FEDERAZIONE DEI SERVIZI DI VOLONTARIATO SOCIO SANITARIO - N. 3 MAGGIO/GIUGNO 2011
In caso di mancato recapito rinviare all’Agenzia P.T. di VR CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare
la relativa tariffa. - Poste Italiane S.p.A. - SPEDIZIONE IN A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB VERONA
Editoriale di MARIA BERTILLA FRANCHETTI
VOLONTARIATO,
FINESTRA SUL FUTURO
I
l volontariato: una via possibile per liberarci dal peso di
noi stessi, una risorsa per
elaborare significati profondi nella costruzione del bene
comune. Tra l’altro esso concorre a sviluppare il senso di
responsabilità e a ripensare
eticamente le persone, le
situazioni, le prospettive per
il futuro. La gratuità è la
caratteristica che lo contraddistingue, per l’autentica circolazione dei valori
(l’incontro e il confronto
compresi).
“Volontari facciamo la differenza” è lo slogan scelto per
il 2011 Anno europeo del
volontariato, un’opportunità per incoraggiare e sostenere il lavoro ormai indispensabile dei 100 milioni di
volontari in tutta Europa.
Ma raccogliamo le interessanti suggestioni di Renato
Frisanco, responsabile del
settore studi e ricerche della
Fivol: «Il volontariato, specie
quello organizzato in associazioni o gruppi di volontari,
ha come obiettivo una società migliore e di conseguenza
è capace di fare delle denun-
ce se vede che
qualcosa non va,
di proporre delle
soluzioni ai problemi, di anticipare delle risposte ai bisogni non
soddisfatti del
cittadini, di valutare l’operato
della istituzioni
pubbliche e di
coinvolgerle.
Non intende però
sostituirsi a queste perché è ad
esse che spetta
per Costituzione
la responsabilità
di soddisfare i
diritti dei cittadini. Al fine di ottenere maggior
considerazione e
risorse per le proprie cause, fa in modo di sensibilizzare e coinvolgere la
popolazione, comunicando
conefficaciavalorieprogetti.
Perciò si dice che il volontariato ha un ruolo “politico”, il
che non vuol dire stare dalla
parte di un partito, ma operare per il bene della “polis”,
cioè della comunità dei cittadini». E aggiunge: «Il volontariato è agente di cambiamento ed è tanto più efficace in
tale funzione quanto più sollecita la partecipazione dei
cittadini».
Uomini si nasce, volontari
si diventa.
CLIMA DI FAMIGLIA
UN SOS PER MARZANA
na richiesta particolare sollecita la disponibilità di
quanti possono. La Fevoss
cerca volontari per una presenza discreta e fraterna nelle corsie del reparto di riabilitazione
del Centro di Marzana, alle porte di Verona.
Essere accanto, prendersi
cura, mettersi in ascolto delle
persone qui degenti, talvolta
per lunghi periodi, sarà una
missione importante che non si
U
sostituisce e sovrappone ai
compiti degli operatori istituzionali ma solleva, incoraggia,
umanizza, talvolta accelera la
loro guarigione.
Chi ha tempo libero per alcune ore alla settimana, chi ha
capacità di positive relazioni
con le persone, chi avverte questo appello come una “intima
chiamata” contatti la Fevoss al
“solito” numero telefonico (045
8002511).
Nel prossimo numero
di “Filofevoss”
pubblicheremo
un ampio servizio
sull’Assemblea
Federativa
della Fevoss
svoltasi venerdì
13 maggio 2011.
APPELLI ALLA SOLIDARIETÀ
Agli ex volontari della Fevoss
in occasione dell’ “Anno
europeo del volontariato”
Se per vari motivi avete dovuto o voluto lasciare il
vostro impegno di volontariato, sappiate che vi siamo riconoscenti perché grazie a quel vostro personale contributo, la nostra attività è diventata grande e riconosciuta tra le più importanti realtà associative veronesi. Sentiamo, però, che nel “grande
puzzle” del Bene comune senza di voi l’opera di
Fevoss si sente incompiuta per via dell’assenza del
vostro insostituibile tassello. Desideriamo tanto
sentirvi ancora a noi vicino, nostri compagni di
strada nel difficile cammino (che fu anche vostro)
di una comune solidarietà organizzata. Lo potete
fare abbonandovi, ad esempio, a “Filofevoss” e diffondendo le nostre esigenze presso i vostri conoscenti. L’opera della
Fevoss può essere aiutata in tanti modi, anche
semplicemente destiVOLONTARIATO
nandole il 5 x 1.000
E SIGNIFICATI MAIUSCOLI
(apponendo
la loro firE
ma e scrivendo il CF
93024890233 sul modello della loro dichiarazione dei redditi). Sì, è proprio il vostro
esserci accanto che stiamo cercando, in questo
2011, “Anno europeo del
volontariato”, per fortificare il senso della nostra
quotidiana e solidale azione. Vi giungano a nome di
tutta la Fevoss i miei cordiali saluti.
In caso di mancato recapito rinviare all’Agenzia P.T. di VR CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare
la relativa tariffa. - Poste Italiane S.p.A. - SPEDIZIONE IN A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB VERONA
Editoriale di MARIA BERTILLA FRANCHETTI
nzo Bianchi scava all’interno
del vocabolo dià-lógos e realizza una mappatura definendolo: «intrecciarsi di linguaggi, di
sensi, di culture, di etiche;
cammino di conversione e di
comunione; via efficace contro
il pregiudizio e, di conseguenza, contro la violenza che
nasce da un’aggressività non
parlata». E aggiunge: «È il dialogo che consente di passare
non solo attraverso l’espressione di identità e differenze,
ma anche attraverso una condivisione dei valori dell’altro,
non per farli propri bensì per
comprenderli. Dialogare non è
annullare le differenze e accettare le convergenze, ma è far
vivere le differenze allo stesso
titolo delle convergenze: il dialogare non ha come fine il consenso ma un reciproco progresso, un avanzare insieme.
Così nel dialogo avviene la
contaminazione dei confini,
avvengono le traversate nei
territori sconosciuti, si aprono
strade inesplorate».
Nel mondo del volontariato ha un peso specifico la capacità di suscitare confronto, di
dialogare. Mille però spuntano
le insidie. Soprattutto
da un pericolo mette
in guardia Raimon
Panikkar, quando scrive testualmente: «Una
delle manie o, per
esprimerci più elegantemente, una delle
convinzioni più geniali
dell’Occidente, geniale perché ci caschiamo
rapidamente tutti, è la
scoperta della classificazione. Aprite qualunque libro di testo
universitario o scolastico e vedrete che
tutto è classificato.
Classifichiamo qualsiasi cosa. L’albero di
Porfirio si estende su tutto:
vivo/non-vivo, materiale/nonmateriale, solforico/solforoso/solfidrico… Cataloghiamo
tutto: indiani/non indiani,
cristiani/non cristiani, ricchi/poveri, nord/sud, credenti/non credenti, buoni/cattivi… il che, indiscutibilmente,
serve molto poco (…). Non sappiamo pensare senza classificare».
È auspicabile quindi che
l’anno del volontariato inne-
schi una riflessione profonda
sulle relazioni autentiche e
mai discriminatorie. D’altro
canto, avverte lo stesso
Panikkar: «L’altro esiste per
ciascuno di noi; l’altro esiste
come soggetto e non soltanto come oggetto; l’altro non è
oggetto di conquista, di conversione, di studi: è (s)
oggetto con diritti propri,
con lo stesso diritto di interpellarmi, di interrogarmi
che ho io».
2 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
A commercialisti, presidenti
degli Ordini professionali,
presidenti di categoria (commercio,
artigianato, agricoltura)
Il nostro appello pubblico di appena qualche mese
fa ha sortito la provvidenziale risposta dei nostri
concittadini e delle loro organizzazioni. Sembrava
paradossale che proprio in questo anno 2011,
“Anno europeo del volontariato”, Fevoss dovesse,
suo malgrado, condividere la stessa sorte dei tanti
cittadini che aiuta. Chiudere loro in faccia i battenti era un pericolo incombente e mai registrato nella sua ventennale storia. Per la prima volta la
nostra organizzazione di volontariato, che quotidianamente tocca con mano la sofferenza di troppi
cittadini disarmati portando il fraterno sollievo,
ha avvertito la paura di non superare l’impossibile
sfida della sua sopravvivenza.
Tutto si è ricomposto e la serenità è ricomparsa
grazie alla partecipazione discreta di tante persone sensibili a cui, oggi, incoraggiati, ci rivolgiamo
perché questa solidarietà concreta non ci abbandoni. Vi chiedo, pertanto, di sostenerci come potete, anche diffondendo tra i vostri conoscenti la
voce della Fevoss che cerca, attraverso le offerte
libere (detraibili), l’aiuto di vecchi e nuovi sostenitori. Per continuare il servizio offerto dai nostri
volontari anche il 5 x 1.000 si è rivelato un utile
strumento. Confido in una positiva risposta vostra
e di quanti verranno benevolmente coinvolti da
voi. Grazie!
CLIMA DI FAMIGLIA
PASQUA AL CENTRO “SANTA TOSCANA”,
“CHIESA DOMESTICA”
i ha dato grande calore
partecipare alla Santa
Messa “Cena Domini” e alla
“Via Crucis” officiate dal
rettore di Santa Toscana
nel Centro “Santa Toscana”.
Condividere la preghiera
con i frequentatori usuali e
qualche nuovo ospite, è stata una bella esperienza di
profondo arricchimento spirituale. I volti familiari erano più luminosi del solito,
assorti in preghiere del triduo
pasquale; si percepiva la forte
condivisione di ciascuna persona unita in modo corale a segui-
M
re la passione di Cristo. Ho
saputo che alla sera altre persone si sono unite con il medesimo intento. E’ bello sapere che
la nostra sede “laica” dà la
possibilità di trovarsi,
soprattutto in queste grandi
occasioni liturgiche, per
vivere come in una “Chiesa
domestica”.
A don Armando Penna
(che ha guidato il gruppo nei
due pomeriggi) ed al gruppo
di persone (che stanno
seguendo un intenso cammino di fede) che si sono ritrovate nelle due sere vanno i
migliori ringraziamenti.
Monica Berno
Volontaria Fevoss
del Gruppo “Santa Toscana”
“PICCOLO” GRUPPO, “GRANDE FORZA”
ovente sono i
piccoli che ti
danno la “carica”. La grande
sfida a riscoprire il valore della
Festa provinciale Fevoss è
arrivata come
forte vento d’incoraggiamento
proprio da uno dei più piccoli
gruppi della rete Fevoss. Se è
vero che il processo di rinnova-
S
mento strutturale, così ambizioso quanto necessario, è
richiesto dai tempi, non dobbiamo però seppellire i momenti
comuni già vissuti in passato.
Quindi, riscoprire l’”antica”
Festa popolare della Fevoss ,
che evoca la grande forza
d’animo di chi ci aveva dato
l’esempio, dimostra oggi
quanto dobbiamo loro riferirci per non scadere nel non
senso della nostra azione di
FESTA PROVINCIALE FEVOSS
Domenica 19 giugno 2011
“Parco Due Tioni di Erbè”
PROGRAMMA:
ore 10.30
Ritrovo con automezzi
presso il Parco Due Tioni
di Erbè
partecipazione comunitaria.
Forse proprio di questo abbiamo oggi tanto bisogno!
Grazie al Gruppo Fevoss di
Erbè che ci ospiterà nel suo
Comune, rinascerà la Festa
Fevoss a cui tutti (aderenti,
famiglie e popolazione) sono
invitati per esprimere il valore
dell’incontrarsi gioioso e popolare. Chi desidera contribuire
alla realizzazione chiami la sede
centrale - Tel. 045/8002511.
Al termine del pranzo, visita guidata alla
Chiesa romanica di Santa Maria Novella di
Erbedello ed al Parco Due Tioni.
Il pranzo sarà curato interamente dalla locale PRO LOCO DI ERBE’.
La prenotazione è obbligatoria.
ore11.30
Santa Messa nella Chiesa
Parrocchiale di Erbè
ore 12.30
Premiazione volontari
FEVOSS
Coloro che intendono partecipare
dovranno dare la propria
adesione entro e non oltre domenica
12 giugno 2011, al responsabile del
gruppo di appartenenza.
ore 13.00
Pranzo sociale
nel Palatenda riservato
al Parco Due Tioni
La partecipazione
è aperta
a tutti.
3 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
CLIMA DI FAMIGLIA
UN… POST-IT SULLA FEVOSS…
al 1987 la Fevoss è impegnata a realizzare, con l’azione gratuita dei suoi
volontari, un processo d’integrazione di
servizi sociali e sanitari finalizzato
all’aiuto delle persone in difficoltà, nel
rispetto della loro dignità ed a tutela dei
loro diritti.
La Fevoss realizza una rete solidale
di interventi nel territorio provinciale
veronese in stretta collaborazione e sussidiarietà con l’Azienda ospedaliera di
Verona, le Aulss 20,21, 22, l’Università
degli studi di Verona, il Comune di
Verona ed altri Comuni della Provincia
D
di Verona, gli Enti pubblici e privati che
ne apprezzano i valori e le virtù formative ed organizzative.
La Fevoss si configura come una
Federazione aconfessionale, apartitica,
senza fini di lucro, di grandi e piccoli
organismi di volontariato, allo scopo di
accrescerne il ruolo sociale e la qualità
del servizio donato.
L’organismo testimonia la concreta
solidarietà umana e l’impegno d’essere
segno di speranza, attraverso uno stile
di vita radicato nei valori umani di sempre.
La Fevoss offre un’opportunità
d’altruismo ad ogni persona che sappia
rendersi protagonista del miglioramento della qualità della vita anche
nella auspicata longevità della sua esistenza.
Nella moderna città, come nell’antica Polis, c’è sempre bisogno di scoprire e
riscoprire dentro di sé quella positiva
energia che da generazioni, senza distinzione di classe, si traduce in un generoso
impegno di volontariato o di buon vicinato trasmesso quale dovere civile in ogni
cittadino.
…DI PREMESSA AD UNA PROPOSTA
lla luce di quanto accennato, la
Fevoss chiede agli Amministratori
pubblici competenti d’esaminare e, se
credono, d’approvare la proposta che
vuol testimoniare sentimenti di gratitudine perenne verso ogni persona che,
in modo disinteressato e gratuito,
abbia testimoniato e testimoni con la
sua vita il valore della solidarietà umana e civile.
Si tratta d’installare in piazza Santa
Toscana l’opera scultorea di bronzo
A
Il bozzetto del
monumento
alla
“solidarietà
veronese”.
dell’artista Nicola Beber che esprime,
attraverso la simbologia delle mani che
s’incontrano, s’intrecciano, si rigenerano nel vortice benefico delle buone
azioni e favoriscono il “vivere nella
Pace” (con la colomba in volo), la vitale
ricchezza della nostra città. Il tutto
poggia sulla “mano di Dio” che per realizzare un mondo più luminoso (rappresentato da un globo di marmo bianco come basamento) sembra voler
ancora cercare le nostre mani.
“ONORE ALLA SOLIDARIETÀ VERONESE”
itolo forse un po’ riduttivo, dato
dall’autore al suo lavoro capace di
sprigionare, al momento della sua collocazione in piazza Santa Toscana, il
senso dell’omaggio alla bontà della
gente scaligera, proprio nel corso del
2011, “Anno europeo del volontariato”.
Un appunto di rilievo merita l’artista che ha “incarnato” il “grazie” all’altruismo di casa nostra. Lo scultore
Nicola Beber è un socio sostenitore della Fevoss. Diplomato al Liceo artistico
ed all’Accademia di belle arti di
Verona, s’è avvicinato ad Alfredo Dal
Corso, fondatore e presidente della
Fevoss, accanto al gruppo scultoreo
realizzato sull’apparizione della
Madonna della Salette, a SS: Trinità di
Badia Calavena (Verona). Beber ha
stretto con Dal Corso, dal 2003, una
collaborazione di volontariato e d’amicizia già con il progetto “Sport e solidarietà”, donando il premio per la 31a
T
4 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
Nicola Beber a fianco dello Sceicco con
l’opera premiata.
manifestazione podistica “Seiville”.
Altre successive iniziative hanno portato al modello in bronzo per il monumento dedicato a tutte le realtà sociosolidali del Veronese nell’”Anno europeo del volontariato”.
Nicola Beber ha partecipato ad
esposizioni personali e collettive di pittura e scultura, organizzandone lui
stesso. Ha ottenuto riconoscimenti da
parte di associazioni culturali, sociali,
sportive per le sue collaborazioni artistiche. La sua produzione spazia dai
modelli di trofei per premiazioni a statue per privati, monumenti pubblici e
scenografie teatrali per le stagioni operistiche in Arena, pitture murali, affreschi, ritratti e dipinti con le tecniche
più disparate.
Il 2 aprile scorso Nicola Beber ha
vinto un prestigioso premio ad un concorso internazionale di scultura a
Dubai (Emirati Arabi Uniti). Il suo
impegno volontaristico verrà confermato anche il 29 maggio prossimo, a
conclusione del “Mese Zenoniano”,
quando verrà donata un lampada votiva in bronzo da lui creata da parte della
Fevoss alla Basilica di San Zeno.
Un ringraziamento particolare,
infine, va anche alla fonderia artistica
“F. Zolla” di Dossobuono (Verona) che
ha donato le fusioni per le iniziative
della Fevoss.
CLIMA DI FAMIGLIA
LAMPADA VOTIVA DELLA FEVOSS: DALLA CHIESA
DI SANTA TOSCANA ALLA BASILICA DI SAN ZENO
Come dono propiziatorio nell’“Anno europeo del volontariato”
nche a nome del Consiglio
direttivo provinciale della
Fevoss, ho il piacere di invitare
lei o i suoi delegati a condividere
una bella iniziativa finalizzata a
consolidare la rete dei soggetti
pubblici o privati e di volontariato quali operatori di solidarietà
nel territorio veronese.
L’iniziativa nasce da un precedente storico: il 4 ottobre 2008,
quando toccò alla Regione
Veneto offrire l’olio che alimenta
la lampada votiva nella Basilica
di Assisi, davanti all’urna che
custodisce il Santo patrono
d’Italia. Al termine della celebrazione, alla quale erano presenti
anche il nostro Vescovo Mons.
Giuseppe Zenti e il Vescovo emerito P. Flavio Roberto Carraro e
in accordo con gli organizzatori
di quell’evento, alcuni volontari
della Fevoss accesero una fiamma che nella stessa notte portarono a Verona, nella chiesa di
Santa Toscana, da sempre votata
al volontariato. La fiamma, mai
spenta da allora, ricorda quell’evento e soprattutto la preghiera notturna di tanti giovani
accorsi numerosi che vissero
quel momento con intensa spiritualità.
In accordo con l’Abate di San
Zeno, Mons. Giovanni Ballarini,
un evento che riproponga il dono
di una lampada votiva accesa da
quel “fuoco di San Francesco”
custodito nella sopracitata chiesa si ripeterà domenica 29 maggio durante la S. Messa delle
ore 11 nella Basilica di San
Zeno, per chiedere al Santo
patrono di Verona di proteggere
e benedire l’impegno di servizio e
di gratuità svolto dai tanti cittadini solidali veronesi. La Fevoss
cede la sua lampada votiva perché diventi l’espressione propiziatoria di tutta la solidarietà
veronese proprio nell’anno europeo del volontariato.
Una iniziativa dalla forte con-
A
Lampada votiva ispirata al messaggio
francescano.
notazione spirituale e solidale
che si colloca nella ricerca del
senso attuale della gratuità e del
donarsi. Una occasione anche
per dire grazie a chi si impegna
nel servizio della Comunità, e per
invitare tutti i cittadini a intraprendere azioni comuni di solidarietà, così da diventare testimoni credibili e gioiosi di un
Bene che contagi tutta la Città.
Contiamo sulla partecipazione delle realtà di volontariato
formali con le loro insegne e non,
del mondo della cultura e dell’educazione presenti sul territorio nonché della cittadinanza
tutta, per concretizzare insieme
il valore della festa come tipica
espressione popolare che si concluderà a base di risotto isolano.
Chiediamo ai signori responsabili destinatari del presente invito,
di segnalarci l’ adesione della
loro organizzazione con il numero dei partecipanti, entro il 25
maggio p. v. alla segreteria provinciale della FEVOSS in via
Santa Toscana 9, 37129 Verona
o al telefono 045/8002511 o
www.fevoss.org. Chi volesse
compartecipare alla organizzazione degli eventi telefoni al
3358386707.
Con cordialità si porgono i
migliori saluti.
5 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
CLIMA DI FAMIGLIA
3 SU 10 FANNO VOLONTARIATO
NELL’UNIONE EUROPEA
Ma è ancora poco
Più partecipazione per il Bene comune
S
ulla “Gazzetta Ufficiale”
dell’Unione Europea il 22
gennaio 2010 (2010/37/CE)
appare la decisione del Consiglio
europeo che formalizza la proclamazione del 2011 come “Anno
europeo delle attività di volontariato che promuovono una cittadinanza attiva”.
Vi si legge: “Il volontariato è
una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e
della democrazia, nella quale
assumono forma concreta valori
europei quali la solidarietà e la
non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo
armonioso delle società europee”.
Più di centomila cittadini
europei di tutta le età, convinzioni e nazionalità sono impegnati in
attività di volontariato e, secondo
le stime, tale settore rappresenta
il 5% del Pil delle economie nazionali dell’U.E. Ma se 3 cittadini su
10 (dati “Eurobarometro” 2010)
sono coinvolti in attività di volontariato, significa che 7 su 10 sono
quelli che non hanno esperienza
di questo tipo.
E’ probabile che questa maggioranza non sia consapevole dei
cambiamenti che si sono determinati nel corso degli anni grazie alle attività di solidarietà
organizzata, alla responsabile e
personale partecipazione di tanti cittadini a favore del bene
comune.
Per questo sarebbe utile
accrescere nella nostra gente la
consapevolezza del valore sociale del volontariato e della sua
positiva ricaduta nelle nostre
comunità.
PRIMOPREMIO DI POESIAA PALERMO
AD UN NOSTRO REDATTORE
el corso d’una cerimonia presso il
N
Circolo degli ufficiali di Palermo, in
piazza Sant’Oliva, il 27 febbraio scorso,
al nostro redattore di “Filofevoss”
Claudio Beccalossi è stato attribuito il
primo premio assoluto del VI° Concorso
nazionale di Poesia “Ugo Foscolo”.
Indetto dall’Accademia universitaria di
lettere, arti e scienze “Ruggero II di
Sicilia” di Palermo. Il massimo riconoscimento è andato al veronese per tre sue
poesie partecipanti (“Storie semplici di
vita”, “Nell’attesa del sonno ultimo” e
“Portatore d’amore”).
Poesie giudicate dal prof. Vito
Oliveri, membro della giuria esaminatrice ed estensore della motivazione,
apprezzabili per “la spontaneità e la
purezza della lingua”, per “il calore
del sentimento e la freschezza
quasi costante d’ispirazione” e per
la “chiara lucidità e squisita perfezione. Il poeta scrive versi con grande discrezione, a tutto vantaggio
del risultato, fine e controllato.
Un’innata musicalità, una certa
vena neo-romantica, sono i naturali
complementidellacifrapiùimportantedella sua poesia, la capacità di trasformare la
parola in immagine”.
L’autore veronese ha ricevuto il trofeo d’onore ed il diploma d’accademico
benemerito da parte del prof. Amerigo
Coroneo, presidente dell’Accademia
Nella foto:
Beccalossi
con Stefania
Benenato,
sorella dello
scomparso
attore comico
Franco Franchi.
“Ruggero II di Sicilia”. Congratulazioni gli
sono state porte anche dalla signora
Stefania Benenato (sorella dello scomparso attore palermitano Franco
Franchi, il cui vero nome, infatti, era
Francesco Benenato), presente tra il folto pubblico.
VENERDÌ 17
SABA
SAB
ATO 18 GIUGNO 2011
presso il Centro Fevoss di S. Toscana, dopo l’apprezzamento dei
nostri associati la ditta HERMO
sarà nuovamente ospitata nei
nostri locali, per la presentazione
dei SALDI DI FINE STAGIONE
dai prezzi di fabbrica.
Camicie e pantaloni donna
modelli moda Camicie cotone
doppio ritorto Camicie uomo
puro lino irlandese Camicie uomo jeans sartoriale Pantaloni uomo fresco di lana
Pantaloni cotone classici e sportivi Pantaloni jeans elasticizzati Bermuda uomo
Polo uomo puro cotone e filo di Scozia Camicie manica corta puro cotone e lino.
6 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
1 - INSERTO SPECIALE -
Beato Giovanni Paolo II
Quell’esortazione alla Fevoss
a cura di LORENZO REGGIANI
“Continuate, continuate, continuate!”.
Quella triplice esortazione che Papa Giovanni Paolo
II rivolse ai rappresentanti dei vari gruppi zonali della Fevoss ricevuti in udienza nella Sala Paolo VI del
Vaticano il 12 febbraio 1992 è ancora vivissima nella memoria del Presidente Alfredo Dal Corso, che
ricorda quell’incontro con Papa Wojtyla, che allora,
diciannove anni fa, era “solo” un grande Pontefice, e
che oggi è Beato, e tra non molto sarà Santo.
“Un’esortazione quanto mai attuale - afferma Dal
Corso - perché la situazione politica, economica e
sociale del Paese, che induce ad un pessimismo nel
prefigurare positivamente il futuro, ha coinvolto inevitabilmente anche il mondo della solidarietà organizzata
che per sua natura dovrebbe essere quello che dà speranza, nonostante tutto”. “Anche Fevoss - continua il
Presidente - sta facendo esperienza di una transizione
ideologica valoriale che si ripercuote nelle relazioni che
dovrebbero essere costruttive. Probabilmente dovremmo
riscoprire la spiritualità delle nostre origini, come da più
parti ci viene sollecitato. Un tempo ci riunivamo in momenti
di preghiera, in cenacolo, poi ci siamo espansi, ci siamo la-
sciati coinvolgere dalla smania di servizi e ci siamo inariditi dal punto di vista spirituale, anche se c’è oggi un gruppo di preghiera che si
incontra”.
Come si era potuto realizzare l’incontro con Papa Giovanni Paolo II?
“E’ nato tutto da un mio sogno- risponde Dal Corso -. Non ero mai stato a Roma e per la Fevoss vedevo brillare le colonne di San Pietro. Ho
desiderato sempre dentro di me presentare la Fevoss, nata da cinque
anni, al Papa, ma mi era stato detto che era impossibile. Poi, grazie al
fortuito incontro con due persone amiche di un cardinale, il sogno si è
realizzato. Siamo stati all’udienza generale del mercoledì, e poi siamo
stati ammessi all’incontro personale col Pontefice”. “Non riuscivo a
spiccicare una parola - ricorda -. L’emozione era enorme. Avevo un groppo in gola. Poi sono riuscito a parlare della Fevoss ed ho consegnato al
Papa un opuscolo sulla nostra attività. Eravamo una cinquantina, e tutti gli abbiamo stretto la mano”. “Papa Wojtyla - continua Dal Corso - era
una persona che emanava una grandezza straordinaria, proprio un
gigante, come è stato definito, un uomo unico nella storia. Ho avuto
l’impressione di una luce radiosa che emanava da lui, impossibile da
raccontare; è come quando avverti una scintilla e ti senti al centro del
mondo, pur nella tua nullità. Non è più una commozione individuale ma
cosmica, che ti dà una carica immensa.”
Il Presidente rievoca i particolari di quell’incontro. Con tono vibrante, il
Papa si era così rivolto alla giovane Federazione veronese: “Il mio saluto va ai componenti della Fevoss. A loro esprimo il mio incoraggiamento, invitandoli ad avere sempre presente nel loro cammino l’ideale
evangelico, che ci esorta ad accogliere chi soffre come un fratello in
Cristo”. Dal Corso aveva quindi illustrato al Santo Padre la breve storia
della Fevoss, la sua rapida crescita, il suo significativo impegno a favore degli infermi e degli anziani, il suo progetto di estendere una rete di
solidarietà attraverso l’intero territorio cittadino, in aiuto alle persone
nel bisogno. Gli avevano fatto eco Tiziana Nocini e Renata Massella,
mentre il gruppo dei rappresentanti veronesi si univa in un caldo
applauso. Nel congedarsi il Papa aveva voluto dare un ulteriore segno
di incoraggiamento, esortando il gruppo scaligero con un triplice e
significativo “Continuate!”.
“Giovanni Paolo II ci dava quella speranza - sottolinea Dal Corso - che è
la stessa di cui oggi più che mai abbiamo bisogno. Gli stessi volontari
sono cambiati,il relativismo ha colpito tutti. Ricordare quell’incontro in
Vaticano non è fare un quadretto nostalgico del passato, ma avere uno
stimolo per il presente, che vede una crisi generale del volontariato,
non solo della Fevoss. Dobbiamo aggrapparci a queste esperienze di
vita. Abbiamo una grande responsabilità verso le generazioni giovani,
cui dobbiamo dare un indirizzo chiaro per il futuro del mondo”.
“Da quel viaggio a Roma - conclude il Presidente - vorremmo riprendere quel cammino che ci porta a fianco dei bisognosi e dei sofferenti per
essere i samaritani di questo tempo”.
2 - INSERTO SPECIALE -
Beato Giovanni Paolo II
Le testimonianze
e testimonianze di alcuni dei componenti della Fevoss presenti all’incontro con Giovanni
Paolo II nel febbraio ’92, scritte nel 2005, in
occasione della morte, dimostrano quanto quell’incontro abbia lasciato un segno profondo nella
loro vita.
L
volta ho avuto dei momenti di scoraggiamento e la voglia di piantare tutto per vari motivi, ma mi sembrava di tradire la fiducia che il
Papa aveva riposto in me. Se poi penso a quanto ha sofferto negli
anni e a come ha saputo imitare Cristo, da volontaria Fevoss mi
Renata Massella: Papa avanzava e la luce diveniva
sempre più intensa, come emanata dal Suo corpo.
Mentre quella Luce sfiorava anche me, come una
nuvola. Finché, ecco che ebbi il Papa di fronte. Il
nostro sguardo si incrociò. Egli mi allungò una mano,
mentre mi trovavo a balbettare una frase del
Vangelo: “Lei la vite, noi i tralci”. Ero come rapita da
quella Luce sempre più intensa, indescrivibile, bellissima! Adesso vedevo solamente gli occhi del Papa.
Non saprei dire quanto tempo durò quell’incanto, for-
sentivo ancora più vicina a lui, proprio per rispondere concretamente al messaggio che ci aveva lasciato: accogliere chi soffre
come un fratello di Cristo.
se un minuto, o due, finché Lui tornò “normale”. Quindi lo
vedevo e le sue labbra ancora si muovevano. Captai l’ultima
parola: “Continua”. Ebbene, di quel viaggio ricordo poco altro,
ma quel “Continua” ha un posto privilegiato, ed è sempre presente in tutta la mia giornata. Quella volta sono stata protagonista di un fatto che ha dell’incredibile, ma visto con gli occhi di
poi.
Leda Ivaldi Barca: Il sentire il Santo Padre scandire con voce
(allora) sonora la sigla Fevoss accompagnata dagli auguri ad
essa riservati, ha provocato in me una gioia intima ed una positiva speranza nei confronti del futuro cammino della nostra associazione. Si è avverata questa speranza? Mi pare proprio di sì.
Forse con la sua benedizione e con l’indice puntato in avanti
Giovanni Paolo II voleva dirci di perseverare imperterriti nel cammino intrapreso e soprattutto di sperare sempre nella Provvidenza.
Luisa Giacopuzzi: E’ stata un’emozione e una gioia straordinarie,
tanto più che ho avuto la fortuna di stringergli la mano e di parlargli. Quando gli ho detto di far parte della Fevoss, mi ha risposto
“Bravi, continuate così, andate avanti”. In questi anni più di una
Nunzia Iannazzo: Credo che un angelo mi avesse alzata da terra
per riuscire a toccare la mano del Papa. C’era una marea di gente
che mi divideva da lui in quella grande sala. E’ stata una gioia
incomparabile! Da allora i miei sentimenti e valori si sono rafforzati. La sua frase memorabile “Aprite, anzi, spalancate le porte a
Cristo” mi ricorda che anch’io ho portato in questi anni un pezzettino di croce. Ringrazio anzi Dio per avermela data. C’è chi sta peggio. La conoscenza della Parola, la speranza, la fiducia e un pizzico d’amore sono stati gli ingredienti per la ricetta della continuità
del mio servizio, dell’accoglienza dell’altro. In questi anni è maturata la conoscenza di me stessa, della mia forza, dei miei limiti.
Quindi ho dato la mia disponibilità alla comunità in cui vivo, con
spontaneità nella carità.
3 - INSERTO SPECIALE -
Beato Giovanni Paolo II
La visita a Verona
a Roma un po’ di Verona nel mio
“P orto
cuore”. Così Giovanni Paolo II aveva
salutato il vescovo Giuseppe Amari alla fine
della visita apostolica a Verona: due giorni,
sabato e domenica 17 e 18 aprile 1988, rimasti nella storia della nostra città. Quando giunse
a Verona il Papa era prossimo ai 68 anni: li avrebbe compiuti un mese dopo. La visita di Giovanni
Paolo II era iniziata poco dopo le 17 di sabato
all’aeroporto di Villafranca. Qui era stato accolto
dal vescovo e da oltre 1.300 bambini delle scuole
elementari. Da Villafranca il Santo Padre aveva poi
raggiunto Piazza Bra dove era ad attenderlo il sindaco Gabriele Sboarina.
Giovanni Paolo II, sul pronao del Municipio, si è rivolto ad una piazza Bra stracolma: “Desidero rivolgere
il mio rispettoso saluto alla vostra città con le celebri
parole dell’anonimo iconografo: Magna Verona, vale!
E’ con profondo e sincero senso di partecipazione che
mentalità diffusa di contrarre nel benessere materiale l’aspirazione massima dell’esistenza, di sottovalutare la forza che i
valori dello spirito assicurano per realizzare nuovi modelli sociali, degni della persona umana”.
Dopo il discorso Giovanni Paolo II aveva raggiunto la Cattedrale
dove era stato accolto da 2.800 religiosi e religiose. Quindi si
era diretto alla Biblioteca Capitolare dove, oltre ai Canonici del
Capitolo, aveva incontrato i rappresentanti del mondo culturale
cittadino.
La seconda giornata veronese di Papa Wojtyla era iniziata con
una visita alla basilica di San Zeno, accolto dal canto del “Tu es
Petrus” intonato da 2.600 fedeli.
Poco dopo le 10 il Pontefice aveva dato inizio nello stadio
Bentegodi, colmo di oltre 47mila persone, alla solenne celebra-
faccio mio questo saluto, risuonato la prima volta più di mille anni fa, quando Verona era centro politico di primaria
importanza, fondato sui più alti valori civili e religiosi. Nel
ripetere quel saluto a distanza di dieci secoli, intendo riconoscere la continuità degli ideali che hanno ispirato la vostra
città ad esortarvi e proiettarvi con coraggio verso il futuro,
perché sia degno di un così illustre passato”.
Ma il Papa non aveva evitato di accennare ai problemi sociali
della città: “Non è facile essere autenticamente cristiani nel
contesto della società moderna, attraversata da forme di rinascente paganesimo”. “Non esistono modelli di società, che
possano dirsi esenti da elementi negativi- aveva aggiunto- pure
le rose hanno le spine. Anche a Verona è arrivata, per esempio,
la droga, con tutte le conseguenze che trascina e con tutte le
cause che le danno origine. Anche a Verona si è fatta strada la
zione per la beatificazione di Giuseppe Nascimbeni e Govanni
Calabria. Fu quello il momento centrale della visita del Santo
Padre a Verona, concelebrato da 40 cardinali e vescovi e circa
mille sacerdoti. Oltre all’omelia,il Papa era intervenuto alla con-
4 - INSERTO SPECIALE -
Beato Giovanni Paolo II
La visita a Verona
clusione della liturgia con un ricordo mariano e
un plauso alla devozione del popolo veronese.
Il Papa si era poi recato all’ospedale di Negrar,dove aveva incontrato una moltitudine di malati, il personale sanitario e numerosi religiosi.
Nel pomeriggio il Papa aveva incontrato i giovani nello scenario dell’Arena, rivolgendo loro un
indimenticabile discorso: “Qualcuno ha detto
che il Papa ama incontrarsi coi giovani. E’ vero, sì, mi
piace quando i giovani vogliono dire da parte loro quello che sentono o ancora di più. Voi oggi avete detto molto ed è la cosa più importante. Avete parlato. Lo avete
fatto con la vostra presenza, con questi cappelli, con i
vostri canti, con la vostra danza. Era una danza simbolica. Vi ringrazio per questo messaggio e vi auguro di farlo
giungere al mondo. Ma vi auguro nello stesso tempo e
ancora di più di saper ascoltare la parola di Dio”.
Non
abbiate
paura!
“Non abbiate paura!
Aprite, anzi, spalancate
le porte a Cristo! Alla sua
salvatrice potestà aprite
FOTO SUPPLEMENTO DE” L’ARENA” APRILE 2005
FOTO SUPPLEMENTO DE” L’ARENA” APRILE 2005
Ultima tappa della visita era stato il Santuario della Madonna
della Corona dove era giunto in elicottero poco prima delle 20.
Qui Wojtyla aveva pronunciato il suo ultimo discorso e una preghiera di affidamento della città alla Vergine Addolorata: “Ti raccomando i giovani, primavera della Chiesa e della società: non
permettere che l’uragano delle passioni o il gelo dello sconfor-
to distruggano in loro la fioritura degli entusiasmi. Nelle tue
mani, o Vergine, pongo le speranze e le delusioni, le gioie e le tristezze delle famiglie che l’amore, avvalorato dal sacramento,
ha suscitato in questa terra”.
i confini degli Stati,
i sistemi economici
come quelli politici,
i vasti campi di cultura,
di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa cosa è dentro
l’uomo. Solo lui lo sa!”
(Dall’omelia di Giovanni Paolo II
per l’inizio del suo pontificato;
domenica 22 ottobre 1978)
A BRACCETTO DELLA SOLIDARIETÀ
Nell’infanzia cullava sogni di diventare avvocato o giornalista ma finì
per studiare ragioneria da privatista. Alla scomparsa di sua moglie,
nel ’69, lasciò le Ferrovie dello Stato
per la professione di ragioniere commercialista. Iscritto al Partito
chese d’Este, al comando della fazio- Socialista fin dal 1945, Segato venne guelfa che contrastava Verona ne eletto per la prima volta consiglieghibellina. Menzionata da Dante re comunale nel 1964, all’epoca del
Alighieri nella “Divina Commedia”, sindaco Renato Gozzi. Con un altro
la “corsa del palio” partiva giusto primo cittadino, Carlo Delaini, fu
dall’area dove secoli dopo sarebbe assessore al Patrimonio ed
sorta la porta e, attraversando l’an- all’Edilizia dal ’70 al ’75 e, poi, nel
tica Via Postumia, percorreva la cit- quinquennio successivo, assessore
tà fino al traguardo presso la chiesa all’Urbanistica con il rieletto sindaco Gozzi. Dal 1980 all’85 ricoprì
di Sant’Anastasia.
Note storiche a parte (che, incarichi da vicesindaco e da assescomunque, non guastano), l’occa- sore alla Cultura con il sindaco
sione “mangereccia” è servita al pre- Gabriele Sboarina. Con “Re Lele”
sidente della Compagnia di “calpe- rimase consigliere comunale dall’85 al ’90, ruolo
ripetuto dal 2002 al
2007 con sindaco
Paolo Zanotto. Giulio Segato, tra l’altro, è stato anche
presidente del Consorzio Zai (dal 1986
al 1992), consigliere della Fondazione
Cariverona (19931998), della Società Veronamercato (1996-1998)
e dell’Ente Fiera di
Nella foto (da sinistra): Tiziano Zampini, Giulio Segato e Bruno Garonzi. Verona (1997-1999),
statori” di piazza Bra, l’attore nonché presidente dell’AssociaTiziano Zampini, per consegnare zione liberi professionisti veroneuna pergamena, elegantemente si.
Da ultraottuagenario di… lusso,
incorniciata, al presidente della
Società di Mutuo Soccorso, l’ex vice- Segato decise di volta pagina per
sindaco, ex assessore del Comune di dedicarsi alla solidarietà. Come preVerona (ed ex tante altre cariche) sidente della Società di Mutuo
Soccorso Porta Palio, costituita a
Giulio Segato.
La… causale? Il rapporto che Verona nel maggio del 1882 da picunisce gli organismi di cultori (se coli artigiani e commercianti intennon difensori) della “veronesità”, zionati a sostenere, tramite le quote
della solidarietà e della trasmissione che ciascun socio versava annualdi valori ed esempi alle nuove gene- mente, gli aderenti alle prese con
malattie od incapacità lavorative.
razioni.
Segato merita certamente qual- Sensibilità d’altri tempi che, oggi,
che nota, neanche tanto… a parte. secondo lo stesso Giulio, per
Nato il 25 luglio 1926 a Treviso, aumentare le possibilità d’aiuto, si
Giulio mise piede a Verona il 1° devono modernizzare con la necesnovembre 1943 come impiegato del- sità di fare rete. E di comunicare il
le Ferrovie trasferito in modo coat- più possibile bene, in particolare
to per non essere deportato. con i giovani.
ALLA PORTA DEL...
MUTUO SOCCORSO
❖ di CLAUDIO BECCALOSSI
U
n incontro conviviale all’insegna della stima reciproca e della
continuità collaborativa. E’ quello
avvenuto di recente tra La
Compagnia del Liston – Amici della
Bra e la Società di Mutuo Soccorso
Porta Palio.
Vertici ed associati dei due organismi si sono riuniti attorno alla
tavola (ed al menù su cui ha fatto
una particolare, ghiotta figura la
polenta con baccalà) all’interno di
Porta Palio. Massiccia struttura,
questa, anticamente chiamata
Porta Stupa, edificata tra il 1542 ed
il 1557 su progetto di Michele
Sanmicheli, per conto della
Repubblica di Venezia. È sorta
accanto alla precedente Porta San
Massimo, voluta in epoca medioevale da Cangrande della Scala, aperta,
in genere, per la “corsa del palio” e
per i raccolti agricoli stagionali ma
senza altri utilizzi di tipo militare.
Porta Palio s’incunea nello spazio
tra i bastioni di San Bernardino e di
Santo Spirito, in una posizione coincidente con la preesistente porta
medioevale sul tragitto della Via
Postumia. A pianta rettangolare e
su due piani, l’edificio, un tempo,
contava su ponti levatoi lignei che
agivano sul ponte di muratura che
percorreva parte del fossato magistrale. La porta, definita “un capolavoro”, fino all’Ottocento veniva citata nei trattati d’architettura militare
come esempio d’accesso urbano per
la sua validità difensiva e per la sua
notevole architettura civile d’ispirazione classica, dorica, retaggio dei
trascorsi romani di Verona. Il nome
della porta proviene dal “palio”, cioè
la corsa organizzata nel 1208 per
celebrare la vittoria su Azzo IV mar-
7 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
INTERVISTE VIVE
VOLONTARIATO
E NEOUMANESIMO
❖ di CLAUDIO BECCALOSSI
S
cienza e coscienza
al servizio (anche) della
Fevoss. Con l’umiltà dell’ultimo e l’orgoglio del
primo nei confronti
dell’Uomo. Può essere
questo uno dei profili del
prof. Franco Larocca, brillante ordinario di
Pedagogia Speciale presso l’Università di Verona
nonchè “motore e benzina” in occasioni formative
della Fevoss, dal curriculum lungo così…
Originario di Spinazzola, in provincia di Bari, s’è
laureato alla Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
con la tesi “Pedagogia del dialogo”, con relatore Aldo
Agazzi.
«E proprio il prof. Agazzi – rievoca l’interessato –
mi chiamò come assistente volontario avviando,
così, la mia carriera universitaria conclusasi con il
pensionamento in questo 2011. Da Milano passai a
Brescia con Carlo Perucci (a Marzana esiste, dal
1978, una scuola secondaria di 1° grado paritaria e
cattolica dedicata proprio a Perucci), restando nella sede della “Cattolica” di Brescia fino all’87. Il mio
successivo passaggio a Verona per tenere la cattedra di Pedagogia Speciale si concluse nel ’94, mantenendo un rapporto collaborativo con Brescia nell’ambito della Pedagogia Sociale che si stacca nettamente dall’altra tipologia. A Pedagogia Speciale,
infatti, ci arrivano in pochissimi».
«Il rapporto con i giovani? – si chiede (e si risponde) il prof. Larocca – In base pure alla mia esperienza di docente nella facoltà di Scienze Motorie, ho
notato che la cultura di base influenza molto sul
tipo d’apertura e d’impegno ad affrontare tematiche connesse a lauree specialistiche complesse. I
giovani tendono spesso a prendere sottogamba,
una buona percentuale chiede anche di fare la tesi.
Sono stato coinvolto in almeno 500 tesi di ricerca,
con la prima tesi sull’inserimento dei portatori
d’handicap nel mondo del lavoro. Più d’un centinaio di persone con deficienze mentali è stato inserito
di conseguenza, con ottimi risultati».
«A Verona sono stato chiamato dal preside prof.
don Luigi Secco, padre francescano che insisteva
per la mia venuta. Il mio “antico” maestro mi voleva
a Brescia e solo quando se n’è andato in pensione
ha concesso la mia disponibilità. Sono riuscito ad
organizzare ben 14 convegni sulla musicoterapia
8 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
per l’handicap. Ho fatto il possibile perché all’interno del conservatorio statale di musica “E. F.
Dall’Abaco” venisse inserito un corso di specializzazione per musicoterapeuti. Una delle mie utopie
era riuscire a far capire l’importanza della musicoterapica nell’aiuto ai malati, ai disabili. Il frutto dell’impegno è racchiuso nei 14 volumi pubblicati
sugli atti dei convegni nazionali ed internazionali
nella collana “Pedagogia ed Educazione speciale”
delle edizioni “Franco Angeli” di Milano».
«Il mio rapporto con la Fevoss? – prosegue, quasi autointervistandosi, il luminare – Si perde nella
memoria. L’iniziativa più importante è stata la preparazione del personale che si dedica al volontariato, con me docente con una trentina di miei collaboratori, per una sessantina di partecipanti. Il
responsabile del Centro disabili dell’Università
aveva fatto emergere il problema del trasporto degli
studenti. Mi sono così rivolto ad Alfredo Dal Corso
per risolvere l’esigenza ed è stata stipulata una
convenzione tra il Centro disabili e la Fevoss. Sono
intervenuto presso gli operatori per far capire loro
lo spirito che dovevano avere. I tirocinanti di
Scienze dell’Educazione hanno fatto tirocinio presso la Fevoss con soggetti in difficoltà. La Fevoss
dovrebbe continuare il rapporto ufficiale con il
Centro disabili (nel quale io, però, non ci sono più)
il cui incarico è stato rilevato dal direttore del
Dipartimento. Ci sono fondi del Ministero, si elabora un progetto e poi si firma la relativa convenzione.
Il servizio di trasporto portato avanti dalla Fevoss è
sempre stato soddisfacente».
«L’aspetto formativo, ora. Auspicavamo una
osmosi tra Università e Fevoss. Serve il senso da
dare alla propria esistenza che va realizzato con la
formazione continua e capillare perché la qualità
dell’offerta è importante. Il volontariato può dare
una forza diversa alla propria esistenza. Non c’è età
anagrafica per iniziare: la spinta è frutto delle esigenze di vita d’ognuno, dà valore perfino alla propria professione. Il volontariato è visto come una
bontà interiore che si manifesta nel dono da fare
agli altri, prendendo coscienza, magari, d’aver ricevuto tanto dalla vita. Ci sono, poi, persone che fanno i volontari per visibilità, motivazione molto labile. Il volontariato procura una trasformazione delle
finalità del proprio essere, identificandosi in quello
che non avrebbero pensato».
«E, infine, il bello del dono, della gratuità, la convinzione che, nel volontariato, non c’è l’altrettanto.
La società futura? La vedo bene se si pensa ad un
nuovo umanesimo, dove l’uomo apra gli occhi sia
della mente che del cuore, facendo uscire scienza e
fede in modo dicotomico. Il neoumanesimo per una
società solidale, una delle utopie del Terzo millennio. Nel passato le utopie poggiavano sul benessere
fisico mentre domani dovrebbe esserci il dialogo
che costruisce volutamente la pace. E finchè non si
farà questo passo…».
«Un volontariato senza fede? – s’interroga in conclusione il prof. Larocca – Sì, può sussistere. Come
frutto dell’uomo buono, giusto, aperto alla verità
senza che, per ipotesi, abbia ricevuto il battesimo…».
SPAZIO APERTO
SANTA CHIARA:
UNA VITA PER L’ASSOLUTO
❖ SUORE CLARISSE SACRAMENTINE
O
ccupare l’ultimo posto,
quello più disprezzato, esercitare il lavoro più umile e ingrato a volte ci riempie di tristezza,
ci arrabbiamo con le persone o
le circostanze e perdiamo
tempo a convincerci che noi
siamo migliori di come ci stanno trattando, o di come queste
circostanze sembrano dimostrare. In realtà il nostro modo
di essere non dipende dal posto
che occupiamo, né dalla luce
dei riflettori che sono puntati
su di noi. Ci sono dei riflettori
che non compaiono in TV e
neanche sui rotocalchi e, ancora meno, sulla bocca dei benpensanti, ma emanano una
luce propria, come S. Chiara
d’Assisi. Ella, come la definì il
suo primo biografo, il beato B.
Tommaso da Celano, fu
“Chiara di nome, più chiara di
vita, chiarissima per virtù”.
La sua vita sembrava destinata alla ricchezza, alla notorietà mondana e invece Chiara
sceglie il silenzio e il nascondimento fra le mura di un monastero, per dedicarsi a Dio, e,
quando tutto sembra eclissato,
per impensabile contrasto,
diventa una delle donne più
famose del Medioevo. La sua
fama ha varcato di molto i confini di Assisi già durante la sua
vita, e addirittura i secoli,
venendo Chiara iscritta nell’albo dei santi. Ma che cosa spinge S. Chiara a scegliere di seguire Cristo Povero e Crocifisso?
Chiara è una giovane bella e
nobile della città di Assisi, è
destinata a sposare un cavaliere di alto rango, Perché lo rifiuta scappando di casa e mettendosi contro la famiglia e in particolare contro il severo zio
Monaldo?
Chiara è buona e pia, si dedica alla preghiera, alle faccende
domestiche e all’aiuto dei poveri; il suo cuore non è chiuso,
ma è attenta alle necessità
degli altri.
Con questo animo sensibile
e disponibile all’età circa di
sedici anni fa un incontro particolare. Era accaduto un fatto
poche anni prima che aveva
fatto grande scalpore nella cittadina e che certo non la aveva
lasciata indifferente: la conversione di Francesco. Egli, con la
pubblica spogliazione si mise
sotto la custodia del vescovo
Guido e iniziò una vita penitente.
Anche se sembra che Chiara
nonavessefrequentatoFrancesco
durante la prima giovinezza,
essendo lui figlio di un mercante e lei nobile, tuttavia dopo la
sua conversione, cerca di parlargli di nascosto, e di farsi aiutare da lui.
C’era nella scelta di
Francesco qualche cosa che
interessava anche a lei; aveva
intuito lo stesso amore per
Gesù, e s’incammina alla Sua
sequela con l’aiuto di quel frate
così particolare. Seguire Gesù
significa fare le stesse scelte
che ha fatto Lui, abbandonare
le proprie sicurezze, per mettersi all’ultimo posto. Quello
che gli altri disprezzano e cercano di fuggire, è invece la via
del Vangelo, ed è la scelta di vita
fatta anche da quella ragazza
dell’alta società; e capita, invece, che “chi si umilia è innalzato e chi si esalta sarà abbassa-
to”; chi insegue la notorietà
finisce per raccogliere vento e
così fallire la vita, mentre donare la vita a Cristo per amore
permette di entrare in quella
libertà e in quella gioia, che non
può restare nascosta. S. Chiara
non sceglie il nascondimento,
l’espropriazione, l’abbassamento sociale ed economico per se
stessi, ma decide di amare Gesù
e per Lui lascia tutto.
Credo che la vita di S. Chiara
ci testimoni il Primato di Dio e la
forza che ne scaturisce. Nella
frammentarietà della vita di
oggi, nella continua preoccupazione per le cose materiali
Chiara ci ricorda che siamo fatti
per amare e per gustare l’Amore
di Dio. Ci ricorda che la felicità
non risiede nella quantità di
cose che abbiamo, ma nel come
valorizziamo ogni attimo nell’offerta e nel dono di noi stessi.
Anche le cose più semplici e
umili, se fatte con amore e gratuità, danno gioia e pace.
Questo sia il cammino della
nostra vita: divenire ogni giorno
più consapevoli e ogni giorno
più padroni del nostro tempo
come dono ricevuto e dato.
9 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
CALEIDOSCOPIO
RIPRISTINO D’UNA VECCHIA
LINEA FERROVIARIA
❖ di M. B. F.
«
R
iportare in funzione la vecchia tratta ferroviaria ColognaLegnago di circa 14 chilometri e
appartenente alla soppressa linea
Ostiglia-Treviso consentirebbe una
larga serie di vantaggi, primo fra
questi l’abbattimento dei costi del
trasporto passeggeri e merci», assicura Mirko Rizzotto, il presidente
del comitato civico “Una stazione
per Cologna” che si prefigge di
indurre gli enti competenti a un
ripristino del tracciato dismesso
ancora nel 1987. Ne guadagnerebbe
anche la sicurezza per la riduzione
del traffico sulla provinciale.
Studenti e lavoratori che si avvalgono del treno, raggiungendo quotidianamente le stazioni di San
Bonifacio, Lonigo e Montagnana,
avrebbero la possibilità di diminuire
il loro disagio. «Da sempre, inoltre,
Cologna Veneta si è dimostrata un
Comune ricco di iniziative culturali
e di manifestazioni annuali che
sarebbero più conosciute ed
apprezzate a livello regionale e
nazionale se potesse offrire una
linea ferroviaria capace di renderle
immediatamente accessibili». E dal
punto di vista ambientale ci sarebbe
un sensibile calo dell’emissione di
gas inquinanti e tossici. Continua
Rizzotto: «Con i suoi 118 km
l’Ostiglia-Treviso è la più lunga ferrovia dismessa d’Italia, ricca di
manufatti storici ed artistici che il
10 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
tempo sta via via cancellando. Il recupero
significherebbe la
salvezza di numerosi
edifici, ponti, caselli e
costruzioni che risalgono agli anni Venti e
Trenta. Ma è soprattutto doveroso ricordare che - tra il 1943 e il 1945 - la
linea fu ampiamente utilizzata dalle
forze dell’Asse per il trasporto dei
deportati destinati ai lager del
Reich. Obliterare la sede ferroviaria
con la costruzione di una strada
negherebbe a quegli sventurati la
dignità del ricordo. La riapertura al
traffico ferroviario globale interessa
le province di Treviso, Padova,
Vicenza, Verona e Mantova. Essa
rivoluzionerebbe in senso positivo
l’intero sistema dei trasporti del
Nordest, costituendo un tramite fra
la Milano-Venezia e la BolognaAncona».
Recentemente il comitato civico
“Una stazione per Cologna” (formato
da circa settecento membri, di ogni
provincia del Veneto) e la locale
associazione ferroviaria “I Quari”
hanno presentato il progetto del
consorzio FTO (Ferrovia Treviso
Ostiglia) ai quattordici Comuni del
Basso Veronese e del Basso
Vicentino. Obiettivo: costituire un
gruppo di gestione che chieda entro
l’estate al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti l’affidamento in concessione della tratta
ferroviaria Legnago-Grisignano di
Zocco (lunga circa cinquanta chilometri e che passa per Cologna
appunto). Lo scopo è di favorire lo
sviluppo industriale dell’area fornendo un servizio di trasporto merci
su rotaia competitivo con quello su
gomma e molto meno dispendioso.
Già parecchie aziende si sono fatte
avanti e stanno fornendo dati per
calibrare sulla loro richiesta l’intervento del consorzio stesso. A lato
della ferrovia (la larghezza del sedime lo consente) è prevista, in continuità con il disegno
regionale, la realizzazione di una pista
ciclabile. La ferrovia,
secondo il progetto,
dovrebbe essere a
disposizione anche
dei viaggiatori con
diversi treni giornalieri. «Per tutti noi
pendolari universitari - afferma
Christian Perin, di Sossano (Vicenza) - è assurdo e costoso muoversi con la propria auto in direzione di Padova e Venezia e lo è parimenti prendere il treno sulla
Milano-Venezia quando abbiamo
un’ottima ferrovia che passa proprio davanti a casa. Del resto i
nostri genitori e nonni hanno adoperato proprio quella per conseguire i propri titoli di studio…».
Nessun contributo verrà richiesto ai Comuni, ma il tutto sarà gestito da aziende private, incluso il capitale iniziale per la ricostruzione e
messa in esercizio del tracciato. La
linea potrà così autoalimentarsi e
permettere la creazione della prima
Ferrovia della Memoria d’Europa, in
ricordo delle vittime della Shoah
transitate da qui.
Il viceministro alle Infrastrutture
e ai Trasporti, Roberto Castelli, conosce bene il sito ferroviario colognese.
Vi ha fatto tappa lo scorso 27 gennaio, nell’ambito delle manifestazioni
tese a non dimenticare coloro
che hanno viaggiato su questa linea per essere trasferiti
ai campi di sterminio.
Da poco, ogni prima domenica del mese (mattino e
pomeriggio), un gruppo di
volontari tiene aperta al
pubblico la stazione, le cui
stanze racchiudono una
mostra fotografica sulla storia della
linea e una mostra di materiale di
archeologia ferroviaria. Un occhio di
riguardo meritano pure i rotabili.
Prossimamente arriverà una piccola locomotiva diesel che servì durante la guerra di Libia, nel 1943, e permetterà ai visitatori brevi percorsi a
bordo della carrozza “Centoporte”
già posizionata sui binari.
CULTURA
VERONA SI UNISCE
AL REGNO D’ITALIA
❖ di RENATA DALLI CANI
L
a mattina del 16 ottobre
1866 il podestà di Verona Edoardo
De Betta annuncia con entusiasmo ai veronesi che l’Austria, vinta nella terza guerra di indipendenza, si ritira da Verona: “L’atto
di cessione è firmato, le ree catene
caddero infrante. Viva l’Italia –
Viva Vittorio Emanuele – Cittadini! Lo straniero è partito, partito
per sempre. L’Esercito Italiano,
chiamato dal Municipio, sta per
entrare fra noi: Viva l’Esercito.
Muoviamo tutti a dargli il fraterno
saluto”.
Ed effettivamente alle 11 di
quella stessa mattina il podestà e
gli assessori avevano ricevuto a
palazzo Carli, allora sede del
comando austriaco, l’atto di cessione di Verona. Allora la città si
coprì di bandiere ed il Rengo, la
grande campana della torre civica,
suonò a distesa.
E verso le ore 17 dello stesso
giorno 16 ottobre le truppe italiane entrarono in città da Porta
Vescovo e, osannate da una folla
imponente, sfilarono per via Venti
Settembre fino in piazza Bra.
E tuttora rimane la memora di
quell’avvenimento nel nome dato
alla piazza davanti all’antica chiesetta di Santa Toscana, appunto
piazza XVI ottobre.
Pochi giorni dopo, il 21 e 22
ottobre 1866, avveniva il plebiscito che sanzionava l’unione di
Verona al Regno d’Italia: voti favorevoli 88.864, voti contrari 5. Era
fatta! Però cinque anni dopo la
proclamazione ufficiale dell’unità
d’Italia, avvenuta il 17 marzo
1861, un’unità desiderata e sperata, ma in realtà realizzata solo
nel 1920 dopo la vittoriosa
prima guerra mondiale.
Comunque le autorità cittadine in quel 1866 decisero,
intitolando a loro vie e piazze,
di conservare il ricordo almeno di alcuni dei tanti patrioti veronesi ed italiani che per l’unità
d’Italia operarono, e molti, purtroppo, non poterono gioirne poiché avevano perso la vita prima
che il loro ideale si realizzasse.
Così, passeggiando per la città, ne
incontriamo di nomi e possiamo
rivolgere a loro un pensiero di gratitudine.
Al conte ingegnere veronese
Carlo Montanari, impiccato a
Belfiore nel 1853, è dedicata la via
dove egli abitò e dove si trova il
palazzo che fu della sua famiglia,
ora sede dell’Accademia di Belle
Arti Gian Bettino Cignaroli nei
pressi di piazza Cittadella. E il
medico Giuseppe Maggi, pure
veronese ed arrestato con Carlo
Montanari, morto nel 1853 in carcere a Mantova, e Pietro Maroncelli, Silvio Pellico, Giuseppe
Garibaldi danno il nome ad altrettante strade, così Goffredo Mameli, autore di “Fratelli d’Italia”,
diventato poi l’inno nazionale italiano, e Giuseppe Mazzini, a cui è
intitolata la via del passeggio di
Verona, sebbene i veronesi continuino a chiamarla “Via Nova”,
nome antico che verso la fine del
secolo XIV indicava la prima strada che si era formata al di fuori
delle mura romane e da piazza Bra
arrivava fino all’attuale farmacia
“Due Campane”. Così come la statua di Vittorio Emanuele II, posta
nei giardini di piazza Bra, avrebbe
dovuto far assumere alla grande e
bella piazza il nome del primo re
d’Italia, inutilmente, si continuò e
si continua a chiamarla col nome
tradizionale di Bra.
E comincia per Verona una
nuova vita politica con un proprio
sindaco, Alessandro Parlotti, il
primo, e poi Giulio Camuzzoni,
attivo e lungimirante, però nella
città sono rimaste anche opere
importanti, costruite dagli austriaci, che vennero e vengono
ancora usate, come l’Arsenale,
Castel San Pietro, le torricelle,
volute da Josef Radetzky, governatore del Lombardo-Veneto fino
al 1856 e residente a Verona proprio in palazzo Carli, dove nella
stanza che porta il suo nome, si
può ancora ammirare il bellissimo
lampadario che gli regalarono le
nobildonne veronesi. E nel cimitero monumentale di Verona è
sepolta la moglie di Radetzky
Francesca Romana Strassoldo, di
famiglia originaria della provincia
di Udine: egli boemo, lei italiana,
ma entrambi sudditi dell’impero
Austro-Ungarico, che era costituito da molte differenti nazioni sottomesse.
E allora mi piace ricordare il
poeta Giuseppe Giusti quando in
Sant’Ambrogio a Milano prova
dapprima “un senso di ribrezzo”
verso i soldati tedeschi che gremiscono la chiesa, ma quando iniziano a cantare un “cantico tedesco
lento lento” che sembrava un
lamento, “un pensier mesto della
madre cara,/ un desiderio di pace
e d’amore,/ uno sgomento do lontano esilio/”, si commuove. Anche
loro sono semplicemente “Povera
gente! Lontana da’ suoi,/ in un
paese qui che le vuol male”. E allora “Qui, se non fuggo, abbraccio
un caporale,/ colla sua brava
mazza di nocciuolo,/ duro e piantato lì come un piolo”.
11 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
I MIGRANTI D’AFRICA
TOPI O SCARAFAGGI?
❖ di ETTORE MESCHINI
N
FOTO DA“LʼARENA” DEL 14 MAGGIO 2011
on sono esseri umani;
sono topi, o scarafaggi. Verrebbe voglia di dire così, parlando dei naufragi di esseri disperati, che da alcuni Paesi africani, dopo essere stati sfruttati
fino al midolo, cercano di raggiungere il benessere sulle opulente coste europee (soprattutto italiane), stipati come sarde
in barconi fatiscenti.
Questi “esseri” sono uomini,
donne e bambini, che, cercando
di fuggire dalla miseria assoluta
dei loro Paesi, per giorni, senza
acqua né cibo, attraversano il
mare Mediterraneo. A volte ci
riescono, allora Lampedusa, o
un’altra isola, o spiaggia li accoglie; a volte non ci riescono, allora decine, se non centinaia, di
uomini, donne e bambini annegano in mare.
Secondo Fortress Europe,
dal 1988 sono morti annegati
circa 16 mila migranti (uomini,
donne, bambini), che hanno
cercato di attraversare il
12 filoFEVOSS N.3 - MAGGIO/GIUGNO 2011
Mediterraneo; dall’inizio di quest’anno i morti annegati sono
circa mille. Il Mediterraneo, da
mare pescoso e culla di civiltà, è
diventato un cimitero d’acqua.
Sono cifre spaventose, destinate ad ingrossarsi ulteriormente, viste le guerre in atto, o
appena terminate, in alcuni
Paesi africani, i cui abitanti cercano di fuggire dalla sopraffazione, dai soprusi, dall’ignoranza, dalla miseria e dove una vita
umana vale meno di uno sputo.
Però, c’è da chiedersi: “I così
detti Paesi sviluppati (Europa
in testa) cosa fanno per porre
fine a questo scandalo?”. Poco, o niente.
Reagiscono con sufficienza, se non addirittura con indifferenza.
Quando si impegnano,
lo fanno in modo peloso,
per interessi strategici
ed economici (ad esempio, per mettere le mani
sul petrolio).
I “Grandi” del mondo,
il più delle volte, si limitano ad esprimere “dolore”, “compassione”, invocano la “misericordia
divina” e “pregano per la
loro anima”. Ma poco o
nulla cambia. Più che
agire alla fine del viaggio, occorre agire nei luoghi di partenza,
con piani di sviluppo ed aiuti
mirati.
Questi poveracci, in fuga dalla più nera miseria, annegano,
con la visione di un mondo
migliore, come topi o scarafaggi.
Sono disgrazie immani, ma ciò
che più addolora è la morte dei
bambini; esseri innocenti che
nulla chiedono, se non di vivere;
esseri innocenti, la cui vita è
durata il tempo di un respiro.
Bisognarendersicontochela
vita umana è sacra e che tutti gli
uomini vanno amati, aiutati e
rispettati. L’egoismo sarebbe
bene che ormai sparisse dalla
terra.
Certamente sarebbe troppo
bello essere tutti fratelli, o tutti amici; però, dovremmo,
almeno, essere tutti pronti a
rispettarci e ad aiutarci; questo sì.
ME
MEDAG
DAGLIE
LIE D
’ORO
’OR
?
MEDAGLIE
D’O
D’
O RO
O?
A tutte quelle persone che a
Lampedusa, nella notte tra sabato 7 e
domenica 8 maggio, hanno formato
una catena umana per salvare circa
500 naufraghi da morte pressoché
certa darei la medaglia d’oro al valore
civile, come darei la medaglia d’oro
alla città di Lampedusa, ai vari Centri
di accoglienza ed alle organizzazione
di assistenza profughi. Sono esempi
di coraggio, bontà, altruismo disinteressati da citare con orgoglio.
Non darei, invece, alcuna medaglia alle incursioni aeree della Nato
sulla Libia. Sono “azioni di pace” si
dice, attuate con “bombe intelligenti”
per salvaguardare la popolazione
civile. Solo che qualche volta il “grado
di intelligenza” delle bombe non è sufficiente ed allora succede un massacro di civili. Se queste sono “missioni
di pace”, quelle “di guerra” come
sono?.
(ettmes)
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