XIV assemblea diocesana di Azione Cattolica
della Diocesi di Acqui - triennio 2011-2013
SI ACCOSTO’ E CAMMINAVA CON LORO
MATERIALI PER IL CONSIGLIO E LA PRESIDENZA DIOCESANA,
PER I RESPONSABILI PARROCCHIALI 2011-2013
Documento Finale approvato dalla XIV assemblea di ACI di Acqui
“Si accostò e camminava con loro”
Interventi principali svolti durante l’assemblea del 13 marzo 2011
- mons. Pier Giorgio Micchiardi, vescovo di Acqui
- Marisa Bottero, presidente diocesana di Acqui
- Davide Chiodi, saluto del presidente della XIV assemblea diocesana
- Pier Giorgio Reggio, delegazione regionale ACI Piemonte e Valle d’Aosta
- G.Franco Agosti, consiglio nazionale ACI
IL NUOVO CONSIGLIO DIOCESANO
dell’AC ACQUESE - 2011-2013
In base alle elezioni svoltesi domenica scorsa – alle
quali hanno partecipato 99 responsabili parrocchiali –
il nuovo consiglio risulta così composto: responsabili
unitari: Marisa Bottero (Alice BelColle), Gotta Silvia
(Nizza M.to), Cavallero Luigino (Canelli), Gagliardi
Silvana e Rapetti Emanuele (Acqui T.); consiglieri per
il settore adulti: Gotta Flavio e Riccabone Claudio
(Canelli), Trinchero Laura (Mombaruzzo), Valente
Adriano (Acqui T.), Piana Rosa (Sezzadio), Grillo
Barbara (Ovada); consiglieri per il settore giovani:
Cavallero Daniele e Chiapella Marco (Canelli),
Castrogiovanni Claudia e Valente Irene (Acqui T.),
Lottero Simone, Bisio Eleonora e Marco Cazzulo
(Ovada); consiglieri per l’ACR: Abbiate Paolo
(Sezzadio), Pincerato Lucia (Rivalta B.da), Gabriele
Bera e Riccabone Simona (Canelli), Assandri
Margherita (Acqui T.), Foglino Paolo (Alice), Piana
Caterina (Mombaruzzo). Entrano a far parte delle
equipe diocesane: Gazzetta Angelo di Rivalta,
Marchelli Marco di Nizza, Cocino Silvia di Bruno,
Rapetti Vittorio di Acqui (per gli adulti), Terruggia
Paolo di Canelli, Giraudi Laura di Rivalta, Lottero
Chiara di Ovada (per giovani e ACR).
Marisa Bottero, in qualità di consigliere anziano
(avendo riportato il maggior numero di voti in
assemblea) ha convocato la prima seduta del nuovo
consiglio per sabato 26 marzo presso il Centro
diocesano di Acqui alle 21, per la proposta al vescovo
della nomina del nuovo presidente diocesano e per la
elezione degli altri componenti della nuova
presidenza diocesana, chiamata a guidare l’AC
acquese nel prossimo triennio 2011-2013.
1
XIV assemblea diocesana di Azione Cattolica
“avanti, nel Signore”
mons. Pier
Giorgio Micchiardi, vescovo di Acqui
Un cordiale saluto a tutti, in modo particolare alla Presidente, al Consiglio e agli assistenti
ecclesiastici. Buona Quaresima.
1. Ho letto il documento finale, con la descrizione della “salute” dell’ACI diocesana e con la
riaffermazione dei suoi impegni.
Grazie perché ci siete e “avanti nel Signore”. Gli impegni del triennio sono stati molti.
Preghiamo perché portino frutto !
2. Riguardo alla “stato di salute” leggo l’accenno ad alcune sofferenze. Ad esempio, la
diminuzione dei giovani, che spesso sono costretti a emigrare; una scarsa attenzione dai parte
dei preti al ruolo e all’impegno dell’AC. Sono dati di fatto, ma non devono bloccare l’impegno
a crescere e a testimoniare. Dico a tutti, e in modo particolare alle associazioni parrocchiali
che “ansimano”: puntate molto sull’essere. Verrà poi l’agire.
Per quanto riguarda l’agire, prima di pensare a progetti straordinari, puntate sulla
collaborazione con i parroci su alcuni punti nodali per la vita parrocchiale: consigli
parrocchiali; progettazione del piano pastorale parrocchiale, in sintonia con quello diocesano;
catechesi per l’iniziazione cristiana, animazione della liturgia e della carità. Tutto questo
secondo il metodo suggerito a Verona: partire sempre dalle situazioni concrete che stanno
vivendo gli interlocutori.
I gruppi parrocchiali che hanno difficoltà ad avere momenti formativi in parrocchia, utilizzino
quelli offerti dal Centro diocesano e dalla Diocesi (corso di teologia e pastorale triennale e
quadriennale, in varie zone della diocesi).
Sempre riguardo alle associazioni parrocchiali: con il vostro trovarvi insieme, non solo per
progettare, ma soprattutto per aiutarvi insieme a crescere nella fede, siate fermento nella
massa per combattere l’individualismo e favorire la comunione, non solo nelle singole
parrocchie, ma anche tra parrocchie vicine.
3. Abbiamo parlato prevalentemente della vostra presenza in parrocchia e del vostro servizio
ai “cosiddetti vicini”. La vocazione dell’AC è quella di essere fermento nella massa, nella
società. Nel documento finale è scritto molto bene: “il laico di AC accoglie e vive la vocazione
cristiana, per orientare a Dio le realtà della famiglia e del lavoro, delle relazioni interpersonali e
della sessualità, della società e della politica”.
Sottolineo alcune urgenze di questi nostri tempi:
- necessità di orientare a Dio la realtà della famiglia (tutti siamo testimoni della sua crisi;
porteremo una specifica attenzione alle giovani famiglie nella lettera per il prossimo
anno pastorale)
- necessità di orientare a Dio il mondo del lavoro, della società e della politica. In questi
campi c’è urgente bisogno di proporre e vivere valori autentici, quelli che il Vangelo e
la grazia di Dio illuminano e fortificano (è uscito di recente un documento che raccoglie
le riflessioni della recente Settimana sociale dei cattolici “Una agenda di speranza per
l’Italia”).
4. Una parolina ancora sulla cura educativa di ragazzi e giovani (cfr. gli Orientamenti pastorali
della CEI per il presente decennio ed il volume dell’assistente della FUCI don A.Matteo “La
prima generazione incredula”). Partendo dalle loro problematiche, far loro incontrare Cristo
nella Chiesa.
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Per questo occorre migliorare l’impegno formativo degli educatori e quello formativo dei
ragazzi (penso in particolare ai campi estivi di Garbaoli). A questo riguardo chiedo una
maggior collaborazione con il centro di pastorale giovanile diocesana. Non è un antagonista
del centro diocesano di AC; è l’espressione della cura pastorale del Vescovo per ragazzi e
giovani. Lì l’AC ha e deve avere un posto particolare, per un aiuto e servizi reciproci. Attendo
giovani di AC a Madrid.
5. Concludendo il suo secondo volume su “Gesù di Nazaret” il papa scrive parole bellissime
che possono fortificare la nostra fede ed allargare il nostro cuore alla dimensione della gioia
vera: “Mentre benediceva, Gesù si staccò da loro e veniva portato su in cielo. Gesù parte
benedicendo. Benedicendo se ne va e nella benedizione egli rimane. Le sue mani restano stese
su questo mondo … le mani benedicenti di Cristo sono come un tetto che ci protegge. Ma sono al
contempo un gesto di apertura che squarcia il mondo, affinché il cielo penetri in esso e possa
diventarvi una presenza … Nell’andarsene Egli viene per sollevarvi al di sopra di voi stessi ed
aprire il mondo a Dio. Per questo i discepoli poterono gioire, quando da Betania tornarono a casa.
Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi. E’ questa la
ragione permanente della gioia cristiana”
Buona giornata e buon cammino !
+ Pier Giorgio Micchiardi
XIV assemblea diocesana di Azione Cattolica
prendere sul serio l’impegno
di servire il Vangelo e la Chiesa
attraverso l’associazione
Marisa Bottero, presidente diocesana di Acqui
Per prima cosa do il benvenuto a tutti voi: responsabili, soci e amici che avete voluto
condividere questo importante momento della nostra associazione.
Un grazie enorme va a tutti quelli che hanno collaborato alla preparazione di questa
Assemblea. Non dico i nomi perché sicuramente ne scorderei qualcuno, ma vi assicuro che qui
ieri lavoravano insieme ragazzi, giovanissimi, giovani e adulti ciascuno portando il suo
contributo speciale senza tirarsi indietro davanti alla fatica o alle difficoltà di comprendersi:
proprio come si fa in una famiglia.
Ora ci troviamo qui per vivere questa tappa del cammino assembleare preparata nei mesi
scorsi dalle varie assemblee parrocchiali.
L’elezione dei responsabili è un momento decisivo.
Significa infatti prendere sul serio l’impegno di servire il Vangelo e la Chiesa attraverso
l’associazione offrendo la propria disponibilità per un periodo di tempo così da aiutare il
cammino comune.
Non è stato semplice per molti accettare di essere segnalati come responsabili delle nostre
associazioni.
Ho usato proprio la parola segnalati perché come soci siamo tutti responsabili ma ad alcuni è
stato chiesto un passo ulteriore.
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Nell’AC difficilmente si trovano persone che vogliono mettersi in mostra mentre se ne trovano
tanti che nel nascondimento e in semplicità offrono tempo,capacità riflessioni e servizio
all’associazione e alla Chiesa.
D’altra parte occorre prendersi cura dell’associazione e “ I responsabili associativi e i
sacerdoti assistenti (parrocchiali/territoriali e diocesani) sono chiamati a:
curare la vita spirituale, la formazione culturale, ecclesiale e associativa, propria e
degli altri soci, responsabili e assistenti; stimolare la partecipazione attiva ed il senso
di Chiesa;
coltivare il dialogo e la fraternità dei rapporti, sostenendosi a vicenda con il consiglio
e l’aiuto, la preghiera e la correzione fraterna.
[rif.Statuto: artt. 10, 18, 23 - Reg.Naz art. 14]”
Nell’ac di Acqui sono presenti 29 associazioni parrocchiali e interparrocchiali con un totale di
952 iscritti di cui 196 ragazzi, 221 giovani e 535
adulti.
La nostra realtà è costituita per la maggior parte da piccole parrocchie distribuite su un
territorio diocesano che rende difficile incontrarsi.
A volte può esserci la tentazione dello scoraggiamento la voglia di lasciar perdere l’impegno
associativo anche perché spesso si è già attivi a vario titolo nella Parrocchia e l’essere ac
sembra superfluo.
Nella mia personale esperienza – che penso condivisa da molti – mi rendo conto che il mio
essere parte dell’ac mi permette di stare “in piedi” nella Chiesa con la coscienza di esserne
parte integrante portatrice della mia peculiarità di laica.
Inoltre il far parte di una rete di relazioni è sostegno nei momenti di stanchezza, quando
sembra di non poter dare niente, quando la vita di famiglia diventa complicata, quando sembra
di contare poco o nulla per la Chiesa e la società… quando fare discernimento di fronte alla
complessità del nostro quotidiano richiede il confronto con altri che condividono il cammino di
fede e anche quando sentiamo la voglia di condividere la gioia che il Signore ha riversato nella
nostra vita.
Come responsabili e soci di AC scegliamo di camminare insieme sostenendoci con la
preghiera, il consiglio, la collaborazione attiva.
La struttura associativa ci rivela che sì la nostra vita ordinaria si svolge in una parrocchia e in
un paese, ma siamo anche inseriti in un cammino più ampio anzitutto su scala diocesana, poi a
livello regionale e nazionale. E proprio queste diverse dimensioni ci aiutano ad aprirci alla
realtà più vasta della Chiesa e della società, facendo cogliere la bellezza di operare nella
realtà locale ma collegati ad una rete più ricca e complessa.
Più volte ho pronunciato la parola cammino ed è una ripetizione che non voglio correggere
perché ben rappresenta la nostra situazione : noi fin dalla nascita siamo in cammino verso il
Regno, verso l’abbraccio del Padre.
La strada che percorriamo a volte è in salita, a volte solitaria, in altri tratti è percorsa da tanti….
Abbiamo scelto come icona biblica della nostra assemblea il brano dei discepoli di Emmaus e
in particolare la frase: “Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò
e camminava con loro (Lc 24,15) e vorrei condividere con voi quanto mi sembra questa Parola
mi abbia suggerito.
Prima di tutto la delicatezza di Gesù: si accosta e cammina con loro, li ascolta, e poi li aiuta a
scoprire il disegno di Dio.
Sono solo due, ma Gesù è attento al loro bisogno di comprendere, di poter ancora sperare e
“perde tempo” con loro: dialoga, spiega, cammina finchè scende la sera… non si impone ma
attende l’invito a fermarsi con loro.
Nel documento assembleare che tra poco prenderemo in esame c’è una parte che ha come
titolo “ricomincio da tre”.
Ricomincio da tre lo voglio leggere anche in questo modo io – non da solo ma con un tu con cui
mi confronto – incontro il Signore che è venuto a cercare proprio noi (pochi – sfiduciati – che
non capiamo).
Questo incontro trasforma la stanchezza in voglia di andare incontro agli altri per raccontare la
cosa bella che ci è capitata (anche se vuol dire tornare indietro a Gerusalemme e la strada è
buia e pericolosa).
Occorre ora guardare alla nostra associazione: quante volte vorremmo essere di più, ci
contiamo e ci sembra che non valga la pena organizzare un incontro.
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Dobbiamo andare a scuola da Gesù Maestro che accoglie ogni persona con la sua unicità, gli
dona del tempo…
La cura educativa che Gesù dimostra verso i discepoli di Emmaus deve guidare anche il
nostro agire.
Nelle linee di impegno per il prossimo triennio vogliano tenerne conto, puntando ad una
maggiore vicinanza e compagnia con ciascuna associazione parrocchiale.
Una delle mie tante preoccupazioni quando ho accettato l’incarico di Presidente diocesano era
proprio il dover fare “discorsi ufficiali” . Non ne sono capace e rischio di ripetere sempre le
stesse cose….ma prima di lasciare la parola ad altri più bravi di me voglio dire alcuni grazie:
prima di tutto ai responsabili che hanno camminato insieme in questi tre anni e…..
e poi alla mia famiglia che mi ha sostenuto e mi sostiene accettando di essere qualche volta
messa al secondo posto …
XIV assemblea diocesana di Azione Cattolica
c’è bisogno dell’AC,
Davide Chiodi, presidente della XIV assemblea diocesana
Della serie: “A volte ritornano”… Per i suoi 140 anni l’Azione Cattolica si era proposta di
tornare alle origini e così tutta l’AC nazionale si è ritrovata a Castel San Pietro Terme (diocesi e
provincia di Bologna), dove è nato il fondatore e grande propulsore Giovanni Acquaderni.Io,
da buon piemontese che fa le cose sul serio, ho preso fin troppo in parola questo invito di
tornare alle origini e così a Castel San Pietro ho trasferito il cuore e - come ben sapete - mi
sono trasferito anche io, sposando la presidente dell’AC, Federica (questa volta ve l’ho
portata!).
Già questo è un ottimo motivo per essere grato all’Azione Cattolica e basta già questo per dire
che l’AC ancora oggi ha un suo perché e per consigliare a tutti la nostra associazione…
Castel San Pietro, patria di Acquaderni….nella radice di questo nome (come mi ha fatto notare
l’amico Silvio Crudo) c’è Acqui: la mia città natale, la mia Chiesa di origine.
Si può cambiare paese di residenza ma non viene meno il legame con la Chiesa che ti ha
generato alla fede e così sento ancora vivo il legame con la mia Chiesa di Acqui!
Proprio a Castel San Pietro, un padre cappuccino, il superiore del convento, che ha operato in
Africa per oltre 20 anni, ha raccontato un aneddoto, che dimostra come ogni situazione si
possa leggere in modi diversi.
Nel suo villaggio in Africa tutti andavano senza scarpe.
Un giorno venne il responsabile commerciale di un’azienda francese che produce scarpe e
fece la sua relazione alla casa madre: nessuna possibilità di mercato - nessuno porta le scarpe!
Stessa situazione, venne il responsabile di un’azienda americana:
Ottime possibilità di mercato-nessuno porta le scarpe!
Trasferiamo il ragionamento nell’ambito che ci sta a cuore.
La società è secolarizzata, a Messa ci va sempre meno gente, i giovani in Chiesa non si vedono
più, nessuno si comporta più secondo l’insegnamento della Chiesa.
E allora: nessuna possibilità per l’evangelizzazione, nessuna possibilità per l’AC !
Oppure: grandi possibilità ?
Noi crediamo che ci siano grandi possibilità, perché c’è un grande bisogno.
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Ha bisogno dell’AC il nostro Paese, colpito da una grande crisi: crisi economica, ma prima
ancora crisi di valori (il presidente dell’AC Franco Miano ha paventato che il nostro Paese sia a
un passo dal baratro); c’è una miseria, intesa come povertà materiale, che colpisce molte
famiglie, ma c’è anche una grande MISERIA MORALE, che chi ci governa rappresenta in modo
così emblematico, ma che evidentemente è diffusa.
C’è bisogno dell’AC, per la sua capacità di formare le coscienze e di educare al bene comune
in una fase come questa in cui pare che le persone chiamate a guidare i popoli non siano
all’altezza di questi tempi tragici.
Ha bisogno dell’AC la Chiesa, che ha attraversato un periodo di particolare turbamento,
come una barca nel mare in tempesta (secondo l’immagine usata dal Papa).
Ce n’è bisogno in questo momento in cui nella Chiesa sembrano mancare profeti. I profeti sono
quelli un po’ più avanti degli altri, sono uno stimolo e un pungolo per gli altri. I profeti sono
quelli di cui si può dire quello che affermò Paolo VI a proposito di Don Primo Mazzolari:
“camminava avanti con un passo troppo lungo e, spesso, non gli si poteva tener dietro; e cosí ha
sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. È il destino dei profeti”).
Allora c’è bisogno delle associazioni, in cui, al posto della profezia, c’è almeno un
discernimento comunitario e condiviso.
C’è soprattutto bisogno dell’AC perché l’Azione Cattolica aiuta a prendere in mano la
propria vita!
Quanto ne hanno bisogno i giovani di oggi!
Quanto ne abbiamo bisogno tutti noi.
Quante vocazioni forti, alla famiglia, alla vita sacerdotale e religiosa, sono nate nell’AC!
Quante decisioni importanti sono state prese…
E’ più che mai valida oggi l’immagine cara a Vittorio Bachelet negli anni Settanta:
“Nel momento in cui l’aratro della storia scava a fondo rivoltando profondamente le zolle
della realtà sociale italiana che cosa è importante? E’ importante gettare seme buono,
seme valido”
Questo seme è la fede cristiana, è l’amicizia del Signore, l’amore di Gesù che abbiamo
conosciuto nella Chiesa e nell’Azione Cattolica.
Abbiamo bisogno della Sua luce.
Quella fiaccola, da duemila anni, è passata di mano in mano (di generazione in generazione,
gli apostoli e i loro successori, le famiglie e le Comunità…mani di santi e mani di peccatori!) ed
è giunta fino a noi.
Ecco, che anche noi siamo direttamente coinvolti in questa dinamica: come parrocchia, come
famiglie, come Azione Cattolica!
Non è una luce che abbaglia, ma che lascia in penombra (e così si è liberi di accoglierla con
abbandono fiducioso o non accoglierla: “Ecco io sto alla porta e busso”).
Oggi vogliamo portare
questa luce alle donne e
agli uomini del nostro
tempo.
Possiamo farlo con fiducia
– vescovo, sacerdoti e
laici di AC - anche in
questi
tempi
difficili
perché sappiamo che la
Chiesa
e
l’Azione
Cattolica sono sempre nel
cuore del Signore, sono
nelle sue mani.
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XIV assemblea diocesana di Azione Cattolica
la presenza dei laici nella Chiesa
e il dialogo tra le generazioni
Piero Reggio, delegazione regionale ACI Piemonte-Valle d’Aosta
Cari amici,
un cordiale saluto, unito alla gioia di essere qui con Voi e al grazie per il vostro impegno.
Sentimenti che sono di tutta la Delegazione Regionale del Piemonte e Valle d’Aosta. Vorrei essere
capace di esprimerli in modo schietto e vivo. Anche il tema che è stato scelto per questo mio
intervento vorrei declinarlo con le medesime caratteristiche, uscendo dai soliti schemi rituali.
1) FARE ASSEMBLEA (ovvero il colore dell’A.C. e della Chiesa)
A me pare che questa Assemblea e le tante che si stanno svolgendo in tutte le diocesi italiane
siano e vadano percepite come una nuova Pentecoste, cioè come “il miracolo delle lingue”.
Siamo diversi, portatori di esperienze, di vissuti e di tensioni del tutto originali e dissimili,
eppure riusciamo a capirci.
Anzi, ci aiutiamo, ci diamo dei progetti condivisi, ci scambiamo nel tirare e nello spingere la
carretta, collaborando reciprocamente e gioiosamente.
Ci parliamo senza peli sulla lingua e senza reticenze. (da noi non c’è l’uso della vaselina: e di
questi tempi non è poco! Anche … nella Chiesa). Eppure nessuno si offende, si sente
emarginato o sconfitto, anche quando le sue opinioni non prevalgono.
La piccolissima Associazione parrocchiale, che fatica ed arranca, non si considera, né è
considerata, di serie B, fuori dal giro, meno degna o meno importante.
Né il gruppetto di giovani o di educatori ACR, focoso e polemico, viene messo ai margini o
trattato come covo di sediziosi e di incompetenti, di sognatori e di idealisti impossibili.
Anche quei “quattro gatti” di intellettuali e di professori esistenti in ogni diocesi, che vivono,
lavorano e sperano per modi alternativi e più lineari di vivere la fede, le relazioni ecclesiali e
l’impegno nel mondo, non sono un ghetto, vigilato a vista. Non devono portare la stella gialla.
Né temono per la loro sopravvivenza e libertà. Al contrario, la ricchezza della loro intelligenza
e del loro impegno diventano il tesoro di famiglia, cui si può attingere nei momenti di crisi. La
moneta buona che azzera i titoli spazzatura e tutte quelle costruzioni di finanza facile, che – in
varia forma e in mille modi - hanno circolazione anche nelle nostre chiese.
Leggiamo, dunque, nel contesto che ho descritto e nello stile da Pentecoste, l’argomento che
mi avete assegnato (“La presenza dei laici nella Chiesa e il dialogo tra le generazioni”),
andando con la mente alle situazioni concrete che esso evoca: parrocchie, preti, mondi vitali,
l’essere laici, ecc.
Di conseguenza, le scelte, gli orientamenti, gli stili emergono chiari, forse perfino ovvi. Perché
l’essere Chiesa si fa nel modo descritto, così il dialogo, così la relazione tra le persone.
Tutto ciò non è una strategia o una tecnica, né è una modalità frutto di buon carattere o di
accondiscendenza. E’ il nostro Dna. Ci è congenito. Vale la pena non dimenticarlo,
specialmente quando i tempi e i luoghi sono difficili ed inducono al pessimismo.
2)
UNA STORIA PER LA CONCRETEZZA DI VITA (ovvero, il gomitolo della fede)
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Da qualche tempo in A.C. si sta dilatando l’interesse per la storia, quella nostra, che è poi
anche la storia del nostro Paese (non per nulla i 150 anni di unità ci vedono attenti e partecipi)
e, in essa, quella delle nostre terre e della sua gente, Magari si esprime con piccole cose: una
fotografia, una vecchia tessera, un manifesto o un opuscolo del passato.
Anche l’A.C. di Acqui lo sta facendo con passione ed intelligenza. Una prima tappa collettiva è
stato quel bel libro uscito l’anno scorso e curato da Vittorio Rapetti per l’ A.C. del Piemonte e
Valle d’Aosta.
Proprio in questo tempo di Assemblea, quindi di verifiche e di bilanci, di elezioni e di
programmi, l’essere consapevoli che abbiamo una storia e, oggi, noi ne stiamo costruendo un
pezzo, può farci bene e fare bene alla nostra Chiesa.
Bene a chi lascia e bene a chi entra in carica (così i primi non sono autorizzati a prendere le
distanze, magari ritenendola una parentesi; e i secondi non si pensano come salvatori della
patria!).
Bene a chi si sente solo, piccolo, impari all’ambiente e alle situazioni. Bene a chi in un
documento affida tutta la sua visione di futuro, come se esso fosse la Costituzione.
Bene a chi si chiede: che cosa faccio ora?, come me la cavo? Bene a chi pensa: un conto è qui
ad Acqui a progettare tutti insieme, forse sognare, un conto è ritornato a casa, con quelle teste
(di parroco, di gente, di amici, ecc.) con cui mi ritroverò.
Detto in altre parole, come si realizza il nostro progetto di Chiesa, l’essere dei laici, il diventare
educatori di vita buona per il mondo, il fare cordata con i giovani (o gli adulti), ché questi non
si sentano dei garzoni (o vecchi sopravvissuti), ma membri a pieno titolo della compagine
associativa?
Forse, quei piccoli e poveri ricordi sopra accennati, quelle foto sbiadite e in bianco e nero
possono offrire una risposta e diventare qualcosa in più di reperto d’archivio o un pezzo da
museo. Lontana e diversa da ogni nostalgia sentimentale, come può esserlo la foto di gruppo
dei compagni di scuola o di leva (ovviamente, parlo per la mia età!). Dentro a quelle foto c’è il
lavoro di una vita, spesso impegnata sin dall’adolescenza con tutti i sogni e la carica di
entusiasmo tipici di quegli anni giovanili. Portata avanti con fedeltà e generosità. Attraversata
da successi e batoste. Dove si è messo mano al proprio portafoglio, al proprio tempo e alle
proprie cose, spesso alle stesse scelte di vita.
Dove si è contestato e si è stati contestati, accettati e rifiutati, applauditi e messi un angolo.
Dove le delusioni e le sofferenze più grosse sono venute da chi e da quegli ambienti che
avrebbero dovuto naturalmente sostenere ed essere amici.
Le persone di quelle foto hanno accolto da altri il gomitolo della fede e di una laicità cristiana
piena. Lo hanno custodito e trasmesso senza riserve, senza distinguo, senza preferenze.
Quel gomitolo, oggi, in mano ce lo abbiamo noi: giovani, o adulti, o anziani che siamo.
La storia di oggi la stiamo scrivendo con la nostra vita, la nostra vivacità, il nostro esserci.
Ciascuno ha la sua calligrafia.
Abbiamo però un dato in comune e che ci unifica. Infatti, ciò che è importante e che ci
portiamo tutti dentro, quello per cui ci arrabattiamo e a volte ci arrabbiamo, quello di cui non
possiamo fare a meno è che questo gomitolo passi di mano in mano e venga trasmesso, perché
è il gomitolo del Signore.
Questo è il nostro dialogo tra le generazioni, questo il nostro essere cristiani laici, discepoli del
Signore.
3) I TEMPI CATTIVI (ovvero, la bussola)
Enzo Bianchi, priore di Bose, nato e cresciuto a qualche decina di chilometri da Acqui, già
aderente dell’A.C. acquese, usa spesso un’espressione per descrivere i tempi di oggi. Dice
che i tempi sono cattivi. L’aggettivo riassume tutte le difficoltà, le povertà, le prove ed anche le
ostilità dell’essere cristiani e del fare Chiesa in questo tempo.
Sono elementi da cui spesso nasce una mentalità che ti fa sentire accerchiato ed insidiato da
ogni parte. Ci sarebbe -dicono- un fortino da difendere a tutti i costi, per cui bisogna creare
trincee, sbarramenti, ostacoli. Fare la conta. Resistere ad oltranza, usando ogni mezzo ed ogni
supplenza, a costo di compromessi e di baratti. Al riguardo, basta considerare le risposte che il
nostro mondo sta dando.
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A me pare che nelle sue parole, Enzo Bianchi faccia invece emergere un aspetto inedito, tipico
di questi tempi, spesso ignorato o sottovalutato, riassumibile in due parole: la mancanza di
speranza, cioè il non dare futuro.
Infatti, anche nei tempi più duri ed ostili, quelli che noi definiamo gli avversari, i competitori,
proponevano una speranza. Magari alternativa e conflittuale con la nostra, forse illusoria e
pericolosa, che -comunque- apriva al futuro. Pure lo sviluppo economico agiva in tal senso.
Oggi, politica, idee, istituzioni (spesso anche la Chiesa) non offrono nulla. La stessa crisi
economica deprime e, contrariamente a ciò che avveniva in passato, impedisce di progettare
anche a livello esistenziale. La precarietà, l’insicurezza, la mancanza di prospettive stanno
diventando la grande palude dove tutti sprofondano e con loro gli affetti e la vita. E’ una cappa
di nebbia che nasconde le strade.
Riaffermare e proporre un cammino e una identità, progettare e lavorare per una Chiesa
ospitale, spendersi perché l’amore di Gesù sia riconosciuto e sperimentato è donare speranza,
costruire vita, offrire futuro.
Non siamo degli ingenui, ma non ci sentiamo degli assediati, per cui non ci comportiamo come
tali. Non ignoriamo che in tale stato di cose la fatica è doppia. E dobbiamo metterlo in conto,
altrimenti saremmo degli illusi, degli irenici. “E’ notte” dichiarava al riguardo Giuseppe
Dossetti, già 15 anni fa.
Ma la nostra proposta a chi cerca senso di vita per sé, per il suo amore, per il suo futuro
non può essere :”fai un buco in più alla cinghia e vieni a resistere nel castello assediato”
Dare futuro è un compito impegnativo. Lo sanno i genitori. Lo sanno i giovani che discorrono
d’amore. Lo sanno quei “quattro gatti” di cristiani innamorati della Chiesa e dispersi nella
solitudine sempre più accentuata dei nostri piccoli paesi di collina.
Lo sanno pure quei “pochi gatti” in più dei nostri centri urbani.
Non è pessimismo dire ciò. Ma da queste situazioni bisogna partire per progettare speranza
per noi e per la Chiesa. Farlo con saggezza, con lungimiranza, con la testa rivolta in avanti.
CONCLUSIONI (ovvero, il tesoro della vita)
Di recente è uscito un libro, tra il biografico e l’intervista, su Arturo Paoli , curato da Silvia
Pettiti (ed. San Paolo).
Arturo Paoli è stato Assistente nazionale dei giovani di A.C.(la GIAC) negli anni’50 del secolo
scorso. Poi lo hanno normalizzato, cioè spedito. Divenne fratello di Charles de Foucould e
missionario in Brasile. Oggi è tornato a Lucca, sua terra natale. Ha quasi 100 anni. La sua è una
vita complessa. Ma ciò che interessa è il titolo del libro citato“Ne valeva la pena”, che è già un
programma.
Nella pagine finali dell’ultimo capitolo, il cui titolo, programmatico come il film di Roberto
Benigni, è “L’esistenza è bella”, si legge:
<Io che sono arrivato all’epilogo vi dico che l’esistenza è bella. Non facile ma è bella.
Nessuno è una foglia destinata a cadere, nessuno di noi può dire ”io non c’entro perché la
storia è fuori di me”… Noi vecchi non possiamo dare molti consigli ai giovani perché
nessuna delle nostre vite può servire da modello. Possiamo solo dire che la vita spirituale è
la storia di una relazione che tocca le punte estreme della gioia e del dolore, e che
all’epilogo vi fa esclamare, con una sincerità che raggiunge le radici dell’essere: “Valeva la
pena”>.
Già, vale la pena fare tutto quello che stiamo facendo e vivendo?
Provino quelli che l’anno conosciuto ad immaginare di porre la medesima domanda a Luigi
Merlo.
A lui ormai vecchio, carico di anni, con le ceste ricolme di frutti, di dolore e di amore.
“Gigi, ne valeva la pena?”
Provino a darsi la sua risposta, dentro. E provino, poi, anche a dirla ad alta voce.
Usando le sue parole c arnali, impertinenti e amorevoli. Quelle che fanno centro e ti lasciano
il segno.
Ripetiamole a noi e diciamole ai nostri ragazzi.
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XIV assemblea diocesana di Azione Cattolica
“Vivere la fede, amare la vita.
L’impegno educativo dell’AC”,
Gian Franco Agosti,
consigliere nazionale, rappresentante della Presidenza Nazionale ACI
Nell’atto costitutivo del nostro essere laicato associato poniamo in evidenza i tratti belli del
sentirci chiamati insieme alla santità, che non possono prescindere dall’assumersi in ogni
situazione la responsabilità dell’educazione e della testimonianza. Possiamo ancora una volta,
in questo percorso assembleare che ci coinvolge in tutti i livelli della vita associativa ed
ecclesiale, raccogliere la sfida dell’impegno per recuperare i ‘fondamentali’ della nostra
esperienza laicale e collocarci in questa stagione di chiesa nel mondo contemporaneo che è
cambiato, cambia e continuerà a cambiare e nel quale vogliamo raccogliere le sfide e le
opportunità.
Nelle diocesi e nelle parrocchie sono attive tante
I vescovi ci hanno appena consegnato il testo
aggregazioni ecclesiali: associazioni e
degli Orientamenti pastorali dell’episcopato
movimenti, gruppi e confraternite. Si tratta di
italiano per il decennio 2010-2020 ‘Educare
esperienze significative per l’azione educativa,
alla vita buona del Vangelo’ nel quale ci
che richiedono di essere sostenute e coordinate. In
invitano ancora una volta a “farci discepoli del
esse i fedeli di ogni età e condizione sperimentano
Maestro che non cessa di educare a una la ricchezza di autentiche relazioni fraterne; si
umanità nuova e piena” (…) ben consapevoli
formano all’ascolto della Parola e al discernimento
comunitario; maturano la capacità di testimoniare
delle energie profuse con tanta generosità nel
campo dell’educazione da consacrati e laici, con efficacia il Vangelo nella società.
Tra queste realtà, occupa un posto specifico e
che testimoniano la passione educativa di Dio
singolare l’Azione Cattolica, che da sempre
in ogni campo dell’esistenza umana”.
coltiva uno stretto legame con i pastori della
Vorremmo poter dire con forza, anche qui
Chiesa, assumendo come proprio il programma
nella Diocesi di Acqui, in ogni parrocchia
pastorale della Chiesa locale e costituendo per i
nella quale siamo presenti, che l’AC è un
soci una scuola di formazione cristiana. Le figure di
dono: per noi, per la chiesa e per la società
grandi laici che ne hanno segnato la storia sono un
richiamo alla vocazione alla santità, meta di ogni
di oggi e di domani. Vorremmo tener fede a
ciò che i vescovi dicono di noi al n. 43 dello battezzato.
(dal documento dei Vescovi Italiani per il decennio
stesso documento dove ci definiscono scuola
‘Educare alla vita buona del Vangelo’ n. 43)
.
di formazione cristiana.
Non è così scontato e diffusamente accettato che l’Azione cattolica possa essere un dono per
tutti e che la sua presenza o la sua assenza nella comunità parrocchiale o diocesana segni
culturalmente quella specificità di ‘laici dedicati’ alla vita della Chiesa e del mondo che è
maturata come vocazione di presenza associata per il fine apostolico della Chiesa. In qualche
misura lo Statuto declina il senso della responsabilità laicale che scaturisce dalla sorgente
comune del battesimo facendoci sentire che questa chiamata alla santità è la questione
seria della nostra vita perché ci costringe continuamente a rimettere in discussione il
rapporto fra la scelta di adesione/sequela a Cristo e la testimonianza/impegno nel
mondo o più semplicemente fede/vita. In bilico costante tra il rischio di una spiritualità
disincarnata (spiritualismo) e un affaccendarsi nel fare senz’anima (attivismo) rischiamo di
perdere la nostra identità, confusi in una sopravvivenza sempre più segnata dall’ombra della
crisi che ci fiacca e ci spinge ad abdicare sia all’impegno di educare sia all’assunzione di
responsabilità.
In qualche modo allora possiamo dire che lo statuto dell’AC nel richiamarci fortemente
all’impegno educativo nella forma associata ha anticipato il tema della corresponsabilità dei
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laici che prende compiutamente forma con il magistero di Giovanni Paolo II nell’enciclica
Christifideles laici.
Raccogliendo da adulto gli stimoli interessanti che derivano da questa possibile lettura e
confrontandola con la realtà che vivo da genitore e da insegnante penso di poter dire che a
tutti i livelli, ma in modo particolare anche in associazione, il camminare insieme di adulti
e giovani, di genitori e figli sia il vero laboratorio da mettere in atto perché corrisponde
al bisogno autentico di ricreare luoghi e ritrovare tempi dell’esercizio del dialogo.
Ognuno di noi sente che ‘c’è qualcosa che non va’ nel modello di vita che stiamo proponendo,
per cui ci troviamo al contempo protagonisti e vittime del contesto vitale delle nostre
esperienze e facciamo fatica ad individuare sentieri da percorrere e mete da raggiungere. (cfr.
Introduzione agli Orientamenti e prolusione del cardinal Bagnasco: storia della salvezza e destino
comune dei popoli)
Mi pare di intravvedere all’orizzonte dell’impegno che deriva da questo binomio
educazione/responsabilità tre questioni aperte: la questione ‘adulta’, la questione ‘famiglia’, la
questione ‘comunità’
1.
LA QUESTIONE ‘ADULTA’ :
mi
piace rappresentare così la convinzione che il
riaffiorare della percezione di un’ emergenza
educativa sia legata anche alla condizione
dell’adulto naturalmente coinvolto e esposto
al rischio di educare e alla conseguente sfida
che ne deriva. Se i cambiamenti insiti in ogni
società di qualunque tempo hanno sempre
messo in crisi le generazioni nel loro compito
educativo, oggi la rapidità dei cambiamenti e
l’accentuarsi di individualismo e relativismo
sembrano rendere particolarmente complesso il compito dell’educazione al punto da temere il fallimento e indurre alla tentazione di
rinunciare.
Nei recenti documenti del magi-stero questa
attenzione al mondo adulto sembra essere
particolarmente presente e diventare il cuore,
l’orizzonte dal quale partire per riprendere
con più energia e prospettiva il compito
educativo di tutti.
LA QUESTIONE ‘FAMIGLIA’, da
2.
sempre al centro delle attenzioni pastorali
della chiesa ma costantemente pressata da
ogni parte e in alcuni momenti indicata come
unico elemento catalizzatore di ogni
responsabilità, rimane pienamente aperta e
centrale per ogni possibile discorso che
coinvolga l’educazione/responsabilità di
ciascuno dei suoi membri.
Occorre quindi tenerla saldamente al centro
accentuando a mio avviso il grande dono
della gratuità e dell’eccedenza d’amore che
rende possibile ogni educazione e naturale la
condivisione responsabile piuttosto che
spingere i tasti su strategie psicologiche,
sociologiche o pastorali che la riducano allo
stremo delle forze in un contesto non facile di
vita sociale.
LINEE DI LAVORO DELL’AC
PER IL PROSSIMO TRIENNIO –
verso la XIV assemblea nazionale
Il tema scelto per l’Assemblea è VIVERE LA
FEDE, AMARE LA VITA con sottotitolo
esplicativo l’impegno educativo dell’Aziona
Cattolica.
Perché questo tema?
In primo luogo perché avvertiamo sempre la
necessità di vivere fino in fondo la nostra fede,
quella fede che è capace di cambiare la vita
coinvolgendosi pienamente in essa. O la fede
cambia la vita, o la fede genera nuova vita, o la
fede ci spinge ad amare pienamente la vita o è
sterile. D’altra parte la fede cristiana è questione
di vita, la nostra vita che si lascia permeare dalla
vita di Gesù Cristo.
In secondo luogo perché crediamo fermamente
che oggi, come sempre ma ancor più, è tempo di
coerenza profonda tra fede e vita. O la
testimonianza della fede è coerente e
significativa oppure non riesce a provocare gli
altri, a mostrare in concreto le potenzialità di una
vita vissuta secondo il Vangelo.
In terzo luogo perché proprio il nesso
indissolubile fede-vita ci spinge ad amare la vita
sempre. Sempre : dalla vita nascente alla vita
che muore, dalla vita vissuta nelle grandi città del
ricco Nord del mondo alla vita di ogni angolo dei
tanti Sud della terra. La vita buona, la vita degna
di essere vissuta. E’ quella per cui operiamo, per
cui ci impegniamo.
In quarto luogo perché l’impegno educativo è
l’impegno di dare il nostro piccolo contributo a
che tanti continuino e sempre più si appassionino
alla vita buona del Vangelo di Gesù Cristo. Non è
un
impegno
educativo
qualsiasi.
Ma
quell’esigenza del cuore che avvertiamo perché
vogliamo comunicare a tutti una bella grande
notizia : Gesù salva le nostre vite.
Ma questo cammino non è solo del singolo.
Camminiamo con la chiesa, camminiamo con
l’Azione Cattolica. In Azione Cattolica impariamo
a camminare e a crescere insieme sempre in
ogni tempo della vita. Non si può vivere la fede e
amare la vita da soli.
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3.
LA QUESTIONE ‘COMUNITÀ’
interpella a fondo la vita della chiesa e la
presenza dei cristiani. Ritrovare luoghi di
accoglienza fraterna, di semplice condivisione di
esperienze di vita, di esercizio costante di
discernimento in uno spirito di comunione che
viene come dono dall’alto per diventare impegno
di tutti, resta la via maestra per ri-animare dal
basso quel tessuto vitale nel quale tutti viviamo e
che sembra sempre più mostrarsi in debito di
ossigeno. I grandi progetti, le intuizioni più felici,
le esperienze più esaltanti che sperimentiamo
nella dimensione della Ecclesia magistra e
nell’Associazione centrale ha bisogno sempre
dell’esperienza viva del territorio, della vita di
tutti i giorni, della prova storica e concreta della
Ecclesia
mater
e
della
popolarità
dell’associazione che vive in parrocchia, in
mezzo alle case.
L’anima dell’educazione si radica in una speranza
affidabile (Orientamenti, n.5) è l’espressione che
ci fa alzare lo sguardo verso il futuro. A nessuno
di noi è lecito cedere alla tentazione di appiattirsi
sul presente fino al punto di ritrovarci miopi e
smemorati. Il passato ci appartiene e ci viene
consegnato nello scrigno della memoria quanto il
futuro che sarà il frutto della nostra gratuità.
A noi oggi qui presenti a nome di tutti quelli che
rappresentiamo il compito bello dell’esercizio
della responsabilità nell’assumerci per questo
breve tratto di futuro il testimone della vita
associativa che si farà ogni giorno testimonianza
e quindi, naturalmente, educazione.
GIOVANI, ESPERIENZA CRISTIANA e
RINNOVAMENTO della CHIESA
Particolarmente importanti risultano per i giovani
le esperienze di condivisione nei gruppi
parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti,
nel volontariato, nel servizio in ambito sociale e
nei territori di missione. In esse imparano a
stimarsi non solo per quello che fanno, ma
soprattutto per quello che sono. Spesso tali
esperienze si rivelano decisive per l’elaborazione
del proprio orientamento vocazionale, così da
poter rispondere con coraggio e fiducia alle
chiamate esigenti dell’esistenza cristiana: il
matrimonio e la famiglia, il sacerdozio
ministeriale, le varie forme di consacrazione, la
missione ad gentes, l’impegno nella professione,
nella cultura e nella politica. Occorre tenere
presenti, poi, alcuni nodi esistenziali propri
dell’età giovanile: pensiamo ai problemi connessi
a una visione corretta della relazione tra i sessi,
alla precarietà negli affetti, alla devianza, alle
difficoltà legate al corso degli studi, all’ingresso
nel mondo del lavoro e al ricambio
generazionale. La comunità cristiana si rivolge ai
giovani con speranza: li cerca, li conosce e li
stima; propone loro un cammino di crescita
significativo. I loro educatori devono essere ricchi
di umanità, maestri, testimoni e compagni di
strada, disposti a incontrarli là dove sono, ad
ascoltarli, a ridestare le domande sul senso della
vita e sul loro futuro, a sfidarli nel prendere sul
serio la proposta cristiana, facendone esperienza
nella comunità. I giovani sono una risorsa
preziosa per il rinnovamento della Chiesa e della
società. Resi protagonisti del proprio cammino,
orientati e guidati a un esercizio corresponsabile
della libertà, possono davvero sospingere la
storia verso un futuro di speranza.
(dal documento dei Vescovi Italiani
‘Educare alla vita buona del Vangelo’ n. 32)
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Documento finale per il triennio 2011-2014