ADSI
Associazione Dimore Storiche Italiane
Sezione Emilia Romagna
SCRIGNI di MEMORIE
GLI ARCHIVI FAMILIARI NELLE DIMORE STORICHE BOLOGNESI
BOLOGNA, 27 SETTEMBRE 2008
ENTE PROMOTORE:
Associazione Dimore Storiche Italiane - Sezione Emilia Romagna
IN COLLABORAZIONE CON:
Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Direzione regionale per i beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna.
CURATORI DELLE MOSTRE E AUTORI DEL CATALOGO:
Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi
Conte Gian Lodovico Masetti Zannini
Ingegner Franco Manaresi
CURA REDAZIONALE:
Prof. Paola Galletti Lindsten
FOTOGRAFIE:
Tiziano Costa
Lodovico Pignatti
GRAFICA E STAMPA:
Sogari Artigrafiche s.r.l.
Si ringraziano sentitamente per la disponibilità e per la collaborazione le famiglie e gli enti
proprietari dei beni monumentali e archivistici che hanno reso possibile la realizzazione della
mostra.
IN COPERTINA:
Ingresso di Palazzo Bevilacqua
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Associazione Dimore Storiche Italiane
Sezione Emilia Romagna
SCRIGNI
di MEMORIE
GLI ARCHIVI FAMILIARI NELLE
DIMORE STORICHE BOLOGNESI
Giornate Europee del Patrimonio
“Le grandi strade della Cultura: viaggi tra i tesori d’Italia.”
BOLOGNA
27 settembre 2008
La tutela e la valorizzazione delle dimore storiche italiane costituisce lo scopo
fondante dell’ADSI, Associazione Dimore Storiche Italiane. Ad essa aderiscono
i proprietari di edifici privati che per loro peculiari caratteristiche storico-architettoniche rappresentano un valore economico-culturale costituzionalmente
riconosciuto di pubblico interesse. Per questo lo Stato italiano -come altri stati
europei- ha ritenuto e ritiene che gli edifici storici debbano essere oggetto di
particolare considerazione. L’ADSI è stata ed è un attento e partecipe interlocutore con il Governo e la Pubblica Amministrazione.
L’ADSI, membro dell’Union of European Historic Houses Associations, ha
voluto partecipare attivamente alle Giornate Europee del Patrimonio 2008 raccomandate dal Consiglio d’Europa che anche quest’anno vengono attuate dal
Ministero per i Beni Culturali e Ambientali; ha quindi proposto al Ministero la
realizzazione di iniziative da porre in essere sul territorio nazionale coinvolgendo i propri Soci, come di fatto sta avvenendo in diverse regioni.
Il tema che l’Associazione ha inteso proporre riguarda le dimore storiche e
gli archivi familiari, affinché emerga in modo nuovo ed evidente sia l’intima
connessione tra queste due fonti della memoria che ben possono essere definiti
“scrigni della memoria”, sia l’importanza della corretta conservazione e valorizzazione delle loro peculiarità e della loro simbiosi, che certamente costituisce
uno dei principali tesori del nostro “Patrimonio venuto da lontano”.
La Sezione Emilia Romagna dell’ADSI, grazie ai propri Soci, apre lo straordinario archivio dell’Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi, la fantastica Biblioteca Masetti Zannini e Villa L’Ariosto dove sono conservate bellissime
testimonianze della tradizione idraulica e bolognese.
Si rivelano così luoghi e carte che rappresentano piccoli segreti che pienamente concorrono alla formazione della grande Storia, essi che, con dedizione
e fatica, sono stati conservati e difesi, vengono offerti alla pubblica fruizione,
affinché aumenti ulteriormente la consapevolezza della loro importanza e un
condiviso consenso e impegno per la loro tutela e valorizzazione.
Francesco Cavazza Isolani
presidente Associazione Dimore Storiche Italiane
Sezione Emilia Romagna
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INDICE
ANTICHISSIMA COMPAGNIA MILITARE DEI LOMBARDI
Bologna, via Santa, 1
pag. 6
BIBLIOTECA MASETTI ZANNINI
Bologna, via Ca’ Selvatica, 4
pag. 12
L’ARIOSTO - VILLA SILVANI, ORA MANARESI
Villanova di Castenaso, via Pederzana, 19
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pag. 16
Antichissima Compagnia
Militare dei Lombardi
Archivio della Compagnia dei Lombardi
Committenza eccezionale per il restauro di una straordinaria
dimora storica bolognese
Benedetto XIV
Prospero Lambertini
Milite e massaro delle Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi
Nel piccolo e prezioso archivio dell’Antichissima Compagnia Militare dei Lombardi in Bologna sono conservati i documenti che provano la sua storia che risale al XII
secolo. Enrico Frati, dottore in legge, che nel 1875 fu primo direttore dell’Archivio
di Stato di Bologna, ne aveva realizzato il riordino terminando l’opera nel 1861; I
documenti furono da lui disposti nei seguenti titoli: Statuti, Matricole, Verbali delle
Adunanze, Istrumenti, Contabilità, Miscellanea. Il dott. Mario Fanti, ben noto ai
contemporanei che qui leggono, completò l’opera giungendo ad un inventario pubblicato nel 1970; il lavoro fu svolto partendo da un accurato controllo del materiale
riordinato dal Frati e
dall’archiviazione della considerevole mole
di documenti successivamente raccolti dalla Compagnia.
La mostra documentaria allestita nel
cortile di Pilato del
complesso monumentale della Basilica di
S. Stefano presenta
alcuni di questi documenti a integrazione di
Sala delle riunioni del Corporale
quelli che più specificatamente attengono
al tema della mostra stessa, incentrato sulle lettere del pontefice e il restauro della sede, che trovano ampio spazio nella pubblicazione all’uopo predisposta dalla
Compagnia dei Lombardi.
Prospero Lambertini, infatti, aggregato alla Compagnia dei Lombardi nel 1726,
ne divenne massaro tredici anni dopo la sua elezione a pontefice della cristianità
avvenuta nel 1940, in tale circostanza provvide al pagamento delle spese necessarie per il restauro delle sede e degli arredi. Alcune sue lettere inviate al dott.
Mazzi, suo agente a Bologna, ci informano dettagliatamente di come andarono le
cose e si ricollegano perfettamente al contenuto di antichi verbali della adunanze
conservati presso l’archivio della Compagnia.
Nel volume “Cenni storici sulla casa di residenza della Compagnia dei Lombardi
– Contributo per una storia di otto secoli”, pubblicato nel 1992, Paolo Mulas Marcello presentò il suo studio “Cenni storici sulla casa di residenza della Compagnia
dei Lombardi” del quale di seguito si trascrivono alcuni brani.
Dietro l’abside della chiesa dei SS. Vitale ed Agricola, parte integrante della Basilica di S. Stefano, sorge un fabbricato legato intimamente al suggestivo ed irripetibile complesso dei sacri edifici.
La casa in via Santa n. 1 ed un’area scoperta detta “Cortiletto di Pilato” sono di
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proprietà dell’Antichissima e Nobilissima Compagnia Militare dei Lombardi, con
esclusione della parte del piano terreno adibita a chiesa della Madonna di Loreto.
Un altro ingresso si trova nel “Cortile di Pilato” della Basilica ed è quello che viene
utilizzato dalla Compagnia per la sua adunanza annuale dopo la messa celebrata in
S. Stefano.
La Compagnia dei Lombardi sorse nel tardo secolo XII ed i primi aggregati, originari della Lombardia e della Marca Trevigiana, cominciarono a riunirsi nell’antica
chiesa stefaniana dei SS. Pietro e Paolo, ora detta dei SS. Vitale ed Agricola, per le
prime assemblee e per gli uffici religiosi.
Il primo documento che indica l’esistenza della casa presso la Basilica di S. Stefano come luogo di convegno della Compagnia è lo statuto del 1256. In quel tempo
la dimora della Società era costituita da un edificio sito dove è l’attuale chiesa della
Madonna di Loreto. In essa si tenevano le riunioni del Corporale (le assemblee) per
le deliberazioni, per le elezioni del massaro e dei ministrali, per la distribuzione
delle focacce e delle candele e vi si custodivano anche le armi, le bandiere, i trofei
e lo stendardo.
La Società ebbe i giuspatronati
dell’altare maggiore nella chiesa dei
SS. Vitale ed Agricola fino al 1660 e
dell’altare di S. Benedetto nel ‘700,
entrambi siti nella Basilica di S. Stefano. Nel 1844 ebbe anche quello della
cappella di S. Sebastiano nella chiesa
di S. Giovanni Battista dei Celestini
per legato del milite Giovanni Antonio
Bertuccini, giuspatronato che non fu
accettato in quanto troppo oneroso. Nel
1630 anche Bologna fu colpita dal terribile flagello della peste, la stessa che
colpì Milano e ricordata dal Manzoni
ne I Promessi Sposi. La popolazione fu
decimata e molto probabilmente anche
la Compagnia: sappiamo che morì il
depositario. Nel 1632 si trovò in tali
difficoltà economiche che venne dato
mandato a tre soci di fare gli amministratori e il 5 febbraio 1634 fu fatta una
Bando di scomunica del 1634
colletta tra i presenti. Probabilmente la
Compagnia non era più a conoscenza
della consistenza del proprio patrimonio tanto che chiese al Foro arcivescovile di
pronunciare una sentenza di scomunica contro coloro che detenevano illegalmente
beni mobili ed immobili appartenuti alla Compagnia e contro coloro che erano pur
a conoscenza di ciò ma non lo riferivano. Tale sentenza di scomunica, emessa il 20
ottobre 1634, fu preceduta nello stesso anno dall’affissione nelle principali chiese
e luoghi pubblici della città da un primo monitorio datato 27 luglio, e da altri due
datati rispettivamente 23 agosto e 22 settembre.
Il cardinale Girolamo Boncompagni, arcivescovo di Bologna, con lettera autografa del 4 febbraio 1682, invitò a provvedere alla sistemazione della scala pericolante
della Compagnia che appoggiava sulla volta della cappella della B.V. di Loreto di
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proprietà del Seminario sotto pena del pagamento di lire 100. In seguito i ministrali
presero contatti con il rettore di detto seminario e fecero effettuare le dovute riparazioni. Il 7 aprile 1695 fu indetta una riunione straordinaria del corporale presso
l’ospedale di S. Maria della Morte in quanto era crollato parte del tetto a seguito di
una nevicata nel mese di febbraio e venne
deliberata la ricostruzione.
Le ristrettezze economiche della Compagnia indussero gli ufficiali ad affittare la sala
di residenza. Vennero stipulati dei contratti
di affitto che ancora si conservano nell’archivio ad iniziare dal 1713. Con tali contratti i conduttori si impegnavano a lasciare
libera la sala per la riunione del corporale
nella domenica entro l’ottava della Purificazione della Vergine ed ogni qualvolta doveva servire per le adunanze. È interessante
rilevare che dal 1723 al 1794 venne concessa in locazione a diversi pittori: Antonio
Dardani dal 1723 al 1731 e nel 1735, Giuseppe Busatti, Francesco Nadi detto Sante,
Giacomo Donzelli dal 1732 al 1734, Carlo
Mazza dal 1756 al 1758, Ubaldo Gandolfi
dal 1759 al 1774, Giovanni Akimoff moMatricola della Compagnia
scovita dal 1775 al 1776, Angelo Crescimdei Lombardi del 1524
beni dal 1777 al 1781, Giuseppe Santi dal
1782 al 1794. Probabilmente molte delle
loro opere, che attualmente si trovano esposte in chiese o gallerie pubbliche e
private sparse in tutto il mondo, furono dipinte
in questo luogo.
Nel secolo XVIII la casa di residenza era in
precarie condizioni di manutenzione e la Compagnia si trovava ancora in difficoltà finanziarie, come si desume dai verbali dell’epoca. Il 22
agosto 1740 fu eletto Pontefice un illustre aggregato della Compagnia, il cardinale Prospero
Lambertini, che assunse il nome di Benedetto
XIV. Successivamente si verificò un avvenimento memorabile e veramente provvidenziale
per il sodalizio, l’estrazione alla carica di massaro di papa Benedetto XIV il 4 febbraio 1753.
Il Sommo Pontefice avutane notizia incaricò il
dott. Mazza, suo agente a Bologna, di riferirgli
su quello che avrebbe potuto fare per la Compagnia a memoria del suo massariato e mise a
Matricola della Compagnia
disposizione della Società duecento scudi. La
dei Lombardi del 1554
sala di residenza dei militi fu riattata, anzi quasi totalmente ricostruita, fu decorata di stucchi
e fornita di un nuovo bancone per gli ufficiali, di nuovi sedili ed arredi ancora oggi
esistenti. I Lombardi si radunarono il 3 febbraio 1754 e indirizzarono al munifico
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Pontefice una lettera di ringraziamento con la quale veniva anche informato che era
stata posta nella sala una epigrafe a sua perpetua memoria.
Nel 1828 la Compagnia venne a conoscenza che la Pia Unione del Sacro Cuore di Gesù e della Beata Vergine Lauretana e di S. Gaetano voleva aprire una
porta prospicente il cortiletto di proprietà
della Compagnia per collegare la sagrestia della chiesa di Loreto con la Basilica Stefaniana. Il 21 marzo gli ufficiali
incaricarono il sig. Ignazio Rovatti di
avvertire il responsabile sig. Sante Belluzzi di non effettuare alcuna apertura
per non introdurre una servitù passiva a
carico della Compagnia. Dal verbale del
2 maggio dello stesso anno si desume
che la Pia Unione di Loreto aprì, senza
permesso, detta porta. Vennero quindi
incaricati di farne intimare la chiusura il
marchese Giacomo Zambeccari, il conte
Camillo Salina ed il sig. Ignazio Rovatti.
In seguito il rettore dell’amministrazione di S. Stefano, sig. Gaetano Taboni, a
nome della Pia Unione, inviò una petizione agli ufficiali con la quale chiedeva la
facoltà di aprire una porta dove esisteva
una finestra nel cortile di ragione della
Compagnia dei Lombardi, per un tempo
determinato, promettendo di ripristinare
il tutto al termine della concessione.
Gli ufficiali, il 30 maggio 1828, a nome
del corporale, deliberarono di esaudire
tale richiesta alle seguenti condizioni: la
Matricola della Compagnia
concessione doveva durare tre anni fino
dei Lombardi del 1334
all’8 maggio 1831, dovevano essere pagati annualmente ed anticipatamente tre
scudi a titolo di canone, le spese di ripristino dovevano essere a carico del richiedente e la convenzione doveva essere perfezionata con atto scritto. Furono
delegati per la trattativa l’avv. Antonio Silvani, il marchese Girolamo Cospi e il
conte Camillo Salina. La porta non fu più fatta richiudere. Ancora oggi il padre
priore degli Olivetani, a nome della Pia Unione, formula annualmente la richiesta di rinnovo di detta concessione per il passaggio dal “Cortiletto di Pilato” di
proprietà della Compagnia. Tale richiesta viene portata al consiglio degli ufficiali
e al corporale per l’approvazione.
Il 28 agosto 1828 venne proposto l’acquisto della porzione di casa contigua alla
sala di residenza e fu firmata una scrittura privata dal depositario conte Camillo
Salina e dal sig. Ignazio Rovatti con la quale di impegnarono a comperare dal
sig. Filippo Baietti l’immobile. L’acquisto fu perfezionato il 6 febbraio 1829 con
rogito del notaio dott. Francesco Marchignoli.
Con la riunione del corporale del 7 giugno 1923 fu deliberato di assestare le
non floride finanze della Società e di decise di ristrutturare la casa di via San10
ta per ottenere un maggior reddito. Dal sottotetto furono ricavati quattro locali
abitabili forniti di servizio igienico, impianto idrico ed elettrico. Venne poi ristrutturato anche l’appartamento del primo piano e ricostruita l’intera scala che
dal piano terra conduce alle abitazioni secondo la progettazione e la direzione
tecnica del socio nob. Ing. Carlo Chiesa e l’assistenza del socio sig. Francesco
Orlandi. La maggior parte della somma occorrente fu sostenuta da dodici militi:
il marchese Lamberto Bevilacqua Ariosti, Andrea Giovanardi, il nobile Cristiano
Gualandi, il conte Gualtiero Isolani Lupari, il conte Cesare Malvasia Tortorelli,
il conte Riccardo Montanari Bianchini, il marchese Angelo Marsigli Lombardi,
il marchese Giuseppe Marsigli Lombardi, Enrico Silvani, Paolo Silvani, l’ing.
Gino Zucchini e l’ing. Dino Zucchini mediante un deposito temporaneo infruttifero di dodici cartelle del prestito nazionale consolidato al 5% del valore ognuna
di lire mille. Tali cartelle vennero rimborsate ai creditori per sorteggio in dodici
anni, una all’anno.
Nel 1985 il fabbricato era in pessimo stato di manutenzione tanto che si verificarono numerosi infiltrazioni di acqua dal tetto e continue cadute di parti
di intonaco dalle facciate. Il giorno 3 febbraio 1985 l’intero corporale, durante
l’annuale riunione ordinaria, deliberò di effettuare un radicale restauro dell’antica casa. Tale deliberazione venne recepita dal massaro dott. Marchese Andrea
Boschi e dagli ufficiali i quali diedero ordine di iniziare i lavori. Furono eseguiti
il rifacimento di tutti gli intonaci, delle tinteggiature dei prospetti esterni, del
manto di copertura in coppi con sottostante applicazione di lastre impermeabili di onduline e la verniciatura degli infissi esterni ed interni. Il restauro fu
effettuato, secondo le indicazioni della Soprintendenza ai Monumenti, con le
oblazioni di quasi tutti i capifamiglia della Compagnia ed inoltre con i contributi
di quattro banche cittadine: la Banca Popolare di Bologna e Ferrara, la Banca
Popolare dell’Emilia, la Cassa di Risparmio e il Credito Romagnolo.
La sala delle riunioni del corporale, residenza ufficiale della società, presenta alle pareti alcune decorazioni a stucco del settecento che incorniciano una
epigrafe a ricordo di papa Benedetto XIV, lo stemma della Compagnia con armi,
bandiere e le chiavi della città di Imola. L’ambiente ancora riscaldato dal fuoco
dell’antico camino è fornito di armadi, panche, sedie e dal bancone degli ufficiali
sul quale il giorno delle adunanze vengono collocati alcuni antichi oggetti. Questi
sono una cassetta contenente le borse per le estrazioni degli ufficiali, due ciotole
colme di fave bianche e nere, due urne per le votazioni, due candelabri, le cinque
matricole miniate del 1334, 1524, 1554, 1723 e l’attuale a testimonianza della
ininterrotta continuità.
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Biblioteca
Masetti Zannini
In una strada appartata della vecchia Bologna, fiancheggiata da un lungo filare di
pioppi, che svettano in quello che, sino allo
scorso secolo, aveva mantenuto il carattere
originario di orto monastico, è situata, nel
grande complesso dell’antico monastero
di Santa Maria degli Angeli la biblioteca
Masetti Zannini. Qui confluirono libri manoscritti di famiglia da diverse proprietà
in Romagna, Lombardia e Roma formando
così una delle poche biblioteche rimaste in
proprietà privata.
L’edificio che la ospita apparteneva al
monastero agostiniano femminile, eretto
alla fine del Cinquecento e considerato un
centro ricco di spiritualità. Nel 1810 venne
soppresso dal governo napoleonico e venduto dal demanio a diversi proprietari che,
in parte, ne cancellarono il ricordo. Dopo
diversi passaggi fu acquistato dai fratelli
Gualandi come sede principale della loro opera per i sordomuti. Rivelandosi troppo
grande per la “Piccola Missione” una parte dell’antico monastero corrispondente
al palazzo, giardini e parte rustica, venne comperato dall’Ingegner Luigi Donini,
avo materno del pittore Filippo de Pisis, e quindi negli ultimi anni del secolo XIX,
passò al conte Antonio Masetti. Diviso poi tra i vari eredi, ed in parte nuovamente
alienato, quell’avanzo del complesso di Santa Maria degli Angeli, passò la proprietà
del grande edificio rustico (che diede nome alla strada) all’attuale proprietario che
nel “Cortile delle Stalle Nuove” trasformò i locali in comoda abitazione ed in cinque
grandi camere vi trasportò la libreria riunendola dopo tanta dispersione.
Si tratta di volumi stampati e manoscritti che occupano metri lineari 2500 per
un complesso di ottantamila libri. Con il
restauro dell’edificio vi affluirono varie
collezioni quivi ora esistenti: stampe, medaglie, opere d’arte tra cui il ritratto di Cle-
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mente XI dipinto dal Maratta ed una
collezione di effigi di papi. I quadri e
alcune statue di provenienza monastica,
vennero collocati nella cappella ripristinata dell’edificio ed arricchita di insigni
reliquiari già appartenuti a monsignor
Antonio Masetti Zannini.
Dalla cappella si accede ad un coro
sopraelevato con altri cimeli religiosi ed
ecclesiastici, tra i quali vi sono quelli
appartenuti a Romani Pontefici. Dalla
cappella si entra poi alla torre che spazia
sul panorama di Bologna.
Quanto ai libri il nucleo originario di
famiglia proviene da Crespellano e Castelfranco e comprende vari volumi di
storia locale, di agraria e una raccolta
musicale.
Alla fine del secolo XIX, pervenne per successione testamentaria la ricca biblioteca dei conti Zannini, ed anch’essa passò intatta al nipote conte Alessandro
Masetti Zannini, che a sua volta lasciò al suo primogenito, Gian Lodovico, il quale
da un mezzo secolo ne ha cura. La galleria Zannini di Ferrara venne dispersa tra
gli altri eredi, ma con la biblioteca di Bologna rimangono quadri di autore tra cui
un autoritratto attribuito ad Annibale
Carracci. Ma l’importanza di questi
fondi bibliografici ed artistici sta nel
fatto che il conte Alessandro Zannini, diplomatico e scrittore, la arricchì
con impegno personale e biografico.
Le raccolte storiche e giuridiche vennero da lui aggiornate, ed entrarono
in suo possesso (ancora conservate
nella biblioteca di Bologna) libri riguardanti i luoghi in cui si svolse la
sua carriera: quindi Russia, Olanda,
Londra, Stoccolma e soprattutto Stati
Uniti.
Delegato con Costantino Nigra nella Conferenza della Pace dell’Aia,
egli morì prematuramente mentre
era in corso la sua nomina a Senatore del Regno. Edizioni elzeviriane,
libri provenienti da case reali (con le
armi di Luigi XVIII e Carlo X, e volumi con le armi papali, da Clemente XVIII a Paolo VI, sono qui conservati con fondi di altre importanti
collezioni disperse; citiamo quella di
Johan Strindberg, del principe Paolo
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Borghese, dei principi Giustiniani Bandini, dei conti Servanzi Collio, nonché per
eredità o donazioni, quelle dei baroni Monti della Corte, di un ramo dei nobili
Averoldi, dell’avvocato Carlo Snider e di Monsignor Dante Balboni e del repertorio
della filodrammatica bolognese diretta dall’avv. Bolognesi.
La biblioteca Masetti Zannini, oltre ai libri relativi alla Romagna, Emilia e Marche, ne possiede altri su tutte le regioni d’Italia, in particolare per la storia, la
letteratura e il folklore.
Tutto questo è stato completato dall’attuale proprietario che, nell’arco di sessant’anni ha raccolto tutto quanto riguarda i suoi studi ed in particolare per la
storia delle donne, e soprattutto sui monasteri femminili d’Europa. Notevole è la
raccolta delle regole e costituzioni monastiche, storie di monasteri e biografie di
santi e sante.
Per la Giornata del Patrimonio viene esposta una parte della ricchissima collezione di opuscoli bolognesi e medaglie nuziali, con quadri pergamene etc.
Oltre alla collezione, quasi completa, dell’ “Illustrazione Italiana” della Lettura, della Illustrazione, della Gazzetta di Bologna, degli Acta Eruditium di Lipsia,
di Civiltà Cattolica, del Bollettino del Club Alpino, della Domenica del Corriere
e della Rivista Araldica, nonché di annate di altri periodici, la biblioteca Masetti
Zannini possiede raccolte di ex-libris, di menu (con quelli delle Corti di Russia,
di Baviera, dei Savoja etc.), di dagherrotipi, di fotografie d’epoca, di migliaia di
cartoline (tra cui quelle autografe di personaggi storici), di immagini sacre, di
cartoline militari, di figurine Liebig, di pergamene, etc.
L’importanza di questa biblioteca (attualmente in fase di catalogazione, con
l’intervento della Soprintendenza di Emilia e Romagna per il censimento degli
incunaboli e cinquecentine) consiste non solo nella conservazione di un secolare
e cospicuo patrimonio domestico ma anche nella cernita oculata degli ultimi
proprietari che la evidenzia.
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L’Ariosto
Villa Silvani, ora Manaresi
Prospetto sud della villa con, a fianco, la “Casa del Fattore”
La raccolta di mappe della pianura bolognese
È uno scrigno un po’ anomalo quello che viene presentato nella villa L’ARIOSTO
a Villanova di Castenaso. Infatti non è un archivio famigliare, anche se nella villa
si conserva una parte dell’Archivio SILVANI, famiglia risorgimentale che l’abitò,
nel periodo estivo, per poco più di cento anni, dal 1820 al 1944 quando fu semidistrutta da bombardamenti aerei.
Si è ritenuto più interessante esporre
una raccolta di mappe del territorio bolognese, disegnate e colorate da periti
idraulici nei secoli XVII e XVIII, quando il problema delle acque, minacciava
di trasformare in paludi anche i campi
coltivati in prossimità della città. Il numero delle mappe esposte è molto limitato rispetto al numero complessivo solo
in parte inventariato, pubblicato e vincolato ai sensi di legge.
La pianura bolognese, formatasi in
epoca remota con le alluvioni dei fiumi
Po e Reno e di altri corsi d’acqua minori, era stata bonificata in buona parte
in epoca romana. Nel primo millennio
dell’era cristiana la parte alta della pianura bolognese aveva goduto di una buona sistemazione idraulica poiché poteva
sfruttare una rete di fossi che confluivano
nei maggiori corsi d’acqua (Samoggia, Reno, Savena, Idice e Quaderna) a loro volta
affluenti del ramo principale del Po, il Po di Primaro, che passava da Ferrara e seguiva all’incirca il tracciato dell’attuale Strada Statale Adriatica fino ad Argenta e
quindi quello dell’attuale fiume Reno. Questa ottimale sistemazione idraulica ebbe
però termine nel sec. XIV. Infatti nel 1152 si verificò in sinistra del fiume Po, nei
pressi di Ficarolo, una rotta aprendosi
un nuovo alveo verso il mare. Questo
nuovo corso, risultando di minor lunghezza e quindi di maggior pendenza,
assorbì nel tempo sempre maggiore
quantità di acqua, fino a diventare l’attuale Po Grande o Po di Venezia. Diminuendo la portata e quindi la velocità
le piene torbide incanalate in Primaro
depositavano lungo il letto del fiume le
sostanze terrose trasportate invece di
portarle fino al mare. Con l’interrimento del Po di Primaro non solo il Reno
si trovò in difficoltà, ma anche tutti gli
altri torrenti che solcavano la pianura bolognese e ravennate non riuscivano più a
scaricare le loro acque nell’originario recipiente dando luogo ad una serie di paludi o valli in cui l’acqua si fermava per quasi tutto l’anno. Inoltre, poiché queste
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valli si interrivano e si alzavano di
livello, l’acqua tendeva a risalire
verso terreni più alti, aumentando
così sempre più l’estensione dei
terreni paludosi fino a pregiudicare le coltivazioni anche delle zone
che erano sempre state asciutte e
fertilissime.
Il problema del Reno e della difesa idraulica della pianura bolognese iniziatosi alla fine del sec. XIV
(1758 - cm 80x57, non inventariata) - Pianta topo- con problemi di navigazione lungo
grafica di tutta la pianura bolognese, senza indi- il Primaro scoppiò già nel sec. XVI
cazione di scala, rappresentante le zone asciutte, aumentando sempre più nei secoli
le zone soggette ad allagamenti periodici e le valli successivi, coinvolgendo non solo
permanenti.
i governi degli stati Estensi e della Chiesa ma anche il Ducato di
Mantova e la Repubblica di Venezia. Furono interessati esperti idraulici italiani e
stranieri dei quali conserviamo migliaia di studi e pubblicazioni. Si può affermare
che la scienza idraulica fluviale è nata presso l’Università di Bologna e in particolare ricordiamo il grande Domenico Guglielmini con il suo corposo studio Della natura dei fiumi, che ancora oggi fa testo. Particolarmente oggetto di discussione era
il problema se riportare le acque del Reno in Po, come era in origine, a cui erano
assolutamente contrari i Ferraresi
e i veneziani per paura delle sue
piene e di possibili rotte disastrose. Per ben tre secoli (‘500, ‘600
e ‘700) si succedettero le Commissioni d’inchiesta di idraulici e
politici e anche furono realizzate
grandi opere come la bonifica per
colmata della Valle San Martina e
l’escavazione del Cavo Benedettino, voluto da Papa Benedetto XIV,
per l’inalveamento di un tratto del
Reno. Fondamentale, perché da (1735 - cm 160x91) - Mappa del Torrente Centonaesso deriva l’attuale sistemazione ra in scala 1:15800, dalla strada che va alla chiesa
idrografica, fu il chirografo di Papa di Cento di Budrio al suo sbocco nella valle di CamClemente XIII del 22 giugno 1767 potto. Comprende una vasta zona posta tra il Po di
che, sulla base della relazione dei Primaro, lo scolo Garda, il torrente Quaderna e il
periti Padre Antonio Lecchi S.J., torrente Idice. Vi sono rappresentate, con accurato
arch. Tommaso Temanza, e arch disegno, molte chiese, case coloniche, ville e gli
Giovanni Verace, ordinò a mons. abitati di Molinella, Traghetto, Consandolo, S. PieIgnazio Boncompagni Ludovisi, tro Capofiume, Durazzo e Selva Malvezzi. Firmata
Vice Legato di Bologna, di dare dai periti Antonio Laghi e Antonio Bonacursi.
esecuzione ad un complesso di
grandiosi lavori da finanziare con l’istituzione del catasto che appunto prende nome
dal Boncompagni. In particolare fu eseguito il completo inalveamento del fiume
Reno nell’antico alveo del Po di Primaro e l’immissione del Savena in Idice come
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risulta attualmente. I benefici di
tali lavori ebbero però breve durata perché il nuovo corso del Reno
in pochi anni si interrì. Intervenne
allora Napoleone I che, nel 1805,
ordinò di eseguire la immissione
di Reno in Po, sempre voluta dai
bolognesi ma sempre contestata
dai ferraresi e veneziani. I lavori (1819 - cm 142x69 non inventariata) - Profilo e
per l’esecuzione del Cavo Napo- mappa del torrente Ravone e della canaletta Ghisileonico furono iniziati nel 1808, liera, con pianta e sezione della Osteria del CHIU’.
impiegando fino a 7000 operai, È rappresentata la zona compresa tra il canale di
ma successivamente rallentarono Reno, la Via Emilia Ponente, la vain del Chiù e il
e furono definitivamente sospesi torrente Ravone. Copia eseguita da Antonio Marnel 1814. Il progetto fu poi ripreso chignoli della mappa redatta da Antonio Laghi.
dopo l’alluvione del 1951 realiz- Senza indicazioni di scale.
zando il Canale Emiliano - Romagnolo che serve come scolmatore delle piene di Po e di Reno e come canale di
irrigazione per una vasta zona del territorio romagnolo.
Il problema del Reno fu definitivamente risolto nel 1925 con il completamento
della BONIFICA RENANA che, secondo il progetto dell’ing. Pasini, ha realizzato la separazione delle acque alte (con quota da 45 a 12 m.s.m.) che scolano
naturalmente in Reno, mentre le acque basse sono convogliate con appositi scoli
a Saiarino (terreni in sinistra di Idice) e a Vallesanta (terreni in destra di Idice)
dove impianti idrovori le sollevano e le immettono in Reno presso la foce.
A Napoleone si deve anche l’istituzione delle Congregazioni Consorziali di Scolo organi permanenti che sostituirono le Assunterie che riunivano i privati interessati a lavori di sistemazione di corsi d’acqua. Tali Assunterie erano promosse
dall’Assunteria d’Acque di Bologna ma erano temporanee: dopo la progettazione e
l’esecuzione dei lavori, si scioglievano.
Nel 1817 il Governo Pontificio confermò le sette Congregazioni Consorziali
che durarono fino al 1929 quando furono assorbite dai Consorzi di Bonifica.
L’archivio, che comprendeva anche quello delle antiche Assunterie, occupava
l’intero piano terra della sede di Via Poeti 8 e fu mandato al macero nell’immediato secondo dopoguerra per
affittare i locali ad uso ufficio. Su
indicazione del Cav. Vittorio Sarti, ultimo impiegato degli scomparsi Consorzi di Scolo, recuperai
nella cantina di un imbianchino
tutte le mappe che formano la mia
collezione.
La rappresentazione cartografica del territorio inizia in epoca
antichissima; ricordiamo i MENSORES che al seguito delle le(1658 - cm 65x43) - Valle di Durazzo presso Moli- gioni romane, con la tavoletta
nella, con la chiesa e i palazzi Pepoli; è rappresen- pretoriana e la groma, eseguivano
tata anche la Torre dei Cavalli. Scala 1:18.630
perfetti rilievi e tracciamenti di
19
strade come ancora oggi si riscontra nella centuriazione della nostra pianura.
Dopo il buio del medioevo, con le grandi scoperte geografiche ripresero gli studi
cartografici. All’inizio del sec. XVI ogni principe, laico o religioso, voleva vedere
il territorio su cui esercitava il potere. Troviamo affreschi murali a Venezia, Firenze, Perugia e Caprarola, ma è soprattutto in Vaticano che vediamo la importantissima Galleria delle carte geografiche, voluta dal Papa bolognese Gregorio XIII
e realizzata dal famoso cartografo Ignazio DANTI (1536-1586). In essa troviamo
la BONONIENSI DITIO, prima rappresentazione del territorio bolognese. Non
considerando l’atlante del Magini, del 1608 e di altri cartografi europei, eseguiti
a grande scala e quindi solo indicativi, si può affermare che la prima carta topografica esatta dell’intera pianura bolognese è quella pubblicata, sotto forma di
atlante, da Andrea CHIESA nel 1740, in scala 1:34.000 circa; ad essa seguì, nel
1762, una edizione in scala ridotta a 1:68.000 circa.
Per necessità tecniche venivano eseguiti rilievi topografici anche in epoche anteriori e infatti la prima mappa della nostra collezione risale al 1658 e riguarda la
valle di Durazzo presso Molinella, rappresentata in scala 1:18.630 circa. Il primo
rilievo catastale della pianura bolognese fu eseguito, a partire dal settembre 1781,
dal perito Giuseppe Cantoni per redigere il Catasto Boncompagni base dell’istituzione del Terratico, la tassa che doveva servire a finanziare i grandi lavori di
sistemazione idraulica della pianura.
Le mappe che presentiamo non vanno confuse con i cabrei. I cabrei sono le
mappe rappresentative delle proprietà terriere di una determinata famiglia o di
un istituto religioso, in cui sono normalmente indicate le colture, e riguardano
limitate estensioni di terreno. Le mappe idrauliche riguardano in genere un corso d’acqua e tutti i terreni che scolano in esso e sono spesso accompagnate dal
rilievo altimetrico dello stesso corso d’acqua. Quasi sempre sono datate e firmate
dal perito, spesso un tecnico rinomato anche per costruzioni edilizie come Luigi
Maria Casoli (1659 - 1739). Spesso i fabbricati sono rappresentati con minuziosi
disegni, vere e proprie miniature che ci consentono di conoscere edifici oggi non
più esistenti.
Bibliografia
1 - VERONESI Giovanni, Cenni storici sulle vicende idrauliche della bassa pianura bolognese, Bologna - Tip. Ancora - 1858
2 - VERONESI Giovanni, Notizie storiche e statistiche intorno ai Consorzi di Scolo della
Provincia di Bologna…, Bologna - Regia Tipografia - 1874.
3 - VERONESI Giovanni, Sulle vicende idrauliche della bassa pianura bolognese - Appendice alla memoria del 1858, Bologna - Tip. Cenerelli - 1887
4 - EVANGELISTI Giuseppe, La pianura bolognese dalla “Padusa” alla “bonifica integrale”, in IL COMUNE DI BOLOGNA, A. XVI (1929) - n. 1 - pag. 22-28
5 - MANARESI Franco, Una raccolta di disegni e mappe della pianura bolognese, in CULTA BONONIA, A. III - n° 1 - Bologna - Patron - 1971, pag. 47-114.
6 - MANARESI Franco, Giovanni Veronesi idraulico e storico della pianura bolognese, in
STRENNA STORICA BOLOGNESE (C.B.S.A.) A. XXII - Bologna - Patron - 1972, pag.
89-101
7 - MANARESI Franco, Per una storia della bonifica idraulica della pianura bolognese, in
20
CULTA BONONIA, A. V - n° 2 - Bologna - Patron - 1973, pag. 141-155
8 - VARIGNANA Franca (a cura di), Mappe agricole e urbane del territorio bolognese dei
secoli XVII e XVIII, in LE COLLEZIONI D’ARTE DELLA CASSA DI RISPARMIO IN
BOLOGNA - I Disegni - vol.II, Bologna - ALFA - 1974
9 - MANARESI Franco, Vicende storiche del torrente Savena, in “il CARROBBIO”, Bologna - L. Parma - 1979, pag. 289-302
10 - 1909-1979, I SETTANT’ANNI DEL CONSORZIO DELLA BONIFICA RENANA,
Sala Bolognese - Forni - 1980
11 - MANARESI Franco, La rete idrografica - Il Savena, in “SAN LAZZARO DI SAVENA-– La storia, l’ambiente, la cultura”, Cassa Rurale e Artigiana di Castenaso, 1992
- pag. 351-357
L’ARIOSTO DI VILLANOVA
La villa Silvani, ora Manaresi, a Castenaso
Il primo rogito (del 1590) che abbiamo reperito riguarda l’acquisto di un prediolo con casa, aia, pozzo, forno… posto in Loco detto Santa Caterina da parte della
vedova di Ettore Ariosti, membro della cospicua e famosa famiglia originaria di
Bologna e con un ramo trasferitosi a Ferrara comprendente il grande Ludovico.
Agli Ariosti rimase poco meno di quaranta anni ma sufficienti per cambiare il toponimo. Infatti quando Marcantonio Pederzani, ricco commerciante di legnami, acquistò la proprietà il 23 novembre
1627, l’ubicazione è così indicata:
in loco dicto S. Catherina seu vero
il luogo dell’Ariosto. A Marcantonio Pederzani si deve la trasformazione della semplice casa con
tetto a due falde e torre piccionaia
in palazzo da padroni come viene definito nell’atto di acquisto,
del 1695, da parte del marchese
Giovanni Giuseppe Orsi, famoso
uomo di cultura dell’epoca, celebrato da Ludovico Antonio MuraParticolare del fregio parietale della loggia con
tori. Il marchese Orsi, appassional’affresco “Ratto d’Europa” di Agostino Mitelli
to commediografo, fece costruire
un teatro, in aderenza al lato di ponente della villa, ove quasi certamente recitò
anche il giovane Prospero Lambertini, prima di diventare Cardinale e poi Papa,
come ricorda Testoni nella celebre commedia.
Trasferitosi a Modena, il marchese Orsi, in data 10 febbraio 1718, vendette il
palazzo, con annessa tenuta agricola, a un certo Matteo Conti, di cui si hanno poche
notizie: certamente era di famiglia borghese ma molto ricca. Suo figlio Pietro sposò,
nel 1726, Camilla Castelli, ultima discendente della ricca famiglia di nobiltà feudale che aveva rivestito la dignità senatoria dal 1466 al 1615. La villa mantenne
però il nome di “palazzo Conti”, come si riscontra in una mappa del 1785. In data
28 luglio 1820 l’intera proprietà Conti fu acquistata dall’avv. Antonio Silvani, famoso patriota, Ministro della Giustizia nel Governo delle Province Unite del 1831.
I suoi discendenti furono protagonisti della vita politica, culturale ed economica
21
bolognese fino al 1945 quando morì Paolo. Nel 1964 scomparve anche Maria, ultima della famiglia e la proprietà passò ai cugini materni Ballerini. La villa fu subito
posta in vendita ma le disastrosi condizioni conseguenti gli eventi bellici scoraggiavano ogni possibile acquirente: Infatti nel 1944 la villa era stata occupata da un
comando militare tedesco e bombardamenti aerei avevano distrutto l’ala di ponente
con il teatro e l’adiacente Casa del Cocchiere. Privo di ogni chiusura il fabbricato
fu saccheggiato di ogni suppellettile asportabile, adibito a ricovero di sinistrati e
sede di feste danzanti, fino a quando non fu costruito un muro di chiusura peraltro
lasciato al grezzo.
Solamente nel 1981 fu trovato un compratore in chi scrive. Con rogito in data 19
giugno1981, la villa con il pertinente predio Palazzo passava in proprietà ai fratelli
Giovanni, Stefano, Nicolò e Carolina Manaresi con l’usufrutto a favore dei loro
genitori Franco e Maria Malfatti.
Subito si studiò il progetto di restauro della villa e dell’annessa Casa del Fattore e nel 1982 iniziarono i lavori che si svolsero sotto la sorveglianza e la fattiva
collaborazione della Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici (nella
persona dell’arch. Ippolita Adamoli). Il 22 maggio 1987 l’opera di restauro poteva
considerarsi ultimata e la villa fu aperta al pubblico per ascoltare una conferenza
del prof. Eugenio Riccomini, organizzata dalla prof. Maria Grazia Baruffaldi, Assessore alla Cultura del Comune di Castenaso (oggi Sindaco), sul tema “Il fregio
dipinto nelle ville bolognesi”.
Non è mai stata presa in considerazione la possibile ricostruzione dell’ala adibita a teatro della quale peraltro furono messe in luce le fondamenta, a guisa di
reperto archeologico, mentre subito ci si impegnò per il ripristino dell’adiacente
“Casa del Cocchiere” della quale restavano il muro perimetrale per un’altezza
di circa tre metri e alcune
arcate del portico antistante
che permettevano una esatta
individuazione dell’originaria facciata, di alto valore
architettonico.
Purtroppo il rudere era
stato cancellato anche dalle
mappe catastali e il Piano
Regolatore Comunale non
ne prevedeva il ripristino.
Fortunatamente lo stesso Soprintendente arch. Elio GarProspetto sud della “Casa del Cocchiere”
zillo si interessò al problema
e con lettera in data 11 maggio 2001 confermava l’approvazione del progetto di ripristino invitando il Comune
a modificare lo strumento urbanistico.
I lavori per il ripristino della Casa del Cocchiere, fabbricato di splendida architettura settecentesca, furono così terminati il 20 ottobre 2005, senza che si potesse
completare anche il restauro del monumentale pozzo esterno per l’assoluta mancanza di collaborazione da parte della dirigenza della Soprintendenza succeduta
all’arch. Garzillo.
Estremamente interessante è l’interno della villa per i soffitti a cassettoni e i fregi
parietali affrescati in prevalenza nell’estate del 1632. Alcuni artisti sono stati fa22
cilmente individuati anche perchè hanno lasciato la loro firma. Ad Agostino Mitelli
(1609 – 1660) si attribuisce la loggia e l’adiacente Sala delle Stagioni con grande
camino; Domenico Ambrogi detto Menghino del Brizio dal nome del suo maestro
Francesco Brizio (1583 – 1632) ha firmato e datato gli affreschi della Sala del Tasso dove sono magnificamente rappresentati episodi della Gerusalemme Liberata.
Altri affreschi sono stati attribuiti a Giovanni Andrea Seghizzi (1613 – 1684) e allo
stesso figlio di Agostino, Giuseppe Maria Mitelli.
La tipica loggia che viene attraversata per accedere al retrostante patio ha il soffitto diviso in quattro settori a loro volta ripartiti in sei cassettonati, con fondo di arelle
intonacate e riccamente affrescate con mascheroni e volute che incorniciano medaglioni centrali in cui sono rappresentati, alternativamente, angioletti svolazzanti e
imprese accademiche. Tali
imprese, formate da una
rappresentazione simbolica
accompagnata da un motto,
venivano adottate da singoli individui e non vanno
confuse con gli stemmi che
identificavano le famiglie
e che si tramandavano di
generazione in generazione. Il loro uso ebbe inizio
in Italia tra le classi colte,
a partire dal Rinascimento, e raggiunse la massima
diffusione nell’età barocca
con il moltiplicarsi delle
accademie.
Sopra le porte si trovano
due stemmi: a mezzogiorno
Particolare del soffitto a cassettoni della loggia
è rappresentato lo stemma
dei Silvani; a tramontana,
raschiato lo stemma dei Silvani, è comparso quello dei Pederzani. A fianco degli
stemmi e sotto le travi principali vi sono altre imprese.
Sul fregio che si svolge nelle pareti laterali della loggia troviamo otto scene mitologiche tratte dalle Metamorfosi di Ovidio. Nella parete di levante, da sinistra,
vediamo: Latona e i contadini trasformati in rane; Ulisse e Nausicaa; paesaggio
agreste con Mercurio; Ratto d’Europa. Nella parete di ponente, da sinistra vediamo due scene del mito di IO sedotta da Giove nonostante la sorveglianza di Argo,
mostro dai cento occhi inviato da Giunone; quindi si ammira la scena di Dafne
inseguita da Apollo e la scena di Diana al bagno.
Il parco a nord della villa è formato da alberi secolari e ha subito solo opere di
pulizia dai rovi che ne chiudevano l’accesso. Il prato a sud con relative alberature
è stato realizzato nel 1987, in occasione del restauro, in conformità alla rappresentazione di un affresco del 1632 esistente in una sala interna della villa.
23
Bibliografia
1 - Le Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna, Bologna - Marchi e Corty - 1844,
n. 12, (ricorda solamente l’oratorio che “s’intitola a san Matteo della Pederzani di
casa Silvani”)
2 - BESEGHI Umberto, Castelli e ville bolognesi, Bologna - Tamari - 1957, pag. 283
3 - CUPPINI G. - MATTEUCCI A.M., Ville del Bolognese, Bologna - Zanichelli 1969, pag. 221 e scheda di M. FANTI a pag. 353
4 - BENTINI Jadranka, Arte come a Bologna, in “Castenaso la storia i luoghi le immagini”, pag. 187-205, Bologna - L. Parma - 1984
5 - MANARESI Franco, “L’Ariosto” di Villanova - La villa Silvani ora Manaresi a Castenaso, in “il CARROBBIO”, Bologna - L. Parma - 1991, pag. 231-258
6 - MANARESI Franco, Il recupero de “l’Ariosto” di Villanova, in LE DIMORE STORICHE, periodico dell’A.D.S.I., Anno XII - n. 1 - 1996, pag. 5-7.
7 - MANARESI Franco, I Silvani: una famiglia risorgimentale, in STRENNA STORICA BOLOGNESE, (del C.B.S.A.), A. XXXIX - Bologna - Patron - 1989 - pag. 213252
24
A.D.S.I.
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