SERVIZI ALLA PERSONA E ACCOGLIENZA:
QUALI RISPOSTE PER LA CITTÀ DI ROMA
Rapporto finale
Roma, luglio 2002
La ricerca è stata realizzata da un gruppo di lavoro della Fondazione Censis,
diretto da Maria Pia Camusi e composto da Micaela Melis, Daniele De Rita,
Giuseppe Lubrano. Gli strumenti di rilevazione sono stati somministrati
dalla società Elabora S.c.a.r.l..
INDICE
1. Premessa
2. Verso un modello di gestione sociale
2.1. Il sociale: dal disagio al benessere
2.2. L’emersione del welfare community
2.3. La configurazione pentagonale dei servizi sociali
2.4. Responsabilità e compiti delle organizzazioni del
terzo settore
3. Il caso romano
3.1. Dalla città assistenziale alla città imprenditoriale
3.2. Dinamiche di crescita e percorsi di sviluppo del
Welfare romano
3.3. Luci e ombre della cooperazione sociale romana
3.4. Modello organizzativo dei servizi sociali nel
Comune di Roma
3.5. Tipologia di servizi sociali nella città di Roma
3.6. Analisi quantitativa del privato sociale a Roma
4. I servizi di welfare: un valore aggiunto per la cultura di
impresa e la qualità sociale
4.1. I produttori di welfare
4.1.1. L’analisi degli enti
4.1.2. La struttura organizzativa
4.1.3. I servizi offerti
4.1.4. La domanda di finanza
4.1.5. I rapporti con il tessuto economico ed
istituzionale
4.2. I fruitori di welfare
4.2.1. I servizi utilizzati
4.2.1. Le modalità di accesso ai servizi
4.1.3. La qualità rilevata
4.2.4. Il rapporto con gli operatori e con i soggetti
di sviluppo
4.2.5. I dati strutturali
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1.
Rapporto finale
PREMESSA
Questo volume raccoglie i risultati dell’indagine sui “Servizi alla persona e
accoglienza: quali risposte per la città di Roma”, commissionata alla
Fondazione Censis dalla società Elabora S.c.a.r.l.
Nel testo vengono presentati in dettaglio:
- una prima ricognizione sui mutamenti in atto nella gestione dei servizi
sociali;
- un analisi delle dinamiche di crescita e dei percorsi di sviluppo del
welfare romano;
- i risultati dell’indagine condotta su di un campione rappresentativo di
popolazione residente nel Comune di Roma tesa a mettere a fuoco la
domanda emergente di servizi sociali;
- i risultati dell’indagine condotta su di un panel di organizzazioni
produttrici di servizi sociali mirata ad analizzare l’attuale offerta di
welfare nel contesto urbano della Capitale.
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2.
Rapporto finale
VERSO UN MODELLO DI GESTIONE SOCIALE
2.1. Il sociale: dal disagio al benessere
Nel tracciare la mappa dei servizi sociali nell’area corrispondente al
Comune di Roma appare necessario definire e concettualizzare il significato
stesso di “bisogno sociale” che, di fatto, è sotteso all’erogazione del
servizio. Una precisazione non scontata - soprattutto ai fini della presente
ricerca - ma doverosa, giacché assume una valenza non solo semantica, ma
anche e soprattutto di ordine metodologico.
Nel linguaggio comune, il concetto di bisogno sociale ha assunto una
connotazione assai negativa, essendo spesso riferito al complesso di
problematiche afferenti al “disagio” in senso stretto. Per questo motivo, il
bisogno sociale è stato frequentemente associato ai servizi socio
assistenziali, ossia a quel complesso di servizi destinati a soggetti che
versano in condizioni socioeconomiche disagiate.
Le dinamiche che investono – oggi più che mai - il tessuto sociale
impongono, tuttavia, il superamento di questa restrittiva connotazione del
bisogno sociale e rendono, quindi, opportuno svolgere alcune considerazioni
che ne giustificano l’ampliamento dei confini concettuali:
- in primo luogo, la necessità di estendere il significato del concetto di
bisogno sociale è evidente dalla scarsa capacità strumentale degli stessi
servizi socio assistenziali di operare una reale prevenzione delle
situazioni di esclusione ed emarginazione. Data la limitatezza degli
strumenti, infatti, la prevenzione del bisogno non può essere funzione
primaria dei servizi di assistenza sociale, ma deve essere competenza di
diversi ambiti settoriali (lavoro, formazione professionale, pensioni,
sanità, ecc.). È evidente – secondo questa logica – come al concetto di
bisogno connesso al disagio debba necessariamente subentrare una
categoria concettuale più ampia che si riferisca espressamente al
benessere della persona nel suo complesso.
- in secondo luogo, in seno al contesto sociale, è evidente l’emersione di
un nuovo insieme di bisogni che mal si adeguano ad una rigida e puntuale
classificazione. L’emersione di nuovi bisogni mette in luce una
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sostanziale modificazione delle caratteristiche strutturali dell’universo
dei soggetti destinatari dei servizi. Si registrano, infatti, da un lato, una
complessificazione della scala dei bisogni dei fruitori; dall’altro lato, un
processo di diversificazione della domanda e, conseguentemente, un
sostanziale ampliamento della consistenza numerica e della tipologia
degli utenti;
- in terzo luogo, la “vecchia” concezione di bisogno sociale appare del
tutto inadeguata alla nuova logica di sussidiarietà orizzontale che
accompagna il progressivo decentramento verticale attuato negli ultimi
anni dalle istituzioni. È innegabile che le società attuali siano imperniate
su logiche prettamente orizzontali, lo dimostra, infatti, la progressiva e
crescente moltiplicazione dei soggetti e dei poteri di riferimento;
- infine, a sostegno della validazione dell’ipotesi di ampliamento della
categoria concettuale del bisogno sociale concorre anche la sostanziale
modificazione del rapporto esistente fra il settore pubblico e quello
privato. In particolare, il trend prevalente mostra un mondo del privatosociale più dinamico – seppur non in modo totalmente consapevole – e
caratterizzato da una forte maturazione culturale e progettuale.
In riferimento a quest’ultimo punto, se, da un lato, c’è chi sostiene con forza
la necessità di una presenza pubblica nel campo delle politiche sociali e si
esprime in favore del mantenimento di un elevato livello di politiche di
welfare, d'altro lato, si è pienamente consapevoli del fatto che il consolidato
modello di rapporti pubblico-privato è da considerarsi ormai superato.
Dalle espressioni organizzate della società civile emerge, quindi, una nuova
via di sviluppo del welfare: quella di un welfare «partecipato», in grado di
coniugare una struttura amministrativa più efficace e flessibile con la
creazione di una rete diffusa di servizi promozionali e preventivi sul
territorio cogestita e coprogrammata in accordo con il complesso di strutture
e organizzazioni, che sono espressione diretta della comunità locale. Si è
ormai configurato un nuovo modello di gestione del bisogno sociale: il
welfare community.
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2.2. L’emersione del welfare community
Realizzatosi negli ultimi anni, il passaggio da un modello di welfare state ad
uno di welfare community ha comportato la definitiva affermazione di un
sistema di gestione del bisogno sociale fondato sul principio della centralità
del cittadino e della comunità sociale nel suo complesso che – di fatto acquisiscono un ruolo attivo nell’organizzazione e nella gestione dei servizi.
L’idea sottesa a questo modello di gestione del benessere è, dunque, quella
di una comunità che si auto organizza per soddisfare i propri bisogni
attraverso la realizzazione di una complessa rete di servizi, di cui,
formalmente, il soggetto pubblico si fa garante.
Diretto corollario dell’attivazione del nuovo modello di gestione del bisogno
sociale, è la revisione dell’impostazione attuale sia del servizio sociale sia
del rapporto tra pubblico e privato sia, infine, del rapporto tra la struttura
erogatrice del servizio e l’utente finale. Tale complesso processo di
trasformazione appare dominato:
- da un lato, da una progressiva responsabilizzazione della comunità locale
nella cura dei propri appartenenti e dalla definizione di un sistema di
protezione dei cittadini espressione della loro autonomia;
- dall’altro lato, dallo smorzamento del rapporto antitetico esistente tra il
sistema pubblico e quello privato.
Lo spostamento del baricentro verso forme di soddisfacimento dei bisogni
sociali più flessibili implica, inoltre, la definizione di un nuovo ruolo sociale
dell’amministrazione pubblica, la quale deve garantire la creazione di un
“sistema integrato di servizi” attraverso l’ausilio di un ”modello a rete” di
offerta di servizi. Un progetto sicuramente ambizioso e difficile da
concretizzare, ma che, in definitiva, dovrebbe:
- semplificare notevolmente l’accesso ai servizi da parte dell’utente;
- garantire un sostanziale riequilibrio della gamma tipologica dei servizi;
- consentire di visualizzare e razionalizzare le unità di offerta in ambito
territoriale;
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- condurre ad una proficua definizione degli ambiti di applicazione degli
istituti di validazione (autorizzazione al funzionamento ed
accreditamento).
Cambia, dunque, in maniera rilevante e radicale la natura dell’intervento
sociale che, d’altra parte, sposta definitivamente il suo baricentro da un
sistema socio assistenziale basato su azioni standardizzate ad uno che mira
alla costruzione di un complesso di servizi integrati rivolti all’intera
collettività. Mentre l’intervento di carattere assistenziale era basato sulla
logica della differenziazione ed era, quindi, destinato ad un numero limitato
di soggetti disagiati, la “rete dei servizi” risulta invece centrata sulla logica
della normalità essendo destinata all’intera collettività e, quindi, ad una rosa
di potenziali fruitori sicuramente più ampia.
2.3. La configurazione pentagonale dei servizi sociali
Le dinamiche di cambiamento in atto in seno al settore sociale sono state
recepite e formalizzate sul versante legislativo dalla recente legge 328/2000
sui servizi sociali che, di fatto, rappresenta nell’attuale panorama legislativo
una pietra miliare.
Secondo la nuova impostazione, i servizi sociali si configurano come uno
dei molteplici “servizi alla persona e alla comunità” che caratterizzano le
politiche sociali attuate a livello locale (tutela della salute, istruzione
scolastica, formazione professionale, beni ed attività culturali, spettacolo e
sport).
Congiuntamente all’esplicito riconoscimento del carattere universalistico
dei servizi alla persona (art. 3, comma 2) e della necessità di coordinamento
dei diversi settori della sfera sociale, la legge introduce ed identifica cinque
assi di intervento (rappresentati nella fig.1).
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Fig. 1 – Gli assi di intervento del nuovo modello di gestione del sociale
Tutela del
diritto di
assistenza
Promozione ed
accompagnamento
Gestione
Assi di
intervento
Connessione
Fonte: Censis, 2002
Concertazione
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1) La tutela del diritto all'assistenza. Tale forma di tutela è garantita
assicurando “alle persone e alle famiglie” l'accesso al sistema integrato di
interventi e servizi sociali nel rispetto dell'obbligo di consentire l'accesso
prioritario ai soggetti rientranti nelle condizioni previste dall'art.2,
comma 3, della legge quadro.
2) La promozione e l’accompagnamento. Tali attività rappresentano uno
strumento importante per il miglioramento della qualità della vita e per
l’eliminazione delle discriminazioni nell'ambito della comunità locale.
L’asse trova concretizzazione nella definizione di programmi
intersettoriali ed integrati, organizzati in modo da rispondere al meglio
alle esigenze delle fasce più deboli della popolazione.
3) La concertazione. L'attività di promozione - che con la nuova legge
assume una dimensione strategica anche a causa della controversa
questione dell'effettivo grado di esigibilità di livelli adeguati di
prestazioni e servizi - è connessa allo sviluppo della concertazione in
ambito locale, in modo tale da favorire il riordino ed il potenziamento del
sistema integrato di interventi e servizi sociali. Espressione diretta di tale
principio sono i cosiddetti Piani di zona, di norma adottati attraverso
accordi di programma tra i comuni, le ASL, le ONLUS, gli organismi
locali della cooperazione, delle associazioni, degli enti di promozione
sociale, ecc.. Tali Piani rappresentano il principale strumento per la
realizzazione di programmi coordinati e per la gestione integrata degli
interventi sociali e sanitari anche con il concorso delle risorse locali di
solidarietà e di self-help.
4) La connessione. Presupposto indispensabile dell’attività di concertazione
in sede di programmazione è l’esistenza di un sistema integrato di
connessioni sia a livello verticale, tra Regione, Provincia e Comune, sia a
livello orizzontale, nell’ambito della stessa comunità locale. Tali
connessioni, rappresentano uno strumento rilevante per garantire un reale
coordinamento delle azioni e degli interventi di tutti i soggetti che
operano nel sistema delle politiche sociali.
5) La gestione. L’attività gestionale – che può essere diretta o indiretta – si
riferisce sostanzialmente a quel complesso di attività che sino
all’approvazione della legge 328/2000 venivano definite socio
assistenziali.
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A fronte di una legge che si pone l'obiettivo generale di promuovere
politiche di aiuto alla normalità della vita delle persone va, comunque,
sottolineata la specificità dei servizi di assistenza sociale che, come si è
detto, occupano un campo d'azione ben definito nell'ambito del sistema
locale dei “servizi alla persona e alla comunità”.
2.4. Responsabilità e compiti delle organizzazioni del terzo
settore
La nuova configurazione dei servizi sociali rappresenta solo dei tanti
risultati dell’estrema vivacità del quadro legislativo nell’ultimo decennio, la
cui produzione ha infatti investito una molteplicità di ambiti (si pensi, a
titolo di esempio, alla crescente importanza attribuita alle cooperative
sociali, al volontariato, alle ONLUS).
L’evidente fibrillazione del quadro legislativo segnala, dunque, in maniera
chiara ed inequivocabile il passaggio dal welfare state al welfare
community, passaggio d’altra parte contrassegnato dall’esplicito
riconoscimento dell’esistenza di una stretta correlazione tra risorse e servizi
erogati. In particolare, la sostanziale scarsità delle risorse disponibili impone
l’applicazione di modelli di gestione efficienti ed efficaci e,
conseguentemente, richiede un maggior coinvolgimento e impegno della
comunità locale e di tutti i soggetti che la compongono nella gestione della
community care.
Assume importanza strategica, in tal senso, la programmazione svolta a
livello locale tra i diversi soggetti territoriali. È sulla base di questa nuova
logica strategica che è stato introdotto il “Piano di zona”, ossia un
documento per il governo locale dei servizi finalizzato a programmare la
rete di interventi che devono dare risposta alle problematiche espresse dalle
comunità locali. Compiti primari del Piano sono la rilevazione dei bisogni
prioritari delle persone, la definizione delle strategie operative per poterli
soddisfare, l’individuazione dei soggetti coinvolti nell’azione, il
riconoscimento delle diverse responsabilità di governo ed, infine, la
determinazione delle forme di controllo.
Sempre nell’ottica dell’instaurazione di una “rete di gestione del sociale”, la
legge 328/2000 ha introdotto la possibilità di stipulare “accordi di
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Rapporto finale
programma” con gli organismi non lucrativi di utilità sociale, con gli
organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione
sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di
volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose (che abbiano
stipulato accordi con lo Stato) ed, infine, con le IPAB. Si tratta di una novità
importante perché esplicitamente si riconosce la rilevanza che i diversi
soggetti assumono nel sistema complessivo dei servizi, non solo nella
gestione, ma anche e soprattutto nella programmazione e
nell’organizzazione di un sistema integrato che ha, tra le altre finalità,
l’effettiva promozione della solidarietà sociale.
La nuova legge apre indubbiamente una nuova stagione all’insegna di un
rinnovato protagonismo, anche politico - non solo nazionale e regionale, ma
anche locale - del complesso delle organizzazioni che operano nel sociale.
Un’impostazione innovativa che definisce e delinea un quadro in cui i
diversi attori sociali – ispirati da un principio di democraticità diffusa –
dovranno costantemente interagire promovendo tavoli di concertazione per
un’assunzione condivisa delle decisioni.
La definitiva attuazione del nuovo modello di gestione dei bisogni sociali –
così come è definito nelle sue linee essenziali nella recente legge – richiede,
tuttavia, una rivoluzione culturale di notevole spessore affinché i destinatari
dei servizi acquistino realmente una posizione centrale nell’ambito del
sistema, affinché i servizi non siano più standardizzati ma personalizzati ed,
infine, affinché sia la dimensione territoriale a caratterizzare le politiche
sociali e non gli astratti principi oggetto delle tradizionali politiche di
settore.
Nell’ambito di questo auspicato ed auspicabile cambiamento, il ruolo della
Pubblica Amministrazione non è certo irrilevante. In particolare, l’azione
amministrativa dovrebbe essere orientata a coagulare la molteplicità di
risorse umane, progettuali e finanziarie esistenti, in modo tale da definire e
creare una rete sinergica in grado di stimolare e favorire l’azione coordinata
della pluralità di attori. La creazione di un sistema strutturato e reticolare a
livello territoriale non è, tuttavia, una garanzia per l’attuazione di uno
sviluppo reale basato su un principio di coesione sociale. Perché questo sia
possibile è necessario che gli Enti territoriali, in particolare i Comuni,
adottino – con intenzionalità politica – una metodologia di concertazione a
livello locale, in modo da intensificare legami e relazioni che promuovano
processi di identificazione e di appartenenza al territorio.
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Al Comune, in quanto governo locale, spetta dunque il compito di produrre
politiche che promuovano inclusione. Ciò significa, sul piano della
programmazione territoriale, la capacità di considerare il territorio non come
semplice area geografica, ma come ambito di sviluppo delle relazioni
individuali e di gruppo.
In tal senso, l’esplicito riconoscimento del ruolo che le organizzazioni di
rappresentanza possono ricoprire nella definizione delle politiche della
comunità costituisce un enorme passo in avanti, ma presuppone, nello stesso
tempo, una corretta determinazione delle responsabilità che ovviamente
conseguono dal decentramento attuato. Lo sviluppo di un’etica della
responsabilità deve essere non solo espressione di esigenze di compatibilità
finanziaria – ossia di un più efficace controllo da parte dei cittadini sulle
modalità e finalità della spesa sociale –, ma deve pure intrecciarsi
saldamente con la necessità di concretizzare nuovi strumenti di approccio
alla socialità ed alla sicurezza sociale nella città.
La nuova logica della “comunità plurale”, con poteri e responsabilità
condivise, richiede dunque l’esistenza di un’identità territoriale forte e
radicata in modo che tutti i cittadini concorrano a produrre le risorse
necessarie ad assicurare, a livello locale, la giustizia sociale. Tale “sistema
di governo allargato” necessita, congiuntamente alla promozione ed alla
regolazione pubblica, la co-progettazione da parte di tutti i soggetti del
privato sociale con un esercizio di responsabilità comuni.
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3.
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IL CASO ROMANO
3.1. Dalla città assistenziale alla città imprenditoriale
Luogo emblematico del cambiamento, la città e, in particolare, l’ambito
metropolitano romano, manifesta con veemenza - ora più che mai - le sue
energie, forse in maniera antinomica e, spesso, non controllata e
controllabile, ma sicuramente con una vitalità senza precedenti.
Un flusso di energie che, idealmente, si coagula in un complesso di bisogni
sociali emergenti e che, invece, materialmente, si scompone in
quell’universo poliedrico di strutture che differentemente cercano di dare
risposte. Una forza dotata di due direzioni, una centripeta, che trova
espressione nell’accorpamento e nella progressiva definizione di nuove
necessità in seno al tessuto sociale – in parte determinate da fattori
demografici -, l’altra, centrifuga, causa primaria, invece, della progressiva
polverizzazione dei soggetti, imprenditoriali e non, che operano nell’ambito
del territorio metropolitano. Un’immagine ambigua, sostanzialmente
determinata dalla ricerca di un nuovo equilibrio tra queste due componenti,
generata dalla crisi che ha investito le tradizionali forme di sicurezza sociale
e di tutela collettiva. Tale crisi ha investito il concetto stesso di città
solidale, ossia, di quella realtà che ha fondato la propria coesione sociale
sulle iniziative mutualistiche e solidaristiche messe in campo dalle comunità
locali con il supporto iniziale delle strutture religiose. Una destrutturazione
valoriale che ha reso meno incisiva l’azione del volontariato di impianto
tradizionale, che pure continua ad esistere, e che, tuttavia, è stata autrice di
un importante mutamento: il passaggio dalla città assistenziale alla città
imprenditoriale.
Se, in passato, nella città era pensabile ed attuabile un modello assistenziale
basato su una redistribuzione delle risorse verso gli emarginati ed i disagiati,
oggi, tale sistema di inclusione sociale non è più proponibile né tantomeno
accettabile. Nella nuova città imprenditoriale, di fatto, alla logica
assistenziale si è sostituita quella economica, generata dalla diffusione e
promozione di una “microimprenditorialità sociale” diffusa che, seppur non
ha come obiettivo finale la massimizzazione del profitto, non ignora
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l’esistenza delle regole della competizione e quindi del mercato. Elemento
cardine di questa “nuova imprenditorialità”, la cooperazione sociale –
malgrado le evidenti difficoltà, operative e culturali, all’acquisizione di
questa dimensione di mercato – rappresenta uno strumento fondamentale
per realizzare questo efficace connubio tra principi imprenditoriali e
intervento sociale.
3.2. Dinamiche di crescita e percorsi di sviluppo del Welfare
romano
Un futuro sicuramente problematico, ma anche denso di significative
potenzialità, è questa l’immagine delineabile del “sociale romano”.
Problematico, nel senso che operare e “fare impresa” in ambito sociale è
sicuramente difficile, anche se il settore offre – in chiave prospettica –
ampie opportunità di sviluppo. Una crescita futura che, se da un lato, sarà
sicuramente amplificata dalle dinamiche demografiche (si pensi, ad
esempio, al progressivo invecchiamento della popolazione), dall’altro lato,
risulterà determinata e indotta dal rinnovato – seppur ancora incompleto –
impianto legislativo e dal progressivo cambiamento del modello culturale di
gestione del sociale.
L’oggettiva difficoltà nella pianificazione e programmazione dell’azione
sociale può, tuttavia, essere superata tramite la valorizzazione della pluralità
di soggetti e di realtà associative operanti sul territorio. La scelta di
coinvolgimento sistematico - nella progettazione e nella gestione dei servizi
e prestazioni a livello circoscrizionale - delle associazioni, dei gruppi di
volontariato e dell’imprenditorialità sociale rappresentano, di fatto, delle
azioni dirette ad assicurare e promuovere reali spinte inclusive e sono basate
sull’esplicito riconoscimento delle peculiarità del territorio.
I processi di ridefinizione che caratterizzano il sistema delle politiche sociali
nell’area metropolitana sono dominati, dunque, da una duplice logica di
decentramento: orizzontale, nei suoi interventi, nelle sue funzioni e nelle sue
responsabilità, e funzionale, nello sviluppo delle sfere di autonomia e di
autogestione.
Il progressivo empowerment della società civile ha segnato, quindi, lo
sviluppo di una logica policentrica nel campo delle politiche sociali a cui
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però deve essere associata una parallela diffusione della cultura sociale nel
mondo bancario e finanziario. Questo perché tutte le problematiche
connesse con il sociale e le politiche di intervento dell’amministrazione
comunale non possono prescindere dalle dinamiche relative al
finanziamento della spesa. In tal senso, assume particolare rilevanza
l’attività di sensibilizzazione del mondo bancario e finanziario sulla
necessità di investire sul e nel sociale.
Un diverso rapporto tra i soggetti economici e le problematiche sociali deve,
dunque, ridefinirsi alla luce della più complessiva e necessaria
riarticolazione del sistema di protezione sociale, una riarticolazione che
preveda e strutturi il coinvolgimento di soggetti pubblici, locali e nazionali,
profit e non profit, dando vita da un diverso equilibrio tra copertura pubblica
dei bisogni sociali e responsabilizzazione individuale.
3.3. Luci e ombre della cooperazione sociale romana
La cooperativa sociale per la sua specifica mission rappresenta
indubbiamente una forma di impresa, dove la proprietà comune, la
democraticità dei processi decisionali si intersecano in maniera proficua con
una notevole apertura alla partecipazione. Tale forma di impresa soprattutto nell’ultimo decennio – ha registrato tassi di crescita notevoli
divenendo simbolo e strumento del progressivo empowerment della
comunità locale. È proprio la comunità locale il centro di azione della
cooperativa sociale, non per imposizione normativa e neanche per strane e
antiche pratiche volontaristiche e pionieristiche, ma solo perché nella
comunità locale è la “persona” a ricoprire un ruolo centrale.
Come tutti i grandi centri urbani, pure la città Roma, ha registrato negli
ultimi anni una crescita rilevante della cooperazione sociale. La progressiva
affermazione di questa forma imprenditoriale del sociale in ambito
metropolitano è da imputarsi ad una pluralità di fattori concomitanti:
- la propensione degli Enti Locali – ormai consolidata – ad esternalizzare i
servizi a forte impatto sociale. Questa tendenza è stata indubbiamente
favorita da una legislazione che intendeva incrementare la presenza dello
strumento cooperativo, a vantaggio della collettività e con l’obiettivo di
ridurre il costo della gestione ed erogazione di alcuni servizi pubblici,
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Rapporto finale
aumentandone l’efficienza e fornendo un contributo all’aumento di
un’occupazione stabile e non assistita;
- lo sviluppo del volontariato e la presenza di una fitta rete associativa
hanno creato le precondizioni motivazionali ed organizzative per la
crescita della cooperazione sociale e per la sostanziale riqualificazione
del sistema dei servizi alla persona;
- le trasformazioni avvenute nel modello di welfare hanno portato alla
valorizzazione della funzione della cooperazione sociale e della sua
capacità di adeguare i servizi offerti alle specificità del territorio e di
particolari fasce d’utenza.
Tale processo di crescita non ha ancora esaurito, tuttavia, il suo ciclo; infatti,
parallelamente ad una cooperazione “geneticamente modificata” che risente
fortemente dell’esternalizzazione dei servizi pubblici, va definendosi,
infatti, il ruolo di una cooperazione di mercato, costituita da imprese sociali
e solidali, interlocutrici ideali nell’ambito del territorio. Purtroppo, in
ambito romano, questa versione della cooperazione sociale come “attività
imprenditoriale e di mercato” è rappresentata ancora da pochi – seppur
significativi – casi di eccellenza. La maggior parte delle imprese –
dimensionalmente piccole – è sovente incapace di agire nel mercato
autonomamente e di svincolarsi definitivamente dal legame con il settore
pubblico. Questo fatto, ovviamente, sottopone le imprese a forti
sollecitazioni da parte della pubblica amministrazione, tra cui la forte
dipendenza dai finanziamenti, il difficile confronto con standard di qualità e
produzione sempre più elevati e la sostanziale difficoltà a gestire una
maggiore gamma di servizi.
Anche la natura del rapporto che si instaura tra il mondo cooperativo e la
pubblica amministrazione romana - raramente basata sulla partnership –
rappresenta un limite, giacché si riduce ad una semplice attività di fornitura
per conto dell’Ente locale, in un’ottica meramente strumentale dell’attività
che l’impresa sociale può svolgere in favore dell’Ente stesso. Appare chiaro,
dunque, come il sistema attuale sia ben lontano dal garantire una piena
integrazione del cooperativismo sociale all’interno del sistema di servizi
cittadini.
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3.4. Modello organizzativo dei servizi sociali nel Comune di
Roma
Allo stato attuale, il modello organizzativo dei servizi sociali del Comune di
Roma appare caratterizzato da una bipartizione dei compiti, potendosi
distinguere tra le mansioni di competenza del V Dipartimento ed i compiti
attribuiti alle singole Circoscrizioni. Tale ripartizione attiene non solo le
funzioni connesse alla predisposizione e pianificazione dei servizi sociali
dell’area metropolitana, ma anche alla gestione degli stessi. In riferimento a
quest’ultimo punto è bene notare – tuttavia – come le competenze gestionali
del V Dipartimento stiano progressivamente scemando a causa del processo
di forte decentramento in atto. Il Nuovo Regolamento del decentramento
amministrativo, recependo le prescrizioni contenute nella Legge 142/90
sull'Ordinamento delle Autonomie Locali (ora aggiornata dalla Legge
267/00), sancisce i processi di cambiamento organizzativi e di gestione
configurando gli Uffici circoscrizionali come strutture di governo reale e di
gestione decentrata delle risorse e dei servizi alla persona.
La diramazione periferica nell’offerta dei servizi ha trovato concreta
attuazione nella creazione – all’interno delle singole Circoscrizioni – di
specifiche Unità Organizzative a cui sono demandate tutte le funzioni che
non sono prerogativa esclusiva dell’Amministrazione Centrale. Tali Unità
assolvono sostanzialmente una duplice funzione: da un lato, sono in grado
di identificare in maniera puntuale i bisogni dell’utenza, dall’altro lato, di
rilevarne in maniera diretta il livello di soddisfazione.
A livello Centrale, invece, gli Uffici di Servizio Sociale del Comune di
Roma, collocati all'interno del V Dipartimento, sono suddivisi nelle seguenti
Aree:
- Area della Solidarietà
- Area della Terza Età
- Area Case di Riposo
- Ufficio Speciale Immigrazione e nomadi
- Progetti di Autopromozione sociale
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- Area Promozione della Salute
- Area Promozione dell'Inclusione Sociale
- Area Invalidi Civili
L'Amministrazione Centrale, malgrado il forte decentramento attuato sul
territorio, si occupa del coordinamento e della programmazione generale,
della valutazione di tutti i servizi attivati, del controllo e della vigilanza ed,
infine, dell’accreditamento.
In particolare, quest’ultima funzione rappresenta una pietra miliare
nell’ambito del più ampio progetto di riorganizzazione dei servizi alla
persona. La procedura di accreditamento ha previsto, infatti, la costituzione
di due albi, uno a livello cittadino, distinto per aree di intervento (disabili,
anziani, minori), e uno a livello circoscrizionale. Tra le novità introdotte con
l’accreditamento è annoverare pure la costituzione di specifiche
commissioni tecniche permanenti, una per ogni registro, composte da figure
tecniche, rappresentanti degli utenti e da personalità politiche in modo da
garantire la partecipazione di tutti i portatori di interesse.
3.5. Tipologia di servizi sociali nella città di Roma
Nell'ambito delle Unità Organizzative presenti in seno alle singole
Circoscrizioni si distingue nettamente l'Unità Organizzativa Socio Educativa
Culturale Sportiva (UOSECS) dove sono stati collocati i principali Servizi
Sociali circoscrizionali (attività di cura, di sostegno, di socializzazione, di
tutela, di informazione, di prevenzione, di inserimento presso servizi
residenziali, di assistenza economica, di osservazione e di rilevazione del
disagio sociale). La figura 2 e le tabelle seguenti illustrano in dettaglio
l’articolazione dei servizi alla persona nella città di Roma.
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Rapporto finale
Fig. 2 – Tabb. 1-11
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Rapporto finale
3.6. Analisi quantitativa del privato sociale a Roma
Ad oggi, purtroppo, non sono disponibili rilevazioni statistiche complessive
sul c.d. “privato sociale” romano, cioè su tutti quei soggetti che senza
scopo di lucro producono beni e/o servizi d’utilità sociale, costituendo un
corpo intermedio tra i fruitori dei servizi sociali e la pubblica
amministrazione comunale.
Infatti, il recente censimento dell’Istat sulle istituzioni non profit aggrega
insieme strutture del tutto eterogenee tra di loro, che vanno dai partiti
politici, ai sindacati, ai patronati alle casse mutue, alle società di mutuo
soccorso, ai comitati, agli enti ecclesiastici alle, confraternite, agli enti
ospedalieri di diritto privato, alle scuole private, alle università private, agli
istituti di studio e ricerca di diritto privato, ai centri di formazione
professionale, alle IPAB, fini fino alle case di cura e ai ricoveri, rendendo i
dati censuari inservibili per un’analisi quantitativa del c.d. privato sociale o
terzo settore romano.
Tuttavia, è possibile ricostruire, almeno approssimativamente, una
mappatura quantitativa sui soggetti privati “laici” maggiormente attivi
nell’erogazione dei servizi sociali nella Capitale, in base a dati raccolti in
diverse e differenti fonti ufficiali.
Le organizzazioni di volontariato: nella Regione Lazio il volontariato è
disciplinato dalla legge regionale 29/93 che ha recepito la legge quadro
266/91, istitutiva delle organizzazioni di volontariato. I dati, raccolti presso
il registro regionale del volontariato, indicano che nel Lazio il numero delle
organizzazioni è cresciuto ad un ritmo del 43% annuo tra il 1993 e il 2000.
Alla fine dell’anno 2000 le organizzazioni di volontarito iscritte al registro
regionale erano 551, di queste 294 risultano nel Comune di Roma (tab.12).
Le organizzazioni non governative: secondo i dati forniti dal Ministero
degli Affari esteri le associazioni non governative con sede a Roma sono 48.
In un’altissima percentuale di casi le organizzazioni non governative
assumono la veste giuridica di associazioni. Si tratta tuttavia di associazioni
disciplinate da una legislazione speciale rispetto a quella ordinaria dettata
dal codice civile.
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Rapporto finale
Tab. 12 - Il privato sociale a Roma, anno 2000 (v.a. e val%)
Tipologia
v.a.
val.%
Associazioni Forum del Terzo Settore
Organizzazioni non governative
Organizzazioni di volontariato
Cooperative sociali (A+B)
Consorzi di cooperative sociali
Centri sociali
Associazioni di promozione sociale
62
48
294
187
8
34
40
9,2
7,1
43,6
27,7
1,1
5,0
5,9
Totale
673
100,0
Fonte: elaborazione Censis su dati Lunaria
Le associazioni iscritte nel registro regionale: la legge regionale 22/99,
intitolata “ La promozione e lo sviluppo dell’associazionismo nella regione
Lazio”, istituisce il registro regionale delle associazioni e l’osservatorio
regionale sull’associazionismo. Alla fine dell’anno 2000 risultano iscritte al
registro regionale 78 associazioni di cui 40 appartengono territorialmente al
Comune di Roma.
Le associazioni aderenti al forum permanente del terzo settore: il forum
permanente del terzo settore è l’organismo di rappresentanza di alcune tra le
principali associazioni nazionali. Tra i suoi aderenti alla fine del 2000
risultano 62 le organizzazioni presenti nella città di Roma.
Le cooperative sociali: la legge 381/91 e la legge regionale 24/96 sono le
fonti normative che regolano la cooperazione sociale a Roma e nel Lazio. In
base ai dati raccolti nel registro regionale delle cooperative sociali, nell’area
romana le cooperative sociali di tipo “A” sono 104 mentre quelle di tipo “B”
sono 83, per un totale di 187. Nel corso degli ultimi anni il fenomeno della
cooperazione sociale ha registrato un considerevole incremento. Tra il 1997
e il 2000, l’indice di crescita ha segnato, infatti, una variazione incrementale
del 113% nell’arco di un solo triennio, con una crescita annuale media del
29%.
I consorzi di cooperative sociali: nel 2000 la capitale contava la presenza di
8 consorzi di cooperative sociali iscritti nel registro regionale delle
cooperative sociali. Agli otto consorzi non aderiscono tutte le cooperative
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Rapporto finale
sociali romane e, alcuni di essi rappresentano cooperative o altri consorzi di
altre regioni del Paese. D’altra parte, alcune cooperative sociali romane
aderiscono a consorzi che non hanno sede nel Lazio.
I centri sociali: alla fine del 2000 i centri sociali presenti nella Capitale
erano 34, con una distribuzione sostanzialmente omogenea sul territorio
comunale. Le zone a più alta densità sono la quarta e la quinta
circoscrizione, in cui si contano ben nove centri sociali, pari al 27% di quelli
presenti a Roma. Secondo i risultati di una recente ricerca il 66% dei centri
sociali ha adottato una forma giuridica associativa, mentre, al contrario, il
restante 34% rimangono aggregazioni del tutto informali.
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FONDAZIONE CENSIS
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4.
Rapporto finale
I SERVIZI DI WELFARE: UN VALORE AGGIUNTO
PER LA CULTURA DI IMPRESA E LA QUALITÀ
SOCIALE
Il sistema dei servizi sociali romano attraversa una fase di transizione e di
trasformazione evidente da una cultura e una impostazione tutta fondata su
un modello di tutela pubblica, verso l’apertura a logiche sempre più esplicite
di mercato. All’interno di questa tendenza di tipo generale, si sta formando
un sistema nuovo che propone una sua visione dei rapporti di scambio e di
approssimazione a soglie di qualità collettiva sempre più elevate e che può
essere presentato nei seguenti termini:
- gli enti che offrono servizi sociali stanno sviluppando una grande
attenzione per tutti gli strumenti “da impresa” che possono consentire
loro di migliorare la propria offerta e di elevarne la competitività;
- al tempo stesso, sta cambiando la domanda di supporto da parte dei
soggetti pubblici: non si vuole più trovare in questi soggetti tutela e
protezione, ma una funzione di tutoraggio, che fornisca agli enti più
informazione, più controllo e una sede alta di coordinamento;
- dall’interazione di questi due elementi ne scaturisce un modello di
governo misto dei servizi sociali, in cui gli enti dovrebbero essere i
gestori e i responsabili della qualità dei servizi e i soggetti pubblici la
sponda di certificazione e di legittimazione in ruolo di partnership,
piuttosto che si semplice sovvenzionatore.
In questo contesto che muta con evidente chiarezza, si riscontra anche la
coincidenza fra molti tratti della domanda di servizi sociali e alcune
caratteristiche dell’offerta.
Per ciò che riguarda i soggetti di offerta di servizi sociali, bisogna intanto
sottolineare due aspetti trasversali di estrema rilevanza ai fini
dell’impostazione di un modello di sussidiarietà come quello cui tendono:
- si tratta di soggetti economici inseriti quasi sempre all’interno di un
processo articolato di erogazione di servizi, di cui essi rappresentano la
parte finale. In quanto ciò avviene, non hanno sviluppato un
orientamento verso la monospecializzazione, ma ciascuno fornisce in
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FONDAZIONE CENSIS
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Rapporto finale
media almeno due tipologie di servizi. Questo li presenta in grado di
fronteggiare una richiesta ampia e di dominare forme di organizzazione
piuttosto complesse;
- in realtà, e questa costituisce il secondo aspetto, i soggetti di offerta
utilizzano molti degli strumenti tipici delle imprese profit, fra cui si
possono ricordare i seguenti :
* nella maggior parte dei casi gli enti hanno all’interno una
organizzazione definita, al cui interno sono presenti funzioni di
gestione del personale, di marketing e di comunicazione;
* molti degli enti considerati hanno svolto a loro spese corsi di
formazione per il personale interno , mostrando di aver capito che la
formazione per chi punta ad offrire prodotti di qualità è una risorsa
non solo strumentale, ma strategica;
* ritengono che l’instaurazione di legami di rete con altri soggetti del
settore si importante per accrescere la loro competitività;
* esprimono un forte fabbisogno di essere certificati e accettano l’idea
di partecipare ad un Albo locale , come un valore aggiunto della loro
stessa attività.
Queste scelte di tipo aziendalistico non stanno attutendo lo spirito di
apertura ai principi della solidarietà sociale cui molti degli enti si ispirano.
Basti pensare all’attenzione dedicata ai percorsi di partecipazione interna e
allo stesso orientamento che gli enti hanno nei confronti della
rappresentanza dei loro interessi. Il riconoscimento della funzione di
attribuzione di identità svolta da questi soggetti è molto radicato, segnando ,
tra l’altro, una significativa soluzione di continuità nelle analisi sul sistema
di mediazione degli interessi considerato in crisi da tempo proprio per il
distacco fra gli iscritti e le loro organizzazioni. Come dire che dal mondo
romano degli enti che offrono servizi sociali proviene, oltrechè
un’immagine di consolidamento economico, anche un messaggio
incoraggiante per lo sviluppo della rappresentanza degli interessi.
Così come sul versante dei soggetti di offerta, anche la domanda sociale di
servizi presente nella realtà romana mostra alcuni segni di evoluzione.
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FONDAZIONE CENSIS
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Rapporto finale
- I romani non ricorrono ai servizi sociali solo per fronteggiare problemi
di salute o di assistenza, ma anche per soddisfare bisogni culturali, di
informazione e legati al tempo libero;
- il ruolo dei soggetti pubblici che forniscono servizi tramite terzi è
considerato ancora centrale, ma anche sotto questo profilo sta cambiando
qualcosa, se è vero che nel 25,7% dei casi le persone sarebbero
disponibili a pagare il servizio in funzione della sua qualità accertata;
- d’altra parte, il 51.7% del campione di popolazione intervistata si ritiene
soddisfatto dei servizi utilizzati. Gli altri denunciano gli stessi problemi
sia sul versante dell’accesso, sia nella fase della fruizione, che sono
soprattutto relativi ai tempi di attesa, alla cortesia e competenza del
personale e alla disponibilità di informazione sui servizi attesi.
Proprio la richiesta di informazione rappresenta la prima interfaccia fra
domanda ed offerta: per la prima significa potersi orientare meglio
nell’offerta disponibile; per i soggetti che costituiscono la seconda, è
importante far conoscere il proprio portafoglio prodotti e poter ricevere da
ciò input sui processi di innovazione da adottare e sui segmenti di mercato
da esplorare o da consolidare.
L’altro punto di contatto è rappresentato dalla prefigurazione di come
dovrebbe essere il sistema di welfare locale :
- intanto c’è una forte bisogno di personalizzazione del servizio, che da
parte degli operatori significa sviluppare nuovi gradi di libertà dagli
standard di attività erogabili che derivano loro dal posizionamento a valle
di un processo che trova la sua testa nel soggetto pubblico. Soddisfare
domande sempre più” private” significa, invece, spostare a valle la
funzione di progettazione dell’intervento, per poter corrispondere di più
alle esigenze del cittadino e poterlo anche coinvolgere direttamente in
questa funzione.
- Sia la popolazione, sia gli enti che offrono servizi sociali ritengono che si
sta andando verso un sistema di erogazione misto, a responsabilità
pubblica e privata, che possa portare ad una maggiore presenza e
significatività dei privati, all’interno di parametri di efficacia stabiliti dai
soggetti pubblici.
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FONDAZIONE CENSIS
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Rapporto finale
La qualità, il suo sviluppo, l’individuazione degli strumenti che possono
assicurarla e certificarla è il vero obiettivo cui tende il “mercato” dei servizi
sociali romano. Molto si sta facendo su entrambi i versanti interessati, ma
molto ancora si potrà fare quanto la realtà di Roma potrà disporre:
- di un apparato informativo adeguato alla domanda crescente e
diversificata su servizi legati non solo alle patologie di salute o sociali;
- di nuovi contesti di rete fra gli operatori di settore, spesso troppo
frammentati , nonostante il loro stesso interesse a mettere in comune
opportunità di crescita;
- di una spinta al coinvolgimento diretto dei cittadini, al fine di attribuire
valore aggiunto agli interventi e alle politiche adottate.
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FONDAZIONE CENSIS
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Rapporto finale
4.1. I produttori di welfare
Nel presente capitolo vengono presentati in dettaglio i risultati dell’indagine
condotta presso un panel “qualificato” di enti produttori di servizi di
welfare, tutti operanti nel contesto urbano del Comune Roma.
L’indagine risulta particolarmente significativa, poiché le organizzazioni
intervistate si configurano, in parte, come paradigma di un possibile
modello evoluto di fare impresa sociale e, in parte, come laboratorio dove si
vanno sperimentando molti degli strumenti tipici delle imprese profit.
Sotto l’aspetto metodologico le interviste sono state condotte sulla base di
domande di tipo standardizzato somministrato direttamente attraverso un
questionario che prevedeva una serie di risposte alternative precodificate,
lasciando così agli intervistati la sola facoltà di scegliere, a seconda dei casi,
una o più risposte tra quelle indicate.
4.1.1. L’analisi degli enti
Il panel degli enti intervistatati si compone di quarantuno organizzazioni
produttrici di servizi sociali, in larga maggioranza rappresentate da
cooperative sociali e in quota minoritaria da associazioni di volontariato, da
Onlus, e da strutture appositamente create dal Comune di Roma con i fondi
strutturali erogati dall’Unione Europea
Si tratta di strutture relativamente recenti: i tre quarti delle organizzazioni
risultano infatti costituite dopo il 1986 e di queste, un quarto tra il 1986 e il
1995, un quarto tra il 1996 e il 1998 e il restante quarto tra il 1999 e il 2002.
In larga misura le strutture risultano plurispecializzate in grado di offrire
almeno più di un servizio di welfare.
Tra i servizi prevalentemente offerti le organizzazioni indicano al primo
posto l’assistenza sociale. In particolare, si tratta di servizi reali alla
collettività o a determinate categorie di persone. In secondo luogo, vengono
segnalate le attività di formazione – ricreazione, che comprendono attività
sportive, culturali e in generale di socializzazione. Fanno, quindi, seguito le
attività mirate allo sviluppo economico o alla coesione sociale, in cui sono
comprese le iniziative di avviamento professionale e inserimento lavorativo.
Raramente offerti risultano invece i servizi di cura e tutela dell’ambiente, di
37
FONDAZIONE CENSIS
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Rapporto finale
promozione del volontariato sociale, di cooperazione e solidarietà
internazionale.
Sotto l’aspetto economico, gli enti intervistati non sembrano mostrare
segnali di particolare fragilità finanziaria. In riferimento all’anno 2001,
l’ampia maggioranza delle organizzazioni ascoltate ha dichiarato un
fatturato di oltre un miliardo di vecchie lire. L’andamento positivo del
fatturato si è andato consolidando nel corso dell’ultimo triennio, periodo in
cui la stragrande maggioranza degli enti ha registrato un aumento del
fatturato. Relativamente all’andamento finanziario del breve futuro i
responsabili degli enti si mostrano piuttosto fiduciosi. Quasi nessuno infatti
prevede una diminuzione del proprio fatturato, mentre quasi tutti fanno una
previsione di stabilità o in misura ancora maggiore di crescita del fatturato.
Un ulteriore indice significativo della solidità economica e finanziaria delle
organizzazioni produttrici di welfare su cui è stata condotta la presente
indagine, è rappresentato dalla patrimonializzazione del capitale sociale che
molti enti sono riusciti a realizzare acquistando la sede o i locali dove
l’organizzazione svolge le proprie attività.
I tre quarti degli enti, poi, operano sul territorio comunale in cui, quasi tutti,
realizzano oltre alla metà del fatturato. Un quarto d’organizzazioni dichiara
di operare anche a livello provinciale, mentre poco meno della metà degli
enti opera anche a livello regionale dove realizzano le quote minoritarie di
fatturato. Quasi nulla invece risulta l’operatività delle organizzazioni su
scala nazionale, solo un’organizzazione, infatti, ha segnalato di fare
riferimento al mercato nazionale.
Sovente, infine, gli enti che offrono servizi sociali rappresentano un anello
dell’articolata catena d’erogazione dei servizi. In oltre la metà dei casi,
infatti, le organizzazioni lavorano principalmente od esclusivamente per
conto terzi, come fossero segmenti d’indotto.
Per quanto attiene invece più propriamente all’aspetto organizzativo, risulta
che all’incirca il 60% delle organizzazioni si avvalgono di personale assunto
a tempo indeterminato, su questo dato indubbiamente pesano molto i c.d.
soci lavoratori. Meno della metà degli enti fa invece ricorso a personale a
tempo determinato, mentre poco più di un quarto utilizza volontari laici e
meno di un quarto ricorre ad obiettori di coscienza.
Per quanto si riferisce in particolare ai volontari è stato chiesto, ai
responsabili delle organizzazioni, se questi svolgessero attività all’interno
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Rapporto finale
dell’ente in modo sistematico o saltuario. Dalle informazioni raccolte risulta
che circa i tre quarti dei volontari prestano la propria attività con regolarità
programmata su base settimanale o mensile, mentre un terzo dei volontari
partecipa alle attività sociali solo saltuariamente. Se ne deduce che laddove
sono presenti, i volontari laici rappresentano un supporto di personale,
spesso essenziale, alle attività dell’organizzazione.
Infine, sotto l’aspetto strutturale molti degli enti su cui è stata condotta
l’indagine opera sulla base di un’organizzazione progredita e definita, al cui
interno sono presenti molte delle funzioni tipiche dell’impresa profit. In
oltre i tre quarti degli enti analizzati, infatti, è presente la funzione di
direzione, in oltre la metà sono presenti anche la funzione del personale e
quella di controllo, nella metà degli enti è stata attivata la funzione per la
comunicazione, in poco meno della metà delle organizzazioni si riscontra la
presenza della funzione per il marketing e per la finanza.
4.1.2. La struttura organizzativa
Nel corso delle interviste condotte presso i responsabili delle organizzazioni
produttrici di servizi sociali, una batteria di domande è stata dedicata
all’approfondimento delle caratteristiche che contraddistinguono l’assetto
organizzativo delle strutture, il ruolo e il valore attribuiti alle risorse umane
interne, le politiche di formazione del personale, i fabbisogni professionali
emergenti e, infine, i livelli di democraticità interna alle strutture.
Complessivamente, emerge un profilo organizzativo sostanzialmente
evoluto, ben strutturato, con ruoli e funzioni definite, ma, al tempo stesso,
contraddistinto da un alto livello di democraticità interna e da un diffuso
coinvolgimento nelle attività sociali di tutti i componenti della struttura.
Un’organizzazione dunque con regole certe, ma che generalmente non si
sviluppa secondo dinamiche gerarchiche, bensì in una logica di crescita
orizzontale, dove il valore e il ruolo delle risorse umane risultano
assolutamente centrali nel perseguimento delle finalità sociali.
Analizzando in dettaglio le informazioni raccolte si rileva che, a larga
maggioranza, 62,5%, i produttori di servizi di welfare svolgono la loro
attività attraverso strutture improntate a regole formali, dove i ruoli e le
funzioni interne risultano codificate. A questo stesso modello organizzativo
sembrerebbe mirare anche una significativa minoranza di organizzazioni,
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Rapporto finale
22,5%, che riferiscono di avere una struttura organizzativa in via di
definizione, in quanto regole e funzioni non risultano ancora del tutto
codificate. Scarsa, pari al 15%, invece risulta l’incidenza di chi ha adottato
definitivamente un assetto organizzativo flessibile, dove ruoli e funzioni
vengono continuamente ridefiniti in ragione delle diverse necessità interne
all’organizzazione. (tab. 13)
Relativamente agli elementi che maggiormente caratterizzano la struttura
organizzativa, si è chiesto agli intervistati d’indicare quali sono i fattori che
maggiormente contraddistinguono la loro organizzazione. Le risposte si
sono polarizzate in particolare su due items: democraticità dei processi
decisionali, 56,1%, e coinvolgimento diffuso di tutti i componenti all’attività
dell’organizzazione, 43,9%. (tab. 14)
Alla presenza di una regolamentazione interna formalizzata si affianca,
dunque, una politica organizzativa aperta alla partecipazione di tutti i
soggetti coinvolti nell’attività della struttura, non devono sorprendere allora
il valore primario e il ruolo privilegiato riconosciuti alle risorse umane dagli
intervistati. Per chi, infatti, ha il compito di produrre servizi di welfare le
risorse umane rappresentano un prezioso patrimonio sociale immateriale da
valorizzare. Non a caso nella percezione degli intervistati le risorse umane
rappresentano, in primo luogo, una ricchezza di capacità personali e
professionali, 61,0%, in secondo luogo un indispensabile raccordo tra
l’organizzazione e l’utente/cliente, 41,5%, e, quindi, elementi organizzativi
da valorizzare mediante interventi motivazionali.(tab. 15).
La valorizzazione del capitale umano passa soprattutto attraverso la
promozione d’interventi di formazione del personale. Oltre l’82% delle
organizzazioni ascoltate ha, infatti, dichiarato di aver promosso, nel corso
degli ultimi due anni, interventi di formazione per il personale, di queste
una quota particolarmente significativa ha finanziato interamente gli
interventi formativi, mentre altre organizzazioni hanno fatto ricorso parziale
o totale ad altre fonti di finanziamento. Per l’anno venturo l’85% delle
organizzazioni già progetta di promuovere iniziative formative, anche se
con meno propensione ad autofinanziare interamente questo tipo di attività
rispetto al biennio pregresso.(tab. 16). Parimenti, anche la presenza di
progetti di formazione continua risulta largamente diffusa nelle strutture
contattate. Oltre al 64% delle organizzazioni, infatti, ha attivato un sistema
di formazione continua al proprio interno (tab. 17).
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Regole e ruoli formalizzati, democraticità interna, riconoscimento del valore
delle risorse umane, massicci interventi formativi profilano un modello
organizzativo evoluto, che ha avuto bisogno e, in parte ha ancora necessità
di specifiche professionalità e di appositi interventi consulenziali per poter
meglio coprire alcune delle attività organizzative.
In particolare, per quanto si riferisce al passato le organizzazioni hanno
avvertito l’esigenza di soddisfare un fabbisogno professionale soprattutto
nell’ambito della consulenza del lavoro, 50%, della consulenza legale,
21,9%, e della certificazione di qualità, 21,9%. Relativamente, invece, ai
fabbisogni professionali emergenti, gli intervistati segnalano principalmente
il campo della formazione professionale, 34,2%, e ancora quello della
consulenza del lavoro, 31,6%. (tab. 18).
Da ultimo, si è chiesto agli intervistati di esprimere la loro percezione
sull’andamento complessivo del settore d’attività in cui opera la loro
organizzazione, sia rispetto al triennio passato sia, in prospettiva, rispetto al
triennio prossimo venturo. In quest’ambito si riscontra che il settore dei
servizi di welfare, a prescindere dalle specifiche attività svolte, ha registrato
nella percezione degli operatori una progressiva crescita nel recente passato
e, il trend positivo del settore non sembra destinato ad arrestarsi.
Più in particolare, dalle risposte fornite emerge un bilancio sull’andamento
passato ampiamente positivo, quasi i tre quarti degli intervistati, infatti,
ritiene che il settore sia cresciuto negli ultimi tre anni. Per quanto, invece, si
riferisce alle previsioni sull’andamento futuro del settore gli intervistati sono
stati più prudenti. Ad ogni modo i due terzi degli intervistati hanno
pronosticato la crescita del settore nel prossimo triennio, mentre il restante
terzo intravede un futuro sostanzialmente stabile (tab. 19).
4.1.3. I servizi offerti
Una parte significativa delle interviste è stata dedicata all’approfondimento
del servizio di welfare offerto dalle organizzazioni contattate. In particolare
si è cercato di far emergere quali sono i criteri prevalenti sottesi alla
produzione del servizio, quali sono gli strumenti per migliorare e potenziare
la produzione dei servizi e quali quelli per veicolare all’utenza l’offerta di
servizi, quali sono i fattori che determinano la qualità del servizio, quali
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Rapporto finale
sono le concrete difficoltà all’implementazione di un sistema di qualità e
come viene gestito l’eventuale disservizio.
Dalle informazioni raccolte attraverso le interviste risulta che il servizio
viene offerto il più delle volte sulla base di standard predefiniti, spesso da
soggetti terzi; pertanto l’organizzazione non è in grado di corrispondere alla
crescente domanda dell’utenza di personalizzazione del servizio, non di
meno, però, cerca di garantire a parità di costo la migliore qualità delle
prestazioni.
Tra gli interventi necessari a migliorare il servizio non a caso, infatti, i
responsabili delle organizzazioni indicano come prioritaria la
diversificazione del servizio in base alle particolari esigenze espresse
dall’utenza. Non solo, ma chiamati a definire il concetto di qualità di un
servizio sociale, indicano a larghissima maggioranza come prestazione di
qualità quella che meglio corrisponde all’effettivo bisogno del cliente.
Secondo quanto riferito dagli intervistati, le organizzazioni produttrici di
servizi di welfare nella quasi totalità dei casi, 93,5%, si adopererebbero per
assicurare all’utenza la maggior qualità a parità di costo piuttosto che
garantire il minimo costo indipendentemente dalla qualità del servizio.
Tuttavia nei tre quarti dei casi il servizio viene prestato sulla base di
standard definiti da altri soggetti siano essi ente pubblico o capofila di
progetto e non secondo parametri stabiliti dalla stessa organizzazione.
Relativamente invece alla personalizzazione del servizio di welfare in base
alle esigenze dell’utenza emerge che nella maggioranza dei casi, il 61,1%, il
servizio viene reso sulla base di tipologie già predefinite senza nessun reale
margine per poter confezionare un servizio diversificato secondo i
particolari bisogni dell’utente (tab. 20).
Per quanto attiene all’onerosità del servizio di welfare prestato dalle
organizzazioni contattate, si rileva che esattamente nella metà dei casi il
servizio viene offerto ad esclusivo titolo oneroso, mentre nell’altra metà dei
casi il servizio è prestato o completamente gratuitamente o in parte a
pagamento e in parte gratuitamente (tab. 21).
E’ interessante osservare che tra i possibili strumenti ritenuti idonei a
migliorare le prestazioni dei servizi quasi la metà degli intervistati indica
come priorità la diversificazione dell’offerta dei servizi e, quindi, un più
efficace coinvolgimento degli operatori dell’organizzazione. Queste
indicazione mostrano come sia evidente nella percezione degli operatori del
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Rapporto finale
settore, che il futuro dei servizi sociali si giocherà molto nella loro capacità
di arricchire in funzione delle particolari esigenze dei fruitori il ventaglio di
servizi offerti e nel coinvolgimento strategico del personale (tab. 22).
Per dare maggiore visibilità esterna al portafoglio di servizi offerti, gli
operatori del settore hanno in passato fatto ricorso soprattutto alla rete
garantita dall’associazione di appartenenza, ai canali informatici (in
particolare attraverso il proprio sito internet), ai mass media; mentre, non
sembrano riporre grande fiducia nel “passaparola” e nel canale assicurato
dagli uffici pubblici a cui sono collegati (tab. 23).
Nella percezione della stragrande maggioranza degli operatori del settore
contattati la qualità del servizio è percepita innanzitutto come un indicatore
dell’effettiva corrispondenza tra il servizio erogato e il bisogno espresso
dall’utenza e, in secondo luogo, come un investimento sociale. Più
raramente al concetto di qualità dei servizi offerti viene associata l’idea che
si tratti di una leva di vantaggio competitivo o che discenda dal rispetto di
specifiche norme o, ancora, che sia un dovere da garantire all’utenza
(tab. 24).
Sempre in ordine alla qualità dei servizi, si è domandato agli intervistati
d’indicare quali sono a loro giudizio i principali ostacoli
all’implementazione di un efficace sistema di qualità all’interno della
organizzazione di cui sono responsabili. L’eccessivo costo degli interventi e
il tempo che richiedono l’applicazione concreta di un sistema efficiente di
qualità vengono indicati come i principali impedimenti. Seguono, quindi,
l’esigenza di introdurre nell’organizzazione nuove figure professionali e le
troppo ridotte dimensioni aziendali (tab. 25).
Infine, si è domandato agli intervistati se la loro organizzazione ha subito
negli ultimi sei mesi un qualche tipo di reclamo in ordine al servizio offerto
e, in caso di risposta affermativa quale è stato il motivo che ha indotto
l’utente a reclamare, e se l’organizzazione è comunque in grado di gestire il
disservizio.
Dalle informazioni raccolte emerge che oltre all’83% delle organizzazioni
contattate non hanno ricevuto alcun reclamo negli ultimi sei mesi a fronte
del 16,2% che ha invece ammesso di avervi fatto fronte (tab. 26). La scarsità
di reclami ricevuti sembra tuttavia da doversi attribuire più che
all’efficienza dei servizi offerti alla scarsa propensione dell’utenza italiana,
e in particolare di quella romana, a qualsiasi forma di reclamo. Ad ogni
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modo tra le strutture che hanno ammesso di aver ricevuto reclami, le ragioni
più frequentemente addotte dagli utenti sono la difficoltà ad accedere al
servizio, 37,5%, la scortesia degli operatori, 25%, la scorretta informazione
sulle modalità di erogazione del servizio, 25% (tab. 27).
La gestione del disservizio in linea teorica sembra essere prevista dalla
stragrande maggioranza delle organizzazioni, anche se poi molte ammettono
di far fronte al disservizio in maniera non strutturata. La gestione dei
disservizi avviene molto raramente attraverso l’attivazione di un numero
verde o mediante il sito internet (2,6%), più di frequente invece le
organizzazioni adibiscono un ufficio ovvero incaricano un addetto alla
gestione di eventuali disservizi, ma generalmente la gestione del disservizio
viene affrontata solo a fronte dell’inoltro di un reclamo senza l’attivazione
di particolari procedure ad hoc, 53,8% (tab. 28).
4.1.4. La domanda di finanza
Secondo i dati raccolti attraverso le interviste ai responsabili delle
organizzazioni di produzione di servizi di welfare, nel corso dell’ultimo
anno, circa il 40% degli enti si è trovato ad affrontare una condizione di
fabbisogno di nuova liquidità finanziaria (tab. 29). La domanda di finanza è
determinata, in larga misura, dall’esigenza degli enti di migliorare la propria
organizzazione interna, di valorizzare le risorse umane e accrescere gli
standard qualitativi delle prestazioni.
Tra i fattori che hanno concorso in misura maggiore ad accrescere il deficit
interno, il 52,6% degli intervistati indica, infatti, gli investimenti strutturali
ed il 47,4% i finanziamenti alla gestione. Quest’ultimo dato evidenzia una
certa difficoltà degli enti a sostenersi con le sole entrate provenienti dal
pagamento delle prestazioni da parte degli utenti. Per un altro 47,4% il
fabbisogno finanziario è stato invece determinato dagli investimenti in
formazione professionale degli operatori (tab. 30).
Per quanto concerne invece la domanda di finanza attesa nel breve futuro, il
71,8% degli enti contattati prevede di dover far fronte in qualche modo a
nuovi bisogni finanziari. Le organizzazioni che offrono servizi di welfare
saranno, infatti, chiamate a sostenere investimenti a 360° per migliorare
ovvero mantenere un adeguato livello di offerta di servizi. Dai dati raccolti
emerge che, secondo gli intervistati, le ragioni che produrranno l’esigenza di
44
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
un intervento finanziario risultano molto più diversificate rispetto al passato.
Questo orientamento diffuso è indotto, in parte, dalla naturale prudenza dei
gestori di servizi sociali di fronte ad un futuro incerto, e, in parte, dalla
consapevolezza della crescita del livello di competitività del settore e dalla
necessità di soddisfare un pubblico sempre più esigente.
In particolare, il 48,5% ritiene che gli investimenti strutturali produrranno
l’esigenza di un intervento finanziario, il 45,5% indica invece gli
investimenti per la formazione del personale. Significativa è anche la
percentuale di coloro che sottolineano in prospettiva il peso sul bilancio dei
finanziamenti alla gestione, pari 36,4%, e cresce rispetto al passato quella
che punta invece l’attenzione sugli investimenti commerciali, 30,3%.
Nel complesso il settore si avvale di numerosi strumenti per soddisfare i
fabbisogni di cassa. I diversi canali di finanziamento non assumono,
tuttavia, la stessa rilevanza, sia in termini di ammontare di capitale che di
diffusione tra gli enti. Nel corso del precedente anno, infatti, il 54,2% degli
enti interpellati si è rivolto ad istituti di credito; il 37,5% ha beneficiato di
contributi ed agevolazioni pubbliche; il 29,2% ha ricevuto delle donazioni
volontarie; il 16,7% si è avvalso del supporto di soci sovventori; il 12,5% ha
provveduto ad innalzare il capitale sociale; l’8,3%, infine, ha utilizzato il
prestito sociale (tab. 31).
Nel prossimo anno, secondo le previsioni degli intervistati, le modalità di
finanziamento tradizionali continueranno a svolgere un ruolo cruciale, ma al
tempo stesso emerge la tendenza degli enti a sperimentare anche nuovi
canali finanziari. Considerando i dati raccolti, si osserva che nel breve
periodo il 58,8% delle organizzazioni intende fare ricorso ad istituti di
credito per coprire il proprio fabbisogno di cassa. Rispetto al passato, le
previsioni segnalano anche una consistente crescita delle richieste di
contributi ed agevolazioni pubbliche, su cui conta di far affidamento il
55,9% degli enti. Rimane consistente la percentuale di enti che prevede di
beneficiare di donazioni volontarie (26,5%), e rispetto al recente passato
mostrano una tendenza alla crescita strumenti quali il ricorso a soci
sovventori (20,6%), l’innalzamento del capitale sociale (14,7%), nonché
l’emissione di azioni di partecipazione cooperativa (2,9%), mentre più
contenuta sembrerebbe essere a breve la diffusione del prestito sociale
(2,9%).
45
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
Infine, durante il 2001, poco meno del 15% degli enti intervistati ha
registrato nel bilancio entrate inferiori ai 300 milioni di vecchie lire, di
questi il 7,7% dichiara entrate inferiori ai 50 milioni di lire, il 5,1% tra i 50
ed i 99 milioni di lire, il 2,6% tra 100 e 299 milioni di lire. Per il 12,8% le
entrate sono comprese tra i 300 ed i 599 milioni di lire, il 10,3% tra i 600 ed
i 999 milioni di lire. Infine, per il 35,9% le entrate sono state di un ordine
compreso l’1 ed i 3 miliardi di lire, per il 25,6% superiori ai 3 miliardi di
lire (tab. 32).
4.1.5. I rapporti con il tessuto economico ed istituzionale
Le informazioni raccolte attraverso le interviste evidenziano un alto livello
di raccordo delle unità operative dei servizi sociali non solo con le strutture
associative del settore, ma anche con i soggetti istituzionali, in particolare
con le circoscrizioni, il Comune e la Regione. Al settore pubblico le
organizzazioni che producono servizi di welfare, oltre a chiedere maggiori
risorse finanziarie, chiedono sostanzialmente un maggiore coordinamento
del sistema del welfare, che ipotizzano impostato su base territoriale con un
maggiore coinvolgimento di tutte le parti sociali interessate, secondo la
logica di una sussidiarietà orizzontale.
Per quanto attiene ai rapporti delle organizzazioni romane con le realtà
associative del settore risulta che, oltre a tre quarti delle strutture esaminate
appartengono ad un gruppo organizzativo più ampio con obiettivi e finalità
sociali analoghi. Considerato il peso numerico delle cooperative sociali
all’interno del panel indagato, la stragrande maggioranza degli enti aderisce
ad una struttura di tipo consortile di natura cooperativa, mentre negli altri
casi si tratta di strutture di tipo associativo di varia matrice (tabb. 33-34).
All’interno della realtà associativa a cui aderiscono circa la metà degli enti
si posiziona come struttura intermedia tra una struttura di base e una
struttura di vertice del gruppo organizzato, mentre circa il 10% risulta
capofila della realtà associativa e la restante quota percentuale è invece una
struttura di base (tab. 35).
A motivare le organizzazioni che producono servizi di welfare verso
l’adesione ad una qualche forma di associazionismo è stata soprattutto l’idea
di poter usufruire dei vantaggi di un network (61,3%), seguita
dall’aspirazione a conseguire un miglior posizionamento di mercato
46
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
(41,9%), e, quindi, dalla possibilità di ricevere un solido supporto per
meglio organizzare l’erogazione dei servizi (25,8%) ( tab. 36).
Tra gli enti che hanno invece dichiarato di non aderire ad alcun gruppo
organizzato, si registra una spiccata propensione a collegarsi ad una qualche
forma di rete associativa, il 77,8% dichiara, infatti, che in futuro intende
attivare legami di rete con altri soggetti del settore, adducendo, poi, la
medesima scala di motivazioni espressa dagli enti di già inseriti in una rete
associativa (tabb. 37-38).
Dalle informazioni raccolte emerge che, i rapporti tra le organizzazioni
produttrici di servizi di welfare con i diversi soggetti istituzionali locali, si
caratterizzano in funzione dei diversi soggetti istituzionali con cui le
organizzazioni si raccordano. Legami diffusi a carattere continuativo e
duraturo vengono instaurati in particolare con le circoscrizioni comunali,
con gli uffici comunali e con quelli regionali, e, considerata la numerosità
delle cooperative sociali all’interno del panel, anche con le centrali
cooperative. Meno significativi invece risultano i rapporti con gli uffici
regionali, con il Forum del Terzo settore e con la Camera di Commercio
dove il rapporto è definito più di sovente come occasionale ovvero come del
tutto inesistente (tab. 39).
Ai responsabili degli enti intervistati si è chiesto di esprimere la loro
opinione sull’operato del settore pubblico nel contesto urbano del Comune
di Roma. Relativamente alla competenza e alla professionalità degli
operatori, all’efficacia ed all’efficienza dell’azione, alla programmazione
delle politiche, alla capacità d’informazione viene espresso un giudizio
generalmente positivo, mentre sulla snellezza delle procedure, sulla
tempestività e rapidità dell’azione amministrativa e sull’equità nella
ripartizione delle risorse pubbliche il giudizio è prevalentemente
insufficiente (tab. 40).
Si è, inoltre, domandato agli intervistati di esprimere una loro valutazione
sul sistema dell’accreditamento come criterio innovativo d’assegnazione dei
servizi. La stragrande maggioranza si dichiara favorevole al sistema
dell’accreditamento, o perché reputa che la creazione di un albo pubblico
garantisca che le organizzazioni abbiano i requisiti minimi per operare sul
mercato, o perché ritiene che attraverso gli albi comunali o circoscrizionali
le organizzazioni abbiano l’opportunità di farsi conoscere dagli utenti. Tra
coloro che invece guardano con sfavore il sistema dell’accreditamento è
47
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
diffusa l’opinione che l’accreditamento non rappresenti altro che
un’ennesima burocratizzazione del sistema (tab. 41).
Tra le possibili azioni strategiche necessarie per sostenere il futuro del
settore dei servizi sociali romani, gli operatori intervistati individuano in
primo luogo, l’ampliamento della gamma di servizi offerti all’utenza, in
secondo luogo, l’incremento dei livelli qualitativi delle prestazioni di
welfare, quindi, il coinvolgimento di tutti glia attori sociali, sia pubblici che
privati, nella predisposizione di una rete strutturata di controlli. Seguono poi
azioni mirate al consolidamento dell’offerta di prestazioni da parte dei
privati e alla promozione di un sistema di contribuzione mista (tab. 42).
Per il comune di Roma e per i diversi municipi presenti sul territorio urbano
il potenziamento e lo sviluppo dei servizi sociali, secondo l’opinione
raccolta presso gli operatori del settore, dovrebbero rappresentare
innanzitutto un dovere istituzionale, quindi un obiettivo prioritario
dell’azione amministrativa e un impegno di risorse pubbliche, piuttosto che
un investimento o un’urgenza sociale (tab. 43). In quest’ordine d’idee, è
interessante segnalare come stia mutando la domanda di supporto che le
organizzazioni del welfare romano chiedono al settore pubblico. Nella
percezione degli operatori, infatti, gli enti pubblici dovranno avere un ruolo
sempre più di coordinamento del sistema dei servizi di welfare, di controllo
alto sull’offerta dei servizi, d’informazione e di sensibilizzazione
dell’utenza (tab. 44).
Ad oggi, la principale difficoltà ad operare nel settore dei servizi sociali è
rappresentata, secondo quanto riferito dal 51,2% degli operatori ascoltati,
dalla carenza delle attuali risorse finanziarie. Conseguentemente non desta
meraviglia che oltre al 58% degli operatori chieda un intervento pubblico
che assegni al settore sociale maggiori risorse finanziarie (tabb. 45-46).
Per ampliare la conoscenza e la diffusione dei servizi sociali erogati, circa il
64% degli operatori intervistati suggerisce, in prima istanza, di inviare alla
cittadinanza materiale informativo che descriva in dettaglio il portafoglio di
servizi erogati e che faccia conoscere all’utenza i gestori dei servizi di
welfare e, in seconda battuta, il 51,2% chiede di organizzare incontri di
carattere divulgativo sui servizi di welfare (tab. 47).
Tra i fattori esterni all’organizzazione ritenuti invece necessari per una
maggiore diffusione sul territorio di una moderna cultura di welfare, oltre il
56% degli intervistati indica la semplificazione del quadro normativo dei
48
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
servizi sociali, mentre un altro 24,4% suggerisce l’incremento dell’offerta di
consulenza qualificata e il restante 17,1% invoca la razionalizzazione dei
meccanismi di vigilanza e controllo sull’erogazione dei servizi (tab. 48).
Secondo il parere espresso dalla stragrande maggioranza degli operatori
interpellati (80,5%), l’articolazione ideale delle responsabilità in un
moderno sistema di welfare dovrebbe essere impostata su base territoriale e
prevedere il più ampio coinvolgimento di tutte le parti sociali:
cittadini/utenti, aziende private/pubbliche, soggetti istituzionali, secondo la
logica di una sussidiarietà da sviluppare in senso orizzontale (tab. 49).
A conclusione dell’intervista, si è chiesto agli intervistati di esprimersi su
quelli che a loro giudizio saranno i fattori caratterizzanti il welfare del
futuro. Secondo il parere espresso, quasi all’unanimità, dai responsabili
delle organizzazioni i servizi sociali del futuro saranno orientati da una
maggiore articolazione territoriale del sistema di welfare, da una crescente
offerta privata e dal progressivo consolidamento della contribuzione mista
pubblica-privata; inoltre, per i tre quarti degli intervistati i servizi di welfare
andranno sempre più a personalizzarsi in conformità con le particolari
esigenze dell’utenza (tab. 50).
49
FONDAZIONE CENSIS
Tab. 13 –Definizione della struttura organizzativa (val%)
%
In via di definizione, in quanto non ha assunto un assetto definitivo
Flessibile, in quanto non esistono ruoli precisi, tutti possono fare tutto
Rigida, in quanto esistono dei ruoli e delle funzioni ben definite
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
22,5
15,0
62,5
100,0
Tab. 14 - Elementi caratterizzanti la struttura organizzativa (val.%)
%
Democraticità dei processi decisionali
Netta separazione tra direzione dei compiti ed esecuzione
Responsabilità individuali
Rapporti amicali
Relazioni formali
Apprezzamento dell'autonomia di ciascuno
Coinvolgimento diffuso di tutti componenti dell'organizzazione
Il totale non è uguale a100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
56,1
9,8
36,6
14,6
4,9
12,2
43,9
Tab. 15 - Ruolo delle risorse umane nell’ambito delle organizzazioni (val.%)
%
Soggetti erogatori di prestazione
Una costo
Elementi organizzativi da valorizzare mediante interventi motivazionali
Elementi organizzativi da formare continuamente
Una ricchezza di capacità personali e professionali
Un indispensabile raccordo tra l'organizzazione ed il cliente
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
2,4
12,2
39,0
19,5
61,0
41,5
Tab. 16 - Promozione da parte delle organizzazioni di corsi di formazione del
personale nel corso degli ultimi due anni e per il prossimo anno (val.%)
Nel corso Nel prossimo
degli ultimi
anno
due anni
Si, usufruendo totalmente di un finanziamento pubblico
Si, anche a spese sostenute interamente dall'organizzazione
Si, usufruendo solo parzialmente dell'intervento pubblico
Si, attraverso un sistema di finanziamento misto
No, non ci sono risorse finanziarie sufficienti
Totale
Fonte: indagine Censis- Elabora, 2002
11,4
42,9
17,1
11,4
17,1
100,0
22,5
32,5
5,0
30,0
10,0
100,0
Tab. 17 - Presenza di progetti di formazione continua nell’ambito dell’organizzazione
(val%)
%
Si
No
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002.
64,1
35,9
100,0
Tab. 18 - Aree di competenza in cui è stato o sarà maggiormente avvertito il bisogno di nuove figure
professionali (val%)
Impiantistica e manutenzione
Formazione
Consulenza del lavoro
Gestione personale
Controllo di gestione
Contabilità e assistenza finanziaria
Consulenza legale
Marketing
Ufficio stampa e comunicazione
Certificazione di qualità
Innovazione tecnologica
Altro
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
In passato
In futuro
6,3
12,5
50,0
6,3
3,1
15,6
21,9
6,3
3,1
21,9
12,5
3,1
7,9
34,2
31,6
2,6
13,2
15,8
15,8
13,2
18,4
15,8
2,6
Tab. 19 - Andamento del settore di attività delle organizzazioni nel corso degli ultimi
tre anni e previsioni per i prossimi tre anni (val %)
Negli ultimi 3 Nei prossimi
anni
3 anni
In aumento
Stabile
In diminuzione
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
71,8
12,8
15,4
100,0
67,5
27,5
5,0
100,0
Tab. 20 - Criteri di produzione dei servizi sociali adottati dalle organizzazioni (val.%)
%
Per tipologie di servizio definite
In base alle esigenze del singolo cliente
Totale
61,1
38,9
100,0
Secondo la logica del minimo costo indipendentemente dal livello della
qualità erogata
Secondo la logica della max qualità a parità di costo
Totale
93,5
100,0
Secondo standard definiti da altri
Secondo standard aziendali
Totale
75,0
25,0
100,0
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002.
6,5
Tab. 21 - Titolo in base al quale viene prevalentemente erogato il servizio sociale
(val. %)
%
Esclusivamente a titolo gratuito
Esclusivamente a titolo oneroso
Prevalentemente a titolo gratuito
Prevalentemente a titolo oneroso
Nella stessa proporzione a titolo gratuito ed oneroso
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
20,0
50,0
7,5
20,0
2,5
100,0
Tab. 22 - Strumenti per potenziare
organizzazioni (val. %)
e
sviluppare
il
servizio
erogato
dalle
%
Mediante un più efficace coinvolgimento delle persone che operano
nell’organizzazione
Agendo in base ai feedback del cliente-fruitore
Usufruendo di consulenze specialistiche ad hoc
Mediante l'integrazione con altre imprese
Attraverso il sostegno del settore pubblico
Attraverso il sostegno dei privati
Diversificando l'offerta del servizio
Migliorando gli standard qualitativi
Il totale non fa 100 perché erano possibili 2 risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
40,0
25,0
10,0
20,0
10,0
2,5
47,5
25,0
Tab. 23 - Canali attraverso cui le organizzazioni hanno ritenuto in passato e
ritengono in futuro di far acquisire visibilità esterna ai loro servizi (val. %)
Mass media (giornali, radio, tv)
Volantinaggio, affissioni
Sito internet
Appartenenza ad un gruppo-associazione
Partecipazione attiva a convegni e manifestazioni
Mediante il –passaparolaAttraverso gli uffici pubblici
Attraverso l'accreditamento
Altro
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
Già utilizzati
in passato
Si pensa di
utilizzare in
futuro
31,6
15,8
36,8
36,8
23,7
5,3
5,3
18,4
2,6
30,0
25,0
30,0
32,5
25,0
5,0
5,0
22,5
5,0
Tab. 24 - Il concetto di qualità del servizio secondo le organizzazioni di produzione
dei servizi sociali (val. %)
%
Il rispetto di norme specifiche
Un dovere
Un investimento sociale
Un modo di elevare la soddisfazione del cliente
Una leva del vantaggio competitivo
Il risultato finale di processi aziendali
Un indicatore dell'effettiva corrispondenza del servizio erogato
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
20,0
22,5
40,0
20,0
10,0
7,5
70,0
Tab. 25 - Principali ostacoli all'implementazione di un sistema di qualità efficiente ed
integrato alla struttura organizzativa (val. %)
%
Costo eccessivo degli interventi
Il controllo sull'applicazione
La ridotta dimensione aziendale
Il tempo da dedicare all'applicazione
L'inesistenza di professionalità interne all'azienda in grado di gestire un
progetto di qualità
L'incremento delle responsabilità individuali
La necessità di innescare processi di riqualificazione del personale
L'esigenza di introdurre nella struttura nuove figure professionali
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
33,3
10,3
20,5
25,6
15,4
20,5
10,3
20,5
Tab. 26 - Eventuali reclami effettuati dai fruitori dei servizi nel corso degli ultimi 6
mesi (val. %)
%
Si
No
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
16,2
83,8
100,0
Tab. 27 - Principali motivazioni sottese ai reclami dei fruitori di servizi sociali
(val. %)
%
Qualità del servizio non ottimale
Costo del servizio ritenuto eccessivo
Tempi di erogazione del servizio troppo lunghi
Scortesia degli operatori
Difficoltà nell'accesso al servizio da parte del cliente e/o fruitore
Scorretta informazione sulle modalità di erogazione del servizio
Mancata corrispondenza tra il servizio richiesto e quello effettivamente
prodotto
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
12,5
12,5
12,5
25,0
37,5
25,0
12,5
Tab. 28 - Gestione dell’eventuale disservizio da parte delle organizzazioni produttrici
di servizi sociali (val. %)
%
Si, mediante il numero verde
Si, mediante un sito internet
Si, mediante un ufficio appositamente adibito
Si, ma non in maniera strutturata
No, perché non è avvertita la necessità
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
2,6
2,6
30,8
53,8
17,9
Tab. 29 - Fabbisogno finanziario da soddisfare nel corso dell’ultimo anno e/o da
reperire per il prossimo anno (val. %)
Ultimo anno
Si
No
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
38,9
61,1
100,0
Prossimo
anno
71,8
28,2
100,0
Tab. 30 - Fattori che hanno prodotto nell’ultimo anno o produrranno nel prossimo
anno l’esigenza di soddisfare nuovo fabbisogno finanziario (val. %)
Investimenti in formazione
Investimenti strutturali
Investimenti commerciali
Finanziamenti alla gestione
Problemi di gestione
Altro
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
Ultimo
anno
Prossimo
anno
47,4
52,6
5,3
47,4
10,5
5,3
45,5
48,5
30,3
36,4
12,1
3,0
Tab. 31 - Strumenti adottati e/o che si prevede di adottare per soddisfare il
fabbisogno finanziario nel corso dell’ultimo anno (val. %)
Ultimo
anno
Innalzamento del capitale sociale
Emissione di azioni di partecipazione cooperativa
Ricorso a soci sovventori
Ricorso ad istituti di credito
Donazioni volontarie
Emissione di obbligazioni
Prestito sociale
Contributi e agevolazioni pubbliche
Altro
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
12,5
_
16,7
54,2
29,2
_
8,3
37,5
8,3
Prossimo
anno
14,7
2,9
20,6
58,8
26,5
_
2,9
55,9
2,9
Tab. 32 - Ammontare delle entrate e delle uscite registrate a bilancio o in altra forma
di rendicontazione per il 2001, per classi di entrate (val. %)
Fino a 50 milioni di lire
Da 50 a 99 milioni di lire
Da 100 a 299 milioni di lire
Da 300 a 599 milioni di lire
Da 600 milioni a 999 milioni di lire
Da 1 a 3 miliardi di lire
Oltre i 3 miliardi di lire
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
Entrate
Uscite
7,7
5,1
2,6
12,8
10,3
35,9
25,6
100,0
5,3
7,9
2,6
13,2
13,2
34,2
23,7
100,0
Tab. 33 - Adesione dell’organizzazione sociale ad un struttura associativa con
analoghe attività ed obiettivi (val. %)
%
Si
No
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
77,5
22,5
100,0
Tab. 34 - Tipologia di struttura associazionistica alla
organizzazioni produttrici di servizi sociali (val. %)
quale
aderiscono
le
%
Consorzio
Associazione
Altro
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
74,2
29,0
12,9
Tab. 35 - La posizione dell’organizzazione produttrice di servizi sociali all’interno del
sistema associativo (val. %)
%
Capofila
Intermedia
Struttura di base
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
9,7
48,4
41,9
100,0
Tab. 36 - Motivazioni che hanno spinto l’organizzazione ad aderire ad un sistema
associativo (val. %)
%
Usufruire dei vantaggi del network
Ottenere un migliore posizionamento di mercato
Superare alcuni vincoli normativi
Organizzare in modo più efficace l'erogazione del servizio
Essere parte attiva di un contesto territoriale orientato alla partecipazione
economica/finanziaria
Soddisfare una necessità di natura finanziaria
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
61,3
41,9
9,7
25,8
16,1
16,1
Tab. 37 - Disponibilità delle organizzazioni non aderenti ad alcun sistema associativo
ad attivare in futuro “legami a rete” con altri soggetti (val. %)
Percentuale
valida
Si
No
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
77,8
22,2
100,0
Tab. 38 - Motivazioni che indurrebbero le organizzazioni non aderenti ad alcun
sistema associativo ad aderire a un sistema associativo (val. %)
%
Usufruire dei vantaggi del network
Ottenere un migliore posizionamento di mercato
Superare alcuni vincoli normativi
Ottenere agevolazioni-contributi finanziari
Organizzare in modo più efficace l'erogazione del servizio
Razionalizzare i rapporti con la base sociale
Essere parte attiva di un contesto territoriale orientato al mercato
Soddisfare una necessità di natura finanziaria
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
55,0
35,0
10,0
10,0
25,0
15,0
15,0
10,0
Tab. 39 - Tipologia di rapporti che l’organizzazione ha sviluppato con i soggetti istituzionali esistenti sul territorio (val. %)
Circoscrizioni
Rapporti
Natura dei rapporti
Comune
Provincia
Regione
Camera di
Commercio
Centrali
Forum del
Cooperative terzo settore
Continuativi e duraturi
Occasionali a breve termine
Assenti
Totale
55,6
27,8
16,7
100,0
56,8
27,0
16,2
100,0
24,1
48,3
27,6
100,0
43,8
40,6
15,6
100,0
14,3
39,3
46,4
100,0
71,4
21,4
7,1
100,0
23,1
26,9
50,0
100,0
Imprenditoriale
fiduciaria
Imprenditoriale e fiduciaria
Totale
35,0
10,0
55,0
100,0
36,4
22,7
40,9
100,0
58,3
8,3
33,3
100,0
61,1
27,8
11,1
100,0
58,3
25,0
16,7
100,0
22,2
77,8
100,0
45,5
54,5
100,0
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
Tab. 40 - Giudizio delle organizzazioni che producono servizi sociali sull'operato del
settore pubblico nell'ambito del "sociale romano" (val. %)
%
Efficacia ed efficienza dell’azione
Insufficiente
Sufficiente
Buono
Totale
34,2
55,3
10,5
100,0
Tempestività e rapidità dell’azione
Insufficiente
Sufficiente
Totale
60,0
40,0
100,0
Insufficiente
32,5
Competenza
operatori
e
professionalità
degli
Sufficiente
Buono
Totale
Capacità
di
informazione
comunicazione dei servizi esistenti
e
Insufficiente
Sufficiente
Buono
Totale
Criteri di trasparenza nell’assegnazione
di convenzioni e-o appalti
Insufficiente
50,0
17,5
100,0
34,1
43,9
22,0
100,0
51,3
Sufficiente
Buono
Totale
33,3
15,4
100,0
Snellezza delle procedure
Insufficiente
Sufficiente
Totale
70,7
29,3
100,0
Programmazione delle politiche
Insufficiente
Sufficiente
Buono
Totale
36,6
51,2
12,2
100,0
Equità nella ripartizione delle risorse
Insufficiente
Sufficiente
Buono
Totale
52,5
40,0
7,5
100,0
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 41 - Propensione a condividere il sistema dell’accreditamento (val. %)
%
Si, perché con la creazione degli Albi comunali e circoscrizionali le
organizzazioni si possono far conoscere dagli utenti
Si, perché la creazione di un Albo pubblico garantisce che le organizzazioni
abbiano i requisiti minimi per operare sul mercato
No, perché la creazione degli Albi rappresenta l'ennesima burocratizzazione
di una procedura
Non so cosa sia l'accreditamento
Altro
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
28,2
43,6
20,5
5,1
2,6
100,0
Tab. 42 - Strategie da attivare per il potenziamento e allo sviluppo dei servizi sociali
dell’area romana (val. %)
%
Sviluppare ed ampliare la gamma di servizi a disposizione del cittadino
Segmentare la domanda in funzione delle diverse esigenze dell’utente
Potenziare i servizi già esistenti in termini di risorse umane e/o finanziarie
Ampliare il ruolo del settore privato sicuramente più efficiente del pubblico
Impostare un sistema di contribuzione mista (pubblica-privata)
Incrementare i livelli qualitativi dei servizi offerti
Coinvolgere tutti gli attori sociali (pubblici e privati) creando una rete strutturata
di controlli
Aumentare le risorse destinate alla ricerca sul sociale
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
53,7
14,6
19,5
22,0
22,0
26,8
24,4
9,8
Tab. 43 - Cosa deve rappresentare il welfare per Il Comune e Municipi romani
secondo l’opinione de produttori di servizi sociali (val.%)
%
Un impegno di risorse
Un obiettivo
Un dovere
Un investimento
Una necessità impellente
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
19,5
22,0
31,7
17,1
9,8
100,0
Tab. 44 - Il ruolo che dovranno svolgere gli enti pubblici nel welfare del futuro
secondo i produttori di servizi sociali (val. %)
%
Informazione-sensibilizzazione
Formazione
Consulenza
Controllo
Coordinamento
Certificazione
Gestore-erogatore di risorse
Altro
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
41,5
12,2
7,3
43,9
46,3
12,2
17,1
4,9
Tab. 45 - Le principali difficoltà ad operare nel settore dei servizi sociali incontrate
dalle organizzazioni produttrici di welfare che operano a Roma (val. %)
%
Assenza di una rete informativa
Inesistenza di una struttura reticolare tra le imprese
Insensibilità diffusa rispetto alle problematiche sociali
Carenza di risorse finanziarie
Mancanza di risorse umane competenti e qualificate
scarsa Attrattiva che questo settore riveste nei confronti d
Mancanza di un sostegno continuo da parte delle strutture pubbliche
Assenza di un terziario di supporto allo sviluppo dell'impresa
Altro
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
19,5
22,0
19,5
51,2
19,5
2,4
31,7
7,3
2,4
Tab. 46 - Necessari interventi pubblici per una migliore gestione e definizione delle
politiche sociali (val. %)
%
Assegnare al sociale maggiori risorse finanziarie
Avviare una lunga ed efficace campagna informativa
Effettuare delle ricerche in modo da appurare i reali bisogni dei cittadini
Essere svincolato da qualsiasi condizionamento politico e clientelare
Migliorare la qualità della formazione degli operatori
Costruire una rete informatica per facilitare l'accesso al servizio
Essere più accorto nell'attribuzione degli appalti e-o convenzioni
Controllare costantemente gli standard qualitativi dei servizi
Altro
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
58,5
14,6
46,3
22,0
17,1
2,4
9,8
22,0
2,4
Tab. 47 – Strumenti necessari per ampliare la diffusione la conoscenza dei servizi
sociali erogati dal settore pubblico (val. %)
%
Aumentare la pubblicità (affissioni, ecc.)
Inviare ai cittadini materiale informativo (opuscoli,
Programmare incontri nelle scuole o con i responsabili
Costruire un sito internet
Avvalersi della stampa, radio o TV locali
Altro
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
17,1
63,4
51,2
7,3
24,4
2,4
Tab. 48 - Fattori esterni all’organizzazione produttrice di servizi ritenuti più efficaci
per diffondere sul territorio una cultura del welfare
%
La semplificazione del quadro normativo di riferimento
La razionalizzazione dei meccanismi di vigilanza e di contro
L'incremento dell'offerta di consulenza qualificata
Altro
Totale
Fonte: indagine Censis - Elabora, 2002
56,1
17,1
24,4
2,4
100,0
Tab. 49 - L’articolazione ideale delle responsabilità in un moderno sistema di welfare
secondo i produttori di servizi sociali (val. %)
%
Centrale (Stato)
Categoriale (associazioni di categoria)
Territoriale (cittadini, aziende private, soggetti istituzionali)
Individuale (cittadini e aziende private)
Non so
Totale
Fonte: indagine Censis- Elabora, 2002
4,9
4,9
80,5
2,4
7,3
100,0
Tab. 50 - Le caratteristiche del welfare del futuro secondo i produttori di servizi
sociali (val. %)
%
Una maggiore presenza del settore privato
Da un ruolo più attivo del settore pubblico
Totale
97,3
2,7
100,0
Da un sistema caratterizzato da una contribuzione mista (pubblico/privato)
Da un sistema di contribuzione pubblica
Totale
97,3
2,7
100,0
Da un sistema fortemente articolato sul territorio e più vicino all’utente
Da un sistema centralizzato
Totale
97,3
2,7
100,0
Da una progressiva standardizzazione del servizio
Da una progressiva personalizzazione del servizio
Totale
25,6
74,4
100,0
Fonte: indagine Censis- Elabora, 2002
12179_01
Rapporto finale
4.2. I fruitori di welfare
4.2.1. I servizi utilizzati
Secondo i dati rilevati nell’indagine campionaria, nel corso dell’ultimo
anno, una parte consistente della popolazione romana, pari circa al 60%, ha
beneficiato di prestazioni presso i servizi welfare, sia nelle veste di utente
diretto sia indirettamente, quando la prestazione ha interessato dei
famigliari. In prima battuta, l’analisi dei bisogni sociali conferma alcune
delle ipotesi da cui ha preso le mosse la presente ricerca. La domanda è in
larga misura composta da utenti interessati alle tradizionali prestazioni del
welfare, quali sanità ed assistenza sociale. Al contempo, però, si osservano
i segnali di un mutamento in atto, in forza del quale il terzo settore è
interpretato in maniera estensiva come soggetto chiamato a svolgere nuovi
compiti, in risposta a bisogni di informazione e consulenza, di impiego del
tempo libero, di rapido reinserimento nel mondo del lavoro, in un quadro
quindi di crescente complessità.
Tra i fattori cruciali di tale sviluppo, l’informazione assume un ruolo
decisivo. Se per certi versi rimane imprenscindibile l’attività di
orientamento svolta dalle amministrazioni preposte, quali le ASL ed in
misura minore gli uffici “URP”, nella ricerca del servizio prevale ancora il
tradizionale “passaparola” tra parenti ed amici, canale informale che sconta
notevoli deficienze in quanto ad efficacia. In prospettiva è necessario
quindi potenziare l’impatto, la diffusione e la qualità degli altri canali di
informazione, segnatamente i mass media ed internet. Questo intervento,
come si avrà modo di argomentare nella successiva analisi dei dati, è in
grado infatti di orientare meglio il cittadino in ragione delle sue necessità e
delle caratteristiche di ciascun servizio, di stabilire un rapporto di
collaborazione tra utente ed operatore, di svolgere effetti positivi sul
versante organizzativo.
Nel complesso a Roma il settore pubblico mantiene un ruolo predominante
nell’erogazione dei servizi sociali. I due terzi degli utenti intervistati si
sono rivolti, infatti, a soggetti a totale copertura pubblica. Tuttavia, si
osservano i primi effetti dell’ingresso di altri soggetti e della nuova
88
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
legislazione in materia, elementi che spingono verso una modificazione del
rapporto tra pubblico e privato ed alla definizione di forme di welfare
comunity. In questo senso i dati mostrano una quota consistente di persone
che hanno optato per servizi a copertura mista pubblica e privata.
L’imprenditorialità del privato sociale a Roma è invece ancora debole, con
una quota di utenti, secondo i dati a disposizione, stimata di poco superiore
al 4,0%. Il privato risulta penalizzato dagli stessi orientamenti della
cittadinanza, che interpreta l’assistenza come un diritto, da non sottoporre
tout court alle regole del mercato, ovvero come un servizio a cui sarebbe
troppo oneroso fare fronte da soli. La disponibilità a pagare i servizi sociali
è presente in una quota minoritaria degli intervistati, e in ogni caso essa è
subordinata all’ipotesi in cui le possibilità economiche dell’utente lo
consentano.
Analizzati in dettaglio, i risultati dell’indagine mostrano che il 59,6% del
campione di cittadini romani dichiara di aver fatto ricorso, in prima
persona ovvero attraverso un loro famigliare, ai servizi sociali nel corso
dell’ultimo anno (tab. 51). Considerando la condizione professionale, la
domanda di servizi appare consistente per categorie quali disoccupati
(77,4%), casalinghe (73,5%), e pensionati (59,3%), mentre dal punto di
vista del genere essa è maggiore tra le donne, 62,2% contro il 53,8% degli
uomini (tab. 52).
Il 93,5% degli utenti ha utilizzato servizi che ricadono a vario titolo nella
categoria della sanità, mentre l’80,5% si è rivolto all’assistenza sociale
(tab. 53). In questo ambito di welfare tradizionale vanno certamente
collocati anche l’assistenza economica e i servizi di accoglienza, tipologie
utilizzate da percentuali pari rispettivamente al 56,5% ed al 38,2%. La
domanda di servizi mostra nondimeno una certa diversificazione, orientata
al soddisfacimento di bisogni non strettamente di natura assistenziale,
almeno nell’accezione classica del termine. Si fa riferimento in particolare
a tipologie quali informazione e consulenza, che hanno interessato il 74,5%
degli utenti, a quelli connessi alla cultura, allo sport ed alla ricreazione
(73,9%), ed ancora alle prestazioni in ambiti quali addestramento,
avviamento professionale (46,5%).
Il 43,6% degli utenti intervistati si è rivolto direttamente alle ASL per
ottenere informazioni sulle prestazioni (tab. 54). L’altro strumento
utilizzato dalla cittadinanza romana è quello “informale”, rappresentato
dalle notizie raccolte sulla base delle esperienze ed indicazioni di amici,
89
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
colleghi, parenti (40,9%). I mass media quali giornali, radio e televisioni
svolgono anch’essi un significativo ruolo (21,3%), modalità che assume
una maggiore consistenza se si considerano in particolare gli utenti di
strutture a totale copertura privata (31,3%) ed a copertura mista pubblica e
privata (26,6%). Quote più contenute di cittadini romani hanno trovato un
ausilio adeguato presso gli uffici “URP” (9,7%) e nel materiale
informativo ricevuto presso il domicilio ed il luogo di lavoro (9,2%),
strumento informativo quest’ultimo relativamente diffuso in particolare tra
coloro che hanno fatto ricorso a servizi forniti da enti a totale copertura
privata (31,3%). Il 6,0% infine ha trovato notizie navigando in internet,
percentuale che tocca il 13,8% per gli utenti di servizi a copertura mista
pubblica e privata.
Altre indicazioni possono essere tratte analizzando gli strumenti
informativi in base alla tipologia di servizio goduto (tab. 55). Per le
prestazioni della sanità, le ASL rimangono il riferimento principale
(53,3%), e tale soggetto mostra di svolgere in tal senso un ruolo essenziale
anche nel campo dell’assistenza sociale (61,3%) e dell’accoglienza
(52,0%). Gli amici, colleghi e parente rappresentano un tramite più diffuso
per accedere ai servizi di informazione e consulenza (51,3%), di sport,
cultura e ricreazione (49,0%), e di addestramento, avviamento
professionale e (re)inserimento lavorativo (45,9%), e per l’assistenza
economica (42,3%).
I giornali, le radio e le televisioni hanno assunto una certa importanza per
coloro che hanno usufruito di servizi di accoglienza (36,0%) e della
assistenza economica (entrambi 32,7%), tipologia per la quale è inoltre
significativa la funzione informativa assolta dagli uffici URP (23,1%).
Internet appare invece un canale relativamente più utilizzato ai fini della
ricerca di informazioni su addestramento, avviamento professionale e
reinserimento lavorativo (13,5%) e sui servizi di informazione e
consulenza (10,3%), ambito in cui è da segnalare peraltro anche l’attività
degli uffici URP (17,9%).
Relativamente all’onerosità dei servizi risulta che il 66,2% degli intervistati
che hanno utilizzato servizi sociali nell’ultimo anno si è rivolto ad enti a
totale copertura pubblica, il 29,5% a soggetti a copertura pubblica e
privata, il 4,3% a totale copertura privata (tab. 56). Considerando i suddetti
dati in rapporto alle tipologie di prestazione, il 73,1% di utenti
dell’assistenza sociale e ed il 72,9% di quella economica hanno utilizzato
90
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
enti pubblici Per ciò che concerne gli altri servizi, rispetto al dato
complessivo la situazione fotografata dall’indagine appare più equilibrata,
con una relativa consistenza di utenti di strutture a copertura mista
pubblica e privata nel campo dei servizi di accoglienza e di informazione e
consulenza, entrambi con percentuali pari al 34,6%, e della cultura, sport e
ricreazione (33,3%).
In larga maggioranza gli utenti romani intervistati interpretano l’assistenza
sociale secondo l’impostazione tradizionale del welfare state, vale a dire
come un insieme di prestazioni per le quali deve essere garantito a tutti
indistintamente. Il 49,5% di utenza che ha utilizzato senza costi i servizi
ovvero li ha pagati solo in parte dichiara infatti di non essere disposta a
pagarli interamente a parità di qualità, in quanto ritiene che sia un diritto
averli gratuitamente (tab. 57). A questi va aggiunto il 16,8% il quale ritiene
che non potrebbe pagarli perché comunque troppo costosi. Di diverso
orientamento è invece il 25,7% del campione, che si dichiara favorevole a
pagare interamente il servizio in ragione però delle proprie disponibilità
economiche. Solo il 3,5% si dichiara disponibile a pagare le prestazioni
richieste, mentre il 3,0 non esprime parere in proposito.
4.2.1. Le modalità di accesso ai servizi
La definizione di strumenti che consentano di usufruire effettivamente ed
in modo soddisfacente delle prestazioni è senza dubbio una delle maggiori
sfide su cui si misurerà lo sviluppo di un sistema integrato dei servizi
sociali. Lasciando per un momento sullo sfondo la qualità dell’erogazione,
trattata diffusamente nelle pagine seguenti, si osserva che quasi la metà
degli intervistati ha rilevato carenze proprio nella fase preliminare di
accesso al servizio. Gli ostacoli sono determinati in larga parte dalla stessa
organizzazione dei servizi, non sempre in grado di operare in maniera
tempestiva, con lunghe attese degli utenti nell’erogazione e nei rapporti di
sportello.
Ancora, l’utenza denuncia un certo malessere e disorientamento anche sul
piano della diffusione delle informazioni, fattore che ricorre spesso nelle
osservazioni manifestate dai romani e da cui non può prescindere un
moderno sistema di servizi sociali. Analogamente agli altri comparti
economici, lo sviluppo di un terzo settore innovativo necessita di
investimenti e risorse nella gestione dei canali informativi, che sappiano
91
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
veicolare notizie non solo su contenuti e natura degli interventi, ma anche
sul dove e come accedervi. I dati mostrano in sostanza che una adeguata e
crescente attenzione dovrà essere posta nell’attività del front office, per la
quale l’utenza richiede una maggiore professionalità.
Il 48,3% degli utenti dei servizi sociali dichiara di avere incontrato delle
difficoltà nell’accesso alle prestazioni (tab. 58). Considerando la natura
dell’ente erogatore, è dato osservare nel complesso che i maggiori
problemi in tal senso sono stati affrontati dagli utenti degli enti a copertura
mista pubblica e privata e in quelli a totale copertura privata
(rispettivamente il 54,5% ed il 60,0%). In merito al tipo di servizio, le
problematiche di accesso più marcata si rilevano tra gli utenti
dell’assistenza economica (67,3%) e dei servizi di accoglienza (57,7%)
(tab. 59).
Le critiche più evidenti e diffuse espresse dai romani hanno per oggetto
principale l’organizzazione delle strutture che forniscono i servizi sociali.
Secondo il 66,7% la disfunzione principale nell’utilizzo dei servizi è
costituita dai tempi di erogazione troppo lunghi (tab. 60). Sempre sotto il
profilo organizzativo, il 15,8% degli utenti romani ha trovato disagi per
l’attuale configurazione degli orari di apertura degli sportelli.
Come si è avuto modo di osservare in precedenza, la diffusione delle
informazioni alla cittadinanza costituisce l’altro nodo problematico nella
gestione dei servizi sociali. Il 25,1% ritiene infatti che il principale
ostacolo sia la carenza di informazioni utili per il soddisfacimento dei
propri bisogni. Ancora, il 21,9% degli utenti denuncia la mancanza di
professionalità degli operatori di sportello. Gli altri problemi segnalati
riguardano infine la lontananza dei centri di erogazione dal proprio
domicilio e la difficoltà a raggiungerlo con i mezzi di trasporto, aspetti
questi ricorrenti entrambi per il 15,3% degli intervistati, mentre il 7,1%
ritiene che il principale ostacolo sia il costo della prestazione.
4.1.3. La qualità rilevata
Per ciò che concerne nel complesso la qualità dei servizi sociali, il parere
della cittadinanza propone alcune importanti indicazioni. Ben oltre i 2/3
degli utenti si ritiene sostanzialmente soddisfatto dell'assistenza ricevuta.
Per la restante quota di insoddisfatti, i motivi di maggiore malcontento
92
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
sono dovuti a disfunzioni nelle modalità di erogazione, segnatamente nella
eccessiva lunghezza dei tempi ed ancora nelle difficoltà di accesso al
servizio. Per alcuni, la stessa qualità della prestazione non è all'altezza
delle attese e dei bisogni, come pure emerge un certo malessere nei
confronti degli operatori, giudicati non altezza nelle relazioni col pubblico.
In genere, queste insoddisfazioni rimangono inespresse. Solo una esigua
minoranza degli utenti che si dichiarano insoddisfatti, inferiore al 20,0%,
ha presentato reclamo per i disservizi patiti. Appare quindi diffuso un
approccio ancora troppo passivo nei confronti di tali problematiche, forse
dettato dallo scarso riconoscimento dell'efficacia di azioni dirette a
sensibilizzare gli enti erogatori ovvero dalle stesse difficoltà di
comunicazione con tali soggetti. Tale opinione diffusa è in qualche misura
smentita dai risultati della ricerca: si osserva infatti che tra la piccola
minoranza di utenti attivi nel denunciare manchevolezze del servizio, quasi
il 70,0% si dichiara soddisfatto dei rimedi e delle spiegazioni prestati dagli
enti erogatori. Il dato che oltre a dimostrare la possibilità dell'utenza di
difendere le proprie ragioni, evidenzia la stessa capacità degli enti a
comunicare con i propri assistiti ed ad intervenire nel correggere
disfunzioni quando segnalate. Questo fattore deve essere tenuto senza
dubbio in estrema considerazione nella prospettiva di una evoluzione verso
il welfare comunity, caratterizzato dalla condivisione di responsabilità ed
dall’avvicinamento degli attori del terzo settore.
Coerentemente a questa nuova impostazione si scorgono alcuni segnali di
cambiamento nella stessa utenza, che oggi richiede modifiche importanti
nella gestione dei servizi sociali. Per gli intervistati, le misure correttive nel
campo dei servizi sociali riguardano in primo luogo la stessa natura della
prestazione, intesa come attività flessibile in grado di dare risposte puntuali
ed efficaci rispetto alle specifiche tipologie di bisogni, secondo una logica
che tende a far evolvere la stessa figura dei destinatari da soggetti assistiti
ad utenti/clienti. Emerge inoltre la domanda di una organizzazione che
sappia integrare le innovazioni tecnologiche, ed in particolare le
potenzialità di internet, strumento che potrebbe ridurre i tempi di attesa
dell'intervento ed eliminare molti dei disagi tipici della fase di accesso,
quali lunghe code e difficoltà di prenotazione.
Nel complesso, circa il 70,0% degli utenti si dichiara soddisfatto del
servizio offerto (tab. 61). In termini percentuali, gli utenti dei servizi a
totale copertura privata mostrano un apprezzamento maggiore, il 68,8% è
93
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
abbastanza soddisfatto, il 18,8% molto soddisfatto, e positivi appaiono i
giudizi espressi nei confronti del pubblico, il 59,5% è abbastanza
soddisfatto, il 12,8% molto soddisfatto. I servizi a copertura mista hanno
invece riscontrato maggiori problemi nel rapporto con l’utenza, con il
32,7% poco soddisfatta e il 6,5% per niente soddisfatta. L’analisi per
tipologia di servizio del grado di soddisfazione evidenzia un giudizio
positivo dell’utenza per servizi della cultura, sport e ricreazione (il 62,1%
si dichiara abbastanza soddisfatto, il 20,0% molto soddisfatto),
dell’addestramento, avviamento professionale e (re)inserimento lavorativo
(rispettivamente il 62,2% abbastanza soddisfatto ed il 16,2% molto
soddisfatto), e di quelli dell’assistenza sociale (rispettivamente il 66,7%
abbastanza soddisfatto ed il 7,7% molto soddisfatto) (tab. 62).
Il 4,0% degli utenti romani intervistati si dichiara molto insoddisfatto, il
26,6% abbastanza insoddisfatto. Tra questi, i motivi scontento vanno
rinvenuti in una molteplicità di aspetti. Sul versante organizzativo, il
51,8% ritiene che i tempi di erogazione siano troppo lunghi, il 12,2% pone
l’accento sulle difficoltà di accesso, il 9,4% sulla scorretta informazione
(tab. 63). Il 45,3% giudica invece scadente la qualità del servizio, mentre
l’8,6% ritiene che il bisogno di base non sia stato risolto. Per ciò che
concerne invece gli operatori, il 19,4% degli utenti romani insoddisfatti ne
lamenta la scortesia, il 12,2% la scarsa professionalità. Il 10,8% infine
sottolinea il costo eccessivo del servizio.
Solo una ristretta minoranza degli utenti insoddisfatti, pari al 16,9%, ha
però presentato un reclamo (tab. 64). Sotto questo aspetto, coloro che si
sono affidati a strutture a copertura mista pubblica e privata sembrano
relativamente più attivi nel segnalare i disservizi (23,5%). Il 49,0% ha fatto
presente le carenze all’ente responsabile per telefono, il 27,5% si è rivolto
agli uffici ed alle autorità competenti, il 13,7% ha fatto ricorso
all’intervento di amici, conoscenti, parenti. Altre tipologie di strumenti
risultano ad oggi del tutto marginali (tab. 65).
Secondo i dati, nella maggioranza dei casi un atteggiamento attivo da parte
dell’utenza ha sortito degli effetti positivi, inducendo l’organizzazione
responsabile a gestire in modo efficace il cattivo funzionamento del
servizio o comunque a porre un qualche tipo di rimedio (tab. 66). Nel
dettaglio, il 37,3% ha ottenuto spiegazioni esaustive sui motivi del
disservizio, il 17,6% ha ottenuto una soluzione ai problemi sollevati, il
7,9% è stato risarcito, il 5,9% ha avuto delle scuse. Al contrario, il 21,6%
94
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
non è stato soddisfatto, ricevendo una risposta scortese alle proprie
rimostranze.
Secondo il 44,5% del campione di romani la funzione di assistenza
potrebbe migliorare qualora si provvedesse a personalizzare i servizi
secondo le diverse fasce di utenza, esigenza questa espressa dal 50,6% di
coloro che si sono rivolti al pubblico (tab. 67). Il 10,7% ritiene che sia
necessario un maggior orientamento al cliente/utente. Sul versante
organizzativo, il 27,5% è del parere che importanti miglioramenti possano
derivare dall'adozione su scala di tecnologie avanzate, quali ad esempio
strumenti interattivi e posta elettronica, accrescere l’efficienza e rendere
più spedita l’attività delle strutture, profili questi evidenziati in dettaglio
dal 35,5% degli utenti di servizi a copertura mista. Il 16,1% sottolinea
invece che gli interventi più urgenti debbano avere per oggetto il personale
che opera nei servizi, dal quale si pretende una maggiore competenza e
disponibilità.
4.2.4. Il rapporto con gli operatori e con i soggetti di sviluppo
Il rapporto dei cittadini romani con i servizi sociali propone diversi aspetti
di complessità, con la presenza di elementi positivi a cui se ne accostano
altri che meritano attenta valutazione ed azioni efficaci. La maggioranza
degli utenti si dichiara soddisfatta degli operatori con cui è entrata in
contatto, non solo per la professionalità dimostrata e per la qualità della
prestazione, ma anche e soprattutto per la capacità di comprendere i
bisogni e di proporsi con disponibilità verso le richieste degli assistiti.
Anche se in misura minore, altrettanto può essere affermato riguardo il
giudizio degli enti che operano nel terzo settore, pur evidenziandosi alcune
carenze strutturali.
Sotto questo profilo, la ricerca ha confermato la permanenza dei mali
cronici dei servizi sociali, quali in particolare la mancanza di un livello
adeguato di tempestività e di sollecitudine nell’attività di enti ed operatori
di base. Il problema essenziale dei servizi di welfare a Roma sembra essere
la prolungata attesa dell’intervento, il “mal di coda”, più che la qualità
dello stesso, e ciò si rileva in misura accentuata tra i servizi a copertura
mista pubblica e privata, mentre i settori totalmente pubblici e privati
offrono standard qualitativamente migliori. Questi fattori ricorrono in
particolare in servizi quali la sanità, l’assistenza sociale e l’assistenza
95
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
economica, ambiti per i quali i cittadini romani chiedono un tempestivo
potenziamento e sviluppo.
Gli intervistati accordano ad oggi un ruolo irrinunciabile al settore
pubblico, l’unico a detta di molti in grado di farsi carico della collettività e
di consentire l’accesso alle prestazioni anche ai non benestanti. Questo
orientamento è fortemente radicato e maggioritario in tutti i segmenti della
popolazione analizzata nel corso dell’indagine. Parimenti, accanto a questa
posizione di principio, i cittadini romani sono consapevoli che nel
prossimo futuro si assisterà ad una evoluzione dell’offerta, con una
crescente presenza del privato in un sistema misto di compartecipazione
pubblico e privato. Secondo i dati a disposizione, la sfida attuale è data
dalla implementazione di misure tese a migliorare la qualità di questo
nuovo modello, ad oggi, secondo i giudizi degli intervistati, non ancora
all’altezza dei compiti, per una definizione di servizi sempre più
personalizzati ed orientati alle esigenze dell’utenza.
I dati mostrano come il giudizio sul rapporto con gli operatori sociali è
sostanzialmente positivo (tab. 68). Percentuali di intervistati molto
significative esprimono il loro gradimento per aspetti quali la capacità di
comprensione delle richieste (75,6%), la competenza e la professionalità
(75,4%), la cortesia e la disponibilità (73,0%). Posizioni simili si osservano
in merito alla capacità mostrata dagli operatori nel gestire la situazione di
disagio (68,9%), alla capacità di mettere a proprio agio l'utente (62,9%),
alla capacità di trovare una soluzione ai problemi (60,8%).
Le critiche emergono invece al riguardo di aspetti di natura più
squisitamente organizzativa, quali la puntualità e sollecitudine da un lato, e
la tempestività e la rapidità dall'altro, ritenuti rispettivamente soddisfacenti
solo dal 46,4% e dal 38,6%.
Considerando sinteticamente i dati rispetto alla natura dell'ente, si evince
che i giudizi nei confronti degli addetti che operano nel privato risultano
più lusinghieri, come del resto al di sopra della media appare la prestazione
del pubblico. Altrettanto non si può dire dei servizi a copertura mista,
specie per la puntualità e sollecitudine, ritenuti adeguati solo dal 25,3%, e
la tempestività e la rapidità, adeguati per il 28,1%. Considerando invece la
tipologia di servizio, gli operatori sociali dell'assistenza economica e dei
servizi di accoglienza raccolgono mediamente giudizi più critici (tab. 69).
96
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
L'analisi sull'operato dell'ente gestore ripropone alcuni dei nodi critici del
sistema dei servizi di welfare a Roma. Il 69,2% degli intervistati valuta
positivamente la cortesia e la disponibilità degli addetti, il 67,2% il
rapporto qualità prezzo (tab. 70). A seguire, il 56,3% ritiene che l'ente è
stato in grado di metterlo a proprio agio, il 54,2% che ha saputo trovare
una soluzione ai propri problemi. E’ evidente invece un certo malessere
relativamente all'efficienza degli enti, ed in particolare su aspetti quali la
puntualità e la sollecitudine, ritenute adeguate dal 41,7%, e la tempestività
e rapidità dell'azione (35,3%).
Nel complesso, i dati mostrano che questi aspetti sono gestiti meglio dagli
enti privati e da quelli pubblici, mentre meno incoraggiante appare il
quadro offerto dai servizi a copertura mista. Considerando la tipologia di
servizio, la situazione appare un po' più complessa, anche per il diverso
peso che di fatto assumono gli indici utilizzati nella misura delle
performance in ragione delle diverse caratteristiche e finalità dei servizi
medesimi (tab. 71). In estrema sintesi, secondo i dati a disposizione, gli
enti dei servizi della sanità, dell'assistenza economica, dei servizi di
accoglienza presentano per alcuni parametri un rendimento inferiore
rispetto alle altre tipologie.
Oltre i 2/3 degli intervistati ritiene che il settore pubblico debba assumere
un ruolo più attivo nella gestione dei servizi sociali: il 56,3% pensa infatti
che solo il settore pubblico sia in grado di farsi carico dei bisogni espressi
dalla collettività, mentre per l'11,5% questo appare la soluzione che
consente di accedere gratuitamente ai servizi (tab. 72). Queste due
posizioni sono fortemente radicate proprio tra gli utenti del pubblico,
rispettivamente il 72,0% ed il 12,1%, nonché tra i disoccupati,
rispettivamente il 68,8% ed il 15,6%, i pensionati, 61,8% e 15,8, e le
casalinghe, 64,9% e 13,4%.
Il 19,1% ritiene che tale ruolo debba essere invece ridimensionato, in
quanto il privato è in grado di svolgere le funzioni richieste con una
maggiore efficacia; il 5,4% è del parere che il pubblico abbia sempre
evidenziato notevoli lacune nella gestione delle prestazioni. Tali
convincimenti sono relativamente più diffusi tra gli occupati 29,3% e 5,4%
rispettivamente, e tra gli studenti 21,4% e 7,1%, ed ovviamente tra coloro
che si sono rivolti al privato (entrambi pari al 21,4%) ed, in misura minore,
agli enti a copertura pubblica e privata (20,0% e 9,1%) (tab. 73).
97
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
I medesimi dati analizzati per sesso propongono alcune importanti
indicazioni. Il 61,7% delle donne richiede una maggiore presenza del
pubblico in quanto unico garante dei bisogni collettivi ed il 10,7% perché
esso consente di non pagare il servizio (tab. 74); sul primo orientamento si
registra una minore convergenza tra gli uomini, 51,4%, mentre al contrario
la percentuale sale leggermente per il secondo, 12,0%. Il 24,6% degli
uomini auspica un maggiore spazio per il privato in ragione della sua
maggiore efficacia, lettura condivisa invece solo dal 15,3% delle donne.
Infine, il 6,5% delle donne non desidera un ruolo centrale del pubblico in
quanto spesso presenta lacune nel servizio, contro il 5,0% degli uomini.
La quasi totalità degli intervistati è del parere che i servizi sociali basilari
quali la sanità e l’assistenza sociale debbano essere potenziati e sviluppati
in misura più marcata rispetto alla situazione attuale (tab. 75). L’81,3%
degli intervistati auspica una maggiore attenzione verso i servizi di
informazione e consulenza, percentuale che arriva all’88,7% tra i
pensionati; il 79,3% verso l’assistenza economica, il 77,2% verso
l’addestramento, l’avviamento professionale ed l’inserimento lavorativo,
esigenza questa condivisa dal 90,9% degli studenti (tab. 76). Il 72,7%
ritiene che debbano essere potenziati i servizi di accoglienza, dato che
tocca l’84,4% tra le casalinghe; il 65,4% infine indica i servizi relativi alla
cultura, sport, ricreazione, posizione questa espressa dal 70,4% dei
disoccupati. A differenza di quanto osservato in precedenza, su tali
tematiche non sussistono differenziazioni di nota esaminando i dati in base
al genere (tab. 77).
Il 65,7% prevede che nel prossimo futuro il sistema di offerta integrato
pubblico/privato rappresenterà il modello di riferimento (tab. 78). Questa
opinione è ancora più diffusa tra gli studenti (87,5%), i disoccupati
(82,6%) ed in misura leggermente maggiore tra gli uomini 67,3% (tab. 79).
Il 22,9% del campione è del parere che solo il settore pubblico rimarrà
l’unico soggetto significativo nell’offerta di servizi, idea presente nel
39,7% delle casalinghe e nel 37,8% dei pensionati; l’11,4% al contrario
prevede che il privato tenderà ad imporsi come modello egemonico.
In merito ai servizi, il 62,8% dei romani intervistati pensa che essi saranno
sempre più personalizzati in base ai bisogni specifici ed alle caratteristiche
del singolo utente. Questa evoluzione è espressa dall’87,5% degli studenti
e dal 77,1% degli occupati, nonché dal 70,1% delle donne. Il restante
31,8% del campione è indotto invece a pensare che l’insieme dei servizi
98
FONDAZIONE CENSIS
12179_01
Rapporto finale
rimarrà nel complesso uguale per tutti, posizione fatta propria dalla
maggioranza dei disoccupati (56,3%) e dei pensionati (56,0%) e da una
percentuale relativamente più consistente di uomini (33,8%).
4.2.5. I dati strutturali
L’indagine degli utenti dei servizi sociali del Comune di Roma è stata
condotta su di un campione di 653 persone, stratificato proporzionalmente
a due stadi, numero di residenti per circoscrizione o municipio romani ed
età anagrafica, considerata secondo le classi: fino a 30 anni, 31 – 40 anni,
41 – 50 anni, 51 – 60 anni, 61 – 70 anni, oltre 70 anni.
Considerando i dati strutturali del campione nel dettaglio, il 50,3% degli
intervistati è di sesso maschile, il 49,7% femminile (tab. 80). Il 12,3% ha
una età anagrafica inferiore o uguale ai 30 anni, il 19,9% compresa tra i 31
ed i 40 anni, il 18,6% tra i 41 ed i 50 anni, il 16,5% tra i 51 ed i 60 anni, il
18,9% tra i 61 ed i 70 anni, il 13,9% oltre i 70 anni.
In merito allo stato civile, il 25,0% è celibe o nubile, il 52,6% coniugato/a
ovvero convivente stabile, l’8,2% separato/a ovvero divorziato/a, il 14,2%
vedovo/a. Il 33,0% ha un figlio, il 45,4% due figli ed il 21,5% più di due
figli. Il 96,3% degli intervistati è di cittadinanza italiana, il restante 3,7%
straniera.
Riguardo il livello di istruzione, il 15,6% del campione non possiede
nessun titolo ovvero ha conseguito la licenza elementare, il 22,7% ha un
diploma di media inferiore, il 40,8% è in possesso di un diploma superiore,
il 20,8% è laureato. Il 2,2% degli intervistati è studente, il 16,4% casalinga,
il 48,3% occupato/a, il 5,1% disoccupato/a, il 26,8% pensionato/a, l’1,1%
si dichiara in altra condizione professionale. Tra gli occupati/e, il 32,6%
svolge un lavoro autonomo, il 67,4% è invece dipendente. Infine, l’11,8%
degli intervistati dichiara di avere un reddito nullo, il 24,8% inferiore ai 15
milioni delle vecchie lire, il 49,4% compreso tra 15 e 50 milioni, il 9,0%
tra i 51 e gli 80 milioni di lire, il 5,0% superiore ad 80 milioni di lire.
99
FONDAZIONE CENSIS
Tab. 51 – Utilizzo nell’ultimo anno dei servizi sociali, direttamente o indirettamente, in base alla condizione professionale (val. %)
Studente
Si
No
Totale
Casalinga
Condizione professionale
Occupato
Disoccupato
Pensionato/a
Altro
Totale
50,0
50,0
73,5
26,5
53,4
46,6
77,4
22,6
59,3
40,7
57,1
42,9
59,6
40,4
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 52 - Utilizzo nell’ultimo anno dei servizi sociali, direttamente o indirettamente,
in base al sesso (val. %)
Si
No
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Sesso
Maschio
Femmina
Totale
53,8
46,3
66,2
33,8
59,6
40,4
100,0
100,0
100,0
Tab. 53 – Tipologia di servizio sociale utilizzato (val. %)
%
Cultura, sport, ricreazione
Sanità
Assistenza sociale
Assistenza economica
Informazione e consulenza
Addestramento, avviamento professionale e
(re)inserimento lavorativo
Servizi di accoglienza
Altro
73,9
93,5
80,5
56,5
74,5
46,5
38,2
26,3
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 54 - Strumento informativo utilizzato in base alla natura dell’ente erogatore del
servizio sociale (val. %)
totale
copertura
pubblica
Giornali/radio/tv
Forze dell'ordine
Internet
Ufficio URP
ASL
Materiale informativo ricevuto
presso il domicilio/luogo di lavoro
Tramite amici/colleghi/parenti
Altro
Servizi utilizzati a
copertura
totale
pubblica e
copertura
privata
privata
18,3
2,0
2,4
7,7
46,3
8,1
26,6
1,8
13,8
11,9
46,8
5,5
31,3
42,3
8,9
39,4
4,6
43,8
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
6,3
31,3
Totale
21,3
1,8
6,0
9,7
43,6
9,2
40,9
7,3
Tab. 55 – Strumento informativo utilizzato in base alla tipologia di servizio sociale (val. %)
Giornali/radio/tv
Forze dell'ordine
Internet
Ufficio URP
ASL
Materiale informativo
ricevuto presso il
domicilio/luogo di lavoro
Tramite
amici/colleghi/parenti
Altro
Tipologia di servizio sociale
Assistenza
Informazione e Addestramento,
economica
consulenza
avviamento
professionale e
(re)inserimento
lavorativo
Cultura, sport,
ricreazione
Sanità
Assistenza
sociale
25,5
1,0
8,2
9,2
28,6
15,3
21,4
2,3
5,1
10,7
55,8
7,4
11,8
3,4
1,7
10,1
61,3
5,9
32,7
7,7
1,9
23,1
36,5
9,6
21,8
3,8
10,3
17,9
48,7
10,3
49,0
39,5
37,8
42,3
4,1
8,4
7,6
7,7
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Servizi di
accoglienza
Altro
Totale
24,3
2,7
13,5
10,8
35,1
13,5
36,0
16,0
4,0
8,0
52,0
8,0
20,0
10,0
30,0
21,3
1,8
6,0
9,7
43,6
9,2
51,3
45,9
40,0
60,0
40,9
3,8
10,8
12,0
7,3
Tab. 56 – Natura dell’ente erogatore in base alla tipologia di servizio sociale (val. %)
totale copertura
pubblica
copertura pubblica e
privata
totale copertura
privata
Totale
Tipologia di servizio sociale
Assistenza
Informazione e Addestramento,
economica
consulenza
avviamento
professionale e
(re)inserimento
lavorativo
Cultura, sport,
ricreazione
Sanità
Assistenza
sociale
63,5
65,3
73,1
72,9
62,8
33,3
32,9
26,1
27,1
3,1
1,9
0,8
100,0
100,0
100,0
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
100,0
Servizi di
accoglienza
Altro
Totale
64,1
65,4
44,4
66,2
34,6
30,8
34,6
2,6
5,1
100,0
100,0
100,0
29,5
55,6
4,3
100,0
100,0
Tab. 57 - Disponibilità degli utenti a pagare interamente a parità
di qualità del servizio sociale (val. %)
%
no, perché è un diritto averli gratis
no, perché troppo costoso
si, in ragione delle proprie possibilità
economiche
si, interamente
non so
Altro
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
49,5
16,8
25,7
3,5
3,0
1,6
100,0
Tab. 58 - Difficoltà di accesso ai servizi in base alla natura dell'ente erogatore (val. %)
Servizi prevalentemente a
totale
Copertura
totale
copertura
pubblica e
copertura
pubblica
privata
privata
Si
No
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Totale
44,0
56,0
54,5
45,5
60,0
40,0
48,3
51,7
100,0
100,0
100,0
100,0
Tab. 59 - Difficoltà di accesso ai servizi in base alla tipologia di servizio (val. %)
Si
No
Totale
Tipologia di servizio
Assistenza
Informazione e Addestramento,
economica
consulenza
avviamento
professionale e
(re)inserimento
lavorativo
Cultura, sport,
ricreazione
Sanità
Assistenza
sociale
39,8
60,2
47,9
52,1
45,4
54,6
67,3
32,7
40,5
59,5
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Servizi di
accoglienza
Altro
Totale
33,3
66,7
57,7
42,3
50,0
50,0
48,3
51,7
100,0
100,0
100,0
100,0
Tab. 60 - Principali ostacoli nell'utilizzo dei servizi sociali in base alla
tipologia di servizio (val.%)
%
i tempi di erogazione molto lunghi
gli orari di apertura degli sportelli
la lontananza dal luogo di domicilio
la difficoltà a raggiungerlo con i mezzi di
trasporto
la mancanza di professionalità degli
operatori
la carenza di informazioni
il costo
Altro
66,7
15,8
15,3
15,3
21,9
25,1
7,1
2,2
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 61 - Grado di soddisfazione in base alla natura dell'ente erogatore (val.%)
Servizi prevalentemente a
totale
copertura
totale
copertura
pubblica e
copertura
pubblica
privata
privata
per niente soddisfacente
poco soddisfacente
abbastanza soddisfacente
molto soddisfacente
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Totale
2,9
24,8
59,5
12,8
6,5
32,7
56,1
4,7
6,3
6,3
68,8
18,8
4,0
26,6
58,6
10,8
100,0
100,0
100,0
100,0
Tab. 62 - Grado di soddisfazione in base alla tipologia di servizio (val. %)
per niente
soddisfacente
poco soddisfacente
abbastanza
soddisfacente
molto soddisfacente
Totale
Tipologia di servizio
Assistenza
Informazione e Addestramento,
economica
consulenza
avviamento
professionale e
(re)inserimento
lavorativo
Cultura, sport,
ricreazione
Sanità
Assistenza
sociale
4,2
4,3
4,3
6,1
2,7
2,7
12,5
13,7
62,1
28,6
60,0
21,4
66,7
42,9
42,9
28,4
62,2
18,9
62,2
29,2
50,0
11,1
44,4
26,6
58,6
20,0
7,1
7,7
8,2
6,8
16,2
8,3
44,4
10,8
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Servizi di
accoglienza
Altro
Totale
4,0
Tab. 63 – Motivi di insoddisfazione del servizio (val. %)
%
qualità del servizio
costo eccessivo
tempi di erogazione troppo lunghi
scortesia degli operatori
difficoltà nell'accesso del servizio
scorretta informazione
scarsa professionalità del personale
incapacità di risolvere il bisogno di base
Altro
45,3
10,8
51,8
19,4
12,2
9,4
12,2
8,6
0,7
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 64 – Reclami presentati in caso di insoddisfazione del servizio in base alla natura
dell'ente erogatore (val.%)
Servizi prevalentemente a
totale
copertura
totale
copertura
pubblica e
copertura
pubblica
privata
privata
Si
No
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Totale
16,9
83,1
23,5
76,5
16,7
83,3
16,9
83,1
100,0
100,0
100,0
100,0
Tab. 65 – Strumenti utilizzati per denunciare il disservizio (val.%)
%
aiuto di amici-conoscenti-parenti
Telefono
Internet
ufficio-autorità competente
mass media locali
Altro
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
13,7
49,0
3,9
27,5
2,0
3,9
100,0
Tab. 66 – Efficacia nella gestione
dell’organizzazione (val.%)
del
disservizio
da
%
si, perché è stato risolto il problema
si, perché sono state fornite spiegazioni esaustive
si, le sono state fatte delle scuse
si, perché è stato risarcito
no, perché sono stati molto scortesi
Altro
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
17,6
37,3
5,9
7,8
21,6
9,8
100,0
parte
Tab. 67 -
Interventi e modifiche prioritarie nel settore sociale in base alla natura dell'ente
erogatore (val.%)
Servizi prevalentemente a
totale
copertura
totale
copertura
pubblica e
copertura
pubblica
privata
privata
servizi personalizzati per particolari
fasce di utenti
maggiore disponibilità di tecnologie
avanzate
personale fosse più preparato e
disponibile
un maggior orientamento al
cliente/utente
Altro
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Totale
50,6
34,5
46,7
44,5
23,4
35,5
20,0
27,5
13,2
16,4
9,8
12,7
3,0
0,9
100,0
100,0
16,1
33,3
10,7
1,3
100,0
100,0
Tab. 68 - Giudizio degli utenti sul rapporto con gli operatori in base alla natura
dell'ente erogatore (val.%)
Aspetti giudicati in modo
positivo
Cortesia e disponibilità
Tempestività e rapidità
Competenza e
professionalità
Puntualità e sollecitudine
Capacità di comprensione
delle richieste
Capacità di mettere a proprio
agio l’utente
Capacità di gestire la
situazione
Capacità di trovare soluzione
ai problemi
Servizi prevalentemente a
totale
copertura
totale
copertura
pubblica e
copertura
pubblica
privata
privata
Totale
76,3
42,3
75,8
64,3
28,1
72,2
76,9
66,7
83,3
73,0
38,6
75,4
52,9
81,7
25,3
69,4
83,3
92,3
46,4
75,6
70,9
46,9
84,6
62,6
75,8
50,0
92,3
68,9
65,0
45,2
91,7
60,8
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 69 - Giudizio degli utenti sul rapporto con gli operatori in base alla tipologia di servizio (val.%)
Aspetti giudicati in
modo positivo
Cortesia e
disponibilità
Tempestività e
rapidità
Competenza e
professionalità
Puntualità e
sollecitudine
Capacità di
comprensione delle
richieste
Capacità di mettere a
proprio agio l’utente
Capacità di gestire la
situazione
Capacità di trovare
soluzione ai problemi
Cultura, sport,
ricreazione
Sanità
Assistenza
sociale
Tipologia di servizio
Assistenza
Informazione e Addestramento,
economica
consulenza
avviamento
professionale e
(re)inserimento
lavorativo
Servizi di
accoglienza
Altro
Totale
80,2
66,8
77,7
59,0
72,9
80,6
54,2
88,9
73,0
36,3
35,3
51,5
26,2
43,5
52,8
26,1
66,7
38,6
75,9
74,5
79,2
67,6
75,7
81,1
65,2
77,8
75,4
42,9
35,5
49,0
34,4
39,1
58,3
19,0
100,0
46,4
84,5
77,8
79,8
71,9
81,4
77,8
56,5
62,5
75,6
65,8
60,9
71,0
56,3
66,7
60,5
45,5
100,0
62,6
61,5
67,2
70,1
65,6
68,1
72,2
56,5
77,8
68,9
57,7
57,1
63,3
48,6
62,9
63,9
37,5
88,9
60,8
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 70 - Giudizio degli utenti sull'operato dell'ente in base alla natura dell'ente
erogatore (val.%)
Aspetti giudicati in modo
positivo
Rapporto qualità/prezzo
Cortesia e disponibilità degli
operatori
Tempestività e rapidità
dell’azione
Puntualità e sollecitudine
Capacità di mettere a proprio
agio l’utente
Capacità di trovare soluzione
ai problemi
Servizi prevalentemente a
totale
copertura
totale
copertura
pubblica e
copertura
pubblica
privata
privata
Totale
71,3
73,6
60,0
59,4
81,8
83,3
67,2
69,2
39,7
23,2
70,0
35,3
46,6
59,6
28,0
46,5
90,0
75,0
41,7
56,3
58,1
42,7
80,0
54,2
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 71 - Giudizio degli utenti sull'operato dell'ente in base alla tipologia di servizio (val.%)
Tipologia di servizio
Assistenza
Informazione e Addestramento,
economica
consulenza
avviamento
professionale e
(re)inserimento
lavorativo
Aspetti giudicati in
modo positivo
Cultura, sport,
ricreazione
Sanità
Assistenza
sociale
Servizi di
accoglienza
Altro
Totale
Rapporto qualitàprezzo
Cortesia e
disponibilità degli
operatori
Tempestività e
rapidità dell’azione
Puntualità e
sollecitudine
Capacità di mettere
a proprio agio
l’utente
Capacità di trovare
soluzione ai
problemi
74,4
65,7
65,5
41,9
72,3
62,9
50,0
80,0
67,2
74,1
68,4
73,9
59,0
68,6
64,9
62,5
100,0
69,2
32,1
31,7
43,0
27,3
36,4
50,0
20,0
85,7
35,3
36,4
37,1
46,2
29,4
37,3
54,3
40,9
100,0
41,7
67,4
50,5
66,7
50,0
49,3
42,9
54,2
88,9
56,3
50,6
53,5
57,0
50,0
53,6
58,3
26,1
55,6
54,2
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 72 - Giudizio sull'ipotesi di un ruolo più attivo del settore pubblico nella gestione dei
servizi sociali, in base alla natura dell'ente erogatore (val.%)
Servizi prevalentemente a
totale
copertura
totale
copertura
pubblica e
copertura
pubblica
privata
privata
si, perché solo il settore pubblico
può farsi carico dei bisogni espressi
dalla collettività
si, perché è l'unico modo per non
pagare il servizio
no, dovrebbe lasciare più spazio al
settore privato che è più efficace
no, perché ha sempre evidenziato
notevoli lacune nella gestione del
servizio
non so
Altro
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Totale
72,0
60,0
42,9
56,3
12,1
6,4
7,1
11,5
6,7
20,0
21,4
19,9
3,3
9,1
21,4
5,4
4,6
1,3
2,7
1,8
7,1
4,9
1,9
100,0
100,0
100,0
100,0
Tab. 73 - Giudizio sull'ipotesi di un ruolo più attivo del settore pubblico nella gestione dei servizi sociali, in base alla
condizione professionale (val.%)
si, perché solo il settore
pubblico può farsi carico
dei bisogni espressi dalla
collettività
si, perché è l'unico modo
per non pagare il servizio
no, dovrebbe lasciare più
spazio al settore privato
che è più efficace
no, perché ha sempre
evidenziato notevoli
lacune nella gestione del
servizio
non so
Altro
Totale
Condizione professionale
Occupato Disoccupato Pensionato/a
Studente
Casalinga
Altro
Totale
50,0
64,9
47,6
68,8
61,8
57,1
56,3
14,3
13,4
7,8
15,6
15,8
28,6
11,5
21,4
8,2
29,3
6,3
15,2
14,3
19,9
7,1
10,3
5,4
6,3
1,8
5,4
7,1
3,1
5,8
4,1
3,1
5,5
4,9
1,9
100,0
100,0
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Tab. 74 - Giudizio sull'ipotesi di un ruolo più attivo del settore pubblico nella gestione
dei servizi sociali, in base al sesso (val.%)
maschio
si, perché solo il settore pubblico può farsi carico
dei bisogni espressi dalla collettività
si, perché è l'unico modo per non pagare il
servizio
no, dovrebbe lasciare più spazio al settore privato
che è più efficace
no, perché ha sempre evidenziato notevoli lacune
nella gestione del servizio
non so
Altro
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Sesso
femmina
Totale
51,4
61,7
56,3
12,0
10,7
11,5
24,6
15,3
19,9
4,1
6,5
5,4
5,0
2,8
4,9
1,0
4,9
1,9
100,0
100,0
100,0
Tab. 75 - Servizi sociali che andrebbero sviluppati (val.%)
%
Cultura, sport, ricreazione
Sanità
Assistenza sociale
Assistenza economica
Informazione e consulenza
Addestramento, avviamento
(re)inserimento lavorativo
Servizi di accoglienza
Altro
professionale
e
65,4
95,6
90,4
79,3
81,3
77,2
72,7
21,1
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Tab. 76 - Servizi sociali che andrebbero sviluppati in base alla condizione professionale (val.%)
Cultura, sport, ricreazione
Sanità
Assistenza sociale
Assistenza economica
Informazione e consulenza
Addestramento, avviamento
professionale e (re)inserimento
lavorativo
Servizi di accoglienza
Altro
Casalinga
54,5
84,6
75,0
72,7
66,7
90,9
65,6
97,6
91,8
81,7
76,2
73,0
66,2
96,3
90,7
77,1
79,9
78,7
50,0
84,8
33,3
66,4
20,8
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Condizione professionale
Occupato
Disoccupato
Studente
Pensionato/a
Altro
Totale
70,4
86,7
92,0
80,8
76,2
77,3
61,9
95,9
89,4
81,4
88,7
71,8
42,9
75,0
100,0
75,0
50,0
100,0
65,4
95,6
90,4
79,3
81,3
77,2
80,0
79,6
24,0
25,0
72,7
21,1
Tab. 77 - Servizi sociali che andrebbero sviluppati in base al sesso (val.%)
maschio
Cultura, sport, ricreazione
Sanità
Assistenza sociale
Assistenza economica
Informazione e consulenza
Addestramento, avviamento professionale
e (re)inserimento lavorativo
Servizi di accoglienza
Altro
Sesso
femmina
62,2
94,5
90,7
78,0
81,7
75,9
68,4
96,8
90,0
80,4
80,9
78,4
65,4
95,6
90,4
79,2
81,3
77,2
70,8
17,1
74,4
24,7
72,7
21,1
Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Totale
Tab. 78 - Previsioni sulle modalità di gestione ed erogazione dei servizi sociali nel prossimo futuro, in base alla condizione professionale (val.%)
Un sistema di offerta
Casalinga
87,5
76,1
10,1
13,9
82,6
8,7
8,7
52,0
37,8
10,2
100,0
12,5
53,8
39,7
6,4
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
sociali uguale per tutti
12,5
32,4
22,9
56,3
56,0
20,0
31,8
personalizzato
87,5
67,6
77,1
43,8
44,0
80,0
68,2
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
pubblica/privata
solo pubblica
solo privata
Totale
Un insieme
sempre più
di
servizi
Condizione professionale
Occupato Disoccupato Pensionato/a
Studente
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Altro
Totale
65,7
22,9
11,4
100
Tab. 79 - Previsioni sulle modalità di gestione ed erogazione dei servizi sociali nel prossimo futuro, in base al sesso (val.%)
maschio
Un sistema si offerta
pubblica/privata
solo pubblica
solo privata
Totale
Un insieme di servizi sociali sempre più
uguale per tutti
personalizzato
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
Sesso
femmina
Totale
67,3
22,4
10,2
64,3
23,5
12,2
65,7
22,9
11,4
100,0
100,0
100,0
33,8
66,2
29,9
70,1
31,8
68,2
100,0
100,0
100,0
Tab. 80 - Dati strutturali (val. %)
Sesso
Maschio
Femmina
50,3
49,7
Età
fino a 30 anni
da 31 a 40 anni
da 41 a 50 anni
da 51 a 60 anni
da 61 a 70 anni
oltre 70 anni
12,3
19,9
18,6
16,5
18,9
13,9
Stato civile
celibe o nubile
coniugato/a o convivente stabile
Separato/a o divorziato/a
vedovo/a
25,0
52,6
8,2
14,2
Numero di figli
1
2
Più di 2
33,0
45,5
21,5
Totale
100,0
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
(segue)
Cittadinanza
Italiana
Altro
96,3
3,7
Livello di istruzione
Nessun titolo-Elementare
Medio inferiore
Diploma di scuola superiore
Laurea
15,6
22,7
40,8
20,8
Condizione professionale
Studente
Casalinga
Occupato
Disoccupato
Pensionato/a
Altro
2,2
16,4
48,3
5,1
26,8
1,1
Occupati per specifica dell'occupazione
autonomo
dipendente
32,6
67,4
Livello di reddito
Nullo
Inferiore a 15 milioni di lire
tra 15 e 50 milioni di lire
tra 51 e 80 milioni di lire
oltre 80 milioni di lire
Totale
Fonte: indagine Censis – Elabora, 2002
11,8
24,8
49,4
9,0
5,0
100,0
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Censis, Servizi alla persona ed accoglienza a Roma