori di questo nostro mondo ormai tutto distratto da ben altre problematiche, ben altre statistiche, ben altri bilanci! Un ‘anno di Grazia’ dicevamo, si perché , proprio facendo un bilancio ci siamo accorte di aver avuto in questo anno tutte le tappe del cammino religioso - vocazionale , dall’inizio , ossia dall’entrata al noviziato alla bella e venerabile età di 75 anni di Professione religiosa! Ecco in breve cosa Dio ha fatto per le SOM nel mondo e per la Sua Chiesa: Ammissione al noviziato : In Filippine, Nigeria, India, Madagascar Professione Perpetua In Filippine, Madagascar, Italia Professione Religiosa : In Nigeria, India, Madagascar 25esimo, 50esimo, e 75esimo di Consacrazione Religiosa: In Italia Dossier Dal discorso di Benedetto XVI ai partecipanti al IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana a cura di Vito Cutro Anche in questa circostanza pubblichiamo alcuni stralci, i più significativi, del testo. Invitiamo, come sempre, i nostri lettori, dato che trattasi di un documento significativo, ed in questo caso, molto importante per la vita del cristiano e della Chiesa, ad una lettura appassionata del testo integrale Cari fratelli e sorelle! (…)Questo IV Convegno nazionale è una nuova tappa del cammino di attuazione del Vaticano II (…) Questo cammino la Chiesa in Italia lo ha percorso in stretta e costante unione con il Successore di Pietro: mi è grato ricordare con voi i Servi di Dio Paolo VI, che volle il I Convegno nell’ormai lontano 1976, e Giovanni Paolo II, con i suoi fondamentali interventi ai Convegni di Loreto e di Palermo(…). Il Signore risorto e la sua Chiesa Nello stesso spirito sono venuto oggi a Verona, per pregare il Signore con voi, condividere – sia pure brevemente – il vostro lavoro di queste giornate e proporvi una mia riflessione su quel che appare davvero importante per la presenza cristiana in Italia. Avete compiuto una scelta assai felice ponendo Gesù Cristo risorto al centro dell’attenzione del Convegno e di tutta la vita e la testimonianza della Chiesa in Italia. La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori.(…) La sua risurrezione è stata dunque come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé. Il servizio della Chiesa in Italia alla Nazione, all’Europa e al mondo L’Italia di oggi si presenta a noi come un terreno profondamente bisognoso e al contempo molto favorevole per una tale testimonianza. Profondamente bisognoso, perché partecipa di quella cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita. Ne deriva una nuova ondata di illuminismo e di laicismo, per la quale sarebbe razional- mente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile, mentre sul piano della prassi la libertà individuale viene eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare. Così Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed estraneo. In stretto rapporto con tutto questo, ha luogo una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. (…) È inoltre sentita con crescente chiarezza l’insufficienza di una razionalità chiusa in se stessa e di un’etica troppo individualista: in concreto, si avverte la gravità del rischio di staccarsi dalle radici cristiane della nostra civiltà. Questa sensazione, che è diffusa nel popolo italiano, viene formulata espressamente e con forza da parte di molti e importanti uomini di cultura, anche tra coloro che non condividono o almeno non praticano la nostra fede. La Chiesa e i cattolici italiani sono dunque chiamati a cogliere questa grande opportunità, e anzitutto ad esserne consapevoli. Il nostro atteggiamento non dovrà mai essere, pertanto, quello di un rinunciatario ripiegamento su noi stessi: occorre invece mantenere vivo e se possibile incrementare il nostro dinamismo, occorre aprirsi con fiducia a nuovi rapporti, non trascurare alcuna delle energie che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia. Rendere visibile il grande "sì" della fede (…)Per parte mia vorrei sottolineare come, attraverso questa multiforme testimonianza, debba emergere soprattutto quel grande "sì" che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo. Il cristianesimo è infatti aperto a tutto ciò che di giusto, vero e puro vi è nelle culture e nelle civiltà, a ciò che allieta, consola e fortifica la nostra esistenza. I discepoli di Cristo riconoscono pertanto e accolgono volentieri gli autentici valori della cultura del nostro tempo, come la conoscenza scientifica e lo sviluppo tecnologico, i diritti dell’uomo, la libertà religiosa, la democrazia. Non ignorano e non sottovalutano però quella pericolosa fragilità della natura umana che è una minaccia per il cammino dell’uomo in ogni contesto storico; in particolare, non trascurano le tensioni interiori e le contraddizioni della nostra epoca. Perciò l’opera di evangelizzazione non è mai un semplice adattarsi alle culture, ma è sempre anche una purificazione, un taglio coraggioso che diviene maturazione e risanamento, un’apertura che consente di nascere a quella "creatura nuova" (2Cor 5,17; Gal 6,15) che è il frutto dello Spirito Santo.(…) La persona umana. Ragione, intelligenza, amore La persona umana non è, d’altra parte, soltanto ragione e intelligenza. Porta dentro di sé, iscritto nel più profondo del suo essere, il bisogno di amore, di essere amata e di amare a sua volta. Perciò si interroga e spesso si smarrisce di fronte alle durezze della vita, al male che esiste nel mondo e che appare tanto forte e, al contempo, radicalmente privo di senso. In particolare nella nostra epoca, nonostante tutti i progressi compiuti, il male non è affatto vinto; anzi, il suo potere sembra rafforzarsi e vengono presto smascherati tutti i tentativi di nasconderlo, come dimostrano sia l’esperienza quotidiana sia le grandi vicende storiche. Ritorna dunque, insistente, la domanda se nella nostra vita ci possa essere uno spazio sicuro per l’amore autentico e, in ultima analisi, se il mondo sia davvero l’opera della sapienza di Dio. Sappiamo bene che questa scelta della fede e della sequela di Cristo non è mai facile: è sempre, invece, contrastata e controversa. La Chiesa rimane quindi "segno di contraddizione", sulle orme del suo Maestro (cfr Lc 2,34), anche nel nostro tempo. Ma non per questo ci perdiamo d’animo. Al contrario, dobbiamo essere sempre pronti a dare risposta (apo-logia) a chiunque ci domandi ragione (logos) della nostra speranza.(…). Dobbiamo rispondere "con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza", con quella forza mite che viene dall’unione con Cristo. Dobbiamo farlo a tutto campo, sul piano del pensiero e dell’azione, dei comportamenti personali e della testimonianza pubblica. La forte unità che si è realizzata nella Chiesa dei primi secoli tra una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti ha reso possibile la prima grande espansione missionaria del cristianesimo nel mondo ellenistico-romano. Così è avvenuto anche in seguito, in diversi contesti culturali e situazioni storiche. Questa rimane la strada maestra per l’evangelizzazione: il Signore ci guidi a vivere questa unità tra verità e amore nelle condizioni proprie del nostro tempo, per l’evangelizzazione dell’Italia e del mondo di oggi. L’educazione In concreto, perché l’esperienza della fede e dell’amore cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una generazione all’altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell’educazione della persona. Occorre preoccuparsi della formazione della sua intelligenza, senza trascurare quelle della sua libertà e capacità di amare(…). Un’educazione vera ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far maturare l’amore in tutta la sua bellezza: quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà.(…) Testimonianze di carità L’autenticità della nostra adesione a Cristo si verifica specialmente nell’amore e nella sollecitudine concreta per i più deboli e i più poveri, per chi si trova in maggior pericolo e in più grave difficoltà.(…). È quindi quanto mai importante che tutte le testimonianze di carità presenti giù in Italia conservino sempre alto e luminoso il loro profilo specifico, nutrendosi di umiltà e di fiducia nel Signore, mantenendosi libere da suggestioni ideologiche e da simpatie partitiche, e soprattutto misurando il proprio sguardo sullo sguardo di Cristo: è importante dunque l’azione pratica ma conta ancora di più la nostra partecipazione personale ai bisogni e alle sofferenze del prossimo Responsabilità civili e politiche dei cattolici (…) La Chiesa non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico. La fede cristiana, infatti, purifica la ragione e l’aiuta ad essere meglio se stessa: con la sua dottrina sociale pertanto, argomentata a par- tire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano, la Chiesa contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato. A tal fine sono chiaramente indispensabili le energie morali e spirituali che consentano di anteporre le esigenze della giustizia agli interessi personali, o di una categoria sociale, o anche di uno Stato: qui di nuovo c’è per la Chiesa uno spazio assai ampio, per radicare queste energie nelle coscienze, alimentarle e irrobustirle. Il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società non è dunque della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto propria responsabilità: si tratta di un compito della più grande importanza, al quale i cristiani laici italiani sono chiamati a dedicarsi con generosità e con coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo. Una speciale attenzione e uno straordinario impegno sono richiesti oggi da quelle grandi sfide nelle quali vaste porzioni della famiglia umana sono maggiormente in pericolo: le guerre e il terrorismo, la fame e la sete, alcune terribili epidemie. Ma occorre anche fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell’ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale.(…). Essere uniti a Cristo (…) Siamo stimolati perciò a tenere sempre presente che non siamo soli nel portarne il peso: ci sosteniamo infatti gli uni gli altri e soprattutto il Signore stesso guida e sostiene la fragile barca della Chiesa.(…). La nostra vera forza è dunque nutrirci della sua parola e del suo corpo, unirci alla sua offerta per noi, come faremo nella Celebrazione di questo pomeriggio, adorarlo presente nell’Eucaristia: prima di ogni attività e di ogni nostro programma, infatti, deve esserci l’adorazione, che ci rende davvero liberi e ci dà i criteri per il nostro agire. Nell’unione a Cristo ci precede e ci guida la Vergine Maria, tanto amata e venerata in ogni contrada d’Italia.(…) Salute e sanità di Gerardo COREA Il medico e lo stregone P ossiamo asserire che la storia della medicina inizia proprio con la storia delle malattie; malattie antiche come la vita stessa. Altrettanto difficile è oggi, per noi, ricostruire comunque le malattie degli albori della storia, di cui la più antica testimonianza resta quella di una malattia in un corpo d’aspetto umano (quello del Pithecanthropus Erectus), dissotterrato a Giava nel 1891 dal Dr. Dubois, in cui viene messo in evidenza, in questo nostro Avo, dalle sembianze ancora essenzialmente scimmiesche, un tumore osseo sull’estremità superiore del femore. Il “Pithecanthropus erectus” è estinto ormai da oltre un milione di anni e difficile appare la datazione della sua comparsa sulla terra, per cui, nonostante le prove biologiche attendibili, non possiamo avere con matematica certezza la datazione della vita sulla terra o almeno una datazione definitiva. Oggi, la testimonianza delle malattie di questo periodo storico, la si riscontra essenzialmente nelle ossa, poiché queste, in massima parte, possono sfidare i secoli. Osteoartrite o Reumatismo cronico è comune riscontro nelle mummie egizie, come pure depositi gottosi nelle articolazioni o calcoli della vescica o delle vie biliari, per non parlare della tubercolosi ossea con localizzazioni sulla colonna vertebrale. Alcune, poi, mostrano a tutt’oggi i segni di tentativi di riduzione (per lussazione) o contenzione (per fratture). Volendo però “necessariamente” iniziare un racconto di un passato ormai lontanissimo, si può scegliere come inizio quello di un ritratto a noi noto di un medico, rinvenuto sulle pareti della grotta dei Trois Frères nei Pirenei, risalente a circa 17.000 anni fa, che raffigura un uomo avvolto nella pelle di un animale, con gambe e brac- cia a strisce colorate, il capo adorno delle corna d’un cervo. L’era di collocazione è quella Aurignaciana e questo altro non è che il ritratto di uno stregone, da cui senza ombra di dubbi, discende il Medico dei nostri giorni. Viene logico supporre oggi che le stesse armi fabbricate e gli utensili trovati negli scavi degli stessi luoghi, siano caratteristici di un popolo ormai abbastanza intelligente, non solo per escogitare sistemi di caccia o di lavoro, ma sicuramente, per curare le ferite e le malattie. Quali che fossero i rimedi in uso, sicuramente la magia ne aveva una parte preponderante, ma, rimane un errore ritenere che il nostro progenitore medico fosse soltanto uno stregone. Tale asserzione può essere messa oggi in stretta relazione in quanto possiamo notare, per esempio, in popoli che ancora vivono allo stato primordiale. È l’esempio dei Kai della Nuova Guinea, che, oltre a valersi dell’opera dello stregone, usano rimedi elementari, a livello domestico: “impiastri di frutti di palma per le ferite, salassi per l’emicrania, sanguisughe per i dolori di vario genere, bagni di vapore per reumatismi…”. (continua) Accoglienza che cresce - 19 Segni del Tempo di don Angelo PIZZAMIGLIO Scegli di servire Ogni volta che cerco gli onori e tento di aggiudicarmi il primo posto, ogni volta che cedo al desiderio di dominare, stimandomi superiore agli altri, ogni volta che voglio farmi notare e mi rivesto di sufficienza, dimenticando di ascoltare colui che mi chiama … Vieni, Signore dell’umiltà e del servizio, a ricordarmi la Tua parola: se vuoi essere grande, scegli di essere il servo di tutti. Ogni volta che lotto per una maggiore giustizia, denunciando il male e la menzogna, ogni volta che difendo il debole facendo crescere la tolleranza e la pace, ogni volta che dispongo il mio cuore all’ascolto, dimenticando me stesso per aiutare gli altri, allora veramente, Signore, io scelgo di servire e la Tua parola d’amore diventa in me una sorgente di vita ! Inutile cercare di assicurarsi il primo posto: se vuoi essere grande scegli di servire. Christine Reinbolt È con questo pensiero di Christine Reinbolt che ho voluto aprire il notiziario numero 235 della Parrocchia di Sant’Alfonso Maria De Liguori in San Vincenzo (Livorno), Diocesi di Massa Marittima – Piombino, riflettendo sulla presenza delle Suore Ospedaliere della Misericordia di Roma in mezzo a noi. Ho avuto il piacere di conoscere questa Congregazione solamente lo scorso anno e subito si è accesa in me una fiammella di interesse e come un tarlo, che piano piano lavora giorno e notte dentro un legno, così questa presenza fugace, quanto inaspettata, ha lavorato dentro di me. La consueta gita a Roma organizzata dalla Parrocchia, dei primi giorni di gen- naio, per la visita dei presepi, è stata l’occasione per poter rendere la visita alle Reverende Suore. Un disguido ha compromesso l’incontro con la Superiora Generale Madre Aurelia, che con la sua presenza e discrezione mi aveva così colpito e lasciato un bel ricordo. Non potete immaginare il piacere, la sorpresa e la commozione, quando pochissimi giorni dopo il mio viaggio a Roma, una sera ho sentito suonare il telefono e nel rispondere si è presentata Madre Aurelia che si scusava del disguido peraltro da lei non determinato. Ero da poco tornato da una lunga degenza in ospedale in seguito ad un intervento cardiaco per un infarto che mi aveva colpito Don Angelo con le suore al termine della S. Messa nella festa della dedicazione della Parrocchia (6 agosto 2006) e durante il mercatino 20 - Accoglienza che cresce in Portogallo, a Fatima, durante un pellegrinaggio in ottobre e quella telefonata mi fece capire che dovevo ancora andare avanti. Don Angelo, non è ancora finita, mi sono detto! Che cosa, Signore, debbo ancora fare, mi sono chiesto? Il dolce cuore di Maria mi ha protetto, mi ha condotto fin qua per compiere chissà che cosa. Con l’approssimarsi della primavera 2006 mi sono accertato che si provvedesse ad invitare ancora per l’estate le suore a Sant’Alfonso. Un pensiero adesso al mese missionario; la Parrocchia è missione, il mio apostolato è missione quotidiana, ma che aria il Signore mi ha fatto respirare in chiesa quando ho avuto il 6 agosto 2006 ben nove suore attorno a me provenienti da tutto il mondo! Contemplando la foto del mio Vescovo, Monsignor Giovanni, appesa alla parete del mio ufficio, rifletto sul mio ministero e sul fatto che mi manca un aspetto rilevante del mio essere sacerdote: l’esperienza missionaria all’estero, tipica della Congregazione. Non ho più la salute per vivere questa forte esperienza ma credo che la Casa del Padre Celeste, un’Opera di misericordia e di accoglienza che la Parrocchia sostiene moltissimo e che tra pochissimo vedrà l’inizio dei lavori, mi darà la possibilità di vivere momenti forti di solidarietà e di comunione con i “figli derelitti del Padre”. Mi affido ai tanti gruppi di preghiera sparsi in Italia, che guardano con affetto e vivo interesse a quest’Opera, affinché le loro preghiere accompagnino la fase della realizzazione e quella che verrà della conduzione dell’attività di accoglienza e di misericordia. Un grazie grande a Madre Aurelia per l’esempio di amore senza confini che fa vivere alla Parrocchia di Sant’Alfonso con il regalo della presenza delle Reverende Suore; è questo un evento che sarà oggetto di discussione nel prossimo Consiglio Pastorale Parrocchiale. Un saluto amichevole a tutte le Suore Ospedaliere della Misericordia: saranno le benvenute ogni volta che vorranno farci gioire della loro presenza. E con la speranza di avervi vicine nella celebrazione nella notte del Santo Natale, quando tanto San Vincenzo si unirà numerosissimo in Parrocchia, porgo un caloroso abbraccio a Voi tutte benedicendovi nel nome del Signore e di Maria Madre di Misericordia. Magistero Andiamo nel Suo nome In questa pagina riproponiamo alla comune riflessione alcuni brani dell’Omelia che Benedetto XVI ha tenuto a Verona, Giovedì 19 ottobre scorso, in occasione del IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana. Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio! Cari fratelli e sorelle! (…) E’ significativo che il luogo prescelto per questa solenne liturgia sia lo stadio di Verona: uno spazio dove abitualmente si celebrano non riti religiosi, ma manifestazioni sportive, coinvolgendo migliaia di appassionati. Oggi, questo spazio ospita Gesù risorto, realmente presente nella sua Parola, nell’assemblea del Popolo di Dio con i suoi Pastori e, in modo eminente, nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Cristo viene oggi, in questo moderno areopago, per effondere il suo Spirito sulla Chiesa che è in Italia, perché, ravvivata dal soffio di una nuova Pentecoste, sappia “comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, come propongono gli Orientamenti pastorali della Conferenza Episcopale Italiana per il decennio 2000-2010. (…)Scrive l’apostolo Giovanni: “Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede” (1 Gv 5,4b). La verità di quest’affermazione è documentata anche in Italia da quasi due millenni di storia cristiana, con innumerevoli testimonianze di martiri, di santi e beati, che hanno lasciato tracce indelebili in ogni angolo della bella Penisola nella quale viviamo. Alcuni di loro sono stati evocati all’inizio del Convegno e i loro volti ne accompagnano i lavori. Noi oggi siamo gli eredi di quei testimoni vittoriosi! Ma proprio da questa constatazione nasce la domanda: che ne è della nostra fede? In che misura sappiamo noi oggi comunicarla? La certezza che Cristo è risorto ci assicura che nessuna forza avversa potrà mai distruggere la Chiesa. Ci anima anche la consapevolezza che soltanto Cristo può pienamente soddisfare le attese del cuore umano e rispondere agli interrogativi più inquietanti sul dolore, l’ingiustizia e il male, sulla morte e l’aldilà. Dunque, la nostra fede è fondata, ma occorre che questa fede diventi vita in ciascuno di à Magistero segue da pag. precedente noi. C’è allora un vasto e capillare sforzo da compiere perché ogni cristiano si trasformi in “testimone” capace e pronto ad assumere l’impegno di rendere conto a tutti e sempre della speranza che lo anima ( cfr 1Pt 3, 15). Per questo occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del Cristianesimo, fulcro portante della nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza ogni paura e indecisione, ogni dubbio e calcolo umano. Solo da Dio può venire il cambiamento decisivo del mondo. Soltanto a partire dalla Risurrezione si comprende la vera natura della Chiesa e della sua testimonianza, che non è qualcosa di staccato dal mistero pasquale, bensì ne è frutto, manifestazione e attuazione da parte di quanti, ricevendo lo Spirito Santo, sono inviati da Cristo a proseguire la sua stessa missione (cfr Gv 20,21-23). “Testimoni di Gesù risorto”: questa definizione dei cristiani deriva direttamente dal brano del Vangelo di Luca oggi proclamato, ma anche dagli Atti degli Apostoli (cfr At 1,8.22). Testimoni di Gesù risorto. Quel “di” va capito bene! Vuol dire che il testimone è “di” Gesù risorto, cioè appartiene a Lui, e proprio in quanto tale può rendergli valida testimonianza, può parlare di Lui, farLo conoscere, condurre a Lui, trasmettere la sua presenza. E’ esattamente il contrario di quello che avviene per l’altra espressione: “speranza del mondo”. Qui la preposizione “del” non indica affatto appartenenza, perché Cristo non è del mondo, come pure i cristiani non devono essere del mondo. La speranza, che è Cristo, è nel mondo, è per il mondo, ma lo è proprio perché Cristo è Dio, è “il Santo” (in ebraico Qadosh ). Cristo è speranza per il mondo perché è risorto, ed è risorto perché è Dio. Anche i cristiani possono portare al mondo la speranza, perché sono di Cristo e di Dio nella misura in cui muoiono con Lui al peccato e risorgono con Lui alla vita nuova dell’amore, del perdono, del servizio, della non- 22 - Accoglienza che cresce violenza. Come dice sant’Agostino: “Hai creduto, sei stato battezzato: è morta la vita vecchia, è stata uccisa sulla croce, sepolta nel battesimo. E’ stata sepolta la vecchia, nella quale malamente sei vissuto: risorga la nuova” (Sermone Guelf. IX, in M. Pellegrino, Vox Patrum, 177). Solo se, come Cristo, non sono del mondo, i cristiani possono essere speranza nel mondo e per il mondo. Cari fratelli e sorelle, il mio augurio, che sicuramente voi tutti condividete,è che la Chiesa in Italia possa ripartire da questo Convegno come sospinta dalla parola del Signore risorto che ripete a tutti e a ciascuno: siate nel mondo di oggi testimoni della mia passione e della mia risurrezione (cfr Lc 24,48). In un mondo che cambia, il Vangelo non muta. La Buona Notizia resta sempre la stessa: Cristo è morto ed è risorto per la nostra salvezza! Nel suo nome recate a tutti l’annuncio della conversione e del perdono dei peccati, ma date voi per primi testimonianza di una vita convertita e perdonata. Sappiamo bene che questo non è possibile senza essere “rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49), cioè senza la forza interiore dello Spirito del Risorto. Per riceverla occorre, come disse Gesù ai discepoli, non allontanarsi da Gerusalemme, rimanere nella “città” dove si è consumato il mistero della salvezza, il supremo Atto d’amore di Dio per l’umanità. Occorre rimanere in preghiera con Maria, la Madre che Cristo ci ha donato dalla Croce. Per i cristiani, cittadini del mondo, restare in Gerusalemme non può che significare rimanere nella Chiesa, la “città di Dio”, dove attingere dai Sacramenti l’“unzione” dello Spirito Santo. In questi giorni del Convegno ecclesiale nazionale, la Chiesa che è in Italia, obbedendo al comando del Signore risorto, si è radunata, ha rivissuto l’esperienza originaria del Cenacolo, per ricevere nuovamente il dono dall’Alto. Ora, consacrati dalla sua “unzione”, andate! Portate il lieto annuncio ai poveri, fasciate le piaghe dei cuori spezzati, proclamate la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei pri- gionieri, promulgate l’anno di misericordia del Signore (cfr Is 61,1-2). Ricostruite le antiche rovine, rialzate gli antichi ruderi, restaurate le città desolate (cfr Is 61,4). Sono tante le situazioni difficili che attendono un intervento risolutore! Portate nel mondo la speranza di Dio, che è Cristo Signore, il quale è risorto dai morti, e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen. Spazio Cultura L'ospedale di San Giacomo e la cura del «mal francioso» Prof. Nino Maurizio Cantera L’ antico Ospedale San Giacomo fu fondato - è noto - da papa Benedetto XII nel 1339 a Roma. Esso nacque come modesto fabbricato che affacciava su via Lata, successivamente chiamata via del Corso e poi via Umberto I, con annessa la chiesetta di San Giacomo. Nel 1500 ad opera dell' architetto Giorgio da Coltre la struttura ospedaliera fu ampliata con la costruzione di un corpo di fabbrica che guardava sulla strada delle Tre Colonne, poi via di San Giacomo ed ora Canova, fino a congiungersi con la costruzione della chiesetta di S. Maria Porta Paradiso sulla via Populi o Leonina ed ora di Ripetta. Tale costruzione comprendeva due reparti separati, uno per gli uomini e l'altro per le donne. La capacità dei posti letto passò da 70 a 102, fino ad una capienza massima di 204 degenti, ottenuta con l'aggiunta delle «cariole» (letti supplementari). Il nuovo ospedale venne ultimato nel 1580. In seguito furono apportati ulteriori ampliamenti, tanto da garantire fino a cento posti per gli uomini e quaranta per le donne. Dieci anni più tardi, nel 1590, il cardinal Salviati fece costruire le diverse officine dell' ospedale e cioè la «speziaria» ed abitazioni per gli «offiziali» e ministri del pio luogo. Tra la fine del '400 e l'inizio del '500 l'Arcispedale di San Giacomo fu altrimenti chiamato l' Arcispedale degli Incurabili di Roma. Tale nome gli derivò dall'afflusso sempre più numeroso di persone affette da una malattia che, fin dalla sua scoperta, colpì in America le truppe spagnole e francesi, le quali ultime, condottevi da Carlo VIII, diffusero in forma epidemica il morbo in Italia, specie a Napoli. Il popolo napoletano battezzò subito la malattia con il nome di «mal francioso» e più tardi di morbo gallico. Ma i francesi non vollero subire l'onta di sentirsi addossare la responsabilità della malattia, che di rimando chia- marono «mal napolitain» o «italien». Essa fu poi chiamata in vario modo: lue americana, peste spagnola, morbo gallico, rogna francese e mal di Napoli. In Italia fu chiamata «mal francese»; la si contraeva specie per via sessuale. Un medico filosofo, poeta e musicista, il veronese Gerolamo Francastoro (1478-1553) nei suoi tre libri d'esametri Siphilis sive de Morbo gallico descrisse gli aspetti clinici di una malattia «portata da empie guerre dei Galli», la chiamò sifilide ed è probabile che abbia tratto tale nome dal greco «siflos» che vuoi dire vergognoso, repulsivo, orribile. In una lettera indirizzata al cardinale Bembo così parlò della malattia: «Incautamente pel corpo erompeano informi ulcere e con orrenda sozzura il volto e il petto deturpavano: l'imago aveano di dura ghianda di pinguo marciume colme che, aprendosi in breve tempo, lascian fluire e muco e umore corrotto e sanie pestilenziali». Uhrich von Hutter, il famoso letterato ed umanista tedesco amico di Lutero, a venti anni si accorse di avere la sifilide, le cui ulcere aperte furono direttamente bruciate con un unguento al mercurio. È per questo diffondersi del male che nella seconda metà del' 500 fu rivolta grande attenzione alla cura del «Legno Santo» o Acqua del Legno. Von Hutter si considerò guarito dopo aver preso un decotto per quaranta giorni. L'Acqua del Legno è il decotto o infuso di guaiaco, «guaiacum officinale». Il guaiaco è una pianta ad alto fusto dell' America Centrale, Antille, Colombia e Venezuela; dalle Antille fu importata in Spagna nel 1508 dal medico spagnolo Consalvo che ne diffuse la conoscenza e cura in tutta l'Europa. Il Tasso fu sottoposto a terapia con l'Acqua del Legno per curare il suo «umor malinconico». Il cardinal de' Medici nel 1534 si sottopose per cinquanta giorni alla cura con l'Acqua del Legno e successi- 1676 - Pianta di G. B. Falda vamente, con indulto pontificio, fu concesso a Domenico Giacomo Longo, sacerdote di Messina, di esercitare la professione di «protomedico» e di «somministrare il salutifero decotto del Legno Santo». La cura del Legno Santo presso l'Ospedale San Giacomo di Roma iniziò nella seconda metà del '500 per durare fino al 1636. Dopo il pontificato di Innocenzo X (1644-1655) tale pratica terapeutica fu ripresa in forma diversa e cioè mediante l'uso delle stufe. La terapia veniva somministrata presso il San Giacomo una volta all'anno, nel periodo compreso fra la seconda metà di maggio e la prima metà di luglio. Il maestro di casa del San Giacomo faceva affiggere alle porte delle chiese e in appositi luoghi pubblici un editto che così recitava: «d' ordine delli Illustrissimi signori Guardiani dello Archihospedale di San Jacomo degli incurabili, a tutti che vorranno venire a pigliare l'acqua del legno: come all'... di maggio (giugno) a hore 18 si riceveranno gli uomini et all'... detto si riceveranno le donne, portando però la fede d' essersi al presente confessati e comunicati». Al paziente, dopo essere stato visitato dal medico fisico con l'aiuto dello speziale, veniva prescritta la cura del legno. L'acqua del legno veniva preparata da un chirurgo coadiuvato da otto servitori. Questi provvedevano a preparare la «rasura» del legno che veniva risposta in bidoni accuratamente ricoperti. L'acqua santa veniva somministrata a temperatu- à Accoglienza che cresce - 23 Varia Umanità In cammino per Betlemme tra sapienza e fede di Giuseppe Di Florio I Magi erano sapienti, nutriti di esperienza e di cultura e, pur con tanta sapienza ebbero bisogno di una cometa che li guidasse verso la verità e la luce. È questo un aspetto che, a distanza di millenni, ci invita ancora a riflettere. Non si può dunque per la sola scienza attingere la verità, ma è necessario una guida superiore che indirizzi – oltre dubbi ed errori – al vero autentico. Ma se non basta da sola la scienza, non basta da sola la fede! Ciò che salva è l’armonia tra ragione e fede, perché la ragione da sola è cieca e la fede da sola è vuota. I Magi potrebbero assumere come guida la stella cometa perché la loro cultura consentì loro d’interpretare quel simbolo alla luce della fede come un appello verso la nuova era che quella notte inaugurava. E non solo i Magi, e cioè i sapienti, ma anche gli umili e i semplici, cioè i pastori, furono coinvolti da quella notte, e se i Magi seguirono la Stella, essi seguirono l’angelo che annunciava il Salvatore, giacente in una mangiatoia, e cioè in una stalla, l’ambiente del loro lavoro quotidiano. E accorsero! E se i Magi offrirono l’oro in pegno della loro rinnovata sapienza che l’invitava a liberarsi del decorativo e del superfluo a pro dei miseri, i pastori offrirono i prodotti della terra e della pastorizia, frut- segue da pag. precedente ra molto elevata e nelle corsie di degenza si provvedeva con grandi bracieri di legno e carbone a surriscaldare gli ambienti. All'una venivano servite pozioni evacuative e lassative e poi l'infuso dell'acqua del legno. Tutte le finestre venivano chiuse ermeticamente per circa due ore. Gli infermi, al buio e sotto l'azione del farmaco, rimanevano immobili, ben coperti e surriscaldati. Di buon mattino il chirurgo interveniva con salassi, applicazioni di coppette ed attacchi di 24 - Accoglienza che cresce to della loro sapienza artigiana e contadina. Due ben diverse sapienze, quella della ricerca e l’altra del lavoro, l’una della mente e l’altra del braccio, si trovarono quella notte unite e coinvolte dinanzi a quel bambino nascente: due realtà, due storie, una sola civiltà! La civiltà del cristianesimo che segnerà di sé i secoli che verranno e renderà fratelli uomini e donne in una stessa missione di bene e di pace. mignatte. Al termine delle medicazioni veniva servito il primo pasto con un cucchiaio di passerina, quattro once di gran biscotto ed acqua del legno come bevanda. Alle dodici si ripeteva la cura come la notte precedente, escludendo i lassativi. Alle sedici il secondo vitto con tre once di biscotto, una grande cucchiaio di passerina ed acqua del legno. La cura continuava tutto il mese di giugno. Alla fine di giugno veniva chiusa l'accettazione degli infermi. Il 10- 12 luglio si riaprivano le finestre e si dimettevano tutti gli infermi per la pulizia dell' ospedale. La cura non era ben sopportata da tutti, tanto che molti la abbandonavano stremati nelle forze e nello spirito. Il periodo di cura costringeva gli infermi a respirare un' aria intrisa dei mefitici odori provocati dalle sudorazioni profuse, dalle abbondanti evacuazioni e dal respiro affannoso di una grande moltitudine di persone in grandi corsie impoverite di ossigeno dai bracieri ardenti. Al di là di queste considerazioni, i risultati si potevano considerare buoni e la percentuale di decessi era limitata al 9-11 %, tanto che l'acqua del legno otteneva quel «giovamento che altra medicina non era prestante a dare, e se ne trovavan molti guariti». Adozione a distanza Adozione a distanza Anche tu puoi fare l’adozione a distanza… perché molti bambini attendono ancora di essere aiutati. Le nostre suore in missione continuano a mandare appelli per situazioni miserevoli. Per informazioni sull’Adozione a Distanza: Associazione Volontari LA COMETA onlus Via Latina, 30 - 00179 Roma Tel. 0670497270 Fax 0670452142 Cell. 338.5716399 e-mail:[email protected] c/c postale n. 45938974 La Cometa di Anna Olivieri (Volontaria) IL VOLONTARIO L’associazione Volontari “La Cometa” festeggia il suo primo anno di Volontariato presso i malati: accendiamo una candelina. Auguri e … grazie ! Che cosa significa Volontariato? Volontà è la facoltà della coscienza rivolta a raggiungere un determinato fine con la conseguente scelte dei mezzi adeguati per l’esecuzione pratica. Accanto alla concezione della volontà come appetito razionale ne è stata introdotta una opposta e diversa, che trae la sua origine dalla rivelazione cristiana, secondo la quale Dio non è primieramente pensiero di pensiero ma essenzialmente Amore (Deus est caritas); volontà. E da qui il termine di “Volontariato”, cioè spontanea partecipazione ed azioni umanitarie. Il Volontario “non è uno che ha niente da fare e per evitare la noia va in giro nella speranza di trovare qualcuno da aiutare. Il Volontario è una persona con la vacazione e si avvicina a chi ha bisogno per dargli una mano, senza fare distinzione.” (Elisa Rosati Volontaria ARVAS). Chi siamo noi? Un gruppo di persone che hanno deciso di donare una piccolissimo parte del loro tempo (si tratta di due ore a settimana) a coloro che sono soli, che hanno bisogno di una parola di speranza, di un gesto di amore, di un sorriso. E’ già passato un anno che lavoriamo tutti insieme e credo che per tutti sia stata un’esperienza meravigliosa, anche se talvolta gravosa. Ma ciò che noi abbiamo ricevuto è certamente molto di più di ciò che abbiamo dato. Vivere accanto alla sofferenza dei nostri fratelli ed ammirare come molti di essi riescano a sopportarla è un insegnamento impareggiabile, che ci fa comprendere quanto grande sia l’amore di Dio, specie se si riesce ad entrare in sintonia con l’altro. La nostra forza sta nel saper ascoltare con discrezione, sta in un sorriso fatto con il cuore, sta in una parola di conforto formulata con tanto, tanto amore. Non sempre tutto ciò è stato facile, talvolta ne siamo usciti con tanta amarezza nel cuore e preoccupati di non essere all’altezza del compito cui Dio ci ha chiamati; ma la nostra volontà ci dice di continuare a percorrere il cammino che ci è stato indicato e che ci siamo proposti di seguire, sperando che anche altre persone si uniscano a noi. C’è tanto bisogno di aiuto: VENITE! “La COMETA” vi indicherà la strada. I mercatini della solidarietà Oggetti di antiquariato, utensili originali e preziosi, vere e proprie rarità tutte da scoprire nel mercatino all’Ippodromo delle Capannelle organizzato dall’associazione onlus “La Cometa” nata come supporto all’attività missionaria delle Suore Ospedaliere della Misericordia. Un’associazione che desidera essere una “luce tangibile” attraverso programmi di solidarietà nazionale e internazionale. Il mercatino de “La Cometa”, già attivo da ottobre, rimarrà aperto al pubblico fino a maggio, dal sabato alla domenica dalle 8 alle 20. Ad accogliere i visitatori più curiosi e quanti vogliono aiutare chi ha meno di noi ci saranno gli stessi volontari dell’associazione insieme alle suore. I ricavati raccolti verranno destinati alle missioni che le suore hanno in tutto il mondo e aiuteranno i tanti progetti in favore dei poveri e dei bambini a diventare realtà. Ormai da 4 anni poi, per chi ancora non lo sapesse, in Via Latina 30, la Cometa ha già attivo un altro mercatino sempre aperto al pubblico e che in particolare nel periodo natalizio offrirà tante sorprese, venire per credere! Federica Martufi 26 - Accoglienza che cresce L’angolo dei Giovani La nuova Eva La figura della donna nell’ottica cristiana, portatrice eletta dell’Amore di Dio agli altri di Federica Martufi I n questi ultimi tempi si riflette molto sulla figura della donna, sui suoi diritti e doveri nei diversi settori della comunità civile ed ecclesiale. Per quanto riguarda la Chiesa, il segno della donna è più che mai centrale e fecondo e prende continuo slancio da Maria che ne diventa lo specchio e dalla tante figure femminili che negli anni hanno segnato la storia. L’esistenza di Maria in primis è un esempio mirabile e sempre attuale da seguire perché la sua fede infonde nei cuori il coraggio di essere testimoni anche nelle situazioni più difficile che il nostro tempo ci chiede di affrontare. Maria vive nella piena fiducia perché per Lei “nulla è impossibile a Dio” (Gn 18,14; Lc 1,37) e lo dimostra mettendo la sua vita nelle mani del Signore con profonda e umile devozione “Avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). Un esempio forse temporalmente lontano ma quanto mai moderno che invita ognuno di noi a conservare nella vita di tutti giorni le “grandi cose” senza paure. La disposizioni dell’animo all’ascolto, all’accoglienza, all’umiltà e alla fedeltà, ma nello stesso tempo le azione per il nostro “Altro” svolte nel quotidiano. Queste sono le qualità caratterizzanti la donna che è chiamata ad essere modello per tutti i cristiani di come la Sposa deve rispondere con l’amore all’amore dello Sposo. In tal modo le donne svolgono un ruolo importante nella vita ecclesiale perché contribuiscono a manifestare il vero volto della Chiesa, sposa di Cristo e madre dei credenti. Tra i valori fondamentali collegati alla vita concreta della donna vi è senza dubbio ciò che è stato chiamato la sua “capacità dell’altro”, ovvero la maternità. Ma ci sono anche altri modi in cui la donna “è per l’altro” come l’esistenza della vocazione cristiana alla verginità. Infatti non è accontentandosi di dare la vita fisica che si genera veramente l’altro. La maternità trova forme di realizzazione piena in diversi modi come le tante testimonianze delle missionarie che portano aiuto e consolazione nel mondo. In questa prospettiva si comprende il ruolo insostituibile della donna in tutti gli aspetti della vita sia familiare sia sociale e che coinvolgono le relazioni umane e la cura dell’altro. “Il genio della donna” come diceva Giovanni Paolo II si manifesta attivamente sia nella famiglia, perché è qui che si acquisiscono gli insegnamenti fondamentali per il futuro sia nel lavoro, grazie al contributo che la donna porta nella società. Al riguardo infatti non si può dimenticare come l’intreccio delle due attività, famiglia e lavoro, assuma per la donna un impegno costante e non sempre facile nella vita di tutti i giorni. In questo caso la luce ci viene da due donne, particolarmente care. Beretta Molla, una Santa madre di famiglia, come lo possono essere molte donne, che ha vissuto nel quotidiano la bellezza pura e feconda dell’amore coniugale e dell’amore per i figli in risposta alla chiamata di Dio. E Teresa Orsini, nobildonna romana, sposa e madre che si è fatta piccola per stare in mezzo ai bisognosi, ai diseredati, ai malati, agli ultimi degli ultimi. Di qui si aprono nuove prospettive per una comprensione più profonda della dignità della donna e del suo ruolo nella società umana e nella Chiesa come testimone privilegiata e portatrice eletta dell’Amore di Dio agli altri. Accoglienza che cresce - 27 L’angolo dei Giovani Marco Persichino: storia di un giovane speciale Dalla politica estremista al servizio in nome di San Francesco di Concita de Simone C hi ci segue assiduamente, sa che, su queste pagine, può leggere, di solito, le interviste della sottoscritta a vari personaggi famosi. Stavolta però, vi parlerò di un giovane “illuminato” non dalle luci della ribalta, ma da quella del Vangelo, quasi un moderno S. Paolo folgorato sulla via di Damasco. E’ la storia emblematica di una conversione. Della conversione di un ex skinhead. Letteralmente significa “testa rasata”, ed è il soprannome con cui vennero identificati alcuni gruppi giovanili estremisti, nati a metà degli anni Settanta in Inghilterra. “Adesso organizzo ritiri spirituali, prima mi ritiravo per preparare cariche contro la polizia. Adesso ho un ragazzo musulmano in affido; prima andavo a caccia di immigrati per derubarli e picchiarli.” A parlare è lui, il nostro protagonista, Marco Persichino, ventitreenne di Latina, uno che già a tredici anni era un uomo tanto velocemente ha vissuto la sua vita. Vita che, come lui stesso, è stata stravolta dall’incontro con San Francesco. Ma facciamo un passo indietro. A tredicianni, appunto, Marco girava con testa rasata, giubbotto nero e spranga di ferro a portata di mano. Uno dei classici skinehead che meglio non incontrarli per strada. Spesso ricoverato in ospedale per enfisemi e broncopolmoniti. Dato per spacciato dai medici, aveva provato la chemioterapia per sconfiggere il sarcoma, ma senza grandi risultati. Ne è uscito vivo grazie a una sperimentazione con un acceleratore nucleare. Vivo sì, ma morto dentro. Pian piano forze ed entusiasmo gli sono tornati grazie alla politica. A quindici anni aderisce al Movimento Sociale, ma quando questo, al bivio di Fiuggi, si trasforma in Alleanza Nazionale, sceglie la strada dell’estremismo. La sua è un’adesione attiva: era il responsabile del reclutamento. La strategia era andare nelle scuole e cercare i ragazzi più emarginati, avvicinarli e portarli in sezione, dove avrebbero trovato un gruppo pronto ad accoglierli. Anzi, più che un gruppo, un branco, sottolinea lo stesso Marco ricordando che erano “tutti vestiti uguali, tutti rasati, tutti pronti a scatenare una rissa se, in un pub, qualcuno guardava male uno di noi”. I ricordi di Marco scorrono mentre ci fa rivedere le immagini più violente: “Il fuoco in riva al mare, una volta al mese. Prima però bisognava sgomberare il campo degli extracomunitari che dormivano sulla spiaggia. Li accerchiavamo, li picchiavamo, li derubavamo del loro piccolo tesoro ambulante. Io organizzavo i pestaggi e le forze dell’ordine mi conoscevano bene. Mi fermavano, interrogavano. Mi faceva passare una notte dentro, ma questo per noi era solo un motivo di vanto. Una volta mi fermarono mentre stavo affiggendo alcuni manifesti contro la Chiesa e contro 28 - Accoglienza che cresce L’angolo dei Giovani Giovanni Paolo II, colpevole, secondo noi, di plagiare i giovani”. E, ancora, profanazione di cimiteri, risse alle manifestazioni, raid e tanto altro, in un’escalation di violenza e abbandono. Poi, la svolta a Pasqua del 1999. Alcuni amici riescono a trascinarlo a una veglia, grazie alla complicità del padre e lui, non sa ancora come, riesce a farsi convincere. “Quando ho visto il grande cero pasquale acceso, ho pensato a me e il mio branco intorno al fuoco sulla spiaggia. Ma la cosa era completamente diversa e lo si capiva anche dagli sguardi delle persone che avevo intorno, così sereno. Non poteva essere merito del prete, doveva esserci qualcosa di più”. Cresce, nell’animo di Marco, un senso di inquietudine. “San Francesco mi ha cambiato la vita e reso un uomo nuovo” racconta ormai sereno. Decide infatti di andare a chiedere ospitalità al Sacro Convento di Assisi. “Cercavo un posto dove far chiarezza con me stesso, per meditare su quello che mi era successo. Mi sono fidato e affidato. Ho seguito il cuore e non la ragione. Prima di arrivare ad Assisi, non sapevo neanche il Padre Nostro. Allora ho cominciato a fare silenzio. Ho imparato a pregare attraverso il silenzio. E’ come in una relazione d’amore dove all’inizio ci si scambia sguardi e poi dopo si comincia a parlare. Mi sono lasciato abbracciare dal Crocifisso di San Damiano e ho deciso di cambiare vita. Ho venduto la quota di azioni della società in Biblioteca cui lavoravo e ho addirittura iniziato l’anno di postulato per capire cosa fare della mia vita. Ma poi, in quei mesi, ho incontrato una volontaria, Chiara, e ci siamo innamorati. Un padre spirituale ci ha preparati al matrimonio ed ora il nostro cammino prosegue nel centro di Montefasce, la Piccola Città dell’Immacolata in provincia di Genova dove c’è un convento di frati francescani minori conventuali costruito seguendo l’ispirazione di San Massimiliano Kolbe. Chissà, forse se i suoi ex compagni di branco sapessero che fine ha fatto Marco, stenterebbero a crederci. Eppure è tutto, incredibilmente, vero. a cura di Giuseppe Di Florio Etica, religione e Stato liberale Il volume riproduce integralmente il dialogo avvenuto il 19 gennaio 2004 alla Katholische Akademie a Monaco di Baviera tra due dei più prestigiosi rappresentanti della cultura contemporanea, l’allora cardinale ed oggi pontefice Benedetto XVI, Joseph Ratzinger ed il filosofo Jurgen Habermas, degno erede della tradizione filosofica tedesca che annovera tra i recenti nomi autorevolissimi Nietzsche e Heidegger. Tra l’atteggiamento laico, che oggi spesso domina e che giudica ogni forma di cultura religiosa come irrazionale e regressiva ed il radicalismo integralista che vuole imporre un’unica fede religiosa, i due interlocutori propongono invece il dialogo come metodo di elezione per una conversazione equanime e mediatrice. Hebermas sottolinea il patrimonio di concetti di cui la tradizione religiosa è portatrice ed invita la filosofia - com’è proprio della sua tradizione classica - a “tradurre” quei concetti in valori laici per fare in modo che il processo di secolarizzazione divenga un processo di “apprendimento”. Anche Ratzinger conviene che “esiste una necessaria correlatività tra ragione e fede… e che hanno bisogno l’una dell’altra e debbano riconoscersi l’una con l’altra. E da entrambi viene ribadita l’esigenza di un dialogo “come mutuo apprendimento e mutua purificazione”. E l’augurio da formulare è che la filosofia “traduca” assiduamente i concetti religiosi in valori laici e che la religione sostenga assiduamente il dialogo con fede e culture diverse. Un saggio breve, lucido, denso, stimolante e che invita a capire l’altro all’incontro, al colloquio prima di respingere e condannare. Joseph Ratzinger – Jurgens Habermas, Etica, religione e stato liberale. Morcelliana Editrice, Brescia, Euro 6 Accoglienza che cresce - 29 Pubblicazioni Regalati o Regala una di queste pubblicazioni per meditare e pregare insieme a noi “Sulle tracce della madre” L’eredità spirituale di Teresa Orsini Doria Panphili Landi. Di ricca e nobile famiglia, Teresa Orsini (1788-1829) ha lasciato una grande eredità spirituale ai suoi posteri. Nel periodo di sfacelo morale e spirituale della rivoluzione francese, in cui la fede cristiana venne vilipesa e calpestata, la principessa della carità trovò un terreno fertilissimo per gettare i semi del suo magnanimo amore per gli altri. Organizzò molteplici iniziative a favore dei diseredati, dei malati, dei carcerati. Fu modello per le madri di famiglia e modello di carità per le suore che lei stessa fondò: le Ospedaliere della Misericordia. In Teresa, l’amore naturale e istintivo verso il prossimo si trasforma in carità, amore verso Dio attraverso il prossimo. Titolo: “Sulle tracce della madre” L’eredità spirituale di Teresa Orsini Doria Panphili Landi Autore: Cristina Siccardi “Da ricca che era…” Editore: San Paolo Edizioni Vita e opere della principessa Data di pubblicazione: 2006 TERESA ORSINI DORIA Collana: Piccola spiritualità Perfetta nobildonna romana, corteggiata, stimata, ammirata e onorata Pagine: 79 per la sua ricchezza. Donna di straordinaria bellezza e mirabile intelliPrezzo: € 8,00 genza da ricca che era, Teresa Orsini (1788-1829) si è fatta piccola: piccola per stare in mezzo ai bisognosi, ai diseredati, ai malati, agli ultimi degli ultimi. Sposa e madre, Teresa andò in cerca della sofferenza per soccorrerla e per risolvere i problemi della malasanità romana con metodi moderni e fondando anche una congregazione religiosa, le “Dio ama le cose semplici” Suore Ospedaliere della Misericordia, attivissime ancora oggi in tutto Madre Teresa Maria Capeccioni. il mondo. La vita della madre Teresa Capeccioni che ha seguito, nel Titolo: “Da ricca che era… ” governo delle “Sorelle della Autore: Cristina Siccardi Misericordia” (ora Suore Editore: San Paolo Edizioni Ospedaliere della Misericordia), Data di pubblicazione: 2006 la fondatrice Principessa Teresa Collana: Fondatori e riformatori Orsini Doria Panphili Landi. Pagine: 144 Una biografia che narra la vita “Parole di Dio” 2007 Prezzo: € 7,50 di una grande missionaria. Il calendario delle Suore Ospedaliere della Misericordia Titolo: “Dio ama le cose semplici” che scandisce i mesi del nuovo Autore: Gioacchino Ferrini (1894) 2007 con frasi e immagini. Editore: Suore Ospedaliere della Misericordia Titolo: “Parole di Dio” Editore: San Paolo Edizioni Data di pubblicazione: 2006 Data di pubblicazione: 2004 Pagine: 47 Per acquistarle rivolgersi a: Suore Ospedaliere della Misericordia - Via Alba, 39 Roma Tel. 06.7017096 - fax 06.7017133 o presso le migliori librerie cattoliche 30 - Accoglienza che cresce Notizie POLONIA Dal Tevere al Baltico via Cracovia Il 2 ottobre scorso si è finalmente concretizzata la tanto sospirata missione delle Suore Ospedaliere della Misericordia nella terra della Polonia. Le tre sorelle assegnate a questa nuova apertura: Sr.Bertilla Cipolloni, Sr.Annabelle Mamon e Sr.Anna Sadowska, sono state accompagnate dalla Madre Generale, e da altri membri del consiglio. La missione si trova nella cittadina di Koszalin nel nord della Polonia a pochi chilometri dalle rive del Mar Baltico. Il Vescovo, Sua ecc.za Mons. Kazimierz Nycz, il parroco e il P.Marius, sacerdote che ci ha sostenuto durante questo lungo iter, la popolazione , sono stati molto accoglienti , promettendo tutto il supporto morale per aiutarle in questa ‘avventura di Dio’, ci piace chiamarla così, in quanto siamo convinte che Dio è presente in questa decisione. Le sorelle si occuperanno di assistenza a domicilio nell’ambito e nel rispetto delle esigenze della Chiesa locale che le ha accolte. La casa che verrà inaugurata la prossima primavera, è stata dedicata al caro Papa Wojtyla. Rendiamo noto l’indirizzo per chi desiderasse comunicare con queste sorelle che hanno lasciato tanta testimonianza di bene qui tra noi. Dla Siostr Szpitalnych Milosierdzia Ul. Domanskiego 1° 75-016 Koszalin - Polonia INDIA Tributo a un pastore, un amico, un benefattore! Si è spento dopo alcuni giorni di malattia il vescovo della diocesi di Bellary nel Karnataka – India, Sua Ecc.za Mons. Joseph D’Silva . Da molti anni un sincero benefattore e amico della Congregazione in India. Già quando era amministratore della Diocesi di Bangalore accettò la nostra richiesta di ergervi il noviziato e ha sempre dimostrato interesse per i nostri sviluppi nelle missioni. Grande devoto della Madonna, è stato sicuramente da lei accolto nella gloria del Paradiso Accoglienza che cresce - 31 Relax a cura di Concita De Simone ORIZZONTALI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 1.Contenitori per il sale. 16 17 18 7.Li usiamo per bere. 15 15.Il contrario del clima 22 20 21 secco. 16. Pianta impie- 19 gata un tempo per la 27 24 25 26 produzione di sciroppi 23 contro l’asma e la tosse. 31 28 29 30 18.In mezzo a Getona. 19.Il più famoso sinda35 32 33 34 co di Firenze, Giorgio La… 20.Capoluogo 38 36 37 della Lombardia. 22.Così inizia la pre- 39 43 40 41 42 ghiera a Maria. 23. Acronimo di Ente 44 45 46 47 Nazionale Idrocarburi. 49 50 51 24.Se ne occupa la sarta 48 insieme al taglio. 53 25.Sovrano etiope. 52 27.Al centro della fifa. 28.Consonanti delle ruote. 29.Il tenore cui Lucio Dalla ha intitolato una nota canzone. 30.Il nome di questa rubrica. 32.Saluto giapponese. 34.Un altro modo per chiamare le angurie. 36.La sedia del sovrano. 37.Focolare domestico. 38.Oca senza fine. 39.Dispari nella rosa. 41.Nome maschile. 42.Antica arte marziale. 43.Nome femminile. 44.Producono il miele. 46.Notizia…diventata ballerina televisiva. 47.Metà Cracovia. 48.I centurioni vi si giocarono le vesti di Gesù. 50.Promontorio laziale che ha dato il nome ad un’antica maga. 51.Li illustrano le tabelle con le ore di partenza e arrivo di un servizio di trasporto pubblico. 52.Il cognome del poeta Dante. 53.La celebriamo il 24 dicembre. VERTICALI 1. Strada di collegamento rapido simile all’autostrada. 2.Il nome di un’opera di Torquato Tasso. 3.Isola in provincia di Frosinone. 4.Nome di donna. 5.Vocali quando leggo. 6.Filosofo greco della felicità. 7. Fragore cupo e improvviso. 8. “Fratelli d’Italia” è quello nazionale. 9.Pronome per indicare questa, quella cosa. 10.Cagliari. 11.Pari nelle rime. 12.Il numero di anni di una persona. 13.Piante delle more. 14. Inidoneità, mancanza di incisività 17.Per lei compose Beethoven 20.Vicino Venezia, è famosa per il vetro. 21.Grande sala per le feste. 24.Antonio, celebre, scultore italiano. 25. Rappresentazione di un’opera teatrale. 26.Isola dell’Egeo. 29. Canti eseguiti da più persone. 30. Dinastia imperiale russa, di antichissima origine nobiliare. 31.Le prime dello xeno. 33.Dispari nella yota. 34.Malattia dei denti. 35. Gianni, scrittore de “La Torta in cielo”. 37.Si danno al pallone. 40.Mezza Spalato. 42.Kerry senza fine. 43.Nome di un lago salato dell’Asia centrale. 45.Sono note quelle di marzo. 46.Strade. 47.Diminutivo di Cristina. 49.In mezzo alla riga. 50.Pronome personale di prima persona plurale. 51.In mezzo al rogo. Soluzione del cruciverba pubblicato nel n. 3/2006 1 R 14 A Sono risultati vincitori: 1. Gianfranco Di Pinto (Canada) 2. Marco Morini (Padova) Tra tutti coloro che invieranno la soluzione corretta entro il 31 gennaio 2007, verranno sorteggiati graditi premi. Potete inviare le vostre risposte ai seguenti indirizzi: Concita De Simone, Via Latina, 30 - 00179 Roma. Fax 06 70452142 - e-mail:[email protected] A 3 P A T L I A T 41 A 45 S 49 S O L 24 O 28 P E S D 29 34 R A I G A N N N I T 43 A L A T N O T T O S 39 O 46 I N C E I I R I N T E O N 26 I 31 32 A B R E T I T A 51 L 13 N A 53 T N O E 12 O A A N E 25 T 11 N S T 50 E E 47 A 10 22 A I A E 21 N 35 T N E T I R 9 19 A R A N R 18 S I I T 38 N 16 A T O E C P 15 8 I S 42 P A 30 M 7 E T P R 6 A P 37 T I 23 33 5 N 20 A I I F 27 4 G 17 52 32 - Accoglienza che cresce 2 R 36 40 S I T T E E I A 44 E I S D 48 R O E R S