GILDA
ORGANO NAZIONALE DELLA FEDERAZIONE GILDA - UNAMS - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM - ANNO XXII N. 4 - APRILE 2012
3 marzo 2012: e come potevamo
non alzare la voce?
Per la scuola
• Mancata corresponsione degli scatti di anzianità ai docenti
• Nessuna garanzia per gli organici
• Riforma Brunetta che non tiene conto né della libertà d’insegnamento né
dei diritti sindacali nelle scuole
• La bocciatura al Senato, in commissione Affari costituzionali, dell’emendamento che dava la possibilità
ai docenti che matureranno i requisiti per la pensione entro il 31 agosto
prossimo, di lasciare il lavoro con le
vecchie regole. Una prova di cecità
che si ripercuoterà sul futuro pensionistico di migliaia di docenti"
Ecco l'Italia
dei soldi
buttati
La Corte dei Conti: è un’emergenza,
come l’evasione. Il presidente Giampaolino invoca un impegno analogo a
quello contro evasori e corrotti. Dalle
relazioni dei magistrati contabili emerge un Paese che non sa come spende le
sue risorse. Una “gestione improvvisata”
che va anche “oltre la malafede”: così si
perdono i soldi dei contribuenti.
Repubblica, 27 febbraio 2012
Italia maglia
nera nella Ue
per l'evasione
fiscale
Repubblica,
29 febbraio 2012
“Comprendiamo il difficile momento in cui si
trova il nostro Paese, ma manca totalmente
l’attenzione nei confronti della scuola” *
di Ester Trevisan
Il sound morbido e caldo della band Emporium live music, che il comico ha reso omaggio alla cultura, suggerendo di regalare
ha rivisitato in chiave soul alcuni dei più noti brani della musica un libro a ogni esponente politico. “A ciascuno il suo”: e così,
straniera, le risate e gli applausi per la performance di Andrea soltanto per citarne qualcuno, il titolo adatto a Brunetta
Rivera, densa dell’ironia arguta che contraddistingue l’ormai potrebbe essere “Un borghese piccolo piccolo” mentre quello
che potrebbe fare al caso della Gelmini è “Il maestro e
celebre “citofonista” romano, e il dibattito vivace e pieno
Margherita”. Per chiudere, Rivera ha voluto ricordi interessanti spunti di riflessione con i giornalisti e il coordinatore nazionale Rino Di
dare Lucio Dalla con un commovente “taglia
RSU
Meglio. E’ stata un successo la manifee cuci” delle sue più famose canzoni.
stazione della Gilda degli Insegnanti
Ringraziamo tutti gli
Dopo aver incassato gli applausi dei
che si è svolta sabato 3 marzo al
docenti, Rivera ha passato il testielettori per il consenso
teatro Quirino di Roma in occamone al giornalista Puccio Corona
che hanno accordato alle
sione dello sciopero nazionale
che ha moderato il dibattito al
nostre liste nella scuole italiane
proclamato per alzare la voce
quale hanno partecipato il coorcontro il mancato pagamento
dinatore nazionale della Gilda,
in cui eravamo presenti. Grazie
degli scatti di anzianità e la
Rino Di Meglio, il cronista del
anche tutti i nostri candidati
riforma del sistema pensionistiSole 24 Ore, Claudio Tucci, e
per l’impegno profuso nell’imco. Ad aprire la mattinata è stal’addetto stampa della Gilda di
Benevento, Luigi La Monaca.
to il gruppo musicale che, grazie
postare una campagna
Governi di ogni colore politico
alle note sapientemente miscelate
“G
elettorale chiara, aperhanno giocato al tiro al bersaglio con
con l’ugola potente della cantante,
ta e responsabile.
la scuola senza riuscire mai a risolvere
ha scaldato la folta platea presente in
almeno uno dei problemi che affliggono i
sala. Riposti gli strumenti musicali, protadocenti italiani”: con queste parole Corona ha
gonista indiscusso del palco è diventato il vulcanico Andrea Rivera che ha trascinato gli insegnanti in
aperto la tavola rotonda, riscuotendo l’approvazione
uno stornello sulle tanto sudate pergamene di laurea che trop- unanime del pubblico. Poi Di Meglio ha ricordato i motivi fonpo spesso, purtroppo, finiscono soltanto incorniciate senza damentali della protesta: gli scatti di anzianità, promessi prima
poter essere spese degnamente nel mondo del lavoro, costrin(Segue a pag. 10)
gendo molti giovani a chiudere in un cassetto i propri sogni. Poi
Nuvole anziché sole
di Teresa Del Prete
Nuvoloso il cielo di Roma il 3 marzo scorso, così come
poco limpido è l’attuale contesto del mondo dell’istruzione pubblica, oscurato da grosse nubi grigie che ne
oscurano ogni luminosità.
L’universo scolastico, dove si formano le future generazioni e avviene il passaggio del patrimonio culturale, unico rimedio all’imperversante abbassamento valoriale,
dovrebbe, invece, sempre più risplendere onde illuminare menti e coscienze.
Tutt’altro è, però, l’attuale panorama dell’istruzione italiana: docenti sempre più mal pagati cui vengono negati
scatti di anzianità e diritti acquisibili entro la fine dell’an-
no scolastico, strutture fatiscenti e, men che mai tenute
a norma, attrezzature inadeguate, altissima dispersione di
studenti, tagli insensati ai finanziamenti del fondo d’istituto. Sono stati questi i tristi aspetti evidenziati dal
nostro Coordinatore nazionale nella sua intervista al teatro Quirino in quel nuvoloso 3 marzo. […] Inversione invocata il 29 febbraio anche dalle pagine del “Sole 24 ore” in
un articolo dal titolo “Niente cultura, niente sviluppo” a
firma di Corbis. “Occorre una vera rivoluzione copernicana nel rapporto tra sviluppo e cultura” - si leggeva nell’articolo. “Dobbiamo pensare ad un'ottica di medio-lungo
(Segue a pag. 10)
* Il video della manifestazione, a cura di Angelo Scebba, è in www.youtube.com/user/Gilda
degli insegnanti
aprile 2012
2G I L D A
Comunica Gilda
Precari, Gilda lancia
class action per
stabilizzazione
Sanzioni docenti,
il tribunale di Ferrara
dà ragione alla Gilda
Stabilizzazione dei precari, la Gilda degli Insegnanti lancia
una class action. Due i fronti su cui il sindacato intende
muoversi: da una parte attivando una procedura d'infrazione alla Commissione europea e dall'altra promuovendo un ricorso alla Corte europea di Strasburgo contro la
reiterazione dei contratti a tempo determinato per io
docenti che lavorano più di 36 mesi senza essere assunti
stabilmente.
“Vogliamo andare oltre quello che si ottiene nelle aule di
tribunale – spiega il coordinatore nazionale Rino Di
Meglio – perché il risarcimento, quando viene riconosciuto, è soltanto economico e, dunque, non porta alla
stabilizzazione dei precari”.
Roma, 2 marzo 2012
Ufficio stampa Gilda degli Insegnanti
La sospensione cautelare di un docente può avvenire solo dopo il rinvio a giudizio
"Sulla sospensione cautelare dei docenti avevamo ragione noi".
E´ questo il commento della Gilda degli Insegnanti alla recente ordinanza emessa dal
Tribunale di Ferrara, in composizione collegiale, sull’adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti di un insegnante in assenza di procedimento penale. Il fatto
riguardava un docente ingiustamente accusato dagli alunni di avere assunto un contegno non conforme ai doveri della funzione. Ma poi si è scoperto semplicemente
che “i ragazzi avevano preso fischi per fiaschi e i giudici hanno fatto giustizia”.
“Il collegio - scrive in una nota il sindacato guidato da Rino Di Meglio - ha spiegato che
la sospensione cautelare di un docente può avvenire solo dopo il rinvio a giudizio. Perché così dispone il decreto Brunetta e le interpretazioni ministeriali non possono far
rivivere norme che non esistono più”. Secondo la Gilda, dunque, “sarebbe quanto
meno opportuno che il Miur riaprisse un tavolo di concertazione per rivedere la circolare 88/2010, così da ristabilire il rispetto della legge in questa delicata materia”.
Roma, 9 marzo 2012
Ufficio stampa Gilda degli insegnanti
ELEZIONI RSU, GRAZIE A TUTTI I NOSTRI ELETTORI
in Comunicati
I primi dati parziali confermano l’affermazione della Gilda-Unams
venerdì 9 marzo 2012
La Gilda RSU ringrazia tutti gli elettori per il consenso che hanno accordato alle nostre liste nella scuole italiane in cui eravamo presenti. Grazie
anche tutti i nostri candidati per l’impegno profuso nell’impostare una campagna elettorale chiara, aperta e responsabile.
I primi dati, ancora parziali, indicano già una buona affermazione delle liste Gilda-Unams, a conferma della stima e della fiducia nella sua politica. Per un bilancio, attendiamo con serenità i risultati definitivi, perché riteniamo serio e rispettoso dei docenti che hanno partecipato a queste
elezioni esprimere una valutazione ponderata e veritiera.
Sblocco organici?
Tanto rumore per nulla
Nessun passo avanti negli emendamenti al decreto semplificazio ni in tema di organici. Il commento di Rino Di Meglio
“Tanto rumore per nulla”.
Così il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, ha
commentato “l’apparente sblocco degli organici degli insegnanti nel decreto
semplificazioni” da parte della Commissione Bilancio della Camera.
“Ad invarianza di spesa e di tagli, già previsti dalla manovra Tremonti del 2008
- si chiede Di Meglio - dove verranno reperite le risorse necessarie per pagare gli eventuali nuovi insegnanti?”. Dura la posizione del sindacato che non
scorge “nessun passo avanti. A farsi strada, invece - si legge in una nota - è un
forte sentimento di delusione per il modo in cui nelle ultime ore è stato
affrontato un tema delicato come la stabilizzazione degli organici”.
“Altro che semplificazioni - conclude Di Meglio - Tra marce indietro e via libera delle Commissioni competenti, la discussione alla Camera cui abbiamo
assistito fino ad ora non è stato uno spettacolo piacevole. Vedere, infatti, che
gli interessi dell´istruzione pubblica vengono sballottati tra la tassa sugli alcolici e il gioco del lotto, è un fatto che rattrista enormemente”.
Roma, 7 marzo 2012
Ufficio stampa Gilda degli insegnanti
Pensioni, il ministro Fornero
non ha idea di come
funzioni la scuola
Il commento di Rino Di Meglio alle dichiarazioni rese dal titolare
del Welfare, nel corso del question time di oggi alla Camera
“Un ministro che non ritiene un’ingiustizia stoppare il mantenimento
delle vecchie regole del sistema pensionistico al 31 agosto per la
categoria degli insegnanti dimostra di non avere nessuna idea di
come funzioni il mondo della scuola».
Il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio,
commenta così le parole pronunciate dal titolare del Welfare, Elsa
Fornero, nel corso del question time di oggi alla Camera.
“Persino un semplice studente - rincara la dose il sindacalista - comprende bene che per chi lavora a scuola il termine per i requisiti di
pensione non cade il 31 dicembre e che, quindi, anche il computo dei
contributi viaggia al ritmo dell’anno scolastico”.
La Gilda non nasconde il suo disappunto e quello dell’intera categoria: “I docenti italiani - conclude Di Meglio - sono offesi dalla scarsa
attenzione con cui, ancora una volta, vengono affrontate questioni
cruciali come quelle che riguardano la vita e il lavoro di chi insegna.”
Roma, 7 marzo 2012
Ufficio stampa Gilda degli insegnanti
GILDA
degli insegnanti
Invalsi: attività ordinaria
(e inquietante)
Le rilevazioni Invalsi diventano attività ordinaria (e la valutazione esterna rischia di non essere ausilio
per i docenti ma una punizione per le scuole).
di Renza Bertuzzi *
Il Decreto semplificazioni, appena approvato alla Camera con voto di fiducia, introduce, tra le altre, una novità riguardo alle prove Invalsi: Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176. (art. 51, comma 2).
Cosa significa questa “novità”? In prima battuta, possiamo dire che con questa norma, il Ministero ha voluto risolvere in maniera burocratica il contenzioso nelle diverse scuole riguardo ai carichi aggiuntivi per il personale scolastico durante le rilevazioni INVALSI. Nessun carico aggiuntivo, dunque, poiché la partecipazione alle prove è attività ordinaria e non straordinaria.
Resta da definire- e il testo della legge non dice nulla in merito- quali
obblighi spettino ai docenti in questo frangente.
Sono essi obbligati a tabulare le prove (ché non di correzione si tratterebbe, essendo la risposte già determinate dall’Ente valutatore)?
In attesa che il ministero emani una circolare esplicativa per le rilevazioni
che si terranno a maggio, proviamo a fare il punto della situazione.
Valutazione dei risultati
La Legge 15 Marzo 1997, n. 59, capo IV art.21, ha introdotto nelle istituzioni
Autonomia organizzativa e didattica, la quale impone forme
scolastiche l’A
di verifica e di valutazione dei risultati. Si può essere o meno d’accordo
con l’autonomia, ma non si può respingere lo strumento delle verifica,
attraverso il quale deve essere rilevato anche il rispetto di quelle condizioni ancora attribuite alla potestà legislativa dello Stato, dopo la Riforma del
Titolo V della Costituzione come la determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale; e le norme generali sull’istruzione;
(Costituzione italiana, Titolo V, art.117).
Quale tipo di valutazione?
L’autonomia prevede forme di valutazione sia interna che esterna. La
legge istitutiva dell’autonomia (capo IV art.21, comma 9) assegna alle
scuole la valutazione interna con “l’obbligo di adottare procedure e
strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del
raggiungimento degli obiettivi”; mentre il Decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, art. 10, comma 1, introduce le modalità della verifica esterna:
“Per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e
degli standard di qualità del servizio il Ministero della Pubblica Istruzione fissa metodi e scadenze per rilevazioni periodiche. Fino all’istituzione di un apposito organismo autonomo le verifiche sono effettuate dal Centro europeo dell’educazione, riformato a norma dell’articolo 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59.”
L’aapposito organismo autonomo è stato poi istituito con la Legge n.
258/1999 e dopo diversi ampliamenti è diventato l’INVALSI.
Le novità inquietanti
Il 26 ottobre 2011 il Governo italiano inviava all’Europa una lettera di inten ti come dimostrazione del proprio impegno ad emanare misure “serie” per
arginare la crisi di credibilità finanziaria del nostro Paese. Tra le decisioni
operative compariva questa:
a. Promozione e valorizzazione del capitale umano
L’accountability delle singole scuole verrà accresciuta (sulla base delle
prove INVALSI), definendo per l’anno scolastico 2012-13 un programma di
ristrutturazione per quelle con risultati insoddisfacenti; si valorizzerà il
ruolo dei docenti (elevandone, nell’arco d’un quinquennio, impegno
didattico e livello stipendiale relativo); si introdurrà un nuovo sistema di
selezione e reclutamento.
Ma, l’orientamento era già contenuto della lettera che la Banca Europea
(nelle persone di Trichet e Draghi) aveva inviato in agosto al Governo italiano.
Una svolta che lascia intravedere un orientamento che era stato da più
parti paventato: la valutazione esterna concepita non come ausilio per la
didattica dei docenti, ma come punizione per le scuole i cui studenti
abbiano ottenuto risultati non soddisfacenti e che il nuovo Ministro Profumo sta seguendo diligentemente.
Cosa spetta ai docenti?
Il rilevamento INVALSI oramai è obbligatorio per la scuola intesa
come istituzione e l’INVALSI ha competenza sulle “verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti” (art. 3
Dgls 286/04, lettera a). Ma l’attività INVALSI, cui la scuola è tenuta, è
attività distinta ed autonoma rispetto alla funzione docente. Il Collegio dei docenti non deve deliberare nulla a meno che non intenda uti lizzare questa rilevazione come sistema di verifica della propria valutazione interna.
Le scuole devono dunque solo “concorrere” alla realizzazione dell’iniziativa. E lo faranno durante l’orario di servizio dei docenti, sospendendo l’attività didattica e somministrando le prove, ma non correggendo gli elaborati, per lo stesso principio che il controllato non può
essere anche il controllore e quindi per il conflitto di competenza in
re ipsa. Tocca all’INVALSI correggere le sue prove, giusta l’autonomia
della valutazione INVALSI.
Tutto questo conferma la validità della posizione della Gilda, votata
dall’Assemblea nazionale il 27 marzo 2011. E che qui riportiamo:
Su questa base, l’Assemblea nazionale del 27 marzo 2011 ritiene che
occorra
• limitarsi alla somministrazione dei test nelle classi interessate;
• rifiutare il lavoro di valutazione e contabilizzazione dei test che
deve correttamente essere fatto da chi ha predisposto i test;
• consegnare i test somministrati al dirigente scolastico o alla segreteria delle
- scuole perché essi li trasmettano ad INVALSI per la valutazione
dei risultati;
- adempimento e contestuale impugnazione davanti al giudice
nei casi in cui i dirigenti provvedano con ordine di servizio ad
obblighi non previsti da alcuna norma contrattuale, fermo il
diritto alla retribuzione di fatto eventualmente determinabile
dal giudice, in mancanza di apposita clausola negoziale.
P er questo - fermo restando il principio che la valutazione esterna è
un obbligo legato all’autonomia delle scuole- e per il quale rimandiamo sostanzialmente a quanto già detto nell’articolo “Prove invalsi: un
pasticcio inquietante”, pubblicato nel sito del Centro studi nazionale
della Gilda (www.gildacentrostudi.it) - intendiamo sottolineare con
decisione come la valutazione per test stia assumendo una caratteristica di nocività, congegnata come è sostanzialmente su allenamenti
meccanici e non su esercitazioni riflessive e critiche.
*Ha collaborato Gina Spadaccino
aprile 2012
SVOLTA DEL GOVERNO
3
aprile 2012
4G I L D A
degli insegnanti
OGGI COME ALLORA LA NOSTRA INTERPRETAZIONE SI MOSTRA CORRETTA
Congedi parentali: primo mese al
100% anche fino all’ottavo anno
Il giudice del lavoro di Sassari e la Cassazione confermano le tesi dalla Gilda sempre sostenute: nel
rapporto di lavoro prevale il CCNL.
di Gina Spadaccino
Questione discussa è se il diritto a fruire del primo mese al 100% spetti ai genitori solo qualora il congedo venga richiesto entro i primi tre anni di vita del figlio, oppure anche entro l’ottavo anno qualora tale
congedo non sia stato parzialmente o totalmente sfruttato.
La Gilda degli insegnanti ha sempre sostenuto che la risposta sia rinvenibile nell’art. 12,
comma 4 del CCNL sottoscritto il 29 novembre 2007, il quale, fonte primaria del nostro
rapporto di lavoro, dispone che “nell’ambito del periodo di astensione dal lavoro previsto dall’aart. 32, comma 1, lettera a) del D.Lgs 151/2001 (per ogni bambino nato, nei primi suoi otto anni di vita, ndr) per le lavoratrici madri o in alternativa per i lavoratori
padri, i prima trenta giorni, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche in modo frazionato, non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell’anzianità
di servizio e sono retribuiti per intero, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute”.
In altri termini il CCNL/2007 stabilisce per il personale scolastico un trattamento più
favorevole rispetto alla norma generale del D.L.vo 151/2001 e successive modifiche. Nel
caso in cui il contratto di comparto dispone
di un trattamento più favorevole va applicata detta norma anziché quella generale. I
docenti che fruiscano del congedo parentale previsto nei primi 8 anni del bambino
hanno pertanto diritto alla retribuzione
intera per i primi 30 giorni, indipendentemente dal fatto che il congedo sia richiesto
nei primi tre anni o nei successivi cinque
anni di età del figlio. La nostra tesi è stata di
recente confermata dal Giudice del lavoro
di Sassari con sentenza depositata in data 3
gennaio 2012 (n. 1424/11).
La fattispecie riguardava una docente a
tempo indeterminato, madre di un bambino
di 4 anni di età, che avendo usufruito dalla
nascita del figlio di soli due giorni di congedo facoltativo, chiedeva al dirigente scolastico di fruire del restante periodo. La scuola accoglieva la domanda e collocava la
docente in congedo parentale, ma con
esclusione della retribuzione ed ogni altro
emolumento per i 28 giorni di congedo
parentale fruiti.
Lamentando l’ingiustizia del provvedimento
del dirigente scolastico la docente proponeva ricorso dinanzi al giudice del lavoro.
Costituitisi in giudizio, il Ministero, l’USR ed
il dirigente scolastico sostenevano che l’art.
12 del CCNL doveva intendersi riferito
all’ambito di applicazione dell’art. 34 del
Dlgs 151/2001 - e cioè al trattamento economico del congedo parentale nei soli casi
di congedo fruito da genitore di prole di età
inferiore ai tre anni - e non a tutte le ipotesi di congedo parentale, non essendo consentita una lettura dell’art. 32 sganciata dal
correlativo art. 34 del decreto legislativo citato.
Il giudice ha tuttavia ritenuto che nel caso in esame l’art. 12 del CCNL comparto scuola, nel regolare in modo speciale la materia, è chiarissimo e di univoca interpretazione.
Esso fa esclusivo ed esplicito riferimento alle ipotesi di cui all’art. 32, comma 1 lettera
a), vale a dire in tutte le ipotesi di congedo parentale fino agli otto anni di vita del bambino, dettando differenti modalità di retribuzione dei congedi rispetto alla normativa
generale.
A conferma dell’assunto il giudice osserva inoltre che la circostanza che lo stesso art.
12, comma 5, del CCNL, regolando il trattamento economico dei permessi parentali in
ragione della malattia del bambino, operi una distinzione tra prole di età inferiore ai 3
anni e prole di età compresa tra i tre e gli otto anni, lungi dal condurre all’interpretazione sostenuta dai resistenti, convince del fatto che, nelle ipotesi in cui le parti sociali
hanno voluto esplicitare una simile distinzione, l’hanno prevista nel dettato normativo,
cosa che non è accaduta con riferimento al primo mese di congedo parentale oggetto
della causa.
Il giudice de quo ha pertanto deciso che “il CCNL comparto scuola, nel dettare una disciplina di miglior favore in relazione al trattamento economico dei congedi parentali in tutte le ipotesi in cui si configuri il relativo diritto ... prevede che i primi trenta giorni di astensione dal lavoro siano retribuiti per intero nei primi otto anni di vita del bambino”...
A mettere un punto fermo sulla questione è intervenuta di recente la stessa Corte di
cassazione che, con sentenza n. 3606 del 7 marzo 2012, ha accolto il ricorso di una lavoratrice del comparto ministeri contro la sentenza della Corte di appello di Palermo che
le respingeva la domanda per ottenere l’intera retribuzione dei primi trenta giorni di
congedo parentale per il figlio che aveva
un’età compresa tra i tre e gli otto anni.
La Corte ha invece riconosciuto il diritto al
trattamento “privilegiato” disposto dal
CCNL del comparto ministeri rispetto a
quanto previsto dal Dlgs 151 del 2001. Il detto decreto, rileva la Corte, da un lato (con
gli articoli 32 e 34) fissa le regole generali
per il riconoscimento del diritto al congedo
parentale di sei mesi alla madre, nei primi
otto anni di vita del bambino. Dall’altro, con
l’articolo 1, fa espressamente salvo il trattamento più favorevole fissato dal contratto
del comparto ministeri. Orbene l’articolo 10
del contratto collettivo nazionale del comparto ministeri (ndr, corrispondente all’art.
12 del nostro CCNL) riconosce al lavoratore,
madre o padre, il diritto di mantenere intatta la retribuzione per i primi trenta giorni di
assenza e lo ricollega al periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all’art. 7
della legge 1201/71 (ora art. 32 del Dlgs
151/01) il quale lo prevede nei primi otto
anni di vita del bambino. Né tale interpretazione viene smentita dalle altre disposizioni
del medesimo art. 10 che prevedono l’assenza retribuita fino ai tre anni del bambino,
ma si riferisce alla diversa fattispecie della
malattia del bambino, in cui si concedono
trenta giorni di assenza retribuita per ciascuno degli anni fino al terzo.
Insomma: non solo il giudice di merito, ma la
stessa Corte, se pure quest’ultima con riferimento a diverso comparto, confermano in
pieno la tesi da noi sostenuta. Cassata invece
l’interpretazione dello stesso ministero che
con la nota prot. n. 24109, emanata in data 20
dicembre 2007 su parere del MEF, intervenuto in seguito a rilievi mossi alle istituzioni scolastiche da alcune ragionerie provinciali, avrebbe, a suo dire, chiarito che la retribuzione
intera spetterebbe solo se il primo mese di congedo parentale venga fruito entro il terzo anno di età del bambino.
Di tale atto ministeriale, unilaterale e limitativo rispetto ad un dato contrattuale, illegittimo in quanto mette in discussione l’autonomia contrattuale e negoziale delle parti in
tema di rapporto di lavoro, la Gilda degli insegnanti ha a suo tempo immediatamente
chiesto la revoca senza che il Ministero riconoscesse alla nostra istanza il giusto valore
che questa ultima sentenza ha confermato.
Oggi come allora, dunque, la nostra interpretazione si mostra corretta e rappresenta
un supporto inequivocabile e certo nelle eventuali situazioni conflittuali che dovessero presentarsi.
Già nel Febbraio 2008, un articolo di
Gina Spadaccino su questo giornale
Congedi parentali: 1°mese al 100%
solo entro il 3°. Interpretazione unilaterale del MPI sui congedi parentali, in
contrasto con le norme Contrattuali,
aveva sostenuto la tesi poi avallata
dal Giudice del Lavoro di Sassari di
anche dalla Cassazione. La Gilda aveva chiesto formalmente il ritiro della
Nota del ministero che disconosceva
questa lettura senza che il Ministero
riconoscesse alla nostra istanza il
giusto valore che queste ultime sentenze hanno confermato.
Oggi come allora, dunque, la nostra
interpretazione si mostra corretta e
rappresenta un supporto inequivocabile e certo nelle eventuali situazioni
conflittuali che dovessero presentarsi.
GILDA
degli insegnanti
La scuola trattata come comparto finanziabile con escamotage o, ancora peggio, con quote su giochi, alcolici ed altro. Non è una cosa seria.
di Fabrizio Reberschegg
Sembrano in partenza i famosi TFA transitori, quelli cioè a numero programmato per chi
è in possesso di un titolo idoneo per accedere all’abilitazione all’insegnamento. Per il
momento partiranno solo i TFA per la secondaria di primo e secondo grado. Tutto bene?
Nemmeno per idea! Si continua con la solita approssimazione e superficialità cercando
di far apparire come risultati positivi provvedimenti poco chiari. Vediamo perché.
Le quote di TFA sono definite dal MIUR di concerto con le Università interessate le
quali si obbligano a tenere entro il 15 giugno le famose prove di accesso (un test, una
prova scritta e una prova orale). I numeri comunicati dal MIUR non ci consentono per
il momento di capire l’organizzazione dei TFA per classi di concorso distinte per livello
territoriale. Ancora una volta assistiamo al fenomeno misterioso per il quale nelle
regioni dove maggiore dovrebbe essere il numero potenziale di posti disponibile per
l’insegnamento ci sono stati tagli rispetto alle richieste; mentre in altre, dove vi è un’oggettiva mancanza di posti disponibili, sono stati garantiti numeri molto elevati. In concreto pare evidente che in alcune zone hanno prevalso le logiche legate ai micropoteri universitari e alle esigenze politiche specifiche locali. Dunque, si attueranno TFA abilitanti in alcune regioni d’Italia anche in mancanza di cattedre da coprire; anzi, in quelle regioni siamo di fronte a situazioni di saturazione o soprannumerarietà che obbligano tanti precari a trasferirsi altrove. Si tratta, a nostro avviso, della solita vendita della
speranza che avrà come risultato solo quello di rinfocolare le aspettative dei precari
troppo spesso frustrate. Pare inoltre certo che in alcune regioni non saranno attivati
TFA per molte classi di concorso con il risultati incredibili: si pensi ad un laureato sardo costretto a trasferirsi a Roma per frequentare i TFA. Si tratta di una inaccettabile
lesione del principio di pari opportunità e di eguaglianza.
Ma c’è un paradosso che la classe politica e i media non hanno capito oppure fingono di non capire: la massa di soggetti interessati a partecipare ai TFA non è composta
da giovani neolaureati, come ingenuamente credono la Gelmini e altri esponenti politici. E’ composta da tutti coloro che hanno un titolo idoneo all’insegnamento che
spesso stanno già insegnando, oppure che intendono conseguire un’altra abilitazione
nella prospettiva di una contrazione della classe di concorso in cui stano lavorando.
Molti sono gli ex giovani laureati che di fronte alla crisi economica cercano un’altra
occasione di lavoro.
Per questo ribadiamo che tutta la questione dei TFA transitori è nata male ed è sta ta gestita peggio. Meglio sarebbe stato organizzare un concorso abilitante nazionale
per tutte le classi di concorso con una quota di riserva per i docenti non abilitati che
da anni stanno già lavorando nella scuola statale, distinguendo
tra abilitazione e reclutamento vero e proprio che deve essere
attivato solo per le classi di concorso e i posti effettivamente
disponibili.
Ancora buio profondo per i percorsi di formazione transitori inerenti la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e il sostegno. Il MIUR deve ancora definire se i vecchi titoli abilitanti per l’infanzia e la primaria sono ancora validi. Il sostegno dovrebbe essere affidato ad ANSAS (ex INDIRE ora Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica) ?!, ma non si conoscono ancora i numeri dei posti disponibili perché si sta pensando, in maniera sciagurata, di trasformare gli insegnanti tecnico-pratici in esubero in insegnanti di sostegno con una operazione di semplice contenimento della spesa a tutto
discapito della qualità e serietà dell’offerta formativa dedicata ad allievi che hanno
diritto ad una formazione specifica e competente.
In questo contesto appare una ulteriore presa in giro per i precari della scuola lo stop
al tentativo da parte di alcune forze politiche in Parlamento di incrementare di 10.000
posti le immissioni in ruolo mediante l’aumento delle accise su birra, alcolici e giochi.
Si è andati al solito compromesso che nulla risolve: a decorrere dal 2013 “le eventuali
maggiori entrate derivanti dall’applicazione” delle disposizioni “accertate annualmente
con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze sono riassegnate allo Stato per
essere destinate” al comparto scuola. Nel nuovo testo non si fanno cifre ma si stabilisce che “con decreto del ministero dell’Istruzione, di concerto con il ministero dell’economia, con cadenza triennale, a decorrere dall’anno scolastico immediatamente successivo all’emanazione” della legge sulle semplificazioni “è definita la consistenza
numerica massima degli organici dell’autonomia e di rete, sulla base delle previsioni
dell’andamento demografico della popolazione in età scolare”. Come di prassi si rimanda qualsiasi decisione ad un futuro incerto e all’avverarsi di condizioni improbabili.
Ancora più misterioso è il rimando al possibile utilizzo del mitico Fondo del MIUR per
il “merito e la qualità” di ben 900 milioni per coprire gli sforamenti di organico rispetto
ai numeri attuali. Ricordiamo però che il governo si era impegnato ad utilizzare il Fondo del MIUR prioritariamente per pagare gli scatti di anzianità bloccati che stiamo
ancora aspettando. E’ un fondo senza fine??
Resta l’amarezza di vedere ancora la scuola trattata come comparto finanziabile
con escamotage o, ancora peggio, con quote su giochi, alcolici ed altro. Non è una
cosa seria.
FFRRAAMMMMEENNTTII
Class action, o lotta di classe?
Ma quale class action! Meglio un’azione di massa per l’acquisto di gratta e vinci…
di Stefano Borgarelli
Le commissioni Affari costituzionali e Attività produttive della Camera hanno
cancellato da un emendamento, ai primi di marzo, una tassa speciale su birra,
limoncelli e alcol etilico. Era prevista nel dl semplificazioni sugli organici della
scuola, serviva a coprire l’assunzione di nuovo personale. Peccato. I 10.000 precari non assunti (più tutti gli altri), avrebbero potuto dare un notevole impulso
al consumo di alcolici. I colleghi nei ranghi a tempo indeterminato avrebbero
certamente solidarizzato. Senza sforzo alcuno i più prossimi alle diverse forme
di burn-out, ma anche i meno inclini alla smodatezza, avrebbero alzato volentieri il gomito almeno una volta. La copertura finanziaria per le assunzioni
sarebbe stata una certezza. Invece è un’occasione perduta. In compenso, possiamo sperare nel gratta e vinci. L’Amministrazione autonoma dei monopoli di
Stato verificherà la possibilità di rinegoziare le convezioni in materia di giochi
pubblici. Dal 2013, le eventuali maggiori entrate derivanti dall’applicazione del-
le disposizioni, “accertate annualmente con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze”, saranno riassegnate allo Stato per essere destinate al comparto scuola. Qui si apre un campo di manovra tutto politico. Poiché le entrate dovranno diventare, da eventuali, assolutamente certe, la Gilda degli Insegnanti dovrà abbandonare il terreno - un tantino fichetto, diciamolo - delle
class action (si veda il recente ricorso alla Corte europea di Strasburgo, contro
la reiterazione dei contratti a tempo determinato per i docenti che lavorano più
di 36 mesi senza essere assunti stabilmente). Il sindacato dovrà invece mobilitare un’azione di massa vincente per l’acquisto di gratta e vinci. Reinvestire strategicamente le vincite sul mercato del lotto e del superenalotto. Sullo sfondo,
tra l’altro, c’è una battaglia di laicità. Per lo Stato, contro quel clero (premoderno) che stigmatizza la reclamizzazione (tecnica, ovviamente) del gioco d’azzardo. Altro che class action: questa sarebbe lotta di classe!
aprile 2012
Partono i TFA. La birra non salva i precari della
scuola. Ancora notte fonda sul reclutamento
5
aprile 2012
6G I L D A
degli insegnanti
A che serve
Modesta proposta per un sistema
di valutazione “teacher-friendly”
Sistemi di valutazione concepiti con intenti puramente “premiali” non servono a migliorare la qualità dell’insegnamento e possono anzi rivelarsi dannosi.
di Francesco Lovascio
In un nostro recente articolo (“A che serve?”), pubblicato sul numero di Febbraio, abbiamo discusso l’(in)utilità del sistema di valutazione degli insegnanti sperimentato con il
progetto “Valorizza”, che sembra esser stato accantonato, almeno temporaneamente,
dal Ministero. In quell’articolo sostenevamo che la valutazione, per essere utile alla
scuola, dovrebbe essere finalizzata a produrre il maggior numero possibile di insegnanti eccellenti; e che sistemi di valutazione concepiti con intenti puramente “premiali”
non servono a migliorare la qualità dell’insegnamento e possono anzi rivelarsi dannosi.
Riprendiamo ora il discorso, avanzando l’ipotesi di una soluzione alternativa a quella,
assai discutibile, proposta da “Valorizza”. Ad anticipare almeno una delle possibili obiezioni, precisiamo subito che le condizioni di fattibilità di un sistema come quello di
seguito ipotizzato nel breve non ci sono. La sua realizzazione richiederebbe una pianificazione organizzativa e finanziaria di medio - lungo periodo.
Innanzitutto, una valutazione davvero utile alla scuola dovrebbe avere scopo formativo: mirare al miglioramento della qualità dell’insegnamento attraverso la crescita professionale continua del personale. Dovrebbe essere concepita per aiutare gli insegnanti a lavorare meglio, non per premiarli
(o punirli) o per condizionarne in modo più
o meno palese i comportamenti (ad esempio, agendo sulla leva salariale). Dovrebbe
essere condivisa, attendibile, chiara e professionalmente vantaggiosa per il valutato.
Essere, insomma, una valutazione a misura
di insegnante: teacher-friendly, amichevole.
Riflettiamo ora sulle possibili modalità di
realizzazione di una valutazione siffatta.
Innanzitutto, esse dovrebbero essere coerenti con lo scopo perseguito. Quindi, la
domanda che a questo punto dobbiamo porci è: in che modo la valutazione potrebbe
contribuire a migliorare la qualità dell’insegnamento? La domanda a sua volta è collegata a due questioni fondamentali: da cosa dipende la qualità dell’insegnamento? E
come si può valutarla in modo attendibile?
Per quanto attiene alla prima questione, riteniamo che la qualità dell’insegnamento sia
direttamente collegata innanzitutto alla qualità della selezione e della formazione, iniziale e continua, dei docenti; in secondo luogo, alla qualità della loro motivazione; in
terzo luogo, alla qualità dell’ambiente di lavoro e del supporto fornito dall’Amministrazione.
Relativamente alla seconda questione, siamo convinti che il modo più attendibile di
valutare la qualità dell’insegnamento sia fare osservare l’insegnante, nei vari momenti
del suo lavoro, da un piccolo team di valutatori esterni qualificati e addestrati (indicativamente in numero di tre). Una valutazione così condotta, infatti, poggia su dati non
mediati, ma tratti direttamente dall’agire professionale del docente.
I valutatori dovrebbero essere esterni all’ambiente del soggetto da valutare, per minimizzare possibili interferenze; essere più di uno, per minimizzare il rischio dell’errore
individuale grazie alla “triangolazione” di differenti punti di vista; essere qualificati e
addestrati, sottoposti a un training specifico per valutare analiticamente e formare i
docenti. Infatti la valutazione, per migliorare la qualità dell’insegnamento, dovrebbe
essere analitica e formativa: individuare cioè i punti di forza e i punti di debolezza dell’insegnante e aiutarlo a progettare e realizzare la sua crescita professionale. Una valutazione non inquisitoria, non penalizzante, non gerarchica, non burocratica, professionalizzante: teacher-friendly, insomma. In tale prospettiva, la soluzione migliore sarebbe
quella della valutazione tra pari.
Docenti di grande esperienza, sensibilità e professionalità, adeguatamente formati,
sarebbero in grado di stimare meglio di chiunque altro la qualità del lavoro di un collega anche semplicemente colloquiando con lui, discutendo assieme a lui il suo lavoro
e osservando attentamente il modo in cui gestisce una giornata di lezione. Le loro
osservazioni potrebbero essere integrate e corroborate dall’opinione degli altri soggetti che lavorano a contatto diretto con il docente da valutare (dirigente, colleghi, alunni, famiglie).
Dopo aver discusso brevemente dei fattori della qualità dell’insegnamento e delle possibilità di una sua valutazione attendibile, possiamo provare a rispondere alla domanda
che ci siamo posti inizialmente: in che modo la valutazione potrebbe elevare la qualità
dell’insegnamento?
Una valutazione “teacher-friendly” potrebbe incidere positivamente su alcuni dei fattori fondamentali di qualità dell’insegnamento a cui si è accennato sopra: la selezione e
la formazione, iniziale e in servizio, dei docenti; la loro motivazione; il supporto fornito
dall’amministrazione.
Innanzitutto, una buona valutazione è di cruciale importanza nella fase iniziale della
carriera di un docente, per far sì che vengano selezionate per diventare insegnanti le
persone giuste. Una valutazione condotta da parte di osservatori esterni per un periodo di tempo adeguato potrebbe trasformare l’ormai rituale anno di prova in un reale
banco di prova dell’attitudine e dell’abilità di un neo-insegnante. Le restituzione e discussione dei risultati della valutazione e la conseguente progettazione concordata di
piani di sviluppo professionale personalizzati costituirebbero una modalità di formazione iniziale certamente più efficace dell’attuale.
Analogamente, una simile modalità di valutazione potrebbe essere utilizzata per la formazione permanente dei docenti già confermati in ruolo, all’interno di un piano globale di investimenti sullo sviluppo professionale degli insegnanti, che preveda percorsi di aggiornamento in servizio qualificati e “su misura”: periodici rientri in università,
stages in altre istituzioni scolastiche italiane
o estere, anni sabbatici, agevolazioni e
incentivi per l’acquisizione di titoli e qualifiche professionali aggiuntivi…
Una valutazione come strumento di formazione, con valutatori in funzione di mentori
e coach dei colleghi, avrebbe, a parere di chi scrive, un effetto motivante sugli insegnanti. Essi avvertirebbero che l’amministrazione ci tiene al loro sviluppo professionale, che
si prende cura di loro, fornendo l’aiuto e il consiglio necessari a perseguire e , possibilmente, raggiungere l’eccellenza nel loro lavoro. Così i docenti non si sentirebbero più
abbandonati a se stessi di fronte a difficoltà sempre nuove e sempre più grandi: un senso di abbandono che, forse, è causa della demotivazione di tanti colleghi assai più che
il cattivo trattamento stipendiale.
Così la valutazione sarebbe posta al servizio dei docenti e della scuola e contribuirebbe a costruire e diffondere l’eccellenza nell’insegnamento. Oltre a ciò, essa potrebbe
svolgere altre funzioni collaterali.
Innanzitutto, potrebbe servire ad individuare e formare gli insegnanti con le caratteristiche adatte a svolgere compiti di supporto all’insegnamento frontale: di valutatore,
mentore e coach dei colleghi; di esperto di valutazione delle scuole; di coordinatore di
gruppi di progetto o dipartimenti disciplinari… In tal modo, la valutazione potrebbe
anche divenire la base per una possibile articolazione non gerarchica della professione
docente, finalizzata non solo a darle un “respiro”più ampio, ma anche a favorire la crescita di una leadership diffusa, basata sulle competenze professionali e non sui ruoli
gerarchici, presupposto di una gestione delle scuole più collegiale, più armoniosa e più
efficace.
Infine, una valutazione “teacher-friendly” potrebbe aiutare eventuali docenti “non performanti” a superare le loro difficoltà e a produrre prestazioni professionali di livello
accettabile; oppure, ove ciò risultasse impossibile, suggerire una diversa mansione in cui
le loro capacità possano essere utilizzate al meglio.
A questo proposito, un’ultima considerazione, non secondaria. Crediamo che una valutazione pluriennale del proprio insegnamento a livelli di eccellenza dovrebbe essere
requisito minimo obbligatorio per tutti coloro che intendano concorrere al ruolo dirigenziale. In tal modo si eliminerebbe il fenomeno, assai distruttivo e purtroppo frequente, degli asini cocchieri: mediocri o pessimi docenti assurti, grazie alla scandalosa
inefficienza dell’attuale sistema di reclutamento, al ruolo di dirigenti; nel quale sono poi
rimasti, in virtù della sostanziale assenza di controlli sul loro operato, procurando danni molto gravi alle nostre scuole.
Queste considerazioni finali ci rimanderebbero alla questione, apertissima e scottante,
della valutazione della professionalità dei dirigenti scolastici. Ma di tale problema, che
a nostro parere costituisce un’autentica emergenza per la scuola italiana,, dovremo
occuparci in altra occasione.
Una valutazione davvero utile alla scuola
dovrebbe avere scopo formativo: mirare al
miglioramento della qualità dell’insegnamento attraverso la crescita professionale
continua del personale. Dovrebbe essere
concepita per aiutare gli insegnanti a lavorare meglio, non per premiarli (o punirli).
GILDA
degli insegnanti
Bocciare fa male
(ai bilanci dello Stato...)
La bocciatura a scuola, dice l’OCSE, è un costo per lo Stato.
di Gianluigi Dotti
L’OCSE-OECD pubblica online mensilmente, in lingua inglese, degli opuscoli di gerimento che in questo modo gli stati potrebbero risparmiare sulle spese per
approfondimento dei dati raccolti con le indagini internazionali per l’orienta- l’istruzione, infatti, si presume che gli “incentivi” per gli insegnanti siano necesmento delle politiche educative. Il loro obiettivo è quello di descrivere un argo- sariamente inferiori ai risparmi effettuati con l’abolizione delle bocciature.
mento relativo a PISA in modo sintetico e comprensibile.
In Italia, il ministro Padoa Schioppa aveva proposto, nella legge Finanziaria del
Il 6 luglio 2011 è stato pubblicato l’opuscolo “PISA in Focus” dal titolo: “When- 2007, la riduzione obbligatoria del 10% delle ripetenze nel primo biennio supestudentsrepeatgrades or are transferred out of school: Whatdoesitmean for riore: avrebbe così ottenuto la riduzione degli studenti frequentanti, delle claseducationsystems?”1, che, utilizzando i dati PISA 2009, analizza l’argomento del- si e degli insegnanti, con un risparmio di circa 56 milioni di euro all’anno. In sede
le bocciature e dei passaggi degli studenti tra scuole.
di votazione della legge, l’ipotesi venne abbandonata per le forti critiche che
La pubblicazione ha immediatamente acceso, o meglio riacceso, il dibattito sui aveva sollevato.
mezzi di informazione relativamente alla questione dell’utilità, o inutilità, della Tuttoscuola di febbraio 2011 ha provato a fare qualche conto sulla situazione
ripetenza. Come spesso accade, purtroppo,nel nostro paese i commentatori si attuale, nel caso si abolissero le ripetenze solo per il primo biennio delle supesono divisi in due eserciti schierati ideologicamente: pro (successo formativo a riori avremmo 180 mila studenti “promossi anziché bocciati, e considerato che
tutti i costi, bocciare è comunque negativo, la scuola dovrebbe abolire per leg- il rapporto alunni/classe è oggi pari a 23 studenti per classe, si dovrebbero sopge le bocciature) e contro (la scuola seria è quella che boccia, non si può fare a primere nel solo biennio iniziale delle superiori circa 7.800 classi, non più
meno del deterrente della ripetenza), lasciando sullo sfondo i contenuti dell’ap- necessarie per contenere, come è sempre avvenuto, anche gli alunni ripetenti.
profondimento PISA.
In poche parole le bocciature costano
Un’attenta lettura del breve rapporto
all’erario 7.800 classi in più. Per il solo
chiarisce che l’OCSE-OECD non si rivolbiennio iniziale delle superiori.” Il tutto
Bocciare è antieconomico, quindi la
ge ai docenti, ma ai governi, ai ministri,
comporterebbe la riduzione di circa
17.500 posti di insegnante.
ai politici emette in evidenza l’aspetto
scuola che funziona non deve bocciare.
economico che poco è stato trattato
Stupisce che in questo approfondimenE per funzionare non si intende insenella discussione in corso in Italia,
to prevalga una visione di tipo economimonopolizzata dai buro-pedagogisti e
cista dell’istruzione, solo chi non sa che
gnare bene ma far quadrare i conti.
dai giornalisti generalisti, centrata sulle
l’OCSE-OECD “è un’organizzazione
(G. Perboni, Perle ai porci).
tematiche psicologiche e sociali.
internazionale di studi economici per i
I dati PISA 2009 riferiscono che una
paesi sviluppati aventi un sistema di
media di circa il 13% degli studenti quingoverno di tipo democratico ed un’ecodicenni dei paesi OCSE-OECD ha ripetuto almeno una volta. Come sempre le nomia di mercato”, che quando studia le problematiche scolastiche lo fa avenstatistiche contengono dati anche molto differenti tra loro, infatti, mentre il do come riferimento i bilanci degli stati.
97% degli studenti in Finlandia, Islanda, Slovenia, Regno Unito, paesi partner Deve stupire, e indignare, invece che molti governi e i ministri, non solo europei,
Azerbaijan, Croazia, Kazakhstan, Montenegro, Serbia, Taipei hanno riferito di non si facciano dettare dall’OCSE-OECD le politiche dell’istruzione sulla base di dati
aver mai ripetuto, e la ripetizione è inesistente in Giappone, Corea e Norvegia, “scientifici e neutrali” e che non analizzino a fondo i dati PISA per impostare
oltre il 25% degli studenti in Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogal- politiche dell’istruzione che abbiano di mira l’investimento in questo settore3.
lo, Spagna, Argentina, Brasile, Colombia, Panama, Perù, Trinidad e Tobago, Tuni- Sulla questione delle bocciature, poi, viste dalla parte di un docente segnalo un
sia, Uruguay, Macao-Cina ripete una classe2.
breve passo dello scrittore Gianmarco Perboni, tratto da “Perle ai porci”: “Chi
Se questi sono i dati sulle ripetenze, il rapporto, però, fin dalla prima riga non si voglia praticare un’arte sempre più in disuso, e cioè la bocciatura, deve anch’eoccupa di problematiche pedagogiche, ma pone l’accento sulla questione eco- gli munirsi di un grande coraggio. Bocciare è antieconomico, quindi la scuola
nomica affermando che alti tassi di ripetenza possono incidere sui bilanci del- che funziona non deve bocciare. E per funzionare non si intende insegnare bene
l’istruzione dei paesi (“ High rates of grade repetition can be costly for coun- ma far quadrare i conti. … L’insegnante che ingenuamente attua il sillogismo
tries”).
«Questo studente non ha fatto un cazzo tutto l’anno, quindi va bocciato», si
I dati raccolti dai ricercatori indicano che un anno aggiuntivo di istruzione per scontra subito con il preside («non ha fatto niente perché non è stato adeguauno studente incrementa la spesa dello statodi una misura variabile, dai 500 tamente motivato»), con i colleghi pietisti («poverino, ha una situazione familiaUSD di Islanda e Slovenia (rappresenta lo 0,5% della spesa per l’istruzione) agli re terribile»), con i genitori, che già hanno minacciato ricorso se il caro figlioletoltre 12000 USD di Belgio, Spagna e Olanda (circa il 10% della spesa totale); la to verrà bocciato, poiché era in difficoltà ma la scuola non ha attivato i corsi di
cifra calcolata per l’Italia è di poco inferiore agli 8000 USD. Un ulteriore costo recupero. Dal che si evince che la colpa del fancazzismo dello studente è nelper la società è costituito dal ritardato ingresso,almeno un anno, dello studen- l’ordine: del professore, della famiglia, della scuola. L’idea che possa trattarsi
te ripetente nel mondo del lavoro.
semplicemente di buona, sana, vecchia mancanza di voglia di studiare -che per
A corollario dei dati economici, a detta degli estensori del rapporto, i dati PISA generazioni è stata efficacemente curata con una buona, sana, vecchia boccia2009 mostrano che i paesi con alti tassi di ripetizione sono anche quelli che tura- non sfiora nessuno. Salvo l’ingenuo professore, che viene sistematicamenpresentano le prestazioni peggiori degli studenti. I sistemi scolastici nei quali vi te messo in minoranza e ammonito di adeguarsi ai tempi che corrono”4.
è un alto tasso di ripetenza non hanno buone performance complessive e, in
1 OECD, When students repeat grades or are transferred out of school: What does it mean for education systems?,
alcuni casi, contribuiscono a rafforzare le disuguaglianze socio-economiche
luglio2011 (Le ripetenzedeglistudenti o ilcambio di scuola: Cosasignificano per isistemi di istruzione?). Si veda inoldegli studenti.
tre: Eurydice, La ripetenza nell’istruzione obbligatoria in Europa: normativa e dati statistici, gennaio 2011.
I ricercatori, a conclusione dell’approfondimento, suggeriscono ai decisori poli- 2 Per la scuola italiana si vedano i dati raccolti dal MIUR nella pubblicazione La scuola in cifre 2009-2010.
3 Si veda anche sulla questione delle politiche scolastiche in rapporto ai dati forniti dagli organismi di ricerca due
tici di creare “incentivi” adeguati per gli insegnanti i quali dovrebbero evitare che
articoli di Norberto Bottani: Le prove Invalsi non possono sostituire le scelte della politica, maggio 2011 eI dati
alcuni studenti siano “scartati” dal sistema (bocciati o spostati in scuole a bassa Ocse? un mondo “ideale” che non fa i conti con la realtà, settembre 2011.
4 Gianmarco Perboni, Perle ai porci, Rizzoli 2009, pagg. 60-61, citato in Vincenzo Pascuzzi, Ocse-Pisa, Gelmini e le
performance).
Questo dice il rapporto, e i governi, i ministri, i politici ricavano da questo sug- bocciature. Bidelli e carabinieri ..., agosto 2011.
aprile 2012
UN OPUSCOLO DELL’OCSE AFFRONTA IL TEMA DELLA BOCCIATURA A SCUOLA DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO
7
aprile 2012
8G I L D A
degli insegnanti
UN CONVEGNO A MODENA
Libertà di insegnamento:
sempre più vigilata?
In questo sfondo nasce la necessità, ribadita dal Coordinatore nazionale, che sia istituito al più presto un organismo collegiale di autogoverno della categoria, un Consiglio Superiore della Docenza, sul
modello di quanto avviene per altre categorie professionali.
di Roberto Gallingani
Il recente convegno “Libertà d’insegnamento, valutazione del merito e nuovi
poteri dei dirigenti. Esiste ancora la libertà d’insegnamento?”, svoltosi a Modena il 2 marzo a cura della Gilda dell’Emilia Romagna e del Centro Studi nazionale ha avuto come oggetto il delicato tema della libertà di insegnamento, da
sempre caro alla nostra Associazione professionale, soprattutto in questo
momento in cui i cambiamenti ordinamentali, intervenuti nel mondo della scuola italiana da dieci anni a questa parte, sembrano talora minare questo importante pilastro del nostro sistema scolastico.
L’intervento introduttivo al convegno, svolto dal Coordinatore nazionale Rino
Di Meglio, intervenuto per l’occasione, ha dato la misura della portata delle problematiche connesse all’intera questione. Molto opportunamente, infatti, il
prof. Di Meglio si è soffermato, anche con esempi concreti tratti dalla sua esperienza alla Direzione Nazionale, sui pericoli che oggi incombono sulla libertà di
insegnamento dei docenti, soprattutto alla luce della riforma delle norme inerenti il procedimento disciplinare, varata con il D. Lgs. 150/2009 (decreto Brunetta), che hanno visto accrescere il potere sanzionatorio dei dirigenti scolastici, senza che vi sia, da parte del docente, un corrispettivo potere di appello ad
organi collegiali di vigilanza e garanzia, come invece avveniva in precedenza
(quando, di fronte all’irrogazione di un provvedimento disciplinare, era possibile
ricorrere alle sezioni disciplinari dei vecchi consigli scolastici provinciali e del
La libertà di insegnamento dei docenti rimane sempre un baluardo, non a caso costituzionalmente
tutelato, perché si possa realizzare a pieno quello
che la legge stessa, come ha ricordato il prof. Di
Meglio nel corso del suo intervento, demanda agli
insegnanti quale loro compito esclusivo: “La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale
dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità”.
Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, le cui competenze in materia
sono state appunto abrogate dal decreto Brunetta). Nonostante le stesse norme in materia si preoccupino di salvaguardare la libertà didattica degli insegnanti1, è esperienza comune rilevare come in questi ultimi due anni i procedimenti
disciplinari a carico dei docenti siano molto aumentati, con veri e propri casi di
abuso della potestà disciplinare da parte di alcuni dirigenti scolastici, che spesso, di fatto, nell’esercizio del loro legittimo potere sanzionatorio, invadono l’autonomia didattica dei docenti. Emblematica, in tal senso, l’intervista realizzata,
in coda alla mattinata, da Renza Bertuzzi, moderatrice del convegno, alla professoressa Mara Paltrinieri, che ha esposto le ragioni che l’hanno spinta a dare le
dimissioni dalla scuola statale, per poter fare la “libera docente”, come lei stessa ama definirsi ora: una scelta sofferta, coraggiosa da un lato, controversa dall’altro, un caso limite se vogliamo, che tuttavia non può non indurre ad una
riflessione sulle condizioni in cui oggi svolgiamo la nostra professione.
Nel contesto appena delineato non sarà retorico affermare che in certi casi si
ha l’impressione di trovarsi in una condizione di “libertà vigilata”. Di qui la
necessità, ribadita dal Coordinatore nazionale, che sia istituito al più presto un
organismo collegiale di autogoverno della categoria, un Consiglio Superiore
della Docenza, sul modello di quanto avviene per altre categorie professionali, come ad esempio i magistrati, affinché il disposto dell’art. 33 della nostra
Costituzione repubblicana trovi un’adeguata realizzazione.
Proprio sugli aspetti più squisitamente giuridici del problema è intervenuto il prof.
Pietro Milazzo, docente di Diritto costituzionale all’Università di Pisa, che nella
sua lezione ha analizzato le diverse sfaccettature sotto le quali si può considerare la libertà di insegnamento: nata nell’ambito delle cosiddette “libertà negative”,
che si oppongono e resistono al generale potere di supremazia e coercizione che
lo Stato detiene nei confronti dei cittadini, essa, nella dottrina e nella giurisprudenza, è stata progressivamente messa sempre più in relazione al fine cui è preordinata, cioè la promozione della “piena formazione della personalità degli alunni”, e quindi da principio connotato da una forte valenza individualistica (rafforzata anche dall’altisonante formulazione dell’art. 33 della Costituzione2), è oggi
soprattutto inteso in maniera “funzionale”, tanto più dopo il varo dell’autonomia
scolastica. La legge stessa sembra oscillare entro questi due poli (da una parte i
soggetti in capo ai quali è affermata tale libertà, dall’altra i destinatari di essa) nel
definirne, nello specifico, il campo di applicazione3.
Nell’introduzione dell’autonomia scolastica c’è chi ha visto una limitazione della libertà dei docenti, a fronte di un rafforzamento dell’identità dei singoli istituti scolastici, a scapito quindi del singolo individuo, che potrebbe trovarsi in
opposizione rispetto alle scelte didattiche e organizzative della scuola entro
cui opera. Altri, invece, vedono proprio nell’autonomia delle scuole, declinantesi in termini di autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione
e sviluppo, nuove e ulteriori possibilità perché si possa esplicare la libertà d’insegnamento dei docenti, soprattutto a livello degli organi collegiali, come il
Collegio, che ha il compito di elaborare il Piano dell’offerta formativa: lo Stato,
infatti, non opera più in maniera rigidamente prescrittiva, con l’emanazione di
programmi che devono essere semplicemente svolti, ma dà solo indicazioni
generali, a partire dalle quali i singoli istituti scolastici (cioè i singoli collegi dei
docenti) definiscono in piena libertà, tenendo conto del concreto contesto
territoriale entro cui si colloca la scuola, il proprio curricolo d’istituto.
Questa la teoria. Purtroppo nella pratica di tutti i giorni sappiamo che non
sempre le cose sono così lineari e pacifiche, tuttavia a nessun docente potranno essere mai imposti i metodi, gli strumenti, le concrete scelte didattiche,
necessari a conseguire gli obiettivi fissati dal POF.
In conclusione, comunque la si voglia analizzare, la libertà di insegnamento dei
docenti rimane sempre un baluardo, non a caso costituzionalmente tutelato,
perché si possa realizzare a pieno quello che la legge stessa, come ha ricordato il prof. Di Meglio nel corso del suo intervento, demanda agli insegnanti quale loro compito esclusivo: “La funzione docente è intesa come esplicazione
essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla
formazione umana e critica della loro personalità”4.
1
Cfr. CM 88/2010, che nel dettare le procedure del nuovo procedimento disciplinare, si preoccupa di ribadire
che in nessun caso il potere sanzionatorio del dirigente scolastico potrà essere diretto a limitare l’autonomia
didattica dei docenti: “Il dirigente scolastico deve in ogni caso assicurare che l’esercizio del potere disciplinare
sia effettivamente rivolto alla repressione di condotte antidoverose dell’insegnante e non a sindacare, neppure
indirettamente, l’autonomia della funzione docente”.
2 “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (Cost. art. 33, c. 1).
3 Cfr. l’art. 1 del Testo Unico delle leggi sulla scuola (D. Lgs. 297/1994), che così recita: “1. Nel rispetto degli ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo unico, ai docenti è garantita la libertà di insegnamento intesa come
autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. 2. L’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni.
3. È garantita l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca”.
4 Cfr. D. Lgs. 297/1994, art. 395, c. 1.
GILDA
degli insegnanti
aprile 2012
Il falso aumento di stipendio
“concesso” da Sarkozy agli insegnanti
Nel programma di Sarkozy, la riduzione degli insegnanti grazie
all’aumento delle ore di cattedra. Ma è un inganno.
di Piero Morpurgo
IIl programma sull’istruzione del Presidente Sarkozy
appare estremamente inquietante. Dinanzi alla proposta
di François Hollande, suo concorrente alle prossime elezioni presidenziali che promette 60.000 assunzioni nella scuola,, Sarkozy
afferma che è ora di ridurre il numero di insegnanti e di aumentar loro lo
stipendio. Come? La ricetta è semplice e ingannevole: l’orario di cattedra
passerà da 18 a 26 ore e lo stipendio aumenterà del 25%1. Si tratta di una
proposta truffaldina visto che l’aumento del carico di lavoro sarebbe del
44%! La condanna senza appello dei cittadini appare evidente nei sondaggi: quasi a nessuno piace l’idea di ridurre il numero degli insegnanti e quel
che colpisce è che l’elettorato di destra e di sinistra si ritrova d’accordo
sulla difesa della Scuola2.
“finestra sul mondo
e nel tempo”
–denuncia la FNAREN6 federazione nazionale dei rieducatori- erano stati
soppressi 3000 posti di sostegno su 15000 e altrettanti tagli si prospettano per il 2012 sicché si potrà assistere solo il 5% di quanti hanno bisogno
d’aiuto. La denuncia è fortissima: occorre combattere un’operazione culturale che vede una scuola francese che prepara solo le elite lasciando ai
margini del diritto all’istruzione chi è svantaggiato. Non accade così in Finlandia dove si può contare su un insegnamento individualizzato e su almeno un insegnante di sostegno ogni 300 alunni mentre in Francia in certe
regioni si arriva a un docente ogni 2000 allievi. Di fronte a questo scempio culturale, che ha come unico obiettivo il risparmio a spese della Scuola, i sindacati si sono mobilitati sin dal settembre scorso. La SNES critica la
politica di Sarkozy che è foriera di una Scuola dove un sistema fondato
sull’orientamento precoce dei ragazzi e su un’esasperata autonomia scolastica non potrà far altro che aggravare l’ineguaglianza sociale e colpire
quindi la democrazia7.
Ben altre dovrebbero essere le prospettive per la Scuola: la SNUIPP8 assieme alle altre organizzazioni sindacali chiede che si restituisca serenità al
lavoro degli insegnanti, che aumenti il personale della scuola in modo da
poter lavorare in equipe nelle classi e che i docenti abbiano l’effettiva possibilità di aggiornamento.
Quel che accade in Francia rende inquieti e rafforza la determinazione per
cui occorre trasformare il mestiere degli insegnanti dando loro di più e
invece si tagliano risorse e si toglie dignità a una professione vitale per la
serenità della società.
1
In più un altro sondaggio mostra una notevole preoccupazione dei francesi per le sorti della scuola: si chiedono riforme e soprattutto si chiede
maggiore attenzione per i ragazzi disabili3. Ora, nonostante che il Ministe ro francese meni vanto del suo impegno per i disabili anche mediante un
sito web di rilievo 4 la situazione sta diventando disperata5. Già nel 2008
http://www.capital.fr/carriere-management/actualites/le-programme-de-sarkozy-sur-l-educationcouterait-625-millions-702030
2 http://www.csa.eu/multimedia/data/sondages/data2012/opi20120301-l-observatoire-politique-csales-echos.pdf
3 http://www.francesoir.fr/pratique/education/ecole-une-tres-grande-majorite-de-francais-pour-unereforme-192182.html
4 http://www.education.gouv.fr/cid207/la-scolarisation-des-eleves-handicapes.html
5 http://www.lemonde.fr/ecole-primaire-et-secondaire/article/2012/02/17/l-aide-specialisee-aux-eleves-menacee-de-disparition_1644885_1473688.html
6 http://www.fnaren.com/download/evenements/Communique%20de%20presse%20Collectif%20defense%20RA_.pdf
7 http://www.snes.edu/La-fuite-en-avant-du-president.html
8 http://www.snuipp.fr/Transformer-le-metier-avec-les
La scuola dell'Abracadabra
La scuola è un posto speciale e ciò che altrove sarebbe assurdo, in essa può d’incanto
divenire sensato; e le parole magicamente cambiare significato.
di Gigi Monello
Il più perverso piacere del burocrate ministeriale sta nell’apprendere che
la sua formula - inventata per dare a vedere che il mondo è sotto controllo - viene devotamente ripetuta da legioni di impiegati. Creare
balocchi di successo che scherzino con l’assurdo; ecco la sua “follia”.
Esempi da manuale nella scuola, dove trovi formule che assomigliano a
scongiuri tribali; come, “sospeso dalle lezioni con obbligo di frequenza”.
Certo, se uno pneumologo prescrivesse a qualcuno tre giorni di tassativa astensione dal tabacco con obbligo di fumare, ne rideremmo e penseremmo a res manicomialis. Stessa cosa se un andrologo ordinasse tre
giorni di assoluta astinenza con obbligo di atti carnali. Ma la scuola è un
posto speciale; e ciò che altrove sarebbe assurdo, in essa può d’incanto
divenire sensato; e le parole magicamente cambiare significato.
Sino a poco tempo fa, esistevano i “debiti”, ma si poteva non pagarli; e le
sufficienze “non sufficienti”: bastava scriverle in rosso; ancora vita prospera hanno, invece, le “simulazioni” d’esame, che fruttano voti veri: come dire
“simulavamo di simulare”. “Il barocco è nel mondo”, diceva il grande Gad-
9
da. Il massimo dell’ineffabile sono, però, le “sospensioni senza sospendere”. La mistica formula viene spesso pronunciata e gravemente discussa
durante pensose sedute di docenti. E la sua stringente rilevanza non dà
scampo: associare o no, alla pena della sospensione, il tormento finale
dell’obbligo della frequenza? Questo, l’amletico dubbio.
Ovviamente, come ogni onesto uomo converrebbe, tra la formula in questione e abracadabra, l’unica vera differenza è che abracadabra è più corto. E, certamente, “sospendere senza sospendere”, nel Catalogo Universale Aggiornato delle Umane Corbellerie, farebbe la sua figura. Ma il fatto è
che le formule hanno un sottile potere fascinatore; rassicurano; danno la
sensazione di amministrare il mondo; di trovare sempre di che rispondere
al suo beffardo disordine. E non c’è luogo in Italia che abbia prodotto più
formule del ministero dell’Istruzione. Da qualche anno esiste l’ANSAS (ex
Irre, a sua volta ex Irrsae); significa Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica. L’“autonomia scolastica”, il grande Feticcio. Se solo
- prima di svilupparla - ci spiegassero a cosa è servita.
aprile 2012
10 G I L D A
degli insegnanti
Insegnare stanca…
o uccide?
G. Pacchiano, Di scuola si muore, [Anabasi], Milano 1993, 223 p., £ 20.000*
* Un libro da rileggere (ed eventualmente ripubblicare: l’autore è quello che ha promosso e fatto pubblicare il libro di Giovannone), insieme ai segmenti anti-bastoncini di Lucio Russo, alle pagine sulla scuola di Antonio La Penna, oltre ai contributi di oggi di Mastrocola, De Monticelli, Nussbaum e quant’altri. Perché, a leggere questi volumi dell’oggi (era Gelmini) e quelli di ieri (era Moratti/Berlinguer/Fioroni) pare che il tempo si sia fermato, dalle parti dei bidoni dell’impero, dove seguitiamo a raschiare il fondo e ingollarci i cascami della dismessa didattica anglo-sassone.
di Stefano Avanzini
Il ’68? Al di là dei cascami ideologici, che nessuno rimpiange (il sei politico, leggiamo
Gramsci e non la letteratura italiana, come se Gramsci fosse diventato Gramsci senza
Dante e Leopardi), non è stato il ’68 a introdurre per la prima volta nella scuola italiana Marcuse e la Scuola di Francoforte, Levi-Strauss e Margaret Mead, Freud e il freejazz & Co? Non è stato il ’68 a far entrare un po’ d’aria nuova nel tanfo stantio del “Si
studia perché bisogna studiare”, re nudo che ha finalmente trovato il suo bambino? Non
è stato il ’68 a insegnare – con Don Milani e Barbiana – che gli ultimi saranno coi primi,
nel Paradiso della condivisione delle competenze anziché nell’Inferno della competizione delle saccenze? Ma il bel sogno finisce, il miraggio svapora, e nel cassetto rimane… la Scuola.
E’ un Preside - mèga thàmbos idèsthai, in tempi in cui nelle aule di scuola all’ormai retro
e indigeribile gallicismo della rimbaudiana alchimia delle vocali si è sostituito il più
moderno e anglofilo rembaudiano grido di guerra FreeFireYourTeacherYourself – a dirci queste cose, a narrarci con toni e colori collodiani quae ipse miserrima vidit / et quorum pars parva fuit: qualche cosa rimane, tra il telefono delle supplenze e il cielo (sempre più disertato e deserto) della ricerca come ‘antipedagogia’, delle programmazioni e
delle”libere letture liberamente commentate”, dopo i tempi ingessati in cui in principio
era il Programma, e il Programma era presso Dio, e il Programma era Dio, tra i fogli morti di ancillari disamori d’ufficio e le pagine vive di Manzoni e di Melville o Collodi , tra
ingessate scrostature e biblioteche segregate in cantina, tra rituali d’immaturità (San Firmino) e pretesi esami di maturità, tra l’essere delle discipline e il nulla delle didattiche…
Qualche cosa rimane: ma a chi lasciarne le chiavi, a Zelda o a Martina?
Una domanda all’autore, e vorremmo che ci rispondesse con lo stesso piglio di Gianburrasca del libro: nella scuola di ieri della mara(vi)gliana riforma dei cinque ultrasensi
segreti della Parola, pardon, del Verbo, del NOS e del NOF, nella scuola di oggi della
Triplice Impresa (si scrive Inglese, Informatica e Impresa, ma la pronuncia è una sola), di
Liceotto e le sue sorelle clonate che tanto mieton successo in passerella, che cosa
rimane del desiderio di apprendere e del piacere d’insegnare? Che la (poco) fascista e
molto onesta e gentile riforma ventitreana del Bon Giovanni del Croce, con i suoi liberi curricula di docente, di classe nel bene e nel male, fosse più milaniana e pasoliniana
che non si creda, roba quasi da ’68 (quello vero)? Che la demagogia cialtrona del Gramsci senza Dante per tutti sia meno milaniana e pasoliniana e più maravigliana e morattiana che non si creda, gemella neanche tanto diversa dalla demagogia ciarlona dell’Inglese senza Eliot, dell’Informatica senza Pitagora e Archimede, dell’Impresa senza Adam
Smith per tutti e per nessuno della Scuolazienda del Terzo Millennio, bipartisanamente biprosopa, uguale in fotografia da sinistra o da destra, lontane anni luce l’una e l’altra da Barbiana (“Il sapere serve solo per darlo. “Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale quando è solo”… “ – ed è pur vero che se nessun maestro è un’isola, non
è men vero che non si è mai soli con un libro o un telescopio o un microscopio) come
da Casarsa (“… il difficile (che è poi il nuovo) appassiona sempre i ragazzi: sì, si tratta proprio di una passione, come quella per il gioco”). Che inseguire il successo scolastico
qual ch’esso sia voglia dir per la scuola abdicare a se stessa, che il metter le esigenze del
discente davanti e al posto di quei bisogni che potrebbe ancor non sapere di avere (in
un liceo, quel solido bagaglio di conoscenze e competenze disciplinari propedeutico e
necessario ma non sufficiente a un proficuo prosieguo universitario) sia un venir meno
a quel compito costituzionale (art. 3, c. 2: senza il Diritto e l’Economia all over the
School?!?) che già le parole di Condorcet alla Convenzione assegnavano alla scuola
libera, pubblica, gratuita: “la legge mi (scil. a me cittadino) garantisce una completa
uguaglianza di diritti, ma non mi dà i mezzi per conoscerli […] così la mia ignoranza mi
mantiene dipendente da tutto il resto […] l’istruzione deve essere universale, estesa cioè
a tutti i cittadini in quanto tali […] abbracciando l’intero corpo di conoscenze e assicurando agli uomini, in ogni momento della loro vita, l’opportunità di confermare il proprio sapere e di acquisirne ancora”. Parole illuminate e illuminanti, di un matematico al
quale la lama della ghigliottina ha chiuso la bocca tagliandogli la testa: ora è sufficiente una riforma. E’ vero, insegnare stanca… uccide, forse, a volte… ma una cosa è certa:
insegnare affranca.
(Contiuna da pag. 1 - “Comprendiamo il difficile momento in cui si trova il nostro Paese, ma manca totalmente l’attenzione nei confronti della scuola”)
da Tremonti e adesso da Profumo, ma che non sono stati ancora pagati, e il nodo delle pensioni. “Il nuovo ministro dell’Istruzione ci fa sentire soltanto il profumo degli scatti - ha esordito il leader della Gilda con un gioco di parole riferito al nome del titolare di viale Trastevere -. Il 10 gennaio, durante un incontro con i sindacati, aveva garantito che nell’arco di
pochi giorni avrebbe risolto la questione delle progressioni di carriera e, invece, stiamo
ancora aspettando. Per molti docenti la scadenza era il 31 gennaio”. Sul tema delle pensioni,
Di Meglio ha mostrato tutta la sensibilità della Gilda verso la crisi che investe l’Italia: “Comprendiamo il difficile momento in cui si trova il nostro Paese, ma manca totalmente l’attenzione nei confronti della scuola, messa in ginocchio da 3 anni di tagli che continueranno per
altri due anni”. Altri capitoli scottanti tirati in ballo da Puccio Corona sono stati l’edilizia scolastica e il fenomeno dell’abbandono scolastico, due aspetti che, secondo il coordinatore
nazionale della Gilda, sono legati “perché - ha spiegato - per incoraggiare i ragazzi a restare
sui banchi contano anche le condizioni in cui versano gli istituti che, soprattutto al Sud, definire fatiscenti è un eufemismo”. Su questo argomento è intervenuto anche Tucci, ricordando che si attende da 20 anni il piano dell’edilizia scolastica puntualmente rinviato dai vari
governi che si sono succeduti. “Entro marzo, in base alle sue dichiarazioni, - ha sottolineato
il giornalista del Sole 24 Ore - Profumo dovrebbe svelare le carte”. Parlando, poi, dei magri
stipendi percepiti dai docenti italiani, Tucci ha ricordato che da quest’anno non sarà più pos-
sibile detrarre dalla dichiarazione dei redditi le spese sostenute per l’aggiornamento professionale. A concludere il dibattito è stato Di Meglio con un discorso che ha sancito anche la
chiusura della campagna elettorale per il rinnovo delle Rsu. Un appuntamento al quale la
Gilda si è presentata forte dei suoi 50mila iscritti e delle 3700 liste presentate in tutte le
scuole di ogni ordine e grado, ma verso il quale il coordinatore nazionale non ha risparmiato forti critiche. “SSiamo stufi delle Rsu e non perché abbiamo un problema di rappresentatività, come dimostrano le quasi 4mila liste presentate – ha precisato Di Meglio-. Ma non si
possono continuare a ignorare i problemi che queste elezioni comportano”. Secondo Di
Meglio, infatti, “le Rsu non hanno niente a che fare con la scuola, luogo di formazione e cultura. Senza contare che queste elezioni, sulle quali si misurano permessi e distacchi, hanno
effetti di diritto pubblico non trascurabili. Inoltre - ha aggiunto il sindacalista - si tratta di
consultazioni viziate perché in capo agli stessi sindacati. Un po’ come se le elezioni politiche fossero affidate ai partiti anziché al ministero dell’Interno”. Tuttavia, è soprattutto la
scarsa trasparenza nel mondo sindacale il bersaglio contro cui si è scagliato con forza il
coordinatore nazionale della Gilda: “L’Aran, ma anche Cgil, Cisl e Uil, hanno rifiutato il controllo sui dati delle singole sigle sindacali. Contro questo diritto negato - ha concluso Di
Meglio - promettiamo battaglia. Faremo una protesta politica forte e poi, se necessario,
passeremo alle vie giudiziarie”.
(Contiuna da pag. 1 - “Nuvole anziché sole”)
periodo in cui lo sviluppo passi obbligatoriamente per la valorizzazione dei saperi,
delle culture, puntando in questo modo sulla capacità di guidare il cambiamento.
Da "giacimenti di un passato glorioso", ora considerati ingombranti beni improduttivi da mantenere, i beni culturali e l'intera sfera della conoscenza” - scriveva sempre Corbis- “devono tornare a essere determinanti per il consolidamento di la sfera pubblica democratica, per la crescita reale e per la rinascita dell'occupazione”.
[…] Rivoluzione culturale o rivoluzione copernicana, che dir si voglia, è certo che di
cambiamento si ha bisogno. E di un cambiamento veloce e totalizzante come solo
le rivoluzioni realizzano!
Non invochiamo lacrime e sangue, come di questi tempi si sente dire, ma invitiamo ad una rivoluzione delle idee che porti a far risplendere il sole sull’orizzonte
del mondo della scuola.
GILDA
degli insegnanti
LATINA: vittorie à gogo
Comunicati
Per l’ennesima volta la Gilda di Latina vince davanti al TAR Lazio
rispetto al reintegro delle ore di sostegno per gli alunni disabili. L’anno scorso abbiamo ottenuto 111 sospensive tradotte in sentenze e
quindi rivinte dopo 2 altri appelli richiesti dall’avvocatura dello Stato e vinti definitivamente a settembre. Quest’anno la sentenza è
addirittura definitiva : ce ne saranno altre, dovremmo arrivare a 70 e
oltre anche quest’anno.
FINALMENTE MIUR CONDANNATO: anche a Latina 8 sentenze favorevoli ai docenti precari patrocinati dalla Gilda di Latina. Questi hanno
avuto il riconoscimento del danno economico per la la mancata stabilizzazione e con riconoscimento degli scatti stipendiali da quantificare.
I precari ottengono dai 19000 euro in su procapite oltre agli scatti per
la stabilizzazione.
La Coordinatrice provinciale Patrizia Giovannini
La Gilda di Trieste contro il balzello iniquo
a carico degli stipendi dei docenti
delle scuole elementari e dell’infanzia
venerdì 9 marzo 2012
Un ricorso pilota contro l’obbligatorietà della trattenuta Enam
A promuoverlo è la Gilda di Trieste patrocinata dall’avvocato Giancarlo
Longo. Il provvedimento è stato presentato lunedì scorso al tribunale del
capoluogo friulano. Obiettivo: ottenere l’abolizione di quello che la Fgu
definisce “un balzello iniquo” che grava sugli stipendi dei docenti delle
scuole elementari e dell’infanzia.
“Si tratta di un ricorso pilota - chiarisce il coordinatore nazionale, Rino Di
Meglio - ma, se avrà esito positivo, potrà essere esteso a livello nazionale”.
La somma prelevata dalla busta paga è dell’1% sull’80% dello stipendio, per
un totale annuo di oltre 200 euro. Nonostante la soppressione dell’ente
assistenziale, la trattenuta non è stata cancellata, ma trasferita all’Inpdap.
Da quando anche questo Istituto ha cessato di esistere, i docenti continuano, loro malgrado, a versare questo “tributo” nelle casse dell’Inps.
Foggia: sesta vittoria della Federazione Gilda-Unams
sulla questione delle ore di sostegno
Il Tar di Bari, con ordinanza nr.118/2012, ha ribadito il riconoscimento delle
ore di sostegno a 44 minori diversamente abili della provincia di Foggia. Tra
le motivazioni è stato riaffermato “anche alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale (richiamata puntualmente nel ricorso) quello all’assegnazione dell’assistenza scolastica si qualifica come interesse legittimo
incomprimibile, perché connesso ad un diritto fondamentale della persona che non può subire, in considerazione delle esigenze di bilancio, limita-
zioni così riduttive come quelle operate dagli impugnati provvedimenti”.
La federazione Gilda-Unams, ancora una volta a fianco di minori e lavoratori, ha sostenuto una battaglia di civiltà per la tutela dei diritti fondamentali protetti dalla nostra Carta Costituzionale.
Foggia, 17 febbraio 2012
IL COORDINATORE PROVINCIALE
Prof. Ruggiero Pinto
“ P RO F E S S I O N E D O C E N T E ”
Sped. in abb. postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 Filiale di Roma • Autorizzazione del Tribunale di
Roma n. 257/90 del 24/4/90
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Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Francesco Lovascio, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Gina Spadaccino.
Hanno collaborato a questo numero: Stefano Avanzini, Stefano Borgarelli, Teresa Del Prete,
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GILDA DEGLI INSEGNANTI - Via Nizza, 11 - 00198 Roma - Tel. 068845005 - Fax 0684082071
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ANNO XXII - N. 4 - APRILE 2012
Stampa aprile 2012 - ROMANA EDITRICE s.r.l.
San Cesareo (RM) Via Dell’Enopolio, 37 - Tel. 06.9570199 - Fax 06.9570599 - e-mail: [email protected]
NOVARA:
vince ricorso a
favore dei precari
Anche a Novara, la Gilda vince un ricorso a favore dei precari
Il giudice ha condannato il MIUR a risarcire i precari della provincia
con 15 000 euro a testa e a pagare il 2,5% degli ultimi anni.
aprile 2012
Vita in provincia
11
aprile 2012
12 G I L D A
degli insegnanti
F I N A N Z I A M O D I P E N D E N T I S TATA L I , P U B B L I C I , P R I VAT I E P E N S I O N AT I
CQS
EURRTOIFICATA
CESSIONE DEL QUINTO
001
ISO 9
CE
La cessione del quinto consente al dipendente di
contrarre un prestito mediante la cessione della quota
massima di 1/5 del proprio stipendio.
PRESTITI PENSIONATI
La cessione del quinto consente al pensionato di
contrarre un prestito mediante la cessione della quota
massima di 1/5 della propria pensione.
PRESTITO CON DELEGA
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massima di 1/5 del proprio stipendio ed è cumulabile
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GILDA aprile 2012