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2005 DICEMBRE n. 11
Aspettiamo Qualcuno?
Il dramma del Natale commercializzato
S
Eucaristia e missione 11 - presenza
iamo in Avvento. La liturgia ci invita alla vigilanza e all’attesa. Ma che
cosa attendiamo?
La nascita di Gesù,
certamente. Ma anche il regno di Dio, che
Egli porta e che deve
radicarsi qui in terra, in
attesa del suo ritorno.
Il commercio
dell’attesa
La prima attesa, quella del Natale, l’abbiamo
già consegnata al commercio. È già presente
e brilla nei supermercati: il bambino Gesù
occhieggia già sugli scaffali dei
negozi, mentre la stella dei magi
è arrivata con buon anticipo, secondo le leggi della concorrenza, e si è moltiplicata nelle mille lucine ad intermittenza e nelle
luminarie delle strade e dei centri commerciali. Il Bambinello è
già stato clonato nel rubicondo
babbo natale. Ha ancora senso
attenderlo per la notte di Natale? Ormai l’abbiamo incontrato
al supermarket, l’abbiamo consumato e i cartoni sono già stati
consegnati alla raccolta differenziata dei rifiuti…
Il dramma è che per Natale
rischiamo di non attendere più
nessuno. Gesù, lui non ne soffre, perché sa salvarsi e rimanere il totalmente Altro, malgrado
i nostri tentativi di addomesticarlo. Può sempre nascere, come la prima volta, tra i poveri e
i disprezzati della campagna di
Betlemme. Loro hanno in anteprima il vangelo: “Non temete.
Vi annunzio una grande gioia:
oggi è nato per voi il Salvatore”.
Il dramma non è quindi di Gesù,
ma nostro.
Ecco il nostro dramma!
Per il gesuita Teilhard de Chardin, scienziato e teologo, Gesù è
il “Punto Omega”, cioè il punto
di convergenza cui tendono non
solo i popoli, ma tutto l’universo. Lo scienziato se ne esce con
una parola che dovrebbe scuoterci: “Il dramma dei cristiani egli scrive - è che non attendono più nessuno”. Credono di aver
tutto: hanno la verità in tasca, si
sono fatti un’identità ben definita e cristallizzata, da difendere
con ogni mezzo. Non hanno più
niente da conquistare. Sono cristiani senza avvento: non hanno
più bisogno di cercare; credono
di avere già in tasca un biglietto sicuro per il cielo. Per loro il
regno di Dio è cosa fatta, come
se la nostra cultura cristiana fosse già il regno di Dio.
Anche noi rischiamo di dimenticare che quel regno, che
RICONGIUNGIMENTO FAMIGLIARE
La speranza del ”Natale con i tuoi”
p. AGOSTINO ROTA MARTIR, sx
G
li stimoli per celebrare
bene il Natale non mancano. Ma dipende da quale
Natale cerchiamo: quello degli
annunci pubblicitari che soddisfano i nostri appetiti, o quello
della voce del Mistero, che fa
appello alle nostre anime.
Ascoltiamo e meditiamo ogni
anno nella notte di Natale, il
racconto del mistero di Dio
che “viene ad abitare in mezzo a noi”: la notte, lo smarrimento dei pastori, l’annuncio
degli angeli, il Bambino da cercare in una località ai margini e
da riconoscere, avvolto in fasce
in una mangiatoia. Il mistero di
un Dio rivestito di debolezza!
Il pericolo è sempre quello di
accontentarci di un Natale sdolcinato di buonismo da quattro
soldi e assoggettato al mercato del consumismo. Un Natale
rabbonito e offensivo. Anche
quest’anno si ripeteranno le solite gare di chi è più bravo, più
generoso verso gli sfortunati,
gare di solidarietà e di bontà
più o meno truccate: tentativi
maldestri per lavare coscienze
inquinate dall’arroganza e assopite dalla superficialità.
In questo teatrino dell’ipocri-
sia come può nascere il Figlio
di Dio? Non si ripeterà, piuttosto, la drammatica farsa del re
Erode che raccomandò ai magi
di cercare con cura il Bambino:
“quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, così anch’io andrò
ad onorarlo”. E invece, poi...
Dio nella nostra storia. Celebriamo bene il Natale di Gesù quando accogliamo il desiderio di Dio, di “formare casa” dentro questa nostra storia. Per farci capire lo stile di
Dio, il vangelo usa un’immagine eloquente: “Egli pose la sua
tenda in mezzo a noi”. Non in
luoghi privilegiati, sorvegliati e
protetti da guardie di sicurezza, inaccessibili ai comuni mortali. Dio vuole stare dentro la
nostra storia, a fianco di ognuno di noi. Proprio vivendo la
compagnia dei poveri e degli
oppressi, il Figlio incarnato ha
potuto annunciare a tutti noi il
sogno di Dio.
Attraverso il Natale, Dio chiede ad ognuno di noi il permesso di ottenere il “ricongiungimento famigliare” nelle nostre
vite. Fare spazio al piccolo Gesù significa permettere a Dio
di ricongiungersi nella fami-
glia umana, che abbraccia ogni
uomo e donna, nella diversità
della cultura e della fede.
Solo accettando questo ricongiungimento, Gesù non sarà di nuovo costretto a nascere clandestino, lungo le strade
della storia di oggi: a Falluja
come a Beslan, a Bhopal come
a Bukavu; o nelle navi carretta che trasportano disperati in
cerca di una terra ospitale...
Fare spazio a Dio che bussa
anche oggi alla porta del nostro cuore, delle nostre vite non come estraneo - ma come
ospite atteso, significa imparare dai poveri che nella notte
di Natale si rivelano come i veri protagonisti in positivo. Loro hanno il coraggio di intuire
e seguire i passi di Dio, anche
quando non seguono i calcoli e
i tempi degli uomini più forti;
e di questo gioiscono e sanno
far festa.
Sono loro che c’insegnano a saper ricominciare ogni giorno,
nonostante tutto! Questa loro
speranza clandestina porti frutti di speranza e di pace!
■
p. Gabriele Ferrari, sx
Gesù è venuto ad inaugurare per
conto di suo Padre, deve estendersi e approfondirsi. Sì, abbiamo in mano il biglietto d’entrata,
ma non possiamo addormentarci
nella nostra sicurezza.
È l’ora della sveglia
La liturgia dell’avvento è piena
di trombe profetiche che suonano la sveglia: svegliatevi, alzatevi, siate pronti, la notte sta per finire e giunge l’aurora! Svegliarsi ed essere pronti per che cosa?
Per il regno di Dio che continua
a venire e attende da noi l’impegno di annunciarlo a coloro che
non lo conoscono, si chiamino
islamici, buddhisti, non cristiani
o non praticanti. Tutti siamo destinati a quel regno “di giustizia,
di amore e di pace”, aurora di
giustizia rispetto alla notte delle
ingiustizie, delle contrapposizioni, dell’odio e delle guerre. Un
mondo diverso da quello attuale,
e da costruire.
“Gloria a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà”, cioè a quegli uomini che Dio
ama. Così cantano gli angeli di
Natale. Ma non saranno forse
anche loro un gruppo di pacifisti, magari noglobal, così poco
affidabili, perché contrari a ogni
guerra, anche a quella santa del
Bene contro il Male?
Un dono non commerciabile
Certo: noi, cristiani del Natale,
siamo degli incorreggibili pacifisti, perché crediamo che il Signore si è fatto uomo per instaurare il regno di Dio Padre, che
è aperto a tutti: a chi viene dal
mondo occidentale e a chi sembra nemico dell’occidente e della nostra cultura. E noi missionari lavoriamo per il dialogo tra le
religioni e le culture. Siamo per
la pace e per una “civiltà dell’amore”, una civiltà con le porte
aperte a tutti. Siamo portatori di
una speranza e quindi di un’attesa che non deve spegnersi.
Sì, un altro mondo, diverso dall’attuale, è possibile se ci
apriremo a quella speranza che ci
viene con il Bambino. Una speranza che non è commerciabile,
perché è un dono che attendiamo, ancora una volta, da Dio.
Il mondo nuovo alla fine ci
sembrerà un miracolo, come la
nascita del Figlio che celebriamo
nel silenzio della notte di Natale. Egli ha realizzato la speranza dell’umanità e noi l’accogliamo con la fede e l’amore di Maria. Questa speranza è ormai una
certezza, che sostiene ogni nostra speranza.
■
Buon Natale e buon anno
a tutti voi!
Eucaristia e missione 11 - presenza.
Il missionario è il segno visibile della presenza amorosa di Dio in mezzo ai popoli che Egli ama. Rende
vera la promessa di Gesù: “Io sono
con voi”. Come la madre è presente
al bimbo che abbraccia, nella foto
di A. Costalonga (Bangladesh).
2005 dicembre n.
ANNO 58°
11
“Il gran mondo superbo rigetta le sublimi lezioni di
celeste sapienza e distoglie lo sguardo dalla grotta
di Betlemme, ove un tenero Bambino soffre e vagisce. Ma quanto è dissennato e folle il mondo nei suoi
giudizi!”.
beato Guido Conforti
A voi amici e all’umanità intera
il Natale del Signore Gesù
porti pace e amore
Padre Agostino è missionario nel
campo nomadi di Coltano, in provincia
di Pisa.
foto Guri Zambiasi
2005 DICEMBRE
m i s s ione e spirito
L’icona della missione
Finchè egli venga
LA PAROLA
Il discepolo che Gesù amava
rendo più di Pietro. Finalmente,
sul lago, l’avevi riconosciuto per
primo e l’avevi indicato a Pietro:
“È il Signore!”. Si potrebbe anche tradurre con il grido della
risurrezione: “Il Signore è!”.
Pietro, alla triplice domanda
del Maestro, gli aveva dichiarato
il suo amore e ne aveva ricevuto
il suo gregge, come destinatario
visibile di questo amore.
Aveva inteso ancora una
volta la sua chiamata “Tu seguimi!” - insieme
all’annuncio delle sue
esigenze ultime: essere
ucciso. Smarrito, Pietro
si era volto verso di te,
come se volesse imparare dalla tua stessa vita.
Tu seguivi, come la
pecora che ascolta la
voce del Pastore; come chi è testimone non
solo per aver visto, ma
per aver partecipato
dal di dentro. Nel tuo inclinarti
EUCARISTIA è MISSIONE
L'EUCARISTIA
EVANGELIZZA IL MONDO
p. ALFIERO CERESOLI, sx
Il segreto della vitalità delle nostre missioni è da ricercare nell’Eucaristia. Scuole, collegi, catechisti, ospedali, dispensari farmaceutici, orfanotrofi, sono senza dubbio mezzi di penetrazione. Ma
senza l’Eucaristia, anche questi mezzi non darebbero frutti di vita
eterna.
beato Guido Conforti
terminare quest’anno, tutto consacrato all’Eucaristia,
V oglio
con questo pensiero dichiarato dal beato Conforti nel di-
2
scorso al congresso eucaristico di Palermo, nel 1924. Quest’anno
si è parlato molto del mistero eucaristico, ma forse si è creduto
poco nella sua forza evangelizzatrice.
“Questo linguaggio è duro, come possiamo accettarlo?” - avevano già detto gli ascoltatori di Gesù che
avevano mangiato il pane e i pesci della
condivisione e lo avevano seguito fino
a Cafarnao. Eucaristia è sacrificio, è comunione, è presenza. Una presenza misteriosa, ma reale; nascosta, ma attiva;
silenziosa, ma annunciatrice eloquente ed efficace di un amore che supera
ogni altro amore. Il linguaggio è duro:
come credere che un pezzo di pane possa evangelizzare il mondo?
Penso al missionario che mette la sua
tenda in un paese dove la stragrande
maggioranza della popolazione non è
cristiana. Lo vedo celebrare Messa, magari da solo. È inginocchiato in adorazione; dialoga con un Amico che è presente e gli ripete: “coraggio, non temere; io sono con te ogni giorno e in ogni
luogo”. Allora il missionario sente come
sono vere le parole che il beato Conforti ha scritto nel testamento: “Gesù sacramentato, per il quale siamo sa­cerdoti ed apostoli,
sia sempre il centro dei nostri pensieri e dei nostri affetti. È presso
il santo tabernacolo che noi dob­biamo ogni giorno ritemprare le
nostre forze per sempre nuove fatiche”.
L’Eucaristia è forza e sostegno del missionario. È anche forza della
missione, dice il beato Guido. Quando il missionario pone sull’altare
il Pane - che non è più pane, ma il Signore - succede qualcosa: nel
cuore dell’umanità si diffonde un’energia di vita, si radicano i valori
del Regno. La speranza rinasce e il mondo si ritrova migliore.
Le cronache dei giornali sembrano smentire questo ottimismo
eucaristico. Ancor più qui in Brasile, dove la speranza dei poveri
pare definitivamente delusa. Ma non è così. Le nostre comunità nei centri e nelle periferie, nelle città e nelle campagne - sono vive e continuano il loro cammino. Ogni giorno scoprono che tutto
succede, se il centro è il Signore Gesù: Pane che si spezza, Vino che
si versa. Nell’adorazione e nella sua amicizia, i cristiani imparano a
spezzarsi e versarsi per le sorelle e i fratelli più poveri. Vanno a Cristo, e Cristo li invia ai più bisognosi.
■
sul suo petto avevi indicato per
sempre il posto del discepolo:
nato dal petto di Cristo, tratto
dal suo sonno, carne della sua
carne, proprio come una vera e
nuova Eva. Tu dovevi rimanere
per mostrarci, lungo il filo dei
giorni, come rimanere in Gesù:
volti perennemente a lui, e in lui
volgerci al Padre.
Pietro e tu eravate una pluralità concorde, come il corpo
è animato e l’anima è corporea.
Pietro, bisognoso della fantasia e
della libertà dell’amore; e tu, bisognoso di riconoscere in lui chi
pasce la chiesa di Cristo. Pietro,
la fatica di credere e di seguire,
anche a prezzo del sangue versato; e tu, lo slancio dell’amore che
vola sopra ogni ostacolo. Sono i
binari della nostra stessa vita.
Tu e noi. Sappiamo che il tuo
nome è anche il nostro nome,
e in ogni condizione. In questo
mondo di dibattiti, di ricerca,
di manipolazione, di frenesia,
di solitudine, quando uno conta
per quanto è bello e rende..., il
tuo nome, che è anche il nostro,
ci dà pace.
Come te, noi non siamo i martiri del sangue versato. Siamo
invece sfidati dalla fedeltà nella
durata, nelle giornate uggiose
e bigie dell’inverno, in quelle
spensierate e distratte dell’esta-
te. Come te, la maggior parte di
noi arriviamo fino ai giorni della
vecchiaia, sempre tentati di abbassare lo sguardo a noi stessi, di
vivere esigendo, di volare basso.
Siamo amati da Gesù. Tu che
hai vissuto il martirio della durata, dacci una mano: indicaci
ancora il sole delle giornate grigie, l’ombra della calura estiva.
Aiutaci a tenere il nostro sguardo rivolto verso l’Agnello. Tienici legati alla missione essenziale
della chiesa: la missione di accogliere l’amore da Colui che non
cessa di venire per noi, e di offrirlo come senso e impegno di
tutta l’esistenza. Siamo noi i discepoli amati da Gesù che restano finché egli venga, perché tutti
scoprano che il loro nome è scritto nel petto trafitto di un Dio. ■
chiamati alla missione
Gli avvisi e la benedizione
A
me piacerebbe che “gli
avvisi” non li desse solo
il prete. Un’idea balzana, dirà
qualcuno. Ma se nella comunità
ci sono diversi ministeri e carismi - dovrebbero essere molti, se
non vengono soffocati - , allora
dovrebbero tutti discretamente
emergere nell’assemblea. Così
diventano più visibili la comunione e la corresponsabilità pastorale e missionaria.
Dall’Eucaristia alla Trinità.
Sarebbe bello che il prete dicesse le cose che gli appartengono
per il suo ministero specifico.
Poi si succedessero il coordinatore della catechesi per le attività
catechistiche; quello della Caritas per le attività di assistenza e
promozione umana; il “ministro
degli infermi” per le visite ai malati; quello della missione
per gli impegni di evangelizzazione nel territorio o
nei paesi lontani… Magari
poi, anche il “fanatico” dei
nuovi stili di vita, per dare
gli annunci sul commercio
equo, e il “patito” dell’ambiente per le iniziative di
salvaguardia del creato!
Si manifesterebbe così
una comunità unita nel Signore - essa stessa “corpo
e sangue” del Cristo crocifisso e risorto. La sua
unità non è quella monolitica
dell’organizzazione aziendale o
del reparto di un esercito, bensì
quella trinitaria. Non bisogna
mai dimenticare che l’Eucaristia
porta alla Trinità.
In questi ultimi tempi nella
chiesa, e soprattutto nella chiesa
italiana, si insiste sul Cristo-cen-
trismo. È un’insistenza bella e
sospetta allo stesso tempo. Bella, perché Gesù è veramente il
fondamento della nostra fede e la
sorgente della nostra vita. Sospetta, perché si scivola facilmente in
quello che i teologi chiamano il
Cristo-monismo. È un errore sottile - voluto o non voluto questo
Dio solo lo sa - sul quale si fondano centralismo, monolitismo e
clericalismo della chiesa.
Gesù nulla ferma a se stesso,
ma conduce al Padre. Il Padre
poi, tramite Gesù, dona lo Spirito Santo, che fa vivere la vita
trinitaria in ciascuno di noi e
nell’intera creazione. La vita
trinitaria è quell’eterno rispecchiarsi e abbracciarsi di Padre e
Figlio nello Spirito. Nella chiesa
dovrebbe esistere la stessa circolarità, che è propria dell’amore.
Nell'icona russa, la famiglia di Abramo e Sara è inserita come commensale della Trinità
INTENZIONE MISSIONARIA
E PREGHIERA DEL MESE
Sulla terra, la ricerca di Dio e
la sete della verità conducano ogni essere umano all’incontro con il Signore.
Si diffonda una comprensione sempre più piena della dignità dell’uomo e della
donna, secondo il progetto del Creatore.
Francesco Grasselli
Noi famiglie ne siamo una bell’immagine e la chiesa potrebbe
modellarsi su di essa. Chiesa famiglia, chiesa trinitaria, chiesa
eucaristica…: sono espressioni
che si richiamano e si completano a vicenda.
La benedizione. D’accordo,
gli avvisi dati in questo modo,
da più persone, diventerebbero più lunghi. Ma perché non
pensiamo, allora, a uno stare assieme più fraterno e informale,
al termine della Messa? Con la
“preghiera dopo la comunione”
si chiude il clima un po’ ingessato della liturgia e si crea un
clima più familiare. Tutti siedono, possono parlare ai vicini (la
comunione si manifesta anche
così); il prete e gli altri danno
man mano annunci e notizie che
riguardano la comunità, la
chiesa e il mondo...
Non dico di passare coi
biscottini, il vino e l’aranciata, anche se l’ho visto
fare in chiese monastiche
molto serie! Ma un po’ più
di festa nella chiesa-famiglia ci starebbe proprio
bene!
Poi, la benedizione.
Adesso la benedizione è un
rito liberatorio: “oh, finalmente è finita!”. Dovrebbe essere, invece, proprio
il segno che l’Eucaristia ci ha
aperto alla vita trinitaria. E ora,
questo spazio trinitario lo mettiamo a disposizione del mondo,
perché solo in esso si potrà fare
l’unità e la pace: “Vi benedice il
Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, perché andiate a fare la pace.
La messa è infinita!”. Amen. ■
Mosca, Galleria Tret'Jacov
ra stato Giovanni Battista
a indicartelo per primo:
“Ecco l’agnello di Dio!” - aveva
detto. E da allora tu non avevi
più distolto lo sguardo da lui.
Il tuo nome già significava “il
Signore ama con gratuità”. Ma
eri entrato in sintonia tale con il
Maestro, che ti hanno chiamato:
“il discepolo che Gesù amava”.
Non “il discepolo che amava
Gesù”, perché tu eri anzitutto destinatario di un amore gratuito.
L’amore fa osare e fa sentire
prossimi. Così, posato sul suo
petto nell’ultima cena, lo avevi
interrogato sulla notizia che vi
sconvolgeva: uno di voi l’avrebbe tradito! Avevi compreso gli
eventi; eppure, non al punto di
intervenire per cercare di cambiarli. Avevi semplicemente accompagnato il Maestro fino al
Pretorio, fin sotto la croce, fino
a vedere il suo petto squarciato.
Poi, al mattino del terzo giorno,
lo avevi cercato al sepolcro, cor-
teresina Caffi, mM
Vienna, Biblioteca Nazionale d'Austria
E
Voltatosi, Pietro vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava,
quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: “Signore, chi è che ti tradisce? ”. Pietro dunque, vedutolo, disse
a Gesù: “Signore, e lui? ”. Gesù gli rispose: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi”. Si diffuse perciò
tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: “Se voglio che
rimanga finché io venga, che importa a te? ”. Questo è il discepolo
che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo
che la sua testimonianza è vera.
Giovanni 21,20-24
2005 DICEMBRE
V ITA SAVERIANA
Portare a tutti l'amore di Dio
A Taiwan, il senso missionario del Natale
Natale lascia dentro di
O gni
noi un bel ricordo e tan-
te emozioni, che ci proiettano
nell’impegno di “portare a tutti
l’amore di Dio“. Ma in una nazione come Taiwan, a maggioranza taoista buddhista, Natale
non dice niente. Fino a qualche
anno fa, era mascherato dietro la
“Festa per la Costituzione”. La
gente aveva un po’ di tempo libero e lo usava per “imitare” l’occidente. Tutte cose che non c’entrano con il Natale. Un po’ come
si cerca di fare in Italia in vari
modi, togliendo il nome di Gesù
dagli auguri o inviando cartoline
con le renne al posto del presepio. Si conosce babbo natale che
porta i regali, più di Gesù di Nazaret! Eppure, il Natale c’è solo
perché c’è Gesù!
Ora che la festa è stata abolita,
il 25 dicembre è diventato giorno
lavorativo, come tutti gli altri, e
il Natale è passato nella sfera del
privato. Nella situazione concreta di Taiwan, è comprensibile la
difficoltà pastorale a sostenere i
cristiani nella loro fede. Dobbiamo creare lo spirito giusto, il clima vero del Natale. Natale infatti è la festa della missione! Non
è solo questione di sentimenti.
È festa, cioè gioia: una gioia da
partecipare a tutti.
I piccoli missionari
di Natale
Il tema pastorale dell’anno è:
“Portare a tutti l’amore di Dio”.
Il presepio, le scritte e le immagini cercano di trasmettere questo messaggio. La festa inizia la
sera del 24 con l’annuncio del
Natale per le strade, a tutta la
gente del quartiere. Con i bambini e i genitori andiamo a cantare
le canzoni di Natale, ad augurare “Buon Natale” nelle stazioni
della metropolitana, nei supermercati, dalle parrucchiere, nelle case dei cristiani anziani e malati... I bambini colgono subito
lo spirito missionario del Natale.
p. EDI FOSCHIATTO, sx
Cantando, ricevono caramelle e
cioccolatini che, spontaneamente, ridistribuiscono agli altri ragazzi che incontrano per strada,
insieme a un’immagine che spiega il significato del Natale.
Con un altoparlante trasportato per le vie del quartiere, invitiamo la gente a condividere con
noi la festa. Infatti, alla Messa
della notte, la chiesa si riempie.
Molte persone si avvicinano per
la prima volta alla chiesa cattolica. Alcune chiedono di incontrare il missionario per saperne
di più della fede cristiana. Il 25
dicembre la Messa è alle 10 del
mattino. Poi facciamo il pranzo insieme, a cui partecipano un
centinaio di persone. Sono poche? Ricordo il mio primo Natale: a Messa c’erano sette cristiani. Non riuscivo a capire come mai così poca gente per una
festa così grande!
La culla e l’altare di Gesù
Cosa rimane di questa esperienza missionaria? In ogni attività,
Padre Edi presenta il bambino vivente ai cristiani di Taipei
cerco di mettere sempre a fuoco
il centro della nostra fede: Gesù
Cristo. Ecco perché ho voluto includere l’altare nel presepio. Con
padre Fabrizio, abbiamo dipinto la Madonna e san Giuseppe in
atteggiamento di adorazione, ma
con un gioco di prospettiva: chi
viene ad adorare il Bambinello,
adora anche il Pane eucaristico e
il calice, posti sull’altare. L’altare,
infatti, è il luogo dove ogni giorno
nasce Gesù!
Per cogliere il messaggio, alla
Messa della notte invito la gente
a guardarsi dentro e a ringraziare Dio per quello che è. Ognuno
è un dono per l’altro; ognuno è
un regalo unico per la comunità.
Chiedo ai partecipanti di scrivere
il proprio regalo su un cartonci-
no che poi diventa come la paglia
su cui adagiare il Bambino Gesù.
Diventa quasi un impegno a tirar
fuori il meglio di sé per farne un
dono. Nessuno è così povero da
non poter donare qualcosa.
Donare l’amore
Credo che il messaggio del
Natale per noi, qui a Taiwan,
sia proprio questo: la conferma
di essere amati da Dio; e questo
amore non può essere tenuto per
sé. È qualcosa che bisogna donare. È troppo forte da poter essere
trattenuto nascosto. Così lo spirito missionario ci fa diventare
più generosi verso gli altri e più
autentici verso noi stessi.
La pace e la gioia del Natale
riempiano il nostro cuore! ■
A Taipei, la presenza di Gesù:
nel presepio e sull'altare
SCUOLA DI MISSIONE
APPUNTI DI SPIRITUALITà MISSIONARIA /9
Questo o quello o tutt'e due...
p. FABRIZIO TOSOLINI, sx
Dice una frase del Qohelet: “La mattina semina il tuo seme
e la sera non dare riposo alle tue mani, perché non sai quale
lavoro riuscirà, se questo o quello o se saranno buoni tutt’e
due” (11,6). È un consiglio saggio, che si può applicare anche
all’impresa misteriosa della conversione.
A volte possiamo provare delusione perché, nonostante il
nostro impegno, le persone su cui puntavamo non sembrano interessate al nostro messaggio. Questo non deve scoraggiarci. Sono esperienze utili per renderci conto che siamo al
servizio di un’opera di Dio; un’opera che è in mano sua. Noi
offriamo un contributo nella crescita di storie di cui non conosciamo l’inizio né la fine, né tanti momenti intermedi. Importante è far bene la parte che ci viene affidata ed essere
pronti per una nuova chiamata di Dio.
Negli Atti degli Apostoli c’è una racconto interessante
(9,10-18). Gesù appare ad Anania e gli chiede un favore preciso, semplice, a termine: andare in una casa a battezzare
Saulo. Anania ha paura e lo dice a Gesù, che lo rassicura.
Anania va e ci mette del suo. Nonostante sia un persecutore,
Anania lo saluta dicendo: “Saulo, fratello mio...”. Lo battezza e poi scompare. Anania è un personaggio misterioso, ma
necessario nella storia di Paolo.
Anche noi possiamo essere chiamati a fare come Anania.
Ad esserci, in momenti decisivi per la vita di qualcuno; oppure a non esserci. Importante è metterci tutto il cuore, perché quell’opera è di Dio, che forse ha preparato per anni il
nostro intervento, che dura solo un minuto o una frase o un
sorriso... Non spetta a noi sapere il momento, l’ora, i risultati dell’opera di Dio.
Di sant’Ignazio di Loyola si racconta che aveva conosciuto
un giovane, con cui sperava di cominciare una nuova esperienza spirituale. Ma il giovane si ammala e Ignazio capisce
che deve lasciarlo... nelle mani di Dio. Lo accompagna alla
nave che lo riporta in Spagna, e lui decide di andare a Parigi a studiare. Ed è così che, proprio a Parigi, incontra Pietro
Fabre e Francesco Saverio, i primi che si associano a lui nella
Compagnia di Gesù. Quello che sembrava un fallimento, si è
invece rivelato il piano di Dio, misterioso ma congegnato in
modo perfetto in relazione alle persone interessate.
Può succedere anche a noi che, mentre affidiamo a Dio
alcune persone che vediamo di non poter aiutare come vorremmo, egli ne affidi a noi altre, che nemmeno immaginavamo. Per queste, non sappiamo come, il nostro contributo
risulta importante, forse decisivo.
Il pittore conosce i propri pennelli, uno ad uno. E gioisce
di trovare al momento adatto il pennello giusto, pronto, pulito, docile, morto a se stesso e vivo all’opera dell’artista. Ci
auguriamo di essere così nelle mani di Dio. Non importa se
tra quelli che seminano, o tra quelli che mietono. Ci importa
di lavorar bene, per entrare insieme nella gioia del Signore.
SAVERIANI IN CIELO
Tre saveriani hanno recentemente raggiunto la casa del
Padre celeste. Preghiamo il Signore di accoglierli nella beatitudine promessa ai missionari
del vangelo.
Padre Pietro Lamanna
Gli era stato riscontrato un
tumore al pancreas ed era stato operato in un ospedale di
Curitiba, nel Brasile meridionale. È morto all’ospedale il
29 settembre, all’età di 75 anni. Era stato assistito anche dai
giovani novizi brasiliani, accompagnati da p. Alfiero Ceresoli. Padre Lamanna, saveriano di Pirri-Cagliari, era stato missionario in Bangladesh e
in Brasile. Negli intervalli, per
ristabilirsi in salute, aveva lavorato come insegnante e animatore nella comunità saveriana di Cagliari. A padre Giovanni Mezzadri, che ha vissuto vari anni con lui, aveva detto: “Il
missionario non è della sua terra natale, ma della terra dove
l’obbedienza lo ha mandato a
evangelizzare e a dare la vita;
voglio risorgere in mezzo a loro. Anche se mi hanno fatto tribolare, ho voluto loro bene!”.
Padre Pietro Lamanna
Padre Giulio Mattiello
Padre Giulio Mattiello
Saveriano di Altavilla Vicentina, aveva appena compiuto 79
anni. Dopo soli 14 mesi in Sierra Leone nel 1962, per seri problemi respiratori era tornato in
Italia, dove ha lavorato il resto
della sua vita, come educatore
a Cremona, Bergamo e Brescia.
Ma è a Piacenza che ha vissuto più a lungo: 22 anni di apostolato missionario, nella chiesa
di Santa Chiara in viale Farnese.
Ha aiutato tanti fedeli a riscoprire il piacere della preghiera e
dell’ascolto della Parola di Dio.
Da quattro anni era nella comunità di Vicenza, dove è morto il
2 ottobre, alle 7.20 del mattino,
mentre si preparava a celebrare la Messa nella chiesetta dove
sono conservate le spoglie del
servo di Dio p. Uccelli.
Padre Peppino Mattu
Padre Peppino Mattu
Era nato a Fordongianus, in
provincia di Cagliari, 58 anni fa.
A 11 anni era entrato nella casa apostolica di Macomer (NU)
ed era diventato saveriano a 17
anni e sacerdote a 36. Era stato
missionario in Burundi e in Camerun, dedicandosi alla formazione dei giovani camerunesi
aspiranti alla vita missionaria.
In giugno era rientrato in Italia
per un tumore alla mandibola.
È morto nella casa madre dei
saveriani a Parma, l’11 ottobre.
Poco prima di morire, ha scritto: “Sto ancora lottando con la
malattia e il tempo che resta è
poco. Offro al Signore preghiere e sofferenze, perché tutti
diventino missionari e missionarie. Cristo trasforma tutto in
gioia, a crederci”.
■
GIAPPONE: NUOVA DIREZIONE DEI SAVERIANI
Il 25 ottobre, è stata eletta la
nuova squadra di servizio dei
missionari saveriani in Giappone. È così composta (nella fo-
to, da destra): p. Mario Piacere
(Treviso), p. Pier Giorgio Manni
(Novara) il nuovo superiore, p.
Fulvio Besco, p. Marco Vigolo
(Vicenza) e p. Giampaolo Succu (Nuoro). Padre Manni non
è nuovo al “mestiere”, dato
che è la quarta volta che viene
eletto alla guida. Con le lacrime agli occhi, ha detto “Sono
sempre stato del parere che
nessuno deve esimersi dal servizio agli altri. Per cui, sono costretto ad accettare, anche se
non dovrei”. Alla bella squadra
auguriamo un “buon servizio”
alla missione, nella grande nazione giapponese.
■
3
2005 DICEMBRE
GLI INIZI DELLA MISSIONE
CINQUANT'ANNI DI VANGELO NELLE ISOLE MENTAWAI
IL TATUAGGIO NON è UNA MODA
Oggi i giovani occidentali sono molto attratti dai tatuaggi. Gli abitanti delle isole Mentawai li hanno preceduti da secoli. Il loro tatuaggio, che a volte copre tutto il corpo, gambe e piedi compresi, ha non solo un valore estetico, ma anche un significato sociale, sia per gli uomini che
per le donne. Anzitutto è doloroso e costituisce una prova
di coraggio, perché segna il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta. Il tatuaggio diventa simbolo di forza di carattere, una condizione essenziale per poter accedere al
matrimonio. Un giovane non tatuato, infatti, non è ritenuto un uomo adulto.
Il tatuaggio praticato alle Mentawai è indelebile, dura tutta la vita. È come un abito che, una volta indossato,
non si può più togliere. È anche un distintivo di appartenenza: dai disegni del tatuaggio si può capire da quale tribù proviene il possessore di quello straordinario dipinto.
Di solito il tatuaggio si esegue così. Il segno prodotto
sulla pelle deve fare infezione. È un’operazione dolorosa, lunga, portata avanti a tappe. Inizia quando si è ancora bambini e dura fino all’età adulta. La può eseguire
solo uno specialista e viene praticata usando una punta aguzza, ottenuta dalla canna
di bambù che viene intinta in un miscuglio ricavato dal nerofumo delle pentole e delle
lampade a petrolio, mescolato al liquido della canna da zucchero. L’artista traccia dapprima il disegno sulla pelle e poi lo incide con l’ago. Febbre e suppurazione lo rendono
indelebile. L’operazione viene interrotta fino a quando si forma una lieve cicatrice e,
sotto la pelle, il nerofumo assume un colore grigio-verde, bluastro. L’operazione viene
poi ripresa fino al suo completamento.
I disegni sono fantastici: circolari oppure a linee rette; a volte riproducono la figura di
una scimmia o di altri animali. Per l’uomo il tatuaggio parte dagli zigomi; per la donna
dal centro del mento, sotto il labbro e scende fino al seno o all’ombelico, spesso giù fino
ai piedi, braccia e dorso della mano. Si “salvano” solo le palme delle mani e la pianta dei
piedi. Oggi, la pratica del tatuaggio è vietata per legge, ma è ancora diffusa.
Foto Missionari Saveriani / M. Rebecchi
L’entusiasmo e
le difficoltà dell’inizio
Quando, nella primavera del 1955,
mons. De Martino si è recato a Siberut per inaugurare le opere, è rimasto
gioiosamente sorpreso del lavoro fatto
dai missionari. In una sua lettera scrive: “Sono stato per la prima volta alle
Mentawai. Ne sono tornato entusiasta:
proprio non credevo che quelle isole
fossero così belle, ricche e interessanti. Naturalmente là c’è ancora tutto da
fare. Ma se ci fossero più missionari e
più mezzi potremmo svolgere un lavoro magnifico. Dalla chiesetta ai piedi della collina si snoda una strada in
salita che porta alla casa. L’abbiamo
battezzata Via dei Fratelli Calvi, per
ricordare i costruttori. Ora ci vuole il
soffio di Dio perché tutto cresca e si
moltiplichi. Ringraziando il Signore,
ci sono buone speranze”.
Nonostante l’ottimismo del monsignore, le difficoltà che i missionari hanno dovuto affrontare, specialmente nei
primi tempi, sono state complesse: il clima caldo e molto umido; la lingua mentawaiana, assai diversa dall’indonesiano
e povera di vocaboli astratti; la diffidenza dei nativi nei confronti degli stranieri;
l’ostilità dei protestanti, che si vedevano
arrivare in casa un “temibile concorrente”. Ma i tre apostoli, ricchi di fede e di
entusiasmo, si sono dedicati all’avventura con coraggio e determinazione. ■
è stato celebrato quest’anno con solennità a Siberut, una piccola isola sperduta dell’oceano IndiaU nno,avvenimento
non lontana dai luoghi devastati dallo tsunami: il cinquantesimo anniversario dall’inizio dell’apostolato dei
missionari saveriani alle isole Mentawai. L’arcipelago è composto da quattro isole: Siberut, Sipora e le due Pagai Nord
e Sud. Poco più di 5mila chilometri quadrati di superficie, quanto le province di Asti e Alessandria. Vi abita il popolo
mentawaiano, con una sua cultura originale e millenaria.
Con queste pagine vogliamo unirci alla gioia della celebrazione e ricordare coloro che per primi hanno portato la testimonianza di Gesù Cristo, la parola del suo vangelo e i segni del suo amore in mezzo a questo popolo.
Ci uniamo a loro per dire grazie al Signore per gli anni passati e per invocare la sua benedizione per
gli anni a venire.
Ndr - Siamo grati a padre Ettore Fasolini che, facendosi interprete di questi
sentimenti profondamente missionari, ha descritto così bene alcuni
momenti significativi della missione saveriana nelle
isole Mentawai.
LE... ALI DI DON BRUSADELLI
Un esempio di amore universale
1958, nelle loro attività missionarie alle Mentawai,
D ali saveriani
sono stati affiancati dalle ausiliarie laiche
(ALI), fondate a Milano da don Brusadelli. Era la risposta
che il famoso giornalista di Como dava alla richiesta del suo
caro amico comasco, mons. Pasquale De Martino, primo amministratore apostolico di Padang.
Ci hanno accolto con l’Ave Maria
Dopo una breve pausa trascorsa a Padang per lo studio della lingua e un rapido ambientamento al clima e alla cultura
orientale, le prime ausiliarie si sono imbarcate per Siberut.
Erano preparate al lavoro in campo sanitario. I loro nomi sono
Cristina e Lina. Ecco come Cristina ha descritto alle compagne, rimaste a Milano, il primo contatto con la cultura mentawaiana.
“Quando la navetta si è fermata nel golfo di Siberut, ci sono venuti incontro con molte canoe, ragazzi e giovani color
cioccolato che cantavano Sura Ekeu, Maria! Ave, Maria! Il
nostro cuore tremava un po’ per l’incontro con la nuova terra
che il Signore ha scelto per il nostro apostolato. Ma il pensiero
della Madonna ci ha
rincuorato e ci siamo
unite nel canto. Lina
era in piedi sulla barca, come un vecchio
lupo di mare. Più tardi, rimaste sole, abbiamo pregato il Signore,
chiedendogli di benedire il nostro istituto
e noi che siamo qui.
Non sarebbe giusto tacere che i nostri cuori
hanno tremato ancora,
pensando che eravamo su una piccola isola sperduta nell’oceano Indiano e con l’Italia così lontana”.
La missionaria Ali, Cristina Carugati
Un sogno si è realizzato
la conoscenza della lingua mentawaiana lo ha
A ppena
permesso, p. Aurelio Cannizzaro e i due fratelli p. Piero
e p. Angelo Calvi si sono messi al lavoro, sia al centro sia nei
villaggi più vicini. Si trattava di vincere la diffidenza degli
indigeni, come pure l’ostilità dei loro capi religiosi, chiamati
kerei. II carattere socievole e aperto dei tre missionari favoriva
le relazioni, ma la lingua era un ostacolo molto forte. Ricca di
termini per un discorso sul clima, sulla pesca o sui problemi
della vita quotidiana, era del tutto priva di parole astratte.
L’ombelico di Adamo ed Eva
II mondo degli abitanti delle isole è popolato di spiriti: oltre allo spirito del cielo, c’è lo spirito della foresta, quello
dei monti, quello del mare e, soprattutto, ci sono i Sanitu, gli
spiriti cattivi che vanno ossequiati per difendersi dalle loro
punizioni. I mentawaiani venerano Taikamanua - Colui che
abita il cielo. Da questa verità, i nostri missionari hanno preso lo spunto per spiegare che Colui che abita il cielo aveva
mandato in terra il suo Figlio, Gesù. Facendo leva sulla bontà
di Taikamanua e sul Figlio Gesù da lui inviato in terra, non
hanno fatto fatica a raccontare gli episodi del vangelo. Più
difficile è spiegare la Trinità e altre verità cristiane.
Un giorno p. Cannizzaro si era trovato in difficoltà mentre
stava spiegando il racconto del peccato originale. Improvvisamente, uno degli uditori, più attento degli altri, ha chiesto:
“ma Adamo ed Eva avevano l’ombelico?”. II missionario ha
vissuto un momento d’imbarazzo. Non si era mai posto una
simile domanda. La questione pare non sia trattata neppure nei
testi di teologia. Ma sapendo quanta importanza i mentawaiani attribuiscono all’ombelico, dopo un attimo di esitazione, ha
risposto: “Certamente!”.
Foto Missionari Saveriani / A. Carlesso
UN AIUTO PREZIOSO
L'ANNUNCIO DEL VANGELO
La missione fino alla fine
Più tardi altre sorelle si sono aggiunte. L’opera di queste donne coraggiose è stata
preziosa soprattutto nel campo igienico-sanitario, educativo e della vita domestica. II
Signore ha chiesto a Cristina un grande sacrificio: l’ha
chiamata a sé, a Padang il 6
giugno 2005, una settimana
prima che iniziassero le celebrazioni del cinquantesimo
di presenza della chiesa nelle sue amate isole.
Franca Guidotti, missio- Padre Aurelio Cannizzaro, pioniere
della missione nelle Mentawai
naria Ali che con Cristina ha
lavorato a lungo, la ricorda
così. “Il 13 giugno scorso si è concluso a Sarausao, nell’isola
di Siberut, l’anno cinquantesimo della presenza della chiesa
cattolica nelle isole Mentawai. In questa occasione, è venuto spontaneo ricordare coloro che hanno iniziato, pionieri del
vangelo, questa grande avventura missionaria che realizza la
parola di Cristo: andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura. Tra queste persone emerge la figura di una
comasca, Cristina Carugati, di Carate Urio, che ha dedicato
con entusiasmo e generosità la sua vita a questa nostra missione in Indonesia. Cristina era partita con il cuore pieno di fiducia e la decisa volontà a portare, insieme ai missionari saveriani, l’amore di Cristo a quel popolo. Si è dedicata con le sue sorelle di vocazione alle tante necessità di quel popolo semplice,
nella foresta, con usi aborigeni, una vasta vigna del Signore a
noi molto cara. Ha vissuto il carisma missionario che ci è stato
insegnato dal nostro fondatore, don Brusadelli”.
Una grande manifestazione d’amore
L’ultimo saluto che la gente ha dato a Cristina è stato una
manifestazione di amore universale: c’erano cristiani, buddhisti, hindu. Tante persone di ogni ceto sociale hanno sfilato davanti a lei per esprimerle gratitudine silenziosamente, semplicemente, ma dal profondo del cuore, così come lei si era prodigata per loro, sempre sorridente e con l’amore di mamma.
Ora Cristina riposa nel piccolo cimitero della casa religiosa
dei saveriani, a Padang, sepolta in quella terra che amava e
dove desiderava rimanere. Una terra che ha accolto la sua testimonianza come un seme di grazia che certamente porterà
ancora tanti frutti per il regno del Signore.
■
L’attività missionaria si diffonde
Con il passare del tempo, le puntate verso i villaggi si sono fatte più frequenti, fino a raggiungere quelli più lontani.
Iniziavano anche a formarsi gruppi di simpatizzanti che si
radunavano volentieri per ascoltare i racconti degli stranieri,
tanto più che la fama di bontà e generosità dei nuovi venuti si
spargeva grazie alle trasmissioni di “radio foresta”.
Con l’arrivo di nuovi saveriani - p. Sandro Patacconi, p.
Stefano Rossoni, p. Giuseppe Bagnara, p. Vinio Corda e vari
altri -, è stato deciso di aprire nuovi centri anche nelle isole
più a sud: Sipora e le due Pagai, con Sikakap. In seguito, dopo
una spedizione di abitanti scesi dal nord per chiedere la presenza dei missionari, si è deciso di iniziare l’attività anche a
Sikabaluan, nella parte nord di Siberut.
Nel 1958, le ausiliarie laiche ALI, fondate da don Brusadelli
hanno raggiunto i saveriani in Indonesia. La loro è stata una
presenza preziosa.
Tra i numerosi avvenimenti che andrebbero raccontati, non
si può dimenticare la morte di p. Vincenzo Capra, avvenuta
a Siberut la vigilia di Natale del 1958 o la nomina di mons.
Raimondo Bergamin a vescovo di Padang.
a
t r
Soldati olandesi e missionari protestanti
Ben presto ai saveriani viene affidato il vicariato apostolico di Padang, una ridente cittadina sorta sulla riva occidentale
dell’isola di Sumatra. La nuova missione si estendeva su un
territorio grande quanto un terzo dell’Italia. Agli inizi i saveriani erano sei. Come vicario apostolico era stato scelto p. Pasquale De Martino, originario di Como.
Ad ovest di Padang, distante circa 150 chilometri, si stende
l’arcipelago delle Mentawai. Nessun prete cattolico, prima di
allora, vi aveva mai messo piede. Quando le isole indonesiane
erano ancora sotto il dominio olandese (allora l’Indonesia era
chiamata “Indie Olandesi”), gli abitanti delle Mentawai avevano assistito allo sbarco del primo distaccamento di soldati
europei. L’arrivo dei soldati era avvenuto nel vasto golfo di Siberut, oggi capitale del piccolo arcipelago. Era l’anno 1904.
Con i militari avevano raggiunto le Mentawai anche alcuni
missionari protestanti. La loro presenza nelle isole ha avuto
alterne fortune. Nell’isola Pagai, un missionario protestante
era stato ucciso a frecciate, nel 1909. Meno fortuna ancora
avevano ottenuto i mercanti musulmani: nessun mentawaiano accettava di convertirsi a Maometto. Dicevano: “come può
essere vera una religione che proibisce di mangiare la carne
di maiale?”.
pagina a cura di p. ETTORE FASOLINI, sx
a
I fratelli p. Angelo e p. Piero Calvi, di Corte de’ Frati (CR); al centro
p. Ettore Fasolini, autore di questa pagina, missionario in Indonesia
La curiosa vicenda del cambio di proprietà
Alle isole Mentawai non correva denaro e anche il termine “proprietà” assumeva un significato ben diverso da quello
che ha in Occidente. Una famiglia era proprietaria della sua
capanna e di determinati alberi: quelli da frutto e quelli utili
per la costruzione delle canoe. Mentre non era suo il terreno
e neppure gli altri tipi di piante. Le terre appartenevano tutte e solo alla popolazione del villaggio. Alla fine, grazie ad
estenuanti riunioni e contrattazioni, come pure all’aiuto del
rappresentante governativo, che aveva accompagnato i missionari da Padang, si è giunti alla firma del contratto. L’impronta digitale del venditore confermava l’autenticità del documento con il quale la collina e l’appezzamento del terreno
ai suoi piedi passavano alla chiesa cattolica e dodici pezze di
stoffa portate da Padang venivano cedute all’ex proprietario
del terreno. Il valore del documento era puramente simbolico,
mentre le pezze di stoffa era un cambio di proprietà reale!
Prima di dover affrontare qualche improvvisa brutta sorpresa, l’équipe dei costruttori si è messa subito al lavoro. II
materiale veniva trasportato quasi tutto da Padang, eccetto il
legname di cui l’isola abbondava. Progetti e disegni uscivano
dalle mani geniali di p. Capra, anche se l’architetto una mattina aveva trovato qualche foglio rosicchiato dai topi durante
la notte. In basso, al confine del villaggio, è stata costruita la
chiesa; mentre sulla collina prendeva forma la casa dei padri.
Terminata l’opera, p. Capra e fratel Tosi sono rientrati a Padang. A Siberut hanno preso stabile dimora p. Cannizzaro e i
due fratelli Calvi, padre Piero e padre Angelo.
LA PRODIGIOSA CRESCITA D'UN PICCOLO SEME
m
N
el lontano 1895, quando il beato Conforti ha fondato
l’istituto saveriano, la Santa Sede aveva affidato ai suoi
missionari una provincia della Cina. Travolti dalla rivoluzione
di Mao Zedong e cacciati dalla terra del loro primo apostolato,
negli anni cinquanta, i saveriani hanno aperto nuove missioni
in Giappone, Bangladesh e Indonesia. In quest’ultima nazione
sono sbarcati nell’isola di Sumatra, accolti dal vescovo olandese mons. Braans, cappuccino. Era l’anno 1952.
SVILUPPO E CULMINE
u
Mons. De Martino e i primi ”apostoli”
La prima esplorazione missionaria
Mons. De Martino, ricevute nuove forze dall’Italia, aveva deciso che era giunto il tempo di inviare un missionario
in esplorazione alle isole Mentawai. II prescelto è stato p.
Aurelio Cannizzaro. All’imbrunire del 30 novembre 1953,
p. Aurelio si è imbarcato su una piccola nave governativa e
ha affrontato la traversata. Affrontare l’oceano era sempre rischioso, per le insidie del mare e dei venti e anche per la precarietà delle imbarcazioni. tre giorni dopo, proprio all’alba
del 3 dicembre, festa di san Francesco Saverio, p. Aurelio
approda nella baia di Siberut. Quella prima esplorazione ha
convinto p. Aurelio e il suo superiore che l’apertura di una
missione cattolica nelle isole era possibile. Tutto l’anno 1954
è stato speso nello studio e nell’organizzazione di quella prima fondazione.
I saveriani p. Vincenzo Capra (architetto, reduce da 30 anni
trascorsi in Cina) e fratel Genesio Tosi (uomo esperto in tutto,
dalla meccanica alla medicina) hanno affiancato p. Cannizzaro in quell’impresa. Durante tutto quell’anno ci sono state
varie spedizioni: a Siberut sono stati scelti i luoghi dove costruire le abitazioni, la chiesa e un piccolo ambulatorio. Dal
governo centrale non è mai arrivato nessun ostacolo. Qualche
difficoltà è emersa a Siberut. Tra le altre: come pagare i terreni che sarebbero stati utilizzati per le opere della missione?
S
LA NUOVA MISSIONE
NEL PICCOLO ARCIPELAGO
4
2005 DICEMBRE
Siberut
Sipora
Pagai
L'arcipelago delle Mentawai
in una foto dal satellite
ogni movimento. Coraggioso come sempre, p. Piero si è fatto
portare all’ospedale e ha detto al primario: “Tagli tutto quello
che c’è da tagliare, ma io alle Mentawai ci debbo andare”. E
quello ha tagliato tutto, eccetto la gamba. A 81 anni, felice
come un bambino, padre Piero è partito per le isole. È stato il
suo ultimo viaggio alle Mentawai.
Il racconto di padre Piero
“Sapevo che il viaggio e tutto il trambusto mi sarebbe pesato, ma non potevo mancare. La mia gioia mi ha fatto dimenticare ogni acciacco. La funzione dell’ordinazione di
Matteo è stata un trionfo. Erano presenti persone venute non
solo da tutte le isole Mentawai, ma anche da Padang e perfino
da Jakarta. Matteo Tateburuk ha aperto il corteo vestito d’un
camice bianco, con collane al collo e i fiori in testa. Portava
i segni e gli oggetti del primogenito: la lancia, lo scudo e un
grembiule con il disegno della tribù a cui appartiene. Anche
i genitori che lo accompagnavano erano coperti di fiori. Così
pure le ragazze e i ragazzi che durante la cerimonia hanno
cantato e ballato.
II catechista Sakeletuk ha letto l’augurio e ha concluso: «Se
qualcuno vuole seguire questo nostro figlio mentawaiano, si
lasci prendere dal suo esempio. Egli è già per noi la lunga
mano di Dio». Tutto si è concluso con il solito pranzo alla
mentawaiana: galline, maialetti, uova e riso (questo lo avevamo portato noi). Sognavamo un prete mentawaiano, fin dal
Natale del 1955. E il sogno è diventato realtà. Mi è venuto
spontaneo sulle labbra il canto del vecchio Simeone: lascia
ora, o Signore, che il tuo servo ritorni a te”.
Qualche mese dopo il buon Dio ha chiamato a sé padre Piero. La sua opera si era compiuta. In paradiso, in compagnia di
p. Capra, p. Cannizzaro, fratel Tosi e la sorella Cristina delle ALI, guarderanno con compiacenza l’opera che il Signore
continua a realizzare nelle isole alle quali tanto hanno dato.
Padre Angelo Calvi, invece, vive e prega nella comunità saveriana di Tavernerio, vicino a Como.
■
PER SAPERNE DI PIù
A chi è interessato a conoscere lo sviluppo della missione delle Mentawai consigliamo di leggere due pubblicazioni molto interessanti sui luoghi, le popolazioni
e i missionari che in quelle isole hanno
lavorato.
Con i primitivi delle Mentawai
Padre Matteo Taleburuk, primo prete mentawaiano, accompagnato dai
genitori, in costume tradizionale; accanto al vescovo, p. Fernando Abis
Il giorno più memorabile
Ha dell’incredibile, però, che a poco più di 40 anni dall’inizio dell’apostolato missionario cattolico nelle isole Mentawai,
un figlio di quella terra sia stato ordinato sacerdote. Si chiama
p. Matteo Tateburuk. I suoi genitori erano stati battezzati da
p. Angelo Calvi. La solenne celebrazione è avvenuta nel febbraio del 1998. Purtroppo p. Angelo, in Italia per motivi di
salute, non ha potuto esser presente in quel giorno radioso per
il popolo mentawaiano.
C’era suo fratello, p. Piero. Anche lui, benché residente a
Padang, ha rischiato di non raggiungere Siberut: una piaga alla
gamba che lo tormentava da tempo non guariva e gli impediva
(Jason, 282 pagine, euro 12) di p. Aurelio Cannizzaro. L’autore, primo saveriano sbarcato alle Mentawai, racconta le avventure del pioniere: il primo
incontro con gli aborigeni, i loro costumi, l’inizio dell’attività missionaria
nel piccolo arcipelago. Ricco di fatti
e curiosità, il volume è stato tradotto in varie lingue e ha ricevuto l’apprezzamento di Paolo VI.
Un pirata di Dio. Padre Piero
Calvi nelle isole di Sandokan (EMI,
240 pagine, euro 12). È l’ultima
fatica di p. Ettore Fasolini. Raccontando la vita di p. Piero Calvi, che
con p. Cannizzaro ha fondato la
missione nelle isole Mentawai,
l’autore descrive la fondazione e
lo sviluppo della chiesa. Un libro
che si legge come un romanzo,
ma riporta fatti veri e vissuti.
Richiedere a:
Libreria dei Popoli, Saveriani di Brescia
Tel 030 3772780 int. 2; fax 030 3772781;
e-mail: [email protected]
5
2005 DICEMBRE
il m ondo in casa
SUD/NORD NOTIZIE
Contraddizioni infinite
Notevoli progressi
Congo: slitta il referendum.
Il voto per l’atteso referendum
costituzionale congolese è slittato dal 28 novembre al 18 dicembre. Questo è un appuntamento
importante e servirà come test
per tutte le altre elezioni, soprattutto quelle politiche nazionali,
fissate per il 30 giugno 2006. È
attesa, inoltre, l’approvazione di
una legge elettorale, ultimo passo prima dello svolgimento del
voto del 2006. La transizione
post-bellica è lunga e faticosa,
con ostacoli e imprevisti. Ma il
popolo congolese desidera fortemente di vivere in pace.
●
● Liberia: si va al ballottaggio.
Come previsto, sono la signora
Ellen Johnson Sirleaf e l’ex-calciatore George Weah a partecipare al secondo turno delle elezioni
presidenziali in Liberia. I liberiani hanno dimostrato unità e fiducia nel “processo democratico”,
anche se non mancano le ombre.
“Le elezioni - ha commentato un
missionario - sono un fatto positivo, ma le condizioni con cui si
è arrivati al voto devono far pensare: nessuna città della Liberia,
neanche la capitale Monrovia,
ha ancora la corrente elettrica o
l’acqua. La luce è fornita ancora
dai gruppi elettrogeni e l’acqua è
procurata dalle donne che vanno
ai pozzi o dai camion che la distribuisconop. Le scuole funzio-
pagina a cura di DIEGO PIOVANI
nano per l’impegno dei missionari che suppliscono alle mancanze dello Stato. Il mercato del
lavoro non esiste semplicemente,
perché non c’è lavoro”.
Burundi: vince la pace. Il
premio “Africa per la pace” è
stato assegnato quest’anno “ai
cittadini del Burundi. Un riconoscimento agli sforzi di pacificazione per mettere fine a 12 anni
di guerra civile”. Lo ha deciso il
Centro per la soluzione costruttiva dei conflitti di Johannesburg,
in Sudafrica. Il maggior merito
dei burundesi, ha spiegato il direttore del Centro, Vasu Gounden,
“è stata la condotta pacifica delle
elezioni del 2005, che hanno portato a un nuovo presidente democraticamente eletto e che collocano il Paese sulla via della trasformazione verso la normalità”. ■
●
Non fanno onore
Corruzione in Ciad e Bangladesh. Secondo il rapporto annuale di Transparency International, l’organizzazione di Berlino sulla “trasparenza”, Ciad e
Bangladesh sono i Paesi più corrotti al mondo. “La corruzione è
la principale causa della povertà, una barriera che impedisce di
superarla. I due fenomeni si alimentano l’un l’altro, stringendo
le popolazioni nel cerchio del●
la miseria”. Il rapporto sostiene
che anche “i Paesi ricchi devono
assumersi le proprie responsabilità investigando e perseguendo
le aziende pubbliche o private
sospettate di corruzione”.
Meno guerra, più terrorismo? Secondo uno studio recente sulla situazione internazionale, dalla fine della guerra fredda sarebbero diminuiti i conflitti
nel mondo e aumentati gli attacchi terroristici. Queste conclusioni sono perlomeno discutibili se si
pensa che molte guerre continuano, nonostante periodi di breve interruzione dovuti a fragili tregue.
D’altra parte, è vero che il terrorismo internazionale sta trovando
nuovi terreni d’espansione e si sta
allargando a macchia d’olio. Non
ultimi sono gli episodi di violenza
che a fine ottobre hanno riguardato l’India, dove una serie di attentati hanno causato numerosi morti e feriti. Anche il Bangladesh è
stato teatro di numerosi attentati dinamitardi, nel contesto della
lotta tra forze al governo e forze
d’opposizione.
●
Brasile: referendum bocciato. Nonostante l’impegno in prima persona del presidente Lula,
il referendum sulla proibizione
della vendita di armi in Brasile
del 23 ottobre scorso è stato bocciato con il 64% dei no. I brasi●
MISSIONI NOTIZIE
Libertà religiosa
Indonesia: cristiane decapitate. Tre studentesse cristiane
sono state aggredite e barbaramente decapitate a pochi chilometri dalla città di Poso. Una è
riuscita a salvarsi nascondendosi in un fosso. L’agguato è avvenuto in una piantagione di cacao
mentre le ragazze si recavano a
scuola. Le teste sono state ritrovate, una vicino a una chiesa e
due nei pressi di un commissariato di polizia. La comunità cristiana è sotto choc e teme il ritorno del clima da guerra civile
del 2001. Il vescovo della diocesi ha detto: “siamo davanti a
una strategia del terrore che vuole rendere insicura la popolazione, proprio quando i rapporti tra
cristiani e musulmani sono pacifici. La gente non abboccherà,
non cercherà la vendetta”.
●
Diplomazie al lavoro. Il Vaticano è pronto ad aprire il dialogo con la Cina e il governo
cinese ha il “sincero desiderio”
di migliorare le relazioni con il
Vaticano e si augura che la Santa Sede “faccia seguire i fatti alle parole”. Il dibattito prosegue
serrato. Il portavoce del ministero degli esteri cinese ha ricordato le due condizioni che, secondo Pechino, devono essere soddisfatte per avviare un reciproco
scambio: il Vaticano deve rompere le sue relazioni diplomatiche con Taiwan e non deve interferire negli affari interni cinesi, in nome della religione”. Il
●
6
card. Angelo Sodano aveva fatto
appello a Pechino per il rispetto
della libertà religiosa entro i suoi
confini e aveva ricordato che “la
Chiesa è una in tutto il mondo, in
tutte le culture, in tutte le nazioni
e i governi civili non hanno diritto di dire agli uomini e alle donne
come vivere la loro religione”. Intanto, la polizia cinese ha arrestato, dopo la Messa, due sacerdoti della chiesa clandestina, senza
fornire valide motivazioni.
Insieme per l'annuncio. Il
segretario per i rapporti con gli
Stati, mons. Lajolo, è stato in visita in Russia. A Mosca si è fatto
portavoce del desiderio del Papa
di migliorare i rapporti con il patriarcato di Mosca, anche in vista
di una necessaria testimonianza
comune dei valori evangelici nel
mondo contemporaneo. Mons.
Lajolo ha anche detto che non
si può transigere sul principio di
“pari dignità” e “pari libertà” tra
chiese. Secondo la chiesa cattolica è possibile esaminare i motivi di dissidio e risolvere i problemi, alla luce del vangelo.
●
Turchia e diritti. Il Patriarca
Bartolomeo I ha chiesto l’adeguamento della legislazione turca agli standard europei. Il capo
della chiesa ortodossa è convinto che l’ingresso della Turchia in
Europa dovrebbe introdurre nel
Paese garanzie di libertà religiosa. L’accusa rivolta al governo è
quella di rifiutare il dialogo e di
mantenere la chiesa in una situazione non dignitosa. La Turchia
●
considera il patriarcato ortodosso come un ente estraneo, alle
dipendenze della Grecia.
● I tabernacoli del Kazakistan.
La scarsità di preti e la difficoltà
di costruire nuove chiese ha portato la chiesa cattolica kazaka a
rinverdire una prassi nata sotto
il regime sovietico: le “cappelle
domestiche”. Sono piccole stanze nelle case delle persone conosciute per la loro pietà e devozione. Per i fedeli c’è la possibilità di riunirsi in adorazione
alla presenza dell’Eucaristia che
viene lasciata nelle case senza
il rischio di furti o profanazioni. Quando viene il sacerdote,
qui può accogliere i fedeli per la
confessione e celebrare la Messa. Non più in modo clandestino,
grazie a Dio.
■
Una storia speciale
Rosa Parks, donna coraggiosa. È morta a Detroit, all’età
di 92 anni, Rosa Parks, una delle artefici della lotta nera contro
l’apartheid. Tutto ha avuto inizio
il primo dicembre 1955 a Mon●
liani, dunque, hanno votato a favore del commercio delle armi.
Il Brasile ha uno dei più alti tassi
di omicidi al mondo dovuti anche alla grande quantità di armi
in circolazione. Il risultato del referendum è clamoroso perché a
favore della proibizione si erano
schierati, oltre al governo, i massimi esponenti religiosi (cattolici,
evangelici ed ebrei) e molte organizzazioni sociali. Ma la sfiducia
nelle istituzioni, il ruolo sempre più violento di una polizia in
gran parte corrotta e l’avanzare
della delinquenza, hanno contato più degli appelli al disarmo.
I grandi non pagano. Per
convincere i potenti, gli artisti del
concerto Live8 avevano suonato
una notte intera a inizio luglio e i
leader del G8 avevano dichiarato
che avrebbero cancellato circa 50
miliardi di dollari di debiti a 38
Paesi poveri. Ma non è così, perché l’accordo non c’è. Si continua
a discutere su chi deve farsi carico della fattura di un debito condonato al momento solo a parole. Nell’attesa di nuove intese tra
i grandi, i 38 Paesi poveri continuano a pagare il loro debito
“cancellato”.
■
●
Una curiosità
Topi “sminatori”. Sarà una
miriade di topolini addestrati
in Tanzania a effettuare le operazioni di sminamento nella regione dei Grandi Laghi. S’intende usare il particolare olfatto di
questi animali per individuare
mine inesplose. Il piano dovrebbe durare tre anni e costerebbe
10 milioni di dollari. Al termine
del “lavoro” i topolini sono ricompensati con pezzetti di banana. Attualmente, questi mammiferi sono utilizzati in Mozambico, uno dei paesi con il maggior
numero di ordigni anti-uomo al
mondo. Si spera che, per togliere
le mine, non si provochi un’infestazione di topi in Paesi che hanno già molti altri problemi. ■
●
MESSAGGI DALLE CHIESE
COSA ABBIAMO DA DARE?
ANDREA RICCARDI
Prima e dopo l’Eucaristia, c’è la vita del cristiano tra la gente, che
spesso ca­de nell’anonimato. “Il cristiano ha qual­cosa da dare agli altri?” - è la domanda che sento in tanti cristiani che incontro, nei mondi
opulenti del Nord, in quelli poveri nel Sud.
Non si dà agli altri, se non quel che si è ricevuto: il pane della Parola
e del­l’Eucaristia. Qui nasce la missione. È la dimensione missionaria dell’Eucaristia. L’Eucaristia è l’incontro con Gesù vivo che “vide una gran
folla e sentì compas­sione per loro e guarì i loro malati”, si legge nella
moltiplicazione dei pani. Lì Gesù dice ai discepoli: “Date voi stessi loro
da mangiare” (Mt 14,14-16).
Di fronte alla mentalità secolarizza­ta, la nostra cultura ecclesiale intimidita si chiede: “che abbiamo da dare di inte­ressante?”. Ma la compassione, che sgorga dall’Eucaristia, apre gli occhi sul bisogno che gli
uomini hanno di Dio, sui varchi nelle culture chiuse alla fede, sulle ferite che chiedono guarigione. “Date voi stessi loro da mangiare”: l’e­
sperienza di tanti che mangiano il pane buono, mostra che c’è fame di
esso; che il tempo è meno negativo di quel che ci dicono le nostre percezioni sociologiche o pastorali.
C’è un passaggio di conversione: far dilatare in noi la commozione
di Gesù per le folle. Così comincia il miracolo della moltiplicazione dei
pani e delle pa­role che è la missione: con l’insostituibi­le comunicazione da cuore a cuore; con la creazione di ambiti fraterni con le nuove
comunità che lo Spirito suscita, segni di contraddizione in un mondo in
cui l’uomo è solo, nel benessere come nel dolore.
Che significa “dare da mangiare”, di fronte alle grandi povertà? Oggi
si è smarriti di fronte allo scandalo di tanta miseria. Nello smarrimento, sono nate una carità e una solidarietà svuotate, ideologizzate, istituzionalizzate, senza di­retto rapporto con il povero. Ma la cari­tà non
dura senza il nutrimento dell’Eucaristia. Oggi la chiesa è una grande
risorsa per i più disperati.
Dall’intervento al sinodo dei vescovi su L’Eucaristia, 12 ottobre 2005
tgomery, in Alabama, quando la
minuta sartina d’origine africana, sfinita per la lunga giornata
di lavoro in un grande magazzino, si era seduta su un bus nella
fila di sedili riservata ai bianchi
che era vuota. Quando il bus si
riempì di bianchi, l’autista disse di lasciare i posti liberi. Tre
uomini si alzarono; lei, unica
donna, rimase seduta in silenzio dicendo “no” con la testa.
Quel gesto le costò l’arresto, ma
è stato anche l’inizio del Movimento americano per i diritti civili. I giornali descrissero la
Parks come un’eroina casuale e
non troppo consapevole, in realtà Rosa sapeva bene quello che
voleva. Lanciò una grande protesta, esortando gli afroamericani a boicottare i mezzi pubblici
urbani. Riuscì a coinvolgere anche un giovane pastore battista
di colore: Martin Luter King. Lo
sciopero dei passeggeri neri durò 381 giorni e la Corte suprema
definì incostituzionali le norme
di segregazione dell’Alabama.
Per il suo impegno Rosa Parks
ha ricevuto premi e onorificenze,
ma soprattutto la sua storia rappresenta una straordinaria lezione di vita per il nostro tempo, segnato ancora da pregiudizi e privilegi. Come disse Mandela: “un
vincitore è un sognatore che non
si è arreso”.
■
2005 DICEMBRE
DIA LO G O E SO LIDARIETÀ
lettere al direttore
p. Marcello Storgato
MISSIONARI SAVERIANI
Via Piamarta 9 - 25121 Brescia
E-Mail: [email protected]
Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale
L'ULTIMA IMMAGINE DI DIO
Caro direttore,
viviamo in campagna. Coltiviamo verdure e alleviamo animali come si è sempre fatto in campagna. Ma siamo preoccupati. Prima la
“mucca pazza”, adesso i polli con l’aviaria H5N1, e ci sono in mezzo
anche gli uccelli migratori... Dai paesi del sud del mondo, specialmente dall’Asia, arrivano le peggiori malattie, epidemie e pandemie
per i nostri paesi. Dove andremo a finire di questo passo? Dicono che
sono a rischio i polli allevati all’aperto, nei nostri cortili. A noi invece fanno compassione i polli d’allevamento. Sì, anche i nostri vanno
a finire in pentola, ma almeno hanno vissuto una vita dignitosa, libera e allegra, beccando e cantando in cortile...”.
Andrea e Mari, via E-mail
Carissimi,
permettete un ricordo d’infanzia. Mamma si lamentava: “In pollaio
c’è una gallina matta! Covano 17 galline, ma le uova sono 16. Quella
gallina matta finirà in pentola!”. L’uovo fresco mi piaceva tantissimo.
Il pollaio era vicino al “cesso” esterno. Dopo il dovere mattutino, il
piacere di entrare in pollaio e bermi un uovo ancora tiepido, per me
era il massimo. Finché mia madre scoprì: non la gallina, ma il figlio
era “matto”! Quella volta né la gallina né io finimmo in pentola. Ma
ormai siamo cascati dalla padella alla brace.
Gesù parlava più volentieri di pecore e pastori. Ma nel massimo
della commozione, non ha trovato immagine più efficace della chioccia e i pulcini. “Gerusalemme, quante volte ho voluto raccogliere i
tuoi figli come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e
voi non avete voluto!” (Matteo 23, 37).
Che bella scena bucolica! Noi adulti la ricordiamo: sull’aia di casa, la chioccia con la sua covata di pulcini colorati di giallo mimosa, che scorrevano beccando e pigolando,
attorno alla chioccia che non ne perdeva uno di vista... Scene che
ora si vedono solo nei villaggi d’Africa, Asia e America latina, dove
la vita è ancora genuina e la gente sa come nascono i pulcini: al calore della chioccia. Oggi i pulcini nascono già selezionati: ovaiole,
polli, maschi, femmine... Oggi le galline non si accucciano più per
fare l’uovo; lo fanno in piedi, senz’amore. Oggi non covano più; ci
pensano le lampade. Non sono più rispettati i ritmi naturali: tutto deve ingrassare in fretta per essere mangiato, da uomini o animali. Ma
la colpa delle frequenti “pazzie” dei nostri giorni non è degli animali
né dei paesi asiatici. Eppure, ci avevano quasi convinti che le modificazioni genetiche servivano proprio a rendere più resistenti alle infezioni polli, bovini, legumi e pomi vari...
Gli interessi delle multinazionali e delle compagnie farmaceutiche
sono enormi, come le loro bugie. Con l’H5N1 incasseranno
miliardi e faranno fuori anche l’ultima immagine di Dio: la
chioccia.
p. Marcello, sx
strumenti di animazione
LA RIVISTA ”MISSIONE OGGI”
Per capire la missione fino in fondo!
L’ha voluta il fondatore dei saveriani, il beato Guido Conforti,
poco più di cento anni fa. Voleva far conoscere la vita dei suoi missionari in Cina. Ora è un mensile di 48 pagine a colori.
Il panorama delle riviste missionarie italiane è ricco e vario, ma
Missione Oggi ha il suo posto, perché approfondisce e riflette sulle cause di tante situazioni nel mondo, piuttosto che dare solo informazioni. Fa parlare i
missionari sul posto, che
conoscono la vita concreta della gente con i
problemi e le difficoltà
quotidiane. Dà la parola anche ai teologi della
missione e agli esperti di
questioni sociali, per cercare di capire i legami fra
il Sud del mondo e la nostra Europa.
Ecco alcune questioni che nel 2006 Missione Oggi tratterà nei
dossier:
l La riconciliazione in missione e in politica
l È possibile riconvertire l’industria delle armi?
l Esiste un investimento etico? Con quali criteri?
l Come si fa il dialogo con le religioni in India?
l Esiste un dialogo con i musulmani in Italia?
Missione Oggi è particolarmente adatto per gruppi missionari,
persone mature e studenti universitari, sacerdoti e laici impegnati.
È anche un bel regalo da offrire agli amici o nipoti.
Per 10 numeri l’anno, abbonamento: 26 euro, sul ccp 11820255
(specificare la causale).
I MISSIONARI SCRIVONO
Dal Congo, padre Belardelli: ”quanta gioia, quanta tristezza!”
Padre Antonio, saveriano novarese e animatore
missionario a Cagliari, è tornato in Congo e ci scrive: è felice, ma...
Cari amici, dopo alcuni mesi di vita missionaria
qui in Congo, voglio condividere con voi, prima di
tutto, la grande gioia nell’essere ritornato tra i più
poveri del mondo. Però voglio condividere con voi
anche la mia grande sofferenza e tristezza per quello
che ho visto con i miei occhi, tra la gente in mezzo a
cui sto vivendo. Miserie, malattie, ingiustizie di ogni
Padre Antonio in Congo con due donne
sorta e sfruttamento a tutti i livelli. Ma quello che mi
felici di incontrarlo per la strada
uccide dentro è il vedere che questi nostri fratelli e
sorelle hanno spesso perso la voglia di vivere e di credere nel futuro.
Domani parto per visitare le comunità che vivono nella foresta e starò via per qualche giorno. La mia
salute è buona. Ma debbo anche dirvi che mi mancate. Aspetto vostre notizie: mi faranno piacere. Lo
Spirito Santo riempia i cuori di tutti noi. Ci faccia ritrovare la gioia di vivere e di lottare per un mondo
migliore. Saluto tutti con affetto.
p. Antonio Belardelli, sx
Dall'Amazzonia, padre Leoni tra i vivi e i defunti...
Ho trascorso il 2 novembre ad Abaetetuba e, con un mare di gente, sono andato al cimitero. Là riposano
i resti mortali di due saveriani marchigiani: padre Mario Lanciotti, di Cupramarittima (AP), missionario
in Cina, Giappone e Brasile, morto a Belém nel 1983; e padre Carlo Mantoni, di Corinaldo (AN), morto nel 1998. La gente ha portato fiori e ha acceso tante candele. Così anche in cattedrale, dove è sepolto
mons. Angelo Frosi, il nostro primo vescovo. Poi mi sono fermato nella casa saveriana in Abaetetuba,
intitolata a mons. Giovanni Gazza, l’altro vescovo saveriano di questa diocesi. Sono rimasto per alcuni
giorni con i nostri confratelli: p. Dante Mainini, p. Nicola Masi, p. Ferdinando Vignato, p. Siro Brunello
e p. Adolfo Zon. Poi sono tornato a Belém.
Come saveriani, abbiamo iniziato a fare una revisione della nostra presenza e attività nel nord del Brasile. Ci sta accompagnando un gesuita che ha
una lunga esperienza di vita religiosa. A gennaio 2006 ci troveremo in assemblea e parleremo proprio di questo. Vi racconterò di più la prossima
volta. Intanto, saluti e auguri a tutti gli amici.
p. Pino Leoni, sx
Dal Giappone, padre Piacere ci informa sul Capitolo dei saveriani
Sono stati tre giorni di lavoro intenso per noi 25 saveriani del Giappone, dal 24 al 26
ottobre. Lo scambio di opinioni è stato calmo e profondo, specialmente sul nostro lavoro missionario, l’evangelizzazione e la collaborazione ai piani pastorali delle diocesi.
Qualche vescovo tende a ignorare il nostro carisma missionario; si accontenterebbe che noi missionari “coprissimo” qualche parrocchia grossa. Qui in
Giappone, “parrocchia grossa” vuol dire 700 - 800 cristiani, mentre nel territorio vivono più di 100mila buddhisti! In alcune diocesi si sta cambiando da “un parroco per
parrocchia” a “una comunità di 3 - 4 preti per 3 - 4 parrocchie”. Questo interessa noi
missionari, perché vivere e lavorare in comunità fa parte del nostro carisma. Abbiamo
riflettuto anche sulla nostra attività missionaria in campo sociale ed educativo, che ci
permette un contatto diretto con persone estranee al cristianesimo, per offrire il primo
annuncio dei valori cristiani.
p. Mario Piacere, sx
solidarietÀ
KINSHaSA: AULE SCOLASTICHE
piccoli progetti
11/2005 - LUVUNGI
Acqua potabile
La missione di san Bernardo è in una zona paludosa alla periferia di Kinshasa, capitale del Congo. Fino
al 1991, era coltivata a riso con un progetto agricolo
cinese. Con la guerra e i saccheggi, sono affluite nella zona molte famiglie sfollate, che hanno costruito
le loro case e baracche. I disagi per le inondazioni sono molti. Con un gruppo di giovani volontari, è stata
rialzata la strada principale, per consentire alla gente
di muoversi con minore difficoltà.
I bambini sono tanti e vogliamo che crescano bene. Vorremmo dare loro la possibilità di frequentare la scuola con regolarità, senza scuse. Nella zona ci
sono alcune scuole, ma sono insufficienti e degradate. Su un terreno, vicino alla missione, vorremmo costruire le aule per la scuola: sette aule, per ora, fornite
di banchi, lavagne e tavoli per gli insegnanti. Calcoliamo un preventivo di spesa di circa 30.000,00 euro.
Purtroppo, qui tutto costa caro, anche le pietre, che
sono spaccate a mano per farne ghiaia, come si vede nella foto. Ma vorremmo che i ragazzi vengano a
scuola, piuttosto che dover spaccar pietre per guadagnare qualche soldo!
Grazie agli amici di “Missionari Saveriani” per l’aiuto che ci daranno.
p. Gianni Magnaguagno, sx
A 14 chilometri da Luvungi, in Congo, c’è
una sorgente d’acqua. L’acqua potabile previene le malattie e fa crescere sani. Occorre
costruire un acquedotto di 14 chilometri,
sotto la direzione di fratel Gregato. Mancano
160.000,00 euro per farcela. Possiamo dare
una mano.
• Responsabili del progetto sono i saveriani p. Pedrotti, p. Benedetti, p. Della Pietra,
fr. Gregato.
• ••
12/2005 - KINSHASA
Una scuola nella palude
Nella bassa periferia di Kinshasa, capitale
del Congo, occorre una scuola che permetta ai ragazzi di crescere bene e prepararsi
al domani. I missionari della missione di san
Bernardo vogliono costruire sette aule decenti, per un preventivo complessivo di circa
30.000,00 euro.
• Responsabili del progetto sono i saveriani
p. Magnaguagno (VR) e p. Agostinis (UD).
Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente
postale, oppure può inviare l’offerta direttamente
al C/c.p. 00204438, intestato a:
Procura delle Missioni Saveriane,
Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA
oppure bonifico bancario su C/c 000072443526
Cari Parma e Piacenza, Agenzia 6
abi 06230 cab 12706
Si prega di specificare l’intenzione
e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie.
2005 DICEMBRE
ALZANO
Storia di Natale: sarà vera?
Tre bambini s'incontrano per caso
bambino arabo aveva in
U nmano
una medicina. Suo
padre gli aveva detto che la salute è la cosa più importante della
vita. Con molta cura, il bambino stava portando la medicina a
un malato, vicino di casa. Era il
mese benedetto del ramadan e
bisognava aiutare gli altri. Nella
stessa città viveva una bambina
africana. Portava in mano un
profumo che le aveva dato sua
madre. La mamma aveva spiegato alla bambina che cose inutili
come i profumi, se date o ricevute in dono, rendono la vita più
felice. In quella città c’era anche
un bambino cinese che aveva al
collo una catenella d’oro portafortuna. I suoi genitori gliel’avevano comprata quando era nato,
come buon auspicio che potesse
fare tanti soldi, diventare ricco
ed essere felice.
Le difficoltà e la sorpresa
I tre bambini vivevano in una
città europea. Erano figli di genitori immigrati. A scuola il cinesino aveva problemi più degli
altri, specialmente con la lingua,
anche se s’impegnava molto a
studiare. La bambina africana
era la più allegra della classe, ma
veniva presa in giro a causa del
colore della pelle, anche se lei era
nata e cresciuta in Europa e non
aveva mai visto l’Africa. Il bambino arabo aveva anche lui grossi
problemi perché, dopo l’11 settembre, qualche altro bambino,
quando litigavano, lo insultava
dicendogli “terrorista!”.
Un giorno i tre bambini si incontrarono, per caso. Era il periodo di Natale e, camminando,
passarono davanti a una chiesa.
Videro luccicare tante luci e si
avvicinarono incuriositi. Era il
presepio. Il cinesino chiese cosa
potesse rappresentare quella cosa
così bella. La bambina africana
spiegò che era la rappresentazione della nascita di Gesù, il Dio
dei cristiani. L’arabo aggiunse
che Gesù è stato un grande profeta, che ha detto cose sagge e
ha insegnato che bisogna essere
buoni con tutti, perché tutti siamo fratelli e creature dell’unico
Dio.
La gioia della scoperta
Il cinesino osservò bene e vide che davanti a Gesù c’erano
tre statuine inginocchiate, ve-
p. SILVANO DA ROIT, sx
stite in modo strano. Erano le
statuine dei magi. Uno era nero,
uno era vestito come un arabo, il
terzo era vestito come un cinese. L’asiatico stava deponendo
la sua catenella d’oro davanti
al bambino Gesù; il nero portava nelle sue mani un profumo e
l’arabo aveva con sé una medicina. I tre bambini si guardarono
l’un l’altro e, pieni di gioia, gridarono: “Ma quelli siamo noi!”.
Allora si misero a guardare
con più attenzione il presepio.
Si accorsero che tutte le statuine erano rivolte verso la capanna dove era il Bambinello. Uno
dopo l’altro esclamarono: “Che
bello! Che gioia! Che tenerezza!”. E cominciarono a toccare
e accarezzare le statuine con le
loro piccole mani.
Il loro vociare aveva disturbato qualcuno, che cominciò a
sgridarli dicendo: “Zitti! Non
toccate! Andate via!”. Era un
vecchio, con il bastone. Pensando che i bambini stessero
facendo una monelleria, li aveva
sgridati. Ma poi, vedendo il loro
stupore e i loro occhini sgranati,
il vecchio capì che forse aveva
esagerato.
Tre bambini e il vecchio
La storia di Natale continua
F
inita la loro preghiera, i
bambini si rivolsero al
vecchio e gli dissero: “E tu come fai a pregare?”. Il vecchio
disse che quando era bambino
pregava. Ma poi aveva smesso,
perché non credeva più a niente. I tre bambini insistettero che
dicesse anche lui una preghiera
davanti al presepio.
8
Una preghiera dal cuore
Allora il vecchio cominciò a
pensare alla preghiera che sua
madre gli aveva insegnato. Non
sapeva più le parole esatte e ricordava a malapena il senso. Il
vecchio chiese scusa, perché non
ricordava bene le parole della
preghiera di Gesù. Poi, dal cuore, gli uscì pressappoco questa
preghiera:
“Padre nostro, di tutti gli uomini, sia fatta sulla terra la tua
volontà. Gli uomini vivano da
fratelli, come tu vuoi. Da’ a tutti
ogni giorno quello che serve loro per vivere e venga distribuito
con giustizia, così che tutti possano avere ciò che è necessario.
Perdonaci quando distruggiamo
la natura, siamo prepotenti ed
p. S. DA ROIT, sx
egoisti e non pensiamo agli altri.
Liberaci dal male, dalle guerre,
dalle malattie, dalle ingiustizie,
dalla solitudine e dalla disperazione. E togli via i peccati dal
nostro cuore e dal mondo. Soprattutto insegnaci a perdonare, come tu fai sempre con noi.
Amen!”
Il senso della vita
I tre bambini, ascoltata la preghiera del vecchio, rimasero
contenti e batterono le mani dal-
Fotografia di A. Costalonga/Missionari Saveriani
la gioia. Il vecchio si commosse.
Allora, come segno di amicizia,
i tre bambini pieni di gioia gli regalarono le cose più preziose che
avevano: il boccettino del profumo, il porta-fortuna d’oro e la
medicina. Il vecchio, che grazie
a loro aveva finalmente detto una
preghiera, provò qualcosa di indescrivibile dentro di sé. Si sentiva circondato di affetto, si sentiva amato. Era tanto che non stava
così bene! La perla dell’amore,
sepolta nel fango della sua vita,
era apparsa di nuovo e la sentiva
risplendere nel suo cuore.
Grazie a quei tre bambini immigrati, pregando, aveva riscoperto il senso della vita: chiamare Dio con il nome di Padre
e pregarlo per tutti i fratelli del
mondo. Il vecchio ringraziò i tre
bambini. Poi, rivolto a Gesù nel
presepio, disse un’altra preghiera, così: “Ti ringrazio, Signore, perché in questi tre bambini
i miei occhi hanno visto la tua
salvezza, preparata per me e per
tutte le genti. E ora, ti prego, aumenta la mia fede”.
Inutile dirlo: il vecchio con il
bastone era italiano.
■
Diversi modi
di pregare
Allora, cambiando
tono, si rivolse a loro:
“Come vi chiamate? Da
dove venite?” - chiese
gentilmente il vecchio.
Poi cominciò a spiegare
che in chiesa bisogna
fare silenzio e non disturbare, perché la gente
prega.
Il bambino arabo disse che anche lui pregava, insieme a suo padre,
cinque volte al giorno.
La bimba africana disse
che lei, quando pregava, cantava e danzava e
batteva le mani. Il cinese disse
che lui non sapeva pregare, ma
che aveva visto i suoi genitori,
davanti alle tavolette con i nomi
degli antenati, chiudere gli occhi
e pensare molto profondamente
in silenzio…
Il vecchio allora chiese loro
di fargli vedere come facevano a
pregare. L’arabo, tenendo la me-
Fotografia di A. Costalonga/Missionari Saveriani
24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4
Tel. 035 513343 - Fax 035 511210
E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247
dicina tra le mani, si mise a fare
le prostrazioni e a invocare Allah
grande e misericordioso. L’africana, stringendo la boccetta di
profumo, si mise a cantare danzando e battendo le mani dalla
gioia. Il cinesino chiuse gli occhi
e congiunse le mani, stringendo
il suo porta-fortuna d’oro.
■
(continua a lato)
PROSSIMI APPUNTAMENTI
Messa missionaria
martedì, 3 gennaio - ore 15,00
Adorazione missionaria-vocazionale
giovedì, 19 gennaio - ore 20,30
l l l
Ritiro per i giovani
domenica, 29 gennaio - dalle 9,00 alle 12,30
Tema di riflessione: ”Samuele, colui che sa ascoltare”
BUON NATALE, DONO DI SPERANZA
Signore, cambia il freno delle nostre paure
in acceleratore della tua speranza!
Buon Natale a tutti: parenti, amici, benefattori, simpatizzanti e lettori! Questo è il nostro
desiderio ed augurio: Gesù Salvatore sia conosciuto e amato da tutti.
Gesù è nato e, come ogni bambino
che nasce, dona speranza al mondo. Gesù ha acceso la speranza più
grande che sia mai stata donata
all’umanità intera. Con la sua venuta ci ha indicato la strada per
vivere con il cuore felice e per
aiutare gli altri a una gioia maggiore. È lui che ci ha fatto capire il senso vero della nostra esistenza. Noi, suoi
amici, desideriamo che al mondo d’oggi egli
faccia dono della sua speranza. Trasformi noi credenti in uomini e donne di speranza che lavorano per la
costruzione del suo regno nel mondo.
Di speranza c’è tanto bisogno. In giro ci sono troppe facce tristi, con gli occhi spenti. La gioia della fede illumini il nostro sguardo; la grazia di Dio
è mio Figlio, renda luminosi i nostri volti; la parola di Dio sia
presente sulle nostre labbra per dare conforto,
è per te!
perdono e consiglio. Così diventiamo testimoni
dell’amore di Dio a ogni persona.
Gesù ci ha insegnato ad amarci come lui ci ha amati: come figli del
Padre e fratelli tra noi. La chiesa, peccatrice e santa, si sforza di testimoniare il vangelo in ogni angolo della terra. Anche noi crediamo nel
vangelo e lo vogliamo annunciare a tutti.
I migliori auguri, dai missionari di Alzano. Siete tutti nei nostri cuori e nelle nostre preghiere. Anche voi, soprattutto in questi giorni di
Natale, ricordatevi di noi e di tutti i missionari nel mondo.
p. Marino
p. Giuseppe A. e Giuseppe Z.
p. Mario e p. Silvano
2005 DICEMBRE
BRESCIA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
”Non sono ancora arrivato”
Sacerdote da venticinque anni
p. CLAUDIO CODENOTTI, sx
Nel settembre scorso, due missionari saveriani bresciani hanno festeggiato il loro 25.mo di ordinazione sacerdotale: p. Walter Taini di
Rezzato e p. Claudio Codenotti di Gussago. Diciamo loro: complimenti e continuate così!
Padre Walter ha festeggiato l’evento nella parrocchia di São Felix
in Brasile, mentre nella chiesa del suo paese è stata celebrata una
Messa speciale per l’occasione. Padre Claudio ha festeggiato a Gussago con parenti e amici. Da Desio (MI), dove è animatore missionario,
ci ha inviato un racconto che volentieri pubblichiamo.
F
in da bambino ho sempre
odiato portarmi addosso
qualsiasi cosa che mi impedisse
di sentirmi libero e di muovermi.
Niente cravatte, calze, camicie,
orologi, anelli e catenine. Pantaloncini corti e maglietta, magari anche piedi scalzi, era il mio
abbigliamento ideale per esser
pronto a corse, arrampicate su alberi e giochi nelle pozzanghere.
Un piccolo anello nero
Oggi, con i miei 50 anni e 25
anni come sacerdote missionario, mi ritrovo a guardare quel
piccolo, fragile anello che da un
po’ di tempo porto, senza sentirlo ingombrante. Penso alla
frase di Gesù: “il mio giogo è
dolce e il mio carico leggero”.
Cos’è avvenuto? È avvenuto
che Qualcuno si è preso la mia
piccola libertà, senza che me ne
accorgessi, e mi ha reso libero
di “andare lontano”, legandomi
a Dio e a tanti popoli.
Questo scuro anello di legno
di cocco, leggero e fragile, è il
simbolo di tale legame. È un
patto, “un matrimonio” con
tanti fratelli e sorelle che considerano la libertà un dono e una
conquista. Giorno per giorno,
la costruiscono insieme nella
speranza e nella fatica, consapevoli di avere il Signore sempre
al loro fianco. Quest’anello mi
fa ricordare i 25 anni passati
come sacerdote e missionario.
Mi riporta al giorno in cui ho
capito che, per sentirmi pieno
in quel sogno di libertà, dovevo
legarmi a Qualcuno; e che quel
Qualcuno avrebbe reso piena la
mia vita.
Il sogno nel cassetto
Durante gli anni passati come
missionario in Giappone, ho avuto la conferma che una vita “affidata” a Dio diventa per gli altri
un segno di libertà e di gioia. La
gente che incontravo e che, a sua
volta, incontrava Gesù, acquistava una nuova vita. Ora ringrazio
per tutti i doni ricevuti e guardo
il cammino che mi resta da fare.
Sono tante le mancanze e le inadeguatezze che mi fanno pensare
di non essere ancora “arrivato”.
D’altra parte, è anche tanta la
gioia per il cammino che mi è
stato regalato.
Oggi, rinnovo il desiderio di
rimettere nelle mani del Signore
quel poco che sono. Sono convinto che lui sa cosa fare della mia
libertà. Il mio desiderio mi porta
subito alla terra che amo: il Giappone. Per me la missione non è
stata terra di conquista, ma una
famiglia che il Signore mi ha donato per farla crescere nel cammino del vangelo.Tutto ciò che sono
e che porto ha un’origine sicura:
quell’aria respirata fin da ragazzo
in famiglia, in parrocchia e tra gli
amici. Continuiamo tutti insieme,
sostenendoci con la preghiera. ■
Un altro Iraq è possibile
Il racconto di Simona Torretta
S
imona Torretta, la volontaria romana dell’associazione “Un ponte per...”, rapita
con Simona Pari in Iraq nel settembre del 2004, è stata ospite
presso i missionari saveriani di
Brescia. Nella serata, organizzata dal Brescia Social Forum, Simona ha presentato il suo libro
“Otto anni e 21 giorni. Il mio
impegno di solidarietà in Iraq”
(Rizzoli).
8
Non solo violenza
Nel suo intervento, Simona ha
spiegato di aver voluto dare una
testimonianza degli ultimi otto
anni della sua vita, terminando
con i 21 giorni del sequestro. “Il
libro è un modo per far emergere l’immagine più intima e familiare dell’Iraq. Parlo della storia
delle persone con cui ho lavorato
e collaborato fino a quando sono
potuta restare”. L’Iraq non è solo un teatro di violenze. Ci sono
numerose persone, associazioni
non governative irachene e sindacati che lavorano ogni giorno per garantire assistenza alle
persone bisognose e cercano di
riportare, laddove è possibile,
quei diritti umani che sono vio-
DIEGO PIOVANI
lati quotidianamente dall’occupazione militare, dalla guerra in
corso e dagli atti terroristici.
Simona ha conosciuto l’Iraq
in alcune sue fasi storiche importanti: erano gli anni della
dittatura di Saddam Hussein
e dell’embargo imposto dalla
comunità internazionale. L’embargo aveva indebolito ancora di
più la società irachena e aveva
tolto la possibilità di continuare sulla strada dello sviluppo,
indispensabile perchè un Paese
possa competere con il resto del
mondo.
Simona Torretta durante la conferenza
dai missionari saveriani di Brescia
Cultura e dialogo
In questo contesto è iniziata
l’attività di “Un ponte per...”,
l’unica organizzazione italiana
presente sul territorio. Durante i
bombardamenti del marzo 2003,
Simona era a Baghdad: garantiva assistenza ai feriti e manteneva ferma la solidarietà verso una
popolazione minacciata da una
guerra. La fine dei bombardamenti ha portato euforia, ma anche saccheggi di una buona parte
del patrimonio culturale ed economico del Paese: biblioteche,
musei, gallerie d’arte, università,
banche, ministeri e ospedali.
“L’Iraq è un Paese ricco di
cultura, con una grande tradizione letteraria. Personalmente
ho conosciuto molte persone
qualificate e istruite”. La gente
era aperta al confronto, abituata
al dialogo con altre popolazioni.
“Prima dell’embargo non era una
società chiusa e intollerante; non
lo era mai stata”. Queste esperienze hanno convinto Simona
che solo la concreta solidarietà
tra i popoli può condurre a una
vera pace. E il rapimento che ha
subito non ha inficiato questa
certezza.
■
Padre Claudio con mamma Angela.
Padre Walter Taini con mamma Domenica e papà Ettore.
RITMI SUDAMERICANI
Alla presenza del vescovo ausiliare mons. Francesco Beschi,
e del sindaco di Brescia Paolo Corsini, giovedì 10 novembre è
stata inaugurata la mostra “Strumenti musicali delle Americhe: quali ripercussioni?”, allestita dai missionari saveriani. Attraverso una selezione di 200 strumenti, ci accostiamo ai ritmi
musicali, alle problematiche, culture e religioni dei popoli del
“nuovo mondo”.
Prossimi incontri culturali, alle 20,30:
venerdì 16 dicembre su “Pace e guerra in Colombia”;
martedì 27 dicembre su “Musica nera in America”.
La mostra resta aperta fino al 16 gennaio con questi orari
Feriali: 9,00-12,30; 14,30-17,30.
Festivi: 10,00-12,00 e 14,00-18,00.
Per informazioni, telefonare a 030 3772780 (interno 6).
NATALE, FESTA DELLA SPERANZA
Con il Natale tutto è cambiato. Colui che era “lontanissimo” è diventato nostro “prossimo”, vicino di casa, compagno di viaggio. Sembrava un desiderio folle, ma è stato esaudito. Perciò tutti noi, in modo
più o meno cosciente, celebriamo il Natale con entusiasmo, moltiplicando anche nelle strade le manifestazioni di festa e di gioia.
Dio si è fatto nostro prossimo. Eppure, a volte a noi non piace essere prossimi a Lui. È un vicino di casa che sembra infastidirci. Alla sua
compagnia preferiamo essere soli e desolati, lungo il cammino della
vita. Preferiamo un Dio che non interferisca nei nostri affari; non ci
disturbi; ci lasci più autonomi e padroni del nostro destino.
Il prossimo Natale ci faccia capire meglio che Dio
non è un intruso. Estrometterlo significa rinunciare
a gustare il senso della nostra esistenza.
Ci rendiamo conto del malessere e dei guai
che affliggono il nostro tempo. Ma il Natale ci riempie di speranza. A Betlemme è
nato il Signore della storia, che ci ha detto:
“Avrete tribolazione, ma abbiate fiducia:
io ho vinto il mondo”.
Chiediamo al Bambino Gesù di ispirarci parole, silenzi ed azioni che sappiano dare significato al dolore dell’umanità. Ci renda protagonisti infaticabili di pace e di speranza, per i vicini e per i lontani. A
voi e a tutti i popoli della terra,
è mio Figlio,
è per te!
Felice Natale!
p. Rosario
e i saveriani di Brescia
2005 DICEMBRE
CAGLIARI
09121 CAGLIARI CA - Via Sulcis, 1
Tel. 070 281310 - Fax 070 274419
E-mail: [email protected] - C/c. postale 12756094
La carità fa il missionario
Padre Lamanna, una vita con i poveri
Padre Pietro Edmondo Lamanna, originario di Pirri-Cagliari, è morto il 28 settembre
scorso. Padre Giovanni Mezzadri ha collaborato con lui in
Brasile per quasi dieci anni. Ci
racconta qualcosa della sua vita
missionaria.
chiamavano tutti paQ uidreloPedro.
Standogli vici-
no, ho imparato molto dalle sue
qualità, anche se non aveva un
carattere facile.
Mi ha raccontato come è nata
in lui la vocazione missionaria.
“Il papà era in guerra. Eravamo
sfollati a nel paesino di Escolca. Erano tempi duri e si pativa
la fame. Una sera, mamma non
aveva niente da darci per cena.
Noi bambini piangevano per la
fame. D’un tratto è arrivato il
parroco del paese con un grosso pane. Questo gesto di carità è stato l’inizio di una grande
amicizia con il parroco, tanto da
diventare un suo assiduo chierichetto. Dopo la Messa ci dava
sempre la colazione”.
Non una predica, ma quell’atto di carità concreta del parroco
aveva suscitato in lui la vocazione. Infatti, durante tutta la sua vita missionaria, p. Pedro si è sempre preoccupato dei bambini, che
avessero qualcosa da mangiare.
Ma perché dormono?
In Bangladesh, p. Pedro ha
trovato una situazione difficile.
La religione musulmana poneva
p. GIOVANNI MEZZADRI, sx
molti limiti ai missionari che faticavano a far conoscere il vangelo. Padre Pedro ha cominciato
a visitare le scuole, all’aperto o
in baracche. I bambini usavano
foglie di palma come quaderni.
Il maestro insegnava facendo ripetere la lezione ai bambini con
una monotona cantilena. Spesso i bambini si addormentavano. Raccontava: “Ho chiesto il
perché al saveriano medico Remo Bucari. Mi ha detto di chiedere ai bambini quanto avessero mangiato il giorno prima. Alla mia domanda, i ragazzi hanno
risposto con un gesto che indicava... un pugno di riso. Dormivano per la fame”.
Così ha avuto inizio la “nuova scuola” di p. Pedro, provvi-
”Per il loro bene”
Tanto amore e rigore
P
adre Lamanna si dedicava
con molto zelo alla catechesi. Formava lui stesso le catechiste con lezioni che preparava con cura. Portava a casa i
quaderni dei ragazzi e li correggeva uno ad uno, scrivendovi
sopra qualche osservazione. Per
essere puntuale, a volte rimaneva alzato fino a tarda ora. Lo
rimproveravo, dicendogli che
avrebbe dovuto lasciare questo
lavoro alle catechiste. Ma non
c’era verso...
8
p. G. MEZZADRI, sx
anche a spedirlo fuori o metterlo in ginocchio. Padre Pedro era
fatto così: tanto amore e tanto rigore. Era così anche con la gente, che brontolava, ma poi capiva: “lo fa per il nostro bene”.
Sepolto in mezzo a loro
Seguiva anche un gruppo di
adolescenti, che cercava di indirizzare verso il sacerdozio. Uno
di questi, Ari Marcos Bona, è diventato sacerdote ed è coordinatore del clero della diocesi. Don
Ari ha celebrato la Messa funebre di padre Pedro, che egli
considerava come un papà. Per
un giorno e una notte una processione ininterrotta di gente ha
vegliato alla salma, esposta in
chiesa. Ha voluto essere sepolto
a Cantagalo, dove ha vissuto gli
ultimi anni.
■
Maestro esigente
Voleva disciplina e guai a chi
perdeva il catechismo! Per l’ammissione alla prima comunione
e alla cresima, i ragazzi dovevano passare l’esame scritto e orale. Quanti pianti e strilli dei genitori i cui figli erano rimandati!
Cercavo di far
capire ai geni- Padre Edmondo non era
tori che p. Pe- solo carità attiva;
dro faceva così qui è al tavolo di studio.
Nel retro della foto
per il bene dei aveva scritto:
loro figli, ma “Ho rimesso barba.
Mi dà molto in serietà,
non era facile.
Alla Messa anche se serio lo sono
stato.
dei ragazzi, lui sempre Zio
Edmondo”
si metteva in
mezzo e non era
contento finché
tutta l’assemblea non cantava a squarcia
gola! Amava i
ragazzi, ma era
anche severo.
Se uno parlava,
lo rimproverava, arrivando
RICORDO LO ZIO
MISSIONARIO
denziale anche per l’evangelizzazione. Con l’aiuto di amici in
Italia e negli Stati Uniti, prima di
iniziare la scuola, provvedeva un
bel “pranzetto”: un pastone di riso, lenticchie e verdure, condito
con amore e allegria. Miracolo! I
bambini non dormivano più; anzi,
erano fin troppo rumorosi. I suoi
alunni, divenuti grandi, gli scrivevano ancora dopo tanti anni, ricordandolo con riconoscenza.
La fame è uguale per tutti
Anche in Brasile p. Pedro si
è prodigato per alleviare la fame dei piccoli. A Londrina, lavoravamo insieme nelle periferie. Con i volontari, preparava
pentoloni di minestrone sostanzioso da portare ai bambini delle
“favelas”. Lo faceva tutti i giorni, eccetto sabato e domenica, e
andava anche lui con i volontari.
Si preoccupava che tutti i soldi
mandati per i poveri fossero ben
amministrati. Ai bambini pagava
quaderni e materiale scolastico e
andava nei negozi di alimentari
per chiedere aiuto e collaborazione. Era conosciuto e, quando
lo vedevano, avevano già pronto
il quantitativo da donare.
Ci siamo ritrovati insieme anche a Cantagalo. Anche qui si è
La Messa funebre presieduta dal
vescovo; a destra, padre Giovanni,
autore dell’articolo
subito preoccupato di sfamare i
piccoli. Nei quatto punti più poveri, aveva formato quattro mense. Tutti i giorni dava da mangiare a 200 bambini e alle mamme
denutrite. Esigeva che i piccoli
si lavassero le mani e facessero
una breve preghiera. Non obbligava i bambini e le loro mamme
a venire a Messa e non faceva distinzioni se venivano a Messa o
no: “la fame - diceva - è uguale
per tutti”.
■
(continua a lato)
EFISIO SOLLAI
II mio primo incontro
con lo zio Edmondo risale
al 1958, in occasione della
sua ordinazione sacerdotale. Io non avevo vent’anni; lui vent’otto. È stato
emozionante. Quasi subito è partito per la missione del Pakistan orientale,
ora Bangladesh. Solo dopo
due anni sono riuscito a comunicare con lui. Da allora
si è aperto un corridoio di
comunicazione tra il suo
mondo e la mia famiglia,
durato più di trent’anni.
Mi scriveva di trovarsi in
un mondo di poveri, dove mancava tutto. Così ho
cominciato a fargli avere
qualcosa: piccole cose di
fronte al grande bisogno!
L’amore per i poveri, che lo
zio Edmondo testimoniava, era la forza più umile
e più potente che egli possedeva.
Padre Edmondo ha vissuto anche l’esperienza con i
poveri in Brasile. Era contento di trovarsi in quella nuova vigna, come annunciatore di speranza del
grande Dio liberatore: Gesù Cristo. Negli ultimi tempi mi scriveva che gli sarebbe piaciuto rivederci tutti.
Non ha potuto. Ma in quella terra lontana sono certo
che lo zio Edmondo ha trovato il calore e l’amore della sua nuova famiglia.
Padre Giuseppe Marzarotto, è tornato a Cagliari, per lavorare con l’entusiasmo che lo caratterizza. È goloso di fichi d’india.
Qualcuno gli ha già detto: “Attento alle spine!”. Auguri: il tuo
lavoro in Sardegna sia pieno di rose senza ...spine.
GLI AUGURI DEI MISSIONARI
Buon Natale!
ai vescovi di Cagliari, Iglesia e Ales-Terralba, pastori delle diocesi dove maggiormente svolgiamo il
nostro servizio pastorale. Esprimiamo la nostra profonda riconoscenza e comunione di
sentimenti.
Buon Natale!
a tutti i sacerdoti, religiosi e religiose, animatori e animatrici missionarie delle tre diocesi. Vi giungano graditi i nostri sentimenti di
fraternità e collaborazione missionaria.
Buon Natale!
a tutte le lettrici e i lettori, amiche e amici di “Missionari Saveriani”. Con voi condividiamo la stessa passione
per l’umanità intera.
Figlio,
è mio
è per te!
“Vi annuncio una grande gioia: oggi è nato un
Salvatore, che è Cristo Signore”.
Come i pastori, anche noi andiamo in fretta, vediamo il Bambino
nelle braccia di Maria, ascoltiamo le testimonianze che raccontano
di lui. Poi partiamo, per riferire a tutti ciò che abbiamo visto e ascoltato.
Auguri a tutti, per un Natale santo
e una coraggiosa testimonianza cristiana.
La grazia di Dio-fatto-uomo sia sempre con tutti voi.
p. Filiberto Corvini, sx
rettore
2005 DICEMBRE
CREMONA
26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81
Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260
Chiamatelo ”mal d'Africa”
Sulle orme di p. Pacifico Fellini
Alcuni giovani di Cividale e di
Spineda con il parroco don Angelo, sono stati in pellegrinaggio
in Congo, nei luoghi dove è vissuto il loro compaesano padre
Pacifico Fellini.
C
he potesse accadere si sapeva. Ma che potesse coinvolgere anche noi, questo non
l’avevamo sospettato. Sto parlando del “mal d’Africa”. Definiamo così, infatti, quella specie di strana seduzione esercitata
dal continente nero sui suoi incauti visitatori. Dell’Africa tutto colpisce e stordisce: l’umanità
giovane e diseredata, il paesaggio rigoglioso, gli spazi infiniti,
gli odori aspri e insopportabili,
le contraddizioni inaccettabili, i
contrasti stridenti, la fecondità
incontenibile.
La memoria è ancora viva
Per scoprire cosa sia il “mal
d’Africa” a noi sono bastati quindici giorni - dal 9 al 23
agosto scorso - di pellegrinaggio in Congo e più precisamente a Bukavu, la “perla” della regione del Kivu. Al nostro ritorno
abbiamo provato questa strana
don ANGELO PICCINELLI
malattia nostalgica. Nonostante
l’impatto sconvolgente con una
realtà tanto estranea ai nostri gusti e ai nostri schemi, nonostante
i disagi e le difficoltà di adattamento, nonostante l’estrema povertà.
Sei giovani e un sacerdote
avevamo raggiunto l’Africa per
rendere omaggio al missionario
saveriano p. Pacifico Fellini, nostro compaesano spinedese, deceduto vent’anni fa in un tragico incidente stradale a Bukavu.
Pensavamo fosse un gesto dovuto alla memoria di una figura di
cristiano e di prete che merita di
non essere dimenticata. Ma abbiamo scoperto che la memoria
di p. Pacifico è più viva che mai
nella città di Bukavu, tra le baracche di fango e di lamiera, nelle chiese che risuonano di canti
e di danze, tra gli evangelizzatori di oggi che in questa regione martoriata del Congo raccolgono i frutti della semina degli
evangelizzatori di ieri. Hanno
seminato con abbondanza, fino
a spargere il proprio sangue.
Mani sporche e cuore d’oro
Accompagnati dai saveriani,
abbiamo percorso strade e rioni, abbiamo visitato dispensari
e ospedali, scuole e centri nutrizionali, sempre inseguiti dagli sguardi indagatori di folle di
uomini, donne e soprattutto dei
bambini. Non dimenticheremo
i loro occhi e le mani sporche
e appiccicose, che cercavano le
nostre, un po’ schifate, per ottenere una carezza, una caramella, una biro o una moneta… Mani sudice come i piedi, coperti
di polvere e fango, confusi nell’immondizia abbandonata sulla
strada. Innumerevoli piedi sporchi e piagati.
Pensavamo di aver portato una
“bella offerta” a quella “povera
gente”: quindicimila euro non è
poco per due piccole parrocchie
come le nostre. Invece, abbiamo
guadagnato più noi dalla loro povertà, di quanto non abbiano ricevuto loro dalla nostra ricchezza.
Sono tornato dall’Africa pieno
di invidia. La vivacità e vitalità di
quelle comunità cristiane, il loro
gusto della preghiera e della liturgia, il loro senso di responsabilità
e di servizio, la loro fiducia nella
vita e nella grazia... fanno davvero venite “il mal d’Africa”! ■
Preghiera per i bambini d'Africa
I
pellegrini di Cividale e
Spineda, tornati dall’Africa, hanno invitato tutti i bambini
delle due comunità parrocchiali
per fare insieme una preghiera
dedicata ai bambini che hanno
incontrato e conosciuto. Ne riportiamo solo tre frasi.
■
Maria, modello di perfetta letizia, ti preghiamo
per i giovanissimi calciatori di Cihriri che rincorrevano una palla fatta di pezzi
di cellophan tenuti insieme
dai giri di corda; abbiamo
promesso loro un pallone
vero e vogliamo mantenere
la promessa.
I pellegrini al seminario saveriano di Vamaro (da sinistra, in
piedi): Maria Rosa, Lara e Alessandro, p. Faustino, don Angelo
parroco di Spineda-Cividale, p. Pietro con tre seminaristi congolesi, fratel Lucio e Giorgio; (da sinistra, in basso): Mariagrazia,
Paolo, frate Elia e Mattia. Maria Rosa, Lara, Alessandro e Mariagrazia sono pronipoti di padre Pacifico Fellini.
Dopo la celebrazione della Messa di suffragio, i pellegrini alla tomba di padre Pacifico, nel piccolo cimitero dei missionari,
presso il seminario saveriano di Panzi (Bukavu), con p. Sebastiano Amato, superiore della comunità.
Padre Zanardi in cielo
Mentre stiamo per andare in stampa, dal Messico giunge la
notizia della morte di padre Giuseppe Zanardi, il 12 novembre.
Il saveriano di Commessaggio, provincia di Mantova e diocesi di
Cremona, aveva 75 anni, di cui 41 vissuti in Messico. Il Signore
lo accolga nella sua pace.
OGNI VOLTA... è NATALE
p. GIUSEPPE PETTENUZZO, sx
A Bukavu, nella casa delle missionarie saveriane
8
I pellegrini di Spineda-Cividale e i bambini di Panzi, Bukavu
Custodisci, Madre dolcissima, i neonati del continente
d’Africa. Grazie per le mamme coraggiose che scelgono
di accogliere la vita anche
tra innumerevoli difficoltà.
Grazie anche per le generose missionarie che hanno
rinunciato a generare figli
propri per essere madri dei
tanti figli degli altri.
Santa Maria, Regina del
Congo, il futuro dell’Africa è
nelle mani di questi ragazzi
e ragazze. Ed essi sono nelle
tue mani. Sono tanti, tantissimi. Pieni di voglia di vivere, desiderosi di costruire un
mondo migliore. Sono affidati alle tue mani e anche
...alle nostre mani. Conserva e accresci sempre in noi
l’amore solidale. Amen.
Ogni volta che siedi al bordo dell’aurora, è Natale.
Ogni volta che ai bordi del fiume
ascolti il canto del silenzio, è Natale.
Se tendi la mano a un fratello e preghi con lui, è Natale.
Auguri anche a te, ed è Natale.
Ho amato tanto gli altri da sentire nel cuore
un’emozione di pace: era Natale.
Tante volte ho sentito la solitudine e il rimpianto;
ho cercato e ho trovato le stelle: era Natale.
Quando non sarò più solo, sarà Natale.
Quando sentirò tutti fratelli,
tanto da amarli come amo me stesso, sarà Natale.
E se riuscirò a non dimenticare mai che Tu sei nato per me
e cercherò di costruire ogni giorno il presepio
con Maria e Giuseppe, per sempre sarà Natale.
Buon Natale!
Il nostro augurio è questo:
il Signore, sentendoti vicino, ti doni
la gioia di vivere con tutto il mondo
e di sentire che amando gli altri
sarai amato anche tu.
Riconoscenti,
i Missionari Saveriani di Cremona
2005 DICEMBRE
DESIO
20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
Il pastore ”Meraviglio”
Una bella favola da rivivere
dei bambini
L' immagine
che, schiacciando il na-
so alla finestra, guardano fuori mentre scende la neve, mi fa
ricordare tanti momenti dell’infanzia. Un misto di nostalgia e di
meraviglia preparava il cuore dei
bambini al Natale. Ripenso alla
storiella che ci raccontavano del
pastore “Meraviglio”, uno dei
pastori che fecero visita a Gesù.
Testa distratta e
cuore attento
“Meraviglio” era un tipo con
la testa fra le nuvole. Si incantava davanti a tutte le cose e perdeva il senso del tempo. Quando
si metteva a giocherellare con il
cane o con un agnellino, si scordava persino delle pecore al pascolo. A volte veniva pescato in
aperta campagna dagli acquazzoni, perché era rimasto troppo
tempo incantato a fantasticare
con la forma delle nuvole.
p. CLAUDIO CODENOTTI, sx
Addirittura, quando gli angeli quella notte avevano portato il
grande annuncio, si era precipitato tutto curioso alla grotta, dimenticando però di portare qualcosa in dono. Infine, si era messo a coccolare il Piccino, senza
degnare di un saluto né Maria né
Giuseppe. Agli occhi dei compagni era un distratto, uno poco
affidabile, che non sapeva stare
con i piedi per terra e non aveva i
modi giusti di stare al mondo.
Ma Maria l’aveva perdonato. Anzi, l’aveva lodato davanti a tutti, proprio perché il cuore del pastore “Meraviglio” era
tanto vicino al mistero che si stava compiendo, da saperlo accogliere nel migliore dei modi: con
gioia e ammirazione.
L’avvento sempre più corto
Ma torniamo ai nostri tempi,
alla nostra società e cultura. Mi
chiedo se ancora in noi sia rima-
Un regalo del Signore
La visita ai missionari
I
l viaggio missionario della
scorsa estate in Brasile è
stato la conclusione di un cammino, percorso con i missionari
saveriani di Desio. Ci siamo trovati regolarmente, come gruppo
“Sequela”, a pregare e a riflettere insieme sul senso della nostra
vita ispirati dai personaggi della
Bibbia. Dopo aver ascoltato alcune testimonianze, è nato in noi
il desiderio di toccare con mano
la vita della missione e di vivere
un’esperienza missionaria.
Padre Renato e i kayapò
Ci siamo preparati alla partenza con alcuni incontri per conoscere qualcosa sulla storia
sociale, culturale e politica del
Brasile e per imparare qualche
parola di portoghese. Abbiamo
organizzato anche due serate per
8
CHIARA MARIANI
raccogliere qualcosa da portare
là. La nostra esperienza è stato
un regalo del Signore.
La prima parte della nostra
esperienza è avvenuta a Redençao, una cittadina dello stato
del Parà. Siamo stati accolti da
p. Renato Trevisan con la gioia,
la cura e l’attenzione speciale
di un padre buono. Grazie a lui,
abbiamo incontrato un gruppo di
indio kayapò, ai quali egli dedica tutta la sua vita. Hanno perso
il loro habitat naturale a causa
del disboscamento della foresta.
Padre Renato li aiuta a integrarsi
nella società brasiliana e fa conoscere loro Gesù e il vangelo.
Siamo stati anche nelle “fazende”, distese smisurate di
terre abbandonate, possedute da
un unico padrone, mentre tanta gente non riesce ad avere un
Alcuni bambini brasiliani, durante un momento di gioco
sto il senso dell’attesa, della meraviglia e soprattutto la capacità di saper guardare agli avvenimenti e alle cose con il senso del
mistero. Penso poi alla capacità
di tanti uomini e donne del mondo di avere ancora desideri, speranze e attese di salvezza, che
permettono loro di vedere ed accogliere Dio, che diventa Bambino e irrompe nella loro storia.
Mi turba il pensiero che forse noi non siamo sufficientemente desiderosi o bisognosi di
salvezza. La affidiamo alle sicurezze che ci vengono dal possedere cose e dal non temere imprevisti, alle cose sempre uguali che si ripetono senza sorprese. Soprattutto, la poca fede non
ci permette di vedere la salvezza
nelle situazioni di sofferenza e di
disagio, di novità o di piccolezza. Mi turba ancor più il fenomeno dell’avvento accorciato, perché siamo proiettati con mesi di
pezzo di terra per costruirsi la
casa. Abbiamo conosciuto la vita della parrocchia di Redençao,
partecipando alla Messa quotidiana. I laici sono fondamentali
nella vita della chiesa. Ognuno
ha un compito preciso e sono
molti ad essere coinvolti nella
varie iniziative.
Andrea e
i bambini di strada
Poi ci siamo spostati ad Abaetetuba, sulle rive del grande
fiume Rio delle Amazzoni. Qui
abbiamo incontrato i bambini di
strada, ospiti della parrocchia,
e Andrea Franzini, un giovane
volontario cremonese, che si
occupa dell’attività pastorale dei
minori. Da lui abbiamo capito
come si fa animazione con loro.
Ci dice che il centro della pace,
da poco costruito, è a servizio
della gente. È la gente stessa a
fare le proposte di aiuto per i
ragazzi. Questo è un bel segno,
perché il volontario deve condividere le speranze e le attese delle persone del luogo.
Abbiamo vissuto tante altre esperienze che
ognuno di noi porta nel
cuore. Sono ricordi indimenticabili. Ora, tornati a casa, abbiamo il
desiderio di far conoscere agli altri ciò che
abbiamo vissuto. Abbiamo anche la voglia
di vivere con maggiore
coerenza, perché anche
noi siamo responsabili della povertà di tanta gente nel mondo. ■
I ragazzi di Desio, protagonisti del viaggio in Brasile, con p. Renato Trevisan,
missionario tra i kayapò (in basso, a sinistra)
anticipo a pensare già alla festa
del Natale: regali, spese, pranzo
eccetera. Il Natale celebrato nell’occidente consumista ci ha tolto la gioia dell’attesa, la fatica di
cercare, la sfida a cambiare.
Il Natale della speranza
Quest’anno, nella comunità
saveriana di Desio, costruiamo
un presepio nuovo. I nostri giovani amici, che la scorsa estate
hanno visitato le missioni del
Brasile settentrionale, vogliono
aiutarci a vivere il mistero del
Natale come lo vivono i cristiani
brasiliani. Vogliono farci capire
come lo attendono e vivono i poveri di quella terra. I nostri giovani sono stati molto colpiti da
questa esperienza. Sentono che
la loro vita ha un senso e un sapore diverso.
L’incontro con la gente del
Brasile, è stata l’occasione di
un incontro con il Signore, che
chiama a farsi fratelli e sorelle di
tutti. I loro occhi sono stati come
gli occhi del pastore “Meraviglio”. Hanno scoperto la presenza di Dio nella carne: un presepio vivente, non più solo folcloristico o artificiale. E hanno scoperto che la luce del Natale non
sono addobbi fuori di noi, ma è
una luce che emana dal cuore,
tanto da farci diventare uomini e
donne di speranza.
“Divenire speranza”: questo è l’invito di quest’anno, dedicato alla
missione. Ci domandiamo: come
trasformare il Natale in un’esperienza quotidiana e concreta della
presenza del Signore in mezzo a
noi? Come attenderla e accoglierla? Come viverla e gustarla? Come annunciarla e mostrarla agli
altri? Come… come…?
■
BUON NATALE, DONO DI SPERANZA
Signore, cambia il freno delle nostre paure
in acceleratore della tua speranza!
Buon Natale a tutti: parenti, amici, benefattori, simpatizzanti e lettori! Questo è il nostro desiderio ed augurio: Gesù Salvatore sia conosciuto e amato da tutti.
Gesù è nato e, come ogni bambino che nasce, dona
speranza al mondo. Gesù ha acceso la speranza più
grande che sia mai stata donata all’umanità intera. Con la sua venuta ci ha indicato la strada
per vivere con il cuore felice e per aiutare
gli altri a una gioia maggiore. È lui che ci
ha fatto capire il senso vero della nostra
esistenza. Noi, suoi amici, desideriamo che
al mondo d’oggi egli faccia dono della sua
speranza. Trasformi noi credenti in uomini e
donne di speranza che lavorano per la costruzione del suo regno nel mondo.
Di speranza c’è tanto bisogno. In giro ci sono troppe
facce tristi, con gli occhi spenti. La gioia della fede illumini il nostro sguardo; la grazia di Dio renda luminosi i nostri volti; la parola di Dio sia presente
è mio Figlio, sulle nostre labbra per dare conforto, perdono e
è per te!
consiglio. Così diventiamo testimoni dell’amore
di Dio a ogni persona.
Gesù ci ha insegnato ad amarci come lui ci ha amati: come figli del
Padre e fratelli tra noi. La chiesa, peccatrice e santa, si sforza di testimoniare il vangelo in ogni angolo della terra. Anche noi crediamo nel
vangelo e lo vogliamo annunciare a tutti.
I migliori auguri, dai missionari di Desio. Siete tutti nei nostri cuori
e nelle nostre preghiere. Anche voi, soprattutto in questi giorni di Natale, ricordatevi di noi e di tutti i missionari nel mondo.
La comunità saveriana di Desio
2005 DICEMBRE
FRIULI
33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70
Tel. 0432 471818 - Fax 0432 44185
E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336
La solidarietà dei poveri
Trent'anni missionario in Brasile
Padre Lorenzo è friulano di
Mortegliano. Dopo 31 anni di
vita missionaria in Brasile, è in
Italia per un periodo di riflessione e riposo. Racconta un po’ della sua esperienza.
R
icordo il giorno della mia
prima partenza dall’Italia come se fosse oggi. Era il 18
gennaio del 1974. La traversata dell’oceano Atlantico fino al
Brasile è durata 13 giorni. Dal
porto di Santos, viaggiando verso San Paolo, ci siamo imbattuti in una nebbia fitta che non ci
lasciava vedere nulla. Da quel
giorno sono passati 31 anni.
C’è voluto un po’ di tempo per
acclimatarmi, imparare la lingua
e immergermi nella nuova cultura. Con calma e con entusiasmo, ho cominciato a lavorare
là dove i superiori mi dicevano
di andare. Così ho potuto vivere varie esperienze lavorando in
alcune parrocchie modeste e in
altre più importanti, quasi sempre nella regione del Paranà, nella parte meridionale del Brasile.
Ho trascorso gli ultimi anni nei
“conjuntos”, i quartieri popolari di Condrina, che una volta era
considerata la capitale brasiliana
del caffè.
Un’esperienza significativa
Ci sono tre parole molto familiari ai cristiani impegnati del
Brasile: liturgia, bibbia e carità.
Le loro liturgie sono una vera
festa. La parola di Dio è letta e
commentata con grande sponta-
Il caffè è essiccato al sole; poi, con il
“balaio”, si separano i chicchi dalla
pula: ci prova anche padre Lorenzo
p. LORENZO MATTIUSSI, sx
neità. La carità si traduce in profonda sensibilità per tutti i bisognosi. Questi tre valori vitali
sono sempre presenti nella vita
delle comunità cristiane e interagiscono tra loro.
Ma nei due tempi forti dell’avvento e della quaresima, la Parola e la carità risaltano maggiormente. Le famiglie si riuniscono
in gruppi a pregare, cantare, leggere la parola di Dio e riflettere.
Così si preparano a celebrare il
Natale e la Pasqua, le due feste
che meglio esprimono la povertà di Betlemme e il martirio del
Calvario, insieme a tutte le vittime delle ingiustizie umane.
I poveri si aiutano
L’ultimo giorno della novena natalizia e la domenica delle
Palme sono i due momenti culminanti in cui si manifestano la
forza della Parola e i frutti della carità. Con i cuori aperti all’amore di Dio e sensibili alle
sofferenze umane, i cristiani celebrano la condivisione della fede e della carità.
Il frutto della generosa colla-
In diocesi e in casa saveriana
Le iniziative della missione
Alcune famiglie riunite celebrano la novena del Natale;
piccoli e grandi insieme pregano, cantano e riflettono
borazione di tutti, viene raccolto,
messo tutto insieme e poi distribuito in sacchetti. Sono le cosiddette “ceste basiche”, che i membri della san Vincenzo portano in
dono alle famiglie bisognose. Si
cerca così di aiutare sopratutto le
giovani gestanti e le mamme povere che hanno bambini piccoli.
Grazie a Dio i bambini sono ancora numerosi e sono la vera ricchezza del Brasile.
Sono esperienze belle ed entusiasmanti. Ci sono anche difetti e
qualche sorpresa sgradevole, ma
i risultati concreti della compassione incoraggiano a proseguire
su questo cammino di donazione. È una strada alla quale dobbiamo continuamente educarci e
che vale la pena percorrere tutti
insieme.
“L’avete fatto a Me!”
Warta è un piccolo paese di
Padre Livio Maggi di Rivarotta
ha riunito presso la
comunità saveriana di Udine
gli amici che sostengono la sua
attività missionaria in Thailandia;
ha spiegato l’utilità
delle adozioni a distanza.
2.500 abitanti. Molti appartengono alle sette protestanti. Eppure, sono riusciti a mettere insieme e a distribuire ben quarantotto ceste basiche. è un risultato
incoraggiante e gratificante per i
numerosi poveri, vittime del sistema iniquo vigente. Il sistema
economico porta profitto a pochi,
che poi mostrano tanta durezza
di cuore verso coloro che lavorano e sudano, senza poter vivere
una vita dignitosa. Così i poveri
lazzari si moltiplicano.
Nonostante tutto, l’intera comunità cristiana vive un momento esaltante e pieno di speranza
quando unisce e fonde armoniosamente i momenti celebrativi
della fede cristiana con l’attenzione cordiale ai veri bisognosi.
Questo è possibile quando è viva la convinzione che qualunque
cosa facciamo ai poveri “l’avete
fatta a Me”.
■
la MISSIONE HA BISOGNO DI TE
Tu hai bisogno della missione
Non si finisce mai di conoscere le mille facce della vita e del
mondo. Oggi più che mai bisogna sempre tenersi aggiornati un
po’ su tutto: la religione, la politica, gli eventi nazionali e internazionali. Anche per il cristiano, infatti, è indispensabile nutrirsi di tutto ciò che può aiutarlo a rendersi conto che il vangelo
diventa la speranza e la forza della vita. Per questo, presso la
comunità saveriana di Udine, continuano gli incontri per varie
categorie di persone: ragazzi, giovani e adulti.
Padre Ilario Trapletti è venuto a trovarci. Tanti
lo ricordano con affetto e riconoscenza.
Passerà il Natale al caldo, in Brasile.
NATALE IN CINQUE PAROLE
La festa del Natale è carica di sentimenti profondi.
Da Betlemme il Bambino illumina il mondo:
Natale è luce.
È nato per noi il principe dalla pace:
Natale è pace.
8
Padre Marcello Storgato, direttore di
“Missionari Saveriani”,
è stato invitato al convegno
diocesano missionario di ottobre.
Ci ha incoraggiato a far
diventare “missionaria” la parrocchia;
il suo intervento è piaciuto a tutti.
Dio ci ama e ci aiuta ad amare:
Natale è amore.
Quante persone soffrono la fame:
Natale è solidarietà.
Quel Bambino è Dio con noi:
Natale è speranza.
Buon Natale a tutti voi, cari amici,
che ci accompagnate con il vostro affetto e sostegno.
Gesù Bambino vi doni una vita serena e gioiosa.
Figlio,
è mio
è per te!
i missionari saveriani di Udine
2005 DICEMBRE
MACOMER
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706
E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084
Alessandro Brai è sacerdote
Una gioiosa celebrazione interculturale
P
suoi genitori in chiesa per la prima Messa.
Tutto il paese in festa, in un incontro
di fede tra Sardegna e Camerun
Tutto il paese in festa
Non è mancato il lancio augurale di grano e fiori sul sacerdote e il getto dei piatti sul terreno,
come si usa per gli sposi novelli. Questa tradizione indica la fine del legame familiare e l’inizio di una nuova famiglia: la famiglia universale di Alessandro.
Durante la processione dalla casa alla chiesa, p. Alessandro si
è fermato a salutare le persone
malate che erano sulla porta di
casa. Ha così raccolto gli auguri
e le sofferenze degli abitanti del
paese da portare all’altare.
Padre Alessandro ha celebrato la Messa sulla piazza adiacente la chiesa di sant’Antioco. Per
l’occasione, la statua del santo
patrono era stata trasportata sotto la tenda del palco-altare. Padre Giuseppe Sartori, ora missionario in Colombia, ha ricordato gli anni trascorsi in Sardegna, quando ha incontrato e conosciuto due ragazzi sorridenti,
ora saveriani: Alessandro Brai e
almas Arborea (OR) ha festeggiato un nuovo sacerdote, dopo 400 anni. È successo
il 9 ottobre scorso, quando tutti gli abitanti di questo piccolo
centro hanno accompagnato il
saveriano p. Alessandro Brai e i
La strada più bella
La sua gioia ci contagia
La signora Veneranda Pinna,
mamma di p. Alessandro Brai,
ci ha scritto questi pensieri confidenziali. La ringraziamo, insieme al papà, per aver dato il
figlio alla chiesa missionaria.
S
8
ono davvero emozionata, e
con me tutta la mia famiglia, per l’ordinazione e la prima
Messa di Alessandro. È un giorno meraviglioso che abbiamo
atteso da tanto tempo. Quando
Alessandro ha preso l’impegno
solenne di essere saveriano ed
è diventato diacono, noi non
siamo potuti andare in Africa.
Ma grazie a Dio, l’ordinazione
sacerdotale è avvenuta in Sardegna. Siamo contenti, perché vediamo che nostro figlio è felice e
raggiante. Dopo tanti anni passati lontano da casa, in Camerun,
adesso è tornato e la sua gioia
contagia non solo i parenti, ma
tutto il paese.
Alessandro è stato un bambino
sereno e tranquillo. Un bambino
come tutti gli altri. Avevo notato
che gli piaceva ritirarsi in camera a pregare, quando ancora era
molto piccolo. Don Eugenio lo
chiamava a fare il chierichetto e
lui era felice quando poteva stare
mamma VENERANDA
vicino al parroco.
Un giorno sono venuti i missionari saveriani di Macomer.
Qualche tempo dopo Alessandro
ci ha detto: “vado a farmi missionario”. Così è iniziato il suo
cammino. È partito un pippiu
(bambino), è tornato un uomo.
Alessandro ha percorso un cammino normale, con alti e bassi,
come tutti credo. Qualche volta
lo vedevo preoccupato, ma mai
triste. I saveriani lo hanno sempre aiutato e a loro deve tutto.
Avrà sentito la mancanza dei ge-
p. DINO MARCONI, sx
Andrea Rossi.
Due culture, una preghiera
Sulla piazza di sant’Antioco
di Palmas Arborea è avvenuto un
vero gemellaggio culturale tra la
Sardegna e il Camerun. I colori e
i canti del Camerun e della Sardegna si sono fusi insieme nella
preghiera di due popoli uniti dalla comune fede in Gesù, Salvatore dell’umanità.
Il coro sardo ha cantato l’atto
penitenziale Perdonu Deus meu,
mentre p. Alessandro passava tra
i fedeli aspergendoli con l’acqua
benedetta. La processione offertoriale si è svolta danzando,
come si usa in Africa, al ritmo
del canto camerunese Oyamba
ma bonza ee - Accogli l’offerta. L’hanno eseguito il gruppo
dei bambini e delle suore africane del Buon Pastore, congregazione a cui appartengono due
zie di p. Alessandro. L’offertorio
è stato accompagnato da un coro sardo.
Il coro giovanile ha animato la
comunione con un canto italiano
e uno francese. Padre Alessandro
nitori, del fratello, della sorella,
degli amici e del paese, sopratutto quando era in Africa; ma non
ce l’ha mai fatto pesare. Anche
noi sentivamo la sua mancanza,
sopratutto durante le feste. Ma,
al telefono, ci incoraggiava sempre: “Coraggio mamma, sto per
tornare!”.
Figlio mio, cerca di essere
sempre un buon missionario.
Cerca di essere sopratutto fedele
agli impegni che hai preso e ricordati che noi ci siamo sempre,
che ti amiamo e che saremo con
te nella tua missione.
Voglio dire una parola anche a
tutte le mamme: se uno dei vostri
figli vuole diventare missionario,
lasciatelo partire. La strada di
Dio è la strada più bella!
■
Padre Alessandro con mamma Veneranda e papà Augusto,
durante il tragitto verso la chiesa
ha espresso il suo ringraziamento cantando in francese con i sette giovani camerunesi che, alla
fine della Messa, gli hanno offerto lo scettro dell’autorità, come si usa per il capo villaggio
nei paesi africani.
Mille volte “grazie!”
Nella commossa omelia, p.
Alessandro ha detto “grazie”,
mille volte. Solo una sintesi.
«Oggi anch’io mi sento, come Pietro e gli apostoli, invitato
a prendere il largo e a gettare le
reti per la pesca. Come Pietro,
mi sento un peccatore, ma anche
fortunato, perché la grazia di Dio
mi dà la forza di dire: “Signore,
sulla tua parola, getterò le reti”.
La mia ordinazione sacerdotale
è opera dello Spirito Santo, della grazia del Signore. Sono stati tanti gli anni di formazione e
di preparazione: 4 anni a Macomer, 4 a Cagliari, 2 a Desio, 2 ad
Ancona, 1 anno a Parigi e 4 anni
in Camerun, la mia terra di adozione. Il Signore mi ha accompagnato in questa avventura fino
ad oggi. Perciò il mio primo grazie va al Signore.
Ringrazio i miei genitori che
non solo mi hanno dato la vita,
ma mi hanno sempre sostenuto
durante tutto il cammino e non
mi hanno mai fatto pesare il fatto di aver scelto la vita missionaria, di essere partito in Africa per
4 anni, senza mai tornare. Con
loro, ringrazio tutta la mia famiglia e le zie suor Tiziana e suor
Anna Franca.
Un grandissimo grazie a tutta Palmas Arborea, al sindaco
e al parroco, che mi è stato vicino con simpatia e delicatezza.
Grazie, don Tonino. Un giorno ti
inviterò in Africa e sono sicuro
che ti troverai bene, perché hai
un grande spirito missionario.
Padre Alex durante la sua prima Messa
a Palmas Arborea, il 9 ottobre scorso
“Fatemi compagnia!”
Io ho ormai una mia famiglia,
quella dei missionari saveriani e
delle saveriane, con tante comunità non solo a Macomer, Oristano e Cagliari, ma anche in tante
altre parti d’Italia e nel mondo.
Ringrazio i formatori, i superiori
e i direttori spirituali che da Macomer fino a Yaoundé mi hanno seguito. Un grazie a p. Sergio Galimberti e a p. Giuseppe
Sartori, più conosciuti come Libi e Ciko.
Ora inizia per me un nuovo
cammino. Pregate per me, perché io sia sempre e ovunque un
testimone gioioso del vangelo
di Cristo. Sono il primo prete di
Palmas Arborea. Altri si decidano a farmi compagnia nel sacerdozio e festeggeremo insieme. A
atrus annusu!».
■
SOLIDARIETà NATALIZIA
Un sapore universale
p. DINO, sx
Quest’anno potremmo pensare a un regalo
natalizio un po’ diverso, un regalo equo-solidale. Nei pacchi natalizi delle botteghe
del terzo mondo, infatti, possiamo trovare il panettone al cioccolato della cooperativa LiberoMondo. Il panettone
è prodotto con ingredienti di prima
qualità come il cioccolato fondente e
lo zucchero integrale di canna provenienti dai produttori del commercio
equo e solidale.
Il cioccolato è fatto con cacao prodotto in Bolivia e nella Repubblica Dominicana. Lo zucchero integrale di canE con questo “sapore
na viene dall’Ecuador. La confezione
utilizza la carta di riso prodotta ar- universale” di solidarietà,
auguriamo a tutti
tigianalmente in Nepal. Il nastro che
avvolge il panettone è fatto di iuta
Felice Natale!
ricamata con fili colorati ed è prodotto dalle donne del Paraguay. Insomma, si tratta di un panettone
che ha veramente il... sapore del mondo!
Il commercio equo e solidale stabilisce rapporti diretti con i produttori senza ricorrere a intermediari. Corrisponde direttamente ai produttori un prezzo equo, in relazione alle loro esigenze, e promuove
un processo produttivo nel rispetto della dignità dell’uomo e dell’ambiente.
2005 DICEMBRE
MARCHE
60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40
Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639
E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605
SAVERIANI MARCHE
Una vacanza davvero diversa
”L'uomo propone e Dio dispone”
E
ro rientrato in Italia dall’Indonesia per una vacanza di tre mesi. Ne sentivo il bisogno per una ricarica fisica, dopo
l’estenuante lavoro nella gran-
Un altro saveriano marchigiano,
padre Angelo Cappannini, di Castelplanio (AN), è stato rimesso
in sesto... al cuoricino; nella foto,
con fratel Dario Montanaro, nell’infermeria saveriana di Parma.
de parrocchia di san Matteo, alla periferia di Jakarta. Dopo tre
settimane passate ad Ascoli da
mio fratello, stavo andando a S.
Benedetto del Tronto dalle mie
sorelle, con una famiglia amica.
Improvvisamente, sulla via Salaria, abbiamo perso il controllo, andando a sbattere contro un
trattore di fronte. Macchina distrutta.
Eravamo in quattro persone.
Tre indenni. Io, con multi frattura al braccio destro. Operazione
e tre chiodi fissi, per ricucire attorno i pezzi dell’osso. Braccio
al collo, medicazioni e terapie
mattino e sera, e tanta pazienza. Col braccio destro bloccato,
tutto mi è diventato più complicato. Ho obbligato la sinistra a
fare le cose più necessarie. Ma
non è facile. Impossibile usare il
computer.
Avrei voluto, ma...
Così paralizzato, sono saltati
p. SILVANO LAURENZI, sx
tutti i programmi della vacanza.
L’uomo propone, Dio dispone.
Quattro mesi di cure e terapie:
una vacanza davvero diversa!
Una vera e completa guarigione
sarà impossibile. Il Signore mi
ha bloccato, visto che è difficile
fermarmi. Avrei voluto fare tante cose, correre, fare viaggi, fare incontri con parenti ed amici,
conferenze nelle parrocchie, veglie con i giovani. Avrei voluto
far conoscere la situazione della chiesa in Indonesia, della mia
immensa parrocchia a Jakarta,
dei nostri impegni per tanti ragazzi bisognosi di tutto...
Avrei voluto parlare delle conseguenze dello tsunami, dei disastri dell’isola del Nias, dove noi
saveriani abbiamo lavorato per
tanti anni e dove c’è tutto da ricostruire. Tante cose avrei voluto fare. Parlare dei rapporti con
l’Islam, spesso delicati e difficili e
dei tentativi di dialogo; dell’impegno dei nostri cristiani per diven-
DIARIO DELLA COMUNITà
Capolavoro della vita
Vi presento... me stesso
Cari amici, anche quest’anno
la comunità saveriana di Ancona si è arricchita di nuovi volti
che vogliamo presentarvi. E inizio proprio io.
S
ono Davide. Sono nato a
Cagliari nel 1983. In famiglia siamo cinque: papà Giovanni, mamma Fernanda, il fratello
Gianluca, la sorella Cinzia e io,
che sono il più piccolo.
Ho conosciuto i saveriani a
Cagliari quando frequentavo
le scuole medie, grazie a una
ragazza della mia parrocchia
che ora è missionaria di Maria,
saveriana. Si chiama Valentina
Gessa e attualmente è missionaria in Thailandia. Su suo invito,
ho partecipato ad alcuni incontri
per ragazzi delle scuole medie
e poi a un campo scuola estivo.
Gli incontri erano animati da un
giovane saveriano, p. Sergio Galimberti detto Libi.
8
Mi sto preparando
alla vita missionaria
Mi sentivo attratto dalla vita missionaria. Così, nel 1997,
all’età di 14 anni, sono entrato
nella casa apostolica di Cagliari,
come aspirante missionario. Qui
ho vissuto per sei anni, frequentando le scuole superiori. Gli
DAVIDE LAI
ultimi due anni ho visitato regolarmente l’ospedale “Santissima
Trinità” di Cagliari e ho aiutato
come animatore nella mia parrocchia in città.
Dopo il diploma, nel 2003, mi
sono trasferito nella comunità
di Desio (MI) per proseguire il
cammino di discernimento e fare
gli studi del biennio di filosofia.
In questi due anni ho prestato il
servizio pastorale presso l’ospedale di Desio e con il gruppo
giovanile “Sequela”, un gruppo
di discernimento vocazionale
che si riunisce regolarmente nella nostra comunità.
Terminati i due anni a Desio,
ho fatto nuovamente le valigie
per trasferirmi ad Ancona. Dal 3
settembre ho iniziato il noviziato. È un periodo importante per
crescere in maturità umana e per
approfondire la mia scelta vocazionale. Così mi preparo meglio
a consacrarmi alla vita religiosa
e missionaria. Accompagnatemi
con la vostra preghiera.
I miei due grandi amici
Ciò che in questi anni di cammino mi è rimasto nel cuore è la
testimonianza di due ammalati
dell’ospedale di Cagliari. Sono
due miei grandi amici e maestri
di vita. Sono affetti dal morbo di
Hansen, dalla lebbra. Nonostante il dolore per la malattia e la
sofferenza fisica, nonostante il
loro stare per anni e anni sempre
in quell’ospedale, nei loro volti
ho sempre visto il sorriso. Hanno saputo regalarmi tante volte
quel loro sorriso e ancora oggi lo
regalano a tante altre persone. È
una bella testimonianza di vita e
di missione nella sofferenza.
Questo è anche l’augurio che
faccio a ciascuno di voi: nonostante le difficoltà che incontriamo nella vita, nonostante le sofferenze che ci possono colpire, nonostante le delusioni e le cadute,
continuiamo ad avere fiducia in
Dio e a sorridere. Abbandoniamoci nelle sue braccia, lasciamoci plasmare e amare da lui. Così,
come ha detto il papa Paolo VI,
potremo fare “della propria vita
un capolavoro”: un vita fondata
saldamente sulla roccia dell’amore, che è Cristo.
■
Davide Lai, novizio
saveriano sardo
Padre Silvano Laurenzi, missionario in Indonesia, con le suore di madre Teresa
tare persone aperte, capaci di trasmettere speranza e ottimismo...
Costretto a pregare!
Ma Gesù mi ha chiesto il riposo. Mi ha dato largo spazio per
pregare e meditare. È una preghiera sofferta e silenziosa, fatta anche di lacrime e di nostalgia. La offro come sostegno al
lavoro di p. Francesco Marini e
di p. Eduardo Villena, costretti a
portare anche il peso del mio lavoro. Gesù mi ha ricordato che
la missione non è solo correre
e fare. Ma è prima di tutto preghiera nella croce, per ottenere
la grazia di Dio che tocca i cuori e converte. Grazie, Signore, di
questa esperienza non programmata.
Lo scorso ottobre diversi sacerdoti di Ascoli mi hanno invitato a dare una testimonianza
missionaria alle loro comunità.
Abbiamo riflettuto su come diventare uomini e donne di speranza e abbiamo pregato per il
regno di Dio. Anche in duomo,
nella veglia missionaria assieme
al vescovo e ai giovani, è stato
un momento forte e gratificante.
Grazie e arrivederci
Approfitto di questa occasione per salutare e ringraziare tutti delle preghiere, dell’amicizia e
di ogni aiuto, che hanno reso più
leggera questa mia lunga convalescenza. Rafforziamo questo
vincolo di fraternità per un maggiore impegno nella missione.
Il mio pensiero è già in missione. A metà novembre riparto
per l’Indonesia, dove la comunità parrocchiale mi sta aspettando. Spero di arrivare prima del
20 novembre, per la festa delle
prime comunioni. L’anno venturo, con la benedizione del Signore, spero di celebrare in Indonesia i miei 50 anni di sacerdozio,
di cui 49 trascorsi in Indonesia.
Insieme loderemo, benediremo,
ringrazieremo il Signore. Grazie
a tutti e arrivederci.
■
SPAZIO GIOVANI
DALLA CINA CON AMORE
BARBARA
Barbara è una giovane del movimento giovanile missionario degli
Abruzzi, che i saveriani accompagnano da diversi anni. Chiede agli
amici un sostegno... a distanza.
Voi siete i compagni di viaggio in questa mia avventura in Cina. Stare qui è bello e importante, ma non mancano momenti di umana debolezza, e un vostro
sms o una mail mi ridanno carica. Sono a
Canton, nella mia ”casa famiglia”, in una
zona molto povera. Vivo con 2 ragazze e
2 ragazzi disabili e un’operatrice, chiamata “mamma”. Loro non parlano italiano e
io non parlo cinese; quindi non possiamo
scambiarci una parola. Sono come una
muta che si aggiunge ai quattro disabili
che già non parlano. Con poche parole o
gesti cerco di farmi capire.
La mia giornata è così: il mattino lavoro
con i ragazzi disabili; il pomeriggio vado
da p. Fernando e faccio lavoro d’ufficio o
terapie ai bambini dell’asilo. Studio anche
un po’ di mandarino. La mia insegnante è
su una sedia a rotelle, a causa di un inciBarbara con i bambini
dente d’auto da bambina; si chiama Gradell’asilo, a Canton, in Cina
zia ed è una donna davvero in gamba. La
sera, terminato il lavoro, torno a casa.
La giornata è ritmata da momenti di preghiera, che continuano a rimotivarmi e mi fanno sentire unita a tutti i cristiani che faticosamente
lavorano in Cina. Continuate a pregare per me; non smettete mai! È
importante aiutare i cuori addormentati a risvegliarsi e ad essere sensibili alla missione. Siamo fortunati a vivere in un paese tanto ricco.
Condividiamo il poco che abbiamo, per poter essere dei “dignitosi”
figli di Dio. Il resto lo faccia il Signore.
2005 DICEMBRE
PARMA
43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
Tel. 0521 990011 - Fax 0521 960645
E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437
Il regalo accolto a mani vuote
Auguri di buon Natale a tutti
I
saveriani che vivono nella
casa madre di Parma, dal
superiore dell’Italia padre Carlo
Pozzobon ai giovani studenti
di teologia, tutti desideriamo
esprimere i più calorosi auguri
di un felice Natale a voi, che ci
pensate e pregate per noi. Sono
Mani operose nel servizio:
un bicchiere d’acqua servito con amore
a fratel Guglielmo Cerati
p. PIERGIORGIO MOIOLI, sx
molte le persone che ci vogliono
bene. Noi lo sappiamo e vogliamo ricordarle, insieme alle loro
famiglie.
“Cosa ci hai portato?”
Gli auguri di un felice Natale
nascono dalla consapevolezza
che la più grande gioia di questo giorno cristiano viene proprio dal vedere le proprie mani
vuote.
Com’era abitudine per i sapienti e i grandi asceti del lontano Oriente, anche Dogen, il
grande asceta giapponese zen, si
era recato in Cina, allora ritenuta
la fonte della saggezza. Si racconta che, al ritorno dal viaggio,
i discepoli di Dogen abbiano
chiesto al loro maestro che cosa
avesse portato dal grande Paese celeste. Desideravano sapere
quale fosse il dono più grande
e più bello che il maestro aveva
scelto per loro. Dogen, come
risposta, aveva mostrato le mani aperte completamente vuote.
Il Conforti e il Saverio
Le nostre feste di famiglia
S
i dice, “siamo vicini alle
feste”. In effetti, con l’avvicinarsi del Natale inizia il periodo delle feste. Natale, santo
Stefano, Capodanno, Epifania:
è tutta una festa. Nell’arco dell’anno ci sono tante feste, perché la festa è un’esigenza di
ogni popolo e di ogni persona.
È il desiderio innato nell’uomo
di assaggiare un pizzico di cielo. Nella festa ci si sente migliori, più contenti, gli uni più amici
degli altri.
renze sono “feste di famiglia”,
perché gli interessati appartengono al nucleo familiare e sono le persone più care e intime.
Più che per i segni esterni che le
caratterizzano, queste feste si distinguono soprattutto per la gioia
profonda che lasciano.
Anche noi saveriani della casa
madre di Parma abbiamo alcune
“feste di famiglia”, che sentiamo
particolarmente nostre. In questo
caso i festeggiati siamo noi e al
centro c’è qualcosa che fa parte integrante del nostro cuore.
Tali circostanze ci fanno gustare profondamente i nostri ideali missionari, così com’erano nel
cuore di chi ha voluto la famiglia dei saveriani. Sto parlando
del 5 novembre, giorno in cui ri-
foto E. Manicardi
Due feste importanti
Oltre alle feste religiose e civili “pubbliche”, celebriamo anche alcune feste “private”, come il compleanno o l’anniversario di matrimonio. Queste ricor-
p. GANRIU, sx
8
Saveriani e saveriane attorno alla tomba del beato Conforti, il 5 novembre 2005
Infatti, il dono veramente grande
che il maestro aveva portato per i
suoi discepoli era proprio questo:
le mani vuote, che indicavano la
libertà dalle cose e, soprattutto,
un cuore assolutamente libero.
Il pastorello senza regalo
Un racconto simile si trova in
un vecchio libro di favole per
bambini. In una si racconta pressappoco così. Il presepio, con
tutte le statuine, era ormai pronto. Tutte le statue erano al loro
posto e la mezzanotte era ormai
vicina. Gesù stava per nascere.
D’improvviso, nel luogo della
capanna, si accende una gran
luce e, come per incanto, tutte le
statuine del presepio prendono
vita e iniziano a camminare verso la capanna per vedere Gesù
appena nato.
Quasi tutte le statuine hanno
in mano qualcosa: chi un pacco,
chi una gallinella, chi un pane o
una focaccia e chi un agnellino.
Arrivate alla grotta, iniziano a
cordiamo la morte del fondatore
il beato Guido Conforti, e del 3
dicembre, la festa di san Francesco Saverio nostro patrono e modello.
Il cuore, le mani e i piedi
Il 5 novembre è l’anniversario
della morte di mons. Conforti.
Ma per noi è la festa della nascita
dei saveriani. In questo giorno ci
rendiamo conto della nostra presenza nel mondo, di essere una
sola famiglia anche se sparsa dovunque. Abbiamo la consapevolezza di vivere con un cuore solo, pieno di vita, di entusiasmo e
d’amore, la stessa missione che
ha spinto san Francesco Saverio
a camminare e viaggiare, a predicare e benedire. Possiamo dire che mons. Conforti è il cuore
della nostra famiglia; le mani e i
piedi sono del Saverio.
In queste due giornate, noi celebriamo i nostri sogni e ideali.
Condividiamo la festa del Conforti con tutti i saveriani, le saveriane e il laicato saveriano, con
cui condividiamo il carisma e la
spiritualità. Condividiamo la festa del Saverio specialmente con
tutti i sacerdoti e i religiosi della
diocesi, accomunati dalla stessa
missione di diffondere il vangelo di Cristo nel cuore dell’umanità, fino ai confini del mondo.
In queste feste di famiglia, sentiamo che il regno di Dio ci avvolge e noi gustiamo la sua presenza nel nostro cuore, mentre ci
impegniamo a viverlo con tutti
gli uomini di buona volontà. ■
offrire i doni che hanno tra le
mani. Giuseppe è molto indaffarato a ricevere i doni, ma sono
talmente tanti che anche Maria,
con il bambino fra le braccia,
vuole dargli una mano, mettendo i doni nel suo grembo. Presto
si accorge che le è difficile riceverli tutti, perché tra le braccia
tiene Gesù. Allora Maria cerca con lo sguardo qualcuno
a cui poter affidare per un
attimo il Piccolo, mentre
ella si dedica a ricevere
i regali.
Ma tutti sembrano
avere le mani occupate.
Finché Maria vede, appoggiato al palo della
capanna, un ragazzo con le mani vuote e gli occhi lucidi per la
commozione. “Quella piccola statua non ha nessun dono; ha proprio le mani vuote!” - pensa Maria, tutta contenta. Gli si avvicina
e gli chiede il favore di prendere
Gesù tra le sue braccia, mentre lei
avrebbe continuato a ricevere i
doni che tutti portavano.
Per accogliere “il dono”
Quella piccola statua non aveva nessun dono; aveva le mani
vuote, libere. Proprio per questo
Padre Luigi Martini è uno che non
riesce a stare “con le mani in mano”;
eppure, dopo una vita operosa, le mani del missionario sono ancora vuote e
libere, per accogliere i doni di Dio
ha potuto ricevere il dono più
grande: Gesù.
Ebbene, cari amici dei missionari, il nostro augurio è che
possiate vivere un felice Natale.
Perciò provate ad avere le mani
vuote e il cuore libero. Così potrete stringere Gesù tra le braccia
e portarlo al cuore. Egli è il dono
più grande che Dio Padre poteva mai fare agli uomini.
■
I MARTEDì DELLA MISSIONE
in viale S. Martino 8 - Parma
13 dicembre, ore 21,00: conferenza di G. Pirola
Saverio e le religioni non cristiane
10 gennaio, ore 21,00: conferenza di E. Rossetto
Cristianesimo e religioni cinesi
APPUNTAMENTI GAMS
12 gennaio 2006, ore 16,00: santa Messa
NATALE: LA SCIARPA AL COLLO
p. MOIOLI, sx
Un uomo camminava lungo un viottolo, in una giornata d’inverno
mentre cadeva la neve. Ai margini della strada vede un piccolo Buddha nudo, intirizzito dal freddo. L’uomo si toglie la sciarpa, la mette al
collo del piccolo Buddha e riprende il suo cammino. Sente freddo, ma
è felice perché ha donato la sua sciarpa rossa per alleviare il freddo al
piccolo Buddha. Tornato a casa, apre la porta e trova il tavolo pieno di
cose meravigliose. In Giappone, lungo le strade di campagna, si possono vedere ancora piccole statue scolpite nella pietra con al collo un
drappo rosso, a ricordo di una mano e di un cuore misericordiosi.
Camminando al quarto piano della casa madre possiamo vedere
immagini simili. I nostri cari missionari, seduti sulla
carrozzella, possono sembrare piccoli Buddha immobili. Ma se ci avviciniamo e diamo loro il calore di un saluto, di una stretta di mano o di un
tocco sulla spalla, vi assicuro che, tornando a
casa con il cuore felice, troviamo la tavola della nostra vita imbandita di gioielli e diamanti.
È Natale anche al quarto piano e c’è
un’atmosfera di luci e di gioia. Le
luci sono gli occhi delle persone che vi abitano; la gioia
trabocca dai loro
cuori.
Gli occhi luminosi di
fratel Ivo Consigli,
di Berceto, Parma
Buon
Natale!
2005 DICEMBRE
PIACENZA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
Nel dono, il senso della vita
Andrea Franzini e i giovani del ”Beltrami”
classi dell’istituto
A lcune
tecnico commerciale “E.
Beltrami” di Cremona hanno incontrato Andrea Franzini, il volontario cremonese che da dieci
anni lavora in Amazzonia nella
“pastoral do minor”. Andrea,
anch’egli ex alunno del “Beltrami”, è partito nell’estate 1995.
Doveva essere una permanenza
breve, ma è ancora lì, ad Abaetetuba, nella diocesi che è stata
di mons. Angelo Frosi, cremonese di San Bassano, e dove ancora oggi lavorano i missionari
saveriani.
Non è una scelta facile
Non è stata una scelta facile
quella di Andrea: lasciare la famiglia, gli amici, il lavoro. Però,
dopo aver visto quelle schiere di
ragazzi abbandonati a se stessi,
che formicolavano sulle strade
polverose alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, la
sua vita è cambiata di 360 gradi. Ha capito che la vita ha sen-
so se diventa dono, soprattutto
ai bambini, i più indifesi. Scrive
don Primo Mazzolari: “L’amore mette le radici nella povertà.
Noi non sappiamo più amarci,
perché o siamo stanchi di fare
il povero o abbiamo paura di diventare poveri”.
È stato un incontro esaltante
e commovente quello con Andrea. Il linguaggio immediato e
spontaneo, che veniva dal cuore,
ha fatto subito breccia nell’animo dei giovani che lo stavano
ascoltando. “Professore, sa che
ho sentito il desiderio di partire
anch’io”, mi confidava una ragazza del quinto anno alla fine
dell’incontro.
I commenti dei giovani
Tante sono state le reazioni e
i commenti delle ragazze e dei
giovani della 3ª C. “Queste storie di miserie e di squallore umano, che in alcuni casi costringono i genitori a vendere le proprie
figlie per sopravvivere, hanno
Un ponte sull'oceano
Non si può far finta di niente p. PIREDDA, sx
Franzini è già torA ndrea
nato in Brasile, tra i suoi
ragazzi, ma con una speranza in
più. I giovani dell’istituto tecnico “Beltrami” di Cremona sappiano gettare un ponte invisibile,
ma vero, che attraversi l’oceano.
“Tu tocchi in un punto e il tuo
gesto si ripercuote all’estremo
opposto del mondo” (F. Dostoevskij).
Ecco qualche altra reazione
dei giovani ascoltatori alla testimonianza di Andrea.
8
L’amore esiste davvero
“Mi ha colpito che ragazzine
di 12 anni siano obbligate a prostituirsi per trovare il cibo per loro e le proprie famiglie”, sottolinea Stefania riflettendo sul privilegio di vivere in un Paese ricco, magari rincorrendo l’ultimo
capo di abbigliamento firmato.
Scrive Emanuele: “È sconvolgente! Non si può rimanere insensibili di fronte al degrado e
alla fame, alla violazione dei diritti fondamentali, allo sfruttamento del lavoro minorile, alle
violenze fisiche e psicologiche,
all’abuso sessuale su minori, ai
sequestri...”.
“Eppure, esempi come quelli
di Andrea - continua Emanuele
- ci dicono che l’amore e la soli-
darietà esistono. Luci di speranza si accendono negli occhi dei
ragazzi di Abaetetuba che riscoprono il piacere del gioco, la bellezza di vivere, il gusto di stare
insieme bandendo le violenze,
con la consapevolezza di poter
raggiungere la propria dignità
attraverso la scuola. Un oceano
Andrea Franzini, durante il suo viaggio
in Italia dello scorso anno
p. GESUINO PIREDDA, sx
creato in me un senso di disgusto e di rabbia allo stesso tempo.
Come possono esistere situazioni così opprimenti nel 2005?”,
scrive Mattia.
Non è facile condividere, neppure a livello teorico, questo
mondo di povertà. Eppure “non
ci sarà un domani se non lottiamo oggi” (Ademar Bogo). Bisogna liberare l’umanità da quell’assurda ingiustizia che è la fame.
Francesca, pensando alle situazioni di degrado descritte da Andrea, si domanda: “In una realtà dove i bambini sono venduti e
prostituiti, a volte uccisi dai trafficanti di organi, quale dignità
possiamo assicurare loro, se non
c’è la possibilità di un’adeguata istruzione, se ogni giorno devono lottare per un pugno di riso?”. “Uno di questi bambini, di
nome Baby, si era ridotto perfino a mangiare i gessetti della lavagna”, scrive Michael, rimasto
impressionato delle condizio-
ci divide dal Brasile, ma noi che
abbiamo sentito non possiamo
far finta di niente. Ascoltiamo,
dunque, le voci e afferriamo le
mani dei bambini che si protendono verso di noi in un tentativo
di abbraccio”.
Un ponte invisibile
Laura sogna di poter dedicare
qualche tempo della sua vita ai
bambini di Abaetetuba: “Penso
che non ci sia niente di più bello che regalare un sorriso a un
bambino nel bisogno”. Jennifer, poi, confessa di aver scoperto che esiste veramente un altro
mondo. Lo scenario di bambini
ammucchiati in quella specie di
case messe su palafitte, igienicamente sconvolgenti, s’imprime nella mia mente e scende nel
mio cuore. No, non posso più
lamentarmi se non ho quel tipo
di scarpe, o quel modello di maglietta, perché ci sono bambini
che non hanno nulla da mangiare e che al mattino non sanno se
arriveranno a sera”.
“Come in un film, mi passano
davanti agli occhi quei bambini,
tutti alla ricerca di una speranza, perché una cosa è certa - dice
Agostino - quei bambini hanno
la stessa voglia di vivere che abbiamo noi”.
■
Per conoscere meglio il lavoro di Andrea Franzini in
Brasile, si può contattare l’associazione “L’insieme”, in
via Valcamonica 5, Cremona. Tel. 0372 459168;
sito web www.insiemecremona.org
Alcuni bambini brasiliani hanno appena ricevuto il pasto giornaliero
presso il centro dove lavora Andrea Franzini, volontario cremonese in Brasile
ni igieniche in cui quei bambini
sono costretti a vivere.
“Ho capito cosa devo fare”
“Non pensavo potesse esistere
una condizione così drammatica.
Gli occhi di quei bambini, dallo sguardo così intenso e malinconico, mi frugano la coscienza
e mi hanno tolto un po’ di pace.
Mi ha fatto riflettere sulla mia situazione privilegiata, senza mio
merito, e sul modo in cui posso
sfruttare le opportunità che mi
sono offerte, come l’istruzione, che per quei bambini è una
chimera. Soprattutto mi sono
chiesto cosa posso fare per dare a quelle persone le mie stesse
opportunità”, dice Alessandro.
Luca è rimasto impressiona-
to sentendo le storie dei ragazzi costretti a vivere sulle strade:
“Mi ritengo fortunato ad avere
una famiglia che mi vuole bene,
un’esistenza confortevole”.
“Come può un giovane - si chiede Natalia - aver avuto il coraggio
di lasciare tutto e spiccare il volo
oltre l’Atlantico fino alle rive del
Rio delle Amazzoni? Lì lo attendevano tanti ragazzi in balia di se
stessi. A loro Andrea ha cercato di
offrire un po’ di speranza, garantendo un pasto al giorno e l’istruzione. I giovani come Andrea sono i veri famosi, e non quelli che
ci propongono certi programmi
televisivi, veri modelli di degradazione sociale”.
■
(continua a lato)
BUON NATALE, DONO DI SPERANZA
Signore, cambia il freno delle nostre paure
in acceleratore della tua speranza!
Buon Natale a tutti: parenti, amici, benefattori,
simpatizzanti e lettori! Questo è il nostro desi­
derio ed augurio: Gesù Salvatore sia conosciu­
to e amato da tutti.
Gesù è nato e, come ogni bambino
che nasce, dona speranza al mon­
do. Gesù ha acceso la speranza più
grande che sia mai stata donata
all’umanità intera. Con la sua ve­
nuta ci ha indicato la strada per
vivere con il cuore felice e per
aiutare gli altri a una gioia mag­
giore. È lui che ci ha fatto capire il
senso vero della nostra esistenza. Noi,
suoi amici, desideriamo che al mondo d’og­
gi egli faccia dono della sua speranza. Trasformi noi
credenti in uomini e donne di speranza che lavorano
per la costruzione del suo regno nel mondo.
Di speranza c’è tanto bisogno. In giro ci sono trop­
pe facce tristi, con gli occhi spenti. La gioia della
fede illumini il nostro sguardo; la grazia di Dio
è mio Figlio, renda luminosi i nostri volti; la parola di Dio sia
presente sulle nostre labbra per dare conforto,
è per te!
perdono e consiglio. Così diventiamo testimoni
dell’amore di Dio a ogni persona.
Gesù ci ha insegnato ad amarci come lui ci ha amati: come figli del
Padre e fratelli tra noi. La chiesa, peccatrice e santa, si sforza di testi­
moniare il vangelo in ogni angolo della terra. Anche noi crediamo nel
vangelo e lo vogliamo annunciare a tutti.
I migliori auguri, dai missionari saveriani. Siete tutti nei nostri cuo­
ri e nelle nostre preghiere. Anche voi, soprattutto in questi giorni di
Natale, ricordatevi di noi e di tutti i missionari nel mondo.
2005 DICEMBRE
PIEMONTE
e liguria
16156 GENOVA PEGLI GE - Viale Modugno, 39
Tel. 010 6969140 - Fax 010 6967910
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00303164
Nel dono, il senso della vita
Andrea Franzini e i giovani studenti
classi dell’istituto
A lcune
tecnico commerciale “E.
Beltrami” di Cremona hanno incontrato Andrea Franzini, il volontario cremonese che da dieci
anni lavora in Amazzonia nella
“pastoral do minor”. Andrea,
anch’egli ex alunno del “Beltrami”, è partito nell’estate 1995.
Doveva essere una permanenza
breve, ma è ancora lì, ad Abaetetuba, nella diocesi che è stata
di mons. Angelo Frosi, cremonese di San Bassano, e dove ancora oggi lavorano i missionari
saveriani.
Non è una scelta facile
Non è stata una scelta facile
quella di Andrea: lasciare la famiglia, gli amici, il lavoro. Però,
dopo aver visto quelle schiere di
ragazzi abbandonati a se stessi,
che formicolavano sulle strade
polverose alla ricerca di qual-
cosa da mettere sotto i denti, la
sua vita è cambiata di 360 gradi. Ha capito che la vita ha senso se diventa dono, soprattutto
ai bambini, i più indifesi. Scrive
don Primo Mazzolari: “L’amore mette le radici nella povertà.
Noi non sappiamo più amarci,
perché o siamo stanchi di fare
il povero o abbiamo paura di diventare poveri”.
È stato un incontro esaltante
e commovente quello con Andrea. Il linguaggio immediato e
spontaneo, che veniva dal cuore,
ha fatto subito breccia nell’animo dei giovani che lo stavano
ascoltando. “Professore, sa che
ho sentito il desiderio di partire
anch’io”, mi confidava una ragazza del quinto anno alla fine
dell’incontro.
I commenti dei giovani
Tante sono state le reazioni e
p. GESUINO PIREDDA, sx
i commenti delle ragazze e dei
giovani della 3ª C. “Queste storie di miserie e di squallore umano, che in alcuni casi costringono i genitori a vendere le proprie
figlie per sopravvivere, hanno
creato in me un senso di disgusto e di rabbia allo stesso tempo.
Come possono esistere situazioni così opprimenti nel 2005?”,
scrive Mattia.
Non è facile condividere, neppure a livello teorico, questo
mondo di povertà. Eppure “non
ci sarà un domani se non lottiamo
oggi” (Ademar Bogo). Bisogna
liberare l’umanità da quell’assurda ingiustizia che è la fame.
Francesca, pensando alle situazioni di degrado descritte da Andrea, si domanda: “In una realtà dove i bambini sono venduti e
prostituiti, a volte uccisi dai trafficanti di organi, quale dignità
possiamo assicurare loro, se non
Natale: rivive la speranza
Auguri sinceri a tutti voi
dopo giorno siamo
G iorno
arrivati anche alla fine del
2005, un tempo che il Signore,
nella sua infinita bontà, ci ha
concesso di vivere per costruire
un mondo più fraterno, più solidale.
È tempo di ottimismo
Pur osservando le numerose
tragedie che colpiscono questa
nostra umanità in tante parti del
mondo, abbiamo la possibilità
anche quest’anno di riflettere
sui veri e autentici valori che
devono sostenere e orientare la
nostra vita.
La fine dell’anno può essere il
periodo favorevole per fare questo utile esame
di coscienza.
8
Potrà suscitare in noi una profonda preghiera di
riconoscenza verso il
nostro Creatore, per
gli innumerevoli doni e grazie che anche
p. ANTONIO BENETTI, sx
in questo 2005 ci ha generosamente elargito.
Dobbiamo ammettere che prevale in noi una certa tendenza al
pessimismo. Siamo poco inclini
a riconoscere gli aspetti positivi
nel nostro Paese e nel mondo intero. Forse, confrontandoci con
gli enormi problemi e le drammatiche sofferenze dell’umanità,
potremo avere un maggiore ottimismo e apprezzare di più quello che il Signore ci ha donato.
È il tempo dell’amore
Il Qoèlet, un libro della Bibbia, ci ricorda che ogni tempo
ha le sue caratteristiche: “C’è un
tempo per nascere e un tempo
per morire, un tempo per piangere e un tempo per ridere”.
Davanti a noi abbiamo due
tempi: il tempo dell’Avvento,
per prepararci alla venuta del
Signore, e il tempo del Natale,
per celebrare la sua nascita in
mezzo a noi come Salvatore.
Sostenuti dalla fede e dal clima
di fraternità universale, durante
questo periodo vogliamo cercare
di aprire maggiormente il nostro
cuore alle necessità spirituali e
materiali del prossimo.
Insieme a Maria nostra Madre,
ci rendiamo conto che con la
nascita di Gesù è avvenuta una
svolta radicale nella storia dell’umanità. Comprendiamo che
Dio è Padre e ci ama tutti con
amore infinito.
Alcuni bambini brasiliani hanno appena ricevuto il pasto giornaliero
presso il centro dove lavora Andrea Franzini, volontario in Brasile
c’è la possibilità di un’adeguata istruzione, se ogni giorno devono lottare per un pugno di riso?”. “Uno di questi bambini, di
nome Baby, si era ridotto perfino a mangiare i gessetti della lavagna”, scrive Michael, rimasto
impressionato delle condizioni igieniche in cui quei bambini
sono costretti a vivere.
“Ho capito cosa devo fare”
“Non pensavo potesse esistere
una condizione così drammatica.
Gli occhi di quei bambini, dallo sguardo così intenso e malinconico, mi frugano la coscienza
e mi hanno tolto un po’ di pace.
Mi ha fatto riflettere sulla mia situazione privilegiata, senza mio
merito, e sul modo in cui posso
sfruttare le opportunità che mi
sono offerte, come l’istruzione, che per quei bambini è una
chimera. Soprattutto mi sono
chiesto cosa posso fare per dare a quelle persone le mie stesse
opportunità”, dice Alessandro.
Luca è rimasto impressionato sentendo le storie dei ragazzi costretti a vivere sulle strade:
“Mi ritengo fortunato ad avere
una famiglia che mi vuole bene,
un’esistenza confortevole”.
“Come può un giovane - si chiede Natalia - aver avuto il coraggio
di lasciare tutto e spiccare il volo
oltre l’Atlantico fino alle rive del
Rio delle Amazzoni? Lì lo attendevano tanti ragazzi in balia di se
stessi. A loro Andrea ha cercato di
offrire un po’ di speranza, garantendo un pasto al giorno e l’istruzione. I giovani come Andrea sono i veri famosi, e non quelli che
ci propongono certi programmi
televisivi, veri modelli di degradazione sociale”.
■
SINCERI AUGURI DAL BRASILE
p. MARCELLO ZURLO, sx
Padre Antonio Benetti, superiore
della comunità saveriana di Pegli
È tempo di auguri
Dio è con noi. Come ha
fatto con gli umili pastori di
Betlemme, egli porti in dono
speranza, salvezza e felicità a
tutti gli uomini di buona volontà,
soprattutto ai più poveri.
A ciascuno di voi confermiamo il nostro sincero grazie per
la vostra amicizia, l’aiuto spirituale e materiale. Siete sempre
presenti nella nostra preghiera.
Vogliamo continuare insieme
il cammino della vita, amando
l’umanità intera con l’amore di
Cristo.
A tutti, l’augurio di benedizioni
divine.
■
Buon Natale!
Dall’altra sponda dell’oceano
Atlantico vi giunga un caro saluto e
un augurio di pace!
Per oltre due mesi sono stato par­
roco a Vila dos Cabanos, per sostituire
il padre spagnolo che è a casa per un
periodo di riposo. Qui mi trovo a mio
agio. Specialmente la domenica de­
vo lavorare molto, fino a cinque Mes­
se; oltre ai matrimoni, quando ce ne
sono. Ma cerco di passare anche un
po’ di tempo con le famiglie amiche.
E questo mi aiuta a distendermi.
Attraverso la Procura delle missioni
ho ricevuto la vostra offerta “per lo
sviluppo e la crescita della nostra mis­
sione tra le paludi della periferia di
Belém”. II vostro gesto dimostra che
siamo una stessa famiglia, in qualsiasi parte del mondo si trovi un sa­
veriano.
Sono ben 55 anni che sono saveriano e ne sono veramente felice. Il
beato Conforti ci ha lasciato una grande eredità, un carisma missio­
nario, un profondo amore alla croce e una gran voglia di vivere, per
fare del bene e per salvare tutti. Tante persone in Italia ci sostengono
con la preghiera e la sofferenza. Noi missionari ne raccogliamo i frut­
ti, grazie alla bontà di Dio. E così ci sentiamo tutti più uniti e fraterni,
lavorando e pregando per la stessa missione di Cristo nel mondo.
Un affettuoso e sincero augurio a tutti, assicurando il ricordo nel­
la preghiera.
2005 DICEMBRE
REGGIO
CALABRIA
89055 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze
Santuario Madonna della Grazia
Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891
Natale, la grande attesa
Poterlo baciare, anche senza moneta
L
a vita è tutta un’attesa. Il
bambino aspetta quando
sarà grande. Il giovane ha tanti
sogni e aspetta che si realizzino. Il povero aspetta di diventare ricco. Il malato aspetta il miglioramento e la buona salute. Il
prigioniero aspetta la liberazione. L’esiliato aspetta di tornare
in patria. Il peccatore aspetta il
perdono.
L’avvento liturgico è un attendere che il Signore venga in modo che noi possiamo incontrarlo, uomo come noi. E lui è venuto. Ha avuto una mamma, tanti
amici e anche dei nemici. Questi
lo hanno perseguitato, lo hanno
condannato, lo hanno crocifisso. Ma lui era venuto per la vita, non per la morte. Così il terzo
giorno è risorto. Ha detto ai suoi
amici: “Ora io ritorno al Padre.
Voi aspettatemi, perché tornerò
a prendervi”.
“Vieni Signore Gesù!”
Natale è tutto questo: godere
Una madre africana in cerca di
qualche pesciolino per nutrire la famiglia
p. ERCOLE MARCELLI, sx
della sua presenza sacramentale
e aspettare il suo ritorno, come
egli ha promesso. Perciò noi preghiamo: “Vieni, Signore Gesù”.
Intanto ogni anno celebriamo la
dolce festa del Natale. Quasi a
dire: “Fu così bello, quando era
cullato dalla mamma, amato dagli amici, desiderato dai malati,
ascoltato da molti con stupore...
Nessuno ha mai parlato bene come lui!
Lo rivedremo. Intanto ci divertiamo a metterlo in tanti presepi, al centro del nostro mondo,
piccolo e grande. Sappiamo che
il presepio è solo un’espressione, un segno esteriore di quanto
desideriamo vederlo veramente.
Come la sposa che guarda e bacia la foto dello sposo lontano,
desiderando con ardore di rivederlo e riabbracciarlo presto.
Ecco la nostra preghiera, insistente e sincera: “Vieni, Signore
Gesù! Non solo nel presepio, ma
nella vita nostra e del mondo intero. Più o meno coscientemen-
te, ti aspettiamo tutti. Vieni!”.
Ricordi del Natale
Era così il mio Natale. Quando da bambino, la notte di Natale, dopo l’allegra tombolata in famiglia, si andava in chiesa per la
Messa di mezzanotte, per vedere
la stella di legno, con una candela accesa su ogni punta, viaggiare su di un fil di ferro teso dalla
cantoria in fondo alla chiesa fino al presepio accanto all’altare.
Poi alla fine, si baciava il Bambino offrendo una piccola moneta. Pensando che la moneta fosse
necessaria, io non andai a baciarlo, perché quell’anno la moneta
non l’avevo. Ma quando lui verrà
di nuovo, come ha promesso, la
moneta la porterà lui. E io potrò
baciarlo e andare dove lui è.
Quanti Natali ho passato nelle comunità saveriane, sparse
nei continenti di questo mondo!
Qualche volta, chiuso in un confessionale, a distribuire il perdono di Dio. Che Natale quel-
Il segreto del missionario
Un anno di grazia del Signore
H
o trascorso più di un anno nella comunità di Gallico. È stato per me “un anno di
grazia del Signore”. L’ho assaporato fino in fondo e posso affermare che il Signore mi è stato
favorevole. Dopo aver terminato
gli studi teologici a Parma, sono
arrivato qui per fare un anno di
animazione pastorale e completare la mia formazione, prima di
consacrarmi in modo definitivo
al Signore.
8
Lo stile di vita calabrese
Ho imparato ad amare la cultura e la terra calabrese, insieme
alla sua gente. Quest’esperienza
mi ha molto arricchito. Ho incontrato persone che hanno una
fede profonda in Dio e mi hanno fatto crescere nella capacità
di ascoltare e apprezzare realtà
diverse. Questo mi ha fatto bene. Mi ha fatto capire che sono
chiamato ad essere missionario
ovunque. Il popolo gallicese ha
una grande devozione alla Madonna della Grazia. Ho visto
tante persone in ginocchio, con
lo sguardo verso la Madonna,
affidarsi alla sua materna intercessione. Ho scoperto il meraviglioso valore della famiglia, che
è molto allargata, rispetto ad altre regioni d’Italia. Ho provato la
generosità e l’allegria del popolo
calabrese, caratteristiche del loro
MICHEL DA ROCHA, sx
stile di vita.
Veramente, è stato un anno
meraviglioso. Ho ricevuto tante
grazie dal Signore; e lo ringrazio
di cuore. Ringrazio anche la comunità saveriana di Gallico, dove ho vissuto come in una vera
famiglia, e tutte le persone con
cui ho condiviso un tratto del
cammino della vita.
Rimanere e andare...
Nella consacrazione religiosa
missionaria secondo il carisma
saveriano, chiedo al Signore la
forza di dedicare tutta la mia vita al vangelo là dove sarò mandato. Tra poco partirò per il Brasile, per essere ordinato sacerdote in aprile. Gesù mi chiede di rimanere nel suo amore. Ne sono
convinto: solo rimanendo nell’amore di Gesù, potrò andare
in tutto il mondo ed annunciarlo a chi ancora non lo conosce.
“Rimanere e andare”: sembra
quasi un paradosso, un controsenso, due verbi che non stanno
insieme.
Ma proprio qui sta il
segreto del missionario.
Questi due verbi sono
armonizzati dalle parole del beato Conforti: “il
missionario è un contemplativo in azione”. Questa è la mia vocazione:
essere unito a Cristo nella contemplazione della sua vita, per andare in
tutto il mondo e annunciare il suo amore. Partendo in missione, cercherò di amare tutti, vedendo Dio, amando Dio
e cercando Dio in tutto.
Spero così di contribuire a “fare del mondo una
sola famiglia”, come sognava il beato Conforti.
Il Signore ci è sempre favorevole.
■
lo passato sulle montagne di
Taiwan, al mio primo anno di
studio della lingua cinese, con i
missionari francescani, che avevano insegnato agli aborigeni il
canto “Tu scendi dalle stelle”!
Ricordo anche un Natale passato nell’ospedale di Parma, a vegliare tutta la notte presso un nostro missionario malato.
Un Natale indimenticabile è
stato il 1998. Perché quel giorno ho dovuto lasciare la missione
della Sierra Leone, mentre i ribelli imperversavano con indicibili
crudeltà. Ancora non sono riusci-
to a tornarvi. Anche questa è una
grande attesa, almeno per me.
Egli è sempre con noi
Gesù diceva ai suoi: “Me ne
vado, ma poi tornerò da voi”.
Gesù conferma la verità di questo messaggio e dice: “Sì, sto per
venire. Amen”. Vieni, Signore
Gesù! Noi rimaniamo in attesa.
E intanto, godiamo della tua presenza attraverso tanti segni che
ci dimostrano una verità: tu sei
sempre con noi.
■
Buon Natale a tutti!
SAN GAETANO, IL SANTO DEL SUD
Domenica 23 ottobre, un sa­
cerdote di Reggio Calabria è sta­
to proclamato santo: san Gaetano
Catano­so. Grande apostolo del­
l’Eucaristia e devoto del Volto San­
to, era chiamato “il confessore del­
la chiesa reggina”.
In questi giorni, quando la Cala­
bria è sulle pagine di cronaca per
altri avvenimenti, è provvidenzia­
le che un figlio di questa regione
sia proposto a modello di santità
per tutti. San Gaetano ha espresso
in modo eroico le migliori doti del
popolo calabrese: l’umiltà, la pie­
tà, la bontà. Ci dimostra che la san­
tità è sempre possibile a chi segue
Gesù, amando Dio e l’umanità.
Bene aveva detto di lui l’arcive­
scovo Mondello, in occasione della
sua beatificazione: “Uno dei nostri
preti, di quelli che vivono a con­
tatto con la gente, nell’esperienza
quotidiana della vita parrocchiale,
nell’impatto con il complesso mondo dei problemi, delle fatiche e dei
disagi di ogni giorno; un prete di questa terra che è il sud del Sud”.
Padre Domenico Calarco (foto a sinistra),
missionario saveriano di Bagnara Calabra, ha
conosciuto personalmente il santo sacerdo­
te, ricevendo il beneficio della sua santità.
Intervistato da Nico Gaglioti, lo ricorda così:
“Padre Catanoso è stato mio direttore
spirituale all’inizio della mia vita nel semi­
nario di Reggio Calabria. In seminario c’era
l’obbligo di accostarsi al sacramento della
penitenza al­meno una volta la settimana.
Di lui ricordo molti aspetti, ma soprattutto
il suo sorriso. Ricordo pure i suoi occhi, che
si spalancavano e ci guardavano quasi “in­
curiositi”, quando ci accostavamo al sacra­
mento della ri­conciliazione. Era una “curio­
sità” che ci faceva sentire a nostro agio”.
2005 DICEMBRE
ROMA
00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287
Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925
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Una giornata con padre Fiore
Il saveriano di Montopoli in Sabina
quest’anno, nel meA nche
se di ottobre, i cittadini di
Montopoli in Sabina si sono riuniti per una giornata di preghiera
e di riflessione sulle missioni. Lo
hanno fatto in ricordo del loro
concittadino ed ex parroco, che
ora riposa in terra burundese, sepolto nella missione di Gisanze.
È il missionario saveriano padre
Fiore D’Alessandri; ma per loro
è ancora il caro e compianto don
Fiore. Ormai è una tradizione,
iniziata lo stesso anno della sua
morte, nel luglio del 1992, e continua con successo. Quest’anno è
stata la sua 14.ma edizione.
L’incontro è stato organizzato
da Mani Aperte Onlus, un’associazione costituita proprio in
ricordo di padre Fiore, per continuare a sostenere la sua opera
di evangelizzazione e promozione umana in Burundi. Ci siamo
ritrovati sabato 15 ottobre presso
il monastero delle suore clarisse di Fara Sabina. È stata una
splendida giornata autunnale.
Nel monastero di Fara
Erano presenti circa 60 persone, provenienti da Montopoli,
dalle parrocchie vicine e anche
da Roma, tutti amici delle missioni. C’era anche una giovane
mamma con la sua bambina. Il
parroco don Sebastiano Angeloni, successore di don Fiore a
Montopoli, ha letto i messaggi
di saluto e di benedizione inviati
dal vescovo della diocesi sabina
mons. Lino Fumagalli e da padre
Marcello Storgato, missionario
saveriano che ha conosciuto don
Fiore da quando era seminarista
a Magliano Sabina. Non hanno
potuto essere presenti all’incontro, ma hanno partecipato spiri-
ALVARO TOMASSETTI
tualmente.
Don Carmelo Cristiano ha presentato l’ultima sua raccolta dei
pensieri tratti dagli appunti di padre Fiore. L’ha intitolata “Lucetta del mattino - 7”. Padre Fiore,
infatti, ci ha lasciato una grande
quantità di scritti di ogni genere.
Don Carmelo li ha pazientemente raccolti, studiati, catalogati, a
volte perfino decifrati, e poi divulgati in tanti opuscoli che la
gente ha molto gradito.
A sostegno dei “batwa”
Durante l’incontro di quest’anno, i componenti del consiglio direttivo dell’associazione
Mani Aperte Onlus hanno presentato al pubblico un progetto di solidarietà per sostenere i
pigmei batwa della diocesi di
Muynga, in Burundi, iniziando
dagli abitanti di Gisanze, la mis-
Il pozzo della Madonna
Acqua potabile in Sierra Leone
Padre Nazzareno, 81 anni
compiuti, ha trascorso 50 anni di
vita missionaria in Sierra Leone.
È una delle “figure storiche” di
quella missione africana. Negli
ultimi anni, ha dovuto controllarsi un po’ in salute, e attualmente
è in Italia per altri controlli. In
settembre, dalla Sierra Leone ci
aveva dato questa bella notizia,
che ora pubblichiamo, augurandogli di ristabilirsi.
Padre Bramati inaugura la
pompa del nuovo pozzo
I
n Sierra leone, nell’Africa occidentale, la stagione
della secca dura circa sei mesi,
da novembre a maggio. I problemi dell’acqua incominciano
verso la fine di gennaio: i ruscelli si seccano e nei pozzi, poco
profondi, resta solo melma. La
gente allora va dove c’è acqua e
cioè, in qualche palude che resiste alla siccità. Ma si tratta di
acqua stagna, con tante creaturine che con il tepore del caldo si
moltiplicano a più non posso.
Quest’acqua non è assolutamente potabile. Deve essere bollita e filtrata perché diventi libera da insetti e altre famiglie natanti. Solo allora può essere be-
8
Il pozzo durante i lavori di scavo
vuta. Purtroppo, i nostri africani
la bevono così come l’attingono; basta che sia un po’ limpida.
Non sono rari i casi di tifo e di
dissenterie allarmanti.
“Signore, aiutaci tu!”
Aiutarli a non ammalarsi è un
atto di squisita carità. Un pozzo profondo e ben protetto è
una cosa ideale. Costa un po’ di
soldini, ma si salvano delle vite, che sono sempre più preziose
dei soldi. Con questi pensieri in
mente, pregavo: “Signore, mandaci l’aiuto!”.
Ditte che scavano pozzi ce ne
sono anche qui in Sierra Leone,
ma sono costose. La ditta più vicino a noi, che lavora anche con
la Caritas della diocesi di Makeni,
p. NAZZARENO BRAMATI, sx
chiedeva 20 milioni di leoni, moneta locale che corrisponde a circa seimila euro. Ahi! lasciate ogni speranza. Dove trovare
un simile aiuto?
Il Signore ha
provveduto!
Una signora di
nome Maria, aveva lasciato a don
Franco Mezzanotte, parroco di
Poggio Mirteto
(Rieti), una somma di 5.000 euro,
da destinarsi alle
missioni. Il parroco venne a sapere da mia sorella Giustina che
io stavo partendo per tornare in
missione. Don Franco la chiamò: “Dica a suo fratello che si
presenti e raccolga l’offerta per
la missione che è con me”. Così feci, tutto contento che il Signore era venuto in aiuto per costruire il pozzo, che salverà la
vita di tanta gente.
Ora il pozzo è fatto e dà acqua
limpida e pura in abbondanza.
Abbiamo cominciato i lavori il
20 maggio e l’abbiamo benedetto domenica 28 agosto. La pompa è messa in modo tale che chi
pompa è rivolto verso il santuario della Regina della famiglia,
per ricordarsi che quell’acqua è
un dono della Vergine santa. ■
Non è stato possibile riunire tutti i partecipanti alla bella giornata trascorsa a Fara,
in memoria di don Fiore; nella foto, una parte di loro, con don Sebastiano,
don Carmelo e la giovane mamma
sione di padre Fiore. Il vescovo
di Muynga mons. Joachim, nell’ultima sua visita a Montopoli,
ci aveva consegnato il progetto,
che noi abbiamo adottato come
associazione. Informato circa il
nostro incontro, il vescovo burundese ci ha inviato il seguente
messaggio:
“Stavo proprio guardando le
fotografie sull’andamento dei lavori di costruzione di alcune case per i pigmei batwa di Muynga. Abbiamo iniziato i lavori dopo che un missionario francese
ci ha dato, a sorpresa, un aiuto
di 10.000 euro. La parrocchia
di Gisanze è ora seguita da due
bravi sacerdoti diocesani. I nostri cari saveriani hanno lasciato
la parrocchia per fondare una
nuova missione, non lontano da
Gisanze. Non potete immaginare quanta gioia mi porta il vostro
messaggio che mi è arrivato in
questo momento. Mi congratulo
con voi per la raccolta in corso e
ve ne ringrazio”.
Una lettera testamento
Proprio ai pigmei batwa padre
Fiore aveva dedicato gli ultimi
anni della sua vita. Per loro, nella
sua ultima lettera, ci aveva chiesto di adoperarci. Per noi quella
lettera è quasi un testamento.
I lavori della mattinata sono
terminati con la santa Messa. Nel
pomeriggio sono state proiettate
alcune immagini del Burundi,
per animarci di più a sentire e
manifestare la fraternità universale. Insomma, abbiamo passato una bella giornata, in un luogo bellissimo, nel ricordo di don
Fiore, nella preghiera e nel proposito di fare qualcosa di buono
per le missioni.
■
Per contribuire: C/c postale 53654406 intestato a Assoc. Mani
Aperte-Onlus; P. Nicolò II, 2 - 02034 Montopoli di Sabina (RI)
BUON NATALE! FELICE ANNO!
p. FIORE D'ALESSANDRI, sx
Insieme agli auguri sinceri, alcuni pensieri per meditare. Sono di
padre Fiore D’Alessandri. Possono essere anche i
nostri pensieri, per un Natale di grazia, per un
Anno felice.
“Attento ad essere sempre tempestivo. Evi­
ta la pigrizia. L’ora del ben fare è
subito. Può darsi che l’occasione
buona non torni più, se la perdo.
Il seme gettato fuori stagione non
cresce e non dà frutto. Se il medi­
co arriva tardi, l’ammalato muo­
re. Attento però al momento op­
portuno. Non essere prematuro”.
“Ricominciare sempre, agire come se la
vita iniziasse oggi. Servirsi però delle esperienze
del passato, sia proprie che degli altri. Avere slancio,
entusiasmo, freschezza, speditezza, dinamicità, mo­
dernità. Fare ogni sforzo come se tutto dipendesse
da me, ma pregare con la convinzione che tutto di­
pende da Dio”.
è mio Figlio,
è per te!
“Ogni giorno un piccolo dono agli altri. Ogni
minimo regalo è sempre una sorpresa gradita.
Sono i piccoli doni fatti con frequenza che ce­
mentano le amicizie. O almeno pregare, chiedendo a Dio un deside­
rio di bene per tutti, un sorriso o una parola come la desidererei per
me in circostanze simili; un buon esempio, una precedenza, un salu­
to, uno sguardo amorevole...”.
2005 DICEMBRE
ROMAGNA
48020 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7
Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482
Pensieri di fine anno
Due sentimenti importanti p. A. CLEMENTINI, sx
passaggio da un anno alN ell’altro,
possiamo ricordare
due proverbi: “non versare lacrime sul latte versato” e “non voler stringere ciò che ti è sfuggito
di mano”. Ma vorrei proporvi di
concentrare la nostra riflessione
su due sentimenti positivi: la riconoscenza e la fiducia.
La vera riconoscenza
C’è un sentimento che si fonda
su ciò che è passato: è la riconoscenza. Con ironia, si dice che la
riconoscenza è la virtù dei benefattori, e che la sua misura si basa sulla sensibilità dei beneficati.
Noi missionari riceviamo spesso
espressioni di riconoscenza.
Ricordo la risposta avuta da
ragazzo a una lettera di ringraziamento scritta alla persona
che aiutava mio padre a pagare
la retta in seminario: “Non devi ringraziarmi per quello che
faccio per te. Anzitutto perché
quanto possiedo è dono di Dio;
e poi perché debbo io ringraziare
te che mi dai l’occasione di fare
un po’ di bene”. Se anche voi e
noi la pensiamo così, allora siamo in sintonia tra noi e lo siamo
con Dio, il datore di ogni bene.
In questi ultimi mesi la comunità saveriana di san Pietro in
Vincoli ha ospitato molti gruppi.
Le poche fotografie che possiamo pubblicare non possono dire
tutto. Anche noi missionari abbiamo dovuto correre per soddisfare, nei limiti del possibile, tutte le richieste di collaborazione.
Proprio per questo abbiamo
la gioia di dire grazie a Dio e a
quanti ci hanno dato l’occasione
di lavorare per l’avvento del suo
Regno. Diceva il beato Conforti: “il missionario reputi sempre
somma gloria il cooperare per la
salvezza del mondo”.
Motivi per non ridere
Fare un bilancio del passato
è facile; il futuro, invece, è imprevedibile. Sono passati appena cinque anni da quando siamo
entrati con entusiasmo nel terzo
millennio. Non un anno o un secolo, ma un millennio! Ed è solo
il terzo millennio del “dopo Cristo”. È arrivato dopo tre anni di
preparazione al “grande giubileo”. Proprio mentre ci eravamo
appena abituati a contare gli anni
del duemila e sentivamo le ali ai
piedi, eccoti quell’11 settembre
2001. Con le torri gemelle sono
crollati i nostri sogni di un’epoca
di pace e di benessere.
Forse anche per questo, da allora, non ce la sentiamo più di
cominciare un nuovo anno con
troppo entusiasmo. A tarparci le
ali ci sono tanti motivi di paura:
le guerre tra nazioni non avvengono più solo per interessi materiali e di confine, ma tra culture e per motivi ideologici e di
prestigio, con l’intervento di atti
terroristici dei kamikaze. Dagli
uomini politici, a livello locale o
internazionale, anziché protetti
Ospiti sempre graditi
Mons. Giuseppe Verucchi, arcivescovo di Ravenna, ha passato dai saveriani
un’intera giornata di preghiera e lavoro con i suoi collaboratori della curia
ci sentiamo spesso strumentalizzati. Anche la chiesa è presa
come un bersaglio da abbattere,
perché richiama “l’obbedienza
alla fede”, se la prende con “la
dittatura del relativismo” e con
il “fai da te” nel supermercato
delle religioni...
Avere ancora fiducia
Anche di fronte ai cataclismi
naturali qualcuno ce l’ha con
Dio e si domanda se c’è ancora,
se dorme, se ha smesso di essere buono, se è utile che ci sia…
Quanta nostalgia nel rileggere il
capitolo 6 degli Atti degli apostoli, dove si descrive la vitalità
interna della chiesa!
Giovanni Paolo II ci ha lasciato con i suoi appelli: “Non
abbiate paura!” e “Prendi il lar-
go!”. Benedetto XVI li ha fatti
suoi e ha già dato prova non solo
di conoscere il mare in cui navigare e la barca da traghettare, ma
di avere anche il polso esperto
per reggere il timone. Questa è
la garanzia che risuonano ancora
nella nostra società le parole di
Gesù: “Io sono con voi sempre”.
La soluzione del problema sta
solo nel sintonizzarsi sull’onda
di questo messaggio. Lavoriamo
insieme e con coraggio, la fiducia non delude!
Gli auguri per il nuovo anno
li abbiamo espressi nel numero
di novembre di “Missionari Saveriani” con il calendario, perché
fossero presenti tutti i giorni dell’anno. Ora, non ci resta che rinnovarli a ciascuno di voi.
■
quei pellegrini speciali
Un bel gruppo di saveriani e saveriane, provenienti da una dozzina
di missioni, per tre mesi hanno partecipato a un corso di aggiorna­
mento presso la comunità saveriana di Tavernerio (Como).
Ventisei saveriane “della terza età” provenienti da Congo, Camerun, Ciad, Brasile, Messico,
Giappone, Stati Uniti e Italia, hanno scelto S. Pietro in Vincoli per ricaricarsi nello spirito. In prima
fila, cinque saveriane “della prima età”, venute per imparare dalle ...“nonne”.
Hanno concluso la loro esperienza con un pellegrinaggio in Terra
Santa, alle fonti del cristianesimo. Ma prima hanno sentito il bisogno
di fare una visita ai mosaici di Ravenna.
Qualcuno ha definito quei mosaici con questa espressione: “il van­
gelo secondo Ravenna”.
È una dimostrazione che la nostra cultura ha profonde radici cristia­
ne. Non si possono certo negare!
Il 3 ottobre, festa di santa Teresa del Bambino Gesù, il terz’ordine carmelitano di Emilia Romagna si è riunito dai saveriani. Hanno trovato ispirazione nella santità che la patrona delle
missioni assorbiva dall’Eucaristia.
8
2005 DICEMBRE
SALERNO
84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4
Tel. 089 792051 - Fax 089 796284
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849
Un autentico uomo di Dio
Così ricordo fratel Raimondi
Il presidente dell’Azione cattolica della diocesi di Salerno racconta di fratel Vincenzo Raimondi, saveriano molto conosciuto e
ricordato in Rione Petrosino, a
21 anni dalla morte.
conosciuto fratel RaiH omondi
quando avevo sette
anni. Ero stato affidato a lui per
la preparazione alla prima Comunione. Una cosa lo caratterizzava: quella lunga barba bianca,
che gli conferiva un aspetto ieratico e severo, a dispetto di un
animo benevolo e generoso.
Per noi era padre e nonno
Ricordo come fosse ora, la cura e fermezza con cui ci insegnava le cose di Dio. Andavo a “sostenere” gli esami di catechismo
con trepidazione. Ho scoperto
solo più tardi che era un “semplice” fratello della famiglia saveriana, ma per me e per gli altri
è rimasto sempre padre Raimondi, perché era un padre premuroso, un simpatico nonno, un saggio vecchio d’altri tempi.
Era nato in un paesino del profondo sud e questo modo di essere gli è sempre rimasto nella
testimonianza di fede, di vita e
nel suo modo garbato e sereno di
GIUSEPPE PANTULIANO
relazionarsi con gli altri. La sua
origine campagnola gli donava,
nei mille incontri quotidiani con
la gente e nelle più disparate attività cui si dedicava, la semplicità di un contadino, la praticità
di un ciabattino, l’essenzialità di
un eremita, la robustezza di un
incallito lavoratore, la forza spirituale di un uomo “vissuto”, la
dedizione e lo zelo di un cristiano autentico.
Fratel Vincenzo era tutto questo ai miei occhi. Fin da allora,
ha ispirato in me l’amore per
Gesù e per la chiesa, gettando le
basi per il mio servizio educativo ed ecclesiale: in famiglia come padre, nel lavoro come psicologo, in parrocchia come catechista, nell’associazione laicale come animatore.
Sempre presente e discreto
Lo ricordo piacevolmente nel
suo sgabuzzino, mentre da solo
ripassava i canti accompagnandosi all’armonium, con la partitura poggiata sul leggio. Diceva
di non cavarsela bene. Ogni tanto
mi chiedeva di aiutarlo a leggere
i passaggi melodici più complicati. Ma io ero incantato nel sentirlo lodare il Signore così, senza
troppe pretese, senza troppi vir-
Ricordi da conservare
Uno sguardo all'indietro
inizi degli anni cinA gli
quanta, a Salerno, città non
ancora multietnica com’è oggi,
l’arrivo dei missionari saveriani
ha dato vita a un movimento culturale che apriva la mente a nuove problematiche. Grazie a loro,
è stato più facile conoscere civiltà tanto lontane
dalla nostra.
8
Un ritrovo per
tanti di noi
Nella casa dei
saveriani, in cima a via Tasso,
nel cuore del centro storico e con
una splendida vista sul golfo, sono
ancora frequenti
gli incontri con i
missionari. Il loro
modo di relazionarsi, il loro carisma e soprattutto
la loro semplicità
attirano e incantano universitari e
liceali. Tutti sono
coinvolti, deside-
prof. ANTONIO SESSA
rosi di dare il proprio contributo
a ricerche di carattere religioso
e etnico, sempre connesse con la
missione.
Anch’io facevo parte del gruppo, quando frequentavo l’istituto universitario orientale di Napoli, dove mi sono laureato in
lingue dell’estremo
Oriente. Nutrivo
un forte interesse
per il mondo delle
missioni e sognavo
terre lontane. Sono
tanti i ricordi che si
affollano nella mente, tutti ancora vivi
e intensi.
Padre Franco Teodori,
di venerata memoria
Il fascino di
padre Teodori
Rivedo la figura di padre Franco
Teodori, con il suo
sguardo pieno di luce. Era appena tornato dalla Cina, dove aveva sofferto il
carcere ed era stato
vittima di accanite
persecuzioni. Par-
tuosismi, silenziosamente.
Quando arrivavo nella storica
sala teatro dei saveriani, lo trovavo sempre al suo posto, all’interno della guardiola, pronto ad
accoglierti e a scambiare una parola. Sdrammatizzava i momenti difficili e si faceva carico di
mediare con la sua comunità per
farci trattenere qualche ora di
più. Ogni tanto sbirciava curioso da dietro la porta ed era soddisfatto dei nostri lavori. Fuori, nel grande ingresso, mi dava
qualche consiglio e suggerimento, con pudore e discrezione.
Era così fratel Raimondi: sempre presente, eppure sempre discreto; sempre attento, e mai invadente; sempre dietro le quinte,
ma sempre incoraggiante.
“Gli voglio ancora bene”
Oggi viviamo in un mondo di
anonimato, siamo distratti e in
continua corsa. Siamo abituati a
mantenere le distanze tra noi e le
cose che facciamo, i luoghi che
frequentiamo, le esperienze che
viviamo, spesso in modo superficiale. Non era così fratel Vincenzo: lui gioiva e si stupiva di
quelle piccole cose e occasioni
che a noi sembrano scontate e
insignificanti.
landoci dei momenti che aveva
vissuto, padre Franco accendeva i nostri cuori. Con pazienza
e con la sua voce dolce ma sicura, mi ha fatto appassionare alla
lingua cinese, in un’aula unica
nel suo genere: la sacrestia della
chiesa dell’Addolorata. A livello cittadino, è indimenticabile la
generosità di p. Teodori. In occasione dell’alluvione del 1954,
insieme a mons. De Girolami, è
stato protagonista di vari salvataggi di persone in pericolo, soccorse anche a rischio della vita.
Dal punto di vista missionario, è
stato promotore della Lega missionaria e fondatore della Legio
Mariae a Salerno.
Fratel Vincenzo nella parrocchia di San Paolo con il parroco don Benedetto,
al termine della celebrazione eucaristica della prima Comunione
Restando nella semplice compagnia di Gesù, diventava per
noi strumento dello Spirito. Con
l’esempio riusciva a mostrare
l’amore trinitario, non facilmente spiegabile a parole. Era un uomo di Dio. Un santo? Non saprei.
Uno che ha accolto in sé la vocazione universale alla santità? Direi di sì. Un religioso, la cui vi-
ta era permeata dall’amore per i
fratelli, dalla fede nel Dio crocifisso, dalla speranza in Cristo Risorto. Un uomo che ha speso la
sua esistenza per accumulare un
tesoro nel regno dei cieli.
Lo ricordo con affetto e simpatia. Gli voglio ancora bene, e
come me, sono sicuro, tutti i suoi
amici.
■
”RICORDO FRATEL PALUMBO”
Cristina, pronipote di fratel Eduardo Palumbo, di Monte Cicerale (SA), ricorda lo zio che ha trascorso a Salerno diversi anni
della sua vita, sempre ben disposto ad aiutare.
”Ancora ricordo con quanta meraviglia lo sentivo cantare,
dopo che il dolore e la sofferenza gli davano tregua. In que­
sto modo ringraziava il Signore e ci ricordava che tutto viene
da Lui, gioia e dolore. Soffriva molto, il suo corpo gli procura­
va solo atroci dolori. Nonostante soffrisse così tanto, appena il
dolore leniva, il suo canto si elevava al Signore. Il suo ricordo è
vivo in noi. Ci ha insegnato a sopportare il dolore e ad accet­
tarlo per la salvezza di tutte le anime. Grazie, zio Eduardo”.
Cristina Palumbo
p. Ezio Marangoni p. Nazzaren
o Corradin
o Cavallo
i
p. Francesc
BUON
NATALE
DA NOI
TUTTI
Dal passato al futuro
Non posso dimenticare fratel
Raimondi, noto a tutti per i suoi
modi affabili e sempre pronto a
rendersi utile. E ancora ricordo
p. Aurelio Cannizzaro quando,
tornato dalle isole Mentawai,
è venuto a trascorrere qualche
giorno a Salerno. Il suo racconto
ci aveva riportato al mondo dell’avventura e della prima evangelizzazione.
Ora, è al futuro che si orienta
l’opera dei saveriani. Le loro attività non hanno soste e io auspico una sempre rinnovata forza,
verso ricche messi spirituali. ■
fr. Renato Atzori
p. Silvano Zordanello
p. Giovan
ni Gargan
o
p. Edmeo Manicardi
dro Brai
p. Alessan
2005 DICEMBRE
TARANTO
74020 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel.A 099 7773186 - Fax 099 7772558
E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747
Ripartire con il Crocifisso
Cercare Gesù e trovarlo tra gli uomini
frase mi aveva forteU namente
colpito ed emozio-
nato: “Scusa, hai visto Gesù?”.
Era il tema di un campo scuola
per giovani e giovanissimi della parrocchia san Nicola di Palagiano. Avevano rubato Gesù,
l’intero suo corpo crocifisso. Insieme a tutto il gruppo dei partecipanti, l’avevamo cercato ogni
giorno, leggendo il vangelo, studiando il catechismo, inventando
modi per attualizzare in chiave
moderna le parabole di Gesù.
L’avevamo cercato fino a tarda
notte, con ansia e titubanza, con
desiderio e meraviglia. Alla fine,
eravamo esausti ma gioiosi per
averlo ritrovato, e tutto intero.
Alcuni giorni prima di ricevere
il Crocifisso da mons. Benigno
Papa, nella veglia missionaria
del 22 ottobre scorso, ho rifatto
quel cammino di ricerca. Vole-
vo prepararmi per questo nuovo
incontro con lui, l’Innamorato.
Desideravo aggiornarmi sulla
sua persona.
Il Crocifisso dell’Indonesia
Per 27 anni, nella mia vita in
Indonesia, il Cristo aveva assunto le sembianze indonesiane di
tanti fratelli e sorelle. Pian piano
mi aveva contagiato nel modo di
camminare sotto il sole equatoriale, di salire e scendere con lui
indonesiano fra le colline e i fiumi, nella foresta e nelle grandi
città, e a mare aperto. Mi aveva
contagiato nell’usare le mie mani e braccia aperte verso tutti.
Aveva contagiato la mia mente
e il mio cuore nel dialogo e nell’ascolto degli altri, di religione
e cultura diverse...
Quante difficoltà esterne ed
interne! Fatica e stanchezza sì,
p. NICOLA MACINA, sx
tanta. Ma anche la gioia nell’incontro con loro, immersi in
tante situazioni al limite della
realtà umana. A sorreggermi è
stato sempre lui, Maestro di comunicazione e di chiarezza nel
parlare. Sentivo riecheggiare la
sua parola: “Tutto quello che
hai fatto e detto a uno di questi
miei piccoli, lo hai fatto e detto
a me; non temere, io sarò con te
tutti i giorni; vivi e ama sempre
con gioia; Dio ama chi dona con
gioia...”. Queste sono state le mie
perle preziose di saggezza quotidiana nel mondo indonesiano.
Cercavo una risposta forte
In questi sei anni trascorsi
in Italia, spesso ho dovuto fare
quella stessa domanda: “Scusa,
hai visto Gesù?”. L’ho fatta a
tante persone, specialmente giovani, in ambienti dove dovreb-
La generosità del meridione
Le persone solidali compiono miracoli
nel mese di novembre,
G iàpadre
Nicola Macina, su-
periore dei saveriani nella comunità di Taranto, aveva lodato lo
spirito di solidarietà e la generosità delle famiglie e delle scuole
pugliesi. I missionari sono davvero riconoscenti a tutti gli amici
che hanno voluto contribuire ai
vari progetti e alle situazioni di
emergenza nei paesi e tra le popolazioni del mondo intero.
8
Così faceva il Signore Gesù
Il Signore Gesù andava di
villaggio in villaggio, predicava il regno di Dio e dimostrava
l’amore del Padre facendo il bene di tutta la gente. Così cercano di fare i missionari sparsi nel
mondo di oggi. Riescono a fare
tanto, grazie alla solidarietà missionaria di tanti amici e benefattori.
Nell’anno trascorso, per le varie missioni dove sono impegnati i missionari saveriani, è stata
raccolta la cifra di ben 57.637,34
euro. È già stata spedita alle varie destinazioni, fino all’ultimo
centesimo. Il quadro pubblicato
qui a fianco è un resoconto della grande generosità dei nostri
amici.
I missionari saveriani vi dicono “grazie!”, a nome delle innumerevoli persone e famiglie che
hanno ricevuto beneficio nelle diverse comunità di missione. Ringraziano il Signore e voi
tutti, perché i frutti di bene della
vostra solidarietà sono giunti ai
confini del mondo, come Gesù
continuamente ci invita a fare.
Un esempio dal Brasile
Padre Cosimo Corigliano,
missionario saveriano di Fragagnano (TA), dopo un breve periodo di riposo trascorso in famiglia, è tornato in Brasile. Al suo
rientro nella parrocchia di Sarutaià, ci ha scritto una bella lettera. Ci parla dell’opera religiosa e sociale - quella già attuata e
quella ancora da attuare - a favore della popolazione che vive
nel vasto territorio. Pubblichiamo uno stralcio della lettera.
p. SANDRO BARCHIESI, sx
“…Ritornato nella parrocchia
affidata alla mia cura pastorale,
con i laici ci siamo orientati a ricominciare il lavoro. Abbiamo
pitturato il salone parrocchiale.
Adesso dobbiamo pitturare la
chiesa nella parte interna.
Sono otto anni che diamo da
vivere ai bambini e adulti che si
trovano in difficoltà. Eppure, la
fame si fa ancora sentire.
Abbiamo un piano per la costruzione di case in quattro rioni. Il primo rione è quasi pronto; manca soltanto l’asfalto. Qui
abbiamo costruito trecento case.
Negli altri tre rioni, stiamo pensando di costruire altre cinquecento case, con la collaborazione
del sindaco del luogo. Speriamo,
entro breve, di poter iniziare a costruire le case dei più poveri”. ■
L’arcivescovo di Taranto mons. Benigno Papa, durante la veglia missionaria del 22
ottobre scorso, consegna il Crocifisso a padre Nicola Macina (alias, Trisno Waluyo),
missionario saveriano che riparte per l’Indonesia
bero vivere la fede cristiana. Ho
trovato spesso, sia in chiesa che
fuori, una routine fatta di gesti
non motivati da convinzione,
ma ripetuti per abitudine; gesti
quasi dovuti, altrimenti il “don”
ci sgrida… La nostra società
moderna sembra imporre ritmi
molto serrati e stili di vita conformisti. Così si congelano le
manifestazioni di cuori frementi; si rallenta la tensione verso il
bene degli altri; si spegne il desiderio di vivere con gratuità.
Avevo bisogno di una risposta
forte, che ringiovanisse tutto il
mio essere e il mio agire, alla
vigilia della mia ri-partenza per
l’Indonesia. L’ho ricevuta, sì, in
quel piccolo grande Crocifisso,
che l’arcivescovo mi ha donato
quella sera in cattedrale. Allora
ho ricordato lo sguardo del beato Conforti al suo Crocifisso e
le sue parole: ”Io guardavo lui e
lui guardava me, e pareva che mi
dicesse tante cose”.
Ho ricordato anche le parole prese dal vangelo di Luca,
che avevo messo sull’immagine-ricordo della mia ordinazione sacerdotale, nel lontano 1967:
“Lo Spirito del Signore è su di
me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un
lieto messaggio, per proclamare
ai prigionieri la liberazione e ai
ciechi la vista; per rimettere in
libertà gli oppressi e predicare
un anno di grazia del Signore”
(Lc 4.18-19).
■
CARI AMICI, BUON NATALE!
Con l’annuncio della gioia per il Natale di Gesù, i mis­
sionari saveriani augurano a tutti voi ogni bene e invoca­
no sulle vostre famiglie la benedizione di Dio Padre, che
ci ha amato fino a dare a noi il Figlio suo.
Gesù ha “posto la sua tenda in mezzo a noi”:
ci guidi e accompagni nei sentieri della vita.
PER LE MISSIONI IN...
Amazzonia
€
980,00
€
460,00
Bangladesh
€
400,00
Burundi
€
147,00
Camerun
€
110,00
Colombia
€ 5.150,00
Congo RD
€
50,00
Giappone
€
925,00
Indonesia
Indonesia tsunami € 22.800,00
€
110,00
Messico
€ 1.120,00
Rwanda
€
345,00
Sierra Leone
€
10,00
Taiwan (Cina)
€ 25.030,34
Timor Est
-------------------------------------------€ 57.637,34
Totale
Il modello di presepio riprodotto nella foto, viene dal Congo. È fat­
to con la corteccia di banano. È costruito da un gruppo di ragazzi han­
dicappati che cercano di auto-finanziarsi con piccoli lavori. Padre Gio­
vanni Pes, che sostiene il gruppo, ci ha fatto giungere un pacco con
una trentina di esemplari di questo presepio esotico.
Per coloro che fossero interessati, gli esemplari di questo presepio
sono disponibili qui a Taranto, presso la casa saveriana.
Per informazioni, si chiami padre Angelo: tel. 099 7773186.
2005 DICEMBRE
22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15
Tel. 031 426007 - Fax 031 360304
E-mail: [email protected]
C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6
TAVERNERIO
La scoperta del tesoro nascosto
Intervista a padre Fernando García
P
adre Fernando ha partecipato al corso di tre mesi a
Tavernerio. Serio, con il sorriso appena accennato sul volto,
ha risposto in modo esauriente
alle mie domande. Quando gli
ho chiesto se tornerà volentieri
in missione, con il sorriso sulle
labbra ha risposto: “Sì, è la mia
seconda patria”.
A lui e a tutti i missionari in
Ciad, gli auguri di un proficuo
apostolato.
E sei diventato saveriano
Dopo un periodo trascorso nel
seminario diocesano, a 21 anni
sono entrato nella congregazione saveriana per consacrarmi
alla missione. Ho completato la
mia formazione in Ciad per tre
anni e sono diventato sacerdote
nel 1990. Per sette anni mi sono
dedicato all’animazione missionaria e vocazionale in Spagna.
Dal 1997 sono tornato in Ciad,
nella diocesi di Pala.
Come hai scoperto la
vocazione?
In seguito alla scoperta di Gesù. Avevo 15 anni, quando qualcuno mi ha aiutato a conoscere
Gesù e il suo vangelo. Gesù mi
ha affascinato. È stato come scoprire il tesoro nascosto. E così in
me si è fatta viva e insistente la
domanda: se Gesù è il tesoro,
che cosa sarà di coloro che ancora non l’hanno trovato?
Da quando i saveriani
lavorano in Ciad?
L’esperienza missionaria saveriana nella diocesi di Pala è iniziata nel 1982, dopo l’espulsione
dei saveriani dal Burundi. Il vescovo ci ha affidato il territorio
di Gounou-Gaya, dove tre comunità continuano a lavorare anche oggi. Siamo dodici saveriani
di quattro nazionalità diverse e
lavoriamo in tre missioni. Nel
a cura di p. FRANCO BERTAZZA, sx
2003 la missione ha celebrato i
50 anni dell’arrivo degli oblati
di Maria, i primi missionari che
ci hanno preceduto nell’evangelizzazione. Su una popolazione
di 200mila abitanti che parlano
la lingua musey, soltanto il 5 per
cento sono cristiani.
Com’è la situazione del
Paese?
La situazione è critica. Lo
Stato non riesce ad assicurare i
servizi di base, come l’istruzione scolastica e la sanità. Il Ciad
ha un’economia di sussistenza
che dipende dal clima e si basa
sulla produzione del cotone che
sta attraversando una grave crisi
mondiale. È a rischio anche il
salario ai lavoratori e produttori
del cotone.
Cosa fanno i saveriani?
Dove il cristianesimo è una
piccola minoranza sono prioritari
Festa tra amici e familiari
tre impegni. Il primo è la formazione di comunità cristiane adulte e responsabili, autonome a livello ministeriale ed economico.
Il secondo è la formazione della
famiglia nella quale si possa vivere la bellezza della vocazione
cristiana. Il terzo è l’impegno per
lo sviluppo umano, sociale ed
economico attraverso l’istruzione, i dispensari, i granai comunitari, le casse di risparmio. Particolarmente forte è l’impegno per
la giustizia e la pace.
I cristiani come vivono
la loro fede?
Possiamo dividere i cristiani
in tre gruppi. La maggioranza
sono praticanti non impegnati:
si sforzano di vivere la loro vita
cristiana, ma manca qualcosa di
più profondo. Alcuni sono cristiani di nome: coloro che sono stati battezzati, ma si fanno
vedere solo a Natale e Pasqua.
Infine, un 20 per cento, sono
quelli che ricevono e danno.
La loro fede scandisce il ritmo
della vita quotidiana; considerano la chiesa come la “madre”
che ha dato loro la vita. Sono la
migliore espressione del laicato
cattolico. A loro sono affidati i
ministeri propri del laico: la catechesi, la gestione delle comunità, l’impegno per la giustizia e
Padre Fernando García in versione
sportiva: in effetti, ha il fisico da atleta!
la pace, l’accompagnamento dei
malati di Aids.
Sono difficili le conversioni?
Le difficoltà più grandi vengono dalla cultura locale: l’immagine tradizionale di Dio, la
magia, il significato oscuro della malattia, la poligamia. Coloro che hanno travato in Cristo il
tesoro nascosto, vivono la gioia
di far parte della famiglia di Dio
nella vita individuale, in famiglia
e nella società.
■
Padre Ernesto M. Guerrero
e suor Maria R. Sanchez,
missionari in Giappone.
Il gruppo degli amici svizzeri: hanno trascorso una domenica con la nostra comunità,
assaporando l’aria internazionale dei missionari.
CARI AMICI, BUON NATALE
p. FRANCO, sx
8
A destra del tavolo, i familiari di fratel Dario Montanaro, che però nella foto è assente: il
fratello Gaetano, la nipote Emanuela e la cognata Mariadele Adorni, che ha lo stesso cognome
della mamma del beato Conforti. Con loro, p. Angelo Calvi (pizzetto bianco).
Qualcuno si lamenta che il Natale ritorni ogni anno come occasio­
ne di molte spese inutili. Qualcun altro, scandalizza­
to da tante disgrazie, distruzioni, guerre, ingiustizie,
morti e massacri che si vedono nel mondo, si chie­
de che senso ha festeggiare ancora la nascita di un
Bambino...
Quel Bambino è la vita e la speranza
gioiosa di un mondo migliore. Quello di
Gesù è l’abbraccio del cielo e della terra
nel segno della pace. Lasciamo che i colo­
ri delle luci nelle vie dei paesi e delle città
e sugli alberi natalizi richiamino il mistero
dell’amore di Dio a chi ancora oggi lo rifiuta,
lo ignora o finge di non accorgersi.
Giovanni Paolo II ha scritto che il nostro tempo è carat­
terizzato dalla mancanza di misericordia, confusa spesso
con il sentimento della “commiserazione”. La misericor­
dia è amore che perdona. Dio ci vuol bene, per questo
ci perdona; e ci perdona perché ci ama. La garanzia del­
l’amore e del suo perdono per noi non è una parola qualsiasi, ma la
Parola che si è fatta Bambino. Maria, con gesto materno, ce lo offe:
“Prendilo, è tuo, è la tua pace!”.
Felice Natale a tutti voi, nella gioia e pace delle vostre famiglie, da
parte di tutta la comunità saveriana di Tavernerio.
2005 DICEMBRE
VICENZA
36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119
Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362
Una bella giornata di festa
Con gli amici e i benefattori
Luisa Benedini,
L' architetto
tracciando le forme della
nostra nuova casa, si è ispirata
a una vasta tenda di beduini nomadi, sovrani delle steppe senza
confini, sotto le stel­le. Il missionario, infatti, sogna di rompere
ogni divisione e di raggruppare
il mondo sotto un’unica tenda.
Dite che è un’utopia?
Lo attesta il sorriso aperto di
quelli che var­cano la nostra soglia, com’è successo ancora il 25
Padre Giuseppe Sartori, di
Pugnello di Arzignano,
missionario in Colombia
p. GIOVANNI ZALTRON, sx
settembre scorso per la festa degli amici e dei benefattori. Con i
saluti, la sorpresa di riconoscersi
e l’impressione: “Tòh, sono tornato a casa!”.
Dite di “sì” a Cristo
Ci siamo radunati per spezzare il Pane del cielo, da portare per le stra­de del mondo: unica
salvezza nella drammatica situazione attuale. La celebrazione è
stata presieduta da p. Carlo Pozzobon, superiore dei saveriani in
Italia, affiancato dal nuovo rettore della comunità di Vicenza, p.
Mario Giavarini, venuto da Parma. Padre Silvano Zordanello,
dopo sei anni, ci ha lasciati per
la comunità di Salerno.
Padre Carlo, dopo aver spiegato il vangelo, ha rivolto ai presenti l’invito a essere testimoni
del Risorto, unica spe­ranza del
mondo, e ha riproposto il messaggio di papa Benedetto per
la giornata mondiale della gio­
ventù. Al suo arrivo a Colonia,
dal battello sul Reno, papa Rat-
Padre Giulio Mattiello
Ha dato tanto a molti di noi
P
adre Giulio Mattiello è
morto lo scorso 2 ottobre
nella casa saveriana di Vicenza,
dove risiedeva da quattro anni.
Desideriamo ricordare questo
missionario che ha lasciato una
testimonianza di vita evangelica, silenziosa ma efficace, a tutte le persone che lo hanno conosciuto.
Padre Giulio era nato il 17 settembre 1926 ad Altavilla Vicentina, da famiglia numerosa. La vocazione sacerdotale e religiosa si
era fatta sentire già in tenera età.
L’ambiente familiare era idoneo.
Vari parenti erano religiosi e sacerdoti, tra cui il cugino mons.
Mattiello, collaboratore di mons.
Nonis. Il carattere estroso, simpatico e semplice, porta il ragazzo Giulio ad avvicinarsi ai missionari saveriani ed entra nella
scuola apostolica di Vicenza all’età di 14 anni. Era amante della
musica classica: suonava molto
bene pianoforte e organo.
8
Una breve vita in missione
Dopo aver imparato l’inglese
in Scozia, padre Giulio è destinato alla missione in Sierra Leone, ma vi resta meno di tre anni. La Sierra Leone era chiamata
“la tomba dell’uomo bianco”, a
causa della terribile zanzara por-
LEONYE CASSINELLI
tatrice di malaria. Padre Giulio
ne rimane vittima e deve tornare in Italia.
Dopo mesi di cure, riesce a
trovare un po’ di salute. Così è
inviato in varie comunità saveriane, come insegnante e formatore di giovani aspiranti missionari: ad Alzano (BG), a Brescia
e a Cremona. Dal 1979 è nella
casa saveriana di Piacenza e vi
rimane per oltre vent’anni, fino
al 2001. Tanti ricordano con nostalgia l’aiuto spirituale che egli era
sempre pronto ad
offrire.
Volto burbero
e cuore grande
Noi, in famiglia,
dobbiamo a lui l’inizio del nostro cammino di conversione. Con tanta pazienza, è riuscito
a farci riavvicinare alla confessione,
all’Eucaristia, alla
preghiera dei salmi
e del rosario. Il suo
ricordo rimarrà vivo
nei nostri cuori. Così resta viva la nostra
riconoscenza verso
tutti i missionari sa-
Padre Mario Giavarini, nuovo rettore
della comunità saveriana di Vicenza;
accanto p. Zaltron, p. Peruzzo,
p. Dalla Valle, p. Casonato
zinger ha detto ai giovani: “Spalancate il vostro cuore a Dio; lasciatevi sor­prendere da Cristo;
esponete a lui le vostre gioie e
le vostre pene. Cristo vi illumini con la sua luce e la sua grazia.
La felicità che desiderate ha un
nome e un volto: quello di Gesù
Eucaristia. Solo Lui dà pienezza
di vita all’umanità! Con Maria,
dite il vostro sì a quel Dio che
intende donarsi a voi, perché voi
lo doniate al mondo”.
Padre Bepi Berton, di
Santorso, missionario
in Sierra Leone
veriani che lavorano in Italia e
nel mondo, perché ci ispirano e
incoraggiano a vivere la missione anche in questo nostro “Occidente cristiano”.
Padre Giulio era un uomo intelligente, umile e perspicace.
Al primo impatto, il suo aspetto quasi burbero incuteva soggezione. Ma se avevi la fortuna di
conoscerlo più a fondo, ti rendevi conto di quanto grande fosse
il suo cuore. Non negava il suo
aiuto a nessuno. È spirato il giorno della festa degli angeli custodi. Non è una coincidenza: lui ha
fatto da angelo custode a noi; gli
angeli custodi l’hanno portato in
cielo.
■
Testimonianze missionarie:
Colombia e Sierra Leone
Al termine della funzione, ha
parlato p. Giuseppe Sartori, da tre
anni missionario in Colombia, in­
namorato del suo paese Pugnello di Arzignano, ma ancora più
della grandiosa Medellin. Laggiù
la gente è di tutte le razze, buona e aperta. La maggioranza dei
cattolici colombiani sono praticanti, ma solo superficialmente,
con convinzioni poco profonde.
In Colombia imperversa il dramma della droga, con i famosi narco-trafficanti e una sfilza di bande, sempre in lotta tra loro per
la piazza, mentre i proventi finiscono nel commercio delle armi. L’impegno dei missionari sta
nel salvare le giovani generazioni con le scuole, le associazioni, i
circoli sportivi e un’adeguata assistenza sanitaria.
In seguito, ha preso la parola
p. Giuseppe Berton, di Santorso. Ci ha fatto atterrare in Sierra
Leone, dove vive da quarant’anni. Siamo passati dalla coca ai
diamanti, per cui va avanti una
guerra da vent’anni. Finalmente
si vede uno spiraglio di tregua e
si cerca di cucire le ferite. Padre
Bepi lotta per strappare i bambini alle armi. Giovani e giovanissimi vengono ingaggiati anche a
quattro an­ni. Servono per portare l’acqua e sono trasformati in
soldati. Urge un centro di accoglienza, di assistenza; i ragazzi hanno fatto esperienza della
morte e litigano spesso. È difficile reinserirli in una famiglia, se
ne hanno una. Spesso li rifiuta,
perché ha paura.
Volti di “vecchi” amici
Nella festa sono comparsi anche volti d’altri giorni, che ci
hanno fatto tuffare in Burundi.
È il caso di p. Paolo Stasi e della felice coppia formata dal dott.
Paolo Cosci e Mad­dalena, con
Piero e Alba. Si mescolano con
vecchi amici di qui: vero, Graziano e Anto­nietta Molon, Bepi
ed Elisa Zantedeschi?
Per chiudere in bellezza, non è
mancato un simpatico rinfresco,
con il tocco magico che ral­legra il
cuore dell’uomo e rinsalda l’amicizia, protesa all’avvenire.
■
ARRIVEDERCI, PADRE GIULIO
p. GIOVANNI ZALTRON, sx
Pensavo di unirmi nella celebrazione del­
la santa Messa, alle 7,30 di domenica 2 ot­
tobre. Nella chiesetta di padre Uccelli, pa­
dre Giulio Mattiello mi aveva appena prece­
duto e stava per indossare i paramenti sacri.
Entro e faccio un passo verso di lui che, con
la faccia sconvolta e in affanno, prorompe:
“Mi sento male”. E cade a terra d’un trat­
to. Subito viene soccorso dalle persone pre­
senti. Si corre al telefono per l’ambulanza,
che giunge poco dopo. Un rapido esame e
i due infermieri concludono: “Non c’è più
niente da fare. Il padre è deceduto”. Si de­
cide per il trasporto dell'infermo all’ospe­
dale, ove vengono eseguiti ulteriori accer­
tamenti. Ma padre Giulio non è più.
In chiesa, la santa Messa ha inizio comunque. Al vangelo, avverto i
fedeli: “Per questa volta la predica è superflua. Ma interviene ancora
il vangelo ad ammonire opportunamente: “Tenetevi pronti, perché
non sapete né il giorno né l’ora in cui arriverà il Figlio dell’uomo”.
I solenni funerali hanno avuto luogo nella chiesa di Altavilla, paese
di padre Giulio, e un loculo di pietra, riservato ai sacerdoti, ne ha ac­
colto le spoglie. Goda in cielo la pace eterna.
l l l
Notizie della famiglia
Il superiore generale p. Rino Benzoni benedice la salma
di padre Mattiello, nella chiesa di Altavilla
Il 10 ottobre, a Forgaria (Trento) è morta la signora Nida, mamma
di padre Renzo Larcher, missionario in Camerun. A fine aprile 2004,
il figlio aveva fatto un rapido viaggio in Trentino per accorrere al
capezzale della madre malata. Ma poi si era ristabilita e padre Renzo
era tornato in missione. Il Signore accolga questa madre tra le sue
braccia, nella pace.
2005 DICEMBRE
ZELARINO
30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16
Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410
E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304
Dare vita a chiunque la cerchi
Appunti di un viaggio brasiliano
Padre Andrea Gamba, saveriano padovano, è stato ordinato sacerdote nel duomo di Padova il 28 settembre 2003 ed è
partito per il Brasile. Ci racconta gli inizi della sua attività missionaria.
e mezzo mi troD avouna anno
Tucumã, la cittadina
che prende il nome da un frutto tipico dell’Amazzonia, il tucumã appunto. Io l’ho chiamata
Uno scorcio della distruzione della
foresta vergine in Amazzonia
“la città del non ritorno”. Il mio
viaggio per arrivarvi dalla capitale del Parà è durato diciotto ore
per i milioni di buche. Quando
si arriva al primo pezzettino di
asfalto liscio sembra di essere
nel paradiso terrestre. Nessuno
che fa questo viaggio pensa di
tornare per la stessa strada.
Il centro e le periferie
Finora, ho avuto l’impressione
di vivere in un mondo abbastanza simile a quello che ho lasciato. Vi spiego. Percorrendo le vie
della città si vedono due ospedali, le pubblicità di cliniche dentistiche, gli edifici del comune.
C’è la polizia che vigila, il giudice, un sindaco, gli amministratori comunali. Ci sono i fuoristrada ultimo modello, i camion
pieni zeppi di bovini, case in costruzione e molte residenze super protette, che fanno invidia al
primo mondo. La gente passeggia osservando le varie curiosità
che i negozi espongono. Impressiona il numero di chiese protestanti e saloni delle sette religio-
p. ANDREA GAMBA, sx
se, di cui è difficile conoscere
l’origine e la storia.
Basta lasciare il centro e andare nelle periferie vicine per rendersi conto che la situazione non
è così felice. Le case cambiano:
non sono protette da alti muri,
ma da semplici steccati. Numerosi bambini giocano scalzi sulle strade. Più ci allontaniamo dal
centro più aumenta la presenza
di brasiliani di razza nera. La discriminazione razziale in Brasile è, secondo un esperto, come
un elefante dentro una stanza: un
ostacolo che nessuno vuole riconoscere. È sufficiente ascoltare le
storie di questi brasiliani per scoprire che ospedali, oculisti, dentisti sono solo per alcuni privilegiati. I costi dei pochi servizi sanitari esistenti sono proibitivi per
la maggior parte della gente.
Se non hai soldi o amici...
Anche la giustizia “zoppica”. Padre Giuseppe, veterano
di questi luoghi, mi indica una
casa e racconta: “Là viveva il
consigliere comunale che hanno
Gente che vive di fede
Stiamo lavorando insieme a voi
verità, che supera
L' unica
ogni apparenza, è la verità
della fede di chi si sacrifica per
costruire spazi di regno di Dio.
Vi offro alcuni ritratti di questi
semplici servitori della verità.
La parrocchia dove lavoro
con padre Giuseppe Borghesi,
missionario cremonese, è composta da un’ottantina di comunità. Ognuna ha una persona
che si assume la responsabilità
di coordinarla. Queste persone
sono come un “piccolo parroco”
nella propria comunità.
8
Servire, anche tra
le difficoltà
Una di loro diceva che è troppo difficile essere responsabili;
le critiche e le lamentele della
gente sono distruttive. “Ogni cosa che organizziamo non soddisfa, qualcuno ha sempre qualcosa da ridire”. È così che i nostri
cristiani crescono. Sperimentano
sulla loro pelle cosa significhi
guidare una comunità, animare
la fede di una folla spesso disinteressata, condividere il vangelo non a parole, ma con i fatti e
nella verità.
Zechigna si lamenta: “Se i
miei figli fossero profeti, le comunità dove vivono sarebbero
veramente parte del regno di
Dio”. Lui, padre di famiglia con
quattro figli, vive in un pezzo di
terra a due ore e mezzo dalla città. Dedica la sua vita ad animare
le comunità e a salvare una delle
poche oasi rimaste della foresta
amazzonica. Avrebbe potuto distruggere tutto, come fa il 99 per
cento degli agricoltori, e trasformare la foresta in campi per alle-
Padre Andrea, tra la lussureggiante
vegetazione amazzonica
p. ANDREA GAMBA, sx
vare bovini. Invece si accontenta
di migliorare le sue condizioni di
vita a un ritmo un po’ più lento.
Mi dice: “Dobbiamo rispettare la
nostra madre terra”.
Sonia è madre di sei figli
Sonia era già responsabile in
una comunità. Dopo che hanno
ammazzato suo marito è venuta
a vivere a Tucumã, in uno dei
quartieri più poveri. Qui si è
risposata ed è impegnata nella
pastorale dell’infanzia. Ha poco
tempo e molto lavoro; vive in
una casa povera e ha un desiderio incredibile di fare il bene.
Sono stato a farle visita in casa
e mi diceva: “Dobbiamo aiutare
questa gente a pregare”. Ha ragione: qui la maggior parte dei
ragazzi non sa cosa sia un Padre
Nostro o un’Ave Maria.
Dopo il matrimonio celebrato
insieme ad altre nove coppie,
Sonia ha voluto organizzare un
incontro nella sua piccola casa
per poter avvicinare i giovani e
gli adolescenti. La sua preoccupazione è che non diventino dei
delinquenti.
Come vedete, non è solo il missionario ad annunciare il vangelo.
Lo Spirito Santo arde nei cuori di
tante persone semplici.
■
Una famiglia numerosa, cioè “normale”: secondo da sinistra,
padre Andrea Gamba; secondo da destra, padre Giuseppe Borghesi
ammazzato. Il mandante è stato
il sindaco che, dopo un anno di
prigione, adesso circola liberamente. È stato condannato per
questo crimine, ma è responsabile per almeno altri quindici
omicidi di persone, perché non
gradite al suo governo”.
Per i poveri, spesso, non ci sono soluzioni. La maggior parte
della popolazione è schiava di
un potere che esclude chi non ha
soldi né amici potenti, chi non
è “fazendero” né di razza bianca. Il linciaggio è il modo di farsi giustizia. La polizia si lascia
corrompere con facilità. Uomini
che dovrebbero difendere l’ordine pubblico sono chiamati popolarmente i “senza legge”. Mancando una vera giustizia, ognuno fa da sé. Ci sono anche donne che arrivano ad ammazzare
su commissione.
Siete invitati a partecipare
Le sfide sono tante e grandi,
ma grazie a voi non ci sentiamo
soli. Noi missionari lavoriamo
insieme a voi. Come l’amore di
Dio muove la storia, così la vostra partecipazione rende possibile la nostra azione. Abbiamo
fatto con voi un contratto che è
scritto con la penna del sacrificio sulla carta della storia. Nel
contratto, una buona parte è dedicata alla “grazia” e al “grazie”.
Tutto è consegnato nelle mani
del Padre, perché benedica me,
voi, noi tutti.
Il viaggio missionario continua. Continua, questa volta, nel
cuore dell’uomo, che è lo stesso in ogni parte del mondo. Ci
fa compagnia la Parola che illumina e riscalda il cuore. Nostro
obiettivo è dare la vita a chi sta
cercando vita; è restituire la dignità di figli agli uomini e alle
donne che sono in balia del vento contrario.
Siete invitati a partecipare a
questa avventura. Le sorprese
non mancano, ma la felicità è
dono di Dio. Non s’incontra in
altri luoghi.
■
(continua a lato)
BUON NATALE, CON AMORE
Un anziano signore arriva al consultorio medico per farsi medicare
la mano. Aveva un taglio profondo. Chiede d’essere
ricevuto subito, perché aveva un altro impegno ur­
gente. Il medico lo fa passare e, curioso, gli chie­
de qual è l’impegno così urgente. Il simpatico vec­
chietto risponde che tutte le mattine an­
dava a far visita alla sposa, degente in
una casa per anziani, perché malata di
Alzheimer in fase avanzata.
Il medico, preoccupato per il lungo
tempo necessario al suo intervento di
medicazione, gli chiede: “Oggi, sua mo­
glie sarà in ansia per il suo ritardo!”. “No risponde il vecchietto - lei non mi riconosce più!
È così da cinque anni!”. Il medico replica: “Ma perché
tanta fretta allora? Perché va a visitarla ogni mattina,
se non la riconosce?”. Il vecchietto sorride e, battendo
la mano sulla spalla del medico, risponde: “Mia moglie,
non sa chi sono io. Ma io so molto bene chi è lei!”.
Il medico, commosso, dice a se stesso: “È questo il tipo di amore che
vorrei sperimentare nella mia vita!”.
Il vero amore non si esaurisce nel gesto fisico o in una parola ro­
mantica. Il vero amore è accettare tutto quello che l’altro è ora, è sta­
to nel suo passato e sarà domani, anche quando non ci sarà più.
Natale non può essere solo un momento di bontà scontata, da roto­
calco. Dobbiamo diventare più consapevoli della forza dell’amore che
muove il mondo e la storia, perché ha origine nel cuore di Dio.
A tutti, Buon Natale!
p. Romeo Brotto, rettore
e i saveriani di Zelarino
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MS 2005.11 DICEMBRE