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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIETRO FOLENA
La seduta comincia alle 14,10.
(La Commissione approva il processo
verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà
assicurata anche attraverso l’attivazione di
impianti audiovisivi a circuito chiuso e la
trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti
di Accademie d’arte.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca,
nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle
problematiche connesse al settore delle
arti figurative, l’audizione di rappresentanti di Accademie d’arte.
Nel dare il benvenuto ai nostri ospiti,
desidero ribadire che stiamo concludendo
un’indagine conoscitiva sull’arte contemporanea che ha affrontato diversi temi.
Entro il 31 luglio concluderemo le audizioni e a settembre discuteremo e approveremo un documento conclusivo fornendo alcune indicazioni al Governo, al
Parlamento e alle diverse istituzioni, su
questi aspetti.
Siamo, quindi, interessati, nell’ambito
delle audizioni, a sentire anche la voce
delle Accademie, certo non di tutte, ma di
alcune di esse, dal momento che abbiamo
affrontato anche il tema della formazione
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e del ruolo che oggi queste importantissime istituzioni svolgono e che domani
potranno continuare a svolgere.
Come già preannunciatovi, chiederei di
svolgere delle brevi illustrazioni, a cui
seguiranno eventuali quesiti da parte delle
colleghe e dei colleghi parlamentari presenti.
Do la parola ai nostri ospiti per lo
svolgimento delle relazioni.
EUGENIO CARLOMAGNO, Presidente
della Conferenza dei direttori delle Accademia di belle arti. Signor Presidente, innanzitutto la ringraziamo per il suo interessamento verso le Accademie di belle arti e
il mondo dell’arte in genere.
In qualità di presidente della Conferenza dei direttori, in questa fase di passaggio caratterizzata dall’approvazione di
una legge a cui ha fatto seguito l’adozione
di alcuni provvedimenti, desidero rilevare
che le nostre istituzioni sono in grande
difficoltà (poi, i miei colleghi, se lo riterranno, avranno l’opportunità di entrare
nelle problematiche dei settori dell’arte).
Comunque, la difficoltà deriva dal fatto
che abbiamo una legge che non viene
applicata da nove anni ed è dallo stesso
periodo che attendiamo i regolamenti attuativi. Sono stati adottati alcuni decreti
« tampone » e la formazione è diventata
sperimentale ormai da cinque o sei anni.
Tutto questo comporta un’insicurezza
del titolo di studio, della formazione, del
corpo docente, per quanto riguarda tutte
le problematiche che sono oggi di attualità,
quali l’insegnamento e l’evoluzione a livello europeo di una nuova formazione.
Sarò brevissimo, come spero i miei
colleghi, però credo che ognuno di noi
abbia redatto un documento che vi sarà
poi consegnato.
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È importante che si sappia che le
Accademie di belle arti italiane statali –
sono ben venti – hanno una formazione
d’eccellenza, partendo da Torino, passando per Milano, Bologna, fino ad arrivare a Reggio Calabria, Palermo e Sassari.
Siamo 1.300 docenti, dotati di una
grande capacità. In questa fase di grande
difficoltà, abbiamo dimostrato di voler
realmente portare la formazione nelle Accademie delle belle arti a un livello europeo. Negli ultimi cinque anni, insieme
all’ex Ministro Moratti, siamo riusciti a
imprimere una forte spinta in direzione di
una formazione agile, che potesse rappresentare le istanze che l’Europa ci sta
chiedendo, ovvero quella formazione che
le altre Accademie nazionali europee (tedesche, spagnole e via elencando) ci stanno
copiando.
Vorrei sottolineare che da dodici anni
gli organici delle Accademie delle belle arti
sono fermi. Abbiamo una popolazione di
quasi 22.000 allievi, con 1.240 docenti, di
cui 350 di seconda fascia e 890 di prima
fascia.
È importante che per le Accademie, in
questo testo definitivo della legge, si possa
prevedere la figura del ricercatore e quella
dell’associato, allo scopo di armonizzare
questo nuovo tipo di formazione. Noi non
vogliamo dimenticare che le Accademie
delle belle arti hanno una tradizione storica, sulla quale dobbiamo basarci. Essa ci
consentirà di guardare al futuro, tenendo
presente, allo stesso tempo, che il nostro
passato è fondamentale nelle discipline
che sono tuttora parte fondamentale delle
Accademie.
Questo è solo un breve excursus e
ritengo ci sia ancora molto ancora da dire.
Spero che i colleghi abbiano maggiore
capacità della mia di esprimere il nostro
disappunto.
GAETANO CASTELLI, Direttore dell’Accademia di belle arti di Roma. Se il
Presidente lo consente, vorrei far leggere
due brevi relazioni ai due docenti e poi
intervenire.
PRESIDENTE. È preferibile, per ragioni di sintesi, che ci sia una sola illu-
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strazione per ognuna delle Accademie,
anche perché i testi possono essere allegati
agli atti. I colleghi e le colleghe porranno
alcune domande a cui potranno eventualmente rispondere i professori ed esponenti
delle Accademie che non hanno parlato
nella prima fase, per un’organizzazione
migliore dei nostri lavori.
GAETANO CASTELLI, Direttore dell’Accademia di belle arti di Roma. Sono
Gaetano Castelli e ho insegnato scenografia per trentacinque anni presso l’Accademia di belle arti di Roma, con la cattedra
di scenografia. A Roma questa era ed è
una cattedra importante, perché c’è Cinecittà e tutto il settore della televisione.
Abbiamo cosı̀ formato molti giovani scenografi che adesso lavorano in tutto il
mondo, soprattutto in Italia, nel settore
della televisione (a Cinecittà).
Ero andato via perché non avevo più
spazi e non potevo più esprimermi didatticamente. Sono stato richiamato due anni
fa dal Ministro e nominato per chiara
fama; nonostante non volessi accettare,
alla fine l’ho fatto per amore verso i
ragazzi e verso l’Accademia. Nel mio Dna
c’è l’Accademia di belle arti e il liceo
artistico, perché a 23 anni sono entrato
come titolare nel liceo artistico, che si
trova di fronte, per poi entrare in Accademia sempre come titolare, vincendo un
concorso nazionale.
Dico questo per far capire a tutti quanto
mi stia a cuore: non sono solo un direttore
che è stato nominato, ma mi sento anche
docente. Devo dire con molto dolore che
l’Accademia di belle arti di Roma – parlo
per quella che rappresento – è stata abbandonata a se stessa: le istituzioni non hanno
provato minimamente a darci una mano e
non abbiamo spazi. Avevamo 1.700 allievi,
oggi ne contiamo 1.400, con quasi quaranta
nazioni rappresentate, ma non abbiamo laboratori.
L’Accademia di belle arti nasce – mi
scusi lo sfogo, ma sarò breve – nel 1500
e alla fine dell’800 diventa Istituto di belle
arti di Roma, comprendendo la facoltà di
architettura. Successivamente, nel 1940, è
stato diviso in liceo artistico da una parte
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e Accademia di belle arti dall’altra. Attualmente nel liceo artistico ci sono 300400 allievi e nell’Accademia 1.400.
Premetto che con la direttrice ho instaurato un ottimo rapporto, quindi non
voglio dire che ho intenzione di mandare
via qualcuno. Il problema è che non
abbiamo spazi e questo rappresenta il
nostro primo dramma.
Il secondo dramma riguarda le possibili
modalità di azione. Prima esistevano dei
corsi chiari (scenografia, pittura, decorazione e scultura) e i ragazzi vantavano –
come ora – i migliori docenti in campo
internazionale; cito Fazzini, Emilio Greco
per la scultura, Scialoja, Guttuso. Adesso
abbiamo grandi docenti, ma non abbiamo
spazi, non abbiamo più laboratori.
Io mi occupavo di scenografia e lavoravamo a plastici che rimanevano sul
tavolo; adesso, dopo due ore nella stessa
aula subentra l’insegnamento di un’altra
materia. Porto ad esempio la materia
scultura: non possono essere portate vie le
sculture sulle quali si lavora, ma, di fatto,
negli stessi spazi deve svolgersi l’insegnamento delle altre materie. Abbiamo istituito più di cento corsi, ma lo spazio è
rimasto uguale.
Io parlo come professionista, come una
persona abituata a fare cose concrete:
stiamo perdendo la manualità e quello che
forse era lo scopo principale dell’Accademia, ossia la pittura e la scultura. Tutto il
resto ben venga, ma se mancano gli spazi
è utopia pensare di poter fare tutto.
Riguardo al titolo di studio, in quattro
anni si poteva ottenere un diploma spendibile per vari concorsi. Ultimamente, si
sono presentati a un concorso a Rossignano alcuni ragazzi di Brera, ai quali il
diploma è stato respinto, tolto dalle graduatorie, trattandosi di un titolo di studio
non spendibile.
Occorre, quindi, capire di che titolo di
studio si tratta, perché l’Accademia non è
un’università. Ad esempio, un direttore di
liceo artistico è un dirigente, quindi percepisce uno stipendio in quanto tale; un
direttore di Accademia, invece, percepisce
semplicemente una gratifica in più.
Quindi, anche il ruolo del direttore – non
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parlo per me – è assurdo, non si capisce
bene di che cosa si tratti; se non si sa cosa
siano i vertici, immaginiamoci tutto il
resto !
La ringrazio per averci ricevuto e vorrei – parlando da persona che ama l’Accademia, altrimenti non avrei accettato –
che qualcuno prendesse a cuore le sorti
dell’Accademia.
Io vado in giro per il mondo e ho
aperto, da quando sono qui, l’Accademia
di belle arti di Roma al mondo (Cina,
Iran): abbiamo realizzato Arteinterrazza e
ospitato i sedici artisti più famosi; ho
tenuto, inoltre, conferenze in Cina; gli
stessi cinesi volevano venire in Italia, ma
non abbiamo i soldi per ospitarli (avrebbero dovuto pagare loro il viaggio e poi
avrei dovuto inventare qualcosa per la
sistemazione).
Abbiamo questi scambi culturali, ma se
ci hanno tagliato il 40 per cento dei fondi
– che già erano pochi – di cosa possiamo
parlare ? Io mi riferisco alla nostra situazione: tutti vogliono venire a Roma, ma io,
che dirigo l’Accademia di belle arti di
Roma – anche se non intendo usare un
brutto termine e dire che mi vergogno –
non ho le attrezzature e le strutture per
realizzare quello che viene fatto in tutta
Europa.
Lavorando in tutto il mondo, posso
assicurare che, se ci si reca a Parigi o in
Germania (a Monaco), si trovano Accademie che sono dei musei, con pochi allievi
e laboratori favolosi. In Italia, in tutte le
Accademie e in particolare a Roma – dove
tutti vogliono venire – nessuno ci aiuta.
Ho chiesto a Gasparri, che forse entrerà
nel consiglio di amministrazione, e a Veltroni, col quale ho un rapporto abbastanza
amichevole. Sono tutti sensibili, ma io sto
chiedendo al comune, alla regione e alla
provincia di aiutarmi a portare avanti
l’Accademia di belle arti di Roma, che è la
più prestigiosa. Sono romano ed è quella
dove tutti vorrebbero venire.
In questo momento, non voglio dire che
c’è da vergognarsi, ma – mi creda – non
so come fare: quando arrivano le delegazioni, non abbiamo un’aula Magna e non
abbiamo un laboratorio.
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Il mio è un grido di dolore: datemi una
mano !
ALFREDO SCOTTI, Direttore dell’Accademia di belle arti di Napoli. L’Accademia
di Napoli è anch’essa storica, avendo oltre
250 anni di vita, e ha una popolazione di
oltre 2.500 studenti.
Abbiamo una serie di grandi laboratori,
pur avendo senza dubbio anche noi delle
carenze strutturali per quanto riguarda gli
spazi e i finanziamenti (quindi le risorse);
tuttavia, riusciamo a conciliare bene le
risorse con le nostre esigenze, poiché i
nostri laboratori sono abbastanza ben attrezzati.
Naturalmente, soffriamo anche di carenze di organico, per quanto riguarda la
parte dell’amministrazione. Determina alcuni problemi la carenza non tanto di
docenti – in numero adeguato a quello
degli iscritti –, ma di personale amministrativo, la cui insufficienza comporta una
minore efficienza.
Da quando le Accademie sono state
riformate, abbiamo introdotto nuove figure professionali, realizzando un corso
sul restauro, che sta ottenendo un consistente riscontro anche in campo regionale,
per problematiche legate al microclima.
Abbiamo stipulato una convenzione con
Metronapoli, la nuova metropolitana napoletana, che presenta le stazioni dell’arte.
Grazie a questa convenzione, con il corso
suddetto, stiamo procedendo al restauro
perché, pur essendo le stazioni abbastanza
recenti, le opere d’arte – si tratta di arte
contemporanea – necessitano di interventi
di questo tipo.
La convenzione ci porta ad avere un
« cantiere-scuola » direttamente nelle stazioni, con interventi all’aperto, alla presenza del pubblico che le frequenta. Naturalmente, tutto questo ci sta aprendo
maggiormente alla città, mentre prima
l’Accademia era un po’ in ombra, visto che
essa rappresentava un mondo di élite ed
era chiusa nei confronti della città.
Anche noi offriamo una serie di laboratori con nuovi corsi, come ad esempio il
corso di fotografia in un biennio di secondo livello, e siamo del parere, come chi
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ci ha preceduto, che occorre pensare maggiormente alle necessità di queste istituzioni che rappresentano un luogo di
grande formazione per i giovani.
PRESIDENTE. Avete posto principalmente – e vi ringrazio, perché questa è
per noi un’occasione generale di presa di
contatto con le Accademie – problemi di
strutture, di funzionamento, di organico,
di risorse e di attenzione istituzionale, su
cui, evidentemente, anche la nostra indagine conoscitiva potrà dire qualcosa, vincolando il Governo a lavorare con molta
determinazione sul futuro delle Accademie
di belle arti.
Mi interessa però, rivolgendomi a voi
non solo come direttori e dirigenti di
questi istituti, anche un vostro giudizio sul
panorama dei giovani artisti in formazione.
In questa indagine, nel corso dei mesi,
abbiamo sentito giudizi difformi. Abbiamo
audito diverse persone e rappresentanti di
varie istituzioni, dal mondo pubblico a
quello privato, dal mondo dei critici a
quello degli assessori. La mia personale
impressione è che ci sia un grande fermento. Si tratta di capire cosa effettivamente è possibile imparare dal punto di
vista strettamente tecnico – problema che
mi pare abbia posto il professor Castelli –
se c’è, a vostro parere, un dinamismo
incoraggiante e su quali aspetti si possono
sollecitare le istituzioni, per quanto riguarda il percorso antecedente all’ingresso
alle Accademie e in rapporto alle relazioni
esistenti con la facoltà di architettura.
È molto interessante l’esperienza di cui
parlava il professor Scotti, a proposito
degli interventi di restauro della metropolitana di Napoli, perché uno dei grandi
temi del contemporaneo nel nostro Paese
riguarda il fatto che una parte delle opere
pubbliche sono state realizzate, pensate e
progettate senza tener conto dei paesaggi
culturali e dei contesti.
Non dico tutti, ma una parte dei problemi, che nascono da come sono percepite dall’opinione pubblica alcune di queste opere, deriva tante volte anche dalla
loro bruttezza – se posso dirlo in modo
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rozzo – o comunque dalla loro decontestualizzazione.
In sostanza, pongo una questione di
carattere generale: vorrei capire, se voi
foste nell’ottica del Governo, del Ministro
referente, delle AFAM (Istituzioni di Alta
Formazione Artistica e Musicale) e delle
Accademie di belle arti, cosa suggerireste
sul piano della formazione artistica dei
giovani e nei rapporti con questo mondo
giovanile in formazione. Alcuni assessorati
alla cultura di municipalità importanti
hanno attuato delle iniziative significative:
ci sono nuovi spazi espositivi, nuovi musei;
vi è la prospettiva – ancora non vicinissima – del MAXXI (Museo nazionale delle
Arti del XXI secolo) a Roma.
Che rapporto avete con la DARC (Direzione generale per l’Architettura e l’Arte
Contemporanee) che dovrebbe essere, nell’ambito del Ministero per i beni e le
attività culturali, essendo voi dipendenti al
Ministero dell’università e della ricerca, il
luogo più avanzato, di guida istituzionale,
dell’arte contemporanea ?
Ci interessa capire questo, perché abbiamo l’impressione che ci sia un’incredibile mancanza di coordinamento, una dispersione di forze e di energie, che rende
il sistema dell’arte contemporanea italiano
più debole di quello che potenzialmente
potrebbe essere e fa pagare un certo
prezzo. Può darsi che sia solo un’impressione personale e superficiale.
Do parola ai deputati che intendono
porre quesiti o formulare osservazioni.
MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, innanzitutto, desidero ringraziare i
nostri ospiti che cosı̀ numerosi hanno
accolto il nostro invito. Credo che quanto
ci hanno detto ora e quanto ci proporranno in replica sarà molto utile alle
nostre finalità.
Desidero sottoporre alla vostra attenzione alcune questioni in linea con il
contesto tracciato dal Presidente. Abbiamo
riflettuto con chi vi ha preceduto nelle
audizioni svolte e abbiamo approfondito il
tema del rapporto con le altre istituzioni
e con le altre agenzie educative di formazione, alle quali ho quasi sempre rivolto la
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stessa domanda: quale rapporto proficuo
può essere da voi instaurato, al di là delle
difficoltà economiche e finanziarie, con gli
enti locali (soprattutto i comuni e le province) ?
Non mi riferisco solo ai grandi comuni
delle città metropolitane che solitamente
ospitano sul proprio territorio le vostre
prestigiose istituzioni; esistono anche molti
comuni di piccole dimensioni delle province italiane, che hanno una grande vivacità – perché hanno sedi espositive
importanti – e che potrebbero proficuamente realizzare, con voi e con gli artisti
che formate, attività di scambi culturali, di
promozione e diffusione delle opere dei
giovani. È, infatti, molto difficile per i
giovani potere esporre e trovare spazi di
confronto con il pubblico. Questo è un
primo filone; si è fatto riferimento all’esperienza di Napoli e pensavo a come
poter prefigurare rapporti di questo tipo.
Un altro tema, su cui abbiamo riflettuto nelle precedenti audizioni, è quello
della creazione di un pubblico che per
quanto riguarda l’arte contemporanea è
certamente meno diffuso sul nostro territorio rispetto all’attenzione che generalmente il grande pubblico presta nei confronti del Rinascimento italiano o di altri
filoni di espressione artistica. Poiché voi
avete una relazione importante con il
mondo della scuola, essendovi affidata la
formazione degli esperti e formatori, che
possano andare, a loro volta, a lavorare
negli istituti scolastici, volevo capire che
tipo di rapporto stretto si può allacciare
con tale settore, attraverso i vari corsi
abilitanti.
Infine, esprimo due considerazioni, non
si tratta di domande (solitamente, durante
le audizioni, poniamo delle domande, proprio per raccogliere elementi che ci aiutino a capire e a circoscrivere il problema
che stiamo affrontando). Comprendo e
condivido il vostro grido di dolore che si
riferisce a due situazioni: una è quella
descritta soprattutto dal direttore dell’Accademia di Roma, il professor Castelli,
relativamente all’angustia di spazi e di
risorse economiche; l’altra è rappresentata
da una situazione di stallo determinata
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dalla mancanza di una normativa che
faccia chiarezza in via definitiva, essendo,
purtroppo, passati diversi anni da una
riforma importante e dall’adozione di alcuni decreti attuativi, che sono stati altrettanto importanti ma non completi .
Devo dire che la nostra Commissione si
è occupata molto di scuola, di università,
ma ammetto – facciamo ammenda, i colleghi saranno concordi con me – che ci
occupiamo un pochino meno dell’AFAM.
Credo che potrebbe essere opportuno – lo
chiedo al Presidente – rimandare a un’occasione di ulteriore approfondimento insieme a voi, ai conservatori, agli istituti
musicali pareggiati, all’Accademia di
danza e via dicendo, sui temi specifici di
questa riforma il cui avvio, paradossalmente, non è ancora concluso; infatti,
siamo ancora in una fase sperimentale
procrastinata a lungo.
La mia ultima considerazione: a fronte
delle difficoltà economiche di cui parlavamo, voglio ricordare il comma 1145
della legge finanziaria, che ha previsto 20
milioni di risorse aggiuntive per queste
finalità. Sicuramente sono pochi, ma si
tratta comunque di un segnale di attenzione a un sistema che è stato profondamente trascurato.
DOMENICO VOLPINI. Anch’io vi ringrazio per essere venuti. Vorrei porvi due
brevissime domande, la prima delle quali
è relativa ai problemi della validità del
titolo di studio. Quando elaborammo la
riforma con il Ministro Berlinguer, la legge
– per quello che mi ricordo – era abbastanza chiara, essendo prevista l’equiparazione al titolo universitario.
GIOVANNA CASSESE, Vicedirettrice
dell’Accademia di belle arti di Napoli. Equipollenza !
DOMENICO
cosa...
VOLPINI.
8
È
la
stessa
GIOVANNA CASSESE, Vicedirettrice
dell’Accademia di belle arti di Napoli. No !
DOMENICO VOLPINI. C’è l’equipollenza...
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PRESIDENTE. Vi prego di non interrompere, parlerete successivamente.
DOMENICO VOLPINI. Poi mi darete le
vostre risposte e soprattutto i vostri suggerimenti affinché ci sia possibile intervenire. Comunque, ricordo bene tutte le
discussioni che facemmo; il concetto fondamentale era che le Accademie e i conservatori non sono università; infatti –
questa era l’idea anche di Berlinguer –
non li si è voluti ingabbiare nelle leggi
universitarie, in quanto i professori delle
Accademie e dei conservatori sono considerati artisti. Una persona può benissimo
essere in possesso della licenza elementare
ed essere un grande artista, un genio, ed
insegnare all’Accademia.
Quella riforma aveva una sua ratio e
ora, se deve essere conclusa, portiamola a
termine: dateci le indicazioni in modo tale
che si possa intervenire a modificare la
legislazione, affinché abbiate la possibilità
di operare alla stessa stregua di tutte le
altre Accademie europee. L’idea era, infatti, quella di mettere le Accademie italiane alla stessa stregua di quelle europee,
poiché stiamo costruendo, appunto, delle
Accademie europee (non più tedesche, italiane e cosı̀ via ).
È importante che voi, che avete sperimentato direttamente la riforma, ci diate
indicazioni concrete per migliorare la legislazione e quanto ne consegue.
Come deputato romano, sono venuto in
quegli anni all’Accademia della mia città e
ho interesse che la stessa si sviluppi.
Nel caso dell’Accademia di belle arti
cinese, Alfio Mongelli, di ritorno dalla Cina
– non so se siate andati insieme – mi ha
raccontato quello che avete trovato in quel
Paese e in altre parti del mondo. Penso
che sia difficile avere un’Accademia di
quel genere, però vi chiedo se avete individuato degli stabili, perché in quel caso,
possiamo fare un discorso tutti insieme,
deputati e senatori romani, per mobilitarci
e convincere l’amministrazione comunale,
regionale e provinciale, a seconda dell’appartenenza degli stabili, a cederli.
Mia figlia ha studiato nella sede distaccata del liceo artistico, vicino a Regina
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Coeli, che deve essere sicuramente migliorata. Individuate gli stabili e teniamoci in
contatto, in modo che si crei questo
gruppo di parlamentari che lavorino per
ottenerli.
LAURA FRONER. Saluto anch’io volentieri tutti gli ospiti e riprendo due punti
trattati in parte dall’onorevole Ghizzoni. Il
primo punto riguarda il discorso della
formazione artistica dei giovani e le eventuali attività di promozione degli allievi
migliori. A questo proposito, mi ricollego
alla domanda che è stata già posta: in che
rapporti siete – alcuni lo hanno detto,
altri no – con gli enti locali, i comuni, le
province e le regioni ? Ci sono possibilità
di svolgere con essi delle attività promozionali che possano servire per far conoscere gli allievi migliori sul territorio e
dare loro l’opportunità di fare degli
scambi attraverso i rapporti che gli enti
locali hanno tra di loro ?
Inoltre, vorrei sapere meglio, in generale con riferimento a tutte le vostre sedi,
che opportunità ci sono di promuovere gli
scambi internazionali, oltre a quelli di cui
avete già parlato.
Infine, riguardo alla possibilità di introdurre nuove figure professionali che
vengono richieste dalle nuove tecnologie –
credo ne abbia parlato il direttore dell’Accademia di Napoli – che opportunità ci
sono presso le vostre sedi o presso le sedi
delle Accademie in Italia ?
PAOLA GOISIS. Porgo un saluto ai
convenuti. Mi riallaccio alle domande già
poste dalle colleghe perché sono sempre
molto attenta alla questione dei ragazzi,
degli studenti.
Mi sembra – se non ho capito male –
che vi sia una situazione di confusione
(uso un termine forse non appropriato)
all’interno delle professionalità, o comunque una situazione caratterizzata dalla
mancanza di una particolare specificità.
La mia domanda è questa: c’è il rischio
di creare illusioni in questi ragazzi, il cui
numero è molto elevato ? Questa è la mia
paura, che è determinata dal fatto che ho
sentito nominare delle professionalità spe-
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cifiche – si è parlato delle attività di
restauro a Napoli o delle opere di scenografia – ma non si è fatta menzione di
altre professionalità alle quali questi studenti possono rivolgersi.
Esiste il rischio dell’illusione ? Come
ritenente che questo sia risolvibile ? Quali
ulteriori possibilità si possono dare a questi ragazzi ?
Un’altra considerazione emersa riguarda la preparazione precedente, perché
l’Accademia – cosı̀ mi pare di aver capito
– svolge la funzione di università dell’arte.
Quali sono gli studi che questi ragazzi
devono svolgere, in modo adeguato ? Spero
che non si tratti degli istituti professionali
d’arte; affermo questo perché da noi questi esistono e, purtroppo, sono frequentati
da coloro che non hanno ottenuto risultati
negli altri istituti.
Vi chiedo se la questione possa rappresentare un problema ed eventualmente
quali soluzioni e suggerimenti avete per
poter indirizzare questi ragazzi.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai
nostri ospiti per la replica.
GIUSEPPE BONINI, Docente di estetica
dell’Accademia di belle arti di Milano. Signor Presidente, ringrazio tutti i parlamentari per averci ricevuto. I problemi
delle Accademie, come già si è visto da
queste poche note, sono vari, complessi e
molto articolati.
Riprenderei l’appello dell’onorevole
Ghizzoni di affrontare questi temi in maniera analitica perché se ne stanno sommando diversi.
La legge di riforma n. 508 del 1999 ha
equiparato il titolo delle Accademie alla
laurea, ma ai fini concorsuali, ovvero in
caso di concorso. Non è mai stato emanato
un decreto che stabilisse delle vere equipollenze, per cui si è determinato il problema che veniva prima segnalato.
Il successivo decreto del Presidente
della Repubblica n. 212 del 2005 ha creato
una struttura ben precisa all’intero delle
Accademie, aprendole a tutte le nuove
esperienze e tecnologie. Ai quattro corsi
fondamentali, ricordati prima dal profes-
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sor Castelli, si sono aggiunti quei corsi
legati alla realtà contemporanea, alle
nuove tecnologie dell’arte e a tutti gli
aspetti multimediali. È stato aperto il
restauro, come è stato ricordato per Napoli, il disegno per l’impresa, oltre alla
didattica e alla comunicazione per l’arte.
Le scuole previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005
sono dieci; prima avevamo quattro corsi
tradizionali, oggi abbiamo dieci scuole raccolte in tre diversi dipartimenti. Mi sembra utile ricordarlo per chiarezza.
Vengono rilasciati, quindi, dieci diversi
titoli, almeno di primo livello. Poi, ci sono
i corsi di secondo livello perché, in buona
parte, il citato decreto prevede che sia già
istituzionale il primo livello e sperimentale
il secondo livello (quindi avremo poi altri
titoli da spendere).
Questo pone una serie di problemi
molto seri, poiché l’organico è rimasto
quello dei corsi tradizionali, con la presenza però di corsi complementari legati
ai corsi tradizionali. I nuovi corsi sono
tenuti da docenti a contratto, pertanto le
Accademie, attraverso concorsi pubblici,
assumono docenti, il cui contratto viene
rinnovato di anno in anno.
Sorgono, quindi, problemi di finanziamento, di rapporti con i docenti e via
dicendo.
Un altro aspetto della questione è
quello per cui vengono ricordati i rapporti
con la città. I nuovi corsi, come sottolineato per Napoli, sono molto importanti
per il legame con la città, perché creano
nuove professioni e possibilità di realizzare opere di restauro, di accedere al
settore multimediale, oltre alla possibilità,
offerta dalla comunicazione e dalla didattica per l’arte, di lavorare con le istituzioni
locali proprio nell’ambito della comunicazione del museo, delle mostre d’arte e via
dicendo.
In altre parole, la legge n. 508/1999 ha
dato all’Accademia grandi opportunità, ma
a questo non ha fatto seguito una legislazione che la mettesse in condizione di
lavorare al di là della volontarietà di noi
docenti. Abbiamo attuato questa riforma a
costo zero, pagando sulla nostra pelle.
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Ho seguito, come coordinatore, la nascita del restauro e oggi coordino il dipartimento arte visive. Il tutto viene svolto
a livello di volontariato; infatti, se prima
con quattro corsi c’era un determinato
impegno, oggi, con dieci scuole e tre dipartimenti, l’impegno è raddoppiato, ma –
come ricordava il professor Castelli – le
risorse, gli spazi, i finanziamenti e l’organico non sono cambiati.
Questa è la difficoltà, oltre a un’altra
serie di problemi che sono stati ricordati
dai diversi onorevoli e che meritano
ognuno un approfondimento.
Non vorrei rubare spazio agli interventi
dei colleghi, però vorrei sottolineare che
da un lato la riforma ha consentito una
grande apertura , dall’altro sono venuti a
mancare, in questi otto anni, i supporti
legislativi, finanziari e di organico in grado
di attuarla a pieno titolo .
RAFFAELLA PULEIO, Rappresentante
del Consiglio accademico dell’Accademia di
belle arti di Roma. Sono Raffaella Puleio e
insegno storia dell’arte moderna all’Accademia di Brera. Vorrei fare solo una
chiosa alle considerazioni del signor Bonini. Ho afferrato il senso delle domande
dei parlamentari rispetto alla promozione
delle arti contemporanee nel nostro Paese
e del nostro Paese, arti di cui vantiamo
un’antica e prestigiosa tradizione. Tuttavia, di fatto – questa è l’esperienza vissuta
nell’Accademia di Brera, che credo sia la
più grande Accademia italiana, quantomeno per il numero degli iscritti, con poco
meno di 4.000 studenti – abbiamo messo
in piedi una macchina infernale. Abbiamo,
infatti, avviato anche in fase sperimentale
tutti gli indirizzi e i corsi che la legge ci
consentiva di avviare, per vedere quali
funzionassero, quali, ad esempio, ci consentissero di non creare illusioni e quali
offrissero reali opportunità di lavoro sul
territorio.
Ebbene, sono emersi tre problemi, dei
quali il primo è che probabilmente ogni
Accademia deve utilizzare un’istituzione e
sviluppare al massimo le vocazioni territoriali. In questo, la prospettiva dei politecnici delle arti è certamente una strada
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opportunamente pensata, attraverso la
quale differenziare le varie istituzioni.
Un secondo problema, rispetto al quale
desideriamo sensibilizzare i parlamentari,
riguarda il fatto che la promozione delle
arti contemporanee, per quanto concerne
l’aspetto della formazione e le Accademie,
è in questo momento indissolubilmente
legata all’attuazione completa della legge
n. 508/1999, vista la disparità tra il progetto di formazione che abbiamo messo in
atto e le difficoltà dell’organico. Oggettivamente le Accademie non sono più né
carne né pesce, non facendo parte né della
scuola secondaria, né dell’università.
Apro una parentesi nella parentesi.
Credo che ci si sia impantanati in un falso
problema sul tema del riconoscimento giuridico universitario dei docenti delle Accademie o dei conservatori. Ogni linguaggio e ogni disciplina ha sicuramente le sue
specificità e, per quanto riguarda il passato, molti prestigiosi artisti non avevano
bisogno di formazione universitaria o, comunque, di alta formazione universitaria
per accedere a livelli di prestigio.
Stiamo ora formando una classe di
artisti a livello universitario, ma mi sembra esagerato aspettare venti anni che
un’intera classe dirigente si formi per
poter adeguare l’organico di queste istituzioni al titolo di studio che esse rilasciano.
Riguardo al titolo di studio – credo che
sia già stato detto dal professor Bonini –
deve essere portato a compimento tutto
l’iter legislativo che porti alla piena equiparazione dei titoli Accademici ai titoli
universitari.
Infine, per quanto riguarda l’introduzione delle nuove figure istituzionali – tema
che mi sembra interessante – a Brera siamo
particolarmente sensibili, poiché l’aver
messo in piedi una mole di lavoro cosı̀ importante, impegnativa, differenziata e articolata su vari settori e su vari aspetti della
politica della città porta anche alla necessità
di una gestione economica dell’istituzione
completamente diversa dal passato.
Nel documento con il quale sono stata
invitata all’odierna audizione ho letto dell’introduzione della figura dell’addetto al
found raising o dell’istituzione di uffici di
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development sulle politiche dell’Accademia.
Questo è certamente uno spazio che deve
essere aperto per sperimentare politiche di
gestione nuove di questi istituti che stanno
passando, mi sembra di capire dalla nostra esperienza, da una situazione di totale
assistenzialismo a una situazione in cui
possiamo cominciare a produrre profitti
da reinvestire nella politica culturale.
Noi, da artisti o storici, non siamo forse
in grado di farlo, però sarebbe assolutamente auspicabile fornirci strumenti legislativi per poter creare degli uffici che ci
aiutino in questo.
ANDREA VOLO. Rappresentante dell’Accademia di belle arti di Roma. Di mestiere faccio il pittore e ho una lunga
esperienza, come si può capire dai miei
capelli bianchi, nell’ambito della docenza,
prima nei licei artistici, poi negli istituti
d’arte e, infine, nell’Accademia.
È stato sollevato il problema della formazione secondaria superiore, ossia di
come arrivano questi ragazzi nelle Accademie. Essi arrivano oggi nelle peggiori
condizioni possibili, per un semplice motivo. Ho partecipato a tutte le stazioni di
questa via crucis, nel senso che ho fatto
parte di ogni commissione relativa alla
Brocca, alla sperimentazione Michelangelo, Raffaello, e a tutti questi fenomenali
prodotti dell’ingegno umano. Ho partecipato anche alla commissione dei cosiddetti
« Trecento » della gestione Berlinguer-De
Mauro, cosı̀ come alla commissione istituita dal Ministro Moratti.
Ebbene, in tutte queste commissioni
che hanno elaborato i nuovi piani di
studio, la tendenza era quella di ridurre
drasticamente le ore che riguardavano
l’esperienza didattica legata al fare e al
saper fare, nel nome del fatto che i poveri
studenti non possono « stare al chiodo »
per 42 ore, ma devono raggiungere un
tetto massimo di 30 o 32 ore.
Dietro questa nobile insegna – è chiaro
che gli studenti non possono essere sovraccaricati ! – mi chiedo quando dovranno essere caricati di competenze specifiche, legate anche a una formazione
precoce. Da questo non si può sfuggire.
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Dietro a questo, si nascondono problemi di banale risparmio e, quindi, di
abbassamento del numero delle ore , che
corrisponde ad un risparmio sul numero
delle cattedre.
Ignorare questo problema significa non
capire la situazione dei licei artistici e
degli istituti d’arte. Fino alla conferenza di
Bregenz, alla quale ho partecipato, il nostro sistema di formazione artistico era
considerato un esempio per l’Europa. Non
so quanto questo esempio oggi possa reggere, considerato che, quando va bene, si
prevede solo un’informazione sui problemi
dell’arte e che i ragazzi hanno perso i
fondamentali per accedere alla formazione
di livello universitario.
Se il Presidente me ne dà la facoltà,
vorrei aggiungere brevemente altre considerazioni in risposta – in seguito, consegnerò alla Commissione un documento –
alle ulteriori domande che sono state poste.
Ad esempio, per quanto riguarda i
rapporti con gli enti locali, essi sono
previsti dalla legge n. 508/1999, ma il tetto
che viene posto per l’accesso ai consigli di
amministrazione è talmente alto che non
c’è nessun ente locale che sborsa cifre
nell’ordine di 700.000 euro per avere un
rappresentante nel consiglio di amministrazione.
Constatato questo, formulo una semplice proposta: perché non abbassare la
soglia per l’accesso ? Questo consentirebbe
a molti enti locali di avere un rapporto
organico nei consigli di amministrazione.
Si tratta di problemi che, naturalmente,
si accompagnano a una certa distrazione –
se mi è consentito dirlo in questa sede –
da parte di coloro che hanno varato la
legge n. 508/1999, che se ben ricordo, fu
approvata all’unanimità, salvo l’astensione
della Lega nord, per cui questi meccanismi
non sono stati adeguatamente rivisti. Infatti, è evidente che ci sono degli ingorghi
che non permettono una piena attuazione
di questa legge, che è stata bloccata per i
rilievi del Consiglio di Stato. Sembra che
i decreti siano in via di determinazione –
mantengo tutte le riserve sulla qualità del
lavoro svolto – ma mi sembra opportuno
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che si arrivi a una soluzione, perché poi
venga eventualmente modificata la suddetta disciplina.
Quanto alla domanda sull’eventuale
confusione delle professionalità posta dall’onorevole, occorre dire che essa certamente esiste. Tuttavia, anche da questo
punto di vista, è necessario decidere che
cosa si vuole, ossia se si desidera, ad
esempio, una formazione di massa più o
meno indistinta in modo da coprire le
difficoltà economiche. Con i numeri, infatti, si coprono le difficoltà di finanziamento che incontriamo. Le risorse ci vengono ridotte ogni anno del 20 per cento, il
che significa che ogni Accademia cerca di
incamerare il maggior numero di iscritti;
l’esatto contrario di ciò che avviene in
Europa. I miei colleghi europei hanno
classi di 20-25 ragazzi, mentre in Italia la
quantità di partenza per quanto riguarda
il vecchio ordinamento raggiunge la cifra
di 80 ragazzi.
Ad ogni modo, al di là di rivendicazioni
pseudo-sindacali, il problema riguarda la
selezione, ossia quando cominciamo a
mettere le persone che si affidano ai nostri
piani di studio nella condizione di poter
decidere del loro futuro.
Tale assunzione di responsabilità – il
cui significato è mettere all’ordine del
giorno il problema della qualità, che non
può consistere solo nel riempirsi la bocca
con i numeri – deve essere posta all’attenzione di chi ci governa.
Da ultimo, vorrei esporre le richieste,
che ritengo si possano sintetizzare in questo elenco: un immediato completamento
della legge n. 508 del 1999 con i necessari
correttivi, per venire incontro alle contraddizioni più evidenti; l’avvio di un
nuovo progetto di riforma che separi le
Accademie dai conservatori musicali; il
passaggio immediato della docenza delle
Accademie a contratti di livello universitario (oggi gli stipendi dei docenti sono
talvolta più bassi di quelli dei docenti della
scuola secondaria superiore, per cui i
docenti al massimo della carriera non
raggiungono i 2.000 euro netti mensili); la
destinazione di risorse per la costruzione
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di nuove aule e laboratori; la ristrutturazione a norma degli spazi preesistenti.
Raccomando, a tal proposito, una visita
all’Accademia di belle arti di Monaco che,
pur avendo una magnifica sede storica,
accanto a quella esistente, ha creato una
nuova struttura tanto bella da lasciarci gli
occhi.
Un’ulteriore richiesta è quella di risolvere la contraddizione tra la necessità di
far cassa – come ho detto – e i problemi
della qualità, oltre all’istituzione di nuovi
percorsi di eccellenza, con la garanzia
effettiva di autonomia di gestione.
PRESIDENTE. Grazie professor Volo.
Se ci lascia il documento completo, sarà
utile per il nostro lavoro. Vi chiedo il
massimo della collaborazione, perché
siamo già oltre ai tempi che erano previsti.
MARCO BUSSAGLI, Rappresentante
dell’Accademia di belle arti di Roma. Sarò
rapidissimo. Intanto ringrazio, ovviamente,
per la vostra attenzione che – tengo a
sottolineare – fa bene a noi che operiamo
nell’ambito delle Accademie di belle arti.
I problemi che sono stati posti dai
signori onorevoli sono in realtà collegati,
nel senso che l’aspetto fondamentale per
garantire ai giovani una formazione e
un’attenzione
all’arte
contemporanea
passa, purtroppo, per la riconoscibilità del
titolo di studio. Infatti, nella migliore delle
ipotesi, una persona frequenta quattro
anni del corso ordinamentale per avere un
diploma equiparato ad una laurea universitaria triennale. Questo è assurdo !
Personalmente sono laureato in storia
dell’arte, oltre a essere professore all’Accademia: ho frequentato per quattro anni
ed il mio titolo è stato equiparato a una
laurea quinquennale. Quindi, non si capisce questo aspetto, dal quale discende
tutto il resto. Infatti, nel momento in cui
lo studente ha la possibilità di intraprendere con serenità un certo percorso, nell’ambito delle Accademie troverà professionalità di altissimo livello. Se percorrete
questo corridoio, vedrete almeno quattro
quadri, presenti in questo Parlamento,
dipinti da professori delle Accademie.
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Non si tratta, quindi, di una questione
di qualità dei docenti, ma di attrezzatura
e, soprattutto, di investimento. Lo Stato
italiano deve pensare che non si tratterebbe di soldi buttati, ma di fondi investiti
nella formazione; sarebbe come metterli in
banca, perché l’arte ha la capacità di
restituirli con gli interessi.
GIOVANNA CASSESE, Vicedirettrice
dell’Accademia di belle arti di Napoli. Sono
una storica dell’arte e concordo con
quanto è stato detto prima. Sarò brevissima.
Mi preme aggiungere a quanto già sottolineato dai miei colleghi alcuni punti
essenziali. Ringrazio per l’attenzione della
Camera, perché per una volta viene messo
al centro della questione dell’arte contemporanea il tema delle Accademie. Non
esiste una questione delle Accademie, ma
del contemporaneo.
Vorrei riportare l’attenzione sulla specificità del sapere dell’Accademia. Non mi
associo, perché credo che abbiamo ancora
un futuro, alla storia del pianto antico,
anche se chiaramente lo farei – vengo da
un sapere universitario – ma mi affascina
profondamente e trovo anche più intrigante il sapere dell’Accademia, il modo di
conoscere dell’Accademia che oggi le università ci vogliono imitare.
Personalmente vengo dall’università, ho
un dottorato e credo che il sapere laboratoriale dell’Accademia – l’imparare facendo, il saper fare imparando, il pensiero
della mano, per ricordare Focillon – è
quello che ci può salvare.
Ricollegandomi all’invito del Presidente, occorre riportare l’attenzione sul
fatto che quella dell’arte contemporanea
in Italia è una questione anche di formazione, cercando di evitare di ricondurre il
discorso delle Accademie soltanto su questioni – giustissime e che sento in prima
persona, lavorando dalla mattina alla sera
in un’Accademia – legate a rivendicazioni
salariali, agli spazi e via dicendo. Voi avete
questo compito e ciò va assolutamente
fatto, tuttavia, bisogna restituire alle Accademie quella dignità che esse necessariamente devono avere.
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Camillo Boito nel 1861 propose di chiuderle. Noi oggi – lo dicono i numeri delle
iscrizioni – non possiamo chiuderle per
moltissimi motivi, primo fra tutti il fatto
che ci dobbiamo attestare sul modello
europeo della Hochschule di Berlino o
delle facoltà di Bellas artes di Madrid che,
in tempi più brevi, hanno attuato una
riforma portandola fino in fondo.
È chiaro, quindi, che bisogna riconoscere il ruolo universitario, cosı̀ come il
titolo, e rivendicare il nostro ruolo di
docenti universitari – perché noi, di fatto,
svolgiamo tale ruolo – tuttavia, riconoscere in modo definitivo l’importanza del
sapere laboratoriale, del knowhow, significa definire un campo paradigmatico di
formazione alle Accademie. Troppo spesso
in Italia ci si ruba il campo di formazione.
Vorrei portare solo qualche esempio,
perché non vorrei abusare della vostra
attenzione. C’è un problema molto preciso
nel campo dell’arte contemporanea – mi
rifaccio sempre all’invito del presidente –
ossia quello della conservazione dell’arte
pubblica del contemporaneo. Abbiamo firmato questa convenzione d’avanguardia
sulla salvaguardia del contemporaneo, ma
non si può non ricordare in questa sede
che è necessario riconoscere che sono
proprio le Accademie il luogo per eccellenza della formazione del restauro e
tanto più del moderno e del contemporaneo. Sono le Accademie perché il
knowhow dei laboratori, del fare, del vedere l’arte è essenziale nella formazione di
un restauratore del contemporaneo, che
significa anche valorizzazione del contemporaneo.
La didattica dell’arte, ad esempio, la
comunicazione nel contemporaneo, la figura del curator sono altri campi precisi in
cui l’Accademia deve avere il suo spazio
formativo, riconosciuto a tutti gli effetti,
non continuamente rubato all’università.
Abbiamo il grande problema del riconoscimento del titolo per il Ministero per
i beni e le attività culturali e in questo
chiediamo il vostro aiuto. Mi associo all’Accademia di Brera in questo senso.
L’Accademia di Napoli è l’unica nel centro
meridione ad avere un biennio speciali-
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stico in restauro del contemporaneo.
Manca ancora un decreto interministeriale
che riconosca alle Accademie di belle arti
la possibilità di diplomare restauratori
tout court, poiché ci viene riconosciuto il
titolo di collaboratore restauratore, ma
non quello di restauratore finito. Tuttavia,
la formazione europea ci richiede il quinquennio e le Accademie si sono attrezzate
per aprire in tutta Italia corsi perfettamente all’avanguardia con docenti a contratto anche di chimica e via dicendo.
Vorrei dire ancora due parole. Le Accademie non sono semplici scuole, né
semplici università, ma sono luoghi complessi. Le Accademie storiche italiane –
che qui rappresentiamo – hanno un
grande patrimonio d’arte.
L’Accademia di Napoli ha una galleria
con oltre 1.000 opere fra dipinti, sculture
e via dicendo, e archivi storici che sono
essenziali per la storia dell’arte moderna e
contemporanea. Abbiamo una grandissima
gipsoteca, ma non siamo gli unici: ci sono
quella di Bologna e quella di Brera, ad
esempio. Inoltre, Napoli sta per riaprire la
nuova sede nel 2007.
Ci sono, inoltre, le biblioteche. Pensate
che molti dei materiali bibliografici come
cataloghi, cataloghini, opuscoli e quant’altro si trovano solo nelle biblioteche delle
Accademie, perché sono la memoria storica della nostra storia dell’arte, perlomeno dal XVIII secolo ad oggi.
Mancano totalmente figure professionali che devono curare questi aspetti e
manca il sostegno alle amministrazioni
che si devono interessare di un patrimonio, che, oltre ad assumere rilevanza per
la sua stessa conservazione, è essenziale e
parte integrante di una moderna didattica
del contemporaneo.
Senza comprendere questo, non si può
fare nulla. Ecco la differenza fra imparare
il restauro in un’Accademia, all’ICR (Istituto Centrale del Restauro) o all’università. Noi abbiamo il materiale su cui
intervenire, molte volte all’interno delle
stesse Accademie.
È necessario, inoltre – e con questo
concludo – promuovere la ricerca. È vero
che c’è un’equipollenza del titolo, ma non
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ci sono fondi nell’Accademia per la ricerca. Nelle Accademie, ricerca significa
produzione, esposizione della produzione
e, quindi, poter realizzare gli spettacoli e
organizzare le mostre. Peraltro, è di questi
giorni a Napoli l’apertura della Galleria
del giardino. Napoli è fortunata perché ha
una sede molto bella, destinata soltanto
all’esposizione delle opere dei migliori studenti. Tuttavia, è necessaria un’attenzione
alla produzione e alla ricerca, perché
ricerca e didattica sono indissolubili.
PRESIDENTE. La ringrazio professoressa Cassese, anche per la nota di ottimismo, se cosı̀ posso dire, senza voler
affermare che i suoi colleghi siano stati
pessimisti. Ne approfitto, perché non succede spesso che le Accademie vengano
ricevute in Parlamento.
Tramite il presidente della Conferenza
dei direttori, professor Carlomagno, vorrei
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che venisse trasmessa la forte e unanime
determinazione di questa Commissione, al
di là delle differenze politiche, a puntare
moltissimo sul vostro lavoro. Ringrazio i
docenti, spesso retribuiti in un modo scandaloso, per quanto stanno facendo, insieme al personale e agli stessi studenti,
per tenere vivo questo importantissimo
settore.
Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro
conclusa l’audizione.
La seduta termina alle 15,10.
IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO RESOCONTI
ESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE
DOTT. COSTANTINO RIZZUTO
Licenziato per la stampa
l’11 settembre 2007.
STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIETRO FOLENA La seduta