Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR numero 47 | 28 novembre 2012 | € 2,00
settimanale diretto da luigi amicone
EDITORIALI
Transnazionale montiana
“Tornare a casa”? Come si fa se Frau
Merkel ci chiama a “finire il lavoro”?
D
ice il nostro presidente del Consiglio alla vigilia dell’annuncio da 2 miliardi di dollari
puntati dal Qatar sul made in Italy: «L’Italia è sulla strada giusta ed è un’ottima opportunità per gli investitori stranieri». Se Monti si fosse fermato qui non ci sarebbe
stato niente da dire. Ma è la precisazione seguente, quel «non posso garantire» cosa accadrà dopo il voto che ha fatto trasecolare. Tant’è, 24 ore dopo Monti si è corretto. Certo che
non voleva dire “italiani, votate quello che volete, sappiate però che se non ci sarò ancora
io a Palazzo Chigi, sarà il diluvio”. Certo che, come ben messo in evidenza dai grandi propugnatori del Monti bis, Monti voleva significare che «Chi verrà dopo di me farà meglio
di me». Ma insomma, sicuro che il vero non stia nel detto e cucinato per 24 ore? Intanto
notiamo che da un po’ di tempo in qua il Professore appare molto meno convincente nel
suo famoso proposito di “finire il lavoro e tornare a casa” (espresso a questo giornale non
più di tre mesi fa). In secondo luogo osserviamo che il suo understatement appare sempre più vincolato a due ordini di fattori. Uno esterno, tutto improntato a non scoraggiare l’attenzione sugli inviti “a proseguire il lavoro” ricevuti dall’estero (segnatamente da
Merkel e Obama). L’altro interno, lo conosciamo tutti, è il “Listino Monti” approntato da
Montezemolo&C. Naturalmente non c’è nulla di male nel partito “montiano” nazionale
e transnazionale. Nulla di sbagliato nel sogno
di un bis a Palazzo Chigi (o male che vada sul Non c’è nulla di sbagliato nel sogno
Colle). Però stupisce, tra tanti indizi di sobriedi un “Monti bis”. Però stupisce che
tà e sprezzatura delle umane ambizioni, scorgere nel retropensiero di un Professore, un’in- la sobrietà e sprezzatura del potere
vestitura al sapore un po’ di grandi eventi, un si trasformi in sapiente indifferenza
po’ di agenzia di rating, un po’ di Britannia.
alle passioni e al voto degli italiani
CATALOGNA AVVELENATA
La prossima dissoluzione della Spagna è
l’ultimo frutto della semina di Zapatero
D
Noi maggiordomi.
Dal Medio Oriente alla
Cina, il mondo che
conta si riordina. Ma
l’Italia non è pervenuta
N
aturalmente tanti fatti
avvengono per caso ed è solo
una certa paranoia razionalista che mi spinge a mettere in
fila alcuni avvenimenti più o meno
coincidenti nei tempi: così il licenziamento del ministro della Difesa russa,
l’imboscata al direttore della Cia, la
nomina di Xi Jinping a segretario del
Partito comunista e contemporaneamente (cosa che non avveniva più
dalla morte di Mao) a presidente della
commissione militare del Comitato
centrale. Ed è certamente un caso
che subito dopo questi fatti Hamas
provochi Israele e arrivi poi a tirare
razzi iraniani sulla stessa Gerusalemme. Se mi lasciassi andare alla mia
ben predisposta paranoia, direi che il
mondo ha almeno due nodi di cui non
ha trovato una soluzione: l’assetto
dell’Afghanistan con la tentazione
cinese di divenirne il protettore consolidando un asse con gli amichetti
pakistani e terrorizzando così gli indiani, e la bomba atomica iraniana che
scuote tutta l’area dallo Stato ebraico
a Riyadh. Secondo i miei schemi paranoici questi scenari accelererebbero i
riordini delle cose militari nei posti del
pianeta che contano. Cioè dappertutto
fuori che da un’Italia che, per esempio,
con i tanto deprecati Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema ha avuto un
Xi Jin
qualche ruolo nelle vicende post
pin
’92. E che ora invece è consultata solo come quando si può
contare sulla complicità di un
maggiordomo per sapere come vanno le cose dei padroni
di casa. Con telefonate del
tipo: “Caro Mario
Jeeves, che cosa
stanno pensando
lady Angela e sir
Barack?”.
Lodovico Festa
g
omenica 25 novembre le elezioni anticipate della Catalogna si terranno in un clima avvelenato. Alla crisi che investe anche la regione più industrializzata della Spagna,
alla quasi bancarotta che l’ha costretta a chiedere 5 miliardi di euro di aiuti a Madrid e alle tensioni causate dal progetto del governatore uscente Artur Màs di indire un
referendum per l’indipendenza, si è aggiunta una violenta polemica sui fondi detenuti in
Svizzera dallo stesso Màs e dalla famiglia Pujol (quella dell’ex governatore Jordi, per 23 anni a capo della regione e del partito CiU) che per il quotidiano madrileno El Mundo sarebbero il risultato di tangenti pagate da imprese catalane. Oltre alle immaginabili querele,
l’inchiesta ha spinto i catalanisti ad accusare il governo di «gioco sporco» attraverso «le cloache dello Stato», e il primo ministro Rajoy a rispondere che «se qualcuno ha un problema, non deve cercare di scaricarlo su altri». In mezzo, il Partito socialista che per otto anni
ha governato la Spagna si presenta nelle vesti di paciere, proponendo la soluzione del federalismo. Ma il Psoe è l’apprendista stregone che ha portato la Spagna sull’orlo della dissoluzione: sono stati i socialisti catalani a creare a suo tempo una maggioranza di governo
con la sinistra indipendentista, a votare uno statuto che definiva la Catalogna “nazione”,
a provocare la radicalizzazione indipendentista di CiU. Zapatero ha lasciato fare: a denunciare lo statuto alla Corte costituzionale, che
poi lo bocciò, fu il Partito popolare. Oggi i soSono stati i socialisti catalani
a votare con gli indipendentisti cialisti raccolgono quello che hanno seminato: mentre quelli di Madrid invocano il federauno statuto che definiva la
lismo, quelli di Barcellona si dichiarano
regione “nazione” e a spingere
favorevoli al referendum di autodeCiU verso posizioni estreme
terminazione. E la Spagna scricchiola.
FOGLIETTO
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| 28 novembre 2012 |
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SOMMARIO
LA SETTIMANA
NOVITÀ IN CAMPO
Foglietto
Lodovico Festa...................................3
16
Non sono d’accordo
Oscar Giannino.............................. 15
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr numero 47 | 28 noVembre 2012 | € 2,00
settimanale diretto da luigi amicone
Boris Godunov
Renato Farina................................. 25
Foto: Infophoto
Cerco
un centro
Le nuove lettere di
Berlicche...................................................... 31
Mamma Oca
Annalena Valenti..................... 55
Il terzismo di Montezemolo tenta di prendere
corpo e si prepara a fare politica. Calamitando,
annunciano i giornali, l’interesse dei cattolici.
Già, ma quali cattolici? E se (quasi) tutti sono
d’accordo sull’obiettivo del Monti bis, chi lo
porta Monti? E soprattutto chi li porta i voti?
|
Trova l’intruso e dagliele.
Le regole delle primarie Pd
sembrano studiate per fare
fuori il “corpo estraneo”
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teo Renzi. Una gara dove il secondo, ai
blocchi di partenza, si è ritrovato di fronte una pista più lunga e una manciata di
asticelle da saltare.
Certo, il segretario democratico ha
avuto un grande merito, quello di concedere la celebrazione delle primarie di
coalizione nonostante lo statuto le prevedesse, a livello nazionale, solamente per
la guida del partito, per di più indicando
automaticamente nel segretario generale
il candidato per la premiership. La deroga alle norme interne chiesta da Bersani
ha permesso ai democratici di avviare un
vivace dibattito interno che, al netto delle asperità, è il collante che sta consentendo al partito di resistere meglio degli
altri alla violenta ondata antipolitica che
attraversa il paese. Un confronto aperto,
fresco, innovativo per i (poco) sacri palazzi, che verrà sicuramente stemperato dalle alchimie delle alleanze in vista delle
elezioni politiche che partiranno a gazebo chiusi. Ma se non verrà dispersa, sarà
un’ottima rendita da capitalizzare nei
prossimi mesi.
Al netto di tutto questo, rimane il fatto che ai due principali candidati non è
stata data la possibilità di concorrere ad
armi pari. Bersani fa parte di un gruppo dirigente coeso, rappresenta la temporanea testa dell’ariete composta da quel-
lo che su queste pagine Antonio Funiciello definisce come un vero e proprio “patto di sindacato”. Un gruppo d’interesse
che negli anni si è reso protagonista di
accese diatribe interne e scontri al vertice. Ma che si è mosso compatto allorché
la contendibilità della leadership è stata messa in gioco da un attore esterno.
Per quanto si voglia scavare nel passato
del sindaco di Firenze, portandone alla
luce gli anni di militanza nei movimenti giovanili cattolici prima, e nella dirigenza locale della Margherita poi, Renzi
non ha mai condiviso la responsabilità di
scegliere le linee guida del Partito democratico. La sua è dunque una candidatura aliena ai delicati equilibri della squadra che lo governa da sempre. La quale ha
reagito d’istinto, cercando di complicare la faccenda per un competitor attualmente sprovvisto delle chiavi del partito. Da qui la decisione di rendere l’adesione al manifesto d’intenti del centrosinistra pregressa e non concomitante con le
operazioni di voto. Solo dopo le proteste
sollevate dai simpatizzanti renziani e da
parte della stampa, il comitato dei garanti ha stabilito che ci si possa registrare
anche al momento del voto. Ma le file (e
in alcuni casi pure la sede di registrazione e quella di voto) rimarranno diversificate. Un modo per favorire il voto struttu-
ARRIVANO STRANI SMS
Tutti quei contatti misteriosamente
a disposizione di “BERSANI 2013”
Foto: AP/LaPresse
di essere alle
Olimpiadi. Due atleti, solo loro due,
si sono classificati per la finale dei
cento metri. Sono ai blocchi di partenza. L’atleta nella prima corsia gioca in
casa, ha tutto lo stadio dalla sua. L’atleta nella seconda corsia è straniero, con
sé solo uno spicchio della tifoseria, quello abbarbicato in alto, vicino alla curva.
Gaie e battagliere, le loro voci soffocate
dalle migliaia che tifano per l’avversario.
Davanti al primo atleta una corsia sgombra, il traguardo cento metri più in là.
Di fronte al secondo una serie di ostacoli da saltare uno dopo l’altro, con l’arrivo
spostato una decina di metri dopo quello
dell’avversario.
Se siete riusciti a figurarvi la scena surreale, vi basterà traslarla alle primarie del centrosinistra che si terranno
domenica 25 novembre, e avrete un quadro abbastanza realistico della situazione. Edulcorato quel tanto che basta a una
metafora per descrivere efficacemente la
realtà. Tolti Bruno Tabacci e Laura Puppato – due candidature destinate a rimanere ben al di sotto della doppia cifra percentuale – e tolto anche Nichi Vendola, la
cui presenza ai gazebo è frutto della partita che il segretario di Sel sta giocando
in vista delle future alleanze, la corsa per
la vittoria è tra Pier Luigi Bersani e Matmmaginate per un istante
INTERNI
Lostessoballottaggio
serviràaBersanisiaperfar
pesareilvotodeimilitanti,
siapercontaresuivoti
deiprobabiliesclusi:
difficilecheivendoliani
preferiscanoRenzi
Con le primarie del 25 novembre l’eterna
leadership del Pd accetta la sfida rottamatrice
di Matteo Renzi. Ma solo a metà. Le regole
delle primarie infatti paiono studiate apposta
per far trionfare l’apparato sul “corpo estraneo”
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La denuncia è partita da Riccardo Puglisi. Ricercatore di Economia politica
all’università di Pavia, il blogger de Linkiesta racconta di uno strano messaggio
ricevuto sul suo smartphone dopo essersi registrato online alle primarie del Pd.
«Partecipa alle primarie del centrosinistra e scegli il candidato premier. Ti puoi
registrare al sito www.primarieitaliabenecomune.it». Fin qui nulla di strano. Se
non fosse appunto che Puglisi quella registrazione l’aveva già effettuata. Ma a
insospettire il blogger è stato soprattutto il mittente: non il Partito democratico,
come sarebbe stato ovvio attendersi, ma “BERSANI 2013”. «Ho subito escluso
che il messaggio fosse da collegarsi direttamente alla mia iscrizione, perché non
ho fornito nessun numero telefonico», spiega Puglisi. Che però non capisce come
lo staff di Bersani sia in possesso del suo recapito. Già, perché come spiega un
indispettito Stefano Di Traglia, responsabile della comunicazione dei democratici, «quella dei messaggi sul cellulare è un’iniziativa autonoma del comitato per
Bersani. Non saprei darle maggiori informazioni, se non che non un euro dei soldi
del partito è stato speso per quegli sms». Ma anche Alessandra Moretti, portavoce del segretario nella sua corsa alle primarie, fa il pesce in barile: «Non saprei
proprio, bisognerebbe chiedere a chi cura i dettagli organizzativi», replica alla
domanda circa l’origine degli indirizzari telefonici utilizzati per gli invii. Per i quali i
bersaniani affermano di aver speso di tasca propria solo 300 euro.
Puglisi prova a fare mente locale: «L’unica volta che potrei aver dato il mio
numero è quando votai alle primarie dell’Unione nel 2005». Una circostanza che
troverebbe riscontro in un’e-mail arrivata a Claudio Cerasa del Foglio: «L’unica
volta che ho lasciato i miei dati con e-mail e numero di telefono a un comitato
del centrosinistra è stato nel 2005 ai tempi delle primarie di Romano Prodi»,
scrive al cronista il consigliere comunale di Vicenza Luca Balzi. Mistero svelato?
Forse. Rimane da capire come e perché quell’indirizzario sia oggi nella disponibilità di Bersani e non in quella degli altri candidati. [ps]
rato degli iscritti, penalizzando gli “elettori occasionali” tra i quali Renzi sperava
e spera ancora di attingere a piene mani.
E solo all’ultimo si è scongiurato un ballottaggio chiuso, riservato esclusivamente a chi si fosse iscritto entro il 25 novembre, un meccanismo escogitato sempre
per limitare il voto dei non iscritti. Ma la
logica stessa del secondo turno in assenza di un vincitore al primo è un unicum
in tutta la storia delle primarie piddine.
Servirà al segretario sia, ancora una volta, per rendere preponderante il voto dei
militanti, sia per contare sui voti di chi
dal ballottaggio sarà escluso. È assai difficile infatti che all’eventuale ballottaggio i voti dei fan del terzo incomodo Vendola si orientino sulle posizioni troppo
liberal di Renzi, con ogni probabilità finiranno per favorire Bersani. Senza contare
che il prevedibile calo di votanti al secondo turno dovrebbe già di per sé favorire il
leader. Per arrivare davanti al primo turno, secondo gli esperti, il sindaco di Firenze avrebbe bisogno che alle urne si recassero circa 4 milioni di votanti. Per vincere al ballottaggio, poco più di due milioni e mezzo. Cifre che appaiono molto lontane dai pronostici attuali, che parlano
rispettivamente di 3 e 2 milioni di elettori. Anche per questo il 19 novembre, ospite a Otto e mezzo di La7, lo sfidante svantaggiato di Bersani si è obbligato a moderare le rimostranze: «Ho fatto passare il
messaggio che votare è complicato. E allora lancio l’appello ad andare ai gazebo».
Che a conti fatti la chiamata al voto dei
“non organici” sia decisiva o meno, non è
detto che Renzi non riesca comunque a
capitalizzare a proprio favore il percorso a
ostacoli. Nell’eventualità di un testa a testa
finale, infatti, anche in caso di sconfitta
del rottamatore gli equilibri interni al Pd
potrebbero mutare. E non di poco.
PietroSalvatori
Segui “Le belle statuine”,
il blog di Pietro Salvatori su tempi.it
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Copertina. La sinistra al dunque
L’eterna leadership del Partito democratico accetta
la sfida rottamatrice di Matteo Renzi. Ma solo a metà
Pietro Salvatori......................................................................................................................................................................................................16
Paola Bonzi. Trent’anni a difendere la vita
Chiara Sirianni......................................................................................................................................................................................................... 20
26
ESTERI
ESTERI
Qui accanto,
la relazione su
“Religione, Pluralità
e Bene comune”
tenuta dal cardinale
Angelo Scola
il 15 novembre
alla House of Lords,
Londra (qui sopra,
Westminster).
Invitato in qualità
di presidente della
Fondazione Oasis,
Scola è intervenuto
anche a una
conferenza pubblica
all’Heytrop College
di Kensington
n cardinale della chiesa cattolica
romana, italiano per di più, invitato a tenere una lezione e una discussione pubblica presso la Camera dei Lord
a Londra: come può succedere una cosa
del genere? Le principali esportazioni italiane in Inghilterra sono cibo, moda, studenti. Ma c’è chi si è accorto che dall’Italia è possibile importare anche un sapere
specializzato nel far incontrare i diversi,
un’esperienza di valorizzazione delle differenze, una capacità relazionale che non
fa a meno di un alto profilo scientifico e
accademico. È così che a parlare di “Religione, Pluralità e Bene comune” sotto le
solenni volte del parlamento di Westminster è stato chiamato l’arcivescovo di Milano monsignor Angelo Scola, nel suo ruolo di presidente della Fondazione internazionale Oasis. Anche dopo avere ricevuto l’onorevole e oneroso incarico di guidare l’arcidiocesi di Milano il cardinale non
ha abbandonato la sua creatura, fondata
nel 2004 quando era patriarca di Venezia
per incoraggiare la comprensione e l’incontro fra cristiani e musulmani, a partire dalle comunità cristiane presenti in
Medio Oriente e Nordafrica. I riconosci-
menti al suo lavoro, come si vede, confermano il valore dell’esperienza, che lui non
perde occasione di promuovere con convinzione. Dopo essere stata presentata già
all’Unesco (Parigi, 2005) e all’Onu (New
York, 2007), per la prima volta Oasis ha fatto il suo ingresso in un parlamento nazionale. E non certo uno qualunque.
Del resto il Regno Unito ospita una
numerosa comunità musulmana (si parla
di 1,8 milioni di residenti, in grande maggioranza provenienti dal subcontinente
indiano) e il tema del loro rapporto con
le leggi, le istituzioni e l’identità del paese di cui sono cittadini è sempre caldo,
per non dire scottante e foriero di opposte polemiche quando il discorso cade sulla presenza militare britannica in Afghanistan o sulla condizione delle donne di
famiglia islamica nel paese dove regna Elisabetta II. Gli inglesi di antica ascendenza
hanno molte critiche da fare ai loro concittadini musulmani, i musulmani affer-
Foto: Diocesi di Milano, AP/LaPresse
La straordinaria rilevanza civile dell’incontro
tra un arcivescovo italiano e un coraggioso
Lord inglese nel cuore dell’Occidente
politicamente corretto e umanamente esausto.
Un giorno con il cardinal Scola a Westminster
da Londra Rodolfo Casadei
U
| 28 novembre 2012 |
mano di essere discriminati e sottoposti
ad attacchi. L’ultimo caso che ha agitato
le acque è stato quello di Malala Yousafzai,
la 15enne studentessa e attivista pakistana
ferita a colpi di arma da fuoco dai talebani
mentre tornava da scuola. Dopo che è stata trasportata in Europa e ricoverata a Birmingham per cure specialistiche (è stata
ferita alla testa e al collo), l’Mcb, l’associazione dei musulmani britannici, ha condannato l’attentato. Molti commentatori
hanno osservato che la condanna era tardiva e le parole della dichiarazione poco
incisive, e che questo si spiega col trattamento patito da molte ragazze pakistane
immigrate nel Regno Unito: vengono ritirate da scuola e fatte sposare non appena
possibile. Alcune organizzazioni femminili di donne musulmane si sono associate
alle critiche, confermando che una mentalità arretrata di tipo talebano è presente in molte famiglie delle loro comunità.
In giro per Londra si vedono passare i tipi-
ci autobus rossi a due piani con un grande
pannello laterale dove si legge: “Musulmani per la lealtà, la libertà e la pace – Amore
per tutti, odio per nessuno”. Responsabili
di questa pubblicità sono però i musulmani Ahmadiyya, diffusi in Pakistan e India,
considerati eretici dagli altri islamici perché a Maometto affiancano un altro profeta, di nome Mirza Ghulam Ahmad.
La convivenza degli inconciliabili
Anche i cristiani, tuttavia, non se la passano benissimo. Teoricamente rappresentano la maggioranza della popolazione (71
per cento) e gli anglicani poi addirittura
sono Chiesa di Stato, ma le leggi li costringono ogni giorno di più a scegliere fra la
fedeltà alla propria coscienza e la sottomissione a Cesare. Due settimane fa è stato bocciato per la quarta e probabilmente ultima volta il ricorso presentato da
Catholic Care, un’agenzia per adozioni di
Leeds, contro il paragrafo dell’Equality Act
che la costringerebbe a fornire i suoi servizi anche a coppie di persone dello stesso
sesso. L’agenzia sarà costretta a chiudere i
battenti, come è successo fra il 2007 e oggi
a tutte le agenzie cattoliche che si occupavano di adozioni. Lo stesso Lord Alton di
Liverpool, il pari del Regno che ha invitato il cardinal Scola a parlare presso la
Camera dei Lord nella quale siede, è politicamente parlando un prodotto dell’emarginazione delle posizioni riconducibili
all’etica naturale riconosciuta dalla Chiesa. Deputato liberale dal 1979, il più giovane membro della Camera dei Comuni, dopo la fusione che diede vita al partito Liberaldemocratico ha dovuto andarsene dalla formazione politica, perché poco
tempo dopo l’aborto legale in qualunque
fase della gestazione è diventato la linea
politica ufficiale del partito.
Che fare davanti alla scoperta che nella società sussistono punti di vista inconciliabili? Scola ha proposto il primato del
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Londra. Il cardinale Angelo Scola a Westminster
La straordinaria rilevanza civile dell’incontro
tra un arcivescovo italiano e un coraggioso Lord
inglese nel cuore dell’Occidente politicamente
corretto e umanamente esausto
Rodolfo Casadei.................................................................................................................................................................................................... 26
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cultura
costruire il mondo
CULTURA
alcune immagini diventate triste icona del terremoto in Emilia, come il Duomo
di Mirandola (qui sopra) e la torre del campanile di Finale Emilia (sopra, a destra)
Il raCConto
Giobbe
in Emilia
se anche la
terra trema
Autore m. Ferraresi
editore
Itaca
Pagine
144
Prezzo
15 euro
Anticipiamo un brano del libro Se anche
la terra trema di Mattia Ferraresi con
un racconto fotografico di Alice Caputo. Il
libro è acquistabile dal 23 novembre su Itacalibri.it.
di Mattia Ferraresi
i saranno pietre da raccogliere
dopo un terremoto? Loro alla
fine ci faranno cattedrali»,
così si chiudeva la lettera del Resto del
Carlino. Emiliani incrollabili, emiliani
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che non tremano nonostante tutto, emiliani che vogliono rifiutare gli aiuti per
rialzarsi da soli. L’orgoglio campanilistico è stata una delle più facili scorciatoie per non ammettere la totale impotenza di quell’eroe invincibile che è l’uomo
davanti alle forze della natura. Sembra
quasi che ci sia un sottile filo di vergogna nel mostrarsi così vulnerabili davanti all’Italia. Un giovane agricoltore intervistato dalla Gazzetta di Modena ha osservato: «Ci siamo trovati spiazzati perché
siamo sempre stati noi quelli che anda-
vano ad aiutare gli altri e adesso ci troviamo ad avere bisogno noi degli altri e
questo ci lascia disarmati». Gli emiliani si
sono forse sentiti come un Golia imbarazzato per aver perso contro il piccolo Davide. Lo slancio volontaristico è l’ultima
arma che si può scagliare invano contro
un evento naturale indomabile, e il simbolo di questo orgoglio è diventata la foto
di una vetreria quasi interamente crollata con un cartello che si erge tra le rovine:
«Ci siamo», e a seguire il numero di telefono per chiedere un preventivo, scalpo del-
Foto: AP/laPresse
la terra non è fatta per tremare, eppure
trema. Viaggio di un modenese nella sua
regione squassata dal terremoto e interrogata
da una contraddizione insanabile. il sentiero
tortuoso della speranza tra le macerie
«C
la vittoria contro la calamità. La cartellonistica post-terremoto è infinita e, a parte
i commoventi ringraziamenti ai Vigili del
Fuoco, evocano la medesima volontà di
sconfiggere il terremoto: «Ci hai fatto tremare ma non ci hai spaventato», «Barcolliamo ma non molliamo », «Il terremoto
chiama, noi rispondiamo… teniamo botta!», «Mirandola non s’inchina, risaliamo
a bordo!», «Come può uno scoglio arginare il mare…».
Eppure non tutti hanno reagito con
questo comprensibile slancio. C’è anche
chi in quelle macerie non vede affatto la
miracolosa rinascita delle cattedrali emiliane, ma un segno più drammatico che
costringe a interrogarsi sul senso di quello che è successo: «Trent’anni per costruire, trenta secondi per vedere tutto distrutto», è il ritornello che risuona dai giorni delle scosse nella mente di don Franco Tonini, parroco di Concordia sulla Secchia. Concordia è il secondo paese più
colpito dal sisma secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Il centro storico è stato interamente evacuato
e due persone sono rimaste sotto il mortifero abbraccio dei calcinacci. Don Franco vive in una casetta di legno più simile a un ripostiglio per gli attrezzi che a
una casa. È lì che abita da quando il terremoto ha spazzato via in pochi secondi la
canonica e la chiesa. Ha dedicato gli ultimi trent’anni all’edificazione della chiesa
di Cristo, in tutti i sensi: ha raccolto offerte per ridare vita ai dipinti di quel tempio, per curarne le rifiniture, per rendere bella la casa del Signore. Insomma, la
sua piccola cattedrale l’aveva già costrui-
|
ta prima del terremoto. «Per me si trattava di rendere gloria a Dio – spiega sventolando il ventaglio – lo facevo come un
atto di culto, ma forse il Signore non ha
gradito e ha voluto farmi capire che la
Chiesa è fatta di persone e non di mattoni. Forse mi mancava quel passo di povertà e santità». A don Franco non è stata risparmiata la sofferenza e il Papa ha
ricordato che nemmeno Gesù si è sottratto ai patimenti.
Il tendone del Pd per la Messa
Molti parrocchiani ricordano la sua omelia dopo la scossa del 29 maggio, all’ombra di un grande tendone: «Sapete di chi
è questo tendone? È del Pd e lo usano per
la Festa dell’Unità. E sapete chi l’ha montato? Un gruppo di musulmani. È proprio
il caso di lasciar perdere tutti i pregiudizi
che abbiamo». Secondo don Franco, una
volta caduta la casa, la chiesa e i pregiudizi resta una sola cosa ancora in gioco: la
fede. Davanti ai suoi parrocchiani, sotto
quel tendone, il paragone con il Libro di
Giobbe è perfettamente calzante. Dio, per
mettere alla prova la fedeltà di Giobbe, gli
sottrae i buoi, i cammelli e i servi (le cose),
colpisce la sua abitazione con un colpo di
vento (la casa) uccidendo così i suoi figli
(le persone). La vicenda di Giobbe è drammaticamente attuale per tutti gli emiliani che hanno perduto la casa, le cose e
a volte anche le persone care. La disperazione di chi ha perduto tutto in pochi
secondi si trasforma, in questo passo della Bibbia, in una prova di fede: Giobbe si
prostra a terra e dice: «Nudo sono uscito
dal grembo di mia madre, e nudo tor|
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Letture. Tre libri da non perdere
Viaggio di un modenese nella sua regione squassata
dal terremoto. Alla scoperta del convento di Valserena,
luogo che collabora instancabilmente alla rinascita.
Le ultime novità Lindau che sfidano grandi e bambini
Mattia Ferraresi, Laura Borselli................................................................................................................................... 32
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SPORT
FACCE DA LEGGENDA
SPORT
Non sparatele
troppo grosse
Paragoni. Il calcio non esiste senza eroi
Negli accostamenti pallonari c’è sempre un punto
(di ironia) e mes (di serietà). Ed è facile fare cilecca
A Osvaldo basta una mitragliata per diventare
“il nuovo Batistuta”. Livaja fa due gol ed è già
“il nuovo Rooney”. Il calcio non esiste senza eroi.
Ma nei paragoni c’è sempre un punto (di ironia)
e mes (di serietà). Ed è facile fare cilecca
44
l calcio ha bisogno da sempre
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A sinistra, Daniel Pablo Osvaldo, italo-argentino, attaccante
della Roma. Secondo i tifosi è “il nuovo Batistuta” (sopra):
stesso ruolo, capigliatura e stesso modo di esultare.
Ma deve ancora dimostrare tutto per diventare come
il Re Leone che alla Roma, nel 2001, vinse lo Scudetto
(Napoli) a Gunnar Nordahl. In quei tempi qualcuno affibbiò a Giuseppe Galluzzo
di Siderno, attaccante di scorta del Milan
degli anni bui (quelli delle retrocessioni in
B) il titolo di “nuovo Garrincha”.
Foto: AP/LaPresse
miglia a chi? A volte è anche un modo
di ironizzare (o auto-ironizzare) su noi
di nuovi stessi e il nostro modo di vivere il palloeroi, di facce da leggenda, di miti for- ne così sopra le righe. Forse i più giovamato esportazione. In generale, di ni non ricordano Ugo Tosetto da Cittaun popolo, si dice “beato quello che non della che Nils Liedholm definì “il Keegan
ha bisogno di eroi”, ma il calcio è un cul- della Brianza” perché, anche se era veneto particolare, senza eroi non va avanti. to, il Milan lo prese dal Monza. La faccenSenza paragoni si intristisce. Perfino io, da gli costò la carriera, anche perché Keequando calcavo i campetti spelacchiati gan era un’ala mentre il povero Tosetto
di periferia nei turbolenti Seventies, ave- una seconda punta, così si vide la strada
vo un soprannome: Josè. Perché gioca- sbarrata da Buriani e non venne mai utivo con la sua intelligenza di fine carrie- lizzato nel suo ruolo. Il vecchio inimitabira. Un attaccante che bivaccava ai mar- le Barone svedese era una specie di Avvocagini del gioco per poi, improvvisamen- to Agnelli, gli piaceva la prima freddura, il
te, come Altafini nei suoi ultimi anni di primo accostamento, la prima boutade, il
carriera alla Juventus, emergere dal nul- primo nome che gli veniva in mente. Cerla per segnare gol importanti e decisivi. to, l’Avvocato stupiva di più con quei paraE dopo questa citazione autoreferenziale goni trasversali, calcio-storia dell’arte: Bagda vecchio trombone ma anche per farvi gio-Raffaello, Del Piero-Pinturicchio, ma
capire l’andazzo, ecco un fior da fiore di siamo su quella linea lì. Liedholm, su cui
quello che negli ultimi trenta-quarant’an- un giorno dovremo tornare per raccontarni, è diventato classico nel modo di fare ne le gesta, era un mito in fatto di ipergiornalismo, ma che ai tifosi di calcio pia- boli: dopo Tosetto si esibì con Mandressi,
ce tanto: l’arte del paragone. Non che pri- “il nuovo Rensenbrink”, e riuscì ad accoma non esistesse naturalmente, il calcio è stare Luciano Gaudino da Poggiomarino
bello perché non s’inventa
niente, tutto è già stato fatChi si ricorda Ugo Tosetto da Cittadella? Nils
to anche se con altri nomi
Liedholm lo definì “il Keegan della Brianza”.
e con altre forme.
La faccenda gli costò cara perché Keegan
Poi, a noi italiani, questo gioco piace. Chi assoera un’ala, Tosetto una seconda punta
di Fred Perri
I
Sport über alles
Fred Perri................................................. 62
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano........................ 63
Diario
Marina Corradi............................66
RUBRICHE
L’Italia che lavora..................... 52
Per piacere............................................... 57
Mobilità 2000.................................. 59
Lettere al direttore................. 62
Taz&Bao..................................................... 64
L’EVENTO
Esportare
il bene
comune
26
Post Apocalypto
Aldo Trento........................................ 60
LA SINISTRA AL DUNQUE/1
Trova
l’intruso
e dagliele
I
7
In vista delle elezioni. Novità in campo
Mentre il terzismo di Montezemolo tenta di prendere
corpo calamitando l’interesse dei cattolici, Albertini
ribadisce il no alla Lega e agli oltranzisti antiformigoniani
Ubaldo Casotto, Emanuele Boffi.....................................................................................................................................................6
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INTERNI
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I Maradona locali e nazionali
Per cui, tutto quello che sentite oggi, c’è
sempre stato. Ovviamente non tutti i paragoni sono uguali, ce ne sono alcuni più
uguali degli altri. Diego Armando Maradona, il Pibe, il più grande di tutti, ad esempio, vanta innumerevoli tentativi di imitazione. Il primo è stato suo fratello Hugo,
ma non per colpa sua. Anzi Hughetto forse voleva fare la sua vita, percorrere la sua
strada, ma quando hai il sangue del più
grande calciatore di tutti i tempi, l’unico capace di vincere un Mondiale da solo,
tutti si aspettano che diventi come lui o
per lo meno che ti avvicini al Mito. Non è
andata così. Poi ci sono diversi Maradona
nazionali o locali. Gheorghe Hagi, romeno, numero 10 estroso e latino, è diventato
“il Maradona dei Carpazi”. Nel Mondiale
del 1994, negli Stati Uniti, i due si sarebbero dovuti incrociare negli ottavi di fina|
| 28 novembre 2012 |
Fred Perri.............................................................................................................................................................................................................................44
45
Minimoto. Un pilotino nella scia dei grandi...............................48
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 18 – N. 47 dal 22 al 28 novembre 2012
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LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli,
Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato
speciale), Benedetta Frigerio, Massimo
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Elisabetta Longo, Pietro Piccinini, Chiara
Rizzo, Chiara Sirianni
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NOVITÀ IN CAMPO
Foto: Infophoto
Cerco
un centro
Il terzismo di Montezemolo tenta di prendere
corpo e si prepara a fare politica. Calamitando,
annunciano i giornali, l’interesse dei cattolici.
Già, ma quali cattolici? E se (quasi) tutti sono
d’accordo sull’obiettivo del Monti bis, chi lo
porta Monti? E soprattutto chi li porta i voti?
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di Ubaldo Casotto
D
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novembre in cui il presidente della
Ferrari e di Italia Futura Luca Cordero di Montezemolo, il ministro per la Cooperazione e fondatore della Comunità di
Sant’Egidio Andrea Riccardi e il presidente delle Acli Andrea Olivero hanno lanciato il movimento “Verso la Terza Repubblica”, resta un problema. Anzi, più di uno.
Il primo è il problema di sempre: io
porto l’immagine, tu porti i candidati, lui
porta gli imprenditori, un altro l’appoggio ufficioso della Chiesa… chi porta i voti?
Il secondo problema è: ci mettiamo
insieme (ma non fondiamo un partito,
il promotore anzi assicura che scende in
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opo la manifestazione di sabato
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campo ma non ha nessuna intenzione
di candidarsi) per prolungare l’esperienza del governo di Mario Monti, chi porta Monti?
Il terzo problema ha a che fare, come
il primo, con i numeri: al netto della legge
elettorale (senza cambiamento del Porcellum il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non sembra orientato a
concedere scioglimenti anticipati del Parlamento) nessuno sembra in grado di vincere da solo, le levatrici della Terza Repub-
blica verso chi orienteranno i voti conquistati per un Monti bis? A destra o a sinistra? E lo diranno prima o dopo la campagna elettorale?
Il quarto problema non è una caratteristica peculiare della nuova aggregazione, che anzi lo condivide con quasi tutte
le altre attive nel panorama politico italiano che si presentano (lo ha fatto il Pd,
lo ha fatto il Pdl) come incontro fra cattolici e laici. E il problema è questo: i cattolici anche autorevoli che siedono sul palco del nuovo movimento
hanno, più o meno espliciC’è un problema che la nuova aggregazione
to, il mandato della Chiecondivide con quasi tutte le altre: i cattolici
sa? La risposta a quest’ultianche autorevoli che siedono sul palco hanno, ma domanda ha a che fare
più o meno esplicito, il mandato della Chiesa? anche (pur se con percen-
NOVITÀ IN CAMPO PRIMALINEA
Foto: AP/LaPresse
Sabato 17 novembre si è svolta a Roma
l’assemblea nazionale dei promotori del
manifesto “Verso la Terza Repubblica”.
Presenti, oltre al presidente di Italia Futura
Luca Cordero di Montezemolo, il ministro
per la Cooperazione Andrea Riccardi,
fondatore della Comunità di Sant’Egidio,
il presidente delle Acli Andrea Olivero
e il segretario della Cisl Raffaele Bonanni
tuali elettorali non eclatanti) con la risposta alla prima. E in questo senso l’assenza
dei rappresentanti della Coldiretti all’incontro di Todi 2 (dove mancava anche
il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, presente invece nel 2011) ha
preoccupato i promotori degli appuntamenti todini. L’organizzazione degli agricoltori ha “ricucito” il presunto strappo,
ma non si può non notare come non fosse presente, insieme alla maggioranza delle associazioni e dei movimenti del Forum
di Todi, all’evento montezemolian-riccardiano di sabato scorso.
C’era invece, anche se seduto in prima fila e non come oratore sul palco
come si era in un primo tempo prospettato, il segretario della Cisl Raffaele Bonan-
ni. Il quale un po’ ha dato il suo endorsement al nuovo rassemblement e un po’
l’ha minimizzato. «Ho ascoltato cose buone che possono stare insieme, un popolarismo e una posizione liberale non ottusa
ma aperta al sociale», ha detto alla Stampa, aggiungendo, a fronte del ventilato
pericolo del disinteresse dei laici di Italia Futura per i “valori non negoziabili”:
«Non vedo contenitori politici che sappiano custodirli al punto da preoccuparsi che altri nuovi possano non farlo». Fra-
se che si può leggere in due modi: noi
cristiani in politica siamo senza patria;
oppure: dei valori non negoziabili frega
niente a nessuno, tanto vale non insistere.
Sempre meglio dei ciarlatani
Al fogliante Paolo Rodari il segretario della Cisl ha invece detto: «Non darei troppa enfasi alla presenza cattolica alla convention di Montezemolo. Io, almeno, ci
vado principalmente perché sono interessato a tutte quelle nuove offerte politiche
che, contro l’astensioniBonanni un po’ ha dato il suo endorsement, un smo, mirano a riannodare
il rapporto coi cittadini. Il
po’ l’ha minimizzato. «Ho ascoltato cose buone resto viene in secondo piache possono stare insieme, un popolarismo
no». Bonanni intende cane una posizione liberale aperta al sociale»
didarsi per convincere i
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NOVITÀ IN CAMPO PRIMALINEA
IL PRESIDENTE DI MCL E COORDINATORE DI TODI
Costalli congela la sua firma
ma tiene aperto il dialogo
Carlo Costalli è il presidente del Movimento cristiano
lavoratori (Mcl) e coordinatore degli incontri di Todi. Sabato
scorso non era presente alla convention romana “Verso la Terza
Repubblica”, ma è persona abituata a unire più che a escludere
e dividere e, pur sottolineando ciò che non lo convince sino in
fondo, tiene aperta una linea di credito verso il tentativo di
Montezemolo, Riccardi e Olivero, nonostante qualche cruccio
per quella firma apposta «un po’ in fretta» al loro manifesto,
«che peraltro diceva cose condivisibili, forse solo un po’ generiche, parlava solo di problemi economici e non ho sottoscritto
certo un programma ultraliberista. Solo in un secondo tempo
mi sono accorto che più di metà dei partecipanti a Todi non
aveva firmato e che il manifesto era propedeutico alla convention». Nonostante questo, dopo un chiarimento con Andrea
Romano, il direttore di Italia Futura, Costalli ha mandato una
delegazione di Mcl alla convention romana «perché è sempre
più costruttivo tenere aperto il dialogo. Ma il mio obiettivo –
cittadini a non astenersi? No, neanche
lui. «Non intendo candidarmi», ha spiegato a Canale 5, «intendo restare nel sindacato. Ho un compito molto pesante e lo
voglio reggere, come ho promesso ai miei
iscritti». Aggiornando il suo slogan lanciato a Todi, «vino nuovo in otri nuovi», con
l’attuale «Meglio tenersi Monti che tanti ciarlatani, meglio un medico rigoroso
che ciarlatani che raccontano una storia
che non corrisponde alla realtà». Il vino è
un Novello dell’anno scorso, con l’etichetta Monti, l’otre non sembra quello costruito con la legna di tutti i partecipanti di
Todi, dove l’assise dei cattolici impegnati nel sociale si era conclusa con un documento unitario con punti programmatici
per il rinnovamento della politica, unità
che prima il manifesto e poi la convention
di Montezemolo hanno incrinato.
Attenzione agli sbandamenti
Il manifesto Verso la Terza Repubblica, sottoscritto da Riccardi e dal coordinatore del
Forum, Carlo Costalli del Movimento cristiano lavoratori («Un’adesione richiesta
con urgenza al telefono sulla quale ho avuto dei ripensamenti», come spiega nell’intervista qui sopra), è uscito quattro giorni dopo Todi, segno che bolliva in pentola da giorni e che accordi pregressi erano
stati presi da Sant’Egidio e Acli all’insaputa degli altri todini (che infatti non hanno
firmato), i quali avevano previsto di rivedersi i primi di dicembre per dare un’applicazione unitaria del documento.
Tra le due date c’è stata la fuga in avanti di Montezemolo con l’adesione di un
precisa – è l’unità del gruppo di Todi». Costalli non ha obiezioni
sull’utilità di proseguire l’esperienza del governo Monti («Non
vedo in giro altri leader con la stessa credibilità internazionale
in questo momento»), ma nello stesso tempo non è pronto
a sposare acriticamente la filosofia del nuovismo: «Bisogna
rispettare i tentativi di rinnovamento che sono in atto nei partiti
ed evitare nuove ghettizzazioni, nuove esclusioni “dall’arco
democratico” come ai tempi del Msi». Ricreare un punto di coagulo dei moderati sfiduciati è l’altra preoccupazione di Costalli:
«In ogni mia dichiarazione faccio costante riferimento al popolarismo europeo e all’economia sociale di mercato, non sono un
conservatore assistenzialista, ma nemmeno un iperliberista».
Secondo Costalli è urgente creare un’area, un polo che funga
da trait d’union tra le diverse anime del moderatismo italiano,
«Todi si concepisce come un collante, non come un partito. Per
questo, pur con le riserve che ho manifestato, dico che bisogna
guardare con attenzione al tentativo di Montezemolo, magari
lui dovrebbe prestare più attenzione alle problematiche valoriali
che per noi sono imprescindibili nell’impegno politico. Pregiudizi
e schemi in questo momento sono cattivi consiglieri». [uc]
po’ di cattolici benedetta anche da alcuni
ambienti ecclesiastici. Quella di Riccardi è
stata ben preparata dal successo mediatico della visita del Papa alle case per anziani della Comunità di Sant’Egidio: la foto
di Benedetto XVI a tavola con il ministro
per la Cooperazione e una coppia di anziani dice (e lascia intendere o immaginare)
più di qualunque dichiarazione in difesa dei famosi valori non negoziabili. Le
coperture vaticane dell’operazione, presunte o reali che siano, hanno nella risaputa benevolenza dei sacri palazzi per il
governo Monti il loro presupposto.
Anche la Conferenza episcopale italiana non disdegna l’operato dell’esecutivo
del professore bocconiano e non vedrebbe
male una sua prosecuzione, ma non sembra convinta che la strada per raggiungere questo obiettivo passi per l’incrocio
Montezemolo-Riccardi. Non che manchino tra i presuli italiani i sostenitori di questo tentativo, ma sembra che la vera differenza tra i convincimenti dei vertici della
Cei e quella della maggior parte dei todini
sia sulla modalità per evitare di consegnare il governo del paese alla sinistra con le
conseguenze di una deriva zapateriana
di cui le prime iniziative dell’arancione
Pisapia a Milano hanno dato un assaggio.
Il solo sospetto di una possibile confluenza dei terzorepubblicani con il Pd tiene i
vescovi italiani in stand by. Molti di loro
guardano con interesse al tentativo di rinnovamento in atto nel Pdl, ma non capiscono, ribattono da Todi, che non si può
sperare solo in un Pdl deberlusconizzato,
bisogna convincere i moderati che hanno disertato le urne a tornare a votare, e
il Popolo della libertà non sembra l’argomento più convincente.
Il silenzio di Lorenzo Ornaghi
Che la situazione nel mondo cattolico
e nei vertici ecclesiali rispetto alla politica sia delicatissima lo si può dedurre
anche dal silenzio del ministro per i Beni
culturali Lorenzo Ornaghi. L’ex rettore
dell’Università Cattolica è persona notoriamente riservata, ma a Todi 1 si era speso in modo eloquente per evitare improprie derive partitiche al Forum. Oggi, pur
avendo la statura accademica di studioso
della scienza politica, il curriculum professionale e personale che l’ha portato
a rapporti stretti con tutti i vertici ecclesiali romani e vaticani, l’autorevolezza
che gli deriva dalla positiva esperienza
nella guida dell’ateneo di Largo Gemelli, pur avendo argomenti che sicuramente peserebbero, tace. Il sospetto di alcuni
è che non voglia creare dualismi con il
più spigliato collega di governo Riccardi,
quello di altri che la situazione è talmente intricata che il tentatiLe coperture vaticane all’operazione preparata vo di tenere unito il cattolicesimo italiano che già
da Andrea Riccardi, presunte o reali che siano, non si sia schierato a sinihanno nella risaputa benevolenza dei sacri
stra val la pena del sacrifipalazzi per il governo Monti il loro presupposto cio della parola. n
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PRIMALINEA NOVITÀ IN CAMPO
LOMBARDIA, PDL IN CERCA DI CANDIDATO
Offro un progetto
i numeri seguiranno
Albertini ribadisce il no all’alleanza con la Lega
e agli oltranzisti antiformigoniani. «Non sarò io
a demolire tre lustri di buona amministrazione»
non la cornice». Gabriele
Albertini cita la frase di un
editoriale di Mario Sechi sul Tempo per
spiegare la sua attuale posizione che ha
riflessi non solo sul futuro della Regione
Lombardia, ma anche su quello dell’Italia. «Sechi – dice Albertini a Tempi – mi
ha letto nel pensiero. Voglio o, per lo
meno, cerco di costruire un rassemblement moderato alternativo alla sinistra».
Sul quotidiano che dirige, Sechi ha scritto dell’esistenza oggi di tre aree politiche: la sinistra-sinistra di Bersani e Vendola; il grillismo anti-tutto e, appunto, un
raggruppamento dalle posizioni moderate che si «ispiri a Monti». Ma perché tale
agglomerato trovi la sua sintesi, scrive
Sechi e sottoscrive Albertini, è necessario che, uno, «Berlusconi lasci che il Pdl
si “alfanizzi” e non si allei con la Lega in
Lombardia» e, due, «che Casini e Montezemolo viaggino divisi ma con un’unica
meta (Monti a Palazzo Chigi)».
Scusi Albertini, Sechi scrive anche che
«allearsi con la Lega vuol dire tenere la
Lombardia, ma anche chiudere la porta a una riunione dei partiti moderati
e consegnare l’Italia alla sinistra». Il
passaggio, per lei che vuole correre per
la Regione governata finora da Roberto
Formigoni, non è insignificante. Non allearsi con la Lega significa perdere?
L’aritmetica è una cosa, la politica
un’altra. Dipende se vogliamo fare i calcoli o se vogliamo proporre un progetto.
Se calcoliamo in base ai voti ottenuti dai
partiti tradizionali, con una divisione dei
consensi tra Pdl e Lega, c’è il rischio di
perdere e potrebbe crearsi una situazione di vantaggio per la sinistra. Ma io non
credo che i numeri siano così ostili. Cito
un recentissimo sondaggio commissionato da Berlusconi secondo cui c’è una possibilità concreta di una vittoria in Lombardia di un fronte moderato che faccia
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ancora giunti a una decisione definitiva,
anche se si va verso l’idea di coinvolgerla in primarie di coalizione che la contrappongano a Maroni.
Si è deciso di rinviare. Ci si indirizza
verso primarie di coalizione, ma io non
sono disponibile a questa ipotesi. Rimango coerente con la posizione che ho sempre espresso: sono aperto al sostegno di
tutti coloro che condividono il mio programma.
Anche a Oscar Giannino? Anche con il
leader di Fermare il declino si è consumata una rottura.
Ho molta stima di Giannino, ma penso sia sbagliato rinnegare la mia esperienza, e con me quella di molti altri amministratori (sono ormai più di duecento quelli che appoggiano la nostra lista),
che si sono impegnati sul territorio per
cercare di fare della “buona politica”.
Se non avere tessere in tasca o non avere avuto responsabilità istituzionali è la
condizione per “fermare
il declino”, sono – non da
«Senza l’accordo con il Carroccio la partita è
– la persona sbagliadifficile, ma non impossibile. La mia lista civica oggi
ta. Ma oggi una posiziorecupererebbe i consensi che il Pdl ha perso a
ne oltranzista è sbagliata.
favore dell’astensione e del voto di protesta»
Non inseguiamo il mito
della purezza grillino, è il
a meno di un’alleanza con il partito di momento della coscienziosa maturità dei
Maroni (un partito, me lo lasci dire, che padri di famiglia.
fatico a inserire in un contesto moderato,
Oltre che sul Pdl, Giannino ha posto anviste le sue note posizioni anti-europee e
che un problema su Formigoni.
anti-Euro). Penso che senza l’accordo con
Ho sempre detto e ribadisco che bisola Lega la partita sia difficile, ma non gna distinguere il bambino dall’acqua
impossibile per una lista come quella che sporca. Tre lustri di buona amministraabbiamo messo in campo. Una lista civica zione non si cancellano in base agli ultiche sarebbe anche in grado di recuperare mi scandali. Cambiato ciò che va cambiaquei consensi che, ad oggi, il Pdl ha per- to e curati i tumori, non possiamo fingere
so a vantaggio dell’astensione – la mag- di non essere di fronte a un corpo sano. Si
gioranza – e del voto di protesta, incana- tratta semplicemente di non essere prevelato verso il M5S.
nuti. Di certo, non sarò io a buttare via il
miglior esempio amministrativo d’Italia.
Ieri (lunedì 19 novembre) si è tenuto un
incontro tra i responsabili politici del
Emanuele Boffi
Pdl in Lombardia. Ma per ora non si è
(tratto da tempi.it)
Foto: AP/LaPresse
«B
erlusconi guardi il quadro,
L’OBIETTORE
I DUE POLI, LA SOCIETÀ CIVILE E NOI
Sarà dura fermare il declino armati
solo di vecchie e nuove primedonne
di Oscar Giannino
È
fantastico come i media siano
convinti che il più delle prossime evoluzioni della politica
NON SONO
italiana sia segnato. Io ho le idee anD’ACCORDO
cora molto confuse. O meglio, le mie
idee sono chiare ma le incertezze fattuali sono ancora numerosissime.
Primo, abbiamo capito che i partiti vogliono e otterranno con ogni
probabilità l’election day. Così la sinistra allinea in tutte le regionali le
sue alleanze a quella nazionale, mentre ciò che resta dello scombiccherato Pdl evita di andare alle politiche in ulteriore depressione, effetto della vigorosa mazzata che incasserebbe alle
regionali. Ok, ma come si vota? Non si sa, ed è fondamentale. Perché è la legge elettorale a stabilire la convenienza di alleanze e apparentamenti. I soloni del parlamento
raccontano a voce bassa che il Pd può scordarsi il Porcellum che renderebbe vieppiù improbabile il Monti bis, visto che il sovrappremio di maggioranza renderebbe poi
pressoché impossibile a Bersani (nel caso in cui vinca le
sue primarie, ovviamente) la rinuncia a guidare il governo. Ma per quanto paradossale, è del tutto possibile che
la disperazione berlusconiana induca il Pdl a preferire comunque il Porcellum: i bastoni tra le ruote ai vecchi e
nuovi centristi servirebbero a trattenere qualche voterello moderato sulla lista Berlusconi, a costo di accrescere
enormemente il vantaggio democratico.
Secondo. Che fa Monti? Non siamo più all’atarassia
verso l’ipotesi di succedere a se stesso. Ormai si sprecano
gli ammiccamenti alla prosecuzione del mandato, se le
circostanze dovessero consentirlo. Il premier si è lasciato sfuggire la disponibilità a una patrimoniale aggiuntiva al fisco da rapina attuale, tanto per non complicarsi
la vita domani, con un Pd che giunga sino a Vendola e diventi perno di maggioranza politica. In un viaggio estero è arrivato a dire che tanto vale comprare asset italiani
finché al governo c’è lui, perché un domani chissà. Dichiarazione sgradevole, “non” da Monti. O meglio, di un
Monti che prova a cimentarsi col teatrino della politica,
incespicando. Ha dovuto correggersi, ovviamente, come
sulla patrimoniale. Ma il segnale di disponibilità a restare c’è eccome. Obama e Merkel già gliel’han detto, che
deve restare. Il problema è spiegarlo agli italiani.
Lo scoglio del Monti bis è un falso problema: se si
facessero le cose di cui ha parlato Montezemolo e
di cui parliamo noi, è ovvio che l’agenda del Monti
bis sarebbe ben diversa da quella del Monti attuale
Terzo. Cosa farà il Pd ormai è chiaro. Con le primarie
catalizza l’attenzione, con Renzi sul versante più moderato rispetto al ceppo storico, che resta tutelato appieno
dal segretario (è lui ad aver stretto l’alleanza con Vendola
e Sel). In Lombardia con Ambrosoli si aggiunge un bell’innesto di società civile, più l’alleanza con l’Udc modello
Crocetta, in via di replica a livello nazionale. Ma cosa avviene a destra, a un anno di distanza dalla caduta di Berlusconi, è un’incognita. Non c’è un gruppo dirigente che
sia stato capace di atti di autonomia credibili, rivolti verso il futuro e dunque basati su una sana autocritica e discontinuità. Berlusconi continua a picconare un giorno
Monti e l’altro Alfano, per smentire l’indomani lasciando a tutti l’impressione che gli serva solo per tirar fuori
all’ultimo secondo una sua nuova lista di guerrieri fidelizzati personalmente e votati alla difesa di una periclitante azienda, i paladini della parabola rotonda. Vedremo quanto pesante sarà il bastone degli elettori.
Quarto: e la società civile? Montezemolo, Cisl, Acli e
Sant’Egidio hanno tenuto la loro convention. Montezemolo nei contenuti ha fatto un buon discorso: dismissioni pubbliche, la patrimoniale la paghi lo Stato come da
anni ripeto anch’io, concorrenza, merito. Ora si tratta di
capire tre cose: se crederanno di essere autosufficienti;
se si estenderanno con una logica “proprietaria” (e in entrambi i casi non è un match che possa agevolmente riaprirsi per Fermareildeclino di cui sono fondatore); oppure se si riapre un processo di confronto, basato su alcuni
punti chiari di programma. Lo scoglio del Monti bis, da
loro indicato come pregiudiziale, semplicemente non
esiste: se si facessero le cose di cui ha parlato Montezemolo e di cui parliamo noi, è ovvio che l’agenda del Monti
bis sarebbe ben diversa da quella del Monti attuale.
Non siamo nati per fare un micropartito
Considerazione amara e finale. La società civile vede oggi
crescere due tentazioni. Innanzitutto la giusta invocazione del tutti a casa, con sempre più evidenti toni settari e
da mozzorecchi. La politica se l’è voluta. Secondo, anche
nella società civile abbondano i primadonnismi, al cui
confronto i politici appaiono consumati miscelatori di
composizione psicologica (nel Pd sono riusciti a correre
alle primarie contenendosi fin troppo per non compromettere il risultato congiunto). Anche in Fermareildeclino c’è chi chiede il micropartitino come vera urgenza, e
se sono contrario è perché non siamo nati per creare una
microformazione identitaria ma per contaminare idee. I
due rischi non mi piacciono. Se constatassi che per le mie
idee non c’è declinazione diversa dal mozzorecchismo,
in quello eccelle Grillo. E se poi si viene considerati anche
dai grandi registi della società civile come incontrollabili
perché senza padrone, allora per me è identica la conclusione. Io resto a casa, e non muore nessuno perché nessuno è indispensabile, figuriamoci poi chi qui scrive.
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INTERNI
LA SINISTRA AL DUNQUE/1
Trova
l’intruso
e dagliele
Con le primarie del 25 novembre l’eterna
leadership del Pd accetta la sfida rottamatrice
di Matteo Renzi. Ma solo a metà. Le regole
delle primarie infatti paiono studiate apposta
per far trionfare l’apparato sul “corpo estraneo”
I
mmaginate per un istante di essere alle
Olimpiadi. Due atleti, solo loro due,
si sono classificati per la finale dei
cento metri. Sono ai blocchi di partenza. L’atleta nella prima corsia gioca in
casa, ha tutto lo stadio dalla sua. L’atleta nella seconda corsia è straniero, con
sé solo uno spicchio della tifoseria, quello abbarbicato in alto, vicino alla curva.
Gaie e battagliere, le loro voci soffocate
dalle migliaia che tifano per l’avversario.
Davanti al primo atleta una corsia sgombra, il traguardo cento metri più in là.
Di fronte al secondo una serie di ostacoli da saltare uno dopo l’altro, con l’arrivo
spostato una decina di metri dopo quello
dell’avversario.
Se siete riusciti a figurarvi la scena surreale, vi basterà traslarla alle primarie del centrosinistra che si terranno
domenica 25 novembre, e avrete un quadro abbastanza realistico della situazione. Edulcorato quel tanto che basta a una
metafora per descrivere efficacemente la
realtà. Tolti Bruno Tabacci e Laura Puppato – due candidature destinate a rimanere ben al di sotto della doppia cifra percentuale – e tolto anche Nichi Vendola, la
cui presenza ai gazebo è frutto della partita che il segretario di Sel sta giocando
in vista delle future alleanze, la corsa per
la vittoria è tra Pier Luigi Bersani e Mat-
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teo Renzi. Una gara dove il secondo, ai
blocchi di partenza, si è ritrovato di fronte una pista più lunga e una manciata di
asticelle da saltare.
Certo, il segretario democratico ha
avuto un grande merito, quello di concedere la celebrazione delle primarie di
coalizione nonostante lo statuto le prevedesse, a livello nazionale, solamente per
la guida del partito, per di più indicando
automaticamente nel segretario generale
il candidato per la premiership. La deroga alle norme interne chiesta da Bersani
ha permesso ai democratici di avviare un
vivace dibattito interno che, al netto delle asperità, è il collante che sta consentendo al partito di resistere meglio degli
altri alla violenta ondata antipolitica che
attraversa il paese. Un confronto aperto,
fresco, innovativo per i (poco) sacri palazzi, che verrà sicuramente stemperato dalle alchimie delle alleanze in vista delle
elezioni politiche che partiranno a gazebo chiusi. Ma se non verrà dispersa, sarà
un’ottima rendita da capitalizzare nei
prossimi mesi.
Al netto di tutto questo, rimane il fatto che ai due principali candidati non è
stata data la possibilità di concorrere ad
armi pari. Bersani fa parte di un gruppo dirigente coeso, rappresenta la temporanea testa dell’ariete composta da quel-
lo che su queste pagine Antonio Funiciello definisce come un vero e proprio “patto di sindacato”. Un gruppo d’interesse
che negli anni si è reso protagonista di
accese diatribe interne e scontri al vertice. Ma che si è mosso compatto allorché
la contendibilità della leadership è stata messa in gioco da un attore esterno.
Per quanto si voglia scavare nel passato
del sindaco di Firenze, portandone alla
luce gli anni di militanza nei movimenti giovanili cattolici prima, e nella dirigenza locale della Margherita poi, Renzi
non ha mai condiviso la responsabilità di
scegliere le linee guida del Partito democratico. La sua è dunque una candidatura aliena ai delicati equilibri della squadra che lo governa da sempre. La quale ha
reagito d’istinto, cercando di complicare la faccenda per un competitor attualmente sprovvisto delle chiavi del partito. Da qui la decisione di rendere l’adesione al manifesto d’intenti del centrosinistra pregressa e non concomitante con le
operazioni di voto. Solo dopo le proteste
sollevate dai simpatizzanti renziani e da
parte della stampa, il comitato dei garanti ha stabilito che ci si possa registrare
anche al momento del voto. Ma le file (e
in alcuni casi pure la sede di registrazione e quella di voto) rimarranno diversificate. Un modo per favorire il voto struttu-
Lo stesso ballottaggio
servirà a Bersani sia per far
pesare il voto dei militanti,
sia per contare sui voti
dei probabili esclusi:
difficile che i vendoliani
preferiscano Renzi
ARRIVANO STRANI SMS
Foto: AP/LaPresse
Tutti quei contatti misteriosamente
a disposizione di “BERSANI 2013”
La denuncia è partita da Riccardo Puglisi. Ricercatore di Economia politica
all’università di Pavia, il blogger de Linkiesta racconta di uno strano messaggio
ricevuto sul suo smartphone dopo essersi registrato online alle primarie del Pd.
«Partecipa alle primarie del centrosinistra e scegli il candidato premier. Ti puoi
registrare al sito www.primarieitaliabenecomune.it». Fin qui nulla di strano. Se
non fosse appunto che Puglisi quella registrazione l’aveva già effettuata. Ma a
insospettire il blogger è stato soprattutto il mittente: non il Partito democratico,
come sarebbe stato ovvio attendersi, ma “BERSANI 2013”. «Ho subito escluso
che il messaggio fosse da collegarsi direttamente alla mia iscrizione, perché non
ho fornito nessun numero telefonico», spiega Puglisi. Che però non capisce come
lo staff di Bersani sia in possesso del suo recapito. Già, perché come spiega un
indispettito Stefano Di Traglia, responsabile della comunicazione dei democratici, «quella dei messaggi sul cellulare è un’iniziativa autonoma del comitato per
Bersani. Non saprei darle maggiori informazioni, se non che non un euro dei soldi
del partito è stato speso per quegli sms». Ma anche Alessandra Moretti, portavoce del segretario nella sua corsa alle primarie, fa il pesce in barile: «Non saprei
proprio, bisognerebbe chiedere a chi cura i dettagli organizzativi», replica alla
domanda circa l’origine degli indirizzari telefonici utilizzati per gli invii. Per i quali i
bersaniani affermano di aver speso di tasca propria solo 300 euro.
Puglisi prova a fare mente locale: «L’unica volta che potrei aver dato il mio
numero è quando votai alle primarie dell’Unione nel 2005». Una circostanza che
troverebbe riscontro in un’e-mail arrivata a Claudio Cerasa del Foglio: «L’unica
volta che ho lasciato i miei dati con e-mail e numero di telefono a un comitato
del centrosinistra è stato nel 2005 ai tempi delle primarie di Romano Prodi»,
scrive al cronista il consigliere comunale di Vicenza Luca Balzi. Mistero svelato?
Forse. Rimane da capire come e perché quell’indirizzario sia oggi nella disponibilità di Bersani e non in quella degli altri candidati. [ps]
rato degli iscritti, penalizzando gli “elettori occasionali” tra i quali Renzi sperava
e spera ancora di attingere a piene mani.
E solo all’ultimo si è scongiurato un ballottaggio chiuso, riservato esclusivamente a chi si fosse iscritto entro il 25 novembre, un meccanismo escogitato sempre
per limitare il voto dei non iscritti. Ma la
logica stessa del secondo turno in assenza di un vincitore al primo è un unicum
in tutta la storia delle primarie piddine.
Servirà al segretario sia, ancora una volta, per rendere preponderante il voto dei
militanti, sia per contare sui voti di chi
dal ballottaggio sarà escluso. È assai difficile infatti che all’eventuale ballottaggio i voti dei fan del terzo incomodo Vendola si orientino sulle posizioni troppo
liberal di Renzi, con ogni probabilità finiranno per favorire Bersani. Senza contare
che il prevedibile calo di votanti al secondo turno dovrebbe già di per sé favorire il
leader. Per arrivare davanti al primo turno, secondo gli esperti, il sindaco di Firenze avrebbe bisogno che alle urne si recassero circa 4 milioni di votanti. Per vincere al ballottaggio, poco più di due milioni e mezzo. Cifre che appaiono molto lontane dai pronostici attuali, che parlano
rispettivamente di 3 e 2 milioni di elettori. Anche per questo il 19 novembre, ospite a Otto e mezzo di La7, lo sfidante svantaggiato di Bersani si è obbligato a moderare le rimostranze: «Ho fatto passare il
messaggio che votare è complicato. E allora lancio l’appello ad andare ai gazebo».
Che a conti fatti la chiamata al voto dei
“non organici” sia decisiva o meno, non è
detto che Renzi non riesca comunque a
capitalizzare a proprio favore il percorso a
ostacoli. Nell’eventualità di un testa a testa
finale, infatti, anche in caso di sconfitta
del rottamatore gli equilibri interni al Pd
potrebbero mutare. E non di poco.
Pietro Salvatori
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INTERNI LA SINISTRA AL DUNQUE/2
Chi tira
la solita
carretta
L’azienda democratica non è contendibile.
«Il patto di sindacato è tutto berlingueriano e
il compromesso è sempre quello: un capo ex Ds,
un vice ex Dc». Riuscirà il bischero di Firenze a
rompere gli schemi? Almeno un dirigente ci spera
«C
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A VITA
A. Funiciello
Donzelli
18,00 euro
C’è chi la accusa di utilizzare il vecchio
ritornello: tutta colpa dei comunisti.
ome ogni patto di sindacato
che si rispetti, il Pd risulta
così al suo interno non scalabile: la sua leadership e la sua linea politica non sono effettivamente contendibili».
L’esergo non è di un osservatore esterno
alle vicende democratiche, ma di chi per
il partito di largo del Nazareno ha speso
anni di lavoro e passione politica. Al punto da dedicargli lo sforzo di un’opera letteraria. A vita. Come e perché nel Partito democratico i figli non riescono a uccidere i padri (Donzelli) è l’ultima fatica di
Antonio Funiciello, scrittore, giornalista,
ma soprattutto dirigente del partito di
Bersani presso il gruppo del Senato. Nel
volume Funiciello tenta di spiegare perché storicamente l’arrivo di uno come
Matteo Renzi provochi tali e tanti mal
di pancia nell’establishment democratico. «Il libro affronta il problema della stagnazione dell’élite politica del centrosinistra», spiega a Tempi nel suo ufficio di
Palazzo Madama, sulle pareti del quale
campeggiano i giganti della sinistra mondiale, da Bill Clinton a Tony Blair. Proprio il Labour Party britannico costituisce
un termine di paragone imprescindibile
per il Pd, secondo Funiciello: «Negli ultimi vent’anni, a ogni sconfitta, i laburisti
hanno cambiato i propri leader. Anche
quelli rivoluzionari come Blair. In Italia invece i postcomunisti si sono limitati a cambiare il nome». A vita è anche un
libro empirico: «Parte da alcune comparazioni. Il caso italiano è un unicum. Io ho
provato a comprenderne le cause storicopolitiche. Per suggerire, a partire da queste, come riorganizzare il partito».
SENZA RIVALI
Non si tratta di colpe, ma di dati di
fatto. La generazione di D’Alema, Veltroni, Fassino e Bersani fu selezionata interamente dall’allora segretario Enrico Berlinguer su basi assolutamente meritocratiche. Eravamo negli anni del compromesso storico, una linea sulla quale Berlinguer faticava a trovare il consenso dei
dirigenti. Si trovò così di fronte alla necessità di far crescere una serie di consiglieri
politici giovani e ambiziosi, che potessero
incarnare le nuove esigenze che si ponevano davanti al partito. Non a caso, guardando all’Udc come possibile interlocutore, quella generazione di politici tende a
replicare lo schema berlingueriano.
Come si spiega il fatto che in tanti anni
non siano emerse possibili alternative?
Pier Luigi Bersani, spiega Antonio
Funiciello, fa parte della generazione
dei capi scelti da Berlinguer per
sostenere la linea del compromesso
storico con la Dc. «E guardando
all’Udc come possibile interlocutore,
quella generazione di politici tende a
replicare lo schema berlingueriano»
Lei parla di ragioni storiche della stagnazione della classe dirigente del Pd.
Quali sono?
Bisogna ricondurle ai motivi che generarono il reclutamento politico dell’attuale vertice del partito. Un vertice che
è composto per la sua maggioranza da
esponenti che furono del Pci. La loro persistenza al comando è un carattere dominante del centrosinistra italiano.
La generazione della quale faccio parte, quella dei quarantenni, ha un evidente problema di timidezza e sovente scarsa intraprendenza. Ma detto questo, il
nostro partito non favorisce il ricambio.
Citavo i laburisti. Ecco, quel modello funziona esattamente al contrario: a seguito di una dura sconfitta alle elezioni, due
anni fa si è tenuto un Congresso che ha di
fatto decapitato una delle migliori classi
politiche europee, portando alla ribalta
un manipolo di giovani.
Perché il Pd non riesce ad adottare tali
meccanismi virtuosi?
Perché è gestito alla stregua di una
grande azienda familiare italiana, governata da un patto di sindacato che ha
come obiettivo principale il mantenimento del potere conquistato. E, al pari di
A lato, il segretario del Pd
Bersani durante un incontro
con i “giovani democratici”
non sono sufficienti per far emergere una
nuova classe dirigente.
Cos’altro occorre?
Bisognerebbe partire dalle scelte di
linea politica. Anche in questo il Pd è un
unicum nel panorama europeo. Ovunque
nel Vecchio Continente i grandi partiti
della sinistra guardano agli elettori incerti o ai delusi dal centrodestra per allargare il proprio mercato elettorale. L’unico che oggi si rivolge alla propria sinistra
è largo del Nazareno. Ma così il partito si
rintana in una ridotta nella quale si riconosce solo un terzo degli italiani, precludendosi possibilità di allargare il proprio
bacino elettorale.
È giunto il momento di rottamare i
grandi vecchi, come ha chiesto il sindaco di Firenze?
Nel libro la parola “rottamazione”
non compare mai. Non può costituire da
sola il cambio di passo reale che serve al
partito. Occorre portare il termine nella
società, applicarlo a tutte le incrostazioni che rendono il paese poco competitivo. Penso agli eccessi di burocrazia, o al
capitalismo relazionale all’italiana. Bisogna prendere un termine che fino a oggi
è stato applicato solo ai partiti e renderlo
un paradigma anche per quello che succede al di fuori del Palazzo. Solo così si
può intercettare la fortissima domanda
di politica che circola tra la gente.
Renzi ha reali possibilità di vittoria?
un’azienda di quel tipo, il Pd preferisce rimanere un piccolo leader di settore, chiudendo a possibili quotazioni borsistiche che lo renderebbero un gigante,
ma con il rischio di poter essere scalato
dall’esterno.
Foto: AP/LaPresse
Eppure tra i democratici si è sempre
mossa una battagliera minoranza composta dagli ex Margherita.
Il problema è da individuarsi proprio
nell’utilizzo del termine “minoranza”.
Gli ex Dc sono entrati nel Partito democratico senza mai cercare di contenderne
la leadership sul piano delle idee, accontentandosi invece di svolgere la funzione di minoranza interna nel patto di sindacato che lo governa. È la sindrome del
vicesindaco.
Una citazione di Amici miei?
Magari. In realtà è molto peggio. Prenda in esame le grandi città metropolitane, si accorgerà che il Pd ha sempre adottato lo schema secondo il quale il sindaco era appannaggio di un ex Ds e il suo
vice, o il presidente della Provincia, un ex
Margherita. Quando decise di candidarsi
al Comune nel 2009, Renzi ruppe questo
schema e mise il primo mattoncino per
innovare la dialettica interna del partito.
La sua candidatura alle primarie può
veramente interrompere quella stagnazione di cui lei parla nel volume?
La sola presenza di Renzi scardina
alcuni meccanismi consolidati. Una sua
vittoria aprirebbe senz’altro al cambiamento del partito, ma le primarie da sole
Il potenziale è altissimo. Ma a una
grande domanda di partecipazione bisogna dare una risposta altrettanto valida;
con le regole che sono state scritte, al contrario, è matematico che si recheranno ai
gazebo meno persone. Ed è evidente che
in questo modo la possibilità che Renzi
vinca è più esigua.
In caso di sconfitta dovremo aspettarci
una “lista Renzi”?
Quando si costruisce un percorso
comune si deve essere della partita fino
in fondo. Certo è che la sfida delle primarie sarà durissima. Bersani incarna la
massima espressione di un gruppo dirigente assai compatto.
Che succede in caso di sconfitta?
Se l’istanza riformatrice di cui si fa
portatore il sindaco di Firenze si afferma
anche con una buona sconfitta, le posizioni di Matteo Renzi possono diventare
il futuro della sinistra italiana. Si può perdere una battaglia, ma alla lunga la guerra la vincerà lui. [ps]
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L’INTERVISTA
VOGLIAMO ESSERCI
Paola
Bonzi
Trent’anni spesi a convincere le donne a non abortire.
La fondatrice del primo Cav italiano racconta la sua
epopea. Dalle prime battaglie per il diritto di aiutare le
madri in crisi a quella, attuale, contro la riduzione dei fondi
P
Bonzi è fondatrice e direttrice
del Centro di aiuto alla vita (Cav)
della clinica Mangiagalli di Milano,
che dal 1984 opera all’interno della struttura. Da allora sono decine di migliaia le
donne – tutte in quel limbo drammatico
che va dal momento in cui si ha in mano
un test di gravidanza positivo all’appuntamento in ospedale per interromperla
– che indirizzate dai consultori si sono
sedute davanti a lei, e sono state ascoltate.
I nuclei familiari ospitati e accompagnati fino all’autonomia abitativa sono centinaia, ed è stato costante il sostegno psicologico fornito dal centro per prendere in
considerazione un’alternativa. È il famoso
(ma spesso ignorato) colloquio di riflessione, previsto dalla legge 194/78.
L’istituto ostetrico ginecologico in via
della Commenda è un luogo emblematico
per quello che riguarda la maternità in Italia, vissuta o negata che sia. Nata nel 1906
per offrire un parto sereno e sicuro alle
donne meno abbienti, la Mangiagalli nel
Dopoguerra diventa la clinica della Milano borghese. È qui, nel 1969, che partono le occupazioni sindacali degli infermieri. E dopo l’esplosione del reattore che nel
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aola
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1976 provocò la fuoriuscita di una nube
di diossina a Seveso, nella bassa Brianza,
quando il presidente del Consiglio autorizzò gli aborti terapeutici alle donne della
zona, a causa del rischio di malformazione, le operazioni vennero effettuate qui,
avviando di fatto il dibattito politico sulla legalizzazione dell’aborto. Quando due
anni dopo fu approvata la legge 194, la
clinica venne letteralmente tappezzata di
volantini sull’autogestione dell’utero. Nella stessa clinica dove fu attivato il primo
ambulatorio per l’attuazione della legge sull’aborto, nel 1984 è stato fondato anche il primo Cav italiano, con lo scopo di poter aiutare
le donne in difficoltà. Per un’intuizione: «Erano gli anni di Solidarnosc, e al telegiornale vidi un gruppo di donne che in Polonia, a Varsavia, stavano fuori dagli ospedali
dove si praticavano aborti. Senza
cartelli o cose del genere: offrivano la loro solidarietà in modo molto sereno e affettuoso, promettevano un po’ di vicinanza emotiva e
qualche aiuto materiale. Erano semplici, e
non giudicavano nessuno». Nonostante la
Paola Bonzi con i primi volontari
del Cav della Mangiagalli nel 1986
Foto: Alessandro Tosatto
La vita è la vita e non ha bisogno
di aggettivi. Né tanto meno di tagli
Foto: Alessandro Tosatto
perdita della vista durante la sua seconda
gravidanza, Paola Bonzi oggi anima il Cav
con lo stesso approccio e la stessa dedizione. Anche se sono passati 28 anni da quando lei, giovane consulente familiare, assieme a un gruppo di amici («quattro gatti
pieni di entusiasmo») iniziò il suo personale presidio di resistenza umana all’interno
dell’ospedale. «Stavamo nella sacrestia della cappella, dove siamo rimasti per quasi
quattro anni in mezzo a polverosi raccoglitori di certificati di battesimo».
Oggi, al terzo piano, scala B, spicca un
cartello bianco: “C.A.V, girare a sinistra”.
Ed è strano pensare a quei polverosi racco-
glitori osservando il via vai di infermieri,
operatori, passeggini, disegni appesi alle
pareti. Facce tese e mani che si stringono. Ci sono giovani coppie, coppie meno
giovani, ragazze incinte accompagnate da
un’amica. In fondo al corridoio Paola accoglie una media di dodici persone al giorno, in un ufficio arredato con cura. Fra un
lettino da psicologo, un computer, lampade in ferro e piante verdissime ci sono
un divano e tre poltrone. Tanto basta. «La
maternità, in certe condizioni, è una scelta difficile. Non rendersene conto significa
banalizzare il problema. Volevo una struttura che non fosse un tribunale sui com-
portamenti umani. Non voglio nemmeno
voltarmi dall’altra parte davanti a un certificato di gravidanza. Voglio esserci, insomma, e ascoltare. E se posso, fare».
La solitudine come nemico
In questi anni Paola Bonzi ha contribuito
a far nascere più di 13 mila neonati. «Ma
non mi piacciono i complimenti di chi
dice che ho salvato le vite di tanti bambini. Preferisco pensare di aver aiutato molte madri a far nascere i loro figli. Tutte
con gravidanze non volute, un gran sentimento di inadeguatezza, un gran bisogno
di essere capite. Lo scopo è sempre sta|
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L’INTERVISTA PAOLA BONZI
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primo anno di vita del bambino. Con una
serie di progetti che vanno dalla consulenza dell’educatrice e dell’ostetrica alla fornitura di tutto ciò che occorre al neonato:
pannolini, giochi, alimenti. E quando possibile, sussidi in denaro.
Il duello con la Regione
È il punto fondamentale, e anche quello
più critico. La Regione Lombardia nel 2010
ha istituito un fondo ad hoc (Nasko): prevedeva per le donne che si rivolgevano ai Cav
lombardi 250 euro mensili per un massimo di diciotto mesi, prelevabili direttamente in banca (vedi box). Poi è stato sospeso. Qualche giorno fa ripristinato. Grazie a
Nasko nell’ultimo biennio in Lombardia
sono state aiutate 3.386 mamme. E le cifre?
«Di fatto il sostegno economico alla donna in difficoltà che rinuncia ad abortire è
più che dimezzato. Passa da 250 euro a 100
euro mensili per 18 mesi», spiega la direttrice del Cav. «Un vero disastro». Carolina
Pellegrini, assessore regionale alla Famiglia, sostiene che i nuovi parametri stabiliti per il 2013 sono necessari per «aumentare il numero delle donne aiutate» e per
rendere definitiva l’iniziativa. «È evidente
che alle madri verranno assegnate risorse minori, 3.000 euro invece degli attuali
4.500, ma questo ci permetterà di garantire il diritto alla vita di un numero maggiore di bambini. Con questa nuova moda-
Dal 1984 a oggi il Cav della
Mangiagalli ha contribuito
a far nascere più di 13 mila
bambini, sostenendo le donne
psicologicamente e aiutandole
materialmente fino al primo
anno di vita del neonato
Foto: Alessandro Tosatto, Isabella De Maddalena
to quello di essere disponibili all’ascolto attivo delle donne, quello professionale che apre a soluzioni. Perché la soluzione
del problema viene quasi sempre delegata
alla donna, che la vive in profonda solitudine». E spesso prende la decisione di interrompere la gravidanza per lo sgomento di
ritrovarsi, in una situazione difficile e non
programmata, completamente sola. Nella
relazione, invece, «non ci si incontra con
il problema, ma con la persona. Stare vicino a una donna che fatica a prendere una
decisione sul suo destino e su quello di suo
figlio ha segnato la mia vita. Entrano con
l’aria di chi sta disturbando tutto il mondo. Una volta una signora mi ha detto: il
bambino che non ho voluto sentire piangere nella culla me lo sento piangere dentro, tutte le notti».
Il Cav, quasi nascosto durante i primi
anni della sua esistenza, molto politicizzati, è stato inizialmente osteggiato. Lei ora
sorride pensando al momento dell’affissione delle targhe sui muri, a indicare il percorso per raggiungerlo: «Una era all’inizio
del corridoio, l’altra sulla nostra porta e
l’altra, pensata a metà percorso, era andata
a finire accanto alla porta del più convinto medico “abortista” dell’ospedale. Dopo
un’ora erano sparite, staccate dai muri». Al
Cav la donna viene accompagnata verso la
sua nuova condizione di madre, sostenuta
psicologicamente e materialmente fino al
IL PIRELLONE E L’AUSTERITY
Così il Fondo Nasko resiste tra
spending review e altre “sorprese”
‘‘
Non si incontra il problema,
ma la persona. Le donne entrano
con l’aria di chi sta disturbando
il mondo. Una volta una mi disse:
il bimbo che non ho voluto sentire
piangere nella culla me lo sento
piangere dentro ogni notte
Foto: Alessandro Tosatto, Isabella De Maddalena
lità, infatti, siamo certi di poter sostenere
ogni anno circa 1.600 madri invece di mille rispondendo così alle richieste di numerosi Cav e consultori distribuiti su tutto il
territorio regionale». L’assessore annuncia
che è già allo studio «un nuovo intervento
dedicato alle madri in grave difficoltà, con
un progetto che risponda alla prima emergenza: la povertà alimentare».
L’amicizia con il professor Pardi
Certo, è già molto, ma si potrebbe fare di
più. «Qui ogni giorno arrivano dodici donne che interrompono la gravidanza», si
scalda Paola Bonzi. «Sette di loro per motivi economici. Vedo tante donne piangere,
sono assolutamente combattute, ma obbligate dalle circostanze. Tante, se tengono il
bambino, perdono il lavoro. È un dramma
profondo. Forse il più profondo che possa
’’
«I tagli del governo incidono in maniera forte», ha spiegato
Roberto Formigoni definendo la situazione attuale di «grandissimo allarme» . Per il governatore della Lombardia il contesto
attuale è estremamente difficile, e incerto. Difficile perché la
spending review e il decreto legge sulla stabilità prevedono tagli
pesanti per il 2013. Incerto perché «ci sono altri provvedimenti,
su cui non c’è ancora chiarezza, che potrebbero prevedere ulteriori sacrifici». Ciò nonostante la giunta della Regione Lombardia
ha deciso di rifinanziare con 6 milioni di euro il Fondo Nasko,
iniziativa avviata nell’ottobre 2010 per dare un aiuto alle madri
che rinunciano a una interruzione di gravidanza causata da
problemi economici. Si tratta di un piano di sostegno personalizzato, formulato in collaborazione con i consultori familiari o i
Centri di aiuto alla vita, che permette loro di avvalersi anche di
un sussidio regionale.
Dei 6 milioni di euro, 1 milione è destinato a finanziare i progetti
di aiuto già attivati nel 2012. Gli altri 5 milioni rappresentano la
dotazione di fondi per il 2013, che viene accompagnata anche
dall’introduzione di alcuni nuovi requisiti per una più equa ripartizione degli aiuti. Dal 2013, il contributo mensile garantito attraverso il Fondo Nasko sarà destinato all’acquisto di beni e servizi,
sia per la madre sia per il bambino, con particolare attenzione alla
cura dell’alimentazione, sia nella fase di gestazione sia nel primo
anno di vita del figlio. Per accedervi occorreranno alcuni requisiti.
La certificazione che attesti l’avvenuto colloquio per richiesta di
interruzione volontaria della gravidanza della donna con lo specialista di consultorio pubblico o privato accreditato e a contratto
o di Servizio ospedaliero, residenza in Regione Lombardia (da
almeno un anno, alla data di presentazione della richiesta) e il
possesso di attestazione Isee integrata da documentazione che
consenta la definizione delle condizioni di difficoltà economica della donna e del suo nucleo familiare nell’anno della richiesta. Inoltre
è indispensabile la predisposizione del progetto personalizzato
presso un consultorio familiare pubblico o privato accreditato e
a contratto o presso un Centro di aiuto alla vita iscritto all’elenco
regionale e ubicato nella Asl di residenza della donna.
affrontare un essere umano, e la politica
non può stare a guardare».
La direttrice del Cav è cattolica. «E praticante». Avrebbe messo in piedi tutto questo comunque, senza questa appartenenza? «Certo. La vita non ha bisogno di aggettivi. La vita è la vita». Lo dimostra l’amicizia
col professor Giorgio Pardi, luminare nel
campo della ginecologia a livello italiano e
internazionale. Scomparso nel 2007, è stato il primo medico a effettuare un’interruzione di gravidanza legale in Italia. Quando i due si incontrarono, gli steccati ideologici crollarono con la naturalezza data dal
buonsenso. Lui iniziò a fare in modo che le
donne venissero a conoscenza di quell’ufficio in fondo al corridoio. Una decisione che destò scalpore, con tanto di presìdi
in cui si parlò di attacco frontale alla 194.
Invece era tutto il contrario: «Al centro del-
la comunicazione non dev’esserci quello
che l’interlocutore pensa sia giusto fare»,
disse Pardi all’epoca. «Deve esserci la donna, col suo dramma. Dramma a cui però va
offerta rispettosamente un’altra prospettiva, diversa da quella dell’aborto. E devo
dire che il Cav attivo qui in Mangiagalli,
con i pochi fondi e i pochi spazi che ha, ha
fatto veramente miracoli. E con un atteggiamento coerente: mettendo al centro la
persona. Io sono felicissimo che ci sia il
Cav, vorrei che fosse potenziato». Tanto che
un giorno a bussare alla porta del Centro
di aiuto alla vita è proprio il direttore del
più grande dipartimento ostetrico italiano. È l’8 marzo, e lui ha in mano un gran
mazzo di mimose. Lei è confusa: «Ma prof,
perché?». E lui, lapidario, prima di scappare in sala operatoria: «Se non a lei, a chi?».
Chiara Sirianni
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IL NOSTRO UOMO
A PALAZZO
BENEDETTO XVI TRADOTTO IN POLITICA
Meno ospizi, più amore. Il welfare
di Ratzinger per la bella vecchiaia
di Renato Farina
P
iccolo dizionario dei luoghi comuni contemporanei.
I vecchi sono cattivi. Li conosciamo agli uffici postali, dove ci passano davanti imprecando. Hanno il potere
e non lo mollano, se non crepando, ma non muoiono mai. I vecchi sono avari,
BORIS
GODUNOV
come diceva Palazzeschi nelle Sorelle Materassi: «I soldi li hanno i vecchi». Logico che
ci sia in giro un brutto clima per loro. La rottamazione di Renzi sfrutta idee nervose
che sono nell’aria, e con esse riempie il suo palloncino colorato. Soprattutto i vecchi
sono tanti, e tendono ad ammalarsi senza morire, riempiendoci di spese croniche e
scatarranti. Viva l’eutanasia in politica come metafora di quella biologica…
C’è un’altra categoria di gente che conta niente: i giovani. I quali a sorpresa amano i nonni e detestano i padri e specialmente le coetanee delle madri. I ragazzi sono
trattati come nullità non dai vecchi, ma dalla generazione di mezzo: che odia ragazzi
e vecchi. Sale in groppa ai giovanotti e alle neolaureate per spazzare
via i più anziani. Poi arriva Ratzinger. Boris è uno zar ortodosso. Ov- Con il suo elogio della terza età
vio che si sia commosso quando il Papa cattolico ha detto: «È bello es- il Papa ha piazzato una bomba
sere anziani!». Alla malora. È stato il primo vecchio a parlar bene di
culturale e perciò politica nel
questa età, a elogiare persino gli acciacchi e la vicinanza della morte come porta della vita vera. Propone una memoria autentica e per- cuore dell’Europa. «Chi fa spazio
duta. Quando non c’era bisogno di patti tra generazioni, ma bastava agli anziani fa spazio alla vita!»
la tavola della legge, per cui si onora il padre e la madre. E onorare è
diverso, è qualcosa d’altro e persino di più rispetto all’amore. Il Papa ha piazzato, lunedì 12 novembre, una bomba culturale e perciò politica nel cuore dell’Europa. Per
lui è errore grave emarginare l’anziano: «Eppure spesso la società lo respinge, considerando gli anziani come non produttivi, inutili. Tante volte si sente la sofferenza di
chi è emarginato, vive lontano dalla propria casa o è nella solitudine. Penso che si dovrebbe operare con maggiore impegno per fare in modo che gli anziani possano rimanere nelle proprie case. La sapienza di vita di cui siamo portatori è una grande ricchezza. La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come
gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune. Chi fa spazio
agli anziani fa spazio alla vita!». Ancora: «Il bisogno di aiuto è una condizione dell’anziano. Vorrei invitarvi a vedere anche in questo un dono del Signore, perché è una
grazia essere sostenuti e accompagnati, sentire l’affetto degli altri! Questo è importante in ogni fase della vita: nessuno può vivere solo e senza aiuto; l’essere umano è
relazionale. E in questa casa vedo, con piacere, che quanti aiutano e quanti sono aiutati formano un’unica famiglia, che ha come linfa vitale l’amore».
Traduco in politica. Dalla crisi, che è morale prima che economica, si esce con la
gratuità. Essa si esprime nel modo con cui trattiamo i vecchi. Ed essi vanno aiutati a
stare a casa loro con noi vicino! Questo capovolge il welfare basato sul finanziamento di ospizi dalle rette salate e fuori dai coglioni. Occorre sostenere le famiglie con gli
anziani, non finanziare De Benedetti e i suoi residence per vecchi. Poi le famiglie sceglieranno come usare l’aiuto; in quale casa di cura accompagnare l’anziano non autosufficiente. Difendere i vecchi «fa spazio alla vita», aiuta la demografia. Se un anziano è lieto, se si coglie la sua profonda utilità, ecco che si mettono più volentieri al
mondo i figli: perché possiamo sperare anche per loro una vita buona fino alla morte, e non la disperazione di essere gettati in una fossa. Twitter: @RenatoFarina
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ESTERI
L’EVENTO
La straordinaria rilevanza civile dell’incontro
tra un arcivescovo italiano e un coraggioso
Lord inglese nel cuore dell’Occidente
politicamente corretto e umanamente esausto.
Un giorno con il cardinal Scola a Westminster
da Londra Rodolfo Casadei
U
Chiesa cattolica
romana, italiano per di più, invitato a tenere una lezione e una discussione pubblica presso la Camera dei Lord
a Londra: come può succedere una cosa
del genere? Le principali esportazioni italiane in Inghilterra sono cibo, moda, studenti. Ma c’è chi si è accorto che dall’Italia è possibile importare anche un sapere
specializzato nel far incontrare i diversi,
un’esperienza di valorizzazione delle differenze, una capacità relazionale che non
fa a meno di un alto profilo scientifico e
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n cardinale della
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accademico. È così che a parlare di “Religione, Pluralità e Bene comune” sotto le
solenni volte del parlamento di Westminster è stato chiamato l’arcivescovo di Milano monsignor Angelo Scola, nel suo ruolo di presidente della Fondazione internazionale Oasis. Anche dopo avere ricevuto l’onorevole e oneroso incarico di guidare l’arcidiocesi di Milano il cardinale non
ha abbandonato la sua creatura, fondata
nel 2004 quando era patriarca di Venezia
per incoraggiare la comprensione e l’incontro fra cristiani e musulmani, a partire dalle comunità cristiane presenti in
Medio Oriente e Nordafrica. I riconosci-
menti al suo lavoro, come si vede, confermano il valore dell’esperienza, che lui non
perde occasione di promuovere con convinzione. Dopo essere stata presentata già
all’Unesco (Parigi, 2005) e all’Onu (New
York, 2007), per la prima volta Oasis ha fatto il suo ingresso in un parlamento nazionale. E non certo uno qualunque.
Del resto il Regno Unito ospita una
numerosa comunità musulmana (si parla
di 1,8 milioni di residenti, in grande maggioranza provenienti dal subcontinente
indiano) e il tema del loro rapporto con
le leggi, le istituzioni e l’identità del paese di cui sono cittadini è sempre caldo,
per non dire scottante e foriero di opposte polemiche quando il discorso cade sulla presenza militare britannica in Afghanistan o sulla condizione delle donne di
famiglia islamica nel paese dove regna Elisabetta II. Gli inglesi di antica ascendenza
hanno molte critiche da fare ai loro concittadini musulmani, i musulmani affer-
Foto: Diocesi di Milano, AP/LaPresse
Esportare
il bene
comune
Foto: Diocesi di Milano, AP/LaPresse
Qui accanto,
la relazione su
“Religione, Pluralità
e Bene comune”
tenuta dal cardinale
Angelo Scola
il 15 novembre
alla House of Lords,
Londra (qui sopra,
Westminster).
Invitato in qualità
di presidente della
Fondazione Oasis,
Scola è intervenuto
anche a una
conferenza pubblica
all’Heytrop College
di Kensington
mano di essere discriminati e sottoposti
ad attacchi. L’ultimo caso che ha agitato
le acque è stato quello di Malala Yousafzai,
la 15enne studentessa e attivista pakistana
ferita a colpi di arma da fuoco dai talebani
mentre tornava da scuola. Dopo che è stata trasportata in Europa e ricoverata a Birmingham per cure specialistiche (è stata
ferita alla testa e al collo), l’Mcb, l’associazione dei musulmani britannici, ha condannato l’attentato. Molti commentatori
hanno osservato che la condanna era tardiva e le parole della dichiarazione poco
incisive, e che questo si spiega col trattamento patito da molte ragazze pakistane
immigrate nel Regno Unito: vengono ritirate da scuola e fatte sposare non appena
possibile. Alcune organizzazioni femminili di donne musulmane si sono associate
alle critiche, confermando che una mentalità arretrata di tipo talebano è presente in molte famiglie delle loro comunità.
In giro per Londra si vedono passare i tipi-
ci autobus rossi a due piani con un grande
pannello laterale dove si legge: “Musulmani per la lealtà, la libertà e la pace – Amore
per tutti, odio per nessuno”. Responsabili
di questa pubblicità sono però i musulmani Ahmadiyya, diffusi in Pakistan e India,
considerati eretici dagli altri islamici perché a Maometto affiancano un altro profeta, di nome Mirza Ghulam Ahmad.
La convivenza degli inconciliabili
Anche i cristiani, tuttavia, non se la passano benissimo. Teoricamente rappresentano la maggioranza della popolazione (71
per cento) e gli anglicani poi addirittura
sono Chiesa di Stato, ma le leggi li costringono ogni giorno di più a scegliere fra la
fedeltà alla propria coscienza e la sottomissione a Cesare. Due settimane fa è stato bocciato per la quarta e probabilmente ultima volta il ricorso presentato da
Catholic Care, un’agenzia per adozioni di
Leeds, contro il paragrafo dell’Equality Act
che la costringerebbe a fornire i suoi servizi anche a coppie di persone dello stesso
sesso. L’agenzia sarà costretta a chiudere i
battenti, come è successo fra il 2007 e oggi
a tutte le agenzie cattoliche che si occupavano di adozioni. Lo stesso Lord Alton di
Liverpool, il pari del Regno che ha invitato il cardinal Scola a parlare presso la
Camera dei Lord nella quale siede, è politicamente parlando un prodotto dell’emarginazione delle posizioni riconducibili
all’etica naturale riconosciuta dalla Chiesa. Deputato liberale dal 1979, il più giovane membro della Camera dei Comuni, dopo la fusione che diede vita al partito Liberaldemocratico ha dovuto andarsene dalla formazione politica, perché poco
tempo dopo l’aborto legale in qualunque
fase della gestazione è diventato la linea
politica ufficiale del partito.
Che fare davanti alla scoperta che nella società sussistono punti di vista inconciliabili? Scola ha proposto il primato del
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ESTERI L’EVENTO
«Ci sono sorprese in serbo per noi»
Nel corso della discussione, così come in
occasione della conferenza pubblica che
il cardinale ha tenuto nel pomeriggio
all’Heytrop College di Kensington, che
possiamo definire l’università gesuita affiliata all’università di Londra, si sono levate voci sia da parte cristiana che da parte musulmana per invocare un’alleanza
fra religioni monoteiste contro il secolarismo rampante. Scola ha risposto con la
consueta prudenza: ha riconosciuto che
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Sopra, Scola davanti a Westminster con
Lord Alton (alla sua sinistra) e Maria
Laura Conte e Martino Diez di Oasis
«In un contesto di pluralità
non possiamo derivare l’idea
di bene comune da una visione
condivisa del mondo. Cosa resta
allora? Il fatto della comune
esistenza o, se preferite, il bene
pratico dell’essere insieme»
la vita in una società secolarizzata tende
ad avvicinare credenti di religioni diverse accomunati dalla sensibilità per la questione della verità, e che certamente è possibile e auspicabile un impegno comune
sulle numerose questioni etiche che vedono convergere cristiani e musulmani; ma
ha anche ammonito che questo potrebbe
diventare «un approccio riduttivo a causa della sua natura essenzialmente difensiva», e che si devono evitare «tendenze
antimoderne che mettono in questione
le indubbie conquiste della modernità».
Non ha tuttavia risparmiato le critiche
all’Europa contemporanea «che non ha
nessun desiderio di imparare da altri, che
manca della capacità dell’ascolto fecondo», che appare affaticata e priva di energie, energie di cui invece sembrano ricchi
i nuovi immigrati sul suolo europeo. «La
crisi (economico-finanziaria, ndr) potrebbe avere sorprese in serbo per noi. Mentre la società tecnologica, debole in termini di ideali, tende a espellere il senso religioso, non è impossibile che l’attuale stallo possa aprirsi a un ritorno del trascendente». Anche perché «dall’altra parte,
per quanto riguarda i paesi a maggioranza musulmana, la pratica religiosa sem-
bra aver raggiunto uno dei livelli più alti
dell’intera storia».
L’egemonia culturale secolarista che
ha imposto di neutralizzare le religioni
come fattori politici potrebbe ritrovarsi
sulla difensiva. Ha sottolineato il teologo
anglicano John Milbank, presente ai lavori: «All’inizio della convivenza umana non
c’è un contratto, c’è uno scambio, anche
in termini di comunicazione. Il cuore della civitas è il continuo dibattito fra posizioni diverse per arrivare insieme alla definizione del bene comune». «Il sistema democratico ha le sue procedure per arrivare
alla definizione delle leggi e delle regole che valgono per tutti», ha detto Scola,
«ma sarebbe un errore e una grossa perdita se alle posizioni religiose fosse impedito di portare il loro originale contributo al dibattito su ciò che è bene per tutta
la società». Urge il riconoscimento dell’altro come altro. Nella società dell’omologazione che tollera solo le differenze che non
hanno l’ambizione di pronunciarsi sul
bene comune, sembra pura utopia. Ma il
rimescolamento delle carte dovuto alla crisi economica sistemica e all’islam in movimento potrebbe far cambiare molte cose.
Rodolfo Casadei
Foto: Diocesi di Milano, AP/LaPresse
«principio di comunicazione», da intendersi «come una fondamentale “condivisione”». Così l’ha spiegato: «La comunicazione in senso proprio comprende uno
scambio di narrative diverse in vista di un
reciproco riconoscimento. Possiamo parlare di un “bene della comunicazione” . Esso
rappresenta anche il fatto politico primario. Perché la vita in società ha bisogno di
un’idea di bene come base comune per
il riconoscimento. Ma in un contesto di
pluralità non possiamo derivare una tale
idea da una visione condivisa del mondo.
Cosa resta allora che abbiamo in comune? Rimane il fatto stesso della comune
esistenza o, se preferite, il bene pratico
dell’essere insieme».
Decisamente provocatorio, il cardinale. Non siamo d’accordo, dice, sulla direzione dello sviluppo della società, dunque
non abbiamo un’idea condivisa di bene
comune, ma un bene comune ce lo abbiamo: il fatto stesso che, diversi come siamo, siamo insieme. E ha avuto il coraggio
di dirlo nella patria dell’utilitarismo, di
Jeremy Bentham, dove l’unico contraltare al politicamente corretto liberal e secolarista che sta imprimendo caratteri totalitari ad aspetti della vita quotidiana dei
britannici è da sempre l’idea che i valori
debbano semplicemente stare fuori dalla
vita sociale. Che a tenere insieme il musulmano conservatore, il cattolico papista e
il protestante individualista è solo l’utilità per sé che ciascuno può trarre dai rapporti con gli altri. A questa visione l’arcivescovo di Milano ha replicato che «l’utile è di breve durata», come dimostrerebbe la crisi economico-finanziaria globale.
Che «rappresenta la radicale confutazione di un certo modo di intendere l’umano». «Se dunque la crisi è il sintomo di una
concentrazione sull’immediatamente utile che ignora la comunicazione e rende
la vita insieme precaria, la soluzione non
può venire da un semplice maquillage etico, ma richiederà un ripensamento antropologico radicale. Questo dovrà rimettere
a fuoco la questione della verità nel suo
nesso vitale con la libertà».
NEL DETTAGLIO
QUELLA RIDICOLA LETTERA DOPO I TAFFERUGLI
Grillo pasolineggia a sproposito sugli
scontri studenti-polizia. Che pena
M
io caro Malacoda, con te posso essere sincero: ogni tanto mi vergogno anch’io
di quello che nasce dai nostri suggerimenti. Non per la cattiveria che manifesta, quella non è mai troppa, per la pochezza, per la banalità, per il ridicolo.
La settimana scorsa abbiamo scatenato un bel pandemonio in un bel po’ di città italiane. Con gli studenti è facile. I poliziotti hanno risposto, sono volate sprangate da una
parte, manganellate dall’altra. L’indignato principe, quel sessista di destra che dice che
le donne del suo partito vanno in tv per provare l’orgasmo (è una frase di destra no?),
nell’andirivieni del pendolo della sua spasmodica ricerca di consenso è tornato di sinistra, ma non gli riesce, neanche quando cerca di imitare Pier Paolo Pasolini.
Ricordi il 1967, gli scontri di Valle Giulia tra studenti e poliziotti? Pasolini scrisse agli studenti: «Siete in ritardo, figli. (…) Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi quelli delle televisioni) vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo. Io no, amici. Avete facce di figli di papà. Buona razza non
mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo) ma
sapete anche come essere prepotenti, ri«Soldato blu (sic!), chi ti paga è colui che
cattatori e sicuri: prerogative piccoloborprotesta, e paga anche quelli che ti ordinano ghesi, amici. Quando ieri a Valle Giulia
fatto a botte coi poliziotti, io simpadi caricarlo», scrive il comico. Insomma, non avete
tizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti
devi opporti a chi ti assale con una spranga
sono figli di poveri. (…) Hanno vent’anni,
la vostra età, cari e care. Siamo ovviamenperché ha in tasca la tua busta paga
te d’accordo contro l’istituzione della polizia. Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete! (…) In questi casi, ai poliziotti si danno i fiori, amici».
Hai presente quella frase abusata per cui la storia si ripete, ma diventa farsa?
Abusiamone ancora una volta. Beppe Grillo, intanto, cambia interlocutore, scrive ai
poliziotti: «Polizia, chi stai difendendo? Chi è colui che colpisci a terra? Un ragazzo,
uno studente, un operaio? È quello il tuo compito? Ne sei certo? Non ti ho mai visto
colpire un politico corrotto, un mafioso, un colluso con la stessa violenza». L’invito
non è alla pace, è a menare altri, accompagnato all’accusa di non aver perseguito
i mafiosi. Segue citazione cinematografica con presunzioni poetiche: «Soldato blu
(sic!), tu hai il dovere di proteggere i cittadini, non il Potere. Non puoi farlo a qualunque costo, non scagliando il manganello sulla testa di un ragazzino o di un padre di famiglia». L’idea che sfasciare auto o negozi non sia attività da ragazzini o da
padri di famiglia e che opporsi ad essa sia un modo per difendere i cittadini – i proprietari di auto e negozi a loro volta padri di famiglia come lo sono i mafiosi (la “famiglia”), i corrotti e forse anche qualche politico – non lo sfiora.
Poi arriva il passaggio cruciale, che svela la vera preoccupazione del nostro: «Chi
ti paga è colui che protesta, e paga anche coloro che ti ordinano di caricarlo». Caro
poliziotto, insomma, attacca l’asino dove vuole il padrone, e il tuo padrone è chi ti
paga. Girala come vuoi ma non c’è questione ideale che tenga, chi ti viene addosso
con una molotov o una spranga non lo devi menare perché ha in tasca la tua busta
paga. Quando si dice il valore!
Caro nipote, trovagli argomenti migliori, il mondo è pieno di pedofili che pagano le tasse.
Tuo affezionatissimo zio Berlicche
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LE NUOVE
LETTERE DI
BERLICCHE
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cultura
costruire il mondo
Giobbe
in Emilia
Anticipiamo un brano del libro Se anche
la terra trema di Mattia Ferraresi con
un racconto fotografico di Alice Caputo. Il
libro è acquistabile dal 23 novembre su Itacalibri.it.
di Mattia Ferraresi
«C
i saranno pietre da raccogliere
dopo un terremoto? Loro alla
fine ci faranno cattedrali»,
così si chiudeva la lettera del Resto del
Carlino. Emiliani incrollabili, emiliani
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che non tremano nonostante tutto, emiliani che vogliono rifiutare gli aiuti per
rialzarsi da soli. L’orgoglio campanilistico è stata una delle più facili scorciatoie per non ammettere la totale impotenza di quell’eroe invincibile che è l’uomo
davanti alle forze della natura. Sembra
quasi che ci sia un sottile filo di vergogna nel mostrarsi così vulnerabili davanti all’Italia. Un giovane agricoltore intervistato dalla Gazzetta di Modena ha osservato: «Ci siamo trovati spiazzati perché
siamo sempre stati noi quelli che anda-
vano ad aiutare gli altri e adesso ci troviamo ad avere bisogno noi degli altri e
questo ci lascia disarmati». Gli emiliani si
sono forse sentiti come un Golia imbarazzato per aver perso contro il piccolo Davide. Lo slancio volontaristico è l’ultima
arma che si può scagliare invano contro
un evento naturale indomabile, e il simbolo di questo orgoglio è diventata la foto
di una vetreria quasi interamente crollata con un cartello che si erge tra le rovine:
«Ci siamo», e a seguire il numero di telefono per chiedere un preventivo, scalpo del-
Foto: AP/LaPresse
La terra non è fatta per tremare, eppure
trema. Viaggio di un modenese nella sua
regione squassata dal terremoto e interrogata
da una contraddizione insanabile. Il sentiero
tortuoso della speranza tra le macerie
Alcune immagini diventate triste icona del terremoto in Emilia, come il Duomo
di Mirandola (qui sopra) e la torre del campanile di Finale Emilia (sopra, a destra)
il racconto
Foto: AP/LaPresse
se anche lA
terra trema
Autore M. Ferraresi
Editore
Itaca
Pagine
144
Prezzo
15 euro
la vittoria contro la calamità. La cartellonistica post-terremoto è infinita e, a parte
i commoventi ringraziamenti ai Vigili del
Fuoco, evocano la medesima volontà di
sconfiggere il terremoto: «Ci hai fatto tremare ma non ci hai spaventato», «Barcolliamo ma non molliamo », «Il terremoto
chiama, noi rispondiamo… teniamo botta!», «Mirandola non s’inchina, risaliamo
a bordo!», «Come può uno scoglio arginare il mare…».
Eppure non tutti hanno reagito con
questo comprensibile slancio. C’è anche
chi in quelle macerie non vede affatto la
miracolosa rinascita delle cattedrali emiliane, ma un segno più drammatico che
costringe a interrogarsi sul senso di quello che è successo: «Trent’anni per costruire, trenta secondi per vedere tutto distrutto», è il ritornello che risuona dai giorni delle scosse nella mente di don Franco Tonini, parroco di Concordia sulla Secchia. Concordia è il secondo paese più
colpito dal sisma secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Il centro storico è stato interamente evacuato
e due persone sono rimaste sotto il mortifero abbraccio dei calcinacci. Don Franco vive in una casetta di legno più simile a un ripostiglio per gli attrezzi che a
una casa. È lì che abita da quando il terremoto ha spazzato via in pochi secondi la
canonica e la chiesa. Ha dedicato gli ultimi trent’anni all’edificazione della chiesa
di Cristo, in tutti i sensi: ha raccolto offerte per ridare vita ai dipinti di quel tempio, per curarne le rifiniture, per rendere bella la casa del Signore. Insomma, la
sua piccola cattedrale l’aveva già costrui-
ta prima del terremoto. «Per me si trattava di rendere gloria a Dio – spiega sventolando il ventaglio – lo facevo come un
atto di culto, ma forse il Signore non ha
gradito e ha voluto farmi capire che la
Chiesa è fatta di persone e non di mattoni. Forse mi mancava quel passo di povertà e santità». A don Franco non è stata risparmiata la sofferenza e il Papa ha
ricordato che nemmeno Gesù si è sottratto ai patimenti.
Il tendone del Pd per la Messa
Molti parrocchiani ricordano la sua omelia dopo la scossa del 29 maggio, all’ombra di un grande tendone: «Sapete di chi
è questo tendone? È del Pd e lo usano per
la Festa dell’Unità. E sapete chi l’ha montato? Un gruppo di musulmani. È proprio
il caso di lasciar perdere tutti i pregiudizi
che abbiamo». Secondo don Franco, una
volta caduta la casa, la chiesa e i pregiudizi resta una sola cosa ancora in gioco: la
fede. Davanti ai suoi parrocchiani, sotto
quel tendone, il paragone con il Libro di
Giobbe è perfettamente calzante. Dio, per
mettere alla prova la fedeltà di Giobbe, gli
sottrae i buoi, i cammelli e i servi (le cose),
colpisce la sua abitazione con un colpo di
vento (la casa) uccidendo così i suoi figli
(le persone). La vicenda di Giobbe è drammaticamente attuale per tutti gli emiliani che hanno perduto la casa, le cose e
a volte anche le persone care. La disperazione di chi ha perduto tutto in pochi
secondi si trasforma, in questo passo della Bibbia, in una prova di fede: Giobbe si
prostra a terra e dice: «Nudo sono uscito
dal grembo di mia madre, e nudo tor|
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cultura costruire il mondo
nerò in grembo alla terra; il Signore ha
dato, il Signore ha tolto; sia benedetto
il nome del Signore». È così che Giobbe,
con estrema umiltà, ha guardato in faccia alla disgrazia della sua casa che crolla portandosi via tutto. Ecco il punto: «La
sfida, per Giobbe e per tutti noi, sta nel
ridire: “Sia benedetto il nome del Signore” con la stessa fede che avevamo prima
del terremoto». E questo non oblitera l’afflizione, non è una candeggina che sbianca l’anima. A poche settimane di distanza don Franco non nasconde la disillusione, il senso di amarezza, soprattutto nei
confronti dei suoi compaesani dai quali
ha ricevuto ben pochi aiuti. Forse anche
la fede, l’incrollabile roccia delle Scritture, non può più essere data per scontata.
La rabbia e il risentimento verso ciò che
ha distrutto il lavoro di una vita e la sensazione di solitudine non sono facilmente traducibili in un assioma religioso che
risolva in un baleno ogni dubbio.
La solitudine dopo la solidarietà
«Che il Signore abbia dato e poi tolto
è vero – dice don Franco – ma riuscire comunque a benedirlo non è più così
semplice». La metabolizzazione di ciò che
è accaduto passa per una strada tortuosa come quella che ha dovuto percorrere
Giobbe. In questi passi la Bibbia presenta le stesse scorciatoie più o meno razionali in cui sono cadute, comprensibilmente, tante vittime del terremoto. A Giobbe,
infatti, si presentano tre filosofi che illustrano sofismi per spiegare che una tale
ingiustizia è stata riversata da Dio su un
uomo giusto. La morale appuntata alla
fine della storia è tanto edificante quanto inadeguata, e di solito è l’apripista dei
buoni propositi: dopo il momento concitato della solidarietà ritorna il dominio
della solitudine e del disinteresse. «Sinceramente non ho visto nessuna fratellanza.
Ho avuto solidarietà da persone che venivano da fuori ma non dai miei parrocchiani. Un prete della zona ha detto durante l’omelia: “Bisognerebbe che io vi dessi
da mangiare un’ostia di cuoio, così a forza di masticarla forse vi viene in mente la
vostra durezza di cuore” ». Un’ostia di cuoio per ricordare che la fede non è una faccenda eterea, ma un pungolo nella carne.
Lo diceva Emmanuel Mounier, santificando quella sofferenza che gli era famigliare: «È dalla terra, dalla solidità, che deriva
necessariamente un parto pieno di gioia e
il sentimento paziente dell’opera che cresce, delle tappe che si susseguono, aspettate quasi con calma, con sicurezza… Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne». n
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seguendo la regola
Il silenzio ha
qualcosa da dire
Con le trappiste di Valserena non per fuggire
dalla realtà ma per immergersi in un luogo
che collabora instancabilmente alla rinascita
«M
i sono sempre chiesto: perché il silenzio? O per lo
meno che cosa si intende per silenzio; se il silenzio avesse un valore oppure una certa utilità
nella relazione tra le persone, a cosa servirebbe la voce. Per dirla diversamente: se non ci si capisce parlando, figuriamoci stando in silenzio; non vi pare?». Diretta e semplice al punto di risultare disarmante, la domanda di Giuseppe è una delle centinaia che sono arrivate alle suore trappiste di Valserena nel periodo
in cui hanno animato il blog dalsilenzio.it. Una finestra virtuale
per mettere in comunicazione due realtà. Da un lato un gruppo
di donne tra i 28 e gli 88 anni che hanno dedicato la propria vita
a Dio nella contemplazione, dall’altro il mondo frettoloso, addolorato e a volte superficiale come siamo abituati a conoscerlo.
Alle sorelle hanno scritto persone di ogni età, credo ed estrazione
Silenzio amico
sociale. C’è la domanda di Giuseppe sul silenzio, il dolore di Maria
Autore G. Beltotto
Grazia lasciata dal marito dopo 32 anni di matrimonio e due figli,
Editore
Marsilio
la curiosità impertinente di ragazzi lontani dalla fede. C’è anche
Pagine
267
chi chiede se le suore piangono. «Certamente sì. Dipende dalle
Prezzo 16,50 euro
persone e dai momenti della vita. Si piange per ciò che fa soffrire,
o commuovere, come ogni essere umano. Le ultime arrivate per
nostalgia del mondo o fatica a entrare nella vita». Le risposte delle religiose arrivano sempre, misurate e pertinenti. Perché dentro
quelle mura il mondo non è estraneo. Come spesso osserva chi ha
frequentazioni con religiosi di clausura, sembrano capire il mondo più loro di chi si affretta a corrergli dietro. È il motivo per cui
il giornalista Giampiero Beltotto è andato a Valserena, ha raccolto
le domande emerse nell’esperienza del blog e ne ha aggiunte di
altre nel libro Silenzio amico. La bellezza della clausura al tempo
di internet (Marsilio, 267 pagine, 16,50 euro).
Beltotto, che fino a poche settimane fa è stato portavoce del
governatore del Veneto Luca Zaia, ha col mondo trappista una
consuetudine radicata nel tempo. Aveva 26 anni, una moglie e un
figlio piccolo quando ha incontrato le sorelle di Vitorchiano, convento nella campagna viterbese. Lì, come a Valserena in provincia
di Pisa, le donne che prendono i voti vivono una vita divisa tra la
preghiera e il lavoro come prescrive la regola di San Benedetto. La
loro esistenza suscita curiosità perché è dura. Svegliarsi nel cuore della notte, pregare per ore e poi lavorare nei campi, vivere di
quel che si produce. In chi si avvicina a questo mondo la curiosità
lascia spesso lo spazio a uno
sgomento venato di scettiNon solo un esempio di vita buona, ma
come si fa? Di fronuna collaborazione instancabile alla salvezza cismo:
te all’impossibile, a ciò che
del mondo. Feconda e libera. Perché la
trascende le forze e le previporta della clausura è chiusa dal di dentro
sioni umane, la Bibbia rac-
un dialogo
Foto: Marka
conta le storie di Zaccaria e della Madonna. Di fronte all’annuncio dell’arrivo di un bambino, il primo è incredulo e scettico, tanto che il Signore lo priva della voce fino a che non nasce Giovanni che diverrà il Battista. La seconda, Maria, è stupita e commossa,
per questo domanda all’angelo e si affida a lui. Il bivio, eminentemente umano perché riguarda il modo in cui si può conoscere e
trattare la realtà, è lo stesso di fronte all’esperienza traboccante di
vitalità di queste monache. Si può fermarsi sull’orlo del chiostro,
scuotere la testa di fronte alla loro fermezza o invidiare il loro
spazio di tranquillità, oppure si può mettere il naso dentro quella
grata a domandare perché, indagare che cos’è un silenzio che non
è un generico allontanamento dal clamore del mondo contemporaneo, ma uno spazio fecondo.
Il senso di una routine
Nel raccontare la routine delle proprie giornate, quelle donne
comunicano il senso e i frutti di una scelta che va riabbracciata
ogni giorno. All’inizio, racconta suor Myriam, il primo scoglio è
«lasciare personal computer e telefono portatile, scrivere a casa
una lettera a mano, chiedere il permesso prima di scrivere. Le
telefonate, qui, sono eccezioni motivate». La vita di “fuori” non
è motivo di rimpianto ma neppure di vergogna. Queste donne
non si sentono salvate perché sono riuscite a fuggire, stoicamente, le tentazioni del mondo. Racconta suor Federica: «Ero una
professionista discretamente affermata nel mio piccolo ambito
lavorativo e avrei potuto essere felicemente anche moglie. Madre
Suor Federica: «La nostra non è una scelta
controcorrente. È obbedienza. Una posizione
ideologica non reggerebbe l’impatto di un
solo giorno di trappa. Provare per credere»
non so, perché è dono di Dio. Ma Lui è intervenuto nella mia vita
con un altro dono, quello della chiamata». Questa «non è – continua suor Federica – una scelta controcorrente. È obbedienza. Un
posizione ideologica non reggerebbe l’impatto di un solo giorno di trappa. Provare per credere. La grande tentazione può essere di cercare la propria santità senza riconoscere che Lui solo ci
salva... ma per questo abbiamo l’aiuto di madri e maestre che ci
guidano e che ci avvertono quando cadiamo in inganno. Lo Spirito Santo fa tutto il resto».
Il resto è davvero tutto. Soprattutto in un momento in cui
– come ha scritto il cardinale di Milano Angelo Scola nella lettera alle famiglie per Natale – «incalzati dalle dure prove a cui
siamo sottoposti in questo travagliato frangente storico, forse
molti sono tentati di lasciarsi cadere le braccia ed indurire il
cuore». Quello di queste monache non vuole essere appena un
esempio di vita buona, ma una collaborazione instancabile alla
salvezza del mondo. Una collaborazione feconda e libera. Perché, come ricorda una di loro in un bel dialogo con Giampiero
Beltotto, la porta della clausura è sempre chiusa dal di dentro.
Laura Borselli
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cultura in libreria
Svezzateli
con la
letteratura
Si possono far leggere Puskin e Grazia
Deledda ai bambini? Sì, se i genitori sanno
cosa cercare. Le ultime novità Lindau
sono una sfida al coraggio dei grandi
e un detonatore per la fantasia dei piccoli
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M
nelle fiabe dei vostri bambini. È un programma per genitori avventurosi. Quanto ai bambini, per loro l’avventura non è un proposito ma una condizione. Non si può fare altrimenti quando c’è un mondo intero da scoprire. A
sei, sette mesi ogni oggetto, sia un cibo o
un gioco, è un banco di prova per i denti che devono spuntare. Poi, una volta cresciuti, ci vuole pane per quei denti. Così è
per i libri, perché arriva un tempo in cui
i bambini smettono di tentare di mangiarli e pretendono che qualcuno glieli
legga o gli insegni a farlo. Ecco, per restare nella metafora, la collana di libri da
poco lanciata da Lindau e che si è appena arricchita di tre nuovi titoli, propone
uno svezzamento letterario coi fiocchi.
Roba per palati fini. Per chi vuole andare avanti a storie banalotte e molli come
le pappette dei semilattanti, c’è un mercato pieno di storie che trasformano la
realtà a misura di bambini per poter farettete della letteratura
Tutto comincia con tre bimbe
povere che sognano d’essere
zarine. Il sogno che si avvera
per una, l’invidia delle sorelle,
la nascita di un bambino bello
e coraggioso e poi l’inganno
dalla russia
In queste pagine
alcune delle immagini
che corredano la storia,
opera del grande
illustratore russo Ivan
Jakovlevic. Il libro
contiene anche fotografie
di Sergej Michajlovic
Prokudin-Gorskij
gliela digerire. Ma il presupposto di questo tipo di approccio sembra essere che i
primi a dover digerire una realtà fondamentalmente indigesta sono i grandi. È
in fondo per questo che Annalena Valenti (la Mamma Oca che leggete tutte le settimane su Tempi), insieme alle amiche e
madri Adriana Rocchi e Raffaella Carnovale, ha messo la propria esperienza e il
proprio gusto al servizio di un esperimento editoriale ed educativo. Si può far leggere della letteratura ai bambini? Si può
farlo senza bisogno di stravolgere e ridurre i capolavori dei grandi autori in pillole
orrendamente semplificate, ovvero senza
rendere poltiglia informe ciò che è ope-
ra compiuta e piena? Si può, è la risposta,
se si da dove cercare. Così sono nati gli
ultimi libri della collana “Grandi avventure seguendo una stella”. Non capolavori di letteratura riadattati ai bimbi, ma
opere che gli stessi autori hanno pensato come fiabe. Magari anche in rima. Perché niente è affascinante e facile da ricordare come una storia che si appoggi alla
musicalità dei versi. È il caso della bellissima Fiaba dello Zar Saltan, del suo figlio
glorioso e possente eroe principe Guidon
Saltanovic e della bella principessa cigno
di Aleksandr Puskin. Tutto comincia con
tre bimbe povere che sognano d’essere
zarine. Il sogno che si avvera per una di
FIABA DELLO
ZAR SALTAN…
A. S. Puskin
Lindau
16,50 euro
loro, l’invidia delle sorelle, la nascita di
un bambino bello e coraggioso, l’inganno che allontana mamma e figlio dallo
Zar. E poi il principe che cresce, un’isola deserta che magicamente si ripopola,
lo struggimento di quel figlio per il padre
mai conosciuto. E ancora l’amore della principessa Cigno e la magia del suo
esserci. La storia di Puskin è corale ed epica, c’è quell’attenzione asciutta e solida
ai dettagli che caratterizza il modo russo
di vedere e descrivere la realtà. È una storia in grado di catturare i genitori e rapire i bambini. Lindau propone questa fiaba in una versione davvero di alto livello. Si è scelto infatti di riproporre la tra|
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cultura in libreria
in sardegna
Sotto e a sinistra,
alcune illustrazioni
contenute ne
Il dono di Natale
di Grazia Deledda
il dono di
natale
G. Deledda
Lindau
13 euro
a milano
Sotto e a sinistra,
le illustrazioni del libro
I segni del Natale
realizzate da Elena Fabi
i segni del
natale
C. Arrondini
Lindau
13 euro
duzione di Ettore Lo Gatto, grande slavista e promotore della cultura e della letteratura russa in Italia che amò Puskin in
modo particolare e ne tradusse l’intera
produzione poetica e in prosa. La sua traduzione della Fiaba dello Zar Saltan, oltre
a rispettare la struttura in versi originale,
è ancora oggi insuperata per ricchezza e
armonia del canto.
La storia è corredata dalle immagini
del grande illustratore russo Ivan Jakovlevic e dalle fotografie di Sergej Michajlovic Prokudin-Gorskij. Le immagini
(ne riportiamo alcune in queste pagine)
sono di una finezza e di una poeticità a
cui non sono abituati né i grandi né i piccoli. Le onde del mare ricordano la poetica del giapponese Hiroshige che tanto
piaceva a Van Gogh. E cosa dire dell’immagine dello Zar ritratto in mezzo alla
neve con il suo cane al fianco. Il cielo
dorato in fondo in cui s’immerge una
falce di luna, la neve che vira all’indaco
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nella luce che immaginiamo del tramonto. E poi il mantello regale, prezioso nei
colori. E la morbidezza delle linee e un
patchwork di colori finemente accostati
che fanno venire in mene la casa viennese di Hundertwasser.
Dalla Sardegna alle luci di Milano
Estrema sintonia tra parole e immagini
anche nel Dono di Natale di Grazia Deledda. Qui ogni scelta iconografica è un
omaggio alla Sardegna, è la trama grossa dei teli, la raffinatezza popolare degli
scialli, l’attenzione dei ricami. Il dono di
Natale è una storia veracemente familiare, dove ci sono bambini svegli, giovanotti innamorati, vecchi nonni che vengono
fatti sedere a tavola nel posto migliore e
che ricambiano tanto onore con il vestito della festa, con l’eleganza austera dei
grandi vecchi.
Il terzo titolo (I segni del Natale di
Cristina Arrondini e illustrazioni di Ele-
na Fabi) esce dall’offerta letteraria dei
grandi classici ma senza perdere di qualità. Qui c’è una bambina, Anna, otto anni
che mentre il papà legge il giornale e i
fratelli più grandi si fanno gli affari loro
riesce a farsi portare fuori dalla mamma. Il Natale è dietro l’angolo e Milano,
dove è ambientata la storia, è in fermento. Ci sono le luminarie sul Naviglio («ma
perché le mettono solo per Natale?» chiede la bambina mentre la mamma è troppo indaffarata a trascinarsela dietro per
finire le sue commissioni per risponderle). La mamma non ha tempo ma Anna è
inflessibile e insistente come si può essere solo a otto anni: perché c’è tutto questo? Avanti così fino a che la mamma
non si decide a tornare a casa, sospende
i suoi mille traffici e si ferma a spiegare di cosa sono segno quei segni. Sono il
segno della nascita di Gesù. Le domande
dei bambini sono più rumorose del fermento metropolitano.
[lb]
pagine a cura di etd
LA LOMBARDIA
TORNA AL VOTO
M
ilano. «È passata la linea del Pdl che voleva l’abolizione del listino, il voto della legge elettorale
e poi le dimissioni. La Lega Nord ha tentato di
fare ostruzionismo, ma una volta compreso che non aveva
i numeri si è accodata. Ci aspettiamo il voto il più presto
possibile perché i cittadini lombardi sono gente pratica, sapranno di certo capire chi ha lavorato bene al governo della
loro regione per 17 anni». Così commentava Paolo Valentini,
capogruppo Pdl nel Consiglio regionale della Lombardia,
l’approvazione delle nuove norme elettorali, chiudendo la
cronaca di una giornata, consegnata ormai alla storia. La
75ma seduta d’aula del 26 ottobre e l’approvazione della
legge elettorale ha siglato, infatti, l’ultimo atto dei lavori
dell’aula. Subito dopo i consiglieri hanno protocollato le
dimissioni che porteranno la Lombardia alle urne, anticipatamente, e appunto con nuove regole elettorali.
Le nuove norme elettorali poggiano sostanzialmente sul
contenuto del “maxi emendamento” approvato con voto
quasi unanime (contrario solo Carlo Saffioti, vicepresidente
del Consiglio). Quattro i capisaldi: abolizione del listino,
limite massimo di doppio mandato consecutivo per il go-
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vernatore eletto, premio di maggioranza attribuito su base
circoscrizionale, tetto massimo di 80 consiglieri eletti in
rappresentanza di tutte le Province (quelle esistenti alla
data dell’1 gennaio 2012).
Per iniziare una discussione sulla legge elettorale,
presidente Valentini, la prima domanda dovrebbe
essere: a che cosa serve il sistema elettorale?
A rappresentare i sentimenti della collettività. Il sistema
elettorale è un meccanismo per la traduzione dei voti in
seggi, possiamo dire che la legge del voto è per le democrazie ciò che la legge della successione ereditaria è per le
monarchie.
Parla di sentimenti della collettività… ma la crisi
economica e il riacutizzarsi di tensioni sociali stanno favorendo in Italia il crescente rifiuto della politica che si declina con l’astensionismo elettorale
e la protesta antipolitica, com’è possibile uscire da
questo impasse?
Non credo sarà semplice. Tutto quello che è accaduto
in questo periodo contribuisce a convincere le persone della
bontà di un governo tecnico (per natura temporaneo) e
PAOLO VALENTINI
Capogruppo del Pdl
in Consiglio regionale
della Lombardia.
È stato componente
della VI Commissione
Ambiente e Protezione
civile e vicepresidente
della Giunta per le
Elezioni
dell’inutilità dei partiti e di una visione politica della società.
Per quello che riguarda Regione Lombardia, vorrei però
evidenziare ciò che è evidente e sotto gli occhi di tutti, vale
a dire, la buona governabilità che si è espressa anche in
questa tormentata legislatura e ha prodotto provvedimenti
concreti come la riforma dei trasporti pubblici e il quoziente
familiare, dando ancora una volta prova di una politica a
sostegno della famiglia, attraverso una rimodulazione delle
tariffe e nell’accesso alle prestazioni di servizi alla persona
che terrà conto non solo del reddito ma anche del numero
dei figli. La giunta, un mese prima del previsto, è riuscita anche ad approvare il bilancio. Per la prima volta in 17 anni, la
Regione Lombardia rischiava di non averlo e c’erano provvedimenti che non potevano stare fermi fino alla prossima
legislatura. Certo, è doveroso ammettere che era necessario
prestare maggiore attenzione agli anticorpi dell’antipolitica.
Che cosa intende?
Il concetto di antipolitica non è solo negativo e scivoloso, come aveva osservato il cardinale Angelo Scola, ma
esprime anche disagio, e bisognava trovare le risposte a
questa, chiamiamola, domanda.
La legge elettorale regionale della Lombardia mantiene ferme le preferenze nella scelta del candidato.
Il dibattito politico elettorale è diviso sulla preferenza viste le degenerazioni di sistema come nei
casi di Fiorito e Zambetti. Preferenza sì, quindi?
Preferenza, sì, assolutamente. Ritengo sia la modalità con cui i cittadini possano esprimersi adeguatamente
e consapevolmente. Se così non fosse si dovrebbe mettere in discussione non un sistema elettorale, non una
classe politica, bensì una società, che a questo punto
non è più in grado di autotutelarsi nemmeno con gli
strumenti democratici che ha a disposizione. Se così
fosse, allora, la situazione sarebbe davvero preoccupante, non per la classe politica, ma in generale per il paese
Italia. I casi Fiorito e Zambetti sono solo degenerazioni
di un sistema che non è sbagliato di per sé. E l’errore, in
ogni caso, non è nel sistema o meglio non è solo nel sistema: pochi sono “sbagliati in sé”, ma è bene che – per
quanto possibile – siano congegnati in modo da favorire
i comportamenti virtuosi e disincentivare quelli negativi
di uomini e donne.
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pagine a cura di etd
I CAPISALDI DELLA NUOVA
LEGGE ELETTORALE
I capisaldi della legge regionale 17/2012 “Norme per
l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della
Regione” approvata in aula consiliare lo scorso 26 ottobre sono contenuti nel maxi emendamento frutto di un
accordo tra il Popolo della Libertà e le opposizioni. Ad
oggi non tutte le regioni a statuto ordinario si sono dotate di una loro legge elettorale e di un proprio Statuto.
Formula elettorale. I membri del Consiglio regionale
sono eletti con criterio proporzionale sulla base di liste
circoscrizionali concorrenti con applicazione di un premio di maggioranza.
Abolizione del listino bloccato. Scompare (istituito
dalla legge n. 43 del 1995) il premio di maggioranza del
20 per cento dei consiglieri assegnati attraverso una lista
regionale bloccata il cui capolista era il candidato presidente. Il listino è stato anche soppresso nelle leggi elettorali delle regioni Campania, Calabria, Marche, Puglia e Toscana. Tutti gli eletti, quindi, ritornano nelle circoscrizioni
per dare più spazio di rappresentanza ai territori.
Numero di consiglieri. Invariato a 80 (rispetto alla
legislatura appena conclusa) ma fissato come tetto
massimo come prevede il decreto statale sui costi della
politica (il calcolo del numero dei consiglieri è effettuato per scaglioni: ossia 80 per regioni con popolazione
superiore a 6 milioni; 60 per regioni con popolazione
superiore a 4 milioni; 50 per regioni con popolazione
superiore a 3 milioni; 40 per regioni con popolazione
superiore a 1 milione; 30 per le altre regioni. Questa
tipologia di calcolo imposta dalla normativa statale determina che in Lombardia si ha un consigliere ogni 122
mila abitanti, in Piemonte ogni 74 mila, nelle Marche
In linea generale quali meccanismi prevedere?
Si dovrebbero prevedere meccanismi di autotutela,
collegi elettorali più piccoli per ricondurre l’attività politica
a livello umano. Non si può liquidare banalmente la scelta
della preferenza con un’affermazione o una negazione.
Pensi a un incrocio che prevede il semaforo: se le persone
attraversano con il rosso: lei che cosa fa? Toglie il semaforo
o mette un vigile? Con tutta probabilità metterà un vigile,
lo stesso avviene in politica: sarà necessario riorganizzare
tutta la macchina del sistema elettorale. Il problema della
corruzione, invece, è una responsabilità personale, si sceglie
di perseguire il crimine. Per semplificare, quando il proprietario di un normalissimo negozio di birra sceglie di non
emettere scontrini fiscali si pone nell’illegalità e al di fuori
di regole stabilite dalla legge. È una scelta ben precisa che
sul piano del comportamento avrà determinate e specifiche
conseguenze. È ovvia in questo caso la sanzione, che appartiene però alla sfera giudiziaria.
Mutuando l’immagine che usa, il vigile e la politica
che cosa dovrebbero fare concretamente?
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ogni 39 mila e nel Molise ogni 10 mila).
Limiti del mandato. Non può essere ricandidato alla
carica di presidente della Regione chi ha già ricoperto
ininterrottamente la carica per due mandati consecutivi.
Circoscrizioni. Le circoscrizioni coincidono con i territori delle province lombarde esistenti alla data dell’1
gennaio 2012. Al fine di rendere effettiva rappresentanza a tutti i territori provinciali l’ufficio centrale regionale
verifica che in ogni circoscrizione elettorale sia stato
attribuito almeno un seggio.
Premio di maggioranza. Le liste collegate al candidato
proclamato eletto alla carica di presidente della Regione
ottengono: almeno il 55 per cento dei seggi se il candidato eletto ha ottenuto meno del 40 per cento di voti;
almeno il 60 per cento dei seggi se il candidato eletto
ha ottenuto una percentuale pari o superiore al 40 per
cento dei voti. I candidati consiglieri sono eletti in base
alle preferenze.
Raccolta firme. Sono esonerate dalla sottoscrizione
degli elettori le liste espressione di forze politiche corrispondenti ai gruppi presenti nel consiglio regionale
(escluso il gruppo misto).
Rappresentanza di genere. Le liste provinciali plurinominali sono composte, pena esclusione, seguendo l’ordine dell’alternanza di genere. Non è stata introdotta la
possibilità di esprimere la doppia preferenza di genere,
ma gli spazi forzatamente lasciati dagli uomini saranno
occupati dalle donne, che comunque dovranno essere
elette sulla base delle preferenze.
Soglie di sbarramento. Escluse dalla ripartizione dei
seggi le liste provinciali il cui gruppo ha ottenuto nell’intera regione meno del tre per cento dei voti validi se non
collegato a un candidato presidente che ha ottenuto
almeno il 5 per cento dei voti nella relativa elezione.
Appunto, nuove regole, ma soprattutto una nuova
politica. Oggi servirebbe un primum vivere della politica,
che ponga la progettualità in primo piano e al centro la
persona. Quindi, assumersi la responsabilità di decidere,
elaborare progetti, immaginare il futuro favorendo una
concreta partecipazione dei cittadini. La politica deve, poi,
tornare a essere una strada per menti brillanti e ambiziose,
creative e generose, deve tornare a essere attraente e stimolante, ritrovare il suo potenziale di efficacia, la vocazione
a costruire cose buone.
Lei auspica quindi un ruolo attivo della cittadinanza?
Ho sempre pensato che la partecipazione dei cittadini
alla vita civile del proprio paese, onorando i propri doveri, e
conoscendo ed esigendo i diritti propri e quelli altrui, migliori
la vita sociale e politica. Più persone attive e volenterose
ci saranno, più sarà possibile dare un futuro migliore alla
nostra società. Non sarà necessario così combattere alcuna
battaglia ideologica di retroguardia per rendere questo
paese normale. Gli italiani devono solo crederci. I lombardi,
invece, lo fanno già da tempo.
ROBERTO FORMIGONI
Presidente della Regione Lombardia dal 1995. Nella tornata
elettorale del 28 e 29 marzo
2010, alla testa della lista Per la
Lombardia (sostenuta da Pdl e
Lega Nord), è stato confermato
presidente della Regione con
2.703.255 voti (56,11 per cento)
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SPORT
FACCE DA LEGGENDA
Non sparatele
troppo grosse
A Osvaldo basta una mitragliata per diventare
“il nuovo Batistuta”. Livaja fa due gol ed è già
“il nuovo Rooney”. Il calcio non esiste senza eroi.
Ma nei paragoni c’è sempre un punto (di ironia)
e mes (di serietà). Ed è facile fare cilecca
miglia a chi? A volte è anche un modo
di ironizzare (o auto-ironizzare) su noi
stessi e il nostro modo di vivere il pallone così sopra le righe. Forse i più giovani non ricordano Ugo Tosetto da Cittadella che Nils Liedholm definì “il Keegan
della Brianza” perché, anche se era veneto, il Milan lo prese dal Monza. La faccenda gli costò la carriera, anche perché Keegan era un’ala mentre il povero Tosetto
una seconda punta, così si vide la strada
sbarrata da Buriani e non venne mai utilizzato nel suo ruolo. Il vecchio inimitabile Barone svedese era una specie di Avvocato Agnelli, gli piaceva la prima freddura, il
primo accostamento, la prima boutade, il
primo nome che gli veniva in mente. Certo, l’Avvocato stupiva di più con quei paragoni trasversali, calcio-storia dell’arte: Baggio-Raffaello, Del Piero-Pinturicchio, ma
siamo su quella linea lì. Liedholm, su cui
un giorno dovremo tornare per raccontarne le gesta, era un mito in fatto di iperboli: dopo Tosetto si esibì con Mandressi,
“il nuovo Rensenbrink”, e riuscì ad accostare Luciano Gaudino da Poggiomarino
di Fred Perri
I
l calcio ha bisogno da sempre di nuovi
eroi, di facce da leggenda, di miti formato esportazione. In generale, di
un popolo, si dice “beato quello che non
ha bisogno di eroi”, ma il calcio è un culto particolare, senza eroi non va avanti.
Senza paragoni si intristisce. Perfino io,
quando calcavo i campetti spelacchiati
di periferia nei turbolenti Seventies, avevo un soprannome: Josè. Perché giocavo con la sua intelligenza di fine carriera. Un attaccante che bivaccava ai margini del gioco per poi, improvvisamente, come Altafini nei suoi ultimi anni di
carriera alla Juventus, emergere dal nulla per segnare gol importanti e decisivi.
E dopo questa citazione autoreferenziale
da vecchio trombone ma anche per farvi
capire l’andazzo, ecco un fior da fiore di
quello che negli ultimi trenta-quarant’anni, è diventato classico nel modo di fare
giornalismo, ma che ai tifosi di calcio piace tanto: l’arte del paragone. Non che prima non esistesse naturalmente, il calcio è
bello perché non s’inventa
niente, tutto è già stato fatChi si ricorda Ugo Tosetto da Cittadella? Nils
to anche se con altri nomi
Liedholm lo definì “il Keegan della Brianza”.
e con altre forme.
La faccenda gli costò cara perché Keegan
Poi, a noi italiani, questo gioco piace. Chi assoera un’ala, Tosetto una seconda punta
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A sinistra, Daniel Pablo Osvaldo, italo-argentino, attaccante
della Roma. Secondo i tifosi è “il nuovo Batistuta” (sopra):
stesso ruolo, capigliatura e stesso modo di esultare.
Ma deve ancora dimostrare tutto per diventare come
il Re Leone che alla Roma, nel 2001, vinse lo Scudetto
Foto: AP/LaPresse
(Napoli) a Gunnar Nordahl. In quei tempi qualcuno affibbiò a Giuseppe Galluzzo
di Siderno, attaccante di scorta del Milan
degli anni bui (quelli delle retrocessioni in
B) il titolo di “nuovo Garrincha”.
I Maradona locali e nazionali
Per cui, tutto quello che sentite oggi, c’è
sempre stato. Ovviamente non tutti i paragoni sono uguali, ce ne sono alcuni più
uguali degli altri. Diego Armando Maradona, il Pibe, il più grande di tutti, ad esempio, vanta innumerevoli tentativi di imitazione. Il primo è stato suo fratello Hugo,
ma non per colpa sua. Anzi Hughetto forse voleva fare la sua vita, percorrere la sua
strada, ma quando hai il sangue del più
grande calciatore di tutti i tempi, l’unico capace di vincere un Mondiale da solo,
tutti si aspettano che diventi come lui o
per lo meno che ti avvicini al Mito. Non è
andata così. Poi ci sono diversi Maradona
nazionali o locali. Gheorghe Hagi, romeno, numero 10 estroso e latino, è diventato
“il Maradona dei Carpazi”. Nel Mondiale
del 1994, negli Stati Uniti, i due si sarebbero dovuti incrociare negli ottavi di fina|
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SPORT FACCE DA LEGGENDA
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I paragoni sono interessanti, ma non
ci prendono quasi mai. Sono un gioco
di società, però come Monopoli o Risiko
dovrebbero mantenere un certo livello di
serietà. Per esempio, Claudio Marchisio è
più simile a Steven Gerrard che a Marco
Tardelli, ma l’ha dovuto spiegare più volte
al mondo prima che venisse abbandonato
il primo paragone. Però se non altro Marchisio è un dei migliori centrocampisti
dell’ultima generazione e lo ha dimostrato. A volte i paragoni azzoppano. A Marko
Livaja, croato, 19 anni, pupillo di Andrea
Stramaccioni, campione d’Italia e di quella che è stata definita una sorta di Champions giovanile (NextGen Series: dove Stramaccioni ha sedotto Moratti) sono bastati
due gol in Europa League e qualche apparizione per conquistarsi un accostamen-
to a Wayne Rooney. A parte il fatto che
gli auguro di tenersi i capelli, bisogna stare attenti. Da quando Mattia Perin, capelli alla George Harrison, è stato battezzato come il nuovo Buffon, ogni tanto sbanda un po’. Di sicuro è un giovane e valente portiere che è capitato nel posto sbagliato (il Pescara prende troppi gol e non
si distingue quanto c’entri il numero uno
o quanto sia incolpevole).
Una giovane speranza azzurra
A proposito di Pescara, uno dei gioielli della smantellata Zemanlandia 2011-2012,
Marco Verratti, enfant du pays, cioè proprio di Pescara, talento di appena 20 anni
finito alla corte dello sceicco di Parigi,
inserito dalla rivista spagnola Don Balon
nella lista dei migliori giovani calciatori nati dopo il 1991, è staHazard “il nuovo Zidane”? Di sicuro è costato to accostato ad Andrea Pirlo. E qui sono d’accordo.
uno sproposito, 40 milioni. A Fabio Borini
Visione di gioco, palleggio,
è toccato “il nuovo Inzaghi”, ma per adesso
posizione (primo terminaha fatto solo avanti indietro dall’Inghilterra
le del passaggio davanti alla
Foto: AP/LaPresse
le a Pasadena (3 luglio), ma la
sfida tra i Maradona svanì per
la positività ai controlli antidoping dell’originale, un fatto ancora oggi oggetto di culto misterico come le piramidi
Maya e l’assassinio di Kennedy. Belözoglu Emre in patria
era chiamato il “Maradona del
Bosforo” ma del mitico Pibe
ha avuto ben poco. Tra l’altro è passato, insalutato ospite, anche in Italia, indossando
la maglia dell’Inter. E poi ci si
stupisce se quella squadra non
vinceva. Vogliamo parlare della differenza tra lui e lo Sneijder del Triplete? Di Maradona
ce ne sono un tanto al chilo.
Noi abbiamo il Maradona del
Salento, Fabrizio Miccoli, che,
per una certa esplosività, ricorda l’originale. Per assomigliare al suo idolo ancora di più,
Miccoli ha comprato all’asta
un orecchino sequestrato al
Pibe (notoriamente indebitato con lo Stato per questioni
di tasse: deve più di 37 milioni, in aumento costante per
via degli interessi) per 25 mila
euro. Come gli altri Maradona anche Miccoli ha dei colpi
di genio e una serie di tatuaggi (11) che raccontano la sua
vita. Tra questi ha in comune
con Diego il volto di Che Guevara, passione del Maradona
del Salento e anche dell’originale, grande
fan della rivoluzione castrista (oltre che
di Minà, Paco Peña, Mimmo Locasciulli,
Alberto Juantorena e Mohammad Ali) e di
Cuba, dove va sempre a rimettersi in sesto
dopo qualche acciacco, fisico o morale.
E se Leo Messi è l’erede (si badi bene,
erede, non nuovo Pibe) designato di Maradona, a sua volta la mitica “Pulce” ha già
prodotto dei cloni, almeno da un punto di
vista giornalistico. Gabriel Andrei Torje,
23 anni, di Timisoara, è stato scoperto da
Hagi, il Maradona dei Carpazi, ed è immediatamente diventato il “Messi di Romania”. Intercettato dalla rete di intelligence
dell’Udinese, dopo un anno alla corte di
Guidolin è stato mandato al Granada, in
prestito, per proseguire la sua crescita. In
rete gira un video di Jin-Hyuk Kim presunto Messi nordcoreano. Undici anni, sarebbe la promessa del regime di Pyongyang.
Il condizionale è d’obbligo perché sulla
rete girano tali bufale da far accapponare la pelle e perché di quello che succede
nella Corea del Nord sappiamo ben poco.
Foto: AP/LaPresse
A sinistra, Claudio Marchisio.
È stato paragonato più volte
a Marco Tardelli (a lato) che ha
vinto tutto con la maglia della
Juventus e un Mondiale con quella
della Nazionale. Marchisio è uno dei
migliori centrocampisti dell’ultima
generazione.
In alto, Marco Verratti, 20 anni,
ha impressionato con la maglia del
Pescara in serie B, oggi è un titolare
fisso del Psg. Per visione di gioco,
palleggio e posizione in campo
è stato accostato al Sommo Regista
Andrea Pirlo (in alto, a destra)
difesa, amministratore di gioco) ne fanno
una delle grandi speranze italiane per il
Mondiale 2014. Con due anni in un grande club e un gruzzolo di partite internazionali nei piedi (e in testa), insomma
con l’esperienza necessaria, può diventare uno dei protagonisti della nostra nazionale. Vedo meno simile a Pirlo, Paul Pogba, anche se Conte lo considera il sostituto
ideale del Sommo Regista. Lo hanno paragonato a Vieira. Non so. Mi sembra che
proceda meno con spallate, che usi di più
il fioretto. Di sicuro, se non perde tempo e
arriva puntuale agli allenamenti, diventerà grandissimo.
Stesso discorso per M’baye Niang, 18
anni tra un mese, compagno di Pogba
nell’ottima nidiata dei figli della banlieu, quelli che hanno sempre fatto grande la Francia, a cui è stato prontamente
affibbiato il soprannome di “nuovo Henry”. Il Milan punta molto su questo ragazzo, ma vale lo stesso discorso: attenzione a non cadere nel lato oscuro della forza, quello che gli ha fatto guidare un’auto
senza patente e, quando è stato intercettato da una pattuglia della polizia locale,
lo ha spinto a spacciarsi per il compagno
di squadra Traoré (che, dicono i milanisti,
non è servito neanche a questo).
lui, siamo tutti sull’attenti), certo che continuando a fare avanti e indietro dall’Inghilterra (adesso sta al Liverpool) più che il
nuovo Inzaghi diventerà il ragazzo con la
valigia sempre in mano. Attaccante di lungo corso in Italia (ora al Vaslui), il bianchisLa sfida più difficile
simo brasiliano Adaílton divenne “il nuoDorlan Mauricio Pabón Ríos viene dalla vo Romario”. Per me aveva sicuramente la
Colombia e a Parma non hanno perso tem- sua età, ho sempre pensato che fosse più
po ad accostarlo al mitico Tino Asprilla, anziano di quello che dichiarava.
Non so se Eden Hazard, belga, 21 anni,
grande appassionato di donne, auto, gol
spettacolari e rubinetti (un giorno spese sarà “il nuovo Zidane”. Di sicuro è costato
un botto di milioni per acquistarne centi- tantissimo al Chelsea, 40 milioni di euro.
naia sostenendo che a casa sua non ne ave- Di sicuro è un ottimo giocatore, ma lo
va di così belli). Pabón poi è stato parago- vedo un po’ decentrato rispetto al fumannato anche a Giovinco (è piccolo) e a Cre- tino Zizou, più punta esterna, trequartispo (è, o almeno dovrebbe essere, letale sta, ma diverso dal principe di Marsiglia.
come l’argentino). A Marco Possanzini è A proposito di Zidane, mi sembra adatto,
pesato un cicinin il titolo di “Ronaldo del- per chiudere questo racconto su paragoni,
lo stretto” quando entusiasmava la curva soprannomi, accostamenti pallonari più o
della Reggina. Perché il problema è sem- meno azzeccati, dire che anche i più granpre lo stesso, quando viene affibbiato un di intenditori di calcio sbagliano. Quando
soprannome, quando si spreca un parago- l’uruguaiano Fabian O’Neill venne ingagne, c’è un punt (di ironia) e mes (di serie- giato dalla Juventus (per 20 miliardi, non
tà). Però qualche aggancio ci deve essere. pizza e fichi) Lucianone Moggi sentenOsvaldo è stato nominato “il nuovo Bati- ziò: «Questo diventerà più forte di Zidastuta” e qualcuno ha creduto che, a Roma, ne». Ovviamente se ne sono perse le tracavrebbe potuto fare come il Re Leone, arte- ce. La sua carriera è finita mestamente in
fice dello scudetto del 2001. Chissà. Per ora Uruguay, da dove era partito con ben altre
c’è qualche problema. A Fabio Borini è toc- speranze, e di lui resta solamente l’immacato invece in eredità “il nuovo Inzaghi” gine dei parastinchi bassi, restano le paro(copyright Carlo Ancelotti e se l’ha detto le al vento di promesse non mantenute. Perché la morale di tutto questo è che un calciatoDorlan Mauricio Pabón Ríos è colombiano
re, prima di essere qualcun
come Tino Asprilla, piccolo come Giovinco,
altro, come tutti noi, deve
letale come Crespo. O almeno dovrebbe
essere se stesso. Ed è la sfida
esserlo. Però intanto tutta Parma sogna
più difficile da vincere. n
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SPORT SOGNANDO IL MOTOMONDIALE
Un pilotino
nella scia
dei grandi
A tre anni andava con la bicicletta senza rotelle.
A quattro ha iniziato a correre. La breve (per ora)
carriera di Tony Arbolino, il baby fenomeno
milanese che a suon di staccate e sorpassi si è
laureato campione d’Europa nella Mini Gp 50
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P
Max Biaggi che si ritira dalle
corse in nome della famiglia, c’è
un campioncino italiano che si
affaccia in pista e punta decisamente a
un futuro in moto Gp. Si chiama Tony
Arbolino ed è una delle più giovani e
talentuose promesse del motociclismo
italiano. Il pilotino ha dodici anni e il suo
luogo d’origine non è quello che sulla carta si addirebbe di più a un centauro in
erba: Garbagnate Milanese.
Tony è un ragazzino vivace, ha due
occhi grandi e svegli ma anche un po’
melanconici, i capelli tagliati sempre con
un differente tipo di cresta. Lo scorso settembre ha iniziato a frequentare la seconda media nel suo paese, però non gli piace andare a scuola perché da quando ha
quattro anni lui corre in moto. Questa è
la sua vera passione.
Non se la ricorda neanche la sua prima volta in moto, tanto era piccolo. Racer un
Le più belle gare
di Tony sono
autentici gioielli,
fatti di rimonte e
sorpassi all’ultimo
giro. Le emozioni
che regala lo
rendono uno dei
piloti più amati
Foto: Alessandro Alessandroni
Tony Arbolino è iscritto
al Campionato Mini
Gp 50. Ha dodici anni
e vive a Garbagnate
Milanese, in provincia
di Milano. Ha iniziato
ad andare in moto
all’età di quattro anni
e da allora non si è
più fermato. Corre
per il team Rmu
conta suo padre Antonio, che di mestiere
fa il benzinaio a Garbagnate: «Avevo una
piccola moto da cross, così un giorno, per
provare, ho portato Tony in una pista che
c’era qua vicino. C’erano altri bambini
più grandi che si stavano allenando per
i campionati della zona, e mi sono stupito tantissimo quando ho visto che Tony
gli stava attaccato senza nessuna difficoltà. Mi sono accorto che mio figlio aveva
un talento». In verità Antonio aveva già
avuto una dimostrazione della particolare predisposizione all’equilibrio (perché
di equilibrio si parla, prima di tutto, in
moto) del figlio quando Tony, ad appena
tre anni, aveva incominciato ad andare in
bici senza rotelle, cosa che i suoi coetanei
non si sognavano neanche.
Quel giorno Antonio ha un’intuizione e decide di seguirla: «Ho pensato: mio
figlio ha una dote, e io fin che posso lo
voglio aiutare a coltivarla». Così inizia
l’avventura, con l’acquisto della prima
minimoto e la decisione, in barba allo
scetticismo dei compaesani, di allenarsi
in piste lontane da casa («se si vuole imparare bisogna andare dove c’è la gente brava»), nella terra dei motori: la Romagna.
Iniziano così le trasferte fuori porta del
pilotino col suo papà.
Il primo titolo italiano
E il bello è che l’approdo all’“estero” è
meno difficile del previsto. Tony non si
limita a imparare da piloti più esperti di
lui; Tony dà la paga a tutti. La gente a bordo pista guarda incuriosita e si chiede chi
sia questo piccolo Uomo Ragno (il ragazzino si è fatto disegnare la tuta come quella di Spiderman e anche la moto è piena
di ragnatele) che sguscia con naturalezza tra piloti già iscritti a competizioni a
cui lui non può partecipare perché troppo giovane. Antonio è sempre più stupito
e convinto che questa sia la strada giusta
e così decide di acquistare un camper, il
mezzo perfetto per stare interi week-end
lontani da casa senza spendere troppi soldi in hotel: «All’inizio è stato un salasso,
ma nel lungo periodo si è rivelata la scelta più ragionevole». Sono anni di duri
e costanti allenamenti macinando chilometri su e giù per tutto il nord Italia:
«Lasciavo il lavoro il mercoledì o il giovedì
– continua Antonio – prendevamo il camper e passavamo almeno tre giorni in una
pista sempre diversa a provare e a regolare la moto. D’estate e d’inverno, col freddo e col caldo, il sole o la pioggia». D’altronde, il talento non basta mai, bisogna
sudarsela in ogni caso.
Il 2009 è l’anno della svolta: Tony ha
ormai compiuto otto anni e può finalmente iscriversi al Campionato Italiano Minimoto. Lo fa con il Pasini Racing
Team. Il fatto di essere un rookie della
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SPORT SOGNANDO IL MOTOMONDIALE
In queste foto, Tony insieme
a papà Antonio, festeggia la
vittoria di una gara. Il 29 luglio
si è aggiudicato il Campionato
Europeo Mini Gp 50
categoria, un debuttante, non intimorisce minimamente il garbagnatese che,
vincendo in totale undici gare su quindici disputate, si aggiudica di gran lunga il
titolo italiano, il campionato regionale e
gli assoluti d’Italia. Nella stessa stagione
partecipa anche al Campionato Europeo
piazzandosi in terza posizione: un grande trionfo che premia gli sforzi e i sacrifici della famiglia Arbolino. La stagione
2010 Tony la disputa sempre con lo stesso
team e la voglia di riconfermarsi campione. Purtroppo, a causa di un infortunio
alla mano, non gli riesce quella che sarebbe stata una clamorosa doppietta e a fine
campionato si classifica quarto.
Nel 2011 Tony e il papà Antonio decidono di fare il salto di categoria, approdando al Campionato Mini Gp 50 con
il team Rmu. Anche in questa stagione
Tony si rivela il miglior esordiente (ottiene infatti il riconoscimento ufficiale della Federazione), riesce a vincere qualche
gara, rimanendo sempre tra i primi, e a
fine stagione si classifica secondo, dietro
al suo compagno di squadra.
Il mago delle curve
Non è facile la vita del giovane pilota.
Bisogna imparare giro dopo giro, giorno
dopo giorno, week-end dopo week-end.
Studiare la pista e le traiettorie a tavolino, capire le gomme (quando e quali usare per ogni occasione) imparare a rapportarsi col proprio meccanico, affinare la
propria sensibilità per capire i problemi
della moto e cercare di risolverli. Proprio
come fanno i campioni che si vedono in
tivù. Un problema che Tony sembra soffri50
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Aspettando la costanza
Nel 2012 Tony ha un solo obiettivo: vincere il titolo Mini Gp 50. Ormai si sente
pronto, dopo il primo anno di ambientamento nella categoria.
«Quando ti sta dietro lui ti studia. Ti osserva. Ma, si sa, troppa foga porta all’errore e Tony non
Tony non ti attacca mai nello stesso punto,
è riuscito a essere incisie per questo è imprevedibile. Mette pressione vo come avrebbe voluto. È
agli avversari, che prima o poi sbagliano»
anche una stagione sfortunata per alcuni episodi che
re relativamente? Gestire la tensione: «Io hanno compromesso il risultato finale. Il
non ho mai paura prima della gara – dice 23 settembre ha vinto l’ultima gara a LatiTony –. So di essere il più forte e voglio na, arrivando quarto in classifica generasolo andare veloce e vincere».
le. Antonio dice sempre di non voler guarNel tempo Tony si è rivelato un pilo- dare Tony con gli occhi del padre, ma di
tino efficace più in gara che in prova. voler essere oggettivo per mettere in luce
Durante il week-end tende a dare il massi- anche gli aspetti in cui il figlio ha qualmo, soprattutto la domenica, quando rie- che mancanza: «Deve imparare a essere
sce a mettere qualcosa in più: «Il momen- più costante, i campionati si vincono stanto della gara è sicuramente quello che do sempre al vertice, non bisogna avere
preferisco. Gli altri giorni sento molta cali di tensione». Nonostante la delusiomeno adrenalina addosso e quindi non ne nel campionato italiano, la stagione
riesco ad andare così forte come in gara». 2012 ha anche il sapore dolce di una sorDa un lato è positivo che un pilota si presa spagnola. Domenica 29 luglio, Tony
migliori dal sabato alla domenica, dall’al- si aggiudica il Campionato Europeo Mini
tro un vero campione sa di doversi con- Gp 50, competizione sui generis disputacentrare al massimo tutte le volte che sale ta quest’anno sul Circuito Internacional
in sella a una moto: «Questa è una cosa di Zuera, a Saragozza, una prova unica
in cui sicuramente Tony deve migliorare composta di tre gare (due il sabato, una la
molto; se andasse forte in qualifica come domenica). Il nostro pilotino vince all’ulva in gara non ci sarebbe storia per nessu- timo respiro due gare su tre, agguantanno», assicura papà Antonio.
do così il gradino più alto del podio.
Fare dei bei sorpassi è una dote rara
Insomma, una stagione dalle due facin piloti di così tenera età. Ma a Tony non ce che lascia tanta speranza per il futuro
manca di certo. All’interno o all’esterno, del pilotino. Tony è solo all’inizio e il suo
in staccata o in uscita di curva. Tony è un grande talento è una pietra grezza che
pilota di grande fantasia e un osso molto va lavorata negli anni a venire con tanta
duro da scrollarsi di dosso. Dice Antonio: pazienza, grandi sacrifici e tutta la tena«Quando ti sta dietro lui ti studia. In que- cia possibile; con l’appoggio della famisto sta migliorando tantissimo. Ti osserva glia e degli amici. Solo così potrà provare
e non ti attacca mai nello stesso punto, a realizzare il sogno nel cassetto: appronon è prevedibile. Mette molta pressione dare un giorno nel Motomondiale.
agli avversari, che prima o poi sbagliano».
Simone Argelli
Foto: Alessandro Alessandroni
Non è un caso che le più belle gare che
Tony ricorda della sua breve carriera sono
degli autentici gioielli, fatti di rimonte e
sorpassi all’ultimo giro. L’emozione che
riesce a regalare lo rende anche uno dei
piloti più amati del paddock. «Una delle
cose che mi stupisce più di Tony – racconta Antonio – è il numero di persone che
viene a festeggiarlo a fine gara: decine di
facce mai viste prima si presentano a fargli i complimenti anche quando non vince. Questo è un segno grande».
l’italia
che lavora
Facciamo
gli sconti
su misura
Nel 1974 Marco Brunelli apriva il primo
ipermercato italiano. Oggi “Iper, La grande i”
inventa nuove soluzioni per chi chiede di più
alla propria spesa. È il mondo degli iClub, spazi
virtuali per condividere risparmi e interessi reali
I
del sabato mattina che sperimenta da alcuni anni con succon famiglia al seguito. L’incomben- cesso nuove modalità di fidelizzazione
za che i più metodici compiono una del cliente. La terminologia e la metodovolta al mese in perfetta solitudine. Oppu- logia delle più recenti strategie di marre la meta di un pellegrinaggio quotidia- keting servono a mantenere al passo coi
no. Con tempi e modi diversi la spesa è tempi l’intuizione di Marco Brunelli, preuna necessità per tutti. E se è vero che le sidente e fondatore di “Iper, La grande i”,
abitudini cambiano a seconda delle perso- che nel 1974 apriva il primo ipermercato
italiano a Montebello della
ne, è altrettanto vero che su
Battaglia, in quel di Pavia.
quel rito incide in maniera
Da allora Iper ha cercato
importante anche la cone conquistato sempre nuogiuntura economica. Così
vi spazi, aprendo nel 1976
accade che in un periodo
il primo centro commerdi incertezza come quelciale italiano a Cremona e
lo che stiamo attraversanspingendosi, all’inizio degli
do le grandi scorte lascianni Novanta, nel centro
no il posto a spese più conItalia. Dopo l’apertura del
tenute e frequenti, come
punto vendita di Savignano
se le ristrettezze economisul Rubicone nel 1993, nel
che accorciassero anche gli
giro di pochi anni Iper ha
orizzonti e parcellizzassecollezionato sei ipermercaro gli acquisti. Tutto mateti tra Romagna, Marche e
riale in abbondanza per
Abruzzo. Nel Nord, regiosociologi e psicologi, ma
ne di nascita e di elezione,
anche per imprenditori e
è significativo l’esperimenuomini marketing. Perché
to del centro di piazza Porse il cliente cambia bisogna
tello a Milano: uno spazio
cambiare con lui, andarlo
enorme nel cuore della cita prendere, attirarlo non
tà, nell’area che fu dell’Alfa
solo con la convenienza e
cinque iclub
Romeo, per sperimentare
la qualità (che pure rimanDai bambini agli hobby
un nuovo concept di ipergono imprescindibili) ma
Sono cinque gli iClub
mercato. L’Iper di Milano
anche con la capacità di
di Iper, La grande i per
Portello compie una tenfidelizzare i clienti: Baby
prevenire le sue richieste
Club, 4zampe, Naturale,
denza che in realtà carattee aiutarlo a seguire i suoi
Luogo Ideale Chef e
rizza Iper sin dai tempi del
interessi. È quello che accaHobby. Possono iscriversi
primo ipermercato di Marde in una realtà della grangratuitamente i titolari di
co Brunelli: consentire al
carte vantaggi Iper.
de distribuzione come Iper,
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l rito settimanale
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cliente di coniugare l’esperienza dell’acquisto dal negoziante di fiducia con il prezzo competitivo di un ipermercato.
Il cambiamento nelle modalità di spesa degli italiani cui si accennava all’inizio
incide eccome sulla vita degli ipermercati.
«L’abitudine di fare spese minori ma più
frequenti rischia di penalizzare i grandi
spazi come i nostri – spiega Massimo Baggi, responsabile Marketing Cliente di Iper.
Per questo abbiamo messo a punto una
strategia per rispondere in modo mirato
alle esigenze delle diverse tipologie di consumatori». Lo strumento in questione è,
da un paio d’anni, quello degli iClub: vere
e proprie community, luoghi virtuali in
cui i consumatori possono confrontarsi,
condividere interessi, valori ed esperienze.
Possono iscriversi gratuitamente i possessori di carte vantaggi Iper, che così avranno diritto a una serie di sconti su diversi prodotti, che andranno poi a sommarsi
ad altri ribassi eventualmente presenti nel
punto vendita. La chiave per fidelizzare i
consumatori, come spiega ancora Baggi,
è individuare degli interessi precisi e dunque non proporre a tutti “indiscriminatamente” lo stesso sconto, ma identificare luoghi tematici in cui quella del risparmio è soltanto una delle molteplici esigenze del consumatore. Il primo nato, nel febbraio 2011, è stato il Baby Club, che oggi
conta circa 27 mila famiglie iscritte. Negli
anni successivi sono nati anche il Naturale, il 4zampe, Luogo Ideale Chef e Hobby.
In contatto con blogger ed esperti
Sì ma cosa si va a fare nell’iClub virtuale?
«Noi – riprende Baggi – invitiamo i consumatori a far parte di veri e propri Club
dove accanto a quello che sappiamo fare
bene (cioè garantire convenienza), diamo la possibilità di confrontarsi su alcuni
temi, spesso grazie alla presenza di blogger o esperti della tematica a cui il Club è
dedicato». Accade così che nel Baby Club
sia possibile stampare un buono sconto
su omogeneizzati e pannolini e poi leggere i consigli del medico sullo svezzamento o sulla dermatite da pannolino. Ci
sono articoli e interventi di professionisti
ed esperti di prima infanzia, giochi e fiabe scaricabili. Le mamme e i papà possono interagire con gli altri genitori, scambiandosi consigli e opinioni sui temi più
svariati, e formare una community speciale, attiva anche con gruppi sui principali social network, ma non solo. Analogamente, nell’iClub 4zampe (ad oggi arrivato a quasi 20 mila iscritti) ci sono buoni sconto su cibi e accessori per animali
ma anche approfondimenti su temi legati alla loro salute e al loro benessere quotidiano. Segue invece le ultime tendenze in
fatto di alimentazione consapevole e scelte di vita sostenibili l’iClub Naturale. Qui
tutti coloro che amano prendersi cura di
sé e alimentarsi in modo sano ed equilibrato troveranno i consigli dei food blog-
ger e poi gli sconti esclusivi su centinaia
di prodotti biologici, naturali ed ecologici, scaricabili direttamente online e subito utilizzabili nel punto vendita. Il Luogo
Ideale Chef, invece, è dedicato a chi ama il
buon vino e la buona cucina. Infine l’Hobby Club si rivolge a chi ama il fai da te con
grande attenzione all’universo femminile.
«Si tratta di una tendenza anglosassone che ovviamente interessa in primo
luogo i trenta-quarantenni che utilizzano
molto internet, ma non dimentichiamo
anche tutti gli altri». Non per niente una
delle strategie di sviluppo per il futuro è
quella di consolidare i rapporti tra il mondo offline e quello online. «Per esempio,
nell’ambito del Baby Club, stiamo stringendo accordi di collaborazione con l’Associazione nazionale famiglie numerose.
Abbiamo calcolato che se
una persona utilizza sisteMassimo Baggi: «Abbiamo calcolato che
maticamente il nostro sito
se una persona utilizza sistematicamente
può risparmiare, nel primo
il nostro sito può risparmiare, nel primo
anno di vita del bambino,
circa 400 euro». [lb]
anno di vita del bambino, circa 400 euro»
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GREEN ESTATE
CINEMA
REFETTORIO SIMPLICITAS, MILANO
Portate sensuali e commoventi
di Tommaso Farina
A
lzi la mano chi, alla parola “refettorio”, non pensa a tristi mense scolastiche o antri bui di collegi severissimi,
tipo beati anni del castigo, in cui i convittori vengoIN BOCCA
no nutriti a forza di minestrine. È dunque provocatorio sceALL’ESPERTO
gliere un nome come Refettorio Simplicitas per un ristorante. Anche perché, a conti fatti, questo posto in centro a Milano, inaugurato da
non molto tempo, del refettorio ha solo la scelta ridotta (ma intelligente) dei piatti mangiabili. Sedetevi in un ambiente di chiara essenzialità, ma declinata “alla
buona”, per così dire, ossia non in quel minimalismo da archistar a cui vorrebbero
abituarci. Posate e tovaglioli stanno in un contenitore su ogni tavolo. Si può leggere il menù del giorno su una lavagna e disporre un cartellino colorato, che faccia
direttamente capire agli svelti camerieri se volete il menù col primo piatto, quello col secondo, o quello con tutti e due. Altrimenti potete ordinare alla carta senza problemi, sia a pranzo sia a cena (ma a cena compaiono anche due o tre portate più impegnative).
I menù cambiano spesso. Anzitutto c’è il “pane e companatico”: pane di pasta
madre del panificio Longoni, acqua e due assaggi sempre diversi: può trattarsi di
giardiniera sottaceto, come di salsa hummus di ceci. Si parte poi coi primi: cavatelli al ragù di verdure; buonissimi agnolotti di carne e amaretti con sugo d’arrosto; risotto ai finferli; fettuccine alla salsiccia.
Poi, i secondi. Quando siamo venuti noi, c’era uno stupendo, cremoso, sensuale merluzzo mantecato con crema di patate e bagnetto verde, da applausi. Se
no, tagliata di manzo; pollo alla cacciatora; pesce spatola al profumo di limone;
vitello tonnato.
Di dolce, un semplice, commovente gelato al fiordilatte, il tiramisù e altre
cosette elementari. La domenica a pranzo invece va in scena il rito del bollito,
35 euro tutto compreso. Coi menù del giorno si spendono 15-18 euro. Alla carta, calcolatene una trentina. Dimenticavamo i vini: scelta di bottiglie molto anticonformiste, anche a calice.
Per informazioni
Refettorio Simplicitas
www.refettoriomilano.it
Via dell’Orso, 2 – Milano
Tel. 0289096664
Chiuso sabato a pranzo
e domenica sera
nome scelto per la campagna di
informazione nazionale che coinvolgerà ben 500 punti vendita
della Coop. Nei centri commerciali, nei mega store e nei punti vendita della centrale cooperativa verranno esposte le tabelle
contenenti i parametri sulla qualità dell’acqua di casa e verranno
distribuiti milioni di opuscoli informativi descrittivi di ciascuno
dei parametri chimico-fisici esaminati. I dati verranno forniti dai
gestori pubblici del servizio idrico della zona aderenti a Federutility. Per Coop non si tratta di
una novità: già due anni fa aveva
lanciato la campagna “Acqua di
HUMUS IN FABULA
COOP-FEDERUTILIY
Come conoscere
l’acqua del sindaco
Accordo tra Coop, la centrale
cooperativa della grande distribuzione, e Federutility (Federazione nazionale che raggruppa le
società pubbliche e private che
operano nei settori gas, energia
e acqua) per informare i consumatori sulla qualità dell’acqua di
rubinetto. “Sull’acqua il massimo
della trasparenza”: è questo il
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Un mostro a Parigi,
di Bibo Bergeron
Animazione di
classe e raffinata
Per un esperimento finito
male una pulce dal canto
melodioso mette in crisi la
polizia parigina.
Interessante film d’animazione francese uscito più di
un anno fa. Ora esce in Italia, buon ultima, dopo che
il film è disponibile in tutto
il mondo in Blu-ray. Meglio
tardi che mai. Il film meritava un’attenzione maggiore. Tecnicamente è ineccepibile (il regista è quello
di Shark Tale), la storia è
poetica, i numeri musicali sono molto belli. È vero:
molto è scopiazzato da Ra-
HOME VIDEO
The Amazing Spiderman,
di Marc Webb
Tanta azione
La storia delle origini dell’uomo ragno.
Diciamo che non si sentiva
molto la mancanza di Spiderman a 5 anni appena dal capitolo 3 di Raimi. Comunque:
gli effetti speciali sono ottimi e all’altezza, la confezione di gran classe. Peccato solo
che Sam Raimi venga sconfessato. Niente sfumature horror,
nessuna ambiguità, solo tanta
azione, ritmo e psicologie elementari. Webb, il regista del
mitico 500 giorni insieme, dirige col pilota automatico.
Casa Mia” per promuovere l’acqua del sindaco e l’acquisto di
acqua minerale imbottigliata alle fonti più vicine al punto vendita. Questa volta l’operazione
avviene in collaborazione con Federutility, che rappresenta il 95
per cento delle aziende che gestiscono il servizio idrico nazionale. Per Enrico Migliavacca,
vicepresidente vicario dell’Associazione nazionale cooperative
di consumatori-Coop «in assenza di informazioni complete sulla qualità dell’acqua, sappiamo
bene che i cittadini possono avere una percezione sbagliata in
termini di affidabilità e comun-
que sono portati a deciderne il
consumo in base al sapore». Per
Mauro D’Ascenzi, vicepresidente di Federutility «il livello qualitativo dell’acqua italiana è tra
i più alti d’Europa nonostante
le tariffe più basse. Non è questione di fortuna, ma delle decine di migliaia di controlli quotidiani effettuati su tutta la rete».
I parametri significativi dal punto di vista chimico-fisico pubblicati nella “Lista della trasparenza” sono nove e sono relativi alla
concentrazione di ioni di idrogeno, cloruri, ammonio, nitrati, nitriti, residuo secco a 180°, durezza, fluoruri e sodio.
STILI DI VITA
OPEN DAY DELLE SCUOLE
tatouille e l’incipit con i finti
cinegiornali è farina del sacco di Up ma il film è gradevole, non volgare, cita tanti
film romantici (c’è pure King
Kong). Non brilla per azione e colpi di scena e forse
i bimbi non usciranno contentissimi ma è un prodotto di classe e raffinato. Nella versione originale le voci
sono dei vari François Clu-
zet, Vanessa Paradis e Ludine Sagnier, la coppia Bob Balaban-Danny Huston brilla in
quella americana. In Italia, la
terra dei “doppiatori più bravi
al mondo” ascolteremo Arisa,
Raf ed Enrico Brignano. visti da Simone Fortunato
SPORTELLO INPS
In collaborazione con
Tutto quello che
bisogna sapere
Sì, i contributi della Gestione
Il regista
Bibo Bergeron
di Annalena Valenti
T
Open day
per le scuole, in
particolare
per
quelle private, che devoMAMMA
OCA
no dimostrare ai futuri
allievi il loro valore, alle
loro famiglie perché si dovranno adeguare all’ingiustizia sociale che li obbliga a pagare il doppio la scuola per i
propri figli, e convincere le famiglie di
quelli già iscritti che i soldi con cui pagano le rette, ormai sempre più spesso
e per molti frutto di sacrifici, sono spesi bene. Ma bene come? Tempo di crisi,
ma queste scuole sono piene di genitori che vengono almeno a vedere, qualcuno già sa che non potrà iscrivere i
figli, ma vogliono vedere, fare un paragone: cosa c’è di diverso qui? «Io devo vedere la profondità delle cose, anche di quelle più consuete, invece di
leggere etichette incollate sulle cose,
con l’indicazione che esse sono straordinarie». La frase di P. Florenskij si legge in un’aula della scuola media del
Collegio della Guastalla, come la mission di maestri che insegnano. Devo
vedere, e lo vedo in quel ragazzo che
con il teorema di Pitagora mi spiega
un mondo, matematico, mai del tutto
capito, mi stupisco del lavoro dei miei
figli e di tutti i ragazzi che si mettono
in gioco. Niente etichette incollate, sono qui a farci vedere la profondità delle cose, le loro cose consuete, lavoro e
studio, e sono loro a farci scoprire che
sono straordinarie.
mammaoca.wordpress.com
DOMANDA & RISPOSTA
Requisiti per la pensione
Sono iscritto alla Gestione separata dell’Inps. Vorrei sapere se i
contributi si applicano ai redditi
Irpef (quindi con le deduzioni previste) e se l’importo di questi viene calcolato sul reddito globale.
Aldo V.
La profondità
delle cose
invia il tuo quesito a
[email protected]
Separata si calcolano sul reddito lordo ai fini Irpef, sia per i
collaboratori sia per i professionisti. Le deduzioni valgono solo ai fini del calcolo dell’imposta
fiscale. Nel caso dei professionisti, il reddito è costituito dalla
differenza tra l’ammontare dei
compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso.
Sono una cittadina extracomunitaria vedova di un cittadino italiano e sono beneficiaria di una
pensione di reversibilità. Nel caso intendessi trasferirmi nella mia
empo di
tà della pensione in caso di morte
dell’impiegato se questo non ha
raggiunto i requisiti pensionabili.
Vito C.
nazione di origine, continuerei a
percepire la pensione?
Olga V.
Nel caso si trasferisse nel suo
paese di origine, lei continuerebbe a percepire la pensione. La
pensione di reversibilità deriva
da una situazione contributiva di
natura previdenziale. In caso di
trasferimento fuori dal territorio
italiano si perdono solo le prestazioni di tipo assistenziale come ad esempio l’assegno sociale.
In caso di decesso del dipendente pubblico prima del raggiungimento del diritto alla pensione, può essere riconosciuta
una pensione indiretta ordinaria. Questa pensione è liquidata se il dipendente alla data della morte (avvenuta in attività
di servizio) era in possesso di
un’anzianità di servizio pari ad
almeno 15 anni, oppure di 5 anni di contribuzione di cui almeno 3 nell’ultimo quinquennio.
Vorrei sapere quanta anzianità
di servizio occorre, nel pubblico
impiego, per avere la reversibili|
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PER PIACERE
TERESA DI LISIEUX DOTTORE DELLA CHIESA
Dal “no” di papa Pio XI ai “sì” di
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI
AMICI MIEI
MUSICA CLASSICA
Francesca Dego
la violinista col
Guarneri del Gesù
Segnate questo nome se qualcuno non lo avesse ancora sentito: Francesca Dego, classe 1989, talento cristallino del
violino e fresca di registrazione dell’integrale dei 24 Capricci di Niccolò Paganini per la
Deutsche Grammophon. Pur
così giovane la Dego stupisce
non solo per la tecnica impeccabile, la massima intonazione,
e la varietà della gamma sonora, ma anche per la consolidata
maturità musicale, la chiarezza delle idee e l’originalità delle scelte interpretative. Nella
registrazione il talento di Francesca viene ancor più esaltato
dal Giuseppe Guarneri del Gesù, prezioso strumento che le è
stato offerto dalla “Florian Leonhard Fine Violins” di Londra
e dall’acustica naturale, quella
splendida dell’Eremo di Ronzano a Bologna, per cercare, come lei stessa dichiara, «il rapporto diretto con chi ascolta,
senza intervenire sul suono in
sede di editing e mastering».
Un disco fresco e gioioso come
il viso della Dego, un disco da
ascoltare e riascoltare.
Mario Leone
Twitter: @maestroleone
LIBRI/1
Proposta sintetica
per l’Anno della fede
C’è chi pensa che aver fede
sia qualcosa di fortuito e irrilevante. Qualcuno è dell’avviso che il credere sia magari
anche una fortuna, ma del tutto casuale. I più ritengono sia
qualcosa di marginale nell’esistenza dell’uomo. Giacomo Biffi, cardinale e arcivescovo emerito di Bologna, propone L’abc
di Germano Di Michele
T
eresa Martin, più conosciuta come santa Teresa di Lisieux:
una vita (durata solo 24 anni) tutta nascosta e conclusa nel 1897. Proclamata beata da papa Pio XI nel 1923,
santa nel 1925, protettrice della Francia e patrona delle missioni in tutto il mondo. È in quegli anni che qualcuno avanza
la proposta di proclamarla Dottore della Chiesa. Eppure lo stesso Papa che l’amava, che l’aveva beatificata e canonizzata, che
l’aveva chiamata «Stella» del suo pontificato, rifiutò la richiesta sbattendo il pugno sul tavolo: neppure parlarne, e per questo neppure a pensarci! Del resto a detta delle sue stesse sorelle
«nessuno pensava che Teresa avesse una dottrina».
Eppure nel 1997, Giovanni Paolo II le ha conferito il titolo di
Dottore della Chiesa. Cosa è successo che spieghi il cammino dal
no di Pio XI al sì di Giovanni Paolo II prima e di Benedetto XVI
poi? Nel libro di Gianni Gennari Teresa di Lisieux. Il fascino della santità. I segreti di una “dottrina” ritrovata (Lindau, 609 pagine, 38 euro) si cerca di dare una risposta, di capire il perché
di questo radicale cambiamento da parte di due, anzi tre, Papi.
Lo scopo del libro è, infatti, quello di mostrare il cammino
attraverso il quale la verità degli scritti di Teresa Martin e quindi della sua dottrina, se una ne ha avuta, si è a poco a poco imposta e ora si può pienamente offrire. In questo libro, per la
prima volta con documenti inediti e originali, è descritta la vicenda che ha portato papa Giovanni Paolo II al rovesciamento
del “no” di Pio XI, con il suo “sì” splendidamente confermato da
Papa Ratzinger il 6 aprile dello scorso anno quando ha aggiunto che essa è «dottore «specialmente dei teologi», ed è maestra
nella «scienza dell’Amore». Nel lungo volume è ricostruita la
vera storia degli scritti di Teresa Martin (sono presenti le traduzioni fedeli degli originali
Manoscritti): un «giallo» finora troppo nascosto che mostra la fantasia di Dio e premia la
ricerca della verità.
Oggi santa Teresa è Dottore dell’Amore e
mostra all’uomo del terzo millennio la novità
centrale della fede, la sua adozione per grazia
a «figlio» di Dio, reso capace di riamare Dio e
il prossimo con lo stesso «Amore» che è in Dio.
della fede (Edizioni studio domenicano, 21 pagine, 1 euro). È Gesù a mettere in relazione la fede con la salvezza.
Non si può dunque parlare della fede se insieme non si parla
del fatto che abbiamo tutti bisogno di essere salvati dall’insignificanza nostra e dell’universo, dall’indegnità morale, e
dalla prospettiva che la morte
coincida con il nostro annientamento. La fede ci salva da tutti questi guai. Non è un prodotto della mente, del cuore, della
sensibilità della persona, piuttosto la nostra risposta alla
provocazione benefica di Dio.
LIBRO
perché fu per trovare un mezzo espressivo che non gli fosse reso impraticabile da quel
difetto fisico che Clive Staples Lewis iniziò a scrivere racconti. Gli aneddoti raccontati con leggerezza e precisione
da Edoardo Rialti servono a capire e conoscere la figura del
grande scrittore che fu fraterno amico di Chesterton e Tolkien. La lunga serie di articoli scritti per Il Foglio da Rialti è
stata raccolta in un libro edito
da Cantagalli in collaborazione
con il giornale diretto da Giuliano Ferrara. Un’infinita sorpresa. La vita e le opere di C.
S. Lewis (Cantagalli-Il Foglio,
159 pagine, 13 euro) è perfetto
per chi frequenta abitualmente lo scrittore e le sue opere,
ma anche per chi si è fermato al mondo di Narnia amato
da bambino. Il tentativo, scrive Rialti nell’introduzione al volume, è quello di comporre una
biografia letteraria a puntate tutta imperniata alla messa
a fuoco del “segreto” che viene
fuori da solo dalla cose. «Nella consapevolezza serena che
– e sono parole sue – “gli uomini non si possono studiare, si
può solo arrivare a conoscerli”, e conoscere un uomo vuol
dire iniziare qualcosa che si
può continuare ad approfondire e apprezzare sempre di più,
senza fine e senza secondi fini,
giacché ogni storia umana è un
invito, come l’armadio di Narnia, a sfogliare “l’unico grande
libro che narra la storia eterna
e che, di pagina in pagina, si fa
sempre più avvincente e straordinario” e di cui tutte le fiabe
e le opere d’arte più commoventi non sono che una gloriosa rifrazione».
Ed è un atto che coinvolge tutto l’uomo: la sua intelligenza, la
sua volontà, il suo amore, che
è chiamato a superare il nativo egoismo.
LIBRI/2
Lewis e un armadio
chiamato mondo
Nato con una sola falange al
pollice, per lui le ordinarie attività pratiche, dai lavoretti in
casa al disegno, erano imprese titaniche. Eppure è a questo piccolo handicap che devono dire grazie milioni di lettori:
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| 28 novembre 2012 |
57
DI NESTORE MOROSINI
MOBILITÀ 2000
Potenza 125
cavalli, telaio
composito,
sospensioni
regolabili,
controllo
trazione
elettronico a 8
livelli, ride by
wire a 4 mappe
NUOVA TRE CILINDRI DELLA MV AGUSTA
Brutale 800, naked
veloce e gustosa
A
di Milano
(Eicma) MV Agusta ha messo in
vetrina la nuova, bellissima Brutale 800, naked sportiva che sposa la facilità di guida delle medie cilindrate con le
prestazioni esplosive delle maxi. Alla MV
hanno pensato al motore tre cilindri come a una piattaforma che dovrebbe dare vita a diversi modelli con diverse cilindrate senza per questo dover fare salti
mortali sotto il profilo dell’impegno industriale. La nuova Brutale 800 è mossa
dal motore tre cilindri denominato Trepistoni, già apprezzato sulla versione 675
e ora dotato di potenza e coppia aggiuntive per via dell’aumento di cilindrata ottenuto con aumento della corsa. La scheda tecnica parla di 125 cavalli a 11.600
giri e 81 Nm a 8.600 giri, valori che uniti al peso a secco di soli 167 chili dovrebbero fare della Brutale 800 una moto veloce e gustosa. A vegliare sulla sicurezza
attiva di chi guida ci sarà un controllo
elettronico di trazione a otto livelli, iniel salone del motociclo
I prezzi: da 9.990 euro per
la versione base, a 10.990 per
la Speciale Brutale 800 Italia
zione e anticipo di accensione che si accompagna al ride by wire a quattro mappe. Il telaio composito della MV Brutale
800 poggia su sospensioni completamente regolabili, che fanno il paio per raffinatezza con l’impianto frenante Brembo,
dotato di dischi anteriori da 320 millimetri con pinze e pompe radiali.
I prezzi: 9.990 euro per la versione base, che salgono a 10.390 per quella con
cambio servo assistito elettronicamente. La Speciale Brutale 800 Italia costa
10.990 euro.
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| 28 novembre 2012 |
59
UN ALTRO MONDO
è POSSIBILE
IL MANIFESTARSI DI CRISTO
Nel momento
del dramma
la luce del Mistero
di Aldo Trento
Q
uesti giorni di metà novembre sono ve-
ramente belli. Un regalo del buon Dio
dopo tante settimane di caldo. Il vento
del nord ha lasciato il posto a quello del sud,
proveniente dal polo. Si respira un’aria fresca
che ci permette di stare nel cortile di casa e
conversare con quanti vengono a trovarci o a
confessarsi. Il cielo è di un azzurro bellissimo
che rifrangendosi nel verde intenso delle foglie di ficus le fa brillare; come accade osservando il pavimento delle aule di scuola quando i bambini se ne sono andati e le incaricate
delle pulizie con il loro amore al lavoro mettono la cera. Così questa mattina quando ho ripreso a camminare nella palestra osservando
il pavimento fatto di piccole piastrelle di terracotta, mi sono trovato a fissare una cosa
un po’ strana. Si trattava di un cerchio luminoso che sembrava una macchia giallognola,
con le dimensioni di una particola grande, come quella che usano i neocatecumenali per la
Messa. Dopo alcuni secondi, volendo capire di
cosa si trattava, ho messo il piede su questa
“cosa” rotonda che attirava così tanto la mia
attenzione e che “imponeva” il suo colore sul
pavimento grigio.
Questo gesto “da bambini” mi ha fatto scoprire che si trattava di un raggio di sole che entrava dal tetto in lamiera, attraverso una piccola fessura grande come un chiodo che si
usa per appendere un quadro. Stavo recitando il Rosario ed ero arrivato al terzo mistero glorioso: la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli mentre erano con la Madonna in
preghiera nel cenacolo. Mi è stato spontaneo
comparare questi due fatti con la mia vita e
quella di ognuno. Ogni istante della vita è sempre pieno di sole. Però se nel nostro cuore, nella nostra libertà, non c’è quella piccola fessura
che gli permette di entrare, tutto rimane grigio come il pavimento della palestra in cui stavo camminando. Il Mistero non ha bisogno di
cose grandi per mostrare il Suo volto all’uomo, gli basta un piccolissimo pertugio per manifestare la Sua presenza, illuminando così il
nostro andare verso di Lui. Un piccolo fatto,
un’ingenua curiosità che mi ha fatto venire in
mente alcuni eventi accaduti in questi giorni.
60
| 28 novemre 2012 |
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POST
APOCALYPTO
Una baraccopoli
di Asunción,
Paraguay
Heinz è un uomo di 43 anni, originario di un
paese europeo. Ricercato dalla polizia, vive in
Paraguay da qualche anno. Non potrà più tornare nel suo paese, perché sarebbe arrestato appena sceso dall’aereo. Dialogando con lui
mi racconta la sua storia sintetizzandola in una
paginetta di quaderno: «Sono nato in un famiglia benestante e borghese. In casa avevo tutto. Dotato di una buona intelligenza capivo subito le cose al volo. Però i miei genitori erano
estremamente freddi con me. Mai un bacio, nè
un “ti voglio bene”. Erano queste le parole che
tanto desideravo ascoltare. Dall’età di 6 anni
ho incominciato a lavorare mentre a otto già
venivo pagato per quello che facevo. Compiuti i 25 anni sono scappato in Paraguay per non
finire più in carcere: volevo fuggire dalla mia
malavita e dell’appartenenza a una banda il cui
unico fine era rubare.
Ero un tipo orgoglioso, aggressivo, non chiedevo niente a nessuno. Da piccolo chi mi conosceva mi elogiava per i miei talenti, e questo
mi ha spinto a sentirmi autosufficiente in tutto e a considerarmi superiore agli altri. In Paraguay ho conosciuto una donna con la quale
mi sono poi sposato e da questa relazione sono nati i miei tre figli. Ben presto ci siamo separati per via della droga. Sono stato accusato di essere un narcotrafficante e condannato
a quattro anni di carcere, che ho dovuto scontare a Tacumbú (mi permetto di aggiungere
che questo carcere non ha niente da invidiare
ai lager nazisti o ai gulag sovietici). Ho resistito
nel carcere grazie alla droga a cui mi ero consegnato totalmente. Ero cattolico, però quando ho incontrato un pastore evangelico, grazie
al suo affetto per me e all’attenzione che mi offriva sono passato alla sua comunità. Ma nean-
Ogni istante è pieno di sole. Però se nel nostro
cuore, nella nostra libertà, non c’è quella
piccola fessura che gli permette di entrare,
tutto rimane grigio. Il Mistero non ha bisogno
di cose grandi per mostrare il Suo volto, basta
un pertugio per manifestare la Sua presenza,
illuminando così il nostro andare verso di Lui
che questo incontro è servito a farmi lasciare
la tossicodipendenza.
Una volta uscito dal carcere, mi sono trovato
completamente solo perché mia moglie e i figli avevano abbandonato il paese, pur essendo
nativi del Paraguay, trovando rifugio dai miei
genitori in Europa. Questo fatto doloroso mi
ha fatto perdere la voglia di vivere e così sono
caduto nella disperazione. Passavo i miei giorni drogandomi e bevendo. Sono arrivato a consumare fino a due litri di rum al giorno. E questo mi permetteva di dormire e fuggire dalla
realtà. Vivevo steso sul pavimento di casa per
giorni e giorni, senza mai lavarmi. Avevo smesso di mangiare, arrivando a pesare 35 chilogrammi a fronte di un’altezza di un metro e
80. Poi un amico, vedendomi in queste condizioni, mi ha portato in ospedale dove mi hanno diagnosticato, fra le tante infermità, pure
l’Aids. Dopo due mesi la dottoressa, che mi voPoi all’imbrunire salgo alla clinica per la proleva bene, mi ha portato qui nella clinica Cacessione con il Santissimo. La suora mi si fa susa Divina Provvidenza San Riccardo Pampuri.
bito incontro avvisandomi che è stato ricoveQui mi sono pian piano ripigliato e attualmente
rato un uomo malato di Aids e che è in cattive
peso 50 chilogrammi. È un’altra vita. Vivendo
condizioni di salute. Raggiungo subito la stanza
in questo nuovo contesto e grazie all’affetto di
dove giace in un letto. Non parla, però mi guartutti, mi è tornata la voglia di vivere».
da riconoscendo che sono il sacerdote. SubiUna vita disordinata e drammatica. Ma proto gli domando chi è e se è cattolico, per poter
prio questa drammaticità ha permesso aldargli il sacramento della confessione e quella libertà di Heinz che quel filo di
lo della unzione degli infermi. Conluce entrasse nella sua vita, camtinua a tacere e allora lì per lì, mi
L’INCONTRO
biandola. Basta una piccola fesinvento un “metodo” di comunicasura nella nostra libertà perché
zione. Gli comunico, nel caso desiGiovedì 22 novembre
padre Aldo sarà ospila luce entri, ridandoci il gusto e
deri i sacramenti, di alzare il polte del Comune Città
la voglia di vivere.
lice verso l’alto, in caso contrario
di Seregno e della
lo giri verso il basso. Con fatica e
Onlus Dazeroauno
Il ricordo della mamma
con una certa lentezza mi “risponper un concerto
del Gospel Choir
L’altro fatto. Un giorno mentre
de” alzando il pollice. Così l’ho asREJOICE. Una serastavo riposando suona il telefono.
solto dai peccati. Ricordo quanto
ta organizzata per
Era sorella Sonia che mi cercava
i suoi occhi brillassero di allegria.
raccogliere fondi per
perché un giovane voleva parlarAncora una volta è bastato un fila Casa della Divina
Provvidenza San
mi. Scendo le scale e me lo trovo
lo di luce per trasformare una viRiccardo Pampuri di
davanti. Lo saluto dandogli la mata fatta di soli peccati in una viAsunción (Paraguay).
no. «Padre, la mia professione è
ta di grazia.
Il concerto si terrà al
quella di rubare e rapinare le perOgni giorno vedo accadere queteatro san Rocco di
Seregno (via Cavour)
sone per la strada. Mi aiuti a uscisti fatti che per me sono la ceralle ore 21. Il costo
re dall’inferno in cui vivo. Guardi
tezza che solo quando ci si sente
del biglietto varia dai
cosa ho sul fianco sinistro. Questa
abbracciati e amati si permette a
10 ai 15 euro. Per
ferita profonda da cui esce sanquel piccolo raggio di sole di enprenotazioni telefonare al 3332755307.
gue è il frutto di una lite fra “colletrare nella propria vita illuminanghi” per questioni di soldi.
dola. Ancora una volta ho toccaCon un cacciavite ben appuntito mi hanno feto con mano che il senso di una clinica sta nel
rito. Mi fa male, ma soffro ancor di più per la
consentire all’ammalato terminale (nel mio camia vita disordinata. Quello che voglio da lei
so) di lasciar entrare nella sua vita quel raggio
è potermi confessare, perché il peso dei miei
di sole che illuminando la sua libertà la muopeccati mi sta soffocando. Sono disperato e in
ve. Solo così possiamo lasciarci abbracciare
questa situazione mi è venuto in mente ciò che
dall’infinita misericordia del Mistero. È proprio
diceva sempre mia madre: “Non dimenticare
vero ciò che mi diceva un amico: «Il novantadi confessarti, perché senza questo sacramennove per cento dipende dalla Grazia e l’un per
to non potrai cambiare”. Per questo sono qui».
cento dalla nostra libertà». Per questo motiGli diedi l’assoluzione pronunciando, commosvo non mi stanco di ripetere che il vincitore
so, le più grandi parole che esistono al monnon è quello che ha vinto le 99 battaglie neldo: «Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del
la vita ma quello che vince l’ultima. E gli amici
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen».
ammalati arrivando nella clinica sperimentaQueste parole sono più necessarie del respiro,
no questa verità. Penso ai miei figli ammalao meglio, sono il respiro della vita. Se ne è anti di Aids che raggiungono questo luogo sacro
dato barcollando per la ferita ma con gli occhi
sfiniti e distrutti dalla malattia. Nell’abbraccio
luminosi. È stato sufficiente dire «Padre, voglio
alla loro umanità ferita inizia il cammino della
confessarmi» perché riaccadesse l’Avvenimenlenta consegna di sé a Gesù.
[email protected]
to per cui è fatto il nostro cuore.
|
| 28 novembre 2012 |
61
LETTERE
AL DIRETTORE
Cercasi pattuglia di non
single per una politica
con tanti figli e famiglie
Siamo “idealmente” in sciopero della fame con i radicali. E anti radicali per come trattano la Chiesa, suppongo, per ragioni transnazionali.
2
Anche nelle roventi polemiche in corso
su questioni essenziali per l’uomo, per
la società e per le istituzioni, accade
2
ma. Cosa fare per l’Anno della fede?
A Imola, città in cui vivo, nella bellissima chiesa di Sant’Agostino, ha iniziato
il suo giro una mostra dal titolo “Videro e credettero. La bellezza e la gioia
di essere cristiani”, prodotta da Itaca
con il patrocinio della Cei. È una mostra – o meglio un percorso fra immagini, testi dal magistero di Benedetto XVI, poesie, frammenti di salmi e di
preghiere… – veramente bellissima per
riscoprire le ragioni e la bellezza di essere cristiano. Ho accettato di fare la
guida. È un’esperienza sempre nuova e
personale ogni volta che inizio il giro, a
cominciare dalla spiegazione del titolo con l’immagine di Pietro e Giovanni che corrono al Sepolcro vuoto dopo
la Resurrezione (è un particolare di un
dipinto di Eugène Burnand), sia quando mi ascoltano dei ragazzini sia delle persone adulte. Ecco cosa significa nuotare in mare aperto (e non nella
rassicurante piscina del già saputo, o
delle risposte confezionate) dentro le
tante domande imprevedibili e curiosità dei giovani e i dubbi e le incredulità
dei grandi. La ringrazio perché più volte ho citato alcune sue osservazioni e
riflessioni per essere più comprensibile
nella illustrazione di alcuni pannelli. Il
mio Anno della fede comincia così.
Donatella Discoli Imola
Gentile dottor Corigliano, sono abbonata a Tempi da anni, neopensionata da settembre, dopo una vita in classe a insegnare matematica e scienze
a ragazzini della scuola media. Scrivo per ringraziarla delle sue “cartoline
dal Paradiso” che ho particolarmente
apprezzato in questi ultimi mesi, forse perché, ormai abbastanza libera,
riesco finalmente a leggere con cal-
Confesso, quando ero giovane
anch’io credetti un po’ nella propaganda dei giornali che ci han sempre raccontato l’Opera come una
sorta di massoneria, bianca o nera che fosse, fatta di gente dedita
a chissà quali intrugli e a quali intrighi. Invece è gente così, diversa,
semplice e profonda e lieta (che non
Lo so anch’io che pure Flores D’Arcais una volta è stato socialista e
adesso che Scalfari lo ha diseredato
non si sa più cos’è, vota Grillo, spera che tutta l’Italia finisca a schifìo.
Ma queste storie, sapete, sono storie molto tristanzuole e così lasciamole lì, seppellite dove sono.
di Fred Perri
IL RITORNO DELLE VECCHIE LAMENTELE
SPORT
ÜBER
ALLES
La (finta) rivoluzione manipulitista
ha fatto danni anche nel calcio
U
Grifo preso a pallate dalla Sampdoria deve pur trovare qualcosa che lo faccia sentire meglio. Lo so, adesso i
miei amici interisti diranno che c’ho il chiodo fisso.
Ma no, lo giuro, è che fanno di tutto per alleviare la
vita di un cinico e baro come me. Sono tre partite che
gli arbitri li danneggiano: a Torino (anche se poi han-
62
| 28 novembre 2012 |
no che ha visto il vecchio, caro
|
no vinto), a Bergamo (dove hanno perso) e contro il
Cagliari (pareggiato). Massimo Moratti è furente e i
suoi adepti concordano. Ma a denti stretti. Sono ritornati dov’erano prima della rivoluzione, a inseguire la
Juventus con l’idea in testa che gli arbitri favoriscano
i bianconeri. Però allora potevano accusare Moggi di
andare negli stanzini, potevano sperare che saltasse-
Foto: AP/LaPresse
L
pone in risalto l’eccessiva durata della custodia cautelare di Daccò ed il suo
intento di ricorrere alla Corte europea per i diritti
dell’uomo. Ancora una volta, il cronista perde una buona occasione per inquadrare la vicenda nel panorama carcerario
italiano: sono 13 mila in questo momento i prigionieri della
pena anticipata, che nella patrie galere si trovano da innocenti, il 50 per cento di quelli in attesa di una condanna definitiva, che sono il 43 per cento dei 67 mila che compongono la popolazione carceraria. Non sono
numeri a caso, ma dati ministeriali. È il
ministero della Giustizia che denuncia
se stesso e, paradossalmente, nessun
magistrato individua la “notitia criminis” ed agisce di conseguenza stante
l’obbligatorietà dell’azione penale nel
nostro paese. Il ricorso di Daccò andrà ad aggiungersi ai 1.300 che sono
già pendenti presso la Corte europea.
L’Italia subirà molte altre condanne per la violazione dei diritti umani, è
inevitabile. Ma quante volte ne parleranno gli organi di informazione?
Claudio Bottan
prigioniero della pena anticipata,
casa circondariale di Busto Arsizio
a stampa in questi giorni
che gli argomenti più forti per confutare le tesi delle varie sinistre si trovino in affermazioni fatte in passato da
loro prestigiosi esponenti. Lo confermano le risposte date da Furio Colombo e da Luciano Canfora in due interviste a il Sabato, pubblicate nei numeri
del 18 e del 25 luglio 1992. Nella prima Colombo – in risposta a una domanda di Renato Farina sul tema
tangenti e manette – diceva: «Il fondamentalismo è la pietrificazione dei
sentimenti e dei valori che li esprimono. Il sentimento di giustizia diventa
astratto e perde il rapporto con l’umanità, induce il distacco dal comune
senso della solidarietà». Nella seconda,
così Canfora rispondeva a una domanda su Machiavelli: «La cultura progressista non ha mai fatto i conti col dato
concreto della natura umana». Nicola Guiso
[email protected]
vuol dire dabbenaggine) come Pippo Corigliano. Gente che vive l’Imitatio Christi senza trombe né tromboni. E senza quei monasteri così
distanti dai volgari interessi mondani che i loro priori si son fatti ricchi con la scelta e gli editoriali per i
poveri. E poi quelli dell’Opus non sono montiani (scherzo, e chi non si
terrebbe da conto un Monti?).
2
Foto: AP/LaPresse
A propoisto di privilegi fiscali dei single e della contrapposta disequità fiscale per gli sposati, un amico, padre
di famiglia numerosa, mi ha scritto:
«Ahimé, io ci sto davvero pensando
(alla finta separazione) per poter ottenere le agevolazioni sulla prima casa in metà di un appartamento in cui
viviamo. La coscienza mi frena perché non voglio uscire dal mio gruppo
familiare per l’anagrafe e quindi per il
mondo, continuando a dare un certo
esempio, ma i soldi che risparmierei
sono tanti e dar da mangiare alla mia
famiglia è morale pure questo». Propongo una soluzione che non fa una
grinza: estendere alle coppie sposate
le agevolazioni riconosciute ai single.
Questa equiparazione contribuirebbe
anche a ridurre la schiera delle unioni di fatto, le quali potrebbero regolarizzare la loro posizione verso la società stipulando un regolare contratto
di matrimonio: religioso o civile, a propria scelta. Conoscendo e apprezzando la mission di questo periodico, di
cui sono lettore affezionato, gradirei che facesse propria questa battaglia di giustizia e di civiltà, per poter
poi continuare ad argomentare a viso aperto in difesa della vera famiglia,
IN QUEL MOMENTO C’È TUTTO
A Messa per scoprire quanta vita
il Signore ha portato quaggiù
di Pippo Corigliano
CARTOLINA
DAL
PARADISO
U
na spinta, un propellente verso la direzione giusta. Questa è la Messa. La consacrazione del pane e del vino è il momento essenziale, l’esplosione che mi proietta in avanti. Dio che si fa uomo
muore per me, siede a cena con me e si dà da mangiare, mi dà l’esempio da seguire: darsi per amore. Non si finisce mai di meditare sulla
Messa perché lì c’è tutto: il Dio creatore, il Dio redentore, il Dio comunicatore. Ogni tentativo di definire e catalogare la Messa può essere
utile ma dà sempre l’impressione di una cosa inadeguata. Lì c’è il fuoco. Il fuoco lo posso dipingere ma non è il fuoco. Anche le altre parti della Messa mi trasmettono esempi di vita. Le letture mi raccontano Dio e mi dicono che non posso conoscerLo se non leggo l’Antico
e il Nuovo Testamento. Il confiteor, il lavabo con l’acqua che purifica e la frase struggente «Signore non sono degno che tu entri sotto il
mio tetto, ma dì una sola parola e l’anima mia sarà sanata», esprimono la mia indegnità assieme alla volontà del Signore di fare di me un
uomo di Dio. Quella goccia d’acqua che il sacerdote versa nel vino ricorda la Divinità che assume la mia natura umana. Il sacerdote dice
più volte “preghiamo” e ricorda la necessità della mia preghiera. La
Messa mi mette nella direzione di Gesù che è opposta a quella di Adamo. Questi ha preferito se stesso a Dio e ha portato la morte; Gesù
ha consegnato se stesso alla volontà di Dio e ha portato la vita. Un’altra risposta all’amica che mi chiede cosa fare per l’Anno della fede.
attività che sta già svolgendo con lodevole impegno. La prima battaglia
può riguardare la richiesta motivata di abolizione dell’Imu sulla prima
casa, già preannunciata da esponenti politici e definita da noti economisti
una tassa patrimoniale sulla famiglia,
essendo noto che l’85 per cento delle famiglie italiane è proprietario della
casa in cui abita. Bruno Mardegan Milano
Gentile Mardegan, apprezzo il suo
spirito e scopro anch’io che suggerimenti che per “ischerzo” demmo ai
nostri lettori adesso divennero reato per quei poverini che si divisero
davanti alla legge onde poter usufruire dei diritti dei single (oltre che
dei privilegi degli animali). Che dire.
Ci siamo. Anzi. Quasi quasi candidiamo una pattuglia da partito radicale alla maniera di Tempi. Grazie.
ro fuori le intercettazioni italiane e le schede svizzere. Adesso no, adesso possono solo dire che gli arbitri
sono scarsi. Fine.
A parte che se esistesse un complotto magari, visti
i trascorsi, i congiurati userebbero meno i cellulari e
più la posta ordinaria, a parte che Marotta nelle vesti
di Gran Tessitore d’Intrighi i primi a non vedercelo sono proprio loro, a parte tutto questo, il lato malinconico di tutta la storia è sempre lo stesso. La vicenda “mani pulite nel pallone” non è molto diversa da quella di
Mani Pulite in politica. C’è gente che ha fatto carriera
spacciando una finta rivoluzione. E invece è tutto come prima. Spesso peggio di prima.
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| 28 novembre 2012 |
63
taz&bao
NON C’È PACE SENZA
GRANDEZZA
Il vero dramma dell’umanità attuale… [è]
il fatto che sia gli uni che l’altro non hanno
un’educazione pari alla grandezza e alla
profondità della lotta fra gli uomini. […]
Siamo tutti un po’ a terra fino a quando la
società umana va avanti seguendo gli istinti
che sente, in nome di una giustizia che non
può fare giustizia, perché per fare giustizia
bisogna correggersi, almeno. Il problema
è educare la gente a capire questo.
Luigi Giussani Corriere della Sera, 25 febbraio 2003
64
| 28 novembre 2012 |
| Nella foto, bombe israeliane su Gaza (AP/LaPresse)
GLI ULTIMI
SARANNO I PRIMI
UNA PASSEGGIATA TRA NOBILI GIGANTI
Come quei germogli audaci
di Marina Corradi
M
ilano, 13 novembre. In una giornata di sole in viale Elvezia mi si para davanti come una fiammata d’incendio il rosso e l’oro degli alberi del Parco Sempione. Questi nobili giganti, che da prima che io nascessi vivono
e crescono – di un infinitesimo di millimetro ogni giorno – senza che tu, che passi, ci faccia caso; e poi una mattina d’autunno alzi gli occhi e ti incantano, così ardenti, con quei primi rami spogli tesi nell’aria come povere mani.
Mani di mendicanti, le diresti, magre e vuote. Eppure è così massiccio il tronco, e possenti le radici annodate e abbarbicate alla terra. E quella chioma fulva è
l’abbondanza, l’estremo bruciare della linfa nelle vene. Ricchezza regale, che tuttavia all’ultimo nei rami secchi e nudi sembra svelare: non siamo nulla, siamo solo domanda.
San Bernardo diceva di avere imparato molto dagli alberi. Certo lui ne conosceva tutti i nomi, nelle foreste che percorreva nei lunghi viaggi a cavallo, quando, in un’Europa inselvatichita, andava a fonSan Bernardo pregava d’essere come
dare monasteri. («Ciò che io so – scrisse – della
Scienza divina e delle Sacre Scritture, l’ho imgli alberi di novembre, all’apparenza
nei boschi e nei campi. I miei maestri
poveri e desolati. Con nelle vene, però, parato
sono stati i faggi e le querce, non ne ho avuti
una promessa: rinasceremo, fioriremo altri. Tu imparerai più nei boschi che nei libri.
e daremo frutto, per infinite primavere Alberi e pietre ti insegneranno più di quanto
tu possa acquisire dalla bocca di un maestro».)
Pensa, ti dici, saper guardare questi alberi con quello sguardo. Da terra, magari, dal giaciglio steso in un bosco in una notte senza luna; e all’alba aprire gli
occhi e incontrare, in alto, i giovani rami, esili e fieri, tesi oltre, e le gemme prorompenti di germogli verde chiaro. (E forse allora Bernardo guardava i suoi compagni di viaggio, i giovani cavalieri che si erano lasciati alle spalle nobiltà di sangue e ricchezza, sedotti da un altro tesoro. Quei cavalieri ventenni che nel sonno
profondo avevano ancora tracce di lineamenti bambini, sotto alle barbe incolte.
Bernardo guardava loro, e poi i germogli audaci, nel freddo umido dell’alba, e fra
sé ringraziava).
Magari poi nel vento caldo di un pomeriggio di giugno con i suoi procedeva,
nell’ombra di ippocastani, e di tigli, che emanavano, mille anni fa uguale a oggi,
lo stesso struggente profumo. E allora Bernardo pensava ai campi di grano maturi, e alle madri che nei casolari all’orizzonte allattavano i figli stretti al seno;
quell’abbondanza di foglie e di fiori e prole come l’eco di una promessa – vera già,
eppure non ancora.
E forse ancora in una mattina di novembre il santo e i suoi, dopo giorni nella
nebbia, si trovavano davanti un corteo glorioso di chiome di rame e di porpora,
uguale a questo, stamattina, a Milano. Come l’omaggio fiero di un esercito che
se ne va, ma partendo saluta, sfilando con bandiere sfavillanti, e gonfaloni d’oro.
E poi, solo i rami spogli sarebbero rimasti, Bernardo lo sapeva bene. S’addormentava a sera in una ormai fredda foresta, lo sguardo su quelle mani alzate, rigide e nere; pregava, forse? D’essere alla fine come gli alberi di novembre, all’apparenza poveri e desolati. Con nelle vene, però, una promessa: rinasceremo, e
fioriremo e daremo frutto, per infinite primavere ancora.
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| 28 novembre 2012 |
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